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Notizie dal gruppo di Sinistra Ecologia Libert al Comune di Novara 7 Ottobre 2011

ORATOCCAANOI
ROMA1 OTTOBRE 2011

Il 1 ottobre a Roma scoppiata la primavera. Migliaia di persone in piazza Navona, in rappresentanza dell'Italia migliore, per un'alternativa di giustizia e sostenibilit al malgoverno delle destre. Questo numero de Il filo rosso riporta in forma integrale l'intervento conclusivo di Nichi Vendola, oltre un'ora di pura passione politica ed umana. Inizialmente pensavamo di riportarne solo degli stralci, ma poi ci siamo detti che era impossibile tagliare un discorso cos bello. Prendetevi il vostro tempo e leggete questo discorso con calma, oltre le frettolose ricostruzioni dei giornali e dei blog. Nel tritacarne mediatico che tutto consuma velocemente, importante ritornare a riflettere su parole importanti e decisive per il vostro futuro. Buona lettura, perch ora tocca a noi.

Abbiamo imparato a convivere con il sentimento del dolore


Noi in questa stagione della politica e della vita dell'Italia e dell'Europa abbiamo imparato a convivere con il sentimento del dolore, un dolore lancinante che riguarda l'oltraggio che viene ogni giorno recato alla bellezza, all'intelligenza, alla cultura, alla civilt di questa povera Europa in cui tornano le squadracce contro gli zingari, in cui tornano i vecchi fantasmi di un tempo che avremmo voluto cancellare per sempre

tacolari di un premier che si presentato a vendere le sue erbe miracolose come una Vanna Marchi di successo. Per tre anni hanno negato la crisi e aggravato i problemi e oggi ci troviamo di fronte ad un crescendo rossiniano di manovre finanziarie drammatiche, che vengono costruite sempre con l'argomento che dobbiamo difenderci dall'artiglio degli speculatori che gli speculatori vengono rappresentati come il mondo degli alieni, come degli UFO, mentre gli speculatori sono compari di questa classe dirigente, sono amici e complici di questa classe dirigente.

Hanno tagliato nella carne viva dei diritti dei cittadini


Quello che accaduto nelle tre leggi finanziarie che si sono susseguite ad un ritmo incalzante qualcosa su cui noi dobbiamo riflettere profondamente: attenzione, non semplicemente accaduto che hanno tagliato nella carne viva dei diritti dei cittadini, che oggi, che domani, e dopodomani ogni giorno di pi le famiglie misureranno le tendenza all'impoverimento, la perdita di chances per il benessere, la perdita di prospettive di futuro per i propri figli. Oggi l'aumento della bolletta del gas, domani vedremo, e poi i tagli ai servizi sociali, alla rete scolastica, al servizio di trasporto pubblico locale, alle politiche ambientali, alle sovvenzioni alle piccole imprese, badate non semplicemente una politica di austerit, loro approfittano dell'alibi della crisi per infliggere due colpi mortali a due fondamenti della nostra idea di societ e di civilt: uccidere l'idea stessa dei beni comuni e obbligare ai Comuni alla privatizzazione dei servizi pubblici il giorno dopo che la stragrande maggioranza degli italiani ha detto NO, l'acqua non una merce come le altre un bene comune ed un diritto e noi vogliamo difendere la pubblicit di questo bene. Il giorno dopo loro ci predispongono a sabotare anche l'effetto di quel referendum. Lo ha detto alla maniera della sua ormai consueta spudoratezza, quel ministro Sacconi che una delle note di vergogna pi acute nella sinfonia del governo Berlusconi. Noi pensavamo che fosse soltanto un annuncio, uno squillo di tromba che predispone alla guerra, e invece lo ha fatto e l'ultima manovra l'articolo 8, un colpo alla nuca della civilt del lavoro, l'idea che oggi il diritto non quello lavorare, ma quello di licenziare, l'idea che cambia la natura profonda del nostro patto costituente, noi siamo qui a difendere l'idea di difendere l'Italia, Repubblica democratica fondata sul lavoro, non fondata sulla truffa, non fondata sulla mafia, non fondata sulla speculazione, non fondata sulle escort, non fondata sul malaffare,

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E il dolore di un paese come l'Italia in pieno disfacimento, un paese senza: senza racconto, senza spina dorsale, senza etica pubblica, senza un'idea del futuro, senza pi neanche un'idea del passato un paese squagliato giorno dopo giorno dallo spettacolo indegno di una politica che funziona non come servizio pubblico, ma come servizio privato, come servizio ancillare nei confronti di una razza padrona che tutto vuole mettere in discussione tranne i propri privilegi E' un dolore forte che sentiamo quando ascoltiamo le parole dei lavoratori di una fabbrica emblematica di questa modernit malata, i lavoratori della IRIS BUS che chiedono perch ci chiudete la fabbrica che ci fa gli autobus, quando avremmo bisogno di rilanciare il trasporto pubblico e la mobilit sostenibile. E' il dolore che ci raccontano i lavoratori e le lavoratrici che occupano il teatro Valle che rappresentano la coscienza di questo paese, la difesa della bellezza, la difesa della cultura, la difesa dell'intelligenza. Un dolore forte, sempre pi acuto perch stiamo scivolando dentro un baratro. Hanno negato per tre anni la crisi, perch avevano costruito una modalit di comunicazione con il paese di tipo pubblicitario. La pubblicit aveva soppiantato la politica, i ragionamenti fondati sulla consapevolezza culturale e sulle diagnosi approfondite dei problemi sono stati sostituiti dagli spot, da un infinito carosello, dalla politica fatta con la lavagnetta delle promesse spet-

fondata sul lavoro, i diritti di chi lavora, il reddito, la fatica. Cancellano una storia lunga un secolo, quella storia che partita dalla mia terra, dalle campagne pi povere del sud, dove i braccianti analfabeti hanno ingaggiato contro rapporti sociali feudali una lotta un corpo a corpo che serviva a dire non siamo servi della gleba. Nella dimensione corale delle lotte, nell'epopea collettiva costruirono insieme ai loro fratelli della fabbriche del nord la gloria del movimento dei lavoratori che ha segnato la storia della democrazia! Vogliono cancellare tutto questo, loro che non hanno mai lavorato un giorno, loro che sono la carne e il sangue dell'economia di rapina!

Nella nostra cultura la lotta per recidere le radici della povert

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Quello che accade molto pericoloso e grave, cambiare la natura dello stato, dire che lo Stato dismette le sue funzioni pubbliche dei poveri ... ecco nella nostra cultura non c'era la carit, c'era la lotta per recidere le radici materiali e sociali della povert e per consentire pari opportunit ad ogni uomo ed ogni donna che potesse guadagnare la propria prospettiva di indipendenza e di autorealizzazione. La tendenza oggi quella che dice si occupino le opere pie finanziate con il 5 per mille di portare un cerotto e una carezza ai poveri. Lo stato si occupa dei poveri per metterli in galera, quando hanno il volto dei soggetti marginali, quando sono le persone stritolate dalla paura della vita e fuggono, fuggono, si fugge dalla guerra, si fugge dalla fame, si fugge dalla malattia, si fugge dall'analfabetismo e noi in questo scintillante medioevo torniamo a criminalizzare i poveri come si faceva quando si metteva in galera chi era indigente, chi era vagabondo, chi era accattone e oggi le galere italiane scoppiano, non perch ci sono i mafiosi in doppio petto e i colletti bianchi. L'idea che per combattere la crisi bisogna operare sul corpo sociale pi sofferente e pi stremato, im-

poverire i poveri e scardinare le conquiste del ceto medio, perch loro che negli ultimi 30 anni nel mondo hanno spostato la ricchezza dal lavoro alla rendita, hanno agito davvero come dei Robin Hood all'incontrario, in forme particolarissime qua in Italia dove i lavoratori dipendenti di anno in anno sono stati scippati di risorse che sono state trasferite al mondo della speculazione e della rendita finanziaria. Loro ci presentano oggi il voto di uno Stato che non si occupa dei diritti, che disinveste sulla scuola, che disinveste sulla formazione, che taglia i finanziamenti alla ricerca, all'innovazione, che invece dovrebbe essere per noi la strada maestra per affrontare la crisi e una grande industria come quella dello spettacolo del cinema, del teatro, della prosa, della lirica, della danza, un' industria che occupa 300000 lavoratori e lavoratrici viene connotata come una palude di parassitismo sociale e torna da destra quell'antico pregiudizio nei confronti della cultura che mette davvero i brividi, la cultura vista come spreco e come debosciamento dell'animo, noi in un paese, lo dico con semplicit, saremmo diventati quello che siamo senza Vittorio De Sica, Pier Paolo Pasolini, Luchino Visconti, senza Ladri di biciclette?E dobbiamo invece subire questa sorta di pregiudizio propagandato e ostinato contro ci che aiuta noi non soltanto a incivilirci, ma anche a guadagnare prospettive di ricchezza. La domanda che dobbiamo farci tra noi nel centro sinistra per molto semplice: se questa destra fosse mondata da Berlusconi, da l noi potremmo estrarre un valore utile per il futuro del paese? La rifaccio in un'altra maniera questa domanda: al netto di Berlusconi, al netto degli scandali, al netto persino di Milanese, Giulio Tremonti come paradigma di lettura della crisi e come modello per affrontare la crisi, ineluttabile? Tremonti la medicina oppure, come io penso, la malattia che dobbiamo curare? C' voluto lo studio della SviMez, l'antica gloriosa istituzione che un tempo costringeva la politica a studiare prima di parla, ma un tempo ormai dimenticato, per raccontare cosa sta accadendo al sud mentre monta l'onda cattiva della Lega, che naturalmente per ragioni elettoralistiche deve abbaiare, deve alzare il tono, deve rivendicare secessione, perch qui invece si genuflette proprio ai ricchi della Roma ladrona e della Roma filo mafiosa, viene qui a salvare gli impresentabili del governo e lo fa, come ha ricordato giustamente Antonio Di Pietro, con il volto fintamente presentabile del ministro Maroni, che ora non ha pi titoli per parlare di lotta alla mafia avendo benedetto il salvataggio del ministro dell'agricoltura! Ora il rapporto SviMez ci racconta due verit nascoste: che il sud stato da lungo tempo cancellato dal-

le politiche di governo, noi al sud non abbiamo pi trasferimenti ordinari, viviamo con la finanza straordinaria, quella che Bruxelles ci manda e che dovrebbe servire per colmare il divario di sviluppo e noi con quella moneta dobbiamo occuparci di tutte le incombenze; peccato che soltanto Avvenire, il giornale dei vescovi, abbia messo in prima pagina questa realt.

Se il Sud va a picco l'intera Italia che non cresce


La seconda realt sgradevole questa: se il sud non cresce, se il sud va a picco, l'intera Italia che non cresce, perch la secessione non soltanto rancore razzista verso il sud, autolesionismo dei ceti produttivi del nord, spezzare il cuore allo sviluppo di questo paese. Capite? Non soltanto perch ci possiamo commuovere quando sentiamo spiegato dalle parole di Roberto Benigni l'inno della fratellanza nostra, l'Inno di Mameli, non per una ragione retorica di patriottismo che guardiamo all'Italia, ma guardiamo al superamento delle piccole patrie, delle identit tribali, come di una necessit per costruire un futuro di benessere, di ricchezza e di pace. Se di fronte alla globalizzazione terribile, cattiva, dei mercati finanziari, noi reagiamo rinchiudendoci nella capanna, richiudendoci nel recinto identitario, noi siamo finiti, non abbiamo pi possibilit di giocare la partita del futuro. Tutte le identit non devono poter diventare corpi morti e mummie anche per noi sinistra, l'identit un cammino, non la fotografia di come eravamo, ma l'annuncio di come vogliamo essere e di come saremo, aprendoci al mondo, aprendoci alle culture, aprendo porte e finestre e dicendo a tanti che non hanno tessera di partito: costruiamo insieme la cultura del cambiamento, che cultura molteplice, plurale, ricca, segnata da ci che questo regime e questa egemonia di destra hanno pi offeso e pi cancellato, la voce delle donne, ridotte a cornice pornografica di una classe dirigente. Lo dico solo per inciso, a Giuliano Ferrara che, lungi da me qualunque polemica a carattere anagrafico, io non polemizzo con l'et di Berlusconi o del direttore del TG4 o di La Russa o di qualche altro protagonista, io polemizzo con l'idea drammatica che invecchiare sia una malattia e che bisogna travestirsi sempre, anche nella scena pubblica, perch il valore delle persone nella loro prestanza fisica, nella loro capacit di dominare, nell'esercizio dell'onnipotenza, per me al contrario il valore nella fragilit, nel riconoscerci affratellati dalla fragilit, questo volevo dire. Il sud e il nord insieme sono questa Italia Euromediterranea che vive in un contesto in piena deflagrazione, un contesto continentale, che muto di

fronte alle questioni che sono sotto di noi e davanti a noi, pensate in questi giorni di fronte all'ovazione che alla Nazioni Unite ha accolto il bellissimo discorso di Abu Mazen a nome del diritto del popolo palestinese ad avere una patria, pensate la codardia di questa Europa, le cui classi dirigenti amavano fare il bunga bunga con i dittatori del Nord Africa, perch pecunia non olet, e i traffici e i commerci andavano al di l del lecito, una classe dirigente piena di complicit loffie, che poi ha voglia di bombardare, perch magari cos bombardando distrugge anche gli armadi con qualche scheletro che parlano dei traffici della Francia e dell'Italia con quei dittatori, da Mubarak a Gheddafi. E noi? Incapaci di assolvere a un ruolo e incapaci di comprendere come questo silenzio dell'Europa destabilizzi il mondo. Torna un vento brutto a spirare tra Israele e la Turchia e anche l quante colpe in questa Europa rianimata dai fantasmi e incapace di pensare alla sua grande ambizione, quella che Altiero Spinelli nel manifesto di Ventotene, immaginando il federalismo europeo, gli Stati Uniti d'Europa, aveva lanciato come una sfida oggi tanto pi attuale... s di fronte alla crisi che dobbiamo alzare non la bandiera delle piccole patrie, ma la bandiera di una grande Europa, multiculturale, multirazziale, capace davvero di allargare i confini.

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E dovevamo essere quelli che prendevano per mano da una parte gli israeliani e dall'altra i palestinesi, quelli che scuotevano la vecchia monarchia marocchina per ricordargli una cosa di cui non si parla mai, ma fatemelo dire, il diritto del popolo Saharawi ad avere una patria nel Sahara occidentale. Raccontiamo di un mediterraneo in cui la primavera dei diritti ha insegnato qualcosa all'Europa: pensate: noi, che ci siamo sempre immaginati come la cattedra nobile da cui impartire lezioni di civilt liberale e di cultura democratica, invece ci troviamo di fronte al fatto che i ragazzi di piazza Tahir al Cairo insegnano ai ragazzi di Puerta del Sol a Madrid come si

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fanno le lotte oggi per la dignit e contro la precariet. Il fatto che paese sia in disfacimento lo percepisce anche la borghesia di impresa che prima di mettersi anche lei in cattedra a impartire lezioni, forse qualche atto di contrizione qualche autocritica dovrebbe svolgerla avendo avuto qualche livello di complicit con le tendenze nefaste che hanno portato alla catastrofe finanziaria. Lo dico perch Diego Della Valle ha comprato oggi una pagina intera di Repubblica; lui avr speso per quella pagina quanto noi come partito autofinanziandoci spendiamo tutto l'anno per campare, per dare qualche segno di noi, beato lui. C' anche la rivolta dei ricchi, vedete, Della Valle e Montezemolo. Attenzione per, perch se la rivolta diventa quella generica contro la casta, l c' un trabocchetto, c' un agguato per noi. La politica non la casta, la politica al massimo il maggiordomo della casta, la sentinella della casta: la casta sono le grandi lobbies economico finanziarie, quelle da 150 miliardi di evasione fiscale, quelli del lavoro in nero, quella la casta! La politica ha il torto marcio, un torto innanzitutto culturale, di aver considerato la cosmogonia costruita da quel mondo finanziario come il mondo reale, e di non essersi accorta che la politica muore se non capace di essere una contesa tra idee e programmi alternativi; la questione morale nasce dalla debolezza della politica, quando non sei in grado di indicare un orizzonte di cambiamento radicale, quando pensi che il mercato sia il motore che deve regolare tutta la realt, anche la politica allora diventa un frammento del mercato e si organizza come mercato elettorale, fino allo scandalo istituzionale di un parlamento in cui la compravendita dei voti istituzionalizzata, come abbiamo visto. Uno scandalo senza fine, ma il segno di questa idea, dell'idea che la politica non pu che essere complementare rispetto ai poteri forti. Lo dico all'amico Pierferdinando Casini che ieri ha detto: un banco di prova del nuovo Ulivo sono i cinque punti di Confindustria. Lo dico con sincerit e non per spirito polemico: caro Pierferdinando, ma la politica deve sposarsi ad uno degli attori che da troppo tempo dominano il campo, senza chiedere di mettere equilibrio rispetto ad altri interessi? perch Confindustria chiede per esempio in questo momento di completare l'opera di massacro nei confronti del mondo della previdenza. E noi diciamo, ma non c' mai il tempo della patrimoniale? Non ne possiamo discutere mai? Io non sono per demonizzare il sistema di impresa, che molto pi largo del recinto di Confindustria, sono per discutere con le imprese e per chiedere loro se per caso i favori che hanno ricevuto in questi anni in termini di abbattimento drastico del costo del lavoro, di devastazione delle tutele sociali e sindacali ha consentito loro di navigare pi spedita-

mente nel mare magnum della competizione globale, o se non vera invece un'altra cosa, che le imprese per crescere e per competere hanno bisogno di manodopera che viva di formazione e di stabilit, cio hanno bisogno di liberarsi dalla precariet. Non forse vero che le imprese hanno bisogno di innovazione e hanno bisogno di qualcuno che gli racconti il mondo, gli raccontano ancora che la Cina mette sui mercati mondiali dei semilavorati grezzi e dei manufatti di infimo lavoro e non si accorgono che la Cina in questo momento sta delocalizzando verso la Malesia le produzioni pi dequalificate perch intende competere con gli Stati Uniti, con l'Europa, con il Canada sui prodotti di altissima qualit tecnologica e investono sull'universit, come fa l'India, come fa il Brasile, investono contro l'analfabetismo, mentre qua investono per l'analfabetismo.

"Con la cultura non si mangia": rimarr scolpita per l'eternit la celebre frase di Tremonti. No, con l'ignoranza che non si mangia! Con la cultura c' l'alimento sia del sistema economico, che dello spirito, e noi abbiamo bisogno del primo, ma se mi permettete, noi abbiamo soprattutto bisogno di alimentare lo spirito, di ricostruire l'Italia delle virt civiche, l'Italia della libert di pensiero, l'Italia dei saperi critici, non l'Italia, in cui anche l'azienda pubblica del servizio televisivo viene mafiosamente assediata e mobbizzata e trasformata in un pezzettino di Cosa Nostra, di cosa privata del premier: che vergogna essere giornalisti embedded, giornalisti arruolati verso un sovrano in fuga dai suoi doveri e incapace di presentarsi di fronte al paese a rispondere dei suoi delitti! Non i delitti di cui deve rispondere praticamente in tutti i tribunali d'Italia, ma dei delitti sociali, quelli che riguardano il profilo sociale dell'Italia di oggi, quelli che riguardano il vissuto di una generazione che ha perso anagraficamente l'et della giovinezza eppure vive esistenzialmente in una condizione fluttuante.

Sto per scadere


Oggi una ricercatrice, una dottoranda in filosofia dell'Universit di Torino ha usato in un'assemblea delle fabbriche di Nichi, ha usato un'espressione che mi ha colpito molto: sto per scadere. Il mio contratto sta per scadere e dio esistenzialmente mi sento di dire cos di me: sto per scadere. Vedete, il messaggio che giunto ad un'intera generazione: questo il pi grave dei delitti, non Noemi, ma i coetanei e le coetanee di Noemi, questo il delitto pi grave del berlusconismo. In un Italia in cui si ferita, in forme di esercizio sovversivo dei poteri, la trama dei diritti sociali, si messo in discussione il fondamento dello Stato di diritto, si mettono in discussione i diritti di libert, come sono morali, quelli l dentro! Sono tutti gonfi di sentimenti edificanti, non potevano accettare per ragioni morali di discutere seriamente senza cialtroneria del testamento biologico o delle coppie di fatto. E immagino che per ragioni molto morali i responsabili, i disponibili e tutti gli altri abbiano votato contro una modesta legge che provava a stigmatizzare il fenomeno crescente dell'omofobia. Perch una classe dirigente che, a prescindere dai propri personali stili di vita... io sono contrario agli outing per gli altri, per, diciamo cos sappiamo quanto alta la montagna dell'ipocrisia che domina da quella parte.

duecentomila firme e noi protagonisti di quella che una rivolta contro la mutilazione della democrazia. Perch questo il punto: crisi democratica, crisi sociale, crisi istituzionale, crisi morale sono facce della stessa medaglia; e noi dobbiamo cogliere l'intreccio, altrimenti non ce la facciamo. Questi giorni l'Europa davvero ha fatto paura. Ero tre giorni fa a Strasburgo e sono inciampato in una manifestazione strana; era un gruppo che circondava una chiesa e i cartelli parlavano di solitudine. Mi sono avvicinato ed ho chiesto che cos': una delle pi grandi associazioni che esistono in Francia che lotta contro la solitudine e il loro lavoro parte da uno studio che dice che il 30% dei francesi hanno colloqui personali non pi di tre volte all'anno. Sono rimasto in apnea ed ho pensato che questo frammento di realt, cio lo spappolamento delle forme di comunit, la solitudine come condizione coatta, imposta, nello smarrimento, nella perdita delle relazioni fondate sulla solidariet, in fondo la solidariet e l'eguaglianza sono state le parole abolite e aborrite nel vocabolario che per trent'anni andato sulla scena delle culture dominanti e ha plagiato e inquinato la nostra vita, una vita fatta del nostro ombelico, della sua epifania e della sua pornografia e allora non c' solo la politica, voglio dire, nel disfacimento dell'Europa c' il disfacimento di un'idea dello stare al mondo. Lo diceva la madrina di tutte le destre, al signora Tatcher: la societ non esiste, esistono solo gli individui, che poi, nella versione di questi ultimi anni, sono soltanto clienti, non sono nemmeno cittadini.

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Il problema la narrazione che mette al centro la solidariet


Il punto per noi non mica soltanto costruire un cartello elettorale, fare una buona coalizione, trovare la buona unit. No, il problema per noi la buona novella, la narrazione che rimette al centro le reti di solidariet, e i principi della fraternit, dell'eguaglianza e di una libert non mercantile. Il problema ritrovare il volto dell'altro, in una societ che ti stritola e che cancella le identit, omologate nell'ipermarket in ci siamo tutti collocati. Una grande battaglia di cultura. E allora la solitudine, il razzismo... avete visto cosa stata la tragedia di Oslo, la possibilit di costruire una strage come quella e avete visto quello che accade ovunque nel nord e nel centro dell'Europa, dove tornano a circolare liberamente frammenti di cultura reazionaria, fascista, dobbiamo sapere che tutto questo va guardato con attenzione e noi non lo combatteremo con l'anatema, con la scomunica culturale e con il buonismo. Non il buonismo che

E' la moralit di chi non si confronta mai con i soggetti, con le parole che i soggetti in movimento nella realt esterna al palazzo provano a nominare, i loro beni, la loro vita, i loro sentimenti, i loro diritti, al loro idea della societ. C' una gigantesca domanda di cambiamento, vedete noi abbiamo pensato di essere pi in sintonia con il bisogno del cambiamento che non in coerenza stretta, rigorosa e dogmatica con le nostre vecchie appartenenze politicoideologiche. Per questo io non ho esitato neanche un momento a dire ai miei compagni e alle mie compagne: s, dobbiamo buttarci nell'avventura di questo referendum, raccogliere le firme per cancellare la vergogna del porcellum, un milione e

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dobbiamo invocare di fronte alla tragedia dei sedicimila migranti morti ammazzati nel mare mediterraneo, uccisi da questa cattiva globalizzazione. Non il buonismo, non la bont del cuore e non sono i sentimenti umanitari, perch noi non siamo qui per salvare loro, ma loro vengono qui in un continente nevrotizzato, chiuso attorno ai propri fantasmi, un continente che non fa pi figli e loro sono l'unica nostra possibilit di salvezza, vengono qui ad annunciare qual il futuro possibile di un'Europa che riscopra se stessa. Se si chiude nelle banche svizzere tedesche inglesi, se si chiude nei minuetti di due pessimi governanti come Sarkozy e Merkel, l'Europa muore, e muore pateticamente, tristemente, maldestramente o se pensa di vivere con il volto e la moralit di signori come Trichet o se pensa di vivere con le lettere della banca centrale europea, l'Europa gi morta! L'Europa ha bisogno di democrazia, ha bisogno di un grande racconto di civilt, ha bisogno di fare vivere i popoli, ha bisogno di fare sentire i giovani liberi dall'ipoteca della precariet, ha bisogno di costreuire l'Euromediterraneo, ha bisogno, se volete, di tornare ai fondamentali, alle grandi storie che questo continente ha attraversato. In fondo questa crisi ci viene raccontata come la manifestazione del Maligno; la crisi, e poi arrivano gli speculatori e c' un clima misterioso attorno agli elementi fondamentali dell'economia, e dobbiamo possedere capacit tecniche importanti anche se vogliano soltanto affacciarci a dibattito degli economisti. Voi che non possedete le capacit tecniche state zitti! Voi che volete fare domande elementari: scusi, ma la crisi non frutto del fatto che la finanza si mangiata l'economia reale, non il frutto del fatto che la ricchezza del denaro non corrisponde alla ricchezza prodotta dal lavoro? non il frutto del fatto che nel 2008, quando la crisi incominciata, la ricchezza finanziaria era dieci volte il prodotto interno lordo? la crisi non fatta del fatto che si illuso il mondo intero che si poteva vivere nell'epoca della riproduzione del denaro a mezzo di denaro? la crisi non fatta della svalorizzazione del lavoro, della sua umiliazione e marginalizzazione? la crisi non fatta della pi grande redistribuzione delle ricchezze verso l'alto mai operata nella storia umana? la crisi grida vendetta contro questo potere e questo mondo! Non ci chiede di essere concilianti, no, ci chiede di essere nel pensiero, nell'analisi e nella proposta capaci di quella radicalit che andare alla radice delle cose, perch non soltanto hanno umiliato il lavoro, ma hanno devastato il pianeta, hanno costruito una ricchezza che era irresponsabile, come quando si trivellano i fondali dell'oceano per cercare petrolio senza badare ai rischi, come quando si dissemina il mondo di centrali atomiche, come quando si pensa che nel nome del progresso e

del profitto qualunque cosa si possa compiere, qualunque delitto contro il creato e contro il vivente. E' giunto il momento di cambiare musica e dire lo sviluppo deve partire dal pianeta, dalla natura, dall'ambiente, dalle persone, dagli animali, dagli alberi, cio il contrario di oggi; abbiamo bisogno di una parola antica, la parola conversione, una parola che usava un grande profeta della nostra storia recente, lo voglio ricordare, Alex Langer, un grande che ha anticipato la consapevolezza di quanto l'ecologia non un tema della domenica, non un questione aggiuntiva, ma bisogna invece ripensare tutto.

Ricominciare dalle citt sostenibili


C' una crisi economica drammatica: da dove ricominciamo? non dobbiamo ricominciare dal tema delle citt sostenibili? Questo che cosa significa? Provo a fare una simulazione e a immaginare posti di lavoro: significa non buttare pi il cemento in proliferazione ipertrofica di ghetti inutili e mostruosi, ma significa riconvertire l'edilizia per la riqualificazione il recupero e il riuso del patrimonio abitativo esistente,significa portare l'efficientamento energetico ed idrico nelle periferie e negli edifici, significa vivere la scommessa delle energie rinnovabili anche sopra la nostra testa, un pannello fotovoltaico in testa ad ogni famiglia, in testa ad ogni scuola, ad ogni ospedale, ad ogni area di parcheggio, ad ogni magazzino. Vogliamo costruire una politica industriale che sia centrata sull'innovazione e la green economy, vogliamo praticare il tema gigantesco della manutenzione del territorio. Ci spiegava ieri in un bellissimo seminario uno storico del paesaggio, un economista raffinato come Piero Bevilacqua che la tendenza degli ultimi trenta-quarant'anni stata di addensare la vita produttiva nelle aree costiere dell'Italia, con uno spopola-

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mento e un abbandono delle attivit economiche dell'entroterra; questo significa per esempio abbandono del mondo rurale, abbandono dell'agricoltura, che il principale presidio ecologico del territorio. Dove abbiamo un luogo per parlare delle mille forme per ri-immaginare una nuova agricoltura, capace di attrarre le giovani generazioni, non soltanto agroalimentare di qualit, ma lotta biologica, liberazione dall'abuso della chimica, ma turismo rurale, masserie didattiche, ma sant'Iddio un mondo che si pu schiudere di fronte ai nostri occhi!! Ci vuole volont, ci vuole intelligenza, ci vuole fantasia! E cos grandi settori produttivi: dov' un luogo per discutere del settore manifatturiero, per parlare dei settori industriali tradizionali, quelli che sono inopinatamente in crisi anche se i loro prodotti hanno mercato, non fabbriche decotte da tenere in vita artificiale, ma fabbriche che possono avere gigantesche prospettive di sviluppo. Quell'oracolo della modernit, qualcuno lo intervister per chiedergli: o tu, Marchionne perch chiudi la IRIS Bus, laddove noi dovremmo rottamare decine di migliaia di autobus e avremmo bisogno di una fabbrica come quella. Dov' la logica? E dov' la modernit, se la modernit viola i diritti della natura e i diritti delle persone? Dov' la modernit se questo non significa vivere tra di noi in maniera associata e pi fraterna? Dov' la modernit se invece di abbattere le barriere sociali, le barriere culturali e le barriere architettoniche, viviamo in labirinti che rendono gli uni nemici degli altri? Dov' la modernit in questo disfacimento del nostro mondo, dov'? Per questo per noi l'unit con il Partito Democratico... e ringrazio molto, moltissimo Arturo Parisi per essere stato qui e per le cose che ha detto, intelligenti e coraggiose. E Antonio Di Pietro che ho abbracciato fraternamente non solo perch venuto qui, ma soprattutto per le cose che ha detto. L'unit tra di noi la precondizione per fare respirare il paese. Non sufficiente, guai se immaginassimo che il nuovo Ulivo noi tre che ci chiudiamo, facciamo un programma, un agenda. Noi abbiamo bisogno di tenere aperte le porte del cantiere dell'alternativa, perch possano venire le donne e gli uomini che con i loro saperi critici hanno agitato le lotte pi belle e pi importanti di questi anni, abbiamo bisogno dei maestri e delle maestre, dei ricercatori precari, delle donne che si sono rivoltate sotto lo slogan Se non ora quando?, abbiamo bisogno di quelli che hanno contestato il modello Pomigliano, abbiamo bisogno di tanti in ogni parte d'Italia, di quelli della No TAV, di quelli del No Ponte, abbiamo bisogno di quelli che hanno avuto il coraggio di dire NO! per dire tutti insieme SI!, SI! all'Italia migliore, SI! all'Italia ripulita, SI! a un'Italia conviviale ed amica delle persone e della natura.

Tenere aperte le porte del cantiere dell'alternativa


Su questo terreno chiaro che il cuore di un programma di alternativa non pu che essere la giustizia sociale, la tassazione patrimoniale, che solo la volgarit e il provincialismo della classe dirigente di questo paese hanno lasciato immaginare che si trattasse di un residuo bolscevico, e non di uno degli strumenti tipici di tutte le culture economiche di stampo liberale. La patrimoniale lo strumento che pu in qualche maniera consentirci di affrontare alla radice il problema del debito pubblico, ma parlare di patrimoniale in un paese in cui si chiede un contributo di solidariet a poche migliaia di italiani, perch bisogna fare la finta, bisogna fare la mossa, perch questo un governo che ha un attenzione ai mass media spasmodica... nella mia Regione, pensate credo che saranno trecento su 4 milioni e 68 mila quelli che pagheranno il contributo di solidariet; di che cosa stiamo parlando? Sfottono i ricchi che le tasse le pagavano e invece continuano a lasciare liberi da qualunque incombenza i ricchi pi furbi, i ricchi come loro, i ricchi di cui loro hanno fatto i commercialisti, i ricchi che sono andati sulle barche, i ricchi che vanno nelle loro feste, i ricchi che fanno vacanze con loro, i ricchi di Porto Cervo, i ricchi del Billionaire, quelli non bisogna toccarli! capite, perch sono sensibili, e si impressionano; perch voi non avete tatto, siete psicologicamente un po' rudi. E allora, patrimoniale, tassazione delle rendite finanziarie, tassazione delle transazioni finanziarie, lotta al contante; Visco aveva iniziato a fare una cosa molto coraggiosa, loro l'hanno subito annullata, perch il grosso delle truffe le fanno adoperando il contante. E poi dobbiamo porci il problema di quale crescita; parlare della crescita, amici di Confindustria, non sufficiente, perch c' una crescita che fa male al paese, quando la crescita anche crescita dei veleni, crescita dell'inquinamento o crescita dello sfruttamento delle persone, quella crescita non va bene, noi vogliamo una crescita sostenibile, socialmente ed ecologicamente, questo il punto. Al Partito Democratico, all'Italia dei Valori, a noi stessi, dobbiamo parlare della ricchezza che c' fuori di noi; quello che propongo un allargamento. Non ho mai posto veti sui moderati o sui centristi; ho detto che non li ponevo e non intendevo subirne. Ho semplicemente detto: vengano a discutere di quale Italia vogliamo, l'ho detto a Casini l'altro giorno, in un confronto che abbiamo fatto all'EUR; caro Pierferdinando Casini, ti ricordi il giorno del Family Day? Tu eri in piazza e ti sei sempre sentito titolato a rappresentare quel mondo della famiglie che rivendicano uno statuto speciale per il modello

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tradizionale di famiglia. Io rispetto la tua battaglia, ma ti faccio una domanda: chi ha scorticato vive le famiglie che tu difendi? Il Gay pride o Giulio Tremonti? Attenti, non si tratta di avere una visione laicista della societ o di immergersi in una polemica anticlericale. Noi abbiamo continuamente rilanciato il dialogo; anche quando da Oltretevere giungevano parole che assomigliavano ad una scomunica, abbiamo sempre inteso rilanciare il dialogo, perch pensiamo che parlare della vita delle persone, dei loro sentimenti, delle loro scelte, dei loro progetti d'amore debba meritare il rispetto di tutti e che bisogna parlarne con grande consapevolezza, sapendo che ogni uomo e ogni donna un ecosistema delicato e prezioso e che nessuno ha il diritto di violarne la dignit e l'immagine. Dobbiamo recuperare questo elemento dell'inviolabilit della persona, censurando anche il nostro vocabolario, anche nella polemica con in nostri avversari quand'anche il loro comportamento fosse il pi triviale il pi insopportabile sforziamoci, e lo dico a me stesso innanzitutto, di trarre dal nostro lessico le parole della politica e non quelle della contumelia, perch altrimenti scivoliamo sul loro terreno. Dobbiamo recuperare la civilt del dire, l'eleganza della passione politica. Il berlusconismo stato un'epoca di involgarimento generale del lessico pubblico; abbiamo parlato come non si parlava se non nei suburbi, nei crocicchi di certi maschietti da caserma, e invece una sorta di viagra plebeo entrato a inquinare la lingua della contesa pubblica. Dobbiamo bonificare questo linguaggio, perch il linguaggio costruisce la realt, non la rispecchia soltanto, ma la costruisce. E noi abbiamo il dovere di costruire una realt fondata sul rispetto delle persone.

spot e i suoi fan davanti al video, la politica come schermo e come diaframma che separa in maniera incolmabile e dirigenti e i diretti, con i referendum si risposto con il popolo che si ripreso nelle mani lo scettro del comando sulle decisioni che riguardavano la propria vita e ha detto: bene comune e non ombelico, bene comune e non discorso lobbistico, bene comune e non privatizzazione degli acquedotti, non centrali atomiche, non legittimo impedimento.

Una questione di fondo: vuoi difendere o no i beni comuni?


Le persone ci piacciono cos tanto che le vogliamo protagoniste della politica in prima persona, scusate il bisticcio di parole. Perch noi abbiamo vinto ai referendum? Perch un popolo stato convocato ad esprimersi su una questione di fondo: vuoi difendere o no i beni comuni? Tu pensi che la giustizia sia un bene comune o un fatto privato del premier? Tu pensi che l'acqua sia un bene comune o una merce? Tu pensi che l'ambiente naturale sia un bene comune o possa essere colonizzato dalle grandi societ elettriche nucleariste? Tre domande semplici. Caro centrosinistra, quella stata la pi importante vittoria contro Berlusconi, perch ha capovolto il racconto berlusconiano. A lui che dice ghe pensi mi e che costruisce l'idea che la politica lui con i suoi

E ancora, abbiamo vinto le amministrative. Il centrosinistra contento, dopo averle vinte, di averle vinte. Era un po' meno contento prima, per come si erano messe le cose. Non dobbiamo avere paura di affidarci alla nostra gente e di allargare il giro dei nostri militanti. Le nostre sezioni, di tutti i partiti, a volte sono vuote, deserte e sono animate solo quando si tratta di fenomeni di elettoralismo, quella malattia ha contagiato un po' tutti, diciamo la verit! Il cambiamento lo dobbiamo costruire a partire da noi stessi, dicendo che la politica generosit, prendersi per mano, non abbracciarsi e tenere il coltello nella mano. E' quello che ho detto una volta: io penso che la parola "compagno" una parola bellissima, e penso che sia una parola modernissima ed io la amo non solo per la mia storia politica, ma, se posso dire cos, per il suo suono evangelico, spezzare il pane insieme. Ci che ho detto che mi pare ridicolo chiamarsi compagni per poi accoltellarsi alle spalle, bisogna imparare ad essere anche amici, avere anche sentimenti limpidi e puliti, questo intendevo dire, non abiurare, ma andare avanti! e non avere paura anche di uscire all'aperto: siamo sempre prigionieri dei feticci e dei miti del passato. Io voglio guardare verso il futuro con voi e camminare verso il futuro! Questo il punto. Amico Pierluigi Bersani, compagno Bersani, Amico Tonino Di Pietro, compagno Di Pietro, compagni e compagne, quelli dei movimenti, quelli che animano l'intelligenze del paese, abbiamo bisogno che quel cantiere sia quello dell'alternativa, sia grande, popolare, plurale, giovanile, abbiamo soprattutto bisogno noi di connetterci con i linguaggi dei giovani. La primavera euromediterranea stata molto veicolata dai linguaggi di internet e della capacit

dei giovani di costruire un sentimento omogeneo di libert e di indipendenza. Noi non possiamo pi apparire le glorie del passato! E allora dobbiamo sintonizzarci anche sullo stile e il linguaggio dei movimenti pi giovani e dobbiamo essere capaci di accogliere in quel cantiere tante cose che magari sono diverse da noi.

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A questo si arriva [pausa] con le [pausa] primarie. Non un concorso di bellezza. Le primarie sono una scelta culturale prima ancora che politica. Giuliano Pisapia o Massimo Zedda, per fare due esempi, o Amelia Frascaroli non erano soltanto delle storie, delle biografie, dei volti, delle persone, delle personalit, erano anche l'evocazione di una cultura politica, di un programma. Le primarie sono discutere in mezzo al popolo di come si esce dalla crisi, di come si costruisce un nuovo modello di sviluppo, di come si bonifica la democrazia, di come si lotta contro la pubblica immoralit. Compagni e compagne, prepariamoci a vivere una stagione molto dura. Sar un autunno caldo e io credo incandescente. Abbiamo il dovere, noi, di essere dentro ai movimenti, portando un messaggio a tutti: che il conflitto il lievito del futuro a condizione che non ceda alla tentazione delle scorciatoie e della violenza. Il conflitto pacifico, democratico, che convoca platee larghe e popolari l'antidoto che noi abbiamo al berlusconismo agonizzante. Purtroppo, l'agonia della destra si sta trasformando nell'agonia del paese; ci stanno facendo male. Stanno facendo un danno incalcolabile alle famiglie, alla vita delle persone. Voi li sentite in giro, anche quelli che sono stati elettori di destra, sono rabbiosi perch si sentono maciullati nella loro carne, si sentono offesi in prima persona dalle scelte di questo governo. Noi abbiamo la responsabilit di contribuire alla crescita di una nuova stagione di buona politica; l'indignazione deve incontrare la politica, perch la casta vera ha oggi un obiettivo: delegittimare qualunque politica, per delegittimare l'idea dell'alternativa. Perch se tutto uguale a tutto, se tutto vale la stessa fanghiglia, allora la politica non pu mai coniugare il verbo sperare, la politica non pu mai incarnare utopie e pensieri lunghi. Per dirla con Enri-

co Berlinguer, la politica resta fango, resta cinismo, resta affarismo, una realpolitik fatta di compravendita, e noi invece dobbiamo indirizzare l'indignazione popolare e giovanile verso gli obiettivi di cambiamento degli assetto sociali e degli assetti politici di questo paese. Indignarsi l'espressione dell'irriducibilit di ogni creatura umana alla logica che ci viene proposta come una logica naturale. C' dentro ogni creatura qualcosa di irriducibile, come nell'operaio che dice: non mi avrai!, come il precario che dice: non mi avrai!, come ogni donna che sfugge a quella specie di consolazione ipocrita che consiste nell'immaginare la sua vita disegnata secondo il copione del genere maschile, lei dice non mi avrai!, perch le libert dei soggetti sono l'unico inchiostro che pu scrivere il futuro e il futuro va scritto al femminile, il futuro va scritto facendo pace col mappamondo, il futuro va scritto nella cordialit tra gli esseri umani, il futuro va scritto facendo vivere la modernit.

Non siamo merce: siamo spiriti liberi


Dalle nostre parole pi antiche uguaglianza, solidariet, libert fraternit: non siamo merce nei tuoi magazzini generali, siano spiriti liberi!! Sinistra, sinistra, ecologia e libert; qui, un anno dopo il congresso di fondazione! Non eravamo niente, nessuno scommetteva su di noi, e avevamo la presunzione di dire agli uni e agli altri, per piacere, le vostre verit assolute ci hanno stancato, per piacere, mescoliamo le carte, vogliamo costruire un luogo in cui la sinistra non afflitta dalla malattia di misurare la purezza ideologica dell'uno o dell'altro: tu, quanto riformista sei? tu quanto radicale sei? Vogliamo una sinistra che parli del mondo, che parli della vita, che parli degli uomini e delle donne, che parli di sessualit, che parli di rapporti di produzione, che parli di fragilit, che parli di tenerezza, che parli di sostenibilit, che cambi il lessico, perch se non cambia il lessico non pu avere l'ambizione di cambiare il mondo! Appena un anno fa siam nati, ed oggi siamo qui, una manifestazione gigantesca; dice che quella che abbiamo voluto fare noi non era la patetica avventura di un pezzo di ceto politico, ma era corrispondere ad un'esigenza che c' nella realt, ad una domanda che nel vostro cuore e nei rapporti sociali. Se noi faremo cos, se vivremo l'identit come un cammino, se non ci mummificheremo nei vecchi riti delle liturgie di partito, se saremo disponibili ad essere curiosi e a imparare dagli altri e se avremo il gusto di camminare con tanti altri, noi la nostra partita la vinceremo.Auguri

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