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FRANCESCO PETRARCA

La crisi del Trecento ha il suo interprete pi sensibile nel nostro maggiore poeta lirico, Francesco Petrarca. Letterato raffinatissimo, profondo conoscitore e ammiratore del classicismo, indagatore sottile del proprio animo, il Petrarca ci appare a prima vista interamente chiuso nellorizzonte delle sue fantasie liriche, nei miti di una cultura aristocratica e schiva; in realt quel suo segreto, dintima riflessione e trasfigurazione poetica, si realizza in un rapporto vitale con lesterno, con le trepidazioni e le angosce del tempo, con le aspirazioni di unet che assiste al tramonto della civilt medievale e al sorgere di una civilt nuova.
Francesco Petrarca nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304 da ser Pietro di Parenzo detto Petracco, fiorentino di parte bianca che fu costretto a esulare nel 1302. Nel 1312 si sposter ad Avignone col padre, che lo inizier pi tardi, agli studi giuridici a Montpellier, studi che tuttavia abbandoner, per intraprendere gli studi classici, quando si trasferir col fratello Gherardo a Bologna; soggiorno importante quello bolognese, anche per lopportunit che offr al Petrarca di entrare in contatto con la poetica volgare italiana. Fu in questi anni che si verific lincontro con Laura, stando a quanto egli stesso ci riferisce , la vide per la prima volta il 6 di aprile del 1327 (venerd santo), e da allora ebbe inizio il suo amore protrattosi fino alla data di morte di Laura, indicata nel 6 aprile 1348, e poi per tutta lesistenza del poeta. Si molto discusso sullidentit della donna, anzi alcuni hanno dubitato persino della sua esistenza storica; ma certamente si tratta di un dato reale della biografia dellartista, anche se trasfigurato nella posteriore rievocazione. Si pu pensare ad un amore acceso e sfortunato, esauritosi tuttavia nel giro di pochi anni e poi assunto a valore emblematico dal Petrarca. Intanto si era avviato alla carriera ecclesiastica per motivi economici, dopo che il suo patrimonio personale si era esaurito nelle spese imposte dalla vita mondana. Sar anche impegnato politicamente quando nel 1347 dar il suo aperto appoggio al tentativo di Cola di Rienzo. A quegli anni (1333) risale anche la conoscenza con il frate Dionigi di Borgo San Sepolcro che gli don una copia delle Confessioni di S. Agostino: evento capitale nella storia intellettuale del poeta perch con la lettura dellopera agostiniana comincia lassidua frequentazione della letteratura latina cristiana, che si affianca allo studio di quella classica; e affiora anche, drammaticamente, lintima problematica intellettuale e morale del Petrarca, diviso fra lesigenza di una solida norma etica cui ancorarsi e il desiderio della gloria e dei piaceri della vita, laderenza alle ragioni dellesistenza terrena vista come sfera di valori per s significativi e validi. Nel 1340 gli giunse dallUniversit di Parigi e dal Senato di Roma lofferta della laurea poetica, probabilmente dietro sua sollecitazione. Scelse Roma, ma prima volle farsi interrogare per tre giorni a Napoli dal dotto re Roberto dAngi. Venne incoronato in Campidoglio l8 aprile 1341 dal suo amico senatore Orso dellAnguillara. Nel frattempo si era gi stabilito da anni a Valchiusa, in una casa sulle rive del fiume Sorga: sar questa la dimora a lui pi cara e quegli anni in cui si dedic all otium letterarium gli resteranno cari nella memoria come periodo di pace laboriosa. In seguito alla repentina conversione del fratello Gherardo, che dopo una vita dedita ai piaceri, aveva deciso di ritirarsi nel monastero a Montrieux, si manifestano con pi urgenza i sintomi della crisi religiosa e morale che ormai da tempo lo travagliava. Questo evento, cui se ne accompagnarono altri quali la morte di Roberto dAngi e di Dionigi di Borgo San Sepolcro, io la nascita della figlia illegittima Francesca prova vivente delle sue debolezze , riproponeva a Petrarca la dicotomia fra i valori profani della vita e la prospettiva trascendente cristiana, ed acuiva il suo dramma intimo: sono gli anni del Secretum, del De vita solitaria, del De otio religioso

LATINO E UMANESIMO IN PETRARCA


Il recupero della lingua latina classica per esprimere una sensibilit nuova

Con Petrarca torna a imporsi nella cultura del tempo quel bilinguismo che Dante sembrava aver risolto dal punto di vista teorico nel De vulgari eloquentia e dal punto di vista poetico con la Commedia. Per Petrarca, invece, luso del latino la manifestazione pi appariscente e meno rinunciabile della superiorit della cultura antica su quella moderna. Coerentemente, del resto, con i capisaldi della tradizione precedente al volgare torn a essere attribuito il dominio della poesia: tutto il resto Petrarca lo scrisse in latino. Il latino di Petrarca si distingue da ogni modello linguistico precedente, la sua ambizione fu quella di avvicinarsi il pi possibile agli esempi dei grandi classici, in modo particolare Virgilio nella poesia e Cicerone e Livio nella prosa. Nonostante il suo netto allontanamento dallesperienza del latino medievale soggetto ai modelli ecclesiastici, leleganza e larmonia del suo latino seppero esprimere al tempo stesso le fragilit e le sfumature della condizione spirituale moderna. Ci troviamo di fronte a un risultato unico al mondo: pur trattando uno strumento che a noi, a posteriori, sembrerebbe ormai al tramonto, Petrarca lo fa con una duttilit e una sapienza che ci restituiscono tutte le cadenze e le tonalit del mutamento in atto. Egli consacr il meglio del suo tempo e delle sue sostanze a raccogliere gli avanzi (P. De Nolhac). Questo ritorno al latino classico la prima vera manifestazione di un movimento durevole e un intelligente ritorno verso gli antichi. Della scienza del suo tempo il Petrarca fa tabula rasa o poco meno, sostituendovi lo studio

puro e semplice dellantichit. Gli uomini del medio evo lessero senza dubbio e trascrissero copiosamente le opere pagane; ma ciascuno di essi non ne conobbe che un piccolo numero, e nessuno le intese interamente. Petrarca abbraccia la letteratura classica nel suo complesso, come nessun altro aveva fatto prima di lui, dal tempo dei Padri della Chiesa in poi. Egli non celebra lantichit tutta in un fascio, mettendo tutti gli autori sopra una stessa linea, egli, infatti, solo un piccolo numero di essi lesse a fondo e rilesse di continuo: Virgilio, Cicerone, Orazio, Tito Livio, soprattutto i primi due, per i quali lammirazione laveva condotto allamore. Ci che nella letteratura antica valse ad affascinarlo fu il suo carattere di opera darte. Per la prima volta, dopo secoli, la perfezione della forma determinava le predilezioni di un intelletto. Quella ricerca del bello per se stesso, quella distinzione fra le produzioni che lo rivelano in modo diverso, costituiscono una delle iniziative del Petrarca pi feconde e restaurano al tempo stesso la critica letteraria, alla fine di quel medio evo a cui rimase ignota. Il Petrarca sogna e compone da poeta anche quando egli si crede destinato a restaurare e riprodurre nei suoi libri la scienza degli antichi. La ricchezza dellimmaginazione, pi ancora , del sentimento vivifica in lui lindagine, sostiene il suo coraggio fra le difficolt dello studio, e conferisce al suo ufficio quellardore di attivit e quella continuit di sforzi che ne determinarono il felice successo. La trasformazione del pensiero scientifico arrecata dal Rinascimento sinizi con la rinnovazione della forma, e tale rinnovazione scatur dallentusiasmo provato da un poeta dItalia. Al suo intimo genio questi va debitore dellessere stato il primo di coloro che, come dice Anatole France, amarono le lettere morte dun vivente amore, e ritrovarono nella polvere antica la scintilla delleterna bellezza. Petrarca scuote il torpore dei suoi contemporanei, li richiama al dovere che incombe su di essi, di salvare gli ultimi avanzi di una civilt piena di grandi esempi e di insegnamenti fecondi. Con una frase singolarmente cosciente, egli dice: Io mi trovo al confine tra due popoli diversi, e di l guardo al tempo stesso quello del passato e quello dellavvenire, e le lagnanze che i nostri padri non mi han fatto sentire, voglio almeno trasmetterle ai nostri discendenti (P. De Nolhac) MEDITAZIONE RELIGIOSA E RIFLESSIONE ESISTENZIALE La complessit , la ricchezza del mondo intellettuale petrarchesco si avvertono ancora di pi studiando le sue opere di meditazione religiosa e di riflessione esistenziale, nelle quali il forte e autentico sentimento religioso e la riscoperta della cultura classica, sono contraddistinti da una vera e propria rivoluzione e trasformazione delle categorie tradizionali. Prendiamo per esempio il concetto dell otium, che non perde il suo valore classico e allo stesso tempo diventa occasione e condizione privilegiata per riflettere sulla propria condizione umana e sul proprio destino mondano e ultramondano. In Petrarca questi due atteggiamenti sono come due facce della stessa medaglia: lintellettuale umanista, colto e raffinato si cala spesso, e si fonde, nellasceta e nel mistico, che cerca nei valori della rinuncia e della riflessione interiore la risposta ai propri dubbi e alle proprie domande di fondo. Perch questa nuova sintesi avvenisse , era necessario che cambiasse le coordinate fondamentali e dominanti del sentimento religioso, nel mondo medievale, fino a Dante, la dottrina cristiana tendeva a coincidere con un sistema universale di interpretazione del mondo, che nella fattispecie assumeva le vesti del tomismo: ossia, quellamplissima e articolatissime visione ideologica-filosofica incarnata nella maniera pi completa possibile dalla Summa di san Tommaso dAquino, che prendeva le mosse dal pensiero di Aristotele. Petrarca fu tanto ostile al tomismo quanto a quella mentalit sistematica e onnicomprensiva, luniversalismo ontologico e cosmologico , di cui tutta la cultura precedente era intrisa e di cui la stessa Commedia di Dante era sta una testimonianza. Invece il suo sguardo si volgeva a una, forse pi alta, esperienza cristiana che nasce e si coltiva passando attraverso tutti i tormenti e tutti i dubbi della scoperta interiore (cfr. Confessioni, santAgostino). Espressione massima di questa nuova coscienza certamente il Secretum, testimonianza di quel conflitto interno che raggiunse lacme negli anni successivi allincoronazione poetica. In questo capolavoro dellintrospezione petrarchesco il protagonista fondamentale lanima stessa dello scrittore divisa fra allettamenti mondani e istanze religiose, fra terra e cielo, che prende coscienza dellinsanabile frattura che in lui. Scritto fra il 1342 e il 1343 (secondo altri fra il 1347 e il 1348) il Secretum o pi esattamente De secreto conflictu curarum mearum (ossia: il conflitto segreto dei miei affanni interiori) si presenta sotto forma di dialogo in tre libri , di cui sono interlocutori lo stesso Francesco e Agostino, alla presenza di una donna, che assiste in silenzio, in cui lecito identificare la Verit. Lopera si inserisce cos nel filone della tradizione allegorica medievale: tuttavia sono dichiarati anche gli influssi classici, segnatamente quello del De amicitia di Cicerone. Il dialogo ha il tono di una confessione, durante il quale Agostino muove critiche e rimproveri a Francesco che ora ammette i suoi torti ora tenta di giustificarsi. Nel I libro Agostino, alla lamentela sulla propria incapacit di liberarsi dai legami terreni, risponde a Francesco che non pu perch non lo vuole con sufficiente energia. Per Agostino non potere e non volere tendono a coincidere: se non si pu, vuol dire che non si vuole. Laccusa a Francesco si precisa : il non potere rileva chiaramente in lui lassenza o per lo meno una debolezza, grave e forse

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irrimediabile, della volont. Nel libro seguente Francesco viene esaminato secondo i sette vizi capitali, che gli possono essere attribuiti tutti fuorch linvidia.. particolarmente notevoli , anche in relazione ai tratti realistici della storia e della personalit petrarchesco, i ragionamenti sullavarizia , lambizione e laccidia ( aegritudo), questultima in modo particolare intesa come apatia o incapacit di superare attivamente la propria crisi spirituale. Nel III libro Agostino discute le due colpe pi radicate nellanimo di Francesco: lamore per Laura e quello per la gloria (Amor et gloria, dice icasticamente Agostino). Qui per la situazione fra i due protagonisti si rovescia rispetto allandamento precedente del dialogo. Francesco, infatti, si riconosce apertamente affetto da quelle due inclinazione ma, diversamente dal suo accusatore, le chiama speciosissimas curas, ossia ideali affanni luminosissimi e dunque non da lui rinunciabili. Agostino induce Francesco a riconoscere la natura peccaminosa del suo amore (e la responsabilit non certo da attribuire a Laura) in cui anzi rintraccia lorigine del suo traviamento. Oltre che notazioni di natura psicologica, c qui una polemica contro la concezione dellamore della tradizione poetica volgare, cortese o stilnovistica. Pure il desiderio di gloria ricondotto da Agostino alla mera bramosia della fama terrena, e in ogni caso chiede a Francesco val la pena rischiare di perdersi nelleternit per realizzare qualcosa di eccelso nel mondo terreno? La conclusione aperta e la sua interpretazione problematica: Francesco manifesta ancora il proposito di continuare a occuparsi di mortalia negotia, Agostino si accomiata invocando per lui la guida di Dio. Non vi dunque nel Secretum una via duscita che consenta di sottrarsi alle difficolt della vita pratica, pare anzi che non a ci miri il Petrarca: quello che conta essere giunti ad avere la chiara consapevolezza di una dicotomia insita nel proprio animo; e se la terminologia sovente ancora quella medievale, lanalisi psicologica ha degli squarci di sorprendente modernit.

PROBLEMATICA CRITICA: La cultura filosofica del Petrarca


Vano sarebbe ricercare nel Petrarca, come si fa per Dante, una salda e vigorosa inquadratura teorica, una visione razionale che includa tutte le manifestazioni della realt e le armonizzi in rapporto a una norma coerente di condotta morale. Le sue speculazioni di esauriscono nellesame di problemi legati ad una vicenda personale; []la filosofia si restringe in un ambito di psicologia, anzi di autobiografia; la religione sarresta allesame di coscienza. La sostanza del suo spirito costituita da una folla di spunti intellettuali, che limmaginazione, la sensibilit, le innumerevoli letture gli offrono, ma che non giungono a chiarirsi e a diventare un complesso ordinato di idee. [] nellassenza di unideale, che si imponga come il fulcro dellesistenza, questa divisa e dilaniata fra gli stimoli insorgenti delle pi chiare passioni e sembra svolgersi in una contraddizione costante, in unalternativa senza pace [] fra un torbido fondo di angoscia e di perplessit e unansia sempre inappagata di purit e di saggezza. Nel senso di questa radicale infermit, che al tempo stesso specchio e la coscienza della crisi ideale di tutta unepoca e una societ, si spiegano il tono intenso di certe confessioni accorate e dolenti, linquietudine, la stanchezza, laccidia delluomo: quella voluptas dolendi [] in cui ha potuto riconoscersi lirrequieta sensibilit dei romantici, e persino langoscia delle pi tarde generazioni, cresciute in un mondo squallido e desolato, senza luce di fede n di direttive morali []. Quando si dice che la letteratura italiana sta al centro della personalit petrarchesco si vuol soltanto mettere in rilievo la ferma fiducia che il Petrarca nella letteratura riponeva come nello strumento migliore di comprensione e di rappresentazione della vita psicologica, e quindi parziale superamento e di relativa vittoria sulle forze irrazionali e impulsive che affiorano dal fondo oscuro e torbido della coscienza. I libri dei poeti dei filosofi e degli storici antichi, la Bibbia e i Padri, diventano per lui uno specchio, in cui vedeva via via riflettersi e illuminarsi i momenti e gli aspetti della sua anima; [] le forme dello scrivere consacrate dalla tradizione e dallarte diventano anchesse un mezzo per meglio rendersi conto di s e chiarificare fissandola in parole e periodi armoniosi la sua angoscia e la sua debolezza: insomma una via, se non di perfezionamento, almeno di consapevolezza morale. N. SAPEGNO
(da Storia della letteratura italiana, a cura di E.Cecchi-N.Sapegno, Garzanti, Milano, 1965, p. 258 sgg.)

LE OPERE IN VOLGARE Nella produzione letteraria culturale del Petrarca, e nella stessa coscienza soggettiva che lui ne ebbe, il posto di gran lunga pi rilevante p occupato dagli studi e dalle scritture in latino. Ceto lui stesso pens che fama e gloria non gli fossero derivati che dallesercizio della lingua superiore per eccellenza , il latino. In realt le cose andarono diversamente e, soprattutto nella prospettiva storica pi lunga, si presentarono alla fine rovesciate per cui la produzione in latino prevalse su quella volgare solo sulla breve distanza. curioso per noi, oggi, infatti constatare che Petrarca si attendesse la fama presso i posteri non da quello che noi unanimemente consideriamo il suo capolavoro, il Canzoniere, al quale, in maniera apparentemente contraddittoria, dedic gran parte del suo lavoro per

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tutta la vita. Petrarca, nonostante fosse convinto della superiorit del latino sul volgare, era persuaso che la letteratura latina avesse raggiunto ormai una perfezione che non poteva pi essere superata, per cui non restava che imitare gli antichi, riprodurre i loro temi e le loro forme. La lingua volgare invece offriva possibilit di cimentarsi in esperienze poetiche nuove per raggiungere leccellenza poetica. Ci spiega laccanito impegno a perfezionare i suoi versi volgari. Fin quasi alla fine del XV sec. si mantenne pressoch inalterata la situazione genialmente codificata dal Petrarca, che solo Dante con la Commedia , poema di respiro universale, aveva saputo mettere in discussione. E cio al latino fu consegnata pressoch esclusivamente la riflessione pi colta, filosofica, religiosa, esistenziale, epistolare, al volgare la poesia, ma pi precisamente quella erotica, oppure la narrazione apparentemente pi modesta e quotidiana e la novellistica. Tuttavia anche luso letterario del volgare fu investito dalla rivoluzione umanistica, di cui Petrarca e Boccaccia erano i veri grandi iniziatori. Questa rivoluzione consistette essenzialmente in due punti fondamentali. Innanzitutto luso del volgare venne sottoposto al medesimo processo di raffinamento linguistico e stilistico, al medesimo innalzamento retorico e semantico, di cui erano oggetto e al tempo stesso scuola di formazione ed educazione i testi degli antihi. La sapienza antica si irradi sulla produzione moderna e la compenetr profondamente. In secondo luogo il complesso dei valori di cui era portatrice la rivoluzione umanistica, si incontrava perfettamente con il complesso di valori di cui era stata portatrice ormai da pi di un secolo la rivoluzione del volgare. Per esempio, laffermazione dellindividualismo e della soggettivit individualismo e soggettivit che si incarnavano nella maniera pi immediata possibile nelluso della lingua quotidiana, volgarmente parlata. Per quanto forte fosse il pregiudizio culturale, la tradizione volgare era ormai autonomamente cos forte da impedire un ritorno allindietro, e cio, per esempio, a pensare di poter scrivere poesia damore in latino. La poesia volgare rest dominio delleros e leros divent il dominio della nuova individualit creatrice, umanistica e volgare al tempo stesso. IL CANZONIERE: COMPOSIZIONE E STRUTTURA In apparenza il Petrarca mostra un certo distacco, se non una punta di aristocratica sufficienza, verso le sue rime volgari, che amava chiamare nuge, nugellae: alla lettera scherzi, sciocchezze. Ma, a parte il fatto che cos il poeta ricalcava un atto di modestia retorica (Ettore Bonora) esemplato sui classici, non si deve dare troppo credito a codesto disprezzo, se vero che alle nuge egli dedic una grandissima cura, tant che, come mostrano gli autografi petrarcheschi (soprattutto il Codice Vaticano Latino 3196, il cosiddetto codice degli abbozzi), le edizioni del Canzoniere furono ben nove. Lultima edizione porta come titolo Francisci Petrarche laureati poetae Rerum vulgarium fragmenta [Frammenti di componimenti scritti in lingua volgare del poeta Francesco Petrarca] e consta di 366 componimenti (317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali). Fragmenta esprime lidea che sia abbandonata una struttura unitaria della materia, e a questi frammenti sia affiancano, in un certo senso precedendoli e motivandoli , gli sparsa anime fragmenta1: la poesia formalmente frammentaria esprime la condizione frammentaria dello spirito (Marco Santagata). Rime sparse come dire che lopera raccoglie a posteriori ci che nato seguendo di volta in volta unispirazione manifestatasi in modo particolare, sparsamente, appunto. Si potrebbe dire: il Canzoniere ci presenta di Petrarca la sua individualit, il grande uomo restituito alle passioni, ai sentimenti, ai turbamenti, alle debolezze , ai tremori, ai conflitti di un qualunque debole uomo. Attraverso questa frammentariet il poeta si confessa, raccontando in ogni lirica una diversa sfaccettatura di s. Lunit dellopera si ricercher e ritrover altrove. Tuttavia, com stato persuasivamente osservato (R. Antonelli), il carattere spontaneamente frammentario del Canzoniere stato opportunamente corretto dallautore in maniera da dare un senso e un ordine alla raccolta: sicch landamento sparso e casuale di molti canzonieri precedenti (si pensi a Guittone o a Guido Cavalcanti) tende ad assumere qui la sua forma organica di un vero e proprio libro unitario, con una logica intrinseca e uno sviluppo, certo non narrativo, ma non per questo meno coerente, nel quale ogni sonetto o ogni canzone o altra forma espressiva occupi un posto ben preciso nelleconomia dellinsieme. Varie partizioni interne della materia del Canzoniere sono state effettuate da critici, che hanno individuato diverse serie di rime riconducibili a motivi biografici, morali, di poetica. La distinzione pi corrente fra versi in vita (I - CCLVIII) ed in morte di madonna Laura (CCLIX - CCCLXVI), che corrisponde ad una effettiva volont di Petrarca di segnare una cesura tra luna e laltra parte delle sue rime, ma che non esaurisce il suo significato in un riferimento alle vicende dellamore per Laura, ma coinvolge direttamente la sua vita interiore individuando un momento fondamentale nella crisi che lo travagli.
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Adero michi ipse quantum potero, et sparsa anime fragmenta recolligam, moraborque mecum sedulo (Sar presente a me stesso quanto potr e raccoglier gli sparsi frammenti dellanima mia e vigiler diligente su di me) dal Secretum,III

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Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono


Canzoniere, I Voi chascoltate in rime sparse il suono di quei sospiri ondio nutriva l core in sul mio primo giovanile errore quandera in parte altruom da quel chi sono: 5 del vario stile in chio piango et ragiono, fra le vane speranze e l van dolore, ove sia chi per prova intenda amore, spero trovar piet, nonch perdono. Ma ben veggio or s come al popol tutto favola fui gran tempo, onde sovente di me medesimo meco mi vergogno; e del mio vaneggiar vergogna l frutto e l pentersi, e l conoscer chiaramente che quando piace al mondo breve sogno o voi tutti, che state ascoltando in poesie staccate fra di loro il suono / di quei sospiri di cui io nutrivo il cuore / al tempo del mio primo errore di giovent / quando ero in parte un uomo diverso da quel che sono (adesso):
spero di trovare compassione e perdono (v.8) / per questo mio poetare vario in cui mi dolgo e parlo (v.5) / fra le inutili speranza e linutile dolore / presso colui il quale comprende che cosa sia lamore per averlo provato in prima persona. Ma con chiarezza adesso posso vedere come / per molto tempo fui per tutta la gente oggetto di scherno e di pettegolezzi, motivo per cui spesso / mi vergogno di me stesso fra me e me; e il risultato di quel mio vaneggiare (riprovevole) sono / la vergogna e il pentimento, e il riconoscere chiaramente che tutto ci che agli uomini appare bello costituisce (in realt) unillusione effimera Metro: sonetto con schema ABBA ABBA CDE CDE

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Questo componimento stato definito un sonetto di invocazione e di confessione, poich analizza lucidamente un passo pieno di errori elitinerario psicologico e interiore e necessario per arrivare a tale consapevolezza. Eppure esso al contempo anche la tenera rievocazione di un sentimento che, per quanto sbagliato, stato per lunghi anni al centro dellesistenza del poeta. Petrarca offre cos ai suoi lettori un chiave interpretativa dellintera esperienza lirica che segue, segnando sin dallinizio che la passione narrata stata una condizione di vita temporanea, ormai superata grazie alla consapevolezza dellerrore. Fu composto certamente prima della morte di Laura, intorno al 1347, e collocato in funzione premiale nella seconda redazione. Altri fanno risalire la sua ideazione al 1343, come sembra attestare una frase pronunciata da Francesco ad Agostino verso al fine del Secretum (vd. nota 1). Si manifesta, dunque, subito lattitudine introspettiva della poesia petrarchesco, la volont di scrutarsi, che ha in s qualcosa di amaramente compiaciuto, quasi una volutt di mettere a nudo senza piet colpe e vergogne. Il bilancio infatti severamente negativo, e la condanna del suo errore non colpisce solo moralmente il comportamento, ma anche il frutto letterario di quello: cio il vario stile, loscillare tra temi diversi, senza coerenza e organicit. Questa severit di giudizio sulla poesia gi anticipata nel primo verso, nella formula rime sparse, che restano tali proprio a causa di quellincoerente oscillare. Esperienza morale ed esperienza letteraria si fondono, e sono coinvolte nello stesso giudizio. Larchitettura del sonetto si fonda su una struttura bipartita. Dal punto di vista contenutistico, le prime due quartine descrivono lerrore, in parte scusandolo in quanto giovanile, ed esplicitano la richiesta di perdono, mentre le terzine parlano della vergogna e della consapevolezza della vanit del tutto. Nelle quartine prevale la subordinazione, anche se nella prima strofa il centro di irradiazione posto allinizio (v.1), nella seconda alla fine (v.8). la medesima struttura a chiasmo ripresa nella disposizione degli aggettivi ai vv. 6 e 8, per cui speranze si incrocia con perdono e dolore con piet. Sempre sul piano sintattico da notare, nella seconda quartina, la forte anticipazione del complemento di specificazione del vario stile (v.5) rispetto al sostantivo da cui dipende, piet (v.8): una costruzione alla latina, ma ha una funzione significativa, vale cio ammettere in piena evidenza quellincoerenza oscillante di cui il poeta si vergogna e per cui spera di trovar piet. Nulla casuale nel linguaggio poetico, ma tutto assume un valore espressivo: ogni elemento viene in poesia semantizzato. Ma del v. 9 segna il passaggio a un sistema completamente diverso: la

struttura sintattica crea un andamento meno melodioso, caratterizzato da passaggi brevi, da un punto di vista logico piuttosto rigidi. Lo stile caratterizzato da frequenti allitterazioni: si noti la f del v. 10 (favola fui), la mdel v.11 (me medesimo meco)che focalizza lattenzione sul pronome di prima persona, la v disseminata un po in tutto il componimento (vaneggiar vergogna, v.12). Il termine favola (v.10) testimonia una ripresa dello scrittore latino Orazio, che negli Epodi aveva scritto (XI, vv.7-8): Povero me, quanto grande favola fui per tutta la citt (Heu me, per urbem [] fabula quanta fui). Tutto petrarchesco invece lerrore del v.3, parola-chiave che nellopera di Petrarca allude quasi sempre alla sua passione per Laura, considerata vana e pericolosa per lanima, quindi moralmente sbagliata. Il sistema dei tempi verbali estremamente raffinato: al passato (vv.2, 4, 10) infatti affidato il compito di ricondurre al periodo del peccato, mentre il presente (vv. 1, 4, 5, 8, 9, 11, 12, 14) il tempo in cui si verifica la presa di coscienza. Petrarca prende cos le distanze dal se stesso di un tempo, e dimostra al suo pubblico forse con una punta di nostalgia il proprio definitivo allontanamento da quelle passioni. La compresenza si valori cristiani e cortesi raggiunge in questi versi un raro equilibrio. Alla tradizione poetica precedente fanno riferimento alcuni termini sospiri e core (v.2), piango et ragiono (v.5), amore (v.7) e il riferimento a un pubblico esperto in questioni amorose (v.7). Al sistema di valori cristiano si riferiscono lerrore (v.3), la piet e il perdono del v.8, lintero campo semantico della vergogna e della vanit (che si riallaccia direttamente a una particolare linea di riflessione del pensiero cristiano che ha le sue radici nel libro Qohelet: Vanitas vanitatum et omnia vanitas vanit delle vanit, tutto vanit 1,2; 12, 8) A partire dal sonetto premiale Marco Santanga ha analizzato al significativa apertura di Petrarca verso un pubblico non pi definito, ma illimitato, a riprova della modernit della sua produzione lirica (Dal sonetto al Canzoniere, Padova, Liviana, 1979, pp. 150-151): Nel rapporto col pubblico sta [] una delle maggiori innovazioni della poesia petrarchesco, una di quelle che hanno segnato il corso della lirica europea. Il testo petrarchesco si rivolge a un uditorio privo di caratterizzazioni sociali o culturali o ideologiche: non p una cerchia aristocratica n un pubblico borghese, non un gruppo di scuola []. Lunico requisito che il testo sembra richiedere al proprio lettore quello di essere tale, di ascoltare. forse la prima volta nellepoca moderna che la poesia lirica si rivolge a un pubblico non preselezionato []. A questo pubblico indifferente Petrarca propone una storia damore, la sua personale storia damore. Una storia per che anche un itinerario spirituale e in quanto tale un itinerario simbolico, suo e di tutti, individuale ed esemplare. Il superamento dei conflitti nella forma Poich la materia petrarchesco un groviglio di contraddizioni e di inquietudini senza soluzione, sarebbe lecito aspettarsi che le tensioni si esprimessero in un forma tormentata e involuta. Invece la dizione poetica del Canzoniere limpida, equilibrata, armoniosamente perfetta dotata di una miracolosa musicalit. Tutto quel suo mondo tormentato, mosso dallangoscia ricerca di una superiore sintesi etico-intellettuale, il Petrarca ce lo rende attraverso una poesia tra le pi studiate e raffinate della nostra letteratura. Non uno scatto espressivo, non un cedimento emotivo, non un impeto scomposto traspare dalla lirica petrarchesca. Quelluniverso di dolore, che il poeta individualizza nel mito dellamore per Laura, e che indubbiamente al fondo della sua ispirazione, si offre al lettore talmente filtrato attraverso uno schermo stilistico-espressivo intessuto di reminiscenze letterarie, soluzioni stilistiche tratte da altri poeti, e non solo dai prediletti autori latini, ma anche dai testi biblici, dagli scrittori cristiani e persino dai moderni. Il fatto p che la poesia del Petrarca non nasce dallimmediato effondersi di una commozione in atto, bens dalla sottile analisi di una esperienza rivissuta nella memoria. Non si pu pensare, perci a questa sintesi espressiva come al frutto di un esercizio letterario fine a se stesso; essa va invece ben oltre e risponde a quellintima e profonda esigenza di equilibrio che costituiscono la sostanza del Canzoniere. Giungere ad una padronanza assoluta del mezzo espressivo, per il Petrarca vuol dire poter ricomporre e dominare la propria materia poetica; e dominare tale materia vuol dire acquistare piena consapevolezza di s, nonch possibilit di dare uno sbocco lunico per Petrarca alla propria tormentata condizione umana. In Petrarca forma letteraria e conquista intellettuale di se stesso sono una sola cosa (U. Bosco)

Solo et pensoso i pi deserti campi


Canzoniere, XXXV
Solo et pensoso i pi deserti campi vo mesurando a passi tardi et lenti, et gli occhi porto per fuggire intenti ove vestigio human larena stampi. 5 Altro schermo non trovo che mi scampi 10 Metro: sonetto con schema ABBA ABBA CDE CDE dal manifesto accorger de le genti, perch negli atti dalegrezza spenti di fuor si legge comio dentro avampi: s chio mi credo omai che monti et piagge et fiumi et selve sappian di che tempre

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sia la mia vita, ch celata altrui.

Ma pur s aspre vie n s selvagge cercar non so chAmor non venga sempre ragionando con meco, et io co llui. Solitario e meditabondo vado percorrendo a passi Tanto che io sono persuaso che monti e pianure / e fiumi e lenti e impacciati (vv. 1-2) / e volgo gli occhi attenti a selve avvertano di che condizione / sia la mia vita, che tenuta evitare / qualunque luogo dove unimpronta umana segni nascosta agli altri. il terreno. Ma tuttavia non sono capace di trovare percorsi cos impervi e inospitali tali che Amore non mi segua (vv. 12-13) / colloquiando con me stesso, ed io con lui Al centro del sonetto, il tema centrale della lirica non tanto la solitudine quanto una sorta di tormento interiore di dialogo obbligato con se stesso che costringe il poeta a cercare pace nella natura, lontano dal volgo, senza per riuscire a trovarla. Nel binomio solitudine e meditazione che apre il componimento dunque la meditazione ad avere la meglio, ad annullare cio i tentativi di raggiungere la tranquillit. Non la solitudine del De vita solitaria, propizia al raccoglimento intellettuale, ma lisolamento che deve salvare il poeta dalla vergogna di rivelare

Altro riparo non so trovare che mi ripari / dallevidente consapevolezza delle persone / poich negli atteggiamenti esteriori privi di serenit / da fuori si vede bene come io arda dentro di me:

Chiare fresche et dolci acque


Chiare fresche e dolci acque ove le belle membra pose colei che sola a me par donna; gentil ramo, ove piacque, (con sospir mi rimembra) a lei di fare al bel fianco colonna; erba e fior che la gonna leggiadra ricoverse con l'angelico seno; aere sacro sereno ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse: date udienza insieme a le dolenti mie parole estreme. S'egli pur mio destino, e 'l cielo in ci s'adopra, ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda, qualche grazia il meschino corpo fra voi ricopra, e torni l'alma al proprio albergo ignuda; la morte fia men cruda se questa spene porto a quel dubbioso passo, ch lo spirito lasso non poria mai pi riposato porto n in pi tranquilla fossa fuggir la carne travagliata e l'ossa. Tempo verr ancor forse ch'a l'usato soggiorno torni la fera bella e mansueta, e l 'v'ella mi scorse nel benedetto giorno, volga la vista disiosa e lieta, cercandomi; ed o piet! gi terra infra le pietre vedendo, Amor l'inspiri in guisa che sospiri s dolcemente che merc m'impetre, e faccia forza al cielo asciugandosi gli occhi col bel velo.

VII

Da' be' rami scendea, (dolce ne la memoria) una pioggia di fior sovra 'l suo grembo; ed ella si sedea umile in tanta gloria, coverta gi de l'amoroso nembo; qual fior cadea sul lembo, qual su le treccie bionde, ch'oro forbito e perle eran quel d a vederle; qual si posava in terra e qual su l'onde, qual con un vago errore girando perea dir: "Qui regna Amore".

Quante volte diss'io allor pien di spavento: "Costei per fermo nacque in paradiso!". Cos carco d'oblio il divin portamento e 'l volto e le parole e'l dolce riso m'aveano, e s diviso da l'imagine vera, ch'i' dicea sospirando: "Qui come venn'io o quando?" credendo esser in ciel, non l dov'era. Da indi in qua mi piace quest'erba s ch'altrove non pace. Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia, poresti arditamente uscir del bosco e gir infra la gente.

VIII

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