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Autoimmunit, tardo-capitalismo, tecno-fascismo

RAOUL KIRCHMAYR

1. Tardo-capitalismo e autoimmunit Se assumiamo che la nostra epoca mostra un tratto essenziale, cio il nesso tra globalizzazione e nichilismo, la questione che occorre porre al presente riguarda la stessa possibilit che la democrazia possa avere un avvenire nel quadro di un mondo forgiato tecnicamente e su scala globale dal capitalismo. Se vi sar un avvenire, questo non potr che dischiudersi a partire dallo scioglimento di un nodo che, al contrario, pare stringersi ulteriormente, quello tra il dominio della tecnica, il capitalismo e le forme di tramonto del politico che disegnano lo scenario attuale. difatti questa lalleanza che pare non sciogliersi e che ci porta a chiedere se ci che il XX secolo ci ha consegnato, perlomeno a quel mondo occidentale che si riconosce nel cosiddetto modello di democrazia liberale, non sia affatto leredit di una libert concreta, ma un binomio costituito da una libert astratta e da pi o meno marcate forme di servit, di dipendenza e di oppressione. Di fronte al saldarsi del connubio tra potere tecnico e sovranit politica si pu avanzare lipotesi, dunque, che possa non essere la democrazia la forma di governo politico pi adatta alla modernit tardo-capitalista, ruolo che potrebbe meglio svolgere una sua imitazione autoritaria in grado di far lavorare il binomio libert astratta/servit concreta, conservando cio come apparenze tutte le forme del diritto borghese, ma piegate alla salvaguardia, pi o meno violenta, di posizioni di forza e di dominio. in questa prospettiva che si dovrebbe guardare al berlusconismo e al cosiddetto
aut aut, 350, 2011, 77-91

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caso italiano che, per le loro caratteristiche e soprattutto per la loro ormai considerevole durata, paiono essere pi che il risultato di un laboratorio in cui si sono incubate alcune tendenze dellOccidente tardo-moderno. Molti discorsi giubilatori risuonati nel dibattito politico durante gli anni novanta i quali, con la fine della Guerra fredda, avevano perlopi proclamato la vittoria della liberal-democrazia e del sistema capitalista di produzione appaiono oggi come precoci sintomi di una crisi del senso della democrazia pi che quelli di un effettivo radicarsi di questultima in aree geopolitiche non appartenenti allOccidente. Costitutivamente ambigui, possiamo cogliere un diverso significato di tali discorsi, una volta ricontestualizzati nella cornice di un nichilismo reattivo, il quale si nutre, indifferentemente, tanto del repertorio progressista e illuministico quanto di esaltazioni imperialistiche e colonialistiche, tanto del mito della partecipazione popolare quanto dellimmaginario bellico. Dalla fine della Guerra fredda a oggi possiamo dire di sapere per esperienza e non solo pi per annuncio, o profezia, quali forme pu assumere la reazione delle forze che, con il declino del politico, mirano a imporre la conservazione dello status quo, cio dei rapporti mondiali di dominio, sfruttamento delle risorse, accumulazione e circolazione del capitale. Lo scenario attuale pertanto disegnato dallorizzonte della violenza e del conflitto (nella forma esplicita della guerra e in quella implicita della competizione economica globale), mentre le retoriche ufficiali si nutrono di formule che occultano o denegano i processi in corso, con lo scopo di non incrinare la rappresentazione dominante della liberal-democrazia come unico modello di governo auspicabile e, al tempo stesso, quale fine politico universale cui tendere. Anche a unosservazione rapida e di sorvolo, si pu vedere come il nesso tecnica-sovranit abbia ampiamente trasformato il paesaggio politico e sociale nel corso del XX secolo verso una sempre maggiore interdipendenza dei sottosistemi locali quelli che vengono pure chiamati i sistemi-paese nel quadro globale. Inoltre, limpatto della globalizzazione ha prodotto estese operazioni di
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trasformazione interna degli stati-nazione, tant che da tempo ne viene descritta la tormentata senescenza di fronte al realizzarsi di uneconomia-mondo dominata dal sapere tecnico. A dispetto del fatto che fosse il socialismo reale a essere etichettato con la formula di esperimento di ingegneria sociale, lo stesso modello capitalistico ad avere condotto un processo di costruzione tecnica della societ grazie a Umwelten che funzionano omeostaticamente e garantiscono cos la loro stabilit sistemica attraverso la costante riduzione dellimpatto sullintero sistema provocato dai fattori estranei, potenzialmente destabilizzanti e perfino distruttivi. Di fronte al paradosso generato dallaumento di complessit del sistema e, parallelamente, dalla sua vulnerabilit, le risposte che il tardo-capitalismo occidentale riuscito a dare sono state di tipo autoimmunitario,1 con le quali emersa la contraddizione tra la logica del capitale, che preside al funzionamento del capitalismo globalizzato, e le singole architetture giuridico-politiche delle democrazie occidentali.2 Il processo autoimmunitario non riguarda che il sistema medesimo e il suo procedere per crisi interne che hanno lo scopo di consolidarlo: pur evocando, suscitando o attivando unesteriorit (fino alla costruzione della figura del nemico, in modo da delimitare schmittianamente uno spazio politico), grazie alla mobilitazione delle sue risorse interne che se ne garantisce il rafforzamento: cos il sistema risponde aggressivamente ai fattori esterni reali, presunti o artificiali finendo per intaccare se stesso, ma pure accrescendosi.3 Da un punto di vista ottimistico esso potrebbe essere
1. Lemergere dellautoimmunit in relazione alla sovranit, la risposta autoimmunitaria delle democrazie occidentali di fronte alla globalizzazione, il vincolo tra stato deccezione e logica autoimmunitaria ecc. sono temi che di recente si sono imposti nel dibattito sulle trasformazioni del pensiero politico. Cfr. per esempio J. Derrida, J. Haberman, Filosofia del terrore (2002), Laterza, Roma-Bari 2003 e, in unaltra prospettiva, R. Esposito, Bos. Biopolitica e filosofia, Einaudi, Torino 2004. 2. Il caso cinese e, pi in generale, di alcuni paesi dellEstremo Oriente, come lIndonesia, mette ampiamente in discussione lassunto delle teorie politiche liberali e neoliberali che pongono linterrelazione reciproca di economia di mercato e liberalismo giuridico-politico: infatti ci che lo scenario ci mostra oggi la possibilit che altre forme di governo, non democratiche, possano garantire sviluppo economico in senso capitalistico. 3. Ci si traduce politicamente nei termini di una paranoia, alimentata dai media, verso tutto ci che allinterno potrebbe essere esterno.

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visto come un caso particolare e anomalo di una supposta legge generale che descriverebbe lespansione virtualmente ad infinitum del modello della liberal-democrazia capitalistica. Ma che accade se, invece di pensarla come una deviazione rispetto alla norma, lautoimmunit viene considerata come la norma stessa o, meglio, come la sua verit? Secondo questaltro punto di vista, dunque, che cosa viene intaccato e che cosa salvaguardato dai processi autoimmunitari? 2. One World e violenza del capitale Il mondo del capitale ha imposto una determinata configurazione del rapporto tra potere e techne, che si compendia nella nozione di sistema. Per sistema intendo una forma di organizzazione di elementi anche eterogenei tra loro secondo un principio dordine. Il principio dordine permette la costruzione di un mondoambiente (Umwelt) e necessita di regole e codici con cui il mondodella-vita (Lebenswelt) viene domesticato attraverso unoperazione di traduzione e riscrittura. Il suolo del mondo-della-vita viene dissodato, lavorato e reso adatto allimpianto di nuove forme di vita che, come protesi tecniche, sono funzionali alla conservazioneriproduzione del sistema complesso e dipendono dal principio dordine che lo regola. Il principio dordine ci che conferisce razionalit al mondo, il suo essere cosmos: pu essere di natura filosofica (il bene), teologica (dio), politica (il sovrano), economica (il capitale). Storicamente il sistema del capitale si dotato di apparati tecnici, dallo stato e i suoi organi fino alle odierne concentrazioni finanziarie e alle corporation globali. Le tecno-strutture producono un mondo-ambiente artificiale che avviluppa, inglobandola e trasformandola, la Lebenswelt.4 Alle tecno-strutture appartiene pure la sfera della comunicazione generalizzata, che aderisce come una pellicola al mondo-ambiente domesticato. Ogni messa-in-ordine della Lebenswelt, cio ogni costruzione-delmondo, implica una violenza che generata dallimposizione del principio dordine razionale al mondo-della-vita esteriore/estra4. Facendo tuttavia attenzione a riconoscere alla struttura il senso di organizzazione interna del sistema, e non un apparato estrinseco che si aggiunge a esso.

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neo al sistema. Questo processo di appropriazione funzionalizzante dellesteriorit/estraneit , paradossalmente, il principale fattore stabilizzante attraverso una continua destabilizzazione degli equilibri sistemici. Se il capitalismo violenza nella forma dellautoconservazione e dellaccrescimento sistemici, occorre pensarla non pi come una modalit di dominio dei soggetti e come coartazione delle loro libere volont, ma piuttosto come una tendenza del sistema che mira a erodere, fino a cancellarla, la possibilit stessa che vi sia un fuori rispetto al dentro, il che significa la neutralizzazione o la distruzione di regole e codici che possono interferire con la vita del sistema nel suo complesso. Gli perci indispensabile fornire una visione irenica del suo funzionamento, mediante una costante rimozione e denegazione della violenza da esso prodotta, e una sua proiezione su figure-schermo indicate come potenziali fattori di instabilit che, sotto il profilo immaginario, il sistema crea. Rimozione, denegazione e proiezione indicano dunque dei processi ideologici con cui ha luogo lautoconservazione e laumento del sistema. La sfera ideologica tende cos a coincidere con lo stesso mondo-ambiente, dove lesperienza quadrettata, classificata, mappata, compresa in una media standard grazie alla quale possibile determinare tanto i comportamenti pi generali quanto le variazioni rispetto alla curva, per mezzo di una calcolata routinizzazione degli choc. Si tratta infatti di fabbricare soggetti docili attraverso unopera costante di addomesticamento di credenze, abitudini e stili di vita. Ora, la natura aggressiva del sistema capitalistico non riguarda affatto la morale e la psicologia di quella che veniva chiamata classe borghese, e dunque il carattere sviluppato dallhomo conomicus, ma coessenziale allimposizione del principio dordine che autoregola il sistema. Di questo, in verit, le culture, le psicologie e i comportamenti dominanti sono lespressione quali sue declinazioni storiche e geografiche, per cui possibile parlare di capitalismo e di societ capitalistiche nazionali nei diversi momenti del loro sviluppo, e delle culture che esso ha prodotto e nelle quali si riconosciuto, ivi comprese, perfino,
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le diverse forme di critica e di smascheramento del suo funzionamento. Lemergere di nuove forme di fascismo, che proliferano nel tramonto delle categorie del politico, rivela la natura violenta del sistema capitalistico. Inoltre esse denunciano una volta di pi il carattere astratto, tecnicistico ed estrinseco della democrazia tardo-moderna, pur affidandosi a essa come fonte del diritto e dunque come il principio stesso della loro legittimazione. 3. Principio dordine e tecno-fascismo Con il nome di tecno-fascismo intendo tutte quelle forme di governo che, nella tarda modernit, richiedono unadesione fideistica al sistema, alle sue tecno-strutture e al suo principio dordine, cio, pi in generale, al mondo globalizzato nellOne world. Sono forme che fanno convivere il carattere politicamente conservativo-reazionario del sistema con il movimento rivoluzionario di crisi-assimilazione-incorporazione-espansione. La categoria di tecno-fascismo non rigida, descrive tendenze e movimenti, curve e distribuzioni, pi che una forma stabile o addirittura unessenza del governo; assume come secondarie le definizioni che i sistemi si danno, poich tali definizioni scontano la contraddizione tra processi reali e mistica del fondamento politico (ovverosia dei fini che il sistema dovrebbe realizzare). Perci non una categoria politica in senso stretto, poich, se cos fosse, essa incontrerebbe le stesse difficolt cui va incontro, nel contesto presente, la semantica del lessico politico tradizionale. una categoria che assume invece il nesso potere-techne come cuore della reductio ad unum che regola il funzionamento sistemico, pertanto dovrebbe avere il vantaggio di superare le dispute, pi o meno nominalistiche, sulla definizione che viene data dei regimi politici. Il tecno-fascismo un nuovo fascismo di cui possiamo cominciare a riconoscere i lineamenti ora, a ventanni dalla fine della Guerra fredda. Sarebbe errato vedere in esso una riproposizione edulcorata dei fascismi storici, o una loro riedizione aggiornata in veste postmoderna, secondo due modalit dello stesso desiderio consolatorio, per il quale il passato non ritorna perch passato, o, se ritorna, tuttal pi in forma di commedia.
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Qui, non solo occorre prendere seriamente laspetto di grottesca comdie con cui appare, ma serve pure affermare che con il tecno-fascismo si pu assistere al ritorno di un passato che non mai veramente passato: piuttosto esso costituisce uneredit recente della storia dellumanit europea, e che nulla esclude costituisca ancora uno strato attivo della nostra memoria storica collettiva. I fascismi prossimi venturi, cos, sono dellordine del ritorno di contenuti psichici collettivi stratificati e depositati nei recessi della nostra eredit storica. Ci che questo ritorno del rimosso porta alla luce la cogenza del principio dordine sistemico, nella sua forza di imposizione violenta che avviene, oggi, con limpiego di pi raffinate tecniche di controllo e di ingegneria collettiva delle anime. Se i fascismi storici furono totalmente dipendenti dalle loro configurazioni storico-empiriche, ovvero dai fatti storici che portarono al loro successo in Europa tra le due guerre mondiali, qui il tecno-fascismo inteso come reazione a una crisi di sistema interna a esso.5 Infatti, ci che hanno mostrato i fascismi storici stata una straordinaria capacit tecnica di modellamento del mondo sociale come progetto di salvaguardia e di ricomposizione del sistema che tuttavia legittimava le sue pretese storiche (e destinali) allinterno di una concezione della storia universale quale conflitto tra i differenti nazionalismi. I fascismi storici hanno rappresentato un delirio del sistema per eccesso autoimmunitario, perch hanno prodotto una reazione fuori misura di fronte alla crisi sistemica, e non certo perch avessero contestato il principio dordine capitalistico quale regolatore della tarda modernit dellOccidente, nel corso del XIX secolo fino alla Prima guerra mondiale. Al contrario, stata proprio la furia dei fascismi ad avere posto sotto attacco il principio: spinti dalla loro forza di sregolamento, essi suscitarono potenze ctonie, telluriche e irrazionali, chiamate a raccolta con lo scopo di conservarlo.

5. Da cui le frequenti analogie, nella pubblicistica corrente, tra le crisi dinizio XXI secolo e la situazione del 1929.

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4. Tecno-fascismo e marginalit. Lanomalia italiana Il tecno-fascismo unintensificazione della risposta autoimmunitaria che ha luogo nelle aree periferiche o in via di marginalizzazione rispetto ai centri del sistema, cio in quei punti della tecno-sfera dove pi intensa e massiccia la circolazione globale dei capitali. infatti lindebolimento di un sottosistema a creare la necessit di risposte autoimmunitarie standard pi intense e frequenti, che possono manifestare cos una tendenza storica. In questo modo sar pi semplice riconoscere che, se possibile individuare una continuit tra i fascismi storici e le tendenze attuali dei tecno-fascismi, ci sar dato a partire dalla considerazione che il tecno-fascismo un fenomeno geopolitico e geostorico con cui ne va del controllo territoriale da parte del sistema. Nelle societ avanzate, il controllo territoriale garantito dal funzionamento efficiente delle macchine (produzione economica, sicurezza, sfera dei media ecc.). Quanto maggiore il grado di sviluppo di un sotto- o microsistema territoriale secondo i parametri sistemici, tanta minore violenza diretta e repressiva sar necessario esercitare per conservarne il controllo. Cos una transizione da una democrazia autoritaria al fascismo non sar che un gradiente con cui modificato lo status del sistema in senso pi conservativo. Inoltre, quanto pi listituzione di regimi fascisti avviene in aree marginali, tanto pi tali regimi possono godere di una vita politica medio-lunga. Cos, il tecno-fascismo si definisce principalmente mediante la qualit e la natura della risposta aggressiva fornita dal sistema per neutralizzare i fattori riconosciuti come eversivi o destabilizzanti. E in questo la mediasfera gioca un ruolo strategico come costruzione delle immagini del mondo, indispensabile per i processi di identificazione collettiva, di inclusione puramente virtuale delle masse, e dunque a una generale opera di psicagogia collettiva. Il tecno-fascismo mostra infatti una intensificazione dei processi di inclusione omologante e identitaria, risultando un continuatore sia della tradizione democratica e illuministica che persegue linclusione e mira ad ampliare la sfera dei diritti, sia della tradizione del pensiero autoritario e conservatore, per cui lin84

clusione passivamente subita da parte del soggetto e non il risultato di unazione volontariamente e liberamente perseguita. Lenfasi sul tratto identitario (etnico-linguistico, culturale e politico) daltronde tipica del fascismo, poich ogni fascismo si nutre di una volont di unificazione che mira a suscitare le differenze per risolverle nellUno: nel caso dei fascismi storici si trattava del corpo mistico dello stato, nel caso dei tecno-fascismi delladesione quasi religiosa al mistero del capitale. Il tecno-fascismo, quindi, contiene sempre in s una metafisica e una mistica perfino nelle forme pi radicalmente secolarizzate e neociniche che fungono da supplemento danima alla nuda efficacia del binomio potere-techne. Una volta che si sar considerato il fascismo (tanto quello storico quanto le sue forme pi aggiornate) come un fenomeno periferico, increspatura o turbolenza marginale rispetto ai centri del sistema, allora non sar pi necessario parlare di anomalie, poich il comportamento apparentemente anomalo del sistema alla sua periferia si rivela una risposta autoimmunitaria standard che si scatena l dove (e quando) il sistema entra in crisi. A una rapida osservazione empirica non sfuggir che i fascismi storici dovettero la loro affermazione a processi di consolidamento delle aree periferiche del sistema capitalistico una sorta di membrana garantita da regimi dittatoriali e repressivi , capace di conservare le istituzioni del capitale nei suoi centri (le capitali del mondo capitalistico: New York, Londra, Parigi, e in seguito anche quelle dei fascismi storici: Berlino, Tokyo, in misura minore Roma), e di salvaguardare gli interessi globali delle corporation. Nella logica della Guerra fredda ci ha significato provocare delle crisi locali nelle aree periferiche a rischio, e quindi risposte autoimmunitarie nei sottosistemi locali (America latina e centrale, Europa mediterranea). Dopo il 1989, nel mondo ridisegnato dal crollo della cortina di ferro, nuovamente mutato il rapporto tra aree centrali e periferiche, a causa della crescita molto rapida di alcuni paesi emergenti, un tempo facenti parte o dellarea comunista o dei paesi nonallineati. Secondo questa prospettiva, lItalia sta subendo da al85

meno ventanni una progressiva marginalizzazione geo-strategica nel quadro dei paesi occidentali.6 Di conseguenza, si pu parlare di anomalia solo assumendo il punto di vista centrale del sistema e, pertanto, alla sola condizione di adottare come metro il modello del mercato e delle democrazie liberali quale norma (con il problema, non secondario, di avere posto come premessa indiscussa tale norma). Questo approccio rischia di disconoscere come la presunta anomalia sia del tutto funzionale alla logica di conservazione del sistema, fino ad arrivare al punto in cui lo stato, inteso come riproduzione molecolare del sistema, intacca se stesso e collassa per garantire risorse, se non vitali quanto meno utili, al sistema complessivo.7 Le turbolenze locali, dunque, possono senza dubbio portare alle disgregazioni e alle riconfigurazioni dei sottosistemi (si confronti per questo la carta politica dellEuropa prima e dopo il 1989) senza escludere possibili esiti catastrofici, allorquando le dinamiche autoimmunitarie prendono la forma di conflitti endemici generati dallo stesso corpo politico entrato in crisi. Se alcuni anni fa Alain Badiou si era chiesto di che cosa fosse il nome Sarkozy8 per alcuni versi espressione di tendenze analoghe al berlusconismo italiano , alla domanda circa chi o che cosa esprime Berlusconi, possiamo provare a rispondere che quel nome indica il sintomo di un processo autoimmunitario di un sottosistema periferico con cui reso visibile il nucleo tecno-fascista del mondo tardo-capitalista. Hanno pertanto ragione coloro che, con maggiore o minore preoccupazione sulle sorti della democrazia a venire, considerano lItalia come un laboratorio post-politico delle tendenze attuali.
6. Per una considerazione della riduzione del peso dellItalia nello scenario internazionale e del suo riposizionamento rispetto ai tradizionali assi della politica estera italiana, vedi il numero monografico di Limes, 6, 2010, dedicato a Berlusconi nel mondo. 7. in tale ottica che dovrebbe essere letto lintero processo di privatizzazione dei beni dello stato che, avviato nel corso degli anni novanta, in una fase in cui la politica non ha rappresentato un contrappeso sufficiente agli interessi economici tanto interni quanto esterni al paese , ha portato alla dismissione e alla liquidazione di rilevanti attivit economiche statali, e dei conseguenti interessi a esse collegate. 8. A. Badiou, Sarkozy: di che cosa il nome? (2007), Cronopio, Napoli 2008.

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5. La democrazia come spettacolo (tecno-fascismo e media) Il crollo dei regimi socialisti dellEuropa dellEst ha ampiamente dimostrato la forza dispiegata dai media occidentali, la televisione in primo luogo, che da oltrecortina si apriva come una finestra su un mondo cui non era possibile accedere se non in immagine. Il desiderio di libert che mosse i popoli dellEuropa dellEst, se era stato acceso, letteralmente, dallansia di una vita diversa, venne pure incanalato nellalveo di un immaginario onirico prefabbricato altrove, con la conseguenza che lanelito al cambiamento (del socialismo) si tradusse di fatto nellaccettazione dei valori del capitalismo. Quel caso esemplare ha mostrato come i media abbiano grandemente accresciuto la sfera defficacia del poteretechne, mediante la cattura del desiderio e la sua messa a regime capitalistica con cui viene data risposta alla domanda collettiva di cambiamento e di trasformazione. Il generale arretramento dei discorsi critici, emancipatori, perfino riformisti, se non addirittura rivoluzionari, deve essere messo in relazione con la sconfitta delle forze storiche di sinistra sul terreno della costruzione mediatica del mondo, dovuta alla sottovalutazione dei mezzi di comunicazione di massa non tanto come orientamento della pubblica opinione (tesi classica del pensiero liberale) quanto come opera costante di mitopoiesi con cui il capitale pu rappresentarsi fantasmagoricamente come naturale: dal piano dei processi economici, alle forme tradizionali di legittimazione culturale (giurisprudenza, etica, politica, letteratura), a quello della visione universale del mondo (arte, spettacolo, comunicazione e media). La costruzione dellimmaginario funzionale alla formazione, al consolidamento e alla conservazione del consenso di massa, poich crea un soggetto collettivo altrimenti frantumato che si rispecchia nel mito identitario e cos in grado di prendere corpo. Tuttavia si tratta di un corpo collettivo instabile e volatile (liquido, direbbe Bauman), che trova la sua ragion dessere politica solo grazie alla pressione esercitata dai media sui singoli atomi. Se la politica tradizionale prevedeva il conflitto o la conciliazione di in87

teressi particolari in nome di un pi generale bene comune (o addirittura in nome di valori universali), il XX secolo ha visto una progressiva trasformazione del campo politico dellOccidente sotto la spinta di interessi al contempo particolari e sovrastatali che si sono intrecciati con la moltiplicazione della potenza dei media. Lunico vero universalismo rimasto di fatto quello del mercato globale. Perci, senza una strategia per i media, non ci pu essere efficace contrasto alla logica del capitale. Come la storia recente ha ulteriormente dimostrato, tertium non datur. Labbandono del contrasto del capitalismo da parte della sinistra riformista occidentale nel corso degli anni novanta ha fatto da terreno di coltura per levidente regresso politico-culturale dellinizio del XXI secolo, quando si assistito alla recrudescenza dei discorsi populisti, razzisti, xenofobi e quando, in Europa, laffermazione delle nuove destre politiche ed economiche ha ristrutturato in modo significativo la cornice politica e culturale nella quale ci troviamo. Lidea, perdente oltre che ideologica, di riformare il capitalismo per garantirne la sopravvivenza, si al contrario dimostrata vincente per quelle forze che rivendicano apertamente leredit dei fascismi storici o ne ripropongono, in forma semplificata, alcune parole dordine che fungono da placebo rassicuranti di fronte ai grandi mutamenti globali. Va da s che laccesso alla sfera pubblica e mediatica di tali discorsi e la loro capacit di presa sulle masse non devono essere visti come un accidente, ma come la necessaria conseguenza di unesigenza precisa: ridare stabilit immaginaria, mediante lenfasi sulla sicurezza, a un mondo scosso da processi globali interamente riconducibili alle trasformazioni del tardo-capitalismo. I processi sono materiali e concreti, la risposta immaginaria e mitopoietica. In essa consistono quei supplementi danima di cui il capitalismo necessita e che da esso vengono prodotti in continuazione, con unoperazione di ricombinazione kitsch di brandelli di memoria, di cascami di immagini e di discorsi che vanno a formare la stoffa di una degenerazione reattiva.9 Tale pout9. J. Derrida, Otobiographies. Linsegnamento di Nietzsche e la politica del nome proprio (1984), Il poligrafo, Padova 1993, p. 77.

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pourri che mescola, stravolgendola, leredit storica delle culture delle destre con il lessico della tradizione liberale e progressista,10 virulento ed efficace, poich delimita lorizzonte del mondo che i media costruiscono, e rende perci impossibile unarticolazione, interna al mondo cos formato, dei discorsi e dei punti di vista, specie di quelli antagonisti. La vocazione dei media in questa fase tardo-capitalistica dunque una vocazione totalitaria o neototalitaria che conserva superficialmente la possibilit di accesso e di critica, ma solo secondo modalit gi previste e codificate che escludono per principio la messa in discussione degli stessi codici. limpero del format e del mainstream, per le immagini e i discorsi, a garantire la tenuta delle strutture e della logica del sistema. Il declino del politico che si accompagna in questa fase storica al declino dello stato, dei suoi organi e delle sue istituzioni si riverbera in unidentit collettiva come pubblico di spettatori. Gli individui sono indotti a non identificarsi pi con il destino dello stato (cosa che aveva marcato invece i fascismi storici), ma ad assumere unappartenenza labile i cui contenuti possono essere qualsiasi. Ci che importa non in nome di che cosa o a quale scopo si appartiene, importante lappartenenza in s unita a un atteggiamento fideistico verso la capacit del sistema di fornire beni e valori a ciascuno. Il contratto sociale viene di fatto soppiantato da una fidelizzazione alle ragioni propagandate, e il ruolo del cittadino sostituito con quello del consumatore/utente. in questo modo che gli apparati mediatici stanno dunque svolgendo una funzione di supplenza al politico: non propriamente sostituendolo, ma infettandolo, svuotandolo cos delle sue prerogative e del suo senso storico. Con la conclamata debolezza del politico di fronte al potere
10. Il caso italiano particolarmente significativo di questa deriva linguistica con cui avvenuta lappropriazione del lessico della tradizione progressista da parte della nuova destra. Lelenco lungo e varrebbe la pena analizzare le trasformazioni semantiche, talvolta addirittura i rovesciamenti di senso, che caratterizzano la neolingua mediatica delle nuove destre. Mi limito qui a ricordare alcune parole, in primo luogo libert (divenuta lemblema di tutte le nuove destre populiste europee), poi democrazia, riforma, diritto, differenza, riconoscimento ecc.

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tecnico e mediatico, la risposta allinquietudine delle masse finisce per non articolarsi pi in termini di efficacia politica, ma sul piano della psicologia collettiva. I media offrono cos un repertorio di immagini e parole funzionale a una mitologia postmoderna che semplifica la straordinaria complessit del nostro orizzonte simbolico e permette linnestarsi di credenze che fungono da elementari schemi di comprensione della realt. La contrapposizione (profetica) tra politicizzazione dellestetica (rivoluzionaria e di sinistra) ed estetizzazione del politico (intrinsecamente reazionaria e fascista), annunciata quasi ottantanni fa da Benjamin, si sta dunque risolvendo a vantaggio della seconda. questo uno degli effetti pi rilevanti legati al tramonto delle tradizionali categorie del politico: la traduzione costante e quotidiana di questultimo in spettacolo. Perci il caso italiano per molti versi cruciale, dal momento che in Italia il potere sovrano si configurato come effetto mediatico, prima e pi di quanto non sia stato governo politico. Il caso italiano mostra tuttavia un paradosso interessante: allaumentare della mediatizzazione del potere seguita di pari passo una diminuzione dellefficienza sistemica, fatta eccezione per quella strettamente necessaria alla conservazione del potere e degli interessi particolaristici di lobby e di potentati legati a doppio filo al governo. Dunque le ragioni del tramonto del berlusconismo come peculiare esempio di tecno-fascismo possono essere trovate nella contraddizione risultante dalla sproporzione tra la propaganda e lefficacia della policy. La conseguenza che la perdita della fiducia e la de-fidelizzazione dipenderanno da una crisi interna del berlusconismo come risposta inadeguata alla domanda di efficienza e di composizione degli interessi particolari. Occorre perci guardarsi dal considerare la fine delle fortune politiche di Berlusconi come un tramonto del berlusconismo, il che sarebbe un altro modo di attribuire alluomo doti e capacit di individuo cosmico-storico. Una volta che si saranno spente le luci sulluomo, si aprir lautentico conflitto tra le tendenze dominanti, espressione del nichilismo globale, e quelle tendenze, oggi disaggregate e minoritarie, che vi si oppongono. La fine dellavventura politica di
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Berlusconi presenter dunque il rischio, assai concreto, che alla domanda di efficienza segua una risposta tecnica e impolitica che, a dispetto della sua apparente neutralit, corrisponderebbe appieno alle esigenze sistemiche di liquidazione del politico e di una sua contemporanea conservazione come semplice spettacolo. La grottesca figura dellimprenditore-politico potrebbe rivelarsi cos, a posteriori, una figura-limite: in quanto antipolitica, essa potrebbe mostrare ancora, in realt, come quel minimo di politico che era stata in grado di mobilitare fosse eccessivo per le esigenze delle tecno-strutture capitalistiche. La sua forza mediatica si potrebbe allora rivelare come il nocciolo della sua debolezza, poich dal punto di vista sistemico generale laffermarsi del berlusconismo non poteva che condurre al suo fallimento politico, in assenza di una strategia coerente e in sintonia con il dominante neoliberismo globale. Il suo successo consister invece nellaver reso desiderabile al paese una svolta pi netta verso un sistema tanto pi efficiente quanto pi rispecchiantesi in un simulacro di democrazia.

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