Vous êtes sur la page 1sur 119

UNIVERSIT DEGLI STUDI DI CATANIA FACOLT DI ARCHITETTURA DI SIRACUSA

TEORIE E STORIA DEL RESTAURO Arch. Maria Rosaria Vitale

La cultura del restauro Antologia di testi e fonti

Anno Accademico 2010-11

Indice
Francesco Petrarca Hortatoria a Cola di Rienzo e al popolo romano (1347) ................................................................................ 4 Leon Battista Alberti Il restauro degli edifici (1452) ........................................................................................................................ 5 Raffaello Sanzio Lettera a Leone X (1519) ................................................................................................................................ 7 Antoine Chrysostome Quatremre de Quincy Restaurare (1832) ......................................................................................................................................... 10 Victor Hugo Guerre aux dmolisseurs! (1832) .................................................................................................................. 12 Eugne Emmanuel Viollet-le-Duc Restauro (1865) ............................................................................................................................................. 14 John Ruskin La lampada della memoria (1849) ................................................................................................................ 27 Voto del IV Congresso degli ingegneri ed architetti italiani (1883) .................................................................. 32 Camillo Boito I restauri in architettura (1893) .................................................................................................................... 34 Carta di Atene (1931) ......................................................................................................................................... 39 Carta del restauro italiana (1931) ..................................................................................................................... 42 Istruzioni per il restauro dei monumenti (post 1938) ......................................................................................... 45 Gustavo Giovannoni Restauro dei monumenti (1936) .................................................................................................................... 48 Alois Riegl Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi (1903) ......................................................... 52 Roberto Pane Il restauro dei monumenti e la chiesa di S. Chiara a Napoli (1944) ............................................................ 64 Cesare Brandi Concetto del restauro (1963) ........................................................................................................................ 69 Renato Bonelli Il restauro architettonico (1963) ................................................................................................................... 79 Carta di Venezia (1964) ..................................................................................................................................... 85 Carta del restauro M.P.I. (1972) ........................................................................................................................ 88 Gaetano Miarelli Mariani Aspetti della conservazione fra restauro e progettazione (1983).................................................................. 91 Amedeo Bellini Istanze storiche e selezione nel restauro architettonico (1983) .................................................................... 95 Salvatore Boscarino Storia e storiografia contemporanea del restauro (1984)............................................................................. 99 Marco Dezzi Bardeschi La conservazione del costruito (1981) ........................................................................................................ 104 Giovanni Carbonara Teoria e metodi del restauro (1996)............................................................................................................ 107 Francesco La Regina Lopera, lattivit, le istruzioni. Appunti su una definizione del restauro architettonico (1999)................ 111 Carta di Cracovia (2000) ................................................................................................................................. 115

Francesco Petrarca Hortatoria a Cola di Rienzo e al popolo romano (1347)*

(...) Coloro per i quali voi avete tante volte sparso il vostro sangue, che avete nutrito con le vostre fatiche e i vostri patrimoni, che a prezzo della pubblica miseria avete elevato a private ricchezze, costoro non vi hanno neppure giudicato degni di essere liberi, e con ripetuti assalti hanno messo insieme nelle loro spelonche e nelle loro orrende grotte (...) le spoglie lacerate della Repubblica; n li trattenne la vergogna di sapere che i loro delitti erano divulgati presso gli altri popoli, n la pietosa commiserazione della patria infelice, ch anzi, dopo aver empiamente spogliato i templi di Dio, dopo essersi impossessati delle rocche, delle pubbliche ricchezze, dei quartieri della citt, e dopo essersi divisi tra loro gli onori delle magistrature - in ci solo concordi, in questo solo mostruoso delitto; per il resto turbolenti e faziosi, e in tutto discordi nel pensiero e nelle azioni - diedero lassalto ai ponti, alle mura e persino alle lapidi innocenti. E poi, infine, incrudelirono sui palazzi crollati per vetust o per violenza, dimore, un tempo, di uomini illustri; poi sugli spezzati archi trionfali che videro forse la rovina dei loro antenati; n si vergognano di fare vile mercato e turpe guadagno dei frammenti della stessa antichit e della loro propria barbarie. E cos ora - dolore, vergogna! - le vostre marmoree colonne, le spoglie dei vostri templi cui convenivano devotamente sino a ieri le folle di tutto il mondo, le immagini dei vostri sepolcri sotto i quali riposavano le ossa venerande dei vostri padri, adornano Napoli neghittosa. E taccio il resto. Cos a poco a poco le rovine stesse se ne vanno, cosi se ne vanno ingenti testimonianze della grandezza degli antichi. E voi, tante migliaia di forti, taceste di fronte a pochi ladruncoli che infuriavano in Roma come in una citt conquistata; taceste non dico come servi, ma come pecore, e lasciaste che si facesse strazio delle membra della madre comune (...).

* PETRARCA, Francesco, Hortatoria a Cola di Rienzo e al popolo romano, 1347, in DOTTI, Ugo (a cura di), Epistole di Francesco Petrarca, Torino, Utet, 1978, pp. 892-919. 4

Leon Battista Alberti Il restauro degli edifici (1452)*

Poich nelle pagine seguenti si dir come porre riparo ai difetti degli edifici, occorre chiarire quali siano, e di che tipo, quei difetti che la mano delluomo pu correggere. Allo stesso modo anche i medici dicono che lefficacia dei rimedi dipende per la maggior parte dalla conoscenza che si ha della malattia. I difetti degli edifici, siano essi pubblici o privati, posson essere quasi congeniti e connaturati, e provengono dallarchitetto, ovvero derivare da cause esterne. Taluni, inoltre, con lingegno e il mestiere possono essere corretti; altri sono affatto irreparabili. Provenienti dallarchitetto sono ad esempio quelli che abbiamo spiegato, quasi segnandoli a dito, nel libro immediatamente precedente. E tra questi ve ne sono di derivanti da errori dintelletto ovvero da errori di esecuzione. Quelli dintelletto riguardano la scelta, la divisione, la distribuzione, la delimitazione, quando queste vengano sconvolte, disperse, confuse; gli errori di pratica si hanno allorch lapprestamento, la riunione, la messa in opera o la connessione dei materiali siano trascurate o in contraddizione tra loro o simili; errori, questi, in cui incorrono frequentemente persone sconsigliate o poco attente. I guasti di provenienza esterna si possono a mio avviso passare in rassegna con difficolt, tali sono il loro numero e la loro variet. Ad alcuni di questi accennano le note sentenze: tutto vinto dal tempo; e: sono insidiosi e assai potenti i mezzi dassalto della vecchiaia; e ancora: i corpi nulla possono contro le leggi della natura che li condannano ad invecchiare. Sicch taluni sono dellavviso che anche il cielo sia mortale, essendo esso un corpo. Ben si sente quanto potere abbiano il cocente sole, lombra diaccia, le gelate, i venti. Sotto la loro azione noi vediamo sfaldarsi e sbriciolarsi perfino le pi dure selci; e da alti picchi staccarsi e precipitare giganteschi massi sotto lurto delle bufere, traendo seco nel rotolare abbasso una gran parte della montagna. Vi sono poi i danni provocati dagli uomini... Perdio! a volte non posso far a meno di ribellarmi al vedere come, a causa dellincuria per non usare un apprezzamento pi crudo: avrei potuto dire avarizia di taluni, vadano in rovina monumenti che per la loro eccellenza e lo splendore furono risparmiati perfino dal nemico barbaro e sfrenato; o tali che anche il tempo, tenace distruttore, li avrebbe agevolmente lasciati durare in eterno. Si aggiungano le disgrazie improvvise: incendi, fulmini, terremoti, violente inondazioni, e i numerosi accidenti straordinari, imprevedibili, impensabili, provocati dalla forza prodigiosa della natura, e capaci di guastare e sconvolgere da un giorno allaltro qualsiasi bene ordinata concezione architettonica. Narra Platone di unisola, detta Atlantide, non meno estesa dellEpiro, la quale sarebbe del tutto scomparsa. Apprendiamo dagli storici che Bura ed Elice furono luna inghiottita dal terreno, laltra spazzata via dalle onde; che la palude Tritonide si dilegu improvvisamente; che, viceversa, la palude Stinfalide presso Argo improvvisamente trabocc, che presso Teramene emerse dun tratto unisola con delle sorgenti termali, che dallo specchio dacqua situato tra Terasia e Tera si sprigion una volta un gran fuoco che ardendo per quattro giorni di seguito rese il mare incandescente, e che in seguito emerse unisola, lunga dodici stadi, nella quale i Rodii costruirono un tempio dedicato a Nettuno protettore; che altrove vi fu una tale moltiplicazione di topi, che ne segu una pestilenza; che dalla Spagna furono una volta inviati ambasciatori al senato a richiedere aiuto contro i danni inferti dai conigli; e molti altri fatti del genere, che noi abbiamo raccolto nelloperetta intitolata Teogenio.
* ALBERTI, Leon Battista, De re aedificatoria, 1452, trad. it. Larchitettura, Milano, Il Polifilo, 1966, libro X, Il restauro degli edifici, pp. 868-1001. 5

Non tutti i guasti provenienti dallesterno, tuttavia, sono affatto irrimediabili; n, daltra parte, i difetti dipendenti dallarchitetto sono sempre tali da poter essere riparati. Giacch le costruzioni sbagliate da cima a fondo e sfigurate in ogni loro parte non permettono rimedio alcuno; e quelle in situazione tale da non poter essere migliorate se non sconvolgendone lintero disegno, non val tanto la pena di modificarle quanto piuttosto di demolirle, per ricostruirle da capo. Ma su ci non mi soffermer oltre.

Raffaello Sanzio Lettera a Leone X (1519)*

considerando dalle reliquie, che anchor si ueggono per le ruine di Roma, la diuinitate di quelli animi antichi, non estimo for di ragione credere, che molte cose, di quelle che anoi paiono impossibile che adessi erano facilissime Onde essendo io stato assai studioso di queste tale antiquitati et hauendo posto non piccola cura in cercarle minutamente : et in misurarle con diligentia e leggendo di continuo di buoni auctori et conferendo 1opere con le loro scripture, penso hauer conseguito qualche notitia di quellantiqua architectura ilche in un punto mi da grandissimo piacere per la cognitione di tanto excelente cosa : et grandissimo dolore, uedendo quasi el cadauero di questalma nobile cittate che e stata regina del mondo, cosi miseramente lacerato. Onde se adognuno debita la pietade uerso li parenti et la patria, mi tengo obligato di exponere tutte le mie piccole forze, azioche piu che si puo resti uiua qualche poco di inmagine e quasi un ombra di questa che inuero e patria uniuersale di tutti li Christiani : et per un tempo stata tanta nobile : et potente che gia cominciauano glihomini a credere che essa sola sotto il cielo fosse sopra la fortuna, e contra 1 corso naturale, exempta dalla morte : et per durare perpetuamente, Onde parue che 1 tempo come inuidioso della gloria delli mortali, non confidatosi pienamente delle sue forze sole se accordasse con la fortuna : et con li profani : et scielerati Barbari, li quali alla edace lima : et uenenoso morso di quello aggionsero lempio furrore del ferro et del fuoco. Onde quelle famose opere che oggi di piu che mai sarebbon florente : et belle, fuorno dalla scielerata rabbia : et crudel impeto di maluagi huomini anzi fere, arse et distrutte, ma non pero tanto che non ui restassi quasi la machina del tutto, ma senza ornamenti, (et per dir cos) 1ossa del corpo senza carne, Ma perche ci doleremo noi de Gotti de Vandalli et daltri tali perfidi inimici del nome Latino, se quelli che come padri et tuttori deueuano diffendere queste pouere reliquie di Roma, essi medesimi hanno atteso con ogni studio lungamente a distrugerle et a spegnerle, Quanti Pontefici, Padre Santo, quali haueuano el medesimo offcio che ha V. Santita ma non gia et medesimo sapere ne1 medesimo ualore : et grandezza di animo, Quanti dico Pontefici hanno permesso le ruine et disfacimenti delli templi antichi delle statue delli archi et daltri edificii gloria delli lor fondatori, Quanti hanno comportato che solamente per pigliare terra pozzolana si siano scauati i fondamenti! Onde in poco tempo poi li edificii sono uenuti a terra! Quanta calcina si fatta di statue et daltri ornamenti antichi! che ardirei dire che tutta questa noua Roma che hor si uede, quanto grande chella vi sia quanto bella quanto ornata di pallazi di chiese et de altri edificii sia fabricata di calcina fatta di marmi antichi, ne senza molta compassione posso io ricordarmi, che poi chio sono in Roma che anchora non sono dodici anni, son state ruinate molte cose belle, Come la meta chera nella uia alexandrina, larcho che era alla entrata delle therme diocletiane : et el tempio di Cerere nella uia sacra, una parte del foro transitorio che pochi di sono fu arsa et distructa : e de li marmi fattone calcina, ruinata la magior parte della basilica del foro, oltra di questo tante colonne rotte et fesse pel mezzo tanti architraui tanti belli fregi spezzati che stato pur una infamia di questi tempi lhauerlo sostenuto et che si potria dire ueramente channibale non che altri fariano pio, Non debbe adunche Padre Santo esser tra gliultimi pensieri di uostra Santita lo hauer cura che quello poco che resta di questa anticha matre della gloria et nome italiano, per testimonio di quelli Animi diuini che pur thalhor, con la memoria loro excitano et destano alle uirtu, li spiriti che hoggi di
* RAFFAELLO SANZIO (?), Memoria a Leone X, 1519, ora in RAY, Stefano, Raffaello architetto, Roma-Bari, Laterza, 1974, pp. 362-370. 7

sono tra noi non sia extirpato in tutto e guasto dalli maligni et ignoranti, che pur troppo si sono in sino a qui facte ingiurie a quelli animi che col sangue loro, parturirono tanta gloria al mondo, et a questa patria et a noi, ma piu presto cerchi V. Santita lassando uiuo el paragono de li antichi aguagliarli et superarli, come ben fa con magni edificii et col nutrire : et fauorire le uirtuti : et risuegliare glingegni : dar premio alle uirtuose fatiche, spargendo el santissimo seme della pace tra li principi Christiani, Per che come dalla calamitate della guerra nascie la distrutione e ruina di tutte le discipline : et arti, Cosi dalla pace : et concordia, nascie la felicitate a popoli et il laudabile ocio per il quale adesse si puo dar opera et aggionger al como della excellentia. Come pur per el diuin consiglio et auctorita di V. Santita sperano tutti che shabbia a pervenire al secol nostro, E questo lo esser ueramente Pastore Clementissimo anzi Padre optimo di tutto el mondo. Ma per ritornar adir di quello che poco auanti hotocco dico che hauendomi V. Santita comandato chio ponessi in disegno Roma anticha quanto cognoscier si puo, per quello, che oggi di si vede, con gli edificii che dis dimostrano tal reliqui, che per uero argumento si possono infallibilmente ridurre nel termine proprio, come stauano, facendo quelli membri che sono in tutto ruinati, ne si ueggono punto, conrespondenti a quelli che restano in piedi : e che si ueggono, Per il che ho usato ogni diligentia a me stata possibile acioche lanimo di V. Santita et di tutti glialtri che se delettavanno di questa nostra fatica restino senza confusione, ben satisfatti, E ben chio habbia cauato da molti auctori latini quello chio intendo di dimostrare tra glialtri non dimeno ho principalmente seguitato P. Victore et qual per esser stato de gliultimi puo dar piu particular notitia delle ultime cose, non pretermettendo anchor le antiche, et uedesi che concorda nel scriuer le regioni con alcuni marmi antichi nelli quali medesimamente son descripte, E per che ad alcuno potrebbe parere che difficil fosse el cognosciere li edificii antiqui dalli moderni o li piu antichi dalli meno antichi, Per non lassar dubbio alcuno nella mente de chi uorra hauer questa cognitione, dico che questo con poca fatica: far si puo. Per che di tre maniere di edificij solamente si ritrouano in Roma, delle quali la una di que buoni antichi che durorno dalli primi Imperatori sino al tempo che Roma fu ruinata e guasta dalli gotti et da altri Barbari, Laltra Dur tanto che roma fu dominata da Gotti et anchora cento anni di poi, Laltra da quel tempo sino alli tempi nostri, Li edificij adunqua moderni sono notissimi, si per esser noui, come per non essere anchora in tutto gionta ne alla excellentia ne a quella inmensa spesa che nelli antichi si uede, et considera, Che auegna che a di nostri Larchitectura sia molto suegliata : et ridutta assai proxima alla maniera delli antichi, come si uede per molte belle opere di Bramante, niente di meno, li ornamenti non sono di materia tanto pretiosa come li antichi, che con infinita spesa par che mettessero adeffetto cio che imaginarno, E che solo el lor uolere rompesse ogni difficultate, Li edificii poi del tempo delli Gotti sono talmente priui dogni gratia senza maniera alcuna, dissimili dalli antichi : e dalli moderni, Non adunqua difficile cognosciere quelli del tempo delli Imperatori, li quali son li piu excellenti : e fatti con piu bella maniera e magior spesa et arte di tutti gli altri, E questi soli intendiamo di dimostrare, ne bisogna che nel animo di alcuno nasca dubbio, che tra li edificii antiqui, li meno antichi fossero men belli o men bene intesi o daltra maniera, Per che tutti erano duna ragione, E benche molte uolte, molti edificii dalli medesimi antichi fossero ristaurati, (Come si legge che nel medesimo luoco douera la casa Aurea di Nerone di poi forono edificate le therme di Tito : e la sua casa, e lAmphitheatro, niente di meno erano facti con la medesima maniera e ragione che glialtri edificii anchor piu antichi che 1 tempo di Nerone e coetanei della casa Aurea) E ben che le lettere : la scultura la Pictura e quasi tutte laltre arti fossero longamente ite in declinatione et peggiorando fino al tempo de gliultimi Imperatori, Pur Larchitectura si osseruaue et manteneasi con bona ragione et edificauasi con la medesima maniera che prima; E fu questa tra le altre arti lultima che si perese, E questo cognoscier si puo da molte cose e tra laltre da larco di costantino il componimento del quale : bello e ben fatto in tutto quel che appartiene allarchitectura. Ma le sculture del medesimo archo sono sciochissime senza arte o disegno alcuno, buono, Quelle che ui sono delle spoglie di traiano e di
8

antonino pio sono excellentissime e di perffetta maniera[.] Ilsimile siuede nelle therme Diocletiane che lesculpture del tempo suo sono di malissima maniera et mal facte e le reliquie di pictura che ui si uegono, non hano che fare con quelle del tempo di Traiano : et di Tito : Et pur larchitectura nobile et ben intesa. ma poi che Roma intutta dalli barbari fu ruinata arsa et distrutta parue che quello incendio et quella misera ruina ardesse et ruinasse in sieme con li .edificij anchora larte dello edificare,

Antoine Chrysostome Quatremre de Quincy Restaurare (1832)*

Restaurare. Rifare a una cosa le parti guaste e quelle che mancano o per vecchiezza o per altro accidente. I Francesi adoperano pi frequentemente questa voce in materia di scultura che di architettura, almeno prendendola non nel senso puramente meccanico, ma nel suo rapporto con la reintegrazione di opere e monumenti antichi deteriorati dal tempo o da altri accidenti a cui sono stati esposti. La parola restaurare divenuta comune dallepoca in cui le arti sono risorte, specialmente in Italia nel decimoquinto e decimosesto secolo. Si cominci allora a ricercare tra le rovine di Roma antica e di alcune citt gli avanzi delle statue mutilate, che il tempo e le vicende avevano sepolto sotto le ruine degli edifici, di cui formavano un tempo lornamento. Quasi tutte queste opere erano di marmo; quindi si cerc di rendere loro la integrit della forma primitiva, rifacendo colla stessa materia le parti guaste e le membra di cui erano mancanti: ed in ci consiste propriamente il restaurare. Fra il numero prodigioso delle statue, sottratte alla distruzione e alla barbarie, poche se ne sono rinvenute, le quali non abbiano avuto bisogno di restaurazione in qualche parte. Larte del restauratore richiede un ingegno speciale, che non certamente comune, perch di rado gli artisti abili e di rinomanza sonovi dedicati a questo genere di lavoro. Si ricordano per alcune statue antiche, le cui parti antiche sono state rifatte da Michelangelo e dal Bernini. Da poich lo stile dellantichit divenne pi familiare, sonosi formati uomini abilissimi se non ad imitare almeno a contraffare nelle restaurazioni la maniera e per cos dire la fisionomia dellantico. Si del pari appropriata la parola restaurare, e lidea non meno che il lavoro e le operazioni che esprime, allarchitettura antica e ad una quantit dei suoi monumenti. Quanto a questarte ed ai suoi lavori, bisogna confessare che le difficolt e gli inconvenienti relativi ai processi della restaurazione, sono di minor conseguenza. Forse fino al presente si paragonato molto abusivamente alle costruzioni pi o meno deteriorate dellantichit gli inconvenienti della restaurazione delle statue. Vogliamo dire di quel soverchio ed eccessivo rispetto, il quale non pu che sollecitare o compiere la distruzione di non pochi monumenti. Larchitettura infatti si compone necessariamente nelle sue opere di parti similari che possono, mediante unesatta osservanza delle misure, essere identicamente copiate o riprodotte. Lingegno non entra in una simile operazione, la quale pu ridursi al pi semplice meccanismo. Si conosce benissimo la difficolt, e forsanche la impossibilit, nelle operazioni il cui scopo si , come in una bella scultura antica, di adattare alla met di un corpo di Apollo o di Venere, la met che gli manca. Ma no si comprende per qual pericolo potrebbe soggiagere un edificio mutilato, se venisse rinnovato, per esempio, il suo peristilio con una o pi colonne fatte a somiglianza del loro modello e con la stessa materia, ed in eguali proporzioni. Tale si , in moltissimi casi la natura dellarte di fabbricare che simili addizioni possono farsi ad un fabbricato mezzo rovinato, senza recare alla parte conservata la minima alterazione. Laonde si veduto il Pantheon di Roma restaurato nel peristilio mediante il ricollocamento di una colonna di granito allangolo e con il ristabilimento della trabeazione in questa parte, senza che il rimanente abbia sofferto per tale operazione il minimo danno in s, ed in quanto allopinione il pi
* QUATREMRE DE QUINCY, Antoine Chrysostome, Restaurer (ad vocem), in Dictionnaire historique darchitecture, Paris, Librarie dAdrien Le Clre st C.ie, 1832, trad. it. Restaurare (ad vocem), in Dizionario storico di architettura, Mantova, Fratelli Negretti, 1842-44, vol. II, pp. 357-358. 10

leggiero discapito. Chi mai difatti preferirebbe di vedere quel bellinsieme guasto da una cos spiacevole motivazione? E chi per lo contrario, non ama meglio godere di tutta quella composizione, quando daltronde la restaurazione di cui si tratta di tale natura da non poter indurre chicchessia in errore? Quanti monumenti antichi sarebbonsi conservati se qualcuno si fosse presa la cara di rimettere al loro posto i materiali caduti, o soltanto di sostituire una pietra ad unaltra pietra! Per molto tempo ha dominato in questo particolare una prevenzione veramente ridicola: la quale vuolsi ripetere da una specie di mania generata dal sistema, preteso pittoresco del giardinaggio irregolare, il quale per la esclusione data nelle sue composizioni a qualunque fabbrica o costruzione intera, parve non volere ammettere nei suoi paesaggi che fabbriche diroccate o che ne avessero la appartenenza. La pittura aveva anche precedentemente messo in voga il genere cosidetto di ruine. Da allora in poi qualunque progetto di ristabilire un monumento antico ruinato incontr la disapprovazione dei seguaci del pittoresco. Tuttavolta converremo che si pu tenere una via di mezzo nella restaurazione degli antichi edifici pi o meno rovinati. Primieramente non si devono restaurare i loro avanzi, che nella vista di conservare ci che suscettibile di somministrazione allarte dei modelli, o alla scienza dellantico delle autorit preziose. Cos la misura di queste restaurazioni deve dipendere dal maggiore o minor interesse che vi si associa e dal grado di deterioramento in cui si trova il monumento. Spesso anche non si tratta che di un puntellamento per assicurargli ancora parecchi secoli di sussistenza. In secondo luogo, se si tratta di un edificio composto di colonne, con trabeazioni ornate di fregi scolpiti a fogliami, o riempiti di altre figure con profili intagliati dallo scalpello antico, baster riportare insieme le parti mancanti, converr lasciare nella massa i loro dettagli, di maniera che losservatore possa distinguere lopera antica e quella riportata per completare linsieme. Quello che viene da noi qui proposto messo in pratica a Roma da poco tempo rispetto al famoso arco trionfale di Tito, il quale stato felicemente sgombrato da tutto quanto ne riempiva linsieme ed anche restaurato nelle parti mutilate precisamente nel modo e nella misura che abbiamo indicato.

11

Victor Hugo Guerre aux dmolisseurs! (1832)*

Se le cose vanno ancora per qualche tempo in questo modo, presto non rester alla Francia nessun altro monumento nazionale se non i Voyages pittoresques et romantiques dove rivaleggiano in armonia, immaginazione e poesia la matita di Taylor e la penna di Charles Nodier, del quale ci ben consentito pronunciare il nome con ammirazione, cos come egli ha talvolta pronunciato il nostro con amicizia. venuto il momento in cui non pi consentito a nessuno rimanere in silenzio. Un grido universale deve finalmente chiamare la nuova Francia in soccorso dellantica. Ogni sorta di profanazione, di degrado e di rovina minacciano ci che ci resta dei pregevoli edifici medievali, nei quali impressa lantica gloria nazionale, nei quali scritta sia la memoria dei Re che la tradizione del Popolo. Mentre si costruiscono con grande dispendio economico non so quale genere di edifici bastardi, che, con la ridicola pretesa di essere Greci o Romani in Francia, non sono n romani n greci, altri edifici, interessanti ed originali, cadono senza che nessuno se ne interessi, e il loro solo torto di essere francesi nelle loro origini, nella loro storia e nei loro ideali. A Blois, il Castello des tats serve da caserma, e la bella torre ottagonale di Caterina De Medici crolla sepolta sotto la copertura di un quartier generale di Cavalleria. A Orlans, le ultime vestigia delle mura difese da Giovanna dArco sono appena scomparse. A Parigi sappiamo quello che stato fatto delle antiche torri di Vincennes, che facevano una s magnifica compagnia al torrione. LAbbazia della Sorbona, cos elegante e decorata, cade in questo momento sotto i colpi di martello. La bella Chiesa romanica di Saint-Germain-Des-Prs, dalla quale Enrico IV osservava Parigi, aveva tre guglie, uniche nel loro genere che arricchissero la silhouette della Capitale. Due di queste guglie stavano per crollare. Bisognava puntellarle o abbatterle; si trovato pi conveniente abbatterle. Poi, per unire, per quanto possibile, questo venerabile monumento con il brutto portico in stile Luigi XIII, che ne maschera il portale, i restauratori hanno sostituito alcune delle antiche cappelle con piccole bomboniere con capitelli corinzi nello stile di quelli di Saint-Sulpice; e il resto lo si colorato di un bel giallo verzellino. La Cattedrale gotica di Autun ha subto lo stesso oltraggioso trattamento. Quando siamo passati da Lione, nellagosto 1825, due mesi fa, si stava ugualmente nascondendo sotto uno strato di tempera rosa la bella cromia colore che i secoli avevano conferito alla Cattedrale del primate dei Galli. Ancora, abbiamo visto demolire, nei pressi di Lione, il famoso Castello chiamato dellArbresle. Io mi sbaglio, il proprietario ha conservato una delle torri, e la affitta al Comune: serve da prigione. Una piccola citt storica, nel Forez, Crozet, cade in rovina insieme al castello dei dAillecourt, la dimora signorile dove nacque Tourville, e ad altri monumenti che avrebbero abbellito Norimberga. A Nevers, due Chiese dellundicesimo secolo sono diventate scuderia. Ce nera una terza della stessa epoca, non labbiamo potuta vedere: al nostro passaggio era gi stata abbattuta. Ne abbiamo potuto ammirare soltanto, sulla porta di una capanna dove erano stati gettati, due capitelli romanici che testimoniavano, con la loro bellezza, quella delledificio di cui erano ormai rimaste le sole vestigia. Si distrutta lantica Chiesa di Mauriac. A Soissons, si lascia crollare il ricco chiostro di SaintJean e le sue due guglie cos leggere e ardite. allinterno di questa magnifiche rovine che lo
* HUGO, Victor, Guerre aux dmolisseurs, in Revue des deux mondes, 1 marzo 1832, tr. it. Guerre aux dmolisseurs (1832), in ', 33, marzo 2002, pp. 69-93. 12

scalpellino sceglie i suoi materiali. Stessa indifferenza per linteressante Chiesa di Braisne, la cui volta distrutta lascia cadere la pioggia sulle dieci tombe reali che essa stessa custodisce. A la Charit-sur-Loire, vicino Bourges, vi una Chiesa romanica che, per la grandiosit del suo impianto e la ricchezza della sua architettura, rivaleggerebbe con le pi celebri Cattedrali dEuropa; ma in parziale rovina. Cade pietra per pietra, tanto abbandonata quanto le pagode orientali nei loro deserti di sabbia. L passano sei diligenze al giorno. Abbiamo visitato Chambord, questo Alhambra di Francia. Vacilla gi, minato dalle acque del cielo, che si infiltrano attraverso la pietra tenera dei suoi tetti privati del piombo. Lo affermiamo con dolore, perch se non ce ne occupiamo subito, nel giro di pochi anni la sottoscrizione, sottoscrizione che, certamente, meritava di essere nazionale, che ha restituito al Paese il capolavoro del Primaticcio, sar stata inutile; e ben poca cosa rester di questo edificio, bello come un palazzo delle fate, grande come un palazzo dei Re. Noi scriviamo in fretta, senza preparazione, e scegliendo a caso solo qualche ricordo che ci rimasto di un rapido viaggio in una zona limitata di Francia. Che ci si rifletta, noi abbiamo sollevato solo un bordo della coperta. Non abbiamo citato che dei fatti, fatti che abbiamo verificato. Cosa succede altrove? Ci si dice che gli Inglesi hanno acquistato per trecento franchi il diritto di imballare tutto ci che vogliono delle rovine dellammirevole Abbazia di Jumiges. Cos le profanazioni di Lord Elgin si rinnovano presso di noi, e noi ne traiamo profitto. I turchi vedevano solo i monumenti greci; noi facciamo di meglio, vendiamo i nostri. Si dice ancora che il chiostro cos bello di Saint-Wandrille venduto, pezzo a pezzo, da non so quale proprietario ignorante e avido, che non vede in un monumento altro che una cava di pietra. Proh pudor! Nel momento in cui scriviamo queste righe, a Parigi, in quel luogo chiamato Scuola di Belle Arti, una scalinata di legno, scolpita dai formidabili artisti del XIV secolo, serve da scala ai muratori; mirabili elementi lignei del Rinascimento, alcuni ancora dipinti, dorati e blasonati, dei paramenti lignei, delle porte toccate dallo scalpello tenero e delicato che ha lavorato il castello di Anet, sono ammucchiati l, distrutti, dispersi, al suolo, nelle soffitte, nei sottotetti, e perfino nellanticamera dellufficio di un individuo che si installato l, e che viene chiamato architetto della Scuola di belle Arti, e che ci cammina stupidamente ogni giorno sopra. E noi andiamo a cercare lontano e a pagare cos cari gli elementi decorativi per i nostri musei! Sarebbe finalmente tempo di metter fine a questi scempi, sui quali richiamiamo lattenzione del Paese. Sebbene impoverita dai devastatori rivoluzionari, da avidi speculatori e soprattutto dai restauratori classici, la Francia ancora ricca di monumenti francesi. Bisogna fermare il martello che mutila il volto del paese. Una legge basterebbe; che la si faccia. Qualunque siano i diritti della propriet privata, la distruzione di un edificio storico e monumentale non deve essere permessa a questi ignobili speculatori, il cui interesse acceca il loro onore; miserabili uomini, e cos imbecilli che non comprendono che sono dei barbari! Ci sono due cose in un edificio, il suo uso e la sua bellezza; il suo uso appartiene al proprietario, la sua bellezza a tutti: distruggerlo oltrepassare i propri diritti. Una sorveglianza attenta dovr essere esercitata sui nostri monumenti. Con leggeri sacrifici, si salveranno costruzioni che, indipendentemente dal resto, rappresentano capitali ingenti. La sola Chiesa di Brou, costruita verso la fine del XV secolo, costata ventiquattro milioni in unepoca in cui la giornata di un operaio costava due soldi. Oggi costerebbe pi di centocinquanta milioni. Non ci vogliono pi di tre giorni e di trecento franchi per distruggerla. E poi, un lodevole rimpianto simpadronirebbe di noi, che vorremmo ricostruire questi prodigiosi edifici, ma non lo potremo pi fare. Non possediamo pi il genio di quei secoli. Lindustria ha preso il posto dellarte. Terminiamo qui questa nota; anche se questo un argomento che necessiterebbe un libro. Chi scrive di queste note ci torner spesso, a proposito e fuor di proposito; e, come quel vecchio Romano che diceva sempre: hoc censeo, et delendam esse Cartaginem, lautore di questa nota ripeter senza tregua: questo io penso, che non bisogna demolire la Francia.
13

Eugne Emmanuel Viollet-le-Duc Restauro (1865)*

La parola e la cosa sono moderne. Restaurare un edificio non conservarlo, ripararlo o rifarlo, ripristinarlo in uno stato di completezza che pu non essere mai esistito in un dato tempo. Solo a partire dal secondo quarto del nostro secolo si preteso di restaurare edifici di altra epoca, e noi non sappiamo che si sia data una definizione precisa di restauro architettonico. Forse opportuno rendersi conto esattamente di ci che si intende o di ci che si deve intendere per un restauro, poich sembra che si siano ingenerati numerosi equivoci sul senso che si attribuisce o che si deve attribuire a questa operazione. Abbiamo detto che la parola e la cosa sono moderne, e in effetti nessuna civilt, nessun popolo, nei tempi passati, ha inteso fare dei restauri come li intendiamo oggi. In Asia, una volta come oggi, allorch un tempio o un palazzo subiva la degradazione del tempo, se ne innalzava o se ne innalza un altro a fianco. Non si distrugge perci lantico edificio, lo si abbandona allazione dei secoli, che se ne impadroniscono come di una cosa di loro appartenenza, per corroderla a poco a poco. I Romani ricostruivano, non restauravano, e la prova che il latino non ha una parola corrispondente alla nostra parola restauro, con il significato che le si attribuisce oggi. Instaurare, reficere, renovare, non significano restaurare, ma ripristinare, fare di nuovo. Quando ]imperatore Adriano pretese di rimettere in buono stato un gran numero di monumenti della Grecia antica o dellAsia Minore, procedette in un modo che oggi gli solleverebbe contro tutte le societ archeologiche dellEuropa, bench egli pretendesse di avere conoscenze di archeologia. Non si pu considerare il ripristino del tempio del Sole a Baalbek come un restauro, ma come una ricostruzione, secondo il metodo seguito nel momento in cui questa ricostruzione aveva luogo. Gli stessi Tolomei, che si piccavano di arcaismo, non rispettavano assolutamente le forme dei monumenti delle antiche dinastie dellEgitto, ma li ricostruivano secondo la moda del loro tempo. Quanto ai Greci, lungi dal restaurare, cio dal riprodurre esattamente le forme degli edifici che avevano subito delle degradazioni, credevano evidentemente di far bene dando limpronta del momento ai lavori che si erano resi necessari. Elevare un arco di trionfo come quello di Costantino a Roma con frammenti tolti allarco di Traiano non n un restauro, n una ricostruzione: un atto di vandalismo, un saccheggio da barbari. Coprire di stucchi 1 architettura del tempio della Fortuna virile a Roma: neppure questo si pu certo considerare un restauro, una mutilazione. Il medio evo non ebbe pi che lantichit il sentimento del restauro, lungi da ci. Quando si presentava la necessit di sostituire un capitello rotto in un edificio del XII secolo, si poneva al suo posto un capitello del XIII, XIV, o XV secolo. Se su un lungo fregio di riccioli del XIII secolo un pezzo, uno solo, veniva a mancare, si inseriva un ornamento nel gusto del momento. Cos successo pi volte, prima che lo studio attento degli stili fosse spinto ai limiti estremi, che si fosse indotti a considerare queste modificazioni come stranezze e si desse una falsa datazione a frammenti che si sarebbero dovuti considerare come delle interpolazioni in un testo. Si potrebbe dire che vi tanto pericolo nel restaurare riproducendo in fac-simile tutto ci che si trova in un edificio, quanto nella pretesa di sostituire a forme posteriori quelle che dovevano esistere primitivamente, Nel primo caso, la buona fede, la sincerit dellartista possono produrre i pi gravi
* VIOLLET-LE-DUC, Eugne Emmanuel, Restauration (ad vocem), in Dictionnaire raisonn de larchitecture franaise du XIe au XVIe sicle, t. VIII, Paris, B. Bauce A. Morel, 1854-68, trad. it. voce Restauro in VIOLLET-LE-DUC, Eugne Emmanuel, Larchitettura ragionata, a cura di M.A. Crippa, Milano, Jaca Book, 1982, voce Restauro, pp. 247-271. 14

errori, consacrando, per cos dire, una interpolazione; nel secondo, la sostituzione di una forma primitiva a una forma esistente, riconosciuta posteriore, fa ugualmente sparire le tracce di una riparazione, la cui causa nota avrebbe forse permesso di constatare la presenza di una soluzione eccezionale. Spiegheremo questo fra poco. Il nostro tempo, e il nostro tempo solo, a partire dai secoli storici, ha assunto nei confronti del passato un atteggiamento non usuale. Ha voluto analizzarlo, paragonarlo, classificarlo e formare la sua vera storia, seguendo passo passo il cammino, i progressi, le trasformazioni dellumanit. Un fatto cos strano non pu essere, come suppongono alcuni spiriti superficiali, una moda, un capriccio, una malattia, perch il fenomeno complesso. Couvier, con i suoi lavori sullanatomia comparata, con le sue ricerche geologiche, disvela allimprovviso agli occhi dei contemporanei la storia del mondo prima del regno delluomo. Limmaginazione lo segue con ardore in questa nuova via. Dei filologi, dopo di lui, scoprono le origini delle lingue europee, scaturite tutte da una medesima sorgente. Gli etnologi indirizzano i loro lavori verso lo studio delle razze e delle loro attitudini. Vengono infine gli archeologi, che dallIndia fino allEgitto e allEuropa..paragonano, discutono, distinguono le produzioni d arte, rivelano le loro origini, le loro filiazioni, e arrivano a poco a poco con il metodo analitico a coordinarle secondo certe leggi. Vedere in ci una fantasia, una moda, uno stato di malessere morale giudicare con leggerezza un fatto di portata considerevole. Tanto varrebbe pretendere che i fatti rivelati dalla scienza da Newton in poi sono il risultato di un capriccio dello spirito umano, Se il fatto notevole nel suo insieme, come potrebbe essere senza importanza nei particolari? Tutti questi lavori si concatenano in mutuo concorso. Se leuropeo arrivato a quella fase dello spirito umano in cui, pur camminando a passo accelerato verso i destini avvenire, e forse per il fatto che cammina veloce,sente il bisogno di raccogliere tutto il passato come si raccoglie una ricca biblioteca per preparare futuri lavori, ragionevole accusarlo di lasciarsi trascinare da un capriccio, da una fantasia effimera. E allora i ritardatari, i ciechi, non sono proprio coloro che disprezzano questi studi, con il pretesto di considerarli un inutile farraggine? Dissipare pregiudizi, esumare verit dimenticate, non , al contrario, uno dei mezzi pi attivi di accelerare il progresso? Se il nostro tempo non avesse da trasmettere ai secoli futuri che questo metodo nuovo di studiare le cose del passato, nellordine materiale come nellordine morale, avrebbe gi ben meritato dalla posterit. Ma lo sappiamo meglio di quanto occorra: il nostro tempo non si contnta di gettare uno sguardo scrutatore dietro di s: questo lavoro retrospettivo non fa che sviluppare i problemi che si porranno nellavvenire e facilitare la loro soluzione. La sintesi segue lanalisi. Gli scrutatori del passato, tuttavia, gli archeologi, riesumando pazientemente i pi piccoli resti di arti che si supponevano perdute, si trovano a dover vincere pregiudizi conservati con cura dalla classe numerosa delle persone per cui ogni scoperta od ogni orizzonte nuovo significa la perdita della tradizione, cio di uno stato molto comodo di quiete dello spirito. La storia di Galileo di ogni tempo. Essa si innalza di uno o pi gradini, ma la si ritrova sempre sugli scalini che lumanit sale. Notiamo, incidentalmente, che le epoche caratterizzate da una grande spinta in avanti si sono distinte tra tutte per uno studio almeno parziale del passato. Il XII secolo, in Occidente, costitu un vero rinascimento politico, sociale, filosofico, artistico e letterario; in quello stesso tempo alcuni uomini agevolavano il movimento con ricerche nel passato. Il XVI secolo present il medesimo fenomeno. Gli archeologi, dunque, non hanno molto motivo di inquietarsi della pausa che si pretende di imporgli, poich non solo in Francia, ma in tutta Europa le loro fatiche sono apprezzate da un pubblico avido di penetrare con loro nel segreto delle epoche remote. Se talvolta questi archeologi lasciano la polvere del passato per gettarsi nella polemica, non tempo perso: Ia polemica genera le idee e spinge allesame pi attento delle questioni dubbie, la contraddizione aiuta a risolverle. Non accusiamo, dunque,, gli spiriti immobili nella contemplazione del presente o fortemente legati a pregiudizi mascherati da tradizioni, che chiudono gli occhi davanti alle ricchezze riesumate del passato e che pretendono datare lumanit
15

dal giorno della loro nascita, perch cos siamo forzati a rimediare alla loro miopia e a mostrare pi dappresso il risultato delle nostre ricerche. Ma che dire di quei fanatici cercatori di tesori che non permettono che si frughi in un suolo che essi hanno negletto, che considerano il passato una materia da sfruttare con un monopolio, e che dichiarano ad alta voce che lumanit ha prodotto opere degne di essere raccolte solo durante certi periodi storici definiti da loro stessi; che pretendono strappare capitoli interi dalla storia dellattivit umana; che si erigono a censori della classe degli archeologi, dicendo: Tale vena malsana, non la esplorate; se la mettete in luce, noi vi denunciamo ai contemporanei come corruttori. Venivano trattati in questo modo pochi anni fa gli uomini che passavano notti insonni per rivelare le arti, i costumi, la letteratura del medio evo. Se questi fanatici sono diminuiti di numero, coloro che persistono sono ancor pi appassionati nei loro attacchi e hanno adottato una tattica molto abile per imporre le loro idee a persone poco disposte ad andare a fondo nelle cose. Essi ragionano cos: Voi studiate e pretendete di farri conoscere le arti del medio evo, dunque voi volete farei tornare al medio evo, ed escludete lo studio dellantichit; se vi si lascia fare, vi saranno delle segrete in ogni galera e una stanza di tortura a fianco di ogni sezione di Tribunale. Voi ci parlate dei lavori dei monaci, dunque volete riportarci al regime dei monaci, alla decima, farei ricadere in un ascetismo debilitante. Ci parlate dei castelli feudali, dunque ce lavete con i principi dell89, e se vi si stesse ad ascoltare si ritornerebbe alle corves. Il divertente che questi fanatici (ripetiamo la parola) ci prodigano lepiteto di esclusivi, probabilmente perch noi non escludiamo lo studio delle arti del medio evo e ci permettiamo di raccomandarlo. Qualcuno potr chiederci quali rapporti queste polemiche possano avere con il titolo di questa voce. Stiamo per dirlo. Gli architetti, in Francia, non hanno fretta. Gi verso la fine del primo quarto di questo secolo gli studi letterari sul medio evo erano giunti ad un serio sviluppo, mentre gli architetti non vedevano ancora nelle volte gotiche che limitazione delle foreste della Germania ( una frase consacrata) e nellogiva che unarte malata. Larco acuto spezzato, dunque malato, questo conclusivo. Le chiese del medio evo, devastate durante la Rivoluzione, abbandonate, annerite dal tempo, fatiscenti per lumidit, apparivano come grandi sarcofaghi vuoti. Ecco lorigine delle frasi funebri di Kotzebue, ripetute dopo di lui. Gli interni degli edifici gotici ispiravano solo tristezza ( facile crederlo, nello stato in cui erano ridotti). Le guglie traforate che si stagliavano nella bruma suscitavano frasi romantiche, si de,scrivevano le trine di pietra, i pinnacoli eretti sui contrafforti, le eleganti nervature a fascio che sostengono le volte a spaventevoli altezze. Queste testimonianze della piet (altri dicevano fanatismo) dei nostri padri riflettevano solamente una sorta di semimisticismo, semibarbarie, in cui il capriccio regnava sovrano. Inutile dilungarci qui su quello sproloquio banale che faceva rabbia nel 1825, e che ora si ritrova solo nelle appendici di giornali sorpassati. Comunque, queste frasi vuote fecero s che con laiuto del Museo dei monumenti francesi, di alcune collezioni come quella del du Sommerard, parecchi artisti si mettessero ad esaminare con curiosit questi resti dei secoli d ignoranza e di barbarie. Questo esame, dapprima un po superficiale e timido, provocava rimostranze abbastanza aspre. Ci si doveva nascondere per disegnare quei monumenti innalzati dai Goti, come dicevano alcuni dotti personaggi. Allora alcuni uomini,che, non essendo artisti, si trovavano fuori portata della ferula accademica, aprirono la campagna con lavori veramente notevoli per il tempo in cui furono fatti. Nel 1830, Vitet fu nominato ispettore generale dei monumenti storici. Questo scrittore raffinato seppe portare nelle sue nuove funzioni, non grandi conoscenze archeologiche, che nessuno allora poteva possedere, ma uno spirito critico e analitico, che fece penetrare per la prima volta la luce nella storia dei nostri antichi monumenti. Nel 1831, Vitet indirizz al Ministro degli Interni un rapporto lucido, metodico, sulla ispezione da lui fatta nei dipartimenti del Nord, che rivel allimprovviso agli spiriti illuminati tesori fino allora ignorati, rapporto considerato ancora oggi un capolavoro in questo genere di studi. Ci permettiamo di citarne alcuni passi:
16

So, dice lautore, che agli occhi di molte persone che fanno autorit, un singolare paradosso parlare seriamente della scultura del medio evo. Secondo loro dal tempo degli Antonini fino a Francesco I non si pu parlare di scultura in Europa, e gli scultori non sono stati altro che muratori incolti e rozzi. sufficiente, tuttavia, avere occhi e un po di buona fede per far giustizia di questo pregiudizio e per riconoscere che alla fine dei secoli di pura barbarie si sviluppata nel medio evo una grande e bella scuola di scultura, erede delle tecniche, e persino dello stile dellarte antica, sebbene interamente moderna nello spirito e negli effetti; essa, come tutte le scuole, ha avuto le sue fasi e le sue rivoluzioni, cio la sua infanzia, la sua maturit e la sua decadenza... ... Cos bisogna dirsi felici quando il caso ci fa scoprire in un angolo ben riparato e non raggiunto dai colpi di martello alcuni frammenti di questa nobile e bella scultura. E quasi a combattere linfluenza della terminologia sepolcrale, usata quando si trattava di descrivere i monumenti del medio evo, pi avanti Vitet cos si esprime a proposito della colorazione applicata allarchitettura: In effetti, recenti viaggi; esperienze incontestabili, oggi non permettono pi di dubitare che la Grecia antica aveva spinto il gusto del colore cos avanti, da coprire di pitture perfino lesterno degli edifici, e invece i nostri dotti sulla scorta di qualche pezzo di marmo stinto da tre secoli ci facevano immaginare questa architettura fredda e scolorita. Si fatto altrettanto nei confronti del medio evo. Alla fine del XVI secolo, grazie al protestantesimo, al pedantismo, e a molte altre cause, la nostra fantasia diveniva ogni giorno meno viva, meno naturale, pi opaca, per cos dire. Ci si mise ad imbiancare quelle belle chiese dipinte, si prese gusto alle mura e ai rivestimenti di legno perfettamente spogli; se si dipingeva ancora qualche decorazione interna, fu solo, per cos dire, in miniatura. Stando cos le cose da due o trecento anni, ci si abituati a concludere che era sempre stato cos, e che quei poveri monumenti si erano visti in ogni tempo pallidi e spogli come lo sono oggi. Ma se li osservate con attenzione, scoprite ben presto qualche lembo della loro antica veste: ovunque lintonaco dei muri si scrosti, ritrovate la pittura primitiva... Per chiudere il suo rapporto sui monumenti delle province del Nord visitate, Vitet, particolarmente colpito dallaspetto imponente delle rovine del castello di Coucy, rivolge al ministro questa domanda, che oggi assume una pertinenza delle pi pungenti: Terminando qui ci che concerne i monumenti e la loro conservazione, lasciatemi dire ancora, signor ministro, qualche parola a proposito di un monumento pi stupefacente e pi prezioso forse di tutti quelli di cui ho appena parlato, e di cui qui mi propongo di tentare il restauro. In verit, un restauro per il quale non saranno necessarie pietre, n cemento, ma solamente qualche foglio di carta. Ricostruire, o piuttosto ristabilire, nel suo insieme e nei suoi minimi particolari una fortezza del medio evo, riprodurre la sua decorazione interna e il suo arredamento, in una parola, renderle la sua forma, il suo colore, e, se oso dirlo, la sua vita primitiva, tale il progetto che mi venuto alla mente a tutta prima, entrando nella cinta del castello di Coucy. Quelle torri immense, quel torrione colossale sembrano sotto certi aspetti costruiti ieri. E nelle loro parti degradate, quante vestigia di pittura, di scultura, di distribuzioni interne! Quanti documenti per la fantasia! quanti punti di riferimento per guidarla con sicurezza alla scoperta del passato, senza contare gli antichi piani del du Cerceau, che, sebbene scorretti, possono essere, essi pure, di grande ausilio! Finora questo genere di lavoro stato applicato solo ai monumenti dellantichit. Credo che nellambito del medio evo potrebbe condurre a risultati ancora pi utili; infatti, le testimonianze hanno come base fatti pi recenti e monumenti pi integri; ci che spesso non altro che congettura per lantichit, diventa una quasi certezza quando si tratta di medio evo e, per esempio, il restauro di cui parlo, messo a confronto col castello come oggi, non incontrerebbe, oso crederlo, che ben pochi increduli. Questo programma, tracciato in modo cos vivo dallillustre critico trentaquattro anni fa, lo vediamo realizzato oggi, non sulla carta, non in labili disegni, ma in pietra, in legno e in ferro per un
17

castello non meno interessante, quello di Pierrefonds. Molti eventi si sono succeduti dal tempo del rapporto dellispettore generale dei monumenti storici del 1831, molte discussioni sullarte sono state sollevate, tuttavia i primi semi gettati da Vitet hanno dato i loro frutti. Per primo Vitet si preoccupato del restauro serio dei nostri antichi monumenti, per primo ha formulato a questo proposito idee pratiche, per primo ha fatto intervenire la critica in questa sorta di lavori. La via stata aperta, altri critici, altri studiosi vi si sono gettati, e degli artisti dopo di loro. Quattordici anni pi tardi lo stesso autore, sempre intento allopera che aveva iniziato cos bene, faceva la storia della cattedrale di Noyon e proprio in questo notevole lavoro constatava le tappe percorse dagli studiosi e dagli artisti dediti allo stesso studio. In effetti, per conoscere la storia di unarte, non sufficiente determinare i diversi periodi che essa ha percorso in un dato luogo, bisogna seguire il suo cammino in tutti i luoghi in cui si prodotta, indicare la variet di forma che ha successivamente rivestito, e redigere un quadro comparativo di tutte queste variet, prendendo in considerazione non solo ogni nazione, ma ogni provincia di uno stesso paese... Verso tale duplice scopo in questo spirito sono state dirette quasi tutte le ricerche intraprese fra noi da ventanni sui monumenti del medio evo. Gi verso linizio del secolo qualche studioso dInghilterra e di Germania ci aveva dato lesempio con dei saggi particolarmente dedicati ad edifici di questi due paesi. I loro lavori erano appena penetrati in Francia e particolarmente in Normandia, che suscitarono una viva emulazione. In Alsazia, in Lorena, in Linguadoca, nel Poitou, in tutte le nostre province, lamore di questi studi si propag rapidamente ed ora dappertutto si lavora, dappertutto si cerca, si prepara, si ammassano materiali. La moda, che si insinua e si mescola alle cose nuove, molto spesso per guastarle, non ha purtroppo rispettato questa scienza nascente e ne ha forse un po compromesso i progressi. La gente ha fretta di godere, ha chiesto metodi sbrigativi per imparare a datare ogni monumento che vedeva. Daltro canto alcuni uomini di studio, trascinati dal troppo zelo, sono caduti in un dogmatismo privo di prove e irto di asserzioni recise, mezzo sicuro per rendere increduli coloro che si pretende convertire. Malgrado questi ostacoli, propri di ogni nuovo tentativo, i veri ricercatori continuano la loro opera con pazienza e moderazione. Le verit fondamentali sono acquisite, la scienza esiste, non si tratta pi che di consolidarla e di estenderla, chiarendo qualche nozione ancora incerta, portando a termine qualche dimostrazione incompleta. Molto resta da fare, ma i risultati ottenuti sono tali, che a colpo sicuro lo scopo deve essere un giorno definitivamente raggiunto. Bisognerebbe citare la maggior parte di questo testo, per mostrare quanto lautore fosse progredito nello studio e nella valutazione delle arti del medio evo e come si faccia luce nelle tenebre diffuse intorno ad esse. Dopo aver mostrato chiaramente che larchitettura di quei tempi unarte completa, con le sue nuove leggi e la sua ragione, per non aver aperto gli occhi dice Vitet si trattano tutte queste verit come chimere e ci si rinchiude in una incredulit sdegnosa. Allora Vitet aveva abbandonato lIspettorato generale dei monumenti storici. Dal 1835 le sue funzioni erano state affidate ad uno degli uomini pi notevoli della nostra epoca, a P. Mrime. Sotto legida di questi due padrini si form un primo nucleo dartisti, giovani, desiderosi di penetrare nellintima conoscenza di queste arti dimenticate. Per la loro saggia ispirazione, sempre sottoposta ad una critica severa, furono intrapresi molti restauri, dapprima con grande cautela, poi ben presto pi arditamente e in maniera pi estesa. Dal 1835 al 1848 Vitet presiedette la Commissione dei monumenti storici, e durante questo periodo in Francia un gran numero di edifici dellantichit romana e del medio evo furono studiati, ma anche preservati dalla rovina. Bisogna dire che allora il programma di un restauro era una cosa completamente nuova. In effetti, senza parlare dei restauri fatti nei secoli precedenti e che non erano che sostituzioni, si era gi tentato allinizio del secolo di dare unidea delle arti dei tempi passati per mezzo di composizioni un po fantasiose, ma che avevano la pretesa di riprodurre le forme antiche. Nel Museo dei monumenti francesi da lui ordinato, Lenoir aveva tentato di riunire in un ordine cronologico tutti i frammenti salvati dalla distruzione. Ma bisogna dire che in
18

questo lavoro era intervenuta limmaginazione del celebre conservatore piuttosto che la dottrina e la critica. Cos, per esempio, la tomba di Eloisa ed Abelardo, oggi trasferita al cimitero dellEst, era composta di archetti e colonnine provenienti da una navata laterale della chiesa abbaziale di SaintDenis, di bassorilievi provenienti dalle tombe di Filippo e di Luigi, fratello e figlio di San Luigi, di mascheroni provenienti dalla cappella della Vergine di Saint-Germain des Prs, e di due statue dellinizio del XIV secolo. Cos, le statue di Carlo V e di Giovanna di Borbone, provenienti dalla tomba di Saint-Denis, erano poste su elementi rivestiti di boiseries del XVI secolo strappati dalla cappella del castello di Gaillon e sormontati da una edicola della fine del XIII secolo. La stanza detta del XIV secolo era decorata con unarcata proveniente da una tribuna della Sainte Chappelle e con statue del XIII secolo addossate ai pilastri dello stesso edificio; in mancanza di un Luigi IX e di una Margherita di Provenza, le statue di Carlo V e di Giovanna di Borbone, che una volta decoravano il portale dei Celestini a Parigi, erano state battezzate col nome del re santo e di sua moglie. Poich il Museo dei monumenti francesi era stato distrutto nel 1816, la confusione fra tanti monumenti trasferiti in maggioranza a Saint-Denis si accrebbe notevolmente. Per volont dellimperatore Napoleone I, che in ogni cosa era in anticipo sul suo tempo e che comprendeva limportanza dei restauri, la chiesa di Saint-Denis era destinata non solo a servire da sepoltura alla nuova dinastia, ma ad offrire una specie di saggio dei progressi dellarte dal XIII al XVI secolo in Francia. Dei fondi furono assegnati dallimperatore a questo restauro, ma fin dai primi lavori leffetto rispose cos poco alla sua attesa, che larchitetto allora incaricato della direzione dellopera dovette subire rimproveri assai vivaci da parte del sovrano, e ne fu colpito al punto, dicono, da morire di dispiacere. Questa sfortunata chiesa di Saint-Denis fu come il cadavere su cui si esercitarono i primi artisti entrati nella via del restauro. Per trentanni sub tutte le mutilazioni possibili, tanto che la sua stabilit ne fu compromessa; dopo spese considerevoli, dopo che le sue antiche disposizioni erano state modificate e sconvolti tutti i bei monumenti che contiene, fu necessario far cessare la costosa esperienza e ritornare al programma di restauro fissato dalla Commissione dei monumenti storici. tempo di spiegare questo programma, seguito oggi in Inghilterra ed in Germania, che ci avevano superato nella via degli studi teorici delle arti antiche, accettato in Italia e in Ispagna, che pretendono a loro volta di introdurre la critica nella conservazione dei loro antichi monumenti". Tale programma dichiara per prima cosa in via di principio che ogni edificio od ogni parte di esso debbono essere restaurati nello stile che loro proprio, non solamente come forma, ma anche come struttura. Vi sono pochi edifici, durante il medio evo soprattutto, che siano stati costruiti secondo una concezione assolutamente unitaria o, se lo sono stati, che non abbiano subito delle modificazioni notevoli, o per aggiunte, per trasformazioni o per cambiamenti parziali. dunque essenziale, prima di ogni lavoro di riparazione, constatare esattamente lepoca e il carattere di ogni parte, redigerne una sorta di processo verbale appoggiato su documenti sicuri, o con note scritte, o con rilievi grafici. Inoltre, in Francia, ogni provincia possiede uno stile che le proprio, una scuola di cui bisogna conoscere i principi e le tecniche. Informazioni fornite da un monumento dellIle-de-France non possono dunque servire a restaurare un edificio della Champagne o della Borgogna. Queste differenze di scuole sopravvivono abbastanza tardi, si distinguono secondo una norma che non seguita regolarmente. Cos, per esempio, se larte del XIV secolo della Normandia sequana (bacino superiore della Senna) si avvicina molto a quella dellIle-de-France alla stessa epoca, il Rinascimento normanno differisce nella sua essenza dal Rinascimento di Parigi e dei suoi dintorni. In qualche provincia meridionale larchitettura detta gotica fu sempre solo unimportazione. Un edificio gotico di Clermont, per esempio, pu essere frutto di una scuola e nella stessa epoca un edificio di Carcassonne di unaltra. Larchitetto incaricato di un restauro deve dunque conoscere con esattezza non solo gli stili afferenti a ogni periodo dellarte, ma anche quelli appartenenti ad ogni scuola. Infatti, queste differenze si possono
19

osservare non solo durante il medio evo, lo stesso fenomeno appare nei monumenti dellantichit greca e latina. I monumenti romani dellepoca antonina che coprono il mezzogiorno della Francia differiscono per molti punti dai monumenti di Roma della stessa epoca. Lo stile romano delle coste orientali dellAdriatico non pu essere confuso con lo stile romano dellItalia centrale, della Provenza o della Siria. Ma per attenerci qui al medio evo, le difficolt si accumulano in presenza del restauro. Spesso monumenti o parti di essi duna certa epoca e di una certa scuola sono stati riparati a diverse riprese, e da artisti che non erano della provincia in cui si trova ledificio. Di qui problemi considerevoli. Se si tratta di restaurare sia le parti primitive sia le parti modificate, bisogna non tener conto di queste ultime e ristabilire lunit di stile compromessa o riprodurre esattamente il tutto con le modificazioni posteriori? il caso in cui la scelta rigida di uno dei due criteri pu presentare pericoli. necessario, al contrario, non adottare in maniera assoluta nessuno dei due principi ed agire in ragione delle circostanze particolari. Quali sono queste circostanze particolari? Non potremmo indicarle tutte, sar sufficiente segnalarne alcune fra le pi importanti, per far apparire evidente il lato critico del lavoro. Innanzitutto, prima di essere archeologo, larchitetto incaricato di un restauro deve essere costruttore abile ed esperto, non solo da un punto di vista generale, ma dal punto di vista particolare, deve cio conoscere i processi,costruttivi adottati nelle differenti epoche della nostra arte e nelle diverse scuole. Questi processi costruttivi hanno un valore relativo e non sono tutti ugualmente buoni. Qualcuno ha dovuto persino essere abbandonato, perch difettoso. Cos, per esempio, un certo edificio costruito nel XII secolo, e che non aveva canali sotto le gronde dei tetti, ha dovuto essere restaurato nel XIII e dotato di scoli compositi. Tutto il coronamento in cattivo stato, si tratta di rifarlo interamente. Si sopprimeranno i canali del XIII secolo per ristabilire lantica cornice del XII, di cui si ritrovassero altrove gli elementi? Certamente no, bisogner restaurare la cornice con i canali del XIII secolo, conservando la forma di quellepoca, dal momento che non si potrebbe trovare una cornice con canali del XII secolo, e crearne una di fantasia, con la pretesa di conferirle il carattere dellarchitettura dellepoca, sarebbe commettere un anacronismo in pietra. Altro esempio: le volte di una navata del XII secolo, in seguito ad un accidente qualunque, sono state distrutte in parte e rifatte pi tardi, non nella loro forma primitiva, ma secondo la moda di allora. Queste ultime volte in seguito minacciano di rovinare, bisogna ricostruirle. Invece di restaurarle nella loro forma posteriore, si restaureranno le volte primitive? S, perch non vi nessun vantaggio nel fare altrimenti, e ve ne uno considerevole nel restituire alledificio la sua unit. Non si tratta qui, come nel caso precedente, di conservare un miglioramento apportato ad un sistema difettoso, ma di considerare che il restauro posteriore stato fatto secondo il metodo antico, che consisteva nelladottare le forme in uso al momento in ogni rifacimento o restauro di un edificio, e che noi procediamo secondo un principio opposto, che consiste nel restaurare ogni edificio nello stile che gli proprio. Ma queste volte di un carattere estraneo alle prime e che si devono ricostruire sono notevolmente belle, sono state loccasione di praticare aperture ornate di belle vetrate, che sono state combinate in modo da armonizzare con tutto il sistema di costruzione esterna di grande valore. Si distrugger tutto per togliersi la soddisfazione di restaurare la navata primitiva nella sua purezza? Si metteranno queste vetrate in magazzino? Si lasceranno senza motivo contrafforti e archi rampanti esterni che non avrebbero pi niente da sostenere? No certo. chiaro, dunque: in queste materie i principi assoluti possono condurre allassurdo. Si tratta di riprendere in sottomurazione i pilastri isolati di una sala che sono sottoposti a schiacciamento sotto carico, poich i materiali impiegati sono troppo fragili e di sezione troppo ridotta. In epoche diverse alcuni di questi pilastri sono stati riparati e si sono date sezioni che non sono le primitive. Rimettendo a nuovo questi pilastri, dovremo copiare queste sezioni variate e attenerci alle altezze dei vecchi blocchi che sono troppo deboli? No, riprodurremo per tutti i pilastri la sezione orizzontale primitiva e li innalzeremo con grossi blocchi, per prevenire gli inconvenienti che sono la
20

causa della nostra operazione. Ma la sezione di alcuni di questi pilastri stata modificata in seguito ad un processo di cambiamento che si voleva far subire al monumento cambiamento che dal punto di vista del progresso dellarte di una grande importanza cos come, per esempio, avvenne a NotreDame di Parigi nel XIV secolo. Distruggeremo sottomurando questa traccia cos interessante di un progetto che non stato eseguito interamente, ma che denota la tendenza di una scuola? No, noi li riprodurremo nella loro forma modificata, poich queste modificazioni possono chiarire un momento della storia dellarte. In un edificio del XIII secolo in cui le acque scolano in gocciolatoi, come ad esempio nella cattedrale di Chartres, nel XV secolo si creduto bene di aggiungere dei doccioni ai canali per migliorare lo scolo. Questi doccioni sono in cattivo stato, bisogna sostituirli. Con il pretesto dellunit metteremo al loro posto doccioni del XIII secolo? No, poich distruggeremmo cos le tracce di una interessante disposizione primitiva. Insisteremo, al contrario, sul restauro posteriore, conservandone lo stile. Tra i contrafforti di una navata sono state aggiunte, a cose fatte, delle cappelle. I muri sotto le finestre di queste cappelle e i piedritti delle aperture non legano in alcun modo con i contrafforti pi antichi e mostrano molto chiaramente che queste costruzioni sono state aggiunte in un secondo tempo. necessario ricostruire sia i paramenti esterni di questi contrafforti, che sono rosi dal tempo, sia i serramenti delle cappelle. Dobbiamo rendere omogeneo lo stile di queste due costruzioni di epoche differenti e che restauriamo nello stesso tempo? No, conserveremo con cura il sistema costruttivo distinto delle due parti, le discordanze, affinch si possa sempre riconoscere che le cappelle sono state aggiunte tra i contrafforti in un tempo successivo. Similmente, nelle parti nascoste delledificio dovremo rispettare scrupolosamente tutte le tracce che possono servire a far constatare aggiunte, modificazioni alle disposizioni primitive. Esistono in Francia alcune cattedrali fra quelle rifatte alla fine del XII secolo che non avevano transetto. Tali sono, per esempio, le cattedrali di Sens, di Meaux, di Senlis. Nel XIV e XV secolo, sono stati aggiunti dei transetti alle navate, incorporando due campate. Queste modificazioni sono state fatte pi o meno abilmente, ma per occhi esercitati esse lasciano sussistere tracce delle disposizioni primitive. In simili casi il restauratore deve essere scrupoloso sino alleccesso e deve far risaltare, non dissimulare, le tracce di tali modificazioni. Ma se si tratta di fare a nuovo delle parti di monumenti di cui non resta alcuna traccia, per necessit di costruzione o per completare una opera mutilata, larchitetto incaricato di un restauro deve ben penetrare lo stile proprio del monumento il cui restauro gli affidato. Quel pinnacolo del XIII secolo copiato da un edificio dello stesso secolo sar una stonatura se trasportato su di un altro. Quel profilo preso su un piccolo edificio strider applicato ad uno grande. Daltronde, un errore grossolano credere che un elemento architettonico del medio evo possa essere ingrandito o rimpicciolito impunemente. In questa architettura ogni elemento proporzionato al monumento per il quale composto. Cambiarne la proporzione equivale a rendere lelemento difforme. A questo proposito faremo notare che la maggior parte dei monumenti gotici che si costruiscono oggi riproducono spesso in altra scala edifici noti. Quella chiesa sar un diminutivo della cattedrale di Chartres, quellaltra della chiesa di Saint-Ouen di Rouen. Ci significa partire da un principio opposto a quello che affermavano con tanta ragione i maestri del medio evo. Se questi difetti colpiscono in edifici nuovi e tolgono loro ogni valore, sono mostruosi se si tratta di restauri. Ogni monumento del medio evo ha la sua scala relativa allinsieme, sebbene questa scala sia sempre rapportata alla dimensione delluomo. Bisogna dunque pensarci due volte, quando si tratta di completare le parti mancanti di un edificio del medio evo, e aver ben compreso la scala adottata dal primitivo costruttore. Nei restauri bisogna sempre aver presente una condizione dominante, sostituire, cio, ad ogni parte tolta solo materiali migliori e materiali pi energici e pi perfetti. Bisogna che a seguito delloperazione effettuata ledificio restaurato abbia per lavvenire una durata pi lunga di quella gi
21

avuta in passato. Non si pu negare che ogni lavoro di restauro per una costruzione una prova molto dura. Le armature, i puntelli, le rimozioni necessarie, le liberazioni parziali di murature causano allopera una destabilizzazione, che talvolta ha determinato incidenti molto gravi. dunque prudente tener conto che ogni costruzione rimasta ha perso una certa parte della sua forza in seguito a questi traumi e che si deve supplire a tale diminuzione di forze mediante la potenza delle parti nuove, il perfezionamento del sistema della struttura con catenamenti validi, resistenze pi consistenti. Inutile dire che la scelta dei materiali entra in gran parte nei lavori di restauro. Molti edifici minacciano di rovinare per la debolezza e la mediocre qualit dei materiali impiegati. Ogni pietra destinata ad essere tolta deve essere sostituita da una pietra di qualit superiore. Ogni sistema di grappaggio che viene soppresso deve essere sostituito da un concatenamento continuo messo in luogo delle grappe; infatti, non si possono modificare le condizioni dequilibrio di un monumento che ha sei o sette secoli desistenza senza correre dei rischi. Le costruzioni, come gli individui, assumono certe abitudini con le quali bisogna fare i conti. Esse hanno (se posso esprimermi cos), il loro temperamento, che bisogna studiare e conoscere bene prima di intraprendere una cura regolare. La natura dei materiali, la qualit delle malte, il suolo, il sistema generale della struttura per punti dappoggio verticali o per collegamenti orizzontali, il peso, la maggiore o minore concrezione delle volte, la maggiore o minore elasticit della fabbrica, costituiscono temperamenti differenti. In un edificio i cui punti dappoggio verticali sono fortemente irrigiditi con colonne tagliate nel verso contrario, come in Borgogna ad esempio, le costruzioni si comportano in modo del tutto diverso che in un edificio della Normandia o della Piccardia, in cui tutta la struttura fatta di bassi filari di pietra. I mezzi di ripresa, di puntellamento che qui avranno buon esito, altrove causeranno incidenti. Se si pu riprendere impunemente per parti un pilone composto internamente di bassi filari, questo stesso lavoro eseguito dietro a colonne tagliate nel verso contrario sar causa di crepe. Allora bisogna riempire i giunti di malta con lausilio di palette di ferro e a colpi di martello, per evitare ogni bench minimo abbassamento; bisogna persino, in certi casi, togliere i monostili durante le riprese dei filari per ricollocarli al loro posto dopo che tutto il lavoro in sottomuratura finito ed ha avuto il tempo di assestarsi. Se larchitetto incaricato del restauro di un edificio deve conoscere le forme, gli stili propri di questo edificio e della scuola da cui uscito, deve ancora meglio, se possibile, conoscere la sua struttura, la sua autonomia, il suo temperamento, perch prima di tutto bisogna lo faccia vivere. necessario che egli abbia compreso tutte le parti di questa struttura come se avesse lui stesso diretto i lavori e che, una volta acquisita tale conoscenza, abbia a disposizione parecchi mezzi per intraprendere un lavoro di ripresa. Se uno di questi mezzi vien meno, un secondo, un terzo, deve essere subito pronto. Non dimentichiamo che i monumenti del medio evo non sono costruiti come i monumenti dellantichit romana, la cui struttura deriva dallopposizione di resistenze passive a forze attive. Nelle costruzioni del medio evo ogni elemento agisce. Se la volta spinge, larco rampante o il contrafforte controspingono; se un elemento portante crolla, non sufficiente sostenerlo verticalmente, bisogna prevenire le spinte diverse che agiscono su di esso in senso inverso. Se un arco si deforma, non sufficiente centinarlo, poich esso funge da spinta ad altri archi che hanno unazione obliqua. Se voi togliete un peso qualunque da un pilone, questo peso ha unazione di pressione alla quale bisogna supplire. In una parola, voi non dovete mantenere forze inerti che agiscono solo in senso verticale, ma forze che agiscono tutte in senso contrario per creare un equilibrio; ogni parte tolta tende a turbare questo equilibrio. Questi problemi posti al restauratore sviano ed imbarazzano in ogni momento il costruttore che non ha fatto una stima esatta di tali condizioni di equilibrio, ma diventano uno stimolo per colui che conosce ledificio da restaurare. Si tratta di una guerra, di un seguito di manovre che bisogna modificare ogni giorno, secondo una costante osservazione degli effetti che possono aver luogo. Abbiamo visto, per esempio, torri, campanili, eretti su quattro punti dappoggio, in seguito a riprese in sottomuro portare i carichi ora su di un punto, ora su di un altro, e il loro asse cambiare il punto di proiezione orizzontale di qualche centimetro in ventiquattro ore.
22

Sono gli effetti di cui larchitetto esperto non si preoccupa, alla sola condizione di avere sempre dieci modi invece di uno per prevenire un incidente, alla condizione di ispirare agli operai abbastanza fiducia da evitare che il panico possa vanificare i mezzi per fronteggiare ogni evenienza, senza ritardi, senza incertezze, senza manifestazioni di timore. In questi casi difficili, che si presentano spesso durante i restauri, larchitetto deve avere previsto tutto, fino agli effetti pi inattesi, e deve avere in riserva, senza fretta e senza emozione, i mezzi per prevenire conseguenze disastrose. Diciamo che in questo tipo di lavori gli operai, che da noi comprendono molto bene le manovre che si ordinano, mostrano tanta fiducia e devozione quando hanno avuto prova della preveggenza e del sangue freddo del capo, quanta sfiducia allorch scorgono la parvenza di un turbamento negli ordini dati. I lavori di restauro, che dal punto di vista della seriet e della pratica appartengono al nostro tempo, gli faranno onore. Essi hanno forzato gli architetti ad estendere le loro conoscenze, ad informarsi sui mezzi energici, sbrigativi, sicuri, a mettersi in rapporto pi diretto con le maestranze edili, ad istruirle anche, a formare dei nuclei, e in provincia e a Parigi, che forniscono, tutto sommato, i migliori operai nei grandi cantieri. Grazie a questi lavori di restauro industrie importanti sono risorte, lesecuzione dei lavori in muratura diventata pi accurata, limpiego dei materiali si diffuso. Infatti, gli architetti incaricati di lavori di restauro, spesso in citt o villaggi sconosciuti, sprovvisti di tutto, hanno dovuto informarsi sulle cave, di necessit fame aprire di antiche, creare dei laboratori. Lontani da tutte le risorse che forniscono i grandi centri, hanno dovuto creare, foggiare degli operai, stabilire metodi regolari e come contabilit e come gestione dei cantieri. Cos, materiali prima non sfruttati sono stati messi in circolazione, metodi regolari si sono diffusi nei dipartimenti che non ne possedevano, nuclei di operai divenuti esperti hanno fornito mano dopera per un esteso raggio, labitudine a risolvere difficolt di costruzione si introdotta in popolazioni che sapevano appena costruire le case pi semplici. La centralizzazione amministrativa francese ha meriti e vantaggi che noi non contestiamo, essa ha cementato lunit politica, ma non bisogna dissimularne gli inconvenienti. Per non parlare qui che dellarchitettura, la centralizzazione ha non solo tolto alle province le scuole, e con esse i procedimenti particolari, le industrie locali, ma anche la mano dopera capace, che ha finito per essere assorbita da Parigi o da due o tre grandi centri, tanto che nei capoluoghi di dipartimento trenta anni fa non si trovava n un architetto, n un imprenditore, n un capo officina, n un operaio capace di dirigere e di eseguire lavori di una qualche importanza. Per avere la prova di quanto diciamo sufficiente guardare di sfuggita le chiese, i municipi, i mercati, gli ospedali ecc., costruiti tra il 1815 e il 1835, e che sono restati in piedi nelle citt di provincia (infatti molti hanno avuto durata effimera). I nove decimi di questi edifici (non parliamo del loro stile) denunciano una dolorosa ignoranza dei principi pi elementari della costruzione. In fatto di architettura la centralizzazione conduceva alla barbarie. Il sapere, le tradizioni, i metodi, lesecuzione materiale scomparivano a poco a poco dalla periferia del paese. Se ancora a Parigi una scuola diretta verso un fine utile e pratico avesse potuto fornire alle province lontane artisti capaci di dirigere dei cantieri, le scuole provinciali si sarebbero comunque esaurite, ma si sarebbero inviati nel territorio uomini che, come si vede nel genio civile, conservano ad un uguale livello tutte le costruzioni dei dipartimenti. La scuola di architettura, stabilita a Parigi e a Parigi solamente, mirava a tuttaltra cosa, formava dei laureati per lAccademia di Francia a Roma, buoni disegnatori, nutriti di chimere, ma molto poco adatti a dirigere un cantiere in Francia nel XIX secolo. Questi eletti, rientrati sul suolo natale dopo un esilio di cinque anni, durante il quale avevano fatto il rilievo di alcuni antichi monumenti senza essere mai stati alle prese con le difficolt pratiche del mestiere, preferivano restare a Parigi, in attesa che venisse loro affidata qualche opera degna del loro talento, alla fatica giornaliera offerta dalla provincia. Se qualcuno di loro ritornava nei dipartimenti, era per occupare posizioni di prestigio nelle nostre pi grandi citt. Le localit secondarie restavano cos escluse da ogni progresso dellarte, da ogni forma di sapere, e si vedevano costrette ad affidare la
23

direzione dei lavori municipali a capicantiere del genio civile, a geometri, e persino a maestri di scuola un po geometri. Certamente, i primi che pensarono a salvare dalla rovina i pi begli edifici lasciatici in eredit dal passato sul nostro suolo e che organizzarono il servizio dei monumenti storici agirono puramente per ispirazione dartista. Furono spaventati dalla distruzione che minacciava tutti questi resti cos notevoli e dagli atti di vandalismo compiuti ogni giorno con la pi cieca indifferenza, ma non poterono prevedere fin dallinizio gli importanti risultati della loro opera dal punto di vista della pura utilit. Tuttavia, non tardarono a riconoscere che quanto pi i lavori fatti eseguire da loro si trovavano in localit isolate, tanto pi linfluenza benefica di quei lavori si faceva sentire e si diffondeva. Dopo alcuni anni, localit che non sfruttavano pi delle belle cave, in cui non si trovava n un tagliapietre, n un carpentiere, n un fabbro capace di foggiare qualcosa di diverso dai ferri di cavallo, fornivano a tutte le circoscrizioni vicine operai eccellenti, metodi economici e sicuri, avevano visto sorgere buoni imprenditori, scalpellini ingegnosi, e inaugurare dei principi dordine e di regolarit nelliter amministrativo dei lavori. Alcuni di questi cantieri videro la maggior parte dei loro tagliapietre fornire scalpellini a un gran numero di laboratori. Fortunatamente, se nel nostro paese linerzia regna talvolta sovrana alla sommit, agevole vincerla alla base con perseveranza e cura. I nostri operai, poich sono intelligenti, comprendono solo la potenza dellintelligenza. Tanto sono negligenti e indifferenti in un cantiere in cui il salario la sola ricompensa e la disciplina il solo mezzo dazione, tanto sono attivi e accurati l dove sentono una direzione metodica, sicura nei suoi comportamenti, dove ci si prende la pena di spiegare il vantaggio o lo svantaggio di un metodo. Lamor proprio lo stimolo pi energico in questi uomini addetti ad un lavoro manuale; si pu ottenere tutto rivolgendosi alla loro intelligenza, alla loro ragione. Con quale interesse, inoltre, gli architetti dediti allopera di restauro dei nostri antichi monumenti seguivano di settimana in settimana i progressi di quegli operai che arrivavano a poco a poco ad affezionarsi allopera alla quale collaboravano! Sarebbe ingratitudine da parte nostra, se non consegnassimo a queste pagine i sentimenti di disinteresse, la devozione manifestata molto spesso dagli operai dei nostri cantieri di restauro, la sollecitudine con la quale ci aiutavano a vincere difficolt che sembravano insormontabili, i pericoli che affrontavano spensieratamente, una volta intravvisto il fine da raggiungere. Queste qualit le troviamo nei nostri soldati, forse sorprendente che esistano nei nostri operai? I lavori di restauro intrapresi in Francia, dapprima sotto la direzione della Commissione dei monumenti storici, e pi tardi dal servizio degli edifici detti diocesani, non solo hanno salvato dalla rovina opere di incontestabile valore, ma hanno reso anche un servizio immediato. Il lavoro della Commissione ha combattuto in questo modo fino a un certo punto i pericoli della centralizzazione amministrativa in fatto di lavori pubblici, ha reso alla provincia ci che la Scuola delle belle arti non era capace di darle. Alla luce di questi risultati, di cui non esageriamo limportanza, se qualcuno di quei dottori che pretendono insegnare larte dellarchitettura senza aver mai fatto posare un mattone, dal chiuso del suo studio decreta che gli artisti che hanno passato gran parte della loro esistenza in questa fatica pericolosa, penosa, da cui il pi delle volte non si trae grande onore, n profitto, non sono degli architetti; se essi cercano di farli condannare ad una sorta di ostracismo e di allontanarli dai lavori insieme pi onorevoli e pi fruttuosi, e soprattutto meno difficili, i loro manifesti e i loro sdegni saranno dimenticati dal tempo, mentre quegli edifici, una delle glorie del nostro paese, preservati dalla rovina, resteranno ancora in piedi per secoli, a testimonianza della devozione di alcuni uomini, dediti pi a perpetuare questa gloria che al loro interesse particolare. Ci siamo limitati a far intravedere in maniera generale le difficolt che si presentano ad un architetto incaricato di un restauro, a indicare, come abbiamo detto allinizio, un programma dinsieme proposto da persone criticamente preparate. Queste difficolt, tuttavia, non si limitano a fatti puramente materiali. Poich tutti gli edifici di cui si intraprende il restauro hanno una destinazione, sono destinati ad un servizio, non si pu trascurare questo aspetto di utilit, per chiudersi interamente nella parte del
24

restauratore di antiche disposizioni fuori uso. Uscito dalle mani dellarchitetto, ledificio non deve essere meno comodo di quanto fosse prima del restauro. Molto spesso gli archeologi teorici non tengono conto di queste necessit e rimproverano aspramente allarchitetto di aver ceduto alle necessit presenti, come se monumento affidatogli fosse cosa sua, come se non dovesse sottostare ai programmi che gli sono stati imposti. Ma proprio in queste circostanze, che si verificano abitualmente, deve esercitarsi la sagacit dellarchitetto. Egli ha sempre la possibilit di conciliare il suo impegno di restauratore con quello di artista incaricato di soddisfare necessit impreviste. Daltronde, il mezzo migliore per conservare un edificio di trovargli una destinazione e di soddisfare cos bene tutti i bisogni ispirati da tale destinazione, che non sia necessario apportarvi cambiamenti. chiaro, per esempio, che larchitetto incaricato di far del bel refettorio di Saint-Martin des Champs una biblioteca per la Scuola di arti e mestieri doveva sforzarsi, pur rispettando ledificio e restaurandolo, di organizzare i casellari in modo che non fosse necessario tornarvi mai sopra e alterare la disposizione di questa sala. In circostanze analoghe, la cosa migliore mettersi al posto dellarchitetto primitivo e supporre ci che egli farebbe, se, ritornando al mondo, gli si imponessero i programmi che sono posti a noi. Ma si comprende che allora bisogna possedere le risorse che possedevano quegli antichi maestri, che bisogna procedere come essi procedevano. Fortunatamente, larte del medio evo, limitata da coloro che non la conoscono a qualche formula ristretta, , al contrario, quando la si comprenda, cos duttile, cos sottile, cos estesa e liberale nei suoi mezzi desecuzione, che non vi programma che essa non possa attuare. Essa si poggia su principi e non su un formulario, pu essere di ogni tempo e soddisfare ogni bisogno, come una lingua ben fatta pu esprimere ogni idea senza venir meno alla sua grammatica. Questa grammatica, dunque, bisogna possedere, e ben possedere. Noi conveniamo che dal momento che non ci si attiene alla riproduzione letterale la china ripida, che queste soluzioni non debbono essere adottate che in caso estremo, ma bisogna convenire anche che sono talvolta imposte da necessit imperiose alle quali non sarebbe ammesso opporre un non possumus. Che un architetto si rifiuti di far passare dei tubi del gas in una chiesa, per evitare mutilazioni e incidenti, lo si capisce, perch si pu illuminare ledificio con altri mezzi; ma che egli non si presti allinstallazione di un calorifero, per esempio, con il pretesto che il medio evo non aveva adottato questo sistema di riscaldamento negli edifici religiosi, che egli obblighi cos i fedeli a raffreddarsi per amore dellarcheologia, ci finisce per cadere nel ridicolo. Poich questi mezzi di riscaldamento esigono tubi di camino, egli deve procedere come avrebbe fatto un maestro del medio evo, se fosse stato obbligato ad impiantarne, e soprattutto non cercare di dissimulare questo nuovo elemento, poich gli antichi maestri, lungi dal mascherare una necessit, cercavano di rivestirla della forma che le conveniva, facendo di tale necessit materiale persino un motivo di decorazione. Dovendo rifare la copertura di un edificio, larchitetto respinge la costruzione in ferro perch i maestri del medioevo non hanno fatto strutture in ferro egli ha torto, a nostro parere, perch eviterebbe cos le terribili occasioni di incendio che sono state tante volte fatali ai nostri antichi monumenti. Ma allora non si deve tener conto della disposizione dei punti di appoggio? Bisogna cambiare le condizioni di equilibrio? Se la struttura in legno da sostituire caricava uniformemente i muri, egli non deve cercare un sistema di struttura in ferro che offra gli stessi vantaggi? Lo deve certamente, e soprattutto si ingegner, perch questa copertura in ferro non pesi pi di quella di legno. Questa la cosa fondamentale. Troppo spesso si dovuto rimpiangere di aver sovraccaricato antiche costruzioni, daver restaurato parti superiori di edifici con materiali pi pesanti di quelli impiegati primieramente. Queste dimenticanze, queste negligenze hanno causato pi di un sinistro. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: i monumenti del medio evo sono calcolati sapientemente, il loro organismo delicato. Niente di troppo nelle costruzioni, niente di inutile. Se voi mutate una delle condizioni di questo organismo, modificate tutte le altre. Molti vedono in ci un difetto, per noi una qualit che trascuriamo un po troppo nelle nostre costruzioni moderne, da cui si potrebbe togliere pi
25

di un elemento senza comprometterne lesistenza. In effetti, a che cosa debbono servire la scienza, il calcolo, se non, in fatto di costruzione, a mettere in opera solo le forze necessarie? Perch queste colonne, se possiamo toglierle senza compromettere la solidit dellopera? Perch muri costosi spessi 2 metri, se dei muri di 50 centimetri, rinforzati a distanza regolare con dei contrafforti di un metro quadrato di sezione, presentano una stabilit sufficiente? Nella struttura del medio evo ogni parte dellopera adempie ad una funzione ed esercita unazione. Prima di intraprendere qualunque cosa larchitetto deve applicarsi a conoscere esattamente il valore delluna e dellaltra. Egli deve agire come il chirurgo accorto ed esperto, che tocca un organo solo dopo aver acquisito una completa conoscenza della sua funzione ed aver previsto le conseguenze immediate o future delloperazione. Se agisce affidandosi al caso, meglio che si astenga. meglio lasciar morire il malato piuttosto che ucciderlo. La fotografia, che ogni giorno assume un ruolo pi serio negli studi scientifici, sembra essere venuta al momento giusto per aiutare il grande lavoro di restauro degli edifici antichi di cui lEuropa intera si preoccupa oggi. In effetti, quando gli architetti avevano a disposizione solo i mezzi ordinari del disegno, anche i pi esatti, come la camera chiara, per esempio, era difficile non commettere qualche dimenticanza, non trascurare certe tracce appena evidenti. Di pi, finito il lavoro di restauro, si poteva sempre contestare lesattezza di una descrizione grafica, di ci che si definisce stato attuale. Ma la fotografia presenta il vantaggio di redigere verbali irrecusabili e documenti che si possono consultare di continuo, persino quando i restauri mascherano le tracce lasciate dalla rovina. La fotografia ha condotto naturalmente gli architetti ad essere ancora pi scrupolosi nel rispetto per i minimi resti duna antica disposizione, a rendersi meglio conto della struttura, e fornisce uno strumento permanente per giustificare il loro operato. Nei restauri non si user mai abbastanza della fotografia, poich molto spesso si scopre su un negativo ci che non si era scorto sul monumento stesso. In fatto di restauro, un principio dominante da cui non bisogna allontanarsi mai e sotto nessun pretesto il tener conto di ogni traccia che indichi una disposizione. Larchitetto deve essere completamente soddisfatto e mettere gli operai allopera, solo quando ha trovato la combinazione che si attaglia meglio e pi semplicemente alla traccia restata in vista. Decidere una disposizione a priori, senza essere confortato da tutte le informazioni necessarie, significa cadere nellipotetico, e niente pi pericoloso dellipotesi nei lavori di restauro. Se avete la sfortuna di adottare su un punto una disposizione che si scosta dalla autentica, quella seguita originariamente, siete trascinati da un seguito di deduzioni logiche su una falsa strada, da cui non vi sar pi possibile uscire, e in questo caso tanto meglio ragionate, tanto pi vi allontanate dalla verit. Analogamente, quando si tratta, per esempio, di completare un edificio caduto in parte in rovina, prima di cominciare bisogna scavare tutto, esaminare tutto, riunire i pi piccoli frammenti, avendo cura di constatare il punto in cui sono stati scoperti, e mettersi allopera solo quando tutti questi resti hanno trovato la loro logica destinazione e il loro posto, come i pezzi di un gioco di pazienza. Senza questa precauzione, si preparano le pi incresciose delusioni, e un frammento che scoprite a restauro finito mostra chiaramente che vi siete ingannati. Per i frammenti che si raccolgono negli scavi, bisogna esaminare i letti di posa, i giunti, la dimensione; infatti, una certa cesellatura pu essere stata fatta solo per produrre un certo effetto ad una certa altezza. Persino la maniera in cui questi frammenti si sono comportati cadendo spesso unindicazione del posto che essi occupavano. In questi casi difficili di ricostruzione di parti di edifici demoliti, larchitetto deve dunque essere presente negli scavi ed affidarli a scavatori intelligenti; ricostruendo deve quanto pi pu riutilizzare gli antichi resti, anche se alterati: una garanzia che d e della autenticit e della esattezza delle sue ricerche. Abbiamo detto abbastanza per far comprendere le difficolt che incontra larchitetto incaricato di un restauro, se prende sul serio le sue funzioni e se vuole non solo apparire sincero, ma portare a termine la sua opera con la coscienza di non aver lasciato nulla al caso e di non aver mai cercato di ingannare se stesso.
26

John Ruskin La lampada della memoria (1849)*

AFORISMA 27 Bisogna conferire allArchitettura una dimensione storica, e conservargliela E se davvero sappiamo trarre qualche profitto dalla storia del passato, o qualche sollievo allidea di esser ricordati da quelli che verranno, che possano conferire convinzione alle nostre azioni, o pazienza alla nostra tenacia di oggi, vi sono due compiti che incombono su di noi nei confronti dellarchitettura del nostro paese la cui importanza impossibile sopravvalutare: il primo consiste nel conferire una dimensione storica allarchitettura di oggi, il secondo nel conservare quella delle epoche passate come la pi preziosa delle eredit []. AFORISMA 28 La santit della casa per gli uomini probi Io dico che se gli uomini vivessero veramente da uomini, le loro case sarebbero come dei templi, templi che noi non oseremmo tanto facilmente violare e nei quali diventerebbe per noi salutare privilegio poter vivere. Devessere una ben strana dissoluzione degli affetti naturali, una ben strana ingratitudine verso tutto quello che le nostre dimore ci hanno dato e i nostri genitori ci hanno insegnato, una ben strana coscienza della nostra infedelt nei confronti dellonore di nostro padre, oppure la consapevolezza che la nostra vita non tale da render sacra la nostra dimora agli occhi dei nostri figli, quella che induce ciascuno di noi a desiderare di costruire per s stesso, e a costruire soltanto per la piccola rivoluzione della sua vita personale. Io vedo quelle miserande concrezioni di calce e argilla che spuntano come una precoce fungaia nei campi limacciosi intorno alla nostra capitale, sui loro gracili e barcollanti gusci senza fondamenta di assi di legno a imitazione della pietra, disposte in quelle squallide file di una precisione freddamente regolare, senza differenze e senza alcun senso di fratellanza, tutte uguali e tutte isola1e in se stesse. Le guardo non solo con lincurante repulsione della vista offesa, non solo col dolore che d un paesaggio deturpato, ma con il doloroso presentimento che le radici della nostra grandezza nazionale debbono essere incancrenite ben in profondit dal momento che sono piantate in modo tanto instabile nella loro terra natia. Ho il presentimento che quelle dimore senza comodit e senza dignit siano il segno di uno scontento popolare che si va diffondendo; il presentimento che esse stiano a indicare unepoca nella quale laspirazione di ciascun uomo quella di entrare a far parte di un ceto in qualche modo pi elevato di quello che il suo ceto naturale, e per ogni uomo la propria vita passata oggetto abituale di disprezzo, dal momento che gli uomini costruiscono con la speranza di abbandonare le costruzioni che hanno edificato e vivono nella speranza di dimenticare gli anni di vita che hanno vissuto; unepoca in cui le comodit, la pace, la religione della casa non sono pi sentite come tali, e le abitazioni affollate di una popolazione sempre in lotta e in movimento differiscono da quelle degli arabi o degli zingari per il solo fatto che sono meno salutarmente aperte di quelle allaria del cielo e che la scelta del terreno su cui edificarle stata meno felice. Questa gente ha sacrificato la sua libert senza averne avuto in cambio una maggior quantit di riposo, e ha sacrificato la sua stabilit senza ottenere il privilegio del cambiamento []. AFORISMA 29 La terra labbiamo ricevuta in consegna, non un nostro possesso
* RUSKIN, John, The Seven Lamps of Architecture, London, 1849, trad. it. Le sette lampade dellarchitettura, con presentazione di R. Di Stefano, Milano, Jaca Book, 1982, pp. 209-230. 27

Lidea dellabnegazione per amore dei posteri, lidea di vivere oggi in economia per il bene dei nostri debitori che devono ancora nascere, di piantare oggi foreste perch i nostri posteri ne possano godere lombra, o di far sorgere citt perch vi abitino i popoli del futuro; questidea, secondo me, trova mai spazio con qualche successo tra i motivi che pubblicamente riconosciamo a moventi delle nostre faticose azioni. Ci nondimeno, questi sono i nostri doveri; e la nostra parte sulla terra non labbiamo recitata in modo acconcio se la portata di quanto abbiam fatto di utile con pieno intendimento e consapevolezza non include, oltre ai nostri contemporanei, anche quelli che ci succederanno nel nostro pellegrinaggio sulla terra. Dio ci ha prestato la terra per la nostra vita; ce lha data in consegna ma essa non ci appartiene. Essa appartiene allo stesso modo a quelli che devono venire dopo di noi e i cui nomi sono gi scritti nel libro della creazione; e noi non abbiamo alcun diritto, con tutte le cose che facciamo o che trascuriamo, di coinvolgerli in sanzioni che potevano essere evitate, o di privarli dei vantaggi che era in nostro potere di lasciar loro in eredit. E ci, a maggior ragione, perch una delle condizioni predeterminate della fatica delluomo che il frutto sia tanto pi maturo quanto pi protratto il tempo che intercorre tra la semina e il raccolto, e che dunque, in generale, quanto pi lontano da noi collochiamo il nostro traguardo, e quanto meno aspiriamo a essere noi a vedere il frutto di ci per cui ci siamo affannati, tanto pi ampia e ricca sar la misura del nostro successo. Gli uomini non possono beneficiare quelli che vivono accanto a loro quanto possono farlo con quelli che verranno dopo di loro; e di tutti i pulpiti da cui mai la voce umana viene diffusa, non ve n uno che riesca a farla giungere tanto lontano quanto la tomba []. AFORISMA 30 Perch, invero, la gloria pi grande di un edificio non risiede n nelle pietre n nelloro di cui fatto. La sua gloria risiede nella sua et, e in quel senso di larga risonanza, di severa vigilanza, di misteriosa partecipazione, perfino di approvazione o di condanna, che noi sentiamo presenti nei muri che a lungo sono stati lambiti dagli effimeri putti della storia degli uomini. nella loro imperitura testimonianza di fronte agli uomini, nel loro placido contrasto col carattere transitorio di tutte le cose; in quella forza che, attraverso lo scorrere delle stagioni, delle et, e il declino e il sorgere delle dinastie, e il mutare del volto della terra e dei limiti del mare, mantiene la sua bellezza scultorea per un tempo insormontabile, congiunge epoche dimenticate alle epoche che seguono, e quasi costituisce lidentit delle nazioni, cos come ne attrae su di s le simpatie. in quella dorata patina del tempo che dobbiamo cercare la vera luce, il vero colore, e la vera preziosit dellarchitettura. E finch un edificio non ha assunto questo carattere, finch non stato consegnato alla fama e consacrato dalle imprese delluomo, finch i suoi muri non sono stati testimoni delle sofferenze e i suoi pilastri non si sono eretti sulle, ombre. della morte, non avverr che la sua esistenza, destinata com a durare.pi a lungo di quella degli oggetti naturali del mondo circostante, possa ricevere in dono almeno quel tanto di vita e di linguaggio di cui sono dotali quegli oggetti []. Infatti, anche se fino a questo momento abbiamo continuato a parlare soltanto del sentimento che il tempo infonde nellopera, vi uneffettiva bellezza nelle impronte che esso vi lascia, una bellezza tale e di tale importanza che diventata essa stessa non di rado loggetto di particolari scelte allinterno di certe scuole artistiche, e ha conferito a queste scuole il carattere che comunemente e genericamente definito col termine di pittoresco []. La caratteristica peculiare, tuttavia, che distingue il pittoresco dai caratteri di un altro soggetto che appartiene ai pi alti livelli artistici (e questo solo necessario determinare per il nostro attuale proposito), si pu definire in breve e in modo netto. Il pittoresco, in questo senso, sublimit parassitaria. Naturalmente, ogni forma di sublimit, cos come ogni forma di bellezza , in senso puramente etimologico, pittoresca: cio adatta a diventare soggetto di una pittura; e ogni forma di sublimit , anche nel senso specifico che sto cercando di spiegare, pittoresca, in quanto opposta alla bellezza; cio a dire: vi pi pittoresco nei soggetti di Michelangelo che in quelli del Perugino, sproporzionatamente alla prevalenza dellelemento sublime sul bello. Ma quella caratteristica il cui
28

proposito ultimo si riconosce generalmente degradante per larte, una sublimit parassitaria; cio una sublimit che dipende da fattori accidentali o da caratteri meno essenziali degli oggetti ai quali essa appartiene; e il pittoresco si sviluppa specificamente in modo esattamente proporzionale alla distanza dal centro concettuale di quei tratti caratteristici sui quali fondata la sublimit. Due concetti, pertanto, sono essenziali per la definizione del pittoresco: il primo, quello di sublimit (infatti la pura bellezza non affatto pittoresca, e diventa tale solo quando ad essa si mescola un elemento sublime); e il secondo, la condizione subordinata o parassitaria di tale sublimit. Qualsiasi carattere della linea o dellombra o dellespressione produca quindi effetto di sublimit, finir per produrre il pittoresco. Cosa siano questi caratteri, io mi sforzer, qui di seguito, di mostrarlo esaurientemente; ma tra quelli che sono in genere riconosciuti, posso elencare le linee spigolose e spezzate, le decise contrapposizioni di luce e dombra, i colori cupi, intensi o in deciso contrasto; e tutti questi caratteri producono il loro effetto a un grado ancora pi alto quando, per rassomiglianza o analogia, ci ricordano oggetti nei quali risiede uneffettiva ed essenziale sublimit, come rocce o montagne, oppure le nubi tempestose o i flutti marini. Ora, per, se questi caratteri, o altri ancora di sublimit pi alta e astratta, dovessimo trovarli nel cuore stesso e nella sostanza di ci che stiamo contemplando, come nel caso della sublimit di Michelangelo, che dipende molto pi dallespressione degli atteggiamenti mentali delle figure che dalle linee per quanto nobili della loro impostazione, larte, che rappresenta questi caratteri non pu essere propriamente detta pittoresca; invece, se li trovassimo presenti in qualit accidentali o esteriori, si potrebbe parlare di pittoresco ben definito []. AFORISMA 31 Il cosiddetto restauro la peggiore delle distruzioni N il pubblico, n coloro cui affidata la cura dei monumenti pubblici comprendono il vero significato della parola restauro. Esso significa la pi totale distruzione che un edificio possa subire: una distruzione alla fine della quale non resta neppure un resto autentico da raccogliere, una distruzione accompagnata dalla falsa descrizione della cosa che abbiamo distrutto. Non inganniamo noi stessi in una questione tanto importante; impossibile in architettura restaurare, come impossibile resuscitare i morti, alcunch sia mai stato grande o bello, Ci su cui ho appena insistito indicando come la vita del tutto, quello spirito che reso solo dalle mani e dallocchio dellesecutore, non pu esser mai fallo rivivere. Forse unaltra epoca potr produrre un altro spirito, e si tratta allora di un nuovo edificio, ma non si pu fare appello allo spirito degli esecutori che sono morti, e non gli si pu comandare di guidare altre mani e altre menti. unimpresa palesemente impossibile, quando si tratta di eseguirne una riproduzione fedele e sincera. Che riproduzione si pu eseguire di superfici che sono consumate di mezzo pollice? Tuttintera la rifinitura superficiale dellopera stava proprio in quel mezzo pollice che se n andato; se provate a restaurare quella rifinitura, non potete farlo altro che arbitrariamente; se copiate quel che rimasto, assicurando il massimo possibile di fedelt (e quale attenzione, o meticolosit, o spesa, in grado di garantirla?), come pu la nuova opera essere migliore di quella vecchia? Eppure in quella vecchia vi era una qualche vitalit,una qualche misteriosa e suggestiva traccia di quel che essa era stata,e di quel che era andato perduto; una qualche soavit in quelle linee morbide modellate dal vento e dalla pioggia. E non ve ne pu essere alcuna nella brutale durezza del nuovo intaglio. Guardate gli animali che vi ho presentato nella tavola XIV come esempio di unopera viva, e immaginate come dovevano essere marcate le scaglie e i capelli prima che si logorassero, o le pieghe di quelle sopracciglia; e chi mai potr restaurarle? La prima operazione del restauro, (e questo lho visto, ben pi duna volta, nel Battistero di Pisa, nella Ca dOro di Venezia, nella Cattedrale di Lisieux) consiste nel fare a pezzi lopera originale; la seconda, di solito, consiste nel mettere in opera le meno preziose e pi volgari imitazioni che non possano essere individuate come tali; ma in ogni caso, per quanto esse siano fedeli e elaborate, si tratta sempre di imitazioni, di fredde copie di quelle parti che possono essere modellate con aggiunte arbitrarie; e la mia esperienza finora mi ha offerto un solo
29

esempio, quello del Palazzo di Giustizia di Rouen, in cui almeno questo, il pi alto grado di fedelt, sia stato realizzato,o per lo meno tentato. Non parliamo dunque di restauro. Si tratta di una menzogna dal principio alla fine. Si pu fare la copia di un edificio come 1a si pu fare di un cadavere: la copia pu avere dentro di s la struttura dei vecchi muri, come il calco di un viso pu averne lo scheletro; ma in nessuno dei due casi riesco a vedere con quale vantaggio; e non minteressa. Ma il vecchio edificio distrutto, e in questo caso in modo pi definitivo e irrimediabile che se fosse sprofondato in un mucchio di polvere, o se fosse stato fuso in una massa di argilla: pi quello che si riusciti a racimolare dalla desolazione di Ninive di quello che si potr mai mettere insieme dopo la ricostruzione di Milano. Eppure, si dice, il restauro pu rappresentarsi come una necessit. Certo. Guardiamola bene in faccia questa necessit, e cerchiamo di capirla nei suoi veri termini. una necessit distruttiva. Accettatela, cos; e allora demolite tutto ledificio, spargetene le pietre negli angoli pi remoti, fatene zavorra, o materiale da costruzione, se volete; ma fatelo onestamente, e non elevate un monumento alla menzogna, al loro posto. Guardatela bene in faccia, questa necessit, prima che venga, e potrete prevenirla. Il principio che vige oggi (un principio che sono convinto, almeno in Francia, sistematicamente messo in atto dai muratori, al fine di trovare lavoro per s, visto che lAbbazia di Saint Ouen stata demolita dalle autorit cittadine in modo da trovar lavoro ad alcuni vagabondi) consiste prima nel trascurare gli edifici per procedere poi al loro restauro. Prendetevi cura solerte dei vostri monumenti, e non avrete alcun bisogno di restaurarli. Poche lastre di piombo collocate a tempo debito su un tetto, poche foglie secche e sterpi spazzati via in tempo da uno scroscio dacqua, salveranno sia il soffitto che i muri dalla rovina. Vigilate su un vecchio edificio con attenzione premurosa; proteggetelo meglio che potete e ad ogni costo, da ogni accenno di deterioramento. Contate quelle pietre come contereste le gemme di una corona; mettetegli attorno dei sorveglianti come se si trattasse delle porte di una citt assediata; dove la struttura muraria mostra delle smagliature, tenetela compatta usando il ferro; e dove essa cede, puntellatela con travi; e non preoccupatevi per la bruttezza di questi interventi di sostegno: meglio avere una stampella che restare senza una gamba. E tutto questo, fatelo amorevolmente, con reverenza e continuit, e pi di una generazione potr ancora nascere e morire allombra di quelledificio. Alla fine anchesso dovr vivere il suo giorno estremo; ma lasciamo che quel giorno venga apertamente e senza inganni, e non consentiamo che alcun sostituto falso e disonorevole lo privi degli uffici funebri della memoria. xx. Di devastazioni pi sfrenate e ignoranti inutile parlare; le mie parole non potranno certo raggiungere coloro che. le commettono, e tuttavia, che mi ascoltino o no, non posso tacere la verit che, ancora una volta, la nostra decisione di conservare o no gli edifici delle epoche passate non questione di opportunit o di sentimento; il fatto che non abbiamo alcun diritto di toccarli. Non sono nostri. Essi appartengono in parte a coloro che li costruirono, e in parte a tutte le generazioni di uomini che dovranno venire dopo di noi. I morti hanno ancora i loro diritti su di essi: ci per cui essi si sono affaticati, la gloria di unimpresa, lespressione di un sentimento religioso o di qualunque altra cosa essi intendessero affidare per leternit a quegli edifici, sono tutte cose che non abbiamo il diritto di distruggere. Ci che abbiamo costruito noi stessi, siamo liberi di demolirlo; ma i diritti di altri uomini su ci per la cui realizzazione essi hanno profuso le loro energie, la loro ricchezza e la loro vita, non si sono estinti con la loro morte; e tanto meno stato conferito a noi soltanto il diritto di usare a nostra discrezione di quanto essi ci hanno lasciato. Esso appartiene a tutti i loro successori. E pu anche darsi che, in un futuro, sia motivo di dolore o causa doffesa per milioni di persone il fatto che noi abbiamo tenuto conto dei nostri interessi del momento abbattendo gli edifici dei quali abbiamo deciso di fare a meno. Quel dolore, quella perdita, non abbiamo alcun diritto di infliggerli. Forse che la cattedrale di Avranches apparteneva alla plebaglia che la distrusse pi di quanto non appartenesse a noi che oggi camminiamo con dolore avanti e indietro nelle sue fondamenta? N vi alcun edificio che appartenga a quella plebaglia che sfoga la sua violenza su di essa. Perch di plebaglia si tratta, e tale rester sempre.
30

Non conta che sia inferocita o in preda a una deliberata follia; che si tratti di una folla incontrollabile o che sia riunita in comitati. Il popolo che si abbandona alla distruzione di qualsiasi cosa senza una ragione plebaglia, e lArchitettura finisce sempre distrutta senza una ragione. Un belledificio necessariamente vale il terreno sul quale sorge, e sar cos finch lAfrica Centrale e lAmerica non saranno diventate popolose come il Middlesex: e non vi sono al mondo cause valide di alcun genere come motivo per la sua distruzione. E se mai fossero state valide, certamente non lo sono ancora, ch il posto e del passato e del futuro, nelle nostre coscienze, usurpato da un presente fatto di inquietudine e di scontento. La stessa pace della natura viene sempre pi allontanata da noi; migliaia di persone che, un tempo costrette a viaggi necessariamente prolungati, erano soggette a una certa influenza proveniente dal cielo silenzioso e dai campi addormentati nella loro quiete; uninfluenza pi effettiva che consapevole o dichiarata, ora portano con s anche il febbrile fervore senza sosta della loro vita: e lungo le arterie ferroviarie che percorrono il corpo del nostro paese, battono e scorrono gli impetuosi impulsi originati da questo fervore, ogni ora pi ardenti e concitati. Tutta la vitalit si concentra attraverso queste palpitanti arterie nel cuore della citt; la campagna scavalcata come un mare da ponti angusti, e noi ci troviamo ricacciati indietro, in una folla sempre pi numerosa che si accalca alle porte della citt. Lunica influenza che possa in qualche modo prendere il posto di quella delle foreste e dei campi in un mondo come questo, la forza dellantica Architettura. Non staccatevi da essa per il gusto di avere una piazza di forma regolare, o un marciapiede alberato dietro la siepe, o una strada elegante o una banchina senza ostacoli. Lorgoglio di una citt non risiede in queste cose. Lasciatele alla plebe; ma ricordatevi che vi sar di sicuro qualcuno entro la cinta di queste mura che hanno perduto la loro quiete, che richiederebbe ben altri posti che questi, nei quali poter passeggiare, ben altre forme architettoniche che gli si offrissero cordialmente alla vista: come a colui che cos spesso sedeva l dove il sole batteva da ponente, a osservare le linee della cupola di Firenze che si disegnavano sulla volta del cielo, o come a coloro che, suoi ospiti, quotidianamente, dalle stanze del loro palazzo, potevano rimirare i luoghi dove i loro padri giacevano in riposo, allincrocio delle buie strade di Verona.

31

Voto del IV Congresso degli ingegneri ed architetti italiani (1883)*

Considerando che i monumenti architettonici del passato non solo valgono allo studio dellarchitettura, ma servono quali documenti essenzialissimi, a chiarire e ad illustrare in tutte le sue parti la storia:dei vari tempi e perci vanno rispettati con scrupolo religioso appunto come documenti in cui una modificazione anche lieve, la quale possa sembrare opera originaria, trae in inganno e conduce via via a deduzioni sbagliate. La prima sezione del III Congresso degli Ingegneri ed Architetti, presa cognizione delle circolari inviate dal Ministero della Pubblica Istruzione il 21 luglio 1882 ai Prefetti del Regno intorno ai restauri degli edifici monumentali, lodandone le disposizioni, raccomanda ad esso di prendere pure in esame le seguenti massime. l. I monumenti architettonici, quando sia dimostrata incontrastabilmente la necessit di porvi mano, debbono piuttosto venire consolidati che riparati, piuttosto riparati che restaurati; ed in ogni modo si devono col massimo studio scansare le aggiunte e le rinnovazioni. 2. Nel caso che le dette aggiunte o rinnovazioni tornino assolutamente indispensabili per la solidit delledificio o per altre cause gravissime ed invincibili, e nel caso che riguardino parti non mai esistite o non pi esistenti o delle quali manchi la conoscenza sicura della forma primitiva, le aggiunte o rinnovazioni si devono compiere nella maniera nostra contemporanea, avvertendo che possibilmente nellapparente prospettiva le nuove opere non urtino troppo con laspetto del vecchio edificio. 3. Quando si tratti invece di compiere parti distrutte o non ultimate in origine per fortuite cagioni, oppure di rifare dei conci tanto deperiti da non poter pi rimanere in opera, o quando nondimeno rimanga il tipo vecchio da riprodurre con precisione, allora converr in ogni modo che i conci aggiunti o rinnovati, pur assumendo la forma primitiva, siano di materiale evidentemente diverso, o portino un segno inciso o, meglio, la data del restauro, sicch neanche in ci possa lattento osservatore venir tratto in inganno. Nei monumenti dellantichit o in altri ove sia notevole limportanza propriamente archeologica, le parti di compimento indispensabili alla solidit ed alla conservazione dovrebbero essere lasciate coi soli piani semplici e coi soli solidi geometrici dellabbozzo, anche quando non appariscano altro che la continuazione od il sicuro riscontro di altre parti antiche sagomate ed ornate. 4. Nei monumenti che traggono la bellezza, la singolarit, la poesia del loro aspetto dalla variet dei marmi, dei mosaici, dei dipinti, oppure dal colore della loro vecchiezza o dalle circostanze pittoresche in cui si trovano, o perfino dallo stato rovinoso in cui giacciono, le opere di consolidamento, ridotte allo strettissimo indispensabile, non dovranno scemare possibilmente in nulla codeste ragioni intrinseche ed estrinseche di allettamento artistico. 5. Saranno considerate per monumenti, e trattate come tali, quelle aggiunte o modificazioni che in diverse epoche fossero state introdotte nelledificio primitivo, salvo il caso in cui, avendo unimportanza artistica e storica manifestamente minore delledificio stesso e nel medesimo tempo svisando e mascherando alcune parti notevoli di esso, si ha da consigliare la remozione o la distruzione di tali modificazioni od aggiunte. In tutti i casi nei quali sia possibile, o ne valga la spesa, le opere di cui si parla verranno serbate, o nel loro insieme o in alcune parti essenziali, possibilmente accanto al monumento da cui furono rimosse.
* Voto sul restauro dei monumenti del IV Congresso degli ingegneri ed architetti italiani, Roma, 1883, ora in BOITO, Camillo, Il nuovo e lantico in architettura, a cura di M. A. Crippa, Milano, Jaca Book, 1989, pp. 124-126. 32

6. Dovranno eseguirsi, innanzi di por mano ad opere anche piccole di riparazione o di restauro, le fotografie del monumento, poi di mano in mano le fotografie dei principali stati del lavoro, e finalmente le fotografie del lavoro compiuto. Questa serie di fotografie sar trasmessa al Ministero della Pubblica Istruzione insieme coi disegni delle piante, degli alzati e dei dettagli e, occorrendo, cogli acquarelli colorati, ove figurino con evidente chiarezza tutte le opere conservate, consolidate, rifatte, rinnovate, modificate, rimosse o distrutte. Un resoconto preciso e metodico delle ragioni e dei procedimenti delle opere e delle variazioni di ogni specie accompagner i disegni e le fotografie. Una copia di tutti i documenti ora indicati dovr rimanere depositata presso le fabbricerie delle chiese restaurate, o presso lufficio incaricato della custodia del monumento restaurato. 7. Una lapide da infiggere nel monumento restaurato ricorder la data e le opere principali del restauro.

33

Camillo Boito I restauri in architettura (1893)*

Si potrebbe a questo nostro dialogo piantare in testa per epigrafe una sentenza chinese: Vergogna ingannare i contemporanei; vergogna anche maggiore ingannare i posteri. Davvero? A me pare invece che il sommo dellabilit nel restaurare un vecchio monumento consista per lappunto nellacconciarlo cos che il nuovo sembri antico; sicch antico e nuovo si confondano insieme. Mi rammento le definizione del Viollet-le-Duc.... Lasciamo stare i Francesi. E chi vuol ella citare, se non cita il grande storico e legislatore francese dellarchitettura, accolto per tale anche negli altri paesi, massime in Italia? Restaurer un difice cest le rtablir dans un tat complet, qui peut navoir jamais exist un moment donn. Egli segu questa massima ne suoi restauri delle mura di Cargassona, del castello di Pierrefonds, daltri insigni monumenti, e fu lodato a cielo. Lasciamo stare i Francesi, le torno a dire. In questi ultimi dieci o dodici anni la teoria sui restauri ha mutato faccia. V forse qualcosa che goda della lode di tutti, e che non muti faccia ai giorni nostri? Il punto sta nellavere tanto acume e cosi larga dottrina da poter fare come il Viollet-le-Duc, quando aveva per le mani un monumento: mettersi nei panni del vecchio architetto, immaginando che cosa il valentuomo farebbe se, tornato oggi in questa terra mortale, gli fosse posto sul conto del suo edificio il nuovo problema di compimento o di restauro. Supposer ce quil ferait, si, revenant au monde.... Evocare lo spirito di Bramante, di Arnolfo, dei maestri comacini, dei monaci del medio evo, di cento altri artefici, le sembra poco? Rivivere nel loro tempo, nel loro animo, nel loro genio! Inviscerarsi le loro virt, e anche i loro difetti! I difetti, no, pare, giacch il Viollet-le-Duc tirava a correggere. Ella si ricorda forse della grossa battaglia architettonica per gli archi arrampicanti o sproni volanti, come qualcuno li chiama, della cattedrale di Evreux. Ce nerano due sovrapposti: ne venne fatto uno solo in ciascun valico, mutando forma ai contrafforti, ai pinnacoli, alle guglie; e il rapporto ufficiale del suo venerato legislatore diceva: Il serait puril de reproduire une disposition minemment vicieuse. naturale. Nel cacciare forzatamente lo spirito dellarchitetto antico entro la testa dellarchitetto moderno, quello si adatta alle circonvoluzioni del cervello nuovo, ed il parto non riesce pi n antico n moderno. Ma vuole che gliela spifferi? Quando i restauri sono condotti con la teoria del signor Violletle-Duc, la quale si pu dire la teoria romantica del restauro, e fino a ier laltro era universale, e tuttavia seguita da molti, anzi dai pi anche in Italia, io preferisco i restauri mal fatti ai restauri fatti bene. Mentre quelli, in grazia della benefica ignoranza, mi lasciano chiaramente distinguere la parte antica dalla parte moderna, questi, con ammirabile scienza ed astuzia facendo parere antico il nuovo, mi mettono in una s fiera perplessit di giudizio, che il diletto di contemplare il monumento sparisce, e lo studiarlo diventa una fatica fastidiosissima. Oh questa bella! Meglio dunque un asino di restauratore che un restauratore sapiente!. Senta. Mesi addietro mi fermai in una cittaduzza, dove non ero mai stato, per vedere una chiesa del milledugento, di quelle a piccoli ordini di colonne sovrapposti nella facciata, a capitelli pieni di mostri e fregi pieni di meandri. Avevo lalbo e la matita. La prima impressione, ad una certa distanza, fu buona; ma poi, esaminando, mi principiarono a nascere mille dubbi e sospetti. Ledificio era stato restaurato tanto sublimemente che non si distingueva il vecchio dal nuovo: gli stessi materiali, lo stesso
BOITO, Camillo, I restauri in architettura. Dialogo primo, in Questioni pratiche di Belle Arti, Milano, Hoepli, 1893, ora in BOITO, Camillo, Il nuovo e lantico in architettura, a cura di M. A. Crippa, Milano, Jaca Book,1989, pp. 107-126. 34
*

scarpello, la medesima tinta veneranda dei secoli. Vedo una mensola molto bizzarra, e comincio a fame lo schizzo; avevo lanimo inquieto; mi faccio dare una scala a piuoli, salgo fino in cima, tocco, picchio, gratto, raspo: era roba moderna. Il problema chio dovevo mettermi innanzi a ogni tratto era questo: vedo io una cosa del milledugento o di questi ultimi anni? Non cerano vecchi disegni, non cerano vecchie fotografie. I sagrestani, giovani, non avevano visto nulla; il prete, decrepito, non si ricordava di niente. Cacciai lalbo e la matita in tasca, e me ne andai difilato alla stazione per aspettare il treno che mi portasse via, maledicendo alleccellenza del restauratore, e dandogli a tutto pasto del bugiardo, del truffatore, del falsario, del... [] Altro un libro scritto sulle tavolette o sulla carta pecora, altro un monumento di marmi, di pietre e di mattoni. Se dentro a un tempio barocco giace una basilica cristiana, lo si sa, in nome di Dio, o il caso, presto o tardi, lo svela. N io approvo i restauratori barocchi; anzi affermo che chi li volesse oggi imitare sarebbe un bel matto, Solo biasimo e abomino ancora pi i restauratori romantici. Ripiglio il suo paragone: il monumento dunque un libro, che io intendo di leggere senza riduzioni, aggiunte o rimaneggiamenti. Voglio sentirmi ben sicuro che tutto ci che vi sta scritto usc dalla penna o dallo stile dellautore. Maledico allOssian del Cesarotti; e come caccierei volentieri in galera il falsificatore di vecchie medaglie, cos vi manderei a marcire i falsificatori dun vecchio edificio o di una parte di vecchio edificio. Quanti non sono stati in questo ultimo mezzo secolo i restauratori, i quali fecero in architettura qualcosa di simile alla medaglia bugiarda e famosa di Cesare col veni vidi vici, o di Menelao col cavallo troiano? Occorrerebbe che qualcuno si desse oramai per i restauri architettonici la briga che per le medaglie contraffatte o falsificate si diedero il Sestini, il Beauvais ed altri. Invoco un trattato sulla Menzogna architettonica, ovvero sulla Maniera di discernere in architettura le falsificazioni e contraffazioni dellantico. In una parola, ella vuole conservare, non restaurare. Ella dice bene: conservare, non restaurare. Per, avverta, la distinzione fra le due parole, che a primo tratto sembra evidente e facilmente attuabile, nella realt delle cose simbroglia. In generale noi, che ragioniamo dellarte, facciamo come quel zoccolante, il quale predicava bene e razzolava male; ma in nessuna cosa forse tanto difficile l'operare e tanto facile il ragionare quanto in ci che si riferisce al restauro [...]. Innanzi di venire a tante rinnovazioni, potevano forse tentare qualche ingegnoso espediente. Forse, per esempio, rifatto a nuovo il nucleo dei capitelli, sarebbe diventato possibile rimettere intorno ad esso i pezzi esterni dei capitelli antichi, con i loro fogliami e con le loro figurette ammirabili. S? E crede lei che codeste parti vecchie di capitelli gi spezzati e sgretolati, ridotte, come ella vorrebbe, ad una sottile impiallacciatura, non si sarebbero, dopo qualche anno, disciolte in polvere? Una volta distrutte, chi le avrebbe ammirate pi? Non stato meglio riprodurle appuntino, e sostituire i capitelli nuovi ai capitelli irreparabilmente spaccati, serbando questi in una sala l accanto, dove gli studiosi presenti e futuri potranno ricercarli a loro bellagio? Si fa quel che si pu a questo mondo; ma nemmeno per i monumenti s scoperta sinora la Fontaine de jouvence. Chi lo sa? Pu darsi che un poco dellacqua magica della Fontana di giovent, la quale, nelle fantasie calde del medio evo, ridonava ai vecchi decrepiti la forza e la baldanza giovanile, si possa, anche per i monumenti, ritrovare nei prodigi della chimica; e qualcosa s oramai trovato. Per non nego che l'amore dellantico diventi alle volte, segnatamente nei giovani, una passione piena di esagerazioni e degoismo; ma gli eccessi medesimi, alla stretta dei conti, recano il loro profitto. Alcuni anni fa, una cinquantina di pittori, scultori e architetti, fra i quali il Favretto ed altri valenti, fecero formale adesione ad un opuscolo sullAvvenire dei monumenti in Venezia, scritto con fuoco, ricco di voli poetici e insieme di sottili avvertenze, nel quale si legge: Non cilludiamo, impossibile, impossibile come far rialzare un morto, il restaurar cosa qualsiasi, che fu grande e bella in architettura... Ci si opporr: pu venire la necessit di restaurare. Accordiamo. Guardisi bene in faccia a tale necessit e intendasi cosa significhi. la necessit di distruggere. Accettatela come tale,
35

gettate gi ledificio, disperdetene le pietre, fate di esse zavorra o calce, se volete; ma fate ci onestamente, e non ponete una menzogna al posto del vero. Come la chiama ella questa teoria molto semplice?. Non saprei; la direi forse del pittoresco. Ma, data la premessa, spietatamente logica. Non potendo serbare incolume il monumento, accopparlo, o lasciarlo, senza nessun farmaco, spirare di consunzione, di cancrena o di carie. Il busilli sta in questo, che la societ civile non si persuader mai di farsi complice in simili delitti, come non abolir mai n i medici n i chirurghi. Ora, larte del restauratore somiglia a quella del chirurgo. Sarebbe meglio, chi non lo vede? che il fragile corpo umano non avesse mai bisogno di sonde, di bisturi e di coltello; ma non tutti credono che sia meglio veder morire il parente o lamico piuttosto che fargli tagliare un dito o portare una gamba di legno. Tutto si riduce dunque, secondo lei, a tenere il monumento, in piedi, assicurandogli una lunga vita con i rincalzi, che la scienza e la pratica suggeriscono. Ogni altra opera diventa un falso in monumento pubblico. Sicuro. Con la teoria del Viollet-le-Duc non c sapienza, non c ingegno, che valgano a salvar dagli arbitrii; e larbitrio una bugia, una falsificazione; una trappola tesa ai posteri e spesso anche ai contemporanei []. Noi siamo andati via via accostandoci luno all'altro, sicch ora possiamo, io spero, metterci daccordo, nelle due brevi sentenze, con le quali colui che tiene in mano i fili per farci gesticolare e parlare, concludeva la conferenza tenuta da esso nel giugno del 1884 a Torino durante la esposizione nazionale: 1. bisogna fare limpossibile, bisogna fare miracoli per conservare al monumento il suo vecchio aspetto artistico e pittoresco; 2. Bisogna che i compimenti, se sono indispensabili, e le aggiunte, se non si possono scansare, mostrino, non di essere opere antiche, ma di essere opere doggi. Quasi quasi ci sto. E questi precetti glieli replico in versi, se vuole, come gli antichi Greci facevano delle leggi, che il banditore cantava; ma prometta di non canzonarmi: Serbare io devo ai vecchi monumenti Laspetto venerando e pittoresco; E se a scansare aggiunte o compimenti Con tutto il buon volere non riesco, Fare devo cos che ognun discerna Esser lopera mia tutta moderna. [...] Ella, da uomo prudente, mette avanti le mani per non battere il naso in terra, se incespica. Per mi lasci dire come, secondo le sue opinioni, qui non si tratti darte, ma di sola archeologia, aiutata non dalla immaginazione, visto che ella esclude ogni svolgimento e persino, potendo, ogni compimento od aggiunta, bens aiutata, ove occorra, dalla sagace scienza e pratica del costruttore modesto, il quale si contenti di tener in piedi, e di consolidare, per amore dei nepoti, il vecchio edificio. Eppure larte ci entra, volere o non volere. Per attendere alla conservazione di un monumento abbisognano le mille cure sollecite e delicate dellamore infiammato o dellardente carit, come ai malati lassistenza di una sposa o di una suora. Vuol ella trovare codeste virt nel petto di un ingegnere o dun capomaestro? Non le sembra che sia necessario il fervido animo dellartista? Ma mi lasci fare il pedante. Separer, sminuzzer, lambiccher, adoprer numeri, staffe, parentesi: sar ineffabilmente noioso. E, per cominciare, avverto come nei monumenti architettonici prevalga ora luna, ora laltra delle seguenti tre qualit: limportanza archeologica, lapparenza pittoresca, la bellezza architettonica. Perci, lecito distinguere larte del restauro in
36

Restauro archeologico (Antichit) Restauro pittorico (Medio evo) Restauro architettonico (Rinascimento, ecc.). [...] Il monumento dellantichit greca, etrusca, romana e via via, ha in ogni sua parte una importanza intrinseca, la quale risiede proprio in ciascuno dei pezzi di cui si compone o si componeva. Bisogna dunque negli scavi notare la posizione assoluta e la posizione relativa di ogni frammento; serbare i fedeli disegni, la scrupolosissima storia delle escavazioni e dei ritrovamenti; esaminare minutamente ad una ad una ogni membratura, starei per dire ogni scaglia. Non c rudero che non possa diventare essenziale allo studio delledificio, o preziosa indicazione per ricomporlo in tutto od in parte. Mi stupisce chella parli di ricomposizione. Il ricomporre non forse un arbitrio? Non conviene serbare le rovine come si sono trovate, senza impancarsi a rimetterle insieme?. Certo, se mancano i dati sicurissimi per poterlo fare. Ma quando ella trova sul muro di fondamento le basi delle colonne al loro posto, e accanto i rocchi dei fusti, e di qua i capitelli e di l gli architravi, e i pezzi di fregio e pezzi di cornice, perch non dovr tirare in piedi lordine e goderselo intiero? E se nelle muraglie massicce, sotto alle volte rotte, si scorge la traccia non dubbia delle decorazioni architettoniche, perch non si potranno rimettere al loro luogo quegli ornati e quei rivestimenti, gi caduti a terra? Ella, per esempio, trova i brani dun libro latino o greco; li legge, li medita; saccorge che compongono lopera intiera o qualche capitolo di essa, e li riordina, e li ricopia lun sotto laltro, astenendosi dallaggiungere di suo capo una sola parola, e, dove riscontra una lacuna, mette i puntini o inserisce una nota, sinceramente, modestamente, da uomo che non ama altro che il vero. Chi la potr biasimare? [...] Oh se si potesse affermare il medesimo sul conto della seconda categoria di restauri, quelli da lei chiamati pittorici o degli,edifici del medio evo! Quante castronerie, quante bestialit! La mente corre a Venezia, alla basilica di San Marco, di cui ella, profetando, mi dipinse le future rovine, preferibili ai restauri che vi stanno facendo. Dica che vi furono fatti e che ora, per quanto si pu, si correggono; e gli errori di prima devono imputarsi non allignoranza, ma al metodo. Accolto il metodo, sembravano eccellenti; sicch il Violletle-Duc e tanti altri li lodarono senza restrizione. Me ne rammento. E i cacciatori di contraddizioni.... Avrebbero buon giuoco, lo so. Ma quel che pi importa al nostro ragionamento il considerare la maniera seguita nel ricostruire le murature interne e gli archi e le volte, l dove minacciavano di cascar gi, e nel riappiccare poi solidamente alla ferma ossatura le lastre dei marmi variopinti, le fascie a meandri, gli archivolti a fogliami, gli ornati dogni sorta, i musaici, sicch laspetto di prima non apparisce menomamente mutato, e la gente che guarda sogghigna e brontola, senza volerlo, il massimo elogio al restauratore: Valeva proprio la spesa di tenere in piedi cos a lungo i ponti e gli assiti, per poi levarli senzaver fatto nulla!. Lo scheletro si fortifica, lasciando intatta la pelle con la sua polpa sotto e i suoi muscoli: la pelle abbrunita dal sole, corrugata dalle intemperie, screpolata qua e l e piena di ferite, e non di meno pi seducente di qualsivoglia pelle morbida e rosea di bella dama. E come fanno?. Con quellaffetto di sposa e carit di suora, di cui le parlavo. Gi chiamano in aiuto la chimica, provando lazione dei fluosilicati sui marmi, adoperando lossicloruro di zinco per le stuccature, tentando luso della vaselina, un carburo didrogeno, per trattenere la malefica influenza della salsedine. Guardiamoci, per carit, dalle illusioni, tanto facili in queste prove, che richiedono animo calmo, innumerevoli esperimenti e tempo lunghissimo; guardiamoci dallesagerare. A sentir lei si tocca la perfezione.
37

Perfezione, chi lo dice? E vi pu essere perfezione in unopera tanto spaventosamente ardua quant quella del rafforzare un corpo cosi ammirabile fuori e cos logoro dentro? Il restaurare un travaglio che consuma il cervello e che non lascia mai lanimo in pace. La grande impresa si compone dinfinite piccolezze, le quali, alla lunga, opprimono; e poi bisogna tenersi in preciso bilico tra le esigenze archeologiche e le pittoriche, tra quelle della statica e quelle dellestetica [...]. E la terza categoria ce la dimentichiamo? Quella dei restauri propriamente architettonici, o degli edifici dal rinascimento in poi. Volevo dirle come in questi, che furono alzati in secoli prossimi al nostro, e che sopra tutto mostrano un organismo compiuto, pi facile a intendersi da noi e ad imitarsi dallarte odierna, i pezzi ad uno ad uno, salvo le eccezioni, scemino di valore archeologico e storico. Basta forse un semplice segno, un semplice ricordo, per indicare i rifacimenti; ma qui pure i compimenti e le rinnovazioni shanno a fuggire. Non tanto per che debba giudicarsi una truffa architettonica il sostituire alle membrature mancanti o troppo guaste membrature nuove nello stesso materiale e con la medesima lavoratura delle vecchie, sicch, non guardando molto per il sottile, possano avere aspetto di originali. Con due esempi io spero indicarle i limiti ne quali, a mio giudizio, dovrebbe mantenersi codesta libert di restauro. Cerchiamoli a Milano. Ella conosce il palazzo Marino, nel quale ha sede la rappresentanza comunale, uno dei pi robusti lavori del libero genio dellAlessi. Passando dalla piana della Scala, ci si stupiva dianzi nel vedere che la ricca citt lombarda tollerasse quellimmensa muraglia delledificio, tutta bucata da finestre irregolari, storpia, rozza, miserabile, indecente. A quella muraglia stette per lunghi anni appoggiato un intiero gruppo di case; ma il piano terreno e gli angoli mostravamo gli scompartimenti verticali ed orizzontali dellarchitettura, simili in tutto alla nobile fronte, che guarda la statua di Alessandro Manzoni. Ora il Consiglio comunale, mentre avrebbe errato nel volere. impresso alla futura facciata il carattere di palazzo pubblico aggiungendovi concetti di cui non lasci veruna traccia lAlessi, deliber allincontro, con molta ragione, che sulle orme della vecchia la novella fronte venisse scrupolosamente tirata su. Fin qui dunque riesce lecito inoltrarsi, senza neppure offendere la religione di quegli artisti, che adorano nel monumento un feticcio; ma nel procedere pi in l bisogna andare con i piedi di piombo [...]. E quali norme direttive si potrebbero stabilire nei differenti casi?. Prevederli tutti, abbracciarli tutti in una legge riesce impossibile. Non materia da regolamenti. Si pu affermare, in generale, che il monumento ha demone stratificazioni, come la crosta terrestre, e che tutte, dalIa profondissima alla superficiale, posseggono il loro valore e devonsi rispettare, Si pu aggiungere, mon di meno, che le cose pi vecchie sono, sempre in generale, pi venerabili e pi importanti delle meno vecchie; ma che, quando queste ultime appaiono pi belle delle altre, bellezza pu vincere vecchiaia. Ora il misurare la bellezza rispetto alla vecchiaia, e la vecchiaia rispetto alla bellezza, affare delicato; e ci vogliono buoni occhi, buon criterio, buona esperienza, buona bilancia e molta buona volont di pesar tutto, anche gli scrupoli, con animo spassionato e disinteressato. La vanit e lambizione del restauratore diventano anche pi funeste al monumento di quello che possano riescire lavidit e lavarizia. Questo sintende. Il ben restaurare pu chiamarsi una annegazione di s in faccia al passato. Quanto pi lartista doggi si inchina, singinocchia, si annichila di contro al monumento, tanto meglio compie il dover suo. Il giorno in cui, rizzandosi e sollevando l fronte, esclama: Ci sono anchio! quel giorno il vecchio edificio trema.

38

Carta di Atene (1931)*

I. La Conferenza, convinta che la conservazione del patrimonio artistico ed archeologico dellumanit interessi tutti gli Stati tutori della civilt, augura che gli Stati si prestino reciprocamente una collaborazione sempre pi estesa e concreta per favorire la conservazione dei monumenti darte e di storia; ritiene altamente desiderabile che le istituzioni e i gruppi qualificati, senza menomamente intaccare il diritto pubblico internazionale, possano manifestare il loro interessamento per la salvaguardia dei capolavori in cui la civilt ha trovato la sua pi alta espressione e che appaiano minacciati; emette il voto che le richieste a questo effetto, siano sottomesse alla organizzazione della cooperazione intellettuale, dopo inchieste fatte dallUfficio internazionale dei musei e benevola attenzione dei singoli Stati. Apparterr alla Commissione Internazionale della cooperazione intellettuale, dopo inchieste fatte dallUfficio internazionale dei musei e dopo aver raccolto dai suoi organi locali le informazioni utili, di pronunciarsi sulla opportunit di passi da compiere e sulla procedura da seguire in ogni caso particolare. II. La Conferenza ha inteso la esposizione dei principi generali e delle dottrine concernenti la protezione dei monumenti. Essa constata che, pur nella diversit dei casi speciali a cui possono rispondere particolari soluzioni, predomina nei vari Stati rappresentati una tendenza generale ad abbandonare le restituzioni integrali e ad evitarne i rischi mediante la istituzione di manutenzioni regolari e permanenti atte ad assicurare la conservazione degli edifici. Nel caso in cui un restauro appaia indispensabile in seguito a degradazioni o distruzioni, raccomanda di rispettare lopera storica ed artistica del passato, senza proscrivere lo stile di alcuna epoca. La Conferenza raccomanda di mantenere quando sia possibile, loccupazione dei monumenti che ne assicura la continuit vitale, purch tuttavia la moderna destinazione sia tale da rispettarne il carattere storico ed artistico. III. La Conferenza ha inteso la esposizione delle legislazioni aventi per scopo nelle differenti nazioni, la protezione dei monumenti dinteresse storico, artistico o scientifico; ed ha unanimemente approvato la tendenza generale che consacra in questa materia un diritto della collettivit contro linteresse privato. Essa ha constatato come la differenza tra queste legislazioni provenga dalla difficolt di conciliare il diritto pubblico col diritto dei particolari; ed, in conseguenza, pur approvandone la tendenza generale, stima che debbano essere appropriate alle circostanze locali ed allo stato dellopinione pubblica, in modo da incontrare le minori opposizioni possibili e di tener conto dei sacrifici che i proprietari subiscono nellinteresse generale. Essa emette il voto che in ogni Stato la pubblica autorit sia investita dal potere di prendere misure conservative nei casi durgenza. Essa augura infine che lUfficio internazionale dei musei pubblici tenga a giorno una raccolta ed un elenco comparato delle legislazioni vigenti nei differenti Stati su questo soggetto.
* Carta di Atene, in La conservation des monuments dart et dhistoire - Conclusions de la conference dAthenes, Paris, Institut de Coopration Intellectuelle, 1933, ora in CARBONARA, Giovanni, Avvicinamento al restauro. Teoria, storia, monumenti, Napoli, Liguori, 1997, pp. 648-651. 39

IV. La Conferenza constata con soddisfazione che i principi e le tecniche esposte nelle differenti comunicazioni particolari si ispirano ad una comune tendenza, cio: Quando si tratta di rovine, una conservazione scrupolosa simpone e, quando le condizioni lo permettono, opera felice il rimettere in posa gli elementi originali ritrovati (anastilosi); ed i materiali nuovi necessari a questo scopo dovranno sempre essere riconoscibili. Quando invece la conservazione di rovine messe in luce da uno scavo fosse riconosciuta impossibile, sia consigliabile, piuttosto che votarle alla distruzione, di seppellirle nuovamente, dopo, beninteso averne preso precisi rilievi. ben evidente che la tecnica dello scavo e la conservazione dei resti impongano la stretta collaborazione tra larcheologo e larchitetto. Quanto agli altri monumenti, gli esperti riconoscendo che ogni caso si presenta con caratteri specifici, si sono trovati daccordo nel consigliare, prima di ogni opera di consolidamento o di parziale restauro, una indagine scrupolosa delle malattie a cui occorre portare rimedio. V. Gli esperti hanno inteso varie comunicazioni relative allimpiego di materiali moderni per il consolidamento degli antichi edifici; ed approvano limpiego giudizioso di tutte le risorse della tecnica moderna, e pi specialmente del cemento armato. Essi esprimono il parere che ordinariamente questi mezzi di rinforzo debbano essere dissimulati per non alterare laspetto ed il carattere delledificio da restaurare; e ne raccomandano limpiego specialmente nei casi in cui essi permettono di conservare gli elementi in situ evitando i rischi della disfattura e della ricostruzione. VI. La Conferenza constata che nelle condizioni della vita moderna i monumenti del mondo intero si trovano sempre pi minacciati dagli agenti esterni; e, pur non potendo formulare regole generali che si adattino alla complessit dei casi, raccomanda: 1) la collaborazione in ogni Paese dei conservatori dei monumenti e degli architetti coi rappresentanti delle scienze fisiche, chimiche, naturali per raggiungere risultati sicuri di sempre maggiori applicazioni; 2) la diffusione, da parte dellUfficio internazionale dei musei, di tali risultati, mediante notizie sui lavori intrapresi nei vari paesi, e le regolari pubblicazioni. La Conferenza, nei riguardi della conservazione della scultura monumentale, considera che lasportazione delle opere dal quadro pel quale furono create come principio da ritenersi inopportuna. Essa raccomanda a titolo di precauzione, la conservazione dei modelli originali quando ancora esistono, e lesecuzione di calchi quando essi mancano. VII. La Conferenza raccomanda di rispettare nella costruzione degli edifici il carattere e la fisionomia della citt, specialmente nelle prossimit di monumenti antichi, per i quali lambiente deve essere oggetto di cure particolari. Uguale rispetto deve aversi per talune prospettive particolarmente pittoresche. Oggetto di studio possono anche essere le piantagioni e le ornamentazioni vegetali adatte a certi monumenti o gruppi di monumenti per conservare lantico carattere. Essa raccomanda soprattutto la soppressione di ogni pubblicit, di ogni sovrapposizione abusiva di pali e fili telegrafici, di ogni industria rumorosa ed invadente, in prossimit dei monumenti darte e di storia. VIII. La Conferenza emette il voto: 1) che i vari Stati ovvero le istituzioni in essi create o riconosciute competenti a questo fine, pubblichino un inventario dei monumenti storici nazionali accompagnato da fotografie e da notizie;
40

2) che ogni Stato crei un archivio, ove siano conservati i documenti relativi ai propri monumenti storici; 3) che lUfficio internazionale dei musei dedichi nelle sue pubblicazioni alcuni articoli ai procedimenti ed ai metodi di conservazione dei monumenti storici; 4) che lUfficio stesso studi la migliore diffusione ed utilizzazione delle indicazioni e dei dati architettonici, storici e tecnici cos centralizzati. IX. I membri della Conferenza, dopo aver visitato, nel corso dei loro lavori e della crociera di studio eseguita, alcuni dei principali campi di scavo e dei monumenti antichi della Grecia, sono stati unanimi nel rendere omaggio al Governo ellenico, che da lunghi anni, mentre ha assicurato esso stesso lattuazione di lavori considerevoli, ha accettato la collaborazione degli archeologi e degli specialisti di tutti i Paesi. Essi hanno in ci veduto un esempio che non pu che contribuire alla realizzazione degli scopi di cooperazione intellettuale, di cui apparsa cos viva la necessit nel corso dei loro lavori. X. La Conferenza profondamente convinta che la migliore garanzia di conservazione dei monumenti e delle opere darte venga dallaffetto e dal rispetto del popolo, e considerando che questi sentimenti possono essere assai favoriti da una azione appropriata dei pubblici poteri, emette il voto che gli educatori volgano ogni cura ad abituare linfanzia e la giovinezza ad astenersi da ogni atto che possa degradare i monumenti e le inducano ad intenderne il significato e ad interessarsi, pi in generale, alla protezione delle testimonianze dogni civilt.

41

Carta del restauro italiana (1931)*

Il Consiglio Superiore per le Antichit e Belle Arti, portando il suo studio sulle norme che debbono reggere il restauro dei monumenti, il quale in Italia si eleva al grado di una grande questione nazionale, edotto della necessit di mantenere e di perfezionare sempre pi il primato incontestabile che in tale attivit, fatta di scienza, di arte e di tecnica, il nostro paese detiene; convinto della multipla e gravissima responsabilit che ogni opera di restauro coinvolge (sia che si accompagni o no a quella dello scavo); con lassicurare la stabilit di elementi fatiscenti; col conservare o riportare il monumento a funzione darte; col porre le mani su di un complesso di documenti di storia ed arte tradotti in pietra, non meno preziosi di quelli che si conservano nei musei o negli archivi; col consentire studi analitici che possono avere per risultato nuove impreviste determinazioni nella storia dellarte e della costruzione; convinto perci che nessuna ragione di fretta, di utilit pratica, di personale suscettibilit possa imporre in tale tema manifestazioni che non siano perfette, che non abbiano un controllo continuo e sicuro, che non corrispondano ad una bene affermata unit di criteri, e stabilendo come evidente che tali princpi debbano applicarsi sia ai restauri eseguiti dai privati, sia a quelli dei pubblici enti, a cominciare dalle stesse Soprintendenze preposte alla conservazione e alla indagine dei monumenti; considerando che nellopera di restauro debbano unirsi ma non elidersi, neanche in parte, vari criteri di diverso ordine; cio le ragioni storiche che non vogliono cancellata nessuna delle fasi attraverso cui si composto il monumento, n falsata la sua conoscenza con aggiunte che inducano in errore gli studiosi, n disperso il materiale che le ricerche analitiche pongono in luce; il concetto architettonico che intende riportare il monumento ad una funzione darte, e, quando sia possibile, ad una unit di linea (da non confondersi con lunit di stile); il criterio che deriva dal sentimento stesso dei cittadini, dallo spirito della citt, con i suoi ricordi e le sue nostalgie; e infine, quello spesso indispensabile che fa capo alle necessit amministrative attinenti ai mezzi e alla pratica utilizzazione; ritiene che dopo oltre un trentennio di attivit in questo campo, svoltasi nel suo complesso con risultati magnifici, si possa e si debba trarre da questi risultati un complesso di insegnamenti concreti a convalidare e precisare una teoria del restauro ormai stabilita con continuit nei deliberati del Consiglio superiore e nello indirizzo seguito dalla maggior parte delle Soprintendenze alle Antichit e allArte medioevale e moderna e di questa teoria controllata dalla pratica, enuncia i principi essenziali. Esso afferma pertanto: 1) che al di sopra di ogni altro intento debba la massima importanza attribuirsi alle cure assidue di manutenzione e alle opere di consolidamento, volte a dare nuovamente al monumento la resistenza e la durevolezza tolta dalle menomazioni o dalle disgregazioni; 2) che il problema del ripristino mosso dalle ragioni dellarte e dellunit architettonica strettamente congiunte col criterio storico, possa porsi solo quando si basi su dati assolutamente certi forniti dal monumento da ripristinare e non su ipotesi, su elementi in grande prevalenza esistenti anzich su elementi prevalentemente nuovi; 3) che nei monumenti lontani ormai dai nostri usi e dalla nostra civilt, come sono i monumenti antichi debba ordinariamente escludersi ogni completamento, e solo sia da considerarsi lanastilosi, cio la ricomposizione di esistenti parti smembrate con laggiunta eventuale di quegli elementi neutri
* Carta del restauro italiana, Consiglio Superiore per le Antichit e Belle Arti, dicembre 1931, ora in CARBONARA, Giovanni, Avvicinamento al restauro. Teoria, storia, monumenti, Napoli, Liguori, 1997, pp. 651-654. 42

che rappresentino il minimo necessario per integrare la linea e assicurare le condizioni di conservazione; 4) che nei monumenti che possono dirsi viventi siano ammesse solo quelle utilizzazioni non troppo lontane dalle destinazioni primitive, tali da non recare negli adattamenti necessari alterazioni essenziali alledificio; 5) che siano conservati tutti gli elementi aventi un carattere darte o di storico ricordo, a qualunque tempo appartengano, senza che il desiderio dellunit stilistica, e del ritorno alla primitiva forma, intervenga ad escluderne alcuni a detrimento di altri; e solo possano eliminarsi quelli, come le murature di finestre e di intercolumni di portici che, privi di importanza e di significato, rappresentino deturpamenti inutili; ma che il giudizio su tali valori relativi e sulle corrispondenti eliminazioni debba in ogni caso essere accuratamente vagliato, e non rimesso ad un giudizio personale dellautore di un progetto di restauro; 6) che insieme col rispetto pel monumento e per le sue varie fasi proceda quello delle sue condizioni ambientali, le quali non debbono essere alterate da inopportuni isolamenti, da costruzioni di nuove fabbriche prossime invadenti per massa, per colore, per stile; 7) che nelle aggiunte che si dimostrassero necessarie, o per raggiungere lo scopo di una reintegrazione totale o parziale, o per la pratica utilizzazione del monumento, il criterio essenziale da seguirsi debba essere, oltre a quello di limitare tali elementi nuovi al minimo possibile, anche quello di dare ad essi un carattere di nuda semplicit e di rispondenza allo schema costruttivo; e che solo possa ammettersi in stile similare la continuazione di linee esistenti nei casi in cui si tratti di espressioni geometriche prive di individualit decorativa; 8) che in ogni caso debbano siffatte aggiunte essere accuratamente ed evidentemente designate o con limpiego di materiale diverso dal primitivo, o con ladozione di cornici di inviluppo, semplici e prive di intagli, o con lapplicazione di sigle o di epigrafi, per modo che mai un restauro eseguito possa trarre in inganno gli studiosi e rappresentare una falsificazione di un documento storico; 9) che allo scopo di rinforzare la compagine stanca di un monumento e di reintegrare la massa, tutti i mezzi costruttivi modernissimi possano recare ausili preziosi e sia opportuno valersene quando ladozione di mezzi costruttivi analoghi agli antichi non raggiunga lo scopo; e che del pari, i sussidi sperimentali delle varie scienze debbano essere chiamati a contributo per tutti gli altri temi minuti e complessi di conservazione delle strutture fatiscenti, nei quali ormai i procedimenti empirici debbono cedere il campo a quelli rigidamente scientifici; 10) che negli scavi e nelle esplorazioni che rimettono in luce antiche opere, il lavoro di liberazione debba essere metodicamente e immediatamente seguito dalla sistemazione dei ruderi e dalla stabile protezione di quelle opere darte rinvenute, che possano conservarsi in situ; 11) che come nello scavo, cos nel restauro dei monumenti sia condizione essenziale e tassativa che una documentazione precisa accompagni i lavori mediante relazioni analitiche raccolte in un giornale del restauro e illustrate da disegni e da fotografie, sicch tutti gli elementi determinati nella struttura e nella forma del monumento, tutte le fasi delle opere di ricomposizione, di liberazione, di completamento, risultino acquisiti in modo permanente e sicuro. Il Consiglio convinto infine che in temi cos ardui e complessi in cui ciascun monumento e ciascuna fase del suo restauro presentano quesiti singolari, laffermazione dei princpi generici debba essere completata e fecondata dallesame e dalla discussione sui casi specifici, esprime i seguenti voti: a) che il giudizio del Consiglio superiore sia sistematicamente richiesto prima dellinizio dei lavori per tutti i restauri di monumenti che escono dallordinaria attivit conservatrice, sia che detti restauri vengano promossi e curati da privati, o da pubblici enti o dalle stesse Sovraintendenze; b) che sia tenuto ogni anno in Roma un convegno amichevole (i cui atti potrebbero essere pubblicati nel Bollettino dArte del Ministero dellEducazione Nazionale) nel quale i singoli
43

Sovraintendenti espongano i casi e i problemi che loro si presentano per richiamare lattenzione dei colleghi, per esporre le proprie proposte di soluzione; c) che sia fatto obbligo della compilazione e della conservazione metodica dei suddetti giornali del restauro, e che possibilmente dei dati e delle notizie analitiche da quelli risultanti si curi la pubblicazione scientifica in modo analogo a quello degli scavi.

44

Istruzioni per il restauro dei monumenti (post 1938)*

La Carta del restauro, elaborata dal Consiglio Superiore delle Antichit e Belle Arti nel 1931 e rimasta allo stato di norma interna per lattivit dellAmministrazione, fu oggetto di esame e di discussione al I Convegno dei Soprintendenti, tenuto a Roma nel luglio del 38. In quel Convegno veniva anche proposta la creazione di un Istituto Centrale per il Restauro delle opere darte: e la prassi dellistituto assumendo ovviamente valore di esempio e di diretto concretamento pratico dei principi dordine generale con i quali lo Stato provvede, in questo settore del restauro, alla tutela del patrimonio artistico nazionale, ovvio che il fatto nuovo influisca, nel senso di una pi stretta unificazione dei criteri e di un pi preciso rigore normativo, sulla determinazione del testo della Carta del restauro. In quelloccasione infatti, riconoscendo linevitabilit di un aggiornamento, S.E. il Ministro disponeva che un nuovo testo venisse elaborato e dichiarava di voler dare alla carta del Restauro forza e valore di legge. Elaborandosi frattanto la nuova legge sulla tutela del patrimonio artistico, una nuova condizione e un nuovo sostegno legali si offrivano alla difficile enunciazione della Carta; la quale oggi, dopo lapprovazione e lentrata in vigore della nuova legge, pu pi organicamente articolarsi alla legge riformata in ordine ai pi moderni criteri giuridici e tecnici. Ad una prima revisione del testo attese una commissione ministeriale formata da S.E. Giovannoni, dal cons. naz. prof. Pace, dal gr. uff. prof. Lazzari, dal prof. Longhi, dal comm. La Feria, dallarch. Calzecchi e dallarch. prof. De Angelis. Tale commissione limit tuttavia, secondo il mandato ricevuto, il proprio lavoro alla determinazione dei principi tecnici e scientifici per il restauro dei monumenti. Ma per le ragioni anzidette, si determinava necessariamente lesigenza di unenunciazione unica per i monumenti e le opere darte: di unenunciazione, inoltre, che, corrispondendo ad una rigorosa unit di metodo, investisse al di l dei problemi particolari, un problema di carattere generale; poich il restauro non soltanto un procedimento tecnico, ma atto scientifico sul quale logicamente simmettono interessi di cultura, che trascendono i limiti di qualsiasi specializzazione. Perci nello schema ora elaborato sono prospettate esigenze che, a prima vista, possono sembrare esorbitanti rispetto al problema del restauro propriamente detto; ma non corrispondendo questo nel solo momento pratico della messa in opera di procedimenti tecnici conservativi e investendo invece tutto il problema relativo alla salvaguardia dei valori autentici di unopera darte, la formulazione stessa della Carta del restauro doveva necessariamente inglobare quanto pertinente a tale salvaguardia, anche se invece di implicare azione, esige astensione di azione. Lo stesso divieto, espresso dalla Carta, di ripristinare antichi monumenti o di costruire anche in zone libere da qualsiasi vincolo e prive dinteresse monumentale edifici in stile antichi non solo discende dalla convinzione che nessuna categoria stilistica esiste in astratto e che ogni nostra esperienza dellarte antica giudizio storico finito e perci intraducibile in pratiche imitazioni di fatti artistici finiti e irriproducibili, ma anche del concetto che il rigore critico per il quale e col quale si procede a un restauro esclude la possibilit di riammettere, sia pure in altri settori, una qualsiasi legittimit di falsificazioni: le quali anche se per loro grossolanit e imprecisione, non riescano a essere tali in rapporto alloggetto che vogliono imitare, riprodurre e evocare, tali son sempre, e con anche pi
* Istruzioni per il restauro dei monumenti, Direzione Generale delle Antichit e Belle Arti, post 1938, ora in CARBONARA, Giovanni, Avvicinamento al restauro. Teoria, storia, monumenti, Napoli, Liguori, 1997, pp. 651-654. 45

grave vergogna, nei riguardi della nostra coscienza storica, che ugualmente situa nel giudizio larte pi antica e la pi recente. Lampliamento del problema del restauro, che si detto investire unesigenza generale della cultura, e laffermazione della necessit di contenere gli interventi di restauro entro i limiti di una rigorosa conservazione portano di conseguenza che non soltanto lo Stato, ma tutti gli enti e gli stessi privati comunque interessati alla tutela del patrimonio artistico nazionale, devono provvedere, secondo le proprie possibilit e attivazioni, a garantire, con la pi attenta manutenzione e con la pi vigile ed attiva cura, la conservazione dei monumenti e delle opere darte: perch il primo e il miglior modo di restauro consiste certamente nel prevenire i deperimenti rimuovendone tutte le possibili cause. E questo un sistema di cooperazione che pu chiamarsi corporativo, in quanto, in un paese come il nostro, non v attivit pubblica e privata che non incontri direttamente o indirettamente questioni artistiche: le quali pertanto rappresentano un coefficiente fisso in ogni azione che sia storicamente legittima: lopera dello Stato non conclude o risolve il problema di una tutela artistica manovrata ed attiva, ma soltanto il fulcro e il principio di moto di un complesso di azioni la cui somma agisce in modo essenziale nella determinazione del livello della cultura nazionale. Si connette a questo principio, non meno che a quello, gi enunciato, che ogni imitazione piuttosto oltraggio che omaggio alla storia, il nuovo criterio dellarbitrariet della abusata traslazione dei monumenti: le quali rompono, nel modo pi brutale e manesco, la tradizione storica relativa al monumento, sconvolgendo la continuit delle documentazioni relative, sottraggono al monumento il dato di un ambiente necessario ed integrativo, lo inquadrano in uno spazio storico che nella migliore delle ipotesi insignificante e generico e nella peggiore contraddittorio, ed infine incidono, con linclusione di elementi antichi del tutto estranei, sulla chiarezza e la franchezza di soluzioni urbane che, per dignit di persone civili pi ancora che per rigore di storici, si vogliono schiettamente, lucidamente, integralmente moderne. Dalla necessit di eliminare, dal costume pi ancora che dalla prassi, ogni compromesso diretto a conciliare unantichit e una modernit, gi conciliate e concordi nel giudizio di chiunque sappia storicamente riflettere, dipende anche la dichiarata decadenza della presuntuosa intenzione di valorizzare i monumenti, come se essi non portassero in s tutto il loro valore, attraverso ambientazioni scenografiche o comunque generiche: le quali rappresentano soltanto una presentazione enfatica ed oratoria del tutto superflua, e quindi dannosa. In fatto di disposizioni di carattere particolare, lo schema ora presentato aggiunge al testo del 1931 soltanto un cenno relativo alla conservazione in situ degli elementi decorativi ritrovati nel corso degli scavi: i quali, per lesperienza dei casi recentissimi, sappiamo degradarsi gravemente subito dopo lo scavo, nonostante i provvedimenti pi attenti e pi tecnicamente adatti. Si ritiene infatti che il concetto dellintegrit del complesso non basti a giustificare il rischio di un pi rapido e irreparabile deperimento degli oggetti ritrovati; e che nessun conto possa farsi del vano sentimentalismo di voler rivivere, su quei documenti ben altrimenti significativi dal punto di vista storico, epoche e costumi remoti. Per questa coerenza e sistematicit tra i vari punti della carta si ritiene che essa, bench si riferisca ad argomento esclusivamente scientifico, possa essere materia di sana legislazione; e dar luogo ad un tempo alle pi ampie specificazioni dordine tecnico per la quotidiana attivit degli uffici artistici governativi. 1) Allo Stato, responsabile del patrimonio artistico nazionale, compete la direzione e il controllo di ogni attivit diretta alla tutela, alla conservazione e al restauro delle opere darte, siano esse di propriet pubblica o privata. Ogni restauro dovr pertanto essere condotto o direttamente dagli organi tecnici del Ministero dellEducazione Nazionale o sotto il controllo e secondo le direttive degli stessi. 2) Costituisce esigenza fondamentale il prevenire tempestivamente, attraverso unattenta manutenzione, ogni causa di deperimento dei monumenti e delle opere darte; a tale garanzia
46

preventiva, diretta alla conservazione del dato storico nella sua integrit, deve particolarmente indirizzarsi lattivit degli Uffici governativi preposti alla tutela del patrimonio artistico, con la partecipazione di tutti gli Enti pubblici e privati comunque interessati. 3) Nel restauro dei monumenti e delle opere darte tassativamente da escludersi ogni opera di completamento o di ripristino o comunque laggiunta di elementi che non siano strettamente necessari per la stabilit, la conservazione e la comprensione dellopera. 4) Leventuale aggiunta o sostituzione consentita dallenunciato precedente, deve essere contenuta nei limiti della pi assoluta semplicit ed eseguita con materiali e tecniche che ne attestino la modernit ed evitino, con leliminazione di ogni ripresa decorativa o figurativa, ogni possibile confusione con lantico. 5) Le integrazioni e le varianti anticamente subite da un monumento e da unopera darte, quando abbiano per se stesse interesse artistico o costituiscano un documento significativo per la storia dellopera, devono essere conservate nel restauro, che in nessun caso dovr ispirarsi ad astratti concetti di unit stilistica o tradurre in pratica ipotesi sulla forma originaria dellopera, anche se appoggiate a testimonianze figurative o letterarie. 6) Negli scavi e nelle esplorazioni che riportano in luce antiche opere, il lavoro di liberazione deve essere metodicamente ed immediatamente seguito dalla sistemazione e dal consolidamento dei ruderi e dalla stabile protezione di quelle opere darte che si ritenga opportuno conservare nel posto del ritrovamento. La conservazione in situ deve essere in ogni caso evitata quando si riconosca inefficace qualsiasi provvedimento conservativo. In questa eventualit, la sostituzione con copie degli elementi asportati dovr sempre contenersi nei limiti di una esatta documentazione e non tendere al completamento o al ripristino del complesso originario. 7) Posto che ogni monumento coordina alla propria unit figurativa lo spazio circostante, tale spazio naturalmente oggetto delle stesse cautele e dello stesso rigoroso rispetto che il monumento stesso. quindi categoricamente da escludersi, come arbitraria, la traslazione di edifici monumentali, lalterazione di ambienti monumentali conservati nelle forme originarie e di quei complessi edilizi che, anche senza tener conto di particolari elementi artistici, assurgono, come soluzione urbanistica, ad un valore storico ed artistico. Lisolamento di edifici monumentali, non pi inseriti nel loro ambiente originario, deve essere ispirato al principio di una assoluta neutralit spaziale e prospettica, evitando cos tutte le sistemazioni a carattere genericamente monumentale e scenografico. 8) Per ovvie ragioni di dignit storica e per la necessaria chiarezza della coscienza artistica attuale, assolutamente proibita, anche in zone non aventi interesse monumentale o paesistico, la costruzione di edifici in stili antichi, rappresentando essi una doppia falsificazione, nei riguardi dellantica e della recente storia dellarte. 9) Di tutti i restauri dovr essere curata una esauriente documentazione grafica e fotografica, accompagnata da una relazione sui procedimenti tecnici seguiti, sugli elementi storici eventualmente venuti in luce, sui risultati finali dei lavori. Tali documentazioni, siano esse relative a monumenti o a opere darte, verranno conservate nellArchivio Centrale del Restauro, presso lIstituto Centrale del Restauro in Roma. Il Ministero dellEducazione Nazionale promuover la conoscenza e la divulgazione dei risultati scientifici raggiunti.

47

Gustavo Giovannoni Restauro dei monumenti (1936)*

Il proposito di restaurare i monumenti, sia per consolidarli riparando alle ingiurie del tempo, sia per riportarli a nuova funzione di vita, concetto tutto moderno, parallelo a quellatteggiamento del pensiero e della cultura, che vede nelle testimonianze costruttive e artistiche del passato, a qualunque periodo esse appartengano, argomento di rispetto e di cura. In pratica, le provvidenze che sono volte alla scoperta, alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio monumentale lasciatoci dai secoli si attuano in due tempi, vale a dire nello scavo e nel restauro propriamente detto. Questi problemi raggiungono in Italia il valore essenziale di una questione nazionale per limportanza e il numero delle opere architettoniche di tutti i tempi disseminate nelle varie regioni dItalia, per il carattere multiplo di queste opere, per la gloria, la poesia, la bellezza che esse recano nelle nostre citt, in molte delle quali tutto lambiente assume i1 carattere di monumento. A questo carattere risponde da un lato la legislazione italiana nel campo delle antichit e delle belle arti, la quale, nel fissare precise norme per la tutela delle opere daree pubbliche o private, ne ha fissato come oggetto non soltanto i monumenti maggiori, ma anche modesti edifici d importante interesse storico e artistico e gli elementi costituenti lambiente; daltro lato vi rispondono la dottrina e la tecnica ormai affermate su questo tema, e lattivit concreta che negli ultimi cinquantanni ha dato risultati di alta importanza, tanto che pu dirsi essere questo dei restauri dei monumenti uno dei pochi caratteri ben determinati nella produzione architettonica. italiana di questo tempo. Fino allinizio del sec. XIX, pur non mancando esemp di edifici continuati secondo un disegno primitivo (come nelle cattedrali di Milano, di Firenze, di Orvieto) o di antichi monumenti adattati in rispondenza al primitivo concetto (Pantheon e tempio di Saturno a Roma, S. Apollinare nuovo di Ravenna, ecc.), il principio, normale era quello di sovrapporre larte del proprio tempo allantica, o distruggendo, o mascherando o addossando. Primi restauri degni di tal nome furono, nel periodo tipicamente archeologico dellimpero napoleonico e della restaurazione papale, quelli volti alla liberazione e alla ricomposizione dei monumenti classici in Roma, come i templi dei Dioscuri e di Vespasiano, larco di Tito, la basilica Ulpia, il Colosseo. In seguito i concetti si estesero a monumenti di altri periodi,. come in Francia a quelli del Medioevo, valorizzati dal pensiero romantico e dallorgoglio nazionale, e ad applicazioni sempre pi vaste praticamente e tecnicamente. Il Lon, nel tracciare la storia dei restauri francesi, distingue un periodo empirico, uno dottrinale, dominato dalla teoria del Viollet-le-Duc, e infine uno sperimentale, che tende a perfezionare la tecnica della stretta conservazione, mettendo in opera tutte le risorse offerte dai. materiali e dai procedimenti moderni. Le numerose teorie svolte intorno al tema dei restauri hanno risposto a tendenze assai varie. Da parte degli archeologi e degli storici dellarte costante il concetto che, nel considerare prevalentemente i monumenti come tema di studio e come documento storico, intende escludere ogni aggiunta e ogni diminuzione e vuole conservare tutte le fasi dello sviluppo, solo ammettendo provvedimenti statici di conservazione e di rinforzo. Talvolta il desiderio della conquista di cognizioni ha fatto prescindere quasi da simili preoccupazioni vitali; e infatti spesso gli scavi intrapresi con
* GIOVANNONI, Gustavo, Restauro - Restauro dei monumenti (ad vocem), in Enciclopedia Italiana di Scienze Lettere e Arti, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana fondato da G. Treccani, 1936, vol. XXIX, pp. 127-130. 48

soverchio entusiasmo hanno portato a rapide rovine, non seguiti dalla paziente, oscura, costosa opera di ripresa e consolidamento. A questa tendenza quasi negativa spesso abbiamo visto associarsi scrittori romantici, come J. Ruskin, il quale pensa che i monumenti debbono lasciarsi serenamente morire, pur cercando di allontanare il giorno fatale con qualche onesta e semplice opera di provvisorio sostegno. Allestremo opposto la concezione che pu dirsi architettonica, che vede nei monumenti la funzione darte, e soprattutto il valore unitario di massa e di stile. Si delinea cosi la figura del ripristino, pericoloso in quanto trascina quasi fatalmente nellarbitrario e nel falso e perch fa spesso capo a tendenze egotistiche di committenti e di architetti. Rappresentante massimo di queste tendenze fu il Viollet-le-Duc, il quale prendeva per temi i monumenti-tipo, rappresentanti di unepoca e di uno stile, e si proponeva di riportarli alla loro integrit originale, quale era stata o quale avrebbe dovuto essere, sostituendo le parti mancanti con elementi nuovi desunti da monumenti similari e distruggendo le opere posteriori. In Francia, nella seconda met del secolo XIX, oggetto di siffatta attvit restauratrice furono, sotto il presidio della Commission des monuments historiques, le grandi cattedrali del sec. XIII; ma pur nelle altre nazioni le applicazioni sono state frequenti, ad es., nelladdossamento di nuove facciate in stile antico, a Colonia, a Firenze, ad Arezzo, o nella decorazione dellinterno, ad Aquisgrana e a Padova, o in complete ricostruzioni a Bologna, a Milano, a Messina. Tra i due concetti antitetici ora esposti si fatta strada una teoria intermedia, sostenuta in Italia da C. Boito e da G. Giovannoni. Essa propugna di dare la massima importanza alle opere di manutenzione e di consolidamento, volte a salvare lorganismo stesso della fabbrica; limita i casi del ripristino a quelli in cui sia dimostrata la legittimit e lutilit, ma piuttosto che dellunit architettonica, si preoccupa della salvaguardia, nel monumento, di tutte le opere di vario tempo che abbiano un carattere darte. Negli elementi aggiunti richiede che sia precisa la documentazione col segnare date e sigle, e con ladottare nel completamento di antiche linee, materiali diversi dai primitivi e sagome dinviluppo e ornati schematici in modo da ottenere un effetto sintetico senza linganno dellimitazione precisa, secondo il classico esempio del restauro dellarco di Tito eseguito da G. Valadier. Negli sviluppi di costruzione completamente nuova vuole che lopera appaia tutta moderna, valendosi di espressioni semplici e aderenti alla costruzione, quasi elementi neutri che non aggiungano forme stilistiche n in armonia n in contrasto. Questi criter vanno maggiormente chiariti con alcune distinzioni. Luna quella tra monumenti morti e monumenti vivi, lontani i primi dallarte e civilt moderne, rispondenti i secondi a un concetto e a una destinazione che ancora sussiste. Sono tra i primi i monumenti dellantichit, per i quali ordinariamente da escludersi una pratica utilizzazione e una trasformazione dallo stato di rudero con essenziali opere aggiunte. Tra i secondi si hanno palazzi e chiese, per i quali pu praticamente, e spesso anche idealmente, apparire opportuno il riportarli a una funzione concreta non troppo diversa dalla primitiva, sicch il problema del ripristino, pur circondato di ogni garanzia, torna a presentarsi. Unaltra classificazione pu farsi nei riguardi dellargomento prevalente nei restauri: restauri di consolidamento, in cui tutte le risorse della tecnica, e specialmente quelle modernissime delle strutture in ferro o in cemento armato, son chiamate a contributo per dare solidit e resistenza alle costruzioni stanche, fatiscenti, manchevoli; restauri di ricomposizione (anastilosi), quando gli elementi, ordinariamente in pietra da taglio, ritornano al proprio posto con le sole aggiunte di parti secondarie mancanti; restauri di liberazione, quando si tolgono masse amorfe che allesterno o allinterno chiudono il monumento e questo riprende il suo aspetto darte, semplice o multiplo; restauri di completamento e di rinnovazione, in cui le aggiunte, rispondenti ai princip suindicati, tendono a reintegrare lopera o a utilizzarla con elementi nuovi. In Italia questo cos vasto e significativo campo di attivit ha unorganizzazione statale, la quale, con una preparazione specifica che in cos delicata materia nessun altro ufficio tecnico potrebbe avere,
49

ha il compito di sorvegliare, di guidare e promuovere, e attuare stud e lavori. Le sovrintendenze alle antichit e allarte medievale e moderna hanno appunto tale ufficio, quali organi periferici della Direzione delle antichit e belle arti del Ministero delleducazione nazionale, di cui il Consiglio superiore delle antichit e belle arti nelle sue sezioni 1a e 2a lorgano di consulenza, al quale spetta dare il parere sui singoli casi, mantenendo unit di criter e di giudizio. In questunit pu appunto rilevarsi la costanza da circa un venticinquennio, nellapplicazione pur adattata alle mutevoli e complesse esigenze della realt, dei concetti della teoria intermedia che si pocanzi formulata. Essi sono stati recentemente concretati in una Carta del restauro, che , o dovrebbe essere, canone fondamentale per le sovrintendenze e per le iniziative da esse controllate. I capisaldi di questa carta del restauro sono: 1. Che al disopra di ogni altro intento debba la massima importanza attribuirsi alle cure assidue di manutenzione e alle opere di consolidamento, volte a dare nuovamente al monumento la resistenza e la durevolezza tolta dalle menomazioni o dalle disgregazioni. 2. Che il problema del ripristino mosso dalle ragioni dellarte e della unit architettonica strettamente congiunte col criterio storico, possa porsi solo quando si basi su dati assolutamente certi forniti dal monumento da ripristinare e non su ipotesi, su elementi in grande prevalenza esistenti, anzich su elementi prevalentemente nuovi. 3. Che nei monumenti lontani ormai dai nostri usi e dalla nostra civilt, come sono i monumenti antichi, debba ordinariamente escludersi ogni completamento; e solo sia da considerarsi lanastilosi, cio la ricomposizione di esistenti parti smembrate con laggiunta eventuale di quegli elementi neutri che rappresentino il minimo necessario per integrare la linea e assicurare le condizioni di conservazione. 4. Che nei monumenti che possono dirsi viventi siano ammesse solo utilizzazioni non lontane dalle destinazioni primitive, tali da non recare negli adattamenti necessar alterazioni essenziali alledificio. 5. Che siano conservati tutti gli elementi aventi un carattere darte o di storico ricordo, a qualunque tempo appartengano, senza che il desiderio dellunit stilistica e del ritorno alla primitiva forma intervenga a escluderne alcuni a detrimento di altri; e solo possano eliminarsi quelli, come le murature di finestre o dintercolunn di portici, che, privi dimportanza e di significato, rappresentino deturpamenti inutili; ma che il giudizio su siffatti valori relativi e sulle rispondenti eliminazioni debba in ogni caso essere assolutamente vagliato, e non rimesso a un giudizio personale dellautore di un progetto di restauro. 6. Che insieme col rispetto per il monumento e per le sue varie fasi proceda quello delle sue condizioni ambientali, le quali non debbono essere alterate da inopportuni isolamenti, da costruzione di nuove fabbriche prossime, invadenti per massa, per colore, per stile. 7. Che nelle aggiunte che si dimostrassero necessarie, o per ottenere il consolidamento, o per raggiungere lo scopo di una reintegrazione totale o parziale, o per 1a pratica utilizzazione del monumento, il criterio essenziale da seguirsi debba essere, oltre a quello di limitare tali elementi nuovi al minimo possibile, altres quello di dare a essi un carattere di nuda semplicit e di rispondenza allo schema costruttivo, e che solo possa ammettersi in stile similare la continuazione di linee esistenti nei casi in cui si tratti di espressioni geometriche prive dindividualit decorativa. 8. Che in ogni caso debbano siffatte aggiunte essere accuratamente ed evidentemente designate o con limpiego di materiale diverso dal primitivo, o con ladozione di cornici dinviluppo, semplici e prive di intagli, o con lapplicazione di sigle o di epigrafi, per modo che mai un restauro eseguito possa trarre in inganno gli studiosi e rappresentare una falsificazione di un documento storico. 9. Che allo scopo di rinforzare la compagine stanca di un monumento o di reintegrarne la massa, tutti i mezzi costruttivi modernissimi possono recare ausil preziosi, e sia opportuno valersene, quando ladozione di mezzi costruttivi analoghi agli antichi non raggiunga lo scopo; e che, del pari, i sussid
50

sperimentali delle varie scienze debbano esser chiamati a contributo per tutti gli altri temi minuti e complessi di conservazione delle strutture fatiscenti, nei quali ormai i procedimenti empirici debbono cedere il campo a quelli rigidamente scientifici. 10. Che negli scavi e nelle esplorazioni che rimettono in luce antiche opere, il lavoro di liberazione debba essere metodicamente e immediatamente seguito dalla sistemazione dei ruderi e dalla stabile protezione di quelle opere darte rinvenute, che possono conservarsi in situ. 11. Che come nello scavo, cos nel restauro dei monumenti sia condizione essenziale e tassativa che una documentazione precisa accompagni i lavori mediante relazioni analitiche raccolte in un giornale del restauro e illustrate da disegni e da fotografie, s che tutti gli elementi determinati nella struttura e nella forma del monumento, tutte le fasi delle opere di ricomposizione, di liberazione, di completamento risultino acquisiti in modo permanente e sicuro.

51

Alois Riegl Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi (1903)*

I valori dei monumenti. Lo sviluppo storico dei valori Con monumento, nel senso pi originale ed antico del termine, si intende unopera della mano delluomo, creata allo scopo determinato di conservare sempre presenti e vivi singoli atti o destini umani (o anche aggregati di questi) nella coscienza delle generazioni a venire. Pu trattarsi di un monumento darte o della scrittura, a seconda che esso notifichi allosservatore lavvenimento da immortalare soltanto con il modo espressivo tipico dellarte figurativa oppure con laiuto di una epigrafe. Pi spesso ambedue i generi sono combinati tra loro. Lerezione e la tutela di tali monumenti intenzionali, che possono essere rintracciate fin dai tempi pi remoti e documentabili della cultura, non sono affatto cessate ai nostri giorni. Ma quando parliamo del culto moderno dei monumenti e della loro salvaguardia non pensiamo quasi mai ai monumenti intenzionali, ma ai monumenti storici e artistici, come recitava finora lespressione ufficiale, almeno in Austria. Questo termine, del tutto legittimo secondo le idee dominanti dal Cinquecento allOttocento, oggigiorno potrebbe causare malintesi, considerando la concezione del carattere del valore artistico che si venuta affermando in tempi pi recenti. Per questo bisogna esaminare prima di tutto che cosa si inteso finora con monumenti storici e artistici. Secondo la definizione corrente, opera darte ogni opera umana tangibile, visibile e udibile, che presenti un valore artistico; un monumento storico ogni opera analoga che possieda un valore storico. In questa trattazione possiamo fin da ora decidere di escludere i monumenti udibili (la musica), perch, se mai ci interessassero in questo contesto, dovrebbero essere classificati come monumenti della scrittura. Dunque, solo in.relazione alle opere tangibili e visibili dellarte figurativa (nel senso pi ampio, cio comprendendo tutte le creazioni della mano delluomo) dobbiamo chiederei: che cos il valore artistico e che cos il valore storico? Evidentemente il valore storico quello pi ampio e per questa ragione dobbiamo trattario per primo. Si chiama storico tutto ci che stato e che oggi non esiste pi. Secondo i pi moderni concetti noi con ci chiamiamo in causa questo ulteriore modo di vivere: quello che stato una volta non pu pi essere di nuovo e tutto ci che stato rappresenta lanello insostituibile e inamovibile di una catena di sviluppo; oppure, in altre parole: tutto quello che ha avuto luogo dopo condizionato da ci che stato prima e non avrebbe potuto verificarsi cos come avvenuto in realt senza lanello precedente. Il nocciolo di ogni concezione storica moderna appunto lidea dello sviluppo. Quindi, secondo i concetti moderni, qualunque attivit e ciascun destino umano, del quale ci sia pervenuta una testimonianza o notizia, senza eccezione, pu rivendicare un valore storico: in fondo ogni avvenimento storico vale per noi come insostituibile. Poich, per, non sarebbe possibile prendere in considerazione linfinit di avvenimenti di cui si sono conservate testimonianze dirette e indirette e che si moltiplicano continuamente nel costante divenire, finora ci si limitati di necessit a rivolgere lattenzione prevalentemente o soltanto a quelle testimonianze che ci sembrano rappresentare tappe particolarmente rilevanti nel processo evolutivo di un campo determinato dellattivit umana. La testimonianza pu essere un monumento della scrittura, la cui lettura desta delle immagini gi comprese nella nostra coscienza, oppure un monumento darte, il cui contenuto viene percepito direttamente. Ed ecco che
* RIEGL, Alois, Der moderne Denkmalkultus. Seine Wesen und seine Entstehung, Wien-Leipzig, Braunmller, 1903, trad. it. Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi, in SCARROCCHIA, Sandro, Alois Riegl, teoria e prassi della conservazione dei monumenti, Bologna, CLUEB, 1995, pp. 173-207. 52

importante rendersi conto che qualunque monumento darte , senza eccezioni, anche un monumento storico, perch rappresenta un certo stadio dello sviluppo dellarte figurativa, del quale in realt non pu esser trovato una sostituzione assolutamente equivalente. E viceversa, ciascun monumento storico indubbiamente anche un monumento darte, perch anche un monumento della scrittura, cos secondario come per esempio un pezzo di carta strappata con brevi appunti trascurabili, contiene, oltre ad un valore storico per lo sviluppo della produzione della carta, della scrittura, dei materiali occorrenti per scrivere ecc., tutta una serie di elementi artistici: laspetto del foglio, la forma delle lettere e il modo della loro composizione. Sintende che questi ultimi sono elementi cos insignificanti che saranno trascurati in molti casi, perch siamo in possesso a sufficienza di altri monumenti in grado di fornirci, in maniera anche pi ricca e dettagliata, allincirca le stesse informazioni. Se per il foglio nominato fosse lunica testimonianza conservata dellattivit artistica del suo tempo, nonostante la sua povert, dovremmo considerarlo come monumento darte del tutto indispensabile. Ma larte che qui riscontriamo ci interessa innanzitutto dal punto di vista storico: il monumento ci sembra anello indispensabile nella catena di sviluppo della storia dellarte. Il monumento artistico quindi rappresenta in questo senso proprio un monumento storico artistico. Il suo valore, da questo punto di vista, non un valore artistico, ma un valore storico. Donde risulterebbe che la separazione tra monumenti artistici e monumenti storici non sia appropriata, perch i monumenti artistici fanno parte di monumenti storici e germinano nel loro stesso ambito. Ma davvero soltanto il valore storico che apprezziamo nei monumenti darte? Se cos fosse, tutte le opere darte dei tempi trascorsi, oppure anche tutti i periodi dellarte, ai nostri occhi dovrebbero avere lo stesso valore e al massimo dovrebbero aumentare di interesse in ragione della loro rarit o della maggiore antichit. In realt talvolta apprezziamo opere pi tarde in luogo di opere pi antiche; un Tiepolo del Settecento, per esempio, si stima oggi pi dei Manieristi del Cinquecento. Quindi, insieme allinteresse per quanto vi di storico nellopera darte antica, sicuramente ce ne deve essere ancora un altro fondato sulle qualit artistiche, cio la qualit di concezione, di forma e di colore. Evidentemente, oltre al valore storico artistico che per noi possiedono tutte le opere antiche darte (cio i monumenti) senza eccezione, c anche un puro valore artistico, il quale permane indipendentemente dalla posizione dellopera darte nella catena dello sviluppo. Questo valore artistico allora un valore dato nel passato altrettanto oggettivamente che quello storico, cosicch costituisce una parte essenziale del concetto di monumento, indipendentemente da quanto vi di storico? Oppure un valore soggettivo, inventato dal moderno osservatore, stabilito a suo piacimento, nel qual caso il valore artistico non avrebbe posto alcuno nel concetto di monumento come opera di valore in quanto memoria? In base alla risposta a questa domanda oggi si individuano i seguaci di due opinioni: unopinione antica non ancora superata e una nuova che si viene affermando. Dagli anni del Rinascimento, in cui, come sar mostrato pi avanti, il valore storico per la prima volta acquist unimportanza riconosciuta, fino allinizio del Novecento valsa la concezione che esista un inviolabile canone artistico, un ideale artistico oggettivo assolutamente valido, cui tenderebbero tutti gli artisti, e che, per, quasi nessuno possa completamente raggiungere. Dapprima si riteneva che il mondo antico si fosse avvicinato maggiormente a quel canone, anzi si era del parere che rappresentasse in alcune sue creazioni lideale stesso. Finalmente lOttocento ha eliminato questa pretesa esclusiva dellantico, e nello stesso tempo, ha emancipato quasi tutti gli altri periodi artistici conosciuti nel loro significato autonomo; ma per questo non ha abbandonato la fede in un ideale oggettivo dellarte. Solo verso linizio del Novecento ci si decisi a trarre dallidea dello sviluppo storico la necessaria conseguenza e a spiegare tutte le creazioni per noi irreparabilmente trascorse e perci in nessun modo rilevanti come canone. Se tuttavia non ci limitiamo allapprezzamento artistico di opere moderne bens valutiamo anche opere antiche in virt della loro idea, della forma e del loro colore e se le preferiamo talvolta anche a quelle moderne, questo (a prescindere dal fattore estetico, continuamente presente, dellinteresse storico) si spiega per il
53

fatto che certe opere darte antiche corrispondono al moderno Kunstwollen (4), anche se ad esso non corrispondono mai interamente, ma solo in alcuni elementi. Proprio una tale analogia di particolari in un contesto diverso conferisce ai primi una tale efficacia su noi contemporanei, quale unopera darte moderna, che necessariamente deve rinunciare a quel contesto, non potr mai sviluppare. Secondo le idee doggi non esiste quindi un valore artistico assoluto, ma solo un valore relativo, moderno. Sicch anche la definizione del concetto di valore artistico deve essere diversa; essa dipende dal punto di vista che si sostiene, lantico o il moderno. Secondo lopinione pi arcaica unopera darte possiede un valore artistico in, quanto essa corrisponde alle pretese di unestetica ritenuta oggettiva e finora mai definita in modo ineccepibile. Secondo la concezione moderna il valore artistico di un monumento si valuta per quanto il monumento in questione viene incontro alle pretese del moderno Kunstwollen, pretese che, ovviamente, hanno trovato ancora meno una formulazione chiara e a rigore non potranno mai trovarla, perch cambiano sempre da soggetto a soggetto e di momento in momento. perci una premessa essenziale per il nostro compito rendersi ben conto di questa differenza nella concezione del carattere del valore artistico, perch con ci lindirizzo principale della tutela dei monumenti viene influenzato in modo decisivo. Se esiste solo un valore artistico e moderno, e non uno eterno, allora il valore artistico di un monumento non pi un valore in quanto memoria, ma un valore contemporaneo. La tutela dei monumenti deve tener conto di questo, perch il valore artistico, che in un certo qual modo un valore pratico fluttuante, pretende sempre pi urgentemente considerazione in confronto al valore storico e in quanto memoria di un monumento; questo valore per da eliminare dal concetto di monumento. Se ci si dichiara per la concezione del carattere del valore artistico che si sviluppato irresistibilmente negli ultimi tempi come risultato finale dellattivit complessiva di ricerca storico artistica, incalcolabile nelle sue specificazioni, compiuta nellOttocento, dora innanzi non si dovr pi parlare di monumenti artistici e storici, ma soltanto di monumenti storici e solamente in tal senso questa espressione trover in seguito applicazione. I monumenti storici allora sono monumenti involontari in contrasto con quelli intenzionali; ma a priori chiaro che tutti i monumenti intenzionali possono essere contemporaneamente anche involontari e rappresentano solo una piccola frazione di questi. Con le opere che ai nostri giorni sembrano monumenti storici i creatori di un tempo volevano soprattutto soddisfare certe esigenze pratiche o ideali di se medesimi, dei loro contemporanei e, al massimo, degli eredi prossimi e di regola, probabilmente, non pensarono di lasciare con ci alle generazioni successive testimonianze della loro vita e della loro creazione artistica culturale. Per questo il termine monumenti, che nonostante tutto attribuiamo abitualmente a queste opere, pu essere inteso soltanto in senso soggettivo e non oggettivo. Il senso e il significato di monumenti non spettano alle opere in virt della loro destinazione originale, ma siamo piuttosto noi, i soggetti moderni, che li attribuiamo ad esse. In tutti e due i casi per i monumenti intenzionali e per quelli involontari si tratta di un valore in quanto memoria, e per ci parliamo di monumenti riferendoci a entrambi. In entrambi ci interessa, inoltre, lopera nella sua forma originale non snaturata, cos come discese dalla mano del suo creatore e in cui cerchiamo di vederla o almeno di ripristinarla concettualmente, moralmente o visivamente. Nel primo caso per il valore in quanto memoria ci imposto dagli altri (cio da quelli che ne furono i creatori), nel secondo fissato da noi stessi [].

54

Il rapporto dei valori in quanto memoria con il culto dei monumenti Dei monumenti abbiamo conosciuto tre diversi valori in quanto memoria e ora dobbiamo esaminare quali richieste, nei confronti del culto dei monumenti, derivino dal carattere specifico di ciascuno di questi. Esamineremo poi tutti gli altri valori che un monumento pu offrire alluomo moderno; nel loro complesso, questi ultimi possono, come valori contemporanei, essere opposti ai valori del passato, ai valori in quanto memoria. Conia discussione dei valori in quanto memoria bisogna partire dal valore dellantico non solo perch il pi attuale e avanza anche delle pretese sul futuro, ma perch presenta un numero relativamente maggiore di monumenti. Il valore dellantico Il valore dellantico di un monumento si rivela a prima vista in quanto apparenza non moderna. Per lesattezza, questo aspetto antiquato non si fonda tanto sulla forma stilistica, perch lo stile e il giudizio su di esso sarebbero quasi esclusivamente riservati alla cerchia, relativamente ristretta, degli storici dellarte. Il valore dellantico invece pretende di influire sulle grandi masse. Il contrasto con il presente, sul quale fondato tale valore, si rivela piuttosto in una imperfezione, in una mancanza di organicit, in una tendenza al degrado della forma e dei colori. Queste qualit sono decisamente contrapposte alle qualit delle creazioni sorte di recente, cio moderne. [] La mancanza di organicit, quindi, nelle opere moderne ci disgusterebbe solamente: noi non costruiamo perci rovine (eccetto che per falsificarle); una casa di recente costruzione, con lintonaco fatiscente o coperto di fuliggine provoca nellosservatore unimpressione sgradevole, perch in una casa nuova egli richiede una finitezza completa nella forma e nella composizione dei colori. I segni del trascorrere del tempo in ci che sorto in epoca recente non producono un effetto suggestivo ma, al contrario, irritante. Appena lindividuo (sia esso creato dalluomo oppure dalla natura) formato, comincia lattivit distruttiva della natura, cio delle sue forze meccaniche e chimiche, che tentano ancora una volta di scomporre lindividuo nei suoi elementi e di combinarlo con la amorfa totalit della natura. Dalle tracce di questa attivit si comprende che un monumento non sorto in tempi recentissimi, bens in un tempo pi o meno passato, e sulla chiara possibilit di percepire le sue tracce si fonda perci il valore dellantico di un monumento. Lesempio pi drastico offerto, com gi stato detto, dalle rovine che sono derivate dallinsieme concluso di un castello a causa di un lento distacco di parti rilevanti di materiale. Con maggiore efficacia, per, il valore dellantico si impone per leffetto, meno violento e ovviamente pi ottico che tattile, della disgregazione della superficie (decomposizione, patina) e per leffetto inoltre che procurano gli angoli e gli spigoli consumati o altre vicissitudini. Tutto ci testimonia il lavoro di degrado operato dalla natura, degrado lento ma sicuro e ininterrotto, come un lavoro regolare e inarrestabile. Quindi la legge estetica fondamentale del nostro tempo, che consiste nel valore dellantico, si pu definire nel modo seguente: dalla mano umana esigiamo la produzione di opere concluse come simboli del divenire necessario e regolare; dalla natura che agisce nel tempo esigiamo invece il degrado di quel carattere concluso come il simbolo dellaltrettanto necessario e regolare trascorrere. Nelle opere umane recenti disturbano i segni del trascorrere del tempo (di una decadenza prematura) nello stesso modo in cui nelle opere antiche ci disturbano i segni di un nuovo divenire (restauri vistosi). piuttosto della limpida percezione del corso circolare e regolare del divenire e del trascorrere del tempo secondo la legge di natura che luomo moderno si rallegra, a cominciare dallinizio del Novecento. In questo caso ogni opera umana viene intesa come un organismo naturale, nel cui sviluppo nessuno deve ingerirsi: lorganismo deve vivere liberamente e, tuttal pi, luomo ha il dovere di proteggerlo da unestinzione prematura []. Quindi il monumento stesso non deve essere sottratto alleffetto di degrado delle forze naturali, nella misura in cui questo effetto ha luogo in una continuit indisturbata e regolare, e non gi in seguito
55

ad una distruzione improvvisa e violenta, per quanto, in generale, ci sia nel potere delluomo. Deve essere evitato, in ogni modo, dal punto di vista del valore dellantico, lintervento arbitrario della mano delluomo sulla consistenza raggiunta dal monumento; esso non deve subire n una addizione n una riduzione, n il completamento di quanto si degradato collandar del tempo ad opera della natura, n leliminazione di quanto si aggiunto al monumento deformandone al contempo la forma originale conclusa []. In relazione a ci, il culto del valore dellantico non condanna soltanto ogni distruzione forzata del monumento ad opera delluomo come intervento sconsiderato nellattivit di degrado svolta dalla natura, per cui favorirebbe in un certo senso il mantenimento del monumento, ma, almeno in linea di principio, condanna anche ogni attivit di conservazione, il restauro come non meno ingiustificato intervento nel dominio delle leggi naturali; per ci il culto di detto valore rivolto direttamente contro la conservazione del monumento. Poich di ci non si pu dubitare: la libera attivit delle forze della natura deve condurre inevitabilmente alla completa distruzione del monumento. Le rovine diventano sempre pi pittoresche, quante pi parti di esse cedono al degrado; con la dissoluzione crescente il loro valore dellantico diventa certamente sempre pi ridotto, diventa cio un valore provocato da parti che diminuiscono; per questo stesso motivo, per, sempre pi intenso, cio i frammenti che restano producono un effetto pi efficace sullosservatore. Ma questo processo ha anche un suo limite; perch se alla fine la capacit estensiva delleffetto andr completamente perduta, non rester pi neppure alcuna base per un effetto intensivo. Un semplice mucchio di sassi non sufficiente per offrire un valore dellantico: ci deve essere almeno ancora una chiara traccia della forma originale dellopera umana antica, di un divenire ormai passato. Un mucchio di sassi invece rappresenta soltanto un frammento morto e senza forma della natura nella sua totalit senza traccia di un divenire che sopravvive. Cos il culto del valore dellantico lavora alla sua stessa distruzione. I suoi assertori radicali non leveranno invero nessuna protesta contro questa conclusione. In primo luogo lattivit di degrado delle forze della natura unattivit tanto lenta che anche i monumenti millenari probabilmente rimarranno per noi fruibili ancora per un tempo ragionevole o meglio per la prevedibile durata di questo culto. Anche il divenire ha il suo sviluppo costante e ininterrotto: quello che oggi moderno e che, in corrispondenza alle leggi del divenire, si presenta come un insieme individuale, a poco a poco diventer monumento e andr a colmare il vuoto che le forze della natura dominanti nel tempo inesorabilmente lasceranno nel patrimonio monumentale che ci stato tramandato. Dal punto di vista del valore dellantico infatti non la conservazione dei monumenti di un divenire lontano deve essere mantenuta in eterno per opera dellintervento umano, quanto piuttosto la perenne esposizione al pubblico del corso circolare del divenire e del trascorrere; tale esposizione garantita anche se i monumenti oggi esistenti saranno sostituiti in futuro da altri monumenti. Com gi stato indicato prima, il valore dellantico ha dunque un vantaggio su tutti gli altri valori ideali dellopera darte: ritiene di potersi rivolgere a tutti e di essere valido per tutti senza eccezione. Afferma di essere al di sopra della diversit tra differenti livelli culturali, tra intenditori darte e persone completamente sfornite di conoscenze artistiche []. Una moderna tutela dei monumenti dunque, in primo luogo, dovr tener conto di questo valore. Ci naturalmente non pu e non deve impedire ad essa di verificare il diritto di esistenza degli altri valori di un monumento valori in quanto memoria e valori contemporanei quando ne incontra; n di valutarne la rispettiva legittimit in contrasto col valore dellantico e di salvaguardare quelli quando questo dovesse risultare scarso. Il valore storico Il valore storico di un monumento consiste nel fatto che ci rappresenta un grado preciso, per cos dire singolare, dello sviluppo di qualche campo creativo dellumanit. Da questo punto di vista, del monumento non ci interessano le tracce degli effetti naturali del degrado, che si sono manifestate nel
56

tempo trascorso dalla sua origine, ma ci interessa il suo stato iniziale in quanto opera umana. Il valore storico tanto pi alto quanto pi trasparente il grado in cui si manifesta lo stato originale concluso del monumento, posseduto al tempo della realizzazione. Per il valore storico, le alterazioni e le degradazioni parziali sono unaggiunta, sgradita e di disturbo []. Il compito dello storico di riempire di nuovo con tutti i mezzi ausiliari disponibili i vuoti che collandar del tempo le influenze della natura hanno prodotto nella creazione originale. I sintomi del degrado, che per il valore dellantico sono la cosa principale, dal punto di vista del valore storico devono essere eliminati con tutti i mezzi. Ma ci non deve accadere al monumento originale, bens ad una copia o soltanto con riflessioni o descrizioni. Quindi per principio anche il valore storico considera il monumento originale come intangibile, per una ragione completamente diversa dal valore dellantico. Per il valore storico non si tratta di conservare le tracce dellantico e le trasformazioni causate dalle influenze naturali nel tempo trascorso dalla realizzazione, che giudica almeno indifferenti se non moleste; ma, piuttosto, di conservare un documento quanto pi inalterato possibile per una futura attivit di integrazione della ricerca storico artistica. Il valore storico sa che tutte le speculazioni e le ricostruzioni umane sono esposte allerrore soggettivo; dunque il documento come lunico dato certo deve rimanere conservato il pi intatto possibile, perch le generazioni future possano controllare i nostri tentativi di ricostruzione ed eventualmente sostituirli con altri migliori e pi fondati []. Fortunatamente nelle questioni della pratica conservativa si verifica unoccasione esterna di conflitto tra il valore dellantico e il valore storico assai pi raramente di quanto possa sembrare a prima vista. Infatti entrambi i valori rivali sono inversamente proporzionali tra loro: pi grande il valore storico e pi scarso il valore dellantico. Poich il valore storico, pi schietto, per cos dire oggettivamente tangibile, si impone con forza, il valore dellantico, pi intimo, viene soffocato; il valore storico, specialmente nel caso di un monumento intenzionale, cresce fino a comportare la sopraffazione del valore dellantico []. Davanti alle colonne di Ingelheim (") nel cortile del castello di Heidelberg, ognuno pensa cos prepotentemente al Palazzo di Carlo Magno, del quale una volta costituivano ornamento, che leffetto di unatmosfera di antico senza soluzione di continuit da questo raffronto viene quasi completamente soffocato. In tal caso non dovrebbero esserci problemi sul fatto che il trattamento del monumento debba accordarsi alle esigenze del culto storico e non a quelle dellantico. E viceversa, in ogni caso in cui il valore storico (documentario) del monumento un valore insignificante, il suo valore dellantico si manifester tanto pi unitariamente, e dovr essere regolato in corrispondenza alle esigenze di questultimo. Ma non di rado si verifica il caso che il valore dellantico debba richiedere lintervento della mano delluomo nel corso della vita di un monumento, intervento che di solito viene proibito per principio. Ci si verifica nel caso in cui il monumento diventa oggetto di una distruzione prematura da parte delle forze della natura, di una veloce e anormale degradazione del suo organismo. Se, per esempio, si osserva che un affresco minaccia di andar in rovina rapidamente davanti ai nostri occhi, oggi anche un fautore del valore dellantico non potr opporsi allapplicazione di una tettoia sopra laffresco, sebbene ci comporti, senza dubbio un intervento della mano delluomo moderno che ostacola il corso indipendente delle forze della natura []. Gli interessi di entrambi i valori in tale caso vanno di pari passo, almeno apparentemente: sebbene al valore dellantico importi soltanto un rallentamento, al valore storico invece un impedimento completo del processo di degrado. Per lattuale tutela dei monumenti appunto rimane sempre come obiettivo principale evitare un conflitto tra tutti e due i valori []. Tuttavia il conflitto non assumer quasi mai forme assai acute nelle questioni di conservazione, grazie a provvedimenti esterni, nei quali entrambi i valori possono avanzare di pari passo, ma soprattutto in questioni di restauro, legate al cambiamento di forma e di colore; perch il valore dellantico in tale ambito molto pi sensibile del valore storico. Se da una torre antica vengono tolte
57

alcune pietre lesionate e sostituite da nuove, il valore storico della torre subir un danno poco considerevole perch innanzitutto la forma fondamentale originale rimasta la stessa e lantico stato conservato sufficientemente per la valutazione di tutti i problemi ad esso inerenti. Perci le poche pietre sostituite possono essere considerate praticamente del tutto fuori questione, mentre per il valore dellantico anche questi semplici materiali rappresentano una grave alterazione, specialmente quando risultano in modo stridente nella massa dellantico per il loro colore nuovo (aspetto al quale, in quanto elemento relativo soggettivo allinterno della apparenza oggettiva di ciascuna cosa considerata nel suo complesso, il tempo moderno particolarmente sensibile). Infine si deve osservare che il culto del valore storico, sebbene riconosca solo allo stato originale di un monumento un valore completamente documentario, ci nonostante annette un valore, bench limitato, anche alla copia, nel caso in cui loriginale (il documento) vada irrimediabilmente perduto. Un conflitto insolubile con il valore dellantico si d soltanto se la copia non si presenta in un certo modo come apparato ausiliario perla ricerca scientifica, ma come completo sostituto delloriginale con pretesa di apprezzamento storico estetico (il campanile di S. Marco). Finch tali casi si verificano, il valore storico non pu essere considerato ancora come superato, e il valore dellantico non pu assurgere a unico valore estetico in quanto memoria del genere umano. Il valore intenzionale in quanto memoria Gi il valore storico aveva mostrato di fronte al valore dellantico, che stima soltanto il passato in quanto tale, la tendenza ad isolare dal passato un momento dello sviluppo storico e presentarlo in modo cos nitido davanti ai nostri occhi come se fosse parte integrante del presente. In generale il valore intenzionale in quanto memoria ha sin dallinizio, cio dalla costruzione di un monumento, la funzione precisa di non permettere quasi mai che il monumento diventi passato, di conservarlo sempre presente e vivo nella coscienza dei posteri. Di conseguenza questa terza classe di valori in quanto memoria costituisce la transizione evidente ai valori contemporanei. Mentre il valore dellantico fondato solamente sul passato e il valore storico da qui in avanti vuole impedirne il completo trascorrere anche se, senza questo trascorrere, non avrebbe alcun diritto di esistenza il valore intenzionale in quanto memoria avanza tout-court lesigenza di intramontabilit, di eterno presente, di ininterrotto stato di formazione. Le forze della natura che provocano il degrado e che si oppongono al compimento di questa aspirazioni e perci devono essere appassionatamente combattute, i loro effetti devono essere continuamente paralizzati. Una colonna monumentale per esempio, la cui iscrizione si sia cancellata col tempo, cesserebbe di essere un monumento intenzionale. Di conseguenza il postulato fondamentale dei monumenti intenzionali costituito dal restauro []. Questo conflitto implacabile tra valore dellantico e valore intenzionale in quanto memoria comporta, per, meno difficolt di quanto a prima vista si potrebbe pensare, perch il numero di monumenti intenzionali relativamente ridotto di fronte alla grande massa dei monumenti puramente involontari.

58

La relazione dei valori contemporanei con il culto dei monumenti La maggior parte dei monumenti possiede la capacit di soddisfare anche tali bisogni sensibili o spirituali, per colmare i quali sarebbero altrettanto adatte (se non pi adatte) creazioni moderne e nuove Il valore contemporaneo di un monumento si fonda proprio su quella capacit [...]. Dal punto di vista di questo valore, si disposti fin dallinizio a considerare il monumento non in quanto tale, bens come creazione moderna or ora prodotta e, per ci, anche a richiamare dal monumento (antico) lapparenza esterna di ogni opera umana (nuova) nello stato originale di realizzazione; vale a dire limpressione di totale compiutezza e integrit dalle influenze della natura apportatrici di distruzione [...]. Il trattamento di un monumento secondo i principi del culto del valore dellantico che, per principio sempre, e in pratica nella maggior parte dei casi, vorrebbe abbandonare le cose alloro destino naturale in ogni circostanza in definitiva comporta un conflitto con il valore contemporaneo, che pu concludersi unicamente con la rinuncia (completa o parziale) a uno dei due valori. Come gi detto, il valore contemporaneo ha le sue radici nel soddisfacimento dei bisogni naturali o intellettuali; nel primo caso parliamo del valore duso pratico o decisamente di valore duso, nel secondo caso del valore artistico. A proposito del valore artistico bisogna distinguere tra il valore elementare o valore di novit, che fondato sul carattere compiuto di unopera or ora condotta a termine, e il valore artistico relativo, che fondato sulla concordanza con il moderno Kunstwollen [...]. Il valore duso La vita fisica la premessa per ogni vita psichica e, proprio per questo, pi importante di questultima, perch la vita fisica pu svilupparsi anche senza vita psichica superiore mentre non pu accadere il contrario. Perci, per esempio, un edificio antico che ancora oggi viene utilizzato, deve essere conservato in una condizione tale che possa alloggiare uomini senza metterne in pericolo la vita e la salute. Ogni lesione provocata dalle forze della natura deve essere sanata immediatamente; linfiltrazione dellumidit deve essere impedita o almeno bloccata, e cos via. Dunque in generale si potrebbe dire che per natura il valore duso sia del tutto indifferente al trattamento subito da un monumento finch non venga intaccata la sua esistenza, ma che per assolutamente non possa fare alcuna concessione al valore dellantico []. Non c bisogno di provare che esistono monumenti laici ed ecclesiastici che ancora oggi sono idonei per luso pratico e sono effettivamente usati. Il sottrarli a questo uso ne implicherebbe nella maggior parte dei casi la sostituzione. Questa esigenza talmente costrittiva che la contropartita del valore dellantico di abbandonare i monumenti al loro destino naturale, potrebbe esser presa in considerazione solo alla condizione di voler creare delle opere sostitutive di valore equivalente per tutti i monumenti in questione. La realizzazione pratica di questa esigenza per tuttavia possibile in pochi casi eccezionali; perch contro ci si oppongono difficolt insormontabili []. Ugualmente ineluttabili daltronde sono gli aspetti negativi del valore duso, che si manifestano quando la considerazione dei bisogni materiali umani comporta la eliminazione di un monumento, per esempio quando la degradazione naturale metta in pericolo lincolumit fisica degli uomini (una torre che minaccia di crollare). Il tener conto del valore della incolumit fisica prevale alla fine, senza dubbio, su ogni possibile attenzione al bisogno ideale del valore dellantico. Supponiamo inoltre che per tutti i monumenti utilizzabili possa essere creato davvero un sostituto moderno, cosicch gli originali antichi senza interventi di restauro, e in conseguenza della sostituzione anche privi di alcuna utilit pratica, possano concludere la loro esistenza naturale. Cos avremo davvero giovato in sommo grado alle richieste del valore dellantico? La domanda non solo pienamente giustificata ma implica anche una risposta decisamente negativa; perch una parte essenziale di quel gioco vivente delle forze della natura, la cui percezione presupposto del valore dellantico, andrebbe perduta irreparabilmente con la cessazione dellutilizzo dei monumenti. Chi per esempio nella basilica di S. Pietro a Roma vorrebbe rinunciare alla presenza dei moderni visitatori e allo svolgimento di
59

funzioni religiose? Analogamente anche il sostenitore pi radicale del valore dellantico trover di disturbo, pi che di stimolo, la vista dei resti dellincendio di una casa distrutta da un fulmine, anche se le rovine potrebbero richiamare lattenzione sullantica origine delledificio. Analogamente accadrebbe per le rovine di una chiesa in una strada piena di vita. Si tratta infatti di opere che di solito vediamo pienamente utilizzate e che, quando non trovano pi quella fruizione a noi familiare, suscitano limpressione di una distruzione violenta, che risulta intollerabile anche al culto del valore dellantico. Invece, resti di monumenti che per noi non hanno pi significato pratico e nei quali di conseguenza non sentiamo la mancanza dellattivit umana come forza efficace della natura (come per esempio le rovine di un castello medievale in una erta selvaggia nelle montagne, oppure le rovine di un tempio romano anche nelle strade frequentate di Roma), sviluppano pienamente il fascino del valore dellantico. Dunque non siamo ancora al punto di applicare uniformemente la pura misura del valore dellantico per tutti i monumenti senza selezione di sorta []. Se dunque lutilizzazione pratica e continua di un monumento possiede anche per il valore dellantico un significato importante e senzaltro spesso indispensabile, la possibilit di un conflitto tra detto valore e il valore duso, che finora appariva ancora come inevitabile, viene con ci nuovamente a restringersi. A proposito delle opere dellantichit e dellalto medioevo, da noi relativamente rare, un tale conflitto certamente non pu aver luogo, perch queste opere, tranne alcune eccezioni, da molto tempo sono comunque sottratte allutilit pratica. Alle opere recenti, invece, il culto del valore dellantico accorder facilmente quelle concessioni alla manutenzione, le quali appunto dovrebbero garantire a quei monumenti lidoneit alla circolazione e fruizione umana, auspicata anche dal punto di vista di questo valore. Per ci la possibilit di un conflitto tra il valore duso e il valore dellantico nel caso pi immediato data da quei monumenti che si trovano al limite tra quelli utilizzabili e quelli che non lo sono, tra medioevali e moderni; e in tali casi senza dubbio la vittoria spetter a quei valori, le cui richieste sono conformi a quelle espresse dagli altri valori concomitanti [...]. Il valore artistico Come vuole la concezione moderna, ogni monumento per noi possiede un valore artistico, in quanto corrisponde alle esigenze del moderno Kunstwollen. Si tratta anzi, a questo proposito, di due esigenze di specie diversa. La prima, il valore artistico la condivide con quella dei periodi artistici precedenti in quanto anche ogni opera darte moderna, come ogni recente creazione, deve apparire come conclusa, non caduta in degrado n nella forma n nel colore. In altre parole: ciascuna opera nuova solo in virt di questa novit possiede gi un valore artistico che si pu denominare valore artistico elementare o brevemente valore di novit. La seconda esigenza, che non rivela ci che lega il moderno Kunstwollen agli esempi di Kunstwollen precedenti, bens ci che lo separa da quelli, riguarda lo stato specifico del monumento sotto laspetto della concezione della forma e del colore. La cosa migliore sarebbe usare, perci, lespressione valore artistico relativo, perch questa esigenza non rappresenta niente di oggettivo, niente di immutabile, bens appare inserita in un processo costante di cambiamento. chiaro fin da principio, che un monumento non pu corrispondere completamente a una delle due esigenze. Il valore di novit Poich ogni monumento, secondo la sua et e altre circostanze, deve avere provato in grado maggiore o minore leffetto di degrado delle influenze della natura, il carattere concluso di forma e di colore, che richiesto dal valore di novit, per il monumento senza dubbio irraggiungibile. Per questo motivo, in ogni epoca e fino allet contemporanea si sono considerate le opere darte vistosamente invecchiate come poco soddisfacenti per il moderno Kunstwollen, che muta continuamente. La conseguenza evidente: se un monumento che porta con s le tracce della degradazione deve piacere al volere moderno come noi lo abbiamo descritto, allora deve essere liberato dalla traccia dellantico e,
60

attraverso un ampio completamento in forma e colore, deve riguadagnare il carattere di novit tipico delle nuove creazioni. Per ci il valore di novit pu essere conservato in un solo modo, che in contraddizione assoluta con il culto del valore dellantico. Si presenta allora la possibilit di un conflitto con il valore dellantico, che, per acutezza ed inconciliabilit, supera tutti i conflitti esaminati precedentemente. Il valore di novit infatti lavversario pi formidabile del valore dellantico. Il carattere concluso del nuovo, dellappena sorto, che si manifesta nella caratteristica pi semplice di forma continua e policromia intatta pu essere giudicato da chiunque, anche se privo di qualsiasi formazione culturale. Per questo il valore di novit da sempre stato il valore artistico delle masse meno colte; mentre il valore artistico relativo, almeno dallinizio dellepoca moderna, poteva essere apprezzato solo dalle persone con una formazione estetica. Alla massa da sempre ha procurato piacere ci che visibilmente si presenta come nuovo; nei manufatti ha desiderato vedere quindi solo la creativit vittoriosa della forza umana e non lattivit distruttiva della forza della natura, avversaria dellopera umana. Solo il nuovo e lintero secondo le idee della massa bello; lantico, il frammentato, lo scolorito brutto []. Ma ancora di pi tutta la tutela dei monumenti dellOttocento si fondava essenzialmente su questa concezione tradizionale; lintima fusione del valore di novit con il valore storico. Ogni traccia evidente del degrado dovuto alle forze della natura doveva essere eliminata; lincompleto, il frammentario doveva essere completato, in modo da ristabilire un insieme uniforme e concluso, NellOttocento la reintegrazione del documento nello stato originale stata la meta ammessa e propugnata apertamente e con entusiasmo di tutta la tutela razionale dei monumenti. Solo il sorgere del valore dellantico, verso la fine dellOttocento, ha causato la contraddizione e i conflitti, che si osservano, da alcuni anni a questa parte, in quasi tutti i luoghi dove sono monumenti da tutelare. Al centro della controversia, che attualmente viene condotta quasi sempre con acutezza intorno al trattamento dei monumenti, si trova proprio il contrasto tra valore di novit e valore dellantico []. L dove si tratta di monumenti che non possiedono un valore duso, il valore dellantico gi prevalso ed riuscito a far valere i suoi principi circa il trattamento dei monumenti. Le cose per stanno in modo diverso l dove contemporaneamente sono in gioco le esigenze del valore duso; perch tutto ci che in uso ancora oggi agli occhi della grande maggioranza vuole apparire recente e pieno di forza, nel suo stato originale e tende a negare le tracce dellantico, della degradazione e del venir meno delle forze []. Proprio da questo punto di vista diventa chiaro quanto il culto del valore dellantico ancora oggi richieda la preliminare opera di sfondamento del valore storico. Al culto del valore storico devono essere convertiti ancora ceti sociali molto ampi, prima che, con il loro aiuto, la grande massa sia matura per il culto del valore dellantico []. Per fortuna oggi questo compito reso meno difficile di quanto a prima vista potrebbe forse sembrare. Il diritto di esistenza del valore di novit di per s non viene negato nemmeno con il culto del valore dellantico. Viene negato solo ai monumenti, cio alle opere con un certo valore in quanto memoria. Alle nuove opere, invece, sorte recentemente, non viene solo concesso esplicitamente, ma viene richiesto in modo pi forte e unilaterale oggi rispetto agli ultimi decenni []. Sintende che cos si esprime la tendenza inconfondibile a separare, nel modo pi severo possibile, il valore di novit dal valore dellantico []. Dal lato estetico il valore di novit corrisponde al valore duso: di conseguenza il culto del valore dellantico, di per s, almeno al grado attuale del suo sviluppo e almeno in opere utilizzabili dellet moderna, deve condiscendere in certa misura al valore di novit. Se per esempio in un municipio gotico, da una parte in vista si fosse staccato il coronamento di un baldacchino, il culto del valore dellantico certamente preferirebbe contentarsi della conservazione intatta di questa traccia dellantico, ma oggi certamente non ci sarebbero delle difficolt notevoli, se il valore di novit nel nome del decorum esigesse leliminazione di questo danno che provoca una spiacevole sensazione, ed il rinnovo del coronamento nella forma originale (precisamente conosciuta). Le controversie violente, condotte tra
61

i sostenitori delluno e dellaltro valore, si collegano piuttosto con unaltra conclusione tratta nellOttocento dal valore di novit, in favore del valore storico. Essa riguarda i monumenti che non sono conservati completamente nello stato originale, ma che con landar del tempo hanno subito certe modificazioni stilistiche. Siccome il valore storico si basa sul riconoscimento chiaro dello stato originale, allora, nei tempi in cui il culto del valore storico di per s era molto importante, si ritenne naturale rimuovere tutte le modificazioni posteriori (pulitura, ripristino) e ristabilire le forme originali che erano state alterate, sia che fossero documentate con precisione oppure no; perch solamente qualcosa di simile alloriginale, anche se si fosse trattato di uninvenzione moderna, sembrava tuttavia al culto del valore storico pi soddisfacente della precedente aggiunta, autentica ma estranea allo stile. Con questa esigenza del valore storico si collega il culto del valore di novit, in quanto loriginale, che si voleva ripristinare, come tale avrebbe dovuto mostrare anche un aspetto concluso, e in quanto ogni aggiunta non appartenente allo stile originale si percepiva come una rottura dellunit, come un sintomo di degrado. Ne risult il postulato dellunit stilistica, che alla fine condusse a non eliminare solo quelle parti che in origine non vi erano affatto e che solo in un periodo stilisticamente successivo erano state aggiunte in modo completamente nuovo, ma anche a rinnovare tali parti in una forma adatta allo stile del monumento originale. Con ragione si pu dire che il trattamento dei monumenti dellOttocento si bas essenzialmente sui postulati delloriginalit dello stile (valore storico) e dellunit stilistica (valore di novit) [...]. Il valore artistico relativo Sul valore artistico relativo si basa la possibilit di apprezzare le opere delle generazioni precedenti non solo come testimonianze del superamento della natura per mezzo della creativit umana, ma anche in relazione alla loro particolare concezione, forma e colore. Dal punto di vista moderno, secondo cui non esiste un canone artistico oggettivamente valido, sembra normale che un monumento possa non avere un valore artistico per le generazioni a venire []. Insegna per lesperienza che spesso valutiamo le opere darte pi antiche come pi grandi di quelle moderne []. Circa trentanni fa per questo fenomeno si possedeva ancora una spiegazione semplice: in quel tempo si credeva ancora allesistenza di un valore artistico assoluto, per quanto si considerasse difficile definirne esattamente i criteri. La maggior valutazione dei monumenti pi antichi si spiegava in base alla considerazione che quei tempi remoti si fossero avvicinati nella loro produzione artistica al valore artistico assoluto pi di quanto, nonostante limpegno, fossero in grado di fare gli artisti moderni. Allinizio del Novecento ci siamo gi prevalentemente convinti che non esiste un tale Valore artistico assoluto []. Che le opere darte antiche vengano talvolta da noi apprezzate pi di quelle moderne si spiega per un motivo diverso dal criterio di un fittizio valore artistico assoluto. Possono sempre darsi singoli aspetti dellopera darte antica in comune con il moderno Kunstwollen; ma allo stesso tempo debbono sempre esserci altri determinati aspetti che se ne differenziano; perch si suppone impossibile che lantico Kunstwollen possa essere completamente identico a quello doggi e questa differenza appunto si deve rivelare in certi registri artistici []. Dopo tutto non esiste un tempo che, essendo pienamente convinto di poter trovare liberazione estetica per mezzo dellarte figurativa, possa fare a meno dei monumenti di periodi precedenti. Si provi solamente a immaginare che le opere di scultura dellantichit e le pitture del Quattrocento fino al Seicento vengano a mancare nel nostro bagaglio culturale e si calcoli quale impoverimento subiremmo in relazione alla capacit di colmare il nostro moderno bisogno artistico []. Dunque in generale si deve rispondere negativamente e senza esitazione alla domanda se il monumento possa avere un valore di novit, cio un valore artistico basato sulla compiutezza dello stato originale; mentre il secondo tipo possibile del valore artistico contemporaneo il valore artistico relativo non si deve in nessun modo negare al monumento come tale. Con ci si dovr opportunamente distinguere tra una valutazione positiva e una negativa.
62

Se il valore artistico relativo un valore positivo, e il monumento con le sue proprie qualit di concezione, forma e colore concede dunque soddisfacimento al nostro moderno Kunstwollen, ne segue necessariamente il desiderio di non lasciare che questo significato si indebolisca, il che accadrebbe se, in conformit alle pretese del valore dellantico, lo si abbandonasse al naturale degrado ad opera delle forze della natura. Di pi, ci si pu sentire indotti a revocare in certo modo il processo della natura che durato finora e a togliere le tracce dellantico (pulitura di un quadro), a far ritornare il monumento nel suo stato originale, non appena ci sia motivo di supporre che il monumento nel suo stato originale e non invecchiato corrisponda al nostro Kunstwollen in misura notevolmente maggiore rispetto alla condizione in cui ci si presenta, che ha naturalmente subito dei mutamenti. Il caso positivo del valore artistico relativo di regola richieder dunque la sua conservazione nello stato a noi pervenuto, ma talvolta richieder anche perfino una restauratio in integrum e con ci entrer apertamente in contrasto con le richieste del valore dellantico []. Molto minore il pericolo di un conflitto con il valore dellantico nel caso di una versione negativa del valore artistico relativo. Questa non priva di valore ed indifferente per il moderno Kunstwollen, ma addirittura rappresenta unindecenza per questultimo. Perch lessere senza valore potrebbe rappresentare solo un valore positivo infinitamente piccolo, perci consentirebbe il trattamento dei monumenti secondo le richieste del valore dellantico. Lindecenza, la mancanza di stile e la bruttezza di un monumento dal punto di vista del moderno Kunstwollen conducono per direttamente alla richiesta della distruzione intenzionale del monumento stesso. Cos ancora oggi, soprattutto per qualche monumento barocco, valgono espressioni come non lo si pu proprio sopportare e meglio non vederlo (bench da ventanni a questo proposito le nostre concezioni si siano notevolmente moderate). Con una accelerazione del degrado del monumento per intervento delluomo, si agisce, allo stesso tempo, contro le richieste del valore dellantico, come quando si ritarda artificialmente la degradazione per mezzo di un restauro. Sintende che oggi avviene pi raramente che un monumento possa venire distrutto soltanto per motivi inerenti al suo valore artistico relativo (oppure detto pi esattamente, al suo non valore artistico); ma nella tutela dei monumenti non si dovr dimenticare anche il caso negativo del valore artistico relativo, e precisamente per il fatto che se si aggiunge ad un ulteriore conflitto con un altro valore contemporaneo (il valore duso oppure il valore di novit} nello stesso monumento, esso pu contribuire in modo essenziale a provocare una decisione a svantaggio del valore dellantico.

63

Roberto Pane Il restauro dei monumenti e la chiesa di S. Chiara a Napoli (1944)*

[] Il restauro, inteso quale conservazione e difesa dei monumenti e non soltanto adattamento pratico di essi a nuove destinazioni, cosa del tutto moderna, la cui storia risale a poco pi di un secolo. Lantichit, ignor il problema del restauro estetico; let del Rinascimento rilev amorosamente lantico, ma piuttosto che conservarlo lo sfrutt alloccasione come cava di marmi e di pietre; let barocca nutr per le forme del passato una sorridente indifferenza, e nel suo sconfinato produrre non esit neppure dinanzi ai pi gravi pericoli di contaminazione. Bisogna giungere ai primi decenni dellOttocento per incontrare vere e proprie teorie del restauro come quelle espresse dal Quatremre de Quincy e dal Viollet le Duc, tanto famoso questultimo, quanto vasta e spesso deleteria ne stata lopera e linfluenza []. Nel suo Dictionnaire raisonn il teorico francese scrive: Le mieux est de se mettre la piace de larchitecte primitif et de supposer ce quil ferait si, revenant au monde, on lui posait les programmes qui sont poss nous-mme. Tale antistorica supposizione apparve cos legittima da costituire il fondamento dei molti restauri che, nella seconda met dellOttocento ed oltre, furono eseguiti sia in Francia che negli altri paesi dEuropa. Non qui il caso di mostrare come, ancora oggi, una simile mentalit raziocinante e non estetica si ritrovi in diverso sembiante in quella storiografia dellarchitettura che continua a procedere secondo schemi e tipi di evoluzione []. Fortunatamente gli errori del passato hanno giovato alla educazione dei moderni restauratori, e la cultura critica ed estetica, in Italia pi avanzata che altrove, ha fortemente contribuito alla formazione di una matura coscienza dei problemi in questione. Di tale progresso prova, fra laltro, quellinsieme di norme, relative ai criteri da seguire per la tutela dei monumenti, che anni or sono stato formulato merc lintervento degli organi preposti alla tutela medesima e cio le soprintendenze ai monumenti ed agli scavi. Tale insieme costituisce un documento di vivo interesse e, sebbene abbia linfelice titolo di Carta del restauro, avr certamente migliore fortuna di molte altre analoghe Carte, perch appare, nel complesso, dettato da un sano ed illuminato senso dellarte e della storia. Nella sua fondamentale impronta esso mostra di ispirarsi ad una concezione nettamente antitetica a quella predicata dal Viollet le Duc. Infatti il restauro di ripristino, fondato su analogie stilistiche, vi senzaltro bandito ed solo ammesso in quei casi in cui risulta fondato su basi assolutamente attendibili. Riferendosi alle opere delle et antiche, tali norme stabiliscono che sia escluso il completamento delle parti mancanti; anche nel caso che sia possibile desumere con certezza i particolari elementi di queste e ci perch il gusto formale di una moderna esecuzione non potrebbe in nessun caso giungere a comporre in unit:stilistica lantico e il nuovo. ammessa solo lanastilosi e cio la meccanica ricomposizione di parti smembrate, come potrebbero essere, ad esempio, gli sparsi rocchi di una colonna dorica o i blocchi di una muratura isodomica. Nella eventualit che risulti necessaria, per ogni genere di restauro, lesecuzione di parti nuove, suggerito che queste siano limitate allindispensabile e, in ogni caso, che siano eseguite, o con materiale diverso da quello originario o con ladozione di superfici di inviluppo in cui la ricorrenza con la forma antica sia raffigurata in modo schematico. Tutto questo nel giusto intento di distinguere la parte antica dalla nuova e cio, come s gi accennato; in un senso precisamente opposto a quello praticato dal Viollet le Duc. Unaltra norma degna dinteresse quella che afferma la necessit di conservare di un monumento tutti gli elementi aventi carattere di arte o di storico ricordo a qualsiasi tempo
* PANE, Roberto, Il restauro dei monumenti e la chiesa di S. Chiara a Napoli, in Aretusa, 1, 1944, ora in ID., Attualit e dialettica del restauro, antologia a cura di M. Civita, Chieti, Solfanelli, 1987, pp. 23-37. 64

appartengano; senza che il desiderio dellunit stilistica e del ritorno alla primitiva forma intervenga ad includerne alcuni detrimento di altri e solo possono eliminarsi quelli come le murature di finestre o di intercolunni di portici che, privi di importanza e di significato, rappresentino deturpamenti inutili. In linea di massima anche questo pu essere considerato come legittimo. Tuttavia a me pare che non possa escludersi in maniera assoluta un criterio di scelta, per la stessa ragione per cui noi non possiamo sentire storicamente il nostro passato dando a tutto lo svolgimento di esso la stessa importanza. Qui sorge il dubbio che lestrema imparzialit, suggerita dalla norma suddetta, adombri una certa preoccupazione circa il giudizio futuro che, col mutare dei gusti e delle tendenze, pu essere pronunziato sul nostro operare. Preoccupazione giusta soltanto se limitata ad ispirare uria seria e prudente consapevolezza del compito da assolvere; altrimenti essa rischierebbe di ridurci ad una sterile neutralit non meno condannabile del restauro artistico secondo Viollet le Duc. In altre parole, pur rispettando la norma in questione, si tratter di giudicare se certi elementi abbiano o no carattere di arte, perch, in caso negativo, ci che maschera o addirittura offende immagini di vera bellezza sar del tutto legittimo abolirlo e per conseguenza compromettersi con una predilezione ispirata da una vera e propria valutazione critica. Certamente anche il brutto appartiene alla storia, ma non per questo gli si dovranno dedicare le stesse cure di cui il bello merita di essere oggetto. N mi pare che tale osservazione debba essere sostenuta da esempi: ciascun lettore avr visto monumenti nei quali la contaminazione apportata da un cattivo rifacimento lo avr indotto a ricordare per chiara analogia la ridipintura eseguita da qualche mestierante sulla tela di un grande maestro, e, a stretto rigore di termini, anche questa ridipintura, che noi alloccasione non esitiamo a cancellare, ha il suo storico interesse. In definitiva simili considerazioni debbono indurci a riconoscere come non possa essere dettata in questo campo una regola fissa, perch altrettanto varrebbe dettarla allattivit dello spirito critico. Ogni monumento dovr, dunque, essere visto come un caso unico, perch tale in quanto opera darte e tale dovr essere anche il suo restauro. Ma possibile che basti al restauratore avere sensibilit e cultura di critico? Se pensiamo che gi la sola superficie di un intonaco e lapparente neutralit di un tono di raccordo possono impegnare il gusto creativo e che il pi scrupoloso rispetto delle migliori esperienze pu portare, malgrado tutto, ad un risultato negativo, dobbiamo concludere che non bastano. Per quanto si possa procedere esclusivamente sul cammino tracciato dagli elementi pi controllati e sicuri, verr sempre il momento in cui sar necessario gettare un ponte, operare una congiunzione, e ci potr essere fatto soltanto grazie ad un atto creativo nel quale chi opera non trover altro aiuto se non in s stesso, n potr, come avveniva una volta, illudersi che gli stia accanto a guidarlo il fantasma del primitivo creatore. Ma un diverso atteggiamento di fronte ai compiti che lattuale restauratore sar chiamato ad assolvere suggerito non tanto dalla complessit dei nuovi problemi quanto dal loro carattere di necessit. In altre parole, una condizione totalmente nuova apparir determinata dal fatto che, mentre prima il ripristinare, o comunque il modificare laspetto di un monumento, nasceva quasi sempre dal desiderio pi o meno giustificato di ridare ad opere, che non erano n mutilate n pericolanti, la primitiva impronta di autenticit e di bellezza, oggi si tratta di salvare i resti di forme preziose il cui abbandono non sarebbe inconciliabile con la vita di una societ colta e civile. Vero che non sono mancati coloro ai quali tale abbandono, o addirittura la totale distruzione di fabbriche difficili da conservare, sembrata lunica soluzione degna di essere attuata. Sostituiamo, si detto e si dir ancora, i monumenti nuovi ai danneggiati monumenti antichi, senza troppe nostalgie per il passato; il che vale quanto dire: cancelliamo le glorie di un tempo e produciamone delle nuove. Cosa che potrebbe anche essere degna di un sorriso di simpatia, se fosse soltanto ispirata da un candido ed ingenuo fervore, ma che produce un vivo senso dallarme se si pensa che, assai pi verosimilmente, essa dettata da una molto attivistica e pratica ambizione. Del resto anche questo atteggiamento ha, per modo di dire, un suo presupposto teorico che conviene esaminare. Esso consiste nel credere che lattuale e diffuso rispetto
65

per le opere del passato e le cure e gli studi di cui queste sono fatte oggetto, testimoniano della scarsa capacit artistica dei nostri tempi, e che tale rispetto non sarebbe da noi sentito se fossimo animati da un pi vivo e fecondo impulso creativo. Un simile giudizio pu apparire scusabile quando pronunziato da artisti, ma non lo affatto quando a pronunziarlo sono, come talvolta avviene, gli scrittori ed i critici darte. In altre parole esso vuol significare che, non potendo fare dellarte, ci si contenta di scriverne la storia e la critica; come se si trattasse non di cose diverse ma di due gradi di una medesima attivit spirituale di cui uno veramente essenziale e sovrano, laltro subordinato e non necessario []. Allinizio della guerra un grande quotidiano pubblic un referendum tra gli architetti italiani circa il problema del restauro monumentale e, fra le molte proposte che furono avanzate, era anche quella gi accennata. La grande disparit dei giudizi espressi in questa occasione provava come ciascuno avesse esteso ai casi pi diversi un suo giudizio o un suo gusto particolare, senza troppo pensare che, prima di por mano a cos vasta materia, occorreva rifarsi alle idee generali, rimettendo in questione i fondamenti storici ed estetici del lavoro da intraprendere. Data limprevedibile variet dei casi particolari, appare chiaro che vi sar modo di compiere tutte le pi diverse esperienze; da quella del puro consolidamento statico e della ricomposizione di sparsi frammenti sino allopera completamente nuova che dovr sostituire la parte distrutta di una fabbrica, creando un felice contrasto invece che una falsa imitazione. E qui si noti che, mentre un interno o una facciata riescono espressivi in virt di una fondamentale unit stilistica, quello che noi chiamiamo un ambiente, e cio quanto raccolto nella prospettiva di una piazza o di una strada, esige invece variet di forme, perch in questo caso non si tratta di unopera sola, anche quando, negli esempi migliori, il ritmo concorde di diverse tendenze formali d limpressione di una perfetta ed ideale fusione; e in simili casi nessun ostacolo dovr essere opposto al manifestarsi di unarchitettura nuova []. Qualche esempio di quanto ho detto sopra pu essere fornito dal complesso dei lavori che si dovranno eseguire in Napoli, nella chiesa di S. Chiara, in quella di S. Eligio ed altrove. Limpossibilit di ricomporre linterno barocco di S. Chiara appare evidente al primo sguardo. Nelle condizioni presenti, data la scomparsa della volta e di quasi tutte le, decorazioni settecentesche, il restauro offre una sola possibilit dal punto di vista dellindirizzo formale: quella che consiste nel ripetere le linee trecentesche continuando a scoprire ci che il fuoco ha gi parzialmente scoperto. Tuttavia, significativi avanzi del rifacimento settecentesco potranno essere conservati come le sculture sepolcrali in alcune cappelle ed il pavimento che, sebbene molto danneggiato, non sar difficile ricomporre, dato il suo prevalente carattere geometrico. Non potranno essere conservati, invece, la pilastratura di stucco e le cornici delle finestre, perch venuto a mancare a tali parti ogni legame organico di ricorrenza, in seguito alla scomparsa della volta e dei pilastri tra le cappelle. Del resto la conservazione di codesto rivestimento, che costituiva il motivo fondamentale ed il pretesto architettonico della trasformazione dalla forma gotica a quella barocca, non sarebbe possibile anche perch le parti stesse risulteranno tagliate dal ripristino degli antichi finestroni, e questo non potr non tornare a pieno vantaggio della prospettiva interna, perch contribuir pi dogni altro elemento a ridare un pieno sviluppo verticale alla navata. In onore della verit e non per voler ritrovare a tutti i costi, in mezzo a tanta rovina, un motivo di consolazione, va riconosciuto che, pur nella vastit e audacia del programma decorativo, il Settecento napoletano non aveva raggiunto in S. Chiara una delle sue espressioni pi felici. Gli affreschi, le dorature, la,volta, che nel suo sesto fortemente depresso non riusciva a mascherare la finzione strutturale, e soprattutto lo stridente contrasto fra tutto questo ed il gusto formale dei monumenti angioini, dominanti sullo sfondo, davano al visitatore un senso di perplessit e di insoddisfazione che solo era superato quando locchio, rinunziando alla visione dinsieme, passava a considerare le opere darte ed i documenti di storia che cinque secoli avevano accumulato in questo grandioso interno. Ci non toglie, ad ogni modo, che anche S. Chiara barocca sia degna di rimpianto e che il suo ricordo
66

susciti in noi un sentimento di nostalgia, non tanto per limmagine perduta quanto perch il ricordo di questa associato, negli animi di molti di noi, a quello degli anni di giovinezza ed al loro vago e dolce immaginare. In tal senso lantitesi tra la chiesa settecentesca, cos ricca e profana, e quella austera e nuda che risorger dal restauro, significher in simbolo lantitesi tra il tempo passato e quello che ci attende. Circa la sorte di alcune altre opere particolari della chiesa va ricordato che anche laltar maggiore, con i suoi fastosi intarsi marmorei e le sue volute, pu dirsi completamente perduto. Nelle chiese napoletane del Seicento e Settecento laltare appare abitualmente come il pezzo di forza del virtuosismo, e quello di S. Chiara non faceva eccezione. A me pare che tale perdita meriti meno delle altre di essere deplorata, sia per la sua scarsa importanza artistica sia perch, incorporato nella muratura dellopera barocca e quindi risparmiato dal fuoco, resta tuttora il primitivo altare gotico, dallornamentazione delicata e preziosa e di una grandezza che, mentre proporzionata alla figura del sacerdote officiante ed in perfetta armonia con lambiente gotico, lascia pienamente dominare il monumento di re Roberto e gli altri che lo fiancheggiano, Ma qui potrebbe sorgere il dubbio che forse meglio sarebbe, data la loro attuale condizione di rovina, se quei monumenti non pi dominassero la visuale della navata, mentre, a render pi acuta la pena, sopraggiunge il ricordo del perfetto stato di conservazione in cui le sculture dei Bertini, di Tino di Camaino e del Baboccio erano giunte sino a noi; e, quasi non bastasse, le fotografie eseguite dopo lincendio mostrano parti ancora conservate che poi, per limpossibilit di una immediata protezione e per le sopraggiunte intemperie, sono successivamente crollate. Ad ogni modo sembra chiaro che parte dei frammenti potr essere ricomposta in sito e che il resta dovr essere raccolto e conservato, insieme con le parti superstiti di altre opere, in quelle sale del convento che, convenientemente restaurate, potranno essere destinate a museo della chiesa. Concepito in pura funzione statica il restauro dovr limitarsi a rifare, l dove occorra, qualche elemento portante in forma riassuntiva e schematica, in maniera che esso appaia riconoscibile dal resto per il suo diverso carattere, pur collaborando a ricostituire una visione dinsieme e giovando a proteggere ci che resta da una successiva rovina. Ora, che questa visione dinsieme possa essere raggiunta pare molto probabile; ma risulter certa solo (quando, raccolte ed esaminate, le sparse membra, si delineer quel ripristino grafico che dovr precedere il lavoro esecutivo. Allet angioina appartengono quasi tutte le maggiori chiese di Napoli, fra cui quello, di Donnaregina, che stata oggetto di uno dei migliori restauri compiuti in Italia in questi ultimi decenni. Con lo stesso gusto e lo stesso rispetto, sebbene il compito sia ancora pi arduo, sarebbe desiderabile veder ricostruita S. Chiara e la chiesa di S. Eligio. Questultima mostra ora alcuni elementi nuovi di grande interesse tra cui le belle crociere in pietra viva che fiancheggiavano labside e che il neutro ed indifferente rimaneggiamento del Travaglini, lo stesso che altrove inventava dorature gotiche, aveva mascherata con squallide pareti di intonaco. Qui, ancora pi che in S. Chiara, il compito del restauratore chiaramente indicato, sia allinterno che allesterno, dagli organici e pregevoli resti della fabbrica gotica. Le finestre murate saranno cos riaperte per ridare luce e ritmo allunica navata. Ma la maggiore difficolt non consister nella sistemazione delle parti superstiti dei monumenti, alle quali soccorreranno i numerosi mezzi che la moderna tecnica pone a nostra disposizione, bens nellattribuire una forma estetica a tutto il vasto insieme; cosa che, procedendo con la maggiore sobriet e cautela, dovr pur essere compiuta. Ora proprio in questo senso che, anche seguendo il concetto di nuda semplicit e di rispondenza allo schema costruttivo opportunamente raccomandate dalle suddette norme del restauro, dovr essere realizzata unopera che, nel suo dar nuova vita alla chiesa, riesca insieme antica e moderna. I vincoli del restauro imporranno i loro giusti e rigorosi limiti al gusto ed alla fantasia, ma saranno sempre e soltanto questi ultimi a fornire una soddisfacente soluzione del problema. Ora, se ci vero, quale conclusione legittimo trame? Che il restauro esso stesso unopera darte sui generis; conclusione gi implicita in quanto si detto pi sopra, ma che non lo affatto nelle ricordate norme; anzi si direbbe che nella mente di coloro che le hanno redatte sia
67

stata soprattutto presente lintenzione di negare ogni funzione creativa allintervento del restauratore, e ci per il plausibile timore delle pratiche conseguenze che un diverso atteggiamento avrebbe potuto apportare. Ne prova, fra laltro, il passo in cui detto che solo possa ammettersi la continuazione di linee esistenti nei casi in cui si tratti di espressioni geometriche prive di individualit decorativa,. Ma non esistono in architettura linee geometriche prive di individualit decorativa, poich se unindividualit presente nellopera, essa tale anche per virt di quelle parti che, isolatamente considerate, possono apparire come indifferenti dal punto di vista espressivo. Daltra parte la gi ricordata disposizione di porre in evidenza con materiali diversi e linee dinviluppo la parte nuova, dovuta al restauro , sebbene inconsapevole, unimplicita ammissione della natura artistica del restauro, mentre lantica tendenza dellimitazione che conduceva al falso documento negava larte in quanto sostituiva ad essa un generico virtuosismo. Con queste considerazioni ho inteso di chiarire e, in certo senso, spingere sino alle loro estreme conseguenze estetiche i dettami delle pi moderne concezioni del restauro []. La distruzione di tante opere darte ci fa sentire oggi quanto sia vera la massima leonardesca che le cose belle appartengono a coloro che le amano. Questa potuta sembrare una espressione un po retorica, sino a quando non abbiamo constatato a nostre spese che era invece unaffermazione di verit positiva e concreta. Restaurare e proteggere i nostri monumenti dovr essere uno dei compiti peculiari del nostro futuro, malgrado il giudizio dei cosiddetti uomini pratici, i quali credono che lo scopo di una societ umana sia gi soddisfatto dal raggiungimento di un pratico benessere. Ma alla nostra difficile opera di persuasione verso costoro, le argomentazioni logiche gioveranno assai meno di quelle ispirate dallamore verso i frutti pi preziosi della nostra civilt; allo stesso modo per cui, non la logica, ma un sentimento ci che d impulso alla nostra vita morale.

68

Cesare Brandi Concetto del restauro (1963)*

Sintende generalmente per restauro qualsiasi intervento volto a rimettere in efficienza un prodotto dellattivit umana. Si avr dunque un restauro relativo a manufatti industriali e un restauro relativo allopera darte: ma se il primo finir per porsi come sinonimo di risarcimento o di restituzione in pristino, il secondo ne differir qualitativamente, in quanto che il primo consister nel ristabilimento della funzionalit del prodotto, mentre per il secondo, seppure tale ristabilimento rientrer in certi casi, come per le architetture, negli scopi secondari o concomitanti al restauro, il restauro primario quello che riguarda lopera darte in quanto tale. Ma lo speciale prodotto dellattivit umana a cui si da il nome di opera darte, lo per il fatto di un singolare riconoscimento che avviene nella coscienza, e solo dopo tale riconoscimento si eccettua in modo definitivo dalla comunanza degli altri prodotti. Questa la caratteristica peculiare dellopera darte in quanto non si indaghi nella sua essenza, ma in quanto entra a far parte del mondo della vita, e cio nel raggio di esperienza individuale. Da tale premessa discende un corollario basilare: qualsiasi comportamento verso lopera darte, ivi compreso lintervento di restauro, dipende dallavvenuto riconoscimento o no della opera darte come opera darte. Perci anche la qualit e la modalit dellintervento di restauro, sar strettamente legata allavvenuto riconoscimento, e pur la fase di restauro, che eventualmente lopera darte pu avere in comune con altri prodotti dellattivit umana, non rappresenta che una fase supplementare rispetto alla qualificazione che lintervento riceve dal fatto di dover essere attuato su unopera darte. Di qui lopportunit di eccettuare il restauro, come restauro dellopera darte, dallaccezione comune del restauro, e di articolarne il concetto non gi in base ai procedimenti pratici con cui si attua, ma in relazione allopera darte in quanto tale da cui si riceve qualificazione. Tuttavia lopera darte, pur eccettuandosi da tutti gli altri prodotti dellattivit umana, conserva la caratteristica, rispetto alle cose di natura, di essere un prodotto dellattivit umana. E come opera darte e come prodotto pone allora una duplice istanza: listanza estetica, che corrisponde al fatto basilare dellartisticit per cui lopera opera darte; listanza storica che rispecchia la sua emergenza come prodotto umano in un certo tempo e in un certo luogo. Inoltre il fatto di presentarsi al riconoscimento di una coscienza in un certo tempo e in un certo luogo, conferisce allopera darte una seconda storicit che via via si trasferisce nel tempo. A questo punto si pu dare la definizione di restauro, in quanto restauro dellopera darte, nei termini seguenti: il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dellopera darte nella sua consistenza fisica e nella duplice polarit estetico-storica, in vista della sua trasmissione al futuro. Da tale definizione emerge che limperativo del restauro, come quello pi generale della conservazione (che tuttavia si presenta come un restauro preventivo), si rivolge in primo luogo alla consistenza materiale in cui si manifesta limmagine. Si pone quindi il primo e fondamentale assioma: si restaura solo la materia dellopera darte. Ma i mezzi fisici ai quali affidata la trasmissione dellimmagine non sono affiancati a questa; sono anzi a questa coestensivi: non c la materia da una parte e limmagine dallaltra. E tuttavia, per quanto coestensiva allimmagine, non in tutto e per tutto tale coestensivit potr dichiararsi intrinseca
* BRANDI, Cesare, Restauro Concetto del restauro (ad vocem), in Enciclopedia Universale dellArte, Venezia-Roma, 1963, vol. XI, coll. 323-332. 69

allimmagine. Una certa parte di codesti mezzi fisici funzioner ad esempio da supporto, cos le fondamenta per le architetture, la tavola o la tela o il muro per una pittura. Se allora le condizioni dellopera darte si rivelino tali da esigere, per la sua conservazione, il sacrificio o la sostituzione di una certa aliquota dei mezzi fisici con cui fu estrinsecata, lintervento dovr essere compiuto secondo che esige listanza estetica. Ma daltro canto non potr neppure essere sottovalutata listanza storica, e questa, per di pi, non sarresta alla prima storicit, ossia a quella che si fondava allatto della formulazione dellopera, ma dovr tenere conto anche della seconda storicit, che prende lavvio subito dopo latto della formulazione e si protrae fino al momento e luogo in cui avviene il riconoscimento nella coscienza. Il contemperamento fra le due istanze rappresenta la dialetticit del restauro proprio in quanto momento metodologico del riconoscimento dellopera darte come tale. Donde il secondo principio di restauro: il restauro deve mirare al ristabilimento dellunit potenziale dellopera darte, purch sia possibile raggiungere ci senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dellopera darte nel tempo. La materia dellopera darte. Se soggettivamente si restaura solo la materia dellopera darte, com postulato nel primo assioma, la materia, in quanto rappresenta contemporaneamente il tempo ed il luogo dellintervento di restauro, richieder una definizione che non potr essere mutuata alle scienze naturali, ma ricavata per via fenomenologica. Sotto questo aspetto la materia si intende come quanto serve allepifania dellimmagine. Riportata e circoscritta allepifania dellimmagine, esplicita lo sdoppiamento fra struttura ed aspetto. Si faccia lesempio di un dipinto su tavola, in cui la tavola sia talmente tarlata da non offrire pi un supporto conveniente: la pittura sar allora la materia come aspetto, la tavola la materia come struttura, ancorch la divisione possa risultare assai meno netta, in quanto che, per il fatto di essere dipinta su tavola, la pittura acquisisce particolari. caratteristiche che potrebbero scomparire, una volta trasferita su un altro supporto. E dunque la distinzione fra aspetto e struttura si rivela assai pi sottile di quello che pu parere di primo acchito, n ai fini pratici sar sempre possibile mantenere una rigida separazione. Si faccia un altro esempio: un edificio gettato a terra da un terremoto, e che, nella grande quantit di elementi superstiti e nelle testimonianze autentiche, si presti tuttavia ad una ricostruzione od anastilosi. In questo caso laspetto non pu essere considerato solo la superficie esterna dei conci, ma questi dovranno rimanere conci, non solo in superficie. Tuttavia la struttura muraria interna potr cambiare per garantirsi da futuri eventi sismici, e perfino la struttura interna delle colonne se ve ne siano, o delle travature. il caso della ricostruzione della Chiesa di S. Pietro ad Alba Fucense. Invece il caso inverso per la ricostruzione del tempio E di Selinunte, i cui rocchi delle colonne giacevano a terra da molto pi di un millennio, con una consunzione del tutto diversa da quella che avrebbero subito se fossero rimasti in opera; ci ha determinato proprio limpossibilit di ricondurre allaspetto originario le parti superstiti del monumento. Infatti i rocchi, corrosi e di colore diverso dalla parte su cui giacevano rispetto a quella esposta allaria e al sole, non arrivano a ricostruire lunit monolitica che postula la colonna, anche se la struttura apparentemente sia restata quella antica. In realt anche la struttura ha dovuto essere violentemente alterata col cemento armato, e con ci non si soddisfatta n listanza estetica, n listanza storica, per la quale, in tal caso, il monumento andava ormai conservato nelle reliquie e nello stato nel quale era stato trasmesso dal tempo. Molti errori funesti e distruttivi sono proprio discesi dal fatto che non si era indagata la materia dellopera darte nella sua bipolarit di aspetto e di struttura. Cos una radicata illusione, che, ai fini dellarte, potrebbe dirsi illusione dimmanenza, ha fatto considerare come identici, ad esempio, il marmo ancora non resecato di una cava e quello che, della stessa cava, divenuto statua: mentre il marmo non resecato possiede solo una composizione chimica identica, il marmo della statua ha subito la trasformazione radicale dessere veicolo dunimmagine, si storicizzato per dato e fatto dellopera
70

delluomo, e fra il sussistere come marmo e il suo essere immagine, si aperta unincolmabile discontinuit. Che dunque la materia possa essere la stessa, non sufficiente per autorizzarci a completare un monumento incompiuto o manomesso, poich la storicizzazione che acquisterebbe la materia per la nuova utilizzazione non deve risultare retrodatata o si fa un falso storico oltrech estetico. evidente che, in base a tale chiarificazione, lavere ricostruito la sto di Attalo ad Atene con lo stesso marmo con cui era stato edificato quello originario aggrava lerrore, mentre la ricostruzione ottocentesca di alcune campate del Colosseo in mattoni, solo per garantire la statica delle parti originali superstiti, testimonia un probo intervento, assolutamente ligio allistanza storica, ancorch, esteticamente, la diversit di colore sia troppo forte. Perfetta invece deve ritenersi la soluzione del Valadier per le parti mancanti dellarco di Tito, cromaticamente accordato alle parti superstiti e variato nella materia impiegata (travertino invece che marmo). Pertanto la materia dellopera darte non mai unica anche quando lopera risulta di una materia omogenea legno, marmo, bronzo ma va indagata come struttura e come aspetto, e in tal caso va previsto e attuato lintervento di restauro. Lopera darte come unit Il secondo principio postulato per il restauro contempla il ristabilimento dellunit potenziale dellopera darte. Perci il concetto di unit, in quanto riferito allopera darte, esige un sostanziale chiarimento. E allora, posto che lopera darte vada riconosciuta come unit, quale unit le spetta, quella dellintero o quella totale? E posto che le spetti lunit dellintero, sar questa da concettualizzarsi come lunit organico-funzionale che caratterizza il mondo fisico dal nucleo atomico alluomo? Prima di tutto si sottolinea che, seppure sembri che la prima domanda riguardi lessenza dellopera darte, in realt domanda che si pone solo a posteriori, quando lopera nel mondo e ne avviene la ricezione in una coscienza. solo allora, e tanto pi dovendosi attuare un intervento tecnico come quello del restauro, che sorge il problema se sia da attribuirsi allopera darte lunit dellintero, la, vera unit, o lunit del totale. Se infatti lopera darte non dovesse concepirsi come un intero, dovrebbe considerarsi come un totale, e in conseguenza risultare composta di parti: ci equivarrebbe a riproporre per lopera darte il concetto geometrico che gi, per il bello, fu refutato da Piotino. Ma lopera darte pu effettivamente presentarsi come composta da parti, fin al punto che, come per un polittico, queste parti possono materialmente staccarsi luna dallaltra, in quanto originariamente concepite come separate. Tuttavia, anche in questo caso giocoforza concludere che le parti non sono veramente autonome ma che la partizione ha valore di ritmo, e nel contesto se ne perde il valore individuo per essere fuso e riassorbito in unopera sola. Altrimenti, se le parti restano ognuna per suo conto, e solo materialmente accostate, lopera che ne risulta una silloge, e quella riunione avr solo una ragione storica, ma non una validit estetica. Appare allora come necessaria illazione che la speciale attrazione che esercita lopera darte sulle sue parti, quando si presenti composta di parti, gi la negazione implicita delle parti come costitutive dellopera darte. Ma si faccia il caso di unopera di arte che, ben pi di un polittico o di un pezzo di oreficeria, sia composta di parti, le quali prese ciascuna a s, non abbiano nessun particolare valore di forma, ma solo, al pi, siano fonte di un generico edonismo collegato alla bellezza della materia, alla purezza del taglio e cos via. Si prenda il caso limite, cio, delle tessere del mosaico, e dei conci di unarchitettura. Senza esplicitarne ora il valore di ritorno, che sarebbe un riportarsi allassenza, rimane dal punto di stazione assunto, che quello della ricezione dellopera darte, che tanto le tessere musive quanto i conci, una volta sciolti dalla concatenazione formale in cui lautore li dispone, rimangono inerti e non trattengono nessuna traccia, o appena una traccia scarsa, dellunit in cui erano stati cementati dallartista. dunque il mosaico e la costruzione fatta di conci, il caso che pi eloquentemente dimostra limpossibilit per lopera datte di essere concepita come un totale, quando
71

invece deve realizzare un intero. E tuttavia questa unit dellintero che deve attribuirsi allopera darte, non pu ulteriormente essere concettualizzata sulla falsariga dellunit funzionale o organica del mondo della natura, che si pu sperimentare e ricondurre a leggi universali, in quanto che lopera darte ogni volta chiusa in s, e non si pu sperimentare ma solo contemplare. Cosi, se un animale senza un arto, o mutilato o deforme, ma limmagine di un animale a cui non si veda un arto non n mutilata n deforme, solo limmagine che si vede. Un gatto dangora potr avere in realt un occhio azzurro e uno verde, e solo se si veda di profilo si supporr, sulla base statistica, che abbia dello stesso colore anche locchio che non si vede, ma un gatto dangora dipinto di profilo, non ha laltro occhio n dello stesso colore, n di un altro, semplicemente non ha laltro occhio, perch nellimmagine dipinta sta come gatto solo per un valore semantico limitatamente a quanto limmagine ha prelevato, non nella sua unit organico-funzionale per cui un gatto ha due occhi. Le proposizioni che precedono assumono unimportanza fondamentale proprio per il restauro, in quanto che stabiliscono dei limiti invalicabili allintervento stesso di restauro, e garantiscono al contempo lestensione dellintervento legittimo. Si deduce infatti che se lunit che compete allopera darte quella dellintero e non quella del totale, anche se fisicamente frantumata, dovr continuare a sussistere potenzialmente come un tutto in ciascuno dei suoi frammenti, e questa potenzialit sar esigibile in proporzione diretta alla traccia formale superstite nel frammento. In secondo luogo, si inferisce che, se la forma di ogni singola opera darte invisibile, ove materialmente lopera darte risulti divisa, si potr cercare di sviluppare la potenziale unit originaria che ciascuno dei frammenti trattiene proporzionalmente alla sopravvivenza formale ancora recuperabile di essi. Con questi due corollari si viene a negare che si possa intervenire nellopera darte mutilata e ridotta in frammenti per analogia, perch il procedimento per analogia esigerebbe come principio lequiparazione dellunit intuitiva dellopera darte allunit organica o funzionale con cui si pensa la realt esistenziale sulla base dellesperienza. Conseguentemente lintervento di restauro volto a rintracciare lunit originaria, sviluppando lunit potenziale, immanente nei frammenti, deve essere contenuto a svolgere solo i suggerimenti impliciti nei frammenti stessi o suffragati in testimonianze autentiche dello stato originario dellopera. Ma tale intervento integrativo cade naturalmente sotto listanza estetica e sotto quella storica, che, nel reciproco contemperamento, dovranno determinare il momento in cui si dovr arrestare lintervento e il modo di contemperarlo per evitare sia unoffesa estetica che un falso storico. Sulla necessit di questo contemperamento si basano tre principi fondamentali. Col primo di questi si esige che lintegrazione debba essere sempre e facilmente riconoscibile. Quindi lintegrazione dovr restare invisibile alla distanza a cui lopera darte deve essere guardata, ma immediatamente riconoscibile, e senza bisogno di speciali sussidi, non appena si venga ad una visione appena ravvicinata. Il secondo principio si ricollega a quanto stato detto della materia dellopera darte, e cio che questa insostituibile solo in quanto collabori direttamente alla figurativit dellimmagine, in quanto aspetto e non per tutto quanto struttura. Inane, nel terzo principio, si prescrive che ogni intervento di restauro non deve rendere impossibili, anzi deve poter facilitare gli eventuali interventi futuri. Resta tuttavia un caso che non si sussume automaticamente ai tre principi suesposti, in quanto il caso in cui, o per lo stato di frammentariet estremo dellopera, o per una prevalenza dellinteresse storico su quello estetico si preferisce non addivenire a completamento alcuno. In altri termini si pone il problema delle lacune. evidente, infatti, che, anche rinunziando a sviluppare la residua figurativit dellimmagine, difficilmente lopera darte mutila potr essere lasciata nello stato in cui la tradizione degli anni lha consegnata. Si pone cosi, al di fuori del ristabilimento dellunit potenziale dellimmagine, il problema delle lacune.
72

Il problema delle lacune. Anche questo problema si pone unicamente dalla parte del fruitore dellopera darte, anzi specificatamente il problema della ricezione storica dellopera darte senza intervento attuale o col minimo intervento. Una lacuna, per quanto riguarda lopera darte, , fenomenologicamente, uninterruzione nel tessuto figurativo, come una interruzione nel testo di unopera trasmesso non integralmente. Ma quel che stacca la lacuna dellopera darte dalla lacuna del testo, che la lacuna dellopera darte assume unimportanza a s, come una figurativit negativa. La lacuna infatti avr una conformazione, per fortuita che sia, e potr avere anche un colore, se sar uninterruzione della sola materia come aspetto. Ad esempio, se consister nella sola caduta della pellicola pittorica o del rivestimento marmoreo di unarchitettura. In quanto tale, con la conformazione (o anche col colore) che ostende a vista, sinserisce nel tessuto figurativo come figura rispetto a un fondo, e istantaneamente fa recedere il tessuto figurativo da fondo a figura che . Donde alla mutilazione dellimmagine si aggiunge una svalutazione intrinseca allimmagine per cui ne soffrono anche le parti intatte. Dallavere intuito confusamente quel che qui esposto in termini di gestaltpsychologie, deriv la prima soluzione empirica della tinta neutra, quando, cio, si rifiutarono le integrazioni di fantasia o di analogia. Con la tinta neutra si cercava di spengere lemergenza di prima cola della lacuna, e si cercava di metterla in sordina con una tinta il pi possibile priva di timbro. Il ripiego era onesto, ma empirico e insufficiente. Fu facile infatti obbiettare che non esiste tinta neutra, che qualsiasi presunta tinta neutra in realt veniva ad influenzare la distribuzione cromatica del dipinto, in cui ogni colore non vale per s isolatamente ma per il contesto cromatico dove si trova inserito. La soluzione non poteva partirsi dalla scelta di un colore, ma dalla spazialit del dipinto, in quanto che nella retrocessione della pittura a fondo che veniva a determinare la lacuna, occorreva ottenere che fosse la lacuna a diventare per la percezione fondo alla pittura. Non si trattava dunque di spengere la lacuna o diluirne i margini che era soluzione di tutte la peggiore, con cui si diluiva tutta la pittura superstite, ma occorreva scegliere, rispetto al contesto cromatico in cui la lacuna si inseriva, una tinta che non avanzasse ma retrocedesse, e dove la statica del colore lo permetta, stabilire alla lacuna un livello pi basso rispetto alla superficie del dipinto. A questo modo senza illudersi di abolire la lacuna, si ottiene che la lacuna non si proietta in avanti e non si inserisce, nel contesto pittorico: simbolicamente rimane come lo spazio bianco del verso dove sia caduta la parola. La soluzione, invece, con cui si ricostituisce la continuit figurativa del contesto pittorico, soluzione che dovr essere riconoscibile a occhio nudo, si assimila alla parola o alle parole fra parentesi quadre, con cui la filologia letteraria propone di ricostituire la continuit di senso in un testo mutilo. La probit e la convenienza alla percezione del metodo suggerisce allora soluzioni di volta in volta semplicissime e adeguate, come la messa in evidenza della tela o del legno originario in una pittura, delle strutture murarie o dellarriccio per un affresco, dellordito per un arazzo o per un tappeto. In quale dei tempi dellopera darte debba cadere lintervento del restauro. Gi stato chiarito che duplice la storicit dellopera darte, ed ora pu essere puntualizzato con maggiore precisione che tre sono i tempi da tenere in considerazione affinch lintervento di restauro possa inserirsi legittimamente sullopera darte. Il primo tempo consiste nella durata dellestrinsecazione dellopera darte mentre viene formulata dallartista. Il secondo tempo abbraccia lintervallo che intercede fra la fine del processo creativo (senza pregiudizio del punto, di finito o non finito, a cui lopera sia stata lasciata dal suo autore) e il momento in cui la nostra coscienza attua la ricezione dellopera darte. Il terzo tempo consiste infine nella ricezione medesima della coscienza.
73

Anche in questo caso, dal non avere ben definito i tempi relativi allopera darte sono derivati interventi di restauro presuntuosi inopportuni, dannosi. La confusione pi facile quella che mira ad interpretare il tempo dellopera darte col presente storico, in cui lartista, il riguardante o entrambi vivono. Ma una volta distinta nelle sue tre fasi la temporalit dellopera darte, in quanto entrata a far parte del mondo della vita, una confusione del genere diventa impossibile. chiaro dunque che in nessun modo pu lintervento di restauro reinserirsi nel momento della formulazione dellopera, retrodatarsi e cangiarsi da restauro in creazione. tale il restauro di fantasia. Problemi sottili propone invece il secondo momento della temporalit dellopera darte, quando si consideri lintervallo che si frappone fra il termine del processo creativo e la ricezione dellopera. Sembrerebbe infatti che questo lasso di tempo non possa rientrare nella considerazione dellopera darte come oggetto estetico, perch questa ormai c]!venuta immutabile e invariabile, ma, cosi argomentando, si trascurerebbe il fatto basilare della fisicit dellopera darte: tale fisicit pu essere minima ma non pu mai mancare. Riguardo allintervento di restauro, proprio questa fisicit che pu aver subito particolari alterazioni. Ma oltre a questo caso, c il fatto del!e alterazioni, modificazioni che lonera pu aver subto a varie riprese lungo la trasmissione del tempo. Tanto le prime alterazioni che le seconde dovranno essere considerate alla luce delle due istanze, storica ed estetica, ma non potranno mai dar luogo alla pretesa di inserire lintervento di restauro in questo secondo tempo, sempre anteriore alla ricezione attuale. Naturalmente, cos chiarito, si risolverebbe in una pretesa assurda, dato che !1 tempo irreversibile, e tuttavia la pretesa che sta alla base del ripristino ottocentesco, Escluso dunque il primo e il secondo tempo per lintervento di restauro, lunico momento legittimo per lazione di restauro quello del presente stesso della coscienza ricevente. Il restauro per rappresentare unopera legittima, non dovr presumere n il tempo come reversibile n labolizione della storia. Lazione di restauro inoltre, e per la medesima esigenza che impone il rispetto della complessa storicit che compete allopera darte, non dovr porsi come segreta e quasi fuori dal tempo, ma dare modo di essere puntualizzata come evento storico quale essa , per il fatto di essere unazione umana e di inserirsi nel processo di trasmissione dellopera darte al futuro. Nellattuazione pratica questa esigenza storica dovr tradursi non solo nella differenza delle zone integrate, ma nel rispetto della patina e nella conservazione di campioni dello stato precedente al restauro. Problemi del restauro secondo listanza storica. Se il contemperamento dellistanza storica e dellistanza estetica rappresenta la dialetticit del restauro, n questo pu essere legittimamente attuato senza quel contemperamento, occorre tuttavia rilevare i problemi particolari che si pongono dalluna e dallaltra parte, per valutare fino a che punto il contemperamento possa venire senza arbitrio o sopraffazione. Dal punto di vista dellistanza storica sar necessario allora iniziare la considerazione dal limite estremo e cio da quando il sigillo formale impresso alla materia possa risultare pressoch scomparso, e il monumento stesso quasi ridotto ad un mero residuo della materia con cui fu composto. Il primo grado, dunque, da considerare nellopera darte ai fini dellistanza storica, dato dal rudere. Tuttavia sarebbe un errore credere che dalla effettuale realt del rudere possano trarsi le norme stesse della conservazione del rudere, poich col rudere non si definisce una vera realt empirica, ma si enuncia una qualifica che compete a cosa pensata simultaneamente sotto langolo della storia e della conservazione, e cio non solo e limitatamente alla sua consistenza astante, ma nel suo passato, da cui trae lunico valore quella presenza attuale in s priva o scarsissima di valore, e nel futuro, a cui deve essere assicurata: in quanto vestigia o testimonianza dopera umana e punto di partenza dellazione di conservazione. Rudere sar dunque tutto ci che testimonia della storia umana, ma in un aspetto assai diverso e quasi irriconoscibile rispetto a quello originario.
74

questo lunico caso in cui, per la degradazione dellopera darte nel rudere, pu essere assimilato al rudere di opera darte anche il rudere che opera darte mai non fu, e neppure opera delluomo, ma che, sebbene elemento naturale, rientra in una testimonianza storica: come il tronco secco della quercia del Tasso a S. Onofrio a Roma da assicurare al futuro come fosse il rudere di una scultura in legno. evidente che il restauro, in quanto rivolto al rudere, non pu consistere che nel consolidamento e nella conservazione della materia di cui il rudere consta. Tuttavia non deve credersi ovvio il giudizio di quando lopera darte scompare quasi per divenire rudere comera la meta sudans a Roma e quando invece le superstiti vestigia formali la riscattino dallessere definita rudere, e permettano un intervento di restauro non limitato alla pura conservazione. discutibile ad esempio se la Chiesa di S. Chiara a Napoli, completamente distrutta nella sua meravigliosa ricreazione (non restauro, si badi bene) settecentesca, e riapparsa dopo i bombardamenti, come chiesa gotica angioina, per altro con mutilazioni gravissime e irrimediabili, che non potevano neppure contare sulla sopravvivenza di soluzioni architettoniche analoghe fosse meglio si conservasse come rudere invece di venire riportata ad una forma, che, cos come ora si vede dopo lintervento innovativo (non restauro e non ricreazione), certamente non ebbe mai. La conservazione come rudere avrebbe mantenuto, quel che certo, al monumento unefficacia evocativa infinitamente pi ricca di quanto permettano le schematiche e rigide integrazioni che ha ricevuto. Ma il problema cruciale, secondo listanza storica, consiste nella conservazione o nella rimozione delle aggiunte, e, in secondo luogo, nella conservazione o nella rimozione dei rifacimenti. Naturalmente, mentre a proposito del rudere, pressoch unica sar, il pi delle volte, listanza storica, in questo caso delle aggiunte e dei rifacimenti, il problema non solo storico ma anche estetico. E tuttavia il problema va esaminato in sede storica in prima istanza. Dal punto di vista storico, laggiunta e linterpolazione subita da unopera darte non che una nuova testimonianza del fare umano e del transito dellopera darte nel tempo: in tal senso laggiunta non differisce, per essenza, da quello che il ceppo originario ed ha gli stessi diritti ad essere conservata. Invece la rimozione, seppure risulti ugualmente da un atto compiuto ad un determinato momento e sinserisca egualmente nella storia, in realt distrugge un documento e non documenta a vista se stessa, donde potrebbe portare alla distruzione e quindi allobliterazione di un trapasso storico in futuro importante, e comunque alla falsificazione di un dato. Perci, dalle considerazioni precedenti, discende che la conservazione dellaggiunta deve ritenersi regolare, eccezionale la rimozione. Tutto il contrario di quello che lempirismo ottocentesco e i sempre rinascenti vandali (si veda, ad esempio, il recente, e cosiddetto, restauro del S. Domenico di Siena) consiglierebbero per i restauri. La patina secondo listanza storica. Vi tuttavia un caso in cui laggiunta reperibile sullopera darte non si presenta necessariamente come il prodotto di un fare, e cio quellalterazione o soprammissione che ha ricevuto il nome di patina. La patina non rappresenta una concezione romantica inserita nellOttocento nel gusto della pittura antica, ma si trova gi come nozione articolata e definita nel Seicento dal Vocabolario delle arti del disegno del Baldinucci, dove trov naturale approdo dalle botteghe o studi degli artisti. Anche prima del Seicento sarebbe arbitrario asserire che non venisse identificata e gli artisti non vi contassero, nelle modificazioni, sempre ben note seppure non esattamente prevedibili, che il passaggio nel tempo fa subire alla materia di cui consta lopera darte. In certi casi, come per la pittura e la scultura greca, taluni procedimenti documentati storicamente, anche se ignoti in re, attestano che labbassamento di tono, lo spengimento di una materia troppo brillante, era voluto, senza aspettare lopera del tempo, nei procedimenti dello atramentum di Apelles e nella ganosis delle statue. Ma dovendo esaminare la
75

patina nella sua legittimit o illegittimit per il restauro, e non gi entro determinate tradizioni storicoartistiche, dal punto di vista storico si deve riconoscere che un modo di falsificare la storia nelle sue testimonianze (come lo sono anche le opere darte), se queste vengono depurate della loro antichit, se cio si costringe la materia ad acquistare una freschezza, un taglio netto, unirruenza che contraddica allantichit che lopera attesta. Un qualsiasi privilegio della materia sullattivit delluomo che lha foggiata non pu essere ammesso dalla coscienza storica, visto che lopera vale per lattivit umana che lha foggiata non per il valore intrinseco della materia; valore commerciale che irrilevante alla ricezione dellopera come opera darte. Dal punto di vista storico pertanto, la conservazione della patina, come conservazione di quel particolare offuscamento che la novit della materia riceve attraverso il tempo ed quindi testimonianza del tempo trascorso, non solo auspicabile, ma tassativamente richiesta. Problemi del restauro secondo listanza estetica. Sottoponendo gli stessi problemi, che sono stati esaminati alla luce dellistanza storica, allistanza estetica, risulter evidente che il rudere non possa essere trattato che come rudere, e lintervento di restauro svolgersi dunque in direzione unicamente conservativa e non integrativa. A questo primo grado, quindi, dellazione di restauro non pu esservi materia di contenzioso fra istanza storica e istanza estetica. La situazione cambia quando si passa al problema della conservazione o della rimozione delle aggiunte e dei rifacimenti, poich questi ben di rado saranno superfetati su dei ruderi, ma il pi delle volte su opere perfettamente vitali, per le quali b tentazione di un ripristino pu agire in modo fortissimo. Come affermazione generale, per quanto riguarda listanza estetica, laggiunta dovrebbe essere rimossa. Si capovolge quindi il problema rispetto a quanto veniva riconosciuto in base allistanza storica. Ma la contraddizione, il pi delle volte, sar pi apparente che reale. Infatti limperativo della rimozione dellaggiunta non pu essere tassativo che nel caso di una aggiunta che sia stata perpetrata senza una rielaborazione dellintero testo o pittorico o scultoreo o architettonico, ma come unintrusione irriguardosa al monumento, unicamente dovuta a grossolana utilitariet o velleitaria moda. Dovunque laggiunta o la modificazione sia stata fatta invece in modo tale da rifondere il testo precedente in una nuova unit formale, oppure rappresenti un innesto formalmente elaborato in modo da conciliare due figurativit teoricamente discordanti, limperativo della conservazione sar per listanza estetica altrettanto perentorio che per listanza storica. Si faccia il caso della facciata di S. Maria in Cosmedin a Roma, squisitamente rielaborata nel Settecento, e stolidamente cancellata, quando il monumento, nella sua edizione pi antica, non aveva nessuna prelazione sulla nuova forma ricevuta. Tanto pi sarebbe questo il caso dellinterno di S. Giovanni Laterano, nella meravigliosa veste plastica che gli dette il Borromini. E lesemplificazione potrebbe essere infinita, dato che, il pi delle volte, modestissime e provinciali architetture romaniche o gotiche, a cominciare dal Rinascimento e fino a tutto il Settecento sono state trasformate in monumenti di notevole, talora di altissimo valore architettonico. Neppure per una pittura od una scultura si pu asserire che laggiunta o il rifacimento debba sempre venire rimosso. Si faccia lesempio della Madonna di Lippo Dalmasio al Baraccano a Bologna, ridipinta e completata dal Cossa, oppure quello della Madonna del Bordone di Coppo di Marcovaldo (Chiesa dei Servi, Siena), ridipinta in parte circa un cinquantennio dopo da uno scolaro di Duccio di Buoninsegna, e, fra le sculture, quella del pergamo di Nicola Pisano a Siena, ricomposto, con le aggiunte elaboratissime, dal Riccio. Sono tutti casi per i qua!i la rimozione delle aggiunte sarebbe una follia, anche per listanza estetica.
76

Perfino in quei casi in cui sembra evidente che si debba promuovere senza esitazione alcuna Ia rimozione di una aggiunta, come per le corone imposte alle sacre immagini spesso con grave deturpamento materiale di chiodi e abrasioni, si deve talora soprassedere. Lesempio pi tipico fornito dal famoso Volto Santo di Luca (S. Martino), il cui plurisecolare addobbo fa parte dellimmagine non meno dei merli nel sepolcro di Cecilia Metella o nellarco di Augusto a Rimini. Le nuove entit ibride avvincenti, che ne risultano, hanno il diritto di essere rispettate anche per listanza estetica. Se poi si sposta il problema delle aggiunte ai rifacimenti, ancorch non sempre si possa mantenere netta la distinzione, non c dubbio che il rifacimento per la dose o larga o piccola di arbitrariet e di fantasia che contiene, dovrebbe poter essere eliminato sempre che tuttavia la sua eliminazione possa dar luogo ad una restituzione nello stato quo ante. Ma disgraziatamente questa restituzione non sar quasi mai possibile, sia che si tratti di architettura o di scultura, in quanto che il rifacimento avr alterato i punti del contesto antico a cui si collegava, sicch la rimozione del rifacimento lascerebbe lopera con una mutilazione nuova, spesso pi nociva, alla vista, del rifacimento stesso. Ci si dica in special modo per luso invalso fino allOttocento, di completare le statue antiche mutile con pezzi aggiunti ed elaborati ex-novo. Per applicare questi pezzi nuovi la vecchia frattura doveva essere resecata o pareggiata o addirittura adattata ad incastro, sicch rimuovendo ora il pezzo aggiunto, quel taglio meccanico che viene in luce costituir sicuramente come una mutilazione nuova, mentre era agevole espungere il rifacimento o laggiunta mentalmente. Cosi accaduto per lApollo del Belvedere in Vaticano, e cosi accadrebbe se de!le statue dei frontoni di Egina (Monaco, Antikensammlungen), venissero rimossi i pezzi aggiunti dal Thorvaldsen. Ed errore stato ricomporre, al di fuori che con i calchi, il Laocoonte secondo una versione congetturalmente pi aderente alla concezione originaria, in quanto che il gruppo, prima dellultimo intervento, era quello inteso nel Cinquecento da Michelangelo al Montorsoli, e aveva acquistato la sua cittadinanza nella storia del larte. La patina secondo listanza estetica. Sembrerebbe che, per listanza estetica, in un sol caso dovesse risultare legittima la conservazione della patina, quando cio lassestamento delleccessiva vivacit dei colori, sotto il velo del tempo, fosse stato previsto esplicitamente dallautore. Ma sarebbe un grave errore di limitare la conservazione della patina a questi casi fin troppo rari ad accertarsi per poter essere qualcosa di pi di uneccezione. In realt il problema della conservazione della patina, dal punto di vista estetico, va risolto sulla base stessa della fenomenologia dellopera darte. La chiave per la soluzione sar offerta dalla materia di cui consta lopera darte. Posto che la trasmissione dellimmagine avviene per dato e fatto della materia, e che il ruolo della materia di essere trasmittente, permettendo allimmagine di giungere allo spettatore, la materia in s e per s non dovr mai fare aggio sullimmagine, ma restare ad essa subordinata. Pertanto la patina, dal punto di vista estetico, quella impercettibile impalpabile sordina posta dal tempo alla materia, che si vede costretta a tenere il suo rango pi modesto in seno allimmagine. Con ci viene legittimata, anche dal punto di vista estetico, la conservazione della patina. Solo allora, in seconda istanza, si pu scendere dal nudo enunciato teorico a indicare quella classe di casi nei quali la patina non costituisce soltanto lattutimento della materia nellepifania dellimmagine, ma addirittura un potenziamento cromatico, cos nelle architetture. Sono pi di quattro secoli ormai che stato riconosciuto questo apporto di bellezza del tempo ai monumenti, riconosciuto da poeti e da pittori, che hanno fatto tesoro del flusso cromatico della patina, e che ad esempio, e non sono molti anni, la costosa e irrispettosa lavatura del Colosseo volle distruggere. Infine bisogna rilevare lestremo pericolo e lestrema difficolt che per un dipinto, implica la rimozione della patina, cos continuamente legata a vernici e a velature da provocare una rovina, se trattata baldanzosamente, come se tutto ci che asportano solventi di media potenza dovesse
77

considerarsi, per le pitture antiche, una indebita soprammissione. Il clamore destato, ma invano purtroppo, dalle strazianti puliture perpetrate alla National Gallery di Londra ad alcuni dei pi grandi capolavori della pittura italiana e fiamminga, sta a dimostrare i danni incalcolabili e irrimediabili che lempirismo paludato di falso scientismo, non meno nel restauro che altrove, produce. Il restauro preventivo. Restauro preventivo dizione inconsueta che potrebbe anche indurre nellerrore di credere che possa esservi una specie di profilassi che, attuata come una vaccinazione possa immunizzare lopera darte nel corso del tempo. Viceversa, per restauro preventivo deve intendersi tutto ci che miri a prevenire la necessit di un intervento di restauro, sicch il restauro preventivo si pone non meno importante del restauro effettivo. E al restauro preventivo dovrebbero indirizzarsi le autorit preposte alla conservazione delle opere darte. Limportanza del restauro preventivo, come prevenzione e salvaguardia, si trova naturalmente affermata nella definizione del restauro, identificato nel momento metodologico del riconoscimento dellopera darte e non gi in base ai procedimenti tecnici ai quali demandato lintervento di restauro. Come prevenzione e salvaguardia dellopera darte, il restauro preventivo si dirama nelle direzioni pi varie, e la definizione di queste direzioni dovr essere dedotta dalla natura dellopera darte. In quanto lopera darte si definisce in primo luogo nella sua duplice polarit storica ed estetica, la prima direttiva dindagine sar quella relativa a determinare le condizioni necessarie per il godimento dellopera e come opera darte e come monumento storico. In secondo luogo lopera darte si definisce nella materia o nelle materie di cui consta: e qui lindagine dovr essere portata sullo stato di consistenza della materia, e successivamente sulle condizioni ambientali, in quanto ne permettano, ne rendano precaria, o direttamente ne minaccino la conservazione. chiaro, a questo punto, che non meno che nel restauro effettivo dovranno confluire nel restauro preventivo i risultati, le scoperte, le invenzioni scientifiche che abbiano riferimento ai campi che interessano la sussistenza dellopera darte: dalle ricerche sulla luce e sugli effetti della luce alla scelta delle sorgenti luminose, e cosi per il calore, lumidit, le vibrazioni, i sistemi di condizionamento, di imballaggio, di sospensione, di disinfestazione. In tal senso lelenco non potr mai risultare definitivo, ma richieder aggiornamenti continui.

78

Renato Bonelli Il restauro architettonico (1963)*

[...] Nella rinnovata teoria, impropriamente detta restauro scientifico, il tratto saliente risulta quello della conservazione: Tutti gli elementi aventi carattere darte o di ricordo storico, a qualunque tempo appartengono, devono essere conservati, senza che il desiderio dellunit stilistica e del ritorno alla primitiva forma intervenga ad escludere alcuni a detrimento di altri. Ma lnteresse maggiore risiede nelle premesse recate a giustificare una tale norma: Nellopera di restauro devono unirsi, ma non elidersi, vari criteri di diverso ordine: le ragioni storiche che non vogliono cancellata nessuna delle fasi attraverso cui si composto il monumento, n falsata la sua conoscenza con aggiunte che inducano in errore, n disperso il materiale che le ricerche analitiche pongono in luce; il concetto architettonico che intende riportare il monumento ad una funzione darte e ad ununit di linea; il criterio che deriva dal sentimento dei cittadini, dallo spirito della citt, coi suoi ricordi e nostalgie; e quello delle necessit amministrative attinenti ai mezzi occorrenti ed alla pratica utilizzazione, E evidente che questa impostazione poggia sopra un concetto dellarte e dellarchitettura, che per aver posto sullo stesso piano fatti pratici ed atti creativi pu dirsi, empirico e su di un criterio storiografico che per aver definito il processo storico dellarchitettura come svolgimento tipologico e stilistico, risulta filologico ed evoluzionistico. Cosicch, questo tipo di restauro, assimilando lopera architettonica al documento, la considera quale testimonianza da salvaguardare, perch essa costituisce la prova della presenza di un certo tipo edilizio o forma stilistica in quel determinato momento e luogo e delle loro cause e derivazioni. Il restauro scientifico (che dovrebbe invece denominarsi filologico) rivela la propria inadeguatezza nel 1943-1945, allorch si devono affrontare le conseguenze delle distruzioni dovute alla guerra; la entit dei danni ne rende inapplicabile il metodo ed origina un ripensamento dei motivi spirituali e dei moventi culturali relativi al complesso di operazioni rese necessarie. La posizione filologica che vuoi considerare il monumento come testimonianza storica, ma ne ignora invece il valore artistico, dichiarata inaccettabile: unopera architettonica non solo un documento, ma soprattutto un atto che nella sua forma esprime totalmente un mondo spirituale e che essenzialmente per questo assume importanza e significato. Essa rappresenta per la nostra cultura il grado pi alto proprio per il suo valore artistico e appunto da questa fondamentale considerazione sorge il nuovo principio informatore del restauro: assegnare al valore artistico la prevalenza assoluta rispetto agli altri aspetti e caratteri dellopera, i quali devono essere considerati solo in dipendenza ed in funzione di quellunico valore. La nuova moderna teoria muove da un procedimento logico che applica al tema lestetica spiritualistica: se larchitettura arte, e di conseguenza lopera architettonica opera darte, il primo compito del restauratore dovr essere quello di individuare il valore del monumento, e cio di riconoscere in esso la presenza o meno della qualit artistica. Ma questo riconoscimento atto critico, giudizio fondato sul criterio che identifica nel valore artistico, e perci negli aspetti figurali, il grado dimportanza ed il valore stesso dellopera; sopra di esso basato il secondo compito, che di recuperare, restituendo e liberando, lopera daite, vale a dire lintero complesso di elementi figurativi che costituiscono limmagine ed attraverso i quali essa realizza ed esprime la propria individualit e spiritualit. Ogni operazione dovr essere subordinata allo scopo di reintegrare e conservare il valore
* BONELLI, Renato, Restauro - Il restauro architettonico (ad vocem), in Enciclopedia Universale dellArte, VeneziaRoma, 1963, vol. XI, coll. 344-351. 79

espressivo dellopera, poich lintento da raggiungere la liberazione della sua vera forma. Al contrario, quando le distruzioni siano mai gravi da avere grandemente mutilato limmagine, non assolutamente possibile tornare ad avere il monumento; esso non si pu riprodurre, poich latto creatore dellartista irripetibile. Da questa impostazione derivano i criteri da adottare, i quali costituiscono una radicale trasformazione ed un rovesciamento del metodo filologico: la necessit di eliminare quelle sovrapposizioni e aggiunte, anche ragguardevoli e di pregio linguistico e testimoniale, che possano intaccare o guastare lintegrit architettonico-figurativa, alterandone la visione; il divieto di ricostruire dove le distruzioni abbiano causato la perdita dellunit figurata; la legittimit di ricostruzioni, purch assolutamente sicure e soprattutto non sostanziali, completando le parti mancanti in modo da ridare la veduta autentica, piuttosto che designare alla vista le aggiunte. Il rigore di applicazione di queste norme potr essere attenuato proporzionalmente alla diminuita o imperfetta qualit formale, allorch il monumento non raggiunge la pienezza espressiva e sia da definire come manifestazione di linguaggio, confermandosi per che la prevalenza devessere sempre data ai valori figurativi. Definito in tal modo, il restauro coincide con lazione critica, dato che per lintera durata delloperazione la precisa coscienza dellatto che si compie ed il completo controllo dei suoi risultat non devono mai venire meno. Ma quando il ripercorrimento della immagine condotto sulla forma figurata risulta interrotto da distruzioni o ingombri visivi, il processo critico costretto a valersi della fantasia per ricomporre le parti mancanti o riprodurre quelle nascoste e ritrovare infine la compiuta unit dellopera, anticipando la visione del monumento restaurato. In tal caso, la fantasia da revocatrice diventa produttrice, e si compie il primo passo per integrare il procedimento critico per la creazione artistica. Questa interviene poi direttamente nel caso che gli elementi rimasti non siano sufficienti a fornire la traccia per restituire una o pi parti mancanti delledificio, cosicch il restauratore si trovi a doverle sostituire con elementi nuovi, per ridare allopera una propria unit e continuit formale, giovandosi di una libera scelta creatrice. Restauro come processo critico e restauro quale atto creativo sano dunque legati da un rapporto dialettico, in cui il primo definisce le condizioni che laltro deve adottare come proprie intime premesse, e dove lazione critica realizza la comprensione architettonica, che lazione creatrice chiamata a proseguire ed integrare. Questo sistema di concetti e di criteri che ne dipendono, e che prende il nome di e restauro critico, rompe lisolamento e trasforma radicalmente il carattere gi analitico ed rudito del restauro, dotandolo di unapertura culturale che provoca anzitutto il superamento del filologismo. Poi la teoria del restauro critico si sviluppa ampliandosi e, richiamando il principio originario e pi generale di rendere nuovamente viva ed attuale lopera architettonica, la considera come un momento formale di vita, che pu attingere lespressione, ma pu anche essere commista di motivi pratici, estrinsecazione di una vitalit che torna ad essere attiva e vivente nella nostra azione critica. Perci il criterio filologico della conservazione, applicato a tutte le fasi edilizie del monumento, con le limitazioni apportate dal principio della prevalenza dei valori artistici sugli altri, assume qui diverso significato; non pi diretto ad assicurare la permanenza di un documento, ma a permettere di attualizzare un atto creativo, fissato nella forma, in tutta la sua validit. Ed in questo procedere al riconoscimento del valore che la cultura assegna al monumento, si unisce la consapevolezza del bisogno di ridargli qulla validit e quella pregnanza che il tempo e le vicende trascorse hanno via via consumato e ridotto, e di adeguare perci la forma alle richieste della nuova fruizione culturale ed artistica. Quindi, nel restauro critico, due diversi impulsi si contrappongono: quello di mantenere un atteggiamento di rispetto verso lopera in esame, considerata nella sua conformazione attuale, e laltro di assumere liniziativa e la responsabilit di un intervento diretto a modificare tale forma, allo scopo di accrescere lo stesso valore del monumento. En tale contrasto il primo obbedisce ad una valutazione testimoniale delledificio quale documento, ma anche al riconoscimento del valore sub-storico degli elementi concettuali, etici e psicologici che lo hanno originato e lo caratterizzano, e che in esso
80

divengono immagine individuata e prodotto di gusto, forma vivente carica di tutta lumana ricchezza di un incombente passato, il secondo mosso dal desiderio di possedere compiutamente il monumento, di farlo proprio partecipando alla ricreazione della sua forma fino ad aggiungere o togliere alcune parti di esso ed sollecitato dallintento di pervenire a quella qualt formale che corrisponde allideale architettonico del tempo presente. La seconda posizione costituisce la logica conseguenza e linevitabile superamento della prima; entrambe riconoscono il valore storico e formale dellopera, e se luna accentua la valutazione nel rispetto del monumento cosi come si trova, laltra muove da quella stessa valutazione per affermare la necessit di intervenire, sovrapponendo il presente al passato, nello sforzo di fondere in una vera unit lantico al nuovo. Nel quadro della cultura attuale il restauro, inteso come valutazione critica, si identifica con la storia artistica ed architettonica, ne assume i principi ed i metodi e ne costituisce un caso particolare: quello in cui lazione critica si prolunga nella esecuzione pratica dei provvedimenti diretti a rendere evidente e completa la valutazione, .e culturalmente operante la poetica del linguaggio caratterizzato. Nel considerare il restauro atto creativo, si arriva alla constatazione che il vaglio critico, intimo e determinante presupposto della creazione che il restauro stesso aggiunge e componente fondamentale dellodierna cultura architettonica, definisce lopera del restauratore come quella che veramente completa e rispondente al carattere di tale cultura. Lintegrazione fornita, dalla critica quale indispensabile premessa allopera artistica, ed il vincolo rappresentato dalla presenza formale del monumento che vi riporta e vi attualizza il passato, sono tali da modificare sostanzialmente le condizioni nelle quali la creazione chiamata ad estrinsecarsi, e giungono fino al fondere in un atto unico il concetto concretizzato nel giudizio e lintuizione espressa nellimmagine. Il restauro costituisce dunque unattivit nella quale lodierna cultura attua pienamente se stessa e che risulta pi rappresentativa della stessa architettura contemporanea, poich dimostra una cosciente continuit col passato ed una consapevolezza del momento storico che ledilizia moderna non possiede. Un ulteriore ampliamento e approfondimento della teoria del restauro dovuto allestensione del campo applicativo, prima dai monumenti maggiori allambiente urbano, poi oltre i limiti dellattivit linguistica e formale, in rapporto allo sviluppo del concetto stesso di architettura. Il passaggio della tradizionale concezione dellopera architettonica come edificio singolo ed isolato a quella odierna dellarchitettura come letteratura e linguaggio, intesi quale creazione continua nel tempo, liberamente situata nello spazio come forma aperta, crescente e mai compiuta, segna la scoperta del valore formale e storico dellambiente antico. Dallultimo decennio dellOttocento questo processo si svolge in modo lento e discontinuo, e lattenzione degli studi architettonici passa gradualmente dai monumenti principali al loro ambiente (inteso come fondale visibile), ai monumenti meno importanti, agli edaci piccoli e modesti, poi ai complessi edilizi pi singolari ed ai nuclei storici meglio caratterizzati, fino a comprendere lintera citt antica. Questa viene ora definita come immagine figurata e vivente di una realt storica, espressa nei modi del linguaggio architetturale, diversificata e mutevole nel tempo, in cui ogni edificio o elemento costituisce un momento formale di vita. Cosicch il suo valore quello di una presenza formale vivente ed attiva che attualizza la storia, mentre la vita stessa, nelle sue vicende edilizie, si storicizza nella qualit della forma ed esprime ogni volta il significato del pensiero e lideale etico di quel momento storico. Donde il valore imparagonabile ed insostituibile del centro antico di una citt, che parte essenziale ed immagine della sua e nostra storia, linguaggio ed ambiente formale della nostra odierna esistenza, alimento alla capacit creativa ed alla vita spirituale. Di conseguenza il restauro, in quanto operazione critica diretta allintendimento ed alla conservazione, investe e comprende nel proprio campo lintero ambiente urbano e tutta la citt antica, trasformandosi in restauro urbanistico. E questa trasformazione contrassegnata da un corrispondente ampliamento di concetti: se nel restauro architettonico (che tratta opere darte o singole espressioni di linguaggio) per lassoluta esigenza espressiva che richiede il distacco della realt pura da quella esistenziale, luso pratico e la funzione delledificio non possono influire sul giudizio critico e
81

quindi determinare il modo del restauro, nel restauro urbanistico (che tratta lambiente urbano) interviene il rapporto tra figurazione e motivo realistico, per cui entrambi i termini formano oggetto di valutazione. Nei cosiddetti centri storici, che si configurano secondo lo spontaneo atteggiarsi della forza vitale guidata da interiore coerenza, questimpulso della vitalit, compenetrato nella forma e fuso in essa, non costituisce pi realt pratica, ma vita tradotta in forma e forma pregnante di vta; ed in tale complessa realt storica e sub-storica che il restauro deve incidere. Perci la problematica del restauro tenuta a svilupparsi, articolandosi e distinguendo posizioni diverse secondo casi teoreticamente distinti. Di fronte allopera darte, od a monumenti singoli, forme architetturali in cui spiccano i valori artistici, valgono i criteri del restauro quale processo critico ed atto creativo; diversamente, quando loperazione da intraprendere assume il carattere di piano di conservazione di un ambiente antico, loriginario orizzonte del gusto e della letteratura si allarga a comprendere il mondo della storia e della vitalit, vagliati per mezzo della critica storica nella sua accezione pi generale. Con questo il processo critico si amplia a comprendere un intero quadro storico e sub-storico concretizzato nella forma, in cui coesistono valori artistici ed extra artistici e cio pratici, concettuali e psicologici; nel confronto, gli uni e gli altri devono essere dialetticamente rapportati, onde pervenire ad un giudizio complessivo ed unitario. Lo scopo quello di cogliere nella polivalente complessit della formazione ambientale, limpulso maggiore e dominante che si traduce nel motivo saliente, listanza che si rivela storicamente valida e viva. Lo stesso giudizio, quindi, determina la scelta che occorre operare fra valori formali, letterari e linguistici da un lato e valori etici e psicologici dallaltro, attualizzati nella sfera pratica come fatto individuale e sociale; e poich quel motivo dominante e saliente spesso un valore extra-artistico, in tal caso il criterio che deve guidare il restauro ha per fine di conservare, liberare o restituire un atto contraddistinto dalla propria natura non formale. I due rami del restauro critico marcano pertanto un evidente parallelismo di problemi e di metodi; ma quello urbanistico comporta una pi varia complessit di problemi di valutazione, per il bisogno di distinguere i valori artistici da quelli letterari e poi questi e gli altri da quelli pratici. La distinzione devessere sviluppata e perfezionata col delimitare il campo spaziale, dimensionale e prospettico-visivo proprio a ciascun motivo caratterizzante, e cio con lindividuare, definire e circoscrivere ogni ambiente vero e proprio, inteso in senso architettonico e figurativo. Per giungere a questo necessario uno studio svolto in fasi successive: quella della preparazione filologica, che comprende la ricostruzione delle fasi cronologiche, dei periodi costruttivi e delle diverse trasformazioni edilizie, condotta sullesame dei documenti ed attraverso il rilievo metrico e lanalisi delle strutture degli edifici e con la determinazione stilistica degli elementi e la datazione comparata dei fabbricati e delle loro parti; laltra della rievocazione intuitiva ed unitaria di tutte queste premesse come processo vivo e presente, vale a dire come vera storia della citt; e infine il giudizio, che deve essere valutazione artistica e letteraria del complesso figurale e valutazione storica dei motivi di vita permanenti ed attuali. Con questo il restauro si trova a dover aggiungere, accanto ai fini della conservazione o restituzione dellimmagine, quelli del mantenimento del volto della citt in quanto forma significante e vivente, composta di motivi evocatori di fatti psicologici e di sentimento, Questi possono essere forme ambientali complesse, come una visuale consueta ed ormai issata dalla tradizione, od un profilo panoramico dove quel volto si ritrova, rievocando la storia cittadina che si trasfonde di continuo nella vita odierna; oppure sono forme ambientali semplici, edifici privi di valore artistico, ma cos strettamente legati al passato della citt da diventare una forma rappresentativa e carica di significato (una chiesa o un campanile, un castello, un ponte, una torre civica, un palazzo pubblico, ecc.). E la critica storica e insieme artistica tenuta a rispondere alla domanda se queste presenze devono essere considerate essenziali alla citt come organica formazione storica ed in rapporto alla sua immagine visiva e se, in caso di distruzione totale o parziale, esse devono essere ricostruite per restituire allambiente urbano la propria integrit formale e funzionale.
82

A questo ampliamento del piano culturale, consegue la necessit che il restauro urbanistico, in quanto restauro dellantica citt storica, provveda a coordinare strettamente i propri criteri e programmi ai corrispondenti metodi di studio e di operazione dellurbanistica, poich un intervento di tale portata non pu prescindere dalla pianificazione urbana e territoriale. Perci il restauro ormai obbligato ad operare nellambito ed in armonia con le direttive e le disposizioni del piano regolatore generale, che a sua volta tenuto a qualificare il nucleo storico come organo dotato di una propria e ben definita funzione nella vita di quel complesso integrato che costituisce la citt. Su questo piano il restauro non pu ignorare gli aspetti sociali ed economici, e deve perci considerare la vita che si svolge negli antichi quartieri, con tutti i suoi problemi: la struttura e la composizione delle collettivit che vi abitano; i loro bisogni psicologici e materiali, la loro consistenza e fisionomia sociale, le loro risorse economiche e capacit produttive, la possibilit e convenienza di un loro spostamento in altre residenze. E deve anche prevedere che in dipendenza di ci, le opere edilizie da eseguire presuppongono tali problemi, predisponendone la soluzione. Questultimo sviluppo trasforma il restauro in operazione socialmente e culturalmente completa, in un restauro totale dellaggregato edilizio nella sua forma, struttura e funzione ed in una riforma delle condizioni di esistenza della stessa comunit che vi risiede; restauro della citt e della sua vita. Nellambito di questa concezione, e per conseguire la sua traduzione operativa, il decennio 19531962 stato dedicato anche allo studio e alla definizione degli aspetti tecnico-edilizi, giuridici ed economia del restauro urbanistico. Entro la regola del rispetto assoluto rivolto a conservare la citt antica nella sua forma attuale, i criteri assunti sono: considerare il centro storico nel quadro del piano regolatore urbano, per assegnare ad esso una determinata e specifica funzione entro lorganismo della citt, e in rapporto al dimensionamento, coordinamento ed ubicazione degli altri insediamenti e servizi urbani; riportare la citt antica ad assolvere compiti adeguati alle sue caratteristiche dimensionali ed alla sua struttura edilizia, in armonia con le sue qualit ambientali, col trasferire altrove le sedi direzionali, commerciali e degli affari, per difenderla dalleccessivo addensamento e dal conseguente traffico motorizzato; assicurare per al centro storico la permanenza di quelle sedi ed attivit che ne determinano la fisionomia e ne definiscono, insieme ai valori storici-formali, il ruolo di centro ideale e cuore della citt, alimentando la sua forza vitale ed evitandone il decadimento; abbandonare la politica dei vincoli e la conseguente azione di repressione e difesa passiva ed adottando una politica attiva e programmata di pieno intervento diretta a realizzare il risanamento strutturale ed igienico dei centri storici, mediante una grande operazione di restauro estesa a tutto il nucleo antico, classificare, infine tale operazione, dettagliatamente progettata in appositi piani di risanamento conservativo, come un vero e proprio programma di pianificazione urbanistico territoriale, e pertanto parte integrante ed essenziale dei piani generali di sviluppo comunali, comprensoriali e regionali. Ma le difficolt che si frappongono alla realizzazione del restauro urbanistico cosi concepito sono grandissime: il costo elevato delloperazione, che non mai attiva sul piano economico; la mancanza di strumenti giuridici, opportunamente coordinati con la legislazione economica ed urbanistica, che prevedono tale pianificazione; lassenza di organi pubblici per la previsione, il potenziamento, la progettazione ed il controllo, dotati dei poteri e delle competenze culturali e tecniche necessarie a programmare ed attuare i piani di risanamento conservativo. V inoltre la presenza delle collettivit residenti nei centri storici, che si sovrappongono ai valori architettonici ed ambientali in modo causale e disarmonico, vivendo in maniera non formale, ignorando e trasformando o distruggendo per bisogni pratici la struttura e la forma della citt antica. Le continuit che dovrebbe legare il passato al presente (che presente critico e perci intendimento e valutazione) resta troncata, poich in generale e salvo rare eccezioni, gli abitanti dei quartieri antichi non sentono il richiamo delle qualit ambientali di quei luoghi, e di conseguenza non avvertono il bisogno psicologico e formale di restarvi. La natura dellambiente cos intimamente connessa al mondo della vitalit, alle mutazioni della vita pratica e a quelle del gusto corrente ed in continuo consumo e rinnovamento, da esigere in ogni
83

caso, quale condizione per rimanere un vivente, la condizione di tale processo di sviluppo e di riformazione, nel quale risiede la sua origine vitale. Un ambiente non tale se non abitato; se non ricco di vita, di sovrapposte forme mutevoli, di attivit individuai e collettive; ma occorre che questa vita, nelle sue varie e complesse manifestazioni, si trovi in rapporto diretto, in corrispondenza ed in armonia con lambiente edilizio, e cio che il quadro formale costituisca veramente la premessa alla vita degli abitanti. Questo non avviene, ed il motivo risiede nello stesso carattere della civilt contemporanea, che ha assorbito nelle manifestazioni della vita pratica ed economica la quasi totalit delle umane energie, privando luomo del bisogno e della capacit di intendere i valori figurali dellarchitettura e dellambiente urbano, deteriorando lesigenza espressiva e diluendola e tramutandola nel desiderio e nel consumo di volgari surrogati dellarte, nelle forme e nei modi propri ai mezzi edonistici pubblicitari, Per queste ragioni il restauro urbanistico rimane azione incompleta, che si arresta alle fasi del risanamento conservativo e del restauro critico ed esclude lopera di ricostituizione e di nuova formazione delle comunit ospiti.

84

Carta di Venezia (1964)*

Le opere monumentali dei popoli, recanti un messaggio spirituale del passato, rappresentano, nella vita attuale, la viva testimonianza delle loro tradizioni secolari. Lumanit, che ogni giorno prende atto dei valori umani, le considera patrimonio comune, riconoscendosi responsabile della loro salvaguardia di fronte alle generazioni future. Essa si sente in dovere di trasmetterle nella loro completa autenticit. essenziale che i princpi che presiedono alla conservazione ed al restauro dei monumenti vengano prestabiliti e formulati a livello internazionale, lasciando tuttavia che ogni Paese li applichi, tenendo conto della propria cultura e delle proprie tradizioni. Definendo per la prima volta questi princpi fondamentali, la Carta di Atene del 1931 ha contribuito allo sviluppo di un vasto movimento internazionale, che si particolarmente concretato in documentazioni nazionali, nellattivit dellICOM e dellUNESCO, e nella creazione ad opera dellUNESCO stessa del Centro Internazionale di Studio per la conservazione ed il restauro dei Beni Culturali. Sensibilit e spirito critico si sono rivolti su problemi sempre pi complessi e variati; arrivato quindi il momento di riesaminare i princpi della Carta, al fine di approfondirli e di ampliarne loperativit in un documento nuovo. Di conseguenza, il Secondo Congresso Internazionale degli Architetti e Tecnici dei Monumenti, riunitosi a Venezia dal 25 al 31 maggio 1964, ha approvato il testo seguente: Definizioni: Art. 1) La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica isolata quanto lambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civilt particolare, di unevoluzione significativa o di un avvenimento storico. Questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale. Art. 2) La conservazione ed il restauro dei monumenti costituiscono una disciplina che si vale di tutte le scienze e di tutte le tecniche che possano contribuire allo studio ed alla salvaguardia del patrimonio monumentale. Scopo: Art. 3) La conservazione ed il restauro dei monumenti mirano a salvaguardare tanto lopera darte che la testimonianza storica. Conservazione: Art. 4) La conservazione dei monumenti impone innanzi tutto una manutenzione sistematica. Art. 5) La conservazione dei monumenti sempre favorita dalla loro utilizzazione in funzioni utili alla societ: una tale destinazione augurabile ma non deve alterare la distribuzione e laspetto delledificio. Gli adattamenti pretesi dallevoluzione degli usi e dei costumi devono dunque essere contenuti entro questi limiti.

* Carta di Venezia, in ICOMOS, Il monumento per luomo Atti del II Congresso internazionale degli architetti e tecnici dei monumenti, (Venezia, 25-31 Maggio 1964), Padova, Marsilio, 1971, ora in CARBONARA, Giovanni, Avvicinamento al restauro. Teoria, storia, monumenti, Napoli, Liguori, 1997, pp. 658-661. 85

Art. 6) La conservazione di un monumento implica quella delle sue condizioni ambientali. Quando sussista un ambiente tradizionale, questo sar conservato; verr inoltre messa al bando qualsiasi nuova costruzione, distruzione e utilizzazione che possa alterare i rapporti di volumi e colori. Art. 7) Il monumento non pu essere separato dalla storia della quale testimone, n dallambiente in cui si trova. Lo spostamento di una parte o di tutto il monumento non pu quindi essere accettato se non quando la sua salvaguardia lo esiga o quando ci sia giustificato da cause di eccezionale interesse nazionale o internazionale. Art. 8) Gli elementi di scultura, di pittura o di decorazione che sono parte integrante del monumento non possono essere separati da esso che quando questo sia lunico modo atto ad assicurare la loro conservazione. Restauro: Art. 9) Il restauro un processo che deve mantenere un carattere eccezionale. Il suo scopo di conservare e di rivelare i valori formali e storici del monumento e si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche. Il restauro deve fermarsi dove ha inizio lipotesi: sul piano delle restituzioni congetturali qualsiasi lavoro di completamento, riconosciuto indispensabile per ragioni estetiche e tecniche, deve distinguersi dalla progettazione architettonica e dovr recare il segno della nostra epoca. Il restauro sar sempre preceduto e accompagnato da uno studio archeologico e storico del monumento. Art. 10) Quando le tecniche tradizionali si rivelino inadeguate, il consolidamento di un monumento pu essere assicurato mediante lausilio di tutti i pi moderni mezzi di struttura e di conservazione, la cui efficienza sia stata dimostrata da dati scientifici e sia garantita dallesperienza. Art. 11) Nel restauro di un monumento sono da rispettare i contributi che definiscono lattuale configurazione del monumento, a qualunque epoca appartengano, in quanto lunit stilistica non lo scopo di un restauro. Quando in un edificio si presentano parecchie strutture sovrapposte, la liberazione di una struttura sottostante non si giustifica che eccezionalmente, e a condizione che gli elementi rimossi siano di scarso interesse, che la composizione architettonica rimessa in luce costituisca una testimonianza di grande valore storico, archeologico o estetico, e che il suo stato di conservazione sia ritenuto sufficiente. Il giudizio sul valore degli elementi in questione e la decisione sulle eliminazioni da eseguirsi non possono dipendere dal solo autore del progetto. Art. 12) Gli elementi destinati a sostituire le parti mancanti devono integrarsi armoniosamente nellinsieme, distinguendosi tuttavia dalle parti originali, affinch il restauro non falsifichi il monumento, sia nel suo aspetto artistico, sia nel suo aspetto storico. Art. 13) Le aggiunte non possono essere tollerate se non rispettano tutte le parti interessanti delledificio, il suo ambiente tradizionale, lequilibrio della sua composizione ed i rapporti con lambiente circostante. Ambienti monumentali: Art. 14) Gli ambienti monumentali devono essere loggetto di speciali cure, al fine di salvaguardare la loro integrit ed assicurare il loro risanamento, la loro utilizzazione e valorizzazione. I lavori di conservazione e di restauro che vi sono eseguiti devono ispirarsi ai princpi enunciati negli articoli precedenti. Scavi: Art. 15) I lavori di scavo devono essere eseguiti conformemente a norme scientifiche ed alla Raccomandazione che definisce i princpi internazionali da applicare in materia di scavi archeologici adottata dallUNESCO nel 1956.
86

Saranno assicurate lutilizzazione delle rovine e le misure necessarie alla conservazione ed alla stabile protezione delle opere architettoniche e degli oggetti rinvenuti. Verranno inoltre prese tutte le iniziative che possano facilitare la comprensione del monumento messo in luce, senza mai snaturarne i significati. da escludersi a priori qualsiasi lavoro di ricostruzione, mentre da considerarsi solo lanastilosi, cio la ricomposizione di parti esistenti, ma smembrate. Gli elementi di integrazione dovranno sempre essere riconoscibili e limitati a quel minimo che sar necessario a garantire la conservazione del monumento e ristabilire la continuit delle sue forme.

Documentazione e pubblicazione: Art. 16) I lavori di conservazione, di restauro e di scavo saranno sempre accompagnati da una documentazione precisa con relazioni analitiche e critiche, illustrate da disegni e da fotografie. Tutte le fasi dei lavori di liberazione, di consolidamento, di ricomposizione e di integrazione, come gli elementi tecnici e formali identificati nel corso dei lavori, vi saranno incluse. Questa documentazione sar depositata in pubblici archivi e verr messa a disposizione degli studiosi. La sua pubblicazione vivamente raccomandata.

87

Carta del restauro M.P.I. (1972)*

Relazione La coscienza che le opere darte, intese nellaccezione pi vasta che va dallambiente urbano ai monumenti architettonici a quelli di pittura e scultura, e dal reperto paleolitico alle espressioni figurative delle culture popolari, debbano essere tutelate in modo organico e paritetico, porta necessariamente alla elaborazione di norme tecnico-giuridiche che sanciscano i limiti entro i quali va intesa la conservazione, sia come salvaguardia e prevenzione, sia come intervento di restauro propriamente detto. In tal senso costituisce titolo donore della cultura italiana che, a conclusione di una prassi di restauro che via via si era emendata dagli arbitr del restauro di ripristino, venisse elaborato gi nel 1931 un documento che fu chiamato Carta del Restauro, dove, sebbene loggetto fosse ristretto ai monumenti architettonici, facilmente potevano attingersi ed estendersi le norme generali per ogni restauro anche di opere darte pittoriche e scultoree. Disgraziatamente tale Carta del Restauro non ebbe mai forza di legge, e quando, successivamente, per la sempre maggiore coscienza che si veniva a prendere dei pericoli ai quali esponeva le opere darte un restauro condotto senza precisi criteri, si intese, nel 1938, sovvenire a questa necessit, sia creando lIstituto Centrale del Restauro per le opere darte, sia incaricando una Commissione ministeriale di elaborare delle norme unificate che a partire dallarcheologia abbracciassero tutti i rami delle arti figurative; tali norme, da definirsi senzaltro auree, rimasero anchesse senza forza di legge, quali istruzioni interne dellAmministrazione, n la teoria o la prassi che in seguito vennero elaborate dallIstituto Centrale del Restauro furono estese a tutti i restauri di opere darte della Nazione. Il mancato perfezionamento giuridico di tale regolamentazione di restauro non tard a rivelarsi come deleterio, sia per lo stato di impotenza in cui lasciava davanti agli arbitr del passato anche in campo di restauro (e soprattutto di sventramenti e alterazioni di antichi ambienti), sia in seguito alle distruzioni belliche, quando un comprensibile ma non meno biasimevole sentimentalismo, di fronte ai monumenti danneggiati o distrutti, venne a forzare la mano e a ricondurre a ripristini e a ricostruzioni senza quelle cautele e remore che erano state vanto dellazione italiana di restauro. N minori guasti dovevano prospettarsi per le richieste di una malintesa modernit e di una grossolana urbanistica, che, nellaccrescimento delle citt e col movente del traffico, portava proprio a non rispettare quel concetto di ambiente, che, oltrepassando il criterio ristretto del monumento singolo, aveva rappresentato una conquista notevole della Carta del Restauro e delle successive istruzioni. Riguardo al pi dominabile campo delle opere darte, pittoriche e scultoree, sebbene, anche in mancanza di norme giuridiche, una maggiore cautela del restauro abbia evitato danni gravi quali le conseguenze delle esiziali puliture integrali, come purtroppo avvenuto allEstero, tuttavia lesigenza dellunificazione di metodi si rivelata imprescindibile, anche per intervenire validamente sulle opere di propriet privata, ovviamente non meno importanti, per il patrimonio artistico nazionale, di quelle di propriet statale o comunque pubblica.

* Carta del restauro 1972, Consiglio superiore delle Antichit e Belle Arti, marzo 1972, ora in CARBONARA, Giovanni, Avvicinamento al restauro. Teoria, storia, monumenti, Napoli, Liguori, 1997, pp. 661-679. 88

Carta del restauro Art. 1) Tutte le opere darte di ogni epoca, nellaccezione pi vasta che va dai monumenti architettonici a quelli di pittura e scultura, anche se in frammenti, e dal reperto paleolitico alle espressioni figurative delle culture popolari e dellarte contemporanea a qualsiasi persona o ente appartengano, ai fini della loro salvaguardia e restauro, sono oggetto delle presenti istruzioni che prendono il nome di Carta del Restauro 1972. Art. 2) Oltre alle opere indicate nellarticolo precedente vengono a queste assimilati, per assicurarne la salvaguardia e il restauro, i complessi di edifici dinteresse monumentale, storico o ambientale, particolarmente i centri storici; le collezioni artistiche e gli arredamenti conservati nella loro disposizione tradizionale; i giardini e i parchi che vengono considerati di particolare importanza. Art. 3) Rientrano nella disciplina delle presenti istruzioni, oltre alle opere definite agli artt. 1 e 2, anche le operazioni volte ad assicurare la salvaguardia e il restauro dei resti antichi in rapporto alle ricerche terrestri e subacquee. Art. 4) Sintende per salvaguardia qualsiasi provvedimento conservativo che non implichi lintervento diretto sullopera: sintende per restauro qualsiasi intervento volto a mantenere in efficienza, a facilitare la lettura e a trasmettere integralmente al futuro le opere e gli oggetti definiti agli articoli precedenti. Art. 5) Ogni Soprintendenza ed Istituto responsabile in materia di conservazione del patrimonio storico-artistico e culturale compiler un programma annuale e specifico dei lavori di salvaguardia e di restauro nonch delle ricerche nel sottosuolo e sottacqua, da compiersi per conto sia dello Stato sia di altri Enti o persone, che sar approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione su conforme parere del Consiglio Superiore delle Antichit e Belle Arti. Nellambito di tale programma, anche successivamente alla presentazione dello stesso, qualsiasi intervento sulle opere di cui allart. 1 dovr essere illustrato e giustificato da una relazione tecnica dalla quale risulteranno oltre alle vicissitudini conservative dellopera lo stato attuale della medesima, la natura degli interventi ritenuti necessari e la spesa occorrente per farvi fronte. Detta relazione sar parimenti approvata dal Ministero della Pubblica Istruzione, previo, per i casi emergenti o dubbi e per quelli previsti dalla legge, parere del Consiglio Superiore delle Antichit e Belle Arti. Art. 6) In relazione ai fini ai quali per lart. 4 devono corrispondere le operazioni di salvaguardia e restauro, sono proibiti, indistintamente, per tutte le opere darte di cui agli artt. 1, 2, 3: 1) completamenti in stile o analogici, anche in forme semplificate e pur se vi siano documenti grafici o plastici che possano indicare quale fosse stato o dovesse apparire laspetto dellopera finita; 2) remozioni o demolizioni che cancellino il passaggio dellopera attraverso il tempo, a meno che non si tratti di limitate alterazioni deturpanti o incongrue rispetto ai valori storici dellopera o di completamenti in stile che falsifichino lopera; 3) remozione, ricostruzione o ricollocamento in luoghi diversi da quelli originari; a meno che ci non sia determinato da superiori ragioni di conservazione; 4) alterazione delle condizioni accessorie o ambientali nelle quali arrivata sino al nostro tempo lopera darte, il complesso monumentale o ambientale, il complesso darredamento, il giardino, il parco ecc.; 5) alterazione o remozione delle patine. Art. 7) In relazione ai medesimi fini di cui allart. 6 e per tutte indistintamente le opere di cui agli artt. 1, 2, 3, sono ammesse le seguenti operazioni o reintegrazioni: 1) aggiunte di parti accessorie in funzione statica e reintegrazione di piccole parti storicamente accertate attuate secondo i casi o determinando in modo chiaro la periferia delle integrazioni, oppure adottando materiale differenziato seppure accordato, chiaramente distinguibile a occhio nudo in particolare nei punti di raccordo con le parti antiche, inoltre siglate e datate ove possibile;
89

2) puliture che, per le pitture e le sculture policrome, non devono giungere mai allo smalto del colore, rispettando la patina e eventuali vernici antiche; per tutte le altre specie di opere non dovranno arrivare alla nuda superficie della materia di cui constano le opere stesse; 3) anastilosi sicuramente documentate, ricomposizione di opere andate in frammenti, sistemazione di opere lacunose, ricostituendo gli interstizi di lieve entit con tecnica chiaramente differenziabile a occhio nudo o con zone neutre accordate al livello diverso dalle parti originarie, o lasciando a vista il supporto originario, comunque mai integrando ex novo zone figurate e inserendo elementi determinanti per la figurativit dellopera; 4) modificazioni e nuove inserzioni a scopo statico e conservativo della struttura interna o nel sostrato o supporto, purch allaspetto, dopo compiuta loperazione, non risulti alterazione n cromatica n per la materia in quanto osservabile in superficie; 5) nuovo ambientamento o sistemazione dellopera, quando non esistano pi o siano distrutti lambientamento o la sistemazione tradizionale, o quando le condizioni di conservazione esigano la remozione. Art. 8) Ogni intervento sullopera o anche in contiguit dellopera ai fini di cui allart. 4 deve essere eseguito in modo tale e con tali tecniche e materie da potere dare affidamento che nel futuro non render impossibile un nuovo eventuale intervento di salvaguardia o di restauro. Inoltre ogni intervento deve essere preventivamente studiato e motivato per iscritto (ultimo comma art. 5) e del suo corso dovr essere tenuto un giornale, al quale far seguito una relazione finale, con la documentazione fotografica di prima, durante e dopo lintervento. Verranno inoltre documentate tutte le ricerche e analisi eventualmente compiute col sussidio della fisica, la chimica, la microbiologia ed altre scienze. Di tutte queste documentazioni sar tenuta copia nellarchivio della Soprintendenza competente e unaltra copia inviata allIstituto Centrale del Restauro. Nel caso di puliture, in un luogo possibilmente liminare della zona operata, dovr essere conservato un campione dello stadio anteriore allintervento, mentre nel caso di aggiunte, le parti rimosse dovranno possibilmente essere conservate o documentate in uno speciale archivio-deposito delle Soprintendenze competenti. Art. 9) Luso di nuovi procedimenti di restauro e di nuove materie, rispetto ai procedimenti e alle materie il cui uso vigente o comunque ammesso, dovr essere autorizzato dal Ministero della P.I. su conforme e motivato parere dellIstituto Centrale del Restauro, a cui spetter anche di promuovere azione presso il Ministero stesso per sconsigliare materie e metodi antiquati, nocivi e comunque non collaudati, suggerire nuovi metodi e luso di nuove materie, definire le ricerche alle quali si dovesse provvedere con unattrezzatura e con specialisti al di fuori dellattrezzatura e dellorganico a sua disposizione. Art. 10) I provvedimenti intesi a preservare dalle azioni inquinanti e dalle variazioni atmosferiche, termiche e igrometriche, le opere di cui agli artt. 1, 2, 3, non dovranno essere tali da alterare sensibilmente laspetto della materia e il colore delle superfici, o da esigere modifiche sostanziali e permanenti dellambiente in cui le opere storicamente sono state trasmesse. Qualora tuttavia modifiche del genere fossero indispensabili per il superiore fine della conservazione, tali modifiche dovranno essere fatte in modo da evitare qualsiasi dubbio sullepoca in cui sono state eseguite e con le modalit pi discrete. Art. 11) I metodi specifici di cui avvalersi come procedura di restauro singolarmente per i monumenti architettonici, pittorici, scultorei, per i centri storici nel loro complesso, nonch per lesecuzione degli scavi, sono specificati agli allegati a, b, c, d, alle presenti istruzioni. Art. 12) Nei casi in cui sia dubbia lattribuzione delle competenze tecniche o sorgano conflitti in materia, decider il Ministero sulla scorta delle relazioni dei Soprintendenti o capi dIstituto interessati, sentito il Consiglio Superiore delle Antichit e Belle Arti.
90

Gaetano Miarelli Mariani Aspetti della conservazione fra restauro e progettazione (1983)*

Esporr poche e schematiche note sopra alcuni aspetti del rapporto fra restauro e progettazione; un argomento che assume una particolare evidenza ogni qualvolta si abbia occasione di riflettere sulla natura, gli scopi e gli ambiti del Restauro, sia esso inteso come disciplina che come operazione determinata []. La tendenza degli architetti-compositori i quali pongono con tutta evidenza il problema del restauro in termini di sostanziale unit con la Composizione architettonica, limitandone conseguentemente, ogni sua specificit disciplinare; una posizione [] ove possibile verificare anche la frantumazione esistente in questo campo e il largo successo che riscuote lequivoco del giorno; quello di identificare il Restauro con il cosidetto riuso. La posizione propria dei restauratori i quali, viceversa, mostrano una netta propensione a considerare le attivit del Restauro come assolutamente distinte dalla progettazione architettonica giungendo cos a sostenere pi o meno esplicitamente la sua sostanziale e completa autonomia disciplinare. Ed singolare dover constatare come la separazione fra Restauro e progettazione costituisca una sorta di costante comune anche a tendenze notevolmente diversificate fra loro. Questo diffusissimo atteggiamento trova un riscontro puntuale anche nella Carta di Venezia ove pur con le sfumature diverse che si possono constatare nel testo traslato nelle varie lingue si pu leggere che i lavori di completamento, riconosciuti indispensabili per ragioni tecniche ed estetiche, devono distinguersi dalla progettazione architettonica e devono altres recare il segno della nostra epoca, pur integrandosi armoniosamente nellinsieme. In sostanza, la Carta di Venezia, non solo afferma la distinzione fra restauro e progettazione, ma stranamente sostiene anche la possibilit di formulare unopera architettonica prescindendo da un processo di formativit architettonica che, al contrario, assolutamente indispensabile []. Progettare significa ideare e studiare unazione, unopera in rapporto alle possibilit ed ai modi di attuazione e di esecuzione. In architettura, progettazione indica i procedimenti attraverso i quali si predetermina la formazione di opere; cio quelle attivit che, per consuetudine comune, si considerano proprie della Composizione architettonica. Operazioni che consistono, in sostanza, nel sistemare in modo pi o meno definitivo determinati elementi allinterno di una struttura gi esistente, sia essa architettonica che, pi genericamente, antropica. Si tratta cio di comporre quello che c con quello che si fa ricostituendo, di volta in volta, lequilibrio, nellambiente o nella singola opera architettonica. Non c alcun dubbio che, pur con modi molto diversificati fra loro, questa sia stata sempre loperazione condotta dagli architetti sulle preesistenze; sia quando il rapporto con esse e sfato caratterizzato da un legame di sostanziale continuit, sia dopo che spezzatosi questo legame, a partire dalla fine del XVIII secolo gli interventi sulle preesistenze hanno imposto il possesso di una capacit critica consapevolmente fondato sulla storia e di procedure originali; ma pur sempre incluse come naturale. in un processo formativo. Si tratta quindi di azioni che, allinterno del territorio dellarchitettura, sono necessariamente comuni a tutte le sue articolazioni disciplinari.
* MIARELLI MARIANI, Gaetano, Aspetti della conservazione fra restauro e progettazione, in Il restauro in Italia e la Carta di Venezia - Atti del Convegno ICOMOS (Napoli-Ravello, 28 Settembre-1 Ottobre 1977), in Restauro, VI, 33-34, 1977, pp. 61-71. 91

Nel secolo scorso il Restauro, modernamente inteso, ha avuto enunciazioni dottrinarie fondamentali pur se ovviamente ormai superate; questi sviluppi, in perfetta sincronia con la cultura del tempo, ne hanno definito i contenuti, i fini, i campi ed i procedimenti, senza peraltro mettere mai in dubbio la sua completa appartenenza allarchitettura. E la sostanziale identit fra Architettura e Restauro pu essere facilmente rilevata in tutte indistintamente le formulazioni teoriche, comprese quelle pi mature; quelle cio che, a buon diritto, possono essere considerate le premesse dirette delle attuali riflessioni sulla nostra disciplina. Questo stretto legame emerge con evidenza anche nella pratica del tempo che vede numerosi esponenti della storia del Restauro operosi sia in questa attivit che nella progettazione di nuove opere con uguale impegno e coerenza tanto che sarebbe abbastanza agevole a patto di rinunciare a rozzi, quanto sterili determinismi individuare con chiarezza, nellattivit di ogni protagonista, non soltanto una ovvia relazione fra le sue convinzioni storiografiche e le idee sul Restauro ma altres fra queste concezioni e le sue predilezioni estetiche e linguistiche. Successivamente, un graduale e legittimo potenziamento, nel Restauro, delle componenti storiche, filosofiche e critiche; una progressiva divaricazione fra il movimento moderno e le tendenze tradizionali ed accademiche dellarchitettura, nonch la prassi, sempre pi generalizzata, di demandare le attivit di restauro ad organismi specializzati, ma estranei al dibattito architettonico, hanno portato a ritenere in modo non altrettanto giusto e fondato queste operazioni sostanzialmente diverse nella natura e nella qualit dalla progettazione architettonica; e conseguentemente a rivendicare, alla disciplina Restauro una propria autonomia, Questo significa, di fatto, una sostanziale separazione fra le tradizionali competenze dellarchitetto che viene, implicitamente, anche ad operare importanti distinzioni concettuali nellarchitettura; un campo disciplinare che viceversa per la molteplicit dei suoi compiti ammette articolazioni funzionali, in relazione alle diverse specializzazioni, ma non sopporta pi le divisioni stabili e concettuali del passato, concernenti sia le scale dintervento che le competenze []. La tesi di una assoluta autonomia del Restauro, sottintesa soprattutto attraverso la sua postulata separazione dalla progettazione, cio dallattivit propria e costitutiva dellarchitettura, appare immediatamente forzata se si pensa che il Restauro prevede attivit specifiche ed originali, per i fini e per carattere, rispetto a quelle pi proprie di altre articolazioni dellarchitettura, ma altrettanto vero che esso postula anche operazioni che, non di rado, devono avvalersi di azioni caratteristiche di altri settori dellarchitettura. Se si accettano queste schematiche considerazioni che mirano ad escludere una vera e propria autonomia del Restauro e, conseguentemente, a considerarlo allinterno dellarchitettura si deve accettare fra le sue attivit caratteristiche anche la progettazione. Daltra parte chiunque abbia condotto esperienze dirette sa bene che anche gli interventi di pi pura e semplice conservazione impongono scelte che si basano o dovrebbero basarsi sul giudizio critico ma anche al tempo stesso, ed indivisibilmente sullideazione; vale a dire sopra operazioni di vera e propria progettazione. E questo non pu non essere vero anche per quelle azioni cui si riferisce la Carta di Venezia, cio ai lavori di completamento i quali dovranno sempre, e giustamente, recare il segno della nostra epoca. Giunti a questo punto per necessario chiarire per non dare luogo ad equivoci che le osservazioni precedenti non vogliono significare, e di fatto non significano, una adesione a quella che altrove ho chiamato la cultura dei compositori, consistente nel negare al Restauro un ruolo specifico, singolare ed indispensabile; n queste notazioni tendono a definire le sue attivit come atti di progettazione pura ed indifferenziata. Il Restauro difatti possiede, allinterno dellarchitettura, precisi caratteri distintivi che gli derivano dai suoi scopi originali, dai metodi che gli sono propri nonch dalla peculiarit dei suoi
92

processi caratterizzati, soprattutto, da un continuo ed oggettivo riferimento dei dati esistenti con quelli di progetto. I fini precipui del Restauro sono quelli com noto di garantire la tutela e la conservazione integrale dei valori, identificati dellambiente delluomo, in vista della loro trasmissione al futuro. A questo proposito si pu osservare come, di fatto, stato osservato che, se vero che ogni azione propria della disciplina Restauro deve avere il suo carattere distintivo nella difesa delle preesistenze, altrettanto certo che questa esigenza pu ancorch non deve trovare soddisfacimento pure nelle ulteriori articolazioni dellarchitettura, come la Composizione e lUrbanistica. Tuttavia, per fugare ogni dubbio sulla specificit disciplinare del Restauro, basta riflettere sulla differenza sostanziale che intercorre fra una azione, per esempio, quella di tutela, intesa come attivit specifica, cio irrinunciabile e caratteristica, quale essa nel restauro e la stessa azione intesa come attivit subordinata, cio soltanto possibile, quale essa di fatto, nella Composizione architettonica, nellUrbanistica ed in molti altri settori disciplinari. Passando dai fini ai metodi, mi limito ad osservare, sempre su questo punto, che il Restauro, diversamente dalle altre attivit dellArchitettura, trae la propria legittimit da un riconoscimento di valori, pertanto si definisce come lesito operativo di una azione critica. Questo corrisponde a dire che il Restauro non pu basarsi come tutte le altre articolazioni dellarchitettura sopra una interpretazione, cio sopra una valutazione di quel che gi esiste, legata al gusto de! tempo e alla persona che la esegue. Viceversa esso esige di fondare la propria operativit su un giudizio, cio sopra una definizione oggettiva demandata alla responsabilit collettiva che colga il valore precipuo della preesistenza, vale a dire che ne operi il riconoscimento, attraverso criteri e metri interni allopera stessa. Affermata, sia pure molto schematicamente, loriginalit del Restauro e in quanto tali di tutte le azioni che gli sono proprie, resta da considerare il carattere precipuo del suo processo formativo sulla cui natura, a mio avviso, non si meditato abbastanza ed, anche per questa ragione, non posso far altro che proporre alcune prime e rudimentali considerazioni. Innanzitutto devo dire che la singolare scarsezza di riflessioni relative al rapporto fra progettazione e Restauro dipende almeno a me pare dallesistenza del rilevantissimo problema che questo rapporto sottende: quello riguardante la legittimit, nel Restauro, degli aspetti creativi. Devo francamente dire che su questo tema mi sembrerebbe pi utile che la cultura del Restauro definisse esattamente gli ambiti dei tratti innovativi piuttosto che impegnarsi a sostenere una loro impossibile soppressione. A questo proposito credo di potere intanto dire che latto creativo sotteso dalla progettazione non pu essere tale da connettersi direttamente a quello o a quelli che hanno determinato la formulazione dellopera, oggetto dellintervento di Restauro, n svolgersi in maniera analoga. Non si tratta quindi di sostenere una impossibile sintesi fra cose fondamentalmente diverse n di accettare, come lecito, latto creativo che investa opere daltri e di altri tempi, sovrastandone e distruggendone lautenticit. Al contrario e pi modestamente, si tratta di ammettere la legittimit, se ed in quanto indispensabile, di azioni innovative programmate ripeto attraverso una responsabilit collettiva, che riguardino parti ed aspetti limitati e che ancorch liberi siano finalizzati agli esclusivi interessi dellopera su cui si inseriscono, senza pretendere di darne interpretazioni personali e per di pi definitive. Anche sutura natura della progettazione architettonica nel restauro mi solo possibile formulare qualche breve e schematica notazione. Com naturale, la riflessione critica presente, quale elemento indispensabile, nellintera operosit delluomo che infatti si realizza attraverso il pensare ed il fare; questa presenza non ammette eccezioni, tuttavia essa mostra una ricca pluralit di aspetti.
93

Seguendo le elaborazioni del Pareyson, si pu dire che il pensiero presente ed attivo, come attivit subordinata e costitutiva, in tutte le manifestazioni delloperare umano mentre si specifica, come attivit intenzionale e prevalente, soltanto nella riflessione critica vera e propria, ove esso perseguito ed esercitato come fare autonomo. Finalizzando il discorso ai nostri scopi, si pu osservare che la formativit cio quel tal fare che , contemporaneamente ed indivisibilmente, produzione ed invenzione costituisce lattivit specificata, vale a dire prevalente ed intenzionale, della Composizione architettonica nella quale il pensiero critico, pur presente ed operante, resta finalizzato alle necessit formative, cio non si concretizza in operazioni proprie e determinate. Diversamente, nella indagine scientifica, nella speculazione filosofica e niella riflessione critica, il pensiero costituisce lattivit resa intenzionale e prevalente, alla quale perci si subordinano tutte le altre. Ora a me sembra assolutamente necessario che, nelle operazioni di Restauro, lo svolgimento delloperativit sia costantemente stimolata e guidata non soltanto dal pensiero interno ed essa, ma altres da un parallelo ed inscindibile processo di comprensione e di giudizio storico-critico, tale da costituire una sorta di meccanismo di continua ed oggettiva commisurazione del da fare al gi fatto. Infine, poich nei nostro caso loperativit non altro che formativit, risulta evidente che il Restauro deve necessariamente avvalersi del contemporaneo e solidale apporto della formativit architettonica, cio della progettazione architettonica e della riflessione critica cio del Giudizio entrambi assunti come attivit intenzionali e prevalenti. In altre parole il Restauro deve avvalersi simultaneamente ed in modo rigorosamente finalizzato delle competenze che sono proprie dellarchitetto e dello storico. Questa circostanza ci permette di mettere in evidenza non soltanto il particolare carattere dellattivit progettuale propria del Restauro, ma credo serva anche a chiarire che la contrapposizione fra storici, restauratori ed architetti non ha, in realt, nessuna ragione di esistere e, parimenti, non appare fondata leterna e spesso dura polemica fra architetti-restauratori e storici dellarte se soltanto si sposta lattenzione dalle figure professionali alle competenze che queste sottintendono le quali, nel caso specifico, possono o no coesistere nella stessa persona.

94

Amedeo Bellini Istanze storiche e selezione nel restauro architettonico (1983)*

Tra i problemi che si sono affacciati alla discussione di questa assemblea, alcuni sembrano destare particolare preoccupazione: quello della opportunit di un aggiornamento della Carta di Venezia anche in rapporto a un esame critico della sua scarsa attuazione e quello della estensione, che qualcuno sembra giudicare eccessiva, del concetto di patrimonio, cio della definizione del complesso di beni da sottoporre a salvaguardia. I problemi sono in realt pi connessi di quanto non sembri, perch una adeguata difesa di ci che il passato ci ha lasciato non pu affatto condursi come tale, in unottica cio passiva e vincolistica, di difesa appunto, ma pu realizzarsi soltanto attraverso un generale atteggiamento di conservazione delle risorse, delle testimonianze culturali, che non pu non avere come tale un amplissimo campo di applicazione. Daltronde non un caso che le tesi pi rigorosamente favorevoli alla conservazione, quelle di Ruskin, abbiano come loro fondamentali componenti proprio il riconoscimento del carattere ineliminabile del valore del passato e la funzione speciale che larte, di ieri e di oggi deve svolgere, a partire da una valutazione spiritualistica della sua realt. Se dunque vero che nessuna tesi aprioristica sul restauro pu essere applicata integralmente o nelle sue estreme conseguenze, e che non opportuno in una Carta giungere a precisazioni di dettaglio che troverebbero smentite assai pi frequenti delle conferme, bene tuttavia che interpretazioni e commenti accentuino i principi di conservazione che a Venezia furono espressi e che si operi perch indirizzi di politica culturale ed economica favoriscano manutenzione e conservazione dei manufatti edilizi. Molte critiche alla Carta sono nate dalla sua identificazione come documento che ripropone tesi di vecchia matrice positivistica e filologica, che sembrano contraddire quella realt di valori spirituali che sono propri dellarte. Nei fatti, ed ancora Ruskin richiamo immediato, la conservazione delle testimonianze storiche nella loro integrit fisica non tesi che debba necessariamente essere legata ad una concezione puramente materiale dellopera. Ruskin vi giunse attraverso una considerazione dei valori dellarte che trascende lesperienza empirica, ma che si realizzano tuttavia nella materia, nelle sue vicende, nel passaggio nel tempo. Lo storicismo classificatorio di matrice positivista, negli stessi anni, malamente inteso e spesso coniugato con superficiali apprezzamenti sentimentali dei valori dellarte, non giunse a comprendere il valore del documento e le sue esigenze di autenticit. Il filologismo pi avveduto, nel nostro secolo, arriva a questattenzione soprattutto attraverso la valutazione delle molteplicit del carattere testimoniale dellarchitettura, e come risultato quindi del suo migliore sbocco: quello che voleva vedere nellarte la pi compiuta testimonianza di ogni aspetto della civilt. Tuttavia il restauro filologico, anche nelle sue migliori espressioni, non ha evitato radicali interventi di trasformazione, il cui obiettivo diveniva la documentazione delle trasformazioni dellopera, secondo unipotesi che teneva nel contempo presenti la successione temporale e valutazioni di relativa importanza.

* BELLINI, Amedeo, Istanze storiche e selezione nel restauro architettonico, in Restauro, XII, 68-69, 1983, pp. 147-158. 95

Il superamento delle ipotesi filologiche stato proposto in maniera esauriente esclusivamente da una posizione sul restauro che si affacciata nel dopoguerra e che pone loperazione nella prospettiva di un restauro come dialettica fra storia e progetto, fra critica e creativit (R. Bonelli). Questa complessa asserzione vuole in definitiva dichiarare che alla base di ogni restauro sta un momento primario, perch preliminare e perch fondamentale, che elabora un giudizio, storico e critico, il quale permette di individuare i criteri da adottare per la conservazione o meno di unopera, di una fabbrica o di sue parti. Il giudizio critico anche matrice dellintervento, guida di un progetto, di un atto creativo teso a ricuperare limmagine figurata, veicolo di tutti i valori espressi dallopera. Il restauro, stato detto con sintetica espressivit diviene il braccio secolare della storia. evidente il riferimento ad una concezione neo-idealistica e storicistica della realt anche se non mancano allineamenti a sostegno di questa via a partire da considerazioni di tipo fenomenologico. Questa tesi, definitasi di .restauro critico, ha avuto approfondimenti molto complessi in rapporto alle opere darte oggetto dellintervento di restauro, e ha guardato con minore interesse alle, opere che non sono considerate arte , oggetti privi di esteticit, considerate frutto di attivit pratiche, in cui lespressivit non ha superato e fuso in una unit di forma e contenuto, i dati empirici. Le architetture, o gli oggetti edilizi, che si trovano in questa condizione, la cui eventuale importanza risieda nel loro essere documenti storici, possono essere restaurati, allinterno di questa tesi, secondo principi filologici, criteri di valutazione comparativa dei diversi valori e aspetti testimoniali []. Queste posizioni, espresse dapprima in forma prima molto radicale e poi parzialmente attenuate nelle conseguenze pratiche, destano alcune perplessit, nonostante il rigore con cui sono state esposte sia in rapporto alle premesse, sia in relazione alle conseguenze che ne sono state tratte []. Se lopera darte in qualche modo un assoluto, se essa si distingue in quanto tale dagli oggetti che tali non sono (conclusioni alle quali si pervenuti anche al di fuori dellestetica neoidealista e della coincidenza tra estetico ed artistico) non assoluto il suo rapporto contestuale, il modo del suo apprezzamento, scontata la compresenza nellopera, in quanto partecipe del mondo storico, di valori relativi Non sembra dunque possibile definire un sistema o una gerarchia di valori a partire dallindagine storiografica, che, a parte ogni dubbio sui criteri gerarchici tra i valori, sovvertibili anche se consolidati nella coscienza, il diverso tipo di indagine storiografica muterebbe. Non esiste una istanza storica, esistono istanze storiche, e, nella continuit, esistono istanze storiche poste dal futuro e non soltanto dal passato. Lindagine storica, cio la conoscenza acquisita come riflessione di dati della storiografia, pu quindi essere al limite definita irrilevante ai fini dellintervento diretto sulledificio, oggetto di conservazione, se non in quanto fornisca notizia da cui dedurre provvedimenti tecnici, rimanendo tuttavia fondamentale per la provvisoria valutazione delledificio e per la sua collocazione nel progetto che si attua nella funzione, nella collocazione in un nuovo contesto fisico in senso lato, nella realizzazione delle migliori condizioni esterne per la fruizione estetica. Laffermazione di una supremazia dellimmagine figurata come esaustiva nella sua realt dellespressione dei dati di contenuto proposizione che, anche se accettata sul piano critico, non pu comportare di per s lalterazione dellimmagine storicamente pervenutaci, quella stessa su cui si formato il giudizio. Ci non soltanto perch in linea generale non si pu ammettere lalterazione del documento, ma anche perch quella superiorit, quella esaustivit, sono relative alla formazione del giudizio estetico e sono tra laltro per esso sufficienti se esso stato dato. Una teorica possibilit di perfezionamento, dellapprezzamento tramite limmagine, non consente una censura alla storia, un impoverimento dei dati, una sottrazione alla conoscenza se non eccezionalmente. Non quindi accettabile la possibilit, per il recupero dellimmagine, del sacrificio di parti anche rilevanti dellopera. Affermare che listanza storica, o le istanze storiche, considerate come elementi disomogenei rispetto allartisticit assoluta, come testimonianza della nascita di una opera in un certo tempo e luogo,
96

possono essere contrapposte alla singolarit dellopera darte che non dipende dalla sua storicit, non ci sembra legittimo, perch ci significherebbe istituire categorie privilegiate tra eventi storici, e lopera darte tale, simile a quelle categorie (come decadenza, progresso, etc.) che il pluralismo storico rifiuta. Lopera darte pu essere un assoluto come sintesi di forma e contenuto, ma anche struttura materiale che si modifica nel tempo, nella materia, nellimmagine, nellapprezzamento della coscienza, nelle relazioni con il contesto, la cui conoscenza richiede comunque uno sforzo riflesso che si fonda sulla sua storicit, che non pu essere alterata, delusa, ripristinata ove perduta, limitata al dato figurativo. vero che il suo significato inscindibile dallimmagine, ma anche dalla storicit, dallautenticit della materia. Luna e laltra subiscono modificazioni che comportano lesigenza di una ricostruzione critica, che, se ammettessimo irrealizzabile di fronte ad una parziale perdita o ad un parziale cambiamento, dovremmo ritenere sempre irriconoscibile. In sostanza un approccio allopera darte in senso spiritualistico, storicista, per una valutazione critica, non necessita di norma dellintegrit dellimmagine o della sua sopravvalutazione rispetto alle altre componenti presenti nellopera []. N daltronde possibile in architettura recuperare unimmagine originaria o unitaria, se non come prevalente o, pi spesso ancora, come somma di frammenti di opere, ciascuna delle quali non pu essere trattata a s perch i suoi significati storici e artistici sono connaturati con il contesto, che documenta e chiarisce lapprezzamento nel passato, luso, il valore variabile assunto nella coscienza storica. Non sussiste insomma nellarte uno spirituale idealisticamente o materialisticamente inteso, separato dalla materia con la quale si espresso, dalle vicende fisiche che sono riflesso esse stesse di vicende spirituali e dalla ineliminabile dimensione costruita dal tempo. Altri argomenti consigliano ancora di assumere la conservazione integrale come dato fondamentale del restauro. Non soltanto sono di interesse storico e di apprezzamento estetico i significati intenzionali voluti, delloggetto artistico o del segno, ma anche i significati non intenzionali, o quelli assunti da oggetti non creati e talora neppure modificati, come avviene per il paesaggio incontaminato. Lesteticit pu dunque essere propria non delloggetto, ma dellintenzione dellosservatore; le categorie dellartistico e dellestetico non coincidono e la seconda di gran lunga potenzialmente pi vasta, anche se non v dubbio che viceversa oggetti che hanno avuto significato darte non sono pi percepibili come tali oggi, n talora sono oggetto di considerazione sui piano estetico []. Tutti quegli oggetti dunque che sono documenti essenziali della storia nella sua molteplicit di aspetti, documenti di cultura materiale, di dati quantitativi, di quella storia tesa a ricostruire la realt delluomo nel mondo nella sua concretezza quotidiana e materiale, non rappresentano soltanto documenti storici insopprimibili, ma anche momenti di conoscenza, attraverso la forma e la consistenza materica, di una storia che storia della spiritualit in tutte le sue manifestazioni, dello sforzo intellettivo e materiale del dominio sulla natura, della lotta per la vita, del continuo superamento delle condizioni materiali. Oggetti la cui esperienza fonte di emozioni, di stati danimo, di conoscenza e logica ed intuitiva, anche attraverso il richiamo a quelle stratificazioni di memoria connaturate con luomo ed espresse, concretizzate, nei modi di esecuzione degli oggetti []. Il documento ha in realt in quanto tale significato molto pi ampio di quello che gli era assegnato dal filologo o da una valutazione meramente positivistica; trascende i valori puramente testimoniali di fatti materiali, coinvolge la spiritualit delluomo nella totalit dei suoi aspetti. La conservazione del documento conservazione dellautenticit, della possibilista di molteplici apprezzamenti estetici, conservazione di contenuti per nuove realt che non possono fondarsi sulla falsificazione. Tanto pi un documento minore, tanto pi la sua autenticit deve essere garantita;
97

tanto meno gli sono inerenti ed intrinseci valori estetici ed espressivi, tanto pi la sostituzione di parti, lalterazione della sua fisicit lo distruggono. La ricostruzione dellimmagine parzialmente o totalmente perduta, se ristabilita attraverso la falsificazione (o il modello al vero), come avvenuto in larga misura, per esempio, dopo le distruzioni belliche, pu ristabilire lesteticit nella sua componente fondamentale (non.certo nella sua totalit) ma comporta la perdita di valori che non consentono loperazione come atto volontario. Porre il problema del restauro in termini complessivi di conservazione non significa affatto avere una posizione di immobilismo. Anzi, da un lato essa implica sul piano culturale la pi profonda attenzione verso le possibilit che alla cultura offrono le sopravvenienze del passato; sul piano politico, secondo lideale posizione ruskiniana, il rifiuto del consumo fine a se stesso, del dissidio fra passato e futuro, la volont di non perdere alcuno dei valori della storia; sul piano pratico: atteggiamenti di profonda riforma nella ricerca storica per il restauro; una appropriata ricerca scientifica, che, per essere finalizzata deve avere un mercato proprio, e richiede quindi determinazioni economiche; necessita di un cambiamento radicale nella prassi del cantiere di restauro, che ancora oggi si basa inutilmente sulla distruzione e ricostruzione di ci che dellarchitettura arbitrariamente definito secondario. Rivendica dunque quella coincidenza tra utile sociale e cultura che nei fatti e nelle idee, ma che non trova spazio nellorganizzazione politica, comportando con ci stesso lo spreco delle risorse, termine che deve esprimere un concetto che non si esaurisce nelluso o nella considerazione economica, ma che comprende tutte le potenzialit del passato nel definire il futuro possibile. Va da s che la conservazione integrale di tutto ci che ha interesse concetto che portato allestremo limite conduce ad insanabili contraddizioni come ogni tesi espressa sul restauro, e forse ogni tesi in assoluto. Nessuno conserver una manciata di calce che un pazzo avesse buttato su un Raffaello, n il tavolato grezzo che abbia otturato una finestra senza serramento in attesa di un intervento definitivo. N si pu portare il concetto fino alla difesa del provvisorio che comporterebbe, limite estremo, lintangibilit del ponteggio, pur ovviamente non potendosi escludere, anzi dovendosi sostenere la conservazione di ci che attuale al pari di ci che appartiene al passato []. Il compito che ci dovrebbe vedere impegnati fondamentalmente un altro: quello di affermare le esigenze culturali della conservazione in tutte le sedi, consci che laffrontare il problema quantitativamente un modo, il migliore, per farlo anche qualitativamente, e per elevare la qualit stessa dei pi singolari interventi.

98

Salvatore Boscarino Storia e storiografia contemporanea del restauro (1984)*

Questo studio sulla storia e la storiografia contemporanea del restauro sar condotto secondo lottica del restauro, considerato, come afferma lArgan, una scienza autonoma, con una propria base teorica, una propria metodologia e una propria tecnica; esso avr quindi una costante finalizzazione al campo di interesse di tale disciplina che caratteristicamente formato per oggetti singoli, anche quando questi costituiscono un insieme o un luogo di vita, e ha al centro larchitettura, non intesa in senso lato, ma negli aspetti relativi alla sua realt fisica, fatta di materiali, strutture e forme, alle sue caratteristiche corporee, agli elementi costruttivi pi o meno pesanti, compatti e resistenti e ai nessi statici che costituiscono il suo scheletro portante. Ne risulta quindi una costante attenzione alla fabrica e ai problemi della sua fisicit tangibile e della sua materia autentica, e una preferenza metodologica per lanalisi, con lobiettivo della loro conservazione (tramite un processo di carattere eccezionale, detto restauro), ritenuta necessaria perch esse sono considerate testimonianza, documento e immagine di singole civilt, culture e capacit creative [...]. Evidentemente il titolo di questo studio, in cui compaiono i termini storia, intesa come ricostruzione ordinata di eventi (res gestae), storiografia, come lavoro dello storico criticamente e metodologicamente consapevole (historia rerum gestarum), e restauro, qui considerato soltanto come restauro dei monumenti si presta a diverse interpretazioni, poich questultimo pu essere inteso nella doppia accezione di disciplina e di attivit operativa. In questa sede prenderemo in considerazione la prima accezione, cio quella di disciplina, e tenteremo quindi di esaminare i rapporti del restauro non con la sua storia e la sua storiografia, come probabilmente vorrebbe il titolo, ma con la storia e la storiografia dellarchitettura [...]. Definizioni Di fronte a una storia dellarchitettura che ha visto dilatare i propri organici e la propria produzione culturale e scientifica come non mai, e i cui metodi si sono affinati mentre i suoi indirizzi si moltiplicavano in maniera inusitata, c il restauro dei monumenti con i suoi quadri numericamente limitati, con il suo sistema di pensiero non unitario, e con le sue enormi responsabilit specialistiche. Lesame di queste due discipline, dei loro rapporti, delle polemiche recenti e non, ed anche delle vicende burocratiche universitarie (ancora non completamente risolte) e legislative, ci obbliga a un chiarimento anche per evitare che il dibattito sul restauro scivoli sempre pi verso un inammissibile tecnicismo, in cui la funzione della Storia sostanzialmente negata (G. Spagnesi) [...]. Se si volessero ricercare in modo tradizionale le origini del restauro, bisognerebbe rifarsi al rinnovamento culturale operato dallilluminismo e dalla rivoluzione francese, e allaffermarsi della cultura industriale, che determinavano una concezione idealizzata del monumento storico-artistico e ne proclamavano, sulla spinta di esigenze prettamente culturali (il culto dellantico, lantiquaria, larcheologia, il collezionismo, e cos via), la conseguente azione di tutela e di conservazione. Se invece per restauro intendiamo gli interventi architettonici su edifici esistenti, determinati dalluso e dalle vicende delluso, dobbiamo riconoscere che questi ci sono sempre stati. Nel primo caso gli interventi hanno dato luogo sostanzialmente a due atteggiamenti opposti - oltre sintende a un numero infinito di posizioni intermedie -, come stato chiarito dal De Angelis dOssat: (...) o si guardato al
* BOSCARINO, Salvatore, Storia e storiografia contemporanea del restauro, in SPAGNESI Gianfranco, (a cura di), Storia e restauro dellarchitettura. Proposte di metodo, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1984, pp. 51-62. 99

monumento con rispetto, oppure si assunta una posizione sprezzante, autonoma; perci o larchitetto ha creduto di sottomettere la propria personalit allo spirito e alla presenza dellantico monumento, ovvero lo ha dominato. Evidentemente la nostra riflessione e la nostra operativit devono essere indirizzate sul restauro inteso nel senso avanti indicato, che nasce come atto di cultura da esigenze esclusivamente culturali, per cui i suoi interventi sulle preesistenze architettoniche, intellettualmente idealizzate, non possono essere condotte che con il primo atteggiamento, quello di umilt. Il secondo occorre lasciarlo ad altri: agli architetti che vogliono riprogettare sullantico, a coloro che vogliono lasciare il segno della propria creativit, ai sostenitori del diritto sociale al consumo dei beni architettonici piuttosto che del diritto alleducazione estetica, ai fautori del recupero generalizzato di tutto e di ogni cosa e a quelli che sostengono la riappropriazione della civilt materiale delle classi subalterne, ai tecnico-politici che guardano ai soli aspetti economici e quantitativi dei centri storici. Il nostro restauro quindi non pu essere semplicemente architettonico e non pu ammettere la suddivisione in restauro architettonico e urbano, sostenuta e promossa dalla burocrazia universitaria, ministeriale e dagli esperti cooptati. Il nostro restauro quello che con termine antico, ma comprensibile e compreso in tutto il mondo, viene detto dei monumenti e che si formato attraverso lelaborazione della scuola italiana del restauro - che conta ormai cento anni di vita e si riconosce in Boito, Giovannoni, Sanpaolesi, Pane, De Angelis, Bonelli, Grassi e Di Stefano e negli apporti fondamentali di Argan, Brandi, Bianchi-Bandinelli, Longhi, Calvesi, e via dicendo alla quale apparteniamo, pur nella diversificata, dialettica, dinamica, rispettabile posizione di ciascuno. Evidentemente, per, oggi dobbiamo anche registrare lestensione che ha avuto il termine monumento, che diventato talmente vasto da comprendere un grande numero di oggetti e di cose, sino ad arrivare allambiente urbano e naturale, per cui letichetta di fautori dellaccademismo monumentalista, che ci viene continuamente attribuita, appare ingiustificata. Tuttavia bisogna chiaramente affermare che questa estensione del termine non pu comprendere tutto il costruito, il continuum edificato sul territorio. Analogamente non possono essere accettate le estensioni derivate dalla definizione antropologica di bene culturale o da quella sociologica, che portano a non riconoscere la differenza delledilizia storico-artistica dallinsieme di quella esistente e per le quali il restauro non pi la conservazione, e quindi la corretta, compatibile e sempre auspicabile utilizzazione dei manufatti, ma finisce con il diventare quel complesso di operazioni che tende a adeguare le preesistenze antiche alle esigenze moderne o ad auspicare unassoluta conservazione di tutto e di ogni cosa, che diventa poi irrealizzabile nei fatti. Per questo campo di oggetti, che viene ancora oggi indicato con la parola monumento, cos complesso, cos diramato e variegato, cos angosciante per i connessi problemi di sviluppo e di sopravvivenza per le comunit sociali direttamente interessate, si tutti, o quasi tutti, teoricamente daccord sulla necessit della sua conservazione, della conservazione soprattutto della sua materialit, che lunica che ne garantisce lautenticit e quindi la verit. Ma la conservazione implica la conoscenza di ci che si vuole conservare, che storica, scientifica, tecnica, e dunque la definizione o il riconoscimento del valore, di quello che si vuole conservare, che nel caso dei monumenti dato dalla cultura, intesa come la consapevolezza che una comunit umana possiede del proprio vivere storico, e con la quale essa tende ad assicurare la continuit e lo sviluppo di se medesima. indispensabile che questa precisazione sia formulata, perch da essa dipende il rapporto che il restauro ha con la storia dellarchitettura, o meglio con la storiografia, e la possibilit di stabilire se i restauratori si devono separare dagli storici per meglio progredire o devono operare e lavorare insieme a loro. Il rapporto suddetto dunque imperniato sulla definizione di valore che per lo storico, come afferma lArgan, (...) non una deduzione dalla critica e storia dellarte, in toto la critica e la storia dellarte e quindi anche dellarchitettura, mentre per il restauratore costituisce, dentro il. sistema di conoscenze che egli deve stabilire sulloggetto da restaurare, la lama affilatissima della consapevolezza
100

critica del suo operare, la quale per la natura di questo operare affonda nel vivo della materia architettonica. La definizione di valore per il restauratore non pu diventare una licenza di demolizione, come stata qualche volta intesa, ma nella sua provvisoriet soggettiva e relativit conseguente deve essere ritenuta indispensabile per la formazione del giudizio critico, il quale solo gli consente quella operativit imposta dallo status delloggetto da conservare, che il suo compito primario e senza il quale non vi il restauro. Operativit nel restauro da svolgere per nella consapevolezza che non si tratta di interpretare una partitura musicale o di leggere un manoscritto dautore, giacch un errore, un errore qualsiasi, una perdita definitiva la cui entit non valutabile oggi e tanto meno in futuro. Vi inoltre unimplicita rinuncia alla definizione di valore da parte di quei restauratori che, non volendo essere condizionati, non ammettono lesistenza di una soggettivit storica, prima ancora che individuale, quando si interviene su un monumento, e che non si vogliono proporre neppure quella oggettivit delle cose che affrontano, che resta sempre il necessario, e spesso illusorio, dovere di chiunque ambisca a fare cultura nel restauro. Dovere che reso poi pi stringente di fronte alla vastit, per numero e qualit, degli oggetti di cui si interessa oggi il restauro, che non sono pi i soli capolavori, le sole emergenze, e si inscrivono perci in un contesto di attualit e spesso di necessit che per eccellenza effimero e relativo, in quanto dato da un nostro rapporto pi superficiale con la realt architettonica e ambientale che ci si presenta. Daltronde questi oggetti, e tutti quelli di cui si interessa il restauro, hanno una loro utilit o utensilit e quindi delle ineludibili motivazioni di carattere economico, che si aggiungono a quelle culturali e spirituali di testimonianza e di documento irrinunciabile di civilt, di storia, di arte, che sono le motivazioni peculiari e primarie e per le quali tali oggetti vanno considerati patrimonio dellintera comunit umana e risorse collettive. Il guaio per, come ci ammoniva fin dal 1973 R. Pane, che per conservare bisogna restaurare e quindi esporre lopera - che altrimenti sarebbe votata alla distruzione attraverso il progressivo disfacimento - al rischio, e per ridurre questo rischio occorre conoscere lopera a fondo. E su questa affermata necessit di conoscenza dellopera, che contemporaneamente espositiva, valutativa e storica, il restauratore poggia la prima fase del suo lavoro, simile a quella con cui inizia lopera del critico letterario e che il De Sanctis definisce con semplicit un lavoro sopra un altro lavoro. Esso consiste nel ripercorrere il processo produttivo dellarchitetto e delle maestranze o quello genetico dellarchitettura e delle trasformazioni duso richieste attraverso il tempo, che sono presenti soltanto dentro lopera sino al pi piccolo frammento: ripercorrere tale processo indispensabile per poterla conservare. Si pu fare a meno della storia, della conoscenza storica (come del resto delle altre conoscenze) nel restauro dei monumenti, quando questo ha come obiettivo la conservazione e come strumentazione per una operativit minima, possibile, indispensabile, il giudizio critico? Riteniamo che non sia possibile sottrarsi alla conoscenza storica, n trasformare il restauro in una operazione tecnica o cosiddetta scientifica, e quindi asettica, neutrale e metastorica, giacch esso tocca la storia, entra nel vivo di essa, della storicit effettuale, quella autentica, voluta e scritta dagli uomini con le pietre. Necessit della storia dellarchitettura nel restauro dei monumenti Il restauro dei monumenti, che ha accettato di operare sulle preesistenze architettoniche e ambientali, criticamente riconosciute, con latteggiamento di umilt anzidetto, deve avere la convinzione che, non occupandosi di un costruito generico e di spazi naturali qualsiasi, non pu fare a meno, prima e durante lintervento operativo, degli apporti di tutte le conoscenze che riguardano il monumento da conservare, tra le quali vi sono certamente quelle storiche, quelle scientifiche e quelle tecniche. Date le responsabilit culturali e sociali del restauro, tutti questi apporti di conoscenze relative al monumento vanno assunti con pari dignit, perch contribuiscono alla sua salvaguardia e alla sua integrazione nel quadro della vita culturale, sociale ed economica della comunit umana. Tali
101

conoscenze, tramite il giudizio critico, vengono riportate dal restauratore a unoperazione unitaria, detta restauro, che, per le finalit anzidette, diventa unoperazione culturale. Anche le conoscenze storiche, derivate dallanalisi storico-critica del monumento, partecipano quindi alla formazione della conoscenza globale di questo; esse soltanto, quasi indagassero i significati, le pagine, le parole di un testo scritto, insegnano a leggere il monumento. compito della storia dare questa conoscenza? Assistendo al dibattito attuale saremmo propensi a rispondere negativamente, ma se pensiamo a quello che si studiava trentanni fa la risposta diviene affermativa. In quei tempi, ormai remoti, vigeva il pensiero crociano secondo il quale (...) il giudizio di un libro di storia deve farsi (...), unicamente secondo la sua storicit (...) E la storicit si pu definire un atto di comprensione e di intelligenza, stimolato da un bisogno della vita pratica il quale non pu soddisfarsi trapassando in azione se prima i fantasmi e i dubbi e le oscurit contro cui si dibatte, non siano fugati. Lo stesso si potrebbe dire se ripensiamo allinsegnamento di Argan: (...) affermare che lo studio scientifico della storia dellarte ha un unico fine, la conservazione delle cose di interesse artistico, non ne diminuisce la dignit culturale: obbiettivamente gli storici dellarte non fanno mai e non possono fare altro. Oggi, per, non pare che sia pi cos: la storia dellarchitettura nella versione di progetto storico o di lavoro storico e quella attenta alle dimensioni sociologiche, psicoanalitiche, antropologiche, filosofiche, simboliche, linguistiche, rivendica la sua assoluta autonomia e la sua estraneit a qualsiasi contaminazione operativa. E non si tratta di quella autonomia disciplinare legittima che la ricerca storica invoca, trattandosi di uno dei momenti della conoscenza. Infatti la ricerca storica, (...) come tutte le conoscenze, si attua con propri processi critici e prescinde da una eventuale utilizzazione: tanto che dallo stesso momento di conoscenza possono dipendere, ad esempio, pi ipotesi progettuali, anche alternative da porsi a confronto. La ricerca storica attuale, invece, sembra indirizzata a dare la conoscenza di una realt culturale completamente staccata da quella fisica relativa allarchitettura da restaurare. Probabilmente non interessa pi a nessuno seguire le modalit di costruzione, i principi generatori tecnico-statici, la scelta dei materiali di una architettura, dentro cui si inverano poi le esigenze funzionali e la struttura stessa della forma costruita. Ma un restauratore pu fare a meno di tutto questo? Gli pu bastare che la produzione storica diventi soltanto stimolo e presa di coscienza o indicatrice di strategie di indagine per penetrare e comprendere tutta la complessit del reale? [...] Il restauratore deve avere la convinzione che, soltanto tramite loperazione primaria di conoscenza generale del monumento, analoga a quella dellanamnesi nella medicina, il suo fare tecnico, il suo operare, la sua metodologia di intervento e gli aspetti progettuali possono acquisire lindispensabile fondamento che trasforma unoperazione professionale, alla quale sono chiamati con pari dignit storici, scienziati e tecnologi, in una culturale. Infatti, solo la conoscenza globale preliminare e, dentro di essa, quella storica consentono di individuare in quali termini il monumento, da studiare oggi per la sua conservazione nel futuro, si poneva e si formava nelle intenzioni della comunit e del committente che lo volevano, dellarchitetto e delle maestranze che lo realizzavano, fino a cogliere, mediante le modificazioni anche duso verificatesi attraverso il tempo, il ruolo e la funzione che il monumento stesso deve avere ai nostri giorni, la sua presenza o flagranza delle nostre coscienze. La conoscenza generale e, quindi, quella storica consentono di ricondurre mentalmente il monumento nelle condizioni del suo tempo e di ricercare non soltanto lunit logica della sua immagine, la sua interna disciplina, i caratteri della sua utilit, ma anche i significati puntuali delle sue strutture materiali e fisiche, il loro comportamento statico e, se vi sono, gli eventuali quozienti letterari. Alla storia dellarchitettura, e in generale a quella dellarte, appartengono i testi, gli oggetti, i materiali su cui lavora il restauratore, tanto vero che allo storico, a nostro giudizio, spetta il compito di dipanare criticamente, anche con lausilio di altre strumentazioni, la processualit delliter ideativo, realizzativo del monumento e delle sue diverse trasformazioni nonch delle operazioni di restauro
102

che si sono verificate nel passato e che lo hanno interessato. Ci sembra riduttiva la ricerca storica aliena dalla cultura materiale, da quella individuante le singole fasi costruttive, dai fatti tecnici operativi, soprattutto se essa finalizzata a un intervento di restauro. Analogamente riteniamo ingiusto che la ricerca storica, quando indirizzata alle operazioni di restauro, finisca con il privilegiare i contenuti (simbolici, sociologici, psicoanalitici, antropologici, filosofici, letterari) e i valori di pura immagine, che certamente vi sono nellarchitettura, rispetto agli apporti desumibili dalla sua fisicit e dalla manualit realizzativa che, per tanta parte degli interventi restaurativi su architetture del passato, sono invece fondamentali [...]. Da questo contatto con il reale il restauratore e lo storico dellarchitettura, associati in unoperazione di restauro dei monumenti, guadagneranno la convinzione, avranno la certezza che il processo creativo dellarchitettura, che essi percorrono a ritroso tramite la strumentazione storicocritica e quella scientifico-tecnica, si compie nel reale, si incorpora nel mezzo che lo estrinseca, anche se ad esso, mantenendo coscienza di s, non rimane mai asservito. Entrambi avranno la consapevolezza che il monumento si articola e si realizza in un processo organizzativo e in uninterna disciplina senza la conoscenza dei quali non possibile proporre alcun programma dintervento. Lanalisi storicocritica e quella scientifico-tecnica di un monumento servono anche, con tutte le loro numerose trascrizioni, a confermare che esso si possiede, quando sui fogli di carta, nei grafici, nei calchi, nelle riproduzioni, nei disegni, e via dicendo, se ne sono fermati tutti gli aspetti e le questioni possibili.

103

Marco Dezzi Bardeschi La conservazione del costruito (1981)*

Ancor oggi malgrado tante oneste dichiarazioni di buone intenzioni la figura del restauratore pi facilmente assimilabile, nei segreti recessi del cantiere transennato e sottratto alla vista di occhi indiscreti, a quella di un Infedele che, inseguendo una propria idea interna daffezione, sogna antistorici ripristini e realizza con la complicit dellattuale rigido meccanismo imprenditoriale tranquille sostituzioni di parti e di materiali degradati, piuttosto che non a quella del conservatore attento ad arrestare il degrado al suo primo manifestarsi, dellanalista paziente in camice bianco che in tempestiva collaborazione interdisciplinare con altri tecnici della conservazione (chimici, fisici, biologi), si impegna in una battaglia scientifica volta ai assicurare la trasmissibilit alle future generazioni di quel patrimonio architettonico diffuso in cui si identificano le radici stesse della nostra stratificata cultura materiale. Oggi ancor pi che ai tempi di Boito e del suo dialogo immaginario fra un intellettuale romantico e un preteso filologo, la parola dordine deve essere conservare, non restaurare. Il nodo dunque quello di assicurare che non sia alterato per mano delluomo quel contesto materico che costituisce lautenticit stessa della fabbrica. Ricordiamo la non sospetta riflessione di Walter Benjamin, cio di un intellettuale esterno al campo e sicuramente non compromesso con la disciplina del restauro: Anche nel caso di una riproduzione altamente perfezionata, manca un elemento: lhic et nunc dellopera darte la sua esistenza unica e irripetibile nel luogo in cui si trova. Ma proprio su questa esistenza, e in nullaltro, si attuata la storia a cui essa stata sottoposta nel corso del suo durare. In questambito rientrano sia le modificazioni che essa ha subito nella sua struttura fisica nel corso del tempo, sia i mutevoli apporti di propriet in cui pu essersi venuta a trovare. La traccia delle prime pu essere reperita soltanto attraverso analisi chimiche e fisiche che non possono venire eseguite sulla riproduzione; quella dei secondi oggetto di una tradizione la cui ricostruzione deve procedere dalla sede delloriginale. Lhic et nunc delloriginale costituisce il concetto della sua autenticit ... Lintiero ambito dellautenticit si sottrae alla riproducibilit tecnica E ancora: Lautenticit di una cosa la quintessenza di tutto ci che, fin dalla origine di essa, pu venir tramandato, dalla sua durata materiale alla sua virt di testimonianza storica. Poich questultima fondata sulla prima, nella riproduzione, in cui la prima sottratta alluomo, vacilla anche la seconda, la virt di testimonianza della cosa. Certo, soltanto questa; ma ci che cos prende a vacillare precisamente lautorit della cosa. E senza dubbio significativo il fatto che, mentre Benjamin scriveva queste parole (nel lontano 1938), il restauro di Stato celebrava i propri pi perversi fasti. Malgrado laffinarsi del dibattito specifico che tentava di fissare i criteri e la normativa per un intervento corretto (la carta di Atene del 31 e le istruzioni alle Soprintendenze sono appunto del 38), sotto le mani dei restauratori gli edifici uscivano stravolti, anzi si assisteva (e purtroppo, in certe aree arretrate si continua ad assistere) ad una manomissione sistematica che risultava tanto pi massiccia e prevaricatrice quanto pi noto e rappresentativo era il monumento toccato. Sopraintendeva in effetti agli interventi una pellicolare e frivola estetica voyeristica, in base alla quale si pensava che limmagine accreditata sui Sacri testi di
* DEZZI BARDESCHI, Marco, Presentazione, in DEZZI BARDESCHI, Marco SORLINI, Claudia, (a cura di), La conservazione del costruito. I materiali e le tecniche, Milano, CLUP, 1981, pp. 5-11. 104

storia dellarte (in genere la facciata come facies o specchio del monumento) riassume in se stessa indipendentemente dal contesto fisico che la esprimeva il significato culturale {ma dovremmo piuttosto dire: cultuale) delloggetto. Nessuna attenzione, salvo rari e sporadici casi da manuale, era riservata, malgrado tutto, ai problemi reali della conservazione della cultura materiale. Nasceva s lIstituto Centrale del Restauro, ma in modo tutto finalizzato a unideologia di tipo idealistico: dellopera andava salvata soprattutto laura originaria, primigenia possibilmente da ritrovare libera da imbarazzanti successivi inquinamenti (si pensi alla fortuna tutta strumentale di un termine come superfetazione): era insomma il trionfo dellapparire sullessere, dellicona come presunta invariante atemporale sulla sofferente e peribile fisicit dellopera, dellimmagine adamantina, non offuscata sulla materia bruta ritenuta ancora si consulti la teoria del restauro di Brandi un supporto volgare, trascurabile, accidentale e dunque tranquillamente sostituibile e rinnovabile. Il ritorno dattenzione al contesto materico, della cui facile vulnerabilit si era gi mostrato tanto consapevolmente preoccupato proprio Benjamin, in definitiva recente ed soprattutto legato alla ricorrente riflessione sui massicci esiti distruttivi della disciplina, sulla considerazione cio che la storia del restauro risulta (come un imponente cimitero dautori) cosparsa di inimmaginabili cadaveri eccellenti. In effetti tutto sembra ancor oggi cospirare contro la conservazione della consistenza materica in s considerata, Se il primo colpevole ovviamente labbandono, dunque la perdita progressiva duso e di significato, che provoca laccelerata irreversibile ruderizzazione di un manufatto, anche leccessivo ritorno dinteresse pu risultare altrettanto prevaricatore. Dopo che si sia giunti infatti alla perdita di identit di unopera o di un brano edilizio degradato, limprovvisa riscoperta passionne di un insieme architettonico ormai fortemente pregiudicato dallabbandono fa s che quella stessa consistenza materica precaria, ridotta a fantasma che ha accesso gli animi degli uomini di cultura, finisca per essere definitivamente travolta da un intervento inevitabilmente massiccio, sovvertitore. insomma ancora la stessa riflessione che faceva Ruskin: quando la guida Murray vi dice che stato magnificamente restaurato potete tranquillamente passarvi davanti senza degnarlo dattenzione, perch non una sola pietra sar rimasta al suo posto. Oggi lesperienza purtroppo insegna che tra tutti i nemici dellopera costruita il pi prevedibile ed onesto come nei vecchi proverbi - proprio ancora il Tempo: ogni operazione di restauro, quando sia condotta tardivamente su un organismo edilizio notevolmente degradato scarica una inammissibile violenza sul contesto fisico che si vorrebbe salvaguardare, si traduce cio in un intervento traumatico il cui risultato perverso proprio quello paradossalmente di sottrarre materia allopera che invece si vorrebbe preservare dallautodistruzione. Nel migliore dei casi cos lintervento riesce solo ad assicurare una pallida, sbiadita ri-produzione (ricorrendo a disinvolte tecniche costruttive impiegate di solito in un cantiere di produzione e non alle specifiche tecniche di conservazione, come richiederebbe la materia: nuovi componenti sostituiscono disinvoltamente gli elementi pi degradati); nel peggiore si risolve in arbitrarie avventure morfologiche, in improbabili re-invenzioni e in assurde proiezioni e rivisitazioni nelle morte stagioni della storia degli Stili (magari con la complicit di approssimativi pseudo-manuali tipologici). Oggi il cerchio delle consolatorie quanto gratuite aggettivazioni che via via si data la teoria della disciplina in almeno un secolo e mezzo di tormentata ricerca di identit (dal restauro stilistico a quello storico, critico, tipologico) sembra alla fine che si sia chiuso mentre i nodi, con sempre maggior imbarazzo, vengono al pettine dei nuovi operatori. Si reclama ormai a gran voce e con crescente insistenza (ora che il restauro diventato un rilevante problema sociale) che il ciabattino stia alla scarpa, ossia che il restauratore si limiti solo a fare correttamente il proprio mestiere: che cio operi allunico fine di assicurare la conservazione dellautenticit dellopera, che costituita da tutti gli apporti materici che le si sono stratificati addosso e che appunto rappresentano come scriveva Benjamin quellinsostituibile e irripetibile hic et nunc che
105

caratterizza e distingue in modo specifico quella e non altra fabbrica: perduto e compromesso il quale perduto e compromesso tutto il resto, il valore di testimonianza e le stessa credibilit delloggetto (lautorit della cosa, appunto). Il fatto ce lo ricorda un Ruskin lapidario che un edificio qualsiasi non appartiene a quei vandali che gli recano violenza. Perch sono vandali, e tali saranno sempre; non importa se nellira o per deliberata follia; se innumerevoli o assisi in comitati: quelli che distruggono qualcosa senza motivo sono considerati vandali; e larchitettura viene sempre distrutta senza motivo. Il problema di fondo del restauro (architettonico e non) oggi dunque di garantire la effettiva conservazione del peculiare status in cui lopera pervenuta fino a noi e con ci la trasmissibilit integrale della fabbrica che lintervento non pu neppur parzialmente impoverire: occorre semmai aggiungere, non sottrarre, materia al contesto, anche per minimizzare, parallelamente, i costi e la conservazione ha il compito di affinare le tecniche specifiche che portano a tale obiettivo, La scienza della conservazione si occupa dunque di analizzare il degrado dei componenti, di prevenirlo, individuandone il ciclo di evoluzione, di arrestarlo infine con la messa a punto delle pi corrette e idonee strategie dintervento.

106

Giovanni Carbonara Teoria e metodi del restauro (1996)*

Origini del restauro Il restauro una disciplina relativamente giovane, che affonda le sue radici tanto nella moderna ricerca storica quanto nelle tradizionali pratiche di manutenzione tese a preservare un oggetto, al quale si riconosceva un valore (artistico, di memoria, economico) dal degrado. Proprio nel valore di memoria e nel riconoscimento storico-artistico meglio si possono individuare le pi autentiche ragioni del restauro e della tutela dei beni culturali, nella fattispecie di quelli architettonici. Le origini storiche della conservazione (atteggiamento, secondo alcuni, costitutivamente diverso dal restauro) intesa quale esigenza di mantenere e trasmettere al futuro gli antichi oggetti, cos come ci sono pervenuti, nella loro integrale originalit materiale, risalgono gi ad alcune forme di collezionismo del passato, ma assumono maggiore chiarezza e coscienza teorica nellet della Controriforma, non a caso in relazione al rinnovato culto delle reliquie cristiane. Ridatano a quei tempi, fra Cinque e Seicento, in riferimento a personaggi di formazione letteraria e non artistica, i primi casi di attenta, reale conservazione di beni o frammenti, nel nostro caso, architettonici: arredi sacri det medievale, iconostasi e parti di scholae cantorum che alcuni, come labate di San Paolo fuori le Mura, a Roma, rimuovevano dallinterno delle loro chiese in ossequio letterale ai dettati del Concilio di Trento e altri, come il cardinal Cesare Baronio, recuperavano per rimontarli in altre chiese, non certo per concrete ragioni duso o deconomia, ma per rispetto della loro veneranda antichit e dei valori spirituali di cui erano riconosciuti portatori. Non recupero a fini pratici quindi, n volont di rinnovo o dadeguamento artistico ai canoni estetici del tempo, ma autentico rispetto e vera conservazione. Ricordiamo ancora una volta che tali conservatori erano piuttosto persone di cultura storico-letteraria che non artisti o architetti, per loro natura pi portati al rinnovamento e alla modifica che alla tutela delle preesistenze. Gli architetti hanno semmai pensato in termini di restauro, inteso pi come mutazione che conservazione delloggetto, il quale sembrava comunque dover essere riplasmato e abilmente segnato dal gesto e dalle mani dellartista, piuttosto che mantenuto nella sua flagranza di testimone autentico. Pensiamo ad esempio a quante chiese medievali, in tutta Europa, sono state imbarocchite; in tali casi non si pu parlare di conservazione e forse neanche di restauro o dintegrazione, ma piuttosto di libero rinnovamento. Quando arriviamo alle soglie del XIX secolo le anticipazioni conservative, di cui s detto, assumono maggiore rigore e chiarezza. La conservazione e il restauro, modernamente intesi, tendono a confluire in un tipo dattivit che assume su di s, anche se in modi da luogo a luogo e nel tempo diversi, la volont e la responsabilit della perpetuazione delle testimonianze storico-artistiche, i cosiddetti monumenti. Siamo allincirca in et napoleonica e il processo definitivo di maturazione abbastanza rapido e contraddistinto dalla piena coscienza che gli antichi oggetti si conservano, con le speciali cure che il restauro postula, non perch utili, ma in quanto memorie storiche o espressioni di qualit artistica. Questo il dato fondante e iniziale di tutta la vicenda successiva, fino ad oggi. In quegli anni furono condotti restauri che possiamo tuttora considerare validi, tanto giudicandoli con gli occhi del nostro tempo, quanto, di pi, con criterio storico; sono i risultati duna concezione
* CARBONARA, Giovanni, Teoria e metodi del restauro, in Trattato di restauro architettonico, diretto da G. Carbonara, Torino, Utet, 1996, vol. I, pp. 3-16. 107

ormai matura, che presenta aspetti di straordinaria novit. Ci si riferisce allo sperone meridionale del Colosseo (R. Stern) e allarco di Tito (R. Stern e G. Valadier). Interventi esemplari condotti su ruderi archeologici, residui darchitettura privi di qualunque pratico valore, privi di uso, inutili appunto, se non in termini esclusivamente culturali e di memoria, ivi comprese le esigenze del turismo, allora certamente non di massa. Un architetto del secolo scorso, nel restaurare un monumento come larco di Tito, sapeva invece di riproporre, con maggiore o minore rigore, un paradigma di bellezza, un modello per la contemporanea produzione artistica (si pensi agli archi napoleonici parigini o milanesi); era guidato quindi da motivazioni dordine culturale e spirituale, autonome, diremmo oggi, e non eteronome rispetto alla fenomenologia architettonica stessa. Il riconoscimento di valore storico-artistico [] Si consideri il caso duna vecchia automobile, come si suol dire, depoca, perch risalente a cinquanta o sessantanni fa. Essa suscita una questione per molti aspetti simile a quelle di salvaguardia degli oggetti industriali, cui fa riferimento Brandi in apertura della sua Teoria (1977), per altri gi propriamente di restauro. Se il proprietario di unautomobile vecchia di solo cinque o anche dieci anni ha problemi di rimessa in efficienza, perch essa non funziona a dovere, non dovr far altro che affidare la vettura a un buon meccanico, che la riparer opportunamente. Se invece possedesse una macchina gi vecchia di trentanni (come si dice, in gergo specialistico, classica pur se non depoca) e nel contempo avesse coscienza che essa, oltre che per la funzione duso, pu essere apprezzata per la sua incipiente antichit; oppure, con maggiore evidenza, se fosse un amatore dauto depoca, vedrebbe la stessa macchina in una prospettiva diversa. Indiscutibilmente la medesima macchina, in tutto e per tutto, ma resa diversa da un giudizio differente. Nel caso poi duna vettura dinizio secolo, la necessit di tale differente ottica risulterebbe chiara subito a tutti; non si cercherebbe un meccanico qualsiasi, ma soltanto un esperto, che possa garantire limpiego di pezzi originali, s da conservare autenticit e singolarit. Pur con tutte le differenze che il prodotto industriale induce rispetto a quello tradizionale e artigianale, il concetto dautenticit rimane ugualmente valido, sicch nellesempio riportato sussiste gi, in nuce, tutto il discorso sul restauro, ivi compresa la sua distinzione dal recupero. In termini concettuali potremmo dire che per quel particolare oggetto (a motivo della sua antichit e della conseguente rarit) s attuato un peculiare riconoscimento di valore, non di valore economico (anche se questo implicito nei meccanismi di mercato legati alla sua rarit) ma gi embrionalmente culturale: quella macchina vista come un pezzo storico o comunque di antiquariato, il che induce a un comportamento restaurativo e conservativo. Ricercando lesperto di carrozzerie o di motori antichi, si vorrebbe la garanzia che egli abbia confidenza con tali vecchie testimonianze, che abbia la consuetudine di ben documentarsi e informarsi presso le case produttrici o in archivio o almeno su pubblicazioni specializzate, che conosca i disegni originali e sappia orientarsi di fronte a sopravvenute alterazioni o parti mancanti. richiesta in altre parole una certa preventiva indagine storica, mentre non costituisce pi una fondamentale preoccupazione lo spendere una cifra forse maggiore di quanto si farebbe rivolgendosi al meccanico sotto casa. Tutto ci significa aver riconosciuto a quelloggetto un valore particolare, come fosse una sorta di monumento industriale da tutelare per ragioni di memoria, prima ancora che pratiche ed economiche. Le motivazioni del restauro Abbiamo tentato di chiarire che, quando si conserva, la prima intenzione non mai economica, anche se questa interviene pur sempre e a maggior ragione nel caso in cui, come per il restauro architettonico, si debbano impegnare ingenti fondi, privati e soprattutto pubblici.
108

Rappresentanti politici e amministratori di comunit locali sono portati a identificare, per deformazione professionale e senza tante sottigliezze, i beni culturali con quelli economici. Si tratta, a giudizio di molti, di riserve o giacimenti da sfruttare; mentre non si tiene conto che i giacimenti sono in massima parte costituiti da risorse non rinnovabili, si erede di trovare cos una scorciatoia per problemi edilizi, abitativi, urbanistici, occupazionali rimasti irrisolti. Altre volte, i cosiddetti beni culturali sono visti come giacimenti da sfruttare e valorizzare in termini turistici. vero che bisogna dimostrarsi concreti, specie quando si faccia professione di politica e di pubblica amministrazione, ma pur evidente che, dietro questa concretezza e il gran parlare che si fa della tutela, si nascondono, nel migliore dei casi, una confusione didee cos profonda da aver fatto dimenticare il perch stesso della conservazione, nel peggiore, interessi economici che vedono nellintervento sui beni architettonici nientaltro che la versione aggiornata della vecchia speculazione edilizia, ridimensionata ma non sconfitta. Rammentiamo che per ogni monumento danneggiato o perduto, a causa dinterventi impropri, non c rimedio; si potr effettuare una riparazione o anche una copia al vero, ma in questo campo, per definizione costituito da oggetti unici e irripetibili, loriginalit di ci che s perso rimarr per sempre irrecuperabile. Ripetiamo, quindi, che nei riguardi dei beni culturali latteggiamento devessere in primo luogo conservativo, il che non vuol dire rinunciatario sul piano del progetto, ma implicante al contrario un approccio, se non damore e reverenza, almeno di grande impegno e rispetto. I monumenti richiedono un atteggiamento particolare, molta pazienza e disponibilit, n possono essere visti come occasioni professionali qualsiasi. Ci si deve accostare loro con sicurezza di metodo, rilevandoli possibilmente di persona (come ogni architetto dovrebbe saper fare) poi studiandoli e capendoli nelle loro trasformazioni e stratificazioni, nella loro struttura, conformazione e nei loro materiali. Si dovr poi discutere e progettare un adeguamento prudente e delicato, che nasca dalla conoscenza preventiva, ben approfondita, delledificio e delle sue vocazioni funzionali. Sinterverr dunque con tecniche commisurate alle reali necessit e rispettose della materia antica. Anche per questo sarebbe quanto mai opportuno che rilevatore, progettista e direttore dei lavori sidentificassero nella stessa persona. Se vero che il restauro costituisce un atto a base storico-critica, anche vero che esso, a differenza della pura storia dellarchitettura, non si limita a parlare delloggetto, ma deve confrontarsi materialmente con esso, operando controllate trasformazioni, ma pur sempre operando. Da qui la grande responsabilit dellarchitetto restauratore e la sua innegabile implicazione in scelte di progetto, tanto pi corrette quanto pi indirizzate su rigorosi binari metodologici e vivificate da una fantasia al tempo stesso attenta e sollecita verso la preesistenza. C una fase del progetto che rispecchia i dati assunti nellindagine preliminare; unaltra che si attua quotidianamente in cantiere, di fronte alle imprevedibili novit e sorprese che esso offre. Ma sempre pi tale progetto dovr essere spinto e vagliato nel senso di aumentare la qualit degli interventi minimizzandone la quantit. Intorno al restauro Quando si parla di restauro in senso stretto, sintende unoperazione, in prevalenza conservativa ma alle volte rivelativa, che pu comportare problemi di reintegrazione delle lacune e di rimozione delle aggiunte e che comunque tocca la materia antica. Chiamiamo invece tutela e restauro preventivo quelle operazioni che trascendono il diretto intervento fisico, che non toccano, in altre parole, la materia ma controllano o modificano in senso migliorativo le condizioni al contorno (disinquinamento dellatmosfera, rimozione del traffico, aree di rispetto, provvidenze urbanistiche ecc.). Esistono poi operazioni che vanno oltre il restauro e sono quelle che investono il monumento e lo trasfigurano, rinnovandolo e riprogettandolo completamente, o riducendolo a mero sfondo, quale pezzo darredo o semplice citazione dallantico, di una espressione architettonica o urbanistica totalmente
109

moderna. In questo caso non si tratta pi di restauro perch della materia antica resta poco o nulla ed essa non rispettata, in s, per i suoi propri valori ma ridotta a spunto duna diversa e nuova esercitazione progettuale. In qualche modo come se si fosse utilizzata unantica pittura su tavola quale semplice base per ridipingervi sopra liberamente, lasciando s e no affiorare qualche traccia delloriginale. Ci sono poi operazioni che vanno situate accanto al restauro, ma che non sono in s restauro; il caso del menzionato recupero o del cosiddetto recycling, che al restauro si apparentano per il fatto di investire comunque le preesistenze.

110

Francesco La Regina Lopera, lattivit, le istruzioni. Appunti su una definizione del restauro architettonico (1999)*

[] Come sempre accade nei momenti di grandi trasformazioni e relativi sbandamenti culturali, non appare superfluo il richiamo alle istanze primarie, essenziali e fondanti della disciplina preposta alla salvaguardia e conservazione dellarchitettura costruita. Tanto pi questo necessario, nel momento in cui il fermento in atto sembra favorire i fenomeni di confusione e sovrapposizione degli orientamenti, dei metodi e delle procedure tecniche, quali si manifestano attraverso una proliferazione di indirizzi teorici e pratici che molto spesso ben poco hanno a che fare con la cultura del restauro. Il rischio maggiore, in una situazione del genere, quello di privilegiare la prassi e disattendere lindispensabile ruolo della teoria, dando per scontate cose che scontate non sono, esaltando i primati della urgenza e della quantit su quelli della idoneit e della qualit degli interventi. In questi casi il prezzo di una attivit tanto intensa quanto approssimativa ed errata interamente pagata dalle stesse fabbriche e citt storiche che vengono letteralmente investite dalla virulenza incontrollata di una prassi cieca ed inconsulta. Ne consegue la necessit di porre laccento sulle premesse e sugli obiettivi di ogni attivit, sia essa meramente teoretica o prevalentemente pratica, che in modo mediato o immediato sia rivolta alle consistenze architettoniche ed urbane ereditate. La forza del restauro e del suo bagaglio disciplinare tutto qui, nel suo porsi come concreta risposta operativa ad una pi generale domanda ideale del mondo civile. Il restauro nasce sin dallinizio con un delicato ma preciso compito, quello di contribuire a soddisfare una insopprimibile istanza etica e culturale delluomo moderno. Un compito che per poter trovare un suo adeguato compimento deve fare affidamento su indirizzi base verificati e ben collaudati, su princpi e metodi chiari e semplici, su tecniche operative affidabili e congruenti con gli scopi citati. Il concetto stato bene espresso da Gaetano Miarelli Mariani, allorch definisce loggetto del restauro come la conservazione delle preesistenze, in vista della loro trasmissione al futuro, non la definizione di nuovi assetti e la sua attivit come un insieme di operazioni finalizzato a garantire la permanenza degli oggetti di storia attraverso il massimo rispetto delle consistenze ereditate, senza tuttavia escludere, in linea di principio, la legittimit, se e in quanto necessarie, di azioni innovative che riguardino parti limitate e che ancorch libere siano finalizzate agli esclusivi interessi dellopera senza pretendere di dame aggiornamenti, interpretazioni, valorizzazioni; in altre parole, senza sottrarre lopera al suo mondo storicamente determinato per fame un prodotto attuale. Questa definizione di estrema rilevanza, nella sua articolata sintesi di una attivit complessa come quella del restauro []. Loggetto resta la massimizzazione delle attivit di conservazione delle consistenze ereditate, al fine di garantire la loro permanenza documentaria nel mondo vivo ed operante degli uomini. Il che porta, evidentemente, ad escludere: a) ogni tentativo volto a restituire allopera un diverso assetto costruttivo, pi o meno riconducibile ad assetti originari e/o assoluti, ipotetici o documentati, posti al di fuori di ogni correlazione e processualit temporale e spogli di ogni manifestazione di ispessimento storicoculturale, assetti comunque presunti e simulati in base a ricostruzioni ideali di condizioni scomparse. Rientrano in tale categoria tutti i tentativi di riproporre il ripristino (totale o parziale) di opere
* LA REGINA, Francesco, Lopera, lattivit, le istruzioni. Appunti su una definizione del restauro architettonico, in Palladio, 24, 1999, pp. 81-88. 111

scomparse, come azioni legittimate da motivazioni varie (ricostruzione filologica o tipologica o varianti dellorientamento teorizzato come realizzazione differita) i cui fondamenti sono da ricercare nella convinzione/illusione che larchitettura sia un linguaggio i cui tratti andati perduti possono essere riproposti negli stessi termini che in un passato pi o meno remoto hanno costituito quel linguaggio in un determinato modo e non in un altro. Pervenendo a negare con la storia la evidenza stessa delle evoluzioni e delle trasformazioni che hanno sempre caratterizzato le manifestazioni della civilt costruttiva; b) qualsiasi intento di riprogettazione e manipolazione dellopera allo scopo di sottrarla al suo mondo storico per fame il mero supporto materico o dettaglio vuoto di un prodotto attuale, stravolgendone e cancellandone ogni valore storico, poich il fine del restauro non luso strumentale della preesistenza per realizzare nuove architetture ma quello di conservare lopera nella sua immagine e consistenza fisica, nella sua ricchezza polistratificata di tracce significative, nel suo sistema di relazioni spaziali ed ambientali. C un altro aspetto, nella definizione di Miarelli Mariani, che merita il dovuto approfondimento, laddove si esclude anche il rifiuto tassativo di eseguire interventi innovativi, se e in quanto necessari, sulla preesistenza []. La decisione sulla opportunit o meno di tale apporto o innesto di elementi e parti nuove non pu essere messa in discussione, semmai deve essere rigorosamente suffragata da una vasta ed approfondita conoscenza dellopera ed effettuata sulla scorta di una chiara e denunciata assunzione di responsabilit culturale, secondo soluzioni adottate sulla scorta di imprescindibili e motivati giudizi di valore [...]. Su un piano strettamente operativo, lattivit architettonica si esprime nella progettazione e nella esecuzione di interventi che possiamo grossolanamente distinguere come conservativi e come innovativi. Va da s che nessun intervento sulla realt costruita mai completamente conservativo o, allopposto, completamente innovativo, la stessa distinzione rischia di essere ambigua e pu ingenerare equivoci. Nel campo del restauro il consolidamento strutturale di una fabbrica in muratura un intervento conservativo o innovativo? Il ricorso a resine stabilizzanti per contenere manifestazioni di decadimento fisico di superfici materiche come pu essere interpretato? In realt tutti gli interventi sono da considerassi, in un certo senso innovativi, se mai esiste la distinzione ha valore soltanto per i fini che si propone. Un intervento eseguito oggi possiede i caratteri della attualit, esprime istanze e lascia tracce del mondo contemporaneo, anche quando appare contenuto nei limiti fisici e formali della preesistenza, oppure si sforza di camuffarsi e di assumere le sembianze della tradizione. La sua qualit nella rispondenza piena ed efficace agli scopi che lhanno evocato, allordine delle cose, ai valori ed alle manifestazioni concrete della realt in atto, viva palpabile e verificabile in ogni momento. Se tale corrispondenza non esiste, se il sistema operativo adottato estraneo alla situazione che vuole modificare, il provvedimento in questione si rivela inadeguato, dannoso, contrario agli intendimenti iniziali dellattivit di restauro. Quindi, pi che argomentare di operazioni conservative ed innovative, sarebbe opportuno spostare il discorso sulla liceit, sulla indispensabilit, sulla entit, sulla efficienza, sulla compatibilit, sulla distinguibilit e sulla auspicabile reversibilit dellintervento da progettare ed eseguire. Senza una adeguata e calibrata attivit di restauro dalla semplice manutenzione ordinaria sino ad interventi di vasta portata lopera destinata a morire, a disperdere la sua immagine e la sua materia nella pi generale fenomenologia del ritorno alla natura di ogni prodotto della civilt, allorch viene abbandonato allazione incontrastata. e permanente del laboratorio ambientale. Ora, i criteri da seguire al fine di stabilire la validit o meno di un progetto e di un intervento di restauro vanno ben oltre la distinzione vaga, approssimativa ed indeterminata fra conservazione ed innovazione. Essi criteri debbono necessariamente rivolgersi agli aspetti qualitativi e quantitativi dellintervento in oggetto ed affidarsi al sapere scientifico come a quello tecnologico, alla cultura estetico-valutativa come a quella storiografica, senza escludere lapporto delle altre forme utili ed avanzate del sapere e dellagire [].
112

Ci premesso, appare opportuno ricondurre il discorso sul tema delle istruzioni per il restauro, che tanto sembra preoccupare il mondo degli operatori e dei responsabili istituzionali. Anche queste, ovviamente, non possono essere neutrali, in quanto costituiscono laspetto prescrittivi-normativoprocedurale di una ben determinata idea del restauro []. Il criterio pi consolidato di intervento sullarchitettura costruita era e resta quello consistente nella riprogettazione e manipolazione dellopera allo scopo di sottrarla al suo mondo storico per fame il mero elemento di dettaglio e supporto materico-decorativo di un prodotto attuale. Gli architetti della modernit non si sono mai occupati di restauro, se lhanno fatto hanno generalmente considerato la esistenza delle preesistenze come un vero e proprio incidente di percorso. La loro ambizione, spesse volte tradottasi in realt, sempre stata quella di cancellare la testimonianza antica e realizzare qualcosa di nuovo al suo posto. Laddove ci apparso impossibile o sconveniente, hanno operato in modo da naturalizzare lantico, riconducendolo alla condizione di oggetto disponibile alla fase progettuale ed esecutiva volta a rivoluzionare completamente gli originari significati, attualizzandoli con trasformazioni radicali e decisive. In tale logica, tuttora perdurante presso settori del mondo professionale ed imprenditoriale, non ha nemmeno senso parlare di istruzioni per il restauro, poich la conservazione dellopera esistente una preoccupazione del tutto assente nella cultura e nellagenda delloperatore. Lassetto ideale in questo caso costituito dallassorbimento del vecchio manufatto nel pi generale ed esclusivo assetto del nuovo. La crisi della modernit ed il profondo sbandamento che ha investito lintera cultura architettonica contemporanea, ha visto il riemergere dellattenzione nei confronti del passato e delle sue testimonianze materiali []. Il dominio pressoch assoluto della ideologia e dei criteri metodologici ed operativi del Movimento Moderno si progressivamente incrinato e dissestato, fino a lasciare il campo ad una proliferazione di indirizzi teorico-operativi largamente condizionati a meno di qualche rara eccezione dalla ossessione storicistica della presenza del passato []. Il panorama italiano fornisce numerosi esempi concreti di equivoci neostoricistici, basti pensare alla diffusa simpatia delle amministrazioni comunali verso gli strumenti di pianificazione urbanistica per il recupero dei centri storici (Bologna, Brescia, Venezia, Palermo e da poco persino Napoli, per citare solo i maggiori), fondati sulla metodologia impropriamente definita tipologica e consistenti essenzialmente nella individuazione, allinterno del tessuto urbano, di tipi costruttivi riconoscibili e ricorrenti per la loro particolare articolazione e distribuzione planimetrica (raramente spaziale, per ragioni facilmente comprensibili) e per i peculiari criteri di aggregazione, atti a suscitare interpretazioni schematiche e riduttive, ma estremamente suggestive nella loro semplificazione del reale, dei rapporti fra tipologia edilizia e morfologia urbana []. Non si pu nemmeno parlare di istruzioni, ma di una vera e propria precettistica operativa contenuta nei vari Manuali per il recupero del patrimonio edilizio ed urbano. In questa manualistica si ritrova, in genere, una sistematica classificazione e rappresentazione in scala delle tipologie edilizie esistenti e degli interventi da eseguire in cantiere al fine di ricostruire filologicamente o tipologicamente lintera opera oppure gli elementi costruttivi scomparsi o non riutilizzabili: parti murarie, volte, solai, cornici, scale, camini, decorazioni ed arredi, finiture ed altro ancora. In tal modo loperatore viene esentato da qualsiasi apporto progettuale, per intervenire nel cantiere gli sufficiente fare ricorso al ricettario del manuale, gi pronto ed a disposizione per ogni bisogna. Larchitettura rinuncia a s stessa, abdicando alla propria identit culturale e alla propria formativit, per spegnersi e dissolversi nel ricettario prestampato e disponibile allacquisto anche nei supermarkets. Con essa si spegne e si dissolve anche il restauro, che ne costituisce parte integrante ed indissolubile, laddove correttamente inteso come espressione viva ed operante della civilt costruttiva e quindi della cultura, della tecnica, della esperienza professionale. La fortuna dei citati orientamenti direttamente proporzionale allinvolgarimento del gusto ed alla definitiva cattura del patrimonio architettonico ed ambientale nei programmi di acquisizione e
113

riutilizzo da parte del grande capitale, che ormai da tempo ha intravisto nella appropriazione e manipolazione dei centri storici, dei beni monumentali e dei siti naturali una fondamentale opportunit di investimento e guadagno. La codificazione tipologica del patrimonio edilizio ed urbano, sgombrando la complessa attivit di recupero dai molteplici problemi connessi al rispetto ed alla conservazione della irriproducibile fragranza ed irregolarit della antica materia autentica, nella sua rozza semplificazione apre la strada alla riproduzione autorizzata dellarchitettura costruita [] Sulla possibilit di opporsi efficacemente a tale situazione bene non farsi eccessive illusioni, tuttavia il gramsciano richiamo al pessimismo della intelligenza ed allottimismo della volont sempre valido. Rivendicare il rispetto della autenticit dellopera, e quindi la necessit di assicurare la sua permanenza nel mondo e la sua trasmissione al futuro massimizzando la conservazione della consistenza ereditata, il primo e fondamentale caposaldo per opporsi a tutti i tentativi di distruggere il patrimonio architettonico []. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la consolidata definizione delloggetto del restauro: la conservazione dellopera, pu e deve essere meglio precisata e diversamente articolata. Oggetto del restauro lopera, la cui sussistenza nel mondo doggi e la sua proiezione al futuro devono essere affidate ad una idonea e corretta attivit di conoscenza e progettazione []. La salvezza dellopera non legata n al suo isolamento ideale, n alla sua dissoluzione in altro da s, ma ai criteri ed ai modi attraverso cui larchitetto in grado di individuare i termini e la collocazione di una attivit prudente e nello stesso tempo coraggiosa, che sappia applicare e mettere in luce le possibilit intrinseche alle tecniche ed agli strumenti usati []. Per raggiungere il proprio obiettivo, il progettista si avvale degli esiti dellanalisi architettonica, della ricerca storiografica, di quella strutturale, urbanistica, estetica, geologica, funzionale e cos via, al solo scopo di acquisire tutti gli elementi utili per affermare il valore primo della disciplina di cui si avvale al fine di rispondere allincarico affidatogli. Questa considerazione estremamente importante, in quanto chiarisce il ruolo della conoscenza intesa come sapere in divenire e mette in luce il nodo del rapporto fra il cantiere della conoscenza ed il cantiere degli interventi esecutivi. Il quadro informativo costruito dallinsieme delle indagini compiute sullopera e sulle fonti che la riguardano, mette in chiaro e in ordine gli elementi della conoscenza dello stato di fatto e ci fornisce indicazioni essenziali sui vari aspetti e problemi e sui possibili procedimenti operativi da seguire per il restauro dellopera. Non ci dice, tuttavia, quali di questi procedimenti sono migliori o peggiori, non ci fornisce ricette per le scelte progettuali esecutive. Spetta soltanto a noi prendere queste decisioni, che saranno tanto pi oculate e responsabili quanto pi approfondita ed ampia sar stata la fase della conoscenza dellopera e delle sue condizioni reali. Guida principale allazione sar la ricerca di congruenza con lo scopo primo del restauro: larchitettura costruita, la cui continuit temporale, efficienza, affidabilit sono garantite da una idonea e corretta attivit che si avvale dellapporto di tutti i ritrovati e di tutti gli strumenti della scienza e della tecnica, ma il cui dominio culturale ed operativo appartiene per intero alla disciplina costruttiva.

114

Carta di Cracovia (2000)*

Ringraziando le persone e le istituzioni che, durante tre anni, hanno partecipato alla preparazione della Conferenza Internazionale sulla Conservazione Cracovia 2OOO e della sua sessione plenaria finale Cultural Heritage as the Foundation and the Development of Civilisation, noi, partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla Conservazione Cracovia 2000, consapevoli dei profondi significati connessi al patrimonio culturale, sottoponiamo i seguenti principi ai responsabili de! patrimonio, affinch possano essere di guida nellimpegno verso la sua tutela.

Preambolo Agendo nello spirito della Carta di Venezia, tenendo presenti le raccomandazioni internazionali e sollecitati dalle sfide derivanti dal processo di unificazione europea alle soglie del nuovo millennio, siamo consapevoli di vivere in un periodo in cui le identit, pur in un contesto generale sempre pi allargato, si caratterizzano e diventano sempre pi distinte. LEuropa del momento caratterizzata dalla diversit culturale e quindi dalla pluralit dei valori fondamentali in relazione al patrimonio mobile, immobile ed intellettuale, dai diversi significati ad esso associati e conseguentemente anche da conflitti di interesse. Questo impone a tutti i responsabili della salvaguardia del patrimonio culturale il compito di essere sempre pi sensibili ai problemi ed alle scelte che essi devono affrontare nel perseguire i propri obiettivi. Ciascuna comunit, attraverso la propria memoria collettiva e la consapevolezza del proprio passato, responsabile dellidentificazione e della gestione del proprio patrimonio. Questo non si pu definire in modo fisso. Pu essere definito solo il modo in cui il patrimonio pu essere individuato. La pluralit nella societ comporta anche una grande diversit del concetto di patrimonio come concepito dallintera comunit. I monumenti, come singoli element del patrimonio, sono portatori di valori che possono cambiare nel tempo. Questa variabilit dei valori individuabili nei movimenti costituisce, di volta in volta, la specificit del patrimonio nei vari momenti della nostra storia. Attraverso questo processo di cambiamento, ogni comunit sviluppa la consapevolezza e la conoscenza della necessit di tutelare i singoli elementi del costruito come portatori dei valori del proprio patrimonio comune. Gli strumenti ed i metodi sviluppati per giungere ad una corretta salvaguardia devono essere adeguati alle diverse situazioni, soggette ad un continuo processo di cambiamento. Il particolare contesto di selezione d questi valori necessita della predisposizione di un piano di conservazione e di una serie di decisioni. Queste devono essere codificate in un progetto di restauro redatto in base ad appropriati criteri tecnici e strutturali. Consci del profondo valore della Carta di Venezia, e perseguendo gli stessi obiettivi, proponiamo i seguenti principi per la conservazione e restauro nel nostro tempo del patrimonio costruito. Scopi e metodi 1. Il patrimonio architettonico, urbano e paesaggistico, cos come i singoli manufatti di questo, il risultato di una identificazione associata ai diversi momenti storici ed ai vari contesti socio-culturali. La conservazione di questo patrimonio il nostro scopo. La conservazione pu essere attuata attraverso differenti modalit di intervento come il controllo ambientale, la manutenzione, la riparazione, il restauro, il rinnovamento e la ristrutturazione.

* Carta di Cracovia, Conferenza Internazionale Cultural Heritage as Foundation of Development Civilisation, ottobre 2000, ora in CRISTINELLI, Giuseppe (a cura di), La Carta di Cracovia 2000. Principi per la conservazione e il restauro del patrimonio costruito, Venezia, Marsilio, 2002, pp. 181-188. 115

Ogni intervento implica decisioni, selezioni e responsabilit in relazione al patrimonio nella sua totalit, anche per quelle parti che attualmente non hanno un particolare significato, ma che potrebbero assumerne uno in futuro. 2. La manutenzione e riparazione sono una parte fondamentale del processo di conservazione del patrimonio, Queste operazioni devono essere organizzate tramite la ricerca sistematica, le ispezioni,il controllo, il monitoraggio e le prove. Il possibile degrado deve essere previsto e descritto nonch sottoposto ad appropriate misure di prevenzione. 3. La conservazione del patrimonio costruito si attua attraverso il progetto di restauro, che comprende le strategie nella sua conservazione nel tempo. Questo progetto di restauro deve essere basato su una serie di appropriate scelte tecniche e preparato allinterno di un processo conoscitivo che implichi la raccolta di informazioni e lapprofondita conoscenza delledificio o del sito. Questo processo comprende le indagini strutturali, le analisi grafiche e dimensionali e la identificazione del significato storico, artistico e socio-culturale; il progetto necessita del coinvolgimento di tutte le discipline pertinenti, ed coordinato da una persona qualificata ed esperta nel campo della conservazione e restauro. 4. La ricostruzione di intere parti in stile deve essere evitata. La ricostruzione di parti limitate aventi unimportanza architettonica possono essere accettate a condizione che siano basate su una precisa ed indiscutibile documentazione... Se necessario per un corretto utilizzo delledificio, il completamento di parti pi estese con rilevanza spaziale o funzionale dovr essere realizzato con un linguaggio conforme allarchitettura contemporanea. La ricostruzione di un intero edificio, distrutto per cause belliche o naturali, ammissibile solo in presenza di eccezionali motivazioni di ordine sociale o culturale, attinenti lidentit di unintera collettivit. Differenti tipi di patrimonio costruito 5. A causa della particolare vulnerabilit del patrimonio archeologico, ogni intervento riguardante lo stesso deve essere strettamente relazionato al suo contesto, al territorio ed al paesaggio. La caratteristica distruttiva degli scavi deve essere limitata il pi possibile. I manufatti archeologici devono essere compiutamente documentati ad ogni scavo. Come per gli altri casi, lintervento di conservazione di ritrovamenti archeologici deve seguire il principio del minimo intervento, e deve essere eseguito da specialisti con tecniche e metodologie strettamente controllate. 6. Lobiettivo della conservazione dei monumenti e degli edifici storici, in un contesto urbano o rurale, il mantenimento della loro autenticit ed integrit anche nei loro spazi interni, negli arredamenti o nelle decorazioni, nelle finiture ed in ogni connotazione architettonica e documentale. Tale conservazione richiede un appropriato progetto di restauroche definisce i metodi e gli obiettivi; in molti casi, questo presuppone un uso appropriato compatibile con gli spazi ed i significati architettonici esistenti. Gli interventi sugli edifici devono prestare particolare attenzione a tutti i periodi del passato testimoniati in essi. 7. Le decorazioni architettoniche, le sculture ed i manufatti artistici strettamente connessi con il patrimonio costruito devono essere conservati attraverso uno specifico progetto connesso con quello generale. Questo presuppone che il restauratore possieda la competenza e la formazione appropriata oltre alla capacit culturale, tecnica ed operativa, che gli permetta linterpretazione dei risultati delle indagini relative agli specifici campi artistici. Il progetto di restauro deve garantire un corretto approccio alla conservazione dellintero assetto, delle decorazioni e delle sculture, nel rispetto delle tecniche artigianali tradizionali e della loro necessaria integrazione come parte sostanziale del patrimonio costruito. 8. La citt ed i villaggi storici, nel loro contesto territoriale, rappresentano una parte essenziale del nostro patrimonio universale, e devono essere visti nellinsieme di strutture, spazi ed attivit umane, normalmente in un processo di continua evoluzione e cambiamento. Questo coinvolge tutti i settori
116

della popolazione e richiede un processo di pianificazione integrata allinterno del quale si colloca una grande variet di interventi. La conservazione nel contesto urbano ha per oggetto insiemi di edifici e spazi scoperti che costituiscono parti di aree urbane pi vaste, o di interi piccoli nuclei insediativi urbani o rurali, comprensivi dei valori intangibili. In questo contesto, lintervento consiste nel riferirsi sempre alla citt nel suo insieme morfologico, funzionale e strutturale, come parte del suo territorio, del suo contesto e del paesaggio circostante. Gli edifici nelle aree storiche possono anche avere un elevato valore architettonico in se stessi, ma devono essere salvaguardati per la loro unit organica, per le loro connotazioni dimensionali, costruttive, spaziali, decorative e cromatiche che li caratterizzano come parti connettive, insostituibili nellunit organica costituita dalla citt. Il progetto di restauro delle citt e dei villaggi storici deve prevedere la gestione delle trasformazioni e una verifica di sostenibilit delle scelte, considerando gli aspetti patrimoniali insieme con gli aspetti sociali ed economici. In tal senso risulta ad esso preliminare lo studio dei corretti metodi per la conoscenza delle forze di cambiamento e degli strumenti di gestione del processo oltre che la conoscenza dei manufatti. Il progetto di restauro delle aree storiche assume gli edifici del tessuto connettivo nella loro duplice funzione: a) di elementi che definiscono gli spazi della citt nellinsieme della loro forma, e b) di sistemi distributivi di spazi interni strettamente consustanziali alledificio stesso. 9. Il paesaggio inteso come patrimonio culturale risulta dalla prolungata interazione nelle diverse societ tra luomo, la natura e lambiente fisico. Esso testimonia del rapporto evolutivo della societ e degli individui con il loro ambiente. La sua conservazione, preservazione e sviluppo fa riferimento alle caratteristiche umane e naturali, integrando valori mentali ed intangibili. importante comprendere e rispettare le caratteristiche del paesaggio ed applicare leggi e norme appropriate per armonizzare le funzioni territoriali attinenti con i valori essenziali. In molte societ il paesaggio storicamente correlato ai territori urbani. Lintegrazione tra la conservazione del paesaggio culturale, lo sviluppo sostenibile nelle regioni e localit contraddistinte da attivit agricole e le caratteristiche naturali, richiede la comprensione e la consapevolezza delle relazioni nel tempo. Ci comporta la formazione di legami con lambiente costruito delle metropoli e delle citt. La conservazione integrata del paesaggio archeologico e fossile e lo sviluppo di un paesaggio molto dinamico, coinvolge valori sociali,culturali ed estetici. 10. Il ruolo delle tecniche nellambito della conservazione e del restauro strettamente legato alla ricerca scientifica interdisciplinare sugli specifici materiali e sulle specifiche tecnologie utilizzate nella costruzione, riparazione e restauro del patrimonio costruito. Lintervento scelto deve rispettare la funzione originale ed assicurare la compatibilit con i materiali, le strutture ed i valori architettonici esistenti. I nuovi materiali e le nuove tecnologie devono essere rigorosamente sperimentati, comparati e adeguati alle reali necessit conservative. Quando lapplicazione in situ di nuove tecniche assume particolare rilevanza per la conservazione della fabbrica originale, necessario prevedere un continuo monitoraggio dei risultati ottenuti, prendendo in considerazione il loro comportamento nel tempo e la possibilit della eventuale reversibilit. Dovr essere stimolata la conoscenza dei materiali e delle tecniche tradizionali e per la loro conservazione nel contesto della moderna societ, essendo di per se stesse una componente importante del patrimonio. Gestione 11. La gestione del processo di cambiamento, trasformazione e sviluppo delle citt storiche, cos come del patrimonio culturale in generale, consiste nel costante controllo delle dinamiche del cambiamento stesso, delle scelte appropriate e dei risultati. Deve essere inoltre data particolare attenzione allottimizzazione dei costi di esercizio. Come parte essenziale del processo di conservazione, vanno identificati i rischi ai quali il patrimonio pu essere soggetto anche in casi eccezionali, e devono essere previsti gli opportuni sistemi di prevenzione e i piani di intervento e di emergenza. Il turismo culturale, oltre che per il suo positivo influsso sulleconomia locale, deve essere
117

considerato come un fattore di rischio. La conservazione del patrimonio culturale deve essere parte integrante della pianificazione e del processo di gestione di una comunit, e deve quindi contribuire allo sviluppo sostenibile, qualitativo, economico e sociale della comunit. 12. La pluralit di valori del patrimonio e la diversit degli interessi, necessita di una struttura di comunicazione che assicuri la reale partecipazione degli abitanti a tale processo oltre a quella degli specialisti e degli amministratori. responsabilit della comunit lo stabilire appropriati metodi e strutture per assicurare la reale partecpazione degli individui e delle istituzioni a tale processo decisionale. Formazione e educazione 13. La formazione e leducazione nella conservazione del patrimonio costruito necessita di un processo di coinvolgimento sociale e deve essere integrata nei sistemi nazionali di educazione a tutti i livelli. La complessit del progetto di restauro o di ogni altro intervento di conservazione che coinvolge aspetti storici, tecnici, culturali ed economici, presuppone la nomina di un responsabile di adeguata formazione. La formazione dei conservatori deve essere di tipo interdisciplinare e prevedere accurati studi di storia dellarchitettura, di teoria e tecniche di conservazione. Essa deve assicurare lappropriata preparazione necessaria a risolvere problemi di ricerca necessari per .realizzare gli interventi di conservazione e restauro in modo professionale e responsabile. I professionisti e tecnici nelle discipline della conservazione devono conoscere le metodologie adeguate, le tecniche opportune oltre che acquisire il dibattito corrente sulle teorie e sulle politiche conservative. La qualit della manodopera specializzata tecnicamente ed artisticamente per la realizzazione del progetto di restauro deve anche essere accresciuta attraverso una migliore preparazione degli operatori nel campo dei mestieri professionali. Misure legali 14. La protezione e la conservazione del patrimonio costruito pu essere meglio realizzata se vengono prese opportune misure legali ed amministrative. Ci pu essere raggiunto assicurando che il lavoro di conservazione sia affidato, o posto sotto la supervisione, di professionisti della conservazione. Le norme legali possono anche prevedere periodi di esperienza pratica allinterno d programmi strutturali. Particolare considerazione deve essere data ai conservatori neo-formati che stiano per ottenere il permesso per lo svolgimento della libera professione, anche attraverso la supervisione di un libero professionista della conservazione. Allegati-definizioni Il comitato redazione della Carta di Cracovia ha usato i seguenti concetti fondamentali nel modo come qui sotto espresso. a. Patrimonio: Il patrimonio culturale quel complesso di opere delluomo nelle quali una comunit riconosce i suoi particolari e specifici valori e nei quali si identifica. Lidentificazione e la definizione delle opere come patrimonio quindi un processo di scelta di valori. b. Monumento: Il monumento una singola opera del patrimonio culturale riconosciuto come un portatore di valori e costituente un supporto della memoria. Questa riconosce in esso i rilevanti aspetti attinenti il fare ed il pensare delluomo, rintracciabili nel corso della storia ed ancora acquisibili a noi. c. Per Autenticit di un monumento si intende la somma dei suoi caratteri sostanziali, storicamente accertati, dallimpianto originario fino alla situazione attuale, come esito delle varie trasformazioni succedutesi nel corso del tempo. d. Per Identit si intende il comune riferimento di valori presenti, generati nel contesto di una comunit e di valori passati reperiti nellautenticit del monumento.
118

e. Conservazione: La conservazione linsieme delle attitudini della collettivit volte a far durare nel tempo il patrimonio ed i suoi monumenti. Essa si esplica in relazione ai significati che assume la singola opera, con i valori ad essa collegati. f. Restauro: Il restauro lintervento diretto sul singolo manufatto del patrimonio, tendente alla conservazione della sua autenticit ed alla acquisizione di esso da parte della collettivit. g. Progetto di restauro: Il progetto come consequenzialt di scelte conservative lo specifico procedimento con il quale si attua la conservazione del patrimonio costruito e del paesaggio.

119

Vous aimerez peut-être aussi