Vous êtes sur la page 1sur 345

1

Direttore responsabile Antonio L. Palmisano Comitato scientifico Alberto Antoniotto, Ariane Catherine Bagha, Gianluca Bocchi, Jan Mauritius Broekman, Mauro Ceruti, Margherita Chang Ting Fa, Domenico Coccopalmerio, Antonino Colajanni, Luisa Faldini, Francesco Fistetti, Jorge Freitas Branco, Vitantonio Gioia, Michel Kail, Raoul Kirchmayr, Luigi Lombardi Satriani, Oscar Nicolaus, Leonardo Piasere, Ron Reminick, Gianluigi Rossi, Antonio Russo, Siseraw Dinku, Bernhard Streck, Ferdinando Testa, Franco Trevisani, Giuseppe Vercelli Comitato di redazione Veronica Boldrin, Fabio Corigliano, Stefan Festini Cucco, Raffaella S. Palmisano, Desire Pangerc Graphic designer Domenico De Pascale Web master Gianluca Voglino Direzione e redazione Via della Geppa 4 34132 Trieste antpalmisano@libero.it Gli articoli pubblicati nella rivista sono sottoposti a una procedura di valutazione anonima. Gli articoli da sottoporre alla rivista vanno spediti alla sede della redazione e saranno consegnati in lettura ai referees dei relativi settori scientifico disciplinari. Anno II, Speciale n. 1 25 ottobre 2012 Trieste

ISSN: 2240-0192
Autorizzazione del Tribunale civile di Trieste N. 1235 del 10 marzo 2011 Editor

Aia, Associazione Antropologi in Azione Trieste-Lecce Tutti i diritti riservati. consentita la riproduzione a fini didattici e non commerciali, a condizione che venga citata la fonte. La rivista fruibile dal sito www.dadarivista.com gratuitamente.
2

The Review

Dada. Rivista di Antropologia post-globale is a digital periodical review. The access is free on www.dadarivista.com The review intends to focus on the issues of anthropology and contemporary philosophy in order to face the classical and modern questions in the social, political and cultural context of our post-global era in which the grands rcits are hidden but all the more present and operating. Since we are convinced that the meaning of life coincides with intensive research intended as a joyful experimentation, even in those fields in which any kind of change and actually any kind of experimentation seem to be out of the question, and, being more than ever aware that the heritage connected to the grands rcits should be removed from our discourses, the review selected the term Dada to indicate a position of structural opening toward the choice of research methods and the use of language in order to avoid the dogmatic of protocols. This long way has already been undertaken by many scholars such as Paul Feyerabend for instance, and we warmly invite you to join us and proceed with resolution and irony. In this context, the contributions can be published in one of the languages of the European Union, according to the wish of the authors, after reviewing by nativespeaking colleagues. Multilingual reading seems to be spreading in the academic circles of the Continent and this partially allows avoiding translations in lingua franca and their inescapable limitations. The authors are free to adopt their own style concerning footnotes and bibliographical references as far as they remain coherent with their own criteria. The review also has the scope to publish the contributions of young scholars in order to introduce them to the national and international debate on the themes in question.

The Editor Antonio L. Palmisano

Editoriale

Questo numero di Dada. Rivista di Antropologia post-globale uno Speciale, il primo dellanno 2012 ma il secondo da quando nata la rivista. intitolato Utopia e contro-utopie ed interamente dedicato a articolate considerazioni sulla nozione di utopia, sulla storia dello stesso concetto e sul pensiero utopico in molte delle sue forme, considerando per esempio tanto le eutopie come le distopie e le controutopie. Le tematiche correlate sono affrontate da antropologi, filosofi, geografi, matematici, fisici, letterati e artisti nelle specifiche prospettive disciplinari, e questo per promuovere la riflessione sul concetto di utopia nella nostra epoca. Linvito a considerare questo argomento, diffuso per mail nel settembre del 2011, stato accolto con entusiasmo da molti Colleghi. Il numero Speciale che il lettore si appresta a leggere risulta pertanto corposo nella sua composizione. Non stato quindi possibile includervi tutti gli articoli inviati alla Redazione, non da ultimo per ragioni tecniche. Alcuni dei contributi che qui non compaiono, troveranno eventualmente spazio nei prossimi numeri della rivista. In questa occasione comunico ai Colleghi interessati che per il prossimo anno prevista la pubblicazione di almeno due numeri Speciali. Il primo numero Speciale del 2013 avr per titolo Visione, possessione, estasi. Per una antropologia della trance. Il termine ultimo per la consegna dei contributi fissato al 30 aprile 2013. Il secondo numero Speciale del 2013 avr per titolo Antropologia e religione. Il termine per la consegna dei contributi fissato per il 30 luglio 2013. Gli autori sono invitati a segnalare alla Redazione il loro interesse nel partecipare alla realizzazione di queste nuove avventure.

Il Direttore Antonio L. Palmisano

DADA
Rivista di Antropologia post-globale
Fondata e diretta da Antonio L. Palmisano Numero 1 Speciale 2012

Utopia e contro-utopie
a cura di Antonio L. Palmisano

Indice

ESSAYS
Introduzione Antonio L. Palmisano Utopia im 18. Jahrhundert in Frankreich Meslier und Morelly in sozialwissenschaftlicher Sicht Brigitta Benzing LArte tra distopie e utopie Roberta Cafuri p. 7

p. p.

15 33
5

Gli esperimenti di utopie concrete con gli indigeni dellAmerica nel XVI secolo: Vasco de Quiroga e Bartolom de Las Casas Antonino Colajanni p. 59 Suggestioni utopiche sugli orizzonti della crisi Fabio Corigliano Spazi e dimensioni nella letteratura utopica vittoriana Marianna Forleo Human development and social justice: necessity and utopia Vitantonio Gioia Simona Pisanelli Un nuevo mundo de ciudadana intercultural Guillermina Herrera Pea Marx et Engels, quelle politique? Michel Kail p. 79

p. 103 p. 123 p. 139 p. 159

Istituzione e utopia Note a margine di una conversazione tra Jean-Paul Sartre e Franco Basaglia Raoul Kirchmayr p. 171 La verit scientifica Marco Mazzeo Lutopia urbana Limmaginario spaziale moderno e il sogno di una nuova societ Monica Musolino E lutopia si rivel... Antonio L. Palmisano Dimensione spaziale dellutopia Livio C. Piccinini, Ting Fa Margherita Chang, Mario Taverna Ontogenesis of the Utopian Quest Ron Reminick Utopia and Fascist foundation cities. The case of Torviscosa Maurizio Scaini Utopie am Abgrund. Anmerkungen zum Aufstieg Ernst Blochs Bernhard Streck p. 193

p. 219 p. 237 p. 265 p. 287 p. 301 p. 325


6

Introduzione Delle maniere inusuali nel trattare argomenti insoliti


Antonio L. Palmisano

Lopera di Tommaso Moro a lui si ascrive il primo uso del termine utopia descrive uno Stato ideale, uno Stato perfetto basato sul principio delleguaglianza sociale e economica dei cittadini. Dalla pubblicazione di De optimo reipublicae statu, desque nova insula Utopia, 1516, si usa pensare al termine utopia come nonluogo, ovvero come indicante il non-essere-presente o il non-ancora-essere-presente di una societ ipotizzata e raccontata, rappresentata come desiderabile o perfino temibile. Da allora siamo soliti indicare con quel termine tutti quei progetti sociali e politici che mirano alla promozione della giustizia e della moralit; anche se mai saranno realizzati. Tali progetti alcuni gi scritti secoli prima di essere chiamati utopia sono di fatto descrizioni politiche di societ future, in particolare di societ situate appunto in un non-luogo: Politeia; Nomoi (IV secolo a.C.), Platone; De Civitate Dei (425 d.C.), SantAgostino di Ippona; De Concordia Utriusque Testamenti (1200), Gioacchino da Fiore; De optimo reipublicae statu deque nova insula Utopia (1516), Thomas More; La Citt Felice (1553), Francesco Patrizi; Civitas Soli (1602), Tommaso Campanella; Nova Atlantis (1627, postumo), Francis Bacon; Novae Solymae libri sex (1648), Samuel Gott; Les aventures de Tlmaque (1699), Franois Fnlon; Der geschlossene Handelsstaat (1800), Johann Gottlieb Fichte; Rorganisation de la Socit Europenne (1814), Claude-Henry de SaintSimon; Le Nouveau Monde Industriel (1829), Charles Fourier; The Book of the New Moral World (1836), Robert Owen; Voyage en Icarie (1834-1839), Etienne Cabet; Quest-ce que la proprit? (1840), Pierre-Joseph Proudhon; Past and Present (1843) Thomas Carlyle; Der Einzige und sein Eigentum (1845), Max Stirner; Gosudarstvennosti Anarchija (1873), Michael Bakunin; Looking Backward (1888), Edward Bellamy; News from Nowhere (1891), William Morris; Garden Cities of Tomorrow (1902), Ebenezer Howard; Altneuland (1903), Theodor Herzl. Mi risulta per arduo accettare la riduzione del termine utopia alla traduzione primaria che se ne fatta negli ultimi secoli. Non riesco infatti a pensare a un Tommaso Moro che non avesse dimestichezza con i testi di Aristotele o con la retorica classica della Grecia antica e della Roma repubblicana. In effetti, inviato dal Cardinale John Morton a studiare a Oxford, probabilmente al Canterbury College, Moro aveva frequentato il corso di studi degli anni 1492-1494. Quel programma prevedeva lo studio intenso, per tre trimestri, della Tekhne retorike di Aristotele,
7

quindi la Rhetorica nova di Cicerone e il De differentiis topicis di Boezio. Va da s che doveva trattarsi di uno studente molto impegnato, visti i risultati. E di oratoria Moro se ne intendeva anche molto concretamente, dato che oltre al dies legibilis il programma settimanale prevedeva il dies disputabilis. Dunque, uno studioso di retorica, e a maggior ragione un retore, alla parola topoi associava, e associa tuttora, innanzitutto il significato di loci communes, proprio come intendevano Aristotele, Cicerone e Boezio: argomenti ricorrenti, organizzati in forme convenzionali e perfino stereotipate, funzionali alla costruzione dellorazione il racconto persuasivo realizzato dal retore. Ma lisola di Moro, agli occhi di Moro e agli occhi e orecchi dei suoi lettori e ascoltatori, era tuttaltro che un argomento ricorrente o uno stereotipo, ancor meno una argomentazione dialettica, come Aristotele aveva definito i topici nel II libro della sua Tekhne retorike: era un non-topos, appunto. Linusualit del tema, dellargomento, e la forma narrativa dellesposizione connotavano da subito lutopia nella sua eccezionalit rispetto alla realt corrente e, implicitamente, lasciavano contemplare la non-realizzabilit del progetto. La storia dellutopia e del pensiero utopico, con il suo stile non dialettico di argomentare, si articolata fra filosofia e narrativa, teologia e politologia, economia e sociologia, scienza e fantascienza. Moderni utopisti, futuristi, romanzieri come Bellamy, Morris e Howard vengono oggi posti in contrapposizione a utopisti classici, filosofi e teologi come Platone, SantAgostino, Gioacchino da Fiore, Tommaso Moro, Patrizi, Campanella, Bacone e Fichte. E utopisti federalisti del XIX secolo come Owen e Fourier possono essere definiti in contrapposizione a utopisti centralisti come Cabet e Saint-Simon. Mentre utopisti individualisti, filosofi e politologi come Stirner, Proudhon e Bakunin si ritrovano di fronte a utopisti collettivisti, filosofi e politologi come Marx e Engels. Herzl, da parte sua, suggerisce nuove forme di utopia etnica e nazionalista allinterno della quale le vecchie e appena definite utopie, quale Eldorado, Eden, Miniere di Re Salomone e Regno del Prete Giovanni ecc. pure contribuiscono alla trasformazione della semplice geographische Hoffnung che Bloch menziona, rafforzando limmagine spaziale dellutopia e dunque limitando la nostra possibilit di riflessione in programma politico. Utopia e contro-utopie vengono a essere analizzate in alcune delle loro molteplici forme e dipanamenti dagli autori dei saggi qui raccolti. Cos, se da una parte Jean Meslier poteva essere considerato dai suoi contemporanei, nel XVII secolo e nelle decadi seguenti, come un esempio di umanista che nel suo approccio olistico considera la natura nelle sue pacate componenti materiali e morali, dallaltra argomenta Brigitta Benzing , un autore controverso e dallidentit tanto sfuggente come tienne-Gabriel Morelly (forse non una persona ma un intero gruppo politico si celava dietro questo nome) sosteneva lidea del progressivo sviluppo delluomo attraverso forme egualitarie di governo e, nella convinzione che le societ non avessero fondamenta se non economiche, prospettava la pianificazione di un ordine tanto geometricamente rigoroso da lasciare

insorgere in molti dei suoi lettori orrifiche premonizioni di assoluto controllo sullindividuo. Il modello teorico della distopia naturale e sociale viene definito e ricostruito invece da Roberta Cafuri sulla base dellanalisi dei testi di George Orwell e di Herbert George Wells, mentre le tecniche di controllo impiegate da parte del potere, cos come ritratto in 1984 e in La macchina del tempo, sono rilette alla luce del pensiero di Michel Foucault. Lautrice prosegue nellanalisi delluso dellimmaginazione sulla scorta delle riflessioni di Walter Benjamin, considerando materiali etnografici tratti dallAustralia contemporanea degli aborigeni: la riscoperta del sogno collettivo contribuisce alla costruzione del movimento di rivendicazione dei diritti sui territori dei quali gli aborigeni sono stati espropriati. In questo senso, il recupero del passato diviene visione utopica del futuro; la relazione fra passato e futuro nel pensiero e nella prassi dellutopia viene cos definita seguendo le argomentazioni di Adorno. Societ perfette proiettate nel passato e recuperate nel presente non sono certo unesclusiva espressione utopica della nostra epoca. Cos, Antonino Colajanni analizza due interessantissimi casi di utopia del XVI e XVII secolo, nei quali un passato ideale rappresenta la base per la costruzione di un contemporaneo programma di riforma sociale e politica. Vasco de Quiroga, Vescovo di Michoacn (Mexico), e il teologo e giurista domenicano Bartolom de Las Casas (Vescovo di Chiapas nella seconda parte della sua vita), grande avversario della Conquista, sono passati alla storia come irriducibili difensori degli Indiani. I loro progetti di radicale trasformazione della vita materiale e spirituale delle popolazioni indigene dellAmerica Latina, in parte realizzati, sono criticamente esaminati da Colajanni: non di concreti utopisti si trattato ma di veri e propri riformatori sociali pur nella specificit delle loro distinte posizioni. La crisi contemporanea non crisi solo economica ma anche crisi di pensiero: quale allora la posizione attribuita allutopia in questo contesto? Alla domanda risponde Fabio Corigliano con unanalisi condotta nella prospettiva della filosofia del diritto di Giuseppe Capograssi e di Carlo Michelstaedter, due autori per i quali la risposta a una crisi coincide con lesposizione critica delle condizioni della crisi. Luso del linguaggio scientifico e delle sue metafore nei testi dellutopismo vittoriano viene poi analizzato da Mariana Forleo allesempio di Flatland, A Romance of Many Dimensions di Edwin Abbott: la letteratura si avvale della scienza come di uno strumento tecnico per la spiegazione del mondo. La diffusione di messaggi subliminali segue lorganizzazione razionale e strategica delle metafore scientifiche. La pratica utopica della descrizione delle citt si disvela essere una critica alla societ contemporanea resa possibile dai nascondimenti metaforici. Lutopia matematica di Flatland dunque, secondo Forleo, un testo multidimensionale che permette svariate interpretazioni. La societ contemporanea caratterizzata da due diverse forme di ineguaglianza: lampliamento del gap economico e lineguale distribuzione del rischio ecologico. Vitantonio Gioia e Simona Pisanelli analizzano allora i meccanismi che hanno creato tale ineguaglianza e esaminano i risultati del modello dominante di
9

sviluppo rispetto alle aspettative per quanto riguarda le economie capitaliste gi sorte a partire dallIlluminismo. A meno che i meccanismi automatici del mercato non siano corretti politicamente in direzione di una pi equa distribuzione delle risorse, sostengono gli autori, questi tendono a accentuare le ineguaglianze economiche e a condurre i rischi ambientali verso i massimi livelli, soprattutto nelle aree pi povere del pianeta. Ancora, gli autori evidenziano significative differenze tra la categoria dello sviluppo sociale ed economico studiato da Rousseau, Chastellux, Adam Smith, Condorcet ed altri, e il concetto di crescita tipico presente nelle economie mainstream: economisti e studiosi di scienze sociali del periodo dellIlluminismo sembrano aver aperto la strada a utopie realiste con una attitudine critica al modello dominante di sviluppo. La complessa situazione politica, sociale, economica e culturale del Guatemala del XXI secolo offre a Guillermina Herrera Pea loccasione per una puntuale analisi dellutopia e dei programmi di pianificazione sociale contemporanei. I pianificatori politici locali hanno considerato il Guatemala, rileva lautrice, come un melting pot allinterno del quale la complessit della composizione etnica del paese dovesse essere ridotta. Si trattato di un sogno politico e amministrativo che avrebbe comunque interessato la cultura e non la biologia: la ladinizacin. Le comunit indigene avrebbero dovuto rinunciare alle loro lingue e alle loro culture come prerequisito per il proprio sviluppo socio-economico e per il conseguimento di migliori condizioni politiche e di vita. La strada verso lutopia, commenta lautrice, punta oggi verso nuovi processi educativi in grado di preparare le giovani generazioni a comprendere le differenze etniche e ad assumere la diversit come un valore. Michel Kail nota il rinnovato interesse allinterno dello spazio mediatico intellettuale europeo nei confronti delle analisi elaborate da Marx e da Engels. La gi presente tendenza alleconomizzazione presente in Marx e in Engels viene oggi sottolineata per facilitare lintegrazione delle loro analisi allinterno dellonnipresente discorso liberale. Dovere essere ed essere, reale e necessario, vengono a essere cos confusi come esito dei processi di naturalizzazione; mentre proprio in quanto esprimente una contraddizione interna al sistema capitalista che il proletariato portatore di un progetto di emancipazione. Lessere del proletariato, conclude lautore, non determinato, ma relazionale allinterno di una relazione di dominazione: non lessere essenziale del proletariato a condurre la lotta contro il capitalismo, ma la lotta dei proletari a qualificare storicamente lessere proletari. La utopia della realt, unespressione coniata da Basaglia a indicare la possibilit di trasformazione rivoluzionaria delle cosiddette istituzioni totali; mentre per Sartre il termine utopia, considerato troppo compromesso da poter essere impiegato come strumento del discorso critico, non meritava altro che una posizione filosofica. Ma il dibattito intellettuale fra i due pensatori, sostiene Raoul Kirchmayr, mostra un punto di vista in comune. Per entrambi, riferendosi allintellettuale socialmente impegnato nelle attivit di trasformazione della societ, proprio attraverso la costruzione di una utopia reale che possibile giungere alla realizzazione del processo rivoluzionario. La sovversione delle norme operata dallintellettuale al fine di costituire un nuovo campo di forze nel quale nuovi e
10

differenti processi di identificazione possono rimpiazzare i vecchi. La stessa identit dellintellettuale viene a essere rinnovata nel rifiuto della riduzione dello stesso a semplice tecnico della conoscenza. attraverso il discorso e lazione che lintellettuale riesce dallinterno a combattere loppressione del sistema; in questo contesto, lutopia, originariamente n rivoluzionaria n non rivoluzionaria, pu operare cambiamenti reali. Lautentico significato della utopia reale, sostiene lautore, consiste nella negazione della realt corrente e nella scommessa rivoluzionaria che sovverte localmente lordine delle cose. La cultura spesso associata a una forma di sapere locale, dipendente dal tempo e dalla regione geografica in cui essa si sviluppata. E la scienza, sostiene Marco Mazzeo, nasce proprio dalla tradizione e dai concetti che questa ha tramandato nei secoli: tradizioni che entrano in crisi col tempo, e che sono sostituite da idee eretiche. La scienza tutto fuorch lineare, in quanto le scoperte e le creazioni dei grandi apparati teorici emergono spesso in modo del tutto casuale. Fin dalle sue origini, la scienza ha visto spesso conservatori e eretici in contrapposizione, ovvero teorie in contraddizione epistemologica. Ne deriva una conclusione: la scienza una forma di cultura, proprio come larte, la filosofia, la letteratura e le grandi tradizioni religiose, e da queste influenzata e suscita influenza. E raggiungere la verit di fatto unutopia, perch la scienza non fornisce verit ma solo ci che dato di sapere della verit, ovvero ci che il cervello di Homo Sapiens riesce a cogliere con i suoi schemi matematici, schemi che tuttavia sono mutevoli e suscettibili di essere abbandonati. Lungi dallessere una debolezza, questa in realt la forza del metodo scientifico: solo con lidea che esista una verit irraggiungibile ma alla quale ci si pu avvicinare che esiste lidea stessa di progresso conoscitivo, di dubbio attorno ai concetti gi sviluppati, e in definitiva di libert di pensiero. In questo senso, la scienza utopia, unutopia tuttavia che fornisce risultati applicabili alla vita di tutti i giorni e dunque concreti e tangibili. Le utopie urbane offrono a Monica Musolino lo spunto per unanalisi dellimmaginario spaziale della modernit. Lanalisi della rappresentazione e della manipolazione razionale delle utopie urbane permette di comprendere una specifica concezione dellazione sociale e tecnica sullo spazio. Si tratta di una vera e propria strategia di potere per mezzo della quale si definisce e organizza in modo sistematico lambiente urbano. Le pratiche di cohousing, in questo contesto, si oppongono alla metamorfosi distopica delle utopie del bio-potere. In effetti, sostiene lautrice, le pratiche in questione sono piuttosto delle tattiche anzich nuove forme di utopia contemporanea: il cohousing non diviene mai la forma dominante di insediamento n di comunit, risolvendosi in una semplice attivit di sottrazione alle tecniche invasive del controllo bio-politico. Livio Piccinini, Margherita Chang e Mario Taverna prendono in esame la dimensione spaziale dellutopia e in particolare le forme spaziali astratte dellutopia e le loro distopie, indicando con questultimo termine gli stessi conflitti fra differenti utopie o fra lutopia e il mondo reale. La distopia fra citt e campagna, per esempio, cos come rappresentata da Gottman nel suo notissimo Megalopolis, viene superata nella fusione, mescolanza e dissoluzione dei confini. Dopo aver esaminato due forme
11

opposte di utopia spaziale, ossia ordine e totalit, gli autori analizzano lutopia fisica e matematica del cambiamento dimensionale, da una a tre dimensioni, concentrandosi quindi sulla questione dei frattali cos come proposta da Mandelbrot. Le riflessioni sulle reti materiali e immateriali, nelle quali i limiti della stessa dimensione possono essere superati lasciando intendere la realizzabilit della conoscenza totale, conducono gli autori a riprendere in considerazione un sorprendente pensiero di Italo Calvino: lutopia della conoscenza totale e dellordine totale contiene nei suoi pi profondi recessi la chance per nuove forme di libert. Nuovi modi di vita in grado di fornire nuove possibilit alla condizione umana e allambiente sono suggerite dal materiale etnografico e dagli esiti di discipline come lantropologia, la psicologia, la gerontologia, la filosofia e, sostiene Ron Reminick, la teoria evoluzionista. Lautore mette a confronto le rappresentazioni di attori sociali e ambiente con le condizioni che hanno prodotto infelicit, conflitto e violenza. Qualit personali universali come la spiritualit, insieme a recenti scoperte relative alla felicit e alla longevit, testimoniano secondo lautore per la possibilit di stabilire sinergie in grado di dar conto dellalto potenziale delluomo. In questo contesto, una prospettiva evoluzionista nellapproccio alla spiritualit permetterebbe di considerare la realizzazione di un nuovo ordine mondiale come unutopia che cresce dallinterno di ogni uomo. La pianificazione urbana praticata dal fascismo fermamente ancorata, sostiene Maurizio Scaini, alle utopie industriali urbane del XIX secolo. La coabitazione armoniosa fra residenti, e la conseguente fine della lotta di classe, la promozione dellautarchia e lorganizzazione di un nuovo modello antropologico di una societ nella quale viene risolta la dicotomia fra citt e campagna sono i temi fondanti la pianificazione urbana di quel periodo. Lautore analizza loriginale ma paradigmatico caso di Tor Viscosa, citt fondata nel 1937 in Friuli come risposta alle sanzioni internazionali imposte allItalia. Nel suo saggio, Bernhard Streck decostruisce le utopie veicolate negli scritti politici del XX secolo. Racconti relativi a mondi non esistenti che intrecciano realt e non realt sono senza dubbio diffusi nella storia umana; ma, sostiene lautore, raramente riscontrabile il dispositivo speranza nel futuro al di fuori del sistema abramitico di credenza. Bloch rappresenta il culmine di atteggiamenti e aspirazioni profetico-rivoluzionari alle soglie delle sconvolgenti guerre del secolo scorso. Rispetto alle distopie di Weber, Huxley e Orwell le visioni politiche di Bloch non solo mancano di ogni senso di realt ma sembrano essere oltre modo inutili per la comprensione delle attuali tendenze della politica mondiale. Leconomia finanziaria, osserva Antonio Luigi Palmisano, impera nel mondo della contemporaneit, trasformando violentemente organizzazioni e strutture sociali. La realizzazione di un mondo ordinato more geometrico nel quale rapporti quantitativi e matematici si coniugano con meccanismi decisionali altamente verticalizzati e automatizzati ha infine avuto luogo: questo nuovo ordine lordine dei mercati finanziari. Il linguaggio della misura e della res exstensa permea la vita quotidiana delle societ contemporanee, modificando perfino le lingue nel lessico e nella sintassi attraverso unabnorme esaltazione del rapporto soggetto-oggetto , e
12

istituendo un consenso fattuale allantica utopia finalmente realizzata. Tutto quanto intende sottrarsi allimpero della res extensa persone, gruppi locali e di discendenza, societ cerca spazi nei domini della realt virtuale. Lantropologia, suggerisce lautore, cos chiamata a dover elaborare un pensiero critico per contribuire alla fondazione di un nuovo rapporto res-uomo e quindi uomo-uomo nel contesto di unapocalisse in divenire. Il suo compito non consiste pi nel triviale per quanto sofisticato esercizio di una tekhne ma si rivela come esercizio di rivendicazione del diritto di ogni societ a significare linizio assiologico dellescatologia mondiale, dunque come pratica di un pensare diversamente la storia delluomo. La raccolta di saggi qui presentata testimonia che le utopie di ieri gi non coincidevano con le utopie dei tempi precedenti, e non coincidono necessariamente con le utopie di oggi o con le utopie del futuro. Alcune, semplicemente, sono state realizzate. Nella societ moderna, infatti, riconosciamo agevolmente alcuni di questi casi. Per quanto riguarda Saint-Simon, per un ulteriore esempio, da considerare che largomento principale del suo lavoro non si riduceva alla riorganizzazione della sola Europa. Saint-Simon si occupava di geopolitica dellintero mondo. Insieme ai suoi sostenitori e studenti, stato il primo a elaborare i piani per la realizzazione del Canale di Suez e di Panama, come pure programmi di irrigazione a livello planetario, prospettando e proponendo potentissime alleanze fra istituzioni bancarie e di credito internazionali, designandole come gemmes organiques dei futuri sistemi sociali. Si trattato di utopie effettivamente realizzate, al di l delle stesse aspettative dei contemporanei di coloro che le avevano definite nei loro scritti, divenuti poi programmi sottoscritti. Ci non toglie che alcuni altri dei progetti chiamati utopia, mai scritti e come la Torre di Babele neppure portatori di quel nome, possono essere stati realizzati in questo nostro mondo post-globale, senza neppure essere stati identificati come tali. solo per tacita convenzione, difatti, che la vox populi vuole che utopia sia sinonimo di irrealizzabilit.

13

14

Utopia im 18. Jahrhundert in Frankreich Meslier und Morelly in sozialwissenschaftlicher Sicht


Brigitta Benzing*

Abstract
Utopia is here understood as an important part of the freedom of mind and thought. In dogmatic, especially religious systems of thought, utopia cannot flourish. In France, utopian thoughts in political philosophy, in literature and fine arts developed in the Renaissance period and became stronger in the pre-revolutionary period. The utopists hid behind a recognized well-known personality. Meslier as a catholic priest elaborated through his lifetime a (later so-called) atheistic manifesto. Three handwritten copies were available posthumous; one was published by Voltaire under the title Extraits des sentiments de Jean Meslier in 1762. Morellys Code de la nature of 1755 was attributed until the 19th Century to Diderot. Both utopists, Meslier and Morelly, show very different inclinations: Meslier could be qualified as humanist, though materialist in his thinking, because his philosophy sees nature in a holistic way and thus combines material and moral values. Morelly favors the idea of progressive development through an egalitarian government whereby he is convinced of the economic foundation of the society. These two utopists were later manipulated by their readers and adepts in different ways: some endeavored to see them as early utopist socialists, some as egalitarians, some as deists. With regard to Morelly several authors stressed the horror vision of a planned state in which every individual is firmly placed and controlled. These two antagonistic visions of what society could look like had followers in the 18th and early 19th century in France and elsewhere.

1. Einleitung Utopien sind, wie Chiliasmen und Eschatologien, diesseitige Entwrfe mit einer starken Hoffnung auf Realisierbarkeit. Die Grundideen basieren, wie in der 1516 publizierten Schrift von Thomas Moore Utopia, auf einer idealen imaginren Welt, die entweder im Bereich eines hoffnungsvollen Gegenentwurfs zur Gesellschaft bleibt, oder von dem Gedanken einer revolutionren Umwlzung beflgelt wird. Es gibt Gesellschaften, denen utopisches Denken als gewagte Gedankenspielerei erscheint, die schnellstens verworfen werden muss, damit von ihr keine Gefahr fr das Gemeinwesen ausgehen kann. Andere Gesellschaften halten ihre neuen, gewagten Gedankenspiele, wie z. B. im Cargo-Kult, fr Realitt. Hier vermischen sich Glaube und Einsicht. Wieder andere Gesellschaften stehen in sehr realen Bezgen zu Ahnen, Geistern und Gottheiten, oder zu einem allumfassenden Gott, die keine Freiheit zu Utopien als Gegenentwrfe zulassen.
*

Addis Ababa University, College of Social Sciences, Department of Social Anthropology. 15

Gesetzt den Fall, es wre anders ist nicht nur in vielen Gesellschaften nicht erlaubt, sondern verboten. So gesehen ist die Utopie Teil des freiheitlichen Denkens. Die Utopie unter staatsphilosophischen, literarischen und knstlerischen Vorzeichen konnte sich in Europa erst seit der Renaissance entwickeln und verbreiten. In der Antike gab es bereits Anstze. Ab ca. dem 16. Jahrhundert gewinnt die Utopie Konturen in der Form von Publikationen ber eine bessere Organisation, Freiheit, Toleranz, geschwisterlichen (wie es damals hie, brderlichen) Gesellschaft. Jean Meslier verdeutlicht uns, dass er als abtrnniger katholischer Priester bis hin zu Krperqualen verfolgt worden wre, wenn seine atheistische Gesinnung zu Lebzeiten bekannt geworden wre. Einfacher hatte es vermutlich Morelly (geb. um 1715), ebenfalls Priester und Hauslehrer (Vitry-le-Franois), dessen Hauptwerk Code de la nature (anonym 1754) zunchst Diderot zugeschrieben wurde. Schachbrettartig wird in seinem Code de la nature die Welt verwaltet. ber die beiden Extreme: humanitre, befreiende Utopie hier und regulierende, freiheitsfeindliche Utopie dort, wurde schon im 18. Jahrhundert durch die Autoren entschieden, denen sich eine Leserschaft anschloss. 2. Meslier, allgemeine Angaben Ce que je dis... en gnral de la vanit, et de la fausset des religions du monde, je ne le dis pas seulement des religions paennes et trangres que vous regardez comme fausses, mais je le dis galement der votre religion chrtienne... (1970, 1:40) Jean Meslier, der erste kommunistische Atheist, den die Welt gekannt hat (Deprun, Desn, Soboul. Avant-propos, in: Meslier, Oeuvres compltes, 1. 1970:XII) wird in den groen Lexika nicht aufgefhrt. In der ersten, sehr sorgfltigen Ausgabe des Gesamtwerkes Mesliers von 1970-72 erwhnen die Herausgeber, dass Meslier im 18. Jahrhundert durch die Voltairesche Verbreitung eines Auszuges aus dem Mmoire des penses et sentiments de Jean Meslier als Testament von Jean Meslier bekannt viel gelesen wurde1. Roland Desn schreibt im Vorwort zum 3. Band- der Gesamtausgabe: Meslier ne sera plus aussi souvant un auteur connu seulement de deuxime main, et... on hsitera moins reconnaitre son importance et le saluer, ainsi que Maurice Dommanget nous invitait le faire, comme un de ces grand solitaires dont lhumanit a besoin pour sonder labme de sa destine et lui en faire prendre conscience. (Meslier, uvres compltes. 3. 1972:8)

Im Folgenden wird Bezug genommen auf diese Ausgabe des Gesamtwerks: Jean Meslier. uvres compltes. Prfaces et notes par Jean Deprun, Roland Desn, Albert Soboul. 1.2.3. Paris: Editions Anthropos 1970-72. Fr die biographischen Angaben: siehe auch: Maurice Dommanget. Le cur Meslier. Paris 1965. Die von Voltaire besorgte Ausgabe Extraits des sentiments de Jean Meslier erschien 1762. Manuskripte des Buches von Meslier zirkulierten seit 1734/35. 16

2.1. Hat Meslier zur anthropologischen Theorienbildung beigetragen? Meslier, Dorfpfarrer in dem kleinen Etrpigny in den Ardennen, stand weder in Kontakt mit den Philosophen und Staatstheoretikern, die die stdtischen Salons frequentierten, noch scheint er eine umfangreiche Bibliothek zur Verfgung gehabt zu haben, die ihn htte ber die Ferne und ber die anthropologischen Gedanken seiner Zeitgenossen informieren knnen. Son peu de livre (Meslier, Oeuvres compltes. 3. 1972:229), die Bezugnahme auf Schriften anderer in seinem eigenen Werk nichts weist darauf hin, dass Mesliers Entwurf einer kommunistischen Gesellschaft durch die Reiseliteratur seiner Zeit mit angeregt worden sein knnte. Sein literarischer Horizont umschliet die antiken Philosophen, die mittelalterliche religise und philosophische Literatur, und Malebranche und Fnelon, mit denen er sich in besonderem Mae Zeitlebens auseinander gesetzt hat. Am Rande erwhnt er in seinen Schriften das alte gypten, thiopien (Meroe), den islamischen Bereich (Osmanen und Tataren), das konfuzianische China, Japan, die Irokesen und, an einer Ste1le etwas ausfhrlicher: Peru und Mexiko2. Als Quelle seiner ethnographischen Kenntnis benutzte Meslier eine seit dem 17. Jahrhundert weitverbreitete historisch-geographische Kompilation in populrer Form, Le nouveau thtre du monde, welche Pierre dAvity zugeschrieben wird. Meslier benutzte eine berarbeitete erweiterte Ausgabe dieser Kompilation von 1661. Mesliers sozialer Erfahrungshorizont umschliet das buerliche Leben in seiner Region, insbesondere die noch sehr handfeste Realitt der feudalen Ausbeutung und das zu seiner Zeit ganz besonders drckende Elend der franzsischen Bauernschaft3. In einer Umwelt von Verelendung und Bauernaufstnden (1. 1970:CII), erkennt er in der Religion, die er selbst gegen seinen Willen praktizieren muss, ein Herrschaftsinstrument (vgl. 1:49ff. und 2:161), und in den religisen Dogmen Erfindungen der Menschen, um das Volk besser unterdrcken zu knnen dieser Zusammenhang von Herrschaft und Religion wird von den Materialisten nach ihm immer wieder hergestellt. Religion ist nicht nur Herrschaftsinstrument, sie ist auch Illusion, Tuschung und hindert die Menschen daran, ihren gesunden Menschenverstand zu gebrauchen. (vgl. 3: 1972: 99, Funote) um ihre irdischen Geschicke selbst in die Hand zu nehmen4. Im Gegensatz zu Voltaire, der die religisen Praktiken relativiert unter Einbeziehung derjenigen der eigenen Religion, dessen Relativismus aber Halt macht vor der religisen
2 3

Siehe: Meslier, uvres compltes. 1:23, 1:48, 1:61, 1:225, 1:226, 1:384, 1:351, 2:359. Siehe dazu: Wolgin, 1965:226 f., und Notes annexes I-XIII, in: Meslier, Oeuvres compltes. 2. 1971:527-559. 4 La critique de la religion forme un pralable indispensable toute entreprise de libration politique et sociale (Jean Deprun, in: Meslier: Oeuvres compltes. 1. 1970:XXXI). Meslier ruft auf zum Tyrannen-Mord (3. 1972:130ff) und zur korrektiven berwindung des Elends (3. 1972:147). Dazu Wolgin: Von den franzsischen Denkern des 18. Jahrhunderts waren nicht wenige Anhnger der Idee der sozialen Gleichheit und der Gtergemeinschaft. Aber nur bei Meslier verbinden sich diese Ideen mit dem Appell an die Unterdrckten, sich zum Kampf gegen die Unterdrcker zu vereinigen. Von den franzsischen Denkern des 18. Jahrhunderts waren nicht wenige entschiedene Gegner christlichen Kirche und der religisen Weltanschauung. Aber nur bei Meslier dient der militante Atheismus als direkte Waffe im Kampf gegen die Grundprinzipien der Klassengesellschaft. (Wolgin, 1965:225 f). 17

Weltauffassung der eigenen Kultur, trgt Meslier mit seinem Testament ganz wesentlich zu einer Entabsolutierung der monotheistisch-christlichen Weltauffassung bei, und damit zu einer berwindung der religisen und philosophischen Metaphysik. Zahlreich sind die Parallelen, die er zwischen den verschiedenen anderen Religionen der Welt und dem Christentum zieht5. Mit seiner vergleichenden Religionsbetrachtung umspannt er so sparsam auch die Belege ber die nichtchristlichen Religionen ausfallen mgen die ganze Welt, und es gelingt ihm, diesen Vergleich nicht allein auf die religisen Handlungen und die diese bestimmenden Gesetze (,,loix) und Vorschriften (ordonnances) zu zentrieren, sondern die religisen Weltauffassungen insgesamt in eine direkte Beziehung zum soziopolitischen System zu rcken. Damit leistet einen Beitrag zu einer berwindung des Religions-Ethnozentrismus. Meslier hat aber nicht nur zur anthropologischen Theorienbildung beigetragen, in dem er das Weltbild selbst strker als die ueren, dazugehrigen Handlungen und Handlungsanweisungen als das Vernderbare in das Zentrum der Betrachtung gerckt hat. Er hat auch das System eines neuen Weltbildes aufgestellt seine materialistische Philosophie6 und neue Wege der Enkulturation7 gewiesen, indem er das Modell einer kollektiven, gleichen und der Gemeinschaft obliegenden Erziehung im Dienst der Gemeinschaft entworfen hat: ...ils (les enfants) seraient tous galement instruits dans les bonnes murs, et dans lhonntet, aussi bien que dans les sciences, et dans les arts, autant quil serait ncessaire et convenable chacun deux de 1'tre par rapport lutilit publique et au besoin que lon pourrait avoir de leur service... (2. I971:81). Dieses Modell, das bei Helvtius spter in Anklngen aufgenommen wird, und das bei Morelly ins Utopische schematisch gesteigert wird, ist zu unserer Fragestellung insofern interessant, als Meslier zu einer Zeit, wo die Philosophen und Staatstheoretiker in ihren komparativen berlegungen immer noch sehr stark fixiert waren auf uere das Individuum bestimmende Handlungsablufe, (murs, manires) schon in Anstzen das Problem der Einstellungen, der inneren Verhaltensmuster, der Werte, erkannt hat. Wir befinden uns immerhin etwa 15 Jahre von Helvtius De Lesprit und etwa 30 Jahre vor Rousseaus Emile, also vor den Werken, mit denen der Durchbruch erzielt wird von der sensualistischen Betrachtung des Individuums zu den Erziehungs- und Bildungsmechanismen der Gesellschaft. Bei Meslier finden wir, neben murs und manires de vivre, conduite (2:81, 2:157), auch die Begriffe opinions und sentiments (2. 1971:81)8, die auf innere Wertesteuerung hindeuten.
5

Z. B. Comparaison de la conscration des dieux de pte et de farine, avec la conscration des dieux dor et dargent que les paens adoraient. (1. 1970:424) Er sieht Parallelen zwischen dem Wunderglauben im Christentum und im heidnischen Religionen (vgl. 1. 1970:180), zwischen dem religisen Ethnozentrismus von Islam und Christentum (vgl. 1:43 und 2:359) und klagt das soziale Unrecht an, das die Religionen als Instrumente der Herrschaft allenthalben stiften (3:169f). 6 Siehe: Jean Deprun, Meslier philosophe, in: Meslier, Oeuvres compltes. 1. 1970: LXXXII-C. 7 Meslier unterscheidet education und instruction (2. 1971:81). 8 Zu Mesliers Zeit wird opinion angegeben mit Ide, conviction, sentiment. (Nouveau dictionnaire de L'Acadmie Franaise. (2. ed.) Paris, 1718. Sentiment wird angegeben mit lopinion quon a de quelque chose, ce quon en pense, ce quon en juge. (Ebenda) 18

Die Wertemuster als dem Menschen anerzogene Moralprinzipien, Verhaltensregeln, beschftigen in der Folgezeit insbesondere die Materialisten, die sich von den Setzungen einer gttlichen Moral oder einer natrlichen Moral, welche unabhngig von der Gesellschaft besteht, abkehren. Sie suchen das Moral- und Verhaltensgerst im Einzelnen selbst, und nicht wie dies z. B. Montesquieu tut in externen, entweder unabwendbaren natrlichen, oder politisch-gesetzgeberischen Determinanten; sie versuchen, die gesellschaftlichen Mechanismen auf zudecken, durch die im einzelnen Menschen das Wertegerst aufgebaut wird, bzw. durch dessen Vernderung der Mensch selbst in seiner Moral verndert werden kann. 2.2. Meslier als teilnehmender Beobachter Jean Meslier, der Dorfpfarrer, lebt inmitten der Bauernschaft, hat teil an ihrem Leben und ihren Nten, ohne ein Teil von ihr zu sein. Er ist Feldforscher, Ethnograph, nicht nur um der Beschreibung, sondern um des Verstehens willen. Er lebt in den unumgnglichen Spannungen des Feldforschers, der die soziale Umwelt beobachtet und analysieren muss, ohne seine innere Anteilnahme ausschlieen zu knnen und der eine gesellschaftlich integrierte Rolle spielt hier die Priesterrolle ohne innerlich teilzunehmen. Er ist seiner Lebensfhrung nach weder ein ein Bauer, noch durch seine berzeugung ein Priester. Er ist Beobachter, doch in der Beobachterrolle Teilnehmer. Er nimmt die Spanne der Feldforschung und die ihm auferlegte Rolle in Kauf, um besser beobachten zu knnen fr ihn dauert diese Spanne das ganze Leben. Entre ces paysans et leur prte athe, on devine toute la distance quon pu mettre ltude, 1a rflexion, lobservation On sest tonn de cette double vie. Non quelle puisse, aprs tout, nous surprendre Meslier nest pas le seul porter un masque. (Desn, in: Meslier, Ouevres compltes. 1. 1970:XXXVI). Mesliers Doppelleben war das Doppelleben des teilnehmenden Beobachters, der seine Forschung darauf zentriert, eines Tages eine Synthese des Beobachteten geben zu knnen, um nicht nur einem Publikum, sondern vielmehr den Beobachteten selbst, die Augen ber ihre objektive Lage und ihre Weltauffassung zu ffnen. Seine Anregungen zur Verwirklichung einer besseren, d. h. fr ihn gerechteren Gesellschaft, entnimmt er daher auch dem Milieu, das er beschreibt. Seine Vorstellung einer lndlichen Demokratie, einer Fhrerschaft der Alten und Weisen, ja sogar des Gemeineigentums als der idealen wirtschaftlichen Basis fr eine fast egalitren Gesellschaft all das entstammt, wie brigens bei Babeuf, den berresten kommunalistischer Strukturen in einzelnen Regionen Frankreichs (s. Desn, in: Meslier, Oeuvres compltes. 1. 1970:CXXXV), wobei auch das Modell der christlichen Gemeinde und klsterlicher Organisationsformen bei Meslier eine gewisse Rolle gespielt haben knnte. Anders als Rousseau, der die Realitt des buerlichen Lebens seiner Zeit nur aus der Ferne, aus dem Gartenpavillon der Herrschaft, kennenlernt, wei Meslier, was es tagtglich bedeutet, durch Arbeit,

19

Steuern und Rechtlosigkeit die Lasten des Luxus der schmarotzenden Stnde zu tragen. Sein Wunschbild einer agrar- kommunistischen Gesellschaft weist keinerlei exotische Komponente auf, sondern geht aus von dem realen Vorbild der in seiner Umgebung durch den Feudalismus noch nicht gnzlich zerstrten kommunalistischen Strukturen. Seine Betrachtung bleibt jedoch ahistorisch visionr, auch an diesem Punkt, wo er historische Vernderungen in seiner Umgebung am ehesten htte erfassen knnen. 2.3. Die animalische Natur des Menschen als Kulturkonstante Es besteht bei Meslier nur ein scheinbarer Widerspruch zwischen dem Bild der patriarchalischen, geordneten Gemeinschaft9 und dem Postulat, dass alle Menschen von Natur aus gleich seien. Er spricht von den Menschen qui sont tous gaux par nature (2. 1971:16), von einer natrlichen Gerechtigkeit quit naturelle (2. 1971:309). Die Menschen sind nach Meslier ausnahmslos animalische Wesen. Mesliers Anteilnahme beschrnkt sich nicht auf die Gattung Mensch. Viel strker als Rousseau, dessen Verdienst in dieser Hinsricht Lvi-Strauss herausgestellt hat, stellt sich Meslier gegen das cogito ergo sum und betont das Existentielle, das alle Lebewesen verbindet. Ihm geht es nicht darum, in einem wie auch immer gearteten Evolutionsschema, den historischen bergang von der Animalitt zur Humanitt als flieend anzunehmen, sondern ihm geht es um eine Gegenwartsrealitt, die das Existenzrecht eines jeden Lebewesens anerkennt. Quoy, mess. les cartesiens, parceque les bestes ne sauroient parler comme vous en latin, ou en franais, et qu`elles ne sauroient expliquer leurs dsirs, leurs douleurs et leur maux! non plus que leurs plaisirs et leurs joyes! vous les regardez comme de pures machines prives de connoissance, et de sentimens ! Sur ce pied l, vous nous feriez aussi facilement accroire que des Iroquois et que des Japonais, ou mme que des Espagnols, et des Allemands, ne seroient que de pures machines inanimes, prives de connaissance et de sentiment... (3. 1972:93f.). An vielen Stellen seines Werkes kommt Mesliers Einstellung zum Tier zum Ausdruck, wo er jede Form der Misshandlung des Tieres, der Tierqulerei und des auch religis geforderten Tieropfers ablehnt 10. Zu den Ungerechtigkeiten qui se commetent si universellement dans le monde (3:1970) gehrt auch das Unrecht, das am Tier verbt wird. Eine zu seiner Zeit in Frankreich im Zusammenhang mit der Vertreibung von Dmonen verbreitete Katzenverbrennung (3:103) wird von ihm mit heftigen Worten abgelehnt, und erfllt bei ihm argumentativ die gleiche Funktion wie das Beispiel der mexikanischen und peruanischen Menschenopfer, das er nach dem Nouveau thtre du monde ausgiebig zitiert (1:225), um die Irrefhrung durch die Religionen zu verdeutlichen. Fr Meslier ist die Materie selbst der Bewegung fhig (vgl. 2. 1971:190-183), Ltre et la matire ne sont quune mme chose (2. 1971:245). hnlich wie La Mettrie verkehrt
9

Contrairement aux interprtations qui font de lui un prcurseur des anarchistes et des libertaires, Meslier estime que le lexistence dune hirarchie sociale (une juste subordination) est ncessaire. (Funote in Meslier, uvres compltes. 2. 1971:17). 10 Meslier, Oeuvres compltes. A:215-217; 2:276; 3:53ff; 3:103. 20

Meslier die These der Tier-Maschine von Descartes11, indem er den qualitativen Sprung zwischen Menschensein und Tiersein ersetzt durch die generelle Animalisierung des Menschseins, in der Auffassung der bewegten Materie als Sein schlechthin. Mesliers Mensch-Maschine ist nichts Verachtungswrdiges, sondern die Existenz schlechthin, fr deren Respektierung er sich einsetzt. Sein Vermchtnis ist eine Kampfschrift fr das Existenzrecht der Bauern, fr ihre Gleichheit der Subsistenz (vgl. 1. 1970:CXXXVII f). Dass er auer einer Zukunftsvision keine historische Perspektive haben kann, keine Gesetzmigkeiten historischer Entwicklung aufstellt und keine Kausalverbindung herstellt zwischen der Sozialstruktur und der Wirtschaft (vgl. 1. 1970:CVI), mindert nicht seinen Beitrag fr eine Gegenwart, in der fr die Mehrheit der Weltbevlkerung die Subsistenz nicht gesichert ist, und fr solche Ethnologen und Anthropologen, die die animalische Natur des Menschen, seine Existenz, seine Grundbedrfnisse und die ihm angetane Gewalt in allen ihren Formen aus dem anthropologischen Diskurs verbannen. 2.4. Morelly, allgemeine Angaben Rien dans la socit nappartiendra singulirement ni en proprit personne que les choses dont il fera un usage actuel, soit pour ses besoins, ses plaisirs, ou son travail journalier. (Morelly Code de la nature, 1775. Paris, 1953:127 f.) ber Morellys Leben ist so gut wie nichts bekannt12. Nicht einmal ber sein Werk herrscht bis heute vllige Klarheit. Sein Code de la nature von 1755 wurde bis ins 19. Jahrhundert hinein Diderot zugeschrieben rckblickend verwundert es, wie man das darin dargestellte, starre visionre Gesellschaftssystem mit Diderots Systemscheu in Einklang bringen konnte. Lichtenberger in seinem Socialisme au XVIIIe sicle und Girsberger in seiner Schrift Der utopische Sozialismus des 18. Jahrhunderts in Frankreich erwhnen von Morellys Werken eins nicht, nmlich: Le prince. Les dlices des coeurs..., das vier Jahre vor dem Code de la nature erschienen war. Aber wer immer Morelly gewesen sein mag, in der Geschichte des Sozialismus gebhrt ihm zweifellos ein hervorragender Platz schreibt Wolgin in seiner Einleitung zu dem Gesetzbuch der natrlichen Gesellschaft. Coe stellt treffend die kontroversen Auffassungen ber Morelly bis in die Gegenwart hinein heraus: Mehr als irgendein anderer Schriftsteller des 18. Jahrhunderts scheint Morelly gleichsam als fortwhrende Provokation zwischen links und rechts zu stehen, zwischen Sozialismus und Reaktion. In der antikommunistischen Literatur steht Morelly fr alle jene, die die Machtfunktionen des modernen Industriestaates dazu ausgentzt wissen wollten, einen Ameisenhaufen von seelenlosen Robotern, eine khne Neuordnung der Welt, eine Tierfarm, eine Gemeinschaft von unfehlbar
11

Dazu auch: Brahn, in: De la Mettrie. Der Mensch eine Maschine, 1909:XV. Am meisten wohl auch Spekulatives findet sich darber bei Richard. N. Coe in seiner Einleitung zur deutschen Ausgabe. Gesetzbuch der natrlichen Gesellschaft... Hrsg. v. Werner Krauss, Berlin 1964:41-78. Die zweite Einleitung zu diesem Band, die von W. P. Wolgin stammt, ist die deutsche bersetzung seiner franzsischen Introduction, in: Morelly Code de la nature... 1953.
12

21

dressierten Nummern zu organisieren. So sei das Gesetzbuch laut Alexander Gay wohl ein Werk von hervorragender Bedeutung wegen seines Einflusses in der zweiten Hlfte des 18. Jahrhunderts und spter, aber ebenso auch ein erschreckendes Dokument, der erste Entwurf eines Polizeistaates, dessen Verwirklichung nach Zamyatin und George Orwell eine nur allzu bedrohliche Mglichkeit in unserer Zeit darstelle. Die Kommunisten dagegen und alle, die an eine fortschreitende Entwicklung der Menschheit glauben, sehen in Morelly den typischsten Vertreter eines vom Rationalismus geprgten Sozialismus, dessen Werk die gesamte Tradition des utopischen Sozialismus zusammenfasst und erstmalig fr die praktische revolutionre Propaganda durch seine zwingende Beweiskraft wirksam macht. (Coe, in: Morelly, Gesetzbuch... 1954:77f.)13. Dass Morelly ein bedeutendes Bindeglied darstellt in einer Erkenntniskette, die von Thomas Morus, Campanella, Valentin Andreae, ber Babeuf und den Egaux, zu Cabet und Fourier fhrt, sei unbestritten. Seine im 18. Jahrhundert entwickelte, damals in einzelnen Zgen zukunftsweisende Utopie erscheint jedoch, in Retrospektive, als Alptraum. Wir wollen uns im Folgenden dieser gesellschaftlichen Schreckensvision zuwenden mit der Beschrnkung soweit mglich und zulssig auf kulturanthropologische Fragestellungen. 2.5. Utopische Paradiese der anthropologischen Diskussion: Urgesellschaft und Endzustand Morelly ist keineswegs der erste, der an den Beginn der Menschheitsentwicklung ein Goldenes Zeitalter setzt (Morelly. 1953: 102), er ist auch nicht der erste, der die Vorstellung eines Abfallens des Menschen aus dem ursprnglichen, paradiesischen Urzustand entwickelt. hnlich, wie bei Vico (14) finden wir bei Morelly die Vorstellung eines ursprnglichen Zustandes der Unschuld (premire innocence) und des Glcks, das ohne Reflexion einfach gelebt wird und das dadurch anfllig wird fr eine Korruption, von der Morelly glaubt, dass sie sich bis in die Gegenwart fortsetze, grundstzlich aber berwindbar sei. hnlich wie bei Rousseau, finden wir bei Morelly die Vorstellung eines Sndenfalls durch die Aufgabe des ursprnglichen Gemeineigentums, die Habgier der Menschen und die Schaffung von Privateigentum. hnlich wie Vico14, entwickelt Morelly eine Geschichtskonzeption, durch die das Kreislaufmodell von Kindheit, Jugend, Reife und Alter der Kulturen durchbrochen wird, um einem linearen Entwicklungsmodell Platz zu machen. Die Urgesellschaft wurde zu einer weithin nicht mehr hinterfragten Setzung eines Beginns menschlicher Geschichte. Morelly hat in dieser berliefererkette einen bedeutenden Platz.
13

ber die utopischen Sozialisten gibt es zahlreiche Werke. Siehe z.B.: Lichtenberger. 1895; Girsberger 1973 (2), Lichtheim (1968), Vor- und Frhformen des Sozialismus. O. J.; Die frhen Sozialisten. Hrsg. v. Frits Kool u. Werner Krause. O.J. Vormarxistischer Sozialismus, Hrsg. V. Manfred Hahn, 1974; Martin Buber. (1950), 1967. 14 Vico, Giovanni Battista, Nuova scienza, 1725. 22

In seiner Nova scienza (1725) unternimmt Vico den Versuch einer Aufzeichnung des Verlaufs der Geschichte. Mit dem Grundaxiom, dass es die gttliche Vorsehung sei, die sich in der Menschheitsgeschichte entfalte, fragt er nach der Wirkung dieser Vorsehung am Beginn aller Geschichte. Fr Vico gibt es nur eine groe geschichtliche Entwicklung, an der die gesamte Menschheit Anteil hat. Um deren Anfnge zu verdeutlichen, geht er aus vor den Stufen des sentire, advertire und pensare, in dieser Reihenfolge. Zuerst empfind der Mensch ohne wahrzunehmen, dann erwacht seine Wahrnehmung und schlielich denkt er nach. In Vicos Gedankenwelt beginnt die Menschheitsgeschichte noch ganz real mit der Vertreibung des Urpaares aus dem Paradies. Die verweltlichten Vorstellungen Morellys verlaufen in vergleichbaren Bahnen: die Degeneration von der ursprnglichen, auf vollkommener Soziabilitt (parfaite sociabilit), Harmonie und Glck beruhend Ordnung wurde zerstrt durch den Akt der privaten Aneignung. Die ursprngliche Unschuld, pratique sans rflexion (Morelly, 1953:102) wurde aufgegeben, lsst sich aber durch einen graduellen Prozess der Bewusstmachung wiedererlangen. Geschichte ist fr Morelly dieser Prozess, aus einem unbewussten Paradies15 in ein bewusst angestrebtes Paradies berzuwechseln. Im Gegensatz zu anderen Utopisten seiner Zeit erkennt Morelly die historisch-gestaltende Potenz des Menschen an. So glaubt Winfried Schrder in ihm einen Denker zu erkennen, der damit einen ersten Schritt vollzieht auf dem Wege zur berwindung der Grenzen der dem Rationalismus verpflichteten kommunistischen Utopien des 16. und. 17. Jahrhunderts. Es ist unverkennbar, dass er zu dieser Erkenntnis durch eine Umwertung der brgerlichen Naturrechts- und Fortschritts-Konzeption der Aufklrung gelangte. Ehe wir auf dieses Problem im Zusammenhang mit Morellys Fortschrittskonzeption nher eingehen, sei erwhnt, dass Morellys Werk vom kulturanthropologischen Standpunkt aus, mit dem Bild einer Urgesellschaft auch die Vorstellung eines Urkommunismus in die Diskussion eingebracht hat eine Vorstellung, die von den Evolutionisten des 19. Jahrhunderts eher bereitwillig aufgenommen wurde. Bei allem Spekulativen, das diese Vorstellung kennzeichnet, hat sie die genauere Betrachtung konomischer Tatsachen und Entwicklungen in Ethnographie und Ethnologie angeregt, denn es war ja nun nicht mehr unerheblich, wann, warum und auf welche Weise eine Gesellschaft das gemeinschaftliche Eigentum, das Hauptkennzeichen der Urgesellschaft, aufgibt, um zu einer Gesellschaftsform mit Privateigentum berzugehen. Im 18. Jahrhundert steckten die Wirtschaftswissenschaften noch in den Kinderschuhen16. Morelly war einer der ersten Staatstheoretiker, der den Staat in erster Linie von den konomischen Verhltnissen her zu definieren suchte und der die politische

15

Schrder. W. Utopischer Sozialismus und. Kommunismus, in: Vormarxistischer Sozialismus. Hrsg. v. M. Hahn. Frankfurt M. 1974: 29. 16 E. Klein (1973) macht im Anschlu an J.A. Schumpeter jedoch darauf aufmerksam, dass man die Bedeutung des theoretischen Beitrags der Autoren dieser Jahrhunderte (16.-18. Jh.) nur wirklich ermessen knne, wenn man sie ex ante betrachte, und nicht wie es Kritiker stets tun vom Standpunkt der spteren Analyse. (Klein. 1974:4). 23

Struktur des Staates nicht als Ursache, sondern als notwendige Folge dieser konomischen Verhltnisse begriff. (Coe, in: Morelly, Gesetzbuch... 1964:66). 2.6. Aus dem Kreislauf der Natur wird Fortschritt On a souvent dit que les empires avaient, comme lhomme, leur enfance, leur jeunesse, leur ge mr, et leur dcrpitude; Nen serait-il pas de mme de lespce entire pendant un certain nombre de rvolutions qui la porteraient un tat constant dinnocence? (Morelly, 1953:101) fragt Morelly rhetorisch, denn die Antwort steht fr ihn fest: Tout dans l'univers, soit physique, soit moral, se perfectionne par gradation (Morelly, 1953:101). Morelly durchbricht das Kreislaufmodell gesellschaftlicher Entwicklung, in dem er den fortwhrenden Revolutionen im ursprnglichen Sinn, so wie der Begriff in der Renaissance verwendet wurde, nmlich als Rotation von Himmelskrpern teleologisch eine Richtung zuweist. Er schliet sogar nicht aus, dass die menschliche Vernunft, nach vielen moralischen Irrtmern und Heimsuchungen, zu einem dauerhaften Zustand gelangen knnte, in welchem Ratio und individuelles Glck die ihnen geme konomische und politische Form gefunden htten17. Martin Buber hat in seiner Schrift Der utopische Sozialismus (1967) treffend die Ablsung der mittelalterlichen Eschatologie durch die Utopie gekennzeichnet: Die Schau des Rechten in der 0ffbarung vollendet sich im Bild einer vollkommenen Zeit: als messianische Eschatologie; die Schau des Rechten in der Idee vollendet sich in dem Bild eines vollkommenen Raums: als Utopie. Die erste greift ihrem Wesen nach ber das Soziale hinaus, sie rhrt ans Kreatrliche, ja ans Kosmische, die zweite bleibt ihrem Wesen nach auf den Umkreis der Gesellschaft beschrnkt, wenn sie auch zuweilen eine innere Umwandlung des Menschen in ihr Bild einbezieht. Eschatologie bedeutet Vollendung der Schpfung, Utopie Entfaltung der im Zusammenleben der Menschen ruhenden Mglichkeiten einer rechten Ordnung. Ein anderer Unterschied ist noch wichtiger. Fr die Eschatologie geschieht wenn sie auch in ihrer elementaren, prophetischen Form dem Menschen einen bedeutenden aktiven Anteil an dem Kommen der Erlsung zuspricht der entscheidende Akt von oben, fr die Utopie ist alles dem bewussten Menschenwillen unterworfen, ja man kann sie geradezu als ein Gesellschaftsbild bezeichnen, das so entworfen ist, als ob es keine anderen Faktoren als den bewussten Menschenwillen gbe. Das Zeitalter der Aufklrung und was darauf folgt, hat die religise Eschatologie in zunehmendem Mae ihrer Wirkungssphre beraubt. (Buber, 1967:20f.) Morelly steht an dieser historisch bedeutsamen Nahtstelle, an der die eschatologischen berreste des mittelalterlichen Denkens bergehen in eine teleologische Bestimmung aufgrund rationaler Willensakte, wo die Ziele der gttlichen Vorsehung verschmelzen mit dem Zugewinn an Rationalitt und Gte (bienfaisance), und wo, nach Martin Buber, die ganze Kraft des depossedierten
17

Ce nest que par une longue suite d'erreurs morales, par mille preuves que la raison dcouvre enfin que nulle situation ne peut tre plus heureuse que ltat de simple nature. (Morelly, 1953:102)

24

Messianismus in das utopische Sozialsystem eingeht (Buber 1967:22). Wolgin stellt fest: Das teleologische Moment ist in dieser oder jener Form allen alten Fortschrittstheorien eigen. Bei Morelly erscheint es in der reinsten Form; denn der Zusammenhang des Fortschritts mit den Ziele der Vorsehung ist in seiner Sozialphilosophie durch nichts verschleiert (Wolgin, in: Morelly. Gesetzbuch... 1964:28). Coe spricht von Morellys Methode als von einer bergangsmethode, von einem fr Morelly typischen Dualismus, von Morellys Neigung, zwei ganz verschiedenartige, wenn auch nicht unvereinbare Auslegungen ein und derselben Erscheinung nebeneinanderzustellen, eine idealistische oder metaphysische auf der einen, eine materialistische oder zumindest mechanistische auf der anderen Seite (ebenda:55). Fr die Frage, auf welche Weise in der Mitte des 18. Jahrhunderts der Fortschrittsgedanke aufgekommen ist, der gegen Ende des Jahrhunderts, etwa bei Holbach, fest in das anthropologische Weltbild eingefgt war (1723-1789), ist es sicherlich bedeutungsvoll, dass nicht nur die Naturalisten, die wie Buffon und Linn, eine Evolution der organischen Materie ber die Pflanze und das Tier, bis hin zu den hheren Tieren und somit dem Menschen, anzunehmen begannen, ihren Beitrag leisteten. Auf ihre Weise leisteten auch diejenigen, die sich in die Gedankenkette einreihen, das Heil aus der Erwartung zu befreien, um es in die kollektive Anstrengung der Menschen zu berfhren, einen entscheidenden Beitrag zum Aufkommen einer anthropozentrierten Historie und schlielich auch, zum Fortsehrittsgedanken18. 2.7. Erneuerung der Gesellschaft bei Morelly: die verwaltete Welt Fr Morelly ist die Grundbedingung fr die Erneuerung der Gesellschaft die Wiederabschaffung des Privateigentums und eine Gesetzgebung, die die Gleichheit aller in der Produktion und Konsumtion garantiert. Um diese konomische Gleichheit der Partizipation zu ermglichen, muss die gesamte Gesellschaft in hierarchische Verwaltungseinheiten aufgegliedert werden, innerhalb derer sich sowohl die Distribution der Arbeit als auch der Produkte der Arbeit zentralisiert bewerkstelligen lsst. Morellys Entwurf einer rudimentren, agrarisch dominierten patriarchalischen Planwirtschaft soll an dieser Stelle nicht im Einzelnen dargestellt werden; wir wollen uns vielmehr einigen Aspekten dieses Entwurfs zuwenden, die von ethnologischanthropologischer Relevanz sind. Hat Morellys utopische Republik reale Vorbilder? Wie bei vielen seiner Zeitgenossen haben die antiken demokratischen Stadtstaaten fr Morelly Modellcharakter. Daneben scheint auch das Funktionieren der Manufakturbetriebe einen Einfluss auf die Herausbildung zentralistischer Vorstellungen der Produktion gehabt zu haben19. Morellys Gesellschaftsbild ist mechanistisch geprgt. So fhrt er beispielsweise aus: Tout est compass, tout est prvu, tout y est port dans le merveilleux automate de la socit, ses engrainures, ses contrepoids, ses ressorts, ses
18 19

Zu dieser Problematik, siehe auch: Lebrecht, F. Der Fortschrittsgedanke bis Condorcet, 1934. Vergleich dazu : Girsberger, H. 1973: 96-100, Zur Entwicklung der Manufaktur. 25

effets: si l'on y voyait contrarit de forces, c est vacillation sans secousse ou quilibre sans violence, tout y est entran, tout y est port vers un seul but commun. (Morelly, 1953:45). Morelly bezeichnet die Gesellschaft auch als eine Maschine (ebenda:45); durch das harmonische Funktionieren der Gesellschaftsmaschine spiegelt sich in dieser die natrliche Ordnung des Universums: Alors la probit naturelle qui, dans l'ordre gnral de lunivers, est le rsultat dun arrangement infiniment sage dans lequel aucun tre ne peut sans cause accidentelle nuire au mouvement ni lexistence d'un autre (Morelly, 1953:47). In Morellys Gesellschaftsmaschine hat jedes Mitglied einen vorbestimmten Platz, von dem es nur durch eine Strung im Getriebe (une cause accidentielle) abgebracht werden kann. Individuelle Autonomie ist darin in dem Mae berflssig geworden, wie sich Glck und Vernunft gesellschaftlich realisiert haben. Selbst die schnen Knste haben nur noch Akklamationsfunktion, das autonome Anliegen und Streben der Knstlerpersnlichkeit interessiert nicht (vgl. Morelly, 1953:151. VI). Eine Infragestellung von Glck und Vernunft nach einer individuellen Norm ist nicht zulssig (vgl. Morelly, 1953:152. VIII). Ob das Elend der Bauernschaft bei Morelly die Sehnsucht nach einer Restaurierung der vorfeudalen, kommunalistischen Gemeindestrukturen wachgerufen hat, wie es beispielsweise fr Meslier erkennbar ist, scheint ungewiss. Jedenfalls lsst Morellys Entwurf einer durch einen zentralistischen Machtapparat kontrollierten, verwalteten Gesellschaft gerade jene Nestwrme gemeinschaftlicher teilnehmender Beobachtung vermissen, die fr Meslier so charakteristisch ist. Neben Polis und Manufaktur finden wir zweifellos bei Morelly fr die Herausbildung seiner Utopie noch ein ethnographisches Element: die Wilden (les peuples sauvages). Diese gelten ihm als Zeugen einer Urgesellschaft, die fr ihn charakterisiert ist durch Gemeineigentum, starke konsanguinale Bande (affection de consanguinit) durch Gemeinschaftsgeist (esprit de communaut) und durch das Patriarchat (empire paternel, gouvernement paternel) (vgl. Morelly, 1953:68f). Morellys Parallelisierung antiker Gesetlschaften und der zeltgenssischen Wilden zeigt sich nicht nur in den bestndig wiedekehrenden Begriffspaaren: snateur/ chef, und: snat/conseil20, sondern auch in seiner Parallelisierung von Skythen und amerikanischen Vlkerschaften: Ainsi chaque peuple de la terre, au moins sa naissance et dans son pays natal, a t gouvern comme nous voyons que le sont de nos jours les petites peuplades de lAmrique, et comme on dit que se gouvernaient les anciens Scythes qui ont t comme la ppinire des autres nations. Mais, mesure que ces peuples se sont accrus comme le nombre des familles, les sentiments dunion fraternelle se sont affaiblis comme lautorit des pres, alors trop partage. (Morelly, 1953:56) An anderer Stelle geht Morelly in einer langen Funote auf die Frage der Vielfalt der Sitten ein (varit des moeurs) und erklrt diese aus der mehr oder weniger groen Entfernung von einem ursprnglichen, naturnahen Zustand, d.h. durch multilineare historische Entwicklungsprozesse weg von der Urgesellschaft, bzw. wieder hin zum utopischen Gesellschaftsideal. (vgl. Morelly, 1953:56).
20

Seine Verwaltungs- und Herrschaftshierarchie baut auf den Rngen auf: famille, tribu, cit, province, tat (vgl. Morelly 1953:138f). 26

Coe nimmt an allerdings wird nicht klar, woher beim drftigen Stand unserer biographischen Kenntnisse ber Morelly diese Weisheiten stammen dass Morelly Garcilaso de la Vegas Geschichtswerk Geschichte der Inkas, der Knige von Peru gelesen habe, mit der berhmten Beschreibung der vorkolonialen kommunistischen [sic!] Zivilisation der Peruaner. Diesem Inka Garcilasos de las Vegas verdankte Morelly letzten Endes seine Bekehrung, die ihn bis zum Schluss beherrschende Vorstellurg seiner idealen Gesellschaftsordnung (Coe, in: Morelly, Gesetzbuch... 1964:49). Anschlieend soll Morelly auch Die Eroberung Boesniers, Die Eroberung Mexikos (Le Mexique conquis) gelesen haben, die ihm den Anreiz gab, seine Gedanken schriftlich niederzulegen (vgl. Coe, ebenda:49f). In beiden Fllen angeblicher Literaturvorbilder fr Morellys Staat macht Coe den Fehler, in hohem Mae geschichtete Gesellschaften als kommunistisch oder sozialistisch, anzusehen. Nun ist Morellys Staat allerdings alles andere als egalitr: er ist unifomiert, basiert auf einer in seiner patriarchalischen Struktur angelegten ingalit harmonique der Mitglieder (Morelly, 1953:71). Begriffe, wie petites peuplades de l'Amrique, chef, tribut scheinen eher auf Morellys Kenntnis nordamerikanischer, bzw. kanadischer Indianergesellschaften hinzuweisen. Andererseits wre es denkbar, dass Erscheinungen, wie die politische Hierarchie im Inka- und Aztekenreich, wie die Organisation der Handwerker in diesen Reichen, die kollektiven Heiratsfeste, die nach Geschlechtern getrennte Kasernierung und Ausbildrung der Jugend, die Versorgung der Alten als Aufgabe des Staates, u. a. m., Morelly als Vorlage fr seine Utopie gedient haben knnten. Seine Eigenstndigkeit zeigt sich aber dort, wo er von der Vorlage abweicht: in der Vorstellung einer absoluten Gleichheit und Freiheit in der Partizipation am erwirtschafteten Kollektivgut (vgl. Morelly, 1953: 80f.). 2.8. Der Mensch als ein zu Enkulturierender, nicht als Enkulturierter Morelly fasst, wie Voltaire und Montesquieu, kulturelle Erscheinungen in ihrer Ausprgung als Gesetze, Sitten, Bruche, Gepflogenheiten auf21. Er erkennt deren normativen Charakter in den zwischenmenschlichen Beziehungen und Handlungen an, bedingt durch deren Internalisierung und das damit verbundene Problem der Enkulturation der Heranwachsenden in das Normen- und Wertesystem ihrer Gesellschaft. Der mittelalterlichen christlichen Ethik mit ihrer Identitt von Moral und Dogma als gttlicher und gleichzeitig gesellschaftlicher Norm einerseits, und der Praxis des Einzelnen im Sinne dieser Norm andererseits, hatte sich mit der Reformation das Problem einer Moral als Grundeinstellung entgegengestellt die, wenn nicht unabhngig vom praktischen Bemhen, doch ihrer Identitt mit diesem diesseitigen Bemhen beraubt war. Durch der christlichen Norm konformes Handeln allein war seit der Reformation die ewige Seligkeit nicht mehr zu erlangen. Bis das Problem einer mglichen Diskrepanz zwischen dem Handeln nach bestehenden
21

Dies wird beispielsweise deutlich, wo er mit Berufung auf die Aussage eines Indianers, die europischen usages, coutumes, moeurs als kurios, aus seiner Sicht beschreibt. (Vgl. Morelly, 1953:57). 27

Normen und der Einstellung zum Handeln erkannt wurde, bis schlielich die Mglichkeit eines Wandels in den normativen Einstellungen, und damit lngerfristig eines Wandels der gesellschaftlichen Normen im anthropologischen Diskurs in Betracht gezogen wurde, sollte es noch lange dauern. Um die Mitte des 18. Jahrhunderts wird von den Staatsphilosophen ein Thema aufgegriffen, nmlich das der Internalisierung von Normen und Werten, das zunchst aber allenfalls erahnt wird und immer wieder, mit verschiedenen Anstzen geistiger Anstrengung, aufgenommen wird. Morelly entwirft sein Utopia als Pdagoge und legt Gesetze, Regeln und Normen dar, ohne sich zu fragen, wie sie aufgenommen werden: Reformez les dfauts de la politique et de la morale sur les lois de la nature; pour y russir, commencez par laisser pleine libert aux vrais sages d'attaquer les erreurs et les prjugs qui soutiennent lesprit de la 'proprit: ce monstre terrass, faites que l'ducation [von mir gesperrt] fortifie cette heureuse rforme; il ne vous sera plus difficile de faire adopter vos peuples des lois peu prs pareilles celles que j'ai recueillies d'aprs ce qu'il m'a paru que la raison peut suggrer de mieux aux hommes pour se prserver de devenir mchants. (Morelly, 1953:126) Zahlreich wren die Beispiele, die man aus dem Modle de lgislation22 fr Morellys legislativen und pdagogischen Autoritarismus anfhren knnte. Gelehrt werden darf was die Gesetze gebieten. Gesetz bleibt, was Gesetz ist. Die Kurzfassung seiner Ansichten bietet Morelly selbst: La formule de tout commandement public sera: la Raison veut, La Loi ordonne (Morelly, 1953:143. XI). Dies besagt, dass die zu Gesetz gewordene Vernunft nicht mehr in Frage gestellt werden darf. Den Lehrern und Lehrerinnen fllt die Aufgabe zu, die Heranwachsenden nicht nur krperlich und geistig, sondern auch moralisch auszubilden, d. h. zu unterweisen nach den Gesetzen der Vernunft und Soziabilitt. Nun merkt Morelly selbst auf bei dem Problem, vor das ihn seine tabula rasa der Enkulturation stellt, erkennt aber nur die eine Seite der Medaille23: dass der Zgling nicht nur Normen und Gesetze zur Kenntnis nimmt, die der Lehrmeister bei ihm kultiviert24, sondern dass er sie zur vollen Rezipierung auch verinnerlichen muss. Da Morelly diese Spannung zwischen Praxis und Internalisierung zwar erahnt, aber nicht voll erkennt25. Greift er auf das sich traditionell anbietende Muster einer Sakralisierung der Normen zurck: Toutes ces lois du gouvernment, comme les fondamentales, seront rputes et sacres et inviolables; elles ne pourront tre changes ni abroges par qui que ce soit (Morelly, 1953:144). Um die Norm ber die reine Reglementierung sozialer Ablufe herauszuheben und ihre Verinnerlichung zu garantieren, wird sie geheiligt.
22

Es handelt sich um die Gesetze selbst, die Morelly als Anhang zu den allgemeinen Ausfhrungen aufstellt. 23 Die andere Seite, nmlich die Wechselwirkung von Enkulturiertheit und kulturschpferischem Wirken bleiben Morelly verborgen. 24 An einer Stelle wendet er den Ausdruck kultuvieren an um das Bemhen des Lehrmeisters zu kennzeichnen: Ces premires instructions continueront d'tre cultives par les matres... (Morelly. 1953:148). 25 Essai sur le cur humain ou principes naturels de lducation. Paris, 1745. 28

3. Fazit Die Werke utopischer Sozialisten haben zahlreiche Nachfolger inspiriert. Der cur Meslier war ethnographisch nher an den Quellen als Morelly, dem sein Gesellschaftsentwurf nach eigener Einschtzung schwer realisierbar erschien: Je donne cette esquisse des lois par forme dappendice, puisquil nest malheureusement que trop vrai quil serait comme impossible, de nos jours, de former une pareille republique. (Morelly, 1953:127) Die beiden Utopisten der Aufklrungszeit in Frankreich waren mit ihren Entwrfen Impulsgeber. Sie waren, jeder auf seine Weise, gefangen in einem Gedankengebude, bedingt durch ihre Ttigkeit. Sie hatten Mut zur Utopie und waren bereit zu Gegenentwrfen zu den starren hierarchischen Strukturen ihrer Epoche. Es bleibt zum Schluss noch die Frage zu stellen, was Melier und Morelly einzeln und gemeinsam von den brigen Aufklrern abhebt und ihnen eine Auenseiterposition verschafft. Es ist in erster Linie die Unbedingtheit des Denkens und klassenmige Unabhngigkeit, die diese beiden Denker von ihren Zeitgenossen unterscheidet. Es ist ferner ihre Suche nach einem kulturtheoretischen und pdagogischen Grundkonzept, das die Werteproblematik hinter den Sitten wenn nicht erkennt so doch erahnt. Die Bezeichnung Wissenschaft von den Sitten war das ganze Jahrhundert hindurch gebruchlich. Doch das Begreifen der Sitten und Bruche wandelte sich von Montesquieus Vom Geist der Gesetzte, 1748, bis zu Holbachs La politique naturelle, 1773. Es wandelte sich Schritt fr Schritt von der Beschreibung des unterschiedlichen Verhaltens in verschiedenen Gesellschaften und den Erklrungen dieser Verhaltensvielfalt aus ueren, natrlichen oder gesetzgeberischen Varianten, bis hin zu einem Verstndniss fr die dem Verhalten zugrundeliegenden Werte und Normen, und zu einem berdenken und Neuformulieren einer Ethik ihrer eigenen Gesellschaft. Meslier und Morelly stehen an jener Nahtstelle des anthropologischen Advertire, des Aufmerkens im Sinne Vicos, durch das sich ein autonomes Individuum herausbilden kann. Dieses anthropologische advertire, das Aufmerken im Sinne Vicos, wo sich aus der Geborgenheit ein Ausbrechen des autonomen, die Zukunft gestaltenden Individuums anzeigt wird bei Morelly jedoch sogleich, strker als bei Meslier in seiner elementaren Lebensbejahung, wieder durch eine kollektive und sakralisierte Moral eingefangen.

29

Bibliographie Benzing, Brigitta Von den Sitten zu den Werten. Entwicklung der Anthropologie in der franzsischen Aufklrung. Proceedings of the 1991 Conference of the German Anthropological Society. Mnchen: Akademischer Verlag, 1994:321-326 Buber, Martin Der utopische Sozialismus. Kln: Hegner, 1967 Coe, Richard. N. Morelly. Ein Rationalist auf dem Weg zum Sozialismus: Rtten und Leening 1961. (Neue Beitrge zur Literaturwissenschaft. 13) Coe, Richard N. Einleitung zur deutschen Ausgabe von Morelly. Gesetzbuch der natrlichen Gesellschaft. Hrsg. v. Werner Krauss. Berlin, 1964:41-78 Dommanget, Maurice Le cur Meslier. Paris, 1965 Girsberger, Hans Der utopische Sozialismus des 18. Jahrhunderts in Frankreich und seine philosophischen und materiellen Grundlagen. Wiesbaden: Focus-Verlag, 1924, 2. Aufl. 1973 (Mit einer Einleitung von Bernd Heymann). Helvtius, Claude Adrien uvres compltes. (Reprint der Ausgabe Paris, 1795). Hildesheim, 1969. 14 Bde Holbach, Paul-Henry Thiry d Le bon sens du cur Jean Meslier suivi de son testament. (Reprint. Bruxelles: Libraire Philosophique, 1829). Hildesheim, New York: Olms, 1970 Krauss Werner Studien zur deutschen und franzsischen Aufklrung. (Neue Beitrge zur Literaturwissenschaft. 16). Berlin: Rtten und Loening 1963 La Mettrie, Julien Offray de uvres philosophiques. Amsterdam 1774. 3 Bde. Der Mensch eine Maschine. bersetzt mit einer Vorrede und mit Anmerkungen von Max Brahn. Leipzig: Drr 1909 Lvi-Strauss, Claude J.-J. Rousseau, fondateur des sciences de lhomme, in J.Jacques Rousseau. Neuchtel: Ed. de la Baconnire, 1962 Lvi-Strauss, Claude J.-J. Rousseau, pre de lethnologie, in Le courrier. Paris: Mrz, 1963:10-14 Lichtenberger, Andr Le socialisme au XVIIIe Paris: Alcan, 1895. (Reprint New York: Kelly, 1967)

30

Lichtheim, Georg Ursprnge des Sozialismus. (Aus dem Amerikanischen) Gtersloh: Bertelsmann, 1969 Meslier, Jean Oeuvres compltes. Prface et notes par Jean Deprun, Roland Desn, Albert Soboul. Bde 1.2.3. Paris: Editions Anthropos, 1970-72 Morelly Code de la nature, ou le vritable esprit de ses lois Introduction par V. P. Volguine. Paris: Edition sociales, 1953; Gesetzbuch der natrlichen Gesellschaft oder Der wahre Geist ihrer Gesetze zu jeder Zeit bersehen oder verkannt, in der bersetzung von Ernst Moritz Arndt (1845). Hrsg. v. Werner Krauss. Berlin: Akademie Verlag. 1964 Nicolini, Fausto Jean-Baptiste Vico dans lhistoire de la pense, in Cahier dhistoire mondiale, 7, 2, 1963:299-319 Rousseau, Jean-Jacques mile ou de lducation. Paris: Garnier, 1924 Vartanian, Aram La Mettries Lhomme machine. A study in the Origin of an Idea. Critical edition with an introductory monograph and notes. Princeton, N.Y.: Univ. Pr., 1960 Venturi, Franco Utopia and Reform in the Enlightenment. London: Cambridge Univ. Pr., 1971 Vico, Giambattista Die neue Wissenschaft ber die gemeinschaftliche Natur der Vlker. Nach der Ausgabe von 1744 bersetzt und eingeleitet von E. Auerbach, 1924. Berlin: Gruyter Reprint, 1965 Voltaire, Franois-Marie Arouet de uvres compltes. Paris: Moland, 1877-1883. 52 Bde Wolgin, W. P. Die Gesellschaftstheorien der franzsischen Aufklrung (aus dem Russischen). Berlin: Akademie-Verlag, 1965

31

32

LArte tra distopie e utopie


Roberta Cafuri Abstract
After defining the meaning of dystopia and reconstructing the theoretical model of social and natural dystopia through the analysis of two texts: 1984 by George Orwell and The Time Machine by H.G. Wells, the author confronts these texts with Michel Foucaults philosophical thought in order to analyze the various control techniques used by power which are illustrated by different types of dystopia. Walter Benjamins reflections are useful as a stimulus to rethink the basis through which a utopic version of the future can be imagined. Some of his pages on collective dream written in the 30s contain illuminating indications about a different use of imagination which could be made in order to analyze the present reality through dialectic and to claim a better future through art. Art can play a key role in order to avoid that the future resembles the past too much as happens with dystopia. The author will then analyze the use of imagination in contemporary Aboriginal Australian art which has drawn its inspiration from the Dreamtime in order to awaken both the indigenous people and the non-Aboriginal elites from sleep. The rediscovery of the importance of collective dream in connection to the cultural heritage that tells the origin of the continent and of its population has in fact been used to claim the rights to the land from which the Aboriginal had been expropriated by the colonizers. In this case the recovery of the past is a utopian vision of the future. About the relationship between past and future the author will refer to Adornos reflections and will then consider some Italian exhibitions about utopia in contemporary art as well as the utopian conception of the museum. Always conceived as an architectural space, as a static container of natural and socio-economic history, the conception of the museum was revived by the African artist Meschac Gaba in the shape of a traveling museum which was open to the future. According to the author, the reflections about utopia and dystopia concerning the world of museology and contemporary art lead to the awareness that criticism of the present should be open toward the past and the future.

Lesperienza estetica lesperienza di qualcosa che lo spirito non avrebbe in anticipo n dal mondo n da se stesso; una possibilit, promessa dalla propria impossibilit. Larte la promessa della felicit: una promessa che non viene mantenuta. T. W. Adorno, Teoria estetica, Einaudi, Torino, 1975, p. 193 Premessa Nel 2011 imponenti cambiamenti di ordine economico e politico hanno lasciato emergere, tra rivoluzioni nel modo arabo e manifestazioni di piazza come quella degli indignados e di occupy wall street, visioni alternative delle societ su scala globale. Alcuni di questi movimenti di resistenza nutrono sogni su un futuro diverso, per le generazioni del presente e del futuro. Questi sembrano rinviare a modelli utopici, legati alla critica del sistema capitalistico finanziario, come nella riproposizione per
33

esempio della teoria della decrescita e della gestione diversa delle risorse naturali, intese come beni comuni, modello sovente intrecciato alla difesa dei diritti umani. Interrogandosi sulla possibilit dellutopia nel XXI secolo, questo articolo intende rintracciare leredit delle distopie, diffuse da letterature prima e poi dal cinema, nelle riflessioni critiche sulla realt contemporanea. Aspetto comune alle utopie e distopie il rifiuto delle ingiustizie del presente per traslare, in un luogo non geograficamente rintracciabile, o un modello sociale opposto o le analisi delle condizioni e dei metodi di controllo del potere che ne caratterizzano la sopravvivenza. Lambientazione distopica offre raffronti con la realt, avendo con essa numerosi punti di congiunzione. In particolare, alcuni elementi persistono: la paura nei confronti del potere diffuso come controllo sociale; la svalutazione della tecnologia, compresa quella legata alla sorveglianza, come strumento di acquisizione del benessere; la sfiducia nel progresso, alimentata da un rapporto mai pacificato con la natura. Cercher quindi di rintracciare le tracce di realt nella distopia attraverso lanalisi di alcune distopie presenti nella letteratura. Definir il significato di Distopia attraverso letimologia del nome, ricostruendo il modello teorico per definire quali siano le caratteristiche che fanno di un racconto un racconto distopico. Differenzier i vari tipi di distopia dividendoli in due macrocategorie: la distopia sociale e la distopia naturale. Proceder allanalisi di entrambe attraverso due testi, che rappresentano al meglio le due categorie: 1984 di George Orwell e The Time Machine di Herbert George Wells, e raffronter i testi con il pensiero filosofico di Michel Foucault, per analizzare le varie tecniche di controllo del potere che i diversi tipi di distopia illustrano. Le riflessioni di Walter Benjamin costituiranno invece lo stimolo per ripensare le basi con cui immaginare il futuro nella versione eutopica. Alcune sue pagine degli anni 30 sul sogno collettivo contengono indicazioni illuminanti su un diverso uso dellimmaginazione, sia per analizzare la realt presente con lo strumento della dialettica, sia per rivendicare un futuro diverso mediante larte. Per evitare che il futuro assomigli troppo al passato, come accade nelle distopie, larte pu giocare un ruolo fondamentale, se non altro perch mostra un uso dellimmaginazione diverso. Analizzer questo impiego dellimmaginazione nellarte contemporanea aborigena australiana, che ha ripreso il Dreamtime per risvegliare dal sonno le popolazioni autoctone e le lite non aborigene al potere. La riscoperta dellimportanza del sogno collettivo, legato al patrimonio culturale che narra le origini del continente e del suo popolamento, stata infatti impiegata per rivendicare i diritti sulla terra, espropriati dai colonizzatori. Il recupero del passato , in questo caso, una visione utopica del futuro. Sul rapporto tra passato e futuro nellarte mi avvarr della riflessione condotta da Adorno: dopo aver considerato alcune mostre italiane sullutopia nel panorama artistico contemporaneo, passer poi a un uso utopico del museo. Da sempre pensato come spazio architettonico, statico contenitore della storia naturale ed economico-sociale, esso stato riproposto dallartista africano Meschac Gaba nella forma del museo itinerante aperto al futuro. Le riflessioni su utopia e distopia conducono cos, attraversando il mondo della museologia e dellarte contemporanea, alla consapevolezza che la critica del presente si accompagna, oltre alla ripresa del passato, anche allapertura sulla dimensione essenziale del futuro.
34

Etimologia, significato e argomenti topici della distopia Una delle principali differenze tra utopia e distopia il tipo di connessione spaziotemporale con la realt che le societ utopiche e distopiche adottano. Lutopia non mantiene legami con la storia reale. Il luogo della realizzazione utopica lontanissimo, ignorato fino al momento della sua scoperta; gli utopisti infatti utilizzano spesso il racconto di un viaggio avventuroso per terre inesplorate, affinch il lungo percorso che stato necessario affrontare per arrivarci permetta al protagonista di lasciarsi alle spalle tutta lesperienza sociale e culturale del proprio mondo. Una netta frattura geografica e storica infatti necessaria per il protagonista affinch possa comprendere appieno la societ, i costumi e le istituzioni che si sono creati in tale isolamento, radicalmente diversi da quelli contemporanei a lui noti.1 Lutopia perci realmente un non-luogo, in quanto non si colloca nella realt spazio-temporale. Lutopista vuole inoltre proporre un ideale da raggiungere alla societ moderna, in modo che le persone si sentano in dovere di imprimere uno svolgimento diverso alla storia, proponendo processi alternativi per rispondere ad una situazione storica avvertita come dolorosa. Al contrario la distopia si pone in continuit con il processo storico. Essa accoglie la realt quale , creando un possibile futuro mondo distorto, partendo da tendenze negative gi esistenti e operanti nel presente, ampliandole e ingigantendole. Lo scrittore di distopie presenta perci la societ ideale come levoluzione di condizioni contemporanee negative, cercando di mettere in evidenza i pericoli a cui si andr incontro se si continuer la via attualmente intrapresa, che porterebbe alla realizzazione concreta del luogo-cattivo.2 Esistono vari termini per indicare ci che definito come un non-luogo sede di una realt indesiderabile. Due sono utilizzati universalmente: il termine Antiutopia e il termine Distopia. Ma la differenza etimologica che fa del termine Distopia quello pi adatto il fatto che mentre Antiutopia indica uno stretto rapporto di opposizione e di dipendenza rispetto allutopia3, laltro ha un significato pi ampio e complesso. Il termine Distopia di derivazione greca. Essendo il termine opposto a eutopia, cos chiamata lutopia da Tommaso Moro il prefisso greco dys- si oppone al prefisso positivo eu- che significa non-luogo4, quindi mentre lUtopia rappresenta il luogo dove tutto ci che dovrebbe essere, quindi un terreno fertile dal punto vista sociale e culturale, la Distopia un luogo che rappresenta completamente il contrario.
1

Gatti Paola, Discorso utopico e distopico, Mneme, 2000, http://www.mondodomani.org/mneme/ apg01.htm; sito consultato il 28.05.2012. 2 Gatti Paola, Discorso utopico e distopico, Mneme, 2000, http://mondodomani.org/mneme/ apg01.htm; sito consultato il 28.05.2012. 3 Battaglia Beatrice, Nostalgia e mito nella distopia inglese. Saggi su Oliphant, Wells, Forster, Orwell, Burdekin, Ravenna, Longo, 1998, p. 9. 4 Colombo Arrigo Su questi saggi e la loro genesi sullutopia e sulla distopia, Colombo Arrigo, Baldini Enzo a cura di, Utopia e Distopia, Firenze, Dedalo, 1993, p. 11-12. 35

In principio il significato del termine presenta un luogo immaginario e una societ indesiderabile sotto tutti i punti di vista: viene usato da John Stuart Mill5 in un discorso parlamentare nel 1868 ed probabilmente la prima registrazione storica delluso di questo termine, che fino ad allora era stato inteso solo come artificio retorico o esperimento intellettuale, seppur si suppone che la sua esistenza sia stata presente fin dalla coniazione del termine utopia6. Ci che consente di definire un racconto letterario come distopia il fatto che esso abbia caratteristiche appartenenti al modello teorico7 proprio di questo genere letterario. La letteratura distopica descrive una proiezione nel futuro di un disagio o un malessere; altamente critica verso lordine sociale e culturale dominante; attinge il potere suggestivo e comunicativo irrazionale dal represso o rimosso della coscienza umana con luso del corpo e del sesso, come in 1984 di Orwell; usa la fantasia per suscitare coinvolgimento e reazione emotiva, che portino a una riflessione razionale. La letteratura distopica descrive quindi un disagio attuale traslandolo nel futuro, in una realt che lautore considera lontana da s, esprimendo un bisogno di ribellione attraverso una feroce critica della societ. Il metodo di comunicazione prediletto di questo genere letterario una comunicazione emotiva, che colpisce il lettore e lo coinvolge nella situazione, spesso facendo leva sul suo subconscio represso, per poi veicolarlo verso una riflessione sulla societ e i suoi punti oscuri. I principali esponenti di questo filone letterario sono George Orwell, con 1984 e La Fattoria degli animali, Herbert George Wells, grazie ai suoi vari romanzi fantascientifici tra cui The Time Machine e La Guerra dei Mondi. Altri autori distopici sono Aldous Huxley con Brave New World, Jack London con The Iron Heel, Ray Bradbury con Fahrenheit 451; di ambientazione distopica abbiamo anche Lord of the Flies di William Golding, e molti altri. Dopo aver definito cosa sia una Distopia in generale, possiamo delineare le differenze di genere che la caratterizzano. I tipi di distopia si possono catalogare come Distopia Sociale e Distopia Naturale: la Distopia Sociale un luogo dove la societ opprime il singolo, mentre nella Distopia Naturale la natura opprime il singolo. Ci che permette di distinguerle la causa del malessere delluomo, il primo punto del modello: si parla per questi casi di fantapolitica e fantascienza. Distopia sociale Per parlare di Distopia Sociale si pu prendere ad esempio la pi famosa distopia esistente, 1984 di George Orwell.8 Violentemente contrario ai metodi staliniani, egli
5

Roth Michael S., Trauma: A Dystopia of the Spirit, in Jorn Rusen, Michael Fehr, Thomas Rieger a cura di, Thinking utopia. Steps into other worlds (Making Sense of History), Oxford-New York, Berghahn Books, 2006, p. 230. 6 http://www.hem.passagen.se/replikant/dystopia_timeline.htm, ultima consultazione: 20/06/2011. 7 Battaglia Beatrice, 1998, Nostalgia e mito nella distopia inglese. Saggi su Oliphant, Wells, Forster, Orwell, Burdekin, Ravenna, Longo, p. 7-15. 8 Scrittore inglese, nato nel Bengala, comp gli studi a Eton. Ritornato in India nel 1922, vi rimase cinque anni al servizio della polizia imperiale indiana in Birmania. Questo soggiorno diede lo spunto al 36

scrisse una satira brillante e dolorosa del comunismo russo in La fattoria degli animali (Animal farm, 1945); infine, portando alle estreme conseguenze la sua avversione a ogni tipo di totalitarismo, diede nel suo ultimo romanzo 1984, uscito nel 1949, unimmagine avveniristica, tanto terrificante quanto plausibile, della societ globale. Scritta nel 1948, lazione si svolge in un futuro prossimo del mondo lanno 1984 in cui il potere si concentra in tre immensi superstati: Oceania, Eurasia ed Estasia. Londra la citt principale di Oceania. Al vertice del potere politico in Oceania c il Grande Fratello, onnisciente e infallibile, che nessuno ha visto di persona. Sotto di lui c il Partito interno, quello esterno e la gran massa dei sudditi. Ovunque sono visibili grandi manifesti con il volto del Grande Fratello. Gli slogan politici ricorrenti sono: La pace guerra, La libert schiavit, Lignoranza forza. Il Ministero della Verit, nel quale lavora il personaggio principale, Winston Smith, ha il compito di censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilit espressive della lingua. Per quanto sia tenuto sotto controllo da telecamere, Smith comincia a condurre unesistenza ispirata a principi opposti a quelli inculcati dal regime: tiene un diario segreto, ricostruisce il passato, sinnamora di una collega di lavoro, Julia, e d sempre pi spazio a sentimenti individuali. Insieme con un compagno di lavoro, OBrien, Smith e Julia iniziano a collaborare con unorganizzazione clandestina, detta Lega della Fratellanza; non sanno tuttavia che OBrien una spia che fa il doppio gioco ed ormai sul punto di intrappolarli. Smith viene arrestato, sottoposto a torture e a un indicibile processo di degradazione. Alla fine di questo trattamento costretto a denunciare Julia, ma OBrien rivela a Smith che non sufficiente confessare e sottomettersi: il Grande Fratello vuole avere per s lanima e il cuore di ogni suddito prima di metterlo a morte. Non appena si era instaurata unutopia politica che predicava la condivisione dei beni e luguaglianza, comera accaduto per la rivoluzione bolscevica, ecco che si ipotizz il volto degenerato che in un futuro prossimo lo stato avrebbe potuto assumere, come in 1984 di George Orwell. La distopia sarebbe dunque un avvertimento, un avviso che gli scrittori vogliono lanciare alla popolazione, affinch non segua i sogni utopici, ma se ne tenga distante e cerchi di bloccare le avvisaglie della realizzazione dellutopia. Essi cercano di mettere in guardia dallutopia, esasperando le caratteristiche negative del loro tempo.
suo primo romanzo, Giorni in Birmania (Burmese days, 1934). Rientrato in Europa, il desiderio di conoscere le condizioni di vita delle classi subalterne lo indusse a umili mestieri nei quartieri pi poveri di Parigi e di Londra, esperienza che narr in S enza un soldo a Parigi e a Londra (Down and out in Paris and London, 1933). Nel libro inchiesta La strada per Wigan Pier (The road to Wigan Pier, 1937) descrisse con amaro verismo la vita dei disoccupati. Partecip alla guerra civile in Spagna, combattendo nellesercito repubblicano; in Omaggio alla Catalogna (Homage to Catalonia, 1938) emerge una posizione duramente critica nei confronti del partito comunista spagnolo e dellUnione Sovietica, accusati di aver distrutto la sinistra anarchica, favorendo cos la vittoria dei falangisti fascisti. 37

Le distopie perci riproducono alcune caratteristiche delle utopie di cui sono considerate il disvelamento, le rivelatrici della loro celata perversit, capaci di impedirne la realizzazione.9 Questo era per lo meno lintento di Aldous Huxley che, nellintroduzione del Il mondo nuovo, cita alcune parole del giornalista e rivoluzionario francese Nicola Berdiaeff: Le utopie appaiono oggi assai pi realizzabili di quanto non si credesse un tempo. E noi ci troviamo attualmente di fronte a una questione ben pi angosciosa: come evitare la loro realizzazione definitiva? Le utopie sono realizzabili. La vita marcia verso le utopie. E forse un secolo nuovo comincia; un secolo nel quale gli intellettuali e la classe colta penseranno ai mezzi devitare le utopie e di ritornare a una societ non utopistica, meno perfetta e pi libera.10 Il vero pericolo che luomo non riesca a deviare dai binari che la realt contemporanea vuole fargli percorrere. Pi gli uomini reagiscono alla propria condizione e la trasformano secondo modelli umani, tanto pi intensamente vivono nellutopia. (...) Luomo cammina con i piedi in terra e la testa in aria.11 La critica dellutopia socialista Nel socialismo europeo ottocentesco, pur tra le varianti pi significative, insieme a unanalisi delle disfunzioni dei sistemi politici ed economici alla base delle disuguaglianze sociali, era presente la fede nel progresso, anche solo inteso come possibilit di emancipazione e di ridistribuzione della ricchezza. Anche se nella letteratura nellOttocento non mancavano perci le analisi pi crude della realt sociale, pur tuttavia autori come Zola, Verga, Dickens lasciavano intravvedere la possibile conquista di forme di resilienza, che consentissero di sostenere il peso delle ingiustizie sociali senza soccombervi. Verga12 per esempio aveva una concezione dolorosa e tragica della vita, una concezione fatalistica e immobile delluomo che per non contrastava con la fede nel progresso, considerato in riferimento allumanit intera. Di contro, luomo singolo era sempre dolorante e infelice, poich gli uomini delle classi inferiori erano sottoposti a un destino crudele
9

Gatti Paola, Discorso utopico e distopico, Mneme, 2000, http://mondodomani.org/mneme/ apg01.htm; sito consultato il 28.05.2012. 10 Huxley Aldous, Il mondo nuovo Ritorno al mondo nuovo, Milano, Oscar Mondadori, 2010, p. 19. 11 Mumford Lewis, Storia dellutopia, Bologna, Donzelli, 1968 [1922], pp. 9-10. 12 Giovanni Verga (1840-1922), a Milano frequent lambiente degli Scapigliati, rappresentando il mondo aristocratico-borghese. In seguito alla scoperta del Naturalismo francese matur la sua svolta decisiva verso il Verismo, segnata dai racconti e dai romanzi di ambiente siciliano come il Ciclo dei Vinti, le Novelle Rusticane e Vita nei Campi. Con landare degli anni si fece sempre pi vivo in lui linteresse per le vicende politiche, tanto che nel 1911 accolse con entusiasmo la decisione della campagna libica e nel 1912 ader al partito nazionalista. 38

che li condannava allinfelicit e al dolore e chi cercava di uscire da tale condizione, piuttosto che trovare la felicit, sarebbe solo andato incontro a sofferenze maggiori, in una visione pietrificata della societ in cui non esisteva alcuna possibilit di cambiamento o riscatto.13 La stessa idea presente nel romanzo 1984, in cui la societ distopica e indesiderabile presente in maniera ossessiva e opprimente. Winston, il protagonista di 1984, risente della pressione che il sistema gerarchico della societ pone sulla sua classe e su quella inferiore; le classi superiori sono rappresentanti di un potere che si mantiene autonomamente, tanto che la stessa immagine del Grande Fratello di una persona fittizia, con i tratti del volto che possono rappresentare chiunque. Il suo unico elemento distintivo uno sguardo penetrante che mette soggezione, emblema di una societ crudele che distrugge la psiche e la libert dei suoi cittadini. Pur nel quadro pessimistico comune, la visione verghiana del mondo conteneva tuttavia tre elementi positivi: quel sentimento delleroismo e della grandezza umana, che portava lautore ad assumere un atteggiamento di piet misto ad ammirazione verso quelli che lui chiamava i vinti, ossia coloro che nella lotta per lesistenza erano destinati inevitabilmente al fallimento e dunque alla sofferenza. Altro elemento era la fede in alcuni valori, come la famiglia, la casa vista come centro di affetti, la dedizione al lavoro, lonore e la dignit, lo spirito di sacrificio, la fedelt alla parola data, lamore profondo. Il terzo elemento positivo era la saggezza che veniva dalla coscienza dei propri limiti, consapevolezza che aiutava a sopportare le delusioni e a non cercare invano di migliorare la propria condizione, per evitare di andare incontro a sofferenze maggiori. Piuttosto saggio chi, in tale consapevolezza, sa accettare la propria vita per quella che , accontentandosi e attingendo da essa le piccole gioie da ritrovare in quei valori in cui ha fede lautore: ad esempio la famiglia, lamore. Il contrario invece accade per il romanzo orwelliano, in cui il disprezzo della classe vinta reso nella forma della speranza delusa e i piaceri della vita come lamore, la casa e la famiglia sono considerati in Oceania reati o fredde prigioni. Nel complesso, mentre Verga dava una speranza ai personaggi considerati vinti, Orwell non concede questo privilegio ai suoi personaggi, per quanto si dibattano. Pi di un cinquantennio separano le due opere: da un lato le due guerre mondiali nel Novecento hanno costituito la prova empirica dellimpossibilit di un orizzonte metafisico per la storia identificabile nel progresso, dallaltro il totalitarismo stalinista e laffermazione in Europa, nella prima met del secolo di dittature e fascismi diffusi a macchia dolio avevano ridotto a brandelli le utopie socialiste. Mentre tuttavia dalle lotte della Resistenza francese e italiana nascevano nuovi esperimenti democratici, e Jean Paul Sarte articolava proprio in quegli anni il ruolo liberatorio dellimmaginazione nella revisione critica della dialettica marxista,14 la distopia di Orwell sembra rielaborare in forma letteraria i saggi comparsi negli
13

Giovanni Verga, Malavoglia, Milano, Newton Compton, 2010; Mastro don Gesualdo, Milano, Newton Compton, 2010; Tutte le novelle, Milano, Newton Compton, 2010. 14 Jean-Paul Sartre, L immaginazione. Idee per una teoria delle emozioni, Milano, Bompiani, 2004; Limmaginario, Torino, Einaudi, 2007; Pensare larte, Milano, Marinotti, 2008; Lintelligibilit della storia. Critica della ragione dialettica, vol.2, Milano, Marinotti, 2006. 39

stessi anni negli Stati Uniti ad opera dei francofortesi. Gli autori della Scuola di Francoforte, emigrati a causa del nazismo e delle persecuzioni razziali negli USA, avevano evidenziato i rischi della deriva conformistica nella democrazia oltreoceano, grazie alla manipolazione dei mezzi di comunicazione di massa e al ruolo massificante e anestetizzante dellindustria culturale.15 Orwell anticipa inoltre il ruolo simbolico del panopticon, cos com stato ricostruito nelle analisi di Foucault di qualche anno dopo. Come scrive anche Giovanni Mariotti, il vero padre del Grande Fratello infatti proprio il panopticon. Tecniche di controllo del potere Jeremy Bentham16 ide e si fece promotore di una struttura carceraria che chiam Panopticon. Il nome deriva dal greco pan che significa tutto e optikon che significa vedere: stava ad indicare un edificio che fa vedere tutto. Progetto realizzato in alcuni esemplari in Europa nel diciannovesimo secolo, la struttura del Panopticon composta di una torre centrale, allinterno della quale staziona losservatore, circondata da una costruzione circolare, dove sono disposte le celle dei prigionieri, illuminate dallesterno e separate da spessi muri. Esse erano disposte a cerchio, con due finestre per ognuna: luna rivolta verso lesterno, per prendere luce, laltra verso linterno, in una colonna nella quale si sarebbe collocato il custode. I carcerati, sapendo di poter esser osservati tutti insieme in un solo momento dal custode, grazie alla particolare disposizione delle celle nella prigione, avrebbero assunto comportamenti disciplinati e mantenuto lordine in modo quasi automatico; inoltre la forma carceraria del panopticon prevedeva che a ogni singolo detenuto fosse assegnato un lavoro: si avviava cos il processo di passaggio tra una formula carceraria contenitiva a una formula produttiva. Bentham propose anche che la struttura fosse regolarmente utilizzata in altri settori della societ, come ospedali e manicomi, ovunque fosse necessario un costante controllo di un ampio numero di persone17.
15

W. Theodor Adorno, Max Horkheimer, Dialettica dellIlluminismo. Torino, Einaudi, 1966; si veda anche Noam Chomsky, Il potere dei media. Firenze, Vallecchi, 1996; Nicholas Garnham, Capitalism and Communication: Global Culture and the Economics of Information. Londra, Sage, 1990; Sara Bentivegna, Teorie delle comunicazioni di massa. Roma, Laterza, 2007. 16 Jeremy Bentham (1748-1832) stato un filosofo e giurista inglese, politico liberal-radicale e un teorico influente nella filosofia del diritto anglo-americana. conosciuto come uno dei padri dellutilitarismo e difensore dei diritti degli animali, e influenz lo sviluppo del liberalismo, in parte tramite le sue opere, ma in particolare tramite i suoi studenti sparsi per il mondo. Tra questi figurano il suo segretario e collaboratore James Mill e suo figlio John Stuart Mill, oltre a vari politici e Robert Owen, che divenne poi uno dei fondatori del socialismo. Argoment a favore della libert personale ed economica, la separazione di stato e chiesa, la libert di parola, parit di diritti per le donne, i diritti degli animali, la fine della schiavit, labolizione di punizioni fisiche, il diritto al divorzio, il libero commercio, la difesa dallusura, e la depenalizzazione della sodomia. Fu a favore delle tasse di successione, restrizioni sul monopolio, pensioni e assicurazioni sulla salute. Ide e promosse un nuovo tipo di prigione, che Bentham chiam Panopticon. 40

Il progetto del Panopticon fu probabilmente alla base del disegno distopico della societ Orwelliana: il Grande Fratello svolge la funzione di osservatore, inglobando quello che Bentham chiama Occhio di Dio, uninteriorizzazione dellessere controllati che toglie ogni impulso a commettere un qualsiasi reato. A differenza per del Panopticon, nel romanzo di Orwell troviamo un controllo non pi ristretto a un limitato numero di persone, ma addirittura a un intero continente. Il Socing ha una struttura gerarchica che non permette ai sorvegliati di conoscere i loro carcerieri, grazie ad una fitta diramazione di organi di controllo, partendo dalle televisioni e arrivando in estremo alla completa disgregazione dei rapporti interpersonali nella forma del soggiogamento, tramite una paura instillata allinterno dellindividuo, che teme cos il controllo a lui imposto. La paura la grande protagonista delle distopie, lemozione che rende complice autore e lettore. Ci che spaventa, tenendo vivo e presente il pericolo delle distopie per Beatrice Battaglia, docente di Letteratura Inglese allUniversit di Bologna, la nostalgia: una rielaborazione del passato traslata nel futuro. Ci che spaventa nel passato, un passato che reale. Troviamo quindi riferimenti alle realt storiche gi vissute, poich la Distopia ha con la realt storica e sociale un legame profondo18. Grazie allimmaginazione, lautore crea un mondo come se fosse una somma delle conoscenze del nostro passato, riunite in forma di satira e confinato in un luogo immaginario. Il luoghi immaginari sopracitati non sono altro per che i punti oscuri della realt contemporanea. Le tematiche calde della distopia, infatti, sono unespressione di disagio che gi allinterno nel passato e nel presente come la guerra, la scarsit di cibo, la reificazione della vita , ed espressione di denuncia estrema di questi malesseri. Per questi motivi si pu affermare che la distopia rinvii alla realt. Per questa stessa ragione probabilmente, come sottolinea David Lyon, le distopie come 1984 o il Panopticon () non riescono ad articolare, se non implicitamente, quella che potrebbe essere una situazione desiderabile al posto di una indesiderabile19. Utopie e distopie della sorveglianza Non sarebbe infatti auspicabile oggi per nessun democratico ancorato alle libert individuali che il panopticon fosse il modello utopico di soluzione per alcuni problemi sociali come lo era per Bentham, almeno dopo che Foucault, in Sorvegliare

17

Giovanni Mariotti, Bentham, Il vero padre del Grande Fratello, Corriere della Sera, 6 settembre 2000, p. 31; Jeremy Bentham, Panopticon Letters Ed.Bozovic, London, Verso, 1995. 18 Battaglia Beatrice, Nostalgia e mito nella distopia inglese. Saggi su Oliphant, Wells, Forster, Orwell, Burdekin, Ravenna, Longo, 1998, p. 13. 19 Lyon David, Locchio elettronico. Privacy e filosofia della sorveglianza, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 281; ed. or. The electronic eye. The rise of surveillance society, 1994, Minneapolis, University of Minnesota Press. 41

e punire, ne ha fatto il dispositivo che per eccellenza dimostra il connubio possibile tra sapere riguardo agli altri e potere sugli altri.20 Il meccanismo di fondo del panopticon la visione, intesa da Foucault come forma di controllo sociale, unitamente alla comunicazione di un sapere che riguarda ognuno di noi. Oggi il sapere appreso attraverso la moderna forma di confessione che il questionario medico, quello relativo al censimento o mediante linterrogatorio, e che funzionale a disciplinare, attraverso la classificazione dei dati, le persone allinterno di apparati burocratici e amministrativi (scuola, lavoro). Lyon fa notare che, nella modalit contemporanea di raccolta dati digitale, in teoria si pu anche fare a meno dellascolto della parola verbale. Nel configurare il sapere sugli altri si fa ricorso infatti ai database e limpersonalit del potere tale in Foucault, in quanto un dispositivo pervasivo dei rapporti umani, diffuso nelle societ a tutti i livelli , unesperienza data a chi di noi riesce ad attingere ai suoi dati archiviati su supporto informatico: altro non trova che se stesso21. Da questo punto di vista, il panopticon rimane per alcuni regimi autoritari, diffusi in Africa, Medio Oriente e Asia, unutopia contemporanea: si pensi anche solo allimmenso giro daffari stimato in circa 1,3 miliardi di dollari annuali che le imprese di sicurezza e sorveglianza digitale fatturano, vendendo il sogno del controllo totale. Nel settembre 2011 si tenuta a Berlino una conferenza, la Cyber Warfare Europe, un evento di enorme importanza per il mondo della intelligence, della sorveglianza e della sicurezza. Gamma Group, una multinazionale con sede legale a Monaco di Baviera, offriva ogni genere di prodotti che consentono di leggere la posta elettronica forzando la password e di decodificare trasmissioni in codice, di ascoltare le conversazioni telefoniche e persino le comunicazioni audio e video tramite Skype. Si tratta di tecnologie sofisticate, che vengono inconsapevolmente scaricate dagli utenti ignari, quando aggiornano il software del Pc o del cellulare di ultima generazione22. Per i rappresentanti dei governi presenti, quelle rivelazioni erano lavverarsi dellutopia del potere che controlla tutti, riuscendo a perpetuare se stesso, attraverso leliminazione di ogni opposizione, con prove registrate sui supporti digitali di mail, pc, telefoni. Ci che utopia per alcuni invece la distopia per altri. La possibilit di unalternativa positiva a tale distopia della sorveglianza sarebbe per Lyon la teoria della comunicazione di Habermas: lagire comunicativo con regole trasparenti e condivise, fondate su un patto tra individui anche se estranei, e dunque una comunicazione etica, perch rispettosa del quadro normativo, che i partecipanti al dialogo si sono dati.23 Lidea della perdita del rapporto armonico, cio equilibrato,
20 21

Michel Foucault, Sorvegliare e Punire, Torino, Einaudi, 1975. Lyon David, Locchio elettronico. Privacy e filosofia della sorveglianza, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 290. 22 Uwe Buse, Marcel Rosenbach, Tecnologie di sorveglianza. Il gran bazar dei dittatori, Il Fatto quotidiano online, http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/27/bazar-per-dittatori/180057/ 23 Gabriele de Angelis, Verso una societ razionale: il pensiero di Jrgen Habermas, Luiss University Press, Roma, 2012; Raffaela Giovagnoli, Habermas: agire comunicativo e Lebenswelt, Firenze, Carocci, 2000. 42

investe anche la relazione tra uomo e natura. La paura della natura al centro di una seconda forma di distopia: la distopia naturale. Distopia naturale Per Wells la Natura infatti ci che pu portare alla degenerazione e allestinzione dellumanit24 quindi egli vede nel passato rappresentato da una natura bestiale un mostro capace di inghiottire luomo.25 In un noto testo di Herbert George Wells26, The Time Machine, troviamo anche il sospetto nei confronti della scienza, legata baconianamente al sogno che il sapere consenta un controllo sulla natura, sogno alimentato poi dalla fiducia positivistica di Comte, che la riteneva addirittura causa della felicit sociale e della liberazione dalle malattie e forse anche dalla morte, grazie alle applicazioni della tecnica. Wells nel suo romanzo descrive il lento declino del genere umano dopo un picco di conoscenza e controllo della tecnica, che porta luomo ad avere la supremazia sulla natura. Luomo estende il suo dominio alla natura modificandola, in modo che essa non possa nuocere: nel romanzo di Wells troviamo perci non solo frutti nuovi e pi nutrienti, ma anche una penuria di animali e insetti potenzialmente pericolosi. Lo stesso viaggiatore del tempo, il protagonista, riesce a dominare la quarta dimensione con luso della tecnica, ossia costruendo una macchina di quarzo e avorio capace di viaggiarci attraverso. In Time machine, scritto nel 1895, nellInghilterra di fine Ottocento, un eccentrico scienziato e inventore racconta ai suoi pi stretti amici di aver trovato il modo di viaggiare nel tempo. Pochi giorni dopo, durante una cena molto importante a casa sua, il protagonista ricompare in uno stato orribile: racconta di aver costruito un mezzo in quarzo e avorio capace di viaggiare avanti e indietro nel tempo, ma non nello spazio, e di aver navigato lungo la corrente del tempo fino a raggiungere lanno 802.701. In quel periodo lumanit gli si presentata divisa in due classi: la prima incontrata sono gli Eloi, creature fragili, infantili, gentili e pacifiche che conducono una vita di divertimento, di distrazione e di scarsa attivit intellettuale. Tra le genti degli Eloi aveva stretto una particolare amicizia con la giovane Weena, che aveva precedentemente salvato dalla morte per annegamento. Successivamente, quando scopre che la sua macchina del tempo stata rubata, il viaggiatore nel tempo si imbatte nei Morlocchi (Morlock nelloriginale), esseri mostruosi e ripugnanti che vivono nelle viscere della terra e che escono la notte per cibarsi delle carni degli Eloi, da loro accuditi e allevati come bestie da macello. Dopo duri scontri con i Morlocchi e grandi insistenze presso gli Eloi, linventore si addentra nel loro mondo sotterraneo e scopre la verit, nonostante impieghi molto tempo per capire di quale animale sia la misteriosa carne. Si reca quindi nel palazzo di porcellana verde, che scopre essere un museo, per cercare nuove
24

Battaglia Beatrice, 1998, Nostalgia e mito nella distopia inglese. Saggi su Oliphant, Wells, Forster, Orwell, Burdekin, Ravenna, Longo, p. 21-26. 25 Herbert George Wells (1866-1946), laureato in zoologia, fu un famoso saggista e scrittore inglese. 26 Wells, George Herbert, La macchina del tempo, Mursia, Milano, 1990 [1895]. 43

armi per combattere i Morlocchi ma, non trovando munizioni per i fucili in quella sala, si accontenta di un pacchetto di fiammiferi e di una leva rotta. Nella notte i Morlocchi tendono un agguato allinventore, che ingaggia una lotta contro questi, i quali temono la luce, ma Weena perde la vita. Perso ogni interesse per quellepoca, si addentra nella Bianca Sfinge per recuperare la sua macchina del tempo. I Morlocchi gli tendono un agguato, ma il viaggiatore riesce a sopravvivere e a riprendere la sua invenzione e a metterla in moto. Sbagliando direzione, si addentra ancor di pi nel futuro e, notato un sole pi grande pi freddo e di colore rosso, si ferma in unepoca dove lumanit si estinta e restano solo enormi crostacei. Un ulteriore salto nel futuro lo porter, durante uneclissi, a constatare lassenza di forme di vita eccetto per una misteriosa forma animale simile a un pallone da football con dei tentacoli neri in un pianeta ormai vecchio e alla fine dei suoi giorni. Infine riesce a tornare alla propria epoca dorigine. Raccontato quanto ha visto e vissuto, il viaggiatore rimonta sul suo mezzo e riprende a vagare nel tempo, senza per fare ritorno. Lesaltazione del progresso scientifico e tecnologico propria del positivismo viene espressa con una dualit amara da parte del biologo Wells, che contrasta la fiducia nel massimo sviluppo dellumanit con la paura di una regressione evolutiva e culturale: dopo aver raggiunto i limiti evolutivi, una specie non pu far altro che avere un processo involutivo, secondo tale quadro. Una visione cos drastica e amara del futuro della specie umana porta dunque il romanzo da un piano positivistico a un piano distopico, che coinvolge anche la natura nel suo complesso. Ci che il viaggiatore del tempo vede alla fine del suo viaggio in avanti nel futuro un mondo desolato che ha smesso di girare e il cui sole diventato una Gigante Rossa che si appresta a morire. In effetti lastronomia contemporanea avvalla questo esito: il destino di una stella dipende dalla sua massa. Se limitata si consuma fino a collassare trasformandosi in una nana bianca, che continua a risplendere a causa del calore residuo di quando costituiva il nucleo della stella ma poi, col passare del tempo, si raffredda sino a diventare una nana nera che, progressivamente, si spegne. Oppure, se la massa sufficientemente grande, la stella pu spegnersi in una rapida esplosione che pu durare da poche ore a pochi giorni generando una nova. A volte lesplosione tale da generare una supernova, unesplosione luminosissima, visibile anche in pieno giorno per alcune settimane. Altre volte il collasso di una stella tale che la materia si concentra e comprime in uno spazio ridottissimo, generando unattrazione gravitazionale cos forte da inghiottire ogni cosa, compresa la luce. nato in questo modo un buco nero, un fenomeno unidirezionale che permette alla materia e alla luce di entrare, ma da cui non possibile uscire. Forse anche il protagonista di Time machine non ne pi uscito Distopia e utopia: una convivenza impossibile? Mi sono soffermata su Wells, perch un autore in cui la distopia si accompagna anche allutopia. Raggiunta la grande notoriet e il benessere economico, successivamente alla pubblicazione di Time machine e altri romanzi, Wells cominci
44

a rivedere questi temi in unottica diversa. Anche a causa dello scoppio della prima guerra mondiale, sinteress alla politica, formulando idee particolari sulla costituzione di uno Stato universale: ader a una corrente socialista chiamata fabianesimo e riusc persino a esporre personalmente le proprie idee a Roosvelt e a Stalin. A questepoca risalgono quattro saggi nei quali espone le sue teorie, nonch due romanzi utopici, nei quali ci sono visioni del futuro in chiave positiva. Il vecchio Wells vedeva la Scienza come un oscuro e misterioso potere negromantico di difficile controllo e di incerte conseguenze; ora la Scienza diviene un mezzo per migliorare le condizioni umane e attraverso la quale ricercare il Bello, il Vero e il Giusto. Questa visione ottimistica venne purtroppo offuscata di nuovo con lo scoppio della seconda guerra mondiale. I suoi ultimi scritti ci fanno tornare in mente lo Wells delle origini: con The fate of Homo Sapiens (1939) e Mind at the end of its tether (1945) lautore sembra condannare definitivamente lumanit verso la fine, senza possibilit di salvezza. Il Novecento ha in effetti condotto allestremo lo sviluppo degli apparati produttivi e della tecnologia, anche nelle loro varianti distruttive. La possibilit tecnica di produrre sofferenza, mutilazione e morte accresciuta nello sforzo bellico: come ricorda Antonio Gibelli, La guerra moderna combina al massimo grado scienza, tecnologia e produzione di morte. Le artiglierie a tiro rapido, le armi chimiche, la guerra aerea, la bomba atomica sono altrettanti passaggi di questa progressione. () Il carattere paradossale della modernit consiste nel fatto che essa non esclude, anzi evoca la barbarie, e pi in generale che compatibile con il riproporsi di elementi del passato, con forme di autentica regressione: basterebbe pensare alla convivenza tra pretese universalistiche e riesplodere di particolarismi esasperati, tra mondializzazione delle economie e ritorno forzoso a localismi e barriere di ogni tipo nella gestione delle risorse alimentari nel corso della seconda guerra mondiale. La prima clamorosa rivelazione delle conseguenze di questo binomio si ebbe com noto nel corso della grande guerra.27 Ancora una volta la storia reale viene in aiuto, per comprendere i riferimenti dei romanzi sulla distopia naturale e sociale. Tale orizzonte storico di riferimento sembra precludere la possibilit dellutopia, se non fosse che Walter Benjamin scriveva pagine illuminanti sul sogno collettivo e sullarte proprio durante la dittatura nazista e allalba della seconda guerra mondiale.

27

Antonio Gibelli, Guerra, violenza, morte: un paradigma del nostro secolo, Limpegno, a. XVI, n. 1, 1996, Biella e Vercelli, Istituto per la storia della Resistenza e della societ contemporanea, http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/gibelli196.html 45

Utopia come sogno Walter Benjamin28 ha dedicato pi di dieci anni della sua vita al tentativo di risvegliare unepoca dal proprio sonno:29 riteneva che lesperienza onirica avesse molto in comune con la fase giovanile di una generazione. Egli, infatti, scriveva che ogni epoca possiede questo lato incline ai sogni, il lato infantile30. Il rapporto tra sogno e veglia, tra apparenza e verit, doveva tuttavia essere completamente ripensato. Da un lato ogni immagine onirica, secondo il filosofo tedesco, trattiene in s una verit. Il sogno perci non falsit: mostra piuttosto un rapporto essenziale con la veglia e la via del risveglio. Daltro canto bisogna svegliarsi per capire non solo di aver sognato, ma anche e soprattutto la verit adombrata dal sogno. La critica di Benjamin svelava piuttosto lo stretto rapporto che legava queste manifestazioni oniriche ai fatti di natura economica e politica. Il presupposto era che la stessa distanza che separava fenomeno e idea determinasse e scandisse il rapporto tra base economica e sovrastruttura, la quale permetteva alla coscienza collettiva di dare liberamente vita ai propri sogni. Quello che il filosofo categoricamente escluse era che la sovrastruttura corrispondesse immediatamente alla struttura, poich la prima determinata dallimmagine illusoria, distorta, con cui il materiale empirico e intellettuale giunge a conoscenza31. La sovrastruttura corrisponde invece al materiale empirico espresso in una forma trasfigurata, come spiega Benjamin con la metafora delle ripercussioni del mal di stomaco sulla vita onirica. Le condizioni economiche che determinano lesistenza della societ giungono a espressione nella sovrastruttura; proprio come, nel caso del dormiente, un imbarazzo di stomaco trova nel contenuto del sogno per quanto possa determinarlo in senso causale non il proprio rispecchiamento, ma la propria espressione. Il collettivo esprime innanzi tutto le proprie condizioni di vita, che trovano nel sogno la loro espressione, e nel risveglio la loro interpretazione32. Sogno e risveglio, gi oggetto di uno studio giovanile del filosofo, diventano cos fondamentali categorie critiche della conoscenza storica. Per esempio, secondo Benjamin,

28

Connesso alla Scuola di Francoforte, Benjamin (1892-1940) fu sempre dotato di unautonoma personalit filosofica. Di famiglia ebrea, vide la sua esistenza segnata profondamente dallavvento del nazismo, che, nel 1940, lo port a compiere il gesto estremo del suicidio, per timore di essere deportato in un campo di concentramento. 29 Barbara Chitussi, Filosofia del sogno. Saggio su Walter Benjamin, Milano, Mimesis, 2006, p. 6. 30 Benjamin Walter, Rolf Tiedemann (a cura di), Opere complete - Vol. IX - I passages di Parigi, edizione italiana a cura di Enrico Ganni, Torino, Einaudi Editore, 2000, K1, p. 1, citato in B. Chitussi, op. cit., 2006, pp. 78-77 come i successivi passi. 31 Barbara Chitussi, op. cit., 2006, p. 17. 32 Benjamin Walter, Tiedemann Rolf (a cura di), op. cit., 2000, K2, p. 5. 46

il capitalismo fu un fenomeno naturale con cui un sonno nuovo e dei nuovi sogni avvolsero lEuropa, dando il via a una riattivazione delle forze mitiche33. Il centro delle forze mitiche riattivate dal capitalismo una nozione di tempo ingannevole e astratta, dominata per esempio dallidea di progresso. La collettivit compie continui e inutili sforzi per trasformare il presente: nuovo e sempre uguale, esso resta per in un rapporto inscindibile con un futuro illusorio e unimmagine lontanissima del passato34. Allinterno di questa dinamica, il risveglio dal sogno del progresso non pu che identificarsi con il ritorno del passato: Benjamin fa coincidere il risveglio e il ricordo con il momento critico, in cui la coscienza svela il significato del presente e, insieme, di tutta la vita. Emerge cos il carattere duplice della dialettica per Benjamin: limmagine autentica del passato viene alla luce mentre rivela il senso del presente35. Il risveglio imminente sta come il cavallo di legno dei greci nella Troia del sogno36. Benjamin offre cos, con questa formula, una pi precisa descrizione della struttura del sogno: mostra come, dal punto di vista del risveglio, la coscienza desta appartenga allo stesso mondo onirico. Il risveglio non , per, una meta finale, dove gli opposti si annullano e vengono superati, bens il punto in cui gli estremi dialettici vengono trattenuti in uno stato di tensione massima. Il risveglio , quindi, la sintesi della tesi, data dalla coscienza onirica, e dellantitesi, identificata con la coscienza desta37. Ma torniamo ora al mondo dellarte e a una sua possibile funzione anche critica nei confronti dellorganizzazione sociale. Se Benjamin impieg dieci anni di ricerche, nel tentativo di risvegliare unepoca dal suo sonno, unazione simile viene compiuta, ancora oggi, dalle popolazioni aborigene australiane. Esse utilizzano un elemento centrale della propria cultura, il Dreamtime, per antonomasia legato al sogno, per un duplice scopo: da un lato risvegliare loro stessi da un sonno, in cui hanno visto scomparire le proprie tradizioni e usanze, attraverso la riscoperta delle proprie origini; dallaltro sensibilizzare i restanti cittadini australiani alle loro rivendicazioni, attraverso limpiego della propria arte e cultura. Risvegli lontani Il Dreamtime australiano racchiude in s lesperienza del presente, la memoria del passato e lelaborazione del futuro. unespressione evocativa di come il mondo dei sogni, della memoria, del tempo siano tra loro fortemente legati in una trama eterica, che riconduce allorigine delluomo e pi in generale della vita. Per gli aborigeni questo il Tjukurapa, il Dreamtime in cui passato e presente si mescolano, perdendo il loro significato temporale: unera mitica consacrata dalla presenza degli Antenati,
33 34

Benjamin Walter, Tiedemann Rolf (a cura di), op. cit., 2000, K1: p. 8. Barbara Chitussi, op. cit., 2006, p. 31. 35 Barbara Chitussi, op. cit., 2006, p. 40. 36 Benjamin Walter, Tiedemann Rolf (a cura di), op. cit., 2000, K4, p. 2. 37 Barbara Chitussi, op. cit., 2006, p. 39. 47

apparsi sotto forma di canguri, wallaby, em, lucertole, uomini e donne. Il senso di una concezione molto pi articolata ben reso da queste poche righe dello scrittore viaggiatore Bruce Chatwin: Gli antenati si crearono da s con largilla, migliaia e migliaia, ognuno per ogni specie totemica. Perci, quando un aborigeno ti dice Io ho un sogno Wallaby, intende: il mio totem il Wallaby. Sono un membro del clan Wallaby. Quindi un sogno lemblema di un clan? Un contrassegno per distinguere noi da loro? Il nostro paese dal loro paese? molto di pi rispose. Ogni Uomo Wallaby credeva di discendere da un padre Wallaby, antenato di tutti gli altri uomini Wallaby e di tutti i wallaby del mondo. Perci i wallaby erano suoi fratelli; uccidere uno di loro per cibarsene era sia fratricidio che cannibalismo38. Il Tjukurapa un tempo remoto ma accessibile, una dimensione ritrovata attraverso i rituali legati ai miti. Nella cultura degli aborigeni australiani le Vie dei Canti rappresentano uninestricabile e complicata rete di sentieri musicali che permette di ricreare e perpetuare la creazione. La fonte che emana la forza creatrice infatti una fonte acustica: gli aborigeni credono che durante il Dreamtime ogni cosa sia stata espressa dagli antenati per mezzo del canto, attraverso i gesti e la parola. I miti del Dreamtime sono utilizzati per spiegare lorigine della cultura del popolo aborigeno e non tanto lorigine del mondo, ma le sue caratteristiche geografiche e topografiche39. Bench, infatti, il Dreamtime sia spesso menzionato come epoca della creazione, alcuni studiosi sottolineano che si tratta pi precisamente di miti della formazione: nel Tempo del Sogno il mondo esisteva gi, ma era indifferenziato, abitato dagli Antenati, esseri metafisici, totemici, generalmente rappresentati come creature gigantesche con forma di animali, i quali camminando, cacciando, danzando o semplicemente sedendosi per terra, lasciarono nel mondo fisico tracce delle loro azioni e segni del loro passaggio, cio le rocce, le montagne, i laghi, i fiumi e ogni altro oggetto presente in natura. Determinati luoghi, che sono associati a eventi di particolare importanza (come vicende drammatiche quali i combattimenti o i morti), mantengono una speciale capacit, chiamata dagli aborigeni il sogno del luogo. Inoltre, alla fine del Dreamtime, gli stessi Antenati sinsediarono in certi luoghi, diventando montagne, rocce, fiumi e cos via. A Perth, per esempio, la trib dei Noongar pensa che la Darling Scarp sia il corpo di un Waugal un essere a forma di serpente che attravers nel tempo del sogno la zona, creando fiumi, ruscelli e laghi. Il Dreamtime non tuttavia relegato in un non meglio definito passato storico del mondo; nella visione aborigena, esso sia un tempo sia quella che gli occidentali chiamerebbero una dimensione. Esso rimane accessibile agli aborigeni proprio attraverso il sogno, strumento fondamentale per comunicare con gli spiriti, decifrare il significato di presagi o comprendere le cause di sfortune e malattie. Vediamo ora come talune operazioni artistiche contemporanee abbiano concorso alla
38 39

Bruce Chatwin 1995, Le Vie dei Canti, Milano, Adelphi . Ruth Barcan, Ian Buchanan 1999, Imagining Australian space: cultural studies and special inquiry, Nedlans, University of Western Australia. 48

lotta per ottenere un riconoscimento e contemporaneamente un riavvicinamento del popolo aborigeno al Dreamtime. Il risveglio deve essere compiuto attraverso larte che, mediante lanalisi del sogno, pu portare allinterpretazione in grado di guidare la rinascita dal sonno40. Franca Tamisari rivela come larte contemporanea sia inserita allinterno di processi di rivendicazione di riconoscimento dei diritti e non da ultimo quello della restituzione della terra, sottratta con la violenza dai colonizzatori a partire dal 700. Nata e sviluppatasi proprio allinterno dei codici di apprezzamento e di appropriazione sorti dallincontro coloniale, stata pi recentemente inserita in edifici e spazi pubblici, come a simboleggiare una sorta dinclusione e cos di soluzione della questione aborigena. La produzione contemporanea rivela tuttavia alcuni artisti in netta controtendenza:41 per esempio Michael Nelson Tjakamarra, artista dellAustralia centrale, che si vide affidare il progetto e la realizzazione di un imponente mosaico, installato nel 1988 allingresso del Parlamento federale. Preso dal governo australiano a emblema della riconciliazione con gli indigeni, il mosaico veniva per cos mutilato dei suoi significati politici, legali e morali, per essere apprezzato solo nei suoi aspetti estetici. Quando lartista se ne accorse, intervenne in modo pubblico sulle interpretazioni deformanti, durante le lunghe trattative del 1992 tra i rappresentanti dei gruppi degli indigeni e il governo federale australiano, che portarono nel 93 al Native Title Act, al riconoscimento dei diritti fondiari. Scalpello in mano, Tjakamarra si fece fotografare intento a rimuovere la pietra centrale del mosaico, come a riappropriarsi dellopera, ridefinendone i significati legali e politici. Dalle sue dichiarazioni riportate da Tamisari, emerge una risignificazione del Dreamtime: Voi, la gente bianca, avete preso questo paese da noi. Dovete riconoscere che la gente aborigena ha la sua cultura, il suo Dreamtime, cerimonie, luoghi dove tiene le danze per il suo Dreaming. Ecco di che cosa parla il mio disegno. () Non possiamo fare questo senza la nostra terra, perch la nostra vita. Quel Dreaming, quella storia, i disegni, la nostra cultura sono tutti legati alla nostra terra. Il governo australiano non
40

G. Gotti, D. Sandrini a cura di 2011, Dreamtime. Lo spirito dellarte aborigena, Venezia, Marsilio. Prima di proseguire, si rende tuttavia necessaria una premessa sulluso della categoria di arte. Lespressione arte aborigena australiana pu assumere un duplice significato. Essa pu indicare sia larte antica degli aborigeni prima della colonizzazione europea, sia larte moderna di artisti aborigeni contemporanei che sispirano alla cultura del loro popolo, apportando innovazioni e contaminazioni derivanti da forme artistiche di origine europea, come, per esempio, luso di colori acrilici su tela. Larte aborigena include la creazione di dipinti, sculture di legno, abiti da cerimonia, e decorazione di strumenti musicali (in particolare didjeridoo), armi (come boomerang e scudi) e oggetti rituali o altri utensili (per esempio i bullroarer), performance di danza e musica. Nei dipinti dimponenti dimensioni, che sono parte delle collezioni museali dei grandi musei pubblici e delle collezioni private, sono inclusi i quadri del deserto centrale e occidentale, riconoscibili dalle strutture a rete, composte di forme con puntini a cerchi concentrici e linee, che derivano dal repertorio maschile delle sculture su sabbia e dal repertorio femminile dei disegni tracciati sul petto delle donne. Vedi Bonito Oliva Achille a cura di, Aborigena, Milano, Electa, 2001. 41 Howard Morphy, Anthony Bourke, Luminous: contemporary art from the Australian desert, Sydney, Manly Art Gallery and Museum, 2005. 49

sta ancora riconoscendo la nostra gente e la nostra cultura. Sta abusando del mio disegno e sta insultando la mia gente () 42. In questo caso, divenuto famoso, il riferimento al Dreamtime stato inserito allinterno delle negoziazioni per il riconoscimento dei diritti fondiari. Solo con il gesto dello scalpello, cio con la performance, esso per divenuto un mezzo per appellare al risveglio dal sonno anche i rappresentanti del governo federale, convinti di poter classificare cosa sia e non sia larte aborigena, cos come di poter definire cosa sia rilevante la dimensione spirituale della cultura aborigena , per tralasciarne invece il riconoscimento in termini di un sistema legale e politico articolato 43. Il dreamtime invocato per smantellare un altro sogno, quello di poter dominare gli indigeni mediante loccultamento delle tensioni con essi. C dunque sogno e sogno. Soprattutto negli ultimi decenni si assiste nella nostra societ a un uso dei media teso non solo a costruire sogni artificiali, come gi la critica dei francofortesi ci raccontava nella societ del benessere e dei consumi degli anni Cinquanta, ma anche a indurre un sonno in cui vengano sognati frammenti di esperienze visive e uditive da essi forniti. Lalternativa lanalisi del presente e la progettazione del futuro nei limiti e vincoli delle condizioni storiche. Invece, senza campi di concentramento, persecuzioni di massa o abolizione del diritto di voto, che anzi serve a legittimare lautocrazia elettiva, come scrive Michelangelo Bovero44, i cittadini sono indotti allindifferenza o spinti ad assistere pi che a partecipare alla vita politica, incentivando desideri e sogni di massa. Proprio sulla democrazia si svolta una mostra di artisti contemporanei a Firenze. Tra i lavori esposti, alcuni riflettevano sulle utopie. Arte e utopia La mostra Declining Democracy, che si tenuta al Centro di Cultura Contemporanea Strozzina di Firenze tra settembre 2010 e gennaio 2011 ha proposto una riflessione critica nata dal confronto con lattuale situazione internazionale45. Se nei paesi
42

Franca Tamisari, La forza della performance. Larte della contro appropriazione degli indigeni australiani, in Maria Luisa Ciminelli a cura di, La negoziazione delle appartenenze. Arte, identit e propriet culturale nel terzo e quarto mondo, Milano, Franco Angeli, 2006, pp. 115-132, p. 123. 43 Franca Tamisari, La forza della performance. Larte della contro appropriazione degli indigeni australiani, in Maria Luisa Ciminelli a cura di, La negoziazione delle appartenenze. Arte, identit e propriet culturale nel terzo e quarto mondo, Milano, Franco Angeli, 2006, pp. 115-132, p. 122. 44 Michelangelo Bovero, Ma la democrazia ha un futuro?, Ragion pratica, 2005, n. 25. 45 Declining Democracy un progetto del Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, con la consulenza scientifica di Piroschka Dossi (curatrice e autrice), Gerald Nestler (ricercatore e artista), Christiane Feser (curatrice e artista) e Franziska Nori (direttore CCC Strozzina). Il catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale, contiene testi critici di Michele Ciliberto, Piroschka Dossi, Axel Honneth, Gerald Nestler, Franziska Nori, Peter Weibel, schede e biografie degli artisti, immagini delle opere esposte. La mostra si pone in dialogo con lesposizione contemporaneamente in corso a Palazzo Strozzi, Denaro e Bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanit (17 settembre 2011-22 gennaio 50

occidentali la crisi finanziaria del 2008 ha prodotto un profondo malcontento sociale, portando a una crisi di fiducia e di credibilit dei valori democratici, nei paesi del Nord Africa o del Medio Oriente sembra aver preso spazio un nuovo senso di utopia politica rivoluzionaria, in cui gruppi di cittadini stanno combattendo per la conquista di fondamentali valori di partecipazione politica. Opere di quattordici artisti contemporanei internazionali proponevano un percorso che rifletteva su come declinare i principi della democrazia in un momento in cui la loro validit sembra essere messa in discussione nel mondo contemporaneo occidentale. Tra gli altri, vi sono interventi di artisti come Thomas Hirschhorn (Svizzera), punto di riferimento internazionale per la riflessione sul rapporto tra arte e politica; Francis Als (Belgio), la cui opera When Faith Moves Mountain ormai considerata un manifesto dellarte sociale e della riflessione sul rapporto tra individuo, collettivit e utopia; Buuuuuuuuu (Italia), collettivo artistico attivo su internet che sollecita azioni partecipative di dissenso contro governi autoritari; Democracia (Spagna), gruppo artistico la cui nuova opera video Ser y Durar mostra alcuni giovani che, praticando il parkour allinterno di un cimitero civile, si muovono tra monumenti e simboli ideologici creando una lirica riflessione sul rapporto tra individuo e storia collettiva; Roger Cremers (Paesi Bassi), la cui opera fotografica Reenactment ritrae ricostruzioni storiche di celebri battaglie che diventano metafora ma anche ironico commento sul rapporto tra i cittadini e la storia delle proprie nazioni. Le posizioni dei diversi artisti invitati a partecipare alla mostra fanno emergere temi come lo scontro tra individuo e collettivit, la crescente distanza tra cittadini e classe politica, il potere e linfluenza delle lobby economiche e dei mass media, il problema dellimmigrazione e della condivisione o esclusione di diritti civili e politici, ma anche le nuove possibili forme di partecipazione democratica. Le nuove tecnologie di comunicazione hanno infatti reso disponibili nuovi strumenti per comunicare e condividere opinioni, come accaduto per quelle rivoluzioni che stanno combattendo per affermare principi come la partecipazione egualitaria e il diritto allautodeterminazione dei cittadini. Larte interviene cos su un nuovo modo di pensare lidea di partecipazione politica e sociale o il principio del diritto di opinione. Dopo i legami degli artisti con la narrativa e la saggistica degli anni Sessanta 46, lattenzione per la riflessione sullutopia nel mondo dellarte figurativa contemporanea si pu far risalire in Italia agli inizi del XXI secolo. Una mostra al PAC di Milano, Utopie quotidiane, stata poi seguita da una delle sezioni della 50ma Biennale darte di Venezia (15 giugno-2 novembre 2003), dal titolo Stazione utopia/utopia station e nel 2007 al MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, si svolta Apocalittici e integrati: utopia nellarte italiana di oggi. Qui, nelle installazioni di Luisa Rabbia rintraccerei lo spazio della distopia come uno spazio2012), che raccontava la storia dellinvenzione del sistema bancario moderno e del progresso economico cui ha dato origine, ricostruendo la vita e leconomia europea dal Medioevo al Rinascimento. 46 Una delle utopie pi lette e discusse nel movimento internazionale del 68 fu quella di Herbert Marcuse, su cui fa il punto Leonardo Casini, Eros e utopia. Arte, sensualit e liberazione nel pensiero di Herbert Marcuse, Firenze, Carocci, 1999. 51

Altro, immaginativo, in cui il corpo estende la propria utopia. La distopia, attraverso il recupero del dato fisico e delle sue modalit di compenetrazione con il mondo per mezzo delle sue risorse fantastiche, diviene cos una regione di passaggio dellimmaginazione. Il corpo un grande attore utopico47 ed proprio attraverso la sua figura e le sue modalit, che la distopia recupera lutopia di un corpo che occupa sempre uno spazio reale, ma che attraverso la percezione in soggettiva non abita mai nessun luogo, il luogo proprio dellutopia. Possiamo concepire lo spazio della distopia come uno spazio-Altro, immaginativo, in cui il corpo estende la propria utopia, e che parte dallo spazio reale per meglio informarci circa la sua natura e direzione. Il corpo un grande attore utopico, secondo Foucault, ed proprio attraverso la sua figura e le sue modalit che la distopia pu recuperare lutopia di un corpo, che occupa sempre uno spazio reale, ma che attraverso la percezione in soggettiva non abita mai nessun luogo, il luogo proprio dellutopia. Le sculture di Rabbia sono corpi di persone distese o accucciate a terra come figure dormienti. Nel percorrere lo spazio il visitatore simbatte in quei corpi, ripetendo lesperienza analoga delle nostre citt, quando allimprovviso transitiamo accanto a un barbone, un senza fissa dimora avvolto nei cartoni e nei panni. Luisa Rabbia disegna con la penna blu i tessuti scolpiti e bianchi che ricoprono le sue sculture altrettanto candide: mentre il suo segno lascia fluire limmaginazione dellartista, come se da qualche parte lei rincorresse la libert che forse questi soggetti cercano nei loro sogni. I volti sono infatti sempre raffigurati con gli occhi chiusi, da un lato per ribadire unassenza mentale, dallaltro per confermare la separazione tra interno ed esterno, che rinvia a ben altre distinzioni: tra noi e loro, tra inseriti nelle maglie della societ ed emarginati, tra abitanti di case con indirizzi localizzabili e corpi che occupano spazi che nn saranno mai loro, cacciati come sono ogni volta dalle polizie urbane in un altrove48. Il definitivo estraniamento dei luoghi, ridotti a spazi di nessuno, ben reso da alcune fotografie. In Reale Possibile: lUtopia della Luce e del Tempo, lartista Silvio Wolf49 indicava due linee di tendenza nella fotografia contemporanea50:

47

Michel Foucault, Il Corpo utopico, 1966, Conferenza radiofonica su France-Culture, http://lesilencequiparle.unblog.fr/ 48 Si veda lintervista a Luisa Rabbia in http://www.undo.net/it/videofocus/1179159659 49 Silvio Wolf (1952-) lavora come artista esclusivamente con il mezzo fotografico, del quale nega il valore documentario e narrativo e la referenzialit dellimmagine. Dal 1987 introduce nel proprio lavoro luso di nuovi linguaggi, utilizzando anche il video, le proiezioni e il suono. Crea interventi sonori nellambiente ed elabora le immagini anche mediante luso di processi digitali. Divengono centrali nel suo lavoro i problemi dello spazio e del luogo, dellassenza e dellaltrove. Ha realizzato installazioni temporanee e permanenti appositamente concepite per gallerie, musei e spazi pubblici in Belgio, Canada, Germania, Inghilterra, Italia, Lussemburgo, Spagna e Stati Uniti; da segnalare Documenta 8 a Kassel. Dal 1994 pubblica saggi e progetti speciali e cura mostre in gallerie private e spazi pubblici. docente di Fotografia nella Scuola di Arti Visive dellIstituto Europeo di Design di Milano e visiting professor allAccademia di Belle Arti di Brera. 50 Silvio Wolf, Reale Possibile: lUtopia della Luce e del Tempo, Italialibri.net, Milano, 12 febbraio 2003 http://www.italialibri.net/Arte/wolf/reale_possibile.html 52

La fotografia non solo pu dare testimonianza del passato, ma anche evidenza del futuro e del possibile, mostrandoci luoghi senza altrove e presenti senza pi un passato. Sostanzialmente pu rappresentare ci che vuole come vuole , creando il proprio dominio in un territorio di completa autoreferenzialit. Questo ruolo rivestito anche dal museo utopico e itinerante di Meshac Gaba, un artista di origine africana che da anni lavora in Olanda. Verso un museo utopico I musei sono stati violentemente criticati perch, come gi sosteneva Michel Foucault, a lungo hanno costituito forme per regolare le differenze tra noi e gli altri, luoghi di esclusione dei conflitti inconciliabili, strumenti per espungere le diversit nei comportamenti sociali invece che essere spazi di discussione, di sperimentazione di pratiche di conoscenza e di dialogo che includessero, suggerendo sia le diversit sia le somiglianze, cio stabilendo le possibili connessioni tra modi di vita e persone. Nella societ occidentale le istituzioni culturali sono state e sono tuttora poco attente alla legittimazione di chi deve poter agire per proprio conto, poter parlare per s, come sostiene Olu Oguibe, uno studioso di storia dellarte allUniversit del Connecticut, curatore di famose mostre di artisti contemporanei e originario della Nigeria51. Alcuni musei negli Stati Uniti, in Canada e in Australia per esempio sono stati investiti a partire dagli anni Ottanta dalle rivendicazioni dei gruppi minoritari come Indiani, Afroamericani, Afrocanadesi, Aborigeni. Esclusi dai diritti civili, svantaggiati nella sfera economica, essi collegavano le richieste di una maggiore rappresentativit alla sfera culturale. Linclusione sociale di gruppi o individui svantaggiati quali disabili, disoccupati di lungo periodo, anziani, giovani, senza tetto, rifugiati e immigrati costituisce per altro anche per lUnione Europea un obiettivo prioritario per le politiche pubbliche in campo culturale, a partire dagli anni Novanta. La cultura e il riconoscimento della diversit culturale sono infatti cruciali nellassicurare a queste persone mezzi e possibilit per rappresentare se stessi e i propri valori nelle societ democratiche. Un museo senza pareti che stabiliscano confini, senza bacheche di vetro per oggetti che costituiscano barriere, ma intermittente nel tempo, mobile e flessibile, cio in grado di migrare da un luogo a un altro il modello utopistico di Meschac Gaba. Il suo The Museum of Contemporary African Art una critica radicale alla cultura occidentale. Originario del Bnin, paese dellAfrica occidentale e residente dal 1995 ad Amsterdam, dove attualmente vive e lavora, Meschac Gaba ha chiamato con questo nome una sola, unica e grande opera: un museo che nellarco di dodici anni avrebbe visto il suo autore mutare continuamente ruolo e funzione, proponendo la figura dellartista di volta in volta come imprenditore, collezionista, maestro di cerimonie, cuoco, fashion designer e musicista sopra una piattaforma nomade. Lopera di
51

Olu Oguibe, The culture game, Minneapolis, University of Minnesota press, 2004. 53

Meshac Gaba riguarda il progetto di un Museo dArte Africana Contemporanea perch nella realt una simile istituzione ancora non esiste. Gaba sa bene che il contesto museale a fornire allopera la propria identit e che tale pratica un prodotto tipicamente occidentale. Fornendo questo contesto alle proprie opere, lartista sa di mettere in scena, fin dallinizio, lorizzonte politico di un problema di riconoscimento. Dopo svariate mostre in Europa, Meschac Gaba arrivato anche in Italia, dove ha installato una versione completamente rinnovata di alcune sale effimere del suo museo: Museum Shop a Milano e Salon a Genova. Gaba a Milano ha riproposto se stesso come cuoco, per essere precisi un panettiere, panni in cui era possibile ammirarlo anche nella rassegna itinerante Africa Remix. Le pain migrateur sviluppava la riflessione di Gaba sul concetto di identit. La mostra si articolava sostanzialmente in due parti. La prima consisteva in un video realizzato nellaprile del 2004: immersi in un silenzio quasi totale alcuni boulanger conterranei di Gaba fabbricavano il pane nella forma nota in Francia, la baguette. Anche se il grano nel Benin non cresce, il Paese lungamente colonizzato dalla Francia ha adottato stabilmente la baguette, il pane migratore citato nel titolo. Nel video le mani nere miscelano la farina bianca, il ghiaccio necessario viene spezzettato nellimpasto, i forni emanano un calore che immaginiamo insopportabile con quelle temperature tropicali e il risultato sono le forme invitanti del pane croccante. Insomma, un alimento straniero, europeo, consumato quotidianamente in Bnin sino a diventare locale e forse tradizionale tra qualche tempo52. Cos allora autenticamente africano o europeo, se la storia ha mescolato le carte anche nelle abitudini quotidiane? Il Museo di Gaba non ha mai smesso di viaggiare: un progetto nomade, non sorretto da muri, ma da idee, che di volta in volta si concretizzano in luoghi e spazi diversi. Lultima tappa stata nel 2010 al Centro Atlantico de Arte Moderna di Las Palmas, a Gran Canaria. Gaba, prendendo spunto dallidea di post rappresentazione per il suo museo privo di un luogo fisico e avvalendosi della collaborazione del pubblico, ha ideato la Salle du Muse in uno spazio aperto, in cui la gente lavorando con dei cubi propone unideale architettura del Muse. Lo stesso metodo viene impiegato nella Salle de Jeux; dove lartista ha proposto diversi modelli di gioco, come per esempio una grande scacchiera le cui pedine sono rivestite con le banconote di vari paesi africani e non, che i visitatori possono usare come in un normale gioco degli scacchi. Vi sono anche i tavoli dove le bandiere dei diversi continenti sono presentate come puzzle: il pubblico deve ricostruire le figure superando le difficolt oggettive, molto reali, che sono alla base della costruzioni delle relazioni tra le persone o gli stati53. Questo lavoro, nel suo articolarsi intorno anche alle nozioni di possibile e reale, che rinviano alle dimensioni del futuro e del presente, evoca secondo me le parole di Adorno, quando ha scritto che

52 53

Roberta Cafuri, Larte della migrazione, Torino, Trauben, 2005. Riccarda Mandrini, Meschac Gaba: un nomade per il contemporaneo dAfrica, Il Sole 24 Ore.com, 24 febbraio 2010. 54

larte vuole ci che non ancora stato, per tutto ci che essa , stato gi; cos che larte insieme utopia e ricordo, ricordo del possibile contro il reale che ha soppresso il possibile, e risarcimento immaginario di quella catastrofe che la storia del mondo.54 Risarcimento non significa consolazione, poich la tensione negativa dellutopia non si placa, appunto, in nessun luogo. Riferimenti bibliografici Adorno Theodor W., Teoria estetica, Einaudi, Torino, 1975 [1970] Adorno Theodor W., Horkheimer Max, Dialettica dellIlluminismo, Torino, Einaudi, 1966 Barcan Ruth, Buchanan Ian, Imagining Australian space: cultural studies and special enquiry, Nedlans, University of Western Australia, 1999 Battaglia Beatrice, Nostalgia e mito nella distopia inglese. Saggi su Oliphant, Wells, Forster, Orwell, Burdekin, Longo, Ravenna, 1998 Benjamin Walter, Tiedemann Rolf (a cura di), Opere complete -Vol. IX- I passages di Parigi, edizione italiana a cura di Enrico Ganni, Torino, Einaudi Editore, 2000 Bentivegna Sara, Teorie delle comunicazioni di massa, Roma, Laterza, 2007 Bovero Michelangelo, Ma la democrazia ha un futuro?, Ragion pratica, 2005, n. 25 Buse Uwe, Rosenbach Marcel, Tecnologie di sorveglianza. Il gran bazar dei dittatori, Il Fatto quotidiano online, http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/27/bazar-perdittatori/180057/ Cafuri Roberta, Larte della migrazione, Torino, Trauben, 2005 Casini Leonardo, Eros e utopia. Arte, sensualit e liberazione nel pensiero di Herbert Marcuse, Firenze, Carocci, 1999 Chatwin Bruce, Le Vie dei Canti, Milano, Adelphi, 1995 Chitussi Barbara, Filosofia del sogno. Saggio su Walter Benjamin, Milano, Mimesis, 2006

54

Theodor W. Adorno, Teoria estetica, Einaudi, Torino, 1975 [1970], p. 193 e 194. 55

Chomsky Noam, Il potere dei media. Firenze, Vallecchi, 1996 Colombo Arrigo, Baldini Enzo a cura di, Utopia e Distopia, Dedalo, gennaio 1993 de Angelis Gabriele, Verso una societ razionale: il pensiero di Jrgen Habermas, Luiss University Press, Roma, 2012 Dossi Piroschka, Nestler Gerald, Feser Christiane, Nori Franziska, Declining Democracy, Firenze, Silvana Editoriale Foucault Michel, Il Corpo utopico, Conferenza radiofonica su France-Culture, 1966, http://lesilencequiparle.unblog.fr/ Foucault Michel, Sorvegliare e Punire, Torino, Einaudi, 1975 Garnham Nicholas, Capitalism and Communication: Global Culture and the Economics of Information, Londra, Sage, 1990 Gatti Paola, Discorso utopico e distopico, Mneme, 2000, http://mondodomani.org/ mneme/apg01.html; sito consultato il 28.05.2012 Gibelli Antonio, Guerra, violenza, morte: un paradigma del nostro secolo, Limpegno, a. XVI, n. 1, 1996, Biella e Vercelli, Istituto per la storia della Resistenza e della societ contemporanea, http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/gibelli196.html Giovagnoli Raffaela, Habermas: agire comunicativo e Lebenswelt, Firenze, Carocci, 2000 Lyon David, Locchio elettronico. Privacy e filosofia della sorveglianza, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 281; ed. or. The electronic eye. The rise of surveillance society, 1994, Minneapolis, University of Minnesota Press Mandrini Riccarda, Meschac Gaba, Un nomade per il contemporaneo dAfrica, Il Sole 24 Ore.com, 24 febbraio 2010 Mariotti Giovanni, Bentham, il vero padre del Grande Fratello, Corriere della Sera, 6 settembre 2000, p. 31 Oguibe Olu, The culture game, Minneapolis, University of Minnesota press, 2004 Orwell George, 1984, Milano, Mondadori, 2002 [1949] Roth Michael S. Trauma: A Dystopia of the Spirit, in Thinking utopia; steps into other worlds (Making Sense of History), Jorn Rusen, Michael Fehr, Thomas Rieger a cura di, Oxford-New York, Berghahn Books, 2006

56

Rusen Jorn, Fehr Michael, Rieger Thomas, Thinking utopia; steps into other worlds (Making Sense of History), Berghahn Books, 2006 Sartre Jean-Paul, L immaginazione. Idee per una teoria delle emozioni, Milano, Bompiani, 2004 Sartre Jean-Paul, Limmaginario, Torino, Einaudi, 2007 Sartre Jean-Paul, Pensare larte, Milano, Marinotti, 2008 Sartre Jean-Paul, Lintelligibilit della storia. Critica della ragione dialettica, vol.2, Milano, Marinotti, 2006 Wells George Herbert, La macchina del tempo, Mursia, Milano, 1990 [1895] Wolf Silvio, Reale Possibile: lUtopia della Luce e del Tempo, Italialibri.net, Milano, 12 febbraio 2003 Sitografia: http://www.italialibri.net/Arte/wolf/reale_possibile.html http://hem.passagen.se/replikant/dystopia_timeline.html http://www.undo.net/it/videofocus/1179159659

57

58

Gli esperimenti di utopie concrete con gli indigeni dellAmerica nel XVI secolo: Vasco de Quiroga e Bartolom de Las Casas
Antonino Colajanni Abstract
This essay begins with some considerations about the diffusion in Europe, during the XVIth and XVIIth centuries, of many philosophical-literary writings imagining some perfect societies located in spaces and times very far from the actual environments. Those writings represent a series of radical and irreducible criticism to the characters of contemporary societies. Thomas More, the first and most important representative of the utopian thinking, affected with his celebrated work Utopia (1516) the philosophical and political ideas of the period. His fundamental book influenced also directly the intellectual formation as well as the activities and the writings of some ecclesiastic figures of the time engaged in the corrections and modification of the European presence in the Americas (missionaries, theologians, and reformers of the strategies of evangelization), who dedicated years to the concrete realization of some ideas and projects related to utopian thinking. This essay thoroughly examines two important figures of the time: Vasco de Quiroga, Bishop of Michoacn (Mexico), and the well known Dominican theologian and jurist Bartolom de Las Casas (in the second part of his life Bishop of Chiapas), great adversary of the Spanish Conquest of Latin America. In different ways, and more or less inspired by utopian thinking, these missionary authorities renowned as defenders of the Indians proposed and partly realized some projects of radical transformation of the entire life (material and spiritual as well) of the indigenous populations of some regions of Latin America. The author proposes to make a sharp distinction between Quiroga and Las Casas. He thinks that they possibly could best be defined as social reformers inspired by utopian thinking rather than as concrete utopians.

Linizio del secolo XVI pieno, in Europa, di effervescenze critiche e di pessimistiche considerazioni sulla decadenza delle societ del tempo, che si accompagnano a illuminanti visioni di futuro, a immagini di societ ideali, lontane nello spazio, a proposte di riforme radicali. Rielaborazioni arricchite delle antiche tradizioni classiche dell Et dellOro, influenze tenaci della apocalittica francescana, desideri potenti di riforma della Chiesa e di fondazione di una Nuova Cristianit, si intrecciano e generano reciproche interferenze in unepoca di grandi trasformazioni, materiali e spirituali. Il libro notissimo di Thomas More pubblicato a Lovanio nel 1516 (Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo reipublicae statu, deque nova insula Utopia) raccoglieva e rielaborava alcune di queste tradizioni ed esercit fin da subito una straordinaria efficacia sul pensiero politico e ideale dellEuropa. Giunto alla quarta edizione nel 1519 e tradotto in tedesco nel 1524, in italiano nel 1548, in francese nel 1550, e infine in inglese solo nel 1555, il libro di More diede inizio, o contribu a rafforzare, quello che presto divenne il pensiero utopico, che si svilupp energicamente nel secolo successivo (baster ricordare il Somnium di Juan de Maldonado [1541], La Citt del Sole di
59

Campanella [1637], Mundus Alter di Joseph Hall [1602], Nova Atlantis di Bacone [1627], Oceana di Harrington [1656]). Si trattava di una riflessione tra il filosofico e il letterario che collocava in nessun luogo o in un luogo irreale (dal quale per in maniera diretta o indiretta scaturiva una severa critica al mondo contemporaneo), una esperienza di felicit, di perfezione, di armonica organizzazione sociale. Il carattere paradossale e apparentemente fantastico di queste descrizioni, la lontananza estrema di quei luoghi, rendeva esplicito e fortemente incisivo il carattere di impossibilit dellutopia, di modello astratto e apparentemente inverosimile; e al tempo stesso, proprio questa apparente irrealizzabilit permetteva lefficacia poderosa della critica radicale allesistente che essa comportava. Ma sarebbe sbagliato pensare che, effettivamente, non ci siano stati riferimenti concreti a luoghi e popoli determinati, alla base del pensiero utopico. Proprio tra la fine del Quattrocento e linizio del Cinquecento un evento straordinario e carico di grandi effetti per lEuropa, sul piano materiale e spirituale, e cio la Scoperta e poi Conquista dellAmerica, esercit una potente influenza sul pensiero europeo. Per quanto riguarda lItalia, ancora oggi opportuno ricordare il vecchio libro di Rosario Romeo sugli effetti delle scoperte americane nella coscienza italiana del Cinquecento: nuovi concetti e idee, nuovi criteri di valore, cominciarono ad apparire a seguito di quelle scoperte (Romeo 1954). stato opportunamente osservato che: la invenzione di un mondo utopico raggiunge nellet moderna la sua pi compiuta espressione quando paradossalmente si scopre un luogo per lutopia: cio lAmerica (Cant 2002, 46). Infatti, gli europei iniziarono da subito a proiettare nelle nuove meravigliose terre americane idee e immagini mentali provenienti dal vecchio mondo, vecchie mitologie e fantasie su mondi migliori e ne elaborarono di nuove, su questa base. E del resto, lo stesso Thomas More dimostrato che aveva tratto ispirazione dalle scoperte americane. Egli menziona i viaggi americani di Amerigo Vespucci, e il protagonista di Utopia Itlodeo (Raccontatore di bugie), compagno di viaggio di Vespucci; inoltre, il medesimo More pare abbia tentato di promuovere viaggi nellAmerica Settentrionale (Chambers 1935, 138 e ss.; Zavala 1937, 50). Nella direzione inversa, dal libro di More ad alcuni difensori del mondo indigeno americano, ancor di pi facilmente dimostrabile linfluenza diretta di Utopia sui primi grandi critici della Conquista spagnola, che furono promotori di grandi trasformazioni di quel mondo verso una societ ideale, simile a quella sognata dai grandi utopisti e tenacemente messa in cantiere nelle Americhe con degli straordinari esperimenti sociali. Fin dal 1937 Silvio Zavala si era soffermato meticolosamente su una comparazione sistematica tra i diversi capitoli e temi di Utopia e le proposte organizzative dei pueblo-hospitales per gli indigeni del Messico, proposte e poi realizzate dal Vescovo di Michoacn Vasco de Quiroga (Zavala 1937). Infatti, Quiroga appena giunto in Messico (nel 1531), prima come Oidor (giudice) de la Audiencia, aveva ricevuto una copia del libro di More dal Vescovo erasmista di Messico fray Jun de Zumrraga e laveva studiato attentamente e glossato abbondantemente.
60

Ci che importante notare, dunque, che ci sono in America esempi molto interessanti e ben documentati di casi nei quali alcuni ecclesiastici, di ispirazione teorica critica pi o meno radicale, e titolari di visioni utopiche delle societ americane, tentano di tradurre in pratica tenacemente e arditamente i modelli ideali in esperienze concrete. Come ha notato Francesca Cant, Queste utopie americane condividono una caratteristica molto speciale: non volevano essere dei puri giochi intellettuali, ma volgersi in pratica hic et nunc e farsi, cos, storia (Cant, 2002, 64). Si tratterebbe, dunque, di alcuni rari casi di utopie concrete. Il che non manca di suonare abbastanza paradossale, considerando che una delle condizioni strutturali della pensabilit dellutopia sembra risiedere proprio nella sua irrealizzabilit, nella sua distanza da esperienze concrete, specifiche, circostanziali, in luoghi e tempi perfettamente definiti. Esamineremo con una certa attenzione due casi concreti delle cosiddette utopie realizzate del tipo accennato, sulla base della ispirazione del saggio appena citato della Cant, e cercheremo di dare un qualche contributo, su questa base, al difficile problema della realizzabilit dellutopia. * * *

Inizieremo con il meno noto dei due grandi utopisti concreti dellAmerica indigena, ma sul quale s accumulata una ricchissima letteratura specifica, e che sembra costituire un caso singolare di successo delliniziativa di creazione di una societ perfetta ispirata esplicitamente alle idee e visioni della tradizione utopistica. Le iniziative di Vasco de Quiroga, dotate di sorprendente spirito pragmatico, e in costante equilibrio tra le radicali immagini di riforma della vita indigena in Messico e il ponderato rispetto per certi aspetti della legislazione coloniale spagnola (compresa laccettazione costante del tema della legittimit della presenza iberica in America), hanno avuto una sorprendete durata nei secoli; e ancora nel XVIII secolo il ricordo per la presenza e le riforme del Vescovo di Michoacn erano assai vivi nella regione. Vasco de Quiroga era originario della provincia di Avila, complet gli studi giuridici con tutta probabilit a Salamanca e fu subito parte di un circolo di letterati e giuristi che gravitavano intorno alla Corte spagnola. Nel 1525 fu inviato a Orano, nellAfrica spagnola, per effettuare un juicio de residencia (ispezione amministrativa) su un corregidor che era stato accusato di malversazioni, il quale per effetto dellintervento di Quiroga fu condannato alla restituzione dei beni sottratti. Lanno seguente egli fu inviato come rappresentante della Corona spagnola per la firma di un trattato di pace con il re di Tremecn, un regno interno alle colonie spagnole dellAfrica settentrionale. Il trattato contemplava misure di rispetto per le societ locali, la norma del divieto di conversione al Cristianesimo con la forza dei popoli del luogo, disposizioni a favore della libert di commercio. Apparivano in esso, insomma, tracce del nuovo orientamento del Diritto delle Genti che si stava diffondendo a partire dalla scuola di Salamanca, e una buona considerazione per i popoli diversi. Lesperienza successiva a Granada intensific lispirazione umanista e illuminista di
61

Quiroga. Granada era una citt nella quale una presenza multiculturale e la quantit di conflitti sociali potenziali suggerivano una politica prudente e flessibile, che lArcivescovo della citt Fray Hernando de Talavera bene integrava con un metodo di conversione e di gestione delle differenze religiose basato sulla persuasione. A ci si aggiungeva ladesione alla corrente rinascimentale, che si stava diffondendo in Spagna, della ricerca della semplicit rurale di fronte e contro il lusso cortigiano. Questa era la formazione e lesperienza giuridico-diplomatica di Quiroga quando, nel 1530, gi a unet vicina ai sessantanni, fu inviato in Messico e nominato giudice (oidor) nella Segunda Audiencia de Nueva Espaa. Una riforma drastica fu realizzata in quella occasione, a causa delle malversazioni diffuse nella nuova colonia. Su pressioni e documenti di accusa inviati in Spagna dal Vescovo di Messico, Fray Jun de Zumrraga, finalmente la Corona decise di cambiare radicalmente la Audiencia e nominare un Vicer, attivando anche riforme. Quiroga giunge a Citt del Messico nel Gennaio del 1931, ed inizia subito a promuovere i suoi due obiettivi principali: realizzare una descrizione dettagliata della terra e dei suoi abitanti indigeni, al fine della corretta esazione dei tributi, e cercare di risolvere la questione indigena, anche per mezzo della concentrazione degli stessi in unit residenziali ampie e ben organizzate. Nel 1533 visit per la prima volta la regione del Michoacn, abitata del popolo dei Purpecha (detti dagli spagnoli Tarascos), nemici degli Aztechi e mai sottomessi da quelli, che avevano subto una serie di ingiustizie dagli encomenderos locali. Ormai stabilitosi nella regione, nel 1538 fu nominato primo Vescovo laico del Michoacn, e stabil a Ptzcuaro, villaggio cerimoniale indigeno, la sua capitale. Lanno stesso del suo arrivo in Messico, nel 1531, aveva fondato il suo primo pueblo-hospital de Santa Fe de Mxico a Tacubaya, nei pressi della capitale. Nel 1535 fond il secondo pueblo-hospital de indios de Santa Fe de la Laguna, questa volta nel Michoacn, nei pressi di Tzintzuntzan. Queste organizzazioni territoriali indigene erano strutturate seguendo quasi passo passo i suggerimenti del Libro di Thomas More, che Quiroga aveva ricevuto da Zumrraga, e che come accennato aveva studiato attentamente e dettagliatamente. I conflitti e le cause giuridiche con gli spagnoli locali (soprattutto con gli encomenderos) furono continui negli anni seguenti. Egli, di fatto, privilegiava nelle sue attenzioni, e nella sua attivit di promozione sociale che si accompagnava alla evangelizzazione cristiana, gli indigeni purpecha piuttosto che gli spagnoli. La strategia principale nella costruzione di queste residenze indigene semi-urbane era quella di creare gruppi rigidamente separati dagli spagnoli, basati su una gerarchia di organizzazioni familiari con cariche indigene progressive molto simili a quelle dellUtopia di More, che avevano per al loro culmine uno spagnolo. Il sistema economico era basato sulla esclusione della propriet privata dei beni e su forme di redistribuzione, con gli eccedenti destinati alla realizzazione di interessi comuni. Quiroga riusc, utilizzando i suoi poteri vescovili e la sua abilit giuridica nel rispondere alle accuse e alle cause intentate contro di lui da diversi encomenderos, ad ottenere la esenzione delle imposte e dal pagamento delle decime, promuovendo di fatto una sorta di autonomia municipale per i suoi pueblos-hospitales e favorendo cos la progressiva costituzione di una specifica
62

identit socio-culturale purpecha modernizzata e cristianizzata, che manteneva in vita per molti caratteri della simbologia indigena, della ritualit e dei costumi tradizionali. Egli trov il modo di non contraddire alcuni aspetti organizzativi del sistema coloniale spagnolo, solo attenuandoli e concedendo molto spazio alle autorit indigene, che intese modernizzare, per affrancarle da una certa barbarie politica che in esse aveva riscontrato. Nella lunga polemica che rese difficile e accidentata la costruzione a Ptzcuaro (e quindi in un grande villaggio indigeno e non nel centro urbano degli spagnoli della regione) della grande Cattedrale, che egli volle indigena (basata anche su un sistema radiale di navate che corrispondeva a un tratto tipico della simbologia dei Purpecha), Quiroga pot assaporare il duro contrasto con le autorit locali spagnole. Fu cos che si guadagn lepiteto di Tata Vasco, il Vescovo degli indigeni (Serrano Gassent 2001, Cant 2007). Gli scritti di Quiroga sono pochi ma molto incisivi e in grado di dar conto dettagliatamente del suo pensiero e dei suoi programmi di azione. Nello stesso anno 1531 nel quale prese servizio come Oidor della Audiencia di Messico, egli scrisse una Carta al Consejo (diretta al Consiglio delle Indie), nella quale fin dalle prime righe esprime con fermezza il suo parere sulle necessit e i metodi da usare nelle Indie: Qui non il caso di mettersi in cose di guerra, conviene che ci siano persone di lettere, di esperienza e di molta coscienza, e senza avidit (cobdicia), che ci aiutino a portare a compimento questo grande e importante compito. Aggiunge che necessario trovare la maniera di ridurre gli indigeni in villaggi ben ordinati e molto organizzati in buon accordo, aiutandoli a coltivare bene la terra. Gli indigeni sono descritti come dotati di innata umilt, obbedienza e povert, nonch disprezzo delle eccessive ricchezze del mondo. Critica aspramente il lavoro costrittivo nelle miniere e gli eccidi perpetrati dagli spagnoli in esse. Ma lopera pi importante e corposa (pi di 150 pagine) Informacin en derecho, del 1535, che si oppone con ricchi e intensi argomenti giuridici e teologici alla Real Cdula del 20 Febbraio del 1534 (che revocava quella del 2 Agosto del 1530); essa aveva, di fatto, ripristinato la schiavit per gli indigeni americani. Contrario alla schiavit, Quiroga anche in grado di prendere posizione sui pi laceranti dibattiti in tema della politica indiana che avevano luogo in quegli anni in Spagna. Basta citare per esteso il titolo del capitolo III della sua opera per intendere il suo punto di vista: Come e perch a questi naturali non gli si pu fare una guerra giusta n conquista, ma invece una pacificazione ed istruzione nella fede e nei buoni costumi, e come queste azioni si possano realizzare facilmente a servizio di Dio e di Sua Maest, e a vantaggio di tutti, e senza pregiudizio n violazione dei diritti di questi naturali. Sulla base di un fittissimo intreccio di opinioni di grandi autori classici e del primo Cristianesimo, Quiroga discute a lungo del concetto di libert degli esseri viventi e confronta criticamente le situazioni a lui contemporanee con il primitivo Cristianesimo e con le et delloro di numerosi autori del mondo classico. Poi si sofferma a lungo sui Saturnalia di Luciano e cita estesamente la Utopia di More (che anchessa si rifaceva a Luciano), dichiarando di essersi molto ispirato a questopera (in un suo Parecer,

63

scritto che andato perduto), pubblicata da un uomo illustre e di genio pi che umano (Vasco de Quiroga 1992, 228-29). Ma lopera pi importante, ai fini dellargomento specifico qui trattato, costituita dalle Reglas y Ordenanzas para el gobierno de los Hospitales de Santa Fe de Mxico y Michoacn, dispuestas por su fundador el R.mo y venerable Sr. Don Vasco de Quiroga, primer Obispo de Michoacn, del 1564. Si tratta di una piccola opera rivolta in prima persona plurale ai membri delle comunit da lui fondate, che presenta in forma organica le regole di vita e di convivenza da lui proposte. Sono norme semplici, facilmente comprensibili e che danno poco spazio ai garbugli da legulei, dei quali lautore aveva grande esperienza, e che aveva in pi occasioni criticato aspramente. Il tema centrale subito presentato quello dellAgricoltura, che deve essere insegnata in dettaglio fin dalla prima infanzia a tutti i membri delle comunit; vengono elencate tutte le piante da coltivare, nelle diverse stagioni, curando sempre la produzione di un eccedente che possa servire per i periodi frequenti di carestia. Al lavoro sono dedicate norme precise e dettagliate. Il lavoro dovr essere scarso e moderato: sei ore al giorno di lavoro comune, ma lozio sar osteggiato in ogni modo. Solo i frutti del lavoro saranno oggetto di attribuzione personale e di distribuzione. Infatti, l usufrutto della terra e non la sua propriet, costituisce la base teorico-ideale e giuridica dellorganizzazione dei puebloshospitales. La terra inalienabile. Sono bandite dalle comunit la superbia, la avidit e la ambizione. La morigeratezza sar regola quotidiana, e dovr vedersi anche nei vestiti, sobri, senza abbellimenti eccessivi, uguali per tutti, salvo una differenza tra i sessi. Una minima divisione tra tessuto urbano e campi coltivati, con continue integrazioni tra i due livelli, prevista con cura. Ai matrimoni cristiani e ai lavori femminili sono dedicate norme specifiche. prevista listituzione di una Cassa di moneta della comunit, con tre chiavi: una al Rector, una al Principal, e laltra al pi antico Regidor. Sono queste le autorit pi importanti, in scala, della comunit. Lorganizzazione sociale aggruppa famiglie di discendenti per linea maschile, con le donne che vanno a risiedere nella casa del marito. I padri di famiglia eleggeranno un Principal. La massima autorit costituita dal Rector, che viene nominato dal Vescovo, e non un indigeno. Nel caso di conflitti si dovr cercare una composizione amichevole, scongiurando un ricorso a giudici esterni alla comunit, ai quali si dovrebbero pagare diritti, e si rischierebbe il carcere. Dice il testo: Vale pi perdere in pace e in concordia, che vincere in un processo, odiando il prossimo e cercando di vincerlo e produrgli danno, poich in questo Hospital dovrete tutti essere fratelli in Ges Cristo con un vincolo di pace, di carit. Chi non vorr osservare queste Regole, si comporter in modo scandaloso, procurer danni ad altri, e costituir un cattivo esempio per la comunit, sar semplicemente espulso dallHospital. Infine, unattenzione particolare dedicata alle feste votive dellHospital, che sono tutte feste cristiane, nelle quali per si raccomanda di praticare i costumi festivi indigeni, che sono sontuosi nel mangiare, nellentusiasmo e nelle manifestazioni collettive di gioia (Vasco de Quiroga 1992, 265-286).

64

La visione che Quiroga aveva del suo compito di Vescovo difensore degli indios possedeva dunque radici multiple: il mito classico dell et delloro, la tradizione della restaurazione cristiana, e il modello di repubblica perfetta di More. La conversione che egli pretendeva dagli indigeni era solida e profonda, in tempi non brevi, lontana dalla pratica del battesimo massivo dei Francescani. Si trattava di una tattica persuasiva, nella quale si combinava spesso la predicazione con giochi sportivi degli indigeni, unendo sempre una proposta di miglioramento delle condizioni materiali alla trasmissione di regole, idee e concezioni spirituali. La considerazione per alcuni aspetti della cultura indigena (solo per alcuni), che venivano integrati allinterno del processo di cambiamento proposto, appare spesso nelle sue strategie. Ma egli mescolava abilmente una grande considerazione per la umanit degli indios, per la loro razionalit, per la loro fondamentale natura di esseri liberi, con un giudizio severo nei confronti di certi costumi, di una certa barbarit politica, sulla quale interveniva senza scrupoli. Nella conoscenza della vita quotidiana, delle norme e dei valori degli indigeni Quiroga era aiutato costantemente da quattro assistenti-giudici indigeni che lo informavano circa gli usi e i costumi tradizionali affinch egli potesse recepire e applicare tutti quelli che non contraddicevano la legge spagnola o la morale cristiana (Cant 2007, 173). I due pueblos-hospitales fondati da Quiroga sopravvissero con grande autonomia, in mano praticamente agli indigeni purpecha fino alla seconda met dellOttocento, quando la propriet comunale fu smantellata e cos lautonomia municipale. Rimase tenace una forma piuttosto originale di religiosit popolare cattolica-indigena, centrata sul culto dei santi e delle sante, che ancora oggi caratteristica della regione. La memoria di Don Vasco ha attraversato indenne i secoli, e Vasco de Quiroga si trasformato in una icona umanista espressione diretta delle nuove identit regionali. Secondo uno studioso recente della storia culturale della personalit di Vasco de Quiroga, la tomba dellantico Vescovo di Michoacn nella coscienza popolare rimane ancora oggi collocata a mezza strada tra un passato indigeno esaltato e la nascita di una nazione meticcia, ed egli visto come un esempio unico messicano di un umanismo cristiano proto-moderno (Krippner-Martinez 2000, 3). Francesca Cant ha posto in grande evidenza, e molto opportunamente, che Quiroga mostra una propria penetrante e profetica visione ecclesiologica, centrata sullistanza di reformatio e di renovatio della Chiesa del tempo, che ricava da una ricca tradizione profetica, in parte assorbita attraverso le sue ampie frequentazioni francescane, sia in Europa che in Messico. Ed dalla ardita combinazione tra questa ecclesiologia rinnovata e il modello della Utopia di More, volto in un piano di azione concreta, che deriva loriginalit dellimpresa quiroghiana (Cant 2007, 184-188, 204-206). Per le ragioni sopra presentate, credo che Vasco de Quiroga possa essere meglio definito un riformatore social-culturalmente orientato piuttosto che un utopista concreto; egli, certo, si ispira al modello utopico di More, ma lo piega un po' diplomaticamente e negozialmente alle circostanze ed ai poteri del momento. Mi sembra che egli possa essere identificato come uno dei primi antropologi-sociologi
65

applicati dellera moderna. un riformatore ben cosciente delle necessit di conservare buona parte del patrimonio culturale indigeno; non rinuncia ad alcuni punti fermi della modernizzazione politica e della cristianizzazione; possiede poteri che esercita senza indugi a favore delle sue iniziative e mantiene buoni contatti e comunicazione con i poteri costituiti; conosce ed usa gli strumenti giuridici; accompagna da vicino, per lunghi anni, il processo di formazione delle nuove lite indigene e si identifica con esse; rende infine visibile con la sua presenza e i suoi atti la differenza locale dei Purpecha, contribuendo al formarsi di una coscienza identitaria meticcia. Lintera vicenda storica di Quiroga, e la sua opera multidecennale a favore degli indigeni, sono bene descritte, e minuziosamente, in un ottimo volume di storia sociale che colloca il Vescovo nel quadro ricco e variegato dellintera storia del Michoacn nel periodo tra il 1521 e il 1580, riconoscendo alle dinamiche sociali, politiche e religiose indigene la loro importanza attiva, creativa, costruttiva, nellabile negoziazione con i poteri spagnoli (Martnez Baracs 2005). Un aspetto importante e particolare dellattivit di Quiroga, quello di educatore e formatore di una societ mista, indigeno-spagnola, stato spesso messo in grande evidenza da studiosi e commentatori. Frequentemente stato scelto il Vescovo del Michoacn come lontano e brillante esempio e modello di una integrazione etnica e culturale in contesti di sviluppo economico-sociale, che nei tempi moderni si cerca faticosamente di realizzare. Con la sua mixta polica (lobiettivo di promuovere un ordinamento e una organizzazione della societ sia nel campo spirituale che in quello temporale), Vasco de Quiroga stato anche considerato recentemente come un esempio ottimale della educazione degli adulti (Miranda, Briseo 1984). Limportanza della memoria di Quiroga nel Michoacn contemporaneo pu essere dimostrata anche da un recente evento culturale che stato celebrato in suo onore. Nel 2004 a Morelia si svolto un Congresso internazionale dal titolo: Pathways of thought. Readings of Utopia, nel quale una intera sessione era dedicata al tema: The Utopia of Vasco de Quiroga. Lindirizzo introduttivo dellincontro era affidato al sociologo francese Edgar Morin (Why this meeting? The needed impossibility of Utopia (or the need for a reflection). * * *

Bartolom de Las Casas un personaggio assai diverso. La sterminata letteratura accumulatasi su di lui e il numero straordinario di studi accurati sulla sua opera suggeriscono di affrontare questo autore con grande prudenza. Sceglieremo solo alcuni, pochi, aspetti della sua produzione e della sua esperienza, che sono coerenti con il tema ristretto scelto per questo intervento. Dopo aver ottenuto il titolo di Licenciado in diritto, Las Casas si spost nel 1502 dallAndalusia al Nuovo Mondo, nellisola di Hispaniola (Santo Domingo), e ricevette un repartimiento di terre e di indios che amministr allinterno dei metodi costrittivi del tempo. Erano gli anni dei grandi dibattiti critici che influenzavano la legislazione della Corona,
66

favorevole agli indigeni. Leco del famosissimo Sermone di Montesinos, del 1511, influ certo sulle Leyes de Burgos dellanno successivo. Nel 1512, gi sacerdote, Las Casas si trasfer a Cuba come encomendero. Lesperienza drammatica degli eccidi degli indios determin una specie di conversione nel 1514. Rinunci alla encomienda e fece un viaggio in Spagna per assumere direttamente la difesa degli indios presso la Corte. Alla morte di Re Ferdinando, il Reggente Cisneros lo nomin Procuratore degli Indios e fu inviato di nuovo alla Hispaniola. Da l, nel 1517, invi un memoriale al Consejo de Indias con un progetto di colonizzazione del mondo rurale, nel quale indios e spagnoli avrebbero potuto vivere in comunit rette dagli spagnoli e fondate su una intensa agricoltura e su una organizzazione di famiglie, che secondo alcuni commentatori richiama la influenza del libro di More, Utopia, pubblicato lanno prima. Lidea era che famiglie spagnole di contadini avrebbero favorito il progresso materiale e lorganizzazione dei gruppi indigeni. Ovviamente, il progetto provoc grandi resistenze, soprattutto l dove mostrava di non accettare lidea degli indios come servi per natura. Nel 1520 ottenne dalla Corona lautorizzazione a creare una iniziativa di evangelizzazione e colonizzazione nella regione di Cuman, nel territorio dellattuale Venezuela. Liniziativa aveva un carattere commerciale oltre che di conversione, che doveva in ogni caso basarsi sulla persuasione. Per realizzarla si alle con impresari e dovette ricorrere a soldati. Limpresa fall. Nel 1524 Las Casas pass allOrdine Domenicano e si dedic agli studi e alle pubblicazioni polemiche contro la maggior parte degli aspetti della conquista e colonizzazione spagnola dellAmerica. Nel 1535 si trasfer prima in Nicaragua e poi in Guatemala, regione nella quale tent di realizzare un suo ulteriore progetto di pacificazione, colonizzazione e conversione di indigeni, basato sulla totale esclusione degli spagnoli da quelle zone. Nel 1545 fu nominato Vescovo del Chiapas. Intanto, nel 1542 aveva terminato di scrivere unopera che ebbe uneco immensa: Brevsima relacin de la destruicin de las Indias. Conteneva unaccusa radicale, senza appello, alle malversazioni degli spagnoli nelle Indie e agli eccidi perpetrati nei confronti delle popolazioni locali, violando tutte le norme cristiane e quelle della Corona. La sua influenza presso la Corte era in quegli anni fortissima, e nello stesso anno 1542 le Leyes Nuevas di Carlo V, che riformavano radicalmente il regime delle encomiendas, furono emanate anche sulla base dellinfluenza delle denunce di Las Casas. Il radicalismo del Domenicano era lontano da ogni concessione agli interessi contingenti del sistema coloniale e dei coloni spagnoli, e lattitudine ad assumere posizioni inconciliabili, formulate in linguaggio secco e senza sfumature gli procur una serie di contrasti ufficiali e non ufficiali, dei quali la famosa controversia pubblica di Valladolid, del 1550, contro lumanista Seplveda non fu che la punta delliceberg. Uno dei temi pi rilevanti della posizione teorica di Las Casas era costituito dalla famosa doctrina de la restitucin, secondo la quale gli spagnoli avrebbero dovuto restituire i beni sottratti alle autorit indigene dellAmerica (Cant 1975), e dalla opinione che i Re di Spagna non fossero proprietari diretti del territori americani ma Prncipi Universali che avrebbero dovuto avere mere funzioni di superordinazione alle autorit indigene di quel continente.
67

Ma ritorniamo indietro, per esaminare con maggiore attenzione lazione sociale e la programmazione concreta di interventi con gli indigeni, pi che le opere della seconda met della vita del Domenicano di teologia e di diritto. Per quanto riguarda la prima delle sue esperienze di azione pratica, di promozione sociale e di riforma dei processi di colonizzazione, opportuno fare riferimento a un grande saggio di Marcel Bataillon del 1952, dedicato al Chierico Las Casas, prima colono e poi riformatore della colonizzazione (Bataillon 1952). Dunque, nel 1516 Las Casas presenta al Reggente Cardinale Cisneros (dopo la morte di Re Ferdinando) un Piano di Riforme per le Indie, nel quale appare con tutta evidenza la grande esperienza di encomendero e il tentativo di far coincidere linteresse supremo della colonizzazione (per la Corona di Spagna) con gli interessi economici dei colonizzatori, e naturalmente con la necessit della conversione pacifica degli indigeni. Il Piano riguardava esclusivamente le quattro grandi isole delle Antille: Hispaniola, Cuba, Giamaica, Puerto Rico. E prevedeva la sospensione di tutti i Repartimientos, proponendo che i funzionari reali non dovessero assolutamente essere coinvolti negli interessi derivanti dal lavoro degli indigeni, nonch la possibilit di uno scarico delle responsabilit degli encomenderos per azioni violente contro gli indigeni perpetrate in passato, attraverso un sistema di concessione di indulgenze. In questo Piano non appare alcun cenno a quello che sar in anni pi tardi il grande tema di Las Casas: la dottrina della restituzione dei beni sottratti agli indigeni. Egli immaginava un sistema di comunidades (villaggi spagnoli e villaggi indigeni controllati da quelli), che dovevano realizzare una sorta di de-individualizzazione e una collettivizzazione della encomienda, attraverso la creazione di nuove entit economico-sociali che assomigliavano a delle societ anonime. Las Casas presenta una serie di calcoli del rendimento del sistema, inventa alcuni premi per coloro che favoriranno la moltiplicazione degli indigeni e non la loro morte, ma molto attento a legare le iniziative economiche agricole produttive alle zone di produzione delloro. Appare in questo documento anche lidea della opportunit del trasferimento alle Indie di contadini spagnoli (al posto dei conquistatori, rappresentanti di classi medio-alte, e dei soldati) come istruttori degli indigeni. Si tratta, insomma, di un progetto che propone la associazione tra spagnoli poveri e indigeni. Cisneros non accetta il piano cos com, ma invia una Istruzione ai Geronimiti che tiene conto del Piano, e che comporter da parte di quelli una missione e una inchiesta alla Hispaniola. In sostanza, nascono conflitti tra Las Casas e lestablishment. Lanno successivo, nel 1517, il tenace chierico ex-encomendero presenta un Nuovo Piano di Riforme, in un Memoriale al Consiglio delle Indie. Il nuovo Piano pi specificamente un progetto di colonizzazione contadina, che si fonda esplicitamente sullassunto che gli indiani sono liberi. Insiste e specifica meglio lidea della associazione tra indiani e coloni spagnoli. Egli propone una societ agricola basata sulla organizzazione gerarchica di una rete di famiglie rustiche. Ogni villaggio avrebbe un alcalde dei cristiani vecchi e un alcalde indiano (cacique). Nemmeno questo Piano fu posto in pratica. Nei suoi dettagli organizzativi molti
68

studiosi hanno voluto scorgere una certa influenza del libro di Thomas More che era stato pubblicato lanno prima, e del quale alcune copie avevano raggiunto la Spagna e le Indie. Finalmente, lanno successivo, nel 1518, Las Casas formula il suo Terzo Piano di colonizzazione al Cancelliere Le Sauvage. Questo Piano riguarda s le isole, ma anche destinato alla Tierra Firme, alla costa di Paria, o Costa delle Perle, nellattuale Venezuela. La base economica di fondo delliniziativa quella della coordinazione tra la raccolta di metalli e pietre preziose e lagricoltura. un progetto sorprendentemente moderno, basato sullidea della possibilit di una colonizzazione costruttiva, umana, e anche immediatamente redditizia. Prevede la costruzione di una serie di fortezze lungo la costa, con vicini villaggi cristiani, ma si basa sulla tenace idea che per bloccare lo sfruttamento inumano e portare a compimento il compito della evangelizzazione necessario dare garanzie e tutelare gli interessi della Corona e degli encomenderos, creando una colonizzazione pacifica commerciale, di alto rendimento. Las Casas si lancia in una campagna di reclutamento di contadini-coloni, ma incontra una forte resistenza dellapparato amministrativo centrale a concedere privilegi sostanziali ai lavoratori emigranti. Nel 1519-20 egli riesce ad ottenere una concessione sulla costa della Tierra Firme, della quale fanno parte alcune sostanziali facilitazioni per gli aspiranti contadini riformatori delle Americhe: il passaggio in nave gratuito, il nutrimento e lassistenza medica, il dono di terre buone per lagricoltura, il dono di una vacca, esenzioni fiscali. Negli atti di concessione non v menzione di alcuna mercede di indios. Si tratta di un incoraggiamento alla libera iniziativa imprenditoriale e allassociazione tra spagnoli e indigeni. Era anche previsto un premio di produzione. Di fatto, in quegli anni cera una certa eccedenza di popolazione rurale in Spagna, votata alla miseria. E quindi il progetto poteva riscontrare un certo interesse presso il Consiglio delle Indie. Ma liniziativa fu caratterizzata dal pi drammatico insuccesso. I primi ingenui contadini della Castiglia, giunti alla costa del Venezuela furono massacrati dalla gente locale. Las Casas, allora, muta la sua strategia, cercando pi gli spagnoli gi installati nelle Indie (nelle isole) che non quelli di Spagna. I primi, infatti, sono gi acclimatati ed esperti. E poco a poco pensa non pi a famiglie come unit di base, ma a villaggi omogenei di contadini spagnoli delle isole. Ma, ci che appare pi importante, il chierico ex-encomendero non parte assieme ai suoi contadini, per organizzare direttamente il suo piano sulla costa. Abbandona limpresa. Secondo Bataillon egli, provato dalla sconfitta, ha gi in mente qualcosaltro: Un uomo dazione non abbandona un progetto perch incappa in una difficolt: egli se ne libera per realizzarne un altro (Bataillon 1952, 343). Il contratto sottoscritto con la Compagnia per la concessione della costa del Venezuela rivela tutti i numerosi compromessi che Las Casas dovette accettare con gli interessi commerciali. Di fatto, la delusione grande. Las Casas medita a lungo sul disastro di Cuman e si riconosce colpevole di aver accettato i compromessi. Decide alla fine, nel 1524, di abbandonare la vita attiva. Ha luogo in quellanno la sua seconda conversione. Entra in convento, indossa labito dei Domenicani e si dedica agli
69

studi. Cos si trasforma da buon colono riformatore in teologo-giurista. Da allora in poi si irrobustir la sua visione radicale, la sua intransigenza. Pi tardi, quando sar nominato Vescovo del Chiapas, giunger fino a rifiutare i sacramenti ai suoi fedeli e li minaccer della dannazione per strappare loro gli schiavi indigeni. Ma nella sua prima fase di riformatore delle colonie di tutta evidenza lo spirito pragmatico, il rispetto per le istituzioni, lintento di conciliare interessi diversi, dei diversi attori sociali delle Indie. Mi sembra di grande interesse soffermarsi attentamente anche sulla seconda delle esperienze pratiche di realizzazione concreta di progetti di difesa e promozione social-spirituale degli indigeni americani, tentate da Las Casas. Si tratta dellesperienza in Guatemala alla quale sopra si accennava, e che stata dettagliatamente ricostruita dallo stesso Marcel Bataillon in suo corposo saggio del 1951, poi ripubblicato nella sua famosa raccolta del 1965 (Bataillon 1965). Las Casas si installa in Guatemala fin dal 1535-36. Sono gli anni nei quali completa il suo grande trattato sulla nuova metodologia di conversione degli indigeni (con la persuasione e non con la guerra o la costrizione), Del nico modo de atraer a todos los pueblos a la verdadera religin, opera rimasta a lungo inedita e pubblicata in Messico solo nei primi anni 40. In Guatemala il Domenicano identifica subito una regione lontana dagli insediamenti spagnoli e montagnosa, nel Nord del paese, definita la Terra della Guerra, per i conflitti sporadici ma tenaci e le forme di resistenza degli indigeni. l che Las Casas progetta di realizzare un suo nuovo esempio pratico di evangelizzazione pacifica, legata a forme di organizzazione sociale. Nella storia dellattivit missionaria nelle Americhe, e nella storia personale di Las Casas, questo episodio ha assunto uno straordinario rilievo, e viene di solito inserito tra gli esempi delle utopie concrete delle quali stiamo trattando in questo scritto. La maggior parte delle informazioni vengono da un libro apologetico e celebrativo che fu scritto da Fray Antonio de Remesal nel 1619 (Historia de la provincia de S. Vicente de Chyapa y Guatemala de la orden de Padre Sancto Domingo). Il libro mescola fatti confermati dalle ricerche storiche, documenti originali, e invenzioni celebrative. Narra che i domenicani di Las Casas riescono a penetrare nelle difficili zone del Nord del paese facendosi aiutare da mercanti indigeni, e utilizzando una tecnica di comunicazione che si serve di canzoni in lingua indigena che raccontano le verit cristiane. Vengono bruciati, per iniziativa degli stessi capi indigeni, gli idoli, dando un esempio a tutta la regione. Il successo delliniziativa si conclude, anni dopo, con una trionfale visita di Las Casas alla zona, che poteva beneficiare di un importante privilegio reale, consistente nella esclusione dei suddetti indigeni dal sistema delle encomiendas (dipendendo essi direttamente dal re di Spagna, al quale pagavano tributi in natura) e nella proibizione, per cinque anni, dellingresso di spagnoli nella zona. Marcel Bataillon ha dimostrato accuratamente, nel suo saggio sopra citato, che il libro di Remesal contiene grosse imprecisioni temporali e tace di una serie di problemi conflittuali che si erano generati tra Las Casas e il Vescovo di Guatemala, Marroqun, oltre a quelli tra il Domenicano e gli spagnoli della regione. Inoltre,
70

risulta che la presenza di Las Casas non fu continua nella zona, tale da dimostrare la realizzazione di un vero programma pratico-spirituale con gli indigeni, del tipo di quello realizzato da Vasco de Quiroga. In realt, appare chiaro che per Las Casas la Terra della Guerra della regione di Tezulutln (alla quale lui riuscir a far cambiar nome in Vera Paz) semplicemente larea geografica nella quale cerca di sperimentare le condizioni dimostrative della possibilit di una azione pacifica con gli indigeni che non assomigli a una conquista. Egli fu un abilissimo diplomatico, prepar per lunghi anni anche nascondendo le informazioni pertinenti mentre i contatti pacifici con gli indigeni della regione maturavano lentamente questo esempio pratico al quale diede un continuo appoggio politico-giuridico e di sostegno presso le autorit spagnole (la Corona e il Consiglio delle Indie). E quando ricevette la importante carica di Vescovo del Chiapas (nel 1545) fece subito in modo che la sua diocesi si estendesse, oltre i normali confini, fino alle terre del Nord nelle quali si stava realizzando il suo progetto dimostrativo della entrata pacifica tra gli indigeni. Gli obiettivi dellimpegno tenace, continuo, spesso aggressivo e impaziente, ma sempre ben calcolato nei tempi lunghi, di Las Casas, furono sempre insomma concentrati su temi di amplissimo respiro (la riforma radicale delle politiche di rapporto con gli indigeni, che escludessero in maniera radicale la guerra, labolizione della schiavit, lo svelamento del carattere ipocrita della encomienda, che proclamava la responsabilit della conversione dei nativi ma di fatto serviva a costruire ricchezze fondate sulla violenza). Ma c dellaltro. In un importante saggio del 1977 dedicato alla brevemente menzionata questione dei confini tra le diocesi di Guatemala e di Chiapas, Francesca Cant ha identificato un altro obiettivo di grande rilievo generale e di politica alta, che Las Casas perseguiva in quegli anni. Egli infatti, fu promotore di una petizione del 1545, destinata alla Audiencia de los Confines, firmata da lui, dal Vescovo Marroqun (che poi ritir lappoggio), e dal vescovo di Nicaragua, nella quale si sosteneva con argomenti teologici e giuridici raffinati una tesi radicale. Si sosteneva che gli indigeni erano dei miserabili (nel senso che questo termine aveva nellepoca) sfruttati, oppressi, sofferenti, impoveriti, e che quindi come tali dovevano ricadere sotto la giurisdizione ecclesiastica, non sotto quella civile ordinaria. Giacch incombeva sulla Chiesa il divino dovere di rappresentare gli interessi di questi poveri, mentre si occupava della loro cura spirituale. Essi non avevano dunque bisogno tanto di Protectores (il che ricordava la vecchia tesi degli indigeni come minori), ma di Procuradores (difensori giuridici). E questi uffici potevano coincidere con quelli di Pastores, quali erano i membri della Chiesa. Gli indigeni, del resto, erano considerati esseri liberi, razionali e naturalmente predisposti ad accettare la fede cristiana. Non erano caratterizzati da una incapacit naturale, ma il loro stato di difficolt e di inferiorit derivava dalla societ attuale e non dalla natura. Sottilmente, la petizione costituisce uno dei primi attacchi ai vincoli che la Chiesa indiana subiva dalla istituzione del Patronato, custodita gelosamente dalla Corona, che imponeva la sua autorit alla chiesa missionaria. Quindi, appare anche evidente da questo intervento politico lidea di un potenziamento della figura del Vescovo, figura di origina divina, che doveva essere dotata di maggiori poteri (Cant 1977).
71

Sarebbe di grande interesse confrontare gli eventi, le scelte e le decisioni di Las Casas nella sua lunga vita piena di conversioni di rotta, cos come risulta dalle ricostruzioni degli storici, con quanto egli stesso scrisse nella sua monumentale opera Historia de las Indias che fu consegnata nel 1559 al Colegio de San Gregorio di Valladolid perch venisse nascosta per poi essere pubblicata solo quarantanni dopo. Le re-interpretazioni dei fatti, le giustificazioni e i commenti del grande Domenicano sulla sua vita e le circostanze che vi hanno influito sono stati solo in parte oggetto di scrutinio accurato. Dovrebbe essere evidente da quanto detto che Las Casas non solo appare diversissimo da Vasco de Quiroga, soprattutto con riferimento al tema delle utopie concrete che qui ci interessa, ma anche suscita qualche dubbio quanto alla sua possibile inclusione allinterno della categoria intellettuale degli utopisti. I suoi obiettivi, certo radicali, di riforma totale del sistema politico-religioso della conquista spagnola, erano distanti dalla immagine e rappresentazione completa e sistematica di una societ perfetta, lontana nello spazio e nel tempo, che potesse servire a alter ego totale della societ contemporanea. E del resto, la sua attitudine a costruire concretamente, nel quotidiano, gruppi sociali funzionanti secondo nuove regole, gruppi da seguire e formare con continuit, era assai scarsa. La sua vera presenza, quotidiana, con la gente della Vera Paz, lungi dallessere dimostrata. Nessuna fonte ce lha riportata. Diverso, certo, Vasco de Quiroga, del quale si pu dire, come abbiamo fatto pi sopra, che era un vero riformatore sociale dei tempi medio-lunghi, e che utilizzava strumentalmente la cultura e la societ indigena per migliorare lefficienza dei suoi programmi di costruzione progressiva di una nuova societ cristiana. I due personaggi qui discussi non mi sembrano, dunque, dei veri utopisti, n dei veri protagonisti di utopie concrete, anche se il pensiero utopico almeno in Vasco de Quiroga assume una grande importanza come modello di riferimento. * * *

I due personaggi le cui figure sono state sommariamente descritte e interpretate, nelle loro differenze come nelle analogie, sono frequentemente appaiati nella letteratura storica corrente, forse pi di quanto un esame accurato dei loro scritti e delle loro attivit concrete dovrebbe permettere. Non solo la Cant e Bataillon (1952) hanno associati tra loro i due personaggi, rilevandone anche consistenti differenze, ma anche molti degli specialisti del secolo XVI. Ed soprattutto importante notare luso costante, negli studi sullargomento, del termine e concetto di utopia, che viene spesso applicato alle concezioni, alle dottrine e alle attivit pratiche dei due riformatori sociali ai quali ci siamo dedicati, senza che venga messo in discussione apertamente il problema dei caratteri formali e sostanziali del pensiero utopico, che fa com ovvio della lontananza dalle attivit concrete nell hic et nunc e dellimmagine fantastica di societ irreali collocate in nessun luogo e in nessun tempo (ma la cui configurazione comporta critiche radicali alle
72

societ esistenti), la sua inconfondibile cifra culturale. La maggior parte di questi studi, infatti, usa il termine utopia con un significato assai vicino al senso comune, che lo oppone radicalmente a realt, a concretezza, come una fantasia provocativa s ma di per s irrealizzabile. S che laggettivo utopico viene interpretato come sinonimo di mancanza di concretezza, carenza di visione politica realistica, e insomma viene attribuito a proposte e programmi sociali e politici che sembrano privi di senso pratico, destinati allinsuccesso, e anche ingenui e pretensiosi. In tal modo luso dellaggettivo utopico appare, anche in analisi socio-antropologiche della contemporaneit, come attribuibile alle pretese attuali, ai progetti, alle visioni di futuro, delle societ indigene dellAmerica Latina di oggi, che combattono per la difesa delle loro prospettive (spesso giudicate irrealistiche) di riforma generale della societ complessiva del continente, e per la strenua difesa dei loro diritti violati da secoli. In questi termini il problema viene visto, per esempio, nellutilissima antologia di Cerutti Guldberg e Agero del 1996. Ma vi sono esempi pi famosi, come la notissima antologia di Guillermo Bonfil Batalla, Utopa y revolucin. El pensamiento poltico contemporneo de los indios en Amrica Latina (Mxico 1981), alla quale fa da eco, in Italia, la bella antologia di Emanuele Amodio, Lutopia selvaggia. Teoria e prassi della liberazione indigena in America Latina (Ragusa 1984). Si pu fare, anche, riferimento, con una maggiore approssimazione al significato proprio del termine utopia, al saggio di Alicia Barabas, Utopas indias. Movimientos sociorreligiosos en Mxico (Mxico 1989). E infine, con ancora pi adeguata approssimazione, il termine appare in uno studio specifico sul folklore andino e sulle forme teatrali che nei secoli hanno ricostruito la nascita e lo sviluppo dellidea della resurrezione degli Inca, quello di Manuel Burga, Nacimiento de una utopa. Muerte y resurreccin de los incas (Lima 1988). A un livello ancora pi generale, di riflessione teorico-deontologica sul futuro possibile di un intero continente, che comporta anche le regole possibili per un futuro migliore, si colloca il libro di Ignacio Hernando de Larramendi, Utopa de la nueva Amrica. Reflexiones para la Edad Universal, Quito 1995. Ma ci che mi pare ancor pi discutibile, che luso del termine utopia e della opposizione tra utopia e realt, appare anche in alcuni saggi di qualificati storici, e proprio a proposito di posizioni teoriche, prospettive politiche e azioni pratiche come quelle di Bartolom de Las Casas, e in parte di Vasco de Quiroga. Penso soprattutto a un volume che comunque fornisce contributi di primordine alla conoscenza delle discussioni teologico-politiche del Cinquecento spagnolo in America, e che analizza con cura figure importanti di quellepoca. Si tratta del volume di Luciano Perea e altri collaboratori, dal titolo Utopa y realidad indiana (Salamanca 1992). Il volume dedica una grande attenzione, con analisi molto dettagliate delle opere e dellattivit politica, a un personaggio importante degli anni 1543-65, Toms Lpez Medel, che fece parte di un gruppo di Visitadores (quindi di funzionari giuristi che avevano il compito di controllare e correggere, o proporre correzioni, a norme, attivit di altri funzionari, processi politici e sociali), selezionati dal Real Consejo de Indias, per certificare lapplicazione e la esecuzione delle famose Leyes Nuevas (1542-43) nelle province della Real Audiencia de Guatemala. Medel
73

sostiene che queste Leggi (che riformavano radicalmente il sistema delle encomiendas ed avevano una speciale considerazione per le popolazioni indigene) erano state precipitosamente applicate a popoli e terre non sufficientemente preparate ad esse. La ribellione degli encomenderos a queste Leggi aveva, per Medel, profonde ragioni sociali, e la Corona, emanando le Leggi, aveva manifestato una mancanza di realismo e un inopportuno spirito utopico. Secondo Medel, a seguito di queste Leggi, gli spagnoli avrebbero cominciato a fuggire dalle Americhe, impoverendole; e la liberazione degli schiavi avrebbe messo definitivamente in crisi leconomia della colonia. Il curatore del volume, nella sua Introduzione, apprezza lo spirito concreto e realista di Lpez Medel, e lo pone in radicale contrasto, per la sua visione pi obiettiva ed empirica, con quella visione del Buon Selvaggio di Bartolom de Las Casas, molto vicino (e in parte co-responsabile) alle Leyes Nuevas, che viene definito esempio lampante di pensiero utopico e non-realista. In un intervento contenuto nel volume si discute della posizione del famoso missionario gesuita Jos de Acosta (uomo concreto, pratico e saggio), e si sostiene che egli sceglie una via intermedia, ragionevole e ponderata, tra la utopica libert che ingenuamente reclamava Las Casas per i suoi indios e la concezione degli indios come schiavi per natura, che proclamava Seplveda. Infine, in un intervento conclusivo del volume Pedro Borges si dedica esplicitamente alle utopie di Bartolom de Las Casas, e sostiene che i progetti del grande Domenicano erano perfettamente inquadrabili allinterno dei progetti utopici, giacch erano progetti plausibili, per irrealizzabili, impossibili a porsi in pratica. E aggiunge che Las Casas partiva sempre da ci che si doveva fare e non da ci che si poteva fare in America. La sua mancanza di realismo era proverbiale, secondo questo autore. Egli non aveva mai avuto la capacit di rendersi conto delle caratteristiche concrete della situazione, degli interessi dei coloni, delle aspirazioni politiche ed economiche dello Stato, e di alcune elementari caratteristiche dei desideri e delle passioni umane. Le principali utopie lascasiane (nel senso di convinzioni e obiettivi impossibili e irrealizzabili) sono secondo Borges: 1. La concezione degli indios come genus angelicum; 2. La idealizzazione della possibile convivenza tra spagnoli e indigeni; 3. La idealizzazione dei lavoratori spagnoli come possibili stimoli per i lavoratori indigeni; 4. La missione salvifica dellImpero, comportante la assegnazione di una finalit spirituale a una istituzione di tipo temporale come lo Stato; 5. La teoria dellImpero sovrano e universale del Re di Spagna nelle Indie, concepito come Imperatore sopraordinato ai Re; 6. Lidea della opportunit che la presenza degli spagnoli nel Nuovo Mondo fosse simbolica (P. Borges, Las utopas de Bartolom de Las Casas, in: Perea et alii 1992, 201-221). Mi sembra evidente, in questo scritto, la continua oscillazione tra il significato generale-filosofico-teorico di utopia e quello del senso comune, che comporta un (certo sempre discutibile) giudizio sulla realizzabilit, lefficacia, la concretezza, il realismo di una iniziativa social-politica. Per tornare a Las Casas, mi sembra che i suoi progetti e le sue idee fossero ben lungi dallessere prive di concretezza e di efficacia. Egli riusc ad esercitare una grandissima influenza sui sovrani di Spagna per lunghi anni, promosse dibattiti e stimol la coscienza critica
74

creativa di intellettuali, teologi, giuristi. Senza essere mai stato nel Vicereame del Per, esercit una enorme influenza sulla Chiesa missionaria peruviana (il lascasismo peruviano costituisce uno dei pi ricchi capitoli della storia della politica missionaria in America). Certo, il personaggio era (per dirla con Bataillon) aggressivo, assiomatico, abilissimo politico, calcolatore e cauto nel dare fiducia, intrattabile, caratterizzato da superba intransigenza, certo molto egocentrico; ma si tratta di uno dei pi grandi e nobili ingegni del secolo XVI, i cui scritti si possono leggere ancora oggi con grandissima approvazione. Quindi, se pure non fa parte, almeno a mio parere, n del pensiero utopico in senso stretto, n degli esercizi di utope concrete (cosa che invece molto pi accettabile in parte come s visto per Vasco de Quiroga), mi sembra grave errore impoverirlo nella verifica puntuale (ex-post, naturalmente) della concretezza, del realismo, dello spirito pratico delle sue azioni e dei suoi progetti. Avrebbe potuto vincere le sue battaglie teoriche e pratiche, ma fu battuto da poteri e interessi poderosi, che egli ben conosceva e che avrebbe voluto modificare con la forza della fede e della ragione. Ma rimasto per secoli uno straordinario ispiratore di teologi, politici, missionari e poi studiosi della condizione delle popolazioni indigene dellAmerica nel contesto coloniale spagnolo. In definitiva, Las Casas a suo modo, come anche con le dovute differenze Vasco de Quiroga, forse sarebbe meglio definirli, pi che utopisti o utopisti concreti (qualunque dei vari significati, pi o meno legittimi, si voglia attribuire al concetto di utopia), dei grandi riformatori sociali, certo ispirati dal pensiero utopico, che hanno saputo coniugare una radicale visione di futuro con la conoscenza pratica delle genti con le quali ebbero a che fare, e infine con le esperienze quotidiane, i tentativi, le sperimentazioni e gli scacchi che lazione sociale pratica impone costantemente ai riformatori. Riferimenti bibliografici - J. L. Abellam, Los orgenes espaoles del mito del buen salvaje: Fray Bartolom de Las Casas y su antropologa utpica, Revista de Indias, 36, n. 145-46 (1976), 157179. - R. Aguayo Spencer, Don Vasco de Quiroga: taumaturgo de la organizacin social, Oasis, Mxico 1970. - M. Bataillon, Vasco de Quiroga et Bartolom de Las Casas, Revista de Historia de Amrica, 33 (1952), 83-95. - M. Bataillon, La Vera Paz. Roman et histoire [1951], in: Etudes sur Bartolom de Las Casas, Institut dEtudes Hispaniques, Paris 1965, 137-202. - M. Bataillon, Le Clrigo Casas, ci-devant colon, rformateur de la colonisation, Bulletin Hispanique, 54. n. 3-4 (1952), 276-369 [ripubbl. in: Etudes sur Bartolom de Las Casas, Institut dEtudes Hispaniques, Paris 1965]. - G. Baudot, Utopie et histoire au Mexique. Les premiers chroniqueurs de la civilisation mexicaine (1520-1569), Ed. Privat, Toulouse 1977.
75

- P. Borges, Vasco de Quiroga en el ambiente misionero de la Nueva Espaa, Missionalia Hispnica, 23 (1969). - F. Cant, Evoluzione e significato della dottrina della restituzione in Bartolom de Las Casas, con il contributo di un documento inedito, Critica Storica, n. 2-3-4 (1975), 231-319. - F. Cant, Esigenze di giustizia e politica coloniale: una peticin inedita di Las Casas allAudiencia de los Confines, Ibero-Amerikanisches Archiv, N. F. III, 2 (1977), 135-165. - F. Cant, Amrica y Utopa en el siglo XVI, Cuadernos de Historia de Amrica. Anejos, 2002, I, 45-64. - F. Cant, Lecclesiologia profetica e lutopia cristiana di Vasco de Quiroga, in: Id. La Conquista spirituale. Studi sullevangelizzazione del Nuovo Mondo, Ed. Viella, Roma 2007, 163-206. - A. Caso, Presencia de Don Vasco, Cuadernos Americanos, 141, 4 (1965), 139-147. - P. Castaeda Delgado, Don Vasco de Quiroga y su Informacin en Derecho, J. Porra Turanzas, Madrid 1974. - E. F. Cattana, La utopa humanista en Vasco de Quiroga, Universidad Catlica de Crdoba, Crdoba 2004. - H. Cerutti Guldberg, O. Agero (Coordinadores), Utopa y nuestra Amrica, Ediciones Abya-Yala, Quito 1996. - R. W. Chambers, Thomas More, Cape, London 1935. - S. Cro, Realidad y utopa en el descubrimiento y conquista de Amrica (14921682), Fundacin Universitaria Espaola, Madrid 1983. - C. E. Deive, El profetismo de Las Casas y la destruccin de las Indias, in: AA. VV., Segundo Seminario Grandes figuras de la evangelizacin de Amrica: Fray Bartolom de Las Casas Evangelizador y Defensor de Indios, Universidad Catlica , Santo Domingo 1989, 29-58. - B. Fernndez Herrero, La utopa de America. Teora, Leyes, Experimentos, Anthropos, Barcelona 1992. - D. Garca Lpez, La defensa de los indios y la crtica de la Conquista en Regimiento de Prncipes: una utopa espaola del siglo XVI, Revista Espaola de Antropologa Americana, 34 (2004), 111-124. - J. A. Gmez Moreira, Conquista y conciencia cristiana. El pensamiento indigenista y jurdico teolgico de Vasco de Quiroga, Ed Abya-Yala/MLAL, Quito 1992. - B. Jarnes, Don Vasco de Quiroga. Obispo de utopa, Ed Carabela, Mxico 1942. - J. Kleiber S. J., La Utopa andina y Cristiana. Historia y teologa en los cronistas mestizos e indgenas del Per colonial, in: J. Meier (Edicin de), Cristianismo y mundo colonial. Tres estudios acerca de la evangelizacin de Hispanoamrica, Aschendorff, Mnster 1995, 27-68. - J. Krippner-Martinez, Invoking Tato Vasco: Vasco de Quiroga, eighteenthtwentieth centuries, The Americas, 56, 3 (2000), 1-28. - N. Len, El Ilmo Sr. Don Vasco de Quiroga, primer obispo de Michoacn. Grandeza de su persona y de su obra, Biblioteca de los sucesores de F. Daz de Len, Mxico 1904 [2 edizione, Universidad Michoacana, Morelia 1984].
76

- M. V. Lpez Cordn, Dallutopia indiana alla maledizione delloro: lAmerica nel pensiero spagnolo del XVI e XVII secolo, in: F. Cant (a cura di), Scoperta e conquista di un Nuovo Mondo, Ed. Viella, Roma 2007, pp. 239-169. - F. E. Manuel, P. Fritzie, El pensamento utpico en el mundo occidental, Ed. Taurus, Madrid 1981. - J. A. Maravall. Utopa y reformismo en la Espaa de los Austrias, Siglo XXI de Espaa, Madrid 1998. - I. Mrques Rodiles, La utopa del Renacimiento en tierras indgenas de Amrica : Pedro de Gante, Vasco de Quiroga, Bernardino de Sahagn, Universidad Autnoma de Puebla, Puebla 2001. - F. Martn Hernndez, Don Vasco de Quiroga (Protector de Indios), Universidad Pontificia de Salamanca, Salamanca 1998. - R. Martnez Baracs, Convivencia y utopa. El gobierno indio y espaol de la ciudad de Mechuacn 1521-1580, Instituto Nacional de Antropologa e Historia Fondo de Cultura Econmica, Mxico 2005. - F. Miranda, G. Briseo (Compiladores), Vasco de Quiroga: educador de adultos, CREFAL-COLMICH, Ptzcuaro 1984. - J. M. Moreno, Fragmentos de la vida y virtudes de Don Vasco de Quiroga, primer obispo de Michoacn, Imprenta del Real y ms Antiguo Colegio de San Ildefonso, Mxico 1766 (segunda edicin, Balsas Editores, Morelia 1989). - R. Noriega, A. Arriaga, J. Romero Flores, Homenaje a Don Vasco de Quiroga en el quinto centenario de su natalicio, 1470-1970, Gobierno del Estado de Michoacn, Morelia 1970. - L. Perea, J. M. Perez-Prendes, C. Baciero, A. Garca Garca, L. Resines, P. Borges, M. Cuesta, Utopa y realidad indiana, Universidad Pontificia de Salamanca, Salamanca 1992. - M. C. Ponce Pino, Toms Moro y su influencia en Amrica a travs de los hospitales de Vasco de Quiroga, Facultad de Filosofa y Letras, Maestra en Historia, UNAM, Mxico 1951. - R. Romeo, Le scoperte americane nella coscienza italiana del Cinquecento, Ed. Ricciardi, Napoli 1954 [2 ediz. 1971]. - J. Romero Flores, Don Vasco de Quiroga civilizador del pueblo michoacano, Gobierno del Estado de Michoacn, Morelia 1965. - G. Saccaro del Buffa, A. O. Lewis, Utopia e modernit. Teorie e prassi utopiche nellet moderna e postmoderna, Gangemi Editore, Roma-Reggio Calabria 1989. - P. Serrano Gassent, Vasco de Quiroga. Utopa y derecho en la conquista de Amrica, Fondo de Cultura Econmica, Madrid-Mxico 2001. - F. Tena Ramrez, Vasco de Quiroga y sus pueblos de Santa Fe en los siglos XVIII y XIX, Porra, Mxico 1977. - G. Tovar de Teresa, M. Len Portilla, S. Zavala, La utopa mexicana del siglo XVI: lo bello, lo verdadero y lo bueno, Ed. Grupo Azabache, Mxico 1992. - Vasco de Quiroga, Documentos, Introduccin y notas crticas por Rafael Aguayo Spencer, Mxico 1939.

77

- Vasco de Quiroga, La Utopa en America, Edicin de Paz Serrano Gassent, Historia 16, Madrid 1992 [contiene: Carta al Consejo (1531), Informacin en Derecho (1535), Ordenanzas para el gobierno de los Hospitales de Santa Fe de Mxico y de Michoacn (1564), Testamento (1565)]. - B. Verstique, Michoacn and Eden. Vasco de Quiroga and the evangelization of Western Mexico, The University of Texas Press, Austin 2000. - J. B. Warren, Vasco de Quiroga y sus pueblos-hospital de Santa Fe, Ed. Universidad Michoacana, Morelia 1990. - S. Zavala, La Utopia de Toms Moro en la Nueva Espaa, in: S. Zavala, La Utopia de Toms Moro en la Nueva Espaa y otros estudios, Antigua Librera Robledo, Mxico 1937 (Vol. 4 de la Biblioteca Mexicana de Obras Inditas), 49-78. - S. Zavala, Recuerdo de Vasco de Quiroga, Ed. Porra, Mxico 1965. - S. Zavala, Personalidad de Vasco de Quiroga, in: Les cultures ibriques en devenir. Essais publis en hommage la mmoire de Marcel Bataillon (1895-1977), Fondation Singer-Polignac, Paris 1979, 483-487. - S. Zavala, Semblanza e ideario de Vasco de Quiroga, Memoria. El Colegio Nacional, Mxico 1999, 409-413.

78

Suggestioni utopiche sugli orizzonti della crisi


Fabio Corigliano*

Abstract
The article focuses on the contemporary crisis, which, besides being economic and financial is primarily a crisis of thought. In this climate, which position is accorded to utopia? The analysis is approached from the perspective of philosophy of law, through the reflections of Carlo Michelstaedter and Giuseppe Capograssi, who have both expressed a way of thinking in which the struggle against the crisis coincides with a critical exposition of the conditions of the crisis. e il mio maestro mi insegn com difficile trovare lalba dentro limbrunire (F. Battiato, Prospettiva Nevskij)

0. Criteri e orientamento Riferirsi allutopia in un momento di crisi come quello attuale potrebbe apparire unoperazione tra le pi felici; iniziativa certamente distensiva rassicurante confortante, riuscirebbe persino, paradossalmente, a provocare unapparente metamorfosi dellevento recessivo in poche mosse: dissimulazione della crisi, travestimento della realt, fuga verso lesotismo di un non-luogo propizio per eccellenza, uno Stato immaginario una societ fuori dal tempo un luogo al di l del luogo. Utopia, insomma, in quanto fuga dal luogo fatale, fuga dal tempo funesto. La tensione allirreale lurgenza dirrealt posta in questi termini parrebbe nondimeno un momento della degenerazione dellesperienza in cui vive luomo doggi, il quale ha talmente portato a compimento il suo assalto la sua offensiva alla realt, al reale in quanto res in quanto cosa, da contrapporgli come fosse un manufatto tangibile lirreale prodotto del pensiero, in una concezione del mondo e delle cose in cui lequazione parmenidea di essere e pensiero1 surrogata da quella molto pi
*

Queste schematiche riflessioni che seguono sono come degli appunti delle analisi preparatorie e altres delle istantanee per un lavoro pi ampio sul tema della crisi che lautore vorrebbe condurre nei prossimi mesi: le scarne citazioni e lapparato bibliografico cos essenziale sono il segno non di una superficiale noncuranza, ma piuttosto di uno sguardo che vorrebbe catturare pi oggetti possibile con ci sacrificando in parte lapprofondimento teoretico ed in parte il necessario tributo bibliografico agli autori gi impegnati in suggestioni affini. 1 PARMENIDE, fr. 6, v. 1 e fr. 8, vv. 38-40. Si cita da H. DIELS-W. KRANZ, I Presocratici. Testimonianze e frammenti (1903/1934-37), trad. it., I, Roma-Bari 1997, pp. 272 ss. 79

malleabile costituita da ente e pensiero2. Lurgenza dirrealt sarebbe quindi solo un momento del corso con cui luomo moderno ha manipolato il mondo e lo ha stravolto, sarebbe solo una fase di quel processo creativo col quale luomo ha eretto s stesso in quanto soggetto (subiectum) che conquista e domina il mondo con un metodo che pone al sicuro lente3 e che proprio per questo motivo lo rassicura nella continuazione della sua attivit produttiva di cose e di mondi. Allo stesso modo, parlare di utopia e in ci fare riferimento alla contro-utopia, allutopia negativa, alla distopia o ancora alla (attuale) impossibilit di proiettare la realt in un immaginario universo utopistico, parrebbe decisamente un riprovevole azzardo e di primo acchito, giusta limpostazione apparentemente eudaimonistica di cui sopra le non-utopie sarebbero da inquadrare nella sezione terroristica ed attentatoria della storia del mondo e dellumanit. Ma che cos questutopia? Largomento, come si vede, in entrambi i casi sopra schematicamente riferiti sempre il luogo il reale la cosa, ci che si vede e che presente allo sguardo: insomma, il luogo-presente-allo-sguardo in quanto sguardo della cosa presente. Solo unanalisi del luogo una riflessione concreta sul luogo acconsente cos di intraprendere la strada che conduce al suo superamento, dato che lutopia appunto, per definizione, un superamento, lattraversamento di un luogo concreto e reale, dellhic et nunc da cui proviene il pensiero. Un passaggio un transito da un territorio ad un altro, da una regione allaltra. Ecco appalesarsi in un istante, in una sola semplicissima parola, lo scarto tra utopia e realt. La parola sempre il luogo, la localizzazione, la manifestazione concreta tangibile palpabile, lErrterung4. E in questo caso il luogo da cui scappare la parola dalla quale fuggire attraverso il sentiero che porta al non-luogo (utopia), la crisi, e quindi la realt. Lallontanamento dalla crisi attraverso lutopia pertanto un tonico per lanima, un medicinale in grado di rendere meno sterile ogni esperienza umana5. Proprio per questo motivo, poich il non-luogo misterioso e promettente, rispetto al concreto luogo reale fatto di sofferenze potrebbe appalesarsi nelle forme di un meraviglioso rassicurante porto sicuro, di fronte allo scontro dolente e necessario tra una realt che luogo e lutopia che il non-luogo, si sceglie di dedicare lattenzione, nelle pagine che seguono, alla combinazione di questi elementi
2

Poich tradizionalmente la filosofia intende per questione dellessere la questione dellente in quanto ente (M. HEIDEGGER, La questione dellessere (1955), trad. it., ora in M. HEIDEGGER, Segnavia, Milano 20085, p. 335), anche il rapporto di immanenza dellessere al pensiero viene trasfigurato in unimmanenza dellessere in quanto ente al pensiero, in virt di una dimenticanza del senso dellessere che ha condotto la filosofia a privilegiare lo studio dellente in quanto ente a detrimento di unanalisi sul senso dellessere in generale. 3 M. HEIDEGGER, Il nichilismo europeo [1940-61], trad. it., Milano 20062, p. 205. 4 M. HEIDEGGER, Il linguaggio della poesia. Il luogo del poema di Georg Trakl (1952), trad. it., in M. HEIDEGGER, In cammino verso il linguaggio, Milano 1973, pp. 45 ss. 5 Con il che si rende evidente anche il significato medico che in origine il termine krisis possedeva, e su cui si rimanda alla recentissima traduzione di R. KOSELLECK, Crisi. Per un lessico della modernit (1972-1997), trad. it., Verona 2012, p. 35. 80

contrastanti, e quindi allutopia in un momento di crisi, che per forza di cose corrisponde, con un gioco di parole, alla crisi nellutopia o meglio nelle possibilit di formulare un pensiero su ci che non perch troppo forte e pervasivo il disagio per ci che . Per svolgere questo lavoro, potrebbe essere interessante ricapitolare per cenni il pensiero di Carlo Michelstaedter e Giuseppe Capograssi, in parallelo6, due filosofi del Novecento che in momenti e luoghi diversi hanno elaborato unanalisi della societ in grado di metterne in evidenza allo stesso tempo le criticit ed altres le inarrestabili tendenze al declino. Si sono scelti questi Autori, insomma, dacch in essi il tema della crisi approfondito e trattato, si direbbe, in modo analitico; anzi, da aggiungere che in essi estremamente comprensibile proprio lelemento il fattore etimologico e quindi, col senno di poi, didascalico della crisi: crisi da krino; cos come critica viene dal greco krino. Crisi e critica in quanto tempi o momenti di una struttura dialettica che attraversa la societ e di cui la societ stessa, cio luomo ed il suo fare (il diritto) sono il naturale fondamento. La crisi che al culmine della sua terribile forza pare essere solamente crisi economica dapprima crisi delluomo del suo pensiero e quindi della societ in cui vive e dello Stato entro il quale opera, del diritto che gli fornisce taluni mezzi o modi coi quali esprimere la sua capacit relazionale: questo il motivo per il quale nel corso di questo breve e vago almanaccare si far riferimento alla filosofia del diritto ed alla metafisica come fossero i due capitoli di ununica materia perch lo sono, dal momento che non esiste diritto senza metafisica, a meno che non ci si riferisca al mero elenco dei diritti e degli istituti in quanto forza delle forme e degli apparati, e perch al fondo dellanalisi giusfilosofica il problema della crisi , dapprima, inerente la metafisica, ovvero il rapporto tra il pensiero e lessere. E quindi in tutta la sua essenza, luomo7. C da dire ancora, ad aggravare le condizioni di questo guazzabuglio che crisi e critica sono i momenti di un unico passaggio, quello del giudizio ( krino: ecco la radice) e quindi della riflessione sui limiti del pensiero umano e sulle potenzialit dello stesso e dellesperienza propria delluomo: spesso le possibilit dellazione vengono costrette dal concetto di crisi in una situazione nella quale gli agenti possono scegliere solamente tra alternative in netta contraddizione tra di loro8. In questo caso, lalternativa proprio vivere/non-vivere. Si accennava alla comune radice di quei due momenti, che al tempo attuale, ad una riflessione superficiale paiono cos distanti ed anzi inconciliabili perch non se
6

In ci cogliendo la felice intuizione di F. MERCADANTE, Giuseppe Capograssi filosofo e cantore dellindividuo, in V. FERRARI (a cura di), Filosofia giuridica della guerra e della pace. Atti del XXV Congresso della Societ Italiana di filosofia del diritto (Milano e Courmayeur, 21-23 settembre 2006), Milano 2008, p. 561. 7 Si coglie ed accoglie qui, tra le altre, lintuizione tardo-heideggeriana per la quale nessun cammino del pensiero, neanche del pensiero metafisico parte dallessenza umana per raggiungere lessere o, inversamente, dallessere per ritornare alluomo. Piuttosto ogni cammino del pensiero va gi sempre entro lintera relazione tra essenza umana ed essere, altrimenti non sarebbe un pensiero (M. HEIDEGGER, Che cosa significa pensare? [1954], trad. it., Milano 1988, p. 137). 8 R. KOSELLECK, Crisi. Per un lessico della modernit, cit., p. 49. 81

ne scorge la comune vertigine costruttiva, fattiva e concreta. Nel complesso, proprio di vertigine si dovrebbe parlare, perch un senso di stordimento e di stravolgimento che si impadronisce di chi voglia attraversare il passaggio lapertura della crisi attraverso la critica. 1. So cosa voglio ma non ho cosa io voglia9: la filosofia della crisi La riflessione sulla volont il tema della volont e rimane uno tra i massimi e pi gravi problemi del pensiero moderno. Lo aveva ben evidenziato Arthur Schopenauer, che aveva in effetti rilevato come questo mondo in cui noi viviamo e siamo, secondo tutta la sua essenza completamente volont e al tempo stesso rappresentazione; in questo senso, ognuno scopre s stesso come questa volont, in cui consiste lintima essenza del mondo, cos come si scopre anche come soggetto conoscente, la cui rappresentazione il mondo intero, il quale pertanto ha unesistenza soltanto in relazione alla coscienza di lui, come proprio supporto necessario10. Se non fosse che la struttura stessa della volizione dominata da unangosciante inesauribile tensione: lassenza di ogni fine, di ogni limite, appartiene allessenza della volont in s, che una tensione infinita dacch ogni fine raggiunto a sua volta linizio di un nuovo percorso, e cos allinfinito11. La nozione di volont messa a repentaglio dal suo stesso modo di essere, afflitta dalla sua stessa regola espansiva dallevidenza per cui latto volitivo ha come unica finalit o meglio come unico precetto lo stesso gesto di volere. Volere come mezzo e contemporaneamente volere in quanto fine. Codesto diktum ha radici molto profonde, che sono da ricercare dissotterrando e portando brevemente alla luce il modo stesso col quale si formato. In questo senso da chiarire che ci che ha reso tale il pensiero moderno stata la scoperta o meglio la identificazione della soggettivit: a partire da Ren Descartes luomo il fondamento eminente che staal-fondamento di ogni rap-presentare lente e della sua verit, e sul quale ogni rappresentare e ci che in esso rappresentato sono e devono essere posti per avere stabilit e sussistenza. Luomo subiectum in questo senso eminente12. Allorigine di ogni esperienza umana e quindi di ogni realt sta sempre e soltanto il soggetto con la sua volont taumaturgicamente volta a rendere sussistente e dotato di stabilit ogni aspetto del reale, una volont, quindi, che si fa storia sostituendo il logos, anzi trasfigurandosi fino a diventare logos: volont produttrice di realt volont che si fa proprio legge universale del mondo13. Il logos, che nellesperienza aristotelica era il discorso razionale14 la comunicazione creatrice di relazione per i moderni sostituito dalla volont indeterminata, volont infinita,
9

C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche (1910), Milano 1995, p. 7. A. SCHOPENAUER, Il mondo come volont e rappresentazione (1819-59), trad. it., Roma 2011, p. 188. 11 A. SCHOPENAUER, Il mondo come volont e rappresentazione, cit., p. 190. 12 M. HEIDEGGER, Il nichilismo europeo [1940-61], trad. it., Milano 20062, p. 203. 13 Il logos ha avuto unestensione semantica siffatta grazie alla riflessione di Eraclito: sono da citare in questo senso i frammenti B 1, B 2, B 16, B 50, B 72, B 115 e B 123 dellopera del filosofo greco nella diffusa citata edizione H. DIELS-W. KRANZ, I Presocratici. Testimonianze e frammenti, cit., pp. 194 ss. 14 ARISTOTELE, Politica, I, 1253 a.
10

82

infine volont di volere. Perch la volont la vera legge universale, ed ci che accomuna tutti gli individui, che in quanto tali stanno al fondamento di tutto ci che si pu rappresentare. Tutta lanalisi del soggetto e della vita sociale compiuta dal pensiero moderno esalta la volont ed allo stesso tempo ne succube. Il soggetto che comunemente inteso in quanto portatore di volont perch portatore di vita cos attivo nella genesi di quella da non rendersi conto che lapice la sublimazione della propria volont corrisponde alla sua perdita ed alla sua apocalisse15. Questo percorso fatto di individualit volont rappresentazione e infine disumanizzazione questo circolo chiuso e paradossale il pi raffinato e allo stesso tempo inaspettato lascito della filosofia moderna: tanto simmaginava di sollevare luomo sino a renderlo indipendente da Dio16 perch egli era dio! quanto rimaneva inerte e indifesa di fronte alle conseguenze di siffatto circolo vitale. Quello che doveva essere un prepotente circolo di potenza si tramutato nella realt (e proprio a contatto con la realt, in seguito e per effetto di quel contatto) in un corto circuito, un fraintendimento che ha coinvolto le radici stesse lorigine medesima la configurazione dellindividuo della sua vita naturale e sociale, del diritto come anche dello Stato. A conti fatti, tuttavia, ci che rende ancor pi sconcertante codesto tema, che il pensiero moderno nel suo tentativo di sviluppare la volont umana in sistemi sempre pi complessi, non riuscito a dare una risposta sufficiente o adeguata alle domande che la vita (nel suo rapporto con la volont) pi immediatamente poneva e attualmente pone17. Cosa volere, come vivere? in questi termini che si deve leggere lopera di Carlo Michelstaedter18. Lindividuo di Michelstaedter, lindividuo moderno e per estensione dellesperienza contemporanea, sa che vuole perch sa cosa vuole. Conosce loggetto del volo individuale, cio sa volere dacch loggetto del volere sempre ed ancora un volere: semper plus ultra. Sa anzi che il suo proprio singolare volere un indice del suo stesso personale esistere: volo ergo sum, voglio quindi sono, siccome voglio so che esisto. Ma tant rarefatta lidea di essere, allo stesso modo confusa ed incompresa la radice del volere. Ch cos stando le cose, voglio per dimostrare che sono per sentire che sono, anche se allo stato dei fatti voglio senza avere unidea
15

sempre vera losservazione di Martin Heidegger sulla origine di questa apocalisse: il cogito cartesiano lascia nellindeterminatezza il modo di essere della res cogitans, pi precisamente il senso dellessere del sum (M. HEIDEGGER, Essere e tempo [1927], trad. it., nuova ed. italiana, Milano 20105, p. 38), con ci privando lessere del sum con cui si conclude e perviene a compimento il cogito in quanto movimento essenziale del pensiero del fondamento ontologico e quindi della tanto ricercata stabilit. 16 A. DEL NOCE, Appunti sullirreligione occidentale (1963), ora in A. DEL NOCE, Il problema dellateismo, Bologna 2010, pp. 299 ss. 17 G. CAPOGRASSI, Introduzione alla vita etica (1953), ora in G. CAPOGRASSI, La vita etica, Scritti scelti e introduzione di Francesco Mercadante, Milano 2008, pp. 173 ss. 18 Tralasciando la nota biografica, si rimanda per informazioni e notizie sullAutore allintramontabile G. BRIANESE, Larco e il destino. Interpretazione di Michelstaedter (1985), Milano-Udine 2010 e allampia bibliografia in esso contenuta. 83

precisa di ci che comporta volere di ci che consegue il volere indeterminato19. E siccome nellatto stesso del volere luomo moderno separa s stesso dagli oggetti che conosce e che vuole, lintera esperienza sensibile dominata da un abbrivio: in tanto si espande il ruolo del soggetto che determina e crea e produce la realt, in quanto quella stessa realt prende il sopravvento e si ribella al soggetto che lha creata: poich in nessun punto la volont soddisfatta, ogni cosa si distrugge avvenendo e passando20. Labbrivio del volere dellatto volitivo si scorge gi a partire dallesperienza che luomo fa del mondo, nel mondo: il volere in quanto tale trasforma a tal punto il rapporto pur complesso tra soggetto ed oggetto, che tutto per luomo diventa creazione produzione oggetto, sino a perdere la cognizione reale del processo di creazione e di quello di produzione, confusi in un unico atto di volont dominio onnipotenza. Il mondo delle cose soffre di questa confusione che ben chiara laddove si guardi alle trasformazioni o meglio alle degenerazioni subite dallequazione parmenidea di essere e pensiero: ad oggi lequazione cui far riferimento quella di pensiero ed ente, il che significa che il pensiero si rapporta e si accosta allinstabile e non conosce alcun centro di stabilit se non s stesso, si immagina di poter trasmettere la propria stabilit alle cose senza rendersi conto di non possederla dapprincipio. Perch in fondo, quel volere manifestazione e sintomo di un mancamento: la vita volont e la volont implica essenzialmente la mancanza, lincompiutezza21. Ed da ci che deriva il rammarico ed il grido di Michelstaedter: so che voglio ma non vi sono oggetti che possano soddisfare il mio volere, perch un volere indeterminato, senza oggetti, senza un punto di stabilit perch lindividuo altrettanto instabile: se non ho fame, se non ho sete, se non ho sonno, se non ho bisogno di alcunaltra cosa determinata, il mondo mi un grande insieme di cose grigie chio non so cosa sono ma che certamente non sono fatte perchio mi rallegri22. In questo punto, nellambito della riflessione post-schopenaueriana sulla volont, si situa loriginalit della rilettura michelstaedteriana, e quindi largomento che permette al giovane goriziano di superare il rischio di un regressus ad infinitum insito in potenza nella concezione negativistica di Schopenauer e che consente a noi di inquadrare pi compiutamente il problema nellambito di un discorso pi propriamente tipico delle filosofie della prassi. Infatti lopera michelstaedteriana deve essere necessariamente letta su diversi piani: un primo piano in cui le nozioni primitive ed elementari di rettorica e di persuasione sono, nel loro rispettivo e reciproco rapporto con la volont, loccasione per stilare una sorta di manifesto
19

questo il significato della potente immagine del gancio con cui si apre il primo capitolo de La persuasione e la rettorica: in nessun punto raggiunto fermarsi lo accontenta e vuol pur scendere, che il prossimo punto supera in bassezza quello che esso ogni volta tenga sino a scoprire che in ogni punto esso manca dei punti pi bassi e vieppi questi lo attraggono: sempre lo tiene unugual fame del pi basso, e infinita gli resta pur sempre la volont di scendere (C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 7). 20 C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., pp. 11-2. 21 G. BRIANESE, Larco e il destino, cit., p. 29. 22 C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 76. 84

combattente, un programma rivoluzionario dedicato ed offerto ad uno spirito infiacchito, com infiacchito lo spirito delluomo moderno secondo lAutore. E costituiscono i due momenti di un discorso utopistico negativo di cui si dovr pur parlare. Il secondo piano quello dellontologia, che pu essere letto anche separatamente, o meglio che rappresenta una dimensione ulteriore della riflessione michelstaedteriana, di cui lopera, se letta unicamente nei termini di una critica della societ pu anche fare a meno. Ma che invece assolutamente necessaria e si direbbe nucleare nel caso in cui la lettura de La persuasione e la rettorica non si arrestasse alla mera apparenza della descrizione letteraria di un disagio esistenziale: infatti nelle Seconda Appendice al testo23 vi una dettagliata e piuttosto complessa esposizione dei concetti di persuasione e di rettorica come sviluppo delle due diverse concezioni del rapporto essere-pensiero. Vi infine un terzo piano di lettura, che si connette pi direttamente al primo, e che riguarda i risvolti sociali dei concetti di persuasione e rettorica, poco sviluppato dallo stesso Autore e che forse sarebbe stata la naturale conseguenza lesito in un certo senso marxista del suo pensiero24. Inquadrato, o almeno parzialmente inquadrato il tema della volont e della sua intrinseca effettiva crisi evolutiva, ci si pu rivolgere pi agevolmente ai temi della crisi e della sua concreta fenomenologia, quindi alla critica dello stato di crisi in quanto momento di un unico processo che parte dalla crisi per giungere alla critica in ci formulando quello che potremmo definire come pensiero prognostico-utopistico nella crisi, o come pensiero della crisi nellutopia. 2. Krino 1: fenomenologia della crisi Il fenomeno della crisi non di difficile intuizione perch allo stato attuale davanti agli occhi di tutti: Reinhart Koselleck, nelloffrire uno spaccato della storia concettuale del termine crisi ebbe a notare che se la ricorrenza del termine un indicatore dellesistenza effettiva della crisi, a partire dallinizio del XIX secolo let moderna potrebbe essere definita unepoca di crisi25. Non si tratta invero solamente della crisi in ambito economico finanziario dellindustria, che solamente e disperatamente il punto pi appariscente della crisi, il punto di arrivo di un lungo processo, la registrazione contabile di un percorso storico attraverso fatti e rilevazioni di evidenza economica. La crisi investe ogni settore della vita umana ogni momento della esistenza associata della quotidianit dellordinario. infatti una crisi dellordinario perch si manifesta nellordinario. una lacerazione del vivere che viene da lontano e che si manifesta in tutti i punti che tocca o che riesce a toccare, in tutti i punti in tutti gli elementi. Proprio per questo motivo, poich la crisi un concetto che ha pi un valore emozionale che logico, e poich il dato di partenza
23 24

C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., pp. 143 ss. Si pu leggere in questi termini il Discorso al popolo, ora nella silloge di testi C. MICHELSTAEDTER, La melodia del giovane divino. Pensieri Racconti Critiche, Milano 2010, pp. 85 ss. 25 R. KOSELLECK, Crisi. Per un lessico della modernit, cit., p. 66. Sul tema si veda anche R. KOSELLECK, Il vocabolario della modernit. Progresso, crisi, utopia e altre storie di concetti (2006), trad. it., Bologna 2009, p. 95. 85

proprio emozionale perch si parla di ci che realmente attuale, bisogna evitare per quanto possibile che i diversi stati danimo coi quali si percepisce la crisi influenzino la riflessione: la cosa migliore limitarsi ai fatti, cercare di coglierli, seguire le linee generali di svolgimento dei fatti, e vedere dove ci portano26 una fenomenologia della crisi, degli elementi che compongono la crisi, propedeutica allanalisi della critica di cui si dovr parlare. Zu den Sachen selbst! I fatti, proprio i fatti, nella loro cronologia storica, nella loro collocazione temporale potrebbero aiutare a comprendere e quindi ad inquadrare nella storia il momento della crisi potrebbero consentire allesegeta ed al cantore, allosservatore ed al nemico della crisi di stilare un documento in grado di offrire il pi ampio ventaglio di informazioni. proprio questo il magistero di Giuseppe Capograssi27: i fatti servono a compilare un documento ragionieristico della crisi in grado di approfondirla e di offrire le pi dettagliate istruzioni per ripensarla in funzione della sua stessa critica. Spiega Capograssi, nellanalizzare quella crisi del diritto che aveva investito lesperienza dopo la catastrofe, che il mondo premoderno era caratterizzato da una struttura dordine assolutamente rispettata. Quel mondo, da quel punto di vista, non era in crisi; lo era da un altro punto di vista, diremmo preparatorio: se la crisi mancanza di consapevolezza dei disordini segreti che compongono lordine apparente della realt, quel mondo era in crisi28. Quel mondo era cio in crisi perch aveva reso astratta la logica colla quale era stato costruito e nellastrazione si era persa la complessit del reale, reso semplificato ed ordinato attraverso schemi di pensiero. La differenza tra quel mondo ed il mondo contemporaneo, , tuttavia, la tensione distruttiva che caratterizza il nostro presente e che invece era del tutto assente nel corso preliminare alla crisi. La storia preparatoria dellevento recessivo era piuttosto caratterizzata dalla costruzione, o meglio dalla predisposizione in senso espansivo dellindividuo e della sua soggettivit, della sua tensione volitiva, della sua capacit di essere il protagonista indiscusso del dominio sul mondo delle cose e quindi del processo di vertiginosa crescita delleconomia del diritto della filosofia secondo schemi che potremmo definire senza dubbio di origine kantiana: una volta concepita la struttura dordine non rimaneva che applicarla pedissequamente al reale, in unespansione della storia senza fine29 che avrebbe paradossalmente condotto alla fine della storia. Quel turbine, recava in s il suo proprio peccato originale, se vero che lespansione incontrollata dellindividuo del suo volere per volere e quindi della
26

G. CAPOGRASSI, Lambiguit del diritto contemporaneo (1953), ora in G. CAPOGRASSI, Incertezze sullindividuo, Milano 1969, p. 85. 27 Sulla vita e sulle opere di Giuseppe Capograssi ora possibile consultare con grande profitto M. DADDIO, Giuseppe Capograssi (1889-1956). Lineamenti di una biografia, Milano 2011. 28 G. CAPOGRASSI, Lambiguit del diritto contemporaneo, cit., p. 86. 29 questa lidea da cui parte la metafisica kantiana in quanto filosofia della filosofia. Scrive Kant nella Prefazione alla prima edizione della Critica della ragion pura: la metafisica, secondo i concetti che qui ne daremo, la sola fra tutte le scienze che possa ripromettersi, e in breve tempo e con pochi sforzi, ma associati, siffatta compiutezza, in modo che di poi altro non resti da fare alla posterit, se non adattarla nella maniera didattica ai suoi scopi, senza peraltro poterne accrescere menomamente il contenuto (I. KANT, Critica della ragion pura [1781], trad. it., Roma-Bari 1966, pp. 10-1). 86

realt prodotta attraverso il pensiero si sarebbe trasformata senza preavvisi in una tempesta di proporzioni indicibili e proprio avversa allindividuo che quellespansione aveva avviato, capace di distruggere tutto quello che lo stesso pensiero aveva precedentemente eretto, tutti i monumenti che celebravano la vittoria della ragione sulla imprevedibile complessit del reale. Una catastrofe che avrebbe preso di mira proprio lo schema attraverso il quale il pensiero controllava il dispiegarsi della realt, perch pel tramite di quello schema lindividuo avrebbe condannato s stesso ad un dominio passivo pari a quello in cui era stato costretto il mondo delle cose, sino al limite della disumanizzazione del mondo della societ del diritto: alle radici di tutta la crisi c unidea arrivata nellanimo di molti al grado di persuasione e di certezza, una falsa ma centrale idea dellumanit e della vita. Lumanit non ha valore per s: lindividuo non (pi) un essere intelligente e morale che ha una legge e una sua verit: non che un astratto paradigma di forze, unastratta capacit di obbedienza, una forza puramente passiva. Quello che vale il fine, lo scopo che i gruppi dominanti vogliono realizzare e verso il quale vogliono avviare lindividuo30. Tutto ci che gravita intorno alla vita sociale delluomo gioisce e soffre della stessa invenzione: lindividuo soggetto dellazione, lindividuo oggetto di unazione esteriore. Quella catastrofe, che ha causato distruzione fisica e metafisica ha condotto il mondo delle cose e degli eventi ad una vera e propria tabula rasa, le societ da una parte e gli spiriti degli uomini da unaltra parte si trovano riportati a condizioni elementari e quasi si direbbe originarie31. Lattualit dellanalisi capograssiana non fa che rendere evidente pi di quanto gi non lo sia come la crisi attuale sia un esito o meglio lesito di quel processo che partendo dalla catastrofe della guerra, si mimetizzato dissimulando32 la pace la ricostruzione, per cogliere alla sprovvista il povero spirito umano infiacchito e con il fiato corto per quanto poco gli stato permesso di riposare sulle sue false certezze. il caso di riportare lintera pagina di Capograssi al fine di percepirne le terribili implicazioni e la triste relazione con il presente: nascono tremendi stati di necessit per le societ distrutte. Per questi cataclismi fisici e metafisici le societ rivivono fasi primordiali della loro storia; si vedono e si risentono in modo imperativo i bisogni elementari della esistenza, che gli esatti meccanismi della vita economica, il normale funzionare dei sistemi produttivi, le ricchezze e la quiete del passato avevano nascosto. Questo ritorno della vita a condizioni elementari, e la necessit di provvedere ai bisogni di una umanit, stremata in uno stato di indigenza non solo effettivo ma soprattutto spasmodicamente avvertito dalle vigili sensibilit degli uomini e dei popoli, fa scoprire e riscoprire la vitale importanza delle cose, cio i beni, i processi, le leggi obiettive e strutturali delle produzioni e delle istituzioni. Avviene quasi automaticamente, al di fuori di ogni consapevolezza e intenzione, uno
30

G. CAPOGRASSI, Il diritto dopo la catastrofe (1950), ora in G. CAPOGRASSI, Incertezze sullindividuo, cit., pp. 4-5. 31 G. CAPOGRASSI, Lambiguit del diritto contemporaneo, cit., p. 88. 32 P. VALERY, La crisi del pensiero (1918), ora in P. VALERY, La crisi del pensiero e altri saggi quasi politici, Bologna 1994, p. 29. 87

spostamento di valori. Al posto delle persone subentrano le cose. La societ stessa cessa di essere una societ di persone: diventa un insieme di processi produttivi e obiettivi; qualche cosa di naturale, e cio e comunque qualche cosa che esclude la volont soggettiva, che non che un mezzo e un elemento dello svolgersi obiettivo di quei processi. Le societ si automatizzano. Bisogna provvedere alla vita degli uomini, ma per provvedere bisogna obbedire, secondo la vecchia frase, che in questa societ diventa di una terribile esattezza, alla natura delle cose; le cose i loro processi, le loro esigenze prendono il dominio della vita33. In questa temperie in questo destino infelice della societ sono le cose, dacch erano oggetti della vita, a tramutarsi in soggetti, e in soggetti esigenti. Oramai, per far vivere la societ bisogna seguire la volont obiettiva delle cose e non la volont subiettiva degli individui. Questi processi obiettivi sono sovrani e sacrificano come, dove pi e dove meno, avviene dovunque volont e soggetto34. Questi processi obiettivi sono il gorgo del diritto delleconomia della prassi, sono alla fine una voragine anche per luomo che credeva di dominare ed invece stato dominato. La crisi crisi del soggetto. Tutto ci che parte dal soggetto torna al soggetto. Quel processo che aveva scatenato lindividuo moderno, quel processo di manipolazione del mondo delle cose attraverso una manipolazione dellesperienza o meglio delle possibilit dellesperienza, al termine della sua folle corsa, torna allindividuo e lo travolge nelle pi elementari e semplici modalit della sua vita, nei pi semplici ed immediati atti del suo vivere in consonanza con gli altri individui, nella capacit di relazione che ne caratterizza, aristotelicamente, lessenza. Lessenza sociale lessenza relazionale essa stessa in pericolo, perch anchessa una forma dellesperienza. Anche il diritto una modalit della relazione e quindi dellesperienza umana. Ed anche il diritto, quindi, e lesperienza giuridica soffrono: c nello stesso intimo realizzarsi dellesperienza, nellatto stesso del suo costruirsi, una specie di mancamento, una specie di deficienza, una specie di venir meno che dimostra che il suo non compiersi quasi si direbbe insito intrinseco alla sua stessa struttura. In sostanza di immediata e quotidiana osservazione che lesperienza giuridica che nasce dallo slancio stesso dellazione verso loggetto profondo della volont che vuole realizzare interamente questo oggetto e perci riesce a costruire il mondo delle volont delle istituzioni degli ordinamenti che compongono lesperienza giuridica, tende quasi nellatto stesso del suo concretarsi in istituti e ordinamenti, a rinchiudersi, a materializzarsi in queste sue costruzioni come se queste cose fossero il suo oggetto e il termine finale del suo slancio35. proprio la struttura di tale ragion giuridica che conserva intrinsecamente interiormente il prototipico cavallo di Troia che ne ha distrutto le fondamenta, proprio la struttura di questo modo di incanalare lesperienza giuridica a soffrire del suo rigido schematismo: staccata dalla profonda
33 34

G. CAPOGRASSI, Lambiguit del diritto contemporaneo, cit., pp. 88-9. G. CAPOGRASSI, Lambiguit del diritto contemporaneo, cit., p. 89. 35 G. CAPOGRASSI, Incompiutezza dellesperienza giuridica, postumo, ora in G. CAPOGRASSI, La vita etica, cit., p. 855. 88

vita della volont, tutta lesperienza giuridica che nata da questa vita, tende a presentarsi secondo uno schema ridotto alla lineare e rudimentale semplicit di un meccanismo36. Si potrebbe dire cos: lazione in cui si concreta la volont in tanto di interesse del ragionamento giuridico in quanto coinvolge luomo nella sua apertura relazionale, in quanto una maniera del contatto con altri uomini. Ed di interesse del ragionamento giuridico perch si concreta in una modalit attraverso cui si manifesta lesperienza giuridica. Ebbene, quando quel ragionamento vuol costringere lazione oltre il necessario ordinamento dei mezzi e si spinge al regolamento dei fini, schematizzando le forme dellagire umano, allora davvero la struttura sovrasta lazione e la norma diviene meccanismo nel senso deteriore del termine, perch trasforma o meglio deforma luomo stesso, addentro a quel groviglio, in meccanismo passivo. La struttura sovrasta lazione, quellazione che in origine, alla sua aurora era proprio sorella del sogno37 e quindi libert delle forme libert dalle strutture. Si tratta, come si gi annunciato, di un circuito difettoso, nel senso che tutto lo sviluppo circolare del pensiero presenta una deficienza originaria: quella di non aver previsto una soluzione chiara ai difetti di funzionamento alle anomalie del sistema, perch, questo oramai chiaro, il sistema si reggeva su s stesso. Quando il fondamento metafisico viene rimosso, proprio questo che accade: la legge il fondamento di s stessa, il diritto allorigine di s stesso, lesperienza umana le cose del mondo i fatti le azioni le volizioni non sono che un meccanico accadere slegato dallessere38. In una parola, assoluto. E allora si pu senza tema affermare e concludere che tutta la vita dellesperienza giuridica non altro che una continua crisi, una continua imperfezione un continuo non perfezionarsi nel senso di un continuo non riuscire n alladeguazione del mondo del diritto con tutte le forme dellesperienza n per conseguenza alla piena adeguazione della spinta originaria dellazione e delloggetto connaturale della volont39. Infatti la spinta primordiale dellazione, lo stato di natura dellazione40 finisce sempre per incagliarsi nella morsa fatale del volere che vuole per s stesso, volere oppresso dal volere. Lazione che era sorella del sogno e che nella sua vanit neonatale immaginava s stessa come assoluta viene inghiottita dallincubo dellirrealizzabilit dellimpossibilit di portare a termine i propri progetti, di rendere effettivi i suoi propri obiettivi, abbandonati nellindifferenza e nella diffidenza del reale che circonda lazione ed il suo soggetto. in questo preciso istante che si sperimenta che si svolge la crisi dellesperienza perch crisi dellesperienza crisi di adeguazione di adaequatio e infine com evidente di rappresentazione. Lesperienza non si pu rappresentare perch non vi consonanza (adeguazione, adaequatio) tra me che osservo e gli oggetti che osservo, perch soggetto ed oggetto non sono inseriti in un unico senso dellessere in ununica vita, ma riflettono le loro rispettive ansie di protagonismo nei frantumi sparpagliati di uno specchio rotto. La crisi dellesperienza giuridica,
36 37

G. CAPOGRASSI, Incompiutezza dellesperienza giuridica, cit., p. 856. G. CAPOGRASSI, Introduzione alla vita etica, cit., p. 63. 38 G. CAPOGRASSI, Il diritto dopo la catastrofe, cit., p. 509. 39 G. CAPOGRASSI, Incompiutezza dellesperienza giuridica, cit., p. 855. 40 G. CAPOGRASSI, Introduzione alla vita etica, cit., p. 64. 89

anzitutto crisi dellesperienza umana, e quindi crisi della metafisica in quanto crisi dellente che pi non pu e pi non riesce a riferire la pluralit ed il divenire delle esperienze dei fatti ad un principio in grado di ritenerli tutti: lessere. Infatti lente non ha pi rapporti con lessere dacch stato rimosso e quindi dimenticato trascurato dalla ragione, che ne ha decretato lintangibilit e quindi linsussistenza come se la rimozione fosse stata un espediente che la psicanalisi freudiana spiegherebbe traverso il meccanismo dellallontanamento di pensieri spiacevoli41. Di qui linsormontabile fatica di cui testimone luomo di oggi che non in grado di relazionare le sue esperienze a quelle dei suoi simili (n di rappresentarle a s stesso ed agli altri), e non altres in grado di ricollegare s stesso alla societ e questa societ di cui parte e fondamento, allo Stato o forse allidea di Stato e non diciamo allidea di diritto o di giustizia perch allora la fatica si tramuterebbe addirittura in tormento, angoscia, desolazione, vertiginosa solitudine42. Si pu cos affermare che lindividuo non pi allaltezza, non pi al livello della sua concreta esperienza sociale e storica; o, se si vuole, lesperienza non pi ad altezza di uomo, supera infinitamente lindividuo, tanto da far concludere che lindividuo non pi in grado di partecipare come soggetto del lavoro sociale allesperienza, ma soltanto una forza, un cavallo a vapore al servizio dellesperienza43. Tale valutazione era effettivamente gi stata annunziata da Walter Benjamin che negli anni Trenta del Ventesimo secolo aveva proclamato con unefficace metafora proprio il crollo delle quotazioni dellesperienza in un breve ma intenso passaggio che si riporta per intero: le quotazioni dellesperienza sono crollate. E sembrerebbe che si tratti di una discesa senza fondo. Ogni sguardo al giornale ci rivela che essa caduta ancora pi in basso, che, da un giorno allaltro, non solo limmagine del mondo esterno, ma anche quella del mondo morale ha subito trasformazioni che non avremmo mai ritenuto possibili. Con la guerra mondiale cominci a manifestarsi un processo che da allora non si pi arrestato. Non si era notato, che, dopo la fine della guerra la gente tornava dal fronte ammutolita, non pi ricca ma pi povera di esperienza comunicabile? Ci che poi, dieci anni dopo, si sarebbe riversato nella fiumana dei libri di guerra, era stato tutto fuorch esperienza passata di bocca in bocca. E ci non
41

E in un certo senso, come si vedr tra poche righe, la rimozione stata proprio un espediente che la ragione ha utilizzato pur di non formulare un vero e proprio pensiero sullessere, con ci velandolo, nascondendolo: la ragione moderna il pensiero moderno hanno nascosto lessere, ne hanno velato il senso pur di non doverlo spiegare. Compito della filosofia, analogamente al lavoro che la psicanalisi svolge o vorrebbe svolgere sullinconscio individuale, di rimuovere le resistenze della ragione al fine di far emergere proprio quel senso dellessere che era stato allontanato nascosto e quindi dimenticato; la filosofia del diritto in particolare ha proprio oggi questa fondamentale preoccupazione di far emergere il senso dellessere allinterno del discorso sullo Stato sulla societ sulluomo. Michelstaedter, nel paragrafo de La persuasione e la rettorica intitolato Un esempio storico, ricollega tale dimenticanza addirittura a Platone che ha spostato la questione dellessere dalla terra al cielo delle idee, rendendo quindi lessere del tutto invisibile allo sguardo: cfr. C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., pp. 66 ss. e 143 ss. con le note giustificative. 42 Di una vertiginosa solitudine degli uomini (in particolare dei discepoli di Platone) parla proprio Carlo Michelstaedter quando si riferisce alla contemplazione dellalto mondo delle idee: C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 71. 43 G. CAPOGRASSI, Lambiguit del diritto contemporaneo, cit., p. 91. 90

stupisce. Poich mai esperienze furono pi radicalmente smentite di quelle strategiche dalla guerra di posizione, di quelle economiche dallinflazione, di quelle fisiche dalle battaglie caratterizzate da grande dispiego di mezzi e materiali, di quelle morali dai detentori del potere. Una generazione che era ancora andata a scuola col tram a cavalli, si trovava, sotto il cielo aperto, in un paesaggio in cui nulla era rimasto immutato fuorch le nuvole, e sotto di esse, in un campo di forze attraversato da micidiali correnti ed esplosioni, il minuto e fragile corpo delluomo44. Giorgio Agamben, nel prendere le mosse da questa tragica considerazione benjaminiania, ha chiarito che in un certo senso, lespropriazione dellesperienza era implicita nel progetto fondamentale della scienza moderna: solamente un modello di ragione come quella elaborata e forgiata dal pensiero moderno poteva condurre ad una tale distruzione dellesperienza, tanto pi che contrariamente a quanto si spesso ripetuto, la scienza moderna nasce da una diffidenza senza precedenti nei confronti dellesperienza comera tradizionalmente intesa45. Diffidenza che certo deriva da una forma del conoscere com quella cartesiana, che pur rendendo lesperienza soggetta-al-soggetto, e proprio perch ha subordinato le possibilit di esperienza al soggetto che pone al sicuro il reale presso la sua stessa soggettivit, ha rimosso, si potrebbe dire, il sum (il senso ultimo del sum) dal quale quelluomo quellindividuo e quindi quella conoscenza quella esperienza tradizionalmente dipendeva, quel sum che non nientaltro se non il senso dellessere. La rimozione cartesiana ha quindi un effetto rovinoso non solamente nei confronti del valore da attribuire alla conoscenza (ed alla percezione) del reale ma anche nei confronti di quel soggetto che proprio nel suo novello statuto recava iscritto il ruolo il compito di attribuire un valore alla realt46 con ci provocando un non secondario effetto nocivo anche alla narrazione del reale, come spiega Benjamin, perch la crisi dellesperienza, e della percezione dellesperienza, porta con s come fosse un effetto, anche la crisi delle parole con cui descrivere quellesperienza. questa la rivelazione che ci induce ad indagare pi approfonditamente la trasfigurazione che ha subito nel tempo limmanenza di essere e pensiero: se il linguaggio la casa dellessere47, ed il senso dellessere dimenticato, abbandonato e trascurato, anche quel linguaggio che gli offriva con unimmagine vitto ed alloggio per forza di cose abbandonato trascurato ed omesso. E di questa omissione occorre

44

W. BENJAMIN, Il narratore. Considerazioni sullopera di Nikolaj Leskov (1936), trad. it., Torino 2011, pp. 3-4. 45 G. AGAMBEN, Infanzia e storia. Distruzione dellesperienza e origine della storia , Nuova edizione accresciuta, Torino 2001, p. 10. 46 La domanda che evidentemente e legittimamente si pu porre questa: il nuovo ruolo di attribuire valore alla realt, ne tenta lessenza? Luomo moderno, luomo pensato dal pensiero moderno altres il protagonista di unoperazione primordiale colla quale rinominare le essenze, in ci riformulando la costruzione concettuale e archetipica delluniverso? (in questo senso sono assolutamente fondamentali le riflessioni di D. COCCOPALMERIO, Laudatio di Sua Santit Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico, in Iustitia, 4/2008, pp. 506 ss.) 47 M. HEIDEGGER, Lettera sullumanismo (1946), trad. it., Milano 1995, p. 31. 91

tener conto perch incide profondamente proprio sulla spiegazione per questo goffa inelegante e dura nellespressione48. 3. Krino 2: ontologia della critica Quando si fatto riferimento alla intangibilit ed alla insussistenza dellessere secondo la ragione moderna che per questo motivo ha prediletto la conoscenza dellente-presente-allo-sguardo rispetto alla meditazione sullessere si inteso alludere a quella dimenticanza del senso dellessere che stata mirabilmente descritta da Martin Heidegger come velamento-salvamento (Ver-bergung), un mettere in salvo che preserva qualcosa di non ancora svelato49. Quel velamento-salvamento si vuol cercare di spiegare ricorrendo allanalisi michelstaedteriana del rapporto esserepensiero. In questa prospettiva sembrerebbe quasi che la questione dellessere sia stata (diligentemente o furbescamente) sotterrata in una scatola per nasconderla ed allo stesso tempo per per salvarla dalle nefaste incursioni del tempo. Al fine di formulare in modo pi compiuto la sua personale filosofia della storia, Carlo Michelstaedter prova a riscrivere la storia della filosofia secondo una prospettiva anti-platonica e allo stesso tempo socratica, come se Platone avesse violentemente tradito linsegnamento socratico. Come se Platone avesse tradito lideale socratico della realt delle cose della vita vissuta, a favore di generose ed edificanti astrazioni sulla realt stessa. Platone, in questa rivisitazione, fuori della corrente della vita vissuta [] non sente pi lirragionevole, il doloroso di quel fluire [] ma contempla come lacqua nella necessit del suo fluire sempre gli stessi vortici forma e riforma negli stessi punti, e sugli stessi scogli, con le stesse onde, la stessa spuma, gli stessi zampilli, gli stessi giuochi di luce si rompe, e pi oltre con lo specchio tranquillo limmobilit del cielo e delle sponde riflette. Sempre nuova acqua sempre le stesse forme: la stabilit dellinstabile50. Ma, al di l dellastrazione convenzionale, dei nomi convenzionali51, cosa rimane della corrente vorticosa della vita vissuta della concretezza dellesistenza? Come spiegare linstabilit della corrente che appare invece cos forte e sicura da co-invorticare chiunque vi si immerga? Infatti il fiume, quando grosso, non trascina soltanto verso il basso cosicch uno che si tenga presso alla sponda sia sicuro di potervisi attaccare. Ma coinvortica irresistibilmente verso il mezzo per poco che uno vi si sia avanzato 52. In questo senso la dottrina platonica delle idee pare a Michelstaedter un deterrente per il mal dellanima, una soluzione alle mancanze ed alle deficienze che sempre la vita suscita, la vera vita, la vita vissuta, quella vita delluomo delle cose che non conosce luogo stabile o stabilit perch tutta un continuo fluire, cosicch la vera difficolt
48 49

Si esprime in questi termini M. HEIDEGGER, Essere e tempo, cit., p. 55. M. HEIDEGGER, La questione dellessere (1955), trad. it., ora in M. HEIDEGGER, Segnavia, cit., p. 364. 50 C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 155 (corsivo dellAutore). 51 C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 59 e p. 165. 52 C. MICHELSTAEDTER, Parmenide ed Eraclito. Empedocle. Appunti di filosofia (1909), Milano 2003, p. 47; cfr. anche C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 59. 92

risiede nellindividuazione di un loco pi stabile; ma questo loco pi stabile non v n alcuno pu additarlo al suo compagno, dicendogli siediti, l sarai felice, libero, potente, l conoscerai il bene. Questo loco il qualunque punto dove uno purch vi permanga. Esso stabile poich il resto fluisce nelleterna deficienza 53. Tutta la vita deficienza che non si pu colmare; tutta la vita eterna deficienza in quanto tendenza allaltitudine, urgenza di astrazione e quindi urgenza dirrealt: proprio il succo dellinsegnamento platonico, quellinsegnamento che ha indicato nel bisogno di ulteriorit il destino delluomo mentre invece lideale della vita persuasa secondo il goriziano quello dellessere-uno, dellaver tutto in s54. Il mito dellassoluta sufficienza dellessere-uno contro la triste necessit di essere-inrelazione ad un ulteriore, luno che e che ha tutto in s, che vive il passato il presente ed il futuro in un unico tempo che il tempo dellessere (che non determinabile attraverso il tempo) e che non ha cose oggetti da volere perch ed ha tutto e quindi non pu tendere a nulla trova nella vita stessa uninsormontabile difficolt, che si riflette proprio nel vivere. La vita, come il fiume, co-invortica e rende quindi di difficile o addirittura impossibile ricomposizione il dilemma posto dalleterno apparire delle cose, della differenza tra leterno flusso diveniente e la stabilit dellessere. Si tratta, come ben si comprende, non soltanto di un problema ontologico, ma altres di un problema sociale, afferente la vita dellindividuo. Lindividuo della rettorica, lindividuo che non ha (e che non ) tutto in s sperimenta linquietudine della relazione o meglio della necessit della relazione allulteriore, la solitudine che emerge dalla deficienza dalla dolorosa mancanza di un al-di-l: so che voglio e non ho cosa io voglia55. So che voglio perch sento la mancanza di qualcosa che non riesco ad ottenere, ma allo stesso tempo non riesco ad ottenere quello che voglio perch in fondo lulteriore quello che voglio e non riesco a raggiungere, perch ogni ulteriorit rimanda alla successiva in una straziante eppur reale vicenda per la quale nulla in grado di soddisfare la deficienza della vita umana. Ci che voglio la stabilit, ma lunica stabilit che riesco a raggiungere, nellinstabile e costante farsi della vita, la stessa smania di stabilit, il volere fine a s stesso: avrei bisogno di una tensione originaria una tensione in grado di condurre al cuore, al senso dellessere, eppure questa strada mi inibita. Lintuizione platonica delliperuranio, del mondo delle idee, infatti, slega definitivamente lessere dallente, nel senso che relega linfinita stabilit dellessere ad un mondo diverso da quello umano, distaccato dalluomo che non pu pi fare esperienza dellimmutabile e che costretto a vivere nellumido e gretto antro di una caverna fatta di percezioni e di ombre, in una parola di instabilit: Platone ha creato ora un mondo dove rivivono tutte le relazioni delle cose con le quali nella sua vita mortale egli viene in contatto. E in questo mondo nella sua lontana luminosa immobile solitudine compreso tutto nellidea del sommo bene, luno, sostanziale, assoluto56.
53 54

C. MICHELSTAEDTER, La melodia del giovane divino, cit., pp. 103-4. C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 164. 55 C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 7. 56 C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 174. 93

Assoluto in quanto distaccato. Limmutabile distaccato dalla mutabilit. Luno non pi uno, indeterminato indeterminabile, ma piuttosto unastrazione del molteplice, una sommatoria, una sostanza immutabile che si riferisce ad una forma tendente irresistibilmente a mutare, a non-essere. Lessere convive apertamente con il non-essere: luno in cielo (oltre i cieli per essere precisi) laltro in terra. E luomo che si trova in mezzo a questa tremenda burrascosa contraddizione non vive che nellinstabilit del non-essere senza poter tendere allassoluto essere dellidea. Ecco quindi la solitudine e linquietudine del vivere. cos che Platone non solo tradisce Socrate e Parmenide, ma consegna la storia della filosofia ad unumanit che lui stesso ha declassato, riducendo lindividuo ad un misero funzionario del non-essere, ad un ingegnere dellinstabile. Parmenide infatti aveva intuito limmanenza di essere e pensiero: una cosa il pensiero e la cosa chio penso; non v pensiero astratto dalle cose. Una cosa il mio vivere e il mondo chio vivo. Se il mio vivere un sapere assoluto, cio fuori dallattualit delle relazioni delle mutazioni, il mondo chio vivo ed io stesso siamo in un punto assoluti, immutevoli57, persuasi, mentre Socrate aveva avvicinato tale persuasione tale immediatezza dellassoluto attraverso la sua elementare domanda la sua basilare ricerca fondata sul sapere di non sapere e quindi la tendenza (in quanto tensione) allimmedesimazione con lassoluto con lessere, e alluomo distratto nelle relazioni aveva negato il sapere, in ci che sapere sia delluomo sapiente e luomo sapiente da ogni relativit assoluto58. Platone, invece, con la sua sapienza di nomi astratti, che ognuno pu conquistarsi, si trova ad avere un mondo del pensiero e un mondo delle cose ; e poich la cosa di cui il pensiero pensiero deve essere sostanziale, ch altrimenti il pensiero non pensiero, egli si trova ad avere due sostanze che luna per laltra, conforme allaltra, lo specchio dellaltra59. Un mondo continuo nella sua unit e totalit ed uno determinato dai mutamenti, in una parola dalla molteplicit. E allora il pensiero non solo pensiero dellessere, ma anche pensiero dellente, cio del non-essere, pensiero dellinstabile. Attraverso questi passaggi Michelstaedter perviene ad una riscrittura della storia della filosofia come storia del pensiero tradito e umiliato, del pensiero che dimenticando la sua stessa immanenza con lessere trascura il suo fondamento. Lungo la direttrice storica che porta da Platone alla filosofia moderna (ununica direttrice, un unico binario60) ci che resta costante linteresse esclusivo del pensiero per lesser-presente della cosa, trascurando con ci completamente il fondamento di quella mera presenza e che a conti fatti ci-che-sta-davanti, o meglio, ci che viene rappresentato come tale61; in questi termini si pu affermare che
57 58

C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., pp. 174-5. C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 175. 59 Ibidem. 60 M. HEIDEGGER, Che cosa significa pensare?, cit., pp. 110 ss. 61 M. HEIDEGGER, Che cosa significa pensare?, cit., pp. 208 ss. 94

nellintendimento della filosofia occidentale post-platonica, il pensiero diviene62: nel cartesiano cogito ergo sum, allapice del suo frastagliato ma organico percorso storico, il cogito corrisponde ad un non-sapere, ed anzi addirittura ad un confuso e disorganico agitare concetti, sino alla drammatica constatazione per cui cogito=non entia coagito, ergo non sum63. In conclusione e per estensione, lidea platonica postulando il non-essere terrestre, aveva condotto allimmanenza di pensiero e nonessere, e quindi, implicito il non essere nel mio dire, io posso ormai fingere la sostanzialit alla qualunque cosa chio dica64. Si pu sostenere pertanto che lavvilupparsi di pensiero e realt giunga nel suo intricato avvolgersi sino ad un punto ad un limite ad un confine estremo65. O il pensiero, come la colomba di Kant (ed altres come il mechanema di Platone ne La persuasione e la rettorica66) tralascia il reale per volare pi in alto, allinsegna di una ricerca di ulteriorit, e per una insaziabile urgenza di irrealt che potrebbe corrispondere a certo pensiero utopistico che nega la realt del qui ed ora e che tende per questo allirrealt dellartificio attraverso il pensiero del non-ancora che pensiero del non-essere; oppure, conscio dei suoi limiti ed altres delle potenzialit del reale, il pensiero medesimo decide di compenetrarlo, il reale, la cosa, la res, per ottenere da questa ri-unione pi saldi benefici, al fine di ribadire che lunico fondamento di tutte le cose immutabile, unico, originario: lessere. Quel confine, quel limite, che un confine ed un limite del pensare, potrebbe corrispondere proprio alla linea tombale del pensiero stesso: en suma, que de ser la gran solucin, la inteligencia se nos ha convertido en el gran problema67. 4. A ogni momento si forma il mondo umano: lindividuo, la sua vita Lindividuo vive per la libert o meglio vive di quella libert che caratterizza lo spontaneo destreggiarsi dellesperienza umana. Le parole dordine i motti della filosofia capograssiana sono proprio ogni momento laurora dellazione, a ogni momento si forma il mondo umano, ed allo stesso tempo, ogni momento della vita contrassegnato dalla volont di scoprire e di costruire lazione, quellazione che unita alla relazione allemozione alla necessit sono il perenne cominciamento dellesperienza e quindi della realt: ogni momento lindividuo nello stato di natura, per cos dire, della sua libera vocazione, del profondo incanto dei grandi interessi e delle idee che danno valore alla vita68. Luomo conosce e vorrebbe conoscere nel senso di possedere ci che viene conosciuto, infinitamente, e come la colomba kantiana, vorrebbe estendere a tal punto
62 63

C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 61. Ibidem. 64 C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 183. 65 Ci si pu legittimamente domandare se questo confine corrisponda alla Linie di Heidegger e Junger: E. JNGER-M. HEIDEGGER, Oltre la linea (1949-1955), trad. it., Milano 19985. 66 C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., pp. 66 ss. 67 J. ORTEGA Y GASSET, Historia como sistema y otros ensayos de filosofia (1935-41), Madrid 2003, p. 73. 68 G. CAPOGRASSI, Introduzione alla vita etica, cit., p. 68. 95

le possibilit di conoscenza, sino ad ignorare i motivi che lo rendono umano (e che rendono umano il suo stesso conoscere), senza rendersi conto che proprio quei motivi ne determinano la vita. Vita finita, certo, ma non per questo meno meritevole di essere vissuta, dacch ogni singola vita un punto unico irripetibile del creato. Luomo ha questo limite, luomo questo limite. Larena dei fitti rapporti nei quali simmerge lo consolida nellimpressione chegli stesso gi possiede della sua propria umanit, ed anzi lo rafforza perch nel gruppo egli sente lunit. Unit dei rapporti unit dellumanit unit dello spirito. Unit nel contrasto e nellunione. Luomo e la societ sono, dapprincipio, unit, e per di pi unit perfetta69, unit non bisognosa daltro che di s stessa in virt del suo aver tutto in s70, come luomo persuaso di Michelstaedter. Al principio dellazione umana, in quellaurora in cui lazione sorella del sogno, non c che unit: a partire dallunit dellesperienza, si direbbe con Gustavo Bontadini, perch luomo sperimenta lunit di s stesso con le cose e con gli altri, nella presenza del mondo sensibile, nellesser presente che caratterizza ogni ente in quanto res, in quanto reale71. Una presenza che differisce in modo cos sostanziale dalla rappresentazione della presenza che caratterizza il cogito moderno: luna unit del mondo delluomo delle cose, laltra molteplicit pluralit ed infine dissociazione di elementi irrelati. Nellunit dellesperienza, nellunit degli elementi si forma il mondo umano della vita, che non nientaltro che il mondo degli uomini il mondo storico quale ci si presenta allo sguardo, la quotidianit della relazione umana: un evento si direbbe (perch la vita un evento!) che non ha bisogno di alcun tipo di rappresentazione per esistere perch la sua stessa sussistenza fa intrinsecamente parte della vita umana e della sua connaturata libert nel senso di naturalezza e di immediatezza. proprio e connaturato allesser uomo il vivere insieme agli altri uomini sperimentando ad ogni momento la naturalezza della vita. Quel mondo umano della vita quellistinto naturale alla vita ed alla relazione messo seriamente in discussione da unidea da un concetto che in tutti i campi ha messo in evidenza linsussistenza dellindividualit e della spontaneit come principio ordinatore della vita e quindi dellassociazione umana. Il pensiero moderno proprio quellidea e quel concetto che ha negato il presupposto per cui lindividualit in quanto immediatezza e naturalezza costituisce il principio della vita, e quindi ha per ci stesso negato luomo. Per il pensiero moderno ogni individuo lesatto contrario della spontaneit, ogni uomo una parabola crescente che prospera e si sviluppa proporzionalmente allestrinsecarsi dellinsoddisfazione per il reale, e quindi ogni molteplicit di individui portata di per s a tendere allespansione oltre s stessa ed oltre il reale, sino al superamento dei limiti imposti dal pensiero. Semper plus ultra. Quelluomo irrequieto e anonimo, quel dato statistico, diventa per lo Stato
69 70

G. CAPOGRASSI, Introduzione alla vita etica, cit., p. 71. C. MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, cit., p. 164. 71 G. BONTADINI, La funzione metodologica dellunit dellesperienza (19462), ora in G. BONTADINI, Conversazioni di metafisica, I, Milano 1971, p. 36. 96

e prima ancora per gli altri uomini, mera disponibilit, un astratto paradigma di forze, unastratta capacit di obbedienza, una forza puramente passiva, forza puramente passiva di adesione emozionale72. Lindividuo disponibile, ed , passivamente, ci che viene deciso che sia. La coscienza mortificata, avvilita, de-individualizzata, resa inoffensiva ed infine, offesa. Di qui, si direbbe con il Rosmini tanto caro a Capograssi, il tema del risentimento giuridico: risentimento per la coscienza offesa per la persona tradita per la vita oltraggiata. Rosmini di ci parlando proprio esattamente sosteneva essere il diritto un complesso che nasce da quel dovere morale che cimpone di non far male a persona73; con il che riconosceva la spontaneit di quel sentimento del diritto, un impulso universale che nasce da un dovere morale cos elementare cos primario da risultare uno tra i sentimenti pi diffusi come sono lamicizia lamore il fastidio la diffidenza lantipatia. Con una parola immediata e di pronta cognizione: un bisogno. Un sentimento che quando viene violato quando cio quel dovere morale non viene sentito adeguatamente ingenera risentimento, quel risentimento che luomo dimostra quandegli persuaso che si offendono i suoi diritti74, che in particolare vi ha solo allora che altri soffre perch gli impedita la libert75, perch la libert cos naturalmente intrinseca alluomo alla sua umanit da risultare elemento ad essa coessenziale. Libert in quanto vita. La teoria del risentimento giuridico di cui si parla, per come stata posta e proposta in effetti ha il merito di richiamare lattenzione sul primo momento in cui il diritto si forma, che il momento in cui lindividualit si sente offesa in quellespandersi che la sua vita, il suo personale compiersi storicamente, nellesistenza, con lesistenza76. Tutto ci non sarebbe possibile se non laddove il diritto visto quale sviluppo dellindividuo che progredisce nella sua personalit, non quale elemento statico, quasi ricevuto passivamente dagli individui come tali77, in unidea in unintuizione del diritto come attivit cio del diritto riportato al livello dellindividuo e della sua azione, in una linea immaginaria che unisce Vico a Romagnosi a Ferrari a Capograssi. Unidea per cui il diritto farsi, sforzo costante o almeno sforzo reale col quale luomo fa la sua propria vita la sua propria umanit, nel senso che la scopre in s stesso e negli altri con cui instaura la relazione, che sono uguali a lui in questo fare in questo preciso eppur paradossalmente indefinito fare luomo. Fare luomo in quanto farsi del diritto in quanto il diritto un fatto

72 73

G. CAPOGRASSI, Il diritto dopo la catastrofe, cit., p. 483. A. ROSMINI-SERBATI, Filosofia del diritto, I, Milano 1841, p. 370. 74 A. ROSMINI-SERBATI, Filosofia del diritto, cit., p. 371. 75 Ibidem. 76 P. PIOVANI, Linee di una filosofia del diritto (1964), ora in P. PIOVANI, Per una filosofia della morale, Milano 2010, pp. 553-4. 77 P. PIOVANI, Linee di una filosofia del diritto, cit., p. 553. 97

delluomo, nel senso dellattivit di realizzazione della persona e nel senso di resistenza, con Vico, ai torti subiti. Il diritto come realizzazione e come opposizione. Vico spiega: propriet dei forti gli acquisti fatti con virt non rillasciare per infingardaggine, ma, o per necessit o per utilit rimetterne a poco a poco e quanto meno essi possono78; il diritto, cio il sentimento del diritto, nasce dapprima come realizzazione del proprium delluomo, e poi come difesa come attivit volta alla difesa della stessa persona da ci il risentimento per le violazioni e quindi la forza resistente dimostrata attraverso il risentimento. proprio per questo motivo, ribadisce Pietro Piovani, che il diritto lattivit volta alla creazione di mezzi idonei ad impedire attentati allespansione dellindividualit che si compie nel mondo storico79. Il diritto difesa: difesa delluomo dellumanit della necessit ad essa intrinseca di provare a farsi e quindi a diventare s stessa secondo lantico oracolo che a Delfi pronunciava diventa ci che sei. Di qui lidea che il diritto (inteso in quanto attivit) di per s stesso ostacolo freno katechon da opporre alle invasioni barbariche colle quali il medesimo diritto, nella sua degenerazione totalitaria avrebbe negato nella storia pi recente (ed anche attualmente nel nostro presente vivere la cronaca) o addirittura travalicato violentato ed offesa lumanit80. Il diritto in questo senso difesa dalla barbarie, dispositivo antibarbarico. Il diritto un mettere-in-salvo che nella sua struttura somiglia proprio al velamento-salvamento di cui ha parlato Heidegger a proposito della dimenticanza del senso dellessere. Ci che stato dimenticato, e quindi sotterrato ma proprio per questo salvato stato proprio il concetto di persona. Quando il diritto perde o disperde la sua ragion dessere, e cio il suo essere ostacolo, difesa, quando il diritto dimentica il suo statuto che coincide in assoluto con la messa in salvo della persona, allora luomo diviene quella forza disponibile a qualsiasi utilizzo a qualsiasi scopo da parte della struttura da parte dello scopo esogeno e per finire, da parte delle istituzioni. Ed ecco, quindi, in tutta la sua forza, la crisi. Crisi delluomo dello Stato del diritto. Crisi del pensiero. Crisi come dimenticanza e come velamento, nascondimento. Crisi che devessere studiata interpretata e quindi valutata (krino): ecco lelemento della critica, del giudizio della distinzione. La critica costruisce, ed anche la crisi, quindi, pu corrispondere ad un momento di costruzione, di edificazione, ecco il lascito capograssiano. Nella crisi si rinnova la forza delluomo, lostinazione dellessere umano che sente pulsare nel cuore il desiderio di rinnovamento di cambiamento, di critica. Nella critica, e quindi nel giudizio sullo stato di crisi si rinnova la fede nel diritto che fede nelluomo.
78 79

G. VICO, La scienza nuova (1725), LXXXI. P. PIOVANI, Linee di una filosofia del diritto, cit., p. 554. 80 Si riferito al tema della barbarie, ad esempio J. ORTEGA Y GASSET, La rebelin de las masas (1947), Madrid 2003, p. 253. 98

Il diritto in quanto ostacolo infatti, mette in salvo luomo nel sentiero che attraversa e travalica il luogo di crisi. 5. Lidea, lutopia, lumanit Si potrebbe quasi pensare che, di contro alla diffusione ed esegesi crociana e gentiliana della dottrina idealistica di inizio Novecento, Giuseppe Capograssi faccia camminare sulle proprie gambe lidea hegeliana (per un paradosso del marxismo ed ironia della storia, questa concretizzazione avviene nella luce dei Vangeli), che si trasforma o meglio si incarna nelluomo comune, nella coscienza comune, nelle decisioni della vita di ogni giorno, come se tutta la vita dellidea hegeliana fosse un eterno romanzo di Raymond Queneau ed ogni suo singolo istante esistenziale un breve feulleiton della domenica. Lidea quindi divenuta uomo, si fatta uomo, si fatta carne nervi sangue muscoli: concreta e sussistente umanit; ed luomo, o meglio lindividuo ad immedesimarsi nella struttura razionale della vita e della storia, che infatti da quella coscienza deriva. Il farsi delluomo corrisponde al farsi dellidea, ed proprio, a conti fatti, il farsi dellidea, e quindi della storia e del mondo. Parallelamente, il fatto del pensiero la coscienza; la coscienza un fatto insomma, e come tale devessere messa nella giusta relazione con il diritto: perch la coscienza, cos come lazione che ne discende, fa parte dellesperienza allo stesso modo in cui i fatti costituiscono il diritto. Lo Stato non che un momento dellesperienza giuridica complessiva, quellesperienza che ha gli stessi limiti che ha luomo, perch lesperienza una funzione delluomo e della sua volont. Quando quello Stato sommerge lesperienza e quindi luomo con la sua autorit, si verifica la condizione per la quale luomo viene annientato, lesperienza viene assimilata al comando statuale, la legge impera, la coscienza perisce. Ogni vita umana un momento irripetibile della creazione, ed in quanto tale non pu essere assimilata a nessuna altra, n pu vedersi ridotti i margini di spontaneit che ne caratterizzano lorganizzazione si direbbe la struttura interiore. Se non fosse che, per effetto del pensiero moderno e del suo tenace ed intrigante magnetismo, luomo moderno e soprattutto luomo contemporaneo, seppur non rinunci nellanimo (e quasi in segreto seguendo la lezione koselleckiana) alla sua profonda sensibilit e spontaneit che semplicemente umanit, si sente attratto dalle sirene della futilit e della frivolezza, di una vita condotta con leggerezza e disattenzione81. Da un lato, infatti, luomo contemporaneo sente di aver bisogno di punti fermi (eguaglianza, amicizia, speranza, secondo Capograssi82), dallaltro, linclinazione verso la futilit () spinge lindividuo a disperdersi nella sensazione immediata, a perdere il pensiero e il ricordo di s stesso e del suo destino83. Qual miglior ambientazione per uno sfruttamento dellincertezza individuale da parte delle
81 82

In tal senso si era gi espresso magistralmente M. HEIDEGGER, Essere e tempo, cit., pp. 205 ss. G. CAPOGRASSI, Su alcuni bisogni delluomo contemporaneo (1955), ora in G. CAPOGRASSI, Opere, V, Milano 1959. 83 G. CAPOGRASSI, Su alcuni bisogni delluomo contemporaneo, cit., p. 543. 99

istituzioni, che possono profittare cos della situazione di debolezza per utilizzare luomo come fosse mero e servile paradigma di disponibilit? Ecco lincrocio presso il quale Capograssi e Michelstaedter si tengono per mano. La critica strutturale del pensiero moderno, permette a Capograssi di riconoscere il limite di ogni teoria morale, politica e giuridica che non tragga spunto dallesaltazione del proprium dellessere umano. Michelstaedter avrebbe detto della persuasione. E con ci, lo studio del limite serve a dimostrare la naturale inclinazione di quelle teorie verso la mortificazione, lavvilimento, la de-individualizzazione, ed infine loffesa delluomo in carne ed ossa, quando la teoria morale diventa pratica di governo, come fu nel corso della catastrofe totalitaria divenuta guerra. La guerra stessa non che il punto finale di un abbrivio, appunto iniziato dal pensiero moderno, che ha negato sin dal principio lumanit del mondo umano della storia. Della parola utopia, con Michelstaedter e Capograssi abbiamo percepito il non: il non-essere-un-luogo, ma anche il non-essere-ancora e il non-essere-pi. Non che indica il volere o non volere essere, ma anche il potere o non poter essere. Il non come crisi, come negazione e quindi come mancanza come momento cruciale dellesperienza morale delluomo contemporaneo. Il non dellAufebhung hegeliano, e che a dispetto della dialettica triadica, per, non sfocia mai in una sintesi, uno dei momenti del vivere perch lidea, come si detto, vita nella storia. Volere o non volere. Voler fare o non voler fare. Non ci sono altre possibilit. Tertium non datur. Luomo contemporaneo porta a termine il procedimento che lha forgiato e fissa la vita in un semplificato vivere/non vivere, fare/non fare. Tutta la complessit del reale passa attraverso queste colonne dErcole (delle dicotomie). Le quali a loro volta vivono un infinito regressus, perch la semplificazione dicotomica si contrappone, dicotomicamente, alla complicazione pluriversale allimpazzimento del mondo e delle cose, che, appunto, possono perdere ogni punto di riferimento, punti dicotomici compresi. Nello sterminato campo dei fini immediati e delle volizioni particolari non ci sono punti di riferimento. Nemmeno le dicotomie. Ed anche questa sembra essere una dicotomia. Valgono le considerazioni svolte a proposito dellirrappresentabilit o inenarrabilit del reale in quanto cifra della catastrofe e della crisi dellesperienza attuale che da una catastrofe deriva. Come accade in Gorgia da Leontini, il nonessere e quindi il reale, la res, se anche fosse e se anche fosse pensabile, non sarebbe comunicabile. La realt cui fa riferimento Benjamin a proposito della Prima Guerra mondiale una realt che corrisponde veramente al non-essere nel senso pi deteriore (e ovviamente non metafisico). Parrebbe quasi che Capograssi usa lhegelismo per estinguerlo. Ed anzi, probabilmente lobiettivo della filosofia dellesperienza capograssiana pi ambizioso di quel che sembra a prima vista perch superare Hegel significa ripensare la dialettica e quindi, in senso ampio, la struttura del pensiero. Significa mettere in
100

discussione la pervasivit della coppia reale-razionale e riaffermare lemblematicit del rapporto essere-pensiero. E quindi tornare a Michelstaedter (e per il suo tramite a Parmenide). Ci che rimane, al di l di Hegel, proprio la tensione che si vista nei ragionamenti velocemente raggruppati nelle precedenti pagine; tensione per unanalisi della crisi che si fa utopia perch rivolta alle possibilit delluomo, alle possibilit che luomo storico luomo della cronaca ha di salvare il suo mondo ed il suo vivere. Ed soltanto in questa appassionata difesa della vita che appunto difesa del vivere, che la filosofia del diritto si fa filosofia della vita e quindi inno alla vita, e con la parola del Poeta, inno alla gioia. Solo cos la filosofia dellutopia diventa filosofia del qui-ed-ora in quanto difesa del luogo della parola e in ultimo dellessere.

101

102

Spazi e dimensioni nella letteratura utopica vittoriana


Marianna Forleo Abstract
In the last centuries, the relationship between science and literature has had numerous manifestations. One of the most interesting aspects was the use of the scientific language in utopian Victorian texts. The analysis of Flatland, a Romance of Many Dimensions by Edwin Abbott is a starting point for the description of utopian cities, where literature uses science as a technical tool for the explanation of the world. Science becomes a clear metaphor of a rational organization and strategic element for spreading subliminal messages. The combination between utopia and science can seem exclusively a theoretical and philosophical relationship, but in reality, it is only a tool to approach the utopian practice. The main feature of utopian texts is its criticism of society, which is made possible only if hidden in metaphorical terms. Indeed, Flatland, as many other mathematical utopias, presents itself as a multidimensional text. The use of geometric structures for the description of utopian spaces allows several interpretations. Science and literature intertwine throughout the text but nevertheless keep their own distinct features.

Nel periodo vittoriano il genere letterario dellutopia esplode come metafora di un rinnovamento della societ, ed indice dei bisogni di evasione dalle realt presenti e di organizzazione di quelle future, liberando lindividuo dal mondo conosciuto per collocarlo in una citt ideale sconosciuta, nella dimensione dellimpossibile. una geografia della letteratura in cui passato e futuro si intrecciano e la vita della comunit si svolge in una dimensione temporale che un presente infinito. Leducazione del cittadino ha unimportanza fondamentale nelle organizzazioni sociali utopiche, in cui le istituzioni politico-sociali sono immutabili ed esercitano uninfluenza molto forte sui singoli; generalmente c una forte geometrizzazione dello spazio urbano, con una particolare ossessione per la simmetria1. Alla fine del secolo scorso in Inghilterra questo genere si accosta ad altre sperimentazioni letterarie; in seguito alla speculazione scientifica di Charles Darwin che culmina ne LOrigine della specie, fiorisce nello stesso periodo anche una
1

La bibliografia sullargomento vastissima; in questa sede ci si limita a segnalare, tra i contributi pi significativi quello di Vita Fortunati, La Letteratura utopica inglese. Morfologia e grammatica di un genere letterario, Longo, Ravenna, 1979, Arrigo Colombo, LUtopia. Rifondazione di unidea e di una storia, 1997; Baccolini, R:, Fortunati V., e Minerva, N., Viaggi in utopia, Ravenna, Longo, 1996 e il Dictionary of Literary Utopias a cura di V. Fortunati e R. Trousson, Paris, Champion, 2000 oltre Luigi Firpo, Appunti sui Caratteri dellUtopismo, e Aldo Maffey, Tipologia dellUtopia, entrambi pubblicati nel volume miscellaneo LUtopia e le sue Forme, a cura di Nicola Matteucci, Il Mulino, Bologna, 1982. 103

letteratura fitta di fantasie scientifiche, presentata spesso come favola, per divulgare la portata delle nuove scoperte scientifiche. Flatland, a Romance of Many Dimensions2 (1882) di Edwin Abbott Abbott esemplare della ibridazione delle due correnti; il gioco matematico una favola, utopia positiva e ottimista, in cui la scienza metafora della cultura e della societ inglese del tempo. A Square, un quadrato, ci narra le vicende di un mondo limitato tra due assi cartesiani, un piano infinito su cui giacciono figure geometriche delimitati da contorni luminosi. La struttura fisica di Flatlandia segue le leggi proprie della geometria del piano. Il paese non ha altezza, sottoposto solo da una forza gravitazionale esercitata dal sud, punto cardinale fondamentale, Upwards, not Northwards3 la differenza sostanziale tra il nord e laltezza, il concetto che le figure sul piano non colgono perch mancano loro le strutture mentali per concepire la terza dimensione. Una luce eterna confonde il giorno e la notte e penetrando nelle case da un punto sconosciuto rende il paese privo di sfumature e chiaroscuri, un mondo senza ombre netto e inesorabile. La societ del Piano strutturata come una piramide basata sulla complessit di configurazione delle figure: al gradino inferiore c il Segmento-Donna, umiliata e derisa perch totalmente priva di angolo, segno a Flatlandia di una intelligenza razionale e quindi patrimonio esclusivamente maschile, al gradino successivo ci sono i Triangoli Isosceli, con angolo acuto e pericoloso, considerati classe inferiore in quanto figure non ancora regolari, quindi i Triangoli Equilateri, che rappresentano la classe media; i Quadrati, la borghesia; i Poligoni regolari, la nobilt, il cui prestigio aumenta in misura proporzionale allaumento del numero dei lati, salendo nella scala sociale. Al vertice dellorganizzazione sociale ci sono i Cerchi, Sommi Sacerdoti e organizzatori di tutte le Arti e le Scienze. Questi detengono il potere e impongono leggi durissime e irrevocabili che garantiscono a Flatlandia un governo oligarchico al riparo da ogni pericolo di rivoluzione; mantenendo la societ in una condizione di immobilismo politico. Ai margini della societ vi sono le Figure Irregolari, irrazionali nella forma e nel comportamento, creativi, imprevedibili, anarchici. Alla descrizione della vita quotidiana sul Piano segue quella dei tentativi di rivoluzione delle classi inferiori generalmente capeggiate da poligoni irregolari repressi e invidiosi del potere dei Cerchi; A Square racconta che il Cromatiste, Pentagono irregolare, scopr le componenti dei colori pi semplici, iniziando cos il paese alla pratica della pittura. Lanarchia e la confusione dettata da un nuovo arcobaleno portarono ad una momentanea apparizione dellArte, che sino ad allora a Flatlandia era stata solo geometria e luce bianca. Durante questa rivolta Cromatica ogni Figura si dipinse, e unIrregolare intu che le Donne e i Cerchi, rispettivamente alla base e allapice della piramide sociale, se dipinti degli stessi colori si sarebbero confusi; ci avrebbe potuto instaurare sul Piano unorganizzazione sociale egualitaria. La sommossa venne subito sedata dallintelligenza dellangolo acuto dei Cerchi che
2

Abbott E. A., Flatland, a Romance of Many Dimensions, Seeley & Co., 1884; le citazioni sono tratte dalla traduzione a cura di Masolino d Amico per la casa editrice Adelphi (1993). 3 Abbott E. A., Flatlandia, ed. cit., p. 91. 104

prevalse sulla moltitudine di figure ottusa alleata con lIrregolare, riportando cos a Flatlandia lordine razionale e geometrico4. Nel periodo in cui Abbott scrive le sue elucubrazioni geometriche lInghilterra lepicentro di una rivoluzione scientifica e culturale; lenergia allo stato puro subisce una serie di trasformazioni; lenergia termica diventa meccanica ed elettrica e viene cos introdotto un massiccio uso delle macchine a vapore che sconvolge i canoni della realt rurale, la cui sopravvivenza dipendeva incondizionatamente dai cicli stagionali. Luomo instaura un nuovo rapporto con la natura attraverso la macchina, e dallindustrializzazione scaturisce una rivoluzione sociale che sconvolgendo le gerarchie secolari e i rapporti umani porta con s una nuova immagine del mondo. Con la massiccia immigrazione delle popolazioni contadine il paesaggio rurale adbica ai grandi centri urbani e la standardizzazione delle strutture e la sincronizzazione dei tempi e dei comportamenti conseguenza del passaggio dalla campagna alla fabbrica, luogo di produzione e di lavoro che sostanzialmente coincide con il luogo di vita. Questo cambiamento strutturale coinvolge lInghilterra dellepoca in una trasformazione culturale che modifica la percezione della realt e delle sue coordinate spaziali e temporali5; per gli osservatori del secolo, che descrivevano la nuova realt urbana, le trasformazioni degli spazi rappresentarono il primo, evidente segnale dellesistenza di una societ massificata. Il grigiore della nuova realt sociale gi minutamente descritta nelle opere di Dickens, Wilde, Shaw, che ne presentano unimmagine uniforme, ma anche nella letteratura utopica vi sono chiari riferimenti alla organizzazione sociale del tempo e ai mutamenti in corso. Esemplare in questo senso lutopia Erewhon (1872) di Samuel Butler che descrive uno stato utopistico, satira ai concetti vittoriani di societ, dovere morale e religione6. Il testo di Abbott uno specchio delle contraddizioni dellepoca; in particolare la perfetta corrispondenza tra vita politica e vita sociale che segnava la societ industriale nella corrispondenza geometrica del piano di Flatlandia. Non a caso la piramide sociale del Piano ricorda lorganigramma della fabbrica inglese e la sua struttura organizzativa rigidamente gerarchica che rispecchiava una divisione sociale del lavoro e dei ruoli. La fabbrica taylorista, come Flatlandia, un microcosmo che non interagisce con lesterno e che validata da regole scientifiche efficienza, standardizzazione, pianificazione e controllo ignorando del tutto gli aspetti umani e creativi dellorganizzazione. LOrganizzazione Scientifica del Lavoro teorizzata da Friedrich Taylor, imponendo un modello di lettura unico della realt sostiene il primato assoluto dellorganizzazione su ogni componente, e si propone come teoria scientifica universale valida in tutti i contesti organizzativi e in tutte le epoche; nello stesso modo la societ di Flatlandia legittima il concetto di one best way taylorista

4 5

Forleo, M., Lordine regna a Flatlandia, in Sapere, n. 4, aprile 2004 Per unanalisi storico-culturale del fenomeno della Rivoluzione Industriale in Inghilterra si veda in particolare: Hobsbawm E.J., Industry and Empire, Penguin, 1968; Ashton T.S., The Industrial Revolution, Oxford, 1948; Williams R., The Country and the City, London, 1972. 6 Marroni, F., Erewohn, testo e specchio di un mondo alla rovescia in Il paradiso delle macchine, utopia e fantascienza nel regno della regina Vittoria, La citt e le stelle, n. 4, 1985-86 105

nelle regole della geometria euclidea piana, e non considerando logiche di carattere emotivo o contingente, afferma il primato del sistema sul singolo7. Nellet industriale anche il concetto di dimensioni acquista una nuova valenza; lo spazio industriale subisce una traslazione; lo spazio non pi quello aperto e infinito delle campagne, ma si chiude, si delimita; lo spazio industriale coincide unicamente con gli spazi limitati fisicamente dei reparti della fabbrica, in cui luogo di lavoro e luogo di vita coincidono. Lunit aristotelica di luogo di tempo e di azione della fabbrica inglese di fine secolo la stessa dellutopia del regno del Piano. I riferimenti allet vittoriana sono dunque molteplici nel testo; langolarit come destino sociale e la configurazione accettata come ordine naturale e morale a Flatlandia sono chiara satira della societ inglese, assolutista e autocelebrativa; il rifiuto di riconoscere le ragioni sociologiche del comportamento morale delle figure e le durissime leggi cui sono sottoposti gli Irregolari rispecchiano il conformismo e la rigidit della societ inglese che, malgrado lapparente stabilit, in realt agitata da grandi fermenti. Del resto leggendo la descrizione della spaccatura sociale e culturale tra la moltitudine di plebe Isoscele e i Cerchi viene in mente il celebre passo di Sybil 8 in cui Benjamin Disraeli, Primo Ministro in carica durante il regno di Vittoria, definisce il Regno Unito come un paese diviso in due nazioni, completamente estranee luna allaltra; quella dei ricchi e quella dei poveri, in un momento in cui la questione sociale si impone in tutta la sua gravit ed vista come una minaccia. Nello stesso modo anche leccessivo numero di triangoli Isosceli arreca problemi allequilibrio politico di Flatlandia perch, nonostante la loro minima angolarit non permetta loro un ragionamento razionale sufficiente a definire una posizione sociale stabile, spesso questi sono guidati da figure irregolari che con unanalisi lucida dello schema sociale tentano di sovvertire il potere costituito. Il racconto di Abbott sembra qui echeggiare le vicende del Movimento Cartista inglese, risoltosi in un fallimento9. La rivoluzione del colore a Flatlandia quasi una parodia della storiografia del periodo; anchessa fallita per leterogeneit delle figure ottuse, si risolve in un eccidio in cui il caos prende il sopravvento sullarmonia dellArte. Ma dopo la clamorosa arringa del Cerchio sofista Flatlandia viene ricondotta allordine e, con misure punitive durissime che ricordano il Terrore francese, si ritorna allequilibrio geometrico delle classi e alla razionalit, con lepurazione dei triangoli Isosceli e lassoluto divieto di nominare la parola colore. Numerosi sono i livelli del testo e su pi piani si articola il complesso messaggio affidato al racconto. essenziale losservazione che A Square, il Quadrato narratore, cela gi nel nome quella pluralit di livelli matematici e filosofici che rende lopera cos densa di significato: Edwin Abbott Abbott egli stesso una sorta di
7

Si veda Taylor, F. W., Principles of Scientific Management, 1911, e anche Weick, K. Senso e significato nellorganizzazione, Raffaello Cortina editore, Milano, 1997. 8 Disraely B., Sybil, or the two nations, Paperback, 1981 9 Si veda Bedarida F., LEt Vittoriana, Garzanti, Milano, 1978; Fortunati V., La Letteratura Utopica Inglese, cit. 106

Abbott al quadrato10, A Squared; qui lidentit di autore e narratore sposta il racconto dal piano meramente fantastico a quello della narrazione autobiografica11. Lutilizzo di categorie matematiche in un testo letterario ha sempre una forte valenza evocativa, in quante queste si riferiscono ad un sistema coerente di regole condivise e rivelano chiare capacit semplificative. La scelta apparentemente bizzarra di utilizzare un linguaggio scientifico per la descrizione di questo non-luogo ( ) sicuramente coerente con le istanze del dibattito scientifico del tempo ma anche dettata dalla possibilit di veicolare messaggi subliminali con la metafora geometrica. Effettivamente la critica alle realt sociali una denuncia politica sopportabile per il sistema solo se elaborata in termini metastorici e in questo caso la geometria presenta un mondo apparentemente complesso ma in realt semplificabile e composto da strutture organizzative razionali. In realt in questopera la geometria si fonde con la rappresentazione utopistica ma non si confonde, acquistando una propria totale autonomia; il primo, e pi evidente dei livelli di lettura, quello su cui gli altri si fondano e del quale ogni altra lettura prende forma, infatti la narrazione del mondo geometrico del piano12. Ci ha destato un vivo interesse da parte degli scienziati, che hanno interpretato lopera in relazione alle speculazioni scientifiche del tempo attribuendogli anche una valenza che va al di l di quella puramente letteraria: nonostante ci la chiave di lettura pi idonea per apprezzare Flatlandia ci offerta dallautore stesso nella dedica dellopera allamico matematico Howard Candler: To The Inhabitants of SPACE IN GENERAL/ And H.C. IN PARTICULAR/ This Work is Dedicated/ By a Humble Native of Flatlandia/ In the Hope that/Even as he was Initiated into the Mysteries/ Of THREE Dimensions/ Having been previously conversant/ With ONLY TWO/ So the Citizens of that Celestial Region/ May aspire yet higher and higher/ To the Secrets of FIVE FOUR OR EVEN SIX Dimensions/ Thereby contributing/ To the Enlargement of THE IMAGINATION/And the possible Development/ Of that most rare and excellent Gift of MODESTY/ Among the Superior Races/ Of SOLID HUMANITY Dalla dedica evidente che il senso ultimo dellopera non sia da ravvisarsi esclusivamente nellipotesi di una nuova pliuridimensionalit, quanto piuttosto nel monito e nellinvito alla modestia come indispensabile criterio metodologico di analisi scientifica, collocando la conoscenza in un ambito amplissimo, ma non
10

Per approfondire i numerosi riferimenti matematico-logici del testo si veda Rucker R., La Quarta Dimensione, Adelphi, Milano, 1984; Emmer M., Mathland. Dal mondo piatto alle ipersuperfici, Testo & Immagine, Torino 2004; Banchoff T., From Flatland to Hypergraphics; Interaction with Higher Dimensions, in Interdisciplinary Science Reviews, vol. 15, n. 4, 1990, Dewdney A., Il Planiverso. Il computer e un mondo bidimensionale, Bollati Boringhieri, 2003; Imperiale, A. New Flatness: Surface Tension in Digital Architecture, Birkhauser, 2000. 11 Sulla questione si veda Lejeune P., Il Patto Autobiografico, Il Mulino, Bologna, 1986, in particolare alle pp. 11-50. 12 Boyd R., Kuhn T., Metaphor and theory change: what is a metaphor for?, in Metaphor and Thought, A. Ortony (ed.), 2nd edition, Cambridge University Press, Cambridge, 1993. 107

infinito, di applicabilit, in cui i limiti umani devono costantemente essere valutati in rapporto alla verit ultima, inconoscibile e trascendente, del Verbo divino13. Date tali premesse evidente che non esiste alcuna frattura tra lopera, cui i contemporanei di Abbott attribuirono probabilmente poca importanza, e che invece, per una sorta di ironia che la storia riserva talvolta alla sorte della produzione letteraria, ha consegnato ai posteri la fama del reverendo Abbott, e la produzione erudita, di alto impegno morale e teologico, che egli coltiv per tutta la vita. Si potrebbe addirittura parlare della assoluta tipicit di unopera apparentemente inusuale come Flatlandia nel panorama dellInghilterra vittoriana, in cui non sono poi cos rari i momenti di evasione fantastica della produzione letteraria, e in cui il fermento scientifico si accompagna alla sonnolenta tranquillit della societ borghese e puritana. Nonostante la molteplicit di livelli di lettura e lampia serie di riferimenti del testo indiscutibile come lopera approdi a un risultato limpido, chiaro e leggero.14 La societ del tempo affiora in una serie di riferimenti testuali che nei differenti piani di lettura dellopera trovano spazio e significato; ad esempio Flatlandia presenta una struttura oligarchica in cui la dimensione politica definisce i ruoli delle figure sul Piano che rende apparentemente la societ monoculturale. In realt biologicamente la specie geometrica di Flatlandia soggetta ad un singolare tipo di evoluzione: nel caso delle figure regolari ogni generazione sale di un gradino nella scala sociale, poich il figlio maschio ha sempre un lato in pi del padre; ma il numero dei figli inversamente proporzionale al numero dei lati delle figure, questa legge genetica peraltro confermata dalla quasi totale sterilit dei Cerchi15, che prefigura a Flatlandia una catastrofica fine16. significativo come il tipo di societ postulato da Abbott aderisca ai criteri enunciati dalle teorie evoluzionistiche di Spencer e Darwin solo pochi anni prima. La societ intesa come organismo vivente e come tale il risultato di un processo evolutivo; in tal senso pu essere letto il progressivo aumento del numero dei lati di padre in figlio. Daltra parte, anche suggestivo che in un contesto utopico come quello di Flatlandia le premesse teoriche darwiniane possano essere spinte fino alle loro estreme conseguenze logiche; i canoni imposti dalla societ geometrica stabiliscono una cultura di fissit e di morte; la
13

Jann R., Abbotts Flatland: Scientific Imaginaton and Natural Christianity, in Victorian Studies, Vol. 28, n .3, Spring 1985 14 Il termine qui usato nella accezione definita da Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane (Garzanti, Milano, 1988) di scrittura come metafora della sostanza pulviscolare del mondo che la rende straordinariamente fruibile da un pubblico vasto e differenziato. 15 Flatlandia, ed. cit., p. 48, Lascesa nella scala sociale della progenie dei Circoli non vincolata, come avviene tra le classi Regolari inferiori, dalla Legge di Natura che limita laumento dei lati a uno per ciascuna generazione. Se cos fosse, il numero dei lati di un Circolo dipenderebbe da una mera questione di pedigree e di aritmetica [...]. Ma le cose non stanno cos. Riguardo alla Propagazione Circolare, la Legge di Natura ha due prescrizioni contrastanti; la prima, che via via che la razza ascende nella scala evolutiva, tale evoluzione proceda con passo accelerato; la seconda, che nella stessa misura la razza diventi meno prolifica. Di conseguenza raro trovare un figlio nella casa di un Poligono di quattro o cinquecento lati, e comunque trovarne pi di uno impossibile. 16 Il fondamento geometrico di tale situazione dato dalla convenzionalit delle figure circolari, definite come dei poligoni con un numero infinito di lati. 108

perfettibilit assoluta delle generazioni infatti, inversamente proporzionale al numero di nuove figure, conduce a lungo termine alla estinzione della razza. Un altro aspetto in cui particolarmente evidente la molteplicit dei piani di lettura e di realt dellopera e in cui si scorge una modernit assoluta del pensiero di Abbott la descrizione della condizione della donna, ulteriore evidente metafora della condizione femminile nella societ vittoriana. Nonostante questa sia alla base della piramide sociale e allultimo gradino della gerarchia configurativa, lelemento su cui si basa la societ e geometricamente lelemento primo per la costituzione di tutte le figure. Del resto la donna-linea , come la donna dello Spazio, colei che d la vita, in un mondo portato biologicamente allestinzione; il germe rigeneratore che dentro di lei le impone di evadere dagli schemi geometrici per rinnovarsi e dare a Flatlandia la speranza di un futuro. La donna-retta di Flatlandia paradossale come paradossale il ruolo che ricopre sul Piano come nello Spazio, nonostante nella sua configurazione di semplice segmento rievochi lattributo maschile come forza e determinazione. Leducazione della donna definita prevalentemente dalla trasmissione orale di modelli di comportamento e cozza con listruzione rigorosa impartita ai maschi. La linea limmagine speculare della donna storica, come lo stesso Abbott ammette nella prefazione alla seconda edizione del testo17, alla donna non concesso possibilit di espressione universale; disprezzata ed emarginata dalla comunit cui di fatto appartiene e di cui elemento portante e fonte di vita, non le possibile prendere parte ad alcun dibattito culturale e intellettuale, da sempre privilegio maschile, ricopre ruoli scontati e non le concessa nemmeno la possibilit ipotetica di una vita alternativa. Once a woman, always a woman18; in questo motto evidente come la linea, al contrario delle figure che sperano in un riscatto futuro, sia collocata al di fuori di ogni tipo di legge evolutiva. La carica emotiva e passionale, che la rende ribelle al mondo schematico e diversa nel linguaggio e nei pensieri frutto di una configurazione estrema in cui per la sua totale assenza di angolarit le negata unintelligenza razionale e qualsiasi capacit deduttiva. Monodimensionale in un mondo bidimensionale la donna disprezzata e caratterizzata esclusivamente per la sua fisicit; lessere filiforme considerato formidable19 per i suoi estremi appuntiti e la necessit sociale delle vessazioni cui sottoposta deriva dalla sua pericolosit; a Flatlandia alla linea addirittura concesso di rendersi invisibile; magia possibile solo a chi, nel piano come nello spazio, fa uso dellImmaginazione. Per indicare la sua presenza la donna costretta quindi a far ondeggiare la parte posteriore del suo segmento e ad emettere il Grido di Pace per avvertire della sua posizione sul Piano e gi in questo schizzo della donna-segmento Abbott mostra lo stereotipo del comportamento femminile: landatura frivola e il continuo
17

Flatlandia, ed. cit., p.15, Scrivendo da storico, egli si identificato (forse troppo da vicino), con le opinioni generalmente adottate dagli Storici della Flatlandia (e come gli risulta dalle informazioni) persino della Spacelandia; nelle cui pagine (fino a tempi assai recenti) i destini delle Donne e delle masse umane sono di rado ritenuti degni di menzione, e mai di attenta considerazione. 18 Flatlandia, ediz. cit., p.36. 19 Flatlandia, ediz. cit., p.23. 109

chiacchiericcio che nei paragrafi successivi del testo sar bonariamente criticato. Del resto la societ di Flatlandia apre una netta separazione tra luniverso maschile e quello femminile e rende la donna unentit altra, diversa ed estranea rispetto al mondo dominante maschile. Sul Piano la differenza linguistica tra uomo e donna, presente gi nelle societ primitive, ma pi evidente nei paesi in cui lorganizzazione sociale implica una forte disparit sessuale20, fissata in una forma definitiva. La comunicazione verbale uno degli elementi che classifica gli individui e perpetra la segregazione femminile, erigendo barriere tra la lingua logica e quella immaginativa rispecchia la divisione delluniverso tra elementi maschili e femminili, sottolineata gi dallopposizione classica tra animus (lintelletto) e anima (lanima sensibile), presente anche in molte simbologie orientali nella complementariet di yin e yang21. Lunit dei due, ossia una unidualit relazionale in cui lumano si realizza appieno, testimoniata anche nelle Sacre Scritture in cui si considera la complementariet tra la donna e luomo dal punto di vista fisico, psichico e ontologico: ... Non est bonum esse hominem solum: faciamus ei adjtorium simile sibi22. Il linguaggio del gioco matematico e della razionalit geometrica netto e preciso, la scarna essenzialit delle formule ripudia i barocchismi e la retorica della comunicazione. Lintroduzione anche di un solo elemento dissonante in un sistema logico, quale il linguaggio emozionale femminile, se da un lato ne altera la rigida consequenzialit, dallaltro ne dilata le possibilit di sviluppo in direzioni nuove e incontrollabili23. I bambini si identificano con la madre e imparano da lei a parlare; ma come nello Spazio la rimozione di Edipo implica labbandono di ogni registro marcato come femminile e la scoperta del linguaggio-uomo con la conseguente identificazione con il padre, cos a Flatlandia allet di tre anni le figure abbandonano il linguaggio dellimmaginazione, il linguaggio della tenerezza con cui sono stati cullati, per imparare il lessico e lidioma delle scienze; momento, questo, che coincide con la perdita dei sogni dellinfanzia e la presa di coscienza delle leggi crudeli del mondo spartano di Flatlandia. Abbott uno dei primi a sottolineare limportanza di una societ a due culture; le figure concretizzano il razionale empiricamente descritto con un linguaggio scientifico preciso e relegano le propriet qualitative, non quantificabili e controllabili, nel mondo femminile, in cui non solo gli aspetti intuitivi della conoscenza, ma anche i concetti astratti come lamore e la lealt sono difficili da tradurre in un costrutto strettamente utilitaristico. Abbott pi di una volta sottolinea il pericolo di lasciar dominare una parte della personalit dallaltra; esaltando lequilibrio in Flatlandia mostra quindi lassurdit nella scelta dellassoluto razionalismo o della totale intuizione. La societ del Piano obbliga le donne a sottostare ad una serie di leggi che regolano il loro comportamento in pubblico. Relegate in casa e destinate alle faccende
20 21

Basti pensare alle strutture linguistiche della lingua araba. Capra F., Il Tao della Fisica, Adelphi, Milano, 1985. 22 Genesi; 2,18: Non bene che luomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile. 23 Cfr. Barrow, J. D., Perch il Mondo Matematico, Laterza, Bari, 1992. 110

domestiche, devono rispetto al marito e al figlio porgendo loro sempre la parte anteriore del segmento in modo da rendersi sempre visibili. La societ vittoriana allo stesso modo si presenta organizzata secondo criteri spiccatamente maschilisti; le donne facevano parte di una classe che lottava per il riconoscimento di uno status. Nellambito del matrimonio la donna era assolutamente dipendente dalluomo, e a questi soggetta, non aveva alcun potere di divorzio e di custodia dei figli qualora la coppia si fosse separata. Per limmaginario maschile la donna costituiva un oggetto di tentazione del tutto passivo, un riflesso del suo desiderio e delle sue necessit, inquietante fonte di ispirazione ma in s priva di capacit creative. In margine al gruppo dei Preraffaelliti, estetizzanti cultori del mito della femme fatale, la scrittura femminile si caratterizza come mezzo per affermare lidentit della donna e realizzare le sue aspirazioni; le poetesse vittoriane esprimevano il loro disagio e rivendicavano una la propria dignit per aprirsi un varco nelloscurantismo imperante24. In realt la concezione della donna in Inghilterra nei secoli ambivalente; basti pensare che la monarchia consente la discendenza per linea femminile e qui pi che altrove le regine hanno dato unimpronta significativa ad epoche storiche. Dopo il regno di Elisabetta I Tudor, in cui lo splendore del teatro reso possibile dal mecenatismo illuminato della sovrana, che dar il nome ad unepoca di grandi trasformazioni, let vittoriana si caratterizza sia per la grande espansione coloniale dellInghilterra che per lesasperazione di una concezione puritana, di cui la stessa Regina Vittoria assunta come simbolo. Questa guida morale del paese e trasmette un modello di vita familiare, la sovrana si pone come rappresentante dellopinione borghese adattando la personalit, i principi e i gusti della pi alta esponente dellaristocrazia ereditaria alle aspirazioni e ai valori della classe media25. La frequente insistenza sul fondamento convenzionale della norma vittoriana, secondo il quale linferiorit della donna naturale, parrebbe avallare laccusa di misoginia che fu spesso rivolta ad Abbott26; ma ad una lettura pi attenta risulta dellopera evidente come la rappresentazione della donna come segmento situato alla base della scala sociale non un modo di sminuire luniverso femminile ma di elevarlo ed apprezzarlo. Tale riflessione scaturisce da una lettura pi ampia che analizzi Flatlandia in rapporto ai mondi, dissimili ma contigui, di Linealand e Spaceland. La retta, che a Flatlandia posta sul gradino pi basso della vita comunitaria a Linealand al vertice, e lemotivit che sul Piano un segno negativo che sancisce linferiorit e la debolezza della donna, nello spazio invece un valore positivo e forte. La richiesta di una riforma dellistruzione femminile a Flatlandia dettata solo dalla possibilit che lintelletto delle figure possa indebolirsi per la costante ipocrisia del passaggio dal linguaggio femminile a quello maschile. Ben diverse le intenzioni pedagogiche di Abbott: leader riformatore del Womans Education
24

Basti pensare alla difficile condizione di donne e di artiste di poetesse come Elizabeth Barrett Browning, Christina Rosetti, Emily Bront, Elizabeth Siddal; a tale proposito si veda Rizzardi Perutelli B., Aracne. La sfida femminile alla poesia vittoriana Adelphi, 2001 25 Bedarida F., LEt Vittoriana, op. cit. 26 Cfr. dAmico M., Introduzione a Flatlandia, ed. cit. 111

Movement dellInghilterra del tempo crede fermamente nelle pari opportunit di istruzione per gli uomini e per le donne e fra tutte le classi sociali. Le donne erano state accettate a Oxford e Cambridge ma il loro accesso era ancora limitato 27. Il principio separate but equal ammetteva che le donne dovessero prepararsi nello stesso modo degli uomini ma non vi erano mezzi adeguati per ottenere questo scopo. Di ci Abbott discusse a lungo durante la Headmaster Conference. Molte ragazze, come la stessa figlia di Abbott, Mary, avevano potuto accedere alluniversit solo grazie ad una preparazione adeguata impartita in privato perch mancavano in Inghilterra delle strutture pubbliche. E proprio a quei genitori che volevano offrire alle loro figlie una preparazione ottimale per laccesso alluniversit era diretta lopera Hints for Home Teaching, pubblicata nel 188328. La convinzione di Abbott della effettiva eguaglianza degli uomini e delle donne ulteriormente rafforzata dal fatto che, nonostante la complessa struttura gerarchica descritta condizioni i rapporti sociali, sul Piano tutte le figure hanno la stessa rappresentazione visiva e sono percepite, in maniera pi o meno sfumata, come linee, e la chiusura mentale dei suoi contemporanei che ostacolarono le sue proposte riformatrici riguardo listruzione femminile ironicamente evocata nel testo, nel passo in cui le donne sono descritte come incapaci di comprendere leducazione impartita ai maschi29. Limprevedibilit femminile, manifestata da reazioni isteriche, da una diversit fisica e mentale un corpo sottile ma in realt pericoloso e aggressivo da un comportamento impenetrabile, da un linguaggio di contenuti e di essenze, incomprensibile e irrazionale, larma con cui la donna combatte la mancanza di identit che sul Piano le imposta, il ruolo scontato a cui relegata, che, a Flatlandia come nello Spazio, la esclude dalla storia e dalla cultura. Larma che la donna utilizza nel linguaggio dei sentimenti e dei contenuti, che si oppone drasticamente alla lingua formale delle scienze. Con questo linguaggio, che la allontana dalle figure ma con cui si ostina ad esprimersi malgrado linadeguatezza del suo codice alla geometria piana, la donna si rappresenta una realt diversa da quella geometrica, limitando i simboli matematici ad una parte del tutto. La satira sociale di Abbott si rispecchia, proprio attraverso le stesse contraddizioni, nella satira scientifica. La dicotomia tra i linguaggi e tra i due sessi la stessa tra le categorie matematiche che non lasciano spazio a dubbi o a interpretazioni e lidioma dellArte, che si serve invece dellambiguit e della fantasia per dare origine ad una empatia che non conosce limiti, una irrazionalit febbrile che fa da sfondo ad una patos condizionato solo dalla sensibilit soggettiva e dal desiderio di conoscenza30.
27

A tale proposito si veda Sex in Mind and Education, in Fortnightly Review per il 1874,a cura di Henry Maudsleyed Elizabeth Garret Anderson (il primo medico donna nellepoca vittoriana). Si veda anche Women and Marriage in Victorian England, in Marriage and Property, a cura di Elizabeth M. Craik, Aberdeen U.P., 1984, pp 159-189. 28 Abbott E. A., Hints on Home Teaching, Seeley, Jackson and Halliday, London, 1883. 29 Cfr. Banchoff, T., The Fourth Dimension and the Theology of Edwin Abbott Abbott , in A Seventh Conference on Mathematics from a Christian Perspective, Gene B. Chase editor, 1989, e Jann, R., op. cit. 30 Cfr. Wind E., Arte e Anarchia, Adelphi, Milano, 1983 e Piattelli Palmarini, M., I linguaggi della Scienza, Mondadori, Milano, 2003. 112

Il tema del viaggio, topos di ascendenza classica 31, elemento portante della seconda parte del testo e d luogo ad una pluralit di letture. Nella narrazione utopica la scoperta lincipit di una narrazione fantastica riportata dal viaggiatore; colui che scopre e narra, un occhio che scrivendo le proprie esperienze ne riconosce limportanza, evidenziando cos, utopicamente, quanto ancora pu essere scoperto e immaginato. In Flatlandia questi topoi letterari sono significativamente capovolti rispetto ai resoconti pi comuni di viaggi in isole sperdute o in terre esotiche; la vicenda non narrata dal viaggiatore, ma da colui cui giunge una visita inaspettata; come se la storia di Gulliver fosse raccontata dai Lillipuziani o se le avventure di Alice fossero raccontate dal coniglio. In realt il Quadrato non spettatore immobile, le sue visioni sono irruzioni improvvise del suo universo allinterno di altri universi, veri e propri viaggi nello spazio e nel pensiero, malattie dimensionali tra le righe di mondi sconosciuti. significativo evidenziare che le dimensioni del testo sono anche coordinate fisiche che definiscono una mappa, Flatlandia si sviluppa bidimensionalmente come una cartina, una planimetria; ma una caratteristica per distingue la cartografia della letteratura fantastica: le mappe delle terre inventate coincidono e abbracciano il territorio, ne disegnano i contorni e lo raccontano totalmente in tutte le sue caratteristiche senza filtri o convenzioni: la descrizione di citt fantastiche che, senza alcuna raffigurazione grafica, non avrebbero alcun modo di esistere. Le citt ideali sono proprio per questo quelle che meglio riescono ad evadere la costrizione dello spazio; ne Le citt invisibili la narrazione di Marco Polo, resoconto di viaggi attraverso citt che non esistono in nessun atlante, una traslazione nello spazio coincidente con un viaggio nel pensiero. Lo spazio invisibile per assurdo il pi tangibile, plasmabile, per-formabile, e la certezza che la rappresentazione dei luoghi invisibili descritti sia collocabile in un unico spazio, Venezia, data dalla necessit di conoscere i segreti di questi territori non noti. Le citt invisibili, tutte, coincidono con la mappa dellimpero mongolo che giace nel pensiero di Gengis Khan, in cui questi luoghi si intrecciano, coincidono e compongono lUniverso. La cartografia immaginaria di Calvino specchio della nuova globalizzazione economica e culturale che mette in luce una pluralit dimensionale e una infinita serie di livelli di realt a cui attingere, rimanendo legata ad elementi testuali ma slegata da riferimenti contestuali. Un particolare riferimento va invece ai discorsi utopici, in cui la dimensione politica si intreccia con la cartografia secondo un rapporto di interscambio. Il rapporto tra gli spazi delle citt e la dimensione politica nei secoli molto stretto, e di conseguenza nei disegni politici possibili della letteratura utopica si instaura un legame profondo, lorganizzazione spaziale si sviluppa come metafora politica. Le mappe sono strumento di mediazione tra la realt e il soggetto, ma per la definizione
31

Manganelli G., Un luogo un Linguaggio, in Flatlandia, ed. cit.; per ulteriori approfondimenti sullargomento si veda Ernst Robert Curtius, Letteratura Europea e Medioevo Latino, La Nuova Italia, Firenze, 1992 113

di utopia, per il suo carattere essenzialmente globale, premonitore e totalizzante, la rappresentazione figurativa dei discorsi utopici assolutamente fondante per garantirne la veridicit, ma non ammette approssimazioni; nelle mappe utopiche non sono contemplati filtri n interpretazioni n convenzioni grafiche perch non esiste la realt ma solo eventualmente la sua rappresentazione32. Ne consegue che tali geografie immateriali sono esatte per definizione, lunica realt che le utopie si possono permettere contenuta nella loro immagine, e la corrispondenza tra mappe e territori diventa, in questo caso, una coincidenza. La mappa nelle citt utopiche coincide esattamente con il luogo, come proiezione di un luogo-che-fisicamente-nonc; i livelli di realt rappresentati sono infiniti e lidentit tra disegno e luogo totale. La rappresentazione nelle utopie, organizzazione razionale e proposta di orientamento politico, tende ad una visione positiva del mondo, contrapposta al caos. Una mappa utopica de-scrive invece di circoscrivere, produce invece di ri-produrre; lo spazio, geografico e politico, non esiste, costruito come modello di perfezione possibile e auspicabile, per cui moltiplicabile, restringibile, non mai un possesso totale e bisogna continuamente individuarlo, designarlo, conquistarlo; si ha solo la percezione di poterlo identificare, di comprenderlo ma esclusivamente sul piano emozionale e si sviluppa solo nella mente di chi lo coglie nella sue peculiarit33. La conquista e lindividuazione di spazi nella storia come nel mito sempre elemento necessario per la acquisizione di identit e affermazione politica in un intreccio di luogo e non-luogo. La citt di Cartagine nella mitologia presentata nella sua origine di non-luogo intrecciando la citt utopica con la citt storica. Didone, arrivata in Africa, chiese al re Giarba un pezzo di terra per potervi costruire una citt. Il Re in segno di scherno le assegn tanta terra quanta ne potesse circondare con la pelle di un bue; Didone tagli la pelle in strisce sottilissime e si vide assegnata tutta la terra, affacciata sul mare, che lei pot circondare con le striscioline di pelle attaccate una allaltra. Lo spazio reale si espande nel pensiero e da uno spazio utopico, simbolico, ha origine una citt che esiste nel mito e si realizza nella storia34. Al contrario di Cartagine, la Roma Augustea citt reale. Il Foro, centro della citt pagana simbolo della vita politica, commerciale e religiosa, uno spazio reale politico misurabile che simbolicamente tende allinfinito, allincommensurabile, perch rappresenta la potenza della Romanit e lutopia dellImpero nel momento del suo massimo splendore come un cerchio che si espande nel mondo. La realt storica e politica qui, al contrario del mito di Cartagine, traslata nellutopia. Le variazioni dimensionali che nella struttura delle mappe acquisiscono un peso sostanziale, nel passaggio tra utopia e cartografia sono apparentemente nulle, essendo luna la rappresentazione perfetta dellaltra. Ma il rapporto tra utopia e rappresentazione, rapporto coincidente come si gi detto, definito dal salto
32

A Tale proposito si veda G. Bonaiuti, Lutopia come scienza escatologica, in Morus Utopia e Renascimento, n. 6, 2009, pp. 346-362. 33 F. Farinelli Ipotesi su Utopia in Id., Linvenzione della Terra, cit., pp. 98-118. 34 P. Virgilio Marone, Eneide, I, 465-470, versione e commento di S. Bonfanti, Roma, Edizioni San Paolo, 1998. 114

dimensionale del passaggio tra la superficie piana mappa in cui rappresentato lo spazio e lo spazio stesso. A mio avviso Flatlandia lutopia moderna che pi di tutte rappresenta il concetto di mappa utopica in tutte le sue forme e che spiega il salto dimensionale. Il testo presenta due aspetti fondamentali; da una parte Flatlandia di per s una mappa, non c bisogno di sforzo mentale alcuno di collassare strutture solide, pur utopiche, su un piano; questa giace su un piano essa stessa e il contenente coincide perfettamente con il contenuto; e dallaltra perch il Piano di Flatlandia mappa che esplode in una nuova tridimensionalit, uno Spazio sconosciuto improvviso, metafora dello spazio contemporaneo. Il gap dimensionale tra piano e spazio nella cartografia un processo paradossalmente inverso a quello per cui dalla superficie di uno spartito le note con uno sforzo interpretativo si elevano a dimensioni diverse e diventano musica. Uguale ed ancor pi evidente nellambito della pittura, per cui lartista deve stringere e costringere lo spazio su una superficie, adattandolo, limitandolo, sottoponendolo a regole di prospettiva, che sono una puntuale misurazione e controllo dello spazio stesso. Lo sforzo interpretativo e rappresentativo dellannullamento totale del piano, per far in modo che la superficie si dissolva, si annienti, per presentare e rappresentare una scena che sia visivamente allo stesso tempo dietro al quadro e dentro ad esso. Tale sforzo ha una regola base: non mostrare la superficie come un piano geometrico, dipingerla tutta per nascondere, annullare il piano in favore dello spazio, in un processo mentale atto ad integrare e inglobare il piano nello spazio35. Lattenzione alla citt e il focus sugli spazi politici reali e utopici prende avvio anche come studio approfondito di una forma di aggregazione sociale che acquista caratteri nuovi nel XIX secolo. Muta la percezione dello spazio, anche in relazione ai mutamenti sociali che lindustrializzazione ha impostato, e il paesaggio agricolo rimasto per secoli fisso si veste di forme inaspettate. Lo spazio non pi riconosciuto n conosciuto, sottoposto ad unanalisi scientifica minuziosa quasi patologica; non pi quello aperto e infinito delle campagne, ma si chiude, si delimita, si circoscrive nello spazio industriale dei reparti della fabbrica, in cui luogo di lavoro e luogo di vita coincidono; lunit aristotelica di luogo di tempo e di azione la stessa della fabbrica inglese. In epoca industriale lo spazio geometrico e sociale si deforma, i flussi migratori dalle zone rurali costituiscono una struttura urbana che adotta schemi improvvisati, ubbidendo esclusivamente alla logica produttivistica dellindustrialismo capitalista. Gli spazi sono pieni, sregolati e disordinati; allincremento demografico
35

A tale proposito interessante una lettura interpretativa di Les Demoiselles dAvignon (P. Picasso, 1907, Museum of Modern Art, New York). Picasso trasforma le donne in costruzioni planari, creature piatte asimmetriche e cubiche, le dipinge da vari angoli dandone non un ritratto realistico ma interpretativo, e le confina in una geometria dove lo spazio un risultato disomogeneo. Annulla la differenza tra pieni e vuoti e limmagine si compone di una serie di piani solidi che si intersecano secondo angolazioni diverse. Le singole figureranno un aspetto deforme perch costruite secondo un criterio della visione simultanea da pi lati. Questo quadro pone le basi del cubismo, per cui la rappresentazione tiene conto non solo di ci che si vede in un solo istante, ma di tutta la percezione e conoscenza che lartista ha del soggetto che rappresenta. Si veda anche S. Dal, Corpus Hypercubus, 1954, Metropolitan Museum, New York. 115

non corrisponde un sviluppo urbanistico razionale e vengono costruiti nuovi quartieri con un processo di accumulazione e di coesistenza, come un mondo casuale e aggregato. Nella mappatura delle citt che si evince dai discorsi utopici del periodo evidente che il tentativo di incasellare lo spazio in perfetti modelli geometrici, in cui si potesse raggiungere loptimum politico, in realt ricerca spasmodica di regole, istituzioni adeguate e strutture compatibili entro le quali gestire e ordinare i propri comportamenti civici in contrapposizione al labririnto del caos urbano vigente. La necessit di addomesticare lo spazio industriale in geometrie e riflessioni dimensionali deriva sia dal bisogno di classificare la struttura urbana sviluppatasi caoticamente con lindustrializzazione, ma anche e sopratutto dalla necessit di gestire il disorientamento cronico di questepoca, un atteggiamento di smarrimento totale che scaturisce dalla caduta improvvisa delle barriere poste dalla razionalit. Nondimeno conseguenza del dibattito scientifico filosofico molto acceso sul concetto di dimensioni che in questo periodo acquista una valenza sociale e politica; non bisogna dimenticare che Nikolaj Lobacevskij e Ynos Bolyai tra il 1830 e il 1850 costruiscono i primi sistemi di geometrie non euclidee36. Questi sostengono per la prima volta una visione globale della geometria come studio di variet di un numero qualsiasi di dimensioni in qualsiasi genere di Spazio, definendo uno degli sconvolgimenti pi significativi della storia del pensiero umano e comportando mutamenti drastici in quella visione del reale dettata della razionalit euclidea. Con laccettazione della geometria non euclidea lInfinito leopardiano diventa di una vastit totalizzante, che implica una dimensionalit che non ha fine, e non possiamo concepirlo in nessun altro modo se non razionalmente, utilizzando le categorie interpretative moderne di spazio-tempo, convertendolo da in-finito a in-de-finito, come uno spazio sempre tangibile, controllabile, misurabile ma vastissimo, come un orizzonte nella mente rappresentato sempre fisicamente, un confine, un ostacolo che arresta lo sguardo e su cui inciampa la nostra percezione. La rappresentazione del domino dello spazio come non-luogo anche nel mito del labirinto, la cui conquista sfocia in una conquista politica. Simbolicamente spazio indomito, territorio intricato e avvolgente che spaventa perch sconosciuto, il labirinto per definizione non sperimentato, selvatico, fuorviante; e nella misura in cui la conoscenza occidentale riduce la conoscenza alla rappresentazione questo sfugge completamente a tale regola. Il labirinto pu essere disegnato, ma proprio per la sua mancanza di centro non pu essere pensato, una concettualizzazione del labirinto pu essere esclusivamente ridotta a rappresentazione grafica37. La mancanza di qualsiasi riferimento spaziale una visione del mondo incerta, tormentata, aggrovigliata; larchetipo dellitinerario mentale che ha accompagnato lUomo nella Storia e nel tortuoso cammino verso la Conoscenza. Il percorso al suo interno diventa la prova iniziatica traducibile come viaggio verso la speranza di una rinascita, e solo colui che possiede la mappa del luogo, una sua rappresentazione figurativa o mentale,
36

Lobacevskij si riferir alla sua geometria definendola immaginaria, tanto era in contrasto con il senso comune e con la geometria classica. 37 A tale proposito si veda F. Farinelli, La crisi della della ragione cartografica, Torino, Einaudi, 2009. 116

conosce la Via Maestra e detiene il potere, di vita e di morte, di chi ci si inoltra38. Il mito greco di Teseo racconta che questi, liberandosi dal labirinto, riesce a trovare un ordine nel mondo e diventa un eroe, fondatore di Atene. La struttura delle citt utopiche, non luoghi per eccellenza, cos dettata da una geometria intransigente con cui difendersi dalla perdita di certezze o di riferimenti, spaziali o mentali. I riferimenti spaziali sono sempre presenti per gestire lo spazio, contenerlo o limitarlo; la planimetria metafora politico-sociale pluridimensionale, ma il primo e pi evidente livello di lettura, quello su cui gli altri si fondano e dal quale ogni successiva chiave interpretativa prende forma, sempre la descrizione di una citt che giace su un piano cartesiano. La mappa quindi prende il sopravvento sul territorio, la rappresentazione della realt viene prima della realt stessa. Paradossalmente la realt territorio, afferma Borges, e il tentativo di creare una mappa perfettamente uguale allo spazio rappresentato, a questo evidentemente coincidente, d origine nella letteratura fantastica ad una mappa dellimpero a scala 1:1, grande esattamente come limpero stesso. Lopera incompiuta fu abbandonata alle inclemenze del tempo e le cronache dicono se ne ritrovano a volte dei frammenti in mezzo al deserto. Nella mappa coincidente borgesiana lattivit ri-produttiva ridotta a zero, annullata, evidente solo lattivit produttiva della mappa che genera il proprio territorio e coincide con esso. Gli sbalzi dimensionali in questa operazione letteraria sono duplici, la bidimensionalit della carta genera e produce la tridimensionalit della realt e da questa non se ne stacca, risolvendo paradossalmente il gap dimensionale alla base dei discorsi cartografici. La metafora geometrica in Flatlandia prende altre forme e si nutre di nuove organizzazioni sociali ma i regni geometrici incontrati da A Square giacciono nella sua mente: i mondi di Pointland e Linealand sono compresi nel Piano di Flatlandia e sono anche essi parte di uno sbalzo dimensionale. Nella prima visione, un sogno, c Linealand, mondo che giace in equilibrio su una retta. A Linealand tutti i sudditi del regno sono allineati, precisi e immobili come soldatini sul sentiero stretto della loro realt; in un mondo-citt monodimensionale in cui non esiste destra e sinistra come minimo orientamento possibile; gli abitanti pur vicinissimi non si toccano e non percepiscono movimenti al di fuori della retta su cui sono disposti per sempre. Nel mondo di Flatlandia il movimento delle figure una necessit sociale, in Linealand risulta una necessit esistenziale, ponendosi, insieme al suono, come unico segno e modo di esistere. Nella mondo delle linee lunica attivit possibile la misurazione del proprio movimento; un moto perpetuo che si esaurisce nella direzione verso una delle estremit e che definisce lo spazio individuale. Il suono la voce, essenza di ogni individuo, polifonica per i maschi e monotonica per le donne; ludito sviluppatissimo di cui i puntini del regno sono dotati permette loro di definire la posizione e dedurre la forma degli altri abitanti.
38

Sul concetto di labirinto interessante un confronto con J. L. Borges, LAleph. I due re e i due labirinti, Milano, Feltrinelli, 1983. 117

La figura della donna svilita nella sua essenza e violata nella sua dignit: il mondo bigamo della Linea la costringe a dividere il talamo nuziale con unaltra donna dal tono di voce al suo complementare. Dopo un romantico corteggiamento canoro si compie larmonioso rito matrimoniale e il duplice amplesso vocale, che, consumato superando i meschini ostacoli della lontananza materiale, d origine sempre ad una triplice prole, due donne e un uomo che prendendo subito il loro posto sulla retta di Linealand, mantengono lequilibrio tra i sessi. Anche qui come sul Piano, vige una precisa gerarchia sociale e Sua Maest governa dal centro della Linea. Nonostante la maggiore semplicit strutturale del regno la descrizione di Linealand risulta non meno affascinante di quella di Flatlandia; se Flatlandia, intersezione di ascisse e ordinate che originano il piano, rimanda ad un mondo cartesiano, Linealand suggerisce invece un mondo pitagorico, nel quale la riproduzione stessa rimanda al suono, alla musica, al numero39. Il secondo viaggio la visione di un ipotetico mondo confinato in un baratro adimensionale in cui esiste solo il puro Punto. Pointland, monade leibniziana nel nulla, un mondo che coincide con lEssere, soddisfatto e unico, che si esprime riferendo tutto a s e a s solo. Con questa entit non possibile alcun contatto, It porta con s la sua casa e il suo universo nellisolamento pi assoluto, lEssere sferico di Parmenide, non ha esperienza che dellunit. Con il Punto la comunicazione a senso unico, il suo monologo non prevede spettatori 40,perch vi un una totale identificazione dellessere con il linguaggio e con luniverso; una coincidenza di significante e significato, di contenente e contenuto, di parlante e linguaggio. Questa totalit forzata induce ad esaltare la felicit dellessere e la totalit delluniverso, ma anche un evidente stimolo a coltivare aspirazioni e ad insegnare agli altri ad averne, monito che il Quadrato trascrive nelle sue memorie di prigionia 41. La struttura scarna ma essenziale del mondo puntiforme la base per la costituzione di altre geometrie e di altri mondi, una sintesi della forma e del pensiero da cui si origina tutto e quindi anche questa utopia positiva e generatrice. Il terzo viaggio un vero spostamento, inevitabile, assoluto, da cui non si torna indietro. A Square incontra una Sfera che lo stacca dal Piano su cui giace e lo porta con s nello Spazio. Da questo momento narrativo il testo si biforca su due piani paralleli, segue due linee complementari; da una parte il livello della bidimensionalit, quindi della certezza, dellinduzione, della localizzazione del Regno del Piano; dallaltra una nuova struttura tridimensionale di testo e di pensiero che coinvolge il lettore secondo una logica di complessit, di deduzione, di
39

Cfr. Bianchi R., Alice non abita pi qui, in E. A. Flatlandia, Fantasia a pi dimensioni, Mursia, Milano, 1990. 40 Flatlandia, ed. cit. p. 84. Ah la gioia ah, la gioia del Pensiero! Cosa non pu Esso ottenere grazie al Pensiero! Il suo proprio Pensiero che a Se stesso si rivolge, insinuando il disprezzo di s solo per esaltare la Sua felicit! Dolce ribellione suscita per finire in trionfo! Ah, il divino potere creativo del tutto nellUno! Ah, la gioia, la gioia di Essere. 41 Flatlandia, ediz. cit., p.84; Essere soddisfatti di s significa essere vili e ignoranti, ed meglio aspirare a qualcosa che essere ciecamente e impotentemente, felici. 118

globalizzazione e di complementarit42. La descrizione di un mondo tridimensionale sconosciuto, che abbraccia valori diversi da quelli dominanti, si configura e prende forma secondo un metodo narrativo che segue anchesso regole matematiche; servendosi del contrasto o della dimostrazione per assurdo; un disorientamento forzato che inevitabilmente porta alla ricerca di una nuova via di pensiero e alla nascita di un nuovo paradigma. La rivelazione della Sfera dellesistenza di nuovi mondi provoca stupore, rifiuto e poi una crisi che, superata, porta il Quadrato ad accettare appieno realt inconoscibili, quindi ad ipotizzarne altre, secondo un criterio di progressione aritmetica. La rivelazione del concetto di Spazio, della possibilit dellaltezza e conseguentemente di nuovi mondi geometrici, metafora dellaccettazione della geometria non-euclidea, attorno a cui allepoca vi era un acceso dibattito e che implicava una nuova posizione rispetto alla geometria classica. Con il nuovo paradigma le regole della geometria classica non sono annullate del tutto; sono ancora perfettamente valida ma solo in determinate circostanze; un passaggio culturale che si definisce nella possibilit di accogliere punti di vista diversi e sempre nuovi. Nel Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria (1854) 43, Riemann si riferisce per la prima volta ad una visione della geometria in toto, come disciplina riguardante una variet di un numero qualsiasi di dimensioni in qualsiasi genere di spazio, sottolineando cos come la geometria euclidea e non euclidea sono due distinte branche della matematica. La convivenza di questi due aspetti implica che la matematica classica non pu pi essere assunta a modello di una verit assoluta che la mente umana era stata capace di cogliere sino ad allora. Si rendono cos evidenti o possibili nuovi punti di vista sino ad allora occultati dalla geometria classica e proprio questa nuova relativit ha grande parte nellabbattimento della fiducia nella verit assoluta e nella natura assoluta della conoscenza umana 44. La traslazione del quadrato dal Piano allo Spazio un momento topico sia per una lettura scientifica del testo, che per lapproccio epistemologico che ne consegue. Il sollevamento del quadrato nello spazio stato definito come la migliore esposizione della quarta dimensione ma il viaggio nello spazio un passaggio culturale come il passaggio epocale dallera industriale allera postindustriale; nellepoca vittoriana una delle certezze dominanti era dettata dalla progressivo avvicinamento delluomo allonniscienza attraverso un irreversibile progresso fatto di accumulazione di conoscenze descrittive ed esplicative acquisite osservando il proprio campo dindagine da un punto di vista oggettivo e neutrale. Le dicotomie ordine-disordine, generale-particolare, necessario-possibile, legge-caso, prevedibilitimprevedibilit, infallibilit-fallibilit, neutralit-implicazione schiacciavano le scienze della natura sui primi termini di questi binomi (che conferivano a esse
42

Si veda Forleo M., Matematica e livelli di realt, in Prometeo, giugno 2004, e dello stessa autrice Il Gioco delle Dimensioni, in Lettera Matematica Pristem, n. 49, 2003. 43 Riemann B., Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria ed altri scritti scientifici e filosofici , a cura di R. Pettoello, Bollati-Boringhieri, Torino 1994. 44 Barrow J. D., cit; R. Rucker, cit., Kuhn T., La Struttura delle Rivoluzioni Scientifiche, Einaudi, Torino, 1978. 119

lesattezza) e le scienze delluomo sui secondi termini (che conferivano a esse limprecisione) 45. Questo sbalzo dimensionale nello spazio un disorientamento, e la conseguente perdita del punto archimedico, al di sopra e al di fuori della realt, per cui questa pu essere osservata in maniera neutrale senza contaminarsi e contaminarla, restando al centro delluniverso e sulla cima della ragione. Una necessaria perdita di valori assoluti, matematici e filosofici e laccettazione di nuove categorie che comporta una crisi della verit come insieme di concetti chiari e distinti, e quindi crisi della possibilit di stabilire demarcazioni chiare tra scienza e non scienza, fra soggetto e oggetto, fra autonomia e dipendenza. La traslazione del quadrato nello spazio il quindi il rifiuto dellesattezza e delloggettivit, del one best way taylorista e invece laccettazione della relativit dei fenomeni di fronte al particolare e al contingente; il Quadrato accetta la complessit come tensione essenziale tra una vecchia e una nuova epistemologia, cogliendola come opportunit. Il gentiluomo quadrato cui svelato il mistero delle tre dimensioni, che osa ipotizzarne lulteriore esistenza di un numero imprecisato, esce quindi dagli schemi e si avvia verso le colonne seducenti che condannarono Ulisse; questi non un eroe, ma un Prometeo incatenato ai suoi stessi pensieri, un eretico delle dimensioni e un profeta, una novella Cassandra che paga con la prigione laver sfidato le barriere della conoscenza che non conosce barriere; nelle disquisizioni che A Square intesse, lunghi monologhi in attesa di spettatori, c la carica e lentusiasmo di chi scorge tra le finzioni prefissate del suo mondo i segni che preparano una nuova cultura, un paradigma che spogliandosi delle rigidit industriali accetta nuovi valori e anela alla pluralit, alla complessit, alla paradossalit, alla complementariet, al postindustriale. La modernit delle tesi di Abbott e la sua visione aperta, rivelata tra le righe del racconto utopico, oggi, a pi di un secolo dalla sua pubblicazione, non stata ancora accettata del tutto; leffettiva esistenza di un universo esclusivamente femminile, a Flatlandia come nello Spazio, diverso da quello maschile, non tuttora riconosciuta come tale. la donna ancora vittima e mortificata nella sua dignit dalla forza di sedimentazioni culturali e di condizionamenti ancestrali; svalutata nella sua dimensione etico-sociale che la rende colonna portante della famiglia come istituzione e della vita come continuit. Linvito alla rivalutazione delluniverso femminile, implicito nellopera di Abbott, certo in senso pi ampio, invito alla tolleranza, ad una maggiore apertura che stride con lordine matematico di Flatlandia, che non ha spazio per considerazioni e punti di vista e in cui la comunit aspira ad una perfezione che non conosce, ma il regime duro di Flatlandia sterile e comunque destinato a svanire. A Square rinchiuso fra le sbarre di una prigione assurda e necessaria, mezzo attraverso il quale lo Stato di Flatlandia affossa le scoperte nel silenzio e nella mortificazione continua della solitudine, fisica e intellettuale, che la figura deve sopportare; la totale dedizione al sistema e la sottomissione alle Regole geometriche qui necessit assoluta. Le Regole geometriche, a ben vedere, sono
45

Per una lettura sociologica del passaggio dallet industriale allet postindustriale si veda De Masi D., Lavvento postindustriale, Franco Angeli, Milano, 1993; Touraine, A., La societ postindustriale, Il Mulino, Bologna, 1970, AA. VV. La sfida della complessit, Feltrinelli, Milano, 1995 120

accettate da ogni figura per il fatto stesso di essere legittimate dalla loro natura di Leggi, e come tali sono irrevocabili, ma siamo ben lungi da una kantiana interiorizzazione e da una loro assimilizzazione da parte della figure. Osare sfidare le Leggi, ignorandole o addirittura contraddicendole, significa autodefinirsi esterno rispetto alla realt del Piano e perci pericoloso; lautoemarginazione, cos da essere additato da tutti come irregolare. Gli imperfetti, gli intoccabili, sono rifiutati da questa societ a caste perch irregolari nella forma e nei pensieri, pi simili alle donne nelle reazioni sbalorditive e improvvise che alla razionalit delle figure, loro conoscono la ricetta per un equilibrio che parafrasi del Sublime, ma anche loro profeti derisi e scacciati, custodi di una scintilla di fantasia che a Flatlandia spenta per sempre. Anche solo laccettazione delle figure regolari di non essere gli unici cittadini delluniverso piccolo e piatto che abitano, rendersi disponibili a nuovi panorami e possibilit di vita. Ma la caparbiet della Monade, che sola per sempre si illude nella compagnia fallace di se stessa, come larroganza del Re del mondo di Linealand, un sentiero stretto che il punto regge e comanda, non aprono orizzonti alla loro mente limitata, eppure cos certa. LArte, sintesi di emozioni e conoscenza e la Perfezione, aspirazione allinfinito, che spesso trova nellarte espressione ottimale, rifugge perci dal Piano per nascondersi nelle figure che rispetto allorganizzazione geometrica regolare meno possono offrire, gli irregolari. Vista dai loro occhi la realt non solo angolarit precisa e luce bianca, non si risolve in un destino che si tramanda di padre in figlio e che si realizza solo in un affanno perenne a raggiungere un ingombrante numero di lati; pu essere anche Rivoluzione del Colore, caos, Legge infranta, Arte e imperfezione. Torna alla memoria la lezione di Voltaire: Micromegas,46 che gi nellossimoro del suo nome ammonisce alla relativit dei punti di vista e ricorda la relativit dellantropocentrismo e del geocentrismo, mostra come luomo e il pianeta siano ridotti a dimensioni infinitamente piccole al confronto con altri esseri giganti provenienti da altri mondi. La perdita delle certezza disorientamento e nello stesso tempo accettazione che non tutto ci che appare, e che ci che appare, spesso, non . Nello stesso modo Flatlandia, gioco di forme e utopia politica, rivela la pluralit dimensionale e intellettuale di ogni situazione con una perifrasi geometrica d una lezione valida tuttoggi ma che ancora non stata assimilata; non siamo ancora riusciti a liberarci di vecchi schemi mentali, ad eliminare i pregiudizi razziali dal nostro mondo, non abbiamo raggiunto la parit dei sessi n laccettazione degli Irregolari. Be patient, for the world is broad and wide47, lincipit del testo un ulteriore chiave di lettura; lopera di Abbott, un racconto fantastico davvero a pi dimensioni, soprattutto un invito allintrospezione e alla conoscenza di noi stessi e del nostro universo.
46 47

Voltaire, Micromegas, Garzanti, Milano, 1983. Incipit della prima parte di Flatland ripreso da Giulietta e Romeo di William Shakespeare (Garzanti, Milano, 1993, III, iii, 16, p. 156). 121

122

Human development and social justice: necessity and utopia


Vitantonio Gioia Simona Pisanelli* Abstract
This article intends to focus on the importance of two kinds of inequality that increasingly characterise contemporary society, where in addition to the widening of the traditional economic gap there is also an unequal distribution of ecological risks. Our thinking on these issues sprang from the consideration of a twofold aspect: a. the analysis of the mechanisms that have created such inequalities and that continue to determine our current model of growth; b. a comparison between the outcomes of the dominant model of development and the expectations that have emerged since the Enlightenment about the capitalist economys ability to lead to a society based on the general improvement of material well-being and on a gradual process of achieving a perfectionnement de lespce humaine. As far as the first aspect is concerned, it has been shown that unless the automatic market mechanisms are politically corrected in the direction of a fairer sharing out of resources and social wealth, they tend to accentuate economic inequalities (both within advanced societies and between advanced and backward societies) and to offload the environmental risks onto the poorer areas of the planet. As for the second aspect, the recovery of certain important analytical approaches from the Enlightenment period has revealed major differences between the category of economic and social development, studied by theoreticians like Rousseau, Chastellux, A. Smith, Condorcet etc., and the concept of growth typical of mainstream economics. The rediscovery of the analytical orientations of the Enlightenment (apart from some of their typical limitations) today seems undoubtedly useful in order to bring out a critical attitude to the dominant model of development, to enable the intellectual and political constraints of the single way of thinking to be overcome and to establish possible paths towards a realistic utopia that can stand up to the challenges of the present. If we cannot end now our differences, at least we can help make the world safe for diversity. For, in the final analysis, our most basic common link is that we all inhabit this small planet. We all breathe the same air. We all cherish our childrens future. And we are all mortal.

John F. Kennedy

1. Finding or inventing a compromise for global justice in a world where riches and risks are shared out unequally [is] though a hard task a realistic utopia, which every country should help to achieve if only for the sake of its own national interests 1. There are three key words in the quote from Becks Conditio umana. Il rischio nellet globale, on which we wish to focus: riches, risks in the sense of ecological risks and utopia. The latter, described as realistic, is seen not as an ideal project, a pipedream, but as a possible, achievable idea, since it is based on a
*

Department of History, Society and Human Studies, University of Salento. This paper is the product of teamwork. Sections 2, 3, 4 and 5 were written by Simona Pisanelli, and the rest by Vitantonio Gioia. 1 Beck U., Conditio Humana. Il rischio nellet globale, Editori Laterza, Bari, 2008, p. 6. 123

rigorous analysis of the limitations of the current model of development: a utopiaeutopia, the good society that is nowhere because it does not yet exist, because humanity which has always yearned for it has not yet managed to adequately achieve it2. While admiring this definition, we do not want to appear nave or overoptimistic, giving the impression that this project is easy to carry out or that it can be achieved by simply accepting the natural way of things (as the Enlightenment thinkers were wont to say). Indeed, the matter seems to be far more challenging, since it has two levels: the traditional level of social justice and the growing inequality in the distribution of wealth, alongside the aspect that has emerged dramatically in more recent times, of the unequal distribution of global risks. The first question was analysed widely and in great depth during the 1800s and most of the 1900s and focused on the recurrent denunciation of a phenomenon typical of modern capitalism: the misery that arises from abundance3 or, to use Keyness words, the paradox of poverty amidst abundance4. Since the second half of the 1900s there has been a widespread belief that processes of growth could be generalised at a global level and that, apart from the unequal distribution of income, poorer areas too would achieve a high enough per capita income to allow the exercise of political liberties, the right to education and health and a standard of living that would enable processes of selfrealisation. Today, in view of past experience, it can be said that none of what was promised has come about5 and that the underdeveloped areas that we treated with the remedies offered by development economics either have not managed to reach the levels of growth we expected or have experienced erratic patterns of growth, with the result that they still contain a huge proportion of the worlds poor6. Then there is the second issue that has emerged into the limelight in the last few decades based on increasingly detailed analyses of the irreversible effects of our lifestyle on the environment. There is no doubt that the problem of the environment, in view of the interdependency of vital biological systems, cannot be considered a regional problem confined to only some areas of the world and must be handled with an overall vision and shared approaches, also in terms of economic policies. We will deal with the two points separately, although in actual fact the two pathways are closely intertwined and are two aspects of a single model of development: industrial society goes through two different stages of evolution. The first stage is dominated by the question of class, or the social question; in the second stage the ecological question dominates. But it would be an oversimplification to say that the ecological question removes the social question. Obviously the crisis in the environment, the labour market and the economy overlap and can aggravate each other7.
2 3

Colombo A. - Tundo L., Fourier. La passione dellutopia, Franco Angeli, Milano, 1988, p. 9. Fourier C., Le nouveau monde industriel et socitaire, in Ouvres Compltes, Anastatica, Parigi, 1966. 4 Keynes J. M., La fine del laissez-faire e altri scritti, Bollati Boringhieri, Torino, 1991, p. 27. 5 Easterly W., Lo sviluppo inafferrabile, Mondadori, Milano, 2006, p. XVI. 6 Ibidem. 7 Beck 2008, p. 141. 124

2. Rousseau in his Discours sur lorigine et les fondements de lingalit parmi les hommes (1755) said that there are two principles preceding any form of human reason: the interest in our own preservation and well-being and the instinctive repugnance at seeing any sentient being die or suffer, especially our fellow man8. He also stated that there are two kinds of inequality in humankind: a natural or physical inequality, established by nature and consisting of differences in age, physical strength, health and quality of spirit or soul; and a moral or political inequality, based on a sort of convention, established or allowed by men, consisting of the privileges (honour, wealth, power) enjoyed by some at the expense of others, who simply obey. He then went on to challenge the hypothesis of a link between the two kinds of inequality, since such an idea would lead us to wonder whether those who command are necessarily worth more than those who obey, and whether the physical or spiritual strength, wisdom or virtue, of these individuals is always in proportion to their power and wealth9. Today it is clear that only the first of the two principles that pre-exist reason is still valid, while the second is seriously compromised by the fact that never before this moment in history have so many people lived in conditions of extreme poverty, deprived of the enjoyment of basic rights, well-being or even of the fulfilment of essential needs. And, in contrast to the thinking of the French Enlightenment thinker, it is precisely the inequalities in terms of power, privilege and wealth that determine the other forms of inequality. Today this inequality is called global10 for various reasons: - first of all, there is a far more widespread awareness of this issue than there was even a few decades ago (thanks also to the means of mass communication); - these inequalities are perceived as being profoundly unjust and not natural; - they have attracted the attention of important international organisations like the United Nations especially the UNDP and the Department of Social and Economic Affairs and the World Bank; - last but not least, inequalities within a single country can often be explained by referring to international factors. The scenario just outlined, incidentally, clashes with the Enlightenment attitude based on the hypothesis that the capitalist society and economy would enable the elimination of the inequalities amongst nations; increased equality amongst each people in the process of the perfectionnement de lhomme augured by Condorcet11. Underlying this vision was the focus on the traits differentiating the new
8 9

Rousseau J. J., Sullorigine dellineguaglianza, Editori Riuniti, Roma, 1983, p. 91. Ivi, p. 97. 10 Gallino L., Diseguaglianze globali, Il dubbio, n. II, 2002. 11 Condorcet, I progressi dello spirito umano, Editori Riuniti, Roma, 1995, p. 187. Note that in 1795 Condorcet had suggested using not exclusively economic means to break down inter- and intranational inequalities: he strongly insisted for example on education as a tool to reduce the natural difference of the faculties, until all that survived was an inequality useful to the interests of everyone (ivi, p. 188), and to accelerate the march of science (ivi, p. 198), as well as the 125

economic system from the previous one, and the importance of the very rapid scientific and technical transformations that it made possible, with increases in productivity that could confirm the hypothesis that the growing material wealth would enable all the citizens needs to be fulfilled. In addition there was the belief that it was the constant advances in science and technology that made the role of training ever more important and that cultural and civil growth would consolidate the progress implied by the increasing material wealth, making it irreversible. Chastellux pointed out that the economic and social context was already so dynamic and progressive that poverty could be no longer be considered un mal ncessaire. What they were still fighting against were the negative consequences of the heritage left to them by the previous social order: cest un reste de la barbarie qui nous rvolte, et qui ne durera pas long-temps12. They were now in a position to act for the gradual elimination of all the factors that become un obstacle la flicit du plus grand nombre13, since les malheurs de lhumanit doivent bien moins tre imputs linsuffisance ou labus de la raison, qu lignorance des sicles passs, dans lesquelles se sont forms la plupart des habitudes et des principes qui nous gouvernent encore14. The generalization of the scientific vision of the social order allowed him to say that it was susceptible, sinon de perfection, du moins damlioration15 and it was legitimate to foresee the emergence and spread not only of processes of individuals getting rich, but also of realistic plans for the convergence of social activities towards a dynamic equilibrium between individual happiness and public happiness. On the other hand, Condorcet added, just as the causes of disparity did not act in isolation and cumulatively created widespread inequalities, so in the same way the virtuous processes join together, combine, support each other, and from their combined effects produce a more incisive, secure and constant action. The spread of education, becoming more equal, would lead to conditions of greater equality in activities and in wealth, and equality of wealth necessarily contributes to that of education; while equality among peoples and the equality established for each of them still influence each other16. It followed, due to the endogenous logic of the new economic and social system, that there was a positive link between increased wealth, fulfilment of needs and advances in the process of perfectionnement de lespce humaine. History later showed that this beneficial circle of increased riches, education for all and equalising phenomena did not come about in the time predicted by Chastellux and Condorcet. Saint Simon who, while continuing to insist on this Enlightenment idea, realised that the endogenous mechanisms of the economic
elimination of differences between the two sexes. 12 Chastellux, Marquis de, De la flicit publique, Antoine-Augustin Renouard, Paris, 1822, II, pp. 24950. 13 Ivi, II, p. 263. 14 Ivi, II, p. 285. 15 Ivi, I, p. 15 e II, pp. 243 sgg. 16 Condorcet 1995, p. 195. 126

system promote broad processes of individual and collective accumulation of wealth, the growth of science and its applications, and the spread of education to all, but also growing economic and social imbalances, phenomena of interclass inequality and serious international asymmetries17. In short, Saint Simon and later the socialist movement underline the fact that the progressive elements in the capitalist system and the phenomena of emancipation of individuals and whole peoples that this makes possible, are accompanied by the genesis and spread of new imbalances and new forms of inequality. 3. This brief reference to a part of the Enlightenment debate seems useful because it highlights the fact that, after more than two centuries, there has been no change in the problematic context concerning the relation between increased wealth, the spread of equalising phenomena and the process of perfecting mankind. The history of humanity has never shown an increase in riches like that of the last twentyfive years and, at the same time, never as in this period has there been such an explosion of social inequalities, both horizontally (between one social group and another), and vertically (between one individual and another)18. As the authors of the Human Development Report 199219 revealed, economic disparities between the richest and the poorest people, having doubled over the past three decades, are likely to explode. The income of the richest billion people is 150 times that of the poorest billion, a dangerously large gap. [] What would be considered politically and socially unacceptable within nations is being quietly tolerated at the global level20. This gap between rich and poor countries was due, according to the analyses, to the absolutely unbalanced distribution of the global GNP quote (only 1.4% was at the disposal of the poorest 20% of the world population) and to the reduced power to enter global trade on the part of developing countries (l1%). In actual fact, from this point of view things have not changed much. While the world GDP21 between 1981 and 2001 grew by 88 percentage points, only 4.2% was used to reduce the number of the poor living on less than $2 a day. More specifically, according to Londons New

17

Gioia V., Conoscenza sociale e riformismo nel pensiero utopico tra il 1789 e il 1848, in Noto S. (ed.), Il ferro e il buon governo, Musumeci Editore, Quart (Valle dAosta), 2007, pp. 48-9. 18 Zamagni S., Leconomia del bene comune, Citt Nuova Edizione, Roma, 2007, p. 25. 19 Since 1992, the UN Development Programme publishes an Annual Report on development, each time studying more specific issues linked to the process of development. 20 Fukuda-Parr S. Kumar A. K. S. (ed), Readings in Human Development. Concepts, Measures and Policies for a Development Paradigm, Oxford University Press, New York, 2004, p. 25. The situation in our country is not very different. As a 2006 study on the wealth of Italians showed, in Italy the 10 richest individuals own an amount of wealth that is roughly equivalent to that of the 3 million poorest Italians (DAlessio G., Ricchezza e disuguaglianza in Italia, Questioni di economia e finanza, Occasional Papers n.115, Banca dItalia, February 2012). 21 The GDP and the GNP are the standard tools with the longest record of use for the measurement of national and world wealth. 127

Economics Foundation, the movement of the GDP/poverty ratio 22 in two decades reveals that: - between 1981 and 1990, the GDP rose by 750 billion, while the dollar-a-day 23 poor dropped by 250 million; - between 1991 and 2001, on the other hand, it rose by 11,200 billion, while the individuals living on less than a dollar a day fell by 130 million. Independently of this data, the thing that became crucial for the UNDP experts, when they were about to draw up their first report (later to become an annual report), was the view of development not as a merely economic phenomenon but as a process that includes reference to the same perfectionnement de lhomme that Condorcet talked about and that cannot be identified simply with the availability of money. To demonstrate this, the UNDP experts created the Human Development Index (HDI) based on three key components: longevity, knowledge and income24. It is well known that this is a weighted index in which the indicators are life expectancy at birth and literacy level, as well as the real value of per capita income expressed as buying power in dollars. This approach reflects in particular the theory of the Indian economist, Amartya Sen, Nobel Prize winner for Economics in 1988. According to the author, development consists of eliminating various kinds of unfreedoms that leave men with little choice and few opportunities to act according to reason25. In Sens vision, development does not coincide with the growth of the GDP or with the increase in individual incomes, nor with industrialisation, technological progress or the modernisation of society; development is, instead, a process of expansion of the real freedoms enjoyed by human beings, in which the growth of GDP or of individual income become merely a means, moreover not sufficient, of expanding our freedoms. The latter also depend on other factors of a social and economic kind, starting from the full entitlement to civil and political rights by all the members of society. In Sens vision, closely tied to the liberties seen as developments primary purpose (with a founding role) and as its main means (instrumental role), there is the concept of functioning whose Aristotelian roots can be found in the thought of the philosopher Martha Nussbaum26 and that of capability: functioning refers to what
22

The GDP/countrys wealth is also interesting. Although between 1965 and 2010 the Italian GDP increased, wealth almost doubled. This means that the wealth deriving from the past, therefore inherited wealth, is more important than that obtained day by day from work and business activity, with not insignificant consequences from the point of view of inequality. (DAlessio 2012, p. 8). 23 It should be stressed that one or two dollars a day are not meant here strictly in terms of monetary income, but as the level of consumption including all kinds of resources serving for survival (not only food, therefore, but also housing, medical care, transport ), obtained in different ways (wages, saving, support, loans, gifts, self-production, but also theft ). 24 Fukuda-Parr Kumar 2004, p. 104. 25 Sen A., Lo sviluppo libert. Perch non c crescita senza democrazia, Arnoldo Mondadori, Milano, 2000, p. 6. 26 Nussbaum M. C., Capacit personale e democrazia sociale, Diabasis, Reggio Emilia, 2003, pp. 4552. Nussbaum refers to Aristotles man, a being both capable and needy, but also to Marxs man, who needs wealth of activities for his life to be fully human. 128

persons may wish to be or do, the kind of life they value, while capabilities27 are the alternative combinations of functionings that a person is able to choose, establishing a range of styles of living. A persons standard of living does not depend on the amount of goods and services he can access, as much as the capacity he possesses to lead various kinds of existence: special importance is placed on the chosen lifestyle which however would lose its value if the individual did not have other possible options available. How are capabilities intertwined with income inequalities? If the latter exceed a certain threshold, they can compromise the ability to access ways of being and doing, that is, the ways of functioning considered and approved as normal, typical of the citizen of a certain society. If the incapacitation is not compensated for in some way, the individual risks not being recognised as a citizen and becomes the victim of mechanisms of discrimination and social disqualification. This aspect of inequality is not new to the tradition of political economy: Smith, for instance, took into consideration variables such as not being ashamed to appear in public, analysing how the goods necessary for this purpose clothes, shoes, etc. changed according to social habits and cultural conventions28. Poverty must not be seen only as the impossibility of buying the essentials for survival or the things that make a citizens life decorous and acceptable, but in terms of the possibility of participating in social life. In fact, if one cannot take an active part in the life of the community one belongs to, one suffers from a deprivation that has a negative effect on individual development and this is transformed into damage to the community one lives in. As was shown in the UNDP Annual Report of 1993, whose main theme was participation, few people have the opportunity to participate fully in the economic and political lives of their nations29, while peoples participation [] must inspire a search for a people-centred world order built on five new pillars: New concepts of human security that stress the security of people, not only of nations. New strategies of sustainable human development that weave development around people, not people around development. New partnership between the state and the market, to combine market efficiency with social compassion. New patterns of national and global governance, to accommodate the rising tide of democracy and the steady decline of the nationstate. New forms of international cooperation, to focus assistance directly on the needs of the people rather than only on the preferences of governments30. According to Sen, the approach to human development of the UNDP, does not intend to reduce the field of definition of values only to capabilities; it sees them as just one of the elements to take into consideration if we want to identify the factors
27

Capability in the sense of capacity that the society gives to or denies the individual, in contrast to ability in the sense of the individuals own capacity. 28 Smith A., Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, Isedi, Milano, 1973, p. 770. 29 Fukuda-Parr Kumar 2004, p. 28. 30 Ivi, p. 30. 129

acting on individual growth (along with income, utility, changes in needs and the conditions of individuals life). An adequate conception of development, therefore, must go well beyond the accumulation of wealth. The growth of GNP or of other variable linked to income are useful insofar as they help to achieve what Sen in his approach of seeing freedom as the purpose of the development process, rather than the instrument calls substantial freedoms31. They are important not only for the single individuals, but also for the whole society: greater freedom stimulates the capacity to get by alone as well as to influence the world, that is, processes that are at the centre of the development process32. The individual therefore becomes the centre of action playing an active role as a member of the society33. However admirable the idea of linking the process of development to the concept of freedom, there remains the doubt that it is possible (and desirable) to measure such a latent variable: freedom is difficult to define in any way that commands universal agreement: it is even harder to measure. There are many who may question whether it is desirable to measure freedom even if it were possible. The very act of measuring freedom in their view diminishes it34. 4. The second aspect we wish to reflect on concerns, as we said at the outset, the unequal distribution of environmental risks. This is a question that, despite the limelight of the last few years, does not attract the same attention that is directed to economic and financial crises. This is because the idea of globalization revolves mainly around more strictly economic matters, overshadowing others that are just as pressing, like environmental crises and conflicts over the reserves of natural resources. Contemporary society appears to the more observant as a world risk society, in the perceptive expression coined by Beck. This definition has a twofold significance: - the risk society does not refer to the first phase of modernity (between the 19th and 20th centuries), but to the following period starting from the mid 20th century and characterised by the perception of risks, which previously had not been adequately evaluated: ecological crises and the social effects determined by the end of the welfare state model, which had guaranteed an acceptable equilibrium between
31

There are five main instrumental freedoms, all closely interconnected: 1) political freedoms; 2) economic infrastructures; 3) social opportunities; 4) transparency guarantees; 5) protective security. Sen 2000, p. 16. 32 Ivi, p. 24. 33 Ivi, p. 25. 34 Fukuda-Parr Kumar 2004, p. 166; Cohen D., Tre lezioni sulla societ postindustriale, Garzanti, Milano, 2007, p. 31 ff. Moreover, not infrequently, freedom seems to be a less important value for individuals than equality. According to the data of the World Value Survey (cit. in DAlessio 2012, pp. 16-7), 49% of the Italians interviewed choose equality as the most important value, compared to 40% who choose freedom (the remaining 11% is undecided). In preferring equality to freedom, Italians come third out of thirty-two countries. 130

processes of economic transformation and social cohesion35. In this second phase of modernity there emerged mans incapacity to control the dangers produced by modernity itself, not due to failures, but because of its successful advances. Climate change, for instance, is a product of successful industrialization, which has systematically neglected its own effects on nature and on man 36. In the same way, the high unemployment rate is due not simply to the failures of the economy, but to improvements in productivity, since thanks to them the output of goods is multiplied with less use of manpower37. The fact that we have a number of scientific and technical tools available, unknown in the past, does not mean that the risk is reduced; instead, awareness of its existence tends to be accentuated. - the systematic and large scale assessment of the effects that mans activity has in a world risk society, in which global risks bring us face to face with the seemingly excluded others. They blur national borders and mix the native with the outsider. The repulsed other merges not as a result of immigration, but as a consequence of the global risks38. Faced with such a scenario, the first possible comment is of an ontological kind: while until the end of the Fifties, the main, and ideal, unit of analysis for sociology, political science, and to a degree also of political economy was the single nationstate39, today this is no longer the case, because the container society40 is finished. With globalization in its most advanced stage nation-states undergo a process of weakening, of growing fragmentation of their national borders. On the other hand, the seriousness of the problems to be faced makes it impossible for the single nationstates to deal with them successfully. Dangers and risks can no longer be regarded as the States internal affairs, but must be opposed on a global plane and no country can act in isolation. This supranational context gives rise to a new confrontational dynamic of social inequalities41, because it is interwoven with the environmental risk. In this sense, such a confrontational dynamic seems new because alongside the central question of a fair and dignified existence for all, there is the need not to go beyond the tolerance level of natural systems (the source of survival resources) for waste products coming from production processes. The ecological crisis brings out the awareness of the biophysical limits of economic growth, based on the simple observation that the non-monetary sources of wealth are not infinite and natural resources are not inexhaustible. All this translates into the need to redefine the conditions for the creation of wealth in the future, adapting the rhythm of growth to the constraints imposed by the environment: the

35 36

Beck 2008, p. 15. Ivi, p.16. 37 Ivi, p. 41. 38 Ivi, p. 29. 39 Mills W. C., Limmaginazione sociologica, il Saggiatore, Milano, 1995, pp. 144-6. 40 Beck U., Che cos la globalizzazione. Rischi e prospettive della societ planetaria, Carocci, Roma, 2006, p. 42. 41 Beck 2008, p. 17. 131

prospect of greater equity can no longer be seen in the sense of continuous growth, since this would lead to the destruction of the biosphere42. 5. While it is true that natural resources are already, per se, distributed unequally among the various areas of the world, it is also true that in most cases it is precisely the populations of the countries richest in raw materials that live in conditions of greatest poverty. After a history of deprivation marked by colonialism, these countries today still find their natural resources being shipped out unfairly through international trade43. It is not only the resources, but also the damages that are distributed unevenly. Even though they are largely produced by the industrialized countries (for example, in the form of carbon dioxide emissions), it is highly likely that it will be the countries that contribute least to cause them that will be affected first and most harshly. Already today the worlds poorest regions are those worst hit by desertification due to climate change. The same can be said for the most polluting phases of production processes: the relocation of European industries to emerging countries translates into a sort of deliberate exportation of the danger and it is becoming more and more frequent. The main motivations are to be found in the permissive standards of some countries: lower wages, lack of any protection for workers and less crippling taxes. With the onset of the economic crisis in 2008, firms in western countries (not always in real difficulty) had an alibi for choosing the path of investing abroad, by applying policies of downsizing (or, more simply, mass firings) in the home factories. It is obvious that global risks are concentrated on people that are weaker and lack power. To make things worse, non-western countries have to deal with the collateral effects of global industrialization, while they are still waiting for the arrival of modernity44. It is to be hoped that, to improve their position, these countries will take a different path from that of the countries of the old industrialization, favouring the poor, but also the environment, opting for infrastructures with low emissions and limited use of resources, and cleaner and more efficient products and production systems45.
42

Sachs W., Ambiente e giustizia sociale. I limiti della globalizzazione, Editori Riuniti, Roma, 2002, p. 183. 43 Despite the emphasis placed on the potential benefits of a more intense trade of goods and services, in different countries there are different results (also between different components of the same nation). Specifically, some of the so-called developing countries, the new globalizers successfully participating in the process of globalization of markets and production recorded high levels of growth and converge towards the levels of advanced countries. In contrast, the least developed countries which occupy a marginal position in the world economic system due to a structurally weak internal economy and extremely low or negative growth rates have moved further and further away from the income levels of rich countries (Acocella N. et al., Rapporto su povert e disuguaglianze negli anni della globalizzazione, Ed. Colonnese lAncora del Mediterraneo, Pironti, Napoli, 2003, p. 81). 44 Beck 2008, p. 298. 45 French I., Ambiente e globalizzazione. Le contraddizioni tra neoliberismo e sostenibilit, Edizioni Ambiente, Milano, 2000, p. 62. 132

Yet there are alternatives to inequality and unsustainability. Growth driven by fossil fuel consumption is not a prerequisite for a better life in broader human development terms. Investments that improve equity in access, for example, to renewable energy, water and sanitation, and reproductive healthcare could advance both sustainability and human development46. It is a matter of recognising that a model of development still based exclusively on economic growth is now unthinkable: the latter has admittedly enabled a growing section of the population to reach the highest level of consumption, but today this success cannot be repeated, given the scarcity of combustible resources, too greedily exploited, on which it is based47. The western worlds standard of living now seems incompatible with the survival of the planet, but it should also be clear that, in the perspective of global social justice, it no longer seems tolerable that there should be such a sharp polarization between the North and South of the world. New solutions must be found. One of these is the conceptual model put forward by Wolfgang Sachs, sociologist and ecologist, that goes by the name of contraction and convergence: the industrialized countries can slow down the continuous economic growth that is responsible for the ecological crisis, while the industrially backward countries must be able to access better standards of living, at the same time without adopting the traditional model of western development. In other words, the industrialized countries have the duty to reduce their demand for goods and their unlimited consumption of natural resources, while the poor countries have the right to reach the so-called dignity line, a level of consumption of resources capable of ensuring a dignified life for each of their citizens. By reducing the level of consumption on the one hand and making that of the others converge towards it, we would achieve a state of global justice while also respecting the limits of the biosphere. The hope for a universal levelling of standards of living has so far been bitterly disappointed. The only result of the attempt to westernize the whole world has been to impose the rich countries standard of living as the dominant category. The leaders of emerging nations felt the pressure to reach it, falling into the trap of western ethnocentrism with very serious consequences: until today, all the efforts to replace a local value with a universal good have not led to equality, but to a hierarchical modernization of poverty.48 The hierarchy that places the industrialized countries above the emerging countries is also evident in the unequal distribution of risk, not only of resources. The former, which we can call riskgivers, offload the dangers of collateral effects on the target countries, making it seem like an accident and not the result of conscious choices that could be avoided. This therefore gives us a glimpse of power relations that go beyond national borders and extend to a global level. On this point, one can
46

UNDP, Human Development Report 2011. Sustainability and equity: a better future for all, United Nations Development Programme, New York, 2011, p. IV. 47 Daly H. Cobb J., Uneconomia per il bene comune, Red Edizioni, Como, 1994, p. 39. 48 Illich I., Il lavoro ombra, Mondadori, Milano, 1985, p. 4. 133

reasonably talk about a sort of ecological neo-imperialism that the western states, with the benefit of having more advanced technical and scientific know-how49, exercise over the industrially backward countries. This know-how is not used to improve the material and moral conditions of the entire human race (as Saint Simon hoped), but for man to dominate over man, which has also corresponded to an uncontrolled exploitation of nature. 6. In 1795, in Perpetual peace, Kant suggested a plan for global citizenship in which the states would stop acting like monads competing with each other and through reason and progress would ensure conditions of equality for all the citizens of the world. In the 21st century, men from all over the earth are linked together, not by parity of rights and duties nor by widespread well-being, but by global risks that threaten everyones existence and add another obstacle to mans escape from the minority status for which he must blame himself50. The likelihood that we are facing a catastrophic situation can however take on positive features if we establish a culture of civil responsibility that goes beyond confines and contrasts51 leading to a sort of forced cosmopolitisation [which] means in fact that the global risks cross borders to activate and unite players who would otherwise not want to have anything to do with each other52. What is certain is that the global risks produced by the successes of modernity, first and foremost climate change, are essentially impossible to deal with one by one, both in terms of individuals and of single nation-states (to the point where in many cases the latter have handed over control to the economic powers which have ended up engulfing the prerogatives and functions of political power). It is not realistic to give single citizens the task of completely reversing their life style and the goals to aim for during their whole existence 53, without more precise indications of the political and collective tools that should enable the global picture to really change. This task seems even more challenging if one considers that the world order continues to lean in the opposite direction.

49

The superiority of westerners knowledge compared to that of other populations considered backward, however, remains to be demonstrated. Recently there has been a rediscovery of so-called Traditional Knowledge, the traditional knowledge that many human populations have acquired in centuries of co-evolution with natural systems (Bologna G., Manuale della sostenibilit. Idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro, Edizioni Ambiente, Milano, 2005, p. 169). Three hundred million individuals scattered around the world represent ethnic minorities that live in constant contact with nature from which they learn something every day. In places where the traditional agriculture is still practised, farmers have such a perfect knowledge of the species they farm that even genetic engineering uses their secrets. 50 Kant I., Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto , Utet, Torino, 1965, p. 141. Cfr. Shiva V., The World on the Edge, in Global Capitalism, Hutton W. Giddens A. (ed.), The New Press, New York, 2000, pp. 112-29. 51 Beck 2008, p. 93. 52 Ivi, p. 101. 53 As for example the theory of degrowth would seem to indicate. 134

It is indispensable to activate the governments, and here too there must be a close collaboration that involves them all, if necessary by designating supra-national bodies for the management and reduction of global risks. This raises an unsolved problem. The lack of justice is often exacerbated by precisely the institutions that should guarantee fairness and equality of opportunity54. The economic, financial and political institutions are still guided by theories and consolidated practices based on the dominant model of development and that without a radical reform will not be able to comprehend needs and points of view that are not compatible with the mainstream. Moreover, to begin to identify a suitable prospect for reflection, it seems necessary to acknowledge the manifold nature of the present world, involving the players that so far have been excluded from discussions, and achieving a new balance of power, so as to be equipped to face the dramatic risks we are running. This may bring out new perspectives of analysis and intervention based on the awareness that the sharing of global risks and the nature of the ecological challenges may be a sort of new glue of the west or of the world. Such an approach could give rise to a cosmopolitical opportunity for the world risk society, that of transforming global risks into realistic utopias for an endangered world; utopias that allow the state and politics to be revived and re-legitimated55. Similar problems are posed at the level of the responses to give to the present economic and financial crisis. Continuing to insist on the old approach centred on the efficiency of markets and their capacity to achieve solutions that are economically optimal and socially acceptable, means ignoring the problems afflicting the contemporary economy, evading the dramatic questions it poses. The serious crisis in employment, which involves the entire western world, and the explosion of inequalities pose dramatic questions about the sustainability of the dominant model of development. In fact, while moderate economic inequalities seem acceptable when they serve for a growth of the economy designed to involve a growing number of workers in the production process, they are experienced as an injustice if they mark a permanent exclusion of a growing part of the society (and of the younger generations) from productive activity. Basically, wrote A. Smith in The Theory of Moral Sentiments, man can subsist only in society, so it was fitted by nature to that situation for which he was made. All the members of human society stand in need of each others assistance, and are likewise exposed to mutual injuries. Where the necessary assistance is reciprocally afforded from love, from gratitude, from friendship, and esteem, the society flourishes and is happy 56. Reciprocity and the
54

Think of the International Monetary Fund, the World Bank and the World Trade Organization, whose programmes make it clear that they have absolutely different aims compared to the human rights corpus (International Bill of Rights) and to environmentalism (Environment Convention, Biodiversity Convention and hundreds of other single agreements), translating into interventions that ride roughshod over pre-existing regional or bilateral agreements. In addition to this there are some asymmetries and structural limits that make preventive interventions by international organisms difficult. (Cfr. Soros G., The new global financial architecture, in Global Capitalism, Hutton W. Giddens A. (ed.), The New Press, New York, 2000, p. 87 ff) 55 Beck 2008, p. 105. 56 Smith 1966, p. 134. 135

feeling of a shared social destiny of all individuals are not a luxury or an accidental element, but a necessary ingredient for living together, since it guarantees its continuity through the acceptance of its way of working: man has a natural love for society, and desires that union of mankind should be preserved for its own sake, and though he himself was to derive no benefit from it57. This however must be perceived as a shared ingredient, as acceptance of the fundamental pact that J. J. Rousseau talked about and that ties individuals to a common social destiny: the bonds that tie us to the social body are compulsory only insofar as they are reciprocal; their nature is such that by honouring them one cannot work for others without working for oneself58. This fundamental pact must involve the whole society, independently of the particular ways of working typical of the various fields. As Sen pointed out when commenting on this passage from Theory of Moral Sentiments, it is no accident that Smith, in describing the effectiveness of market mechanisms, does not consider the profit motive as its only driving force (though its importance is stressed), but also dwells on prudence. Prudence is of all the virtues that which is most useful to the individual [] humanity, justice, generosity, and public spirit, are the qualities most useful to others. In this sense, adds Sen, there are not just good ethical and practical reasons for encouraging motives other than self-seeking whether in a crude or in a refined form59, but also reasons related to the correct functioning of the economy and of markets. In fact, he says, the nature of the present economic crisis illustrates very clearly the need for departures from unmitigated and unrestrained selfseeking in order to have a decent society60. When inequalities become so widespread and profound that they are seen as being insuperable, in view of the present organisation of the economy and of society, they are simply perceived as an injustice and as Smith pointed out, injustice necessarily tends to destroy61 society.

57 58

Ivi, p. 127. Rousseau J. J., Opere, ed. Paolo Rossi, Sansoni, Firenze, 1972, p. 292. 59 Sen A., Adam Smith and the contemporary world, Erasmus Journal for Philosophy and Economics, v. 3, n. 1, Spring 2010, pp. 53-4. 60 Ivi, p. 54. 61 Smith 1966, p. 127. 136

References Acocella N. et al., Rapporto su povert e disuguaglianze negli anni della globalizzazione, Ed. Colonnese lancora del mediterraneo, Pironti, Napoli, 2003. Beck U., Che cos la globalizzazione. Rischi e prospettive della societ planetaria, Carocci, Roma, 2006. Beck U., Conditio Humana. Il rischio nellet globale, Editori Laterza, Bari, 2008. Bologna G., Manuale della sostenibilit. Idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro, Edizioni Ambiente, Milano, 2005. Chastellux, Marquis de, De la flicit publique, Antoine-Augustin Renouard, Paris, 1822. Cohen D., Tre lezioni sulla societ postindustriale, Garzanti, Milano, 2007. Colombo A. - Tundo L., Fourier. La passione dellutopia, Franco Angeli, Milano, 1988. Condorcet, I progressi dello spirito umano, Editori Riuniti, Roma, 1995. DAlessio G., Ricchezza e disuguaglianza in Italia, Questioni di Economia e Finanza, Occasional paper, n. 115, Banca dItalia, Febbraio 2012. Daly H. - Cobb J., Uneconomia per il bene comune, Red Edizioni, Como, 1994. Easterly W., Lo sviluppo inafferrabile, Mondadori, Milano, 2006. Fourier C., Le nouveau monde industriel et socitaire, in Ouvres Compltes, Anastatica, Parigi, 1966. French I., Ambiente e globalizzazione. Le contraddizioni tra neoliberismo e sostenibilit, Edizioni Ambiente, Milano, 2000. Fukuda-Parr S. - Kumar A. K. S. (a cura di), Readings in Human Development. Concepts, Measures and Policies for a Development Paradigm, Oxford University Press, 2004. Gallino L., Diseguaglianze globali, Il dubbio, n. II, 2002. Gioia V., Conoscenza sociale e riformismo nel pensiero utopico tra il 1789 e il 1848, in Noto S. (ed.), Il ferro e il buon governo, Musumeci Editore, Quart (Valle dAosta), 2007. Illich I., Il lavoro ombra, Mondadori, Milano, 1985. Kant I., Per la pace perpetua, Feltrinelli, Milano, 1999. Kant I., Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto, Utet, Torino, 1965. Keynes J. M., La fine del laissez faire e altri scritti, Bollati Boringhieri, Torino, 1991. Mills W. C., Limmaginazione sociologica, il Saggiatore, Milano, 1995. Nussbaum M. C., Capacit personale e democrazia sociale, Diabasis, Reggio Emilia, 2003. Rousseau J. J., Opere, ed. Paolo Rossi, Sansoni, Firenze, 1972. Rousseau J. J., Sullorigine dellineguaglianza, Editori Riuniti, Roma, 1983. Sachs W., Ambiente e giustizia sociale. I limiti della globalizzazione, Editori Riuniti, Roma, 2002. Sen A., Lo sviluppo libert. Perch non c crescita senza democrazia, Arnoldo Mondadori, Milano, 2000.

137

Sen A., Adam Smith and the contemporary world, Erasmus Journal for Philosophy and Economics, v. 3, n. 1, Spring 2010, pp. 50-67. Shiva V., The World on the Edge, in Global Capitalism, Hutton W. Giddens A. (ed.), The New Press, New York. 2000. Smith A., Indagine sulle cause e la natura della ricchezza delle nazioni , Isedi, Milano, 1973. Smith A., The Theory of Moral Sentiments, reprint Augustus M. Kelley, New York 1966 [1759]. Soros G., The new global financial architecture, in Global Capitalism, Hutton W. Giddens A. (ed.), The New Press, New York, 2000. UNDP, Human Development Report 1992. Global Dimensions of Human Development, Oxford University Press, New York, 1992. UNDP, Human Development Report 1993. Peoples participation, Oxford University Press, New York, 1993. UNDP, Human Development Report 2011. Sustainability and equity: a better future for all, United Nations Development Programme, New York, 2011. Zamagni S., Leconomia del bene comune, Citt Nuova Edizione, Roma, 2007.

138

Un nuevo mundo de ciudadana intercultural


Guillermina Herrera Pea Abstract
Thinking about a utopia for Guatemala in the XXI century implies that one should take the different ethnic composition of the Guatemalan population into consideration. During centuries, Guatemala was seen by local political planners as a country that had to look for a melting pot process in order to erase the ethnic differences. The Guatemalan melting pot dream was rather more cultural than biological. It was named ladinizacin and implied a change of culture for the indigenous people: they had to renounce their languages and ways of life to adopt Spanish language and Occidental culture as prerequisites for development and better conditions. Notwithstanding this terrible situation, the indigenous people have continued to cling to their culture and to fight for recognition and respect. A way to utopia points toward educational issues in order to prepare young people to accept ethnic differences and the positive values of diversity.

INTRODUCCIN Estas primeras dcadas del siglo XXI son para Hispanoamrica de conmemoraciones en torno al bicentenario de creacin de sus repblicas, sin duda punto determinante de inflexin en su historia. Desplazar la mirada a las circunstancias que marcaron el nacimiento y conformacin de estas repblicas resulta obligado para acercarse a la comprensin de la vida social, econmica y cultural de nuestros pueblos hoy en da. No hay duda de que la abrupta configuracin republicana de Hispanoamrica y su devenir a lo largo de dos siglos nos han dejado lecciones importantes sobre las exigencias de la paz, la convivencia armoniosa, el desarrollo sostenible y la democracia. El abordaje de las conmemoraciones debiera de plantearse a la luz de los tiempos actuales, en los que la constante es el cambio vertiginoso y profundo, que permite afirmar que estamos viviendo un cambio de era. La pregunta que aparece inmediatamente es cmo podremos hacer frente a las demandas y desafos de estas transformaciones inditas y hasta en casos impensables, cuando las ineludibles al interior de una abrumadora mayora de nuestros pases no han encontrado an respuestas satisfactorias? Cmo vamos a acomodarnos al mundo globalizado cuando el ntimo sigue tan agitado, sin resolver las ms importantes cuestiones sociales? Porque los proyectos republicanos nacidos en el siglo XIX parecieran agotados y resulta evidente que no hemos conseguido entendernos entre nosotros mismos, no hemos logrado disear una sociedad de ciudadanos que sepa vivir en tolerancia y respeto, reconciliada con la diversidad tnico-cultural que florece en nuestros contextos.
139

El brillante pensador espaol decimonnico, Emilio Castelar, tan apreciado por los intelectuales hispanoamericanos de la poca, deca: Cuntos obstculos encuentran las nuevas ideas! Quin dudara de la lentitud con que camina su difusin por el mundo? Si pudiramos saber las lgrimas exigidas por los principios que nos parecen hoy ms sencillos! Este desahogo de Castelar, a finales del siglo XIX, tiene vigencia intemporal. La historia de nuestro subcontinente muestra claramente dolor y frustracin como notas predominantes ante la rampante incomprensin que, en demasiadas ocasiones, han acarreado las nuevas ideas; ante los valladares infaltables con que han tropezado en su camino principios que desde un mnimo de perspectiva resultan los ms sencillos. Ha sido, podramos afirmar, el peor escenario para acercarse de la utopa a la realidad. Ser la conmemoracin de los bicentenarios ocasin para que los hispanoamericanos consigamos colocarnos en perspectiva y echando abajo los valladares avancemos en el camino de una utopa especfica para nuestro nuevo mundo dentro de la gran utopa contempornea de la aldea global? Volveremos a dejarnos arrastrar, enmudecidos y autmatas, por una implacable inercia o jalonados por la insaciable codicia interna y externa? Podremos llevar los sueos a la realidad? El presente ensayo se centra en la posibilidad de una utopa para Guatemala, pas que, a pesar de su pequeez, resulta interesante para la comprensin del devenir del subcontinente, dadas su composicin tnica, su historia y los retos que afronta para su desarrollo social. LA UTOPA HISPANOAMERICANA DEL SIGLO XIX Mutatis mutandis, la vieja utopa de la creacin de un nuevo mundo libre de las lacras del pasado que hizo soar a muchos espritus idealistas europeos cuando sus navegantes descubrieron el nuevo continente resurgi, a pesar de su rotundo fracaso, rediviva y pujante en intelectuales y poetas hispanoamericanos con motivo de la Independencia poltica de Espaa. El siglo XIX, calificado como de catarsis y convulsin en el mundo hispnico, abrig los acontecimientos y luchas que lo reconfiguraron y catapultaron a la modernidad. Fue el siglo de la abrupta toma de conciencia del ser hispanoamericano, con el desplazamiento de la identidad hacia la propia especificidad en una bsqueda agotadora, entre angustia y esperanza, de autonoma en todos los rdenes. El fecundo pensamiento de prohombres como Bolvar y Mart jalone de Mxico al Cono Sur una dinmica que dara paso a una avalancha de proyectos de transformacin, sobre todo de corte liberal. Hoy nos preguntamos qu fue de aquellos sueos de creacin de un nuevo mundo, porque la realidad result ser trgicamente diferente.
140

En Amrica Central, fueron tiempos de turbulencia extrema. De de la Independencia poltica de Espaa se pas a la Anexin a Mxico, a la conformacin de la Federacin Centroamericana y, muy pronto, a su amarga y aparatosa fragmentacin. La regin se enfrasc en guerras fratricidas y pugnas ideolgicas irreconciliables entre conservadores y liberales. Intereses particulares y pasiones ensombrecieron el panorama, frustraron el anlisis y no permitieron el consenso de un proyecto poltico y social que llenara las expectativas de todos los centroamericanos. El antiguo Reino de Guatemala qued dividido en pequeas repblicas recelosas entre s y poco dispuestas a olvidar pasados agravios, cuyo mayor peso caa en la antigua capital, Guatemala. En la construccin de las repblicas triunf sobre todo la lnea de los liberales, que alentaron una utopa cuyo sustento ideolgico, filosfico y moral fueron el liberalismo y el positivismo. Estas corrientes de pensamiento constituyeron el teln de fondo del paisaje intelectual. Se aadieron corrientes evolucionistas, biologistas y naturalistas y se introdujeron ms que matizaciones derivadas del pensamiento masnico y krausiano. En el mbito de lo esttico, se camin del romanticismo al modernismo, con amplias estancias en el primero. Centrndonos en Guatemala, no es aventurado afirmar que las discusiones intelectuales sobre el liberalismo y su aplicacin al Estado no llegaron muy lejos, como tampoco avanz la coherencia entre los postulados y la prctica al grado de desnaturalizar completamente el camino hacia la utopa. Los escarceos del mundo intelectual en cuanto a lo poltico, se detuvieron en reflexiones sobre la definicin y las funciones propias del Estado, desde la perspectiva de medio ms que fin, y de instrumento necesario para el mantenimiento de la paz social y el orden interno. Las reflexiones siguieron el punto de vista de los fisicratas franceses, que aseveraba que hay un orden natural en los fenmenos econmicos y sociales, un orden que tambin es racional, al igual que los individuos que forman la sociedad. Ocup gran espacio el pensamiento de Bentham, de temprana influencia en los pensadores locales, en cuanto a su afirmacin de que todo gobierno y toda autoridad no son sino males menores que han de reducirse a su mnima expresin, buscando delimitar sus alcances para que sean tiles. Esta utilidad se entendi como el resguardo de la paz social para asegurar la produccin de la riqueza y del progreso. Y muy pronto devino en arma para la proteccin de intereses particulares a los que se plegaron los gobiernos, que acabaron siendo frreas dictaduras y tiranas, abiertamente intervencionistas en la economa siempre a favor de los poderosos y, contrariamente a la doctrina, tan grandes que abarcaban todos los aspectos de la vida social. Los intelectuales vislumbraban el surgimiento de una economa poltica, desde la visin optimista del Iluminismo del siglo XVIII. Heredaron de all el concepto de un orden de los hechos econmicos por medio del que llegan a coincidir
141

providencialmente el inters privado y el inters pblico. La idea rectora que los entusiasmaba era la de que al individuo le basta seguir su propio inters para actuar al mismo tiempo como una fuerza que jalonea el bien de todos. En ese camino, se recurri al trabajo esclavo de las grandes mayoras indgenas para conseguir la riqueza y el anhelado progreso. En Hispanoamrica, como era natural, los liberalismos se desarrollaron a partir de la idea de libertad poltica conseguida con la Independencia de Espaa, hacia la bsqueda de la emancipacin total del hombre. Para Jos Mart, por ejemplo, el liberalismo: era una contraposicin al orden colonial espaol vigente en el Caribe, que adverta los peligros del expansionismo estadounidense. Era sinnimo de independencia en todos los rdenes, la respuesta al reclamo de los hombres a su autonoma inherente e inalienable, la nica que le posibilitaba vivir en plenitud. Autores Varios (2009). El nfasis de los reformistas guatemaltecos iba en otra va: conseguir el progreso material para lo cual la libertad era un requisito, y acababa siendo segn sus predicciones, tambin, un resultado. Pero se trataba de la libertad de unos pocos, para quienes las mayoras pobres e indgenas constituyeron un instrumento descarado y por dems obsceno. Por su parte, el positivismo, que sin duda fue la corriente de pensamiento que ms que ninguna otra afect la instruccin pblica, la educacin superior y las polticas sociales y culturales en aquellos tiempos de creacin de la repblica, llen la agenda de los intelectuales y polticos. El lector puede encontrar amplia informacin y un anlisis interesante del tema en la obra El Positivismo en Guatemala, de Jess Amurrio (1970). Las dos lneas principales que sedujeron a los intelectuales guatemaltecos fueron el positivismo de Saint-Simon, Comte y Mill, y el positivismo evolucionista, de Spencer. El primero, en su proclama de convertir la ciencia en fundamento de un orden social nuevo, y el segundo, en la de la necesidad de explicar el valor religioso de la ciencia. En la tarea de construir las repblicas americanas, estas ideas entusiasmaron a los intelectuales en todo el subcontinente. Se colocaron en primera fila entre los polticos, reforzando de nuevo el propsito de progreso como fundamental en la dinmica social. Las traducan en el cambio y la transformacin hacia estadios de bienestar y civilizacin. Proclamaban que estos ideales se haran realidad slo en una sociedad positivista y utilitarista La idea de progreso lleg desde este flanco a partir de la creencia del desenvolvimiento continuo y gradual de la humanidad. Explicaba cada uno de los estados sociales consecutivos como resultado necesario del precedente y el motor indispensable del siguiente, segn el luminoso axioma del gran Leibniz: el presente est preado del futuro. (En Abbagnano, 1944) Filosofa, poltica y economa llevaron a los intelectuales a sentirse cmodos con la definicin del hombre como ser-en-s-mismo, pero acab privando un concepto de ser humano despersonalizado, al servicio de las urgencias de la Revolucin Industrial.
142

Era el homo faber, esto es, el ser que hace, que trabaja y por ello tiene todo un sistema econmico y de produccin de riqueza. Tiene un sistema moral y jurdico que permite normar la conducta individual y la social. Es el ser que conoce, que hace ciencia y tecnologa. Todo ello deriva en la idea del hombre como un ser que se transforma, y produce transformacin: un ente moral, que al producir bienes, al progresar, mejora su vida con los bienes materiales y con los actos morales, y jalonea el progreso de la sociedad. El hombre, ser racional, tico y econmico que es ser libre, lo cual implicaba, en la teora, igualdad jurdica, que lo liberara de casta y privilegio, y le permitiera una mejor convivencia social. La moral se entenda firmemente enlazada a la idea de derecho, que basado en lo emprico, buscaba con apremio la coexistencia humana pacfica y ordenada de y en la sociedad como medio. El derecho facilitaba esta coexistencia pacfica y garantizaba la obediencia de los individuos en ltima instancias por medio de la coaccin. Era el derecho respaldado por el poder del Estado, de nuevo para que pudieran conseguirse la riqueza y el progreso. En este escenario aparecen en Guatemala, a principios del siglo XX, publicaciones destinadas a amplia difusin, como las obras tituladas Instruccin Moral y Cvica, que son conjuntos de normas que permitiran la vida en sociedad y facilitaran la convivencia. En el tema religioso, como en muchas otras latitudes hispanoamericanas, el liberalismo guatemalteco enfrent el poder econmico y poltico de la Iglesia Catlica y su influencia en el campo educativo. A la cabeza de los intelectuales guatemaltecos, Ramn A. Salazar (1885), deca: La ciencia se ha emancipado del dogma. Preferimos Descartes, Krause y Kant a Santo Toms de Aquino y al Aristteles medieval. Ampliando un poco en el paisaje intelectual predominante, puede verse que la influencia de Krause por cierto, en vida poco conocido en su Alemania natal , y del krausismo espaol en el pensamiento masnico de los hispanoamericanos fue definitiva. Los masones del subcontinente recrearon los principios del ideario republicano espaol de corte krausista, detenindose en ideas clave, como la negacin del derecho de conquista; la censura a los opresores; el sufragio libre y universal y el respeto a la voluntad soberana del pueblo y la dignidad de los individuos y de los pueblos. En la obra de autores como el puertorriqueo Eugenio Mara de Hostos pueden encontrarse las lneas de este pensamiento, que aport ideas del perodo que se llam Independencia Tarda. Dice Henrquez Urea (1969) que Hostos, como Mart, fueron llamados apstoles por discpulos y admiradores, queriendo hacer nfasis en el hecho de que consagraron un verdadero celo apostlico a la defensa de la libertad y a la difusin de la verdad. Para este autor, Mart ley a Hostos, y abrev de su pensamiento, esencialmente moral, con una profunda fe en el poder de la razn para descubrir la verdad. Las ideas masnicas de Krause alcanzaron gran eco y difusin en Espaa y en Hispanoamrica, con notables interpretaciones en torno al Derecho y la Justicia
143

entendidos como bsicos para asegurar el progreso armnico de la Humanidad, y proteccionista de las libertades del individuo. La logia Armona, en Espaa, alberg y form a lderes hispanoamericanos, por ejemplo, Jos Mart, quien desempe all el cargo de orador, cuando vivi desterrado en Espaa entre 1871 y 1874. El pensamiento masnico fortaleci en Guatemala la desconfianza en relacin con lo catlico. Garca Laguardia (1970) indica que en el proceso de la promulgacin del texto constitucional el 11 de diciembre del quincuagsimo octavo de la independencia, los discursos ms hermosos y apasionados se pronunciaron al discutir las relaciones entre la Iglesia y el Estado y que una de las constantes del constitucionalismo liberal en que se fragu la Constitucin fue justamente el de las relaciones entre Iglesia Catlica y Estado. Aparecen tambin en el paisaje intelectual de la poca, escarceos en torno a la idea de la historia como proceso de perfeccionamiento social, con el concepto de la civilizacin que no era otra que la de Occidente como horizonte. Estas reflexiones constituyeron el quid de la cuestin pues afectaron de manera particular el camino de configuracin de la realidad desde la utopa original, echan mano del evolucionismo y del biologismo que afirman la lucha de los individuos por la supervivencia y el hecho de la adaptacin de las especies y la supervivencia de los ms fuertes. Siguen la corriente del positivismo evolucionista, que parte de la doctrina biolgica de la evolucin orgnica, elaborada por Lamarck y Darwin. Observando la composicin tnica del pas y la situacin que vivan los diferentes pueblos indgenas, aplicaban los positivistas guatemaltecos la visin del hombre como el animal ms evolucionado de la escala biolgica, pero no por esto libre de estar sujeto a todas las leyes naturales. En la vida social y su devenir, vean la accin de leyes semejantes, y as la lucha de razas era considerada una constante en la historia: lucha y progreso, hacia la civilizacin. La raza se entenda como subespecie. De ah que se apropiaran con entusiasmo de la idea de que las ms fuertes acababan inexorablemente ganando las batallas, mientras que las dbiles desaparecan. En este marco, abordaron el tema del indgena, cuya situacin muchos lamentaban. No pueden olvidarse aqu epifenmenos marcadamente racistas que se expresaron desde muy pronto con virulencia. En poco tiempo, dejaron de ser epifenmenos, y pasaron al primer plano estableciendo la teora de la degeneracin racial del indio, de terrible cauda para la sociedad, la cual dio sustento para la explotacin y profunda marginacin de los pueblos originarios, as como a la prctica del racismo exacerbado contra quienes llegaron a considerar solo en parte humanos. En estas ideas encontraban justificacin para la explotacin descarada y cruel de los indgenas, sobre cuyo trabajo y privaciones levantaron en gran medida la repblica. Por lo general, no culpaban a los indgenas de lo que consideraban su decadencia, pues reconocan que en la conquista espaola se hallaba la causa de sta, ya que les haba despojado de sus libertades, de sus industrias y de su suelo. Por ello, algunos los consideraban redimibles y buscaban transportarlos a la
144

civilizacin. En ese camino fue tomando cuerpo el proyecto de la ladinizacin del indgena, como medio para su salvacin en el progreso y en la civilizacin. La ladinizacin, y no el mestizaje entre indgenas y no indgenas locales, como en otros pases hispanoamericanos, fue, pues, la utopa social: que el indgena renunciara a su lengua, a su cultura, a sus costumbres; que se integrara a la sociedad occidentalizada y as se sacudiera para siempre las lacras de su degeneracin. Los censos comenzaron entonces a categorizar a la sociedad guatemalteca en ladinos e indgenas, adscripciones culturales y no raciales, porque no consideraban caractersticas biolgicas. La ladinizacin como puerta de escape y salvacin para los indgenas dio paso al indigenismo y a toda una poltica de integracin social cuya herramienta era la asimilacin cultural. Al fin de cuentas, dio pocos resultados porque tampoco se le dot de los recursos necesarios para llevarla a cabo. No obstante, el terrible abandono y la discriminacin a que se conden a los indgenas la promovieron en no pocos casos. Desde luego, junto a esta corriente oficial, proliferaban posiciones de extremo racismo en las que lo biolgico ocupaba el primer plano. As, abogaban por medidas radicales entre ellas la de blanquear la raza, es decir, promover el mestizaje con el arribo de grupos europeos al pas. Era frecuente hasta entrado el siglo pasado lamentarse de que la Conquista espaola no hubiera exterminado a todos los indgenas. Soto voce, el racismo imperante lleg hasta inclinarse por la aniquilacin de aquellos grupos considerados sub-humanos fsica y moralmente. Muy pronto, los indgenas se dieron cuenta de que las amargas renuncias a las que les obligaba la ladinizacin no resolvan su situacin de minorizacin y abandono extremo y el proceso se ralentiz relativamente hablando, sin que, desde luego, la situacin mejorara. Hoy en da, todava se viven historias dramticas de padres de familia indgenas que no ensean a sus hijos su lengua materna ni los visten con los trajes locales para evitarles el dolor del racismo y la discriminacin que ellos sufrieron y sufren. No obstante, fue hacindose evidente tambin para los indgenas que la ladinizacin no los libraba del racismo y la discriminacin, porque en la prctica se da una profunda contradiccin: los no indgenas quieren que se integren, es decir, que se ladinicen, pero cuando lo hacen, los desprecian y les echan en cara que estn asumiendo una identidad que no les corresponde. Vale recordar por aquellos tiempos cobr fuerza, la fervorosa exaltacin por el pasado extraordinario de los pueblos originarios mayas que s haban conseguido civilizacin , a la que todava se reduce hoy en da, con demasiada frecuencia, la visin guatemalteca de lo indgena. De ah deriva una especie de esquizofrenia que en la prctica padece gran parte de la poblacin no indgena de Guatemala: se siente orgullosa de los antiguos mayas, pero desprecia a los actuales. De cara al exterior y ante extranjeros, muchos no tienen reparo de identificarse con los mayas eternos y hasta de presentarlos

145

como sus ancestros, mientras que al interior marcan violentamente las diferencias y proclaman no tener sangre indgena en sus venas. En sntesis, la creacin de nuestras repblicas se dio en tiempos de un positivismo utilitarista beligerante, entremezclado con ideas biologizantes. Tiempos en los que se reduca el concepto de civilizacin a la civilizacin occidental, y se conceba la historia como un proceso que segua las leyes darwinianas del dominio del ms fuerte sobre el ms dbil, a semejanza de lo que ocurre en el mundo de las especies. Tiempos en que se afirmaba que la humanidad estaba categorizada en razas, en el sentido de subespecies. El liberalismo se pleg a estas ideas que matizaron definitivamente su aplicacin. La utopa se redujo a la importacin de sistemas polticos y sociales, a iniciar una carrera precipitada en pos de la civilizacin occidental, buscando afanosamente el progreso, la riqueza y el bienestar y promocin de los grupos socioculturales occidentalizados. La constante fue una contradiccin notoria entre doctrina y prctica, que devino en intervencin gubernamental descarada en la economa a favor de los grupos favorecidos y, en el campo poltico, en dictaduras y hasta crueles tiranas. De espaldas a la realidad, repblicas liberales como la guatemalteca se concibieron opuestas a incluir como prerrequisito indispensable de cualquier plan de gobierno y desarrollo, el reconocimiento y respeto de la composicin de sus sociedades, cuyo rasgo distintivo era y es la diversidad tnica y cultural. Los indgenas no fueron invitados a participar, sino que fueron utilizados al servicio del proyecto del grupo criollo y occidentalizado. Lo que se conform fue un Estado Republicano Liberal, oligrquico en cuanto dominado por lites, y con marcadas tendencias uniformadoras en lo cultural. Su poltica ante la realidad diversa fue la asimilacin, que en nuestro medio guatemalteco se llam ladinizacin y se present como integracin o asimilacin de los pueblos indgenas a la nacin que quera construirse. Le siguieron, como todos sabemos, caudas trgicas para estos pueblos, pero tambin para la sociedad guatemalteca en su conjunto. El proyecto educativo inspirado en el pensamiento en boga, fue coherente con los postulados. La escuela fue instrumento de difusin de esa construccin de nacin homognea, esto es, de una comunidad imaginada por los creadores de la repblica, con su propia historia oficial, sus hroes, sus fechas conmemorativas, sus emblemas, su lengua oficial, sus patrones de socializacin extraos para grandes mayoras, porque eran los que correspondan a uno de los grupos culturales en el escenario. La escuela fue un instrumento privilegiado por los gobiernos para promover la poltica cultural asimilista. En su opinin, la renuncia de los pueblos indgenas a su identidad, era obligada para permitir su ingreso a lo que consideraban la civilizacin y el progreso. Su integracin a la sociedad homognea fue sobreentendida como requisito para el ejercicio de una ciudadana plena. Con sus ms y sus menos, en el siglo XIX la novel repblica de Guatemala anunci aunque no expresamente la democracia. El desarrollo de esta nocin no estuvo para nada claro, y lo que la historia muestra hasta finales del siglo pasado es,
146

por lo general, una trgica concatenacin de dictaduras y tiranas y hasta hoy un recorrido lleno de tropiezos, de confrontaciones y malentendidos plagados de alienacin, que slo han dejado a nuestra sociedad un caminar sin rumbo cierto y el ms amargo sabor y desnimo. UTOPA PARA NUESTROS TIEMPOS? Pocos se atreven a afirmar que el ser humano no sea esencialmente un ser utpico. Por ms que la realidad se presente oscura, injusta y desoladora, pervive un hlito de esperanza en todo grupo humano. De ah que las utopas se renuevan cada cierto tiempo como sueos de un mundo idealizado, alternativo al entorno en que vivimos y que es el mundo realmente existente. Las utopas propician una crtica del mundo real. Ya Toms Moro describa su Utopa como una comunidad ficticia, cuya organizacin poltica, econmica y cultural contrastaba en numerosos aspectos con las sociedades humanas de su poca. De esta manera, podemos afirmar que el ideal surge de la conciencia de los defectos y carencias de la sociedad. Asimismo, que se basa en las posibilidades de cambio y transformacin. Por ello, no es extrao que las utopas hundan su anlisis en las races mismas de la realidad concreta. Un esbozo de esta realidad llena las lneas del apartado anterior, donde hemos tratado de revisar a grandes lneas el camino recorrido de la utopa a la realidad en la construccin de la repblica de Guatemala. Desde luego, no es un anlisis exhaustivo. La complejidad de la situacin impide abordar con la profundidad debida, en el limitado espacio de este ensayo, todas las dimensiones. Debe entenderse solamente como un cuadro panormico, en el que aparecen las cuestiones que hemos considerado prioritarias. Vale traer a cuenta que las utopas tienen una funcin orientadora. En la descripcin que hacen de una sociedad imaginaria y perfecta est siempre presente la idea de que se trata de un sueo inalcanzable, como puede deducirse de la misma etimologa de la palabra, del griego (, no; , lugar) y (, buen; , lugar). Pero, los procedimientos que por lo general describen pueden aplicarse a posibles reformas y orientar la tarea organizadora de los polticos. En este sentido, es til para sealar la direccin que deben tomar las reformas polticas en un Estado concreto. Por otro lado, para muchos pensadores, las utopas sirven para comprender mejor el mundo en el que vivimos pues reflejan los anhelos y expectativas de comunidades humanas de las cuales los autores que formulan los sueos son de alguna manera voceros. Al reflexionar en este espacio sobre una utopa para la Guatemala del siglo XXI, tomamos muy en cuenta las ideas precedentes. Por otra parte, precisamos aclarar que una utopa para nuestro futuro requerira abarcar las diferentes dimensiones polticas, econmicas y socioculturales. No obstante, dada la amplitud de estos desafos, vamos a centrarnos en una sola dimensin que, por otro lado,
147

consideramos ineludible para el abordaje de cualquier otro componente de reconstruccin sociopoltica. Se trata de la dimensin de las relaciones inter-tnicas, base para la paz y el desarrollo sostenible. En el escenario de esta dimensin, pondremos el nfasis en un aspecto: la educacin como plataforma para un desplazamiento de la utopa a la realidad. Quisiera iniciar recordando que no estn lejanos los das en los que muchos padres de familia guatemaltecos indgenas optaban por no mandar a sus hijos a la escuela, porque la consideraban institucin ajena a su cultura, donde los nios aprendan lo que los padres perciban muchas veces como contravalores en su modo particular de vivir, relacionarse con los dems y con la naturaleza. Por demasiado tiempo, la escuela se erigi en medio de las comunidades indgenas como institucin inaccesible e impuesta, a la que los nios teman asistir. Una torre de marfil, fra e indiferente, que ignoraba los valores locales. Absolutamente contraria de lo que los educadores sabemos debiera ser. Pero esta situacin no era casual: la escuela responda a la corriente de pensamiento que atribua los conflictos y el subdesarrollo a la diversidad cultural. Tena como tarea suprimirla. Entenda la llamada cultura nacional como lo nico bueno y verdadero, y miraba a los indgenas como infieles que haba que convertir, naturalmente por la fuerza. Por demasiado tiempo, el mundo indgena fue considerado la causa de nuestros problemas, y, como ya se dijo, se busc la solucin en su desaparicin. No se entenda que los problemas no surgen porque existan particularismos, no son debidos a la diversidad, sino a su rechazo (Vilches y Gil, 2003). En realidad, se multiplican debido a los intentos de homogeneizacin forzada, que nos transforman, como alguien ha dicho, en vctimas o verdugos y a menudo en vctimas y verdugos, las dos cosas a la vez. Todo en nombre del rechazo de la diversidad y a la sacralizacin de la propia identidad, que conduce a aquellas identidades asesinas, de las que habla Maalouf (1999). Este proyecto educativo ensombreci nuestra historia de doscientos aos republicanos. Estas reflexiones ponen el dedo en la llaga porque, desde cualquier ngulo desde el que se vea, resulta evidente que las soluciones a este problema toral de la sociedad afectarn el tratamiento de los complejos desafos que llenan las agendas nacionales. De ah que pueda afirmarse que en la utopa para un nuevo mundo en nuestro entorno guatemalteco resulta imprescindible encontrar vas de entendimiento entre los grupos tnico-culturales en el horizonte de la caracterizacin de la sociedad que queremos construir, as como de las pistas sobre los medios para ir conformndola. Las reflexiones sobre democracia como gobierno del pueblo, y su nfasis en considerarla como el mejor sistema de gobierno que ha encontrado la humanidad, ciertamente sientan sus bases en los avances logrados a partir del parteaguas que signific el final de la II Guerra Mundial y el surgimiento de organizaciones internacionales, que han ido afinando, ampliando y profundizando los significados de

148

los llamados derechos humanos y de modelos de vida ms humanizados en los escenarios nacionales y a nivel mundial. Sin embargo, en Hispanoamrica es imposible obviar la contribucin de los pueblos indgenas a tales reflexiones y sus consecuencias, la cual no puede dejar de formar parte toral de la utopa. Es el caso, por ejemplo, de la historia reciente de sus reivindicaciones, que ha dejado establecida su intencin de supervivencia como pueblos, a la vez que ha puesto sobre la mesa profundas interpelaciones a los Estados hispanoamericanos y sus estilos de gobierno. Puede decirse que esta contribucin de los pueblos indgenas ha conducido a cuestionamientos bsicos sobre cmo lograr armona, equilibrio, progreso y desarrollo sociales; cmo crecer en humanidad en la tolerancia y el respeto; y sobre todo cmo construir sociedades en la diversidad. Las reflexiones ahondan en un punto de incuestionable urgencia: el relativo al ejercicio de la ciudadana. Apuntando directamente al corazn de la cuestin, aparecen rasgos perturbadores, como la minorizacin que afecta de hecho a los miembros de los pueblos indgenas en todo el subcontinente, y que incluye, adems de demandas para resolver las privaciones econmicas y sociales por dems inadmisibles, la lucha por la inclusin individual y colectiva de estos pueblos en las decisiones de la sociedad y del Estado. La reflexin sobre la ciudadana conduce a la de rgimen poltico, como configuracin histrica de un determinado orden, que se expresa en formas de organizacin y participacin del poder, de legitimidad, toma de decisiones, relaciones sociopolticas y participacin ciudadana en una determinada sociedad. Los pueblos indgenas han venido cuestionando, justamente, la concretizacin de este concepto, que histricamente los ha excluido. Hoy por hoy, el abordaje de la ciudadana se ha desplazado desde el mbito jurdico-formal de la igualdad inherente de los ciudadanos ante las normas, leyes y obligaciones de cumplimiento moral, para colocarse cada vez con mayor fuerza en los mbitos de la prctica social, donde priman los intereses particulares, los conflictos y las desigualdades y en donde se lleva a cabo o no, el ejercicio de la participacin en las decisiones. Es decir, en la dinmica de la vida real, en donde se instalan condicionantes polticas y jurdicas, pero tambin estructurales (que propician el beneficio de unos sobre otros), gnoseolgicas (como el acceso a la educacin y a la informacin), identitarias y culturales. Como seala Garca Canclini (1995): ser ciudadano no tiene que ver slo con los derechos reconocidos por los aparatos estatales a quienes nacieron en un territorio, sino tambin con las prcticas sociales y culturales que dan sentido de pertenencia y hacen sentir diferentes a quienes poseen una misma lengua, semejantes formas de organizarse y satisfacer sus necesidades. Centrndose en el individuo, Turner (1993) hace nfasis en la ciudadana como un conjunto de prcticas que:
149

definen a la persona como activo miembro de la sociedad. Desde la creacin de nuestras repblicas, todos los Estados hispanoamericanos han reconocido los derechos y las obligaciones de sus ciudadanos, pero ste ha sido un reconocimiento jurdico-formal, groseramente contrastante con la realidad que han vivido los pueblos indgenas, en permanente estatus de minorizacin. A lo largo de las ltimas dcadas, Hispanoamrica ha vivido una renovacin inspiradora en el llamado multiculturalismo. Ha ido entrelazada con la lucha hacia la conformacin de Estados democrticos, ms all de la democracia representativa. La utopa ha comenzado a dibujar en el horizonte Estados neutros en cuanto a que no se identifican con uno de los grupos tnico-culturales de la sociedad, ni actan como su instrumento para imponer su cosmovisin y formas de vida; que fomentan y garantizan la participacin de todos sus ciudadanos individuales y colectivos en las decisiones que conciernen a la generalidad. Se han abierto discusiones sobre temas como la organizacin poltico-territorial; la descentralizacin poltica, econmica, administrativa y cultural; la unidad en la diversidad; el papel del Estado como instrumento de desarrollo y como mediador o rbitro de conflictos sociales, y, en el mbito educativo, la naturaleza y pertinencia de la escuela destinada a formar a los futuros ciudadanos con competencias para funcionar adecuadamente en contextos tnico y culturalmente plurales. El Multiculturalismo nos ha dejado un importante legado. En gran medida, se desarroll a partir de las experiencias educativas, con los aportes de la Educacin Bilinge, hoy llamada Intercultural Bilinge en muchas partes. Con el Multiculturalismo prcticamente todos los Estados del subcontinente modificaron sus constituciones polticas, reconociendo la composicin plural de sus sociedades y dndole valor positivo a la diversidad. Promulgaron leyes contra la discriminacin y el racismo. Las lenguas indgenas adquirieron un estatus de mayor prestigio, se escribieron, se multiplic el ejercicio editorial de libros escritos en ellas, se usaron pblicamente, en particular en la escuela, y adquirieron, en algunos casos, estatuto de lenguas oficiales. Los pueblos indgenas se hicieron visibles. La escuela comenz a llenarse del color de las comunidades, sus contenidos fueron incluyendo cada vez ms elementos del entorno cultural en donde estn situadas. Las experiencias probaron la importancia del uso de la lengua materna en el desarrollo educativo de los nios, los ndices de asistencia y promocin se incrementaron, la institucin gan: se hizo mucho ms amigable y menos temida. Paralelamente, fue creciendo el pensamiento a partir de la experiencia, y se ha conseguido conformar teoras educativas innovadoras y estimulantes. Por primera vez en la historia de nuestras repblicas, la mirada hacia los pueblos indgenas comenz a cambiar, y dio inicio una atencin ms cercana a sus necesidades educativas, la dinamizacin de un proceso novedoso, ms reconciliado con la diversidad, y una mayor conciencia de la legitimidad de sus demandas.

150

Con el Multiculturalismo, los pueblos originarios tomaron la palabra, y se hicieron or. Los resultados no son fcilmente reversibles, y para una mayora hispanoamericana en crecimiento ya no resulta natural pensar en la desaparicin de sus culturas como futuro inexorable o como la solucin de los problemas endmicos que nos afectan. Tampoco atreverse a exigirles asimilacin a la cultura occidental para ejercer la ciudadana plena. Son transformaciones sumamente importantes que, puestas sobre la mesa, urgen un replanteamiento inevitable del estado de la cuestin. Uno de los grandes aportes del Multiculturalismo sin duda fue permear el pensamiento para cambiar el rumbo, sustentando que la diversidad cultural es siempre positiva en s misma, porque nos hace ver que no hay una nica solucin a los problemas, una nica ley incuestionable, una sola visin del mundo y de la vida. Este nuevo camino trazado anima a colocarnos en situaciones de libertad, en las que es impensable imponer ninguna peculiaridad cultural, ni concebirla ms avanzada, o ms satisfactoria para la generalidad de las personas. La importancia dada a la diversidad cultural qued reflejada en la Declaracin Universal de la UNESCO sobre la diversidad cultural, adoptada en la trigsima primera reunin de la Conferencia General, celebrada en Pars el 2 de noviembre de 2001. Como se seala en la presentacin de dicha declaracin, se procura un instrumento jurdico novedoso que trata de elevar la diversidad cultural a la categora de Patrimonio comn de la humanidad y erige su defensa en imperativo tico indisociable del respeto de la dignidad de la persona. La Convencin se propuso reafirmar los vnculos que unen cultura, desarrollo y dilogo y crear una plataforma innovadora de cooperacin cultural internacional. Con este fin, el texto reafirma el derecho soberano de los Estados a elaborar polticas culturales con miras a proteger y promover la diversidad de las expresiones culturales, por una parte, y a crear las condiciones para que las culturas puedan prosperar y mantener interacciones libremente de forma mutuamente provechosa. No obstante que hasta el momento los logros en el subcontinente no han rebasado en la mayora de los casos el nivel puramente formal y declarativo, y que la misma educacin intercultural bilinge sigue presentando graves carencias entre las que resulta muy seria la falta de un horizonte claro ms all de la histrica poltica asimilista, el pensamiento hispanoamericano, y guatemalteco en particular, se ha enriquecido considerablemente. Los aportes de este pensamiento establecen algunos principios importantes. En primer lugar, queda claro que debe continuar y reforzarse el nfasis a la atencin particular y especfica que los Estados estn obligados a prestar a los pueblos indgenas, para abonar una deuda histrica ineludible. El aporte de la llamada etno-educacin o educacin indgena no puede dejarse de lado en estos esfuerzos, como tampoco otras opiniones de los pueblos indgenas en relacin con el tema educativo de sus nios y jvenes. Cualquier esfuerzo ser poco para alcanzar un sistema educativo con calidad que atienda estas demandas. Necesariamente, la atencin debe partir de la conviccin de que se trata de una situacin estructural, cuyas dimensiones abarcan experiencias e
151

innovaciones en las que la participacin de las sociedades locales es obligatoria para el desarrollo curricular y metodolgico adecuados y para la definicin y seguimiento de un profesorado comprometido, con perfil y condiciones idneas. Pero hay otros aportes muy significativos que se centran en lo que podramos llamar una refundacin del proyecto educativo de nuestros pases. La escuela tradicional no se ajusta ms al mundo nuevo que va surgiendo, un mundo que est llamado a asumir positivamente la diversidad de sus sociedades, y su vocacin e intencin de mantenerla y cuidar de ella, y a la vez que prepara a sus jvenes para la apertura crtica al mundo globalizado. Se hace urgente volver a una comprensin profunda del concepto educacin y de cmo los sistemas educativos deberan funcionar. La educacin tiene como objetivo explcito el desarrollo cognitivo/intelectual de los alumnos, pero tambin la promocin de valores y actitudes de responsabilidad ciudadana y el desarrollo creativo y emocional del alumno. Educar no es slo cuestin de mayor o menor calidad formal. La educacin est destinada a desarrollar en los alumnos la conciencia de su derecho a sus propias elecciones y la capacidad de enfrentar las consecuencias que stas conllevan. De ser analticos, de poder resolver problemas. De cmo ejercer una ciudadana participativa con sentido de responsabilidad social. Se espera, entonces, que la escuela eduque para un mundo diferente, mejor del que generaciones anteriores han experimentado. Que pueda contribuir al logro de mejores niveles de convivencia y a relaciones sociales de calidad: que parta de la prctica consciente de los derechos humanos universales y del ejercicio de la ciudadana como instrumento para la construccin de la cultura de paz. Se trata del desarrollo de un proyecto educativo que desarrolle una ciudadana orientada a construir cultura a partir de valores como la solidaridad y sus expresiones bsicas: el dilogo, el liderazgo democrtico, la interculturalidad y la vivencia de los derechos humanos. No es posible seguir empendose en una educacin injustamente administrada, porque sta contribuye a la desigualdad social, a la exclusin y a la injusticia. Tampoco en una educacin incorrectamente administrada, porque puede reproducir, entre otros males, modelos autoritarios donde el currculo negativo oculto sale a relucir, tornndola herramienta de socializacin para la subordinacin. Se requieren esfuerzos sostenidos para que la escuela en su conjunto se transforme, buscando ser radicalmente pertinente, es decir, tome en cuenta la realidad de las sociedades, sus aspiraciones y metas. Los rasgos distintivos del proyecto de sociedad que se desea tienen que estar conscientemente entretejidos en el sistema educativo, los currculos y los recursos (humanos y materiales) en que descansan. Slo as podr garantizarse el logro de los resultados esperados. La propuesta que va tomando fuerza es la de la educacin esencialmente intercultural y para el cambio, que se dirija a la totalidad de la poblacin educativa, sin descuidar la atencin especial a los ms vulnerables. Se trata, en consecuencia, de una educacin equitativa e incluyente, abierta siempre al dilogo, que promueva competencias para la coexistencia armoniosa y el intercambio creativo y fecundo. Una educacin cuyos lderes estn convencidos de
152

las exigencias del nuevo rumbo que va emprendindose, porque el peso especfico de la escuela ser como siempre ha sido incuestionable en la formacin de los ciudadanos para estas nuevas sociedades. Obviamente, la meta ser la formacin de ciudadanos interculturales, y los resultados esperados sern los de sociedades ms equilibradas, viviendo en paz, en donde la justicia y los derechos inalienables no son slo palabras escritas en los cdigos, en las cuales el bienestar de todos es fruto tambin del esfuerzo de todos, y la tolerancia y la empata social son las normas ms apreciadas, garantizadas y protegidas. Sociedades que enfrentan con mayor sabidura y viabilidad los desafos de la vida moderna, porque les hacen frente trabajando efectivamente para la desaparicin de las brechas sociales internas de carcter estructural y buscando la cohesin con la participacin de todos sus ciudadanos individuales y colectivos. La pertinencia positiva y funcional de la educacin en el avance socio-cultural y econmico de las naciones y los pueblos es un hecho probado. Tambin lo es la visin positiva de la educacin que busca una cultura de paz. En este sentido, vale recordar a Adam Curle (1978), cuando insista en que la paz debiera significar: a escala individual, amistad y comprensin suficientemente amplias como para salvar cualesquiera diferencias... (y) a escala mayor las relaciones pacficas debern implicar una asociacin activa, una cooperacin planificada, un esfuerzo inteligente para prever o resolver conflictos en potencia. Curle agrega que la paz implica desarrollo, es decir, en sus palabras: una gran dosis de igualdad y reciprocidad. No obstante el entusiasmo que acarrean estas ideas, hay alertas sobre las inconsistencias tericas y metodolgicas que an existen. UNICEF, por ejemplo, ha sealado repetidamente que no se ha logrado superar la contradiccin entre un discurso que reconoce la diversidad y una prctica cuyo resultado sigue siendo la homogeneizacin. Zepeda, Toj y Montfar (2005) sealan que para avanzar en el desarrollo de una cultura de paz es indispensable conocer la complejidad de la violencia y sus diversas manifestaciones, entre las cuales algunas aparecen crudamente visibles, pero otras se ocultan encubiertas por la costumbre y los estereotipos que favorecen o legitiman la construccin de las desigualdades y la cultura autoritaria: el racismo y el etnocentrismo, el machismo y el adulto-centrismo, tan invisibilizados en las culturas latinoamericanas y en las prcticas de instituciones polticas y organizaciones sociales. Los mismos autores nos previenen, porque esta complejidad de la violencia endmica en nuestros pases es transmitida de generacin en generacin por medio de la familia, la escuela y otras tantas instituciones. Se reproduce a travs de los procesos de socializacin para favorecer y justificar los sistemas sociales excluyentes, injustos, discriminatorios o deshumanizantes, derivados de estructuras
153

econmicas, sociales y polticas que promueven y fomentan la intolerancia y el irrespeto a las diferencias. Cuando al inicio he citado el desahogo de Castelar en aquel siglo XIX, testigo de tantas y tan fecundas transformaciones, quera referirme a fenmenos como stos. Realmente, hay una larga brecha que cerrar para que las nuevas ideas se instalen en nuestros sistemas educativos. Sin embargo, me permito insistir en que ya se han superado muchos obstculos, y ya ha corrido mucho tiempo para que se difundan las nuevas ideas en nuestro medio. Sabemos las lgrimas que han exigido y vamos reafirmando cada vez ms la conciencia de los principios que las sustentan. Es palpable en amplios sectores guatemaltecos la necesidad sentida de transformaciones para hacer viable un proceso renovador de desarrollo integral en el horizonte marcado por la cultura de paz. ste pasa por salir de la enajenacin cultural que ha privado en nuestra historia republicana de doscientos aos, y se encamina por los senderos de una educacin que promueva la tolerancia, la solidaridad, la cooperacin y el irrestricto respeto a los derechos individuales y colectivos para valorar y respetar la vida en todas sus manifestaciones, la dignidad de los seres humanos, la convivencia armnica y la empata. La experiencia de tan larga andadura nos ha preparado para ahora soar con una utopa en la que se reinventa la educacin dirigindola a la consolidacin de un nuevo mundo para Guatemala: el de la ciudadana intercultural. La importancia fundamental de este abordaje ser, entonces, superar evaluaciones que no pueden agotarse en la valoracin de logros y rezagos, para re-significar los procesos. Sin duda se ha tratado de un duro aprendizaje, pero hoy puede convertirse no slo en una puerta abierta para la solucin de nuestros problemas internos, sino en nuestro aporte al mundo globalizado reafirmando en la prctica valores universalmente aceptados como la fraternidad, la tolerancia y el respeto mutuo, y combatiendo la xenofobia y discriminacin (basada en gnero, etnicidad, estatus econmico o salud) y el etnocentrismo. Haciendo realidad una educacin intercultural de calidad, centrada en el cambio y en la formacin de ciudadanos socialmente responsables y comprometidos, y saludablemente identificados con su propia cultura, asertivos, proactivos e informados, cmo piedra angular para el desarrollo de autnticas democracias. Permtanme finalizar estas reflexiones, recordando a Mara Montessori y su crtica a la educacin competitiva, individualista, insolidaria y asentada en la obediencia, porque sta no es ms que un formidable valladar para la consecucin de la paz; y rescatando su propuesta por la confianza en la infancia y su papel transformativo. La escuela, deca la gran educadora, es capaz de construir la paz desde la mente de las nuevas generaciones. La formulacin de una utopa para la Guatemala del siglo XXI y las pistas para encaminarla a la realidad encuentran camino en la fe en la juventud y en el establecimiento de una escuela que deje de perpetuar la trgica realidad de desencuentros, inequidad, injusticia, impunidad y explotacin. El establecimiento de un sistema educativo que combata el fracaso de las relaciones humanas y sociales que
154

hoy impera, para catapultar un nuevo mundo, el de la ciudadana intercultural. Sera el mundo de los ciudadanos interculturales que, sin importar su propia adscripcin tnico-cultural ni verse obligados a renunciar a ella, se suman al esfuerzo de construir una patria comn, a la que todos se sienten entraablemente ligados por vnculos jurdicos, histricos y afectivos. BIBLIOGRAFA Abbagnano (1964) Historia de la Filosofa. Barcelona: Montaner y Simn, S.A. Acevedo, Carlos L (1939) Vuelta al Liberalismo, en Revista del la Facultad de Ciencias Jurdicas y Sociales. poca III, No.1 1939 Amurrio, Jess (1979) El positivismo en Guatemala. Guatemala: Editorial Universitaria. Estudios Universitarios Vol 16. Asociacin Amigos del Pas (1992-1999) Historia General de Guatemala. Guatemala: Asociacin de Amigos del Pas. Guatemala. Autores Varios (2009) 130 Aos de Mart en Guatemala. V Conferencia cientfica Jos Mart y los desafos del siglo XXI para Centroamrica y el Caribe. Guatemala: Letra Negra Editores Barrios Sols, Francisco (1909) El Factor econmico en la evolucin social. Guatemala: Editorial Electra. Batres Juregui, Antonio (1920) La Amrica Central ante la Historia. Memorias de un Siglo, 1821-1921 (Tomo III). Guatemala: Snchez de Guise. Cabezas, H. (2009) De qu Independencia estamos hablando?. En La Revista, Diario de Centro Amrica 11/9/2009. Guatemala. Castelar, Emilio (1871) Semblanzas Contemporneas. Biblioteca de La Propaganda Literaria. La Habana, Cuba. Curle, A. (1978) Conflictividad y pacificacin. Barcelona. Editorial Herder. Decretos 19/5/1875; 3/11/1876; 3/4/1877. Guatemala. Decreto 19/9/1839. Guatemala. Garca Canclini, N. (1995) Hybrid Culture. University of Minnesota Press.

155

Garca Laguardia (1971) Significado de la Reforma Liberal en Guatemala. En Revista Estudios Sociales, de la URL, No. 5. Guatemala. Giorgis, Liliana y Adriana Arpini (2000) El pensamiento filosfico poltico de la Independencia Tarda: Eugenio Mara de Hostos y Jos Mart en El pensamiento social y poltico iberoamericano del siglo XIX. Madrid: Editorial Trotta. Gonzlez, Daro (1895) Principios de Filosofa Positiva. Guatemala: Tipografa Nacional. Gonzlez Davison, Fernando (1990) El rgimen liberal en Guatemala (1871-1944). Guatemala: Editorial Universitaria. Ley Orgnica de Instruccin Pblica 1888. Guatemala. Maalouf, A. (1999) Les identitats que matan. Per una mundializacio que respecte la diversitat. Barcelona, La Campana. Martnez, Nora (2010) Barrios detrs del mito, en La Revista del Diario de Centroamrica, No. 97, Ao III. Guatemala. Marure, Alejandro (1895) Efemrides de los hechos notables acaecidos en la Repblica de Centro Amrica desde el ao 1821 hasta el de 1842. Guatemala: Tipografa Nacional. Mata Gavidia, Jos (1969) Anotaciones de Historia patria Centroamericana. Guatemala: Editorial Universitaria. Meja, M. V. (2009) Masonera y Krausismo en la revelacin guatemalteca, En 130 Aos de Mart en Guatemala. Milla y Vidaurre (1963) Historia de la Amrica Central. Guatemala: Ministerio de Educacin. Pinto Soria, Julio Csar (2009) Guatemala y el Bicentenario de las Luchas por la Independencia. En El Acorden, 13/11/2009. Guatemala. Valle, Heliodoro (1942) Cartas de Bentham a Jos Cecilio del Valle. Mxico. Vsquez, Marlene (2004) Mart y Amrica. Permanencia del dilogo. Guatemala: Letra Negra. Salazar Ramn A. (1951) Historia del desenvolvimiento intelectual de Guatemala. Guatemala: Mineduc. Biblioteca Cultura Popular, Vol 11.

156

Sandoval , Fernando (1923) El progreso como funcin del organismo humano, (tesis) en Studium, Guatemala Ao II (8,9). Spnola, Rafael (1900) Moral Razonada. Guatemala: Tipografa Nacional. Turner, J. (1990) Redescubrir el grupo social. Madrid: Morata. Urea, Enrique M. y Pedro Alvarez (Eds.) (1999) La actualidad del krausismo en su contexto europeo. Madrid: Editorial Parteluz. Vilvhes y Gil (2000) Construyamos un futuro sostenible. Dilogos de supervivencia. The Press Syndicate. Cambridge. United Kingdom. Zepeda, Toj y Montfar (2005) Ciudadana y cultura de paz. UNESCO.

157

158

Marx et Engels, quelle politique?


Michel Kail

Abstract
Under the cover of the crisis, the European media and intellectual milieu shows a renewed interest for Marx and Engels analyses. In order to integrate them in the omnipresent economic liberal thinking, these analyses need to be submitted to a process economization. There is an undeniable tendency toward economization and naturalization in the works of Marx and Engels which helps to legitimize their critical project. But this naturalization process also leads to the confusion of reality with necessity and to the overlapping of the concept of the ought on the concept of being, while critical thinking actually distinguishes these two levels and questions their articulation. In the Manifesto of the Communist Party, the proletariat bears a project of emancipation since it expresses an inner contradiction of the capitalistic system. The proletariat is therefore stimulated by a determination which is outside the capitalistic system. This kind of conception does not leave any room for politics and in order to avoid this, one should not consider determinism as a principle of explanation but rather as an imperative of domination. The being of the proletariat is not determined, essential, but rather relational within a relationship of domination. It is not the essential being of the proletariat to spur struggle against capitalism but rather the struggle of the proletarians which historically qualifies being proletarian.

suivre le rythme mdiatique du traitement rserv Marx, ce dernier semble bnficier dun retour en grce au titre de thoricien des crises du capitalisme. Ce qui revient ladmettre comme un conomiste parmi dautres, auquel on accorde cependant un certificat de clairvoyance tant donn ltat prsent des conomies capitalistes qui semble confirmer au moins une part de ses analyses. Or cette convocation dun Marx conomiste ampute la dimension critique de la pense de celui qui qualifiait pourtant son projet de critique de lconomie politique , ainsi que le rappelle notamment le sous-titre du Capital.

159

Cette conomisation de la pense de Marx, tout fait dans lair du temps, est une condition pralable de son intgration dans le discours libral omniprsent1, qui diagnostique la situation actuelle comme tant une crise financire avec des consquences dabord conomiques (des consquences dans lordre de lconomie dite relle), ensuite, et ensuite seulement, sociales. Consquences sociales dont on confie, dans ce mme schma, la gestion au pouvoir politique. Cette chronologie propre linterprtation dominante de la crise repose sur un certain nombre de prsupposs, dont celui qui entrine lautonomisation de la sphre conomique et de la sphre financire, en son intrieur laquelle conduit confiner la sphre politique dans un rle second, lenfermer dans un schma volontariste, et lui dicte strictement son programme: attnuer les aberrations rguler, dit-on de lemballement spculatif. Cette autonomisation de lconomique rend possible sa naturalisation, ce qui permet dexclure de son fonctionnement le social, admis au seul titre donc de consquence, heureuse ou fcheuse. Dans cette optique, si le peuple grec manifeste contre les mesures prises par le gouvernement Papandrou, ce ne peut tre que par ignorance (dans le cas du jugement le moins svre) des lois de lconomie puisque ces mesures ne sont que la saine application des enseignements de la science conomique. Critique de lconomie politique et conomisation Il est remarquer quune certaine pente du discours de Marx encourage cette conomisation . Pour preuve parmi dautres, un passage de la Prface de la premire dition du Capital: Lors mme quune socit est arrive dcouvrir la piste de la loi naturelle qui prside son mouvement et le but final de cet ouvrage est de dvoiler la loi conomique du mouvement de la socit moderne elle ne peut ni dpasser dun saut ni abolir par des dcrets les phases de son dveloppement naturel; mais elle peut abrger la priode de la gestation et adoucir les maux de leur enfantement. Pour viter des malentendus possibles, encore un mot. Je nai pas peint en rose le capitaliste et le propritaire foncier. Mais il ne sagit ici des personnes quautant quelles sont la personnification des catgories conomiques, les supports dintrts et de rapports de classes dtermins. Mon point de vue daprs lequel le dveloppement de la formation conomique de la socit est assimilable la marche
1

Par discours libral omniprsent , il faut entendre le discours libral conomique dissoci du discours libral politique. Cette dissociation peut tre, notamment, illustre par les mesures prises sous la prsidence Bush la suite du 11 septembre 2001 pour combattre le terrorisme au dtriment des valeurs de respect de lindividu, alors mme que le libralisme conomique tait revendiqu et appliqu. Voir ce sujet, Didier Bigo, Laurent Bonelli, Thomas Deltombe (sous la direction de), Au nom du 11 septembre... Les dmocraties lpreuve de lantiterrorisme , Paris, La Dcouverte, 2008. Apprciation qui continue de valoir pour la prsidence dObama, puisque lentit hors droit de Guantanamo est toujours en activit. Certain(e)s parlent de no-libralisme , mais il nest pas certain que cette nouvelle appellation soit indispensable. 160

de la nature et de son histoire, peut moins que tout autre rendre lindividu responsable de rapports dont il reste socialement la crature, quoi quil puisse faire pour sen dgager2 . Dans cette citation, Marx invite rabattre le processus de dveloppement conomique dune socit sur lvolution de la nature au moment mme o il publie le premier livre dune critique systmatique de lconomie politique. Cest dire quil tient cette naturalisation pour un pralable ncessaire lexercice de lactivit critique. Or, selon nous, lactualit de Marx rside prcisment dans ce projet critique, qui anime lensemble de son uvre. La ractivation dun tel projet critique justifie ce que lon pourrait appeler un retour Marx . Il convient donc, dans un premier temps, de dessiner la forme que lhypothse de lassimilation de la formation conomique de la socit la marche de la nature confre au projet critique. Formellement, la prise de parti critique introduit un cart, ou dcalage, entre ce qui est et ce qui doit tre, entre le descriptif de l prsent et le normatif de l venir, et dnonce ce qui est au nom de ce qui doit tre, le capitalisme au nom du socialisme, par exemple. Pour qui prtend mettre en uvre cette prise de parti, il devient impratif dassurer larticulation lun sur lautre, du descriptif et du normatif. Et la faon dont le mode darticulation peut tre anticip dpend bien sr de la caractrisation de ce qui est. supposer que ce qui est soit apprhend comme relevant de lordre de la ncessit, on ne saurait introduire la moindre distinction entre ce qui est et ce qui doit tre, car ce qui est ncessaire (ce qui ne peut pas ne pas tre) est, tout moment, tout ce qui peut tre; en dautres termes, ce qui peut tre est toujours actuel. Aussi nest-ce que par ignorance ou folie que lon dans ce on il est ais de reconnatre entre autres le peuple grec tel quil est caricatur par les lites qui prchent la rigueur croit pouvoir transcender le prsent vers un possible qui devrait tre. Nest-ce pas cette impuissance que lidentification pratique par Marx dans la citation prcdente semble nous condamner? Comment, en effet, concilier une telle naturalisation avec une quelconque capacit critique? Toujours formellement, une seule possibilit demeure ouverte, la distinction de ltre et du devoir tre surgissant dans le cours mme du processus ncessaire que lon dclare travers de contradictions internes qui minent la perptuation de ce qui est. Aussi est-ce sous la catgorie de la contradiction que Marx et Engels pensent les crises qui affectent le mode de production capitaliste. Nous voyons soprer sous nos yeux un mouvement analogue. Les conditions bourgeoises de production et dchange, les rapports bourgeois de proprit, la socit bourgeoise moderne qui a fait jaillir comme par enchantement des moyens de production et dchange aussi prodigieux ressemble au sorcier qui nest plus capable de matriser les puissances infernales quil a voques. Depuis des dizaines
2

Karl Marx, uvres, conomie I, Paris, Bibliothque de la Pliade, Gallimard, 1965, p. 550. 161

dannes, lhistoire de lindustrie et du commerce nest plus que lhistoire de la rvolte des forces productives modernes contre les rapports modernes de production, contre les rapports de proprit qui conditionnent lexistence de la bourgeoisie et de sa suprmatie. [] Les conditions bourgeoises sont devenues trop troites pour contenir la richesse quelles ont produites. Par quel moyen la bourgeoisie surmonte-t-elle les crises ? Dune part en imposant la destruction dune masse de forces productives ; dautre part en conqurant de nouveaux marchs et en exploitant plus fond les anciens. Par quel moyen donc ? En ouvrant la voie des crises plus tendues et plus violentes et en diminuant les moyens de les prvenir3 . Marx et Engels accordent la bourgeoisie un rle rvolutionnaire dans lhistoire, si bien que son tre lui-mme est rvolutionnaire: elle ne peut exister, dclarent-ils, sans rvolutionner en permanence les instruments de la production, donc les conditions de la production, donc, encore, les rapports sociaux de production. Mais ce mouvement incessant ne va pas sans crises, qui vont elles-mmes en saggravant, dune part, par leur ampleur qui sintensifie, dautre part, parce que les moyens capitalistes de les surmonter samenuisent au fur et mesure de leur succession. Le processus rvolutionnaire bourgeois qui se nourrit de lui-mme spuise lui-mme en se dployant. Son extension est aussi son auto-ngation. Dautant plus que: Les armes dont la bourgeoisie sest servie pour abattre la fodalit se tournent maintenant contre la bourgeoisie elle-mme. Mais la bourgeoisie na pas seulement forg les armes qui lui apportent la mort ; elle a aussi engendr les hommes qui porteront ces armes, les ouvriers modernes, les proltaires4 . Les proltaires, fossoyeurs de la bourgeoisie Comme lcrivent Marx et Engels un peu plus avant dans leur argumentation, les proltaires sont les fossoyeurs de la bourgeoisie quelle secrte elle-mme. Si bien que la dfaite de la bourgeoisie et la victoire des proltaires sont inluctables5 (unvermeidlich, inluctable, invitable). Comme il ne peut en aller autrement sous le rgime de la ncessit la formation conomique de la socit imitant le cours de la nature , sous lequel, rappelons-le, ce qui est est est toujours tout ce qui peut tre, la contradiction se dploie en interne , telle la taupe , selon une image clbre: le capitalisme produit et se produit en rduisant toujours plus les conditions de sa reproduction.
3

Karl Marx et Friedrich Engels, Manifeste du parti communiste, prsent et traduit par E. Bottigelli, dition bilingue, Paris, Aubier-Montaigne, 1971 [1848], p.89 et 91. 4 Ibid. 5 Ibid., p.107. 162

Premier temps du schma hglien, dans sa forme au moins, de la ngation de la ngation . Prcisons. Le capitalisme ne subsiste quen rvolutionnant les moyens et les rapports sociaux de production ; en dautres termes, la ngativit est le principe mme qui le fait tre et perdurer. Ce principe qui dclenche ses consquences sur le mode de lauto-ngation (rvolution permanente de la production capitaliste) finit par tre confront une limite (la reproduction des conditions de la production capitaliste devenue impossible); lauto-ngation se muant en ngation absolue. Laquelle est surmonte, vite , par la ngation de la ngation, dans la mesure o lautongation promeut la possibilit de sa ngation: Dans la mesure mme o se dveloppe la bourgeoisie, cest--dire le capital, se dveloppe le proltariat, la classe des ouvriers modernes qui ne vivent que tant quils trouvent du travail et qui nen trouvent que tant que leur travail augmente le capital6 En quoi les proltaires comme fossoyeurs de la bourgeoisie interrompent le processus rvolutionnaire inaugur par la bourgeoisie, et se rvlent paradoxalement tre les acteurs dune contre-rvolution salutaire. En vrit, saffrontent ici les deux sens du mot rvolution . Le processus de rvolutions dans lequel la bourgeoisie est entrane par la formation conomique de la socit quelle domine dominante, la bourgeoisie est nanmoins soumise la logique de crise de lensemble social qui autorise sa domination reproduit le mouvement des rvolutions astronomiques, cette diffrence quil ny a pas retour au point de dpart initial; il y a certes retour, mais retour un tat qui va toujours en se dgradant. La contre-rvolution proltarienne est rvolutionnaire, au sens cette fois o elle permet de sextraire du processus de crises et de substituer terme labondance la surproduction. Lacte rvolutionnaire proltarien est un acte anti-crises . Aprs avoir dcrit le mouvement par lequel la bourgeoisie se prcipite dans une impasse quelle creuse et dresse elle-mme, Marx et Engels tournent leur regard vers ceux qui permettent de sen chapper, les proltaires. Nous nous proposons de comparer lanalyse de la constitution du proltariat dans ce chapitre I du Manifeste avec la mise au clair des rapports des communistes avec les proltaires en gnral7 dveloppe dans le chapitre II. Nous faisons lhypothse quune telle comparaison nous amnera prciser quel statut rserve la politique le mode dinterprtation de lhistoire des socits et des hommes expos dans le Manifeste du parti communiste8 .
6 7

Ibid., p.91. Ibid., p.109. 8 Nous sommes conscient du caractre partiel de notre argumentation propos de cette question dcisive du statut de la politique chez Marx et Engels, et tout autant dans le marxisme. Quelle soit partiale, cest malgr nous. Nous sommes convaincu que la dtermination dun tel statut serait diffrente si nous prenions en compte des textes historico-politiques de Marx tels que Les Luttes de 163

Le chapitre I organise lentre en scne des proltaires dans lhistoire en seconds, aprs celle de la bourgeoisie, dans la mesure o ils sont et deviennent conformment, paralllement, la mainmise de la bourgeoisie sur lorganisation de la socit: Dans la mesure mme o se dveloppe la bourgeoisie, cest-dire le capital, se dveloppe le proltariat, la classe des ouvriers modernes qui ne vivent que tant quils trouvent du travail et qui nen trouvent que tant que leur travail augmente le capital9 . Le dveloppement de la bourgeoisie, du capital, a pour consquence le dveloppement du proltariat, lequel est donc partie constitutive de la formation conomique de la socit bourgeoise. Cette dtermination tout en extriorit du proltariat contient , au sens o lon dit que la digue contient limptuosit des flots, contraint sa capacit dagir; lagir se confondant alors avec un ragir: Le proltariat passe par diverses tapes de dveloppement. Sa lutte contre la bourgeoisie commence avec son existence10 . Or lutter, comme dans la colre (qui se rvle bonne conseillre), cest se mettre hors de soi, schapper de la condition que le rapport social quest le capital assigne, ici, au proltariat; cest se mettre distance du soi que la dtermination tout en extriorit prescrit chacun et chacune des proltaires. Il faut le souligner, le dterminisme nest pas, en loccurrence, dans lordre des rapports sociaux de production, un mcanisme enchanant aveuglment, implacablement, invitablement , pour citer le texte du Manifeste, les causes et les effets, il assigne, il prescrit, sa tonalit est celle de limpratif. Le dterminisme impose celles et ceux ainsi assigns de superposer leur tre sur le devoir tre quexige la formation conomique de la socit. Formation conomique que Marx et Engels ont su dvoiler si finement et si critiquement comme reclant un rapport social. Aussi devaient-ils non pas noncer le dterminisme comme une loi de lvolution des socits ou de lhistoire, mais le dnoncer comme un impratif de la domination. Le dterminisme nest pas une catgorie pistmologique favorisant la connaissance des socits et de lhistoire humaine, cest larme des dominants. Pour les dominants, le recours au dterminisme socio-conomique prsente un avantage dcisif, dans la mesure o il convie les domins adhrer leur devoir tre , non sous la forme dun impratif ce qui rendrait visible et ventuellement inacceptable la domination , mais sous celle dun mcanisme dpourvu de toute intentionnalit qui ne requiert
classes en France 1848-1850 (1850 ; 1895), Le 18 brumaire de Louis Napolon (1852) et La Guerre civile en France (1871). Cest le fait dune grande uvre que de promouvoir des tensions dans le mouvement mme de sa rdaction. 9 K. Marx et F. Engels, Manifeste du parti communiste, op. cit., p .91. 10 Ibid., p. 95. 164

nulle adhsion puisquil charrie tout sur son passage, toutes celles et tous ceux qui y participent. En soutenant que la lutte du proltariat contre la bourgeoisie commence avec son existence, Marx et Engels enserrent la lutte elle-mme dans le schma du mcanisme, du dterminisme, de l conomisation , ils rangent, ds labord et de manire dfinitive, la lutte sous la catgorie du ragir. En luttant le proltariat nagit pas, il est agi. Cest que la proposition selon laquelle le proltariat entame sa lutte du fait mme de son existence signifie que la lutte appartient lessence mme du proltariat, elle est une des consquences dductible de cette essence. Cest une telle dduction que Marx et Engels dploient en effet dans le chapitre I du Manifeste lorsquils sattachent dcrire en vrit, prescrire la marche progressive du proltariat vers son unification et vers la rvolution11. La lutte du proltariat ne consiste pas en une libre projection dun devoir tre transcendant ltre, elle est un effet logique de lessence que lui octroie la formation conomique de la socit capitaliste. Cest ce titre quil se prsente comme la seule classe rellement (wirklich, dans le texte allemand, qui peut se traduire en franais, la fois, par en vrit et de fait, deux caractristiques qui, runies, dfinissent la notion dessence) rvolutionnaire : Les autres [classes] priclitent et sombrent avec la grande industrie, le proltariat en est le produit le plus spcifique12 . Ce qui vaut au proltariat ce label rvolutionnaire, cest que la dualit tredevoir tre, ressort de la critique et de la lutte, le constitue et fait de lui loccasion du dclenchement de la ngation de la ngation : ltre proltarien manifeste un dnuement qui va jusqu le priver de lhumanit elle-mme, aussi son devoir tre, lenvers de son tre, loblige-t-il librer lhumanit tout entire. Les proltaires nont rien sauvegarder qui leur appartienne, ils ont dtruire tout ce qui, jusquici, tait garantie et assurances de la proprit prive. Tous les mouvements du pass taient des mouvements de minorit ou dans lintrt de minorits. Le mouvement du proltariat est le mouvement autonome de limmense majorit dans lintrt de limmense majorit. Le proltariat, couche la plus basse de la socit actuelle, ne peut se mettre debout, se redresser sans faire voler en clats toute la superstructure des couches qui constituent la socit officielle13 .

11

Ibid., p.95-105. Ibid., p.101. Nous soulignons. 13 Ibid., p.103. propos de mouvement autonome , die selbstndige Bewegung, il faut entendre, selon nous, le mouvement propre de lessence proltarienne. Selbstndige se traduit par autonome , mais aussi par indpendant , si bien quen forant le trait nous pourrions poursuivre en remarquant que le mouvement se prolonge indpendamment des proltaires rels, qui nen sont que loccasion et non les acteurs.
12

165

Encore une fois, la dualit de ltre et du devoir tre nest pas instaure par lengagement des proltaires dans la lutte, ils entrent en lutte sous leffet dune ncessit dessence, laquelle essence leur est attribue par la formation conomique de la socit capitaliste, et contient en son sein, en son principe, la dualit de ltre et du devoir tre. Il est procd, pourrions-nous dire, une essentialisation de cette dualit, qui empche de la concevoir comme tant engendre par lacte de lutte, lacte libre des proltaires. La politique? Elle survient dans le chapitre II, Proltaires et communistes . Les conditions de son affirmation et de son efficacit sont strictement dlimites. Quels sont les rapports des communistes avec les proltaires en gnral ? Les communistes ne constituent pas un parti particulier en face des autres partis ouvriers. Ils nont pas dintrts spars de ceux du proltariat tout entier14 . Parce que le mouvement du proltariat vient dtre qualifi de mouvement autonome (comme manifestation de lessence proltarienne), il semble que les communistes comme mdiateurs politiques naient gure de justification ou dutilit. Toute mdiation ne manquerait pas dtre perturbatrice. Aussi Marx et Engels insistent-ils sur limmdiatet du lien entre les proltaires et les communistes: les communistes ne constituent pas un parti particulier, ils nont pas dintrts spars. Et cependant, une mdiation est indispensable qui, tant donn lallure essentialiste du discours du Manifeste, ne saurait tre que de lordre de la thorie: [] ; sur le plan de la thorie, ils ont sur le reste de la masse du proltariat lavantage de comprendre clairement les conditions, la marche et les rsultats gnraux du mouvement proltarien15 . Dans la continuit de notre analyse, il apparat que la vocation de la thorie consiste en la saisie de lessence mme du proltariat, quel que soit ltat momentan de la conscience des proltaires eux-mmes. La thorie se situe au niveau de la philosophie de lhistoire, et non de lhistoire. Dans le champ de celle-l, les sujets historiques sont des essences qui collaborent pleinement au droulement de la dialectique. On conoit aisment quune forme d impatience avant-gardiste sempare du thoricien lorsque le proltaire historique nest pas la hauteur de ce quil devrait tre. Impatience qui laisse sourdre la tentation du substitutionnisme comme le pronostiquait Lon Trotsky dans nos Tches politiques: Mais il ne faudrait pourtant pas ngliger le fait que le proltariat, le proltariat rel de Ptersbourg, est rest en loccurrence compltement lcart, et que cest a
14 15

Ibid., p.109. Ibid. 166

posteriori quil a pu demander lenvoye du Parti : Quest-ce que nous allons faire, nous, maintenant ? Le groupe des rvolutionnaires professionnels marchait non pas la tte proltariat conscient, il agissait (dans la mesure o il agissait) la place du proltariat16 . Nous ne prtendons ni rduire luvre thorique et politique de Trotsky cette prise de parti anti-lniniste, ni conclure directement du bolchvisme au stalinisme; ce serait pcher par excs dessentialisme. Ce que nous dnonons. Nous voulons seulement signaler que, dans la perspective qui est dessine par le Manifeste du parti communiste, la politique se voit rserver la portion congrue. Que faire? Convient-il de rompre avec les analyses de Marx et dEngels? La double inspiration qui les anime doit encore tre la ntre, entendons linspiration critique et linspiration matrialiste, entremles. Encore faut-il que linterprtation du matrialisme ne fasse pas obstacle lactivit critique, cest--dire politique, comme cest le cas dans le Manifeste, ainsi que nous avons cru le montrer. Pour cela, une norme doit nous servir de guide: lintuition fondamentale du matrialisme est la libert; la philosophie matrialiste affiche sa supriorit, juste titre ou non, en ce quelle se construit comme une philosophie de la libert. Cette possibilit de sortie par le haut (matrialiste) nous est mnage par la remarque du philosophe marxiste italien, Constanzo Preve: Dans les analyses de Karl Polanyi, les socits prcapitalistes se distinguent qualitativement de la socit capitaliste parce quen leur sein, ladite conomie, cest--dire la production et la circulation des marchandises pour le march, ne peut atteindre une autonomisation complte mme sil y eut des socits de type mercantile dans lOrient ancien, etc. , mais finit toujours par tre incorpore (embedded) dans les structures globales de la socit. [] Lhistoire des genses des penses scientifique, politique et conomique modernes nous montre, indubitablement, que la tendance principale est constitue par la dsincorporation de lconomie hors des structures incorpores prcdentes. la fin de ce processus, on trouve lutilitarisme, qui est la forme ultime et thoriquement parfaite de cette dsincorporation, parce que lconomie ny est plus seulement dsincorpore mais souveraine, au point de constituer une nouvelle religion monothiste plus intolrante que les prcdentes : le monothisme de march. Il est bien de relever [] que ce processus de dsincorporation est tendanciel, mais ne peut tre structurellement port son terme. Seul, un modle de capitalisme utopique, en tout point irralisable, pourrait en fait raliser une dsincorporation intgrale, qui conciderait avec la fin probable et court terme du capitalisme mme. Ce que je dis, je crois, est compatible avec ce que disent tant Polanyi que Marx,
16

Lon Trotsky, Nos tches politiques (1904), Gonthier, Bibliothque Mdiations, Paris, 1970, p.71. 167

tandis que cest incompatible avec ce que soutiennent beaucoup de polanyiens et beaucoup de marxistes htifs, qui croient que le capitalisme connat vraiment une dincorporation intgrale de lconomie hors de la structure sociale globale. Cette conception errone est la base de ce mlange pathologique dconomisme et dutopisme qui reprsente la vraie maladie unique et incurable du marxisme17 . Au mlange pathologique dconomisme et dutopisme, nous prfrerions le mlange dconomisme et dessentialisme, en vertu des lments que notre argumentation prcdente a tent de mettre en lumire. Il reste que le constat de Preve est lumineux: lconomie capitaliste, nous prvient-il tout en rendant hommage Marx et Polanyi, nest pas une structure capable de sauto-reproduire pleinement et compltement, le capitalisme articul sur lautomatisme de lchange rciproque comme seule base de relations sociales ne saurait fonctionner. Or la mise en branle de ce matrialisme dialectique laquelle nous convie le Manifeste repose sur cette illusion dune conomisation acheve. Si nous parvenons la secouer, nous devrions pouvoir procder un dplacement dcisif ouvrant le champ de la politique dans un cadre matrialiste renouvel. Ce dplacement concerne la dualit de ltre et du devoir tre. Nous avons vu que la formation conomique de la socit capitaliste telle que lanalysent Marx et Engels dans le Manifeste ils entrinent avant la lettre la thse dune dsincorporation intgrale de lconomie les autorise saisir le proltariat comme tant pouss irrsistiblement lutter contre la bourgeoisie et mettre en uvre mcaniquement cette dualit. En revanche, si nous sommes attentif lavertissement (marxisto-polanyien) de Preve, nous comprenons que lhypothse de cette soi-disant essence proltarienne repose sur un prsuppos erron, que le capital ne saurait manquer dtre un rapport social (et non le moment ou la variable dun processus ou dune loi conomique) et que ltre proltarien ne peut tre tenu pour essentiel mais pour relationnel, insr quil est dans une relation de domination. Ce nest pas ltre essentiel du proltariat qui a pour consquence ncessaire la lutte contre lordre capitaliste, cest la lutte de proltaires qui qualifie historiquement (cest--dire, notamment, de manire non dfinitive18) ltre proltarien. Il y a une histoire de ltre proltarien et non une essence de celui-ci. En quoi ce dplacement relance-t-il la problmatique politique? Deux remarques pour finir, seulement indicatives. Le dterminisme conomique est la raison, lenjeu, des luttes proltariennes, et nullement leur cause ou leur principe. De telles luttes suspendent, ou tendent suspendre, lefficace de ce
17

Constanzo Preve, Histoire critique du marxisme, De la naissance de Marx la dissolution du communisme historique du 20me sicle, traduction de B. Eychart, prface de D. Collin, postface dA. Tosel, Paris, Armand Colin, collection U, 2011 [2007], p.56-57. Merci Richard Sobel de nous avoir conseill cette lecture. 18 Le matrialisme historique offre un acquis prcieux pour caractriser cet historiquement , acquis quil ne faut surtout pas ngliger denrichir. 168

dterminisme , dont la vocation est principalement idologique, ou performative. Lidologie dterministe prtend figer la dualit de ltre et du devoir tre tandis que la lutte revient se rapproprier cette dualit afin den redfinir les termes et le rapport. Tche minemment politique puisquen ouvrant la question de ce qui doit tre, cest la forme mme de la sociabilit qui est en jeu (que prtend rsoudre de manire satisfaisante et dfinitive le dterminisme conomiciste , par exemple en en appelant une main invisible ), ainsi que le problme du passage de ce qui est ce qui doit tre, une association dans laquelle le libre dveloppement de chacun est la condition du libre dveloppement de tous19 Si le libre dveloppement de chacun est la condition du libre dveloppement de tous, cela signifie que la sociabilit ne saurait tre ptrifie dans une structure et quelle simpose comme le centre de proccupation de toute dcision politique. Une sociabilit problmatique.

19

K. Marx et F. Engels, Le Manifeste du parti communiste, op. cit., p. 129.

169

170

Istituzione e utopia Note a margine di una conversazione tra Jean-Paul Sartre e Franco Basaglia
Raoul Kirchmayr Abstract
In the Presentation of his volume What is Psychiatry?, published in 1967, the Italian psychiatrist Franco Basaglia debated with the French philosopher Jean-Paul Sartre, the father of Existentialism and of dialectical theory, about a strategic issue in the contemporary social sciences: at what conditions could psychiatry transform itself from being historically an instrument of exclusion and repression into a praxis of emancipation. While Sartre was expressing his philosophical opposition to the term utopia, that he judged too culturally compromised to be employed as a tool in the critical discourse, Basaglia defended the use of the formula utopia of the reality ( utopia della realt) that he created and by which he pointed out the possibility of a deep and revolutionary modification in the so-called total institutions (asylums, jails, etc.). Despite the apparently theoretical controversy, the debate between the two influent intellectuals shows a common point of view. As a matter of fact, both of them clearly recognized the same scope for the intellectual who is socially engaged in transformative practices that culminate in tracing the very path leading to a revolutionary process through the building up of a real utopia which can take place in historically concrete situations. To change the inner logic which rules on total institutions asylums first has to be the objective of a massive destruction of the institution itself. Through the norms, institutions produce subjects to a foucaultian power/knowledge system, individuals who have been atomized and objectified. The action of the intellectual should aim at the subversion of norms in order to create a new field of forces where different processes of identification can replace the old ones. To do so, the intellectual must transform his own identity and reverse the function that society historically gave him: he has to refuse his role of specialist worker in technical knowledge, as Sartre calls him which means to be an instrument of the symbolic reproduction of the capitalist society in order to become an engaged intellectual supporting the cause of the oppressed and the exploited. Thus, in Sartres and Basaglias vision there is no possible mediation: one either accepts the new forms of oppression and social control that are giving shape to the western industrial societies, or one fights the new rationality from inside both theoretically and practically through discourse and action. In this order of things, utopia is either revolutionary or it is not. As Basaglia writes, reality and utopia live together as two apparently different faces of ideology, intending ideology as a false utopia which is only realized as a benefit for the ruling class. It is therefore necessary to recognize and separate the two ideas of utopia, the false already realized to reinforce the ideological ramparts of the capitalist society and the real one which is still to come but can also be realized locally, in small and institutionally determined contexts. This utopian force can operate a real change. The welfare landscape in Italy underwent profound changes after the approbation of the so-called Law 180 in 1978, and, after the dismantling of the previous psychiatric system Basaglia reflected on the epistemological status of the revolution accomplished in psychiatry. What he left as his own legacy (he died shortly after, in 1980) is to consider the fecundity of the void produced by the critical discourse in psychiatry as a scientific discipline. This void gave room to the subsequent revolutionary action which had been a form of empirical radicalism. The authentic signification of real utopia seems to stem from both the negation of the existing reality (equivalent to ideology) and from the revolutionary bet that locally subvert the order of things. 171

In questo testo vorrei, brevemente e in modo schematico, tratteggiare alcuni elementi di riflessione che si trovano nella celebre Presentazione a Che cos psichiatria?, scritta a quattro mani da Franco e Franca Basaglia. Infatti, in quel testo che viene introdotta lespressione lutopia della realt, che stata scelta alcuni anni fa per unantologia apparsa nel 2005, nella quale sono riuniti alcuni dei saggi pi significativi scritti dallo psichiatra veneziano.1 Il punto focale su cui vorrei concentrarmi fornito dal significato che viene dato da Basaglia alla parola utopia perch, in quelloccasione Jean-Paul Sartre, che dialoga con lo psichiatria veneziano, ne rifiuta criticamente luso. Ci che vorrei mostrare , in primo luogo, che il disaccordo tra i due solo apparente e dipende da una questione principalmente nominalistica; in secondo luogo, che vi tra i due un accordo sostanziale circa la direzione del processo rivoluzionario che rende si necessario per trasformare le istituzioni, in modo particolare le cosiddette istituzioni totali, e la logica delle norme che in esse trova realizzazione; in terzo luogo, vorrei rilanciare la questione su una certa semantica dellutopia, mostrando come Basaglia declini il significante utopia sul piano spaziale, in seguito alla scoperta della funzione centrale che acquista il vuoto nella costruzione del sapere. La parola utopia, cos, deve essere messa in relazione a un gesto radicale che stato teorico e pratico di interrogazione della follia e di distruzione dellistituzione psichiatrica. Basaglia ci porta allora a ripensare tanto il ruolo e la posizione dellintellettuale allinterno dellistituzione, quanto la possibilit di unazione che programmaticamente non si limiti al solo momento tattico, ma che si ponga la questione di una pi ampia strategia da perseguire in un dato quadro storico-culturale e politico. In altre parole, il riconoscimento dellasse Sartre-Basaglia, dovrebbe permettere di reperire la questione delle finalit dellazione critico-politica che lintellettuale pu svolgere nella societ. Ci che Basaglia chiama utopia della realt concerne dunque il rapporto tra lintellettuale, le sue pratiche e il suo specifico campo dazione trasformatrice.2 Trasformazione o distruzione delle istituzioni? Il sociologo francese Robert Castel stato un importante interlocutore di Basaglia. Collocatosi dalla stessa parte della barricata nella lotta contro listituzione asilare,
1

Cfr. F. Basaglia, Lutopia della realt, a cura di F. Ongaro Basaglia, con una Introduzione di M. G. Giannichedda, Torino, Einaudi, 2005. 2 Il rapporto Sartre-Basaglia appare come in grande misura trascurato tanto dal lato degli studi sartriani quanto dal lato delleredit basagliana. merito di Maria Grazia Giannichedda, nella sua Introduzione allantologia uscita per Einaudi, aver riconosciuto la presenza e lispirazione di Sartre nel percorso di Basaglia. Un numero della rivista Les Temps Modernes presenta un dossier, da me curato, dedicato al rapporto Sartre-Basaglia (Les Temps Modernes, n. 688, avril-juin 2012). Il saggio di Giovanna Gallio, intitolato La dcouverte de la ralit. Sartre matre de Franco Basaglia (pp. 64-103) al tempo stesso una preziosa testimonianza e unattenta valutazione dellinfluenza esercitata dal filosofo francese su Basaglia. Il presente articolo stato scritto durante il lavoro di composizione del dossier e, di conseguenza, debitore alle riflessioni di Giovanna Gallio. 172

Castel ebbe una grande attenzione per la specificit dellazione teorico-politica di Basaglia, nel contesto istituzionale dellepoca, per gli elementi di novit che essa era in grado di mobilitare. Ci si rivela importante anche nel confronto con la realt francese dove, come noto, si era sviluppata la cosiddetta psichiatria territoriale, che ha segnato la storia dei cambiamenti istituzionali doltralpe. In un recente intervento a un convegno italo-francese dedicato agli inizi della rivoluzione psichiatrica in Italia,3 Castel ha ben sottolineato la sfasatura tra la percezione degli eventi e i processi storico-culturali ed economici quali si sono poi mostrati nel corso del tempo. Parlando della convinzione nutrita allepoca, tra gli anni Sessanta e Settanta, da tutti coloro che da protagonisti hanno agito per una liberazione dalle vecchie forme di esclusione, controllo, repressione, cura e trattamento della malattia mentale, Castel ha sottolineato che una percezione era comune: quella di muoversi come unavanguardia in grado di trasformare radicalmente le strutture istituzionali. La testimonianza di Castel mette laccento su un punto delicato: si pu ora riconoscere che gli anni Settanta non abbiano tanto realizzato un cambiamento in termini di progresso effettivo, quanto che siano stati lultima fiammata di un ampio processo di riorganizzazione del mondo occidentale, conseguente a una fase di crescita economica e di sviluppo sociale. Se fu possibile avviare una lotta per la realizzazione di diritti formalmente riconosciuti, perch le dinamiche economicosociali permisero permesso lavvio di una differente strategia di controllo e sfruttamento, di una nuova razionalit basata sulla bassa intensit piuttosto che sullesclusione violenta e loppressione. Ci pone il problema quanto mai delicato della riappropriazione ideologica dei risultati conseguiti da quelle lotte e, conseguentemente, della necessit di ripensarne il senso in un contesto generale che oggi mutato di segno. Come testimonia la Lettera da New York,4 il breve importante articolo pubblicato nel 1969 frutto dellesperienza come visiting professor al Maimonides Hospital di Brooklyn Basaglia aveva gi individuato le principali linee di tendenza della trasformazione istituzionale che stava avendo luogo negli Stati Uniti. Dalla met degli anni Sessanta, negli Stati Uniti la nuova razionalit si stava ricostruendo nella forma pi accettabile dellistituzione tollerante, nella quale lesclusione diventava un atout tattico in un quadro pi ampio di riconfigurazione del potere. Nel ruolo di osservatore partecipante della realt istituzionale americana in campo medico, Basaglia condusse una vera e propria indagine sociologica che, come scrive, avrebbe potuto dare concretamente la misura del legame tra una tecnica istituzionale che ama definirsi innovatrice, e il sistema socio-economico che la sostiene.5 I capisaldi del processo riguardavano allora la revisione profonda delle vecchie forme di trattamento della malattia mentale, con un passaggio dal sistema manicomiale segregazionista al modello della comunit terapeutica,6 secondo una concezione riformista che era gi stata realizzata in Inghilterra nel sistema della
3

Il convegno Tutto inizi nel 61. Quando Franco Basaglia arriv a Gorizia (responsabile scientifico M. Colucci), si svolto a Gorizia, il 16 e il 17 novembre 2011. 4 F. Basaglia, Lettera da New York. Il malato artificiale, in Id., Lutopia della realt, cit., pp. 182-190. 5 Ivi, p. 182. 173

psichiatria territoriale e che negli Stati Uniti avrebbe dovuto costituire il sistema dei Comprehensive Community Mental Health Centers, uno dei punti qualificanti la riforma politica del Welfare durante la presidenza di John F. Kennedy. Con uno sguardo critico che trae ispirazione dalle indagini di Michel Foucault, Basaglia afferma il ruolo ambiguo delle istituzioni e delle forme di potere che esse esercitano sugli individui: da un lato sono strumenti di integrazione sociale,7 dallaltro sono sistemi di esclusione che si realizzano mediante limposizione di norme vincolanti. Di fronte alla costruzione di un sistema a maglie pi serrate, che pare seguire esattamente la logica di un pi fitto ed efficace quadrillage sociale, Basaglia rivendica contro il modello anglosassone la necessit di non limitarsi a convertire la realt manicomiale in una ragnatela di servizi assistenziali dedicati ai marginali e agli esclusi, ma di procedere, secondo unidea che egli aveva chiara gi negli anni Sessanta, alla vera e propria distruzione di quella realt nel nome di una pratica di libert e, in definitiva, di una democrazia concreta.8 Come dichiar infatti alcuni anni prima, nel suo intervento al primo Congresso internazionale di psichiatria sociale, tenutosi a Londra nel 1964, si tratta di riconoscere la funzione della scienza come supporto allideologia e come giustificazione di pratiche di esclusione e di controllo, e di comprendere come la specializzazione tecnico-scientifica proceda parallelamente al consolidamento della nuova razionalit e allintroduzione di norme allapparenza pi tolleranti: [] che la psichiatria borghese sia disposta ora a riconoscere che la malattia mentale pu essere strettamente legata alle contraddizioni della nostra realt sociale, allargando il terreno di indagine e di cura dallindividuo alla famiglia, alla scuola, alla fabbrica, significa che in questa direzione sa di potere creare nuove istituzioni (la psicoterapia della famiglia, gli psicologi di fabbrica, le assistenti sociali) che smorzeranno i conflitti, senza mai arrivare a mettere in discussione il fondamento su cu lideologia si basa: la definizione della norma come cerchio limite dei valori della classe dominante e la divisione dei ruoli come suddivisione allinterno della norma delle diverse competenze.9 Perci la rivendicazione critica che Basaglia formula consiste da un lato nel mettere a fuoco le contraddizioni che lo specialista (il tecnico, ovvero lintellettuale) va a incarnare nei processi di cambiamento e, dallaltro lato, individua quella che egli definisce come una impasse al contempo teorica e pratica. Ricordiamoci di questa parola, perch il riconoscimento dell impasse come aporia,
6

Il modello della comunit terapeutica, sviluppato in ambito inglese da Maxwell Jones forn daltronde il riferimento pratico a Basaglia per lintervento di trasformazione rivoluzionaria del manicomio di Gorizia e, in seguito, di Trieste. Cfr. M. G. Giannichedda, Introduzione a F. Basaglia, Lutopia della realt, cit., pp. X-XI. 7 Ivi, p. 183. 8 Cfr. F. Basaglia, La distruzione dellospedale psichiatrico come luogo di istituzionalizzazione. Modificazione e libert nello spazio chiuso. Considerazioni sul sistema open door (1964), in Id., Lutopia della realt, cit., pp. 17-26. 9 Ivi, pp. 171-172. 174

generata da un non-sapere, da un vuoto al cuore della scienza psichiatrica, andr con il tempo a costituire un nodo nel pensiero di Basaglia, una sorta di punto di attrazione che si mostra grazie alla pratica della distruzione dellistituzione. Egli scrive dunque: Se questo discorso poteva essere, fino a qualche tempo fa, unintuizione del significato politico del pericolo cui poteva andare incontro la nostra azione antistituzionale, sul piano pratico si tratta ora di una situazione reale che si presenta con la stessa urgenza con cui si presentava la negazione controtrasferenziale della violenza istituzionale. Si tratta di unimpasse teorica e pratica insieme, che non ha niente a che fare con le dissertazioni scientifiche cui si abituati: per noi questione di capire in che modo unazione antistituzionale pu concretamente incidere nella struttura; se lo pu, o se questo tentativo di incidere nella struttura attraverso la negazione o il rovesciamento dellistituzione, sia soltanto una nuova utopia (che si tramuta in una nuova ideologia), che ci consenta di sopportare il tipo di vita che siamo costretti a vivere.10 Mi limito a registrare un aspetto che in questo passo mi pare significativo: lidea dellimpasse teorica e pratica si affaccia assieme al pericolo di rafforzare listituzione come apparato coercitivo e di controllo che, in cambio di sicurezza, espropria la vita. Vediamo dunque allungarsi, sulle pratiche di azione antistituzionale, lombra scura di unutopia che, in luogo di negare listituzione, rinsalda invece lideologia del capitale che le fa da fondamento. Nella Lettera da New York Basaglia descrive le linee fondamentali della trasformazione delle strutture di cura negli Stati Uniti, riconoscendo in esse la sperimentazione di quel modello di normazione della societ. Dopo averle esaminate in una premessa generale11, egli passa poi a considerare il peso che assume, in tale processo di cambiamento, la conservazione di una logica economica. Basaglia vede chiaramente che la trasformazione dellistituzione avviene nel quadro di uneconomia che contemporaneamente presupposto e fine dellazione riformatrice. Lideologia del cambiamento necessita della povert come di una part maudite necessaria al suo funzionamento per arrivare comprendere se tutto questo non rientri nel quadro di un regime produttivo che ha scoperto di poter assorbire la povert come oggetto di un nuovo ciclo produttivo, senza mutarne il ruolo e la condizione.12 Ricordiamoci del contesto politico dellepoca e del ruolo delle forze progressiste nella societ americana: il programma Kennedy effettivamente intendeva ingaggiare una lotta alla povert con strumenti tecnici nuovi e mediante un cambiamento delle istituzioni mediche. La teorizzazione neo-liberale della societ dei due quinti, formulata negli anni Settanta dalla scuola di Chicago che dunque considera la povert come strutturale e legittima labbandono di politiche di recupero e inserimento, oltre alla dismissione di settori interi di Welfare ancora di l da venire. Teniamo in sospeso
10 11

Ivi, p. 172. F. Basaglia, Lettera da New York, cit., p. 184. 12 Ivi, p. 185. 175

per il momento questo riferimento alla dimensione socio-economica della determinazione della malattia mentale, perch dovremo in seguito sviluppare, con Basaglia, alcune considerazioni in merito. Nei successivi tredici punti contenuti nella Lettera, Basaglia illustra il modo con cui negli Stati Uniti si proceduto nellavviare una psichiatria territoriale. In particolare, egli evidenzia come la razionalizzazione del settore avvenga non nei termini di una presa in carico della condizione del malato, ma producendo nuove forme di marginalit: Il sistema economico produce quindi un nuovo tipo di disadattamento che recupera creando, in suo nome, una nuova istituzione allinterno del ciclo produttivo.13 Inoltre, tra la vecchia logica manicomiale con le strutture, le sue forme di esclusione e le sue violenze e il nuovo sistema, c una sostanziale continuit, che emerge quando si vede come la nuova istituzione medica costruisca una pseudorealt che rispecchia la propria immagine14 e con la quale essa rafforza il proprio potere tecnico-scientifico. Il terzo punto che vale la pena sottolineare, infine, come tale pseudorealt sia dotata di un significativo potere soggettivante e identificante di cui loggetto , prima ancora che il malato, il medicopsichiatra. Cos accade che i tecnici accettano semplicemente di fare il gioco del sistema politico generale, consentendo di agire come strumenti del controllo sociale, sotto la mistificazione del controllo tecnico.15 Ci detto, andiamo direttamente allultimo paragrafo del testo, intitolato Conclusioni, che composto da due pagine e mezza taglienti nelle quali Basaglia descrive il processo in corso negli Stati Uniti e ce ne restituisce unimmagine vivida, in un flash che il nostro futuro politico-istituzionale.16 In quelle due pagine egli esprime la convinzione che anche in Italia, conformemente alla modernizzazione capitalistica del Welfare, si imporr una gestione tecnico-scientifica dellarea del disagio mentale e sociale, sotto il segno dellequilibrio del sistema. La povert qui sta diventando unindustria. Si tratta di unopera di colonizzazione interna, con le sua tattiche diverse per ununica strategia: il mantenimento dello status quo economico generale. []. Se la nuova istituzione tollerante consapevole della parte che si trova a giocare nel sistema generale, evidente che parlare di una tecnica innovatrice rivoluzionaria, comunitaria e democratica per definire la sua azione di controllo sociale, non che una mistificazione. E continua poi con una preziosa riflessione sulla funzione che ha assunto il linguaggio nella riconversione istituzionale svolta dalla logica del capitale. Egli scrive:

13 14

Ivi, p. 186. Ibidem. 15 Ivi, p. 188. 16 Ivi, p. 190. 176

Il linguaggio nato in un momento di negazione reale come sempre velocemente imparato e consumato, cos da poter essere usato per esprimere esattamente lopposto di ci che significa. O la situazione in cui si vive conserva un margine dialettico, tale da consentire la possibilit di una presa di coscienza reale e di un processo di cambio, o i termini nuovi sono solo usati per coprire una realt vecchia. Sotto lillusione dei rapporti democratici si cela sempre una forza manipolatrice molto pi sottile e penetrante di qualsiasi imposizione dittatoriale. La tecnica del reaching a consensus usata per risolvere i conflitti sociali non che lespressione di una manipolazione sotterranea che vuole ottenere la subordinazione spontanea dei gruppi che gestisce.17 Oggi, in tempi in cui il linguaggio dello human empowerment e del social engineering sono diventati non solo lidioma del neocapitalismo ma la forma stessa con cui costruita la realt dellattuale mondo sociale, gli spunti allarmati di Basaglia sono come il lampo che annuncia il tuono. La descrizione che egli aveva condotto, osservando i mutamenti dellistituzione sul peculiare fieldwork degli istituti ospedalieri americani, da l a qualche anno sarebbe andata a sovrapporsi ai tumultuosi mutamenti nel campo psichiatrico che si sarebbero verificati gli anni Settanta, in primis con lesperienza rivoluzionaria condotta a Trieste. Il risultato sarebbe stato il prodursi di un campo di tensioni nel quale le spinte riformistiche del sistema venivano superate in velocit ed efficacia da pratiche di dissolvimento della stessa logica del controllo sociale imposta dalla nuova razionalit. Occorre dunque riconoscere che Basaglia aveva ben compreso quale indirizzo stesse prendendo la generale riorganizzazione della societ capitalistica nel campo del Welfare, in particolare nel settore dellassistenza medica e psichiatrica, e quale contraddizione si sarebbe in seguito aperta tra istanze localmente riformatrici ma conservatrici del sistema da una parte, e istanze distruttrici del sistema nel suo complesso mediante unazione locale dallaltra parte. Il nemico non poteva pi essere identificato solo con la vecchia psichiatria, dotata di un intero apparato doppressione in funzione di controllo sociale, ma con una psichiatria data in gestione a tecnici del sapere pratico che impongono settorialmente mediante il potere delle istituzioni la logica generale del sistema. Le premesse di questo movimento di trasformazione devono essere ritrovate in germe proprio negli anni Settanta, mentre solo nel decennio successivo che le spinte alla modernizzazione appaiono in tutta la loro forza e con un impressionante impiego di energie indirizzate alla rimitizzazione del capitalismo. Oggi, la Lettera da New York torna a parlarci. Certo, non ha mai smesso di farlo dagli anni in cui venne scritta ma, anacronisticamente, oggi che la possiamo intendere meglio. Infatti, ci che fino a qualche anno fa appena poteva sembrare decisamente relegabile nellarsenale delle armi critiche fuori uso linsistenza sulla divisione di classe, il continuo movimento di politicizzazione del sapere, una certa retorica sul capitalismo e sulla sua logica intrinsecamente violenta ora tornato improvvisamente di attualit. Se ci accaduto, non stato perch le strategie di
17

Ivi, p. 189. 177

dominio attuate localmente dal capitalismo fossero cessate, ma perch sotto i colpi di un processo che tuttora in corso le forze di rimitizzazione non sono pi riuscite a operare il reframing degli eventi. La crisi attuale ha fatto emergere delle discrasie sistemiche che la logica del capitale era finora riuscita a impiegare a proprio vantaggio. in questo quadro odierno, marcato da una strana rinnovata attualit di quelle problematiche, poste a cavallo tra interrogazione sui modelli di sapere e loro sperimentazione pratica, che linvestimento teorico di Basaglia sulla parola utopia pu ancora, nuovamente, dirci qualcosa. Perlomeno circa sui malintesi sensi da attribuire alla distruzione dellistituzione medico-psichiatrica. Lo psichiatra come intellettuale critico. Sartre e Basaglia sullutopia nellottica di unoperazione di salvaguardia dello spirito utopico che Basaglia si confronta con Sartre. Il terreno del confronto quello del ruolo da riconoscere allintellettuale, ovvero a quello che Sartre chiama il tecnico del sapere pratico nel suo difficile e controverso rapporto con i saperi (anzitutto i saperi delluomo) e con le istituzioni. Nel corso del suo cammino di scrittore e filosofo, Sartre non ha mai smesso di interrogarsi sulla figura e il ruolo dellintellettuale, fino a mettere in scena una peculiare drammaturgia nella quale egli stesso ha impersonato il personaggio principale: lintellettuale totale, chiamato a scelte di campo nette e difficili, qualche volta in sintonia coi tempi, altre volte in disaccordo con essi. Nel 1965 Sartre tiene delle conferenze in Giappone, a Tokyo e a Kyoto, nelle quali presenta da un punto di vista storico-critico la figura dellintellettuale. Il testo delle conferenze viene in seguito pubblicato in un volume della serie Situations, con il titolo di Plaidoyer pour les intellectuels.18 In che cosa consiste la difesa dellintellettuale che Sartre pronuncia di fronte al tribunale della ragione dialettica? La figura moderna dellintellettuale, egli dice, storicamente e culturalmente determinata: non pu essere dissociata dal ruolo storico che ha avuto la borghesia europea nella trasformazione del paesaggio politico tra il XVIII e il XIX secolo. Ci significa che lintellettuale figura dell improduttivo collocata in seno a una classe che fa delleconomia la leva per accedere al potere si definito in relazione ai fini specifici della borghesia e in dipendenza da essi. Egli non produce nulla, la sua esistenza materiale permessa dal suo ruolo che consiste nellelaborare dei linguaggi con cui la borghesia riconfigura il mondo. solo con il XX secolo e con lapparizione sulla scena storica del proletariato come classe universale che il ruolo dellintellettuale pu mutare: da colui che mette a disposizione un sapere per far trionfare una visione parziale e ideologica del mondo, a colui che
18

J.-P. Sartre, Plaidoyer pour les intellectuels, in Id., Situations VIII, Paris, Gallimard, 1968 ; trad. it. Difesa dellintellettuale, in Id., Luniversale singolare. Saggi filosofici e politici 1965-1973, Milano, Mimesis, 2009, pp. 25-72. 178

lotta per superare tale visione parziale, frutto del pensiero borghese, e per guadagnare cos la dimensione universale di un sapere critico. Lintellettuale dunque luomo che prende coscienza dellopposizione, in se stesso e nella societ, fra la ricerca della verit pratica (con tutte le regole chessa implica) e lideologia dominante (con il suo sistema di valori tradizionali).19 Tracciata la linea di divisione, che passa tra particolare e universale, tra pensiero borghese e istanze del proletariato, tra ideologia e verit, Sartre costruisce due figure di intellettuale che corrispondono ad altrettanti forme di sapere-potere e che si distinguono grazie a quella linea di divisione. La prima figura quella del tecnico del sapere pratico che quellintellettuale, depositario di un sapere di tipo specialistico e tecnico, che non si interroga sulla propria funzione politica e sociale e che si limita a riprodurre le forme di sapere-potere inerenti il suo ruolo. Di fatto, egli agisce come un fattore mediante il quale la societ borghese si riproduce, dal momento che stato formato a quello scopo. La libert di cui gode limitata di fatto dalle condizioni materiali in cui egli agisce, condizioni che il suo ruolo istituzionale gli impedisce di chiamare in causa. Rispetto ai fini particolari che egli difende, il tecnico del sapere pratico cieco, perch tale condizione di cecit connessa con la sua posizione sociale. Lo sviluppo della societ moderna ha moltiplicato queste figure, dice Sartre, ed possibile misurare la sua complessit dal ruolo che esse svolgono rispetto a quello dei produttori. La seconda figura quella dellintellettuale in senso stretto, il quale ha preso coscienza della propria condizione e delle funzioni cui chiamato ad adempiere ma che, proprio per questo, impiega il proprio sapere non pi per riprodurre le forme del sapere-potere, ma per cambiarle. Infatti, la loro riproduzione significa al tempo stesso il consolidamento delle forme di dominio esercitate da una parte della societ occidentale. Lintellettuale colui che, mediante un movimento con cui si dissocia da se stesso, prende una posizione esterna rispetto a quella che gli stata assegnata e, con ci, indica altri fini rispetto a quelli perseguiti dalla societ borghese. Figura ingrata rispetto al mondo da cui proviene e che la ha allevata, essa pure una delle forme contemporanee della coscienza infelice hegeliana, poich sopporta, patendola, la contraddizione che costituisce la sua identit. Ci che interessa sottolineare qui non tanto la schematizzazione storicosociale che Sartre compie, oltre al riferimento al proletariato quale classe universale e autentico soggetto storico, quanto lidea che tra il tecnico del sapere pratico e lintellettuale critico intercorre una differenza sottile. Essa consiste prima di tutto nel tematizzare, da parte dellintellettuale, la propria condizione materiale che Sartre chiama situazione e dunque la posta in gioco del potere nel rapporto tra lintellettuale e listituzione: in questo caso lintellettuale si assume il compito di smascherare il carattere ideologico del sapere, mostrando che esso non mai neutrale, ma implica sempre uneconomia del potere.20 Inoltre, esiste pure un aspetto
19 20

Ivi, p. 39. Cfr. ivi, pp. 42-43. 179

pratico di questa messa in questione dellideologia, in quanto lintellettuale pu innescare una specie di processo autoimmunitario del potere con il quale il questo si depotenzia lottando contro se stesso. Lintellettuale, in altre parole, sarebbe la figura stessa di questo depotenziamento della coppia foucaultiana sapere-potere: di per s figura scissa e contraddittoria, se lintellettuale svolge una funzione critica rispetto alla configurazione del sapere-potere, perch egli pu rivolgere il proprio saperepotere contro listituzione, producendo cos sul piano pratico un cortocircuito nella riproduzione delle forme di oppressione, esclusione e violenza che caratterizzano le istituzioni borghesi. Il punto-chiave che lanalisi di Sartre porta alla luce pu allora essere considerato il seguente: se ogni pratica di lotta anti-istituzionale guidata dal ruolo contemporaneamente politico e culturale dellintellettuale critico, che accade quando viene meno il fine della costruzione di un sapere che non pi espressione di una visione particolaristica del mondo, ma si pretende invece come universale? E se tale universalit fosse solo un fantasma, che accadrebbe, dunque, relativamente ai fini nella formulazione di una teoria che voglia pure essere efficace nella trasformazione pratica delle istituzioni? Domande simili equivalgono a porre la questione epistemologica dei saperi specialistici e settoriali. Gli interrogativi che Sartre si concentra nel corso degli anni Sessanta a partire dalla Critica della ragione dialettica da cui derivano le conferenze giapponesi non sono altro che una differente formulazione del problema della crisi delle scienze posto dalla fenomenologia di Husserl, e un tentativo di risposta che si articola mediante il discorso del marxismo. Husserl nella Crisi delle scienze europee si chiede se e come sia possibile superare la perdita di senso della scienza moderna. Sartre risponde che per ritrovare il fondamento di un sapere universale occorre unesperienza di liberazione di ciascuno dai bisogni materiali. Sartre sposta decisamente la questione della crisi sul piano pratico, politico e materiale: non ci pu essere fondazione di una scienza universale che non passi attraverso la trasformazione radicale delle condizioni materiali nella produzione dei saperi. Ma, appunto, come operare tale trasformazione, se non intervenendo sulla logica che governa la riproduzione del sapere, cio sui meccanismi istituzionali del potere, su ci che viene definito in quanto norma? Se non ci si concentra solo sul richiamo di Sartre al proletariato come classe universale, ma si guarda piuttosto alla diagnosi della crisi dei saperi, alla loro trasformazione in ideologia, al rapporto tra sapere e istituzione e alla sostanziale duplicit e contraddittoriet dellintellettuale, si pu capire come Sartre punti soprattutto a definire la decisiva trasformazione del tecnico in intellettuale critico. Senza questa trasformazione, non si d n contrasto allideologia intesa dunque come un sapere che occulta interessi materiali particolari n, tantomeno, un eventuale superamento della crisi, n, infine, una possibile ricomposizione della frattura tra teoria e pratica, poich che tale frattura richiesta dallideologia e ne al tempo stesso il suo frutto avvelenato. Vista da questa prospettiva, che quella della diagnosi della crisi, limpresa di Basaglia mostra delle linee assai chiare: la crisi delle scienze anzi tutto crisi dei saperi sulluomo, la psichiatria quella disciplina di confine in cui il sapere
180

scientifico si storicamente impastato con il potere legato al funzionamento di apparati istituzionali, le cui finalit esulano da quelle della scienza stessa; pertanto, il ruolo che assume lo psichiatra ricalca esattamente la scissione descritta da Sartre: come tecnico del sapere pratico egli protagonista nelle istituzioni della violenza, ma come intellettuale critico egli pure colui che pu rivolgere contro listituzione un potere che gli stato conferito in virt del suo sapere. qui che il problema della fondazione e della costruzione dei saperi mostra il suo lato politico. Come Basaglia dice in La maggioranza deviante, si pu parlare di uno stretto rapporto tra psichiatria e politica, perch la psichiatria difende i limiti di norma definiti dallorganizzazione sociale.21 Quindi, mostrare la fragilit epistemologica del sapere psichiatrico va di pari passo con la negazione pratica dellistituzione manicomiale. Si pu anche affermare, conseguentemente, che limpresa di Basaglia rappresenta un rilancio alle questioni poste da Sartre. L dove Sartre indica i sintomi (scissione, contraddizione, dissociazione ecc.), Basaglia mostra che possibile, in determinate circostanze, precise, identificabili e concrete, operare per ricomporre quella frattura tra teoria e pratica che segna lidentit stessa del tecnico/intellettuale. Detto altrimenti, Basaglia fa vedere che tra il tecnico che si identifica totalmente con la logica dellistituzione, da una parte, e lintellettuale che costretto a un ruolo sempre pi marginale e sempre meno efficace nella societ della nuova razionalit, dallaltra, esiste una via intermedia: a essa egli d il nome, controverso, di utopia. Lutopia della realt, ovvero disarticolare le istituzioni dallinterno Dellutopia Sartre e Basaglia discutono in un dialogo che poi venne inserito nella Prefazione a Crimini di pace. Al di l del disaccordo apparente che potrebbe essere qualificato di nominalistico si capisce che entrambi procedono nella medesima direzione e pensano a modificare la funzione di riproduzione dellideologia e dellesclusione che svolge listituzione psichiatrica. Bench Sartre chiaramente dichiari di non poter condividere luso della parola utopia che viene fatta dallamico psichiatra, pur vero che possiamo trovare degli elementi utopici anche nel suo discorso, come quando stabilisce una straordinaria analogia tra lintellettuale e il marginale: La societ che noi vogliamo realizzare una societ in cui non ci saranno emarginati. Non ce ne saranno perch questi marginali sono, in realt, come gli intellettuali, persone che non si adattano alla societ cos com attualmente.22 Lelemento utopico qui pu essere riconosciuto non solo nel reperimento di una risorsa negativa rispetto alla realt, di uneccedenza che risulta non assorbibile o riappropriabile da parte dei meccanismi di riproduzione ideologica della societ, ma che diventa fattore di squilibrio, di contraddizione interna, di movimento e di contestazione in seno alla societ medesima.
21 22

F. Basaglia, La maggioranza deviante (1971), in Id., Lutopia della realt, cit., p. 200. J.-P. Sartre, in F. Basaglia, Prefazione a Crimini di pace, in Id., Lutopia della realt, cit., p. 235. 181

Capiamo che Basaglia si muove sulla scia filosofico-politica di Sartre e riprende la sua nozione di praxis perch per lui lo psichiatra coincide esattamente con la figura ambigua dellintellettuale descritto da Sartre: da un lato, come tecnico del sapere pratico legittimato nelle sue pratiche di controllo, sorveglianza e repressione della marginalit, da un sapere che gli conferisce un potere istituzionale autentico ed efficace; dallaltro lato, nel momento in cui prende coscienza della propria posizione speculare rispetto a quella del malato di mente, pu sospendere praticamente il nesso sapere-potere su cui si regge listituzione asilare. chiaro perci il senso con cui Basaglia per dare spessore alla parola utopia e cos legittimarne luso la colleghi con la questione del ruolo dellintellettuale quale tecnico del sapere pratico nella societ occidentale avanzata. Basaglia fa proprio lo schema di Sartre e lo impiega per descrivere il passaggio delicato con cui lo psichiatra si tramuta da difensore della norma a fattore di mutamento radicale delle istituzioni. Lo psichiatra dunque chiamato al ruolo di intellettuale critico che Sartre gli assegna. Basaglia, cos, si interroga sulle condizioni materiali, sul senso e sulle modalit con cui sia possibile una simile trasformazione dello psichiatra in un intellettuale capace di agire mediante delle pratiche di rottura. Il margine stretto e mobile al contempo: senza una sorta di continua vigilanza critica sulle proprie pratiche, lo psichiatra rischia di rimanere avviluppato in quella ideologia della gestione economica del malato che era stata introdotta nei paesi anglosassoni. Basaglia molto attento a queste forme, sempre attive, di riappropriazione dellazione politica, cui corrisponde una loro neutralizzazione della loro efficacia pratica. Valutando a posteriori i percorsi di lotta realizzati tra gli anni Sessanta e Settanta da Gorizia a Colorno e a Trieste egli si sofferma sul senso dellazione svolta dalloperatore psichiatrico, e sul pericolo che gli si presentava dinnanzi: La politicit della sua azione nel proprio terreno professionale sarebbe stata [] riportata nel gioco politico di tipo istituzionale, nel senso che il suo ruolo sarebbe ridiventato quello dellintellettuale che si limita a scegliere la parte della classe oppressa, continuando ad agire nel suo settore come garante dei valori dominanti.23 Cos, alla coppia tecnico del sapere pratico / intellettuale deve essere affiancata la coppia ideologia / pratica, poich si tratta di prendere in carico, nelle pratiche, la sempre possibile ricaduta ideologica che confermerebbe cos listituzione sotto lapparenza del cambiamento. Solo le pratiche di distruzione dellistituzione sono quelle che portano con s un potenziale utopico, dice Basaglia. Di fronte al compito di rovesciare praticamente unistituzione e insieme lideologia su cui si fonda (scuola, ospedale, carcere, ecc.) il tecnico ha due possibilit: o un capovolgimento ideologico che si limita a proporre un successivo modello di gestione, o un capovolgimento pratico che abbia in s elementi utopici capaci di
23

F. Basaglia, in Id., Utopia della realt, cit., p. 214. 182

prefigurare una possibilit di rapporto in grado di rovesciare il segno secondo cui la scienza e la tecnica borghese sono orientati. Ma il pericolo di questo rovesciamento pratico la caduta in una successiva ideologia, dato che ci si continua a muovere sul terreno minato dellideologia borghese.24 In un passo, che vale la pena rileggere, della Prefazione a Crimini di pace, Basaglia indica come luogo problematico da investigare quella strana plaque tournante che lideologia. Egli ci mette in guardia dal contrapporre lideologia allutopia, da un lato, oppure lideologia dalla realt, dallaltro. Infatti occorre partire dal presupposto che lideologia, per sua natura, in grado di riutilizzare un qualsiasi contenuto, il quale viene cos riscritto e risemantizzato nel quadro complessivo di conferma del mito dominante. Realt e utopia esistono entrambe come facce solo apparentemente diverse dellideologia, quale falsa utopia realizzata a solo beneficio della classe dominante. La realt in cui viviamo essa stessa ideologia, nel senso che non corrisponde al concreto, ma il prodotto di definizioni, codificazioni, classificazioni, norme e provvedimenti, messi in atto dalla classe dominante per costruire la realt a propria immagine, cio secondo i propri bisogni.25 Al di l di un gesto dialettico, che si contraddistingue per la costante individuazione (se non addirittura costruzione) di linee di tensione tra due poli (dominanti e subordinati, signori e servi, vero e falso, apparente e reale ecc.), al di l di un richiamo alla dimensione del bisogno gesto e richiamo che avrebbero bisogno di una lunga e delicata riconsiderazione relativamente a ci che Basaglia ha messo in pratica oltre ad aver teorizzato al di l dunque di un linguaggio dialettico della contraddizione che innerva questo passo, cos come moltissime altre sue pagine, possiamo riconoscere almeno due punti che ci possono mettere sulla pista di una riflessione sul senso dellutopia in Basaglia. Il primo punto riguarda lerosione dei margini che ci permettono di distinguere con una certa esattezza che cosa ideologia, che cosa realt, che cosa utopia ecc. Possiamo notare che proprio questo tipo di capacit descrittiva dei processi di liquidazione dei contrasti ci che rende largomentazione di Basaglia ancora assai interessante e nuovamente attuale. Il secondo punto conseguente al primo, e riguarda la forza con cui viene costruito quello che possiamo chiamare il mito della realt da parte del capitale, cio la forza con cui viene instaurata, conservata e rinnovata una Weltanschauung che di cui sono permeate le istituzioni e che ai nostri giorni non ammette pi alcuna esteriorit da contrapporre dialetticamente allinterno del mondo del capitale. infatti proprio loperazione di mitizzazione della logica di dominio ci che permette il mantenimento dello status quo e la stabilit del sistema. Basaglia continua infatti in questo modo:
24 25

F. Basaglia, Prefazione a Crimini di pace, in Id., Lutopia della realt, cit., p. 239. Ivi, p. 225. 183

Tanto meno queste norme e questi provvedimenti rispondono alle esigenze dellintera comunit, tanto pi essi agiscono come strumento di dominio sulla classe che li subisce. Cos come ogni ipotesi utopica, in quanto elemento contraddittorio di una realt che non pu rivelare le sue contraddizioni perch non vuole trasformarle, si traduce in una ideologia della trasformazione, realizzabile se usata come strumento di dominio.26 Credo che qui Basaglia individui un crinale decisivo. Esso dato dalla necessit di differenziare unideologia della trasformazione come viene ben definita la quale si presenta come unutopia realizzata e al tempo stesso mai interamente compiuta, e al contrario unaltra utopia, i cui contorni restano tutti da definire. In altre parole, Basaglia sta segnalando come sia necessaria una distanza critica circa luso del significante utopia, dal momento che non possiamo presumere che esso costituisca di per s quel polo dialettico che, una volta posto, sia in grado di contraddire la logica del capitale. Anzi, ci che gi accaduto che quel significante veicoli surrettiziamente la semantica dellOne world capitalistico. Questo dobbiamo riconoscere: la parola utopia sottoposta a usura e ci che il capitale fa circolare come utopia una moneta che daltronde, seppure falsa lunica circolante. In altre parole ancora, occorre riconoscere che, in quanto ideologia della trasformazione, il capitalismo si definisce, forse addirittura essenzialmente, come il principale agente di realizzazione utopica. Solo che a quellaltrove che si pone come luogo desteriorit rispetto al mondo (esteriorit che di fatto raffigurata da unisola nelle grandi utopie classiche, da Platone a Campanella), ci che esso non solo promette ma realizza, ha luogo qui, nel mondo. Il movimento di appropriazione incorporante del significante dellutopia rimuove cos il possibile significato antagonistico che esso portava con s. Questo mi pare il punto chiave toccato da Basaglia. Se necessario riprendere la parola utopia per designare una serie di pratiche che mirano alla distruzione dellistituzione e delle sue forme pi o meno violente, pi o meno blande e civili di normalizzazione sotto il segno della tolleranza allora ci si deve chiedere in quali termini e a quali condizioni possibile spenderla nuovamente, in modo che essa possa essere strumento critico di analisi e operatore teorico che guidi le pratiche concrete. In che modo pu avvenire questo movimento di disarticolazione della logica dellistituzione che corrisponderebbe al desiderio di utopia? Esso chiama in causa direttamente il ruolo dello psichiatra come tecnico del sapere pratico, il quale non deve pi dare risposte allistituzione, ma scavare allinterno di essa degli spazi in cui la capacit di presa della logica economica sia neutralizzata. Facendo ricorso a una retorica dei bisogni, che contrassegnava il dibattito critico dellepoca, Basaglia descrive in questo modo il processo di costituzione di zone sottratte alla normazione istituzionale:

26

Ibidem. 184

In questo campo di lotta il tecnico borghese non ha pi mediazioni n deleghe: sullo stesso piano dellutente del servizio che deve prestare, perch con lui che deve trovare risposte a bisogni che non sono quelli tradizionalmente riconosciuti dalla psichiatria, dalla medicina. [] In questa dimensione egli si pone al di fuori della logica della domanda e dellofferta [] rompendo la logica economica secondo cui ogni risposta ai bisogni si traduce in unorganizzazione che vive e prospera sulla dilatazione dei bisogni cui dovrebbe rispondere.27 Parlando infatti di uno spazio reciproco di soggettivazione,28 in cui viene invalidata, su iniziativa del medico-psichiatra, la gerarchia del sapere/potere, Basaglia indica che proprio in quegli ambiti deve essere suscitato il potenziale distruttivo, poich l si rivela, in tutta la sua micidiale efficacia, la violenza esercitata dalle norme. Il compito, pertanto, pur non cessando di essere orientato alla salute dei malati, non pu che riconoscere come le stesse categorie di salute e di malattia siano il frutto di una definizione ideologica, di una definizione che oggi chiameremmo senza dubbio, a partire da Foucault, biopolitica. in relazione a questa problematizzazione del fattore biopolitico nel cuore dellistituzione medicopsichiatrica che deve essere intesa la questione di una svolta epistemologica nellultimo Basaglia delle Conferenze brasiliane,29 dove la tematizzazione del vuoto del sapere medico concepita come posta in gioco della pratica rivoluzionaria. Nella importante Prefazione a Il giardino dei gelsi, il volume pubblicato nel 1979 a cura di E. Venturini, Basaglia si muove nel solco delle Conferenze brasiliane e indica molto bene gli effetti prodotti dal processo rivoluzionario di deistituzionalizzazione, con cui stata realizzata quella che chiama la rottura della logica manicomiale: Una volta rotta la logica manicomiale [] loperatore psichiatrico si trova disarmato davanti a un malato che si muove ancora secondo i vecchi parametri della malattia e che dietro a questi parametri si nasconde e si difende. Lidentificazione con listituzione non pi possibile, perch il manicomio ha rivelato la sua funzione di pura difesa del sano rispetto al malato; lidentificazione nella psichiatria non pi possibile perch essa si rivelata lo strumento che ha consentito questa difesa del mondo sano attraverso la creazione del luogo malato; n pi possibile lidentificazione nel ruolo di colui che lotta contro il manicomio, perch esiste una legge che ne ha ormai decretata la morte.30

27

F. Basaglia e F. Ongaro Basaglia, Premessa a Crimini di pace, in F. Basaglia, Lutopia della realt, cit., p. 117. 28 Ibidem. 29 F. Basaglia, Conferenze brasiliane (1979), a cura di F. Ongaro Basaglia, M. G. Giannichedda, Milano, Raffaello Cortina, 2000. 30 F. Basaglia, Prefazione a Il giardino dei gelsi (1979), in Id., Lutopia della realt, cit., p. 305. 185

Qual la conseguenza della rottura? Esattamente questa: la produzione di un vuoto, che anzi tutto un vuoto ideologico, ma anche un vuoto di sapere/potere: in questo vuoto ideologico e istituzionale che saremo costretti ad avvicinare il disturbo psichico al di fuori dei parametri e degli strumenti che ci hanno finora impedito di avvicinarlo.31 Non dunque una mancanza, cio uno spazio suscettibile di essere colmato affinch possa darsi un sapere ben fondato. Ci spinge a pensare la follia non a partire dalla fondazione di un sapere medico-psichiatrico, ma dallassunto che ci dobbiamo muovere in un campo che finalmente aperto a uninterrogazione radicale. Riempire questo vuoto, colmare questo momento di sospensione, di perplessit, di incertezza con altre ideologie di ricambio, pu impedirci di approdare a un nuovo modo di capire, al di fuori degli schemi culturali che ci imprigionano. Sarebbe facile colmare questo vuoto con teorie interpretative gi collaudate che razionalizzino le nostre incertezze.32 Basaglia continua, poco dopo, nel tentativo di definire meglio le caratteristiche del vuoto riconosciuto. Il tratto che pi balza agli occhi la sua definizione come momento felice di una teoria che si vuole come pratica. Il bisogno di una nuova scienza e di una nuova teoria si inserisce in quello che impropriamente viene definito vuoto ideologico e che, in realt, il momento felice in cui si potrebbe incominciare ad affrontare i problemi in modo diverso. Momento felice in cui, disarmati come siamo di fronte allangoscia e alla sofferenza, siamo costretti a rapportarci con questa angoscia e questa sofferenza senza oggettivarle automaticamente negli schemi della malattia, e senza disporre ancora di un nuovo codice interpretativo che ricreerebbe lantica distanza fra chi comprende e chi ignora, fra chi soffre e chi assiste.33 La svolta epistemologica con cui stato praticata la rivoluzione psichiatrica e con cui stato riconosciuto il vuoto di sapere hanno rappresentato il colpo di genio di Basaglia, quello che dovrebbe essere ripreso debitamente da tutti coloro che intendono mettere mano alla problematica del potere che diventa norma istituzionalizzata: sul vuoto il potere non pu nulla, non pu esercitare alcuna forma di assoggettamento, dal momento che non gli si presenta alcun punto di applicazione. Inoltre, non possibile quadrettare il vuoto (ed appunto questo laspetto che maggiormente interesser Foucault). Se il potere agisce normativamente sui corpi, il rilancio del contropotere non deve avvenire anzitutto sul corpo come luogo dello scontro e della ri-soggettivazione del malato come Basaglia aveva pensato almeno fino a tutto il periodo di Gorizia ma deve avvenire secondo unaltra strategia che implichi pure una nuova significazione che non sia quella
31 32

Ibidem. Ibidem. 33 Ivi, p. 307. 186

dellopposizione al potere, ma sia quella che risulta da una sorta di operazione di scavo delle contraddizioni che il potere genera. Qui Basaglia tocca, a mio avviso, uno dei punti pi interessanti e maggiormente attuali, concernenti la dimensione del politico, ovvero il fatto che ci che definisce ogni potere il essere abgrundlich: quella dimensione abissale del potere che Derrida chiama il fondamento mistico dellautorit.34 Detto altrimenti, mentre uno dei pi importanti fili conduttori elaborati da Basaglia lungo tutto il corso della sua ricerca riguarda proprio il senso del corpo in psichiatria e le forme di resistenza che dal corpo del folle scaturiscono rispetto alla violenza dellistituzione, con la maturazione dellesperienza a Trieste dalla fine degli anni Sessanta pare farsi largo, in accordo con la sua svolta epistemologica, un pensiero strategico che in grado di riconoscere la funzione del vuoto nella progettazione di unaltra logica dellistituzione, cio nella direzione di unistituzione altra che rompa con i meccanismi di riproduzione dellesclusione e della violenza che hanno segnato la storia del manicomio. in riferimento a questo vuoto, nel quale occorre riconoscere il potenziale utopico reale per trasformare listituzione, che la pratica della psichiatria basagliana tende a configurarsi, in fine, come la salvaguardia di un margine di non-sapere. Essa infatti porta alla luce un fattore aneconomico, interno a ogni sapere, che non si irrigidisce in n in una nuova oggettivazione n in unapplicazione metodica di tecniche. Al contrario, esso permette di aprire lo spazio storico-politico e utopico in cui pu avvenire la costruzione di una nuova soggettivit, tanto da parte del malato quanto da parte dello psichiatra. Cos come il tecnico storicizza linternato o lutente del servizio sanitario, abitualmente destorificato dal fatto di essere oggetto di questo servizio, egli stesso entra in una storia nuova, che non la storia della classe cui appartiene. In questa dimensione egli si pone fuori della logica della domanda e dellofferta (dove la domanda sempre subordinata al tipo di offerta che si disposti a dare o che conviene dare), rompendo la logica economica secondo cui ogni risposta ai bisogni si traduce in unorganizzazione che vive e prospera sulla dilatazione dei bisogni cui dovrebbe rispondere.35 Il senso dellutopia in Basaglia si definisce allora in relazione a questo fattore aneconomico, la cui cancellazione, al contrario, non solo nega la dimensione politica della pratica, ma impedisce di considerare lo spazio altro della malattia mentale istituzionalizzato, normato, sorvegliato e recintato dal sapere medico come uno spazio che contemporaneamente di interrogazione (teorica) e di distruzione (pratica). Abbiamo visto che Basaglia aveva ben compreso quale fosse il pericolo della ricaduta tecnico-gestionale dei processi di distruzione dellistituzione, pericolo insito in una rapida riappropriazione dei fattori che alteravano lequilibrio dellistituzione
34 35

J. Derrida, Forza di legge (1996), Torino, Bollati Boringhieri 1999. F. Basaglia, Prefazione a Crimini di pace, in Id., Lutopia della realt, cit., p. 217, corsivo mio. 187

come sistema. Infatti, anche dove c posizione dellaneconomico, l prima o poi ci sar una sua riappropriazione, in vista di una sua capitalizzazione. Se le vecchie istituzioni erano contrassegnate dalla loro rigidit, con la nuova razionalit la sfida si sposta per Basaglia sulla comprensione della capacit di riappropriazione da parte delle istituzioni modificate secondo i nuovi criteri di una psichiatria aggiornata. Lentrata in vigore della legge 180 del 1978 va cos a costituire un crinale che, nella sua ambiguit, richiedeva, agli occhi di Basaglia, un supplemento di riflessione sulle possibili ricadute in termini di nuova normalizzazione. Sempre nella Prefazione a Il giardino dei gelsi, si pu ritrovare questo doppio sguardo, orientato da un lato alla permanenza delle vecchie forme della psichiatria e indirizzato a cogliere, dallaltro lato, le tendenze che lintroduzione della nuova legge avrebbe avviato nel settore. Ci evidente, per esempio, in un passo che anticipa di poco il discorso che Basaglia sviluppa nella direzione del vuoto di sapere/potere. La psichiatria tradizionale offriva, infatti, alloperatore unidentit precisa solo di garante del controllo sociale; cos come il processo di superamento del manicomio offriva una possibilit di identificazione nel rifiuto dei tale controllo. Ma, una volta attuato questo superamento e una volta approdati a una legge che lo sancisca, si riduce la possibilit di far coesistere la qualit del ruolo liberatorio chiaramente identificabile nella lotta contro il manicomio, con la necessit, pi volte affermata, di superare la funzione normalizzatrice implicita di ogni operatore psichiatrico.36 Il pericolo riconosciuto, dunque, non pu che riguardare la fondamentale ambiguit di ogni processo di cambiamento. La trasformazione dellistituzione, secondo Basaglia, presta subito il fianco alla riappropriazione in termini di gestione del cambiamento: pur essendo unoperazione radicale di distruzione dellistituzione, essa non mette al riparo lazione pratico-politica da successive riappropriazioni, una volta che le istanze di sovvertimento dellistituzione siano state riconosciute e realizzate in una legge. Lambiguit del processo, dunque, si riflette sul significato che lazione sovvertitrice dellistituzione pu assumere ex post. Anche se frutto di una lotta, una legge pu essere solo il risultato di una razionalizzazione di una rivolta, ma pu anche riuscire a diffondere il messaggio di una pratica rendendolo patrimonio collettivo. Anche se frutto di una lotta, una legge pu provocare un appiattimento del livello raggiunto dalle esperienze esemplari, ma pu anche diffondere e omogeneizzare un discorso creando le basi comuni per unazione successiva.37 Ecco perch il riferimento allutopia, nel percorso critico di Basaglia, assume una funzione che sia di punto dosservazione critico del passato (la situazione ante riforma) sia punto dappoggio per il rilancio della lotta a partire dalle posizioni
36 37

F. Basaglia, Prefazione a Il giardino dei gelsi, in Id., Lutopia della realt, cit., p. 305. Ivi, p. 304. 188

conquistate. In altri termini, occorre non confondere il risultato raggiunto, mediante la stesura e la promulgazione della legge, con lobiettivo della lotta. Non si deve pensare che una legge positiva, nella sua astrattezza, possa prendere il posto di un processo di lotta. O, ancora, non si pu cadere nella contraddizione di confondere la distruzione della norma con lintroduzione di una nuova norma. Occorre, in altri termini, tenere aperto lo spazio utopico mediante delle pratiche effettive. Aneconomia: lutopia come teoria e pratica del vuoto Salvaguardare laneconomico nella ricerca psichiatrica il che vuol dire al contempo nella sua dimensione di riflessione teorico-scientifica e in quella pratica della clinica coincide con la possibilit stessa dellinterrogazione. Ecco perch i due aspetti, quello teorico e quello pratico, in Basaglia non possono essere scissi: se c ricerca scientifica perch c messa in questione del sapere psichiatrico; e la messa in questione del sapere possibile solo alla condizione di aprire degli spazi allinterno dei suoi dispositivi di sapere/potere. Come si vede, il problema dellistituzione, della sua chiusura, corrisponde esattamente a quello della prospettiva utopica che la distruzione dellistituzione pu aprire. Ma distruggere listituzione non significa eliminarla, significa allargare le maglie l dove essa stringe in nodi il rapporto tra il sapere e il potere. Aprire dei vuoti, si diceva. Cos possibile intendere il senso di ci che Basaglia intendeva per utopia della realt: non un altrove rispetto al nostro qui e ora vissuto allinterno dellistituzione, ma un qui e ora che pu essere sempre di nuovo un altrove. Infatti, occorre constatare la capacit di risposta dellistituzione di fronte alle modificazioni, con cui il cambiamento riappropriato e messo a regime. Daltronde le istituzioni sono dei sistemi complessi, in grado di conservare un equilibrio per s e per la societ. Il problema che ci pone Basaglia riguarda invece la capacit di riorganizzazione dei sistemi in presenza di un caso imprevisto. Basaglia lucidamente consapevole del fatto che a ogni modificazione imposta al sistema da parte di un evento potenzialmente catastrofico (e lo si chiami pure rivoluzione), il sistema risponde attraverso una sua riorganizzazione anche radicale, con la quale in grado di rispondere adeguatamente al ripresentarsi di eventi simili. Ci significa forse che tutti gli spazi dazione si chiudono e che lutopia non potr che essere pensata in termini puramente ideali, cio secondo quel significato che Sartre le attribuisce? Il problema qui teorico e politico: se Basaglia stato in grado di condurre una battaglia nutrita da unidea rivoluzionaria in un contesto storico-culturale favorevole a programmi di natura riformistica, quale azione pu esserci per unutopia rivoluzionaria, quando lepoca come quella attuale palesemente segnata dal riflusso e da un generale arretramento dei sistemi, entrati in una fase di profonda criticit, alla quale offrono per lo pi risposte di tipo conservativo? In altri termini, che cosa c da imparare da Basaglia per poter riflettere sul contesto attuale? Molto, verrebbe da dire, soprattutto per ci che concerne la grande
189

questione dellimpegno dellintellettuale, che oggi pare quasi del tutto tramontata, a causa di un errore di valutazione (in primis da parte degli intellettuali) circa la congiuntura storica in cui ci troviamo. Infatti, se innegabile che via via andata scomparendo tanto la figura dellintellettuale totale, come lo chiamava Sartre, quanto quella dellintellettuale organico, come amava chiamarlo Gramsci, ci non significa che quella posizione non sia stata occupata da altre figure, che nel panorama attuale godono di maggiore credito pubblico. Ma non questo il nocciolo del problema. Piuttosto, Basaglia ha saputo incarnare una moderna figura di intellettuale capace di produrre degli effetti tanto discorsivi quanto pratici, e, al tempo stesso, di essersi posto il problema della strategia rispetto alle forme aggiornate del potere e delle istituzioni. qui che bisogna provare a rileggere a Basaglia con uno sguardo che vada al di l della riproposizione del tema della storia della psichiatria, della storia dellesclusione sociale, della stigmatizzazione del diverso ecc., ma che si sposti verso una rinnovata interrogazione del potenziale distruttivo della nuova razionalit presente nei luoghi di esclusione. Con questa ultima forma, sintatticamente ambigua, intendo per potenziale distruttivo tanto quelle forze che sono state catturate, imbrigliate e tramutate in oggetto del sapere medico-psichiatrico, e che dunque a causa dellazione esercitata dal potere e dagli apparati normativi che sono state classificate come anormali e devianti; quanto quel potenziale che, una volta suscitato, in grado di sollecitare il sistema a livello locale, cio esattamente a partire da quelle zone che il potere ha contrassegnato come sottoposte a un peculiare stato deccezione. Allora le analisi critiche di Sartre circa il ruolo dellintellettuale, per tramite di Basaglia, potrebbero produrre un singolare arco voltaico con la genealogia foucaultiana del potere. Con ci si dovrebbe poter articolare un discorso che sia capace di mettere in relazione la genealogia delle forme di esclusione dellanormalit e della devianza con una prospettiva utopica che possa avere al presente un qualche valore strategico. Infatti, se Foucault ha pensato il rapporto tra soggetto e potere anzi tutto nella forma di una tattica perseguita dal soggetto (e ci era dovuto al tipo di scelta metodologica compiuta da Foucault, che privilegi quella che aveva chiamato una ontologia dellattualit), Basaglia si posto consapevolmente nella prospettiva di una strategia che mettesse a fuoco, necessariamente, il processo dialettico con cui questo corpo-a-corpo poteva avere luogo. qui che ritroviamo infatti, assolutamente viva e declinata sulle pratiche antistituzionali, la lezione filosofico-politica di Sartre. Cos, abbiamo da un lato lo sguardo genealogico che nei suoi corsi al Collge de France Foucault rivolge al mondo greco, alla nascita della biopolitica, al ruolo dello Stato moderno nei processi di soggettivazione, allo scopo di ritrovare la corrente calda delle modalit di contropotere, ma dallaltro abbiamo anche il gesto, che tipico di Basaglia in questo allievo di Sartre di un rilancio pratico della lotta, dallinterno dellistituzione, che miri a creare le condizioni affinch si produca uno scarto un vuoto, appunto che non pu essere razionalizzato dalla logica istituzionale. In questi termini, Basaglia progetta un avvenire senza poter prevedere che cosa possa realizzare questo progetto e, soprattutto, lo progetta aprendo dei
190

vuoti nel cuore delle istituzioni: grazie a questi vuoti che pu avvenire qualcosa come un evento che possa far detonare il potenziale distruttivo presente nelle isole dellesclusione. A testimonianza di questo modo di procedere, tra una tattica che si basa sullescogitazione di machiavelli come Basaglia li chiamava e una strategia che si nutre di una speranza utopica, si pu citare un passo di unintervista, rilasciata nel 1979, nella quale descritto il modo in cui i ricoverati nel manicomio triestino di San Giovanni venivano trasformati in ospiti e in volontari delle strutture mediche ormai de-istituzionalizzate. La cosa in se stessa pu essere soltanto una manipolazione: allinterno dellistituzione manicomio il rapporto di dominio fra medico ed ex-internato non cambia molto in conseguenza di questa trasformazione formale. Tuttavia, man mano che procedevamo [] e il soggetto riprendeva possesso dei propri vissuti, del proprio presente, della propria corporalit, capivamo sempre pi che questa trasformazione da ricoverato in ospite non era una manipolazione, ma cominciava a diventare uno strumento che permetteva agli ex-internati di riprendere la loro vita nella citt []. A Trieste linternato ha agganciato la vita nelle maniere pi svariate, e senza quei modi che a Gorizia sembravano indispensabili: le riunioni di reparto, le assemblee generali ecc. A Trieste le riunioni cerano ancora ma, simboliche o reali, si svolgevano direttamente con la citt in crisi.38 Forse, per comprendere che cosa intendesse Basaglia con lutopia della realt dovremmo provare a pensare che cosa pu significare, oggi, la possibilit che si apre nel momento in cui si interrompe il circuito di riproduzione di una violenza istituzionale, ad alta o a bassa intensit che sia. Per poter pensare ancora e di nuovo lutopia, ripartirei da qui, da questa frase cos apparentemente semplice, in realt qualcosa che assomiglia molto a una promessa, per un altrove che, di fatto, non mai altro che il nostro qui, forse simile a quella prospettiva di un vita altra che Foucault evoca come linea di ricerca nel manoscritto del corso dedicato al Coraggio della verit.39 Si tratterebbe, cio, di fare precisamente questo: agganciare la vita nelle maniere pi svariate. Il rischio smisurato: questa formula potrebbe indicare altrettanto bene lo stesso programma della biopolitica, su cui si fonda ogni microfisica del potere, compresa quella del potere psichiatrico. Solo che qui il segno appare come invertito: dallassoggettamento allemancipazione. Non potrebbe consistere in questa inversione di segno, per esempio, unutopia alla misura del nostro tempo?

38

F. Basaglia, Conversazione con Venturini, in E. Venturini (a cura di), Il giardino del gelsi, Torino, Einaudi, 1979, cit, in M. G. Giannichedda, Introduzione a F. Basaglia, Lutopia della realt, cit., p. XLII. 39 M. Foucault, Le courage de la vrit. Le gouvernement de soi et des autres II. Cours au Collge de France 1984, Paris, Gallimard-Seuil, 2009. 191

192

La verit scientifica
Marco Mazzeo*

Abstract
A scientific theory is not a speculation. On the contrary it is based on facts and observations. Nevertheless the facts and the observations are unable to show us the truth about the world. Indeed to understand the facts or even to discover them through experiments we need a starting theory about the world. Therefore the world is not only discovered by us, but we can say that it is created by our brain. Facts are the constraints for the possible theories and theories are creations of our minds to understand the facts. There are no facts without a theory in mind, and there are no scientific theories about the world without facts. It is obvious therefore that science cannot give any absolute truth but only temporary truths which will change with new discoveries and theories. The scientific truth is therefore unstable: after few decades the concepts become unable to explain the news discoveries and become old, but the new concepts will include the old ones. This is called science progress. In this work we analyze all these points discussing the historical creation of the gravitational theory from Aristotle to Newton.

Utopia: una meta ideale ma non raggiungibile. Questo il significato pi comune del termine. E raggiungere la verit di fatto unutopia, perch la scienza non fornisce verit ma solo ci che dato di sapere della verit, ovvero ci che il cervello di Homo Sapiens riesce a cogliere con i suoi schemi matematici, schemi che tuttavia sono mutevoli e suscettibili di essere abbandonati. Ma lungi dallessere una debolezza in realt la forza del metodo scientifico, perch solo con lidea che esista una verit irraggiungibile ma a cui ci si pu avvicinare che esiste lidea stessa di progresso conoscitivo, di dubbio attorno ai concetti gi sviluppati, e in definitiva di libert di pensiero. In questo senso la scienza utopia, unutopia tuttavia che fornisce risultati applicabili alla vita di tutti i giorni e dunque concreti e tangibili. Ma cosa la scienza, nei fatti? Cosa la verit scientifica? Tutta la scienza solo un raffinamento del pensiero di tutti i giorni. Cos Albert Einstein, forse il pi grande fisico di tutti i tempi, nonch tra i pi grandi filosofi del novecento, parlava di scienza alluomo della strada, che di buon senso ne aveva e ne ha tuttora davvero tanto. Sotto molti aspetti aveva ragione. Tuttavia questa solo una parte della storia. Laltra che pi appropriato sostenere che, nei fatti, la scienza demolisce il pensiero di tutti i giorni. E spesso demolisce se stessa, per quanto riguarda le ontologie su cui la scienza viene edificata. Lopera demolitrice del pensiero scientifico stata molteplice e su vari
*

Dipartimento di Matematica e Fisica E. De Giorgi, Universit del Salento, Campus Universitario, via Monteroni 73100, Lecce (Italy). 193

livelli, dalla fisica alla biologia alle neuroscienze. In fisica, ad esempio, si messa in discussione la differenza tra quiete e moto, che la forza sia solo qualcosa che avviene per contatto come una spinta o una trazione, lidea che lo spazio e il tempo siano assoluti, che i fenomeni possano avvenire solo nello spazio e nel tempo, che lo spazio e il tempo possano esistere in eterno senza la materia. Concetti tutti superati certo, ma il cui contenuto e la cui dinamica non sono state assimilate nella nostra cultura postmoderna. Capire come evolvano le teorie e quali siano le conclusioni contro-intuitive cui esse giungono, confrontate con lesperienza ovviamente, di importanza capitale per giungere ad una maturazione attorno al valore di verit fornito dalla scienza. C anche da dire che la demolizione che le teorie scientifiche operano del senso comune non pu non toccare luomo e il suo antropocentrismo, tuttora vivo e vegeto. Ad esempio una conseguenza della teoria del moto e della gravit, oltre che delle osservazioni, che viviamo su un sasso che gira attorno ad una stella media, perduta tra circa cento miliardi di stelle analoghe appartenenti ad una galassia media, facente parte di un sistema di almeno cento miliardi di altre galassie, ciascuna con centomiliardi di soli. Dovremmo dunque essere importanti in una tale immensit? Una conseguenza delle teorie fisiche, quando applicate alla cosmologia, che il cosmo sia il frutto di una esplosione (sebbene non in senso convenzionale) da una singolarit, un evento collocato circa 14 miliardi di anni fa. L tutto era compresso a densit e temperature inimmaginabili: materia, radiazione ma anche spazio e tempo. Lidea che lintero universo fosse compresso in una regione pi piccola del nucleo di un atomo e che poi abbia subito una evoluzione spontanea senza la necessit di un intervento diretto di alcun creatore davvero contro intuitiva. Il senso comune sosterrebbe che ci vuole un creatore per avere un creato. Lapplicazione delle teorie sviluppate in seno alla fisica nucleari e alla termodinamica ha portato alla conclusione che gli elementi pi pesanti del Litio non avrebbero potuto crearsi con questa esplosione. Da dove vengono allora gli elementi chimici come il Carbonio di cui siamo fatti o lOssigeno che respiriamo o lOro che probabilmente portiamo al nostro dito? Ecco che le teorie fisiche della nucleosintesi portano a ritenere che questi elementi pi pesanti siano stati originati nei nuclei delle stelle e che siano stati rilasciati da gigantesche esplosioni di supernova quando questi astri hanno cessato di bruciare il loro combustibile interno. Siamo dunque polvere di stelle? Il pensiero comune vacilla, ma la risposta affermativa. Ancora, lapplicazione della fisica quantistica e della statistica al DNA produce teorie sul vivente che implicano una variazione casuale del patrimonio genetico. Un caso non riducibile alla nostra ignoranza attenzione, ma intrinseco alla natura stessa delle particelle e delle molecole. Questa variazione produce, grazie alla selezione naturale, nuovi organi di senso che meglio si adattano allambiente, fino al cervello. Ma come possibile che organi complessi come locchio possano esser nati dal caso e dalla selezione naturale? La teoria dellevoluzione implica anche, contrariamente al senso comune, che noi siamo uniti in un continuum con le altre specie, che non vi stato nel passato un momento di netta separazione tra una scimmia stupida e luomo dotato di anima e intelletto. Che questo continuum in evoluzione vi sia stato e vi sia tuttora ha suscitato grandi dibattiti nella societ civile quando fu proposto da Darwin. Il punto
194

cruciale tuttavia, oggi, che sembra assolutamente contro intuitivo e dunque assurdo e falso ai pi che lumanit sia il frutto non di un disegno ma di variazioni casuali di una molecola. Le teorie poi sullorigine delluniverso come frutto di un effetto tunnel quantistico, dal nulla a qualcosa, sono solo una delle ultime novit in termini di costrutti teorici ed osservazioni. Fior di filosofi si sono interrogati sulla creazione ex-nihilo e non ne sono venuti a capo. Come pu il nulla creare qualcosa? Come vedete, ce n di roba tale da rendere il senso comune fallace su tutti i fronti. Esso viene costantemente eroso. Le posizioni antiscientifiche della classe politica e di quella religiosa non possono che spiegarsi se non nellottica in cui la scienza risulta ai pi contro-intuitiva. In questo lavoro, che non pretende di esaurire la faccenda, analizzeremo alcune questioni che hanno a che vedere col rapporto tra scienza, senso comune e teorie. Vedremo come una teoria scientifica non sia una speculazione e come le teorie siano strutture mentali suscettibili di instabilit e variazione, spesso casuale. Capire cosa sia davvero una teoria scientifica e capire quanto sia contro le sensate esperienze fondamentale per capire la scienza e il rapporto con la verit. Discuteremo allora, per capire meglio questi aspetti non compresi nella cultura moderna, la nascita della prima teoria scientifica in assoluto, quella della gravit. E lo faremo facendo un viaggio nel passato, alla ricerca delle vere radici della nostra societ. Se infatti troppo spesso si dice che loccidente figlio della cristianit, il che in parte vero, tuttavia ancor pi vero che le nostre radici vanno cercate in realt nelle botteghe degli artigiani del seicento, nei libri della geometria sviluppata pi di duemila anni fa, e nei dibattiti filosofici attorno a ci che reale. 1. La fisica degli organi di senso Comprendere il mondo attorno a noi non cosa semplice e soprattutto richiede metodi di indagine e modelli assolutamente contro-intuitivi. Tuttavia, ci dicono, dobbiamo fondare la conoscenza sulla esperienza. Non possiamo fare altro. La via dellesperienza diretta dunque la vera via che possiamo intraprendere per conoscere la realt? Molti di noi risponderebbero che il metodo scientifico sia proprio questo, esperienza. Quante volte sentiamo dire se non vedo non credo?. Il modo in cui osserviamo il mondo attorno a noi tuttavia determinato dai nostri organi di senso, i quali sono un prodotto di una evoluzione lenta e graduale, frutto di passi accidentati, contingenti, spinte selettive ambientali cangianti che hanno avuto il risultato di generare un organismo di maggior efficacia riproduttiva rispetto a coloro che non ce lhanno fatta nella dura lotta allesistenza e alla riproduzione. Noi siamo cos come siamo perch, o soprattutto perch, siamo il frutto di una storia biologica avvenuta su un pianeta di certe dimensioni, con una sua storia alle spalle, orbitante attorno ad una stella gialla che chiamiamo Sole, da ben cinque miliardi di anni. I nostri organi di senso e il nostro cervello si sono adattati a queste condizioni ambientali. Sensori ed elaboratori quindi, entrambi figli di una evoluzione ricca, ma limitata ovviamente alla storia di questa biosfera. A causa di questo, Homo Sapiens ha elaborato teorie sensate del mondo attorno a s frutto soprattutto di ci che lesperienza gli suggeriva, fin da subito. Ma cosa ci dicono queste sensate esperienze? Qual limmagine del cosmo che ci facciamo coi nostri sensi? Se siamo uomini raffinati,
195

come lo era Aristotele, possiamo giungere ad elaborare una vera e propria teoria scientifica del mondo, basata sullesperienza. Vorrei riassumere il quadro che emerge in due semplici schemi che vado a breve a commentare.

Fig. 1

a (sinistra): moti locali nella teoria aristotelica. b (destra): cosmo nella visione aristotelica.

A sinistra si vede un riassunto schematico della concezione del moto che i nostri organi di senso ci offrono. Vedete una linea verticale ed una orizzontale. Inoltre ci sono due linee oblique che si interrompono nei punti V e V per poi ripartire lungo la verticale. A destra invece vi uno schema delluniverso fornito dai nostri sensi. un cosmo chiuso, piccolo, con la Terra al centro. Non sorridete di questo schema del mondo, perch esso molto pi raffinato di quel che crediamo di solito. E, soprattutto, questi due modelli della realt, moti locali e moti planetari, sono assolutamente coerenti tra loro, generando, nei fatti, una teoria scientifica della realt fisica e cosmologica tutto sommato abbastanza semplice. Cosa si richiede infatti ad una teoria scientifica se non coerenza, semplicit e accordo coi dati sperimentali? Bene, approfondiamo ora e concentriamoci sullo schema a sinistra. Supponiamo che la linea orizzontale indichi la direzione in cui osserviamo il moto di un carro trainato da un cavallo. Supponiamo anche che questo moto sia, come si dice, un moto rettilineo uniforme, ovvero il carro descrive gli stessi intervalli spaziali nello stesso tempo. Attenti qui: se il cavallo non tira pi il carro, lesperienza ci dice che esso si ferma. Ne deriva una conclusione logica: solo se un corpo soggetto ad una forza in grado di muoversi, altrimenti resta fermo. Quiete e moto sono due cose ben distinte. Bene, nulla da dire. Ora passiamo alla verticale. Cosa accade se lascio, nel punto G di Fig. 1, una pietra libera dal vincolo della mia mano? Subito si dir: essa cade, ovvio. Ma perch? E soprattutto come? Qui le cose si fanno pi complicate, sia da un punto di vista teorico che sperimentale. Infatti la pietra lasciata a s stessa non viene tirata n spinta da alcuna forza. Non lasciamoci ingannare dal termine forza di gravit. Esso ha senso solo alla luce di una teoria del mondo assolutamente controintuitiva e che oggi entrata a far parte anche del linguaggio delluomo della strada. Ma nulla ha a che fare coi sensi e le sensate esperienze. In effetti col termine forza noi
196

intendiamo sempre e solo una spinta o una trazione per contatto. Cosa qui che tira o spinge la pietra, per contatto? Ha pi senso allora dire che la pietra cade, e dunque si muove verso il basso, perch nella sua natura di corpo pesante e denso cadere verso il centro della Terra. Potremmo restare un po con lamaro in bocca noi, uomini del XXI secolo, con una spiegazione del genere. Anzi, per noi non affatto una spiegazione. Eppure pensateci un attimo. Quando affermiamo che un corpo persevera nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme non stiamo forse affermando qualcosa che osserviamo ma che non trova una spiegazione in qualcosa di pi profondo? Lo accettiamo e basta e tiriamo le conseguenze. Ora rispondiamo allaltra domanda: come cade la pietra? I nostri sensi ci indicano una rapida variazione della velocit del grave da un valore nullo ad un valore diverso da zero. Dopo questa brusca variazione iniziale la nostra vista ci fa vedere un moto uniforme, non accelerato. Il moto naturale verso il basso quindi avviene, stando ai nostri sensi, a velocit costante. Curioso che nelle scuole e nelle universit nessuno studente provochi linsegnante dicendo che tutto si vede tranne che unaccelerazione. Siamo indottrinati, ieri come oggi. E in pochi ci abituano a dubitare e a giungere alla conclusione, come ebbe a dire Feynman, che la scienza la fede nellignoranza degli esperti. Ora, tuttavia, proviamo a vedere cosa accade in una situazione mista, ovvero quando, dopo aver spinto un grave con la nostra mano, lo lanciamo ad una certa velocit lungo una direzione obliqua. Qui i sensi ci indicano solo una traiettoria pi o meno curva ma la sua spiegazione non semplice. Occorre trovarne una allora che non contraddica lesperienza sensibile e nemmeno i risultati visti poco fa. Anzitutto lenigmaticit di un moto del genere deriva dal fatto che, dopo il distacco della pietra dalla mano, non vi pi alcuna forza a spingere la pietra, per cui come fa a muoversi nellaria? Potremmo proporre diversi schemi esplicativi. Uno potrebbe essere che dentro la pietra rimane qualcosa, una specie di impeto che tuttavia si esaurisce nel tempo. la risposta che d la maggior parte degli studenti al primo anno di ingegneria. Questo non affatto in contraddizione n col moto orizzontale e n con quello verticale. Infatti se il cavallo si dovesse staccare dal carro, questultimo non si arresterebbe allistante, ma solo dopo aver percorso un breve tragitto senza esser sospinto da alcunch. Quando limpeto dato dal cavallo si esaurisce il carro si ferma. Potremmo ribellarci a questa spiegazione, forti della nostra preparazione e del linguaggio che usiamo ogni giorno, sostenendo che lattrito a frenare il carro. Ma il concetto di attrito non cos naturale come potrebbe sembrare. Se dovessimo lanciare invece la pietra lungo una direzione obliqua, ne deduciamo che una volta esaurito limpeto in V, o in V, dove limpeto diventa nullo, esso libero da impeti e forze e sar perci costretto a cadere di moto naturale uniforme verso il basso. In un certo senso dunque, sia nel caso del carro che della pietra, essi raggiungeranno il loro stato naturale, la quiete. Tuttavia sappiamo anche che alcuni corpi non cadono ma salgono. il caso del vapore o del fuoco. La prima sensazione che ne ricaviamo dunque che i corpi leggeri tendono a salire, al contrario di quelli pesanti, e dunque la rapidit con cui i gravi cadono deve pur dipendere dal loro peso. Questa una affermazione importante e che va verificata con un esperimento chiave. Verificata badate bene. Stiamo cio applicando il metodo sperimentale, almeno cos ci sembra. Ora
197

lesperimento pu essere impostato cercando di rallentare il moto, che nei fatti troppo rapido. Decidiamo allora di usare delle colonne riempite con dei liquidi pi o meno densi e di far cadere palline di vario peso in ciascuno di essi per capire leffetto del peso del grave e della resistenza offerta dal liquido sul moto di caduta libera. Ebbene ci che osserviamo coi nostri occhi che in effetti, a parit di liquido, i corpi pi pesanti cadono pi in fretta, e sempre con velocit costante, mentre cambiando liquido uno stesso grave cade pi rapidamente nei liquidi meno densi e dunque meno resistenti. Ne deduciamo che la velocit proporzionale al peso ed inversamente proporzionale alla densit del mezzo. Maggiore il peso maggiore la velocit, minore la densit del liquido maggiore la velocit. Punto. Ne deriva adesso una conseguenza di vasta portata: il vuoto non esiste. Il vuoto infatti, per definizione, un mezzo privo di resistenza o densit, e dunque la velocit di caduta di un grave sarebbe infinita. In tal caso osserveremmo loggetto ovunque lungo la sua traiettoria perch occuperebbe tutti i punti simultaneamente. Una follia, per i sensi e per la logica. Ed in effetti non vediamo nulla di tutto ci. Nemmeno gli astri mostrano un comportamento cos bizzarro, n le stelle, n il sole e la luna e n i pianeti. Conclusione cosmologica: lo spazio dei cieli lass deve essere riempito con qualche mezzo e non pu esser vuoto. Conclusione microscopica: gli atomi, gli ultimi costituenti della materia immersi nel vuoto, non esistono di pari grado. Democrito pare abbia torto. Eppure, se avessimo usato lesperienza per decodificare le leggi del mondo, come abbiamo fatto ora, oggi non avremmo satelliti o laser, n transistors o computer. Tutta la tecnologia moderna, in effetti, figlia di una concezione moderna dello spazio vuoto e dellesistenza degli atomi. 2. La cosmologia degli organi di senso Siamo giunti ora a dover spiegare lo schema del cosmo. Possiamo farlo, forti di una teoria fisica sul moto. Atteniamoci per sempre alle osservazioni. Cosa vedono i nostri occhi? Vedono il Sole, la Luna, le stelle e i pianeti ruotare tutti attorno alla Terra, di moto perfettamente circolare. Si muovono. Cosa che li muove? Se gli astri sono fatti della stessa materia dei gravi o dei carri, cio materia solida, essi dovranno muoversi perch spinti da qualche forza. Moto=forza, dicono i sensi, non dimentichiamocelo. Non vediamo tuttavia nulla che spinga i corpi celesti per contatto. Potrebbe darsi allora che gli astri siano incastonati in sfere cristalline concentriche le quali, ruotando attorno alla Terra, li trascinano con s. Perch cristalline? Perch sono invisibili, ma devono esistere! Altrimenti come spiegare che le stelle si muovono assieme senza che cambi la loro mutua distanza? Se state sorridendo non dovreste. Le sfere cristalline sono invisibili ma non per questo dovrebbero a priori non esistere. Provate a mostrare a voi stessi la visibilit di un campo elettrico, o di un elettrone. Non vediamo nulla di tutto questo. Essi sono schemi teorici che cercano di mettere in ordine la straordinaria variabilit dei fenomeni naturali. Potreste ribattere il campo elettrico esiste perch si misura. Nossignori. Noi vediamo solo lancette muoversi in manufatti che chiamiamo voltmetri, e introduciamo lente campo elettrico per spiegare il perch questi voltmetri indicano quei valori. Ma non vediamo campi
198

elettrici. Limportante in fisica la coerenza degli schemi teorici con le osservazioni, nullaltro. Laspetto interessante ora proprio la coerenza tra i fenomeni osservati sulla Terra e quelli celesti. Se infatti cerchiamo di unificare i due mondi in un quadro omogeneo della natura dovremmo postulare lesistenza di un centro geometrico del cosmo e luniverso stesso dovrebbe essere chiuso. Il centro infatti diverrebbe un punto speciale dello spazio verso cui cadono i gravi, ovvero la materia pesante, e attorno a cui ruotano le sfere e gli astri. Se postuliamo questo centro potremmo addirittura proporre un meccanismo di creazione, almeno parziale. Infatti potremmo pensare che la Terra si sia formata per aggregazione della materia pesante, la quale nel corso di millenni caduta verso il centro del cosmo. Questo spiegherebbe anche perch la Terra ha la forma sferica. Ogni pezzo di materia tende a cadere verso tale centro da tutte le direzioni. Inoltre la fisica coerente con lidea che la Terra sia immobile. Se essa si muovesse noi ce ne accorgeremmo in vari modi. Ad esempio, facendo cadere una pietra da una torre essa non giungerebbe ai suoi piedi ma un po pi in l. Se la Terra fosse in moto di rotazione attorno ad un asse, infatti, nel tempo di caduta la torre, noi e il suolo ci saremmo spostati. Due semplici conti indicano che se facessimo cadere una pietra dallaltezza di circa 5 metri essa impiegherebbe un secondo circa ad arrivare al suolo, ma nel frattempo questultimo si sarebbe spostato di circa 500 metri! Quindi dovremmo trovare la pietra 500 metri pi in l e non sotto di noi, ai piedi della torre. Conclusione: la fisica, la cosmologia e losservazione ci assicurano che la Terra non solo al centro del cosmo ma immobile. Non mi stancher mai di sottolineare come gli studenti del primo anno alluniversit non riescono ancora oggi, nel XXI secolo, a trovare argomenti per rendere nulla questa spiegazione della immobilit della Terra. Indice questo che oggi, come ieri, lo studente medio resta aristotelico, nonostante le scuole. Il cosmo che risulta da questa immagine della natura, data dai sensi, finito e chiuso perch se gli astri pi lontani devono girare attorno alla Terra lo faranno in un tempo finito e ad una velocit non infinita. Molti pensano che il geocentrismo fosse una teoria religiosa nata soprattutto dallipotesi che luomo sia speciale o dallidea di non contraddire le sacre scritture (vedi i vari passi relativi alla storia di Giosu). Ma cos non . Il geocentrismo in effetti figlio delle sensate esperienze. Tuttavia, questo grandioso schema, realizzato ben 2300 anni fa, inizi presto ad avere delle crepe. Non dobbiamo per credere che a causa di ci esso sia meno veritiero di una teoria moderna. Ogni teoria sul cosmo e sui fenomeni naturali presto o tardi mostra delle crepe. Quali sono i problemi nel caso in questione, quello del cosmo aristotelico, appena sviluppato? Il primo riguarda i moti locali. Il secondo quello dei pianeti. Il terzo la comparsa in cielo di alcuni corpi astrali inaspettati. Vediamo questi casi, perch sono tipici del crollo di una teoria scientifica per alcuni e del tentativo di altri di apportare modifiche al vecchio modello di modo da salvarlo, ieri come oggi. Circa i moti locali, come avete visto, abbiamo dato una spiegazione diversa per tre moti diversi. Nel caso del carro una forza a generare il moto. Nel caso del grave la caduta un fenomeno che deriva dal fatto che i corpi pesanti tendono a raggiungere un centro, il centro del cosmo. Nel caso del lancio di un proiettile abbiamo introdotto la presenza di un impeto. Il pendolo per sfugge a queste schematizzazioni. Di che moto
199

si tratta? Si direbbe che un moto naturale verso il basso. Eppure invece di arrestarsi lungo la verticale, che costituirebbe il suo stato naturale, esso risale. Durante la risalita diremmo che il moto violento, nel senso che possiede un impeto. Ma non abbiamo detto che tra moto naturale e moto violento vi una separazione dove la velocit nulla, come allapice della traiettoria di un sasso lanciato in alto? Dov nel pendolo la discontinuit, nel punto di quota minima, tale da far cambiare il regime da moto di caduta naturale a quello di salita per impeto? Un enigma quindi. E che dire invece del secondo problema, ovvero quello del moto dei pianeti? Nel modello sviluppato prima la Terra fissa al centro e la Luna, il Sole, i pianeti e le stelle le ruotano attorno con ampi movimenti circolari perfetti. Attenti perch i nostri sensi non ci dicono che i pianeti sono dei mondi, come sappiamo oggi. Lunico mondo sembra essere la Terra, se per mondo intendiamo un globo opaco pi o meno grande potenzialmente abitabile. Di fatto i pianeti sembrano solo puntini luminosi che nulla hanno a che fare con la Terra. E cos stato fino al 1609. Tuttavia ad un esame pi attento notiamo che i pianeti non si muovono su circonferenze perfette, ma si vedono cose strane. La traiettoria di Marte rispetto alle stelle fisse nel corso delle settimane e dei mesi, sembra indicare che il pianeta si arresta, torna indietro, si ferma nuovamente per poi ritornare a muoversi nella direzione iniziale, in modo davvero strano, formando delle specie di cappi. Altro che moto uniforme e circolare! Questo dicono gli organi di senso, coadiuvati da qualche strumento di misura pi accurato. Vi mostro in figura 2 lo spostamento del pianeta Marte. Guardate quanto strano. Dunque crolla la fisica e la cosmologia che abbiamo sviluppato? Non necessariamente. Ogni volta che una osservazione sembra contraddire una teoria essa non viene subito abbandonata, ma viene ridisegnata e riadattata alle nuove esigenze. E tuttavia essa inizia a perdere quella semplicit che aveva quando nata, diviene sempre pi astratta e finisce cos per diventare complessa tanto quanto i fenomeni osservati, laddove dovrebbe al contrario mostrarsi pi semplice.

Fig. 2. Moto del pianeta Marte sullo sfondo delle stelle fisse.

200

Come risolvere lanomalia in questione senza abbandonare il modello cosmologico fin qui sviluppato? La Terra al centro e non si muove: questa conseguenza della fisica. Il moto bizzarro di Marte pu essere pensato allora modificando leggermente la teoria e introducendo altri oggetti come epicicli e deferenti. Di che si tratta? I pianeti orbitano attorno a cerchi piccoli (gli epicicli) i cui centri si muovono attorno alla Terra in larghi cerchi (i deferenti). Il pianeta in realt non si ferma mai, come sembra. Pare fermarsi infatti solo a causa della combinazione dei moti, ma non si arresta, muovendosi invece su cerchi. E con questo modello possiamo addirittura prevedere dove si troveranno i pianeti nel futuro con una buona approssimazione. E se non basta, aggiungiamo un altro epiciclo attorno al primo finch i conti non tornano. Pura fantasia? E perch mai? In fondo non la stessa cosa per il modello standard delle particelle elementari? Dove i parametri liberi come la massa delle particelle devono essere inseriti dallesterno per far quadrare i conti, senza per che si sappia perch esse hanno proprio quelle masse? Infatti si chiama modello e non teoria non a caso. E guardate che questo modello funzionava molto bene nel prevedere la posizione dei pianeti. Un passo avanti, non c che dire, soprattutto se si introduce lidea che una teoria deve prevedere le cose e non solo descriverle qualitativamente. Questo modello fu proposto proprio da Tolomeo ed era il pi diffuso nelle universit ai tempi di Copernico e Galileo. Quindi non abbiamo abbandonato la teoria fisica e il modello cosmologico, ma abbiamo solo apportato alcune modifiche. prassi anche della scienza moderna. Il terzo punto ora. Nellottobre del 1604 apparve allimprovviso in cielo un astro luminoso. Dopo alcune settimane raggiunse la luminosit di Venere per poi ridursi e sparire nel buio. Che diavolo era? Era una nuova stella? Limpatto fu tremendo per la teoria cosmologica del mondo. Se questastro fosse apparso al di l della Luna i cieli di cristallo sarebbero diventati roba vecchia, si sarebbero frantumati! Ma senza le sfere come farebbero a muoversi gli astri, se il moto necessita di una forza? Lintera fisica sarebbe crollata e, come conseguenza, i sensi e le esperienze ne sarebbero usciti come strumenti inaffidabili per capire il mondo. E se non filosofiamo attraverso le esperienze attraverso cosa dovremmo filosofare? Conclusione: lastro deve per forza essere al di sotto del globo di cristallo in cui incastonata la Luna. cio un fenomeno atmosferico. Punto. Resta il pendolo, ma chiss, un giorno forse sar spiegato e nellambito del quadro aristotelico del mondo. Questo si pensava e si mormorava in quellottobre del 1604. Nel frattempo per, una nicchia di pensiero stava nascendo. In questa nicchia il Sole era al centro e la Terra in moto. I seguaci erano Copernico, Keplero e Galileo. Su che si basava questa variante?

201

3. I sensi non bastano Lipotesi copernicana era quella di considerare al centro delluniverso il Sole e non la Terra. La scelta fu motivata dal fatto che un simile modello risultava pi semplice di quello aristotelico tolemaico nello spiegare alcuni fenomeni. Osservate la figura accanto in cui viene rappresentato il Sole al centro, invece della Terra, e due pianeti in orbita attorno ad esso: la Terra, indicata con la lettera T, e un pianeta esterno, Marte ad esempio, indicato con la lettera P. Se proiettate il pianeta lungo la linea visuale dalla Terra verso lo sfondo delle stelle fisse si comprende che il moto retrogrado di P causato da una diversa velocit dei due pianeti attorno al Sole. Laspetto interessante del modello, come vi ho detto, che esso risulta pi semplice di quello tolemaico. Spariscono, almeno qualitativamente, tutti gli epicicli. Vorrei per che la faccenda fosse chiara. Entrambi i modelli, tolemaico e copernicano, cercano di spiegare i moti degli astri facendo uso di moti circolari uniformi. Entrambi i modelli cercano di spiegare come mai le velocit angolari dei corpi celesti sono tutto fuorch uniformi. Tolomeo sostiene che queste velocit sono reali e date da moti circolari attorno a moti circolari. Questo nuovo modello invece sostiene che solo un moto reale, quello di rivoluzione dei pianeti attorno al Sole, mentre gli altri sono moti apparenti dati dai moti della Terra, su cui noi ci troviamo. Sempre cerchi insomma, ma combinati in modo diverso, e di gran lunga in maniera pi semplice del modello visto prima. Quale dei due modelli reale? Ovviamente risponderemmo che quello reale quello copernicano. Ma perch? Forse noi vediamo i pianeti orbitare attorno al Sole coi nostri occhi? Forse vediamo la terra muoversi nello spazio? Pertanto lunico motivo per accettare il modello copernicano, a questo livello, la sua maggior semplicit. Se lo cose stanno cos, stiamo introducendo un nuovo paradigma: tra due modelli ugualmente efficaci nello spiegare la realt occorre prendere quello pi semplice come reale. unaffermazione forte. E soprattutto ha delle implicazioni notevoli sulla teoria della conoscenza. Anzitutto noi non vediamo i pianeti orbitare attorno al Sole. Pertanto se il moto della Terra reale allora i sensi sono ingannati. Il modello tolemaico poggia pertanto il suo valore di verit strettamente sullidea di conferire a ci che sperimentiamo con gli organi di senso un valore di oggettivit assoluta, mentre quello copernicano sulla semplicit matematica, riducendo limportanza dei sensi. Cosa prediligere allora nella scelta: le verit dei sensi o la semplicit matematica? Chiunque sosterrebbe la prima tesi. Ma il moto della Terra entra in conflitto, come abbiamo visto, con semplici esperimenti condotti da una torre. Qui lo scontro tra due modi di concepire la scienza e la realt. Galileo invece, convinto sostenitore del copernicanesimo ben prima delle sue osservazioni al cannocchiale, al fine di giustificare limpossibilit di vedere il moto terrestre, sosteneva che i sensi
202

possono essere ingannati e che occorrevano, per giungere alla verit due cose: costruire manufatti (la strumentazione scientifica) per usarli come protesi dei sensi, e usare la matematica degli antichi, la geometria, per descrivere i fenomeni. Insomma il sapere basso che si praticava nelle officine degli artigiani e i metodi matematici inventati duemila anni prima dai greci come Pitagora, Euclide e Archimede divenivano lunico vero accesso alla verit. Capirete quanto sovversive potessero essere quelle idee, sia negli ambienti clericali, che fondavano lintera dottrina della fede sulla verit rivelata basata sulla testimonianza, nonch per gli accademici del tempo, le cui carriere, un po come oggi, si fondavano sul consenso generale ad idee utili a non sovvertire gli stati e le repubbliche e che allora si basavano sulla immobilit della Terra. Galileo invece irrompe sostenendo, nel suo capolavoro Il Saggiatore, che vi sono molteplici fenomeni dove si pu provare la fallacia dei sensi. Le illusioni ottiche sono proprio quello strumento che ci permette di rendere manifesta questa realt non reale ma costruita dal cervello. Ve ne sono davvero tante, e io ve ne citer solo una, circa il colore, e su questa non si pu non restare stupefatti. Osservate il panorama in falsi colori di Fig. 5a.1 In basso, nella parte b della stessa figura, lo stesso panorama ripreso in bianco e nero. Fissate per circa mezzo minuto la crocetta al centro della prima foto. Fatto questo, posate subito dopo lo sguardo sulla foto in bianco e nero e, come per miracolo, la foto vi sembrer a colori. Non falsi colori badate, ma colori veri. Il fiume ad esempio apparir azzurro, come deve essere, mentre in nessuna delle foto lo , n in quella in falsi colori e n, ovviamente in quella in bianco e nero. Da dove saltato fuori quellazzurro? Al di l della spiegazione, che qui non ci interessa, la cosa che vorrei che saltasse agli occhi che questo un tipico esempio di come provare che Galileo aveva ragione, in quanto abbiamo attribuito un colore ad un qualcosa che non ce laveva. E la conclusione ovvia: sebbene il colore sia qualcosa da associare alla realt esterna, altrimenti non si distinguerebbero colori diversi, esso comunque un parto del nostro cervello, ha cio il suo lato psicologico che dipende da come il nostro cervello fatto. Galileo e la scienza stanno quindi dicendo che la realt l fuori un misto di dati oggettivi e soggettivi? Sta affermando che le sole sensate esperienze non bastano? Proprio cos. Ne scaturiscono due questioni: come giungere alla verit se lesperienza ci inganna? E dove dovremmo collocare il limite
1

L'immagine della figura 5 tratta dal sito www.curiositando.it. 203

tra ci che reale e ci che soggettivo? La risposta ce la fornisce lo stesso Galileo. Se rimuovessimo tutti gli organi di senso elimineremmo tutte queste qualit secondarie e solo quelle primarie resterebbero della realt esterna, ovvero la forma geometrica dei corpi, di quante parti formato un corpo, e come esse si muovono nello spazio e nel tempo. Insomma resta ci che definiamo fisica. Pensateci bene: la fisica si occupa proprio del moto dei corpi rigidi nello spazio e nel tempo. Di elettroni attorno al nucleo degli atomi o di pianeti attorno al nucleo degli atomi o di pianeti attorno al Sole. E se immaginate la chimica organica, con le sue rappresentazioni di atomi di carbonio disposti a formare strutture geometriche, essa segue proprio quel principio. E se pensate alla biologia molecolare, con molecole di DNA e proteine viste come atomi disposti in modo ben preciso s da portare informazione grazie alla loro configurazione, vedrete proprio lenunciato di Galileo. E infine se pensate alle interazioni tra i neuroni, che avvengono mediante scambi di ioni, che sono alla base del pensiero, capite bene come la stessa neurobiologia si innesta nello stesso filone di Galileo. E oggi stiamo ritornando alle qualit secondarie. Perch possibile descrivere gli stessi colori, sapori e cos via mediante questo approccio, come fenomeni naturali che avvengono nel sensorium, in virt di una evoluzione che ha preso certe strade piuttosto che altre. Ecco allora la paura attuale delle gerarchie ecclesiastiche: ridurre luomo a interazione tra le sue parti e con lesterno. Possibile che siamo solo questo? Troppo presto per dirlo, a questo livello, ma la strada tracciata. Proprio da quel manifesto che era il Saggiatore di Galileo. La cosa per non finisce qui. Infatti inizia con Galileo unoperazione di demolizione ulteriore dei sensi, e del buon senso appunto, per fare un gioco di parole. Se i sensi sono fallaci circa la costituzione dei corpi, possono esserlo anche circa il loro moto. Per cui non basta dire che non sentiamo che la Terra si muove per poter affermare che essa immobile nello spazio. Tra le due affermazioni c di mezzo il sensorium. Ma allora come facciamo a dire qualcosa attorno alla realt? Occorre un metodo, senza il quale rischiamo di prendere fischi per fiaschi e di navigare nelle tenebre. E questo metodo non pu che basarsi su esperimenti mirati e realizzati con protesi sensoriali, cannocchiali, piani inclinati, orologi di precisione, e via dicendo, in cui evidenziamo la forma geometrica dei corpi, o mettiamo in relazione geometrica la posizione relativa dei corpi in movimento con gli orologi e lo scorrere del tempo. E a partire dai dati mostrati da questi esperimenti sviluppare teorie matematiche che mettano in connessione tutti questi dati. Il criterio si sposta quindi non su ci che vediamo ma sullefficacia che hanno le teorie nel descrivere fenomeni sempre pi vasti, fenomeni che vanno osservati mediante esperimenti dove si rimuovono gli accidenti, tutto ci che arreca disturbo. A volte queste osservazioni avvengono a caso, come accaduto a Galileo col cannocchiale, altre con esperimenti mirati a provare una congettura, come quello recente sul bosone di Higgs al CERN di Ginevra. Ci che occorre conoscere della realt l fuori, la forma, la disposizione e il movimento delle cose, non i colori e i sapori. Insomma la natura pu essere compresa solo mediante la geometria, anzi pi generalmente mediante la matematica. Rispetto al programma di ricerca degli aristotelici tutto stravolto. Non pi sensate esperienze solo sui fenomeni qui e ora. E non solo matematica come strumento di calcolo. Ma
204

esperimenti mirati e osservazioni ovunque, e teorie che colleghino il presente al passato, il qui col lontano, e soprattutto una matematica che sia lestensione delle nostre esperienze locali ad una realt globale. Le teorie non sono quindi solo speculazioni, ma lunico modo, insieme agli esperimenti, di poter dire qualcosa circa la realt, consapevoli di due cose per: anzitutto ogni fenomeno, per quanto semplice non sar mai compreso completamente, perch la natura supera ogni capacit umana ed sorda alle nostre pretese di inquadrare le cose in un unico schema. A causa di ci la scienza mutevole, sempre in costruzione, non raggiunge mai una verit assoluta, ma solo una verit temporanea. Tuttavia le successive ingloberanno quelle precedenti. La scienza quindi non ci offre verit assolute, ma ci fa comprendere perch e dove sbagliavamo prima. una strada senza ritorno quindi. Non si torna pi su strade gi percorse. Ma una strada senza fine. Come ebbe a dire Galileo: La filosofia scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico luniverso), ma non si pu intendere se prima non simpara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, n quali scritto. Egli scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi un aggiornarsi vanamente per un oscuro laberinto. 4. La nuova fisica Osservazioni e matematica dunque. Il ponte tra questi due mondi nellusare manufatti che riducano gli accidenti per rendere quanto pi vicini allideale il fenomeno reale da un lato, e, dallaltro, nellaccertarsi dellapprossimazione fatta per capire quanto la teoria sia affidabile. Ma non solo: possiamo far ruotare lintero programma di ricerca di Galileo attorno alla questione del copernicanesimo. Se la Terra si muove come indica Copernico e gli indizi ricavati con il cannocchiale, strumento che fungeva da protesi per gli occhi amplificandone la capacit, allora occorre demolire la fisica dei moti locali consegnataci dal buon senso e concepire il moto e lo spazio in modo nuovo, di modo che il moto del nostro pianeta non sarebbe sperimentabile dal nostro sensorium. Da dove partire? Galileo conosceva un moto che restava insoluto nella teoria di Aristotele: il pendolo. Anzitutto cosa ci stava raccontando quel moto? Ci raccontava che un pendolo in oscillazione raggiungeva la stessa quota alle estremit dopo aver percorso un arco di cerchio. Se si disponeva un chiodo in modo da intercettare il filo durante il moto discendente ecco che il pendolo comunque raggiungeva la stessa quota iniziale dallaltra parte. Ma allora se al posto di un pendolo disponiamo di due piani inclinati disposti luno di fronte allaltro cosa accadr? Ebbene ancora una volta la pallina raggiunger la stessa quota iniziale. Un po meno a causa dellattrito ma pi esso viene ridotto e pi la pallina si avviciner a tale punto, lasciando intuire che, nel caso in cui lattrito venga completamente rimosso (un caso ideale ancora una volta) la pallina raggiunger esattamente quel punto alla stessa quota iniziale. Cosa accadr se incliniamo di pi uno dei due piani? La stessa cosa, la pallina tender a raggiungere la stessa quota, proprio come per il pendolo col chiodo, indipendentemente dal fatto che dovr percorrere un tratto
205

maggiore, tanto maggiore quanto pi il piano tende allorizzontale. Assolutamente contro-intuitivo.

Fig. 6. Moto di una pallina su piani inclinati di diversa angolazione. La pallina giunge sempre alla stessa quota.

Ma questo implica una conclusione altrettanto sbalorditiva: se il piano inclinato non affatto inclinato, ma orizzontale, la pallina non dovr raggiungere comunque la quota massima percorrendo il piano anche se infinitamente lungo? E questo non vuol dire allora che la pallina si muover di moto rettilineo uniforme sempre con la stessa velocit v, se non vi sono attriti di ogni sorta, indefinitamente e senza mai fermarsi? Questa la conclusione a cui si giunge se si prende seriamente il moto del pendolo. Ma un momento! Se le cose stanno come racconta Galileo, un corpo si muoverebbe nel vuoto senza che venga applicata una forza! Il suo stato in questo senso sarebbe equivalente a quello in cui esso fermo! Ecco allora il principio di inerzia che fa cos la sua comparsa nella cultura della nostra specie: ogni corpo, in assenza di forze, persevera nel proprio stato di quiete o si muove di moto rettilineo uniforme, indefinitamente. La frase innocente in assenza di forze implica sia che lidea intuitiva, per la quale affinch un corpo si muova necessario spingerlo, falsa e sia che lesistenza del vuoto deve essere reputata reale per comprendere il moto dei corpi. Il vuoto lo strumento ontologico con cui edificare la nuova fisica. Forse era stato trovato il bandolo della matassa? La Terra forse si muoveva davvero senza che ce ne accorgessimo, proprio come se fosse in quiete ? Ma allora come spiegare il moto di caduta libera di una pietra da una torre? Galileo voleva andare oltre e spiegare il moto di caduta dei gravi collegandoli in un unico schema ad altri moti, come quello lungo un piano inclinato o quello del pendolo. Nasceva insomma una prima idea di unificare i fenomeni del moto in pochi principi. Ad ogni modo cercate di capire cosa sta accadendo: Galileo vede con occhi nuovi cose che cadevano gi sotto gli occhi degli aristotelici suoi vicini di stanza alluniversit. Le sensate esperienze erano le stesse,
206

ma lui teorizzava con la matematica, non si accontentava di osservare. E la matematica lo portava a progettare altri esperimenti. Rimuoveva gli accidenti, lattrito, per semplificare le cose e dedurre dei principi primi. E usava laritmetica e la geometria per descrivere le curve. Cos costru un altro manufatto per poter rallentare il moto di caduta di un grave e osservarlo meglio. Ma non con tubi pieni di olio di oliva come Aristotele, ma con piani inclinati. Aristotele aveva pensato di rallentare il moto facendo cadere i gravi in un liquido, ma facendo cos non aveva rimosso gli attriti, anzi li aveva amplificati. Ecco allora che nella mente dello scienziato si parte da uno schema teorico per preparare lesperimento. Aristotele non vedeva attriti perch non concepiva il vuoto, Galileo vedeva attriti perch vedeva linerzia e dunque il vuoto. Se non c il vuoto non c bisogno di introdurre lattrito. Lattrito un costrutto teorico! Galileo, allora, costru un piano lungo e inclinato di soli 10 rispetto allorizzontale e us palline di acciaio piccole di modo da ridurre il pi possibile lattrito. Fatto questo fece cadere le palline lungo il piano inclinato. Se si fossero mosse con velocit costante, allora in un tempo t avrebbero percorso un spazio s, nel successivo intervallo t avrebbe percorso uno spazio s, e in quello successivo ancora uno spazio pari ad s. Se lo spazio s unitario, la successione diviene 1, 1, 1, 1 ecc. E invece scopr qualcosa di stupefacente. In tempi successivi identici la pallina percorreva uno spazio s, 3s, 5s, 7s e cos via, seguendo la successione 1, 3, 5, 7 dei numeri dispari, indipendentemente da quanto si stabiliva dover essere il tratto di base s. Nello stesso tempo dunque percorreva spazi sempre crescenti. Era un chiaro indizio che la velocit non era costante ma aumentava nel tempo: fu la scoperta dellaccelerazione. I nostri sensi non ci possono far vedere questo fenomeno senza uno strumento che rallenta il moto.

Fig.7. Esperimento di Galileo sul piano inclinato.

Vi un altro modo, che Galileo non us mai, per dire la stessa cosa, ma che noi useremo essendo fortunati a possedere un bagaglio matematico superiore. Se il corpo si fosse mosso di moto uniforme avrebbe percorso un certo spazio s proporzionalmente al tempo trascorso [1] dove v la velocit del corpo, costante ovviamente. Invece in questo caso sembrava che lo spazio percorso nel primo intervallo di tempo t fosse 1s. Dopo un tempo 2t era 1s+3s=4s. Dopo un tempo 3t dallinizio era 1s+3s+5s cio 9s. Le conclusioni erano

207

ovvie: il moto di caduta avveniva in modo che lo spazio andava come il quadrato dei tempi. In formule [2] dove g l accelerazione di gravit, pari a 9.8msec2, e risulta una costante del moto, in quanto non dipende dal peso del grave, n dal tempo. 5. Il senso di una teoria La scoperta che un grave in caduta libera segue una legge matematica di importanza straordinaria. La matematica sembra essere la vera struttura su cui costruito il nostro mondo e il miglior linguaggio attraverso cui interpretarlo. La scoperta dellaccelerazione non fu tuttavia importante solo in quanto per la prima volta emerse limportanza della legge fisica per la comprensione delluniverso ma anche perch permise la prima vera unificazione dei fenomeni naturali. In effetti, come abbiamo visto, nelle argomentazioni di Aristotele nulla lasciava presagire unificazioni di alcun genere nei moti locali. Le cause del moto orizzontale, di caduta e di un sasso lanciato in obliquo erano diverse. In Aristotele il moto orizzontale necessitava di una forza come causa, mentre ora sufficiente che non ve ne sia alcuna per consentire il moto a velocit costante. In Aristotele il moto di caduta libera era costante e tendeva ad un fine, raggiungere il suo luogo naturale, il centro del cosmo. In Galileo invece accelerato e non persegue alcun fine in quanto il grave semplicemente percepisce una accelerazione costante. Circa i moti obliqui infine, la causa del moto risiede nella forza con cui stato lanciato, che permane durante il moto, stando a quanto detto prima, sotto forma di impeto, che si esaurisce per lasciare il posto ad un moto in caduta. Due eventi separati dunque. Cosa dice Galileo in proposito? Ecco la prima grande unificazione: il moto obliquo di una pietra scagliata da una mano semplicemente dato dalla combinazione di due moti, quello orizzontale e uniforme per inerzia, e quello verticale accelerato di caduta libera. Come arriva a questa idea? Ed vera? Anzitutto lidea non nasce dal nulla, in nessuno scienziato e in nessuna circostanza. Lidea nasce da ci che gi si sa e si conosce, per merito delle sensate esperienze o delle teorie organizzate da altri. Lidea di combinare linearmente i due moti venne in mente a Galileo da una grande spinta allunit e di sicuro partendo dal modello cosmologico sbagliato, quello di Tolomeo. Lidea che se siamo in grado di descrivere il moto dei pianeti combinando moti circolari come epicicli e deferenti, e se la natura una e indivisibile, allora perch non applicare lo stesso metodo anche quaggi sulla Terra come lass nei cieli? Modelli sbagliati, premesse false e via dicendo, ma lunica strada possibile allo stato attuale per formulare ipotesi. Come combinare i moti locali? Lidea semplice. Immaginiamo il moto di caduta e quello orizzontale. Ogni volta che sia passato un certo intervallo di tempo dato, valutiamo dove si troverebbe il corpo nel suo moto orizzontale oppure in quello verticale di caduta. Supponiamo che le due posizioni siano x e y. Infine tracciamo la posizione reale, o presunta tale, del grave intercettando le due posizioni su un diagramma cartesiano. Le due coordinate indicheranno quindi la posizione in cui si trova il grave dopo un dato tempo. Qui la regola la stessa della battaglia navale, ovvero incrociare le due posizioni che il corpo avrebbe se non ci fosse la gravit o se non avesse alcuna
208

velocit orizzontale ma ci fosse la gravit. Nel primo caso il corpo si muoverebbe percorrendo lo stesso spazio nello stesso intervallo di tempo, seguendo la successione 1, 1, 1, 1, ecc. Ovvero uguali spazi in uguali tempi. Invece nel secondo moto, quello di caduta libera, esso segue la sequenza dei numeri dispari, 1, 3, 5, 7 ecc

Fig. 8. Sovrapposizione dei moti orizzontale per inerzia e verticale di caduta libera.

Ebbene combinando i due moti, incrociando le posizioni, si ottiene la curva che osservate in figura. La curva una parabola! Infatti dopo un tratto orizzontale x lordinata y si trova semplicemente quadrando, ovvero calcolando x2. Se lascissa ad esempio x=1 lordinata y=1=x2, come potete vedere. Se lascissa x=1+1=2, lordinata y=1+3=4=x2 e cos via. E la parabola descritta proprio da una curva le cui ordinate sono proporzionali al quadrato delle ascisse. Straordinario. Soprattutto perch la natura, se le cose stessero davvero cos, amerebbe le combinazioni lineari a quanto pare, ovvero le regole tipiche della battaglia navale. Questa per lidea venuta in mente a Galileo che conosceva Tolomeo. Perch non venne in mente agli aristotelici? Semplice: perch partivano dai sensi i quali dicevano che il moto di una pietra scagliata lungo lorizzontale aveva un impeto che lo teneva in moto e solo dopo avveniva il moto di caduta libera naturale. Non potevano concepire alcuna combinazione lineare semplicemente perch si ponevano la domanda circa le cause del moto e non circa la forma geometrica. Si chiedevano i perch e non i come. Ma questa resterebbe una congettura comunque, se non fosse verificata. E qui viene il secondo punto. Una volta che lidea sia stata concepita, come verificare che essa sia vera? Attenti qui, la teoria ci ha detto che se tutto fosse vero dovremmo vedere una parabola. Ma anche vero che la teoria vive in un mondo di carta, ovvero nel mondo platonico delle idee perfette, dove non vi attrito n aria. Eppure attorno a noi c sia lattrito che laria. Come giungere allora a dire che la teoria della combinazione dei moti vera se essa parte da condizioni sperimentali irrealizzabili, come la creazione del vuoto? Galileo sostiene che la domanda mal posta. Non possiamo mai dire se la teoria vera in assoluto, ma solo entro gli errori sperimentali. In effetti non ha nemmeno senso porsi la domanda circa la verit della teoria giacch
209

essa vive appunto nel mondo ideale della matematica. Ci che ha senso concepire un esperimento con dei manufatti. In questo esperimento occorre ridurre gli accidenti ovvero ridurre gli attriti e leffetto dellaria il pi possibile per avvicinarsi il pi possibile al mondo di carta. Avvicinarsi significa ridurre gli accidenti non eliminarli, giacch non possibile. Ecco perch introduciamo gli errori sperimentali. Non dimostreremo mai che le previsioni della teoria sono corrette, ma che lo sono entro gli errori sperimentali. La verit diventa solo relativa allerrore. una riduzione di pretese, ma la potenza di questo metodo straordinaria e ci permette oggi di controllare la natura in modo straordinariamente efficace. La conclusione che se gli errori sperimentali vengono ridotti, potrebbe allora emergere una deviazione dalla teoria, la quale si dimostrer non falsa in assoluto, ma falsa entro gli errori sperimentali. Chiss quanto dura stata accettare lidea che la verit fosse un concetto dinamico e non assoluto. Ma torniamo al nostro scienziato toscano. Galileo fa previsioni con la sua teoria e le controlla. Lidea questa. Se il grave cade animato di moto obliquo in realt si muove lungo orizzontale per inerzia e cade come cadrebbe un sasso lasciato libero (sovrapposizione dei moti). Lanciando una pallina a velocit diverse e controllando dove avviene lurto col pavimento, possiamo controllare se i punti predetti dalla teoria della combinazione dei moti e quelli misurati, entro certi intervalli di errore, coincidono. Eccovi la pagina degli appunti di Galileo su questo esperimento.

Fig. 9. Figura tratta e tradotta dagli appunti manoscritti di Galileo (St. Drake).

Egli appunta sia le previsioni della teoria sul punto di impatto della pallina al suolo e sia la misura reale. Sono molto vicini ma non combaciano mai. Ad esempio sui suoi appunti si legge 1328 doveria 1306. Diff. 22. Oppure 1500, doveria 1460. Diff. 40. E cos via. Queste frasi sono ovvie: esse indicano il punto di impatto (1328) misurato, e quello accanto il valore predetto (1306). Diff. sta per differenza, ovvero la distanza tra teoria ed esperimento. La teoria non sar mai uguale al dato sperimentale. Di mezzo ci sono gli accidenti, o ci che oggi chiamiamo lerrore sperimentale e strumentale. Ci vorranno per matematici come Gauss e Laplace per sviluppare una teoria degli errori. Solo cos il valore di verit della teoria scientifica verr
210

definitivamente chiarito. Sia come sia ci che dunque la teoria pu fare non dare la verit ma organizzare i fenomeni che osserviamo in pochi principi primi con condizioni semplificate (assenza di aria ecc). La teoria fa delle previsioni (tipo il punto dove collide il grave) e infine lesperimento cerca di vedere se tali previsioni sono corrette entro lerrore sperimentale. Le differenze tra teoria ed esperimento sono attribuibili alla non rimozione totale degli accidenti, cosa di per s impossibile. Se la previsione allora rientra nellerrore ecco che diciamo che la teoria stata confermata dallesperimento. Questo, lo voglio ribadire, ha una conseguenza importante: lesperimento, a causa dellerrore sperimentale, pu essere reso sempre pi raffinato e a un certo punto far scorgere anomalie e deviazioni dalla teoria al di fuori dellerrore sperimentale in quel momento raggiunto. A quel punto la teoria diviene inefficace in quel dominio sperimentale e va sostituita da una teoria diversa. Ma allora se gi non possiamo approntare esperimenti di precisione assoluta come esser certi di una teoria? Non si pu. Possiamo solo dire che una teoria sbagliata ma mai vera. Dunque siamo nel relativismo assoluto? Nossignori. Il criterio che la scienza adotta che la nuova teoria che eletta a spiegazione dellanomalia deve tuttavia spiegare come mai la vecchia era inefficace a spiegarla ma deve anche inglobarla. Un esempio concreto la teoria di Newton sui gravi. Prima di giungere a comprendere tuttavia questo aspetto concludiamo questo capitolo vedendo come, giunti alla teoria che Galileo cre per spiegare il moto delle pietre scagliate da una mano non come un fenomeno a s stante ma come riducibile a due moti gi studiati e conosciuti, possiamo anche dire che le argomentazioni degli aristotelici circa il moto della Terra erano nulle. Questi dicevano che la Terra era ferma perch se si fa cadere una pietra da una torre essa giunge ai suoi piedi, cosa impossibile se la Terra si muovesse. Ecco largomentazione di Galileo: una palla che cade da una torre si muover, rispetto a un osservatore solidale col sole ad esempio, sia di moto verticale che orizzontale. Il grave possieder quindi sia una velocit verticale ma anche una orizzontale, quella della Terra, che la stessa che aveva la torre. Dunque la palla continuer a muoversi di moto orizzontale uniforme assieme alla torre e di moto accelerato verso il basso. Ne deriva che, visto dallosservatore solidale con il Sole, la situazione apparirebbe come in figura.

Fig. 10. Caduta di un grave da una torre vista da un osservatore solidale col Sole.

La palla cade di moto parabolico. E poich dopo un intervallo di tempo dato sia la torre che la palla come pure il lanciatore avranno percorso lo stesso tratto
211

orizzontale, sia dal punto di vista dellosservatore esterno che solidale con la Terra, la palla cadr ai piedi della Torre, e con la stessa accelerazione verticale, g. Insomma nessuna differenza tra osservatore esterno e terrestre se non nella forma della traiettoria. Ma dal punto di vista del lanciatore, solidale alla Terra e alla torre, la palla cadr proprio come se la Terra fosse ferma. Come vedete la legge di composizione dei moti e il principio di inerzia implicano tutto quanto abbiamo detto. Dunque gli aristotelici avevano ragione: la pietra cade ai piedi della torre, ma non perch la Terra ferma, bens a causa del principio di sovrapposizione dei moti. Lesperienza la stessa, ma le teorie diverse. E quella di Galileo superiore perch riduce tre moti a due. Questo il progresso. 6. Parabole ed ellissi: lunificazione dei cieli e della Terra Cieli e Terra sono cose ben diverse oppure possibile formulare una teoria del tutto che unifichi queste due porzioni della realt? Il moto di caduta di una pietra ha qualcosa a che vedere con lorbita della Luna attorno alla Terra o di questultima attorno al Sole? Anche qui i sensi e il cervello di tutti noi non intravedono alcuna relazione. In una bella notte di plenilunio osservate la Luna sospesa l in alto e un ragazzino che gioca a pallone per strada e dite il pallone cade, la Luna resta sospesa. E la conclusione che ne traete che la gravit, che fa cadere il pallone, non agisce sulla Luna e magari vi convincete perch ricordate alcuni video di astronauti galleggiare nelle loro stazioni spaziali orbitanti. Se galleggiano non vi gravit lass, tant che si usa dire gravit zero. Ecco che allora non tutti colgono la relazione tra la Luna sospesa lass e il pallone che cade quaggi, ma alcuni cervelli sono pi adatti di altri nel visualizzare matematicamente le cose. Ed ecco limmagine che sorse in qualche angolo del cervello in un uomo di nome Isaac Newton. Essa rappresenta il nostro globo, su cui posta una montagna dalla cui vetta V lanciamo delle palle di piombo con un cannone. Ebbene, quale sar il loro moto se non parabolico, come ci insegnava Galileo? Ma il corpo dunque sta cadendo? Certo che s. E di quanto? Tanto quanto si scosta dallorizzontale, ovvero dal tratto che percorrerebbe per inerzia qualora la gravit fosse assente. Ora osservate bene la figura. Dal punto V sono lanciati dei proiettili con velocit iniziale man mano crescente. I primi cadranno al suolo quasi verticalmente e a mano a mano che la velocit aumenta, percorreranno tragitti sempre pi ampi, alcuni alla fine cos lunghi da percorrere pi di un quarto della superficie terrestre, che si incurva al di sotto delle loro traiettorie. Ora, dovr esistere una velocit, superata la quale, il proiettile entrer in orbita, ovvero dopo un certo tempo pi o meno lungo torner al punto da cui stato lanciato. Come possibile? Il proiettile cade ma la Terra sotto si incurva della misura giusta, tale per cui esso non toccher mai il suolo!

212

Fig. 11. Moto dei proiettili a lunga gittata nella visione newtoniana.

Insomma se Maradona lanciasse un pallone da calcio verso la porta con una potenza tale da farlo viaggiare alla giusta velocit (circa 8Km/sec), esso entrerebbe in orbita, e se non ci fosse nulla che lo ostacolasse nella sua traiettoria, tornerebbe nel punto di partenza dopo aver circumnavigato il globo in circa 90 minuti, il tempo di finire la partita! Ma se il pallone cade lo fa a causa della gravit. Eppure la Luna sembra orbitare attorno alla Terra al pari del pallone che abbiamo discusso ora. La conclusione sembra ovvia: forse la Luna orbita a causa della forza di gravit, ovvero la stessa forza che tira i corpi gi e che Aristotele e Galileo dicevano fosse la tendenza dei corpi ad andare verso il centro della Terra. Se fosse vera questa affermazione avremmo trovato qualcosa di formidabile e profondo! Ovvero che ci che muove i pianeti attorno al Sole la stessa cosa che responsabile della caduta delle mele: la gravit! Va detto che pensare al moto della Luna attorno alla Terra o della Terra attorno al Sole in termini di gravit non cos banale. Molti pensarono che il moto avvenisse come se ci fossero dei vortici che trascinavano i corpi celesti cos come Aristotele credeva nei cieli di cristallo. La gravit era la propriet che avevano i gravi di cadere verso il basso, il moto dei pianeti era tuttaltra cosa. Ma se Newton ha ragione davvero allora fenomeni celesti e terrestri sarebbero unificati. Come provare questa idea? Newton comprende che possibile unificare i due moti, quello della Luna e della pietra o del pallone se si sfrutta una vecchia idea: quella della forza. Non ci si riflette mai abbastanza ma lidea di forza non di Newton, essa connaturata nel nostro cervello a causa delle esperienze che facciamo tutti i giorni. Spinta e trazione sono esempi intuitivi di forza. Il punto per che mentre i sensi ci indicano che la forza qualcosa che si sviluppa a causa del contatto tra due corpi Newton immagina che la forza sia qualcosa che agisce attraverso il vuoto e a distanza. Non concordava con questa idea fino in fondo ma la port avanti. Noi non vediamo nulla che tira o spinge una pietra verso il suolo eppure, sostiene Newton, proviamo a immaginare che le cose accadano proprio in questo modo. Tuttavia sappiamo anche che la forza non responsabile del moto, come cap Galileo. In assenza di forza un corpo si muove di moto rettilineo uniforme. Ma cosa fa una forza allora? Se agisce per contatto essa
213

devia un corpo, fornendogli unaccelerazione nella direzione della forza stessa. Forse accade la stessa cosa a distanza attraverso il vuoto? Ammettiamolo dunque. Ecco che Newton allora giunge alla conclusione, con due semplici calcoli, che cieli e Terra possono essere unificati pensando alla gravit come una forza diretta verso il Sole (centrale) che segue la seguente legge matematica [3] Questa forza la forza di gravit, che tiene uniti noi alla Terra, che fa cadere le mele dagli alberi, e che tiene legata la Luna al nostro globo. Una forza che agisce non per contatto ma a distanza e che varia come linverso del quadrato della distanza. Una forza che agisce verso il centro della Terra nel caso della pietra e della Luna e verso il centro del Sole nel caso della terra e dei pianeti. Newton giunse a quella espressione decidendo deliberatamente di usare lidea che la forza sia proporzionale allaccelerazione anche nel caso delle pietre e dei pianeti e introducendo lidea di forza a distanza. Qualcuno obiett che questa idea sapeva quasi di influssi magici, qualit occulte e psicocinesi. Come dar loro torto visto che tutte le esperienze si basavano sullazione per contatto? Il punto per non questo. La Natura potrebbe esser davvero bizzarra e lunica cosa che possiamo fare non di bocciare una teoria perch strana ma di vagliarla col setaccio sperimentale. Se passa il setaccio bene, altrimenti deve essere rigettata. Se la cosa funziona bene, avremo scoperto i segreti delluniverso, in caso contrario avremo fallito e lidea di usare il concetto di forza per spiegare la gravit o di spiegare il moto dei pianeti cadr miseramente. Non possiamo seguire qui i dettagli dei calcoli affrontati da Newton. Tuttavia laspetto assolutamente straordinario che combinando la legge di gravitazione con quella di inerzia di Galileo possibile spiegare il moto dei pianeti in dettaglio e con un potere predittivo e descrittivo mai raggiunti prima, nemmeno da Tolomeo. Lidea che un pianeta tende a muoversi di moto rettilineo uniforme per inerzia, ma la forza che punta verso il Sole devia la direzione del moto verso il centro. La combinazione della tendenza ad andare diritti e della caduta verso il centro del Sole d come risultato, dopo qualche conto, una traiettoria chiusa la cui forma quella di unellisse. Non circonferenze dunque, ma ellissi, di cui il Sole occupa uno dei due fuochi. La cosa mi ha sempre lasciato stupito. Ci si aspetterebbe al pi che il Sole dovrebbe occupare il centro dellellisse e non uno dei due fuochi. Eppure le cose stanno proprio cos. Ecco allora che possiamo vedere lunificazione dei cieli e della Terra in due modi diversi: bottom-up e top-down, per cos dire. Nel primo caso possiamo pensare al moto della Luna, come abbiamo detto prima, come se la Luna stesse cadendo al pari di una pietra. La differenza che la Luna non raggiunge mai il suolo. La domanda perch la luna non cade? impostata male, perch la Luna sta di fatto cadendo. Questa immagine del cosmo riscontrabile negli astronauti che si trovano ad orbitare nelle stazioni spaziali. Essi galleggiano nellabitacolo della stazione non perch non vi sia gravit. Infatti stando alla legge di Newton la forza di gravit, sebbene si sia ridotta solo di poco a causa della distanza dalla Terra, comunque presente. Gli astronauti galleggiano allora solo perch stanno cadendo di caduta libera, come la Luna. Se invece di essere nella stazione spaziale fossero in una cabina di ascensore a cui
214

fossero stati tagliati improvvisamente i cavi facendoli precipitare verso il basso, essi galleggerebbero allo stesso modo. Nel secondo caso, il top-down, possiamo dire che la pietra o il pallone orbitano attorno alla Terra come fa la Luna. In effetti se scagliamo una pietra con un angolo di inclinazione la sua traiettoria si incurver attorno al centro della Terra perch di fatto la sua orbita una ellisse di cui il centro della Terra occupa uno dei due fuochi. Anche un pallone dunque sta orbitando attorno al centro di gravit della Terra. Lunica differenza che esso collide col suolo perch lorbita entra dentro la Terra. Sorge allora una domanda: non abbiamo forse detto che i gravi cadono seguendo traiettorie paraboliche? Non una contraddizione? Ci siamo ora. Ci troviamo infatti di fronte alla caduta della teoria di Galileo e alla scoperta di una nuova teoria, quella di Newton. Ma di fatto non un vero crollo. La teoria di Newton infatti, nata da quella di Galileo, la supera e la ingloba spiegandone anche il suo limite di applicabilit. Il limite della teoria di Galileo era che si basava sullipotesi e la misura che laccelerazione di gravit fosse una costante del moto. A causa di ci le traiettorie sono paraboliche, entro lerrore sperimentale. Se per osservassimo il moto di missili intercontinentali ci accorgeremmo una deviazione netta dallandamento parabolico. Nonostante le barre derrore attorno ai valori misurati la parabola non riuscirebbe a fare un buon fit di ci che vediamo. Pertanto solo per moti che avvengono in prossimit della superficie terrestre e non troppo lontani dal punto di lancio laccelerazione di Newton diviene quella di Galileo e ritroviamo parabole invece che ellissi. Del resto lellisse sar comunque la vera traiettoria del grave ma risulter cos schiacciata che il tratto della traiettoria ellittica che osserviamo prima della collisione col suolo indistinguibile da un tratto di parabola. Insomma tutto cade o, se preferite, tutto si muove di moto ellittico. Anche il moto verticale di una mela che cade da un albero pu esser visto come una ellisse singolare, schiacciata. Demolizione delle teorie precedenti dunque, ma anche passi avanti verso unificazioni sempre maggiori di domini della realt allinizio separati, come il moto dei pianeti e quello dei gravi. 7. Dove ci lascia tutto questo? Questo breve viaggio nel passato ci ha portato a comprendere alcuni aspetti che dovrebbero essere di dominio pubblico, soprattutto in una societ che ama definirsi moderna. Anzitutto non basta osservare per approdare a qualche verit. Il detto se non vedo non credo fuori luogo e anacronistico. Chi pensa cos aristotelico. Vedere infatti unattivit che coinvolge organi di senso e cervello, ma essi sono fallaci e frutto di una evoluzione che non aveva come scopo quello di generare un sensorium che fosse adatto a capire la realt la fuori ma solo ci che serviva per la sopravvivenza della nostra specie. E per sopravvivere necessario (e sufficiente) capire che quiete e moto sono cose diverse e non la stessa cosa. Un leone fermo diverso da un leone che corre verso di voi. Eppure la realt sembra che sia costruita sul principio di indistinguibilit tra moto rettilineo uniforme e quiete. I nostri organi di senso stabiliscono che per mettere in moto un oggetto occorre agire spingendo o tirando. Eppure per capire il moto dei pianeti e dei gravi bisogna concludere che le forze agiscono a distanza. In effetti, come si capir con le leggi
215

dellelettromagnetismo, anche spingere una pietra con la mano non avviene mai per contatto. Cariche elettriche della mano che generano una forza a distanza attraverso il vuoto sulle cariche elettriche dello stesso segno della pietra respingendole, questo accade. La scienza dunque si comporta come un gran demolitore dei principi costruiti attraverso il senso comune. Per far questo tuttavia essa introduce strutture ontologiche sempre suscettibili di essere modificate. Siamo passati dalle sfere di cristallo agli epicicli di Tolomeo, alle forze a distanza di Newton e ai concetti di massa e accelerazione. Sfere, cerchi, vettori. Le strutture su cui si edifica il sapere sono instabili. La stessa forza sar cambiata da Einstein con il concetto di curvatura del campo geometrico dello spazio-tempo e si ritorner a dire che una pietra cade non perch vi una forza ma in quanto si muove per inerzia (ovvero di moto naturale) ma in uno spazio-tempo curvo. Per far questo ancora una volta la scienza ha demolito non solo il concetto di forza a distanza di Newton ma anche lidea che la geometria sia immutabile, come pretendevano i greci e come pensiamo tuttora col senso comune. La geometria dipende dalla fisica, dalla materia. La scienza non stabile dunque. Non offre certezze ma solo verit provvisorie. Tuttavia le nuove verit inglobano le vecchie e ne mostrano i limiti. In questo senso non si torna indietro, mai. I cieli di cristallo sono defunti, come le parabole di Galileo e le ellissi di Newton, in uno spazio-tempo assoluto. Oggi abbiamo uno spaziotempo curvo e dinamico, quello di Einstein, ma possiamo mettere la mano sul fuoco che esso ceder il passo a qualche struttura ontologica nuova, in cui forse lo spazio e il tempo non saranno gli enti primitivi su cui edificare la nuova teoria. Possiamo anche scommettere che essa inglober i principi proposti da Einstein, spiegandoli sotto una luce nuova e che ciascuna teoria, da Aristotele a Galileo a Newton ad Einstein, saranno solo un sottoprodotto del nuovo schema concettuale, una approssimazione. Sorge allora una domanda: ci sar mai una teoria del tutto? Ovvero una teoria definitiva delluniverso attraverso cui poter comprendere ogni fenomeno della realt? Molti scienziati, come Stephen Hawking, ci credono fermamente. Personalmente sono molto pi scettico. Il livello di astrazione aumentato nel corso dello sviluppo delle teorie scientifiche e tender ad aumentare sempre pi, proporzionalmente allaumentare del dominio di realt che viene spiegato. La realt si sta mostrando sempre pi complessa e, al contrario di ci che molti fisici pensano, le teorie sono diventate sempre pi complesse di pari grado. Ogni descrizione apparir prima o poi inadeguata. Forse probabile che dovremo convivere con limpossibilit di raggiungere la verit delle cose, ed in effetti il concetto stesso di verit alquanto nebuloso. Che esista una realt al di fuori del nostro sensorium indubbio. Che essa sia descrivibile da una specie vivente nata circa centomila anni fa su un sasso in moto attorno ad un sole medio tra centomiliardi di miliardi di soli delluniverso , nei fatti un miracolo. probabile tuttavia che se il cosmo non fosse ordinato noi non potremmo esser qui a formulare teorie, per cui non dovrebbe tutto sommato sorprenderci di essere in grado di decodificare le leggi delluniverso. Noi non saremmo qui se il cosmo fosse caotico. Il miracolo piuttosto come mai, sebbene siano tutte sbagliate, le teorie riescano a fare previsioni cos accurate da permetterci di inventare nuovi manufatti che vanno sotto il nome di tecnologia. La Natura, sebbene sia sorda dinanzi ai desideri umani di
216

poter essere completamente e definitivamente compresa, pare tuttavia benigna nei confronti delle fragili teorie e delle strutture ontologiche di Homo Sapiens. Teorie nate a volte da premesse sbagliate e da scoperte casuali. Ecco perch programmare la ricerca ha i suoi limiti, pur essendo necessario. Ed ecco perch occorre allora non limitare i settori scientifici in cui fare ricerca ma far s che la scienza sia libera.

217

218

Lutopia urbana: limmaginario spaziale moderno e il sogno di una nuova societ


Monica Musolino Abstract
The present work intends to analyze Modernitys spatial imaginary, understood as a cognitive scheme (episteme) that synthesizes social conceptions and practices in which an epoch conjugates its relation with the lived (dwelling) space. Such analysis is developed according to the particular perspective of urban utopias. In fact, starting from the work of More (1516) up to the end of the 19th century, I will consider the urban utopian perspective as a privileged path to underline a conception of the social and technical action on space founded on its representation and rational manipulation. This process will culminate into a true strategy of power which organizes and defines the urban habitat in a systematic way. Yet, this dystopian metamorphosis of bio-power utopias finds an oppositional push, coming from some experiences in the setting of the habitat, sponsored by social agents, such as the cohousing. Similar phenomena are presented here more as tactics than as new forms of contemporary utopia. Indeed, though consolidated (at least in some historical cases) in stable forms of organization, they never become the main type of dwelling and community structure, but rather they posit themselves on the track of phenomena of opposition to and subtraction from invasive techniques of bio-political control.

Lo spazio socialmente vissuto, il modo in cui esso viene organizzato ed esperito da una collettivit, sia essa un gruppo quantitativamente ristretto piuttosto che una societ di tipo nazionale; la fisionomia architettonica e le attivit nelle quali assume dinamicamente le sue forme specifiche; le regole, stabilite positivamente ovvero definite nella prassi e nelluso, che ne scandiscono il tempo sociale; tutto questo insieme di comportamenti, istituzioni e pratiche compone una dimensione quella dello spazio sociale di grande rilevanza ai fini dellinterpretazione di una societ. , cio, osservando le modalit di azione sociale e collettiva nello spazio determinato e specifico di una societ storicamente data che si pu raccogliere una notevole quantit e qualit di informazioni riguardo la collettivit di riferimento, in merito alle rappresentazioni che essa stessa fornisce e realizza di s, come ente collettivo, proprio nella pratica dello spazio concreto, nel suo disegno e nella sua organizzazione. In questo senso, lo spazio , da una parte, il terreno di azione e di scrittura di s ad opera delle varie componenti sociali (istituzioni, poteri, gruppi sociali pi o meno formali, sapere tecnico, ecc.), ossia condizione di esistenza delle forme di associazione (Simmel, 1998:525), ma anche quella sorta di foglio bianco su cui si scrive la societ stessa, nelle sue forme sociali stabili e caratteristiche (Simmel, 1998:19); dallaltra parte, il terreno della distorsione e della reazione ai modelli di organizzazione e di normazione sociale che qui si dispiegano e che qui trovano le loro forze di opposizione, le loro azioni contrapposte, le loro molteplici negazioni. Nello spazio socialmente costruito e organizzato , dunque, inciso dinamicamente questo gioco di
219

forze uguali e contrarie, simili e divergenti. In altre parole, esso il terreno ma anche loggetto plastico della tensione complessa fra gruppi, istituzioni, poteri e rivendicazioni, lopera articolata e in tensione perenne fra attori sociali grandi e piccoli, istituzionali e invisibili. Ci rintracciabile a un livello di analisi molto generale. Su di un piano pi ristretto, poi, se pure ciascun luogo presenta la sua precipua fisionomia spaziale, nella quale scrive se stesso e il suo mutamento, com per esempio rintracciabile nel concetto di genius loci (Norberg-Schultz, 1982:45), altres vero che vi sono delle tendenze trasversali, di carattere epocale se non addirittura attribuibili, alla stregua di un marchio, a una civilt di riferimento, che percorrono e incidono le molteplici ed eterogenee forme spaziali concrete. Potrei dire che in questo caso si di fronte ad una impronta culturale, che attraversa unintera epoca e gli spazi e i luoghi concreti, che ne subiscono tutti linfluenza, sebbene in misura differente e secondo modalit di elaborazione proprie a ciascuno. Con questi riferimenti di carattere generale e particolare, intendo affermare che i modi in cui le societ strutturano e organizzano lo spazio urbano, le finalit correlate a tale governo, ci che ci si aspetta dalle sezioni o dal complesso dellarticolazione spaziale cos realizzata, lo sguardo che rende possibile fare una certa esperienza di spazio urbano e non unaltra, tutto questo limmaginario spaziale dominante in una societ ed ci che le consente, globalmente, ma anche individualmente, di viverlo, di agirlo. In effetti, lesperienza concreta dello spazio urbano sempre mediata simbolicamente (Ricur, 1997:12) dallimmagine che i singoli, come portatori di una societ, possiedono e abitano. Ed anche per questa ragione che gli stessi singoli, riferendosi al confronto con immaginari diversi, elaborati allinterno di gruppi o collettivit pi piccole della societ di appartenenza, possono rimetterlo in discussione criticamente e aprirsi come prover a descrivere pi in l a rappresentazioni spaziali e, correlativamente, a pratiche sociali dello spazio alternative a quella dominante. Limmaginario spaziale nella Modernit: razionalit e controllo in una lettura delle utopie urbane In particolare, ci che mi interessa qui sottolineare attiene al mutamento che ha caratterizzato la societ nel suo rapporto con lo spazio a partire dallavvento della Modernit o, in altri termini, mi dedicher alle nuove forme nelle quali lespisteme della Modernit ha rappresentato e realizzato il suo rapporto con lo spazio. Perci, lattenzione di questo studio si concentrer sulle tendenze generali e comuni che il pensiero o episteme moderno ha compiuto e realizzato, poi, sul piano fisico, rispetto allimmaginario spaziale, tralasciando per il momento le reazioni o le elaborazioni particolari e contrarie che pure ne sono derivate o che sono semplicemente emerse. Utilizzo il termine episteme riferendomi esplicitamente allelaborazione del pensiero di Foucault, per il quale si tratta di quella struttura di senso o schema cognitivo, sul quale si articolano i saperi di unepoca, da quelli
220

scientifici, filosofici, artistici a quelli pratici e di senso comune, nei quali lordine si da in forma nuda (Foucault, 2006a:9-11). Lepisteme, normalmente intesa come conoscenza o scienza, quella ratio che costituisce il fondamento non fondato, la condizione stessa di una cultura o civilt, in tutte le sue manifestazioni pratiche e ideali. Riconnettendomi alla lezione di Foucault, considero, dunque, la nuova narrazione e rappresentazione dello spazio moderno come una frattura epistemica. Tale processo di rottura va connesso a pi livelli di analisi, che tengano conto delle forme radicalmente nuove nelle quali si manifesta il rapporto della societ con lo spazio. In specie, vorrei sottolineare che, quando mi riferisco alle forme spaziali concrete riguardo allepoca moderna, intendo precisamente le forme urbane, ossia quella particolare modalit di abitare e di prendere forma spazialmente che caratterizza in modo forte la societ moderna. Tale tendenza allaffermazione della forma urbana come sede eminente della societ moderna si accentuer sempre pi fino a raggiungere il suo punto critico nel processo di industrializzazione, a partire dal quale la societ industriale si connoter per il fatto di essere, in modo non accidentale, societ urbana (Lefebvre, 1970:21-29). Ci che caratterizza, a sua volta, in maniera radicalmente altra la modernit urbana pur tra i vari elementi storici e sociali che vi si sono sviluppati e che potrei richiamare la particolare rappresentazione dello stesso spazio urbano che disegna un immaginario spaziale urbano, appunto, in modo inequivocabile del tutto specifico. Questo si potrebbe opinare di tutte le societ: se, infatti, vero che ciascuna societ si inscrive in forme spaziali che la realizzano e ne riproducono limmaginario, altrettanto vero che ci non pu connotare in chiave radicalmente distintiva la Modernit. Eppure, si tratta proprio di questo. Il particolare rapporto che lega lepisteme moderna allo spazio, e soprattutto allo spazio urbano, non si esplicita solo nella generazione di forme sociali spazialmente determinate in modo caratteristico, ma si dispiega proprio in una specifica, inedita, modalit di visione dello spazio stesso, urbano in specie. Tale visione o immaginario spaziale concepisce lazione nello spazio come una possibilit di azione sullo spazio, in chiave strettamente strumentale: lorganizzazione dello spazio urbano, quello dellabitare e quello del tempo costruito socialmente, il mezzo principale per intervenire nella societ, per migliorarla, riformarla, curarla. In ci sta la differenza, semplice ma abissale, fra limmaginario urbano moderno e quello precedente. Infatti, potrei dire che sempre la citt ha rappresentato quel microcosmo capace di mettere ordine rispetto allapparente caoticit del macrocosmo o, meglio, ne era la rappresentazione a dimensione umana, abitabile, governabile. Per questa ragione la sacralit (Rykwert, 2002) dellordine urbano era sempre circoscritta da mura (Musolino, 2010:64) declinazione pi ampia del recinto sacro che descrivevano il confine fra il dentro (lordine della citt) e il fuori (il disordine della natura), quasi difendendo lordine dello spazio interno dai pericoli e dalle forze ingovernabili dellambiente rurale, sebbene ci non si traducesse mai in una chiusura totale della comunicazione e dellinterscambio fra citt e campagna, anzi, si alimentava costantemente la relazione fra queste, pur mantenendone la distinzione. Ma questa rappresentazione della citt come microcosmo ordinato, che richiamava il macrocosmo, a sua volta immagine di una visione cosmologica ben precisa, si
221

traduceva nella citt reale, che era, per riprendere lacume dellanalisi di Lefebvre, opera, valore duso (Lefebvre, 1970:22, 102), in qualche modo frutto dellopera creatrice misteriosa di una o pi divinit, dellenergia vitale o della natura, della quale pure partecipavano creativamente gli abitanti. Ed questo che consente, appunto, di abitare (Heidegger, 2007: 98): il partecipare alla creazione dellopera-citt, senza che questa considerazione implichi da parte nostra una rappresentazione mitica o ingenua dei rapporti di potere e della condizione di assoggettamento di una parte della popolazione urbana in et pre-moderna. Tuttavia, il centro della questione sta nel fatto che con la Modernit si genera un rapporto e un immaginario strumentale nei confronti dello spazio urbano abitato, sulla base del quale lordine cui deve sottoporsi la citt non pi solo la riproduzione di una visione pi ampia, ma il mezzo razionale per perseguire la felicit, per riequilibrare le ingiustizie e le diseguaglianze: di fronte ai disagi e alle miserie del vivere in citt, condizioni sempre pi aggravate dal processo di industrializzazione, si risponde con la visione di uno spazio urbano che diventa strumento, non solo mezzo di produzione, come ancora sostiene Lefebvre (1970:76), ma pi generalmente attrezzo fondamentale di azione sulla societ e campo di intervento, prima di una visione sociale e urbana pi ampia e poi via via sempre pi tecnicista. Da dove proviene una simile relazione sociale con lo spazio, un simile immaginario che fa dellordine, della separazione spaziale in chiave funzionale e funzionalista, lo strumento indispensabile per agire economicamente, politicamente e simbolicamente (Musolino, 2010:58-62) sulle dinamiche sociali complessive, per piegarle, laddove se ne ravvisano mal funzionamenti, orientandone obbiettivi e opportunit? La matrice, per cos dire intellettuale, di tale rapporto, invece assai concreto, non va senza dubbio ricercata in ununica direzione, poich, come hanno sottolineato alcuni classici delle scienze sociali, limmaginario moderno che si pretende capace di controllare e orientare lo spazio sociale e lo spazio materiale a fini salvifici potrebbe orientare lanalisi sui temi della tecnica (Heidegger, Jnger), della devianza e della normazione spaziale del corpo (Foucault, Goffman), della mercificazione e spettacolarizzazione dellurbano (Lefebvre, Debord), e cos via, facendo emergere ogni volta aspetti e livelli differenti, ma complementari, della questione. Tuttavia, il mio interesse specifico in questa sede rivolto a quellimmaginario dello spazio che si protende verso la scientificit dellintervento, pur elaborando una proposta urbana alle volte decisamente immaginifica, irrealizzabile. Questo immaginario, che ricompone in un unico luogo ideale il testo scritto questi due elementi, apparentemente inconciliabili fra loro, sintetizzabile nellutopia urbana, genere letterario e scientifico squisitamente moderno. Qui per utopia urbana intendo propriamente quel modello ideale di societ o di citt, che cucito a fil doppio con una precisa immagine di spazio: in altre parole, lutopia urbana coincide con limmaginario di una societ del futuro, che pu realizzarsi solo passando per un modello spaziale alluopo disegnato e considerato come strumento fondamentale perch la societ utopica, in tutti i suoi tratti, possa prendere concretamente forma. In questo senso, in effetti, lutopia urbana propriamente detta una manifestazione del pensiero decisamente moderna, nonostante i possibili richiami
222

alle utopie o alle citt ideali dellantichit, come quella descritta da Platone (2005) o da SantAgostino (2011). Infatti, dalle narrazioni delle citt ideali dellet classica lutopia urbana moderna si distingue per un tratto assai preciso, ovvero per la propensione ad utilizzare, come gi richiamato, lo spazio al fine di modificare la societ, laddove, invece, Platone descrive una citt ideale che sta in un altro mondo, quello delle idee pure, non realizzabile, e sul quale in ogni caso non possibile alluomo intervenire, perch in qualche modo sacro, ma concepibile come obiettivo ideale, o, nel caso di Platone come mito di una societ dellorigine. Anche santAgostino descrive la citt ideale di Dio, rispetto alla quale ancora una volta lintervento umano assolutamente precluso, in quanto punto finale e ricompensa della citt delluomo. Dunque, lutopia classica differisce per dei tratti essenziali da quella moderna, nonostante la gran parte degli utopisti sispirino sovente ai maestri dellantichit. Per ci che riguarda lutopia urbana moderna propriamente intesa, linaugurazione di questa notoriamente da attribuire al libro di Thomas More, Utopia (1979), del 1516, libro fornito di tutti quei tratti che diventeranno tipici del genere utopista, indipendentemente dalla caratterizzazione del pensiero politico e della visione urbana proposti, tratti che gi Franoise Choay elenca in modo puntuale e che richiamo brevemente solo per sottolineare come si riferiscano essenzialmente al tentativo di immaginare una societ ideale attraverso un modello spaziale da cui essa indissociabile (Choay, 1980). In tutte le utopie urbane, a partire dal testo inaugurale di More, il punto di partenza della costruzione utopica una radicale critica rispetto alle storture della societ presente, che diventa nella narrazione principale riguardante la societ ideale una sorta di sottonarrazione speculare o implicita, alla quale lutopista contrappone un modello di societ che si realizza, non attraverso nuove regole che compongano in chiave processuale lo spazio abitato (Choay, 1980:88136), ma nel modello spaziale organizzato razionalmente, modello che nel caso di More e di altri assume forme quasi geometriche (More, 1979:174). In questa nuova visione si evidenzia un distacco rispetto al disegno della citt ideale dellantichit: non solo con la Modernit il soggetto che critica il presente pu operare storicamente per prospettare, almeno allinizio, unazione spaziale di intervento, ma, in un certo senso, egli deve anche condurre questo tentativo, per il semplice fatto che ne ha concepito e immaginato la possibilit. attraverso questa acquisizione di potere immaginario sulla organizzazione dello spazio urbano e sociale, associata allemersione di un sapere sempre pi tecnico, esperto e specializzato, che si affermer una vera e propria scienza, lurbanistica, la quale ebbe, alla nascita, origini di matrice utopica. In effetti, lutopia, per quanto sovente le si attribuisca il carattere esclusivo dellideale, dellappartenenza alla sfera immateriale, ha invece generato degli importanti effetti di realt, proprio in quanto luogo di produzione dellimmaginario, in questo caso spaziale. Ha ragione Mumford (2008:13-14) quando afferma che un idea un fatto reale, una teoria un fatto reale, una superstizione un fatto reale, tanto a lungo quanto gli uomini continuano a regolare le proprie azioni nei termini di quellidea, teoria o superstizione; e non meno reale anche se viene fatta conoscere come immagine o vago rumore. () Finch rimane stabile, questo
223

mondo delle idee questo idolo quasi altrettanto sentito, altrettanto reale, altrettanto inevitabile, dei mattoni delle nostre case o dellasfalto sotto i nostri piedi. Ma se questo vale in generale, in riferimento allimmaginario spaziale di ogni societ, ancora pi vero per limmaginario spaziale moderno, perch questo si incentra sulla necessit di agire sullo spazio abitato, su quelle che lo stesso Mumford (2008:16-18) chiama utopie della ricostruzione, per distinguerle dalle utopie della fuga che, invece, mantengono fuori dal mondo, non spingono allazione, ma si propongono essenzialmente come rifugi temporanei dalle brutture e violenze del mondo reale. Le utopie della ricostruzione, invece, si propongono un intervento concreto, agendo contemporaneamente sulla costruzione di una visione, di un immaginario sociale nuovo e sulla costruzione di un modello spaziale e organizzativo che si distacchi positivamente da quello presente, oggetto della pi tenace critica. Questo tratto di partenza essenziale di ogni utopia sottolineato, come abbiamo notato, non solo da Choay e Mumford rispetto alla specifica questione delle utopie urbane, ma anche su di un piano di analisi pi generale da Mannheim: egli scandaglia le origini sociali del pensiero utopico, scoprendo come questo sia strettamente connesso alla socializzazione di gruppi che, in quanto gruppi dominati, esprimono un profondo scontento rispetto alle proprie condizioni di esistenza, attribuendone la responsabilit alla struttura sociale e di potere esistente. Secondo Mannheim (1972:41), la volont pragmatica di questi gruppi di mutare lesistente, anche attraverso un processo rivoluzionario, deforma lanalisi della realt, mettendone in ombra quegli aspetti che minano laffermazione del loro obiettivo utopico, della loro volont di mutare lordine esistente. Dunque, lutopia muove s da una critica del presente, ma si incastra gi in partenza allinterno di un immaginario chiuso, in quanto finalistico e funzionale a uno scopo predeterminato. Mi sembra, dunque, che il pensiero utopico moderno nasca da un desiderio di incidere profondamente e significativamente sulla realt; che il controllo dello spazio al fine di organizzarlo come un oggetto, come un prodotto, quindi come merce-valore di scambio per dirla con Lefebvre (1970:64-68), sia il tratto eminente dellimmaginario spaziale come si sviluppato attraverso il pensiero razionalista della Modernit, producendo effetti di realt (spaziale) paradossali rispetto allintento da cui muoveva, ovvero lordine ai fini della felicit: da un lato, infatti, alcune tipologie di intervento hanno prodotto condizioni ancora pi caotiche e ingovernabili di quelle che volevano rimuovere e, dallaltro lato, hanno generato citt nuove, ma gi morte. Su questo punto torneremo pi avanti. Mi sembra ora imprescindibile mostrare come limmaginario spaziale moderno abbia preso corpo in narrazioni utopiche fondate su visioni, principi e finalit differenti, ma mantenendo pur sempre uno stesso perno concettuale in relazione alla concezione dello spazio abitato. Come ampiamente argomentato da Franoise Choay (2000) in uno scritto centrale sul tema qui prescelto, La citt. Utopie e realt, le utopie urbane della Modernit si sono distinte al loro interno in tre correnti, dando origine a tre modelli di urbanistica: la corrente progressista, la corrente culturalista e la corrente naturalista.

224

La corrente progressista (Choay, 2000:12-17; 27-38) esprime un immaginario delluomo e della citt totalmente sganciati dal passato, proiettati in un futuro organizzabile e plasmabile dalla razionalit dellurbanista: luomo che abita la citt progressista un tipo universale, di cui vengono elencati bisogni e finalit; la citt che realizzer le sue necessit dovr essere suddivisa secondo funzioni e attivit corrispettive. Lo spazio deve essere controllato da una razionalit ordinatrice, che coordina geometricamente funzioni e strutture, disegnando architetture, case e spazi verdi in modo minimale o rigoroso. Riecheggia in questi brevi richiami ai principi del modello progressista una critica imponente e senza remore alle controverse e insalubri condizioni dellhabitat urbano industriale. I modelli spaziali proposti come strumento di affermazione delluomo moderno sono improntati a una precisa concezione della storia e della bellezza: riguardo al primo punto, occorre mirare alla piena affermazione della Modernit, fondata sulla razionalit, sullefficienza dellindustria e della macchina; riguardo al secondo punto, il senso estetico caratterizzato da unimpronta piuttosto austera e lineare, contrapposta alla tradizione culturale e architettonica delle citt storiche (Gropius, 2004:26). Labitante di questa citt geometrica e rigorosa luomo universale, che in Le Corbusier (2009:43) sar definito come la risultante di varianti di carattere psichico e fisico, cos come indicato da scienziati competenti. Ecco che da questo immaginario delluomo-tipo universale si genera, come aspetto complementare, la visione dello spazio urbano, a sua volta, risultante di quattro funzioni fondamentali: abitare, lavorare, circolare, coltivare corpo e spirito (Le Corbusier, 2009). A questi principi razionali dellordinamento umano e spaziale si aggiunga altres la ricomposizione del rapporto citt-campagna, che appariva compromesso dalle deformazioni del modello urbano industriale, e che si compie in una sorta di visione medicale delle patologie abitative legate alla mancanza di luce e di aria, per le quali lurbanista progressista prospetta una rapida ed efficace cura con lapertura di enormi spazi, che consentano a sole e verde di compiere la battaglia a favore delligiene. La strada, considerata un retaggio di barbarie, viene abolita, cos come viene messo al bando il modello abitativo delle case basse, sostituite da grattacieli immersi in parchi e distanziati grandemente gli uni dagli altri. Per completare il quadro di questa citt-oggetto, va ricordato lincipit della assoluta separazione funzionale delle zone della citt, in particolare fra funzione residenziale e funzione lavorativa. La cit industrielle di Tony Garnier, la ville radieuse e la citt-giardino verticale di Le Corbusier, per considerare gli esempi pi emblematici, sono il frutto di unazione di geometrizzazione (Choay, 2000:34-35) e medicalizzazione dello spazio urbano. Il modello culturalista (Choay, 2000:17-22) , al contrario, fondato sulla centralit della totalit e non dellindividuo; sulla nozione-guida del passato, che attraversa le citt contemporanee come in un museo nel quale occorre, appunto, estrarre gli elementi che possano sottrarre lo spazio urbano presente alla omogeneit e alla banalit; sul ruolo fondamentale della strada, che produce cultura e dimensione relazionale, mettendo lindividuo al riparo dallisolamento cui lo costringe la vita nelle grandi citt. Queste ultime, a differenza che per i progressisti, sono il bersaglio dichiarato dei culturalisti, che, al contrario, propongono un modello spaziale chiuso e
225

limitato anche nelle dimensioni, sia fisiche che demografiche: basti pensare, fra tutti, al modello della garden city di Ebenezer Howard (1972), che rimanda alle dimensioni delle citt stato e nella quale, superata la soglia dei 30 mila abitanti, si procede alla fondazione di unaltra cellula urbana. Uno dei nodi centrali del modello culturalista, che comprende, oltre a Howard, anche Camillo Sitte e Raymond Unwin, dato dalla necessit di attribuire al modello spaziale elaborato delle peculiarit che lo caratterizzino rispetto ad altre citt, in questo evitando la standardizzazione universalizzante del modello progressista. Per compiere questo programma, Sitte e Unwin si rivolgono agli esempi delle architetture del passato, utilizzandone le soluzioni e le composizioni per dare variet e peculiarit al disegno urbano, ponendo come criterio estetico ed esistenziale direi di progettazione dello spazio quello della forma finita, compiuta, al contrario dei moduli ripetibili allinfinito, e quindi generatori di uno spazio potenzialmente infinito e meccanico, derivati dai principi progressisti. Pur nella differenza importante dei principi e degli orientamenti formali che separa questi due modelli spaziali utopici, ci che emerge in maniera dirompente quale carattere comune a entrambi proprio la concezione della citt non tanto come processo, quanto piuttosto come oggetto situato in un altrove, in uno spazio-tempo astorico, esattamente come era stata tracciata Utopia da More (Choay, 1980:174-178): un modello spaziale capace di condurre allarmonia e alla felicit, ma proprio in quanto sottratto alle forze vitali dei processi economici, storici, culturali. Accanto a questi due modelli contrapposti, ma fondati su una logica sostanzialmente identica, Franoise Choay indica un terzo modello, quello naturalista, che identifica con lutopia di Broadacre di Frank Lloyd Wright e del quale afferma essere lunico a rifiutare qualunque tipo di coercizione (Choay, 2000:46), perch rigetta lossessione della produttivit e del rendimento, che, invece, sospinge le utopie progressista e culturalista. Tuttavia, occorre richiamare, ancorch brevemente, i punti centrali dellutopia di Wright, per comprendere quanto in fondo si ricada anche in questo caso nel limite della mentalit utopica moderna. Broadacre rappresentata da un modello spaziale senza alcun centro, costituito da unit di abitazione individuali sparse su ampi spazi, collegati fra loro da una grande rete di comunicazioni terrestri e aeree. Tutto sommato non una citt, non nel senso e secondo la concezione tradizionale, ma nemmeno secondo le forme che ha acquisito nelle metropoli e megalopoli odierne. La natura in qualche modo dominante e la distribuzione sparsa delle unit di Broadacre ritengo in fondo il corrispettivo spaziale dellimmaginario delluomo isolato, di una concezione della democrazia come autonomia individuale. Proprio la dispersione, ma anche la facilit di comunicazione, fra le unit isolate di questo modello fabbrica, mercato, ufficio, abitazione, ecc. sembra a Choay libero dalla coercizione, laddove lassoluta astrazione e quindi lirrealizzabilit estrema di questa radicale utopia la consegna alla dimensione claustrofobica dellincubo. In sintesi, e senza avere la pretesa di avere esaurito lesame delle diverse forme di utopia spaziale o urbana, limmaginario legato a questo genere letterario, che, a partire dallaffermazione dellurbanistica, si sgancia progressivamente da una
226

visione o ideologia complessiva di carattere politico, per diventare sostanzialmente ideologia di intervento sullo spazio, ha come perno del proprio funzionamento lidea del controllo sullo spazio stesso, sullambiente e sulle dinamiche urbane. I modelli utopici a cui ho fatto rapidamente cenno, indipendentemente dal fatto che indichino i valori dellabitare in un passato irriproducibile nella contemporaneit piuttosto che in un mondo futuro ottimisticamente governato dal progresso, sono tutti caratterizzati dallastoricit, sia in ragione delle loro analisi di partenza, sia soprattutto rispetto alla contestualizzazione delle loro proposte. Infatti, anche quando lutopia si traduce in una dichiarata concezione organicista della citt, legata alla similitudine del corpo, a sua volta diviso in funzioni e strutture di funzionamento, tale corpo od organismo urbano appare di gran lunga pi simile a una macchina, in quanto sganciato dallambiente (naturale, storico, sociale, economico) nel quale si sviluppa e proiettato in una dimensione ancor pi asettica. Per molti versi, tante utopie assomigliano pi a degli esercizi di geometria che non a degli studi sulla vita urbana e sullabitare. A questo proposito, mi limito a richiamare un elemento di interpretazione, ispirato alla psicanalisi, che viene proposto da Choay, e che riguarda il carattere sostanzialmente infantile dellimmaginario legato allelaborazione utopica. Secondo lautrice francese, la produzione dellutopia, che definisce nei termini dello stadio utopico, corrisponde a una fase di contrapposizione al presente, di negazione e tentativo di elaborazione di un immaginario quanto pi lontano a questultimo, ma di carattere infantile proprio perch si esprime attraverso un modello chiuso, assoluto, che non ammette mutamenti o adattamenti, in quanto fuori dalla storia e dalla vita. Si tratterebbe, in realt, di uno stadio transitorio, di passaggio a una fase pi adulta, verso uno stadio di maturazione pi articolato e vitale che conduca a una proposta di societ altra. Lutopia, invece, si arresta esattamente a quello stadio di negazione infantile, come se larticolazione dellimmaginario si inceppasse in quel punto e non potesse o volesse acquisire una visione originalmente adulta di societ che si esprima anche nelle sue corrispondenti forme spaziali. Questo immaginario ha potuto contare, per svilupparsi, su condizioni assai favorevoli, in quanto costituite da spinte di natura reale, come le necessit igieniche e di salubrit diventate delle vere e proprie questioni di emergenza nelle grosse citt in seguito allindustrializzazione e allurbanizzazione crescente, condizioni che evidentemente alimentavano, almeno fra tecnici e amministratori chiamati a fronteggiarle, la convinzione che fosse imprescindibile intervenire innanzitutto sulla struttura e sul disegno dello spazio urbano, per apportare un miglioramento sostanziale della vita in citt. cos che limmaginario spaziale prodotto dalle utopie progressivamente divenuto tanto forte che non ha solamente ispirato una cultura urbana, ma si anche tradotto in importanti progetti di intervento, in vere e proprie scuole di pianificazione urbana, in una autonoma disciplina ovvero lurbanistica, cui stata demandata in buona sostanza la scrittura e la manipolazione del testo urbano.

227

Dallutopia al bio-potere sullo spazio: il processo di neutralizzazione della biodiversit degli immaginari Tale traduzione scientifica dellutopia o, per meglio dire, questa sorta di mutazione dellutopia urbana che ha acquisito una forma altra nella disciplina dellurbanistica, ha moltiplicato i suoi effetti, sia producendo interventi di mutamento in contesti urbani gi formati e caratteristici (come, ad esempio, lintervento del Barone Haussmann nella Parigi dellOttocento con lapertura dei famosi boulevards a discapito del tracciato urbano medievale), sia generando entit urbane ex novo, come le differenti tipologie di new towns nel Secondo dopoguerra o le villes nouvelles, ecc. Ritengo che il risultato principale dello sviluppo di un simile immaginario sullo spazio urbano, di cui gli esempi appena riportati non sono che specifiche per quanto importantissime articolazioni, sia dato dallaffermazione di un immaginario che si rappresenta lo spazio urbano nei termini di un oggetto, senzaltro complesso e articolato, ma sezionabile, divisibile per funzioni o zone, scomponibile per far fronte alle pi attuali e immediate esigenze, una specie di oggetto neutro su cui lurbanista o larchitetto possano intervenire con le loro soluzioni tecniche, supportati, nei casi pi raffinati, dallanalisi di sociologi, economisti, artisti, e cos via, fino ad arrivare alla nostra contemporaneit nella quale la figura del pianificatore urbano presenta contemporaneamente tutte queste competenze, che ne compongono un profilo professionale altamente tecnico. Le citt, soprattutto quelle grandi, metropoli e megalopoli, diventano una questione aperta, un problema, una condizione malata, su cui intervenire con la stessa competenza dei medici. Ma per competenza scientifica cosa si intende esattamente? Si intende, probabilmente, la capacit tecnica e diagnostica di vivisezionare lo spazio, come il corpo o la psiche, per isolarne malattie e cura. Si intende segmentare la vita dellabitare cos come si separa e seziona linsieme delle funzioni vitali, degli elementi o delle cause che generano un fenomeno fisico, dal fascio di luce allindividuazione del punto critico in una transizione di fase. Significa immaginare lo spazio urbano come un insieme di concetti separati, anzich nei termini di una entit globale, dinamica e vitale, per rapportarsi a questo di conseguenza. Forse, non cos azzardato affermare che innanzitutto proprio sullo spazio vivo dellabitare urbano che si conducono i primi esperimenti di manipolazione genetica, che si provano le prime tecniche di bio-potere: si interviene, infatti, attraverso un sapere tecnico e scientifico sulla vita della citt, sugli spazi abitati, vissuti, partendo dallidea che si tratti di piani geometrici sui quali intervenire, prima a partire da concezioni politiche e sociali pi ampie, che si irradiano sullo spazio, e poi via via con azioni mirate e specifiche, senza necessariamente una dichiarata idea di societ che ne rappresenti lorizzonte. Ed a questo punto che sembra accadere un cortocircuito dellutopia: apparentemente, non si elaborano pi utopie, sia di carattere politico o sociale che di carattere urbano, e sembra che si compia quanto denunciato molti decenni fa da Mannheim circa la fine delle utopie, condizione che, secondo lui, non avrebbe pi consentito il protrarsi di una dialettica vitale fra visioni del mondo e della societ socialmente determinate. Sul piano della rappresentazione urbana, poi,
228

sembra che lultima utopia sia stata elaborata da Howard con la sua garden city. E, in effetti, perch costruire un pensiero complessivo sulla citt ideale se si fa prima a costruirla, laddove si abbiano a disposizione risorse sufficienti? come se fosse stata annullata la differenza fra le eterotopie e le utopie, a cui teneva tanto Foucault (2002:23-24). Ma proprio seguendo, fino alle sue estreme conseguenze, la logica del bio-potere, tracciato da lui medesimo, che si giunti a questa frontiera. In effetti, Foucault sottolinea come una nuova tecnica del potere agisca sulla vita sociale in termini di regolazione spaziale ma anche dei meccanismi biologici della popolazione. Sul piano del controllo spaziale, la tecnica disciplinare emerge in modo evidente nella divisione e regolazione degli spazi e dei corpi allinterno della citt operaia (Foucault, 2009:216). Sul piano della disciplina delluomo-specie, il potere interviene e regola le condizioni e i meccanismi che consentono la vita della popolazione, sotto il profilo della sua sopravvivenza organica, un tempo sottratta alla sfera del potere (per esempio, la questione delligiene della famiglia, dellassicurazione per malattia e vecchiaia, il tema della sessualit, e cos via) (Foucault, 2009:217). Oggi, le citt di nuova fondazione, sorte dal nulla e per motivazioni differenti (da Gibellina nuova a Vajont alle new towns cinesi), sono al massimo il frutto di una brillante idea personale, legata alla formulazione di interessi finanziari, estetici, artistici oppure sono funzionali alla creazione di nuove aree urbane presso cui collocare ceti medi in crescita (com avvenuto a Brasilia e come sta avvenendo nel caso cinese). C una profonda differenza fra queste citt pubblicizzate come citt ideali, ma reali, e le vecchie utopie urbane, anche quelle che hanno dato vita a delle realizzazioni ancora oggi osservabili, da Brasilia a Chandigarh alle garden cities inglesi e cos via. Queste ultime sono il frutto di una commistione fra un pensiero utopico sempre pi sganciato da un orizzonte sociopolitico, ma pur sempre globale, fondato su una filosofia della citt dichiarata e fissata in manifesti e categorie; le nuove citt sono, invece, il prodotto (pi o meno) immediato delle circostanze, delle necessit e della sovrastima di un potere tecnico che si autodefinisce neutro, cio politicamente sganciato, attribuendosi di fatto, in tal modo, un potere pressoch assoluto in quanto ab-solutus, ovvero sciolto da vincoli ideologici o utopici sullo spazio da edificare. E se, dunque, lo spazio urbano, abitato e vissuto e dinamicamente trasformato da chi lo occupa, viene trattato come un oggetto (Gropius, 2004) dal sapere-potere al fine di manipolare la vita che lo caratterizza, ovvero la popolazione (Foucault, 2009:211-213) che lo riempie e che inevitabilmente lo interpreta e modifica, lutopia urbana sostanzialmente si dissolve, giustapponendosi silenziosamente ad un bio-potere tecnico sullo spazio delle citt (Foucault, 2009:216). Lutopia non parla pi, la sua voce non suona, si ritira dietro questo potere assoluto di governo dello spazio urbano, la cui caratteristica ideologica (o utopica?) fondamentale proprio quella di ritenersi privo di ideologia, e per questo adattabile a qualunque idea, visione, soprattutto se ancorata alle esigenze o urgenze del presente prossimo. Se nella citt utopica tutte le istituzioni avevano il loro posto, la loro funzione, il loro significato, cos collocate e costituite in quanto rispondenti a unidea di ritorno al passato, piuttosto che di proiezione ottimistica nel futuro; oggi le citt non hanno pi bisogno, almeno nellordine del discorso tecnico, di queste proiezioni,
229

perch il loro immaginario realmente de-territorializzato, molto pi che se si trattasse di unutopia: pu connotarsi per il centro storico turisticamente attraente, ma deve anche contemporaneamente essere altro, fuori dal passato, fuori da una forma chiusa e durevole. questo che credo segna oggi limmaginario spaziale del biopotere: lopposizione, la negazione della durata, di una forma immaginata, elaborata, ma anche costruita che abbia il tempo di consolidarsi nel tempo, oltre la possibilit, anzi, il diritto di occupare uno spazio, nel quale prendere forma. gi altra cosa rispetto al modello panottico di cui ci parla Foucault a proposito dei vari dispositivi spaziali del potere (Foucault, 2005) e a cui si richiama la stessa Choay (1980:272-278), per argomentare il processo di surspazializzazione delle utopie urbane, come effetto della loro pretesa di controllare e disporre la societ per il tramite di un prototipo spaziale universale. Lutopia urbana di oggi un pensiero nascosto e invasivo, che frammenta e ricompone tutti gli spazi, negandone di fatto leterogeneit, la diversit, nel momento stesso in cui concilia frettolosamente la molteplicit delle forme spaziali allinterno di una narrazione che si pretende universale perch neutra, democratica perch asettica. Basti pensare a come sovente le stesse politiche urbane siano condotte dalle amministrazioni comunali, innanzitutto nelle citt grandi e poi, a ruota, in quelle di dimensioni medie e piccole, con lapplicazione di logiche identiche di intervento sul territorio urbano, per trasformarlo al fine di una sua ricollocazione maggiormente competitiva sulla scena internazionale: quali esempi di questo trend suggerisco alcuni casi di city marketing legati ai grossi eventi sportivi (Olimpiadi, Mondiali di diversi sport, ecc.), ma anche diverse altre operazioni di rilancio in chiave spettacolare delle citt, connessi ad eventi di diversa natura (primo fra tutti lExpo, ma non solo quello). Leffetto reale che questo immaginario della citt produce estremamente rilevante poich in alcuni casi una porzione assai vasta della citt che viene riciclata e restaurata con la finalit di fare da traino al resto delle attrattive presenti sul territorio urbano, generando unimmagine diversa della citt stessa. Inoltre, va considerato quale effetto rilevante di simili politiche urbane anche linsieme delle condizioni di vita delle popolazione, che mutano radicalmente e ad un ritmo accelerato. Si tratta in sostanza di un make up continuo, un po' come accade alle starlettes che devono costantemente dimostrare di essere capaci di dare di s unimmagine sempre nuova, di dettare la nuova tendenza, di essere allaltezza dei tempi. A proposito di societ e citt dello spettacolo (Debord, 1997:150-157). E cos gi in atto unopera dirompente di neutralizzazione delle biodiversit anche sul piano delle culture e degli immaginari spaziali, delle tradizioni a queste correlate, cos come si vanno estinguendo le biodiversit linguistiche, alimentari, ecc. Certo, potrebbe anche trattarsi di un fenomeno del tutto naturale, nel senso del mutamento necessario alle societ umane per rinnovarsi, in qualunque senso lo si voglia intendere. Tuttavia, come da pi parti e rispetto a diversi ambiti scientifici e sociali di analisi sempre pi frequentemente sottolineato (Choay, 2008: cap.6; Koolhaas, 2006), la differenza rispetto ai meccanismi di trapasso e mutamento allopera da sempre nella storia delle societ umane consiste nel fatto che ci che ci sta di fronte oggi un insieme di cambiamenti inediti, sia sul piano della vastit di
230

popolazione e di territorio interessata, sia rispetto alla unidirezionalit che li contraddistingue e sia forse soprattutto sul piano della velocit, o meglio, dellaccelerazione (Perna, 2011:17) che ne regola linveramento. In altre parole, come ho provato ad argomentare sopra, sembra esserci una logica unica di regolazione dellimmaginario spaziale sul piano globale, che non agisce semplicemente come nuovo immaginario che si avvicenda ad altri che necessariamente hanno compiuto il loro ciclo vitale, ma che li piega a s, svuotandoli di senso, mantenendoli in vita come contenitori e riproduttori di ununica immagine o utopia dello spazio. In realt, c una corrente di studio e di ricerca/azione che da diversi anni si pone nel solco della tradizione utopica, riacquisendola come prospettiva allinterno della quale ripensare in termini dinamici e plurimi limmaginario dellabitare. In particolare, si tratta della scuola territorialista, che ha il suo punto di riferimento fondamentale in Alberto Magnaghi, attorno al quale si raccolgono gli studi e le proposte di intervento sul territorio di studiosi afferenti a discipline diverse, ma tutti accomunati dalla tensione alla riqualificazione delle diversit territoriali in un rapporto rinnovato con lambiente. Il riferimento allutopia di Morris qui molto forte e procede nel tentativo di rendere lorizzonte pericolosamente chiuso dellutopia, viceversa, dinamicamente aperto e pensato a partire da altre forme di scambio economico, politico e di pianificazione territoriale, al fine di costituire una rete, una costellazione di citt solidali (Dematteis, Indovina, Magnaghi, Piroddi, Scandurra, 1999:129-176; Magnaghi, 2010; A.A.V.V., 2010a; www.territorialisti.it ). Tuttavia, in questa sede, preferisco concentrarmi su un caso particolare di immaginario di matrice utopica potenzialmente altro rispetto a quello dominante, in quanto pi sotterraneo e non necessariamente connotato da una riflessione di tipo accademico o scientifico, ma consolidatosi a partire da un insieme di pratiche quotidiane. La tattica degli immaginari quotidiani: lineamenti di utopie del possibile La domanda che al termine di questa analisi generale si afferma quasi prepotentemente la seguente: davvero non esistono immaginari spaziali particolari, diversi, legati a nuove elaborazioni comunitarie rispetto alle modalit di abitare lo spazio urbano? E ancora: quali reazioni si ricostruiscono allinterno dello spazio controllato dal bio-potere? davvero compiuta la fine delle utopie? Per rispondere a simili quesiti occorre osservare con una particolare attenzione le maniere di abitare le citt, per comprendere proprio a partire da queste come i nostri aggregati urbani siano sovente e ancora oggetto di una volont di cambiare i modi di abitarli, di condurre la vita in questo spazio complesso, vasto, ma sempre pi difficile da condividere serenamente. Se, tuttavia, proviamo ad aprire lo sguardo anche al di l delle concezioni canoniche di citt, quindi sganciandoci dallimmaginario ormai cristallizzato e stantio delle citt del passato, riusciremo a cogliere tentativi di rielaborazione dellimmaginario spaziale imposto dai meccanismi del potere-sapere di foucaultiana memoria. appena il caso di ricordare che quando
231

parlo di immaginario non mi riferisco a una presunta dimensione dellidealit o dellirrealt, contrapposta a quella concreta e pragmatica del reale, quanto piuttosto alla capacit, in questo caso quotidiana, di immaginare altrimenti la vita urbana, la sua regolazione, la logica e le pratiche che ne stanno a fondamento, che rappresenta, poi, la tensione positiva della costruzione utopica. Su questo piano dellanalisi, un po' in bilico tra lo studio delle pratiche urbane del quotidiano e dinamiche pi ampie, nel senso di trans-nazionali, che investono nuove forme e nuovi istituti per abitare le citt, ci si imbatte in esperienze molto diverse tra di loro, quali, per esempio, quelle di chi riutilizza spazi abbandonati (forse, momentaneamente) dalle strategie di pianificazione dei vari enti o poteri istituzionali, come capannoni o edifici dismessi, zone agricole, quartieri periferici, ecc., che diventano oggetto e luogo in cui si ricompongono nuovi significati condivisi e pratiche sociali inedite, a volte anche di natura deviante, come nel caso dei centri sociali, di abitazioni o edifici abusivamente occupati da famiglie sfrattate o senza casa propria, e cos via. Queste tattiche di riappropriazione dei luoghi attraversati dalle strategie del potere (de Certeau, 2005:15) riguarda anche quei pezzi di territorio non solo marginalizzati da quelle strategie, ma anche quegli spazi non visti, non considerati come possibile territorio di definizione di s da parte di gruppi o categorie sociali ancora una volta marginali: penso ai muri della citt, con le pratiche dei writers o dei graffitari, che riguardano anche altri elementi dellarredo urbano, quali panchine, scalinate, o mezzi di trasporto (tram, treni, autobus), azioni che generano reazioni altalenanti delle istituzioni locali, le quali passano spesso senza soluzione di continuit da una bonaria e paternalistica accettazione a una riprovazione radicale. In tutti questi casi menzionati, ad ogni modo, si ha di fronte un insieme di soggetti spesso riuniti in piccoli numeri, che occupano gli interstizi non controllabili o difficilmente controllabili dalle strategie di regolazione centralizzata, aggirando i paletti a volte anche legali posti dallistituzione. Talvolta, si tratta di soggetti singoli o comunque non organizzati, sia sul piano pratico che su quello teorico della condivisione di una visione di vita o di societ, che abitano la quotidianit come luogo-tempo di realizzazione della propria tattica di attraversamento delle maglie urbane, cogliendo loccasione (de Certeau, 2005:15-16), inaspettata ma presa al volo con maestria e perizia, per aggirare gli ostacoli posti dalle strategie del potere. Vanno considerati anche altri casi che riguardano azioni assai pi organizzate, sia perch hanno a proprio fondamento una cultura dellabitare che rielabora criticamente le esperienze di coabitazione di tipo comunitario degli anni Sessanta e Settanta del Novecento che si contrapponevano alla concezione borghese della famiglia e della abitazione, sia perch propongono e realizzano compiutamente delle forme di abitare urbano che affrontano le esigenze della societ urbana atomizzata della contemporaneit a partire da logiche di azione di tipo solidaristico e comunitario, ma accettando e difendendo anche la dimensione della soggettivit individuale, dellautonomia personale (Lietaert, 2007:7-8). Secondo questa logica, la dimensione della citt, anche della grande citt, connotata dalla eterodirezione di tempi e spazi del lavoro e della vita quotidiana, pu essere rimodulata adottando un criterio di coabitazione che si adatti, da un lato, alle esigenze urbane coi loro tempi
232

frenetici, ma che, dallaltro lato, non soffochi i soggetti coinvolti, che possono scegliere i modi, i tempi, i limiti della coabitazione, delle attivit e degli spazi comuni, ridefinendoli ogni volta che ne valutino la necessit. Questa logica di coabitazione fondata su una visione e su una pratica dellabitare di tipo solidaristico e comunitaristico, regge alcune importanti esperienze di rimodulazione della vita urbana, come i condomini solidali e le varie forme di cohousing, che, dopo essersi affermate gi negli anni Settanta del Novecento nei paesi del Nord Europa, hanno avviato la loro diffusione, oltre che negli Usa, anche nelle aree urbane dei paesi dellarea mediterranea, per molti versi sempre pi assimilate dai processi di scomparsa delle relazioni di vicinato e dalle trasformazioni delle strutture familiari tipiche dei paesi a pi alto grado di industrializzazione. Le esperienze di cohousing e dei condomini solidali in qualche modo riprendono il filo rosso delle utopie urbane, sovente centrate su uno stile di vita comunitari stico (Lietaert, 2007:15-16), ma non esprimono una rigida modellizzazione spaziale della proposta di coabitazione, in questo distanziandosi in misura rilevante dallimmaginario spaziale moderno, che ho attraversato sul piano dellanalisi pi generale. interessante proprio questo aspetto in merito a tali esperienze: la loro capacit di modellarsi sia ai contesti urbani differenti, sia di essere generate da gruppi con caratteristiche di condizione socioeconomica dissimile, sia di prestarsi alla valutazione comune e condivisa su qualunque punto del progetto stesso. In qualche modo, pur non soccombendo alle logiche del bio-potere dello spazio, gli sono speculari sotto il profilo della duttilit, della versatilit delle forme e soprattutto promuovono a partire dalla pratica quotidiana una immagine dellabitare che si propone come radicalmente altra rispetto a quella della Modernit contemporanea, senza tuttavia abbandonare i luoghi urbani, come, invece, avviene nelle forme delleco-villaggio, riattivando la volont utopistica di curare la societ. La prossimit alle aree urbane, la volont di abitare lurbano secondo un modello che si discosti dalle possibili forme di isolamento, sia di quelle forme cui si accennava sopra in riferimento alla vita in citt, sia rispetto allisolamento che pu produrre la radicalit della scelta della piccola comunit rurale delleco-villaggio. Questultima ha, infatti, come deriva proprio la tendenza a costituirsi come un mondo sganciato dai centri urbani, che ne diventano quasi il nemico giurato, per stile di vita, dimensione individualistica e rapporto con lambiente. Per loro conto, i condomini o le abitazioni unifamiliari tipicamente cittadini presentano la debolezza di essere spesso vissuti come quei rifugi in cui ci si rintana la sera, che non consentono unorganizzazione equilibrata e solidale del tempo domestico e lavorativo, essendo una parte di quella pianificazione in zone e funzioni cui stata sottoposta la citt nel corso dellultimo secolo nella nostra parte di mondo e che, rispetto a queste esigenze diventate sempre pi condizioni problematiche, sa rispondere con la produzione sul mercato di nuovi servizi a pagamento (agenzie di babysitteraggio, asili nido privati, ecc.), laddove non si possa contare su una rete parentale che sia pronta a rispondere a queste urgenze. La rielaborazione dei rapporti di vicinato e coabitazione delle forme di cohousing e di condominio solidale ribalta la logica monetaristica che ha saputo cogliere come opportunit di lavoro remunerato e di offerta di mercato queste richieste, rispondendo nella chiave di uneconomia non
233

monetaria, potrei dire meglio di uneconomia del dono e della reciprocit (Polanyi, 1974:57-87), riaffrancando la dimensione economica dalla stretta connessione con la significazione dellacquisizione del profitto, per restituirla alla sua forma pura dello scambio (Simmel, 2004:125) con una finalit, per cos dire, politica di cura e sostentamento della comunit degli abitanti. Infatti, allinterno dei cohousing molte delle attivit comuni o di utilit comune vengono svolte a rotazione e, in ogni caso, ogni membro offre sovente le sue capacit anche professionali nei casi in cui queste possano giovare a qualcun altro. , inoltre, ancora interessante sottolineare come i quartieri nei quali si sviluppa un cohousing traggano delle grandi utilit da questa forma di coabitazione, che diventa per molti versi il centro di attrazione dei vicini, per esempio dei bambini che vi trovano un centro di gioco e di aggregazione, acquistando in vivibilit e sicurezza. Sembra, perci, almeno allo stato attuale, che sia rinvenibile nelle pratiche quotidiane il tentativo di dare una forma sempre pi solida, ma non per questo chiusa e asfissiante, al desiderio, e quindi a un nuovo immaginario dello spazio abitato, in un rifiuto non nostalgico, ma dinamico, del modello abitativo imperante. Quanto ci sia cucito a fil doppio con laffermazione di una nuova forma, forse rigenerata, di utopia e, soprattutto, quanto ci abbia una forza tale da imporsi sullimmaginario dominante, ancora prematuro asserirlo. Sar senza dubbio, a parte da subito, un oggetto di studio di notevole interesse per le scienze sociali per i prossimi decenni. Riferimenti bibliografici A.A.V.V. (2010a), Il progetto territorialista, Contesti, Rivista del Dipartimento di urbanistica e pianificazione del territorio Universit di Firenze, 2 A.A.V.V. (2010b), Utopies, Cits, n. 42, PUF, Paris Agostino (sant) (2011), La citt di Dio, Arnoldo Mondadori, Milano Campanella T. (2002), La citt del sole, Newton & Compton, Roma de Certeau M. (2005), Linvenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma Choay F. (2008), Del destino della citt, Alinea, Firenze Choay F. (2000), La citt. Utopie e realt, Einaudi, Torino Choay F. (1980), La rgle et le modle. Sur la thorie de larchitecture et de lurbanisme, dition du Seuil, Paris Debord G. (1997), La societ dello spettacolo, Baldini & Castoldi, Milano Dematteis G., Indovina F., Magnaghi A., Piroddi E., Scandurra E. (1999), I futuri della citt. tesi a confronto, Franco Angeli, Milano Foucault M. (2009), Bisogna difendere la societ, Feltrinelli, Milano Foucault M. (2006a), Le parole e le cose. Unarcheologia delle scienze umane, BUR, Milano Foucault M. (2006b), Utopie eterotopie, Cronopio, Napoli Foucault M. (2005), Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Torino Foucault M. (2002), Spazi altri. I luoghi delle eterotopie, Mimesis, Milano Gropius W. (2004), La nuova architettura e il Bauhaus, Abscondita, Milano
234

Heidegger M. (2007), Saggi e discorsi, Ugo Mursia, Milano Howard E. (1972), La citt giardino del futuro, Calderini, Bologna Koolhaas R. (2006), Junkspace, Quodlibet, Macerata Le Corbusier (2009), Maniera di pensare lurbanistica, Laterza, Roma-Bari Lefebvre H. (1970), Il diritto alla citt, Marsilio, Padova Lietaert M. (a cura di, 2007), Cohousing e condomini solidali. Guida pratica alle nuove forme di vicinato e vita in comune, Aam Terra Nuova, Firenze Magnaghi A. (2010), Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo, Bollati Boringhieri, Torino Mannheim K. (1972), Ideologia e utopia, Il Mulino, Bologna Musolino M. (2010), Metamorfosi urbane. Indagini morfologiche sulle nuove forme di citt, Citt del Sole, Reggio Calabria More T. (1979), Utopia, Guida, Napoli Mumford L. (2008), Storia dellutopia, Donzelli, Roma Norberg-Schulz C. (1982), Esistenza spazio e architettura, Officina, Roma Perna T. (2011), Eventi estremi. Come salvare il pianeta e noi stessi dalle tempeste climatiche e finanziarie, Altreconomia, Milano Platone (2005), La Repubblica, Laterza, Roma-Bari Polanyi K. (1974), La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca, Einaudi, Torino Ricur P. (1997), Lidologie et lutopie, dition du Seuil, Paris Rykwert J. (2002), Lidea di citt, Adelphi, Milano Simmel G. (2004), Filosofia del denaro, Utet, Torino Simmel G. (1998), Sociologia, Edizioni di Comunit, Torino

235

236

E lutopia si rivel...
Antonio L. Palmisano

Abstract
Financial economy reigns over the contemporary world and powerfully and overwhelmingly transforms organizations and social structures. It is about a world organized more geometrico which is almost chorally constructed in successive phases that are analytically described in this article by the author in which quantitative and mathematical relations go hand in hand with decision making devices which are highly verticalized and automatized: this new order is the order of the financial markets which, by now, sets itself up as the representative of the current rule of law. The language of measure and res extensa permeates the daily life of contemporary societies, modifies the actual languages in both their lexicon and syntax through an outrageous exaltation of the subject-object relation and establishes a factual consensus to this antique utopia which is finally realized. Everything that intends to escape the hegemony of the res extensa above all persons, local and descent groups, societies looks for space in the dominion of virtual reality where the social actor who tries to break free from the sole part of consumer and from the attribution of protocol identities. Anthropology is therefore called upon to elaborate a critical thought as a contribution to the foundation of a new res-man relationship and therefore also of a new man-man relationship in the context of an ongoing apocalypse. The duty of the anthropologist, as the author suggests, does not consists in the trivial although sophisticated practice of a tekhne anymore but rather reveals itself as the practice of testimony and demand for the right that every society should have to signify the axiological beginning of world eschatology. The duty of the anthropologist should then consist in the practice of a different way to think the history of man.

1. Utopia e apocalisse lutopia immagine di un futuro da raggiungere almeno per alcuni o, piuttosto, un pensiero passato da riconoscere nel suo essersi reso storia per tutti? Lavorando sul concetto di utopia, giungo a pormi proprio questa domanda. La domanda mi ha sorpreso, ma confido nella possibilit che la risposta temporanea che ho cercato di formulare, alla fine, non sorprenda: viviamo nellutopia. Anzi, lutopia si fatta tempo, pi precisamente il nostro tempo. E con essa, il nostro presente lapocalisse, il divenire dellapocalisse.

237

2. In cammino verso lepoca post-globale Visioni La riflessione e la ricerca in filosofia, antropologia politica e antropologia del diritto possono permettere considerazioni che per la loro immediatezza e per la loro incisivit assumono la forma di visioni. E non tutte le visioni interessano il futuro; alcune visioni riguardano il presente e ancor pi il passato. Le visioni del futuro interessano il profetismo alla Isaia e sono considerate come aventi valenze profondamente innovatrici e rivoluzionarie: The grammar of the Prophets in Isaiah enacts a profound metaphysical scandal the enforcement of the future tense, the extension of language over time.1 Mentre le visioni del passato, sgorganti allinterno del profetismo classico, rischiano di essere bollate come reazionarie, vista la malintesa identit visione del passato-nostalgia per il passato e ignorata la potenza dinamogenica prendendo in prestito un termine di Marcel Mauss della nostalgia per il futuro, un futuro cos spesso e intensamente immaginato, sperato e raccontato da risultare emozionalmente vissuto. proprio la nostalgia, allora e semmai, a essere reazionaria. Nella scia del profetismo classico, e sostituendo forse alla profezia lantropologia, racconto ora di un passato che si fatto presente e progetta di farsi eterno presente. un racconto visionario. Il nostro il tempo infatti delle immagini, immagini che si riassumono in primi piani, primissimi piani, anzi nel piano allamericana. Sono immagini che assorbono e infine saturano il nostro intero campo visivo e la stessa facolt. Per vedere non abbiamo allora che da chiudere i nostri occhi, ascoltare le parole delluomo2 e lasciare che le visioni, magari inattese e inedite visioni di antiche vicende, sorgano dal profondo della nostra riflessione analitico-relazionale superando le barriere della nostra lingua. Oggi, in fondo, non ci resta che chiudere gli occhi, anche un solo istante, per poter tornare a vedere. Nellepoca post-globale, il mondo della nostra contemporaneit, non si riscontra pi un intreccio di ordini ma un nuovo ordine. Questa lepoca in cui i sistemi di pensiero, ovvero le vecchie ideologie les grands rcits di Jean Franois Lyotard 3 non solo non sono estinte, a tutto vantaggio di un pensiero effimero, ma sono ben protette, nascoste e non immediatamente manifeste: il razzismo, levoluzionismo e il darwinismo sociale, la selezione naturale e il superindividualismo corporativo, lequivalenza identitaria sviluppo economico
1

Steiner (1975) 1992, pg. 23. A questo proposito, ringrazio Bernhard Streck per aver riportato la mia attenzione sulla questione del profetismo alla Isaia 2 Pi precisamente, si tratta di ascoltare le parole del Mitmensch, il co-uomo, riprendendo un bel termine di Karl Lwith (1928). 3 Cfr. Lyotard 1979. 238

sviluppo, prime fra tutte. Sono ideologie de facto continuamente applicate politicamente nella prassi quotidiana a livello mondiale, anche nelle organizzazioni internazionali, oltre che nelle aziende e societ private. E sono nascoste a loro vantaggio, permettendo e corroborando la crescita e diffusione di un pensiero mediatico, un pensiero appunto effimero e prt porter, da parte di una maggioranza di dotti sempre pi affascinati dal nichilismo di maniera, legittimato da fugaci e frettolose letture nietzschiane. Insomma, les grands rcits sono puntuali enunciati performativi i cui effetti coincidono con la loro enunciazione: dialettica dello spirito, emancipazione del soggetto razionale, diade vero/falso, dicotomia soggetto/oggetto, oggettivit, teleologia e sviluppo tecnologico, selezione naturale e selezione sociale, razza, scienza e episteme. Rivivificati e indisturbati, les grands rcits sono de facto continuamente applicati politicamente nella prassi quotidiana a livello mondiale, nellazione sociale e politica, nella vita pubblica e nella vita privata, nelleconomia e nel diritto, in un mondo che ormai ridotto a tekhne e mercato della tekhne.4 Ecco allora lepoca post-globale, lepoca del camuffamento e nascondimento dei grands rcits. Le societ contemporanee fanno riferimento costante nella loro autorappresentazione al modello del mercato autoregolatore. Questa autorappresentazione offrirebbe in s, nella prospettiva delle stesse, garanzia di legittimit allazione sociale e politica dello Stato, per definizione non invadente la vita quotidiana dei suoi cittadini e non lesiva dei diritti individuali. La stessa struttura sociale, per esempio, sempre pi spesso rappresentata in termini di mercato. Cos, il mercato rappresenta la struttura sociale della UE, per esempio. E lOccidente [lOccidente primo: lEuropa] rappresenta il mondo intero come mercato, pur rappresentandolo ancora come mercato di scambio (commerciale) e non come mercato finanziario [prassi dellOccidente secondo: lAmerica del Nord], mantenendo cos la valenza dello scambio sociale e politico implicita nel concetto di mercato di scambio e non evidente forse perch semplicemente inesistente in quella di mercato finanziario. Viviamo la fine della grande utopia mercantilista nella quale le merci costituiscono e esauriscono il mondo; e realizziamo, anche inconsapevolmente, linizio della grande utopia liberista nella quale le merci (ivi compresa la moneta, simbolo del valore delle merci) sono sostituite da simboli mentre la posta in gioco il nostro corpo, icona del nostro Dasein. in questo mercato, ultimo e totale, che il cittadino ridotto da attore sociale a consumatore e, infine, trasformato in merce.5 Egli merce che compera altra merce; alienato, ma non propter Deum, bens alienato del suo proprium. E il corpo stesso pi non gli appartiene. Eccoci cos obtorto collo di fronte a un nuovo ordine giuridico transnazionale dunque a una nuova legittimit: lordine del mercato. Lordine dato dalle relazioni
4 5

Sul concetto di epoca post-globale, cfr. Palmisano 2006, pp. 107-114; 2012, pp. 51-53. Con uno sguardo alle dinamiche del mercato finanziario, il cittadino forse non neppure merce: semplicemente unopinione (per giunta, spesso, quella di qualcun altro). 239

fra attori economici, diviene ordine giuridico. Il diritto nazionale ha sovraproliferato, si indebolito riducendosi a una complicata moltiplicazione esponenziale delle norme: in questo contesto trionfano perfino sulle Costituzioni nazionali sia il diritto imposto dal mercato finanziario un diritto semplificatorio come pure i diritti sopranazionali. Questi ultimi sono diritti dalle implicite ambizioni etiche diritti che intendono come soggetto del diritto luomo (o le etnie) ma non lo Stato, n le nazioni n il cittadino , e per rimangono in posizione subalterna di fronte al diritto imposto dal mercato finanziario. Si tratta di un ordine appunto planetario che suggerisce la visione di un mondo-teatro con un palcoscenico, diversi attori e alcune pices a canovaccio da performare. Come spesso accade con le visioni, dallincertezza iniziale delle immagini si passa alla possibilit di definirne i contorni e i colori, determinando perfino una sequenza temporale nelle stesse. Cos, possibile distinguere tre fasi che hanno condotto al nuovo palcoscenico mondiale, ovvero alla globalizzazione, e quindi alla nostra epoca: lepoca post-globale. Prima fase In una prima fase si vede la fondazione della materia, indefinita, e la definizione e moltiplicazione della stessa in materie, quindi la loro trasformazione. La trasformazione della materia istituisce la res e quindi la merce: il commercio da un luogo allaltro non altro che trasporto di materia sulla superficie della terra. Concepita come risorsa, la materia diviene res, poi merce e quindi trasformata in capitale. Si trattato allinizio di uneconomia di rapina (Fenici, Greci ecc.): con la forza delle armi e con lastuzia dei commercianti, la materia e le merci sono state sottratte a un luogo con i suoi attori e condotte in un altro luogo con altri attori. Laccumulo di ricchezze ha contribuito alla fondazione delle citt; innanzitutto, la polis. Insediamenti urbani del genere, oltre a essere centri militari e culturali, sono nodi commerciali. Questo periodo perdura nel Mediterraneo fino al medioevo, ovvero fino al medioevo islamico, che promuove il medioevo europeo. Con ci il mondo si muove verso la societ industriale, verso la societ borghese. Fra la fine del XII secolo e gli inizi del XIV secolo viene elaborato un pensiero profondo e rivoluzionario in grado di aprire la via alla nostra modernit, fino alla concezione attuale di economia: per intesi e ancor pi per malintesi seguenti. a partire dalla nascita di San Francesco nel 1182, e specialmente fra la decretale del 14 agosto 1279 Exiit qui seminat di Niccol III, e la decretale del 1323, Cum inter nonnullos di Giovanni XXII, che, in uno straordinario sforzo riflessivo e speculativo, teologi, filosofi e giuristi enucleano i fondamenti, enunciano i motivi centrali e fissano i compiti della pauperistica. in quegli anni che si istituisce la nuova
240

definizione originale e determinante di dominium come pure di paupertas,6 e viene dato il via contemporaneamente al grande malinteso borghese concernente la propriet. Per il nuovo pensiero francescano la libert consiste in una vitalit-volont di proiezione verso lesterno, con una potente capacit inglobante: facultas dominandi, intesa come inesauribile esigenza di possesso del mondo, come volont di esser-ci.7 il soggetto che rivendica la libertas nel suo aspetto di dominium sui (compreso il dominium super suos actos) e dominium rerum;8 solo questa a consentire alluomo la pienezza della sovranit: egli uomo creato a immagine e somiglianza della Divinit. Nella gerarchia Dio-uomo-mondo, Dio dominus e luomo dominus del mondo, esercitatore del dominium rerum; ma esercitando il dominium sui e il dominium super suos actos, luomo realizza il distacco metafisico dal mondo, in atto di totale affidamento a Dio. proprio il dominium sui che viene a mancare alluomo del capitale, quando le logiche delleconomia finanziaria prendono il sopravvento sullo stesso concetto di propriet e di libert, e la moneta si impossessa del suo possessore. Del resto, anche lidea della enorme forza condizionante del fatto ricorre nellelaborazione non francescana teologica, filosofica e giuridica di quei secoli, cos che per la teoria dello usus facti, la familiarit fattuale uomo-cosa espone luomo a rinunciare a parte della sua sovranit sulla cosa dando adito alla fondazione della propriet al di l della volont dei soggetti.9 in questo modo che la cosa finisce per possedere il suo possessore: la elaborazione in questione, infatti, una volta scissa dalla culla teologica che laveva nutrita, si trasforma nei secoli borghesi, fino alla costituzione di una nuova identit uomo-cosa e uomo-merce nellepoca postglobale. La cosa e la merce, in particolare la merce per eccellenza, la moneta, finisce per possedere proprio quel singolo che, in quanto testimone assoluto di libert, rappresentava invece per i francescani ci in cui lintero universo si risolve, quasi non sia altro, questultimo, che lombra del soggetto e, omnibus dominans, la proiezione della sua potentia. Seconda fase Nella seconda fase prosegue il processo di trasformazione della materia, di differenziazione e identificazione delle materie, di istituzione della res e di creazione, ovvero produzione delle merci negli ormai mutati contesti economici, politici e perfino culturali.
6

A proposito di concetti quale dominium e paupertas, cfr. innanzitutto San Bonaventura, Pietro Olivi e Giovanni Peckham. 7 Pietro Olivi, Quaestiones in secundum Librum sententiarum, Ad Claras Aquas: Typographia Collegii S. Bonaventurae, 1922-1926, vol. II, q. LI, pag. 172. 8 San Bonaventura, Commentaria in Secundum Sententiarum, in Opera omnia, t. II, Ad Claras Aquas, 1885, f. 593 a. 9 A questo proposito e sul dibattito teologico giuridico medioevale relativamente alla nozione di propriet, cfr. limportante studio di Grossi 1972. 241

Con la loro apertura, le grandi rotte terrestri verso Est offrono loccasione di contatti diretti e non pi intermediati fra le citt dellEuropa (Venezia, Genova, Pisa, Amalfi, Firenze...) e i centri commerciali dellEstremo Oriente (Calcutta, Mogadiscio, Aden, Jedda...). resa cos possibile una ancora pi significativa concentrazione di capitali. E la concentrazione dei capitali, per la prima volta, ha luogo in numerosi centri dellOccidente: non pi occasionale. Il processo di produzione delle merci e di accumulazione di ricchezze diffuse vive poi una accelerazione eccezionale a partire dalla scoperta delle rotte marittime verso Ovest. Nuovi attori commerciali divengono protagonisti sulla scena mondiale: Inghilterra, Spagna, Germania, Olanda, Portogallo e altri. Si fondano le grandi compagnie. Nel 1600 Elisabetta I firma il decreto, ovvero la patente, per 218 azionisti, che autorizza i mercanti a navigare verso le Indie: A proprio rischio e a propria spesa, per lonore del regno e il progresso del commercio, in uno o pi viaggi con adeguato numero di vascelli. Nasce cos la East India Company, una joint stock company, ovvero una compagnia privata che vede il numero degli azionisti crescere fino a una punta di 1600 circa negli anni fra il 1700 e il 1800, quando il suo Pil supera quello della Gran Bretagna. Su una popolazione mondiale allora di 1 miliardo e 300 milioni, la EIC giunge a regnare su oltre 250 milioni di persone, a imporsi come esattrice delle imposte, a amministrare la giustizia e gestire un potente esercito privato, per lo pi composto da mercenari, i sepoys, fino alla rivolta di questi ultimi nel 1857. La EIC rivendica naturalmente numerosi diritti, fra i quali il ben noto diritto al libero commercio, ovvero al commercio delloppio in Cina. Con il Government of India Act nel 1858, infine, il Regno Unito revoca la patente e finalmente nazionalizza i beni della Compagnia delle Indie Orientali. Sulla scia delle modifiche strutturali alleconomia mondiale introdotte dallesistenza stessa della EIC, nel 1694 nasce la moneta nominale: la sterlina della Banca dInghilterra. E il denaro diviene carta, anche se una contropartita in oro da qualche parte rimane presente, seppure non disponibile a tutti. Nelle loro attivit di espansione politica e territoriale, gli Stati sono a questo punto direttamente finanziati dalle grandi concentrazioni di capitali commerciali. E questo avviene in misura mai vissuta prima nella storia; solo in rarissimi casi raggiunta: limmagine , per esempio, quella di Crasso nella Roma e nella Charrae del 53 a. C. Ma il grande capitale commerciale richiede nuovi sviluppi e vara inediti processi di colonizzazione della vita quotidiana,10 al di l dellinfluenza che esercita sullo Stato: nasce lindustria e la cultura di massa, decisamente gestita dal capitale commerciale. Questultimo influisce direttamente, non pi tramite lo Stato, sulla struttura delle relazioni sociali e soprattutto sullorganizzazione sociale, ovvero nel mondo della vita quotidiana di milioni di persone in Occidente. Fuori dallOccidente, invero, luomo non nemmeno concepito come persona, ma rimane legato e associato alla materia della quale espropriato nel processo di trasformazione della stessa in cosa e quindi in merce: egli stesso,
10

Cfr. Schtz (1932) 1981. 242

dapprima concettualizzato nella autorappresentazione come individuo, diventa infine merce (schiavismo). Intermezzo Fra queste due prime fasi e la terza si inserisce un intermezzo. Con la Grande Crisi del 1929 si palesa la distruzione del mercato commerciale mondiale, e si afferma la creazione istituzionale di capitali fuori dalle regole civili, allinterno delle regole liberiste estreme: corporative e mafiose. A pochi anni di distanza a II Guerra Mondiale ancora in corso nei campi di battaglia di Europa, Africa e Asia , a Bretton Woods, fra il 1 e il 22 luglio 1944, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna inscenando un interessante gioco delle parti vincono la guerra alla presenza di 730 delegatispettatori, l convocati per la prima e unica United Nations Monetary and Financial Conference. Gli Accordi di Bretton Woods, usualmente considerati un punto darrivo delle democrazie, segnano piuttosto una vittoria delle plutocrazie sullo Stato in generale, prima ancora che sugli Stati totalitari. Ben 44 nazioni partecipano a questi accordi, difatti, insieme a alcuni rappresentanti di strapotenti corporazioni finanziarie transnazionali, coinvolte nello stesso agreement con dignit statuale. Con ci si segna dunque una fine e un inizio: la fine della I e II fase del processo di globalizzazione e linizio della III e definitiva fase della globalizzazione, una vera e propria postglobalizzazione, in cui le grandi recite sono finalmente solo nascoste mentre le transnational holdings manifestano la volont di intervento nella vita pubblica delle nazioni e degli Stati, indipendentemente da qualunque eventuale patente rilasciatagli. Nessuna corporazione multinazionale si preoccupa pi di chiedere a Stati o loro rappresentanti il rilascio di una patente per meglio operare dove meglio crede per il progresso del commercio e, possiamo aggiungere tranquillamente, per il progresso della democrazia, da quando sul progetto liberista propugnato da John Maynard Keynes delegato britannico prevale il progetto iper-liberista di Harry Dexter White delegato degli Stati Uniti e di altri poteri forti: forti della logica dei tassi fissi di scambio attuati direttamente in relazione al dollaro, ovvero forti delle riserve in dollari anzich in oro. In effetti, a partire dal 1870 che il tasso di scambio tra le monete fisso: collegata alloro, ovvero, ogni moneta ha il suo corrispettivo fisso in once doro; ma verso il 1914, questo equilibrio il cosiddetto regime aureo viene sostituito con un altro accordo, che stabilisce che i tassi fra le valute debbano ancora rimanere fissi, ma questa volta in riferimento al dollaro USA, con il rapporto fisso di scambio con loro di 35 dollari per oncia. Gli Accordi di Bretton Woods ottengono di fatto la riduzione drastica del ruolo regolativo degli Stati, sostenendo e ottenendo la legittima realizzazione di concezioni e pratiche economiche e politiche di riduzione delle sovranit nazionali in generale: libert di commercio, investimenti senza vincolo, deregulation (liberalizzazione

243

normativa), conti in pareggio (import-export), bassa inflazione, privatizzazione delle imprese a gestione pubblica. Nel 1971 gli USA dichiarano infine, a completamento di un disegno pluridecennale e di respiro globale, di non poter mantenere pi il rapporto fisso di 35 dollari per oncia. Da questo momento loro viene abbandonato come riferimento fisso: il dollaro USA, slegato dalloro, trionfa e invade il mondo come unit di misura e di valore allinterno delle nuove logiche del capitale finanziario. Il capitale finanziario svolge (ora) una influenza profondamente destabilizzante sulleconomia globale. Vi del resto una correlazione diretta fra la frequenza delle crisi finanziarie e la crescita dei flussi di capitale internazionale. Oltre lo 80% degli scambi internazionali gestito da transnational holdings. La speculazione feroce sui cambi, permessa dalla nuova struttura internazionale di rapporti fra monete (il sistema variabile di scambio) accelera, soprattutto dal 1985, anno del definitivo abbandono di ogni tentativo di tornare a un sistema fisso, e segna il dominio del capitale finanziario concepito in dollari su ogni altro processo economico, soprattutto di produzione. E per dominio si intende non quanto definito come dominium dalla teologia e filosofia giuridica francescana nel Medioevo, ma proprio quanto definito da Max Weber: Herrschaft soll heien die Chance, fr einen Befehl bestimmten Inhalts bei angebbaren Personen Gehorsam zu finden.11 Dunque lesercizio di un potere che, grazie allapparato di legittimazione il benessere, economico e finanziariamente indicizzato , conosce i suoi oggetti: il consumatore. Ai tempi di Bretton Woods, la proposta iniziale di John Maynard Keynes si era articolata nella richiesta della (1.) istituzione di un sistema di scambi fissi, che venne accolta, e della (2.) costituzione di una riserva di valuta mondiale, amministrata da una banca centrale, che venne respinta. Una riserva di valuta mondiale, ancora legata alloro anche se indirettamente, attraverso il dollaro , non avrebbe permesso infatti il dominio del capitale finanziario. (Solo pi tardi, troppo tardi, il neo-costituito FMI viene investito del compito di sorvegliare il sistema di scambi fissi e del compito di fornire prestiti a Stati in emergenza; mentre alla BM viene affidato il compito di fornire prestiti per infrastrutture economiche e il compito di fornire prestiti per lo sviluppo di agricoltura e educazione, prestiti che oggi permettono principalmente di pagare, talvolta e comunque a stento, gli interessi del debito contratto nei confronti delle transnational holdings e dei paesi che ne rappresentano la base, paesi in eccedenza di scambi: economia finanziaria spinta, economia dazzardo, economia virtuale). La duplice proposta di Keynes era completata dalla richiesta di (3.) esercizio di una pressione continua e decisa sulle nazioni con eccedenza negli scambi per permettere le importazioni, che venne respinta. Esattamente mezzo secolo dopo gli Accordi di Bretton Woods, in perfetta sintonia di regia con gli stessi, la costituzione della World Trade Organisation, WTO,
11

Cfr. Weber (1922) 1980. 244

nel 1994 a Marrakesh (con la sostituzione del GATT come organizzazione dal 1 gennaio del 1995), innesta di fatto una spirale negativa regressiva: il paese X importa merci a basso costo, lindustria nazionale chiude, la disoccupazione sale, le entrate fiscali sono scarse (niente fondi per opere pubbliche, niente fondi per formazione o per educazione, per sanit e trasporti: il processo rafforzato attraverso lideologia del mercato autoregolatore e della privatizzazione come risposta allinefficienza); oppure, il profitto opta per la eliminazione dei salari e il taglio dei costi, (in alternativa, il profitto opta per la crescita dellinflazione), il consumo diminuisce, la produzione diminuisce ecc. La soluzione che ha sempre funzionato, dalle zigurrat a oggi... 12, Lo Stato d vigore alla domanda, le imprese investono, la produzione aumenta, loccupazione aumenta, le entrate fiscali aumentano, il governo paga il proprio debito, impossibilitata dalle strette e crude regole (il diritto della forza!) della deregulation. Del resto, ... i rapporti dominanti sono i rapporti imposti dai dominatori, come ha precisato Karl Marx.13 Ecco il paradosso: la deregulation impone il trionfo di ununica regola, non esplicitata ma ferrea, non sottoscritta da tutti gli attori sociali ma inscritta nel linguaggio finanziario. Unaltra soluzione oggi? La de-privatizzazione: la nazionalizzazione. Questo intermezzo a cavallo fra due mondi di pensiero: fra mondo preindustriale e mondo post-industriale, pre-capitalismo finanziario e post-capitalismo finanziario. In effetti, oggi siamo rivolti verso uneconomia virtuale, uneconomia sulla parola: non c quantit doro al mondo che possa rappresentare il corrispettivo di questa massa monetaria, di questa valuta virtuale in circolazione! Del resto, premurosamente e in modo lungimirante, i governi ultra-conservatori degli USA sono sempre stati davvero impegnati in questa direzione, tanto che gi nel 1971 che il dollaro viene sganciato dalla moneta-simbolo, loro! Questo intermezzo si comporta come temporalmente post-posto, dislocato nella sua manifestazione, ritardato nella sua rivelazione. In effetti, i demoni si annunciano dopo essersi resi presenti, ovvero solo dopo essersi saldamente attestati. Terza fase La visione assume chiarezza proprio con le immagini della III fase di questo processo. Le materie sono trasformate in cosa, ma tecnologicamente, e quindi in merci, ma industrialmente. Si tratta di un processo di centralizzazione della produzione. Consegue una inaudita espansione del commercio. Cos, il capitale (commerciale) produce allora altro capitale (finanziario), e il commercio diviene commercio di capitale: produzione e riproduzione (con crescita esponenziale) del
12

Risulta molto stimolante, a questo proposito, rileggere oggi il codice di Hammurabi, un testo del XIX secolo a.C., che gi tratta articolatamente della relazione benessere/Stato. 13 Karl Marx und Friedrich Engels, Die deutsche Ideologie, in: Karl Marx / Friedrich Engels, Werke, Bd. 3, Berlin 1969. 245

capitale finanziario attraverso una nuova concezione della moneta, divenuta propriet di banche private e non pi di cittadini e Stato. Il capitale finanziario regola lordine mondiale: lordine ora espressione della sua logica interna. Il libero mercato dittatura del capitale a-sociale: segue solo la sua logica, non propone n richiede scelte. Lo Stato difatti libert civili o dittatura politica; mentre leconomia finanziaria un ossimoro! segue puntualmente la sua logica interna, logica di accumulazione assoluta. La cosiddetta economia finanziaria, infatti, non economia, e le transnational holdings sono oggi armi post-atomiche sfuggite dalle mani dei loro progettatori e costruttori,14 una sorta di Golem ribellatosi alluomo. Cos, per esempio, constatiamo che 200 multinazionali (multinational corporations) hanno un bilancio superiore a quello di 182 Stati. Oggi nel mondo post-globale dunque riscontrabile un nuovo ordine: lo Stato contrattualmente debole e le multinazionali (principalmente anglosassoni) colonizzano il mondo-della-vita, il Lebenswelt.15 Lo Stato per definizione al servizio, ovvero che offre servizi in passivo anzich in pari, come da imperativo de jure (per contratto sociale e principio di democrazia) e dover essere; mentre le multinazionali per definizione fuori da ogni logica di servizio sono in attivo anzich in pari, come conseguentemente da logica di mercato libero. Solo che il passivo degli Stati oggi di tale entit da annichilirli, e lattivo di multinazionali e transnazionali tale da renderle tracotanti e socialmente distruttive. Cos, la bilancia riportata in pari dalla persona che trasformata in merce. E in questo mercato di blue chips e stock options, ancora le organizzazioni in questione determinano i flussi di questa merce-uomo sul mercato: la sua produzione trasformando la nazione in etnia e il cittadino in consumatore e la sua distribuzione acquistando e vendendo consumatori come qualsiasi altra merce , oltre che il suo consumo. E Stati deboli, per esempio, vendono o lasciano vendere i loro cittadini nel tentativo di saldare i bilanci. Scaturisce allora una allucinazione, non visiva ma acustica, sotto forma di domanda ricorrente: come chiedere alle multinazionali di riportare in pari il bilancio degli Stati, di quegli Stati che hanno ingannato e impoverito? Insomma, che fine ha fatto lanno sabbatico istituito da Mos, o il rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori? Il guadagno sociale difatti ontologicamente diverso dal profitto economico. Il guadagno sociale consiste nel benessere per il benessere (sinergia e competizione si muovono a questo fine, e sono mediate e guidate). Mentre il profitto economico
14

I derivati sono stati definiti da Warren Buffett, che davvero se ne intende, armi finanziarie di distruzioni di massa. In un report annuale agli azionisti Buffet ha scritto: Se i contratti derivati non vengono collateralizzati o garantiti, il loro reale valore dipende anche dal merito di credito delle controparti. Allo stesso tempo, comunque, prima che il contratto sia onorato, le controparti registrano profitti e perdite spesso di enorme entit nei loro bilanci senza che un singolo centesimo passi di mano. La variet dei contratti derivati trova un limite solo nellimmaginazione delluomo (o talvolta, a quanto pare, del folle). 15 Cfr. Schtz (1932) 1981. 246

consiste nella continua accumulazione di capitali e nellespansione dellattivit di profitto (competizione e selezione si muovono a questo fine, autoprogrammate). Ecco allora che pi compiutamente si connota la relazione fra lo Stato e le multinazionali: lo Stato ha per principio lessere super partes; le multinazionali hanno per principio il primus contra partes. Si tratta effettivamente di due sfere diverse dellesser-ci e dellessere. Ma si riscontrano al contempo, e in specifici contesti geopolitici, alcune sinergie Stato-multinazionali: lo Stato funzionale alle multinazionali o le multinazionali sono funzionali allo Stato, a secondo di contestuali e situazionali rapporti di forza. Cos come pure, sempre al contempo e in specifici contesti geopolitici, sono innegabili alcune identit Stato-multinazionali: le multinazionali sono costituite da istituzioni dello Stato (hanno base nazionale); le multinazionali sono appropriate da istituzioni dello Stato. Soprattutto, gli Stati sono appropriati dalle multinazionali. E talvolta, vedi il caso del Principato di Sealand, gli Stati stessi sono fondati da multinazionali, palesemente criminali.16 Gli attori Quali sono gli attori che si muovono pi o meno abilmente sul palcoscenico mondiale? Ecco i protagonisti: a. la persona, in quanto attore sociale e in quanto soggetto/oggetto del processo di comunicazione, ovvero di coinvolgimento del cittadino nel processo di costruzione del cosiddetto consenso (specifica ambiguit delle democrazie); b. le istituzioni tradizionalmente considerate protagoniste della costruzione dellordine. Fra questi attori, compaiono gli Stati, con la loro accentuazione del principio territoriale, ovvero della condivisione dello spazio; le famiglie e i lignaggi, con la loro accentuazione del principio di parentela, ovvero di condivisione del sangue; le associazioni, in tutte le loro forme pi antiche e al contempo pi moderne, con laccentuazione del principio di progettualit, ovvero di condivisione dellazione:17 corporazioni, come le classi di et o le multinational corporations e le transnational holdings, ma anche diverse forme di societ per azioni, fondazioni ecc.; le bande, nelle loro svariate e contestuali forme di espressione, dai cacciatoriraccoglitori, pi spesso di paleoantropologica memoria, alle organizzazioni criminali, quali le mafie o le triadi e numerosi altri gruppi che si rapportano alle ideologie del liberismo puro; tutti quei clusters, cliques e clubs o quelle sette che si strutturano intorno alla figura di una sorta di pater familias, detentore del potere, senza pertanto
16

Il Principato di Sealand una struttura artificiale costruita durante la II Guerra Mondiale pochi chilometri al largo della costa del Suffolk in Inghilterra. La piattaforma, situata in acque internazionali e con una superficie di circa 1300 mq., stata occupata nel 1967 dalla famiglia Bates che ha subito proclamato la costituzione del Principato di Sealand con sovranit indipendente. Da allora la nuova entit batte moneta, rilascia passaporti e soprattutto permette una serie di attivit di dubbia legalit a gruppi di potere provenienti da tutto il mondo. 17 Cfr. Palmisano 2012, pp. 50-54. 247

reclamare la condivisione di effettivi legami di sangue. E, infine, evidentemente, i nuovi attori a-confessionali, internazionali, interetnici, sovraterritoriali ecc. che si autorappresentano, anchessi, come istituzioni super partes, quasi fossero istituzioni Stato-morfe ne sono un esempio le Agenzie e le Organizzazioni Internazionali, quale FMI, BM, OMC, ONU ecc. , spesso espressione di marcati interessi familiari, nazionali e soprattutto corporativi. Tutti gli attori citati sono sempre e comunque impegnati in nuovi processi di territorializzazione e di colonizzazione dello spazio. sullo spazio ultimo, prossimo alla persona, ovvero allindividuo e primariamente al suo corpo, che tutti gli attori si ritrovano a contendere. Spesso con estrema violenza. In tali contesti, le consuete tecniche di soluzione delle dispute non possono trovare facile applicazione e successo.18 Pices Nella visione, del passato divenuto il presente di passate utopie , le pices che vengono messe in scena consistono principalmente in drammi e tragedie. Si tratta difatti di conflitti. E questi si esplicano in una pressoch sterminata gamma di possibilit: A. dal conflitto sociale/individuale contingente al conflitto sociale/individuale strutturale intra-locale, intra-tribale, intra-associativo oppure interlocale, inter-tribale, inter-associativo; dal conflitto inter-statale al conflitto intertribale o al conflitto inter-associativo; oppure, B. dal conflitto fra Stato e trib al conflitto fra Stato e associazioni (oggi ben evidente) o al conflitto fra trib e associazioni. A queste forme si aggiunge infine il conflitto mondiale, nel quale tutti gli attori sono impegnati, come per esempio nel caso dellAfghanistan. Sembrerebbe cos che lesperienza della violenza sia lunica esperienza che tutti gli uomini condividono, e che la nascita e la morte siano lo alfa e lo omega della violenza, come rileva del resto Wolfgang Sofsky.19 E pur nella consapevolezza che la violenza generi caos e che lordine generi violenza, sappiamo anche che per risolvere un conflitto entrambi, o tutti, i contendenti devono poter vincere (e credere di essere vincitori); che poi siano o meno vincitori dipende dal principio: le situazioni (vittoria, sconfitta ecc.) sono reali, quando reali sono le conseguenze.20
18

Ma larte della armonizzazione pu comunque espletare la sua efficacia: attraverso la mediazione il mediatore scelto da A e B che si trovano in conflitto; attraverso larbitraggio larbitro non viene scelto, ma vi un tacito accordo fra A e B per il riferimento; attraverso laggiudicato il giudice emana decisioni indipendentemente dalla volont di A e B di coinvolgerlo nel processo della loro disputa. 19 Sofsky 2001, pag. 10 e seguenti. 20 Precisamente, secondo William Isaac Thomas, ovvero secondo il secondo il cosiddetto assioma di Thomas: If men define situations as real, they are real in their consequences . (Thomas with Thomas 1928: 572) 248

Vi sono comunque altre pices che vengono di tempo in tempo messe in scena, ma sempre possono riassumersi con il termine utopia. Alcune provenienti da remoti passati, ma per la maggior parte scritte verso la met dello 800, quando appunto il capitale commerciale comincia a manifestarsi indubitabilmente come capitale finanziario, queste pices permettono la costruzione del futuro per mezzo di utopie alternative alla dominante utopia vincente, pur con i loro evidenti limiti. Ancora una volta si tratta di fughe in avanti. Del resto i totalitarismi del XX secolo sono stati eretti anche come risposta difensiva alla fondazione del capitale finanziario! Diversamente, alla persona si offre la sola possibilit di compartecipare alla fondazione di un mondo virtuale quotidiano, il virtuale Lebenswelt, che si affianca al mondo quotidiano, il Lebenswelt, talvolta sostituendolo. Il capitalismo la forma storica dominante, infatti, e la forma del capitalismo moderno21 leconomia dei mercati finanziari un segno per ci che anche per Karl Marx era divenuto un sorprendente effetto del processo di accumulazione della ricchezza: la distruzione della dimensione rurale o euclidea della vita quotidiana. Ecco perch il mercato divenuto il luogo virtuale, e tutte le azioni nel mercato, dispiegantisi nel cyberspazio, divengono azioni virtuali incluso la moneta/valuta con una terrificante Ereignis, effetto, risultato. Nel mondo post-globale la forma epistemologica [epistemologicamente] dominante, il capitalismo liberista e iper-liberista, funziona esclusivamente in dimensioni non-euclidee: nel cyberspazio e nei suoi domini della realt virtuale. E territorializza perfino il non-luogo, lutopia, con tanto successo da ottenerne la Verwirklichung; almeno, nei termini esposti con lassioma di Thomas. Viviamo nella dittatura, nel dominio della realt virtuale. Lo spazio euclideo posto oggi in contrapposizione al cyberspazio: questo viene a essere imposto invece dello spazio euclideo. Lo spazio euclideo infine relegato dietro le quinte, dove effettivamente tutto pu accadere senza che lattore sociale, ormai spettatore-consumatore, ne abbia consapevole conoscenza. E tutto ci, dunque, nellattesa che lesclusione delluomo dalla pienezza della vita, ovvero la sua limitazione alle interazioni dello esser-ci nel mondo, venga a essere superata theai morai?22

21

I termini iper-capitalismo, capitalismo iper-liberista, turbo-capitalismo ecc., oggi sempre pi in uso, stanno a dimostrare che questo capitalismo troppo particolare per continuare a essere definito capitalismo. 22 Cfr. Platone, Menone, 100b. E poi, come ignorare il then tn sunteleian del quale parla Platone appunto nelle Leggi? (Platone, Leggi, X, 899d-905d, in particolare 903c-905d) 249

3. I grandi compimenti dellepoca post-globale Virtualit Lepoca post-globale lepoca dei primi piani, anzi del primissimo piano. Questo ci che pi colpisce di quanto posto in scena, on the stage. E dietro il piano allamericana, anzi dietro lo stage? Il backstage definito come ci che non destinato a essere visto dal pubblico profano. allora interessante chiedersi non solo in cosa consista questo ci ma anche chi sia questo pubblico profano. Procedendo in questo senso, ci accorgiamo immediatamente di un nostro addentrarci nellindagine delle condizioni di base dello essere-nel-mondo degli uomini, proprio in quanto attori sociali. In effetti, lespressione dietro le quinte rimanda a un mondo nascosto, occulto, rinvia a quel mondo che non rientra nella autorappresentazione della societ dellepoca post-globale, un mondo postulato come non-essente-ci, ou-topos, ma del tutto presente: ancora una volta la rappresentazione dominante, prodotto di una utopia realizzata, relega lAltro nello ou-topos. Lutopia realizzata occupa il mondo della vita quotidiana e respinge la vita stessa nello ou-topos, dietro le quinte. Proprio les grands rcits permettono in modo sotterraneo, e perfino subdolo, di velare prima e sottrarre poi allattore sociale il palcoscenico della sua identit pi profonda, ovvero la molteplicit delle sue identit e dei suoi ruoli, la sua legittimit nel negoziarli; e permettono anche di rendere lattore sociale capace di assumere e istituire, allinterno del complesso delle autorappresentazioni post-globali, esclusivamente identit tanto consone contestualmente quanto de facto estraneizzanti.23 Conseguentemente, les grands rcits permettono di richiedere allattore sociale soprattutto lesercizio e quindi labilit a essere altro rispetto a se stesso, ovvero di essere consapevolmente ignorante nel rifuggire il monoruolo del consumatore. Con les grands rcits si costruisce e istituisce il consenso. Lintero processo in questione un processo di occultamento, ed esso stesso un processo occulto. Ecco che il virtuale si fa primo piano, stage, nella realt postglobale, mentre la realt sociale, il mondo-della vita di Alfred Schtz, si ritira assumendo la qualifica e la qualit di dietro le quinte. Chi sono allora i sacerdoti di questo culto del virtuale che fa s che gli attori sociali si riducano a pubblico e per di pi di profani, semplici consumatori? In effetti, abbiamo parlato di pubblico profano in contrapposizione a pubblico di iniziati , un pubblico confinato backstage e disconosciuto nel suo essere attore sociale. I nuovi sacerdoti sono rappresentati proprio da multinational corporations e transnational holdings, attive innanzitutto nel campo dellinformazione. Si tratta insomma, per quanto riguarda questo culto laico, di una costruzione binaria inscritta nel linguaggio post-globale e presentata in termini dicotomici: backstage/virtuale, passato/futuro, antico/moderno, obsoleto/innovatore, reazionario/ democratico ecc., concludendo con successo uninversione di valori, ovvero
23

E labitante dello ou-topos dunque il non-uomo, lAltro. 250

espropriando luomo del diritto di esser-ci e giustificando lattore sociale nel non esercitare il dominium sui, mentre il palcoscenico permanentemente occupato dal consumatore deguis da attore, protagonista mediatico. In effetti, in questa epoca che segna il dominio assoluto dei mercati finanziari, il diritto si trova a essere scalzato dallordine imposto dalle economie: con le economie finanziarie che si costruisce e istituisce il consenso.24 Questa costruzione del consenso, inscritta nel linguaggio post-globale, implica unattivit ripetitiva e continuata, una sua specifica liturgia, proprio in quanto necessario credere affinch il virtuale operi. Del resto, Sans croyances il ny a de chef possible, come ha acutamente osservato Pierre Legendre.25 E quali istituzioni esigono un credere pi fermo del sistema di credito bancario e finanziario internazionale? Poco per volta, in questo lungo e duplice processo, il dietro le quinte ha acquisito una sua esistenza, una sua autonomia, addirittura una sua cosmologia. Questo dietro le quinte, come oggetto, si sentito sempre e si sente oggi ancora pi ai margini, ignorato dai poteri della nostra epoca, disconosciuto dalla societ statuale, dimenticato dallo stesso Stato. E il pubblico profano, appunto si manifesta allora per essere attore solo nel ruolo del consumatore, anche consumatore di informazioni, disponibile e pronto dunque a essere agito, pur di permanere illusoriamente in primo piano. In questa rappresentazione utopica, consumo e benessere coincidono come pure benessere virtuale e consenso fattuale si sostengono reciprocamente. la realizzazione dellutopia, la Verwirklichung del more geometrico: benessere e felicit sono quantificabili; e sono solo se quantificabili e quantificati. il trionfo della misura: tutto ci che esiste quantificabile e tutto ci che quantificabile, e solo ci, esiste. Ogni mitologia razionalista, ovvero ogni utopia, svolge unazione normativa. In questo caso, la normativit insita nella nozione quantitativa e consumistica di benessere assume addirittura procedure proprie del discorso giuridico: il rapporto di debito costituisce lobbligazione, fondamento del diritto corrente. Un primo tentativo di costruzione del benessere riscontrabile del resto gi in Hammurabi. Cos, si pu spiegare lidea di benessere nelle societ centralizzate26 a partire dal primo notissimo documento scritto, il codice di Hammurabi, un testo del XIX secolo a. C. consistente in circa trecento leggi, che recita: Allora gli dei Anu e Enlil nominarono me, Hammurabi, per far risplendere la giustizia nel paese, per distruggere il malvagio e liniquo, per far s che il forte non opprima il debole, per dar benessere al popolo.
24

Ho trattato del rapporto fra economie finanziarie e costruzione dellordine gi in altri scritti; cfr. Palmisano 2010b:628-637. 25 Legendre, 1976, pg. 9. 26 Welfare una grande recita molto antica, quando welfare welfare del popolo. Forse il welfare come cosmologia legittima insieme al popolo la Zentralinstanz, ovvero listanza cui viene delegato il legittimo monopolio della violenza, ovvero della sanzione fisica. (Cfr. Sigrist (1967) 1979, pp. 30-31) E lo fa prima ancora di legittimare lo Stato. 251

A questo punto non rimane che cercare lutopia dalla quale questa utopia normativa, che noi oggi viviamo nella sua veste quantificata e mercificata, stata a sua volta ispirata: la Aufklrung. Del resto, ogni mitologia razionalizzata non stata forse ispirata da una precedente utopia, da un grand rcit? Ma il welfare unutopia corale (collettiva), a differenza dellutopia dispirazione individuale. Ci potuto accadere grazie alla diffusione della Aufklrung e dei suoi mitologemi: individuo e popolo sovrano. La Aufklrung ne stato il rcit fondamentale di riferimento, e il popolo, come lindividuo, non oggi sovrano e nemmeno proprietario della stessa semplice moneta: gi alla loro nascita entrambi si ritrovano in debito. In Italia, la razionalizzazione di questa mitologia stata poco intensa, quasi assente. Ma altrove stata molto spinta, fino a essere compresa e raccontata in termini quantitativi, espressione di res extensa, ovvero fino a essere mercificata: chi pu pi alcunch di fronte alla libert del mercato e delle sue leggi? di fronte allimperativo obbligo di parit del bilancio di uno Stato, ormai costituzionalmente prescritto, sancito? E lo Stato profondamente indebitato nei confronti di corporazioni strapotenti, soli istituti a godere di credito e possedere moneta: lindebitamento dello Stato saldato dal popolo e dallindividuo. Paradossalmente, nellesaltazione dellindividuo come valore assoluto, teorizzato dal razionalismo della Aufklrung, persa la dimensione trascendente, luomo si ritrovato a nihil habens certamente non nei termini auspicati dalla teologia francescana , tuttaltro che omnibus dominans; e giustificato nel non esercizio del dominium sui, infine privato del dominium rerum. In effetti, in Italia la giuridificazione delle relazioni sociali a essere pi spinta: il discorso sociale e politico chiaramente discorso giuridico. Come del resto in tutto lOccidente, da alcuni millenni non vi altro discorso se non il discorso giuridico, solo recentemente soppiantato dal discorso economico in funzione normativa, ovvero imperativa dellordine; da quando, insomma, il discorso giuridico ha cocciutamente voluto e pensato di restare fedele a se stesso, con enorme sforzo volitivo. Il nuovo ordine, in effetti, non legale: rifiuta il concetto stesso di legalit, e lo fa sempre meno nascostamente, tanto sicuro di costruire e riscontrare consenso. Il nuovo ordine fraudolento e condiviso; condiviso dal consumatore-debitore per timore di essere escluso dal sistema del credito. Ordinamenti e rappresentazioni normative Numerose ideologie dunque sono inscritte nella prassi sociale e politica, nel mondo della vita quotidiana, cos infine colonizzato. E lavorano potentemente, profondamente e capillarmente a livello mondiale. Siamo infine giunti di fatto oltre il concetto di consenso e oltre la sua prassi: siamo allidentificazione con laggressore, con la fonte del timore, o quantomeno alladorcismo del carnefice.
252

Anche in questa epoca noi produciamo ruoli e maschere, e invitiamo alla loro assunzione. Apprendiamo, adottiamo e perdiamo linguaggi. Apprendiamo, adottiamo e perdiamo lingue pur essendo spesso bilingui, talvolta poliglotti , e adoperiamo le lingue come strumenti di comunicazione, conoscendo le loro grammatiche e i loro ordini. Ma in ogni lingua, in ogni parte di essa come in ogni linguaggio , sono gi inscritti degli ordini, degli ordini di pensiero, di organizzazione e strutturazione delle relazioni con lAltro: il consenso inscritto nella lingua. Il linguaggio del benessere virtuale , identificato nel consumo, poggia su una grammatica di consenso, ovvero di subordinazione rispetto al produttore-distributore, a chi assume e rivendica questo ruolo o a chi talvolta come tale semplicemente si rappresenta. Del resto, in una lingua gi adoperare la terza persona singolare come forma di cortesia, anzich la seconda singolare o la seconda e terza plurale, ci mette in relazione diversa con lAltro, con gli altri. Gi usare o non usare una forma duale ci pone in una relazione diversa con gli altri. Gi impiegare una struttura della frase con la sequenza soggetto-predicatooggetto diverso ai fini del nostro posizionarci nel mondo, ai fini del nostro interagire con il mondo, dallimpiegare una struttura della frase soggetto-oggettopredicato. Per non parlare poi di lingue complesse, con prefissi, infissi e suffissi, che costituiscono e ordinano il mondo in modo ancora diverso. Parlare un relazionarsi, un ordinare il mondo, operato proprio da chi parla. Chi parla ordina se stesso e ordina al contempo pure coloro ai quali parla. Anche nel diritto rappresento il mondo, e lo ordino. E ogni comunit in qualche modo compresa in questa rappresentazione, in questo ordinamento. E cos, oltre alla lingua e al linguaggio, disponiamo di altre forme di rappresentazione normativa: innanzitutto, 1. diritto statuale, 2. diritto consuetudinario e 3. Costituzione. Vi poi unulteriore forma di rappresentazione normativa: 4. il diritto internazionale. il diritto che si basa su les grand rcits nascosti; non esercita per significative pressioni sugli Stati; non particolarmente cogente, in effetti. Paradossalmente, gli Stati non dimostrano de facto alcuna forma di rispetto per il diritto internazionale, mentre al contempo lo esibiscono. Nellepoca post-globale esso un diritto per cos dire scenico, un diritto di gala, un diritto insomma per le grandi occasioni. Si manifesta come un diritto da cocktail mentre, sostanzialmente, sottace les grand rcits della selezione naturale. Questo diritto si riduce in effetti a un diritto del pi forte. Non vi una istanza centrale che sia sovraordinata allistanza statuale e che possa far s che il diritto internazionale venga preso in considerazione da Stati, multinazionali e transnazionali.27 Tuttavia, esplica una potenza inaudita proprio in qualit di rappresentazione normativa. In questo senso, una forma narrativa di diritto: 28 proprio le immagini implicite nel diritto internazionale come pure le immagini esplicitamente evocate dal diritto internazionale hanno efficacia normativa. In altri termini, ha forza il discorso che implicito nel diritto internazionale, il discorso che
27 28

Per una trattazione analitica e esauriente della nozione di istanza centrale, cfr. Sigrist (1967) 1979. Cfr. Palmisano 1989, 2006. 253

questo, per esempio, produce e esplicita relativamente alle comunit locali, alle popolazioni indigene. E questi termini sono interessanti, in s dicono molto; anzi, costituiscono le stesse popolazioni indigene.29 Per un antropologo, luso di questi termini dimostra laccettazione non manifesta di uno dei tanti grand rcits nascosti ai quali abbiamo gi accennato. Si tratta di recite che rappresentano un gruppo sociale o una comunit come se si trattasse di un gruppo di pinguini: una zoologizzazione del mondo sociale ulteriore dimostrazione dei processi di colonizzazione del mondo della vita. Comprendiamo tuttavia che una tale rappresentazione ha una inesauribile potenza e indiscutibile efficacia. Tanto che spesso le stesse comunit locali, le popolazioni indigene, si identificano nellimmagine che di loro fornisce il diritto internazionale. Aggiungo ora una ulteriore forma della rappresentazione normativa, paradigmatico esempio di diritto narrativo, forse la pi sconcertante e efficace forma di narrativit e contemporaneamente di normativit; superando anche la lingua in capillarit normativa e la grammatica in precisione descrittiva, al contempo caratterizzandosi per la sua indeterminatezza, si fa linguaggio davvero internazionale: 5. lordine dei mercati, in particolare lordine dei mercati finanziari. Nellepoca post-globale lordine, dettato dai mercati finanziari, si costituisce da s, e in s costituente. Ed un linguaggio specifico, che rappresenta il mondo sociale in termini di consumatori, in termini di clienti. Comprendiamo allora come una stessa comunit assuma e possa interiorizzare unimmagine nuova: ogni suo membro un consumatore, chiamato a mostrarsi tale e, in quanto tale, soggetto del diritto di benessere. In questo contesto, non pi un attore sociale, ma un agito sociale; e ci, proprio nella prospettiva dellordine dei mercati. Dunque, ogni comunit presa in considerazione soltanto nella misura in cui si lascia irretire in una dinamica che la dinamica del consumo. E questo consumo prevede nuove merci, compresa lidentit.30
29

Per noi antropologi, il termine popolazione ha un significato preciso: termine preso in prestito dalla zoologia, disciplina nella quale il suo uso ha senso pieno. Si parla difatti di popolazioni di pinguini, per esempio, o di piccioni o di foche. Il termine popolazione in uso in biologia e zoologia per definire insiemi di individui di specie animali insediati in un territorio; per noi, invece, luomo non riducibile a una semplice specie animale, ma considerato una specie sociale. Non ci interessa pertanto il concetto biologico e zoologico di popolazione. 30 Ecco perch le analisi pseudo-sociologiche ruotano intorno alla questione se una comunit produca o consumi cultura; se questa cultura possa essere risolta in un kit prontamente disponibile alla distribuzione e alluso. Sappiamo infatti che vi sono lingue che sono state recuperate per essere vendute in pacchetti didattici, destinate a consumatori pi o meno indigeni o ai loro discendenti. Su alcune di queste lingue come su molti saperi cosiddetti tradizionali o ancestrali si vuole porre un copyright: alcune lingue e molti saperi potranno avere un proprietario che ne autorizzi lapprendimento ovvero la riappropriazione! la inquietante questione delle International Auxiliary Languages. (Cfr. Elgin, S.H., The Language Imperative. Cambridge, MA: Perseus Books, 2000) Del resto, gi il British Council possiede i diritti del cosiddetto Basic English: An organization for promotion of English internationally the British Council bought and still holds the rights to Basic English, which is the major example of a modified existing language proposed as an IAL. (Elgin 2000) Vi dunque un riconoscimento dellAltro ma esclusivamente in rapporto a una sola dimensione sociale e esistenziale, ovvero nella sua dimensione di consumatore: consumatore, per lappunto, di lingue, compresa la lingua dei suoi antenati. Quando la persona ha appreso questa grammatica, la 254

Identit e identit protocollari Le rappresentazioni e auto-rappresentazioni in questione, normative de facto e/o de jure, contribuiscono alla fondazione di identit in modo attivo, in sintonia con il processo di trasformazione continua di societ, istituzioni e personae: le identit sono espressione della transizione. Dunque, le identit sono 1. in divenire, 2. plurime e molteplici, 3. situazionali, 4. negoziate e contrattate. Rileviamo infine che lo stesso processo di negoziazione e contrattazione esso stesso fondazione di identit. Riferendomi ai concetti di protocollo e di performance mi soffermo ora su una particolare forma di identit che ho chiamato identit protocollare:31 unidentit che disconosce la transizione e si pone a eterno presente, il tempo dellutopia. Che intendere per protocollo? Il protocollo era la prima pagina incollata a un manoscritto; il primo foglio di uno strumento legale che veniva incollato allo scapus (chartarum), il cilindro intorno al quale si arrotolava il documento. Il protocollo indica un foglio, il primo foglio, sul quale si incollano tutti gli altri fogli a seguire. Questo foglio determina ci che segue, in modo che non si discosti da esso, senza permettere autonoma possibilit di cambiamento di direzione: su quel foglio si incollano tutti i successivi. A partire dai Bizantini, il termine ha trovato largo impiego nel linguaggio giuridico e poi in quello amministrativo. Che intendere per performare, anzich essere agiti? Performare verbo latino, seppure di raro uso: per-formo, are sta a indicare il dare forma, il conformare, per esempio, ad malum (Tertulliano). La preposizione per fornisce difatti ai verbi lidea di compimento e di durata; lidea di passaggio attraverso; mentre il verbo formo, are significa dare forma, ordinare, regolare, istruire, creare, fare, mettere sulla scena, presentare (di poeti comici), delineare personam novam, per esempio (Orazio). Performare un dar forma e presentare in modo continuato e creativo. E questo non certamente proprio dellessere agiti di un pupazzo o di una marionetta. Il protocollo invita dunque coattivamente la persona a una recita prefissata; come tale, si pone agli antipodi della performance. Le identit protocollari, dunque, interessano sia la rappresentazione che lauto-rappresentazione e producono la fissazione e fossilizzazione della persona, ovvero la subordinata dipendenza dalle istituzioni della modernit e la limitazione dellattore sociale a un solo ruolo, oggettuale, che diviene di fatto coattivo, potenzialmente mercificato. Alla persona il cambiamento sociale e culturale viene cos reso arduo, talvolta impedito, pi spesso negato: la persona ma anche la
grammatica dei suoi presunti antenati, allora in effetti allinterno di una lingua nuova che fa parte del nuovo linguaggio globale, un linguaggio che costituisce a sua volta uno specifico ordine che fa parte del pi ampio ordine costituito dai mercati finanziari. Tranne le multinazionali nessuno pi proprietario di nulla: espropriato della propria lingua, per riappropriarsene il consumatore deve acquistarla. 31 Cfr. Palmisano 2010a, pp. 207-222. 255

comunit viene a essere agita, ovvero concepita come una marionetta, anzich essere riconosciuta in quanto attore sociale incessantemente impegnato a performare ruoli originalmente interpretati e re-interpretati. Le identit protocollari rientrano nei processi di mercificazione della persona, e li agevolano contribuendo vistosamente allaffermazione del monoruolo del consumatore. Lutopia della societ perfetta, more geometrico, a alta prevedibilit, cos realizzata nella dissoluzione di ogni ambiguit e complessit: nulla pi complesso della vita pi semplice, nulla pi semplice di un meccanismo matematico per quanto complicato possa essere.

4. Una nuova antropologia Analisi dellesser-ci Il Da-sein, lesser-ci dellantropologo la sua etnografia, la sua etnologia , che presuppone una sufficiente analitica del Dasein,32 ha una dimensione contingente, che di fatto genera incessantemente la stessa analitica. Lantropologo sul terreno esperisce e co-costruisce ecco In-sein e Mit-sein il mondo post-globale, il mondo nel quale les grands rcits33 sono nascosti.34 La sua antropologia dialogica, la sua antropologia il suo modo di vivere. Ha esperienza di un mondo in cui e per il quale continuiamo a performare les grands rcits. E questo significa: lordine del mondo si configura come ordine dei mercati finanziari (stock markets e Kapitalmarkt). Viviamo nella cosa e nella merce, sforzandoci di non essere la cosa e la merce; tutti, ricercatori e non: in questa epoca non vi lAltro, ovvero nessuno lAltro. Pensare diversamente Negli anni 70 e 80 gli antropologi berlinesi si confrontano, direttamente e indirettamente, con il misticismo di Taubes ein interpretierender Philosoph, im besten Sinn, der letzte expressionistische, vom revolutionren Geist der Vernderung getriebene Denker des deutschen Judentums.35 Taubes aveva elaborato, in contrapposizione a Carl Schmitt, una teologia politica paolina,

32 33

Cfr. Heidegger (1927) 2006, Par. 9. Cfr. Lyotard 1979. 34 Palmisano 2006. 35 Cfr. la recensione di Martin Treml, in Falter, Wien, 41/2001, 10.10.2001, pg. 25, a Goodman-Thau, Eveline; Macho, Thomas; Faber, Richard (Hrsg.) Abendlndische Eschatologie. Ad Jacob Taubes. Wrzburg: Knigshausen & Neumann, 2001. 256

die ebenfalls das Volk als Bndnispartner Gottes sieht und die Herrschaft in einer Theologie der Gemeinschaft begrndet.36 Si tratta del patto fra Dio e il suo popolo, un patto che radica il dominium in una teologia della comunit.37 Per Taubes, poi: Das jdische Knigtum hingegen grndet in den Gedanken, dass die gesamte Nation im Knig ist, physisch wie moralisch.38 La questione relativa alle societ centralizzate, dunque, sempre pi spesso iper-gerarchizzate, e alle societ acefale poteva essere riportata criticamente a un riesame in chiave antropologica e del tutto biblico: profeti, Messia, trib e popoli, eletti o meno che fossero, rientravano tutti finalmente nel mondo del nostro Dasein e potevano essere interpretati antropologicamente proprio in vista di una pi profonda comprensione del nostro essere-nel-mondo, del nostro hic et nunc. Ora, il pensiero di Taubes Erzjude, Pauliner, Judenchrist 39 si sviluppato in antinomie, come da lui stesso sottolineato. Innanzitutto, nella antinomia tempo messianico/tempo apocalittico. E con Taubes (e Carl Schmitt) abbiamo condiviso come antropologi di formazione berlinese la convinzione apocalittica che la fine escatologica della storia offra o possa offrire una chance a una nuova praxis politica. Taubes tuttavia aveva sottolineato il significato di Israele per la storia del mondo e solo di Israele come inizio assiologico della escatologia occidentale, come inizio di un pensare diversamente la storia delluomo. Ma la riflessione della antropologia berlinese di quegli anni invita a pensare che questo significato per la storia del mondo potrebbe e dovrebbe essere attribuito a, essere reclamato da, ogni societ tribale e non solo attribuito a, reclamato da, Israele (come era invece stato per Nietzsche, Weber e lo stesso Taubes), una volta che queste societ siano liberate, o possano essere liberate, dalla rispettiva imaginre Ethnographie. Proprio il concetto di etnografia immaginaria il riconoscimento dunque della costruzione dellAltro come un s in forma inversa e speculare , cos come compiutamente elaborato da Fritz Kramer, aveva aperto le porte a una particolare

36

Cfr. Raulff 1993. V. in questo contesto il concetto di das Volk; v. anche il concetto di der Knig, e il parallelo Knig/Fhrer. Relativamente al rapporto Staat vs. Volk, cfr. la relazione nel totalitarismo fra Volksideologie e die Rezeption des Begriffes Einfhlung. 37 Taubes stato uno straordinario studioso dellebraismo e un interprete rivoluzionario della figura e del pensiero di San Paolo. appunto San Paolo a evidenziare limportanza della communio sul terreno ecclesiologico (1 Cor. 10). Per una trattazione di questo tema nellambito della teologia cristiana, v. Antonio Russo, Chiesa cattolica. Essenza, realt, missione. A proposito della summa ecclesiologica di Walter Kasper, in Studium, 2013 (in corso di stampa): 38 Cfr. Raulff 1995, p. 289; ma cfr. proprio anche Taubes, Jacob Die politische Theologie des Paulus. Mnchen, 1993. 39 Cfr. soprattutto la voce Jacob Taubes, in Metzler Lexikon jdischer Philosophen, Stuttgart 2003, pp. 445-447. 257

comprensione del rapporto fra rappresentazione e auto-rappresentazione e dunque del processo di costruzione delloggetto e di legittimazione: Die Ethnographie des 19. Jahrhunderts entwirft im Hinblick auf die eigene Kultur die fremde als verkehrte Welt: Das Kastensystem des Orients korrespondiert mit der brgerlichen Gesellschaft in der Zeit der Restauration, wie zuvor die Orientalische Despotie ein Moment der Kritik oder Rechtfertigung des Absolutismus gewesen war; weitere Korrespondenzen sind diskursives und symbolisches Denken, Urhorde und Individuation, Promiskuitt und Monogamie, Mutterrecht und Patriarchat. Als Darstellung der fremden Kultur spricht sich aus, was in der brgerlichen tabuisierte Wahrheit ist. Mythos und Positivismus, Prostitution und Kleinfamilie; Protestantismus: Idealisierung der Mutter und Dmonisierung von Weib und Masse das Tabu ist eine Erfindung des 19. Jahrhunderts und bezeichnet sehr genau das, was die Ethnographie als Urgesellschaft und Orient ausgegrenzt hat. Das Fremde, als das man das Archaische vorstellte, hatte den traumhaftunwirklichen, den geheimnisvollen Charakter, der die Kunst des Symbolismus kennzeichnet; und das heit: Sein Reiz bestand in der Ahnung eines unausschpflichen Selbstverstehens. Deshalb mochte ich dies die imaginre Ethnographie nennen.40 A partire dallaffrancamento dalletnografia immaginaria, ogni societ tribale pu infine reclamare legittimamente un significato per la storia del mondo, come inizio assiologico della escatologia occidentale, e rivendicare di essere in grado eine neue Perspektive der Erlsung von dieser Welt aufrechterhalten.41 Lutopia in quanto luogo di insediamento dellAltro viene cos finalmente a essere disarmata e dissolta. Ogni societ (tribale), proprio nella sua specifica identit, rivendica di essere ora Ort der Revolution, e diviene tale per gli antropologi berlinesi. Questo stesso cambiamento nel modo di pensare per me il riflesso di una antropologia interpretata come forma di vita, Lebensform, e stile di vita, Lebensstil, ovvero come una continua e ripetuta praxis della Weltablehnung (rifiuto o rinuncia), una abdicatio omnis juris et
40

Letnografia del XIX secolo definisce in rapporto alla propria cultura la cultura Altra come mondo alla rovescia. Il sistema a caste dellOriente corrisponde alla societ borghese del tempo della Restaurazione, proprio come il dispotismo orientale era stato un momento della critica o della legittimazione dellAssolutismo. Altre corrispondenze si stabiliscono fra pensiero discorsivo e pensiero simbolico, orda primitiva e individualit, promiscuit e monogamia, matriarcato e patriarcato. Nella rappresentazione della cultura Altra si esprime quanto tabuizzata verit nella cultura borghese. Mito e positivismo, prostituzione e famigliola; protestantesimo: idealizzazione della madre e demonizzazione di femmina e massa il tab una trovata del XIX secolo e mostra esattamente quanto letnografia ha liquidato come societ primitiva e Oriente. Lo Altro, in quanto ci che si immaginava come larcaico, aveva lonirico-irreale, misterioso carattere contrassegnato dallarte del simbolismo; e ci significa: la sua seduzione consisteva nel sospetto di una inesauribile ovvia autoevidenza. Per questo vorrei chiamare tutto ci etnografia immaginaria. (Mia traduzione) Kramer 1977:7-8. 41 Cfr. Jacob Taubes Ad Carl Schmitt. Gegenstrebige Fgung. Berlin: Merve Verlag, 1987. 258

dominii come actus interior e spesso anche fattuale atto di povert. (In particolare, quando il mondo il Da-sein il colonizzato Lebenswelt.) Si tratta dunque implicitamente e espressamente di un rifiuto inequivocabile: lormai attuata utopia borghese di un mondo more geometrico dominato dalla tekhne e dalla ragione cartesiana, votato a uno sviluppo senza fine, indiscutibile, in un tempo di solo presente, non avendo il passato pi nulla da offrire se non testimonianze di critica del presente e non avendo il futuro pi alcuna funzione, perch ormai raggiunto e realizzato, stata disvelata e rigettata. Per molti antropologi inizia allora la prassi dellesilio come scelta consapevole dellessere-nel-mondo. Il rifiuto era ed in s antiutopico e apocalittico, intenzionato a testimoniare la possibilit di un pensiero alternativo, di apertura al mondo: quel rifiuto era ed prodromo di Offenbarung. Del resto, a proposito delle riflessioni di Kant in Die Religion innerhalb der Grenzen der bloen Vernunft, 1793, cos aveva scritto Taubes anni prima: Der moralische Fortschritt grndet nicht in der Besserung der Sitten, sondern in der Umwandlung der Denkungsart; und hier mu angefangen werden, ob man zwar gewhnlicherweise anders verfhrt und etwa vom gesellschaftlichen Unterbau die Revolution beginnen lsst. Da die Revolution stattfinden kann, wird durch das gttliche Fnklein im Seelengrund ermglicht, welches das radikal Bse nicht zerstren kann.42 Lebensform und Lebensstil, ovvero come trovarsi ber die Linie, oppure procedere ber die Linie,43 aprono lantropologo alla pienezza dellesser-ci; in altri termini, per lantropologo vale la seguente riflessione: Ort der Revolution ist das Feld, Praxis der Revolution ist die Feldforschung. Accelerare lapocalisse? Era la fine dellantropologia intesa come katekhon, ovvero come una forza che respinge o rinvia lapocalisse. E quando finalmente intendiamo facilitare lapocalisse, dunque la Offenbarung, allora bene che lantropologia atlantica, semplice e prono riconoscimento del dominio della tekhne, giunga alla fine.44 E la ricerca sul terreno a lungo termine, davvero a lungo termine, venga finalmente stabilita come modo di vita.45 A proposito di rivelazione: per Taubes esiste il Messia, e il Messia significa la possibilit di pensare il potere in termini di democrazia dal basso.46 Ecco dunque lalternativa politica al mondo in procinto di soffocare nel sangue e nella follia.
42 43

Cfr. Taubes 2007:193 (1947:186). Cfr. Jnger 1950. 44 Palmisano 2011. 45 Questo stato il nostro aoiketos, (Taubes) in ci che die Wste nella societ post-globale. 259

A proposito di ricerca sul terreno a lungo termine: lantropologia non-atlantica (e lallontanarsi dallo imperium atlantico seguire il Messia) lantenato apicale in quella genealogia del pensiero di resistenza allordine dato delle cose che Taubes mirava a ricostruire. Del resto tutti sapevamo e sappiamo che quellordine non dato ma viene dato giornalmente, e per di pi richiede di essere preso, o rifiutato, secondo determinati modelli.47 Se la parola del nabi, lannunciatore, sempre indirizzata a persone determinate, in una situazione determinata, su determinate (specifiche) indicazioni di Dio, e ogni cosa pronunciata riguardo al futuro prende forma di aut-aut a partire dalla specifica e determinata situazione in questione; se, appunto per Martin Buber,48 il profeta annunciatore di un destino latente muovendo dalla dinamica alternativa dellora presente e sempre riferendosi a essa, allora per Taubes, nellesaltazione della visione lapocalittico luomo del proprio tempo sinnalza oltre il tempo, oltre la situazione, in una visione che tutto rende possibile, anche la rivoluzione, anche e soprattutto limpensabile, muovendo infine e se stesso e luomo oltre ogni formulazione in termini di aut-aut, di pensiero binario. Diversamente da Buber, per il quale la profezia era apertura dellavvenire e libert dellindividuo, sempre sulla base della determinatezza di specifiche situazioni, mentre apocalisse futuro predeterminato, Taubes, sviluppando un modello messianico in tre tappe profezia, apocalisse, gnosi ,49 aveva difeso la tradizione apocalittica come visione messianica della storia, e con ci come avvenire inimmaginabile e pienamente possibile dellumanit. Se le utopie sono le possenti e passate immagini di un futuro da raggiungere, e oggi raggiunto, in quanto tali manifestatesi in un presente che apocalisse, come antropologi che hanno considerato il rifiuto del more geometrico e dello imperium della res extensa, riflettendo sul legittimo reclamo da parte di ogni societ di rappresentare un significato per la storia del mondo come inizio assiologico della escatologia tout court, sappiamo che questa apocalisse non pu comunque impedire alluomo lesercizio della voluntas e il conseguimento del dominium sui e del dominium rerum, ovvero il primato sulla cosa, trascendendola: impensabilit, inimmaginabilit e possibilit piena dellavvenire delluomo.

46

Il Messia: lAnnunziato, lAtteso. Nellinterpretazione davidica luomo dellAvvento, allinterno della storia stessa; nella concezione post-esilica, il Messia il Nascosto presso Dio, il Figlio dellUomo direttamente e ex novo inviato da Dio. 47 Cfr. Von Foerster 1973:35-46. 48 Buber 1964, pag. 5. 49 Per una introduzione in lingua italiana al pensiero di Taubes, v. Stimilli 2004. 260

Uomo e mondo Del resto, questo narrava Fra Gaspare da Petrignano oltre otto secoli fa: Ieri Francesco ha detto a un contadino: Non coltivare tutto il tuo terreno. Lasciane un po' alle erbacce, cos vedrai spuntare anche i fratelli fiori.... Il dominium sui e il dominium rerum, la abdicatio omnis iuris et dominii, come pure la paupertas, ovvero la fraternitas e la communitas, si esplicano in un atto damore, nella coniugazione di caritas e volont: luomo ama e vuole, e in ci trova la perfetta indipendenza dalle contingenze dellesser-ci pur vivendole in pienezza. Fuori da ogni utopia.

261

Bibliografia San Bonaventura - Apologia pauperum contra calumniatorem. Opera Omnia, t. VIII. Ad Claras Aquas: Typographia Collegii S. Bonaventurae, 1898 Broekman, Jan M. - A Philosophy of European Union Law. Paris/Leuven: Peeters, 1999 - The Virtual in E-education. Xlibris Corporation, 2004 Buber, Martin - Der Glaube der Propheten. In Werke II: Schriften zur Bibel. Mnchen: Verlag Lambert Schneider, 1964 Von Foerster, Heinz - On Constructing a Reality, in Environmental Design Research, Preiser, W.F.E. (ed.), vol.2. Stroudsburg: Dowden, Hutchinson & Ross, 1973:35-46 Grossi, Paolo - Usus facti. La nozione di propriet nella inaugurazione dellet nuova, in Quaderni fiorentini, 1972:287-355 Habermas, Jrgen - Theorie des kommunikativen Handels. Band I: Handlungsrationalitt und gesellschaftliche Rationalisierung. Band II: Zur Kritik der funktionalistischen Vernunft. Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1981 - Moralbewutsein und kommunikatives Handeln. Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1983 - Vorstudien und Ergnzungen zur Theorie des kommunikativen Handels. Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1984 Heidegger, Martin - Sein und Zeit. Tbingen: Max Niemeyer Verlag, (1927) 2006 - Was ist Metaphysik?. Bonn: Friedrich Cohen Verlag, 1930 - Vortrge und Aufstze. Pfullingen: Neske, 1954 Jnger, Ernst - ber die Linie. Frankfurt: Vittorio Klostermann, 1950 Kramer, Fritz - Verkehrte Welten. Zur imaginren Ethnographie des 19th Jahrhunderts. Frankfurt am Main: Syndicat Verlag, 1977

262

Legendre, Pierre - Jouir du pouvoir: trait de la bureaucratie patriote. Paris: Les ditions de Minuit, 1976 Lwith, Karl - Das Individuum in der Rolle des Mitmenschen. Darmstadt: Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1928 Lyotard, Jean Franois - La condition postmoderne: rapport sur le savoir. Paris: Les ditions de Minuit, 1979. Marx, Karl und Engels, Friedrich - Marx-Engels-Werke (MEW) (Blaue Bnde), 43 Bnde 1956-1990. Berlin (Ost): Institut fr Marxismus-Leninismus beim ZK der SED (Bde. 1-42) und Berlin: Institut fr Geschichte der Arbeiterbewegung (Bd. 43), Dietz Verlag Olivi, Pietro di Giovanni - Quaestiones in secundum Librum Sententiarum. Voll. 3. Ad Claras Aquas: Typographia Collegii S. Bonaventurae, 1922-1926 Palmisano Antonio L. - Mito e Societ. Analisi della mitologia dei Lotuho del Sudan . Milano: Franco Angeli, 1989 - Tractatus ludicus. Antropologia dei fondamenti dellOccidente giuridico. CNR, Istituto di Studi Giuridici Internazionali. Monografie 6. Napoli: Editoriale Scientifica, 2006 - Le societ indigene nellepoca delle identit protocollari, in Identit delle Comunit Indigene del Centro America, Messico e Caraibi: aspetti culturali e antropologici. Palmisano, A.L. (a cura di). Quaderni IILA, Serie economica n. 38. Roma: IILA, 2010a:207-222 - Virtualit versus backstage, Atti XIV Convegno Internazionale Interdisciplinare IPSAPA Il Backstage del mosaico paesistico-culturale: Invisibile, Inaccessibile, Inesistente, Gorizia, 24-25 Settembre 2009, in Architettura del Paesaggio (DVD allegato), n. 22, gennaio/giugno. Milano: Paysage Editore, 2010b:628-637 - Anthropology in the post-Euclidean State, or from textual to oral anthropology, in DADA Rivista di Antropologia post-globale, www.dadarivista.com, n. 1 Dicembre 2011 (Rivista fondata e diretta da Antonio L. Palmisano), 2011:25-44 - Political anthropology and social order, in DADA Rivista di Antropologia postglobale, www.dadarivista.com, n. 1 Giugno 2012 (Rivista fondata e diretta da Antonio L. Palmisano), 2012:47-60 Peckham, Giovanni - Tractatus tres de paupertate. Academic Press, 1910
263

Platone - Leggi, X 899d-905d - Menone, 101 Raulff, Ulrich - Ein Historiker in 20. Jahrhundert: Marc Bloch. Frankfurt am Main: S. Fischer, 1995 Schtz, Alfred - Der sinnhafte Aufbau der sozialen Welt. Eine Einleitung in die verstehende Soziologie. Frankfurt am Main: Suhrkamp, (1932) 1981 - Theorie der Lebensformen. Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1981 - Das Problem der Relevanz. Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1982 Sigrist, Christian - Regulierte Anarchie: Untersuchungen zum Fehlen und zur Entstehung politischer Herrschaft in segmentren Gesellschaften Afrikas. Frankfurt am Main: Syndikat Verlag, 1979; (Olten: Walter Verlag AG, 1967) Sofsky, Wolfgang - Traktat ber die Gewalt. Frankfurt am Main: Fischer Verlag, (1996) 2001 Steiner, George - After Babel: Aspects of Language and Translation. Oxford: Oxford University Press, (1975) 1992 Stimilli, Elettra - Jacob Taubes. Brescia: Morcelliana, 2004 Taubes, Jacob - Abendlndische Eschatologie. Berlin: Matthes & Seitz, (Bern, 1947) 2007 - Ad Carl Schmitt. Gegenstrebige Fgung. Berlin: Merve Verlag, 1987 - Die politische Theologie des Paulus. Vortrge gehalten an der Forschungssttte der evangelischen Studiengemeinschaft in Heidelberg, 23-27 Februar 1987. Herausgegeben von Aleida und Jan Asman. Mnchen: Wilhelm Fink Verlag, 1993 Thomas, W.I. and Thomas, D.S. - The child in America: Behavior problems and programs. New York: Knopf, 1928 Weber, Max - Wirtschaft und Gesellschaft. Tbingen: J.C.B. Mohr, (1922) 1980

264

Dimensione spaziale dellutopia


Livio C. Piccinini, Ting Fa Margherita Chang, Mario Taverna Abstract
This paper is dedicated to the spatial dimension of utopia. We are not going to discuss urban planning and utopia since it has already been thoroughly studied by architects and planners, and investigated from the beginning by many utopians in their descriptions of perfect small worlds. We will rather explore the abstract spatial forms of utopia and their dystopias. By dystopia we do not only mean the extreme consequences of mistakes in human trends which lead to unnatural or undesirable worlds, but also the conflicts between different utopias or between utopia and the real world. Some spatial considerations will be made in the first section in order to overcome the long lasting dystopia between town and country; at present, as it was pointed out by Gottman in his celebrated Megalopolis, fusion, mixture, dissolution of boundaries are the new rule. The second and third sections deal with two opposed forms of spatial utopia, namely order as separation, seclusion, distinct overlapping layers, and totality as access, polymorphism, holism. The dream of totality often leads to the lack of roots and identity, to a large grey zone where every person becomes interchangeable, while the dream of order leads to the loss of the global view in the meanders of minutiae. Section four is dedicated to the physical and mathematical utopia of dimension change, to the jump from one to two dimensions and, most appealing, from two to three dimensions. But utopia is also the long known problem of fractional dimensions that in these last years have been made popular by Mandelbrots fractals. Finally the last section deals with nets, both material and immaterial, where the limits of dimension can be overcome, and total knowledge seems to be reachable. But new problems arise, since no hierarchy survives and structures are in continuous, chaotic transition through a sequence of disequilibria. As Calvino taught us in his unforgettable book Le citt invisibili, the utopia of total knowledge and total order contains in its hidden depths the chance of new forms of freedom.

Introduzione Dedichiamo questa nota alla dimensione spaziale dellutopia. Non ci occuperemo dunque degli aspetti sociali, legali, politici che tanto spesso caratterizzano le diverse forme di utopia. Va detto che le varie Citt del sole, Utopia, Nuova Atlantide hanno spesso anche una connotazione urbana che in qualche misura si collega alla loro innovazione socio-politica. Non ci occuperemo di questo aspetto che oggi divenuto un terreno ampiamente studiato dagli urbanisti. Si pu per osservare che le utopie spaziali spesso riguardano piccoli nuclei territoriali, anche se poi lestensione politica viene ampliata a stati vastissimi (e solitamente dominati dai sapienti che risiedono nel cuore del paesaggio utopico). Per questo motivo la nostra esemplificazione spaziale sar prevalentemente legata alla citt. Seguendo McLeod e Ward riprendiamo da Friedman ([FR], pag. 462) due definizioni sullutopia e sulla distopia urbane:
265

utopian thinking: the capacity to imagine a future that departs significantly from what we know to be a general condition of the present. In the peculiar form of dystopias, utopian thinking may alert us to certain tendencies in the present, which , if allowed to continue unchecked and carried to a logical extreme, would result in a world we would find abhorrent.

Premesse necessarie allanalisi dellutopia spaziale sono lo studio e la percezione dello spazio. Per questo occorre tra laltro liberarsi dalla distopia urbano-rurale, in quanto le risorse su cui si agisce sono comunque coesistenti e interrelate. A questo aspetto dedicata una breve sintesi nella prima sezione. Una delle principali forme di utopia nasce dal concetto di ordine come separazione, e la separazione pu essere fatta di confini territoriali e socio-culturali, ma anche di layers diversi, come avviene oggi nella cartografia tematica. La seconda sezione dedicata alle utopie e alle distopie che nascono dalla separazione e dai problemi di entropia che ne seguono. Allaltro estremo stanno le utopie inclusive e olistiche, in cui si cerca di giungere alla fusione, si spera armonica, di tutte le componenti. Rischi di eclettismo, di enciclopedismo, di museificazione si alternano con la perdita delle caratteristiche e delle radici degli individui e delle loro istituzioni. Il rischio ben noto quello evidenziato da Gottman nel suo celebre saggio Megalopolis ([GOT]), dove il Nordest degli Stati Uniti assunto a paradigma della perdita di connotazione urbano-rurale di un territorio immenso. La terza sezione dedicata ai casi realizzati o tendenziali di distopie da totalit. Nella quarta sezione passeremo alla considerazione di aspetti utopici, per lo pi non realizzati, legati al cambio nel numero di dimensioni: dalla dimensione lineare alla bidimensionalit, e poi il vecchio sogno del passaggio dalla bidimensionalit alla tridimensionalit, che tanto affascin Leonardo. Vale anche la pena di accennare ai cambiamenti di dimensione che, pur non essendo completi, arricchiscono la dimensione di partenza: esistono infatti le dimensioni frazionarie, che sono state molto usate da Mandelbrot nella teoria dei frattali. La quinta sezione si libera dai vincoli dimensionali e tocca sia le reti fisiche che le reti concettuali. Le reti fisiche hanno permesso di tradurre in realt molte utopie del passato, anche se a volte ci appaiono invasive. Le reti concettuali, come tutte le reti immateriali, permettono di organizzare e di percepire il mondo sotto altri aspetti, spesso eterologhi, come non sarebbe possibile materialmente. Importanti sono le tecniche per lesplorazione delle reti, sia materiali che immateriali, ed esse rispondono a diversi modelli della psicologia della percezione1. Per lutopia nello spazio urbano ci richiameremo spesso da un lato alla bella sintesi di McLeod e Ward [LW], ricca di riferimenti ai grandi utopisti e ai loro analisti moderni, e dallaltro al fondamento culturale e poetico che Calvino ci ha lasciato con Le citt invisibili [CA72], da cui trarremo esempi di utopia e di distopia di particolare icasticit. Lo stesso Calvino, nella terza lezione americana ([CA88]), dedicata allesattezza, afferma
1

Si vedano gli autori in [PCa]. 266

Il mio libro in cui credo di aver detto pi cose resta Le citt invisibili, perch ho potuto concentrare su un unico simbolo tutte le mie riflessioni, le mie esperienze, le mie congetture; e perch ho costruito una struttura sfaccettata in cui ogni breve testo sta vicino agli altriin una rete entro la quale si possono tracciare molteplici percorsi e ricavare conclusioni plurime e ramificate.

Nella utopica esattezza linguistica e descrittiva si annidano gli schemi astratti della rete con i suoi percorsi non prevedibili. Utopia dunque libert, nonostante le rigide prescrizioni sempre pi esatte e analitiche? Spazio e spazialit Lo spazio, nelle sue polivalenti caratterizzazioni, ha costituito e costituisce un riferimento importante non solo per gli studiosi, ma anche per gli agenti (a livello pi o meno elevato) del mondo produttivo pubblico, privato e professionale. Il geologo, il geografo, lurbanista, leconomista, il topografo, il sociologo, il medico, larchitetto, il politico, lingegnere, lagronomo, lo scrittore etc. (citiamo a caso, ma lesemplificazione potrebbe continuare) si debbono confrontare con una realt da studiare, da utilizzare e da cambiare la cui collocazione spazialmente determinata. La conoscenza di tale realt perci cruciale in ogni epoca per rapportarsi consapevolmente a essa2. La scienza non sola provvede alla creazione del sapere e la scuola non sola alla diffusione e alla sua divulgazione. Nella creazione del sapere importante possedere le conoscenze di base relative alle dimensioni spaziali. Il mancato sviluppo delle conoscenze in questo campo costituisce un fattore limitativo della scienza stessa in quanto esse non sono sostituibili n surrogabili con altre di genere diverso. Lo spazio peraltro si presta a molti studi di tipo modellistico, e quindi in un certo senso teorici. Dalla teoria allutopia il passo breve, ma possedere il mezzo di ideare molteplici possibili utopie mette in grado anche di comprendere i rischi delle distopie, ossia delle degenerazioni dei fenomeni presenti o delle possibili pianificazioni rivolte verso un futuro non bene calibrato. Per analizzare i dati spaziali di base utile avvalersi di modelli esplicativi che consentano di : a) descrivere adeguatamente la realt; b) mettere a punto norme, precetti consigli che nel loro insieme possono svolgere la funzione normativa, tipica della politica dello spazio; c) effettuare delle previsioni o proiezioni su aspetti generali o specifici del suo divenire anche al fine di dar corso allanalisi dinamica dello spazio nelle sue interazioni con la dimensione temporale. Le discipline dello spazio sarebbero cos in grado di assolvere ai tre compiti principali della scienza: descrittivo, normativo e previsionale. Luomo interviene sullo spazio al fine di sviluppare il benessere economico e/o sociale e la qualit della vita nelle aree urbane, periurbane, rurali o boschive e anche
2

Questo aspetto stato posto in evidenza da Chang in [CH] in occasione del centenario della nascita del grande geografo Giovanni Marinelli.

267

non antropizzate. Per far ci, egli d luogo a varie azioni che potremmo distinguere in tre tipologie: 1) lutilizzazione che si estrinseca tra laltro in due forme che in parte si integrano, ma in gran parte appaiono dominate da un contrasto di fondo: - lo sfruttamento del territorio naturale e delle risorse presenti nello spazio terrestre sotterraneo, di superficie e aereo e, in futuro, in quello appartenente al resto del sistema solare (e qui forse siamo nellutopia fantascientifica) - la fruizione paesaggistica e ambientale a diversi livelli (escursionistica, sportiva, turistica, ricreativa etc.); 2) il mantenimento che comprende, oltre le normali opere di pulizia, di contenimento e di intervento sul sistema vegetativo nel suo svolgersi stagionale (dal verde urbano e rurale fino ai parchi), anche la tutela (nelle sue pi o meno vaste accezioni): la conservazione e il controllo del suolo, delle acque, dellaria e della biodiversit vegetale e animale; 3) lo sviluppo e linviluppo quali/quantitativo dello spazio realmente disponibile che non riguarda solo il costruito e lantropizzato, ma anche il territorio rurale, forestale e incolto. Possiamo ricordare varie forme: - dalla colonizzazione di nuove terre alla riforestazione di quelle degradate; - dai tentativi di rinaturalizzazione allabbandono vero e proprio; - dalla progettazione e pianificazione alla deregulation urbana, agro-ambientale e paesaggistica; - dallo smantellamento dei beni architettonici storici e di quelli relativi allarcheologia industriale e agricola alla scoperta, restauro e ristrutturazione dei medesimi ecc. Circa le motivazioni delle suddette forme di utilizzazione, di mantenimento e di sviluppo/inviluppo quanti/qualitativo dello spazio si possono annoverare quelle che fanno riferimento al concetto etico di preservazione dei beni comuni e collettivi a beneficio delle generazioni presenti e future, e qui in qualche misura ci troviamo nellutopia. Altre motivazioni sono invece quelle pi prettamente di consumo in senso lato dei beni riproducibili e non riproducibili da parte delle generazioni attuali. La distruzione di tali beni considerata necessaria per il mantenimento della vita delluomo sulla terra anche se in tal modo vengono soddisfatti anche bisogni in senso assoluto posticipabili, sebbene siano in senso relativo urgenti per i soggetti economici a certi livelli di reddito pro capite (non si vuole qui entrare nel merito delle polemiche relative allentit da attribuire al saggio sociale di sconto in confronto al tasso di interesse del mercato). Motivazioni dunque di interesse pubblico o privato il cui connotato positivo o negativo non esclusivamente attribuibile alluna o allaltra; talvolta motivazioni di per s nobili sono foriere di problemi per le generazioni future proprio come sta avvenendo oggi per effetto di scelte dei secoli precedenti (es. le bonifiche integrali ora considerate ecologicamente eccessive). Similmente motivazioni utopiche del passato sono giudicate oggi lungimiranti, come a es. alcune realizzazione urbanistiche ritenute troppo grandiose, rivalutate secoli dopo (es. limpianto della citt di Washington e laddizione erculea di Ferrara). Infine la politica dello spazio ha come obiettivo la modificazione della realt spaziale per volgerla a una sua migliore distribuzione, in base alla scala di valori prevalente
268

nel contesto sociale considerato (sovranazionale, nazionale, locale etc.). Essa si avvale dellelaborazione di norme, precetti, consigli, inclusi in documenti programmatici, piani, leggi e indicazioni di comportamento. Le parole che spesso vengono usate sono utopia e libro dei sogni, ma la realt per fortuna non sempre fa giustizia dei buoni propositi, anche se mitiga le utopie vuote di contenuti reali. Gli interventi o disposizioni possono avere effetto nel breve e/o nel lungo periodo e dare luogo quindi a fenomeni reversibili e irreversibili riguardo per es. alla distribuzione delle spazio superficiale e sotterraneo tra le attivit economiche, tra gli insediamenti urbani, periurbani e rurali e tra la restante parte non antropizzata (foreste, deserti etc.). Tutto ci avr anche influenza sulla distribuzione dello spazio aereo nella sua evoluzione temporale che potr non coincidere con quella dei due tipi precedenti. A tale proposito, va sottolineata la tendenza passata, ma purtroppo anche attuale, a considerare lo spazio aereo come una sorta di res nullius a disposizione di chiunque decida si sfruttarlo. Si pensi allinvasione dello spazio aereo da parte delle immissioni pi disparate, come ad es.: - il trasporto aereo a fini civili e militari; - la diffusione delle trasmissioni e comunicazioni radiotelevisive e telefoniche, delle reti informatiche (Internet in primis), di suoni e rumori; - lesplorazione visuale/strumentale del paesaggio terrestre, dellambiente e dei cieli; - linquinamento atmosferico nelle sue molteplici forme. La ragione della deregulation risiede nellidea, difficile da estirpare, che i beni immateriali, di cui lo spazio aereo fa parte, non siano appropriabili e che quindi non diano luogo a diritti tutelati adeguatamente dalla legge (propriet, usufrutto, uso, usucapione etc.) in contrapposizione a quelli materiali la cui tangibilit li rende fisicamente difendibili. Riguardo alla capacit di prevedere, le scienze dello spazio dovranno dar luogo allelaborazione di modelli di simulazioni dinamici che tengano conto anche delleffetto esogeno dellandamento della popolazione. Ci potr consentire di tracciare degli scenari spaziali in cui si tiene conto di una struttura in cui la quasi totalit delle attivit produttive rivolta allottenimento dei cosiddetti beni immateriali che caratterizzano il terziario. In una economia dei servizi (negli USA il 75% delloccupazione totale appunto nei Servizi) la dimensione spaziale perder anchessa una parte della connotazione materiale perch anche nella produzione sotterranea e di superficie prevarr giocoforza la componente servizi (immateriale e di relazione). In questo contesto, si deve intervenire per rifiutare lipotesi della inappropriabilit che darebbe luogo alla continuazione di una dannosa e miope deregulation auspice della formazione di squilibri persistenti. Si comprende allora la difficolt che la politica incontra nella ricerca di una posizione che, pur contrastando leccesso di liberismo, non favorisca per reazione leccesso opposto del controllo burocratico a oltranza. Anche qui ci troviamo dunque in presenza di due forme di utopia contrapposte, in cui il liberismo trova il classico contraltare nel sogno perverso dellorwelliano Grande Fratello ([OR]). Il nostro tema, legato allutopia, oscilla tra presente e futuro, per non possiamo tacere limportanza di quello studio storico che nel caso dellItalia degli ultimi due
269

millenni stato condotto con sublime sensibilit e competenza da Sereni, appoggiandosi a una splendida selezione di documentazione iconografica ([SE]). Lutopia della separazione Allinizio della rivelazione biblica, i primi atti della creazione furono atti di separazione: il cielo dalla terra, le acque dalle acque, la terra asciutta dal mare (Gen. 1,1-10). Lordine il presupposto non solo di ogni conoscenza ma di ogni attivit ( ripetuta la frase E vide che era cosa buona). Aggiungiamo anche la separazione tra uomo e animali, foriera di progresso ma anche di improvvida arroganza. I sapienti in tanti secoli hanno perseguito sempre il sogno della distinzione e della classificazione. Solo nelle epoche moderne con il calcolo delle probabilit e la statistica le certezze della scienza sono divenute pi problematiche, ma nel contempo le discipline pianificatorie sono divenute sempre pi dogmatiche e hanno cominciato a mirare allordine come fine anzich come mezzo funzionale. A questo proposito riprendiamo da [LW] la citazione di Sorkin [SO]
City planning has largely ceased its historical role as the integrator of communities in favor of managing selective development and enforcing distinction.

Certo, a lungo la citt presuppose un elemento di separazione, che spesso non fu dettato neppure da esigenze militari. Basti pensare ai riti di fondazione delle citt antiche (Romolo o Didone). Il culmine avvenne con la costruzione delle mura, con la distinzione tra dentro e fuori, che ben viene analizzata (De Seta in [DS]) nella sua funzione simbolica ancor prima che funzionale.3 Fino alla prima met del secolo scorso era possibile stabilire il confine della citt, magari definito da un cartello stradale, come nella celebre foto del militare americano davanti al cartello/simbolo di Roma. Se un tempo le enclaves protette erano i luoghi militari, oggi, grazie alle tecnologie moderne, si esteso il rito della identificazione e perquisizione automatica presso ogni obiettivo sensibile, banche, uffici pubblici, chiese. La tendenza ha trovato il suo naturale sviluppo creando le isole fortificate per le abitazioni, sia periurbane che urbane, anche se ci in realt non era mai scomparso, in quanto il sistema di portierato delle grandi citt fu sempre un simbolo di separazione e di ridotta accessibilit. I sistemi di sentinelle dal medioevo si prolungarono fino ai metodi delle associazioni criminali e dei quartieri non raccomandabili se privi di un opportuno salvacondotto. Il fenomeno oggi pi esteso e pi ufficiale, pi politically correct di quanto potesse esserlo anni addietro, mentre altri tipi di attivit oggi sono diventati interdetti o comunque non politically correct, almeno in certe nazioni e sotto certi tipi di integralismo religioso.

Ai tempi di Dante il fenomeno era in pieno sviluppo e trova pi volte riscontro nella Commedia, prima la citt di Dite (inf. VIII, 67-78), poi Malebolge (Inf. XVIII, 1-18), poi il paragone con Monteriggioni (Inf. XXXI, 40-42) [DA]. 270

Questi casi ci portano a ricordare la distopia che nasce dalla legge della persona in quanto contrapposta alla legge del paese o comunque di un altro sistema di valori e di prescrizioni. Qui infatti si pone il problema della scelta, non basta pi rispettare fedelmente la propria legge: necessario seguire il pi restrittivo dei codici ovvero si cade nellimpossibilit di ottemperare. Jacopo Barsotti da grande algebrista e logico, nonch vigoroso polemista, pose il seguente problema: un cittadino italiano deve ottemperare alle leggi dellItalia anche quando allestero, il codice stradale una legge dello Stato, il codice stradale impone di tenere la destra: pertanto egli, in base a queste regole, tornato in Italia, si costituito ai carabinieri perch in Inghilterra aveva guidato a sinistra! Un caso di separazione drastica dato dalla creazione delle cosiddette edge cities, che
have been heralded as a new Eden for the post-industrial metropolitan landscape (Garreau, [GA]), although such proclamations are conspicuously silent on the cornucopia of social and environmental ills often lying adjacent to these hubs of the informational age. (da [LK]).

Ricordiamo al lettore che le edge cities prevedono una vasta estensione di uffici (in genere ipertecnologici) uniti al tessuto delle abitazioni (gradevoli e domotiche) e al tessuto commerciale (funzionale ed elegante), pertanto rappresentano vere citt con tutte le loro funzioni e con i loro abitanti. Tuttavia non chiaro dove risiedono coloro che devono provvedere alle funzioni inferiori al livello per cui la citt pensata, a cominciare dai servizi alla persona. possibile che vi sia un pendolarismo di pi o meno lunga gittata, ovvero vi una citt parallela, ma discosta e confinata altrove? Il mondo oramai ricco di edge cities, anche se in Italia il fenomeno non appare cos pronunciato, in quanto le varie funzioni supertecnologiche sembrano esistere solo separatamente in centri direzionali asettici, in centri residenziali ameni ma lontani dal luogo di lavoro, in outlet e centri commerciali staccati dagli uffici e dalle abitazioni. Per certi aspetti lEUR a Roma viene ad assumere le caratteristiche di una edge city, ma probabilmente risulta meno dissociata di quelle che esistono in altri paesi. La stessa usanza del campus universitario in Italia poco attiva, in quanto anche dove realizzato gli studenti non sono la totalit, e comunque i docenti tendono a non abitarvi in permanenza, con il ch segue che le funzioni di base sono incomplete (forse solo Urbino e Camerino raggiungono un certo livello di equilibrio). Le citt turistiche spesso presentano alcune caratteristiche di dissociazione, ma di rado si arriva alla dualit di Cancun dove la citt dei lavoratori sulla terraferma mentre la citt del turismo sulle barene costiere separata dalle ampie lagune. Lordine ha un costo, ed esso tanto pi elevato quanto pi la classificazione spinta alle estreme conseguenze. Questo rientra nella legge dellaumento dellentropia: lentropia rappresenta il disordine (o la casualit). Per creare lordine in una parte delluniverso necessario creare un disordine maggiore da qualche altra parte (magari sotto forma di consumo di energia). Un tipico fenomeno utopico quello delle auto elettriche, che inquinano di meno nella citt dove sono in uso, ma spostano il problema nel luogo dove lenergia viene prodotta e nelle perdite dovute al trasporto. Abbiamo anche appena visto che la divisione dei compiti tra le citt comporta un costo di pendolarismo che spesso supera i limiti della convenienza
271

economica e del benessere sociale. In proposito per una analisi delle funzioni e dei loro costi nella fascia urbana dellItalia prealpina si veda anche il lavoro degli autori in collaborazione con Pupillo [PPC], dove evidenziato come gli impatti delle nuove urbanizzazioni hanno portato da un lato alla ricerca di nuovi stili di vita ma dallaltro allaumento della richiesta di mobilit. La distopia nasce spesso dalla sovrapposizione o dalla giustapposizione di sistemi territoriali diversi. Tipica la espansione moderna adiacente alla citt antica o murata. In certi casi la fascia di transizione del tutto assente, come possiamo rilevare a Bari, a Trieste, a Tunisi, o anche nel caso di citt di fondazione come Avola4. Casi dove il fenomeno non cos evidente o addirittura scompare sono dati dalle fortificazioni rinascimentali e moderne, in quanto lo spazio di rispetto talmente ampio da creare una buona fascia di transizione (ad esempio Lucca, Padova, Montagnana, Palmanova). Dove la fascia poi fu troppo ampia vi fu un riuso totale ed eterocrono come a Vienna, con lanello dei Ring, che risulta pi moderno (e altisonante, a detta di Sitte) sia rispetto al centro storico, e ci sarebbe normale, sia anche rispetto alla prima fascia dei quartieri esterni, che sono antecedenti5. Interessante anche il caso di sventramenti lineari, che hanno lasciato i margini adiacenti a rinsaldarsi, ma il tessuto urbano a livello di singoli edifici mantiene limpronta originaria, come avviene nel rettifilo di Napoli6. Casi meno evidenti alla piccola scala, ma significativi a livello territoriale si verificano nelle aree coltivate sia in seguito al passaggio di infrastrutture sia in seguito del riordino fondiario. Spesso anche le aree di recente urbanizzazione presentano conflitti tra la vecchia orientazione degli edifici e la nuova, dando luogo a strane strutture con angoli prossimi ai 45, non solo nei giardini ma addirittura nella case. Fu questa del resto una delle critiche che Sitte ([SI]) rivolse alle piazze di Trieste, considerando che i progettisti, grazie alla mancanza di transizioni, si trovarono di fronte a residui triangolari non altrimenti utilizzabili. La possibilit di percepire solo un layer rispetto alla totalit delluniverso rimane dal punto di vista fisico utopia, mentre pu dare luogo a interessanti esperimenti mentali. Un caso per certi versi unico costituito da Sovana, in quanto gli edifici sono interamente medievali, ma il tessuto non compatto, come se della citt antica fosse rimasto solamente un certo numero di edifici, sparsi qua e l, ma a differenza di ci che avviene in quasi tutte le citt, gli spazi intermedi non sono stati riutilizzati, cosicch il layer medievale viene percepito come se fosse avulso dal contesto. Anche in questo caso troviamo nelle Citt invisibili due begli esempi, uno di pura utopia, laltro di critico realismo. La terza citt sottile, Armilla, costituita solo dalle tubazioni dellacqua, e dai bagni, sospesi nel vuoto senza case n muri, e tuttavia risuona del canto delle ninfe delle acque che vi abitano. La quarta citt sottile, Sofronia, invece fatta di due parti, la citt del grande parco divertimenti e la citt degli uffici e dei commerci. Quando finisce la stagione arrivano gli operai per il
4 5

Vedi Mancuso [MAN] a pag.106. Vedi p.es. [BAE] per una mappa dal periodo antecedente alla realizzazione del Ring. 6 Vedi p.es. Mioni [MI] a pag. 145. 272

trasloco e smontano uffici e negozi, lasciando la citt dei divertimenti al suo riposo invernale. A questo proposito riprendiamo da [LW] la citazione di Goss7
The festival marketplace contrives to recover a nostalgic sense of history and of a lost civic urban ideal Developers are reshaping the inner city as a stage and staging urban life as a drama of conspicuous consumptionThe festival marketplace [being] a phantasmagoria of capitalist production that marks the threshold to a dream world of utopian images and imaginings of a mythical natural urbanism.

Mc Leod e Ward ([LW]) osservano anche che le classi non abbienti, oggi escluse da questa partecipazione, sono ipocritamente (?) presenti sul piano storico, ricreando ambienti di lavoro e mestieri dei secoli passati. indubbiamente difficile dire dove finisce lo spirito storico e filologico e dove inizia la ripulitura della coscienza sociale, che ha staccato dalla citt storica gran parte dei lavoratori. Lutopia della totalit Alle utopie di difesa e di divisione possiamo opporre le utopie totalizzanti. I grandi festival in cui si raccolgono centinaia di migliaia di persone 8, che hanno in sostanza il compito di essere liete di esserci state e di avere onorato il personaggio di turno portando la loro fedelt, le sfilate delle truppe come segno di potenza Piazza rossa, Norimberga, ma non solo sono esempi di totalit accompagnata dal grande numero. La totalit in genere ama i grandi numeri, come giustamente osserva Eco a proposito dellabbondanza di liste interminabili che si trovano in varie opere letterarie ([EC]). Lutopia della totalit tipica di tutti i collezionismi, a cominciare dalle biblioteche. Lidea della biblioteca totale affascina sempre, anche se oggi, nel momento in cui divenuta possibile, ancorch virtuale, ci si accorge che in realt non riesce pi a essere organizzata in modo rigidamente gerarchico, perch diviene in effetti una rete di informazioni dislocate in vari luoghi non solo fisicamente, ma anche dal punto di vista gestionale. La biblioteca totale (come latlante totale) sono dunque in realt motori di ricerca, che spesso non danno laccesso fisico al bene, ma richiedono varie tipologie di pedaggi. Sono indici o vetrine, che danno qualche assaggio del loro contenuto. Dallaltro canto in certi casi sono una sintesi virtuale di molte biblioteche del sistema, riducendosi al solo contenuto informativo, privandosi del supporto materiale il sogno del puro spirito. Uno dei grandi vantaggi dellinformazione codificata nella scrittura la sua trasferibilit da un medium allaltro senza perdita di informazione e quindi la sua estrema compressibilit fisica nellangusto spazio del CD, cosa che tipicamente non avviene per le immagini che viceversa occupano tuttora fisicamente quasi lo stesso spazio che richiedevano al tempo dei microfilm. Da migliaia di anni noto peraltro che linformazione, immateriale, pu essere trasmessa a distanza in tempi rapidissimi, molto pi rapidi dei pi veloci mezzi di trasporto,
7 8

[GO] pp. 235, 240. Questo aspetto rientra anche nel Wonderland considerato dagli autori in [PCb]. 273

basti pensare alla rete delle torri di segnalazione romane, o anche ai mezzi ottici in uso in mare. Trasmettere poche informazioni, scelte bene, sintetiche, a un prezzo altissimo. Il telegrafo fu la prima grande utopia di dominio dello spazio a costi possibili per tutti. Ma non era ancora il dominio dello spazio nella sua interezza, tanto vero che ancora al principio del secolo scorso gli atlanti indicavano i cavi telegrafici transoceanici, come pietre miliari del progresso (e lo erano). La telegrafia senza fili, con i suoi immensi sviluppi, fu il passo decisivo dellutopia spaziale per ci che concerne linformazione. Anche la stessa immagine grafica o sonora pu essere trasmessa in modo economico a prezzo di qualche piccola perdita di contenuto. La xilografia nei libri del Cinquecento fu una delle prime modalit di riproduzione dellimmagine, seguita secoli dopo dalla telefoto, che con i suoi puntini ben dimensionati permise alla stampa di diffondere immagini dirette senza passare per la fase dellincisione. Il suono, come tutti sanno, venne dopo, e non a caso Edison disse che quella era la sua invenzione di cui era pi orgoglioso. Laltra faccia dellutopia dellinformazione costituita dalle applicazioni dellintelligenza artificiale alla lettura dei testi, al riconoscimento del parlato, allanalisi delle immagini, alla visione robotica. Qui siamo nel pieno della ricerca di questi ultimi anni, e i successi non sono ancora definitivi. La trasmissione della materia a distanza rimane ancora nellutopia, anche se la prototipazione rapida permette di trasmettere a distanza le informazioni necessarie affinch una macchina utensile riproduca la sagoma delloggetto trasmesso. Il telecomando robotizzato va anche oltre questo livello, e trova in effetti applicazioni mediche oltre che tecnologiche. Tutto ci che pu essere ridotto a pura informazione (compresi i virus informatici) suscettibile di essere trasmesso a distanza come sequenza di ordini che poi una qualche macchina (o una persona?) pu eseguire. Unaltra grande utopia universalistica la comprensione delle lingue. Agli Apostoli ci accadde per volont divina il giorno della Pentecoste; la narrazione corrisponde a un problema reale, che risale fino ai tempi mitici della Torre di Babele. Perch non si parla una lingua unica? Perch in tanti millenni non si giunti ad avere almeno una lingua di comunicazione definitiva e unica? Le risposte date dal politologo, dal linguista, dal letterato, dallinformatico sono molto diverse, e pongono in luce diverse esigenze che si contrappongono. Tuttavia si vorrebbe che almeno la macchina fosse in grado di immagazzinare le competenze necessarie a tradurre da una lingua allaltra. Questa utopia fu immaginata in tanti racconti di fantascienza degli anni QuarantaCinquanta dello scorso secolo (Orwell, ma anche Walt Disney, altro grande anticipatore di ci che avveniva negli USA). Viceversa tuttora uno dei punti molto deboli del computer; si pu parlare di traduzione computer aided, ma non ancora di traduzione vera, neppure per gli stessi testi tecnici in cui la lingua assume carattere veicolare. Forse uno degli aspetti che non stato bene considerato che una lingua quando deve divenire lingua imperiale deve accettare molti compromessi, sia sul piano fonetico e lessicale e sia su quello grammaticale, e deve possedere una koin semplificata e condivisa. Il greco attico divenne lingua universale quando Atene non ebbe pi peso politico. Il latino fu lingua universale della scienza secoli dopo la
274

caduta dellimpero romano. Oggi linglese (o piuttosto lamericano), mascherandosi dietro lutopia di universalismo, mostra invece la tendenza alla creazione di nuove barriere allentrata con variazioni stilistiche imposte per tagliare fuori la gran parte del resto del mondo. Siamo dunque nellutopia della separazione, motivata forse anche da cause interne, quali la difesa contro la diffusione dello spagnolo negli stati del Sudovest, che potrebbe alla lunga incrinare la purezza WASP. Lutopia enciclopedica della totalit presenta soprattutto il rischio di una grande confusione, unita alla perdita delle caratteristiche locali. La diffusione dei mezzi di trasporto su grande scala prima le navi, poi le ferrovie, poi il trasporto su strada ha portato la produzione dei beni di largo consumo (commodities) nei luoghi ad essi pi idonei, eliminando per molte delle differenze locali e molta differenziazione biologica, rompendo la natura identitiva delle comunit agricole, che erano legate anche dalle tecniche di produzione, di selezione e di consumo. Oggi vi una reazione a questa globalizzazione, ma non ben chiaro quanto sia un fenomeno economico di moda e quanto sia reale. Un mito opposto, ma anchesso totalizzante, sarebbe quello di poter produrre tutto in loco. Conseguenza comportamentale che ogni persona nella sua casa debba avere laccesso a tutti i servizi di cui potrebbe avere bisogno. Le reti e la domotica tendono a dare risposta a questa quasi-utopia, che peraltro dai ricchi e dai potenti fu sempre realizzata, tramite personale umano. Anche qui lutopia consiste nel mettere alla portata di molti ci che prima aveva costi economici proibitivi. La globalizzazione della citt porta a citt senza principio e senza fine. Calvino colpisce nella quinta citt continua, Pentesilea, dove il lunghissimo itinerario attraverso le sterminate periferie conduce allitinerario opposto che porta fuori dalla citt, senza che sia stato possibile identificare un suo centro le reti sono fatte cos. Del resto la citt emblematica che egli spesso cita nel libro Los Angeles, con il suo reticolo regolare estendibile allinfinito. Altra citt continua la quarta, Cecilia, parafrasi di Megalopoli, dove citt e campagna sono oramai cos compenetrate da essere indistinguibili, dove le capre che pascolano nelle strade della immensa periferia riconoscono lerba di quelli che una volta furono campi. Per dare un senso alla citt continua sono richiesti segni forti (landmark) che siano riconoscibili e memorizzabili9. Del resto anche la citt pi bella e ricca di immagini alla fine diviene palcoscenico quotidiano dove lunica ricerca quella della via pi breve e dei segni necessari per non perdere la strada (Calvino, Fillide, quarta citt e gli occhi), e non detto che i segni siano belli, gloriosi, eminenti. Il salto dimensionale e le dimensioni frattali Vi un sogno ricorrente nella letteratura fin dai suoi primordi, ed la possibilit di volare. Il volo d una duplice potenza, in quanto libera la vista su domini sempre pi ampi, superando le limitazioni del ristretto orizzonte terrestre, e d la libert dei percorsi, come e pi del mare.
9

Si veda anche Ejarque [EJ], dove peraltro si tratta di Landmark con forte significato di suggestione turistica. 275

Il volo dunque rappresenta due volte un salto di dimensione: dalla unica dimensione del sentiero o della strada alla libert bidimensionale del mare e del volo a bassa quota, e dalla compressione bidimensionale terrena alla visione globale ed estesa che la terza dimensione rende possibile. Limmensit della visione espressa con eccezionale potenza nel libro dei proverbi 10 quando la Sapienza di Dio, personificata, rammenta la storia della creazione, vista dallalto nel suo farsi: si aggiunge alla contemplazione la gioia del progetto e della sua realizzazione e leterna utopia dellordine. Ne riportiamo alcuni versetti particolarmente suggestivi.
Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi, n le prime zolle del mondo; quando egli fissava i cieli, io ero l; quando tracciava un cerchio sullabisso; quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dellabisso; quando stabiliva al mare i suoi limiti, sicch le acque non ne oltrepassassero la spiaggia; quando disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con lui come architetto, ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante, dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli delluomo.

La visione della terra dallo spazio ricompare con forza inusuale in Lucrezio ([LU], I, 72-74) quando si afferma che Epicuro dallalto dello spazio
et extra processit longe flammantia moenia mundi atque omne immensum peragravit mente animoque.

Al confronto il volo di Ermes-Mercurio sul Mediterraneo, che ricompare quasi eguale nel quinto canto dell Odissea ([HO], Od.V, 44-54) e nel quarto libro dellEneide ([VE], En. IV, 238-258) assume un aspetto molto pi gioioso e attento ai panorami; oggi potremmo definirli voli turistici, ma ai loro tempi costituirono un luminosa utopia. Il volo libero, simile al volo degli uccelli, fu sempre il pi affascinante perch univa limmensit della vista con la libert delle direzioni da scegliere. Lulteriore utopia fu la possibilit di fermarsi nellaria (e il volo verticale); curiosamente fu proprio questa la prima utopia realizzata, dai fratelli Mongolfier, anche se il compimento finale doveva attendere quasi due secoli fino alla realizzazione dellelicottero. La tridimensionalit si esplica anche come utopia di onniscienza: il Grande Fratello vede tutto ci che avviene, come del resto molto vedono (e qui non utopia) i vari aerei e satelliti spia. La variante la visione attraverso i corpi opachi, che dal tempo
10

Pro 8, 22-31, la traduzione presa da [BI]. Si osservi la consonanza con molti punti della prima sezione. 276

di Roentgen ha fatto progressi strumentali non prevedibili allepoca. I sistemi satellitari di comunicazione e i sistemi di georeferenziazione hanno raggiunto una precisione estrema, che rende quasi inutili i sistemi di navigazione a vista, anche se i recenti episodi navali hanno portato in evidenza le smagliature dellutopia. Resta il fatto che il Grande Fratello ci guarda, molto pi di quanto ci guardasse un tempo Dio: il cellulare sempre localizzato, il telepass, il segnalatore antifurto dei veicoli, le infinite telecamere di sorveglianza, gli stessi videofonini dei nostri occasionali vicini portano sempre pi vicini allincubo del mondo totale che Calvino preconizz nella prima delle citt e gli occhi, Valdrada, dove gli abitanti sanno che ogni loro gesto viene ripreso e riprodotto dagli specchi, e che pertanto sono pi attenti alla loro immagine che non al compimento delle loro azioni. Con i mezzi moderni lutopia di registrare tutto e di valutare tutto moderni si approssima al suo compimento e le tutele contro questa tendenza sono molto timide, anche perch i compiti di sorveglianza e classificazione ai vari livelli creano molti nuovi posti di lavoro. La tecnologia peraltro ci concede di avvicinarci molto allutopia dellubiquit. Abbiamo gi visto che la possibilit di trasmettere linformazione, immateriale, in realt esiste da molto tempo, ma ci che oggi molto diminuito (non a zero, peraltro) sono il costo, la flessibilit (uno a molti, molti a uno, uno a uno, molti a molti, come nei social network), la capillarit della copertura. La stessa realt virtuale, pure con costi elevati, oggi realizzata; spesso ludica, ma anche operativa e scientifica. Il contrasto con lubiquit viene percepito non appena passiamo allaspetto fisico del moto. Di sua natura le traiettorie sono unidimensionali (sia pure con un certo ingombro), e per ragioni di organizzazione efficiente si svolgono dunque su percorsi, generalmente unidimensionali, appositamente predisposti in base alla frequenza di uso. Perfino allinterno della nostra casa larredo disposto in modo da lasciare disponibili alcuni percorsi pedonali, mentre impedisce il passaggio attraverso altre zone. Una eccezione, che rende appunto cos interessanti i giochi sportivi, proprio costituita dai campi di gioco, specialmente da quelli di maggiore estensione dove la bidimensionalit e in parte anche una modesta tridimensionalit sono la regola. Lunidimensionalit ostacola il rapporto con chi viaggia nella nostra stessa direzione, ma al contrario rende obbligatorio lincontro con chi viene verso di noi, e quindi pu favorire la socialit: il passeggio cittadino spesso si svolge su un percorso lineare, pi che non nelle piazze, dove semmai favorita la sosta. Lincontro per presuppone la possibilit di fermarsi istantaneamente. E in effetti lunidimensionalit percepita pi severamente nelle strade su cui circolano veicoli. Laspirazione di temperarla con la possibilit di rendere possibili diverse velocit o addirittura di permettere la sosta. Ci presuppone o scarso traffico, o la presenza di spazi o di corsie dedicate alla sosta (ma il costo delle opere sale, sia in termini monetari che in termini di impatto ambientale), e comunque la diversificazione della velocit richiede la possibilit del sorpasso. Il movimento pedonale va in parte esente da questi problemi, ma la stessa mobilit dolce nel suo complesso (piste ciclabili, ippovie, sentieri, ) non del tutto esente dal problema. La mobilit dolce, che dovrebbe in teoria soddisfare il desiderio di

277

bidimensionalit, resta pur sempre in qualche misura una utopia, anche a prescindere dalle sue esigenze di tempo. Lunidimensionalit porta alla volont di ottimizzare tempi e percorsi. La strada pi breve tra due punti nello spazio tridimensionale le retta, e su piccole estensioni terrestri ne una buona approssimazione. Da ci la scelta progettuale delle strade rettilinee nei luoghi di nuova colonizzazione, in particolare nelle zone di bonifica, e gli sventramenti urbani intesi non solo come miglioramento della comunicazione ma anche come segno di potere sovrano. Piace ricordare la spettacolare Ruga della Croce (fatta costruire al principio del Trecento dal Vescovo Guido Tarlati) che ad Anghiari collega con un rettilineo in forte pendenza lalto della collina con la valle, restando tangente al vecchio borgo sito a met del pendio. Generalmente si pensa che le dimensioni siano espresse da numeri naturali, una, due, tre, quattro se includiamo il tempo Dal punto di vista matematico non cos, e il fatto stato molto divulgato con la teoria di Mandelbrot sui frattali; in realt il fenomeno fu analizzato molti anni prima da Cantor, e poi reso sistematico da Hausdorff quasi cento anni fa. Linsieme di Cantor costruito a questo modo. Si prende il segmento tra 0 e 1 e gli si toglie il terzo centrale. In ciascuna delle due parti rimanenti si toglie di nuovo a ciascuna il terzo centrale, in modo da ridursi a quattro parti lunghe ciascuna 1/9. Ad ognuna di esse si toglie nuovamente in terzo centrale riducendosi a otto parti lunghe ciascuna 1/27, e cos via. Si vede subito che man mano che si avanza la quantit rimasta diminuisce sempre di pi, fino a scendere a 0. Tuttavia continuano ad esservi parti sparse dappertutto, e la cardinalit dei loro elementi rimane eguale a quella del segmento originario, quindi la dimensione non 011. Dimensione 0 si avrebbe se vi fosse solo un numero finito di punti isolati o una successione di punti. Lidea di Hausdorff di costruire la misura di dimensione (con 0) di un insieme E ricoprendolo con elementi di diametro minore di una quantit prefissata (per esempio 1/n). A questo punto la misura di ognuno degli insiemi del ricoprimento viene calcolata prendendo il diametro12 alla potenza . Si considera poi la somma di tutte le misure degli elementi che ricoprono il nostro insieme. Esse dipendono dal ricoprimento, e tra tutti si sceglie il ricoprimento che d il risultato minimo13. Se stessimo misurando un curva, ad esempio, un buon valore di sarebbe 1, che nellapprossimazione darebbe un valore leggermente inferiore alla lunghezza vera della curva (eguale solo se un segmento). A questo punto si considerano misure sempre pi selettive, ossia costruite con ricoprimenti fatti di elementi sempre pi
11

Il lettore meno esperto pensi a questa costruzione: prendiamo i numeri tra 0 e 1 nella loro rappresentazione decimale 0,3242789, che una sequenza infinita di cifre (eventualmente alla fine tutte eguali a 0). Consideriamo ora i numeri in cui compaiono solo alcune delle possibili cifre, per esempio tutti i numeri in cui ci sono solo 0 e 9. Questo equivale ad avere diviso ogni volta lintervallo in dieci parti, e avere eliminato le otto parti intermedie. Anche in questo caso si ottiene un insieme di tipo Cantor. 12 Tecnicamente il diametro di un insieme lestremo superiore delle distanze tra due dei suoi punti comunque scelti. 13 Tecnicamente si tratta di un estremo inferiore. 278

piccoli. Il limite delle misure viene detto misura di Hausdorff di dimensione dellinsieme E. Facendo scorrere i valori di a partire da 0 si trova che inizialmente vi infinito, ossia la dimensione troppo piccola per valutare linsieme. Crescendo vi poi un valore per cui si passa dal valore infinito a un valore finito, e subito dopo al valore 0. Il valore di per cui si verifica il salto detto dimensione di Hausdorff dellinsieme E. Nel caso dellinsieme di Cantor descritto sopra si trova facilmente che la dimensione data da log(2)/log(3) = 0,6309 ed quindi un valore intermedio tra 0 e 114. Il procedimento di Cantor in effetti trova spesso una applicazione ideale nellanalisi dei fenomeni, in quanto man mano che si selezionano gli aspetti pi interessanti del fenomeno si intende analizzarlo con maggiore precisione. Il processo per teoricamente non ha fine, e quindi ci si trova di fronte a una dimensione frattale simile a quella di Cantor. Tuttavia insiemi di dimensione frattale non possono essere ricondotti a una sequenza e quindi, al di l della utopia, vi la impossibilit di giungere mai, neppure in tempi infiniti, a una analisi compiuta del fenomeno, neppure se ad ogni livello ci accontentiamo di selezionare solamente gli aspetti pi interessanti. Lonniscienza, anche se limitata, non di questo mondo. Ci dipende dal fatto che ad ogni livello, anche dopo avere eliminato alcune parti non interessanti, abbiamo lasciato una biforcazione. Solo eliminando gli elementi di scelta possibile giungere alla descrizione totale e finale di un fenomeno: in realt quando si lasciano aperte strade diverse limite umano doversi fermare ad un livello di approfondimento finito (e di solito piuttosto piccolo). Le attuali nanotecnologie danno risposte fisiche a questa utopia dellinfinitamente piccolo e danno quindi realt alle riflessioni teoriche di Cantor e di Hausdorff. Reti e relazioni Un altro grande salto concettuale si verifica quando passiamo a considerare lo spazio delle relazioni che legano tra di loro gli elementi di un insieme. Il numero di dimensioni sale in quanto questo spazio ha una dimensione pari al doppio delle dimensioni dellinsieme su cui opera. Un buon modo per raffigurarsi le relazioni quello di pensarle come una rete, dove i nodi rappresentano gli elementi dellinsieme e gli archi rappresentano il legame stabilito dalla relazione. Gli archi possono contenere altre indicazioni, quali un verso (nelle relazioni di ordine del tipo padrefiglio), o un numero (peso), come nel caso delle carte stradali, dove il numero in genere rappresenta la distanza. Le reti di solito non sono interessate a rappresentare la fisicit del collegamento tra due nodi, bens lesistenza del collegamento e alcune sue propriet. Esempi contemporanei di rappresentazione sono dati dalle carte schematiche della metropolitana, che non contengono la pianta della citt, ma solo le stazioni, le diverse
14

La dimensione di Hausdorff dellinsieme descritto nella nota precedente pi bassa (come era da aspettarsi, visto che la parte eliminata pi grande) ed data da log(2)/log(10) = 0,30103. 279

linee del metro e le stazioni di interscambio15. Lesempio classico dato dalla celebrata Tabula Peutingeriana, che in un rotolo, adatto ad essere consultato viaggiando, riassumeva la viabilit dellImpero Romano e le sue citt pi significative. Spesso sulla stessa rete si vogliono rappresentare pi relazioni. In teoria sufficiente disegnare archi di colori diversi, o con linee diverse. In pratica ci si perde rapidamente nella illeggibilit. Questa utopia della rappresentazione totale delle relazioni esistenti su un insieme fu messa in evidenza da Calvino nella quarta delle citt e gli scambi, Ersilia. Qui gli abitanti indicavano le relazioni esistenti tra di loro stendendo un filo colorato tra le rispettive case. Il colore indicava la relazione: parentela, amicizia, lavoro, consociazione, e cos via. Linformazione cresceva continuamente, fino a ch la citt si trasformava in una ragnatela di fili illeggibile e impercorribile; a questo punto gli abitanti abbandonavano la citt e ne fondavano una nuova, dove mettevano in rete solo le informazioni importanti, salvo poi ricadere nella stessa utopia dellinformazione totale. Le reti nascono congiungendo un certo numero di nodi, ma molto spesso non solo aumentano le esigenze di collegamento, ma anche il numero dei nodi che entrano nella rete. Ci avvenne per le reti ferroviarie, stradali, telefoniche; in generale tutte le reti di utenza devono continuamente ampliarsi per accettare i nuovi arrivati. Esistono reti omogenee in cui da ogni nodo si diparte sempre lo stesso numero di archi (ad esempio la rete dei quadrati di un foglio di carta quadrettata), ma nella realt sono pi frequenti reti non omogenee in cui accanto a nodi da cui esce un solo arco (nodi terminali) vi sono nodi di transito (da cui escono solo due archi) e nodi con diramazioni da cui escono tre o pi archi. Vi pu essere peraltro un certo numero di nodi da cui escono molti archi, detti hub, che concentrano in qualche misura lintera rete e la organizzano, appunto come i grandi hub aeroportuali16. Internet, rete virtuale per eccellenza, non nacque come rete diffusa, bens per collegare nodi ben localizzati presso gli stabilimenti scientifici. La sua possibilit di appoggiarsi a una enorme rete capillarmente diffusa (i telefoni) e i suoi bassi costi di implementazione tuttavia fecero s che di fatto essa non solo divenne diffusissima, ma anche divenne incontrollabile, come si sta sperimentando quasi ogni giorno. Soprattutto a detta di coloro che tentarono di farne una mappa, come Barabasi, essa oramai sfugge a ogni possibile rappresentazione. Ha una ridondanza di collegamenti che la rende potenzialmente indistruttibile, anche se sono riconoscibili diversi hub, che peraltro tendono a mutare di rilevanza nel tempo. Internet assume la connotazione di caos gerarchicamente auto-strutturato, e questo spiega il fatto che i motori di ricerca possano funzionare operando al tempo stesso in modo non completamente prevedibile. In questo contesto scatta perfettamente la teoria delle reti small world gi ipotizzate in psicologia da Milgram [MIL]. La teoria small world afferma che in media ogni persona pu raggiungere ogni altra persona con una catena di sei conoscenti. Di per s la cosa non assurda, nonostante sembri strana, in quanto se
15

Il problema degli isomorfismi fra reti e strutture estese stato analizzato ampiamente dagli autori in [PCT10]. 16 Le tipologie e le evoluzioni delle reti furono studiate particolarmente da Erdos e da Barabasi, cui si deve lottima introduzione [BAR]. 280

ogni persona avesse cento conoscenti vi potrebbero in teoria essere catene di conoscenze che conducono a 1006, vale a dire a mille miliardi di persone diverse. Ovviamente ci non avviene, in quanto il sistema di conoscenze si ripiega molte volte su se stesso, per cui i nostri conoscenti conoscono per lo pi le stesse persone che anche noi conosciamo: quelle che contano sono le eccezioni, e vi sono persone che agiscono da hub e che compensano quindi le inutili ridondanze. Il problema che di solito noi non siamo informati proprio sulla parte pi interessante del sistema di rapporti dei nostri conoscenti, quindi la teoria small world per certi versi rimane utopica, in quanto richiede un sistema informativo molto ben organizzato, che la singola persona in genere non riesce ad avere. Ci non toglie che pure con la debita tara si avvicina alla realt in modo statisticamente sperimentato. A proposito della gestione dellinformazione i grandi padri dellintelligenza artificiale e dellinformatica (Simon e Knuth) hanno dato un contributo fondamentale con la tecnica delle liste connesse. Poter tenere la stessa lista contemporaneamente secondo due ordinamenti diversi (ad esempio alfabetico e secondo data di nascita) fisicamente impossibile e quindi sembra trattarsi di una utopia. Lidea della lista connessa quella di registrare i dati su schede numerate messe in ordine qualsiasi (il numero di matricola), ma su ogni scheda si aggiunge linformazione di quale matricola ha la scheda che contiene il prossimo nome in ordine alfabetico e laltra informazione su quale matricola ha la scheda che contiene il prossimo per ordine di et. In questo modo a partire dallinizio (o da altri punti di entrata pi comodi) possibile ripercorrere la lista ordinata passo dopo passo, come in una caccia al tesoro. Vi anche il vantaggio che un nuovo entrato non richiede di sconvolgere lordine di schede esistente, ma solo di aggiornare i riferimenti della scheda che precede. Molti perfezionamenti sono stati fatti per accelerare la velocit di ricerca e rientrano nelle normali competenze dellinformatico. Nella autobiografia di Simon ([SIM]) giustamente egli si mostra orgoglioso di questa fondamentale idea, che ha permesso di gestire in modo efficiente le enormi quantit di conoscenza necessarie per il funzionamento dellintelligenza artificiale. Una rete pu essere associata a uno spazio bidimensionale, come la rete stradale, e in questo caso ci si domanda in che misura essa permette di esplorare e di raggiungere il territorio. La strada ha dimensione uno, con una certa profondit laterale di accesso (non sempre), quindi di sua natura la rete non pu dare laccesso a tutto il territorio. necessario che essa venga integrata da ulteriori archi sempre pi piccoli, con sempre maggiore possibilit di movimento. Nascono quindi le gerarchie delle strade campestri, delle mulattiere, dei sentieri fino a scendere alla percorribilit bidimensionale del pedone. Se dobbiamo effettivamente esplorare tutto un territorio bidimensionale il primo problema dunque quello della linearizzazione delle strutture bi- o pluridimensionali. Il metodo del raster televisivo quello che seguiamo abitualmente nella lettura (non pi quello bustrofedico, andando avanti e indietro, ma in certi casi fisici

281

questa pu essere una variante utile). Questo metodo non elegante, ma viene usato quando necessario gestire una lunga fila dattesa in spazi ridotti17. Diverso il problema di esplorare solo i nodi della rete e in questo caso se la rete connessa non vi sono problemi. Una variante in genere molto pi difficile quella di non ripassare mai da un nodo gi esplorato (cammino hamiltoniano, sempre che esista). Il problema si complica ancor di pi quando chiediamo che il percorso abbia la minima tra tutte le lunghezze possibili: il famoso problema del commesso viaggiatore prototipo di tutti i problemi di calcolo combinatorio ad alta complessit computazionale (NP-hard). Rispondere che basta fare la prova di tutti i percorsi e scegliere quello di costo minimo utopia informatica. Il numero dei casi possibili, pur essendo finito, cresce con il numero dei nodi e degli archi in modo esponenziale18, per cui gi con 20 nodi supera le capacit di analisi completa dei pi potenti calcolatori. Fortunatamente esistono procedimenti pi selettivi, ma spesso si costretti ad accontentarsi di soluzioni euristiche che statisticamente danno risultati buoni anche se non ottimi e, soprattutto, non garantiti. Come si organizza la progressiva esplorazione di una rete a partire da uno dei suoi nodi? In informatica vi sono due procedimenti fondamentali con caratteristiche diverse e provengono dalla teoria dei grafi19. Il primo modello lesplorazione in larghezza (width first) e consiste nellesaminare dapprima tutto ci che vicino, allontanandosi solo dopo avere completato la analisi locale. Il secondo lesplorazione in profondit (depth first), e consiste nel cercare sempre un nodo nuovo, finch ci possibile, ritornando indietro solo quel tanto che necessario per trovare nodi nuovi. Nella realt della conoscenza si segue un modello intermedio che basato sulle isole di conoscenza: si costruisce una prima rete molto rada basata solo su alcuni nodi fondamentali ed essa viene esplorata con uno dei due metodi precedenti, mentre lesplorazione della rete completa avviene a turno partendo dalle isole di conoscenza con una delle due tecniche di base20. Questo modello molto studiato dagli psicologi e appare un modello ibrido, che unisce le certezze del conosciuto con la possibilit dellesplorazione e della costruzione di una rete di riferimento. Secondo la psicologia ambientale21 essa tipica dellapprendimento fino ai 12 anni22. Il viaggio moderno rispecchia questo ultimo schema di riferimento, in quanto non ci si muove pi come un tempo allinterno del paesaggio, ma si passa da un nodo a un altro, siano essi caselli autostradali, aeroporti o pi classicamente
17

La curva di Peano un modo simile ai frattali per esplorare con continuit e sempre migliore approssimazione un mondo bi-dimensionale. 18 Al lettore sicuramente noto lesempio della scacchiera da riempire di chicchi di grano (1 sulla prima casella, 2 sulla seconda, 4 sulla terza e cos via) che conduce a un numero di chicchi superiore alla produzione del mondo intero. 19 La formulazione di algoritmi specifici si sviluppata con lavvento del calcolo automatico, anche perch i computer non hanno occhi, e quindi non esiste una intuizione grafica. Un celebre manuale di referenza [CLR], in particolare ricordiamo il capitolo Advanced data structures, pp. 469-484. 20 Una analisi approfondita dei tre modelli dal punto di vista operativo stata fatta in [PCT11]. 21 Un testo sintetico ma efficace quello di Baroni [BARO]. 22 Il procedimento appare anche nella costruzione delle strutture cognitive delle citt ([AA]) e peraltro sembra legato anche alla struttura delle citt policentriche analizzate in [HP]. 282

stazioni ferroviarie. Nellintorno di questi gangli si sviluppa una conoscenza di tipo locale, che spesso conduce fino agli obiettivi pi significativi, quali emergenze monumentali, siti di spettacolo, centri urbani di valore storico, forse anche strade commerciali di particolare prestigio. Il viaggio fu sempre momento di arricchimento dellesperienza di vita propria e altrui e costitu una fondamentale espansione del proprio mondo, quindi, come constata Heinze in [HE], ancor oggi non pu mai essere solamente utilitaristico, n del tutto sostituibile con linformazione virtuale. Non un caso che ancora oggi il viaggio sia ammantato da riti di tipo iniziatico, quali possono essere gli esasperanti controlli degli aeroporti, la codificazione degli accessi, valida anche per il viaggio su strada, lesigenza della prenotazione, la necessit di disporre di una assicurazione contro i rischi, le rigide leggi di comportamento; aggiungeremmo anche le partenze notturne, che spesso potrebbero non essere necessarie, ma aggiungono il fascino trasgressivo della scomodit: non un caso che le vecchie diligenze, come i treni di lunga percorrenza, viaggiavano di notte. La stessa partenza di Pinocchio per il Paese dei Balocchi forse non sarebbe avvenuta se non fosse stata mezzanotte23. Il viaggio lascia spazio alle promesse e poi a una lunga scia di ricordi di luoghi e di persone. In antico aveva bisogno di un motivo personale o religioso o militare, quasi come se la realizzazione della sua utopia fosse una colpa, ma ancor oggi spesso si accampano ragioni sociali, commerciali, di studio, di salute, che non sempre sono fondate. Una bella sintesi dellattesa e del ricordo nel carme XLVI di Catullo ([CAT]) quando, dopo avere compiuto il pellegrinaggio alla tomba del fratello morto in terra lontana, nei versi finali (6-11) ci dichiara:
ad claras Asiae volemus urbes, iam mens praetrepidans avet vagari, iam laeti studio pedes vigescunt. O dulces comitum valete coetus, longe quos simul a domo profectos diversae variae viae reportant.

La primavera come gioioso momento di inizio compare anche nel prologo generale di quellinno al viaggio e alle sue avventure che sono le Canterbury Tales di Chaucer ([CHA]). Nel viaggio si realizza la distopia del movimento nel mondo odierno: vi la voglia di essere gi arrivati, per cui si vorrebbe accelerare sempre di pi, mentre dallaltra parte c lesigenza di ripristinare la soddisfazione del viaggio in quanto momento di diversit, di conoscenza, di riflessione, cui in qualche caso provvedono altre reti: ciclovie, ippovie, i riscoperti tratturi, i cammini del pellegrinaggio24. Il problema nasce dove le reti si sovrappongono e si scambiano, se non altro per i motivi funzionali del supporto al viaggiatore. N luna n laltra utopia riescono a liberarsi
23 24

Ci riferiamo alla fine del cap XXXI di Pinocchio ([CO]). Il problema discusso a fondo da Marshall [MA] e inquadrato nel contesto generale da Banister ([BAN]). 283

dellantagonista. Lo spazio s trasformato in una rete che lo scavalca, ma pur sempre anche res extensa con la sua ricca e indissolubile materialit. Conclusioni Siamo partiti dallo spazio nella sua concretezza ed estensione pensando anche allo spazio naturale e agricolo. Abbiamo poi visto le due forze antagoniste della separazione e della fusione. Abbiamo visto la lotta tra le dimensioni fisicogeometriche e le loro sfrangiature. Siamo giunti al momento di sintesi concettuale costituito dalle reti, in quanto strutture astratte, ma poi ci siamo accorti che anchesse possiedono dei supporti fisici. Le reti in un certo senso non sono legate alle dimensioni dello spazio, e quindi sono adatte anche alla rappresentazione sintetica di domini multidimensionali, o comunque permettono di integrare conoscenze spaziali con mappe cognitive di natura diversa. Ci si avvicina cos allutopia della conoscenza totale, addirittura con la possibilit di inserire le nostre parti di conoscenza personale nel sistema complessivo, quando lo troviamo insufficiente. Come si detto per la conoscenza totale va in ambedue le direzioni: se noi sappiamo tutto, anche gli altri (a cominciare dal Grande Fratello) sanno tutto su di noi. Oggi la documentazione disponibile su Internet rende possibile il viaggio virtuale, e rende la stessa organizzazione del viaggio possibile in un ampio ventaglio di tempo, dalla preparazione molto anticipata alle soluzioni del last minute e del last second . Laspetto ludico dei giochi interattivi basati sulla realt virtuale andata molto oltre e permette simulazioni scientifiche e mediche con cinestesie molto verosimili. La simulazione sperimentale in grado di riprodurre gli odori e di analizzarli questa era stata forse lultima barriera sensoriale a resistere. Solo il teletrasporto rimasto ancora utopia, ma se non possiamo far viaggiare il nostro corpo, con la realt virtuale e la multimedialit possiamo far venire intorno a noi il mondo dove avremmo dovuto trasferirci, rendendo realistiche le sensazioni che avremmo potuto sperimentare. Un tempo a queste utopie provvedevano con efficacia i rapsodi, gli scrittori, gli artisti, oggi si insinuano le leggende metropolitane a integrare questo mondo che improvvisamente sembra diminuire nelle sue dimensioni. Le utopie si aggiornano, per creare quei nuovi spazi di libert cui nonostante tutti i nuovi mezzi non vogliamo ancora rinunciare e rimane sempre la regina di tutte le utopie, vincere il tempo.

284

Bibliografia [AA] J.I. Aragones J. M. Arredondo (1985) Structure of urban cognitive maps Journal of Environmental Psychology, 5, 197-212 [BAE] K. Baedeker (1873) LAllemagne Baedeker Coblentz & Leipzig [BAN] D. Banister (2008) The sustainable mobility paradigm Transport Policy 15, 73-80 [BAR] A.L. Barabasi (2004) Link. La scienza delle reti Trad. Ital. di B. Antonielli dOulx, Einaudi, Torino [BARO]M.R. Baroni (1998) Psicologia ambientale Il Mulino, Bologna [BI] AA.VV. (1974) La Bibbia di Gerusalemme Edizioni Dehoniane, Bologna [CA72] I. Calvino(1972) Le citt invisibili Einaudi, Torino [CA88] I. Calvino (1988) Lezioni americane Garzanti, Milano [CAT] C.V. Catullus Edidit. R.A.B. Mynors, (1958) Carmina Oxford Classical Texts Odellambiente, e del paesaggio Agribusiness Paesaggio & Ambiente 3, 116-118 [CHA] G. Chaucer (1387) edited by A.C. Cawley (1958) Canterbury Tales Everymans Library, London [CLR] T.H.Cormen C.E. Laiserson R.L. Rivest (1990) Introduction to Algorithms Mc Graw Hill, New York [CO] C. Collodi a cura di D. Marchesini (1995) Opere Mondadori, Milano [DA] D. Alighieri a cura di N. Sapegno (1955) La Divina Commedia La Nuova Italia, Firenze [DS] C. De Seta (1989) Le mura simbolo della citt sta in C. De Seta J. Le Goff (eds.) La citt e le mura Laterza, Bari,11-57 [EC] U. Eco (2009) La vertigine della lista Bompiani, Milano [EJ] J. Ejarque (2003) La destinazione turistica di successo Hoepli, Milano [FR] J. Friedmann (2000) The Good City:in defense of Utopian thinking International Journal of Urban and Regional Research 24, 460-472 [GA] J. Garreau (1991) Edge City:Life on the New Frontier Doubleday, New York [GO] J. Goss (1996) Disquiet on the Waterfront: Reflections on Nostalgia and Utopia in the urban Archetypes of Festival Market-Places, Urban Geography 17, 221247 [GOT] G. Gottman (1961) Megalopolis. The Urbanized Northeastern Seabord of the United States The Twentieth Century Fund Inc. New York [HE] G.W. Heinze (2000) Transport and Leisure paper prepared for ECMT Round Table 111 on Transport and Leisure, Paris, 1-51 [HO] Homerus edidit T.W.Allen (1908) Opera, tomus III Oxford Classical Texts [HP] P. Hall K. Pain (2006) The Polycentric Metropolis: Learning from MegaCity Regions in Europe Earthscan, London [LU] T. Lucretius Caro edidit C. Bayley (1900) De rerum natura Oxford Classical Texts [LW] G. MacLeod K. Ward (2002) Spaces of Utopia and Dystopia: Landscping the Contemporary City Geogr.Ann. 84 B, pp.153-170
285

[MA] S. Marshall (2001) The challenge of sustainable transport in A. Layard S. Davoudi S. Batty (eds.) Planning for a Sustainable Future Spon, London, 131-147 [MAN]F. Mancuso (1978) Dal Quattrocento allOttocento: le citt dellantico regime in Bonapace (ed.) Le citt TCI, Milano, 85-128 [MI] A. Mioni (1978) Le citt nellepoca dellindustrializzazione: dallunit alla prima Guerra mondiale in Bonapace (ed.) Le citt TCI, Milano, 85-128 [MIL] S. Milgram (1967) The small-world problem Psycology Today 1, pp 60-67 [OR] G. Orwell (1949) Nineteen eighty-four Penguin books-1955 [PCa] L.C. Piccinini T.F.M. Chang (2011) Radici psicologiche e intellettuali del Wonderland: dalla Wunderkammer alle Disneyland del mondo attuale Architettura del Paesaggio, Overview Vol. 24. , Paysage Editore, Milano, 190-210 [PCb] L.C. Piccinini T.F.M. Chang (2011) Wonderland in the Landscape-cultural Mosaic: Idea, Image, Illusion Agribusiness Paesaggio & Ambiente, 14, 180-183 ISSN 2038-3371 [PCT10]L.C. Piccinini, T.F.M. Chang , M. Taverna (2010), Confini e stratificazioni nel backstage del mosaico paesistico-culturale Agribusiness Paesaggio & Ambiente 13, 114-122 [PCT11] L.C. Piccinini T.F.M. Chang M. Taverna (2011) Dimensione, percezione ed esplorazione del Wonderland Agribusiness Paesaggio & Ambiente, 14, 100-108 [PPC] F. Pupillo, L.C.Piccinini, T.F.M. Chang (2011) Sistemi urbani lineari e dinamica antropica della popolazione Agribusiness Paesaggio & Ambiente 14, 4051 [SE] E. Sereni (1974) Storia del paesaggio agrario italiano Laterza, Bari [SI] C. Sitte (1889) Die Staedte-Bau nach seinen Kuenstlerischen Gruendsaetzen Graeser, trad. it. (1981) Larte di costruire le citt Jaca Book [SIM] H.A. Simon (1991) Models of my life Basic Books [SO] M. Sorkin (1992) Introduction in M. Sorkin (ed.) Variations on a Theme Park: the New American City and the End of Public Space Hill and Wang, New York [VE] P. Vergilius Maro edidit R.A.B. Mynors (1969) Opera Oxford Classical Texts

286

Ontogenesis of the Utopian Quest


Ron Reminick* Abstract
Evidence from the ethnographic record and data from a variety of disciplines, including anthropology, psychology, gerontology, philosophy, and evolutionary theory, suggests a way of life that creates new possibilities for the human condition and the environment we inhabit. That environment is one of a grounded environment that respects the laws and principles of evolution and survival in community. In contrast to the ideal characteristics of people and environment it is useful to compare this on a theoretical level with those conditions that have created unhappiness, conflict, and violence at all levels of social and cultural complexity. Specifically, we find that the universal personal qualities of spirituality, the ideal characteristics of the healer, recent research findings on happiness, and the conditions of longevity, here labeled orthogeriatrics, all dovetail and reinforce each other creating a synergy of high human potential. An evolutionary perspective on these various qualities suggests an orientation and direction for citizens of the human species to consider in their contributions to a new world order; a utopia that grows from within the heart and spirit of each human being.

Hypothesis: The ideal personality components of the healer and the qualities of spirituality and happiness, coupled with the cross-cultural orthogeriatric research data on the longest living people, provide for us a utopian program for well-being and selffulfillment, integrity of person and community, and a healthy direction for cultural evolution. 1. Introduction. This essay does not intend to trace the literature on utopian movements. Rather, this paper is about potentiation and its actualization, on the levels of person, group, nation, and species. I speculate that at the dawn of sapientization, and very possibly before, we were endowed with certain capacities, potentials, that soared beyond normal personality structure and culture. And further, that there were individuals, men and women, oft-times considered gifted who stood out in the community and took on the roles of diviner, healer, mediator, fortune-teller, storyteller, and teacher. These individuals most often were regular citizens of their community making a living by normal occupations, yet performed their exceptional roles when members of the community appealed to them. We most often recognize them as shamans who reach out into hyperspace (Reminick, 2006) to receive
*

Dept. Anthropology, Cleveland State University, Co-Director, Center for Healing Across Cultures. Abbreviated versions of this paper were presented at the International Symposium on Healing Across Cultures, Loyola University of Social Science, Kerala, India, and Amrita University, Coimbatore, Tamil Nadu, India 5-12 July, 2007, and at the Conference of the Society for the Anthropology of Consciousness, Yale University, New Haven, 21 March, 2008. This paper is dedicated to Sri Matha Amritananda Mayi Devi. 287

information that may ameliorate a condition, be it medical, personal, or social. No doubt, as we see today, there are those who play at these roles in order to further their living but have no actual gifts save their cleverness and skills in working with their community. The shaman mobilizes supernormal powers with the aid of a spiritual technology requiring the performance of ritual, the expression of love, and the establishment of grounding. This technology includes drums, rattles, music, chanting, entheogens, and the liketo be discussed in fuller detail later on. 2. An Evolutionary Perspective on Vitality and Aging: Steps Toward Spirituality. A million years ago our Homo erectus ancestors were already crossing the threshold toward humanity. The problems of adaptive survival were being worked out. In the works were a burgeoning cognitive brain and a family-based social structure. Life expectancy was 3545 years. These beings had a great vulnerability to climate, accident, disease, and unexpected death; these issues were very real, palpable, and omnipresent. I suggest that the heightening instincts of social life and language-based communication allowed for an emotional sensitivity to the exigencies, joys, and sorrows of daily life. In this context I speculate that a nucleus of emotionality evolved: fear, love, hope, the plea, and faith or belief emerged as a configuration that became a Gestalt for the nurturing of humanizing culture. The singularity of these separate emotional states became galvanized and transformed in the context of ultimate concerns, the penultimate of which was the realization of the inevitability of death. This synthesis of emotional states within the body of ultimate concerns emerged as a cultural revolution, giving birth to the institution of religion which provided answers and explanations to inscrutable questions. Some of the glue that held people together in community was the empathic sense: the capacity to cognitively and emotionally understand the experience of another. The capacity for empathy lives in potentiation but must be learned and developed as a skill to be practiced within family and community. As we developed our humanity and civilization our longevity increased. The nuclear family and the 3-generation extended family became institutionalized as a highly adaptive form for survival. It is normally around middle age that the capacity for the empathic experience becomes salient, if it is developed at all, in a particular individual. Women have this capacity to a larger extent and at a younger age. It is at middle age that a sobriety and maturity about life normally develops. And from the insight into ones mortality one may develop a personal spirituality or a religiosity, given already in ones culture and encouraged by ones knowledge of ones limited time on earth. Now, what we call mid-life was that very same time that normatively, was the end of life for persons in an earlier era.

288

Through language and culture the human species proved unique in having evolved an open system of growth and social and personal development. Aging after mid-life signals a new challenge for members of society. The social challenge is to learn or relearn the roles of grand-parenting and elderhood in community. The personal challenge is to remain healthy and joyful and a valued asset to family and community. Aging after mid-life offers the challenge of recouping and rediscovering those human attributes that allowed our survival and growth and societal development from the very beginning. These attributes are the very qualities found in childhood, for human beings are truly neotenous beings, having the capacity to retain those qualities developed in childhood (Montague, 1989, chapter 6). Montague posited 27 needs that humans had to satisfy to become healthy mature adults. For brevity I point out several of those human needs: One of the most important of these, in my opinion, is the need to give and receive love. This is the foundation of relationship, of giving and receiving in an on-going dialogue and dialectic of complementary and oppositional forces playing out in continuous interaction from generation to generation. The wisdom of accumulated human experience inclines one, if not obligates one, to teach the basic lessons of life. In society this is accomplished through song, poetry, story-telling, mythology, and oral history. It is through these traditions that love is mobilized and the art of loving is learned in human encounters. This provides the foundation for satisfying the need for friendship. Friendship is the vehicle for the establishment of intimacy, so vital in mature conjugal relationships. Once, on a sunny pasture in highland Ethiopia, I asked a 14 year old shepherd girl (in Amharic) how she conceived of a friend. She replied, One I can tell my deepest secret to implying implicit trust. The quality of sensitivity, included in Montagues list, certainly enhances ones capacity for empathy and relationship. Two very important adaptive traits are an eagerness to learn and the ability to learn from experience. The traits of curiosity and open-mindedness which facilitates the learning experience are closely associated with this. Ones disposition of playfulness and the quality of imaginativity certainly encourages the creative process, so critical in issues of ones adaptation to their natural, social, political, and economic environment, as well as contributing to ones recreational, therapeutic, experience. One last human need Montague emphasized is the need for explanation. What we cannot explain through empirical observation we make up. This need for explanation is the foundation of mythology found universally in human culture. During a conversation about kinship and marriage I once asked a middle-aged woman in highland Ethiopia to explain menstruation. She said it was Gods curse. But not all curses are bad. God wanted to remind woman that she was the subservient servant of man, and just as the warrior sheds the blood of the enemy, God sheds the blood of the
289

woman. But the concept of enemy, in Amharic translation, isnt necessarily someone you hate or need to eliminate. The enemy is one who poses the challenge to the other. Without an enemy how may one actualize his mastery, his domination, his authority? The adaptive functions of the grandparental generation contributed to the adaptation and survival of prehistoric and contemporary indigenous peoples and society. A terrible incident in highland Ethiopia illustrates this point: One cold, wet dawn morning mother Almaz had to go to the spring to fill her gan with water. When Almaz went to gather water or coffee cherries or when she went to the market she usually left little 4-year-old Kebebush with her own mother, Kebebushs grandmother. This morning grandmother had a bad stomach ache, a sharp pain that kept her in bed. So, Almaz took her little girl with her to the spring. As Almaz busied herself filling her gan with 40 liters of water, little Kebebush wandered off a short distance, as 4-year-olds are want to do. Out of a clump of bushes and rocks on a little hill came a hyena who snatched up little Kebebush in its powerful jaws and ran off with her. The little girls remains were never found because hyenas eat everything, including the bones of their prey. The screaming, the anguish, the horror of that incident lived in our village for months. The guilt of the grandmother and the mother appeared to be irreconcilable and they were inconsolable. Because grand-parents and aging adults are free from the primary responsibility of the discipline of children and the emotional conflicts engendered therein, they are fit for being the best teachers of their grandchildren. Timeless traditions have shown grandparents to be the childcare providers, the music, dance, and sex educators, and the story-tellers that instill a sense of history and identity in their grandchildren. Aging adults are the best emotional educators. They can disseminate important information as living examples of what life holds for all in the end. They are the nurturers of the young, providing information, value, and culture. They are the nurturing means through which the wealth of humanity is realized in the fulfillment of the unique potentialities of each of societys members (Montague, Ibid.). Therefore, one of the elements of the utopian environment lies with the grandparental generation, but these skills must be learned from ones forebears lest the traditions die. 3. Centenarian Well-Being. Professor Murali Nair of Cleveland State University School of Social Work, has done research on the centenarians of Kerala, South India. His list of twenty-some-odd behavioral traits he found commonly among his respondents is highly complementary to those issues which are the focus of the utopian elements of this paper. Here I shall note several customary traits that contributed to their sense of well-being. There is no priority of salience here, but I note those that I believe are fairly critical for ones sense of well-being.

290

There is a nutritional component to Indian centenarian well-being: they are vegetarian, they pause before eating, they consume food in moderation, they do not eat less than two hours before going to bed, and they fast once per month. Centenarians commonly engage in prayer before rising from their bed each morning. They often practice sun-gazing in the very early morning. They, as most Hindus do, practice Namaste taking the energy from the left and the right hands and putting it together to give to the one greeted. They ardently maintain their faith which includes filial respect and filial piety. Closely related to this is a holistic approach to the environment and a deep respect for the earth and all of natures creatures. There is a high value on keeping the mind active. Commonly heard is the dictum Add life to your years rather than years to your life and this is maintained by having a mission, a purpose, in life. This will help one stay happy and avoid anger. Their philosophical attitude can be translated as take life as it comes with acceptance and without resentment. There is a value on spending a good deal of outdoor time with continuous physical exercise. Centenarians are commonly seen practicing acupressure on themselves throughout the day, touching areas of their body in a very relaxed and perfunctory manner. Centenarians rise very early, often before dawn and go to bed fairly early. Before sleeping they may recall the days activities and make plans for the next day. They customarily sleep with their head to the east so their body maintains alignment with the earths magnetic field. 4. The Personal Qualities of Spirituality. The thesis of this paper is that the utopian life begins with the individual whose qualities are communicated and shared with the community, and from the learning and practice of these qualities the utopian quality of life can become institutionalized. Those qualities of spirituality, I believe, are integral to building a utopian life. William James wrote that saintliness is the ripe fruits of religion (Lehmann, Myers, Moro). For our purposes we can substitute his word, saintliness with spirituality. James asserted that this state of being is universal. It involves a group of spiritual emotions that form the habitual center of personal energy. It includes a feeling of being in a wider life than that of the worlds selfish interests and a conviction about the existence of a penultimate power. And, there is a sense of the friendly continuity of this power with our life and a willing self-surrender to its control. This can bring on a feeling of elation and freedom resulting from the escape from a confining selfhood. There should occur a shifting of the center of emotions toward loving and harmonious affections; a move toward yes and away from no (Ibid.,203 quoted from de Ropp).
291

Spirituality is consistent, stable; does not fluctuate. There is an inner consistency which is manifest as a permanent set of values. And there is an awareness of the presence of the power that some religions call God and this awareness is a source of repose and confidence (Ibid.). Let us compare the realms of science, religion, and spirituality: Science is the realm of empirically based knowing; religion is the realm of believing; spirituality is the realm of being. The aim of the spiritual life is to raise the level of being and consciousness of the engaged person; to understand the meaning of life in terms of direct personal experience. The fruits of this expansion of consciousness include indifference to possessions; a capacity for impartial, objective love; a capacity for compassion; indifference to physical discomfort; complete freedom from the fear of death; and charity the greatest fruit of spiritual life. The concept of Bodhisattva (who regards sentient beings with compassion) has the same emphasis on charity (Ibid.). 5. Personality Attributes of the Healer. In my studies of healers around the world I found a certain configuration of ideal human qualities that would appear to contribute to a utopian community. Of course no one single human being may possess the totality of these qualities, but in conceiving of an ideal, an abstract utopian configuration of qualities, we may look to the healer, the diviner, the shaman; that extra-ordinary human being who lives a normal life in his or her community and serves when needed. I believe the healer is one of the oldest of professions, along with the mid-wife (that other profession commonly called the oldest is really only about 5,500 years old) and may reach back before we were fully sapienized. The shaman stands alone as a special kind of person. The role of the shaman/healer is universal; found in all societies and cultures of the world. I believe it evolved with midwifery requiring special gifts or skills. I prefer to think of these practitioners on a skill/effectivenessbased continuum rather than a dichotomy of practitioner/non-practitioner. Just as we find great medical doctors, acceptable medical doctors, and poor doctors, we can conceive of particular shamans/healers on a gradient of effectiveness in terms of their influence on their clients and community as well as their effectiveness with maintaining their own level of spirituality. Carl Rogers (1957) suggested three critical qualities necessary for effective therapy, in his case, psychotherapy. First is the quality of congruence, or genuineness and personality integration; secondly, unconditional positive regard; a warm acceptance and non-possessive caring for the client; and third, accurate empathy, understanding the clients experience correctly. Additional research (Wedenoja, in Moro, Myers, and Lehmann, p.231) has shown that effective healers are also intelligent, responsible, creative, sincere, energetic, warm, tolerant, respectful, supportive, self-confident, keenly attentive, benign, concerned, reassuring, firm, persuasive, encouraging, credible, sensitive, gentle, and trustworthy.
292

Since these 21 traits are based on American research they may not all be universal. Furthermore, each trait may be conceptualized on a continuum both synchronically and diachronically. That is, healers may be placed on a continuum for each trait from nonexistent, poor, through to highly successful. And a particular trait of a specific healer may place differently on this continuum from day to day depending on ones social situation, mood, or likeability of the client and difficulty of the condition addressed. Nevertheless, on an ideal plane, we can consider these traits convincingly important in the treatment of clients and community. We may also keep in mind that these traits may be highly beneficial to the person who possesses them. 6. Happiness. It is my conviction that generally happy people are involved in more fulfilling relationships and contribute significantly more to their communities than unhappy souls. The utopian ideal, I believe, must include people who are happy in their situation, relationships, and integrated in their environment. There has been a growing awareness of, interest and research in wellness and happiness in recent years. This interest is seen in the authors from a number of disciplines who have contributed to the subject. For example the Journal of Happiness Studies: An Interdisciplinary Forum On Subjective Well-Being, edited by R. Cummins, provides an outlet for this kind of research. A notable author on the subject is psychologist Sonja Lyubomirsky, Ph.D., Stanford University, who explains why the study of happiness and well-being is important in human research: In short, because most people believe happiness is meaningful, desirable, and an important worthy goal, because happiness is one of the most salient and significant dimensions of human experience and emotional life, because happiness yields numerous rewards for the individual, and because it makes for a better, healthier, stronger society. Dr. Lyubomirskys years of research has shown that chronically happy and unhappy persons are systematically different and normally conduct their lives cognitively and motivationally in a manner that supports their respective dispositions. Are there benefits to being happy? Continuing research clearly reveals the implications for society synchronically as well as diachronically over both short periods of time and extended periods of time, which also spells out the implications for human evolution. A recent review of all the available literature has revealed that happiness does indeed have numerous positive byproducts, which appear to benefit not only individuals, but families, communities, and the society at large. The benefits of happiness include higher income and superior work outcomes (e.g., more satisfying and longer marriages, more friends, stronger social support, and richer social interactions), more
293

activity, energy, and flow, and better physical health (e.g., a bolstered immune system, lowered stress levels, and less pain) and even longer life. From their focus groups and studies and analyses of their case protocols Rick Foster and Greg Hicks have come up with a most interesting book, How We Choose to be Happy (Putnam, 1999). They define happiness as a profound, enduring feeling of contentment, capability and centeredness. Its a rich sense of well-being that comes from knowing you can deal productively and creatively with all that life offersboth the good and the bad. Its knowing your internal self and responding to your real needs, rather than the demands of others. And its a deep sense of engagementliving in the moment and enjoying lifes bounty (p. 3). Their 9 parameters of happiness are (p. 6): Intention: the active desire and commitment to be happy and the fully conscious decision to choose happiness over unhappiness. Accountability: the choice to create the life you want to live, to assume full personal responsibility for your actions, thoughts and feelings, and the emphatic refusal to blame others for your own unhappiness. Identification: the ongoing process of looking deeply within yourself to assess what makes you uniquely happy, apart from what youre told by others should make you happy. Centrality: the nonnegotiable insistence on making that which creates happiness central in your life. Recasting: the choice to convert problems into opportunities and challenges and to transform trauma into something meaningful, important and a source of emotional energy. Options: the decision to approach life by creating multiple scenarios, to be open to new possibilities and to adopt a flexible approach to lifes journey. Appreciation: the choice to appreciate deeply your life and the people in it and to stay in the present by turning each experience into something precious. Giving: the choice to share yourself with friends and community and to give to the world at large without the expectation of a return. Truthfulness: the choice to be honest with yourself and others in an accountable manner by not allowing societal, corporate or family demands to violate your internal contract. 7. Impediments to Happiness and Well-Being. The authors Foster and Hicks also suggest 35 ego defenses that may act as barriers to happiness. A sample of these are given here (p. 57): Loss of humor, taking offense, playing dumb, being highly critical, needing to be right, wanting the last word, flooding with information to prove a point, endless
294

explaining and rationalizing, playing the victim, rigidityIm not willing to change, denial, withdrawal into deadly silence, cynicism and sarcasm, confusion, eccentricity, being too niceobsequious, holding a grudge, inappropriate laughter, and self-deprecation. 8. Transformational Processes. On a more theoretical level I propose a relative deprivation macro-model of motivation. The first part deals with the causes of discontent that I believe accounts for a great deal of psychosocial phenomena, from stress-related illness to mass violence (Reminick, 1988). The second part deals with culturally determined modalities for the transformation of potentially destructive energy into socially productive and creative behavior. I begin with a deprivation-derived model of motivation. As Abraham Maslow said long ago, a satisfied need is no longer a motivation. My model is a causal chain which is a chain of dispositions found in most, if not all, warm-blooded animals. It begins with a state of deprivation which leads to other stage-related dispositional responses: Deprivation>Frustration>Hostility>Aggression>Modes of Response Each of these successive states may be conceived as a continuum of emotional energy, from weak to strong, determined by the nature and strength of the stimulus, the life history of an individual, and the characterological structure of that individual. Needs are either innate or derived. Deprivations create needs. For simplification we can posit a dichotomy of deprivations: absolute and relative. Absolute deprivations refer to basic needs for food, shelter, protection, nurturance, touch, cognitive and social stimulation, and the like. Traumatic experience at this level can engender longlasting psychological infirmities. Relative deprivation develops when feelings of frustration are aroused because ones situation does not meet ones expectations or desires. The basic categories of relative deprivation, as Aberle (1965) suggested, are possessions, status, self-worth, behavior, and power. These represent basic needs which are shaped by the culture in terms of the ideals and expectations of that culture. I suggest that the closer one gets to ones goal the higher the motivation and the nearer the barrier to the goal the higher the frustration and the greater the sense of deprivation because of the a) nearness of the goal, and b) the amount of investment along the path across the barriers to the goal. The anger, either conscious or unconscious, leads to certain dispositional modes of response. The first 5 response categories are fairly primitive: impulsivity or lashing out, displacement, involution, i.e., emotional depression or psychosomatic response such as sudden ailments or afflictions, social isolation, and denial. The sixth category involves creative responses to these deprivations or unfulfilled needs. In most cases
295

culture provides modalities for the shaping and expression of the energy needed in the investment. This includes all varieties of sports, verbal contests, law, literature/poetry, medicine, military or police, social movements, and lastly, for our purposes, spiritual movements. The last two categories are normally initiated with the recognition of anomie and the search for a greater meaning in ones life. The sources of deprivation are many and the options for alleviating the frustrations are many. 9. The Revitalization of Positive Consciousness and Well-Being. When a cohort of the population realizes that they are unhappy and that there is another, more satisfying way of life to welcome and the communication of this way of life reaches a critical mass they are ready for change. The first stage of this change is for that cohort of the population to recognize the leaders and teachers of that change. This often requires an intelligent charismatic personality who can communicate and reflect the ills of a people and offer a path to a more satisfying way of life. In America, the Black nationalist movement led by Elijah Mohammad and the Black rights movement led by Malcolm X; and the Civil Rights movement led by Dr. Martin Luther King are good examples of revitalization movements. In the contemporary world there are many teachers and charismatic personalities from many walks of life including yogis, new age shamans, psychologists, ecologists and environmentalists, physicians, nutritionists, cosmologists, psychics including animal communicators; people who offer stress relief and show the way to happiness. This sets in motion a process that Wallace (1956) termed revitalization movements which appear to be universal and sporadically occurring in the various parts of the world since time immemorial. Wallaces paradigm of 6 phases are not mutually exclusive. The initiation of successive phases may include the previous phases and operate simultaneously and reinforce each other. Then, as the earlier phases wane in response to the gaining momentum of the later phases, the movement approaches maturity. The first phase of the movement is the formulation of a code where the intelligencia of the movement articulates the issues of the masses and articulates a pathway to a better life. The second phase is communication. The ideology must be communicated; must be preached and evangelized through personal communication and the media. This communication must accomplish several goals: It must articulate the problem of the people; it must mobilize the sentiments of those involved; it must articulate the nature of the deprivations; and it must offer a way out of the commonly experienced problems. The communication must also offer material, social, and spiritual rewards that are expressed as a superior way of life. The third phase is organization. This phase is what I call the politicization of discontent. The cohort of the population must realize their discontent and mobilize for change both on a personal level and a social level. They must access the avenues
296

to political power to assist them in actualizing their goals. The leader must recognize his or her disciples and these people must create an organization to communicate, fund, recruit, and legitimate their movement. The fourth phase is adaptation. At this stage there is both an internal and external challenge. The movement most certainly adapts to the sociopolitical environment of the larger society yet keeps from being perceived as a threat to that society. Furthermore, the movement must adapt to the internal strains, conflicts, factions, and inadequacies and maintain internal integrity and development. The fifth phase of the revitalization movement is cultural transformation which signals the transformation of a significant part of society to a new way of life; a way of life that is self-fulfilling and sustainable and can be offered to the next generation. It is the stage of organizational maturity and efficacy (Parenti, 1964). The final phase of this process is routinization when pattern stability is achieved and the various aspects of the ideology, values, and social agencies become institutionalized. CONCLUSION: THE ARCHITECTURE REALIZATION OF THE UTOPIAN QUEST OF WELLBEING AND THE

At the society-wide level, it is the responsibility of the institutions of government to support and enforce an ecology that nurtures the populous and encourages a balance of nature while frustrating the narcissism and greed of the oligarchy. On a more immediate level we must have community leaders who are knowledgeable about healthy living of humans, animals, and plant life, and the earth, water, and air that support these living beings. The utopian community must have educational institutions whose members teach healthy living, promote mind-building mentalities, including music and recreation and creativity of individual students. Proper nutrition is critical for growing children, and therefore, school food venues must serve items that help brains grow and eliminate those items that contribute to the mental and social ills of youth. At the societal level we must develop more far-reaching federally-funded parent socialization agencies that provide information for informed living and healthy childrearing. Individual Well-Being and the realization of the utopian quest must include a mission, a calling, a vision and a commitment. Ones work must excite with the expectation of fulfillment. One can create an identity around the mission in ones life. Satellite activities in life should be built around, and be in conjunction with the mission.

297

The seven parameters of individual well-being and community realization are as follows: Nutrition: Know the foods and supplements that address the problems of aging. Antioxidants, calcium-magnesium, immune enhancers, herbal tea and clean water, and many other food supplements for specific organ functions. The major detriments to aging health include excessive caffeine, sugar, fat, alcohol, and nicotine. I believe the single-most important factor contributing to a U.S. epidemic of childhood and adult obesity and diabetes is high fructose corn syrup, present in processed foods and soft drinks. Hygiene: Cleanliness involves all body/mind systems: Skin, hair, nails, sinuses, lungs, alimentary canal from mouth to anus, organs, and healthy thoughts and positive feelings. Exercise: Aerobics for the cardiovascular system. Resistance work for adequate stress of muscle on bone. Stretching to loosen joints and tendons and disperse stress. Pubococcygeus work to maintain a powerful pelvic floor and sexual vitality. Breathing and meditation exercises. Psychosocial vitality: It is important to maintain a positive attitude. Avoid fatalistic thinking. One must see barriers to goals or problems as challenges rather than threats. One must maintain self-reliance. To know ones self one must cultivate introspection through meditation. One must see each individual encountered as a world exciting to explore. Social involvement: Community engagement in neighborhood activities and issues engender a sense of belonging, a sense of identity, and a sense of ones contribution to the greater whole. Relationships of intimacy among same-sex peers and opposite sex peers, who share a common mission, reinforce psychosocial solidarity and wider creative social organization. Education: Consider the learning experience as a never-ending goal in life. Keeping the mind active will keep the brain active and vibrant, provided no intervening disease occurs. To do this one must develop continuous, on-going learning goals toward higher levels of consciousness. Realms of learning include the areas of intellectual pursuit, music, kinesthetic development, art, language-learning and poetry, arts and crafts, travel and ethnographic experience, teaching, psychotherapy, religious perspectivesincluding religious ideology and eastern spirituality such as yoga. The Spiritual Quest: Finally, one must develop the practice of yoga and other meditative disciplines. This may normally occur in ones middle age or elderhood, because that is the time human beings begin to seriously consider their mortality.
298

This spiritual quest may normally develop through ones established religion, or, seekers of the spiritual life may adopt another discipline thereby evolving a transcendental perspective and life practice. The ontogenesis of the utopian quest has, for centuries, been in its seedling form. However, with the onset and development of efficient mass communications, and especially with widespread access to the internet, the movement, seen in environmentalism, New Age culture, nutritional research, and sophisticated modalities of conflict resolution, has gained an inexorable momentum. References Aberle, David 1965 A Note on Relative Deprivation Theory as Applied to Millenarian and Other Cult Movements. In Lessa and Vogt, 1965, pp. 537-591. Cummins, R., ed. Journal of Happiness Studies: An Interdisciplinary Forum on Subjective Well-Being. de Ropp, Robert S. 2008 Psychedelic Drugs and Religious Experience. In Moro, Myers, and Lehmann. Foster, Rick and Gregg Hicks 1999 How We Choose to be Happy. Putnam. Lessa, William A. and Evon Z. Vogt 1965 Reader in Comparative Religion. Harper & Row. Lyubomirsky, Sonia and Kari L. Tucker, June, 1998 Implications of Individual Differences in Subjective Happiness for Perceiving, Interpreting, and Thinking About Life Events, Journal of Happiness Studies: An Interdisciplinary Forum on Subjective Well-Being, edited by R. Cummins. Springer Publishing McTaggart, Lynn 2007 The Intention Experiment. Free Press. Montagu, Ashley 1989 Growing Young. Bergen & Garvey. Moro, Pamela, James Myers, Arthur C. Lehmann 2008 Magic, Witchcraft, and Religion, 7th ed., McGraw Hill Publishers.

299

Parenti, Michael 1964 The Black Muslims: From Revolution to institution. Social Research, 31:175194. Reminick, Ronald A. 2006 Landscapes of Ayahuasca-Induced Interiority Transformation in 3 White Middle-Aged Educated Women. Paper presented at the annual conference for the Society for the Anthropology of Consciousness, 12-16 April, 2006, Asilomar, California. Reminick, Ronald A. 1988 Black Ethnicity: A Conceptualization of Black Culture, Social Organization, and Personality. Chapter 8. Kendall Hunt Publishers. Rogers, Carl 1957 The Necessary and Sufficient Conditions of Therapeutic Personality Change. Cited in Wedenoja. Wallace, A.F.C. 1956 Revitalization Movements. American Anthropologist, 58:264-281. Wedenoja, William 2008 Mothering and the Practice of Balm in Jamaica. In Moro, Myers, and Lehmann, pp. 230

300

Utopia and Fascist foundation cities The case of Torviscosa


Maurizio Scaini1 University of Trieste Abstract
The foundation cities were the principal expression of Fascist urban planning that was linked to the industrial urban utopias of the 19th century. This construction pursued a new social model that envisioned harmonious co-habitation among the residents, the relative end of class conflict, the promotion of autarchy, the organisation of the new anthropological model of a radiant society in which the dichotomy between city and countryside would be superseded. In this article, we analyse the case of the town of Torviscosa, founded in the lower Friulian plain in 1937, amidst swampland subject to reclamation whose economic activity, the production of viscose, was a response to international sanctions that were applied to Italy after the invasion of Ethiopia the preceding year.

1. Utopias and ideal cities The word Utopia should be understood in its most authentic meaning. If we limit ourselves to the etymology of the term, we find two meanings: the first, u-topia, negates itself, being a non-place. The second, eu-topia, emphasises instead the possibility of a happy place. The numerous texts that summarise these reflections may be grouped into two principal schools. On one hand, those regarding tales of utopia, referred to by writers such as Thomas More, Campanella, Paruta, Francis Bacon, Cyrano de Bergeraq, Fontanelle, Tissot de Patov, Swift, Morelly, Voltaire etc., and the industrialist utopia of Socialist and collectivist inspiration that appeared in Europe during the 19th century. Although it was a milestone in its literary genre, Thomas Mores Utopia of 1516 represents in reality a chapter of a much longer literary tradition that began with Plato. The novelty of his work, which would influence man of the later utopian writers, lies really in the fact that the utopian narration is used as
1

Maurizio Scaini is professor of Geographic Economics and Geopolitics at the Faculty of Political Science of the University of Trieste, where he has also taught Territorial Planning and Organisation. Among his publications we may highlight research themes related to various urban realities of the Mediterranean for example, Le problematiche della sicurezza urbana, (Problems of urban safety) La Mongolfiera, Trieste, 2009, The Form of Hetherotopia in Cairo in Bulletin de la Socit de Gographie dEgypte, 2001, Il pellegrinaggio a Gerusalemme e la riscoperta geopolitica della Palestina durante il XIX secolo (The pilgrimage to Jerusalem and the geopolitical rediscovery of Palestine during the 19th century) in Di Blasi A. (editor), Atti del XXIX Convegno Geografico Italiano, (Acts of the 29th Italian Geographic Congress) v. II, Palermo, 14-16/9/2007, Patron Editore, Bologna, 2008. 301

a critical tool of contemporary society. The industrialist utopia however does not propose itself as an antithesis of the new course of history; instead it accepts this as a basis even as it criticises history and attempts to offer solutions to what it considers distortions. Several elements are common to the two traditions, such as the search for liberty and an ideal social model, confidence in progress, technology, science, in the future of humanity (Bnichou P., 1977). Next to these characteristics, the geographicpolitical potential that accompanies these projects should be emphasised. Representations of the city and of society go hand in hand. Thomas More, in his famous book, hypothesises an ideal state closed on an island but surrounded by regions that are equally distant among themselves, each with defined residential institutional, communitarian and production spaces. Similarly, Fourier and Owens and the other industrialist utopians thought of a new model of urbanisation that was to have been extended progressively at a planetary level. The majority of utopians are, finally, social reformers and their conception of the city remains quite vague. For these reasons, their urban idea is usually a derivation of their social critique. Quite different instead is the school of thought regarding ideal cities that Greek tradition of the Milesian school takes, which returns to the fore with Humanism, developing at the same time as the reflections on utopia. Meaning and function of the aesthetic dimension of the ideal cities as well described in the first treatise on architecture of the modern era De re aedificatoria by Alberti, finished in 1452 and published in 1485, which influenced the studies that accompanied cities with works of art during the Renaissance. City and State, in Renaissance philosophy, are related concepts, in part interchangeable, in the sense that it becomes natural to see in the city the expression of the magnificence of the State and vice versa (see Burckhardt J., 1980). The foundation of an ideal city did not respond to reasons of necessity but aspired to create a superior model of social cohabitation. In this context, an extreme possibility was represented by the attempt to translate utopia into an urban structure. According to Kruft, the elements that define the ideal city are utopia, aesthetic reflection and urban transposition (See Kruft H.W., 1990). The common motif that links ideal cities and utopias lies in the faith that it is possible to achieve earthly or extra-earthly improvement of the individuals who decide to participate in this experience (Rosenau H., 1974, pg. 13). The transposition of the social structure in a form of utopian cohabitation to identify the ideal city, moreover, is not sufficient but requires also urban-planning and architectural reflection. If utopia, however, envisions the awareness of the inhabitants that they are protagonists of an original project, in the case of the ideal city this awareness should be the jurisdiction only of the creators, whose intent in any case is to confer an exemplary character to their creation which will exceed reality, thus improving it. The case of Torviscosa reaffirms these considerations. This was an attempt to create an ideal city, with evident utopian components, aimed at creating an exemplary model, the synthesis of political, economic and social exigencies in a territory which in the past had been both marginalised and depressed.
302

2. Fascism and the rural revolution The reclamation projects undertaken by Italian Fascism are to be inserted into a wider ideological framework given that they were a response to the need to eliminate the social tensions that threatened the new Fascist order, they pursued an improvement in national agricultural productivity, but above all they should have represented the pillar of a new national social geography. Since 1917, faced with rural protests, Fascism had emphasised the need to tie the poorest farmers to the land through a generic agrarian reform. These proposals became a priority within a more systematic governing programme following the so-called Speech of the Ascension held by Mussolini in 1927 (Mussolini, B. 1927). In his monologue, the Duce considered the question of the physical health of the Italian people. Having noted the low fertility rate, less than 27 per thousand, he introduced a demographic challenge as a precondition for the economic and moral success of the country. The reasons for the low Italian birth-rate were to be found in industrial urban development, which had weakened the nation and were at the origin of the decadence under way in contemporary western civilisation. In later days, in an article in Il Popolo dItalia, under the emblematic title Sfollare le citt, (Dispersing our cities) Mussolini explained the guidelines of the new territorial organisation which the government pursued (Mussolini B., 1928). The strategy to follow, if necessary also with coercive means, was rural life, a solution that would have bypassed the conflict between free-market capitalism and socialism, defended the patriarchal family, a hierarchical and authoritarian microcosm, increased procreation by Italian women, stopped migratory flows, favoured development, independence and the expansionist designs of the regime. This road would also have sanctioned the productive primacy of modern agriculture, integrated with industry, creating a new figure among agricultural workers, linked to the land and aware of the most authentic values of Italian culture. To this end, laws that were undoubtedly effective were promoted to intervene in the under-utilised areas to produce profound changes in the landscape, in the productive model and in the social organisation of the Italian rural landscape. On the whole, the results of the project were contradictory and in any case, below expectations especially since a basic overall strategy was lacking. Urban development did not stop, agricultural land speculation was never really blocked, private initiative was often in conflict with public initiative, the exponents of industrial and agricultural capitalism, who represented an economic base for the new strategy and consensus of the regime, maintained their privileges while the environmental impact was neglected. Beyond this general strategic defect, the regime obtained local and partial successes, in particular with the creation of twelve towns, defined as being foundation cities, built between 1928 and 1940, accompanied by the construction of numerous minor settlements with differentiated functions and an autarchic industrial vocation, in Italy, Italian East Africa and in the Dodecanese (See Nuti L., pg. 231-246).

303

Even though in a majority of cases the economic objectives that guided the construction of these centres were never achieved, the more interesting aspects, carefully exploited by the regimes propaganda, regarded their rapid production schedules, the pleasant architectural and urban composition, the concentration of services and sport structures as well as, especially in the case of Torviscosa, where private initiative was freer from the shackles of the regime, the integration into the productive system of areas that were formerly marginal, the improvement of the inhabitants material conditions. The search for a new way to conceive of the city found its manifestation in two principal types: the agricultural cities, deriving from the great land reclamations and those industrial that exploited the presence of particular raw materials. These nucleus centres were not cities in a total sense, as Mussolini himself often repeated2, more likely that included centres created for the control of a territory that had been colonised only recently, and from whence an administrative structure, that linked the peasants to Fascist organisations and through them to the national policies of Fascism. The example of the foundation of the Roman military colonies influenced these realities through the orthogonal road layout that permitted the easy division of the settlement in functional and hierarchical sections, with typically an emphasis on four or five areas: an area of houses for the executives, those dwellings for the office and factory workers, the production area and a zone reserved for institutions. The Ancient Roman elements are noticeable also in the constant presence of porticoes in the piazzas and the use of local construction materials that wound up giving the foundation cities an aspect of sober dignity that would later become a symbol of autarchy and national pride. At the same time, the foundation cities recalled the medieval towns for their urban profile, with the town square and the towers that adorned the palazzi of the municipality and the Case del Fascio while inspiration was taken from Modernism for the geometric simplicity of the buildings. The overall image of modesty, which did not spare public edifices, was compensated at the end by the harmonious alternation of green spaces and built-up surface areas, by the attention paid to the sunny illumination of the buildings and the direction of the winds as well as the search for panoramic effects over the surrounding landscape. Table no. 1. The twelve new cities in order of completion. Mussolinia (today Arborea) Littoria3 (1) (today Latina) Sabaudia Pontinia Guidonia Fertilia
2

1928 OR 1932 LT 1934 LT 1935 LT 1935 Rome 1936 OR

Reclamation Reclamation Reclamation Reclamation Air Force service centre Reclamation

In an earlier stage Mussolini had rejected the definition city for these centres, preferring instead the label rural municipalities. His criticism of the metropolis was later eased, in consideration of the needs of the regimes propaganda. On this topic see Nuti L., 1988, pgs. 231-246. 3 This was the only city elevated to a provincial capital. 304

Aprilia Arsia Carbonia Torviscosa Pomezia Pozzo Littorio Source: Ghirardo D., 2003

1937 LT 1937 Croatia 1938 CA 1938 UD 1938 Rome 1940 Croatia

Reclamation Coal-mining Coal-mining Reclamation Rural Centre Coal-mining

3. The Lower Friulian Plain Lower Friuli refers to that part of the Friuli-Venezia Giulia Region that goes from the Latisana district on the east bank of the Tagliamento River to the municipalities of Cervignano, Aquileia and Grado4. In the middle of this flat territory there is the municipality of Torviscosa, originally a rural town whose place name was Tor di Zuino5. The Friulian territorial structure, certainly the product of a certain continuity with Rome and the Latin world, is the promiscuous and complex result of many eras and peoples. For various reasons this is a land where the chronological succession between pre-history, ancient history, Middle Ages, modern history and contemporary history is not completely applicable. More realistically, it has been observed that there are areas in which pre-history and the Middle Ages have often been present down through the centuries (see Tentori R. 1982): most of all, Feudalism, with the presence of several of its more typical institutions that survived at least until Italian unification. The lack of a bourgeois age, comparable to that of other Italian regions, delayed the development of the territory and its inhabitants. Especially in Lower Friuli the socioeconomic situation up to the end of the First World War was more of less the same as the end of the 18th century6. As noted, Friuli was long a land of emigration7. The only areas with exceptions in this sense were those registering the persistence of large landed estates, as in Lower Friuli. The flat territory, marshland in origin, characterised by the presence of endemic illnesses such as pellagra and malaria, was subject to repeated land reclamation projects beginning with the end of the 19th century. These initiatives, before the Torviscosa project, did not have a systematic character, were not integrated within a larger project of economic development and were left to the
4

This definition is not undisputed. In fact, if we take as supporting cartography the Carta politicoamministrativa della Patria del Friuli al cadere della Repubblica Veneta (Political and administrative map of the Friulian Fatherland at the fall of the Venetian Republic) the district of the municipality of Portogruaro up to the Livenza River is included in Lower Friuli. On this topic see Bertolini G., Renaldini U., 1913. 5 The geographic coordinates of Torviscosa are the following: 45 49 0 N13 17 0 E. 6 For more on the historic evolution of socio-economic structures in Friuli, see Gaspari P., 1976. 7 At the beginning of the 20th century, Friulian emigrants alone represented one-fourth of all Italian migration. On this topic see Di Caporiacco G., 1967- 69. 305

efforts of single actors8. Without entering into details that are outside the scope of this treatise, it is possible to summarise the history of these places through a long succession of property transfers among aristocratic families and ecclesiastic agencies over the centuries. After the end of the First World War, the peasants were still oppressed by a system of large landed estates, burdened by debts deriving from unfair contracts that regulated the metayage share-cropping system and field labourers, deprived of any possibility of saving money that might permit them to escape a condition of permanent exploitation. Similarly to other Italian regions, also in Friuli, the demobilisation of the soldiers increased the ranks of the unemployed, provoking social agitation and the occupation of fallow lands9. The disorders, that lasted a few years, stopped with the arrival of Fascism which on one hand used a repressive police apparatus and on the other hand, began a series of territorial transformations destined to influence the overall organisation of the area quite significantly. These transformation took two principal directions, that of land reclamation and the creation of an agro-industrial centre solidly controlled by capital from outside the region. By 1926, a project proposed by the Bignami Anonymous Company, supported by Lombard capital, offered to build a hydraulic and irrigation system of about 70,000 hectares by combining the small properties into bigger units of at least 100 hectares each, destined for the production of fodder so as to feed industrial livestock raising. This project, although supported at a national level by the party, was diametrically opposed to the traditions of the Friulian rural world, more typically made up of a significant number of small owners who risked having their lands expropriated. To avoid altering the established balances and hierarchies, an alternative project, being less invasive, which immediately enjoyed a wide consensus and was in fact put into practise, was developed by several Friulian notables. The initiative led to a modest improvement in productivity but substantially left the preceding social system unaltered, with all its structural deficiencies. Overall, the high fragmentation of the properties was unable to support the families of small owners, who were forced to supplement their income through share-cropping or seasonal labour10. In practise, there were glimpses of the excess of labour that would define the crisis of the agricultural world in later years.
8

At the beginning of the 20th century in Lower Friuli, 50,000 hectares of terrain were marshland. The population of these lands was around 70,000 inhabitants which was not distributed equally given that entire areas had been abandoned. Agriculture was practised on not more than 20,000 hectares and was often conditioned by the flooding of unmanaged rivers and by the lack of adequate roads. On this topic see De Piero G., 1975. 9 The landowners of western Friuli, for example, asked their sharecroppers to pay back rents relative to the harvests of 1917 and 1918, after these peasants had abandoned the land due to the Austrian invasion. In 1921 about three hundred sharecropping contracts were cancelled and several thousand in the province of Udine. In the same year, some 500 workers were fired from the shipyard of Monfalcone. On this topic see Bortolotti G., 1988. 10 According to the data of the Agrarian Land Registry of 1929, in Lower Friuli some 51% of the farms were led directly by their owner, with an average surface of 4 hectares each covering 40% of the cultivated land. Some 13% of the farms, equal to 8% of the surface, were subject to a rental contract, some 10%, equal to 22% of the surface were led by metayage sharecroppers. The farms under mixed management amounted to 26%, covering 31% of the surface land. Catasto Agrario, 1929. 306

In the end the victory of the principal exponents of the regional economy gave a particular profile to Friulian Fascism, with the political component that progressively delegated the management of the economic sphere to the system of older notables, reserving for itself control of trade union activity, propaganda and education. This compromise between agricultural and commercial elites and the political leadership consolidated a traditional, hierarchical, moderately authoritarian, mostly static system. These reasons explain why agriculture in Friuli under Fascism remained the centre of the local economy while that process of industrial restructuring that involved other areas of the country after 1930 did not occur. In this context, Torviscosa represented a novelty and at the same time a synthesis between Feudalism and Capitalism. In general, Fascist land reclamation processes responded to the exigencies of the agrarian bourgeoisie that supported the regime, in that it integrated perfectly with the philanthropic and paternalistic character of that eras capitalists. The colonisation of virgin lands, in fact, favoured the application of modern industrial agriculture without radically altering the delicate, pre-existing social balance of the countryside. The reclamation works involved underdeveloped agricultural areas, thus launching, together with industry, a close relationship of subsidies with the State. Beginning in the second half of the 20s, Friulian agriculture experienced a profound crisis in its fundamental production that lasted for more than a decade (see De Piero G., 1975). The peasant society, with the end of the period of trade union organisations, returned once again to the traditions of migration. Beginning with the 30s this phenomenon, in addition to the normal foreign destinations, also saw Friulians headed for other Italian regions with greater industrial development such as Piedmont, Lombardy, Liguria, as well as towards places in which vast public works reclamation projects, such as the Pontine Marshes, were undertaken. Even if a bit late, Lower Friuli was also involved in state intervention of this type which was aimed at transforming a marginal area into a highly-specialised productive centre11. 4. The area around Tor Zuino and Malisana The Italian textile industry, especially that of artificial fibres, had experienced strong expansion on world markets in the 20s. For these reasons it enjoyed a certain autonomy vis-a-vis the state which could not achieve the same level of control it did, for example, in the coal mining sector. Snia Viscosa12 was the dominant company in
11

Land reclamation projects envisioned by Italian Fascism belonged principally to two categories. The first, of national economic-sanitary interest, envisioned state financial intervention for up to 75% of the cost. The second, defined as a local interest, envisioned state financing between 30% and 50%. On this topic see Serpieri A., 1948. 12 The company Snia (Italian-American Navigation Company) was founded in Turin in 1917 upon an initiative by the Gualino family and supported by capital from the Agnelli family. Two years after the end of the war, Snia became interested in the production of textile and chemical fibres, buying a controlling share of Viscosa in Pavia and the Italian Union of Viscosa Factories in 1921, changing its name into Snia Viscosa. Nuti L., Martinelli R., 1981, pgs. 75-85. 307

the sector and after the crisis of 1929 it was directed by Senatore Borletti 13 and Franco Marinotti, the creator and founder of the city of Torviscosa14. Given that production was heavily dependent upon the importation of raw materials, the National Agency for Cellulose and Paper was founded in 1935 with the intention of promoting research for the production of cellulose from local shrubs with a short reproductive cycle. This agency developed a process of cellulose extraction from giant cane (Arundo Donax) later applied by Snia Viscosa15. The guidelines for the choice of the site, shared by the state and the company, excluded land already prepared for intense agricultural use and in an advance productive cycle, preferring instead those areas with a high concentration of labour, with pre-existing or easily constructed roads, equipped with adequate reserves of water sufficiently ample so as to guarantee adequate production. The land that most corresponded to these requisites were those subject to reclamation. The choice of the territory included between Torre di Zuino and Malisana became practicable given that this was an historically depressed area that offered cheap labour and might take advantage of such an important state road as the Napoleonica, the railway line between Trieste and Venice, as well as the proximity to the sea. The overall surface, involved in the initiative was 5,300 hectare, of which 1,410 covered by marshland or fallow, only 710 destined for agricultural use and the remaining divided between woods and pastures. The land was divided into four principal properties, that of the Armenian Brothers, the Bignami family, followed by the Montuoro and Beltrami families, while the remaining was fragmented into over three hundred small propertyowners.
13

Senatore Borletti (1880-1939) was an eclectic entrepreneur from a family of industrialists. In the 1920s he was the owner of the newspaper Il Secolo, founder and president of Rinascente, and from 1926 to 1928 president of the Internazionale football team. On this topic see Turani G., 1987, pg. 2. 14 The full biography of Franco Marinotti (1891-1966) is not entirely known. He began his career in 1911 as an office worker in a firm from Milan that produced silk waste, thanks to which he was able to spend long periods in Poland and Russia to acquire quite some experience in the sector. A report of the Milan police station from 1926 describes him in this fashion: In the industrial environment of Milan... there are rumours of hoarding and removal of precious stones... such that Marinotti may not return to Russia as he is compromised in corrupt affairs with Soviet functionaries... many of whom seem to have been executed... Overall, Marinotti is described as a greedy person... without scruples, gifted with astuteness and duplicity... This phase in the life of Marinotti, in any case, is not clear. In 1921, Marinotti became director of the CICE (Italian Company of Foreign Commerce). A report personally requested by Mussolini, at the beginning of the 30s, indicated that: Cavaliere Marinotti Francesco... demonstrates excellent moral and political conduct... is director of the CICE... in the commercial, industrial and political sectors enjoys a reputation as a serious and honest person . In 1929 he became director general of Snia Viscosa, and in 1932 managing director, while in 1939, upon the death of Borletti, president, a position that he maintained together with the absolute control of the company until his death in 1966. On this topic see Bortolotti G., 1988 and Nuti L., 1981. 15 The question of patenting of the process of extraction throws some shadows on the figure of Marinotti. The vice-president of the National Agency for Cellulose and Paper, the chemist Francesco Giordani, who had developed an extraction process of cellulose from giant cane, had official recognition of his discovery cancelled following a secret accord between the IRI (Institute for National Reconversion) and Snia Viscosa that managed also to obtain the paternity of the patent thanks to the appropriate political support. On this topic see Faucci R., 1975, pgs. 607-630. 308

The reclamation, begun on 28 October 1937, envisioned three cycles. The first included the arrangement of the land and the construction of rhizomes in 1,200 hectares of the land, the construction of the industrial structure and the necessary infrastructure for the first city nucleus, such as schools, public buildings, residential housing, swimming pool, the industrial area; successive cycles with the cultivation of another two lots, respectively 2000 and 2100 hectares and the completion of the industrial complex and the irrigation channels16. The first phase of the work was finished in 320 days, a period of time that was defined by contemporaries as miraculous and which the regime exploited ably for its propaganda while the Futurist Marinetti celebrated with the Poema di Torre Viscosa. At the end of the initiative the landscape appeared profoundly changed. Some 132 km of road had been built, 65 km of reclamation canals, 744 km of dykes and main ditches, 783, 661 cubic metres of soil leveled, 600,000 poplars planted to border the canals and three groups of dewatering pumps. After having created the boundaries of the territory on the basis of the road network and the principal canals, the lots were subdivided in common surfaces that varied between 1 and 1.5 hectares (Bortolotti M., 1992, pgs. 79-81). In addition to the monoculture of giant cane, the intensive raising of cattle was introduced to guarantee the natural manure fertiliser needed for the new lots. Between 1939 and 1945, the cultivation of giant cane was extended throughout the territory. The district was divided into six model estates of about one thousand hectares that each hosted about one thousand persons. Each estate was equipped with a combination of buildings arranged around a rectangular court, according to a layout that recalled traditional architecture and located at the centre of the appropriate holding. The entrance, including a central portico, is flanked by two simple symmetrical buildings, in which originally there was on one side the administrative offices and the residence of the director and on the other there were lodgings for the labourers families. The faade continued into a warehouse and concluded with a chapel. The other sides of the complex included garages for machinery, stables, a shop for foodstuffs and various articles. The geometric simplicity of the construction is interrupted by references to monumental architecture such as the entrance structure framed by four high columns. Nearby each estate a building, equipped with showers, wash-rooms, meeting halls, an infirmary and canteen, was erected that served to house the seasonal labourers who in the busy periods, usually between November and December, numbered up to four thousand persons. As a whole, the model estates and the industrial plant were planned so as to perform their productive activity autonomously should conditions be modified, as in effect happened after the war, when the cultivation of giant cane was replaced with poplar groves, given the altered geopolitical conditions that once again permitted and
16

A new company was created for the occasion, S.A.I.C.I. (Anonymous Agricultural Industrial Company for Italian Cellulose Production) created by a merger between Snia Viscosa, S.A. Bonifiche Torre di Zuino and Societ Bonifiche del Friuli, previously the property of the Bignami family, the principal large landowner of the area who had already participated in the preceding agrarian reform plan. On this topic see Fabbroni F. and Zam P., 1973, pgs. 11-82. 309

even made convenient the purchase of timber from nearby Yugoslavia. The consequent reduction in manpower, which before the war had constituted 40% of company costs, led to the partial abandonment of the estates which today, despite still being active, are in need of important restructuring (See Deluisa L., 1966). 5. The town of Torviscosa In addition to the transformation of the land, the highlights of the project were the construction of a town nucleus and the factory17. The initial idea envisioned a town of about five thousand inhabitants but the dimensions were soon reduced and the municipality never exceeded some 4,143 persons. It is interesting to note, confirming the subjection of the regime to private initiative and Marinottis rampant capitalism, that the Casa del Fascio, one of the buildings characterising the architecture of Fascist foundation cities, was never built in Torviscosa. As a whole, the project was inspired by the European urban industrial developments of the preceding century and its Italianess was reduced to the exalting of several typically Fascist symbols, such as for example the swimming pool, the two towers in which the outline of the fasces was recognisable, the neoclassical touches on the faades of several buildings. Other constructions, envisioned in the original project, were never made concrete, as for example with the market square that was to be built at the back of the town hall, shifting the centre of the future settlement, or the lodgings for the school teachers and the priest planned in front of the church; the royal tennis court . De Mins design encompassed several persistent elements of the ancient settlement of Tor Zuino, such as the east-west road axis, over which several old peasant houses faced, renovated for commercial and residential use, with the 18th century church at the centre. Differently from the layout that generally characterised the other Fascist foundation cities, in Torviscosa there was no Roman orthogonal plan or the medieval arrangement with its centrality of public buildings. For these reasons the urban structure of the town features an interesting, if not unique, example of contamination between a scholarly urban model of the 18th century and a strictly modernist functional arrangement. The first predominates and organises the public parts, the second determines the territorial distribution of the workers quarters. The phenomenon of the workers cities that became common in Europe between the end of the 18th century and the first decades of the 20th had as its origin reasons of a productive character linked to particular geographic situations. The birth of these settlements occurred when peripheral industrial locations, conditioned by a productive cycle depending upon a particular territorial resource, by the lack of preexisting settlements and by the absence of rapid transportation, also included in their fixed capital workers residences (See Tentori R., 1970, pgs. 90-93).
17

The man responsible for the project was Giuseppe De Min, an architect who was not especially famous in the Italian panorama of the period but who was related to Franco Marinotti and who had already collaborated with other projects on behalf of the company. On this topic see Ciucci G., 1989. 310

Figure no. 1. Original layout of Torviscosa

Source: Autonomous Region of Friuli-Venezia Giulia, 1990 1)Sports Center Stadium 2) Tennis Courts 3) Executives Houses 4) Swimming Pool Complex Monumental Fountain 5) Marinotti Villa 6) Refreshment Stand 7) Information and Documentation Centre 8) Factory Entry 9) Cinema Theatre 10) Row Houses for Factory Workers 11) Houses for Singles 12) Houses for Office Staff 13) Municipality Palace 14) Houses for Office Staff 15) Row Houses for Factory Workers 16) School 17) Church 18) Condominiums for Factory Workers 19) Row Houses for Factory Workers 20) Workers Canteen

311

Figure. no. 2. Construction Dates

Source: Autonomous Region of Friuli-Venezia Giulia, 1990

In Italy too over the same period the creation of so-called factory quarters were recorded. These initiatives were usually headed by philanthropic businessmen, sensitive to those new ideas that from the end of the 18th century had linked agricultural and then industrial activities to capitalist paternalism regarding peasants and factory workers18. Torviscosa offered a synthesis between the factory quarters and
18

The most important cases are those of Schio built by the Rossi family between 1872 and 1890, Canonica dAdda, built by Crespi in the last quarter of the 19th century and especially Rosignano Marittimo with an initiative by Ernest Solvay which is developed as a road network that converges toward the factory and residential stratification as the urban reality closest to Torviscosa. On this topic see Nuti L., 1988, pgs. 231-246. 312

the foundation cities. In general, the Fascist foundation city proposed a territorial hierarchy that saw its greatest architectural expression in the civic centre, made up of the town hall and adjoining public edifices to then become more simplified and shift towards the periphery. In the case of Torviscosa, it almost seemed as though private initiative was to be indicated as superior to politics, the most prestigious materials were reserved for the factory whose faades were covered in red bricks and whose architectural styles were more prestigious. This material was used also to cover the faades of the school, kindergarten and gymnasium, all public structures but constructed and financed with private capital19. The town hall instead, the only representative of official architecture, was simply covered with cement and decorated with natural or artificial stones, following a model of dimensions that reproduced a well-established module common to different foundation cities (See Martinelli R., Nuti L., 1978). Leaving behind the centre, the use of brick becomes progressively rarer, being limited to a few decorations. Overall, De Mins architectural language is geometrically simple, almost gaunt, and becomes neatly expressive exactly for this reason. These characteristics are provoked also by the speed with which the layouts were drafted and which did not permit much reflection or refinement to the choices made. The details chosen to transform this bare urban landscape are reproduced with an obsessive repetition of arches and frames. The latter surround the openings, decorate the nude wall surfaces of the theatre, school and the executive building of the factory. In the case of the municipal lodgings for the workers, they perform the function of a linking element between blocks of flats or entrance gates for the internal court. The former, instead, perform an almost unitary function of the urban layout of Torviscosa. At times, they are used as an element of monumental architecture that references Roman classical styles. In other cases they serve as mere decoration, for the faades of houses and the porticoes of public buildings. These edifices do not boast technical wonders, virtuosities or original materials, a choice which has permitted the decent preservation of the town nucleus as compared to certain avant-garde experiments in the 1930s that later decayed quickly. The urban layout confirms the bipolar matrix and the search for a balance between the private-economic element and the public-political one, and proposes the functional and hierarchical division of the territory, creating areas dedicated to residential, industrial, agricultural, sport and administrative use and from which there emerges the influence of differing urban development theories. The first area is represented by the industrial complex, the sport structures and the first houses for the workers. The second by the town hall and the adjoining buildings. The wide square in front of the factory, whose name was originally Piazza Autarchia, is bordered by a semi-circular profile that includes the buildings of the cinema-theatre, the office staff club and the after-work recreation centre. This group of buildings functions as an
19

The use of red brick celebrated without a doubt the local tradition of the furnaces and tilers, but was also an homage to the 20th century Milanese School in which De Min had been trained. See Tentori R., 1970. 313

entrance into the recreational area of sport centres, accessible along the ancient Viale della Giovinezza (Youth Boulevard), later renamed Via Villa and marked at its sides by a 20th century style that re-creates a sort of architectural promenade. Taken as a whole, there emerges a triumphal image that De Min wanted to give to the factory entrance as focal point for the entire settlement and to which the other structures are subordinated. The town hall, together with the two lodging complexes for office staff and the elementary school, line the main square of the town. The building is equipped with a tower that creates a sort of dialogue with the tower of the after-work recreation centre, both however dominated by two towers positioned inside the factory that are 54 metres high and represent two fasces. It is interesting to observe the sculptural iconography present in Torviscosa. Contrary to other foundation cities that celebrate physical power and the capacity to build of the new Fascist man, in this case the two groups of sculptures created by Leone Lodi (1900-1974) are not heroic in style but propose rather a sort of adolescent grace and delicacy that generically recalls Greek classic art. This the only concession to aesthetics in a place where beautiful coincides only with what was useful. The true monument of the town is instead the tower, over sixty metres high, designed by Cesare Pea in 1965, who succeeded De Min as the court architect, which are located just outside the factory gates. The only function of the edifice is to offer a sort of panoramic view from whence Marinotti could contemplate with a glance the factory, the town and the farm in effect all his territory. In this central zone, beyond the houses for the office staff, a residential area with houses for executives was also envisioned. The multiplication of public spaces, through a succession of squares, repeated the intentions of the architect to reinforce the functional and hierarchical division of Torviscosa. In this context, in addition to the layout of the rather varied public sections, De Min proposed a more rigid layout, with parallel streets seen in other 19th century industrial quarters that took their inspiration from the garden cities of the Anglo-Saxon world. There are two types of worker housing, condominiums and row houses. The first were constructed on two floors, composed of five flats each with a separate entrance, designed for skilled workers or for command responsibilities. The internal surface area of about 80 square metres is sub-divided into four rooms plus a bathroom, small kitchen, storage and terrace. The green area on two sides and a loggia, usually made up of arches, re-create that rural dimension sought after by the regime, re-proposing in a contemporary context the elements of the peasant houses which in those years were being re-discovered. The row houses or yellow houses were two-storey buildings with a common entrance for four flats, originally destined for general labourers. The lodgings are made up of four rooms, including the bathroom, plus a small cellar. Around the residential complex the families had a small lot for gardening. Differently from the condominiums, these houses had no central heating. The houses of the office staff, concentrated principally in the centre of the city, presented different styles, with slightly bigger floor space, but are without an individual garden.
314

Figure no.3. Panoramic view of Torviscosa

Author: Rustico S., 2010, (www.companytowns.unipd.it)

Figure no. 4. The factory

Author: Rustico S., 2010, (www.companytowns.unipd.it) 315

The rent of the employee houses which was on average low, including the cost of the household bills, was deducted directly from their pay and was proportional to the number of persons in their family. Along the original Viale della Giovinezza, finally, there rises up the houses of the executives, amongst which Villa Marinotti stands out, a two-storey construction, surrounded by a large park that re-proposes a synthesis between the geometric rationality of Fascist modernist architecture and Liberty motifs, today transformed into a modest hotel for visiting workers. 5.1. The social model The productive model of the factory tended to be pervasive and regulated the lives of the employees even after working hours. After-work activities were managed completely by the company which substituted in this context the Opera Nazionale Dopolavoro (O.N.D.), created by Mussolini in 1925 with the objective of ...promoting the healthy and efficient use of free time by intellectual and manual workers with institutions and initiatives aimed at developing their moral, physical and intellectual capabilities in the spiritual climate of the Fascist revolution... (See Opera Nazionale Dopolavoro, 1938). The recreational activities of the O.N.D. ranged from theatrical plays to professional training courses to sports events. Their organisation, controlled by the party, guaranteed a series of subsidies to the subscribers, creating in this way a link of dependence that reduced possible forms of dissent towards the regime. The O.N.D. was housed in the Casa del Fascio which however in Torviscosa was never built, given that its functions were absorbed by the S.A.I.C.I. Fascism in Torviscosa was present only to the degree that Marinotti permitted it. His figure tended to substitute the Duces and exercised its influence even after the fall of the regime. The recreational and sports structures were all concentrated in front of the factory and along the boulevard that led to it, performing the function of social filter that the worker met before reaching his lodging. The company in fact, in its intent to tie the worker to its own productive model, had put into place a well-developed control apparatus of welfare that envisioned training courses and professional certification, scholarships, diplomas, training schools, sports competitions with awards in money and honorific titles, artistic competitions and prizes for the best balcony decorated with flowers. From the beginning, the welfare initiatives of the company were progressively brought into conformance with the needs of government policy in the area of demographic development and the spread of the insurance system respectively with the creation of the 23 March Foundation that assigned awards for weddings and births to employees with the approval of the plan proposed directly by Borlotti to Mussolini in 1933 that envisioned social security through the I.N.A. for the over five thousand employees. In replacing the O.N.D., the company established summer camps in various areas of the peninsula for the children of the workers.
316

The link to the company was in the end reinforced by the possibility offered to employees to purchase, after a certain period, the house in which they lived. The construction of workers housing followed a precise economic reasoning according to which the cost of the lodgings was considered part of a useful company system 20. The initiative of Snia which gave a house to its own workers was depicted by Marinotti to the Duce as an act of generosity. In reality, in the report prepared for Mussolini regarding the report of the president, held in front of the assembly of partners on 21 March 1942, several details reduced the dimensions of this initiative. The report referred to the widespread discontent of skilled workers at different levels of the company as a result of continuing trade union labour disputes and slowdowns, the low wages of the labourers with respect to other industries that were healthier and less disadvantaged were emphasised, the impossibility of quitting given that since the workers had been mobilised by civil authorities they could be referred to the military authorities, and the dangers to the health of the workers21. The control of the town by Marinotti responded to the exigencies of a philanthropic and narcissistic personality, to the companys private interests and to the political interests of the regime. Torviscosa had in fact a double function, productive and as a representative symbol, given that similar to other foundation cities, it served to communicate to the world the ideas and new productive model proposed by Fascism. In this context, the territory of the S.A.I.C.I. was recognised as
20

This concept is clearly expressed in the Snia publication La casa a chi lavora (Houses for those who work) in which, after an initial affirmation describing the social aims of the operation, declared: The employer assumes the burden of creating special funds destined for the specific purpose of gifting houses to the workers. These should be built on the basis of the economic results of the company as an act of generosity, to later pass to a different technical and juridical definition of the problem which will consider said funds as expenses related to management, destined for the ideal integration of the physical fatigue of the worker in the same way that the company treats the wear-andtear of machinery, will evaluate how much this might influence its own net worth or productive efficiency and make repairs in the course of its activities of reintegration reserves. In this way the funds destined for the houses of the workers are deducted from the financial results of each single reporting period, but constitute working capital that accumulates over time and is to be assigned after demonstrated faithful labour. Snia Viscosa, 1943, pg. 53. 21 The report indicates SNIA wages in these terms: L. 3.10 per hour for a skilled labourer, L. 2.90 for a manual labourer, L. 1.30 for female labour. In other industries hourly pay was respectively Lire 4.70, 4.20 e di 2.50. The report continues in these terms: ... As a consequence the workers make this little calculation, we are 25,000 at SNIA; if the company pays us one lira less an hour, each day it saves 200,000 lire and each year 50 million which once being given something to the houses for those who work which this year was reduced to five million, and then keeps the rest for itself. In addition it happened that various workers, who reached fifteen or eighteen years of service last year or this year, were sacked because they asked to be put to work in healthier departments having already ruined their health. The report continues by making reference to the testimony of several workers regarding the terrible working conditions: ... It is said that the majority of the labourers who work with acids do not resist for more than a month. For this reason, Viscosa is forced to change personnel every month, calling them up from every part of Italy. This month some fifty arrived from Venetia. The worker at Viscosa is paid 2.43 Lire an hour and with that pay must procure at least one litre of milk per day as a reagent to the action of the acids. The workers say that the acids are so strong as to wear out clothes, provoke aches for teeth, eyes and lungs. All this news is commented with words that are unfavourable to the Regime.... Bortolotti G., 1988, pg. 43. 317

an Autonomous Municipality on 26 October 1940, baptised with the name of Torviscosa. In reality, it re-proposed the typical feudal dynamics of the area, with the state that delegated the administration of an entire territory to a company that was owner of the land, houses, services and to a certain extent destinies of the inhabitants. Not coincidentally, Marinotti received the noble title of Count of Torviscosa and at the same time the position of Fascist podest (mayor), the share-cropping contracts were maintained and the municipality deposited a sum of money for the rent of a building belonging to Snia.

Figure no. 5. Row houses for workers

Author: Rustico S., 2010, (www.companytowns.unipd.it)

318

Figure no. 6. Condominium for workers

Author: Rustico S., 2010, (www.companytowns.unipd.it)

Figure no. 7. Row Houses for Office Staff

Author: Rustico S., 2010, (www.companytowns.unipd.it) 319

Figure no. 8. The Municipality

Author: Rustico S., 2010, (www.companytowns.unipd.it)

Notwithstanding the grave damage the factory suffered from bombardments during the Second World War, the population of Torviscosa between 1936 and 1951 increased by 84.4%, reaching some 4,143 inhabitants. After that date the demographic decline was constant up to the current number of 3,024 persons as at 31 December 2011. After the war, Snia converted its production, principally specialised in cellulose for paper, introducing new trees, importing from abroad a part of the raw materials and reducing, already in the 1950s, its labour force22. The situation worsened as a result of the bankruptcy of several industrial groups that had handed over control of the company to one another starting at the end of the 1970s. In that period, the market for cellulose fibres entered into a definitive crisis and the farm was redimensioned while the industrial complex was converted into a chemical production site. Together with these developments, the decline was accompanied by the progressive redistribution of the population in nearby towns that were better served and which had become more attractive due to the presence of new professions that were no longer linked to agriculture.
22

In 1951, those working in the company were 1,396, of which 700 in the chemical works and the rest in the support structures, such as the electrical station, the railway service, the port, administration and research. Seven hundred persons found work in the supply chain. As at 31 December 2011, those employed by the company, today owned by Caffaro s.p.a., were 150, and 70 in temporary redundancy. On this topic see I.S.T.A.T, 1951. 320

In any case, the model created by Marinotti continued to exercise its influence on the social organisation of Torviscosa even after his death, such that it would be appropriate to question whether or not the experience of Torviscosa can be described only by the label of a Fascist city23. From census data of 1951 for example, there emerges that out of a real estate stock of 760 lodgings only 29 belonged to families while the others were property of the company and only rented out. In 1971, the real estate holdings of Snia still represented 80% of the residential buildings available and in 1981 some 60%. To this data must be added the almost total ownership by the company of those buildings destined for commercial use. Beginning in the 1960s, the town of Torviscosa as other towns of the Lower Friulian plain were subject to public housing projects and beginning in 1979 a regional law facilitated the purchase of the houses put up for sale by Snia. thus progressively normalising the situation. It should be remembered nevertheless, that the town council from 1951 to 1970 was led by the same mayor, who, so as not to disturb the pre-existing equilibrium was always available to accommodate the needs of the company. The residential land destined for public housing, originally the property of Marinotti, was never expropriated, preferring instead solutions of compromise that included donations and land grants for free use by the company. In exchange for these concessions, SNIA exercise heavy influence on the most important policy choices, deciding the type of buildings to construct, the nature of the zoning plans that continued to propose territorial separation according to the type of work performed inside the company by the inhabitants, attending itself in several cases to the construction, providing for the maintenance of park areas, relegating de facto the mayor and town council to the role of simple film extras. After Marinottis death, the company assumed a less personal image, detaching itself from welfare commitments to its employees whose work position became defined by national category contracts while many of the properties were put up for sale. 6. Conclusions That of Torviscosa was an operation fully integrated with capitalism and represents a more advanced operation with respect to the utopias of Owen, Saint Simon, Fourier. The paternalist ideal pursued by Marinotti was that of community, intended as a big family dominated by the figure of the father-boss, expression of natural hierarchies and with the presumption that everyone identified themselves in common objectives notwithstanding the evident social differences. The capitalist substituted the old wise man present in Thomas Mores Utopia, performing the mission of leading
23

Marinotti distanced himself from Mussolini after 8 September 1943. He was later arrested by men of the Republic of Sal and incarcerated for 21 days. After his release, he sought refuge in Switzerland. Re-entering Italy in the immediate postwar period, he was arrested by the CLNAI and subjected to a purge trial: he was condemned to suspension for six years from the functions of managing director, but thanks to the intercession of several members of the political world, was soon rehabilitated. He reentered Snia fully by 1947. Spadoni M., 2007. 321

development, while farmers and workers must be educated to this role, and at the same time exploitation must not be exaggerated since it would give rise to social conflicts that would be a useless obstacle. This organic conception tends to modify historical and political reality and feeds the conviction of having created a privileged place, a sort of happy oasis, a reality of security opposed to the precariousness of the outside world. The microcosm created by the company emphasised social tranquillity to be achieved with the acceptance of the proposed model. In the experience of Torviscosa there are several of the essential elements that distinguish the incompleteness of 19th century industrial utopias. If we consider utopia as somewhere else without conflicts, without the prediction of regressions, then we have a world without history, without hope, where the parts of society to play their roles must adhere to a repertoire of pretence. Secondly, the difficulty of utopia to relate to History is reinforced by the role of the boss. If we look at the past, we must recognise that attempts to build different utopias depend upon the stubbornness of a charismatic leader. Paradoxically, the general lack of reflection on the nature of power and the best antidote against the totalising drift of utopia. Death or still worse challenges to the leader is an event that utopias are able to manage only with great difficulty, and which usually coincide with disorder and the abandonment of the original ideal24. While observing the complex personality of Marinotti we see other characteristics that in part are linked to 19th century utopians and which have marked indirectly the development of Torviscosa: trust in progress and work, a prudent optimism regarding the destinies of mankind, the conviction that man is the artifice of his own destiny, the rejection of a revolutionary view of history to which, instead, the management of social conflict and gradual changes managed rationally, are preferred. In the end other aspects distanced the case of Torviscosa from other attempts to create utopia in the past: the absence of a systemic critique of the contemporary capitalist society by its creator, who adhered to it completely; the lack of reflection and experimentation concerning the sphere of affection and sexual behaviour, a central element of the 19th century industrial utopia but which, in this case, was relegated instead within the confines of established Catholic tradition25; finally, we would emphasise the absence of any environmentalist ethic, a behaviour that continued for decades, even after the death of Marinotti and at the origin of an ecological disaster that has involved Lower Friuli up to the coast and whose true immense proportions have only been revealed in recent times (See Lega Ambiente, 2007, pgs. 9-13).

24

Father was a term with which the Saint-Simonians referred to Prosper B. Enfatin during the period of the Paris Commune. On this topic see Bernard J., 2001. 25 Sexuality in the industrial utopias was a central theme of socialisation. The Saint-Simonians, for example, made free sex one of the pillars of their system and Charles Fourier argued that in Harmony every person has the right to a minimum of guaranteed sexual enjoyment. Other authors, in any case, for example Etienne Cabet, Pierre Leoruux, and Proudhon himself, suggested behaviour that tended toward sexual repression. On this topic see Paquot T., 2002, pgs. 61-67. 322

References Bnichou P., 1977, Temps des prophtes, Gallimard, Paris. Bernard J., 2001, Lpope saint-simonienne. Saint-Simon, Enfantin et leur disciple Alexis Petit: de Suez au pays de George Sand, Gungaud, Paris. Bertolini G., Renaldini U., 1913, Carta politico-amministrativa della Patria del Friuli al cadere della Repubblica Veneta, Societ Storica Friulana, Udine. Bortolotti G., 1988, Torviscosa nascita di una citt, Casamassima Editore, Udine. Burckhardt J., 1980, La civilt del Rinascimento in Italia, Sansoni, Firenze. Catasto Agrario, 1936, 1929, VIII, Compartimento del Veneto, Provincia del Friuli (Udine), fasc. 26, Roma. Ciafani S., Le Donne K., 2007, ( a cura di), Lo stato dellarte sulle conversioni degli impianti cloro-soda in Italia, Lega Ambiente, Roma. Ciucci G., 1989, Gli architetti e il fascismo, PBE, Torino. De Piero G., 1975, Lagricoltura della Bassa friulana attraverso i tempi, Ribis Editore, Reana del Rojale. Deluisa L., 1966, Da Torre di Zuino a Torviscosa, Arti Grafiche Friulane, Udine Di Caporiacco G., 1967-69, Storia e statistica dellemigrazione dal Friuli e dalla Carnia, Edizioni Friuli Nuovo, Udine, 2 v. Fabbroni F. e Zam P., 1973, La S.A.I.C.I. di Torviscosa (1937-1940), Capitale, fascismo e movimento operaio in Storia Contemporanea in Friuli, v. 9, anno III, n. 4, pgs. 11-82. Faucci R., 1975, Appunti sulle istituzioni economiche del tardo fascismo, 1935 -1943 in Quaderni Storici, 29-30, maggio-dicembre, pgs. 607-630. Gaspari P., 1976, Storia popolare della societ contadina in Friuli. Agricoltura e societ rurale in Friuli dal X al XX secolo, Officine Grafiche Piffarerio, Monza. Ghirardo D., 2003, Le citt nuove nellItalia fascista e nellAmerica del New Deal, Il Gabbiano, Roma. Kruft H.W., 1990, Le citt utopiche, Laterza, Roma, Bari. I.S.T.A.T., 1951, Censimento Generale dellIndustria e del Commercio, Roma. Mizzau A., 1966, Lotte contadine in Friuli: 1919-1923, Del Bianco, Udine, 1966. Mussolini B., 1928, Sfollare le citt, in Il Popolo dItalia, 22 novembre 1928, n. 278. Mussolini B., 1927, Discorso dellAscensione, Libreria del Littorio, Roma-Milano. Opera Nazionale Dopolavoro, 1937, The Opera Nationale Dopolavoro, Societ Editrice Novissima, Roma. Nuti L., Martinelli R., 1981, Le citt di strapaese, la politica di fondazione nel ventennio, Angeli, Milano, 1981. Nuti L., 1988, La citt nuova nella cultura urbanistica e architettonica del fascismo in Ernesti G. (a cura di), La costruzione dellutopia, Edizioni Lavoro, Roma, pp. 231246. Paquot T., 2002, LUtopia, Mimesis Eterotopia, Milano. Rosenau H., 1974, The Ideal City. Its Architectural Evolution, Harper and Row, London.
323

Serpieri A., 1948, La legislazione sulla bonifica, ONC, Quaderno 2, Roma. Tentori R., 1982, Udine: Mille anni di sviluppo urbano, Casamassima, Udine. Snia Viscosa (a cura di), 1943, Premio XXI aprile. La casa a chi lavora, Industrie Grafiche March, Milano. Spadoni M., 2007, Protagonisti. Franco Marinotti, www.storiaindustria.it Tentori R., 1982, Udine: Mille anni di sviluppo urbano, Casamassima, Udine. Turani G., 1987, La saga dei Borletti in La Repubblica, 11 Settembre, Sezione Affari e Finanaza, p. 2.

324

Utopie am Abgrund Anmerkungen zum Aufstieg Ernst Blochs


Bernhard Streck

Abstract
The essay wants to deconstruct the genre of utopias so popular in the 20th century political writings. Human history shows manifold respect to stories about non-existent worlds which mix reality and nonreality, but outside the area of Abrahamitic beliefs there was rarely hope for a future. The secular version of such eschatological teachings begins with Karl Marx in the 19 th century and culminates in the prophetic as well as revolutionary writings of Ernst Bloch around the terrible wars of the 20 th century. This philosopher succeeded in both parts of post-war Germany and is still venerated inside and outside the academias. Compared with the so-called dystopias of Max Weber, Aldous Huxley or George Orwell the political visions of Bloch lack any sense of reality and seem to be quite useless to the understanding of present tendencies in world politics.

Hoffen und Harren macht manchen zum Narren Volksmund1 a) Deutschland will den europischen Frieden. Nachdem allein seit 1500 56 europische Bruder- und Binnenkriege die friedliche Aufbauarbeit immer wieder zunichte gemacht haben, soll diese Epoche der Selbstzerfleischung endlich ein Ende haben. b) Deutschland will die europische Quarantne berwinden durch den vlkischen Sozialismus c) Deutschland will die Freiheit des Volkstums wiederherstellen Bei der Verzahnung und gegenseitigen berschichtung des Volkstums ist der Vlkerfriede niemals durch Grenzziehungen herzustellen, sondern einzig und allein durch eine bervlkische Ordnung Europas. e)Deutschland will den Schutz der kleinen Vlker gegen die Vergewaltigung durch die europischen Nachbarn f) Deutschland will die innere Freiheit der Vlker wiederherstellen, die Selbstbestimmung durch ihre eigenstndige Volksordnung, Befreiung von bolschewistischem Zwang und Unterdrckung.
1

Deutsche Version von Fallitur augurio spes bona saepe suo (Ovid, Heroiden 16, 234) 325

g) Deutschland will die Freiheit der Arbeit gegen Ausbeutung und Unterdrckung durch die Wirtschaftssysteme des 19. Jahrhunderts. Zusammenfassung: Deutschland fhrt diesen Krieg nicht nur der negativen Ziele wie der Erhaltung unseres Volkslebens und der Abwehr raumfremder Mchte wegen, sondern um des positiven Zieles wegen: Der europischen Eidgenossenschaft, der genssischen nationalistischen und sozialistischen Vlkergemeinschaft Europas2 Als der 31-jhrige Hauptsturmfhrer Alexander Dolezalek im Europa-Amt der SS diesen Generalplan 1944 ausarbeitete, war der Zweite Weltkrieg fr das dritte Deutsche Reich schon lngst verloren. Die Verbndeten waren abgefallen. Die in jeder Hinsicht berlegenen Hauptgegner stieen von Osten und von Westen siegreich gegen die Mitte Europas vor. Die Sturmtruppen von einst lieferten zwar noch verzweifelte Abwehrkmpfe an den Fronten, ihre Hauptarbeit aber galt der Vernichtung der Millionen in Geiselhaft genommener Juden und Regimegegner. Unter diesen Bedingungen des moralischen wie militrischen Absturzes konnte aus der Europischen Eidgenossenschaft nichts werden. Es war eine Utopie, ein Nichtortsplan, geschrieben im nahezu freien Fall in den Abgrund. Utopie als Anderswelt Ohne die Unerreichbarkeit gbe es wohl berhaupt keine Utopie. Zumindest wre die Bezeichnung berflssig, bzw. nicht zu trennen von einem religisen, ideologischen oder politischen Programm. Als unerreichbare, aber doch vorstellbare Anderswelt haben nahezu alle frhen Kulturen Utopien entwickelt. Die ethnologischen Archive sind voll mit phantastischen Erzhlungen ber Riesen, ber Zwerge, ber Monster etc., die irgendwo und irgendwann lebten oder leben3. Man wei viel ber ihr Aussehen, ihre Umgangsformen, ihre Behausungen und ihre Bruche. Nur eines wei man nicht genau, nmlich ob es sie berhaupt gibt. Es sind Nichtorte und Nichtzeiten, deren Bewohner Nichtmenschen sind und keine reale Stofflichkeit besitzen. Oft werden sie auch Geister genannt und mit den Schatten oder den Verstorbenen in Verbindung gebracht. Wenn in frhen oder archaischen Kulturen Menschen utopisch denken, tun sie das weniger auf die Zukunft als auf die Vergangenheit gerichtet. Die Erzhlungen ber Geisterwelten verbinden nmlich Vergangenheit und Gegenwart mit ihren unvergnglichen Inhalten. Kulturen, die wegen ihrer Schriftlosigkeit sich einer exakten Analyse verweigern und deswegen meist nur von der Ethnologie beachtet werden, sind in der
2

Auszug aus dem Generalplan 1944 (Dokumentenkabinett Vlotho, Studien-Sammlung fr europische Geschichte, Gegenwart und Zukunftsplanung), zit.n. Walter Post: Hitlers Europa. Die Europische Wirtschaftsgemeinschaft 1940-1945. Stegen am Ammersee: Druffel & Vowinckel 2011, S.401-2. 3 Ein Beispiel fr viele: Palmisano, Antonio L.: Mito e Societ. Analisi della mitologia dei Lotuho del Sudan. Milano: Franco Angeli 1989. 326

Regel gespalten. In ihrer Topologie regulieren sie die Bedrfnisbefriedigung und das reale berleben; in ihrer Utopologie trumen sie von Gttern, Unholden und anderen Welten. Hier wissen am besten Bescheid die Mitglieder, die im realen Leben als verrckt gelten: Schamanen zum Beispiel. Sie behaupten, die Grenzen zur Utopie berschreiten zu knnen oder zwischen dem Reich der Wirklichkeit und dem der Unwirklichkeit hin- und herpendeln zu knnen. Dafr werden sie verlacht, aber gerne auch gebraucht, sooft Krankheit oder Tod die Lebenden bedrohen. Dass die beiden Reiche ineinander ber- oder aufgehen, ist im primitiven Denken (Levi-Bruhl) nicht vorgesehen. So wie Tag und Nacht sich abwechseln, tun das Licht und Schatten, Sommer und Winter, Hunger und Vllerei, Rausch und Nchternheit, Krieg und Frieden und eben auch Wirklichkeit und Unwirklichkeit. Sie sind extrem ungleich, gehren aber doch irgendwie zusammen. Wo sie nicht parallel nebeneinander existieren knnen, ersetzen sie sich gegenseitig im Rhythmus, so wie das Tagbewusstsein und das Traumgeschehen. Der deutsche Afrikaforscher Leo Frobenius (1873-1938) sprach von einer Todlebensgemeinschaft in theologisch nicht erfassten Kulturhorizonten4. Das Koordinatensystem aus Raum und Zeit ordnet das Alltagshandeln. In der Ekstase wird es verlassen oder zerstrt, und man bewegt sich in der Utopie, in der Phantasie, in Wahnvorstellungen, Visionen und Wolkenkuckucksheimen. Die Erfindung des Futurums Der amerikanische Literaturwissenschaftler George Steiner hat in verschiedenen Schriften darauf hingewiesen, dass archaische Vlker schon sprachlich ohne Zukunft leben. Ihr Denken gilt allein der Gegenwart und deren stets zu erneuernden Verknotung mit der Urzeit. Mit der Erfindung des Futurums im jdischen Prophetentum beginnt die Neuzeit. Die Menschen fangen langsam an, ihr Gesicht von der Vergangenheit zu lsen und in die Zukunft zu blicken. Damit erffnet sich eine neue Zeitdimension, neue Handlungsspielrume werden sichtbar, zugleich aber wird Zeit zur Frist, weil ihr Ende vorhergesagt wird. Es beginnt das prophetische oder das revolutionre Denken; beides bedeutet aus der Warte des in der ewigen Wiederkehr sich gengenden Denkens im Heidentum ein und derselbe Ausgriff, wenn nicht Ausflucht. Die prophetische Grammatik bei Jesaja bringt ein metaphysisches Skandalon in Gang die Durchsetzung des Futurums, die Ausweitung der Sprache ber die Zeit.5 Mit der neuen Sprache entstand der ethische Monotheismus mit seiner ganz einmaligen Eschatologie, wenn auch seit Jahrhunderten in heillos verfeindete Lager aufgeteilt wie Judentum, Christentum und Islam. Vielleicht bringt das ihnen so
4 5

Z.B. in Frobenius, Leo: Unter den unstrflichen thiopen. Berlin: Vita 1913. Steiner, George: Nach Babel. Aspekte der Sprache und des bersetzens. Aus dem Amerikanischen bersetzt von Peter Sillem. Frankfurt am Main: Suhrkamp 1994, S. 13. 327

wichtige Heilsversprechen, also die Aussicht auf eine sich tatschlich verwirklichende Utopie, diese charakteristische Unduldsamkeit6 zwangslufig mit sich. Mit dem Diebstahl der Utopie aus der Anderswelt, wo phantastische Dimensionen aber auch das Gesetz der Ewigen Wiederkehr walten, und der religispolitischen Instrumentalisierung der Utopie innerhalb der Lebenswelt hat der Mensch seine in Jahrhunderttausenden eingebte Geduld verloren. Es gengt ihm nun nicht mehr, wie die Dogon in Mali alle 60 Jahre zu rufen Le chose qui vole est sortie de lest! wobei man sich zu einer rituellen Schlange vereint, die unter groem Einsatz von Kostmen, Trommelmusik und Bierkonsum durch die Bergdrfer zieht7. Das ist Heidentum, wie es sich in abgelegenen Gebieten bis in die zweite Hlfte des 20. Jahrhunderts gehalten hat. Es dreht sich im Kreis und gleicht der Schlange, die ihren Schwanz frisst; darin verbinden sich Topologie mit Utopie, ohne dass die Welt verndert wrde. Vielmehr wird sie im Reigentanz und den immer wiederkehrenden Formeln besttigt. Was Jesaia den Juden, Paulus den Christen und Mohammed den Muslimen austrieb, war dieses im Kreis gehen (altgriech. peripathein). Die Bekehrten sollten vielmehr zielgerichtet gehen, gerade auf das Endziel zu, das die Wirklichwerdung der Utopie bedeutet und die berwindung des Dualismus oder Parallelismus aus diesseitiger Topologie und jenseitiger Utopie. Bekanntlich nahm nach dieser religionsgeschichtlich so dramatischen Wende die Ungeduld der Menschen in einem Masse zu, dass immer hufiger nach der Utopie sofort gerufen wurde. Vor allem dem rabbinischen Judentum entstammende Philosophen versuchten, diese kurzatmige Sehnsucht ernst zu nehmen und zu einer Wissenschaft zu machen. Man glaubte an eine gesetzmige Realisierung des Utopischen. Praktiker und Demagogen machten bekanntlich aus den Lehren von Karl Marx revolutionre Politik, und im 20. Jahrhundert gelangten politische Utopisten zu hchstem Ansehen. George Steiner schreibt:Philosophen wie Ernst Bloch und Adorno haben die grundstzlichen und historischen Implikationen der Kategorie Zukunft durchdacht.8 Damit schien die menschliche Gesellschaft greifbar nahe gerckt. Das berschreitende Denken hat es mglich gemacht, aus dem Trumen Wirklichkeiten zu gewinnen. Dazu mussten die Trume, in denen es nach Jedermanns Erfahrung drunter und drber geht, allerdings rationalisiert und domestiziert werden, die Utopien wurden topologisch zivilisiert und oft zu einem Siedlerprogramm umgemodelt, meist auf Kosten der Ureinwohner, die an der alten dualistischen Utopie festhalten wollten. Seit der hebrischen Landnahme in Vorderasien heit das Land der Verheiung Kanaan. Nach diesem eschatologischen Urakt wurden in der Neuzeit berall Utopien verwirklicht. Der Frankfurter Ethnologe und Kulturhistoriker Klaus
6

S. Streck, Bernhard: Kann man Unglauben tolerieren? Das Verhltnis zwischen ethischem Monotheismus und modernen Menschenrechten. Schriftenreihe Arbeitskreis fr Vergleichende Mythologie e.V. Sonderdruck, Leipzig: Edition Vulcanus 2011 (auf spanisch: La tolerancia del infiel. Sobre la relacin entre monoteismo y derechos humanos. Revista de Antropologia Social, No 19:205220, 2010). 7 Vgl. Rouch Jean/Dieterlen, Germaine: Lenterrement du hogon (dtsch: Rituale der Dogon. Das Fest des Sigi), Doku RMM/F 1968. 8 Steiner a.a.O. S. 177. 328

E. Mller schreibt mit Bezug auf Eliades ternel retour9 in Die Grundlagen der Moral(2012): Die frommen Puritaner, die der Hlle Europa voll heiligen Abscheus den Rcken gekehrt hatten, machten den Indianern in Neuengland die Heimat streitig, weil Gott selbst sie ihnen als ihr verheienes Kanaan zugedacht hatte, um die Mhen seines auserwhlten Volkes zu segnen.10 Dasselbe geschah fast berall in der kolonialen Welt; Landnahmen galten den Siedlern mit religisen Utopien nicht mehr als Raub, sondern als Verheiung. Beim Ende des 19. Jahrhunderts begonnenen zionistischen Projekt spielt auch die Metapher Traum oder Mrchen und seine zunchst unglaubliche Verwirklichung eine entscheidende Rolle11. Wie gesagt, geht es hierbei nicht um das an sich chaotische Traumgeschehen selbst, sondern um eine als Traum kaschierte Eroberungs- und Verbesserungspolitik, um eine politische Utopie. Auenpolitisch wurde daraus das Modell Kanaan, innenpolitisch das Modell Revolution. Zu Beginn des 20. Jahrhunderts lautete fr viele jdische Intellektuelle die Alternative: Zionismus oder Bolschewismus beides Trume, die zur Verwirklichung anstanden. Wir wollen uns das Wesen der religisen und psychologischen Verbrmung politischer Ideen am Beispiel Blochs, des Propheten mit Marx- und Engelszungen, wie ihn Martin Walser 1959 genannt hat, verdeutlichen.12 Das berschreitende Denken Anders als der russische Jude Leiba Bronstein (1879-1940), der als Leo Trotzki 1917 in Russland aus seinen schwrmerischen Utopien13 Weltgeschichte machte14, blieb der am 8. Juli 1885 als Sohn eines Eisenbahnbeamten mosaischen Glaubens in Ludwigshafen am Rhein geborene Ernst Simon Bloch whrend des 1. Weltkriegs im Schweizer Exil und arbeitete theoretisch am Geist der Utopie15, einer marxistischen Kritik am kriegfhrenden Deutschland und an der brgerlichen Gesellschaft. Als nach
9

Eliade, Mircea: Le mythe de lternel retour: Archtypes et repetition. Paris: Gallimard 1949 (dtsch. Frankfurt am Main: Suhrkamp 1986). 10 Mller, Klaus E.: Die Grundlagen der Moral. Und das Gorgonenantlitz der Globalisierung . Konstanz: UVK 2012. 11 Vgl. das Motto: Wenn Ihr wollt, ist es kein Mrchen. In: Herzl, Theodor: Altneuland. Leipzig: Seemann 1902. 12 Nach Ueding, Gert: Frs Leben lernend, aber auch frs Lernen leben. Erinnerungen an den akademischen Lehrer Ernst Bloch. In: Hiller von Grtringen, Rudolf (Hg.): Denken ist berschreiten. Ernst Bloch in Leipzig. Universitt Leipzig: Kustodie 2004, S. 117-137 (zit. S. 123). 13 ber den Menschen im Kommunismus wusste Trotzki: Sein Krper wird harmonischer, seine Bewegungen werden rhythmischer und seine Stimme wird musikalischer werden. (Trotzkij, Leo D.: Literatur und Revolution. Berlin1968:215; zit n. K.E.Mller a.a.O. 2012:76). 14 Neuere Literatur zu Trotzki: Service, Robert: Trotzky: A Biography. Cambridge/Mass. Harvard UP 2009; North, David: Verteidigung Leo Trotzkis. Wien 2012. 15 Bloch, Ernst: Geist der Utopie. Mnchen: Dunker & Humblot 1918. 329

dem furchtbaren vierjhrigen Gemetzel die Deutschen auch noch fr allein schuldig befunden und zu horrenden Wiedergutmachungszahlungen verurteilt wurden, steuerte Bloch Thomas Mnzer als Theologe der Revolution16 bei. Die mehrheitlich kirchlich gebundenen Verlierer sollten mit den atheistischen Revoluzzern vershnt werden im Geiste der Utopie. Der Utopist selbst stieg dann mit Unterbrechungen auf der Trauminsel Capri in die Berliner Flaneur- und Bohme-Szene ein, die an einer Neuauflage der russischen Revolution im Herzen Europas arbeitete. Die entsetzlichen Gruel whrend dieser verheerenden Verwirklichung eines Traumes wurden von der linken Schickeria entweder ignoriert (wie zum Beispiel der Anfang der 30er Jahre von Stalins Stellvertreter Lasar Moisewitsch Kaganowitsch (1893-1991) zu verantwortende Hungertod von 3,3 Millionen Ukrainern17 ) oder gerechtfertigt (wie die Erschieungen von rund 700.000 Sowjetbrgern im Zuge der Suberungsprozesse 1937/38). Ernst Bloch lie entsprechende Passagen aus den Heften der Weltbhne in ihrem Wiederabdruck in Politische Messungen, Pestzeit, Vormrz (1968/9) streichen. Sowjetische Historiker schtzten nach der Entstalinisierung die Opfer dieser revolutionren Politik, die nach den Worten des Prsidenten Michail Kalinin (1875-1946) die Vlker der Kirgisen-Steppe, die kleinen usbekischen Baumwollpflanzer und die turkmenischen Grtner die Ideale der Leningrader Arbeiter bernehmen18 lassen sollte, auf 5 bis 18 Millionen19; nach dem Ende der kommunistischen ra wurden noch ganz andere Zahlen bekannt20. 1933 flchtete Bloch mit der polnischen Genossin Karola Piotrkowska, die bald seine dritte Ehefrau wurde, ins Exil (Schweiz, sterreich, Tschechoslowakei, USA) und analysierte von dort NS-Deutschland. Im 1935 erschienenen Erbschaft dieser Zeit entdeckte er die Ungleichzeitigkeit, d. h. die fr Fortschrittsglubige erstaunliche Eigenstndigkeit der verschiedenen Kulturzge und forderte, das groe deutsche Kulturerbe den Nazis wegzunehmen, um es selbst zu beerben. Als dann Zigtausende von Bombern die materielle Seite dieses Erbes vernichteten, schrieb Bloch in Boston ber Trume vom besseren Leben dem spteren Prinzip Hoffnung. Eine Anstellung am ebenfalls im US-Exil etablierten Institut fr Sozialforschung von Max Horkheimer erhielt er nicht, u.a. wegen seiner StalinSympathie21. Er grndete dann mit Dblin, Brecht, Feuchtwanger, Heartfield und
16 17

Bloch, Ernst: Thomas Mnzer als Theologe der Revolution. Mnchen: Kurt Wolff 1921. S. Snyder, Timothy: Bloodlands. Europe between Hitler and Stalin. New York: Basic Books 2010 (dtsch. Mnchen: C.H.Beck 2011); zum Holodomor speziell: Conquest, Robert: The Harvest of Sorrow: Soviet Collectivization and the Terror-Famine. Edmonton: University of Alberta Press 1986; Kaminsky, Anna (Hg.) Erinnerungsorte an den Holodomor 1932/33 in der Ukraine. Berlin 2008 18 Kalinin, Michael: Za Ety Gody. Moskau 1929, S. 385. 19 Hartenstein, Elfi: und nachts Kartoffeln schlen. Frauen berichten aus Nachkriegslagern. Annherung an ein Kapitel DDR-Vergangenheit. Berg: VGB 1992, S. 47. 20 S. Courtois, Stphane et al.: Das Schwarzbuch des Kommunismus. Aus dem Franzsischen von Irmela Arnsperger et al., Mnchen/Zrich: Piper 1998. 21 Das Institut publizierte nie etwas von Bloch, lie auch keins seiner Bcher in der Zeitschrift besprechen, half ihm aber in den frhen 40er Jahren eine Zeitlang durch ein monatliches Stipendium von 50 Dollar.(Wiggershaus, Rolf: Die Frankfurter Schule. Mnchen: DTV 1988, S. 216) 330

Heinrich Mann in New York den Aurora-Verlag, der nach dem 2. Weltkrieg seine Schrift Freiheit und Ordnung verffentlichte. Die weiteren Werke aber kamen beim neugegrndeten Aufbau-Verlag in Berlin heraus, so auch der 1. Band seines Hauptwerk Das Prinzip Hoffnung22. Es war der Text der im Krieg geschriebenen Trume, nun berschrieben mit der zweiten Essenz des Apostel Paulus zwischen Glaube und Liebe23, die aber in einen schwrmerischen Marxismus eingebettet war. Die zuletzt (1959) dreibndige Schrift sollte Christen, Juden und Atheisten vereinigen in einer Ontologie des Noch nicht und den total verwirrten Seelen des kriegsverkrppelten Europa Kompa und Fernrohr zugleich sein. Bloch versprach den Millionen Heimatvertriebenen eine Heimat, worin noch niemand war. Es hrten aber hauptschlich die Antifaschisten, Kommunisten, Sozialisten und Humanisten zu, und diese glaubten, wie Bloch selbst, dass die Zukunft eher im sowjetrussisch okkupierten Teil Deutschlands liege als in den Westzonen. Der kommunistische Staatsphilosoph Ernst Bloch hatte nach seiner Promotion 1908 wenig Verbindung zu akademischen Disziplinen. Er galt als Journalist und Linksliterat. Das machten auch Leipziger Professoren im Jahre 1948 geltend, als die um Neuorientierung ringende Universitt einen Philosophen suchte und der Name Bloch ins Spiel kam. Das Ministerium fr Volksbildung in Dresden setzte sich aber ber alle Bedenken24 hinweg und verstand die von oben verfgte Berufung als Akt der Wiedergutmachung am jdischen Volk25. So wurde Bloch Professor fr Philosophie von SED-Gnaden mit eigener Villa, PKW, Vorzugslebensmittelmarken und einem ordentlichen Salr, mit dem er sogar Antiquitten anschaffen konnte. Frau Karola arbeitete fr die Regierung in BerlinOst. Damals waren Hunderttausende Deutsche, meist Frauen, nach Sibirien deportiert worden26 und Zigtausende saen ohne Prozess und Urteil in Gefangenenlagern und Gefngnissen27. An der Universitt Leipzig etablierte sich bald
22 23

Bloch, Ernst: Das Prinzip Hoffnung. Berlin: Aufbau-Verlag 1954. Nun aber bleibt Glaube, Hoffnung, Liebe, diese drei; aber die Liebe ist die grte unter ihnen. 1. Korinther 13,13. 24 trotz seines wiederholten energischen Bekenntnisses zum genuinen Marxismus erscheint als sein Grundtrieb ein starker, aber ganz formloser, messianischer idealistisch-mystischer Utopismus. Mag man darber urteilen, wie man will, so scheint mir ein solcher formloser Utopismus nicht Kern einer philosophischen Lehrttigkeit sein zu knnen. Der Neuzeithistoriker Johannes Khn in einem Gutachten zu Bloch, nach Middell, Matthias: Leipzig als ein Zentrum der akademischen Remigration nach dem Zweiten Weltkrieg. In: Hiller a.a.O. S. 49-86, zit. S.66. 25 S. Hiller a.a.O. S. 31. 26 Klier, Freya: Verschleppt ans Ende der Welt. Schicksale deutscher Frauen in sowjetischen Arbeitslagern. Mnchen: Ullstein 2000. 27 Finn, Gerhard: Die politischen Hftlinge der Sowjetzone. Kln: Verlag Wissenschaft und Politik 1989; Flocken, Jan von/Michael Klonowsky: Stalins Lager in Deutschland 1945-1950. Berlin 1991; Fricke, Karl Wilhelm: Politik und Justiz in der DDR. Zur Geschichte der politischen Verfolgung 19451968. Kln: Verlag Wissenschaft und Politik 1979; Preissinger, Adrian (Hg.): Von Sachsenhausen bis Buchenwald. Die Todesfabriken der Kommunisten. Berg: VGB-Verlag 1991; Schmidt, Andreas: 331

ein Spitzelsystem, das viele Studierende verfolgte und auch vor Mord nicht zurckschreckte. Erneut verschloss Ernst Bloch vor der Wirklichkeit die Augen und predigte das Noch nicht und den Mglichkeitssinn, die docta spes und die Unterscheidung zwischen Nahzielen und Fernzielen: Man kann das Morgen nur vom bermorgen her denken.28 Das kam der kommunistischen Diktatur entgegen, verlangte sie doch von den Werkttigen immer grere Opfer, bis diese einen Aufstand wagten. ber Blochs Reaktion auf den 17. Juni 1953 ist wenig bekannt; doch schien er sich als Staatsphilosoph bewhrt zu haben, und am 5. Mai 1953 bekam seine Universitt den Ehrennamen Karl Marx. Zwei Jahre spter berreichte man Bloch den Vaterlndischen Verdienstorden in Silber, kurz darauf den Nationalpreis II. Klasse fr Wissenschaft und Technik. Bloch wurde in die Deutsche Akademie der Wissenschaften zu Berlin aufgenommen. 1956 rebellierten die Ungarn gegen den bergestlpten Sowjetkommunismus. Blochs dortiger Kollege und Freund, der damalige Kultusminister George Lukcs (1885-1971) verschwand kurze Zeit und verlor dann seine mter. Da emprte sich endlich Bloch und verlangte von Johannes R. Becher (1891-1958), dem Stalinpreistrger und Kultusminister der DDR, eine Intervention zugunsten des gemeinsamen Freundes Jonny. Als die nicht erfolgte, nannte Bloch Becher einen Lumpen 29. Damit verlor die DDR-Fhrung ihr Vertrauen in den Staatsphilosophen und emeritierte den 72jhrigen zum 1. September 1957. Doch behielt er seine Bezge und Privilegien; insbesondere sein Recht auf Auslandsreisen kam ihm nun zugute. Denn es gab ja noch das Land des Klassenfeinds eine Vorstellung, mit dem DDRKommunisten ihre heimliche Sehnsucht nach dem Westen bekmpften. Ihr brauchte Bloch jetzt keinen Widerstand mehr entgegensetzen, zumal sich in der rundum erfolgreicheren BRD nach der ersten Phase des wirtschaftlichen Wiederaufbaus erneut Hunger nach geistiger Fhrung bemerkbar machte. Bloch wieder im Westen Nach der Katastrophe von 1945 sind nicht alle Emigranten in die SBZ/DDR als dem besseren Deutschland zurckgekehrt. Manche versuchten auch in Trizonesien und der ihm folgenden BRD Wegweiser aus der NS-Katastrophe zu werden. Am bekanntesten wurde das Philosophenpaar Max Horkheimer (1895-1973) und Theodor Wiesengrund Adorno (1903-1969), die in Frankfurt am Main eine geistige Dominanz erreichen konnten, die der von Ernst Bloch und dem Literaturwissenschaftler Hans Mayer (1907-2001) in Leipzig entfernt vergleichbar war30. Alle diese Leitfiguren
Leerjahre. Leben und berleben im DDR-Gulag. Bblingen: Anita Tykve-Verlag 1986. 28 Nach Bloch, Jan Robert: Ernst Bloch: Die Leipziger Jahre. Rede aus Anlass der Ausstellungserffnung. In: Hiller a.a.O. S. 11-20. 29 Hiller a.a.O. S. 35. 30 Nicht zu vergessen ist, dass die Universitt Leipzig in den roten Jahren noch andere Leuchttrme in den Geisteswissenschaften besa, z.B. den Universalhistoriker Walter Markov (1909-1993) oder den Romanisten Werner Krauss (1900-1976). Beide waren nach bitteren Erfahrungen mit der NS-Justiz der KPD beigetreten und Wahlleipziger geworden. (vgl. Hehl, Ulrich von et al.: Geschichte der 332

verstanden sich als Marxisten und glaubten an das noch nicht, auch wenn ihre Utopie vom Marxschen Reich der Freiheit unterschiedlich akzentuiert war: bei Horkheimer immer mehr mit der prophetischen Eschatologie verbunden, bei Adorno stark auf die Kunst ausgerichtet, bei Mayer auf die jdische Humanitt. Bloch schlielich konnte mit seinen Hoffnungen die Eschatologen aller Konfessionen erreichen und fand im Tbingen Hegels, Schellings und Hlderlins einer herzliche Aufnahme. 1960 wird Bloch nach Vortragsreisen und einem Vertragsabschlu mit dem Suhrkamp-Verlag in Frankfurt am Main eine Gastprofessur in Tbingen angeboten, die er von der DDR-Fhrung auch genehmigt bekam. Ein Jahr spter ist das Ehepaar Bloch wieder in der BRD, macht auch Urlaub und wird vom Mauerbau am 13. August 1961 berrascht. Man beschliet, im Westen zu bleiben ungeachtet der Folgen, die diese Republikflucht fr die zahlreiche Anhngerschaft im Osten haben wrde. Blochs Schler wie Jrgen Teller, Wolfgang Harich, Walter Janka oder Gnther Zehm wurden umgehend als Dissidenten verfolgt, verhrt, zum Teil aus der Partei ausgeschlossen. Blochs umfangreicher Nachlass in Leipzig wurde von zwei von Freunden in den Westen geschmuggelten Koffern voller Manuskripte abgesehen von den enttuschten SED-Machthabern fast restlos aufgelst. Der berlufer selbst wurde nun offiziell als Deserteur, Renegat, Verrter, Betrger, gefhrlicher Verbrecher bezeichnet31 , als Ernst Bloch, der zu Globke kroch32. Westdeutschland war fr DDR-Kommunisten die Fortsetzung des Hitler-Reiches33, und ausgerechnet hier gelang dem greisen Meister rasch eine neue Karriere, nmlich als die Intelligenz der westdeutschen Wohlstandsgesellschaft sich gerade anschickte, die aus USAmerika und Frankreich berschwappende Studentenrevolte zu kopieren. Die Ehrungen Blochs in der BRD bertreffen die, die er zuvor von der DDR erhielt: 1962 Professur fr Philosophie an der Universitt Tbingen und Kulturpreis des Deutschen Gewerkschaftsbundes, 1967 Friedenspreis des Deutschen Buchhandels, 1970 Ehrenbrgerschaft der Stadt Ludwigshafen, 1975 Ehrendoktorwrde der Pariser Sorbonne und der Universitt Tbingen, Ehrenmitglied der Akademie der Knste, Sigmund-Freud-Preis fr wissenschaftliche Prosa. Am 4. August 1977 stirbt Ernst Bloch an Herzschwche. Sein Mitstreiter Hans Mayer, der ihm 1963 nach Tbingen gefolgt war und 1965 eine eigens fr ihn geschaffene Professur in Hannover erhielt, berlebte ihn um 24 Jahre. Von Mayer stammt das berhmte Wort ber die frhe DDR, das Blochs Deutung des Morgen vom bermorgen her ad absurdum fhrt: Das schlechte Ende widerlegt nicht einen mglicherweise guten Anfang.34
Universitt Leipzig 1409-2009, Band 3, Das zwanzigste Jahrhundert 1909-2009. Leipzig: Leipziger Universittsverlag 2010) 31 S. Hiller a.a.O. S. 38. 32 Nach Wiemers, Gerald: Ernst Blochs Ernennung zum Professor der Philosophie. In: Hiller a.a.O. S. 87-100, zit. S. 96. 33 Hans Globke (1898-1973) stieg als ehemaliger Zentrumsmann unter Konrad Adenauer zum Staatssekretr im Bundeskanzleramt auf, obwohl er 1936 Koautor eines wichtigen Kommentars zu den Nrnberger Rassengesetzen war. 34 Mayer, Hans: Der Turm von Babel. Frankfurt am Main: Suhrkamp 1991. 333

Schluss Ernst Bloch beschloss sein Prinzip Hoffnung mit einer Verlegung der Menschenschpfung vom Anfang ans Ende: Die wirkliche Genesis ist nicht am Anfang, sondern am Ende, und sie beginnt erst anzufangen, wenn Gesellschaft und Dasein radikal werden, das heit sich an der Wurzel fassen. Die Wurzel der Geschichte aber ist der arbeitende, schaffende, die Gegebenheiten umbildende und berholende Mensch. Hat er sich erfasst und das Seine ohne Entuerung und Entfremdung in realer Demokratie begrndet, so entsteht in der Welt etwas, das allen in die Kindheit scheint und worin noch niemand war: Heimat.35 Der Leipziger Theologe Rdiger Lux hat diese zentrale Hoffnung der Moderne einen radikalen Akt der Autoemanzipation genannt36. Der Mensch zieht sich selbst, am eigenen Schopf, aus der Misere seiner Geschichte. Dann landet er dort, wo er immer schon sein wollte, nmlich zu Hause. Das ist eine schne Vorstellung, aber mehr wohl nicht. Seine Suggestivkraft bezieht Bloch aus denselben Quellen wie alle Heilsbotschaften, die die oben angesprochene Kluft zwischen Topologie und Utopie zu berbrcken versprechen in einer sogenannten Sozialutopie. Das sind Umsturzphantasien, nach denen Bloch wie ein Goldsucher (Jan Robert Bloch) die Geschichte durchzukmmen pflegte. Blochs Werk setzt das der Bibelschreiber und Religionsstifter fort. Die Bibel nannte er folgerichtig das revolutionrste Religionsbuch berhaupt.37 Dieses Entgegenkommen des marxistischen Atheisten hin zu den bibelglubigen Deutschen machte seine Popularitt aus, die weit ber akademische Kreise hinausging und sich sowohl in der DDR wie in der BRD zeigte. Sie berstieg das Ansehen anderer Remigranten wie Brecht, Eisler, Krauss, Seghers, Erkes, Mayer oder Herzfelde im Osten und machte den etablierten Propheten und Mahnern im Westen, etwa Horkheimer und Adorno in Frankfurt, Wolfgang Abendroth (1906-1985) in Marburg oder Jacob Taubes (1923-1987) in West-Berlin ab 1961 vom noch freien Wirkplatz Tbingen aus starke Konkurrenz. 1985 stiftete der Suhrkamp-Verlag aus Dankbarkeit fr die gut gehenden Bloch-Werke eine Ernst Bloch Professur an der Universitt Tbingen. Man sprach bei Bloch, dem marxistischen Schelling (Habermas), von revolutionrer Gnosis in seinem Denken von unten. Unter den marxistischen
35 36

Bloch, Ernst: Das Prinzip Hoffnung. Bd. III. Frankfurt am Main: Suhrkamp (3. Aufl.) 1976, S. 1628 Lux, Rdiger: Das Menschenbild des Dekalogs. In: Ebert, Udo/Ortrun Riha und Lutz Zerling (Hg.): Menschenbilder Wurzeln, Krise, Orientierung. Stuttgart/Leipzig: Hirzel (Abhandlungen der Schsischen Akademie der Wissenschaften zu Leipzig. Philologisch-historische Klasse, Bd. 82, Heft 2) 2012, S. 120-136, zit. S. 124. 37 Bloch, Ernst: Atheismus im Christentum. Zur Religion des Exodus und des Reichs . Frankfurt am Main: Suhrkamp 1968, S. 104. 334

Propheten der Nachkriegszeit umgab ihn die strkste Religionsaura. Gewiss war er ein groer Erzhler, der in den geselligen Runden in seiner Leipziger Villa die Gste bis spt in die Nacht zu unterhalten wusste. Dann war er ein begeisterter Musikfreund und vermochte wohl auch deshalb schon im Geist der Utopie die Kakophonien der Neutner als Symptome der gegenwrtigen Gesellschaftskrankheit zu diagnostizieren. Aber schon als Zeitkritiker muss er sich messen lassen mit Aldous Huxley (1894-1963) oder George Orwell (1903-1950), die mit ihren Dystopien Brave New World (1932), Animals Farm (1945) oder 1984(1949) den real existierenden wie den drohenden Totalitarismus der modernen Welt ungleich schrfer zu fassen bekamen. Als politischer Denker ist er, der den Gipfel seiner Karriere im stalinistischen Ostdeutschland erklomm, auf der ganzen Linie gescheitert; Blindheit und Einugigkeit zeichnen ihn hier gleichermaen aus oder reicht der Hinweis auf das alle Denkenden erfassende Entsetzen ber die vorher unvorstellbaren Gruel des NS-Regimes hier als Entschuldigung? Es bleibt der Utopist Bloch, der seine marxistisch-eschatologischen Phantasien lebte und sie in unterschiedlichen Kontexten immer neu predigte, ohne die furchtbare Nhe zwischen Tagtraum und Alptraum auch nur zu reflektieren. Utopien sind legitime Fluchtwege und Entlastungen. Keine Kultur und kein Denker kann auf sie verzichten. Die Problematik setzt ein, wo aus Heilsvorstellungen Heilslehren werden und die Utopie fr machbar erklrt wird. Die Jahre 1914, 1919, 1933, 1945, 1968 waren entscheidende Wenden und fr viele auch mit dem Zauber des konsequenten Auszugs aus dem Verhngnis verbunden. Bloch hat versucht, diese immer neu genhrte Sehnsucht nach dem ganz Anderen als philosophisches System auszugeben. Dabei sind ihm viele gefolgt. Sie durften damit seine Hoffnung teilen, mussten sich aber auch mit der Blendung abfinden, die jede Realutopie infolge ihres inhrenten Widerspruchs zwangslufig mit sich bringt. Die Eidgenossenschaft Europa, von der SS-Hauptsturmfhrer Dolezalek 1944 im Angesicht der katastrophalen Niederlage des nationalsozialistischen Ausbruchs aus der westlichen Zivilisation schwrmte, hat heute fast mehr Realittsbezug als Ernst Blochs Trume vom besseren Leben fr alle.

335

336

Autori di questo numero


BRIGITTA BENZING PhD. in Ethnology and African and Semitic Languages from the University of Mainz. Assistant, later Associate professor at the same University. 1978-1981: Teaching at the Universities of Zrich, Marburg, Tbingen, later also in Berlin and Addis Ababa as visiting professor. 1981-2006: Full time professor at the Institute of Ethnology, Gttingen University. Since 2010: Professor at the Department of Social Anthropology, Addis Ababa University. Field of research: oral history, development cooperation, visual arts, museology, urban anthropology. ROBERTA CAFURI, una antropologa museale dellUniversit di Torino; ha compiuto ricerche in Africa Occidentale, in Bnin e in Senegal, sugli artisti contemporanei, su siti storici, musei e politiche legati alla memoria del potere e al ricordo della schiavit. In Canada si formata sulla nuova museologia e le diversit culturali. Tra le sue pubblicazioni: Riconoscere la diversit (2008, Altravista), Larte della migrazione. Memorie africane tra diaspora, arte e musei (2005, Trauben), In scena la memoria. Antropologia dei musei e dei siti storici del Bnin (2003, LHarmattan). TING FA MARGHERITA CHANG Professore ordinario, Settore: AGR/01 Economia ed estimo rurale, Settore concorsuale: 07/A1, Universit degli Studi di Udine, Facolt di Agraria, Dipartimento di Ingegneria civile e Architettura (DICA) Tel: 0432/558321, Fax: 0432/558302. Email: margherita.chang@uniud.it Ting Fa Margherita Chang si laureata con lode in Economia e Commercio presso lUniversit di Pavia. Dal 1991 professore ordinario di Economia Agraria e Estimo nella Fac. di Agraria dellUniv. di Udine. stata prof. associato di Economia e Politica agraria nella Facolt di Economia e Commercio dellUniv. di Torino (19871991) e titolare di Estimo ed esercizio professionale nella Facolt di Architettura del Politecnico di Milano (1987-1992).Coordinatore del dottorato di ricerca in Economia e Gestione delle Risorse Agricole e Paesistico-ambientali XIV ciclo (1998-99) e in Economia Ecologia e Tutela dei Sistemi agricoli e Paesisticoambientali dal XV ciclo(1999-2000)al XXVII ciclo (2011-2013) Univ. di Udine. Liaison Officer per lItalia dellInternational Association of Agricultural Economists (dal 1992 al 2000); Direttore del Dipart. di Biologia e Economia Agro-industriale (2006-2012); membro del Consiglio di Amministrazione dellUniv. di Udine (20032011) in rappresentanza dei professori ordinari; membro del Consiglio Universitario Nazionale CUN (1983-86) organo consultivo del Ministero della Pubblica Istruzione; Resp. nazionale Commissione Reclutamento e Ricercatori (1979-1986) del Comitato Nazionale Universitario (CNU) e membro Giunta Nazionale. Direttore resp. della Rivista Internazionale Interdisciplinare Agribusiness Paesaggio &
337

Ambiente (dal 1996). M. Chang autore di numerose pubblicazioni su: a) economia dellagribusiness; b) lagricoltura nei paesi sottosviluppati e sovrappopolati; c) la pianificazione nelluso delle risorse agricole e paesistico-ambientali; d) problemi metodologici concernenti limplementazione di algoritmi gerarchici (triangolarizzazione delle matrici input-output, lanalisi dei cluster e dei clumping) e i sistemi-guida di contabilit nazionale (compresa la contabilit ambientale); e) la fingerprint bioculturale del territorio e lattrattivit turistica; f) economia delle comunit locali, agricoltura civica e urbana. Ting Fa Margherita Chang graduated cum laude in Economics and Business at the University of Pavia. Since 1991 she is full professor of Agricultural and Landscape Economics in the Faculty of Agrarian Sciences University of Udine. She held also the chair of Agricultural Economics and Policy and the course of Urban and Rural Appraisal in two of the most prestigious Italian Universities (Turin Fac. of Economics and Business and Polytechnic of Milan Fac. of Architecture). She was from 1983 to 1986 member of the National University Council, the advisory body of the Italian Ministry of Education as representative of university researchers. She has served as Liaison Officer for Italy of the International Association of Agricultural Economists (IAAE from 1992 to 2000) and as Director (2006-2010) of the Department of Biology and Agribusiness Economics at the University of Udine (Italy). At present she is Editor of the International Journal Agribusiness Landscape & Environment Management. She has been member of the Administrative Council of the University of Udine since 2003 as representative of Full professors. Since 1998-99, she has been serving as Coordinator of the research doctorate program (Ph.d.) in Economics Ecology and Protection of the Agricultural and Landscapeenvironmental Systems of the University of Udine. T.F.M. Chang is Author of numerous publications in the following fields: a) agribusiness economics; b) agriculture in underdeveloped overcrowded countries (especially of East Asia); c) resources and landscape planning; d) methodological problems concerning the implementation of hierarchical algorithms (triangulation of I-O matrixes, cluster, clumping and so on) and the systems of national accounts (environmental included; e) landscape and environmental economics. ANTONINO COLAJANNI Professore ordinario di Antropologia sociale presso la Facolt di Scienze Umanistiche della Universit di Roma La Sapienza, ora Facolt di Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche e Studi Orientali. Membro del Dipartimento Storia, Culture, Religioni. Negli ultimi anni ha tenuto corsi di Antropologia sociale, Rito e Spettacolo, Antropologia visuale. Ha svolto ricerche etnografiche sul campo in Ecuador e Per (regione amazzonica) negli anni 1971-1982, in Colombia (Sierra Nevada de Santa Marta) negli anni 19902002. Ha svolto ricerche brevi e visite ripetute in Venezuela, Argentina, Bolivia, Guatemala. Si interessato di Etnografia amazzonica, di Storia dellantropologia sociale, di Antropologia giuridica, di Antropologia dei processi di sviluppo, di Antropologia storica della regione andina (Vicereame del Per) nel secolo XVI.

338

Ha pubblicato una settantina di saggi, e i volumi: Problemi di Antropologia dei processi di sviluppo (ISSCO, Varese 1994); Le piume di cristallo. Indigeni, nazioni e Stato in America Latina (Ed. Meltemi, 2 ed. Roma 2006); Introduzione alla ricerca antropologica. Lo studio del cambiamento sociale (Ed. Nuova Cultura, Roma 2007); [con A. Mancuso], Un futuro incerto. Processi di sviluppo e popoli indigeni in America Latina (Ed. CISU, Roma 2008); Anthropology and development processes. Four Lectures, University of Pavia, Master in Cooperation and Development (Edizioni Nuova Cultura, Roma 2009). FABIO CORIGLIANO, laureato in Scienze Politiche presso lUniversit degli Studi di Trieste, dottore di ricerca presso la Scuola di Dottorato in Giurisprudenza dellUniversit di Padova con una tesi in Filosofia del diritto, ha svolto attivit didattiche, seminariali e di ricerca presso le cattedre di Filosofia del diritto, Teoria generale del diritto, Diritti umani e Storia delle dottrine politiche presso la Facolt di Scienze Politiche dellUniversit di Trieste, nonch di Diritti umani presso la Facolt di Scienze Internazionali e Diplomatiche di Gorizia. autore, per i tipi dellAracne, di una monografia dal titolo Amministrazione e politica. La rappresentazione degli interessi collettivi. Ha fondato a Trieste, insieme alla dott.ssa Teresa Tonchia, il Laboratorio di filosofia e politica dellimmagine. Tiene da diversi anni, presso lUniversit della Terza Et di Trieste, linsegnamento di materie filosofiche e giuridiche. Lavora presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. MARIANNA FORLEO una studiosa di utopia e scienza, autrice di numerosi saggi sullutopia vittoriana e la letteratura scientifica del tempo. Dottoranda di Ricerca presso lUniversit di Firenze, ha collaborato con la Cattedra di Storia delle Dottrine Politiche della Facolt di Scienze Politiche di Roma Tre. VITANTONIO GIOIA is Professor of History of Economic Thought at the University of Salento (Italy). Dean of the Faculty of Political Sciences (2000 2007) at the University of Macerata and now Director of the Department of History, Society and Human Studies (University of Salento), worked on the following subjects: the German Historical School of Economics (Roscher, Hildebrand, Schmoller, Spiethoff), the evolution of Italian economics between 1860-1930, the theories of crises and business cycles in the German and Italian economics. Recent scientific publications: Sviluppo economico, disuguaglianze sociali e sostenibilit: i dilemmi delleconomics, in F. Totato (ed.) Lo sviluppo in questione, in Stato ed Economia; Angelo Messedaglia e il suo tempo EUM, Macerata 2011 (Eds. V. Gioia S. Noto); Adolf Wagner: Economic Crises, Capitalism and Human Nature, in D. Besomi (ed.), Crises and Cycles in Economic Dictionaries and Encyclopaedias, Routledge 2011; Arthur Spiethoff: from economic crises to business cycle theory, in D. Besomi (ed.), Crises and Cycles in Economic Dictionaries and Encyclopaedias, Routledge (2011); Natural Laws and Political Economy: Proudhon vs Malthus. Controversial Aspects of Malthus Essay on Population, in Quadernos Aragonenses de Economia (2012).

339

GUILLERMINA HERRERA PEA Guatemalteca nacida en la ciudad de Guatemala. Lingista graduada en la Universidad Estatal de Nueva York SUNY BUFFALO , con formacin humanstica previa en Filosofa y Literatura, ha dedicado gran parte de su vida profesional a la investigacin y promocin de las lenguas mayas de Guatemala y a la aplicacin de la Lingstica a la educacin, as como a estudios y propuestas de poltica y planificacin lingstica en pos del respeto y reconocimiento de los idiomas de los pueblos indgenas del pas y de una mayor y mejor comunicacin entre los guatemaltecos, como fundamento para el desarrollo de una sociedad inclusiva, democrtica y tolerante. Se ha especializado en trabajos sobre identidad cultural, etnicidad y ciudadana. Ha sido conferencista, dirigido talleres y publicado ensayos en ese campo. Ha aportado conocimiento y propuestas y desarrollado proyectos para una Educacin Intercultural Bilinge de calidad, orientada a formar ciudadanos responsables y participativos; desarrollado mtodos innovadores para el aprendizaje en lengua materna y en segunda lengua; metodologas pertinentes para alfabetizacin en lenguas mayas y en espaol, como segunda lengua; dirigido y participado en la publicacin de mltiples obras escritas en lenguas mayas y conducido proyectos editoriales en la misma lnea. Ha trabajado en el combate a la discriminacin y el racismo en Guatemala, colaborando con peritajes lingsticos en el desarrollo de litigio estratgico y con publicaciones y mltiples actividades de difusin sobre el tema. Primera mujer en Guatemala que ha sido rectora de una universidad. Ha trabajado en favor de la equidad de gnero y en la promocin de la mujer. Ha impartido cursos universitarios, capacitaciones y talleres en esta lnea de trabajo. Ha realizado estudios y publicado artculos, ensayos y libros al respecto. Catedrtica universitaria por ms de tres dcadas, ha participado en la formacin de generaciones de profesionales, entre las cuales se encuentran generaciones de lingistas y educadoras y educadores mayas. Ha desarrollado y dirigido programas punteros de formacin universitaria para estudiantes indgenas, con nfasis en educacin de calidad y reforzamiento de la propia identidad. MICHEL KAIL vient dachever une carrire de professeur agrg de philosophie et de charg de cours luniversit Paris V en histoire de la psychologie. Aprs avoir t membre du comit de rdaction de la revue Les Temps Modernes de 1986 2007, Kail co-dirige la revue LHomme et la Socit, revue internationale de recherche et de synthse en sciences sociales, fonde en 1966. Auteur de plusieurs ouvrages et articles sur Beauvoir, Sartre, Marx, linconscient et la philosophie politique, il sefforce de dfinir les conditions dun matrialisme anti-naturaliste. Derniers ouvrages parus: Michel Kail, Jean-Paul Sartre, Conscience et subjectivit, (2011) Pierre Bras et Michel Kail (ds), Simone de Beauvoir et la psychanalyse, LHomme et la Socit, numros 179-180 (2012) Michel Kail et Richard Sobel (ds), La Question anthropologique, LHomme et la Socit, numro 181 (2012)
340

RAOUL KIRCHMAYR dottore di ricerca in Filosofia, ha studiato a Trieste, Bruxelles (ULB) e Parigi (EHESS, Paris 1). docente a contratto allUniversit di Trieste dal 2001, dove ha insegnato Ermeneutica filosofica e Antropologia culturale (SISS, 2001-2008) e Storia dellEstetica (Lettere e Filosofia, 2002-2008). Dal 2009 insegna Estetica. redattore della rivista aut aut ed membro dellquipe Sartre allInstitut des Textes et Manuscrits (ITEM) presso lEcole Normale Suprieure di Parigi. Tra le sue pubblicazioni: Il circolo interrotto. Figure del dono in Mauss, Sartre e Lacan (Trieste 2001), Merleau-Ponty (Milano 2008). Ha inoltre curato i fascicoli monografici di aut aut dedicati a Bernhard, a Lyotard (con A. Costa) e a Didi-Huberman (con L. Odello). MARCO MAZZEO (MM) si laureato in Fisica allUniversit degli studi di Lecce nellOttobre del 2001 (110 e lode/110) con una tesi dal titolo Fabbricazione e caratterizzazione di Diodi emettitori di luce basati su molecole organiche. Tale lavoro ha portato a una pubblicazione sulla rivista Appl. Phys. Lett., 79, 560-562, (2001) dal titolo White Light emission from blends of blue-emitting organic molecules: A general route to the white organic light-emitting diode?. Il lavoro ha riguardato lo studio delle propriet fotofisiche di stati di ecciplesso tra composti molecolari a emissione di luce blue ai fini di ottenere un metodo generale per ottenere luce bianca evitando lausilio di due o tre composti di differente lunghezza donda di emissione (metodo RGB). Questo articolo stato recensito come pubblicazione a elevato impatto Highlights of the recent literature, sulla rivista Science nel numero Science 10 Agosto 2001:Vol. 293. no. 5532, p. 1015, DOI: 10.1126/science.293.5532.1015b, How Two Blue Lights Make a White Light, di Marc S. Lavine, e sulla rivista Nature nel numero Nature 31 July 2001, Organic white bulb mixed, di Philip Ball. Dallo sviluppo di queste idee si realizzato uno dei primi dispositivo OLED a emissione di luce bianca a singolo strato attivo con coordinate cromatiche indipendenti dal voltaggio applicato (Appl. Phys. Lett., 82, 334-336, (2003)). Nel Maggio del 2005 MM ha conseguito il titolo di dottorato alla stessa facolt lavorando sullo sviluppo di dispositivi organici a emissione di luce bianca per applicazioni nellambito dellilluminazione. Durante questo progetto si sono analizzate le propriet fotofisiche di composti oligotiofenici a elevata efficienza portando allo sviluppo di un primo dispositivo a emissione di luce bianca da singolo composto molecolare tiofenico, Advanced Materials, 17, 34-39, (2005). Tale lavoro introduce lidea di sfruttare meccanismi di nano-assembling molecolare per ottenere da un singolo composto emissione in tutta la finestra spettrale della luce visibile con leffetto di semplificare il numero di steps tecnologici necessari alla realizzazione di un dispositivo OLED ad emissione di luce bianca e di aumentare lefficienza del dispositivo. Nel 2006 MM stato post-doc presso lIstituto di Fotofisica Avanzata (I.A.P.P.) di Dresda (Germania) sotto la supervisione del prof. Karl Leo lavorando sullo sviluppo e sulla fisica di OLEDs ad emissione di luce blue per applicazioni nellilluminazione artificiale realizzati mediante la tecnica del drogaggio elettrico. Lobiettivo del progetto stato quello di analizzare i processi di quenching dellelettroluminescenza di composti fluorescenti ad emissione blue con lobiettivo di
341

realizzare strutture ad elevata efficienza anche ai valori di luminanza necessari per lilluminazione. Attualmente responsabile scientifico al National Nanotechnology Laboratory del CNR Istituto Nanoscenze (Lecce-IT) nellambito dello sviluppo e studio di dispositivi organici nel campo delloptoelettronica per applicazioni nel settore dellilluminazione, del fotovoltaico e di laser organici. Nellambito di questa attivit stato sviluppato un nuovo dispositivo OLED ad emissione bianca mediante micro cavit accoppiate che ha portato ad un brevetto italiano in fase di estensione a livello europeo e a una pubblicazione sulla rivista Advanced Materials (2010, in press). MM , dal 2001, autore e co-autore di 50 lavori su riviste scientifiche internazionali e di 4 brevetti sulla fabbricazione di nuove sorgenti di luce plastiche. MONICA MUSOLINO Dottore di ricerca in Analisi e teoria del Mutamento delle Istituzioni sociali, politiche e comunicative, presso lUniversit di Messina. Ha insegnato Sociologia Urbana e Sociologia Generale, come docente a contratto, e attualmente assegnista di ricerca in Sociologia dei Processi Economici presso la stessa universit. Si occupa prevalentemente di mutamento sociale e urbano, di immaginario legato alle dinamiche spaziali e urbane, di metodi di ricerca di tipo visuale e morfologico, con una particolare attenzione allapproccio di origine goethiana, che ha sviluppato presso lEHESS di Parigi (2007-2008). Fra le sue pubblicazioni: M. Musolino, Metamorfosi urbane. Indagini morfologiche sulle nuove forme di citt, Citt del Sole, Reggio Calabria, 2010; M. Musolino, Abitare, in M. Meo, P. L. Marzo (a cura di), Leterno e leffimero. Contributi per una lettura altra del mutamento sociale, Aracne, Roma, 2010; F. Mostaccio e M. Musolino, Le trasformazioni urbane e socioeconomiche dal Novecento a oggi, in F. Mazza (a cura di), Siderno e la Locride. Storia cultura economia, Rubbettino, Soveria-Mannelli, 2010; M. Musolino e T. Perna, La metamorfosi socioeconomica nel XX secolo, in F. Mazza (a cura di), Messina. Storia cultura economia, Rubbettino, SoveriaMannelli, 2007. ANTONIO LUIGI PALMISANO ha lavorato come ricercatore e docente di Antropologia Sociale e Antropologia del Diritto presso alcune Universit (Berlin, Leuven, Addis Abeba, Gttingen, Roma, Torino, Trieste, Lecce ecc.) e svolto pluriennali ricerche sul terreno in Africa dellEst, Asia Centrale e America Latina, possibilmente allinterno di societ segmentarie. Palmisano intende il fieldwork come stile di vita. LIVIO CLEMENTE PICCININI Professore ordinario, Settore: MAT/05 Analisi matematica, Settore concorsuale: 01/A3, Universit degli Studi di Udine, Facolt di Ingegneria, Dipartimento di Ingegneria civile e Architettura (DICA) Tel: 0432/558267, Fax: 0432/558302. Email: piccinini@uniud.it Nato a Gorizia il 30 marzo 1943. Studi di matematica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa (SNS). Laurea in matematica con 110 e lode (rel. Prof. E. De Giorgi) nel 1965, Diploma della SNS I livello nel 1966 e perfezionamento nel 1968. Dal 1967 al 1975 Assistente Ordinario presso la SNS, dal 1975 Professore Ordinario
342

di Analisi Matematica (Scienze Statistiche a Padova fino al 1980, poi Ingegneria a Udine). Direttore del Dipartimento di Matematica e informatica dal 1989 al 1992. Pro-Rettore Vicario dellUniversit di Udine dal 1992 al 1995. Dal 2005 al 2010 stato Direttore della Scuola Superiore dellUniversit di Udine, ove ha tenuto vari corsi tra cui quelli di Calcolo delle Variazioni per la misura geometrica e di Analisi dei metodi sequenziali Interessi scientifici: a) Modelli matematici retti da equazioni di diffusione e di equilibrio b) Modelli matematici applicati alla teoria dei sistemi urbani c) Modelli matematici applicati allanalisi macroeconomica d) Modelli matematici per la semiotica e) Tecniche robuste di analisi automatica dellimmagine e dei relativi sistemi di information retrieval. Born in Gorizia on March 30, 1943. Degree in Mathematics (under Prof E. De Giorgi) at Pisa in 1965. First level Diplom at Scuola Normale Superiore in Pisa (SNS) in 1966, Ph.D. at SNS in 1968. Assistent Professor at SNS from 1967 to 1975. From 1975 Full Professor of Mathematical Analysis (Statistics in Padoa up to 1980, and then Eigineering in Udine). He was the Director of the Dept. of Mathematics and informatics of the University of Udine (1989-92) and the Vicar Pro-Rector of the University of Udine (1992-1995). From 2005 to 2010 he was the Director of the Excellence School at the University of Udine, where he gives classes in Calculus of Variations for Geometric Measure and in Analysis of sequential methods. Scientifical Interests: a) Mathematical models of diffusion and equilibrium b) Mathematical models applied to the Analysis of urban systems c) Mathematical models applied to macroeconomical analysis d) Mathematical models for semiotics e) Robust techniques of pattern recognition and related data retrieval systems. SIMONA PISANELLI, graduated in Sociology and Social Research (University of Salento, 2009), with a dissertation on History of Economic Thought, is currently enrolled in the first year of the PhD in Theory and Social Research. The favourite topics of her research are the following: economic development and environmental dynamics, justice and social inequality; the debate on these subjects in the history of economic thought. In 2011 realized a research on Economic development, social inequalities and environmental problems in the Department of Philosophy and Social Sciences and published Economic development between social and environmental compatibility. Notes on Wolfgang Sachs, in Idee. Semestrale di Filosofia e Scienze sociali ed economiche, nn. 1-2, 2011. RON REMINICK, a psychological anthropologist, earned the Ph.D. from the University of Chicago in 1973. He has been studying about and researching in Ethiopia for the last 42 years. His original fieldwork in Ethiopia (late 1960s) focused
343

on gender identity and ritual symbolism. Two consecutive Fulbright grants in the mid-90s allowed him to contribute to the establishment of a Masters Programme in Anthropology at Addis Abeba University and supervise 6 ethnographic Masters researches. During this time he also conducted 4 major research projects with the valuable help of his students. In 2005 a Senior Scholars Fulbright Grant allowed Dr. Reminick to travel to Bahir Dar, Ethiopia, Clevelands Sister City, where he advised in establishing a social sciences curriculum at Bahir Dar University. A fruitful series of lectures and workshops on research methods, proposal writing, and grantseeking promoted a good deal of on-going interactions with faculty and a few students. A gender identity transformation project was begun with women students. In addition to the articles written about Ethiopia Dr. Ron has published a theoretical book on ethnicity, a book on African-American ethnicity, and has a book in press on the evolution of Addis Ababa, the capital city of Ethiopia. At present Dr. Ron and 3 colleagues at Cleveland State Universitys Center for Healing Across Cultures have opened up research on tribal healers of the Western Ghats of southern India. Out of that initial research came a coauthored book. The core faculty of the Center is developing a cross-cultural study of traditional healing in South India, Belize, Ethiopia, and North American Appalachia. Recently, Dr. Reminick was awarded a certificate from the Whitehouse and a personally signed letter from President Barak Obama in appreciation of his volunteer and civic work over the years. MAURIZIO SCAINI is professor of Geographic Economics and Geopolitics at the Faculty of Political Science of the University of Trieste, where he has also taught Territorial Planning and Organisation. Among his publications we may highlight research themes related to various urban realities of the Mediterranean for example, Le problematiche della sicurezza urbana, (Problems of urban safety) La Mongolfiera, Trieste, 2009, The Form of Hetherotopia in Cairo in Bulletin de la Socit de Gographie dEgypte, 2001, Il pellegrinaggio a Gerusalemme e la riscoperta geopolitica della Palestina durante il XIX secolo (The pilgrimage to Jerusalem and the geopolitical rediscovery of Palestine during the 19th century) in Di Blasi A. (editor), Atti del XXIX Convegno Geografico Italiano, (Acts of the 29th Italian Geographic Congress) v. II, Palermo, 14-16/9/2007, Patron Editore, Bologna, 2008. BERNHARD STRECK, born 1945, was Professor for Cultural Anthropology (Ethnologie) at Leipzig University 1994 2010. His main interests are history of ideas, ethnography of North-East-Africa, culture theories and Gypsy studies. Publications mainly in German, in English (Para-Orders. Behemoth. A Journal on Civilisation IV, 2011; The spellbinding Aura of Culture. In: Girke/Meyer: The Rhetorical Emergence of Culture, 2011; with Tullio Maranhao: Translation and Ethnography. Tuscon 2003) and Spanish (La tolerancia del infiel. Revista de Antropologia Social 19, 2010; La cultura del contraste. El caso de los gitanos. Revista de Antropologia Social 12, 2003)

344

MARIO TAVERNA, laureato in Scienze Agrarie presso lUniversit di Bologna, ricercatore confermato nellUniversit degli Studi di Udine, dove insegna Economia rurale e del paesaggio nel corso di laurea di Scienze e tecnologie agrarie. Fa parte del Collegio del Collegio dei docenti del dottorato in Luoghi e tempi della citt e del territorio dellUniversit di Brescia. I suoi campi di ricerca sono: leconomia delle fonti rinnovabili, del territorio e dellambiente e lestimo rurale.

345

Vous aimerez peut-être aussi