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` DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI FACOLTA Corso di Laurea Specialistica in Matematica per le Applicazioni

Modelli alle dierenze nite per la simulazione di ussi quasi-geostroci


Candidato: Cristina La Cognata matricola 1053486

Relatore: Prof. Bernardo Favini Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale Correlatore: Ph.D.Dott. Sandro Calmanti ENEA UTMEA-CLIM

Sessione Estiva Anno Accademico 2011-2012 Dipartimento di Matematica Guido Castelnuovo

Introduzione
Lapprossimazione quasi-geostroca ` e uno fra i pi` u semplici modelli matematici rivolti alla descrizione della circolazione atmosferica. Poich` e i moti atmosferici variano su un vastissimo spettro di scale spazio-temporali, i fenomeni trattati risultano molto eterogenei e vanno dai vortici turbolenti di qualche centimetro di diametro, alle cellule temporalesche, i tornado, gli uragani tropicali, i cicloni extratropicali, per nire con le circolazioni a scala globale. La variet` a e la complessit` a dei fenomeni osservati rende molto importante, al ne di poter comprendere i meccanismi che li regolano, formalizzare i principi sici che governano i moti attraverso semplici sistemi di equazioni, da poter poi risolvere per via numerica. Lo scopo di questa tesi ` e individuare la classe di moti atmosferici di interesse meteorologico, derivarne le equazioni del moto sulla base dei principi della meccanica e della termodinamica, studiarne levoluzione temporale attraverso lintegrazione numerica, utilizzando diversi schemi di approssimazione alle dierenze nite da mettere a confronto. Innanzi tutto osserveremo che la forma delle equazioni dipende fortemente dal sistema di coordinate scelto e, soprattutto, dalle scale spazio-temporali del moto. In particolare sceglieremo un sistema di riferimento non inerziale rotante, mettendo in evidenza il termine che indica leetto della rotazione terrestre sui moti, laccelerazione di Coriolis, responsabile della tendenza alla creazione di moti con strutture vorticose, tipiche dei moti atmosferici. La scala spazio-temporale utilizzata in questa tesi ` e detta scala sinottica. Su scala sinottica si studiano i moti atmosferici e oceanici con lunghezze

INTRODUZIONE

ii

orizzontali variabili da centinaia a migliaia di chilometri, mediati su tempi nellordine delle 12-24 ore. La derivazione delle equazioni del moto ` e ottenuta attraverso lanalisi di scala, fatta rispetto al numero di Rossby. Una volta ssate le grandezze caratteristiche (scala spaziale e velocit` a media), questo parametro adimensionale denisce un ordine di grandezza rispetto al quale vengono classicati i moti di larga scalaalle medie latitudini, misurando il rapporto tra gli ordini di grandezza della vorticit` a relativa dei moti e quella terrestre. Nel primo capitolo verr` a presentata la derivazione delle equazioni quasi geostroche per i moti di larga scala extra-tropicali per un uido stabilmente straticato su una sfera, in termini di due variabili fondamentali: funzione di corrente e vorticit` a potenziale. Presentando inne il modello quasi-geostroco per due livelli omogenei su un piano , che costituisce il caso pi u semplice di dinamica baroclina atmosferica. In genere le equazioni del moto della uidodinamica, ma anche quelle per i moti atmosferici, appartengono alla classe di equazioni alle derivate parziali non lineari che, a parte rari casi particolari, non sono risolubili in maniera analitica, ma solo per via numerica. Nel capitolo 2 presenteremo due schemi numerici di approssimazione del trasporto non lineare, lo Jacobiano di Arakawa e gli schemi TVD ; il primo ` e tipicamente usato per risolvere le equazioni dei moti atmosferici perch e costruito per soddisfare alcune fondamentali propriet` a del modello analitico (conservazione dellenergia e dellenstroa); il secondo appartiene alla classe dei metodi numerici ad alta risoluzione per il controllo di oscillazioni, tipiche degli schemi con ordine di accuratezza 2. Nel corso di questo capitolo ne analizzeremo le principali caratteristiche e ne vericheremo, eventuali, vantaggi o svantaggi in semplici casi lineari. Inoltre verr` a data una descrizione, non rigorosa, del meccanismo di trasferimento di energia legato allinterazione non lineare tra diverse scale del moto e di come rappresentarlo correttamente nel caso di un dominio discreto, in cui lo spettro ` e limitato allintervallo delle scale visibili dalla risoluzione.

INTRODUZIONE

iii

Nel capitolo 3 vengono illustrati i risultati numerici legati alla risoluzione, attraverso gli schemi presentati nel capitolo 2, dellequazioni del moto del modello a due strati. Una volta ssati i parametri sici che caratterizzano le scale tipiche dei moti risolti, ne analizzeremo le soluzioni, ottenute da dati iniziali casuali, in relazione al loro comportamento rispetto a diverse scale spaziali del dominio dintegrazione e a diversi gradi di risoluzione. In particolare saremo interessati a dare dei primi confronti tra i due schemi, Arakawa e TVD , per cercare di comprendere se esistono le basi per lutilizzo di questi secondi schemi nellapprossimazione numerica dei moti atmosferici.

Indice
Introduzione 1 Equazioni quasi-geostroche per i ussi di larga scala extratropicali 1.1 Equazioni del moto nel sistema di riferimento assoluto . . . . . 1.1.1 1.1.2 1.2 1.2.1 1.2.2 1.3 1.4 1.3.1 1.4.1 1.4.2 1.4.3 1.5 1.5.1 1.5.2 1.6 Equazioni di Navier-Stokes per i uidi comprimibili . . Equazione di stato e temperatura potenziale . . . . . . Accelerazione di Coriolis . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 3 3 5 8 9 i

Le equazioni del moto in un sistema di riferimento rotante . .

Vorticit` a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 Chiusura della turbolenza . . . . . . . . . . . . . . . . 12 Coordinate sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Gruppi adimensionali e il numero di Rossby . . . . . . 17 Scala sinottica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 Selezione dei moti di larga scala alle medie latitudini su un -piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 Conseguenze e limiti dellapprossimazione geostroca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

Parametrizzazione dei fenomeni di piccola scala . . . . . . . . 12 Analisi di scala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

Le equazioni geostroche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

Approssimazione quasi-geostroca . . . . . . . . . . . . . . . . 27 1.6.1 Stabilit` a idrostatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

iv

INDICE

1.6.2 1.7 1.8

Chiusura delle equazioni quasi-geostroche . . . . . . . 30

Modello a due strati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 40

2 Metodi numerici per i ussi quasi-geostroci 2.1 2.2 2.3

Risoluzione numerica di EDP . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 Un esempio di trasferimento non lineare denergia . . . . . . . 43 Trattamento del termine di convezione . . . . . . . . . . . . . 48 2.3.1 2.3.2 Lapproccio di Arakawa . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 Lapproccio TVD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 Test 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 Test 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 Test 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 Test 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 Prime osservazioni sui test nei casi lineari . . . . . . . 65 66

2.4

Test preliminari per il trasporto lineare . . . . . . . . . . . . . 59 2.4.1 2.4.2 2.4.3 2.4.4 2.4.5

3 Soluzioni numeriche del problema quasi-geostroco 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6

Dal modello sico al modello numerico . . . . . . . . . . . . . 67 Gli osservabili del sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 Discretizzazione delle equazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 I test con lo schema di Arakawa . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 Tabelle e graci delle simulazioni . . . . . . . . . . . . . . . . 78 Confronto tra gli schemi TVD e Fromm . . . . . . . . . . . . . 89 93 95

Conclusione Bibliograa

Capitolo 1 Equazioni quasi-geostroche per i ussi di larga scala extra-tropicali


Per studiare il comportamento macroscopico dellatmosfera assumiamo che laria, di cui ` e composta, sia un uido viscoso che soddisfa lipotesi sistema continuo. Nella prima e nella seconda sezione di questo capitolo sono presentate le equazioni del moto per i uidi viscosi di Navier-Stokes nelle variabili dinamiche (campo di velocit` a) e termodinamiche (pressione, densit` a e temperatura potenziale); prima in un sistema cartesiano ortogonale sso, poi in un riferimento non inerziale, che ruoti con la velocit` a angolare terrestre, pi u adatto a descrivere i moti dei uidi geosici. In questo modo ` e possibile mettere in evidenza il termine che, nelle equazioni, rappresenta lazione della rotazione terrestre: laccelerazione di Coriolis. Nella terza sezione sono deniti i parametri in cui poter racchiudere fenomeni dissipativi relativi alle scale del moto non risolte dalle equazioni, ma che contribuiscono comunque al bilancio energetico in modo signicativo. Nella quarta sezione le equazioni, riscritte in coordinate sferiche (che rappresentano la latidutine, la longitudine e la distanza dal centro della Terra),

1.1 Equazioni del moto nel sistema di riferimento assoluto

vengono adimensionalizzate rispetto ai gruppi adimensionali, di cui il pi u importante ` e il numero di Rossby. Nella quinta e sesta sezione sono denite le approssimazioni siche che selezionano i moti di larga scala alle medie latitudini (approssimazione idrostatica e lapprossimazione geostroca), relativamente ad assunzioni sulle grandezze caratteristiche del moto (scala spaziale e velocit` a), le quali puntano a descrivere moti essenzialmente bidimensionali e stabilmente straticati su una sfera. Inoltre vengono deniti i moti di larga scala allordine Rossby, sucientemente lontani dallequatore, detti quasi-geostroci, che si discostano di poco, ma in modo signicativo, dallessere solidali con la Terra (moti geostroci ). In ne viene derivato il modello quasi-geostroco a due strati omogeonei sovrapposti.

1.1

Equazioni del moto nel sistema di riferimento assoluto

Il modello di uido soddisfa tre principi: conservazione della massa, secondo principio della dinamica e primo principio della termodinamica. Inoltre un uido in stato di equilibrio non esercita sforzi di taglio. Per rappresentare in modo realistico un uido reale, come laria, abbiamo bisogno di includere fenomeni viscosi, come possono essere lattrito con superci a contatto con il uido o la resistenza che incontrano due uidi che si muovono, luno rispetto allaltro, con velocit` a diverse. Il modello matematico pi u adatto a descrivere questo tipo di processi ` e quello dei uidi viscosi di Navier-Stokes.

1.1.1

Equazioni di Navier-Stokes per i uidi comprimibili

Le equazioni di Navier-Stokes per un uido viscoso scritte in forma quasilineare nelle variabili densit` a , campo di velocit` a u = (u, v, w), pressione p

1.1 Equazioni del moto nel sistema di riferimento assoluto

ed energia interna per unit` a di massa e, sono: D + u = 0 Dt Du = p + + 2 u + ( u) Dt De D = p (1 ) + 2 T + + Q. Dt Dt (eq. di continuit` a) (1.1)

(bilancio della quantit` a di moto) (1.2) (bilancio energetico) (1.3)

in cui le variabili sono funzioni di (x, t) R3 R+ . D Lespressione = t + u (x ) indica la derivata materiale in un riferimento Dt euleriano. In queste equazioni troviamo :
potenziale delle forze di volume conservative (tipicamente la gravit` a); il termine 2 u + ( u) rappresenta la presenza di fenomeni non

conservativi (dissipazione), in cui ` e la viscosit` a dinamica, supposta costante, mentre ` e la viscosit` a di volume che, nel caso di un uido compribile, possiamo porre =
3

(ipotesi di Stokes);

Il termine 2 T esprime la variazione del usso di calore q attraverso

il bordo V di un arbitrario elemento di uido di volume V, che, in accordo con la legge di Fourier, soddisfa q = T. coeciente di conducibilit` a termica, supposto costante;
calore introdotto a causa della dissipazione viscosa; Q calore fornito da una sorgente.

Per una trattazione realistica dellatmosfera sarebbe necessario considerare lumidit` a, che ` e presente in essa sotto forma di vapore acqueo, acqua e ghiaccio, introducendo unequazione di bilancio per ognuno di questi elementi. Lo studio dettagliato dellatmosfera umida esula dagli scopi di questo

1.1 Equazioni del moto nel sistema di riferimento assoluto

elaborato, per cui ci limiteremo al caso pi` u semplice in cui si suppone che latmosfera sia composta da aria secca.

1.1.2

Equazione di stato e temperatura potenziale

Per chiudere il sistema di equazioni (1.1)-(1.3) dobbiamo aggiungere la relazione di stato che esprime la condizione termodinamica dellaria secca. Assumiamo che laria secca sia un gas perfetto e riscriviamo lequazione per lenergia (1.3) in termini di temperatura potenziale, che deniremo pi` u avanti. Lequazione di stato dei gas perfetti nelle variabili pressione, densit` a e temperatura ` e p RT la cui energia interna ` e funzione unicamente della temperatura1 = e = e(T ). (1.4)

(1.5)

Assumiamo che la dipendenza (1.5) sia lineare2 e deniamo le costanti3 Cv e Cp come de d[e + p/] Cp = . (1.6) dT dT Grazie alla denizione di Cv , si pu` o scrivere la dipendenza lineare rispetto a Cv = T dellenergia interna (1.5) per i gas ideali come e = Cv T, (1.7)

Introduciamo la funzione entropia specica s = s(p, T ), legata alle altre variabili termodinamiche attraverso il secondo principio della termodinamica, che per un sistema reversibile si pu` o scrivere come T ds = de + p d(1 )
1 2

(1.8)

i.e. gas termicamente perfetto. i.e. gas caloricamente perfetto. 3 dette rispettivamente calore specico a volume costante e calore specico a pressione costante.

1.1 Equazioni del moto nel sistema di riferimento assoluto

dove d ha il signicato di un incremento arbitrario, quindi questa legge vale in particolare nel caso della derivata materiale. Sostituendo lentropia specica allenergia interna nellequazione (1.3), otteniamo lequazione equivalente alla (1.8) T Ds = 2 T + Q. Dt (1.9)

Riscrivendo la relazione di stato (1.4), derivata logaritmicamente, nella forma dT dp d = , T p e inserendola insieme alla (1.7) nella (1.8), divisa per T , otteniamo ds = Cv dT p + d T T 1 = Cv dT R dT 2 d = Cv +R T T dT dp T p .

Inne osserviamo che direttamente dalla denizione di Cv e Cp segue R = Cp Cv . Sostituendo questultima espressione per R in ds = Cv otteniamo dT dp R T p grazie alla quale possiamo riscrivere lentropia specica per i gas ideali nel ds = Cp seguente modo T Cp . pR Nel caso in cui lentropia specica si conservi, prendendo una temperatura s = Cp ln(T ) Rln(p) = ln T0 e una pressione p0 di riferimento, vale 0 = s s0 = ln T Cp pR ln T0 p pR 0
C

dT +R T

dT dp T p

da cui, eliminando i logaritmi, si ottiene la relazione T0 = T p p0


R/Cp

(1.10)

1.1 Equazioni del moto nel sistema di riferimento assoluto

Rimanendo nella classe di processi adiabatici, dalla (1.10), deniamo la temperatura potenziale4 come =T p0 p
R/Cp

(1.11)

Osserviamo che corrisponde alla temperatura che avrebbe una particella di gas spostata adiabaticamente (che in assenza di discontinuit` a, avviene attraverso un processo isentropico) da pressione p e temperatura T a pressione p0 . Derivando otteniamo d = dT p0 p
R/Cp

R + T (p0 )R/Cp Cp +T p0 p
R/Cp

1 p R Cp

R 1 Cp

dp p2

= dT = dT T
R/Cp

p0 p

R/Cp

dp p = ds. Cp

R dp = Cp p Cp

Cp

dp dT R T p

Scegliendo la variabile al posto di e, possiamo denitivamente riscrivere la (1.9), come: d = dt Cp T 2 T +Q . (1.12)

La temperatura potenziale ` e una grandezza molto pi` u importante della temperatura T . Questo perch e non risente degli spostamenti verticali associati, per esempio, al moto del uido lungo degli ostacoli. Infatti, una particella daria che si muove verticalmente lungo un ostacolo, come una piccola montagna, si espande e si raredda durante la fase di risalita, mentre si riscalda e si comprime durante la discesa. Durante questi processi a cui seguono variazioni di volume, la temperatura potenziale non cambia senza che ci sia n e riscaldamento (rareddamento) dovuto a fattori esterni n e evaporazione (condensazione), ovvero un processo adiabatico secco. Inoltre la temperatura potenziale ` e un indice di stabilit` a dellatmosfera, come vedremo quando introdurremo il concetto di stabilit` a idrostatica.
4

Utilizziamo al posto di T0 per evitare confusione di notazione.

1.2 Le equazioni del moto in un sistema di riferimento rotante

1.2

Le equazioni del moto in un sistema di riferimento rotante

Per poter scrivere al meglio le equazioni per i moti atmosferici passiamo ad un sistema di riferimento non inerziale, solidale con la Terra e con origine nel suo centro. Assumiamo per semplicit` a che la Terra sia una sfera, che gira attorno al proprio asse di rotazione con velocit` a angolare costante . Riscriviamo quindi le equazioni (1.1), (1.2) e (1.12) in un questo sistema di riferimento rotante. Rispetto ad un osservatore inerziale la variazione di un vettore B si scrive come dBi dBr = +B dt dt quindi, nel caso in cui B rappresenti il vettore posizione nello spazio, r, la sua velocit` a e accelerazione inerziale si scrivono rispettivamente5 ui = ur + r (1.13) dui dur = + 2 ur + ( r). dt dt o essere Il termine ( r) rappresenta laccelerazione centripeta, che pu` scritta come il gradiente di una funzione potenziale r ed essere inglobata nel potenziale delle forze di volume. La (1.2) pu` o essere riscritta come6 Du + 2 u = p + + 2 u + ( u). Dt 3 (1.14)

A dierenza dellequazione del bilancio della quantit` a di moto, che ` e unequazione vettoriale, le (1.1) e (1.9), essendo derivate materiali di quantit` a scalari, non vengono modicate da questo cambiamento di sistema di riferimento. Infatti basta notare che, preso un qualsiasi scalare P e detto r il vettore posizione P t
5 6

=
i

P t

( r) P
r

Ricordando che la velocit` a angolare ` e costante. Omettendo lindice r.

1.2 Le equazioni del moto in un sistema di riferimento rotante

Figura 1.1: Un generico vettore B in un sistema di riferimento ortogonale (i1 , i2 , i3 ), che ruota con velocit` a angolare mentre ui P = (ur + r) P quindi laccelerazione centripeta viene di fatto annullata e dP dt =
i

dP dt

.
r

Nel seguito assumeremo che la velocit` a angolare sia allineata con lasse z , in modo da poter scrivere = (0, 0, ).

1.2.1

Accelerazione di Coriolis

Le forze che agiscono sul uido che ruota su una sfera sono rappresentate dal termine destro delle (1.14). Queste forze devono essere bilanciate dalla somma dellaccelerazione relativa al sistema di riferimento rotante e del termine 2 ( u), detta accelerazione di Coriolis. Spostando questo termine a destra della (1.14), possiamo considerarlo come unulteriore forza, detta appunto forza di Coriolis. Osserviamo che, per denizione, ` e un forza ortogonale alla velocit` a relativa u, quindi non compie lavoro e viene detta perci` o apparente. Per un osservatore allineato con , la forza di Coriolis agisce sul uido facendolo ruotare in senso orario rispetto alla direzione del moto, parallela appunto a u, senza alterare il suo modulo. Per comprendere quanto sia determinante leetto della rotazione terrestre nei moti atmosferici, bisogna stimare il rapporto tra laccelerazione di Coriolis

1.2 Le equazioni del moto in un sistema di riferimento rotante

10

Figura 1.2: Relazione tra u, e 2 (u ). e laccelerazione relativa, tenendo conto dellordine di grandezza delle scale spaziali, L, e delle velocit` a, U , caratteristiche del moto stesso. Possiamo indicare con 2 ( u) = O(2U ) Du =O Dt U2 L (1.15)

gli ordini di grandezza delle accelerazioni in bilancio e con


Du Dt

2 ( u)

=O

U 2L

(1.16)

il loro rapporto. Risulta quindi evidente che, allaumentare di L, laccelerazione relativa diminuisce dintensit` a mentre quella di Coriolis resta costante, facendo diminuire il rapporto (1.16). Possiamo concludere che per le scale del moto per cui il rapporto (1.16) sia suciente piccolo, laccelerazione di Coriolis diventa un termine dominante nelle equazioni del moto, conferendo al uido rotante una dinamica vorticosa, tipica dei ussi atmosferici.

1.2.2

Vorticit` a

Nei problemi di uidodinamica ` e utile introdurre unaltra variabile dinamica vettoriale, la vorticit` a , denita come = u. (1.17)

In un sistema di riferimento non inerziale rotante con velocit` a angolare a di un uido rispetto ad un osservatore inerziale ` e costante , la vorticit`

1.2 Le equazioni del moto in un sistema di riferimento rotante

11

detta vorticit` a assoluta ed ` e denita come la somma della vorticit` a relativa al moto del uido e quella del sistema di riferimento. a = ur + r = r + 2; (1.18)

Se si considera il moto di un uido lungo la supercie della Terra, il contributo dato dalla rotazione terrestre viene detto vorticit` a planetaria, la cui direzione ` e diretta perpendicolarmente alla supercie terrestre (Figura1.3).

Figura 1.3: Voricit` a planetaria. In tal caso gli ordini di grandezza dei due contributi sono dati, rispettivamente, da n = O U L (1.19)

dove n ` e la componente verticale della vorticit` a relativa e da f = O (2 sin) (1.20)

nel caso della vorticit` a planetaria, dove ` e la latitudine dove si trova il uido. Il valore del loro rapporto, lontano da latitudini prossime allo zero, indica quale dei due contributi sia pi u dominante nella vorticit` a assoluta del uido rotante; nel caso in cui n 1 2sin la vorticit` a assoluta si avvicina molto a quella planetaria. = (1.21)

Il termine che indica lordine di grandezza della vorticit` a planetaria f = 2 sin (1.22)

1.3 Parametrizzazione dei fenomeni di piccola scala

12

` e detto parametro di Coriolis e rappresenta la componente normale alla supercie terrestre della vorticit` a planetaria del uido rotante (illustrata in (Figura1.3)); questo parametro risulter` a un elemento molto importante di cui tener conto allinterno delle ipotesi che condurranno alla derivazione delle equazioni quasi-geostroche.

1.3

Parametrizzazione dei fenomeni di piccola scala

Il sistema di equazioni denito dalle (1.1), (1.12) e (1.14) descrive fenomeni sici che agiscono su scale spaziali molto diverse, ovvero lo spettro della soluzione u ` e incredibilmente ricco, variando dalla scala integrale a quella dissipativa. I moti osservati in atmosfera appartengono ad una parte limitata dello spettro risolto dalle equazioni; questo intervallo ` e caratterizzato da scale spazio-temporali con ordini di grandezza tali da rendere trascurabili gli eetti della viscosit` a molecolare e della dissipazione dellenergia cinetica trasferita alle piccole scale, tramite processi non lineari. Ci` o nonostante, siamo comunque interessati a tener conto dei fenomeni non risolti, almeno in maniera statistica, a causa del loro contributo non conservativo nel bilancio dellenergia cinetica. In particolare vogliamo poter formalizzare i loro eetti sui moti in termini dei ussi delle scale pi` u grandi, regolati da coecienti di viscosit` a.

1.3.1

Chiusura della turbolenza

Per semplicare la discussione assumiamo di lavorare con un uido omogeneo (densit` a costante) e con un campo di velocit` a a divergenza nulla. Supponiamo di poter scrivere il campo u come la somma di u , che rappresenta i ussi delle scale grandi, pi` u una uttuazione u , che racchiude i fenomeni che avvengono alle piccole scale, che non vogliamo conoscere in dettaglio se non attraverso gli eetti che ha su u . Imponiamo poi che la scala tempo-

1.3 Parametrizzazione dei fenomeni di piccola scala

13

rale caratteristica dei moti u sia sucientemente grande da garantire che, mediando temporalmente su intervalli temporali piccoli abbastanza da poter studiare i fenomeni di larga scala,7 risulti che < u >= 0, quindi < u >=< u + u >=< u >. (1.23)

A questo punto utilizzando questa decomposizione, in media e uttuazione, per la prima componente del campo di velocit` a denito dalla (1.14), otteniamo: ( u+u) ( u+u) ( u+u) ( u+u) + ( u+u) + ( v+v) + (w +w) t x y z 1 (p + p ) = f ( v+v)+ + 2 ( u + u ). x (1.24) Dove = / ` e il rapporto tra la viscosit` a molecolare e la densit` a, ` e detta viscosit` a cinematica. Il termine f = 2 deriva dallaccelerazione di Coriolis 2 u; nel caso in cui le lequazioni siano scritte in coordinate sferiche, f coincide con il parametro di Coriolis denito in (1.22). Mediando temporalmente, dalla (1.23) segue direttamente che si possono eliminare tutti termini moltiplicati linearmente per le uttuazioni, ma non quelli quadraditici; otteneniamo cos` unequazione per u <u > <u > <u > <u > +<u > +<v > +<w > f <v > t x y z 1 <uu > <uv > <uw > <p> 1 = + 2 < u > x x y z (1.25) scritta in funzione di termini relativi alle grandi scale, ad eccezione degli ultimi tre termini quadratici nelle velocit` a delle piccole scale. Questi ultimi termini rappresentano i ussi della quantit` a di moto della componente u nelle 3 direzioni e possono essere scritti in termini stress (in genere indicati come xx , yx , zx ), che agiscono sul usso macroscopico come una dissipazione, detti stress di Reynolds. Assumiamo, [8], che questi stress dipendano in modo lineare dalle derivate spaziali del usso macroscopico, ossia assumiamo
7

Media di Reynolds, che indichiamo con < >.

1.3 Parametrizzazione dei fenomeni di piccola scala

14

di poterli scrivere: u < u u >= 2Ah x v < v v >= 2Ah y w < w w >= 2Av z u v < u v >=< v u >= Ah + y x u w < u w >=< w u >= Av + Ah z x v w + Ah < v w >=< w v >= Av z y

(1.26)

Lassunzione secondo la quale gli stress di Reynolds sono legati al gradiente di velocit` a media ` e detta approssimazione Boussinesq. Operando in modo analogo per le altre componenti del campo di velocit` a, otteniamo, al posto delle (1.14), le seguenti equazioni per le componenti della quantit` a di moto, espresse interamente in funzione delle grandi scale,8 e in cui le forze conservative si riducono alla sola gravit` a: u u u u +u +v +w fv t x y z 1 p 2u 2u = + 2 u + Ah + x x2 y 2 v v v v +w +u + vd y + fu t x z 2 1 p v 2v = + 2 v + Ah + x x2 y 2 w w w w +u +v +w t x y z 1 p = g + 2 w + Ah z

+ Av

2u z 2

(1.27)

+ Av

2v z 2

(1.28)

2w 2w + x2 y 2

+ Av

2w z 2

(1.29)

dove Ah e Av sono detti coecienti di viscosit` a turbolenta orizzontale e verticale mentre la viscosit` a molecolare.
8

Eliminiamo per semplicit` a di scrittura il simbolo di barra.

1.4 Analisi di scala

15

Nellipotesi che u = 0 vanno aggiunti i contributi legati alla comprimibilit` a del uido. Questi termini possono essere schematizzati nel modo seguente A = Ah ( u) + x ( u) x 3 (1.30) B = Ah ( u) + x ( u) x 3 C = Av ( u) + ( u). x 3 x e sommati al termine destro delle tre equazioni (1.27)-(1.29), rispettivamente. Non esistono dei valori precisi per i coecienti di viscosit` a ma solo delle stime approssimative. Nello studio dei moti atmosferici vengono assunti i seguenti ordini di grandezza: Av 103 m2 s1 Ah 105 m2 s1 (1.31)

1.4

Analisi di scala

Per ricavare le equazioni dei moti atmosferici di larga scala viene usata la tecnica dellanalisi di scala, che rappresenta la scelta esplicita di una specica classe di moti geosici, cio` e i moti di larga scala alle medie latitudini, noti come moti della scala sinottica. Grazie a questa tecnica si ottengono dei sistemi di equazioni equivalenti a quelli originari, ovvero non vengono alterati i principi sici fondamentali, specializzati nel descrivere i fenomeni dinamici a cui si ` e interessati ed inne pi u semplici da risolvere per via numerica.

1.4.1

Coordinate sferiche

Riscriviamo le equazioni9 (1.1),(1.27),(1.28) e (1.29) in coordinate sferiche (r, , ), pi u adatte a descrivere i moti sulla una sfera, denite dal seguente cambio di variabili: x = rcoscos y = rcossin z = rsin
9

(1.32)

Lequazione per la temperatura potenziale (1.12) verr` a ripresa in seguito.

1.4 Analisi di scala

16

Figura 1.4: Coordinate Sferiche. Il laplaciano, la divergenza e la derivata materiale di una funzione f in coordinate sferiche si scrivono, rispettivamente 2 f = 1 r2 r2 2 f r2 + 1 r2 cos cos f + 1 r2 cos2 2f 2

f =

1 (cosf ) 1 f 2fr fr + + + r r rcos rcos

d u v = + + +w . dt t rcos r r mentre laccelerazione di Coriolis si scrive: 2 sin v + 2 cos w 2 u = 2 sin u 2 cos u

(1.33)

Raccogliendo le derivate parziali seconde rispetto alla stessa variabile, le (1.27), (1.28), (1.29) diventano du uw uv 1 p + r tg 2sinv + 2cosw = dt r rcos (Av + ) r2 2 u (Ah + ) u (Ah + ) + 2 cos + 2 2 2 2 r r r cos r cos

2u 2

+ A/ (1.34)

dv vw u2 1 p + + tg + 2sinu = dt r r r (Av + ) r2 2 v (Ah + ) v + 2 cos 2 2 r r r cos

(Ah + ) r2 cos2

2v 2

+ B/ (1.35)

1.4 Analisi di scala

17

dw u2 + v 2 1 p 2cosu = g dt r 2 2 r (Av + ) r w (Ah + ) w + cos r2 r2 r2 cos mentre lequazione di continuit` a (1.1) diventa

(Ah + ) r2 cos2

2w 2

+ C/. (1.36)

d 2w w 1 (cosv ) 1 u + + + + = 0. dt r r rcos rcos

(1.37)

1.4.2

Gruppi adimensionali e il numero di Rossby

Le equazioni (1.34)-(1.36) e (1.37) sono scritte in forma dimensionale, cio` e ogni termine possiede una misura caratteristica, che pu` o essere messa in evidenza attraverso dei coecienti, moltiplicati per le variabili adimensionali, che rappresentano gli ordini di grandezza caratteristici delle variabili a cui si riferiscono. Indichiamo con L e U , rispettivamente, la scala spaziale e la scala della velocit` a orizzontale,10 con D la scala spaziale verticale e denotiamo con = D/L (1.38)

il fattore di forma. Assumiamo che la Terra sia una sfera di raggio r0 e che la scala spaziale verticale ed orizzontale siano molto pi u piccole del raggio terrestre. In questo modo possiamo ignorare le variazioni della forza di gravit` a, rispetto alla quota e alla topograa, e considerare g costante in tutto il uido. In particolare siamo interessati a studiare i moti attorno ad una media latitudine 0 di riferimento, per la quale laccelerazione di Coriolis non sia troppo prossima a zero. Facciamo dunque un ulteriore cambio di coordinate: x = r0 cos0 y = ( 0 ) r0 z = rr . 0 (1.39)

10

i.e. la scala di velocit` a per le componenti u e v del campo u

1.4 Analisi di scala

18

Le derivate parziali rispetto a questo sistema di coordinate sono: = r0 cos0 , x = r0 y e = ; r z

mentre la derivata materiale assume la forma: r0 cos0 r0 d = +u +v +w . dt t rcos x r r Introduciamo le seguenti variabili adimensionali, indicando con un quelle dimensionali: x = Lx y = Ly z = Dz L t = U t u = U u v = Uv w = DU w L r = r0 + Dz
11

(1.40)

A questo punto le equazioni (1.34), (1.35), (1.36), nelle coordinate sferiche denite in (1.39), adimensionalizzate rispetto alle grandezze, evidenza nelle (1.40), sono: U 2 du U 2 D uw uv DU r0 cos0 p + U 2 tg 2sinU v + 2cos w= L dt L r r L Lr cos x 2 2 2 2 U r0 (Ah + ) u U r0 cos2 0 (Ah + ) 2 u U (Av + ) r u + cos + 2 2 cos 2 cos2 D2 r z 2 L2 r y y L2 r x2 (1.41) U 2 dv U 2 D vw r0 p 2 + tg + 2sinU u = + U2 u r L dt L r Lr y 2 2 2 2 U (Av + ) r v (Ah + ) cos2 0 (Ah + ) 2 v U r0 v U r0 + cos + 2 2 cos 2 cos2 D2 r z 2 L2 r y y L2 r x2 (1.42)
2 2 D2 U 2 dw 1 p 2u + v U 2cosU u = g 2 L dt r D z 2 2 2 2 2 U D(Av + ) r w U Dr0 (Ah + ) U Dr0 cos0 (Ah + ) w + cos + 0 y 2 2 2 2 2 2 2 D Lr z L r cos y L r cos2 (1.43)
11

U, L, D in

Ar,,

Br,,

2w x2

Cr,,

Ladimensionalizzazione delle variabili p , , , r verr` a discussa una volta denita

la scala sinottica e lapprossimazione idrostatica.

1.4 Analisi di scala

19

allo stesso modo lequazione di continuit` a (1.37) diventa: U d U 2w w r0 (cosv ) r0 cos0 u + + + + =0 L dt L r z r cos y r cos x Mettendo in evidenza U/L ritorna d 2w w r0 (cosv ) r0 cos0 u + + + + =0 dt r z r cos y r cos x Deniamo i seguenti gruppi adimensionali: Ev = Re = =
2Av f D2

(1.44)

(1.45)

Eh =

2Ah f L2

(numeri di Ekman) (1.46)

UL U 2sin0 L

(numero di Reynolds) (numero di Rossby )

I numeri di Ekman sono deniti dal rapporto tra la viscosit` a turbolenta, verticale e orizzontale, e laccelerazione di Coriolis. Il numero di Reynolds ` e dato dal rapporto tra la convezione e la viscosit` a cinematica. Il numero di Rossby ` e determinato dal rapporto tra la vorticit` a relativa e la vorticit` a planetaria, relativa alla latitudine 0 . Per metterli in evidenza, dividiamo le (1.41), (1.42) e (1.43) per12 f0 U e raccogliamo i termini moltiplicati quindi , Ev , Eh e Re; otteniamo cos` le du L sin cos r0 cos0 p + (uw uv tg) v+ w= dt r sin0 sin0 f0 Lr cos x 2 2u r0 u +(Ev + ) (Eh + ) cos + 2 Re z 2 r cos Re y y 2 cos2 0 r0 2u + 2 2 (Eh + ) r cos Re x2 (1.47) u2 dv L sin r0 p + vw + tg + u= dt r r sin0 f0 Lr y 2 2v r0 v +(Ev + ) + 2 (Eh + ) cos 2 Re z r cos Re y y 2 r0 cos2 0 2v + 2 2 (Eh + ) r cos Re x2
12

(1.48)

f0 = 2sin0 .

1.4 Analisi di scala

20

dw u2 + v 2 cosu L p L = g dt r sin0 z r2 2 w r2 (DEv + ) 2 + 2 0 (Eh D + ) Re z r cos Re y 2w r2 cos2 0 ) . + 02 2 (Eh D + r cos Re x2 2

cos

w y

(1.49)

1.4.3

Scala sinottica

La prima importante assunzione per le equazioni (1.57)-(1.59) ` e rappresentata dalla scelta della scala spazio-temporale rispetto alla quale vengono classicati i moti atmosferici di larga scala. Nella Tabella1.1 indichiamo le scale caratteristiche dei campi di variabili che descrivono i moti di larga scala delle medie latitudini. Ricordando che Tabella 1.1: Ordini di grandezza della scala sinottica SCALA SINOTTICA U W=UD/L L D P/ P/(D) L/U g 10 ms1 10 cms
1

scala velocit` a orizzonale scala velocit` a verticale

106 m scala lunghezza [ 1/(2 ) lunghezza donda] 104 m scala di profondit` a 103 m2 s2 10 ms2 scala delle uttuazioni della pressione orizzontale scala del gradiente verticale di pressione

105 s scala temporale 104 s1 velocit` a angolare terrestre 10 ms2 scala dell gravit` a

(x, y, z ) sono le coordinate spaziali in un sistema di riferimento non inerziale rotante con la terra, denite in (1.39), e dette (u, v, w), rispettivamente, la velocit` a zonale, meridionale, verticale del uido che modellizza latmosfera e t il tempo, assumeremo valide le adimensionalizzazioni denite da (1.40) rispetto alle grandezze riportate nella tabella. Questo ci permette di lavorare

1.5 Le equazioni geostroche

21

con variabili adimensionali e di selezionare, grazie al numero di Rossby, le scale del moto di reale interesse meteorologico e climatico. Inoltre vedremo nella prossima sezione che in questo contesto ` e possibile ottenere due assunzioni strutturali, particolarmente utili nello studio dei problemi atmosferici: approssimazione idrostatica e approssimazione geostroca.

1.5

Le equazioni geostroche

Dalla tabella (1.1) risulta che nella scala sinottica valgono i seguenti ordini di grandezza =O U 2 sin0 L = O(101 ) =O D L = O(102 ) (1.50)

da cui segue che i termini dominanti nelle equazioni (1.47), (1.48), (1.49) sono la gravit` a e il gradiente verticale di pressione, che sono tra loro in bilancio perch e entrambi di O(10). Questo signica che nessuna delle accelerazioni presenti nei termini a sinistra dellequazioni pu o essere comparata a questi due elementi. Quindi i moti, causati da queste accelerazioni, sono delle piccole deviazioni dallo stato di equilibrio idrostatico tra pressione, gravit` a e densit` a, denito come ps (z ) = gs (z ) (1.51) z dove ps e s sono appunto i valori della pressione e della densit` a in assenza di moto. Una volta denita lampiezza delle uttuazioni dei campi di variabili termodinamiche rispetto a questi stati base, ` e possibile eettuare la relativa analisi di scala delle equazioni. Pi` u in particolare diventa lecito trascurare alcuni termini nelle equazioni, il cui eetto ` e un ltraggio dei moti soluzioni di queste, a favore della scala sinottica.

1.5 Le equazioni geostroche

22

1.5.1

Selezione dei moti di larga scala alle medie latitudini su un -piano

In assenza di moto la pressione e la densit` a sono in equilibrio idrostatico denito dalla (1.51). Assumiamo di conoscere il valore degli stati base, ps e s , e che le componenti del campo di velocit` a relativa siano sucientemente piccole. Possiamo quindi riscrivere queste due variabili termodinamiche, p e , come la somma del rispettivo stato base pi` u una piccola deviazione dovuta al moto: p = ps (z ) + p (x, y, z, t) = s (z ) + (x, y, z, t). Questa scrittura ` e detta approssimazione idrostatica. Espandiamo le funzioni trigonometriche contenute nelle (1.41), (1.42), (1.43), (1.45) rispetto alla latitudine di rierimento 0 , ottenendo sin = sin 0 +
L ycos 0 + ... r0 L cos = cos 0 r0 ysin 0 + ... L tg = tg 0 + r ycos2 0 + ... 0

(1.52)

(1.53)

Grazie a questa espansione, nel caso dimensionale, il parametro di Coriolis f diventa f = 2 sin = 2 sin0 + Da cui, ponendo rispettivamente f0 = 2 sin0 possiamo scrivere f = f0 + 0 y. Osservazione 1. Approssimazione Piano- Beta Nella (1.56) stiamo dunque assumendo che il parametro di Coriolis vari linearmente rispetto alla latitudine. Questa particolare scelta di f viene detta -approssimazione (1.56) 0 = 2 1 df cos0 = r0 r0 d (1.55)
=0

2 cos0 y. r0

(1.54)

1.5 Le equazioni geostroche

23

Troncando questi sviluppi (1.53) al primo ordine e inserendoli nelle (1.47)(1.49) otteniamo du L + dt r (cos0 uw uv Ly tg0 + r0 cos2 0 (sin0 +
Lycos0 ) r0

Lysin0 ) r0 cos0 (ps + p ) r0 + w= sin0 f0 Lr cos x 2 2u r0 u ) + 2 (Eh + ) cos +(Ev + 2 Re z r cos Re y y 2 cos2 0 2u r0 + 2 2 (Eh + Re ) r cos x2

sin0

(1.57)

(sin0 + Ly cos0 ) dv L u2 Ly r0 + vw + tg0 + + u= 2 dt r r r0 cos 0 sin0 2 2v r0 v r0 ( ps + p ) + (Ev + ) (Eh + ) + 2 cos 2 f0 Lr y Re z r cos Re y y 2 r0 cos2 0 2v + 2 2 (Eh + ) r cos Re x2 (1.58)

Lysin0 )u (cos0 2 2 dw u + v L (ps + p ) r0 2 L = g dt r sin0 z 2 2 2 r w r0 w ) ( E D + ) (DEv + + cos h 2 cos Re z 2 r Re y y 2 2 2 r0 cos 0 w + 2 2 (Eh D + ) r cos Re x2 (1.59) Lanalisi di scala consiste nei seguenti tre passi
scegliere il parametro di riferimento. In questo caso ; riconoscere gli ordini di grandezza dei parametri moltiplicati per le

variabili, L/r0 , , Ev , Eh , 1/Re, rispetto ;

1.5 Le equazioni geostroche


eliminare i termini moltiplicati per ordini di grandezza ritenuti trascur-

24

abili rispetto al grado spazio-temporale scelta.

dellequazioni a cui vogliamo rimanere. In

questo le soluzioni delle equazioni ottenute appartengono alla classe

In particolare siamo interessati a quei moti con scala spaziale tale che =O L r0 1 = O( 2 ), (1.60)

in cui sia la scala spaziale orizzontale L, che quella verticale D, sono piccole rispetto al raggio terrestre r0 . Per quanto riguarda Ev , Eh , 1/Re non esiste una stima precisa ma, tenendo conto delle (1.31) e dei valori della Tabella1.1 Ev = O(101 ) Eh = O(103 ) (1.61)

e poich e i loro eetti sono percettibili solo nelle vicinanze delle superci con cui vengono a contatto i moti, possiamo assumere che siano (Eh , 1/Re) < O( ) Ed inne notiamo che r L = 1 + z. r0 r0 Tutte le variabili sono funzione, oltre che di x, y, z, t, anche di , L/r0 , di O( ) e di , di O( 2 ). Avendo assunto piccolo, possiamo espandere tutte le variabili rispetto a questo parametro. Vediamo ad esempio la velocit` a: u(x, y, z, t, ) = u0 (x, y, z, t) + u1 (x, y, z, t) + ... dove i termini uk sono indipendenti da numero di Rossby, , ossia O(1) = O( 0 ). Eseguiamo lo stesso sviluppo per tutte le altre componenti del campo di velocit` a e per le deviazioni, p e , dagli stati base della pressione e della e di O(1). In tutto il capitolo (1.62)

il termine O(1) indica lordine zero dello sviluppo perturbativo rispetto al

1.5 Le equazioni geostroche

25

densit` a. Per trovare gli ordini di grandezza di queste deviazioni, sostituendo questi sviluppi nelle prime due equazioni della quantit` a di moto, (1.57) e (1.58), otteniamo che allO(1) valgono: v0 = 1 p 0 ; s f0 L x u0 = 1 p 0 s f0 L y (1.63)

o deduciamo che, per piccoli numeri di Rossby, dove p 0 = ps (z ) + p0 . Da ci` all O(1) il gradiente di pressione orizzontale ` e O(U s f0 L), da cui segue che, che in prima approssimazione, la pressione si pu` o scrivere come: p = ps (z ) + s U f0 Lp dove p = s U f0 Lp (1.64)

e quindi la p ` e la variabile adimensionale della deviazione p . Dallipotesi di approssimazione idrostatica (1.52) segue che p =O z da cui poi possiamo ricavare = s + dove s U f0 L = s (1 + F ). gD F = (1.65) p D =O s U f 0 L D

2 2 L f0 (1.66) gD e quindi ` e la variabile adimensionale della deviazione . Grazie a (1.64) e

(1.65), la terza equazione della quantit` a di moto, (1.59), diventa


0 )u dw u2 + v 2 (cos0 Lysin (s p) r0 L = 1s sin0 dt r z r2 2 w r2 w + (DEv + ) 2 + 2 0 (Eh D + ) cos Re z r cos Re y y 2 r0 cos2 0 2w ) + 2 2 (Eh D + r cos Re x2 (1.67)

(1 + F )

e allo stesso modo, lequazione di continuit` a, (1.45), F D w s w D v r0 L r0 cos0 u + (1 + F ) + +2 w+ tg + =0 Dt s z z r y r r r cos x (1.68)

1.5 Le equazioni geostroche

26

All O(1) diventano, rispettivamente 0 = e 1 w0 s u0 v0 + + = 0. s z x y mentre la (1.63) adimensionalizzata diventa v0 = p0 x u0 = p0 . y (1.71) (1.70) 1 (s p0 ) s z (1.69)

Il sistema di equazioni costituito dalle (1.71), (1.69) e (1.70), ottenuto all O(1) rispetto a , ` e detto approssimazione geostroca.

1.5.2

Conseguenze e limiti dellapprossimazione geostroca

Dalle (1.71) segue direttamente che la divergenza orizzontale all O(1) ` e nulla, infatti u0 v0 2 p0 2 p0 + = + =0 x y xy xy ci` o implica che, da (1.70) (s (z )w0 ) = 0 w0 = cost. z (1.73) (1.72)

Dallindipendenza di s w0 da z segue che, se w0 ` e nullo per qualche z , allora ` e nullo ovunque. Se il dominio di esistenza delle soluzioni delle equazioni ` e delimitato dal basso da una supercie solida , all O(1), da (1.62) gli eetti della viscosit` a sono trascurabili. Quindi in particolare, a questo ordine, la componente verticale del moto ` e nulla sulla supercie e quindi in tutto il resto del dominio. Lapprossimazione geostroca ` e semplicemente una relazione diagnostica, che ci fornisce il bilancio tra laccelerazione di Coriolis e il gradiente di pressione orizzontale. Questa approssimazione risulta per` o insuciente per

1.6 Approssimazione quasi-geostroca

27

determinare levoluzione temporale del moto, perch e qualsiasi campo di pressione produce un campo di velocit` a geostroca consistente, nch` e il numero di Rossby ` e piccolo, ma non c` e alcun modo di decidere quale sia quello esatto. Per ovviare a questa dicolt` a bisogna risalire di un ordine di grandezza di Rossby. Ci` o comporta la ricerca di soluzioni che si discostano di O( ) dallessere moti puramente geostroci, coinvolgendo altri fattori, quali termini di ordine Ekman e accelerazioni relative.

1.6

Approssimazione quasi-geostroca

Risaliamo all O( ) nellespansione rispetto al numero di Rossby. Assumendo che il contributo dominante delle forze viscose per le due componenti orizzontali della quantit` a di moto siano, rispettivamente, Ev le (1.57)-(1.49) diventano u0 u0 u0 + u0 + v1 v0 t x y p1 Ly p0 2 tg0 + Ev zu20 x r0 x v0 v0 v0 + u0 + + u1 + v0 t x y p1 2v 0 + Ev ; z 2 y e lequazione di continuit` a diventa u1 v1 L L u0 1 (s w1 ) + v0 tg0 + ytg0 + =0 x y r0 r0 x s z (1.75) L r0 L r0 cot0 = (1.74) cot0 = 2u , z 2 Ev 2v , z 2

Utilizzando le (1.71), si pu` o riscrivere in termini di pressione diventando u1 v1 L p0 L 2 p0 1 (s w1 ) + tg0 + ytg0 + =0 x y r0 x r0 xy s z (1.76)

Trascuriamo, solo per un momento, gli eetti della viscosit` a supponendo di essere interni al uido e lontani da una eventuale supercie che delimiti il

1.6 Approssimazione quasi-geostroca

28

dominio. Dierenziando rispetto a y la prima delle (1.74) e sottraendola poi alla seconda delle (1.74), dierenziata rispetto a x, otteniamo v0 u0 v0 u0 + u0 + v0 t x y x x y y 2 L p0 L p0 v1 u1 tg0 + tg0 + . r0 x r0 xy x y Il termine ` e denito come = v1 u1 + x y D0 Dt dove D0 = + u0 + v0 Dt t x y ` e la derivata materiale orizzontale. v0 u0 Lespressione ha il signicato sico di vorticit` a relativa, mentre x y y di vorticit` a planetaria. Quindi la (1.78) ` e unequazione per la vorticit` a totale espressa in variabili primitive. Possiamo denire una nuova variabile, detta appunto vorticit` a relativa, = (x, y, z, t, ), che all O(1) si scrive 0 = v0 u0 x y (1.79) 0 L L 0 L2 = = cot0 . U f0 r0 v0 u0 x y + v0 =

(1.77)

Eliminando

da (3.1) e da (1.76) otteniamo 1 (s w1 ) s z

v0 u0 + y x y

=+

(1.78)

o equivalentemente, grazie alle (1.71), in funzione di p0 0 = 2 p0 2 p0 + . x2 y 2 (1.80)

Per cui, grazie a (1.80), la (1.78) diventa: D0 1 (s w1 ) (0 + y ) = + . Dt s z (1.81)

1.6 Approssimazione quasi-geostroca

29

Per chiudere il sistema di equazioni quasi-geostroche abbiamo bisogno di scrivere w1 in termini delle variabili geostroche all O(1). Per poterlo fare abbiamo bisogno di riprendere lequazione per lenergia e introdurre il concetto di Stabilit` a idrostatica, con cui w1 ` e direttamente legata.

1.6.1

Stabilit` a idrostatica

Riprendiamo lequazione per lenergia, scritta in funzione della temperatura potenziale d = dt Cp T seguente modo = p0 R p p0
1/

2 T + Q. .

(1.82)

Riprendendo la denizione (1.11) per , riscriviamo la relazione di stato nel

(1.83)

Consideriamo unatmosfera priva di moto in equilibrio idrostatico.13 Un elemento di uido, inizialmente a quota z = A, viene spostato a quota z = B adiabaticamente, subendo una variazione di densit` a pari a = 1 p0 p
1/ 1

p0 p dz R z

(1.84)

quindi (A + dz ) = (A) + , mentre lambiente circostante star` a a densit` a (B ) = (A) +


dz . z

(A + dz ) (B ) =

p0 p

1/ 1

p0 p R z z

dz =

1 p p z z

Derivando lequazione di stato (1.83) rispetto a z otteniamo = z 1 p 1 p z z (1.85)

g che inserita nella relazione precedente, moltiplicata per , ci fornisce lentit` a

della forza di galleggiamento per unit` a di massa, dovuta alleccesso di massa, g g ((A + dz ) (B )) = dz. z
13

Che soddisfa la (1.51).

1.6 Approssimazione quasi-geostroca


z

30

Se

> 0, lelemento di uido verr` a riportato alla quota z = A dalla forza


z

di galleggiamento e latmosfera si dice stabile rispetto a piccoli spostamenti adiabatici. Il termine ` e detto coeciente di stabilit` a idrostatica. Poich` e la forza ` e proporzionale allo spostamento N= g z
1/2

f requenza di Brunt V aisala

(1.86)

sar` a la frequenza delloscillazione dellelemento di uido attorno alla sua posizione di equilibrio.

1.6.2

Chiusura delle equazioni quasi-geostroche

Torniamo ora alla derivazione delle equazioni quasi-geostroche. Riutilizzando lespressione per lequazione di stato (1.83) e la sua derivazione (1.85) otteniamo la seguente espressione per : log () = log p1/ . (1.87)

Sostituendo la pressione, scritta come nella (1.64) e la densit` a, scritta come nella (1.65), otteniamo con un p` o di passaggi che la temperatura potenziale si pu` o scrivere = s (z ) (1 + F (x, y, z, t))
1 con s (z ) = log ps (z ) log s (z ) + cost.

(1.88)

Espandendo anche in serie di = 0 + 1 + ... da cui segue sempre utilizzando le (1.64) e (1.65) che 0 = 0 + 1 s gD ps p0 .

Utilizzando lapprossimazione idrostatica troviamo e la (1.85) 0 = p0 1 s p0 z s z (1.89)

1.6 Approssimazione quasi-geostroca


1 s s z

31

Nellatmosfera

= O( ) quindi all O(1) vale la seguente espressione

equivalente allapprossimazione idrostatica (1.51) 0 = p0 . z (1.90)

A questo punto, inserendo la (1.88) nellequazione per (1.12), otteniamo lequazione per adimensionalizzata D w s + (1 + F ) = Dt F s z s Denendo H = k/ 2 T +Q Cp T k/ 2 T +Q Cp T gD U 2 f0 (1.91)

gD U 2 f0

e all O(1) la (1.91) diventa

D0 0 w1 s + = H. Dt F s z Quindi possiamo scrivere w1 = H


2 2 D0 0 s F L D0 0 f0 = H s Dt Dt N 2 D2 z

(1.92)

(1.93)

dove nellultimo passaggio abbiamo usato la denizione di stabilit` a idrostati1 s ca e di F. Deniamo S (z ) = . Quindi possiamo riscrivere il termine s F z destro della (1.81) come + 1 (s w1 ) s z 1 s H s z S 1 s H s z S =+
2 2 1 f0 L 0 0 s H DDt 2 s z N D2 1 s D0 0 = s z S Dt 1 D0 s 0 0 0 + S 1 u + z x s Dt z S

(1.94)
v0 0 z y

Combinando le equazioni per le velocit` a geostroche orizzontali (1.71) e lapprossimazione idrostatica (1.118) otteniamo lequazione u0 = 0 , z y v0 0 = z x

(1.95)

1.6 Approssimazione quasi-geostroca

32

grazie alla quale lultimo termine della (1.94) ` e nullo. Lequazione (1.95), detta equazione di vento termico, descrive la relazione che intercorre tra la variazione verticale del vento geostroco e il gradiente orizzontale di temperatura. In particolare, grazie alla relazione di stabilit` a idrostatica all O(1), (1.118), insieme alla relazione (1.69), aerma che la variazione verticale del vento geostroco ` e direttamente connesso alla variazione di spessore del uido stesso. Inne otteniamo, sostiuendo la (1.94) nella (1.81) D0 Dt 0 + y + 1 s 0 s z S = 1 s H . s z S (1.96)

La quantit` a tra parentesi a primo membro Q = 0 + y + 1 s 0 s z S (1.97)

prende il nome di vorticit` a potenziale quasi-geostroca. Osservazione 2. Se H = 0 (assenza di riscaldamento) la (1.99) ` e una legge di conservazione quasi-lineare per Q. Se consideriamo le forze viscose, che agisco in prossimit` a di superci a contatto con il uido, dobbiamo reinserire nellequazione (1.96) il termine dissipativo parametrizzato dal numero di Ekman Ev ottenendo D0 Dt ossia 0 = 0 = 0 + y + 1 s 0 s z S = Ev 2 u0 2 v0 + y z 2 x z 2 = Ev 2 0 . z 2 2 0 . z 2 (1.98)

(1.99)

Inne esprimendo tutte le variabili contenute nella (1.99) in funzione di p0 ,


2 p0 x2 p0 z

2 p0 y 2

0 u0 = p y

v0 =

p0 x

(1.100)

abbiamo ridotto il sistema di equazioni del moto ad una sola equazione per p0 , grazie alla quale ` e possibile ricare tutte le altre variabili.

1.7 Modello a due strati

33

1.7

Modello a due strati

I modelli multistrati prevedono un numero nito, n, di strati omogenei, con densit` a uniforme diversa da strato a strato. Assumendo ancora la notazione per cui D e L sono, rispettivamente la scala spaziale verticale e orizzontale, U e U D/L la scala di velocit` a orizzontale e verticale, continuiamo a considerare il caso = U/f0 L = O(L/r0 ) 1 = D/L = O( 2 ).

Deniamo con hi (x, y ) , i=1..n, laltezza instantanea dello stato i-esimo rispetto alla quota dimensionale z = 0, e con Hi laltezza dello strato i-esimo in assenza di moto. Assumiamo di avere n = 2 strati omogenei di densit` a 1 , per lo strato superiore e 2 per lo strato inferiore. In analogia con straticazione continua, in cui valevano
p = ps (z ) + p (x, y, z, t),

p = s U f0 Lp

p = s g z

scriviamo la pressione per i rispettivi strati p 1 = 1 g (H1 z ) + 1 U f0 Lp1 p 2 = 1 g (H1 H2 ) + 2 (H2 z ) + 2 U f0 Lp2 . (1.101) (1.102)

dove (H1 H2 ) ` e lo spessore dello strato inferiore in assenza di moto. In particolare quindi, essendo i i , in ogni strato lapprossimazione idrostatica p p i = i g =0 (1.103) z z cio` e la deviazione della pressione, rispetto alla pressione base in assenza di moto, ` e indipendente da z. si scrive

1.7 Modello a due strati

34

Espandendo le variabili adimensionali, in ogni strato, rispetto a , riotteniamo allorine O(1) la seguente approssimazione geostroca: p0 p0 2 0 0 v = = v 1 x 0 2 x 0 p1 p2 u0 u0 1 = 2 = y y w0 = 0 w0 = 0 1 2 e direttamente da (1.103) segue che u0 i = 0; z
0 vi = 0. z

(1.104)

(1.105)

Quindi il campo di velocit` a orizzontale resta indipendente dalla quota nel caso omogeneo, anche se varia da strato a strato, a causa della discontinuit` a della densit` a. Dunque abbiamo bisogno di una espressione alternativa al vento termico (1.95). A tal ne scriviamo laltezza istantanea di ogni strato hi (x, y, t) = Hi + Ri i (x, y, t) (1.106)

dove i ` e la deviazione adimensionale della supercie superiore dello strato iesimo dalla sua altezza in assenza di moto e Ri ` e una grandezza caratteristica. Per determinarli esplicitamente, sfruttiamo il fatto che la pressione ` e una funzione continua della quota anche sullo strato di separazione, per cui vale:
p1 (h 2 ) = p2 (h2 )

(1.107)

che da (1.101) e (1.102) equivale a


1 g (H1 h 1 ) + 1 U f0 Lp1 = 1 g (H1 H2 ) + 2 (H2 h2 ) + 2 U f0 Lp2

utilizzando la (1.106) 1 g (H1 H2 + R2 2 (x, y, t)) + 1 U f0 Lp1 = 1 g (H1 H2 ) + 2 (H2 H2 + R2 2 (x, y, t)) + 2 U f0 Lp2 che semplicando diventa 1 gR2 2 + 1 f0 U Lp1 = 2 gR2 2 + 2 f0 U Lp2 R2 2 g (2 1 ) = f0 U L(2 p2 1 p1 ).

1.7 Modello a due strati

35

Assumiamo che 2 sia O(1) e che 2 = p2 p1 , ossia che le variazioni del prolo dellinterfaccia corrispondano a una dierenza tra le deviazioni, dallo stato base in assenza di moto, delle pressioni nei due strati. Allora R2 = 0 f0 U L 0 f0 LU [2 p2 1 p1 ] = = FD . g (2 1 ) g (2 1 ) 2 1 (1.108)

dove 0 ` e un valore di riferimento per la densit` a (e.g. la media tra 2 e 1 ). Adimensionalizzando (1.106) e inserendo la (1.108), otteniamo h2 = H2 0 + FD . D 2 1 (1.109)

Alloridine O(1) otteniamo, sottraendo membro a membro le equazioni (1.104), la seguente versione di vento termico
0 u0 2 u1 = 0 2 ; y 0 0 v2 v1 = 0 2 . x

(1.110)

quindi che una dierenza di velocit` a orizzontale tra i due strati ` e accompagnata da una inclinazione dellinterfaccia; dierenza che abbiamo gi` a visto esistere se 1 = 2 . Ad ogni interfaccia la la componente verticale della velocit` a deve soddisfare
wi =

DU D U D 0 wi = hi = Rn i ; L Dt L Dt

quindi nel caso dei due strati abbiamo 0 F 0 D2 h i = h2 i+1 i Dt w1 (h i) = 1 F D h i = h1 Dt Inserendo la (1.111) nella (1.81)

(1.111) (R1 = F D, 1 = p1 ).

1 D0 wi 0 i + y = Dt z

i = 1, 2

(1.112)

e poi integrando rispetto a z in ogni strato, grazie allindipendenza delle


0 i variabili u0 i , vi e 0 rispetto alla quota, per i due livelli otteniamo

D0 0 { + y } Dt i

Di D

0 + O( F ) i+1 i

1 1 = wi (hi ) wi (hi+1 ).

(1.113)

1.7 Modello a due strati


0 Tracurando i termini O( F ) 2 e dividendo entrambi i membri per 1

36
Di D

abbiamo che ogni strato soddisfa FD D D0 0 + y = 0 i Dt Di Dt


1 1 i i +1 i i1 i+1 i

(1.114)

Utilizzando le (1.111) le equazioni (1.114) per i due strati sono D0 Dt D0 Dt


0 1 + y

FD D1 FD D2

0 p0 1 p2 (2 1 )/0

=0 (1.115)

0 + y 2

(2 1 )/0

p0 2

p0 1

Ev D 0 2 . 2D2

1/2

Inne se scriviamo le funzioni di corrente per ogni strato come 1 = p0 1 (1.116) 2 = p0 2 e denendo i parametri
0 F1 = F 0 0 2 1 0 F2 = F 0 0 2 1

r2 =

Ev D 2D2

1/2

le (1.115) si scrivono in modo pi` u compatto D0 {1 + y + F1 (2 1 )} = 0 Dt (1.117) D0 {2 + y + F2 (1 2 )} = r2 (2 ). Dt Le equazioni (1.117) sono dunque la generalizzazione delle equazioni quasi geostroche (1.99) al caso di due strati omogenei su un piano .14
14 df f = f0 + d |0

1.8 Conclusione

37

1.8

Conclusione

In conclusione di questo capitolo possiamo sintetizzare la derivazione delle (1.117) ripercorrendo i passaggi fondamentali e ricordando le relazioni essenziali tra le variabili utilizzate. Siamo partiti dal sistema di equazioni del moto per i uidi comprimibili di Navier-Stokes (1.1)-(1.2) e (1.12), scritte in funzione delle variabili velocit` a, densit` a, pressione e temperatura potenziale; la scelta di questultima variabile, al posto dellenergia interna e, ` e motivata dal fatto che, grazie al concetto di stabilit` a idrostatica, si rivela particolarmente adatta a descrivere i moti di uidi straticati. Poich e i ussi atmosferici sono essenzialmente dei moti su una sfera, siamo passati ad un sistema di riferimento rotante in coordinate polari, mettendo in risalto il ruolo dellaccelerazione di Coriolis, responsabile degli eetti della rotazione terrestre sui campi di velocit` a. Per poter trattare il problema sico dei moti atmosferici delle medie latitudini abbiamo assunto di lavorare con variabili i cui ordini di grandezza sono deniti dalla scala sinottica, (Tabella 1.1); inoltre abbiamo supposto valide due approssimazioni strutturali: lapprossimazione idrostatica e lapprossimazione geostroca. Queste due approssimazioni prevedono che le soluzioni siano dei moti con una componente verticale della velocit` a molto limitata, rendendo i moti prossimi dallessere bidimensionali (quasi-geostroci). Lapprossimazione idrostatica denisce lo stato base (i.e. la parte statica in assenza di moto) della pressione e della densit` a, secondo la ps (z ) = gs (z ) z (1.118)

attorno al quale oscillano i valori delle loro uttuazioni, responsabili del moto; mentre lapprossimazione geostroca, che sceglie , il numero di Rossby, come gruppo adimensionale rispetto al quale vogliamo espandere le variabili, seleziona le scale del moto di nostro interesse secondo i seguenti ordini di

1.8 Conclusione

38

grandezza L 1 = D/L = O( 2 ). r0 In particolare, una volta eettuata lespansione delle variabili u, v, w, p, =O rispetto al numero di Rossby, abbiamo legato la parte dinamica della pressione alle componenti orizzontali del campo di velocit` a all O(1), rispetto alle potenze di , secondo le seguenti relazioni diagnostiche v0 = p0 x u0 = p0 y w0 = 0,

dove lindice 0 indica lordine zero dellespansione. Osserviamo che lapprossimazione geostroca lascia il problema indeterminato perch e non fornisce una equazione temporale per la variabile pressione, risulta quindi necessario tener conto dei termini di oridine superiore per chiudere il problema. Risalendo di un ordine rispetto alle potenze di , abbiamo potuto denire la variabile vorticit a relativa , che all O(1) si scrive 0 = v0 u0 2 p0 2 p0 = + = p0 . x y x2 y 2

Dopo aver espanso le funzioni goniometriche rispetto ad una media latitudine di riferimento, abbiamo assunto che il parametro di Coriolis f soddis la seguente legge lineare f = f0 + y. Questa scrittura di f ` e nota come approssimazione piano e permette di trattare in modo semplice la variazione, rispetto alla latitudine, delleetto della rotazione terrestre sui moti. Inne utilizzando la stabilit` a idrostatica, che permette di esprimere lapprossimazione idrostatica in termini di temperatura potenziale, e lapprossimazione piano , abbiamo potuto denire la vorticit` a potenziale Q = 0 + y + che soddisfa la seguente equazione: D0 Dt 0 + y + 1 s 0 s z S = 1 s H . s z S (1.119) 1 s 0 s z S

1.8 Conclusione

39

detta equazione quasi-geostroca, che riduce il sistema iniziale ad una sola equazione, dalla cui soluzione ` e possibile calcolare tutte le altre variabili. Abbiamo poi scelto di derivare le equazioni per il modello a due strati omogenei. In questo caso, lipotesi di omogeneit` a del uido rende le variabili adimensionali indipendenti dalla coordinata spaziale z . Da questa condizione ` e possibile denire le equazioni di vento termico p0 p0 0 1 2 = 2 y y y 0 0 0 p p 0 0 = 1 2 = 2. v1 v2 x x x
0 u0 2 u1 =

che legano la variazione orizzontale dello spessore dello strato, i i = 1, 2, alla dierenza verticale delle componenti del campo di velocit a orizzontale tra i due strati. Inne riscrivendo la vorticit a potenziale per ogni strato in termini della variabile funzione di corrente Q1 = 1 + y + F1 (2 1 ) Q2 = 2 + y + F2 (1 2 ) le equazioni quasi-geostroche per i due strati, scritte in forma quasi lineare, con approssimazione piano sono Q1 1 Q1 1 Q1 + =0 t x y x y (1.120) Q2 2 Q2 2 Q2 + = r2 t x y x y 2 2 + x2 y 2
2 2

dove il termine destro non nullo nella (1.120) indica lattrito con la supercie inferiore a contatto con lo strato sottostante del uido.

Capitolo 2 Metodi numerici per i ussi quasi-geostroci


Nel capitolo precedente abbiamo derivato le equazioni adimensionali quasigeostroche su un piano per il modello a due strati (1.120), che costituiscono un sistema di equazioni alle derivate parziali non lineari per il bilancio della vorticit` a potenziale dei due strati. La non linearit a di queste equazioni provoca linterazione tra scale diverse del moto. Ci` o causa lestrema complessit` a del calcolo della soluzione per via analitica e rende necessario farlo per via numerica. Partendo da un breve richiamo sui metodi di approssimazione numerica per problemi dierenziali, in questo capitolo presentiamo i metodi numerici alle dierenze nite scelti per risolvere le equazioni (1.120), descrivendo i principali vantaggi e svantaggi di questi schemi. In particolare vengono messi a confronto lo Jacobiano di Arakawa e gli schemi al controllo delle oscillazioni (TVD), che approssimano il termine di convezione nelle (1.120), dove sono presenti i termini non lineari. Lo Jacobiano di Arakawa, ` e tradizionalmente usato per risolvere le equazioni dei moti atmosferici e la sua costruzione ` e mirata alla conservazione di alcune propriet` a del problema analitico, direttamente connesse al trasferimento (non lineare) dellenergia cinetica e dellenstroa tra diverse scale del moto.

40

2.1 Risoluzione numerica di EDP

41

Gli schemi TVD, appartengono ai metodi ad alta risoluzione per problemi di conservazione iperbolici. In questa tesi siamo interessati a fare dei primi confronti tra questi due metodi, che vedremo sono strutturalmente molto diversi, e a comprendere se ` e possibile utilizzare questi secondi nei contesti atmosferici.

2.1

Risoluzione numerica di EDP

Prendiamo una generica equazione alle derivate parziali P (u, g ) di ordine q N, denita da una funzione F : ( Rn ) R R F (u, Du, ..., Dq u, g, x, t) = 0 (2.1)

nellincognita u = u(x, t), di variabili x su un aperto Rn e t R, dipendente da un dato g = g (x, t) sucientemente regolare. Si dice che u ` e soluzione o integrale particolare di (2.1) se u C q (, R) e soddisfa identicamente lequazione nellinsieme R. Linsieme di tutte le soluzioni particolari di (2.1) ` e detto integrale generale. Non sempre ` e possibile dimostrare lesistenza e lunicit` a della soluzione di (2.1) e tanto meno, disporre di una soluzione analitica, per questo motivo si passa alla risoluzione del problema dierenziale attraverso il calcolo numerico. Si costruisce un nuovo funzionale discreto PN (uN , gN ), basato su schemi numerici di integrazione il pi u possibili fedeli alla natura della (2.1), che produca una soluzione approssimata uN della soluzione particolare u dipendente dal dato gN , commettendo un errore |u uN |1 Misurato in qualche norma | | opportuna. controllabile da stime a priori. Quello che viene dunque richiesto ad uno schema numerico ` e di essere convergente, secondo la seguente denizione: Denizione 2.1.1. Convergenza: Una soluzione approssimata uN converge, in una norma opportuna , alla soluzione analitica u se N , (2.2)

u uN 0
1

2.1 Risoluzione numerica di EDP

42

dove N indica la dimensione (nita) del problema approssimato. Pi u in particolare se e solo se > 0 , N0 ( ) > 0, = (N0 ( )) >= 0 : N > N0 , gN t.c g gN mentregli u uN . Uno schema numerico si dice convergente di ordine p se |P (u, g ) P (uN , gN )| = O 1 N
p

(2.3)

Lordine di convergenza indica la velocit` a con cui la soluzione approssimata, uN , tende alla soluzione vera, u. Uno schema numerico di integrazione deve quindi soddisfare alcuni criteri fondamentali per garantire la convergenza. Le prime propriet` a necessarie sono Denizione 2.1.2. consistenza e stabilit` a: Un metodo numerico ` e detto consistente se inserendo la soluzione analitica u, rispetto al dato g , nelloperatore PN PN (u, g ) 0 N . (2.4)

Si dice invece stabile rispetto a piccole perturbazioni dei dati se > 0, ( ) : uN < g t.c. g < N

essendo uN + N la soluzione del problema perturbato PN (uN + un , gN + gN ) = 0. Nei problemi lineari queste due propriet` a sono condizione necessaria e suciente per la convergenza di uno schema numerico (teorema di equivalenza di Lax-Richtmeyer ); nei problemi non lineari, come lo sono tipicamente quelli di uidodinamica, consistenza e stabilit` a non sono sucienti a garantire che la soluzione numerica converga alla soluzione reale. Tipicamente la

2.2 Un esempio di trasferimento non lineare denergia

43

principale dicolt` a` e gestire in modo appropriopriato linterazione tra scale diverse, legata proprio alla non linearit` a delle equazioni. Quindi diventa necessario individuare altre propriet` a derivanti del modello matematico, come la conservazione di certe quantit` a siche (e.g., enegia cinetica, lenstroa, etc.), che lo schema deve soddisfare. Nel caso di problemi di uidodinamica geosica, linterazione tra scale, ` e stato analizzato per la prima volta da Phillips [9]. Durante simulazioni per tempi molto lunghi per un problema di conservazione della vorticit` a, ` e stato osservato che lenergia cinetica della soluzione numerica divergeva; fatto che non riusciva ad essere frenato cambiando risoluzione n` e diminuendo il passo temporale, che erano solo in grado di posticipare il processo di crescita. Prendendo proprio spunto dal suo lavoro, nella prossima sezione presentiamo unesempio di come avviene linterazione non lineare tra diverse scale del modo e il conseguente trasferimento di energia cinetica.

2.2

Un esempio di trasferimento non lineare denergia

Per ssare le idee prendiamo unequazione del trasporto 1D non lineare: u(x, t) u(x, t) = u(x, t) t x (x, t) R R+ (2.5)

e imponiamo che la soluzione sia unonda monocromatica della forma u(x, t) = sin(kx)f (t) con f almeno C 1 (R). Inserendo la (2.6) nella (2.5) otteniamo k k sin(kx) cos(kx) f 2 (t) = sin(2kx)f 2 (t) 2 quindi il dato (2.6) con frequenza scale pi` u grandi. (2.7) (2.6)

` e in grado di generare una nuova onda 2k con una lunghezza donda dimezzata, che evolver` a nel tempo alimentata dalle

2.2 Un esempio di trasferimento non lineare denergia

44

Analogamente, per un uido che soddisfa le equazioni di Navier-Stokes, nel procedere dellevoluzione temporale lenergia viene trasferita verso frequenze sempre pi u alte; no a giungere alla scala dissipativa (scala di Kolmogorov ), in cui lenergia cinetica dissipata viene convertita in calore. Se lequazione (2.5), che ` e una semplicazione delle equazioni di NavierStokes private della dissipazione, viene risolta in un dominio discreto possono essere generate frequenze troppo alte da essere trattate dalla risoluzione scelta e quindi lo schema numerico non ` e in grado di risolverle. In altre parole quando una nuova lunghezza donda, generata dallinterazione tra onde con frequenze pi u basse, ` e minore della lunghezza compresa tra due intervalli di griglia, lenergia trasferita alle scale pi` u piccole si accumula sulle ultime scale visibili dalla risoluzione adottata, provocandone la crescita non sica. Abbiamo quindi una profonda dierenza tra lo spettro del modello analitico e quello del modello numerico: il primo ` e denito su un dominio continuo, che ammette uno spettro innito di soluzioni; mentre il secondo ` e denito nel discreto e il suo spettro ` e limitato dalle ultime frequenze visibili, dette frequenze di Nyquist, denite dalla dimensione nita del dominio. Phillips [9] studia questo meccanismo nel caso dellequazione non lineare 2D per la vorticit` a di un uido incomprimibile non viscoso, + u = 0 t (2.8)

e derivato dal gradiente ortogonale di in cui il velocit` a u a divergenza nulla ` una funzione di corrente u = . (2.9)

Inoltre la vorticit` a` e denita come , da cui la non linearit` a della (2.8). Questequazione costituisce il caso pi u semplice, non lineare, applicabile nello studio dell atmosfera. Phillips introduce il problema per una generica funzione di corrente del tipo
J/2 K 1

=
l=0 m1

aml cos

2jl 2jl mk + bjm sin sin , J J K

(2.10)

2.2 Un esempio di trasferimento non lineare denergia

45

somma di armoniche doppiamente periodiche, in un dominio spazio-temporale limitato D = [0, L] [0, L] [0, T ], discretizzato rispetto ad un passo spaziale e temporale, x e t; per cui le variabili x, y, t in una griglia rettangolare, sono x = j x y = k x t = t j = 0, ..., J 1 k = 0, ..., K = 0, ..., T. (2.11)

Per approssimare le derivate prime temporali e spaziali, viene utilizzata la formula delle dierenza nite centrate, che, ricordiamo, per una generica funzione f = f (x) nel punto x = j x, si scrive d fj fj +1 fj 1 ; dx 2x (2.12)

mentre per approssimare loperatore laplaciano 2 f di una funzione a due variabili f = f (x, y ), nel punto (x, y ) = (j x, k x), utilizza la discretizzazione a cinque punti 2 f fj +1,k + fj 1,k + fj,k+1 + fj,k1 4fj,k . x2 (2.13)

Entrambe queste approssimazioni sono del secondo ordine daccuratezza [11], [4]. Senza perdere di generalit` a, Phillips analizza dettagliatamente il caso di una della forma = 1 + 2 (2.14)

somma di due modi 1 e 2 di frequenze, rispettivamente, (l1 , m1 ) e (l2 , m2 ). In questo caso valgono
2 1 = (l1 + m2 1 )1 2 2 = (l2 + m2 2 )2 .

(2.15)

2 2 2 2 2 da cui, ponendo k1 = L2 1 + m1 e k2 = l2 + m2 otteniamo 2 2 J (, ) = J (k1 1 k2 2 , 1 + 2 ) 2 2 2 2 = k1 J (1 , 1 ) k1 J (1 , 2 ) k2 J (2 , 1 ) k1 J (2 , 2 ).

(2.16)

Poich` e loperatore J (, ) soddisfa J (p, p) = 0 e J (p, q ) = J (q, p)

2.2 Un esempio di trasferimento non lineare denergia

46

la (2.16) diventa
2 2 )J (1 , 2 ) k1 J (, ) = (k2

mentre la (2.8) 2 2 = (k2 k1 )J (1 , 2 ). t (2.17)

Quindi inserendo la (2.14) nellequazione (2.8), la non linearit` a provoca linterazione tra i modi 1 e 2 e la variazione nel tempo di altre quattro frequenze (l1 + l2 , m1 + m2 ), (l1 + l2 , m1 m2 ), (l1 l2 , m1 + m2 ), (l1 l2 , m1 m2 ), (2.18) quindi il trasferimento di energia in altri punti dello spettro della soluzione, sia verso le alte che verso le basse frequenze, variando la distribuzione di energia inizialmente fornita da . Vediamo nel dettaglio quanto detto con un esempio. Deniamo i casi 1 = C cos j + sin j sin 2k 2 2 3 2 = U cos i sin 2k 3 (2.19 a) (2.19) (2.19 b).

In questo caso l1 = J/4, m1 = 2/3K , l2 = J/2, e m2 = 2/3K , da cui J l1 + l2 = 34 =JJ = J l1 4 l l =l 1 2 1 (2.20) 4K 2K m + m = = K = K m 1 2 1 3 3 m1 m2 = 0 Utilizzando le formule (2.12) e (2.13) si ottiene dalla (2.17) unequazione per i,j j,k = t con D =
3 10x2

3U 10x2

C cos

j j 2k + sin sin = D1i,j . 2 2 3

(2.21)

U C . Discretizzando anche la derivata temporale con lo

schema centrato (2.12), deriviamo le seguenti equazioni temporali non lineari

2.2 Un esempio di trasferimento non lineare denergia

47

per i coecienti di amplicazione, U e C , di 1 e 2 C +1 C 1 = U C U +1 U 1 = 0

(2.22)

3U t . 5x2

La seconda ci dice che la U assume un valore costante A (B ), se ` e pari (dispari); la seconda ci dice che, se U > 0 allora (2.19-a) e (2.21) sono in fase, lampiezza di 1 cresce esponenzialmente con il tempo, tende quindi a divergere. La crescita di 1 , dovuta alla bassa risoluzione della griglia spaziale, ` e quindi di natura computazione. In seguito Richtmeyer [11] ha mostrato, nel caso di un problema iperbolico monodimensionale, come il (2.5), che la crescita non sica appena descritta non pu` o essere frenata dalla diminuzione del passo temporale, contrariamente al caso di una instabilit` a numerica di tipo lineare. Tornando alla questione della risoluzione delle equazioni quasi-geostroche, per impostare correttamente il problema, lo schema alle dierenze nite per lapprossimazione del modello necessita lutilizzo di metodi che riproducano leetto della dissipazione dellenergia che, nel caso discreto, si accumula sulle ultime piccole scale visibili dalla risoluzione adottata; tipicamente, viene introdotto un nuovo termine nelle equzioni che operi come una dissipazione numerica, ltrando appunto le frequenze pi u alte. Adottando questa strategia, Phillips [10], mostra gli eetti2 nel caso del modello geostroco a due strati su un piano .

Figura 2. tempo [10].

Energia cinetica in funzione del La linea continua indica len-

ergia senza ltraggio delle piccole scale, che mostra una crescita incontrollata. La linea tratteggiata rappresenta lenergia ltrara. Un altro modo di operare ` e quello di riscrivere la discretizzazione del ter2

Vedi Figura 2.

2.3 Trattamento del termine di convezione

48

mine di convezione, costruendo uno schema che soddis particolari propriet` a presenti nella soluzione del modello analitico; vedremo lesempio di Arakawa nella prossima sezione.

2.3

Trattamento del termine di convezione

In questa sezione presentiamo due modi dierenti di discretizzare il termine di convezione dellequazione per la vorticit` a (2.8), lo Jacobiano di Arakawa e gli schemi al controllo di oscillazioni (TVD), descrivendo i principali vantaggi e svantaggi di entrambi in semplici casi di trasporto non lineare, per poi riadattarli al caso di ussi geostroci.

2.3.1

Lapproccio di Arakawa

Seguendo la linea adottata da Arakawa [1], deniamo loperatore differenziale, Jacobiano, J = J (p, q ), per due generiche funzioni p = p(x, y ) e q = q (x, y ) almeno C 1 , denito come J (p, q ) = p q p q x y y x (2.23)

dove x, y sono le coordinate in un riferimento Cartesiano. Sia R2 un dominio semplicemente connesso con bordo la curva . Supponiamo che che le funzioni p e q siano nulle lungo . Allora valgono3 le seguenti medie integrali4 J (p, q ) = 0 pJ (p, q ) = 0 qJ (p, q ) = 0. (2.24)

Riprendiamo lequazione per la vorticit` a di un uido incomprimibile, studiata da Phillips, nel dominio + u = 0 (x, y ) t =0 (x, y )
3 4

(2.25)

Segue direttamente integrando per parti. 1 Dove f = | e la media sul dominio del piano. | f dxdy `

2.3 Trattamento del termine di convezione

49

Ponendo p = e q = , possiamo riscrivere il termine convettivo della (2.25), in termini di Jacobiano,5 nel modo seguente u = = J (, ). x y y x (2.26)

Da cui segue direttamente da (2.24) che il moto, che soddisfa lequazione (2.25), conserva nel tempo
la vorticit` a media ; lenergia cinetica media u2 /2 = ( )2 /2 la vorticit` a quadratica media (enstroa) 2 /2 = (2 )2 /2.

Infatti, riscrivendo lo Jacobiano per e in termini di usso, utilizzando u = 0, otteniamo (u ) = ( u) u = J (, ) da cui segue, integrando la (2.25) su tutto = t J (, )

= 0; t

portando la derivazione temporale fuori dal segno dintegrale otteniamo = 0. t Analogamente si ottiene, osservando che J (, ) = (u 2 /2) dai cui

(2.27)

= t

2 /2 = t

J (, )

2 /2 = 0; t

e quindi 2 /2 = 0. t
5

(2.28)

Ricordando che u =

2.3 Trattamento del termine di convezione

50

Allo stesso modo, si ottiene la conservazione denergia cinetica t 1 2 = u /2 = 0. 2 t

La conservazione di queste quantit` a implica anche un vincolo sullo spettro dellenergia della soluzione. Sviluppiamo la in serie di Fourier rispetto ad una base ortogonale trigonometrica di funzioni = n =
n

n =

n eikn x

x D = [0, 2 ] [0, 2 ] (2.29)

1 (2 )2

eikn x dx.

per cui le armoniche, n , dello sviluppo, soddisfano


2 2 n + kn n = 0.

(2.30)

Lenergia cinetica media e lenstroa per ognuna si scrive 1 Kn (n )2 2 da cui segue che dalla (2.30) che 1 1 2 1 2 2 Vn (2 n )2 = (kn n )2 = kn (n )2 = kn Kn . 2 2 2 Abbiamo quindi che 0= n kn K = t t 0= n Vn V = t t (2.32) 1 Vn (2 n )2 2 (2.31)

dunque il numero donda medio k denito come k2 =


n 2 kn Kn n kn

(2.33)

si conserva nel tempo. La conservazione del numero donda medio implica, [1], che non vi sia trasferimento di energia in una sola direzione (verso le alte o verso le basse frequenze), bens` , data un triade di numeri donda di energia cinetica, rispettivamente, kb (frequenza bassa), km (frequenza media) e ka (frequanza alta), il trasferimento pu` o avvenire secondo i seguenti schemi: ka km kb

2.3 Trattamento del termine di convezione

51

oppure ka km kb . Arakawa, in [1], partendo da queste osservazioni sui vincoli dellequazione (2.30), mette in luce il fatto che la discretizzazione di J con le dierenze nite centrate, utilizzata da Phillips,6 Ji,j = 1 [(i+1,j i1,j ) (i,j +1 i,j 1 ) (i,j +1 i,j 1 ) (i+1,j i1,j )] 4d2 (2.34)

conserva solo la propriet` a di antisimmetria della Jacobiano, ma n` e lenergia cinetica n` e lenstroa. Perci o viene permesso un trasferimento non corretto ed incontrollato di energia verso le piccole scale, che degenera nellinstabilit` a. Decide quindi di riscrivere lapprossimazione alle dierenze nite di J che soddis gli analoghi discreti delle (2.24), cominciando dalla costruzione di tre indipendenti schemi seguenti:
1 Ji,j =

1 [(i+1,j i1,j ) (i,j +1 i,j 1 ) (i,j +1 i,j 1 ) (i+1,j i1,j )] 4d2 (2.35)

che verica J (p, q ) = J (q, p);


2 = Ji,j 1 4d2

[i+1,j (i+1,j +1 i+1,j 1 ) i1,j (i1,j +1 i1,j 1 )

i,j +1 (i+1,j +1 i1,j +1 ) i,j 1 (i+1,j 1 i1,j 1 )] che conserva lenergia cinetica;
3 Ji,j = 1 4d2

(2.36)

[i+1,j +1 (i,j +1 i+1,j ) i1,j 1 (i1,j i,j 1 )

i1,j +1 (i,j +1 i1,j ) i+1,j 1 (i+1,j i,j 1 )]

(2.37)

che conserva lenstroa. Tutte e tre queste discretizzazioni alle dierenze nite delloperatore J soddisfano le prima delle (2.24) e sono tutte del secondo ordine di accuratezza, come mostreremo pi u avanti. Scriviamo ora la generica discretizzazione dello jacobiano data dalla combinazione lineare dei tre Jacobiani appena deniti:
1 2 3 Ji,j = Ji,j + Ji,j + Ji,j

++ =1
6

(2.38)

Su una griglia quadrata di passo d e nodi individuati dalla coppia (i,j).

2.3 Trattamento del termine di convezione

52

Costruendo algebricamente le condizioni anch e tutte le propriet` a indicate nella (2.24), insieme alla J (p, q ) = J (q, p), siano contemporanemente soddisfatte puntualmente,7 otteneniamo le seguenti equazioni per i coecienti della combinazione: 2 + = 1 2 + = 1 =

1 === . 3

(2.39)

La media tra questi tre schemi, detto Jacobiano di Arakawa 1 1 2 3 Ji,j = J + Ji,j + Ji,j (2.40) 3 i,j conserva tutte le (2.24), quindi in particolare lenergia cinetica media e lenstroa, e verica J (p, q ) = J (q, p). Osserviamo che per mantenere la soluzione localmente limitata, sarebbe sufciente la conservazione di almeno una delle due quantit` a; ma le conservazione di entrambe garantisce sia che non vi sia una sistematica cascata di energia verso le scale piccole, analogamente al caso continuo, sia la possibilit` a di mantenere altre propriet` a della soluzione, quali la conservazione dei momenti, primo e secondo, della distribuzione statistica della vorticit` a. Resta inne aperta la questione del trattamento della cascata di enstroa che pure, a causa della limitatezza dello spettro visibile dalla risoluzione, si accumula sulle pi u alte frequenze visibili. Nel caso dellutilizzo dello Jacobiano di Arakawa si tende ad aggiungere alle equazioni del moto un termine dissipativo selettivo, che regoli laccumulo di enstroa, ne vedremo un esempio nel prossimo capitolo. Accuratezza della schema di Arakawa: Espandendo in serie di Taylor la e la e inserendoli nelle (2.35)-(2.37), otteniamo J 1 (, ) = J (, )+ d2 3 3 3 3 + + 3 3 + O(d4 ) 6 x y 3 y x3 x x y y
7

(2.41)

Su ogni nodo (i, j ) della griglia su cui viene calcolato J .

2.3 Trattamento del termine di convezione

53

J 2 (, ) = J (, )+ d2 3 3 3 3 3 + 3 6 x y 3 y x3 x x y y 3 3 2 2 +3 +3 x2 y 2 2 2 x x y y xy + (2.42)
2 xy

+ O(d4 )

J 3 (, ) = J (, )+ d2 3 3 3 3 + 3 3 6 x y 3 y x3 x x y y 3 3 2 2 2 +3 + O(d4 ) + +3 x2 y 2 xy 3 3 x y y x + (2.43)

da cui facendo la media otteniamo, indicando lapprossimazione (2.40) con JA , che JA (, ) = J (, )+ d2 3 3 3 3 + 3 3 6 x y 3 y x3 x x y y 3 3 2 2 2 + + ++ x2 y 2 xy 2 2 x x y y xy 3 3 2 2 2 + ++ + O(d4 ) x2 y 2 xy 3 3 x y y x +

(2.44)

quindi ` e uno schema al secondo ordine. Osserviamo che nei problemi in cui la funzione di corrente induca un campo di velocit` a omogeneo, come ad esempio (u=a,v=0), le tre discretizzazioni si riducono alle seguenti forme
1 Ji,j = 2 Ji,j =

a [i+1,j i1,j ] 2d a [i+1,j i1,j ] 2d

(2.45) (2.46) (2.47)

a 3 Ji,j = [i+1,j +1 i1,j 1 + i1,j +1 i+1,j 1 ] 2 2d

2.3 Trattamento del termine di convezione

54

cio` e somma di derivate alle dierenze nite centrate. Quindi nei problemi in cui la non linearit` a non sia dominante, lo schema di Arakawa non mostra particolari vantaggi rispetto ad altri schemi dello stesso ordine. Come tale, resta di fatto un metodo soggetto ad un alto tasso di dispersione, particolarmente visibile nei casi di trasporto lineare. Ne daremo dimostrazione nelle prossime sezioni confrontandolo con altri schemi al controllo di oscillazioni. Integrazione Temporale: Per mantenere il secondo ordine anche nel tempo scegliamo come schema di integrazione temporale il Leap-Frog:
n+1 n1 i,j = i,j + 2 dt Ji,j ( n , n )

(2.48)

che ad ogni iterazione utilizza le informazioni dei due step precenti. Purtroppo questo schema ` e instabile per lunghe integrazioni temporali, quindi deve essere alternato con uno schema incondizionatamente stabile. Tipicamente per la risoluzione delle equazioni della dinamica atmosferica viene scelta la cambinazione Leap-Frog-Matzuno. Il Matzuno, per risolvere lequazione dierenziale dq = f (q ) dt al tempo n + 1 utilizza una fase intermedia
int qi,j = q n + t f (q n )

(2.49)

che poi utilizza insieme alla soluzione al tempo n q n+1 = q n + t f (q int ). (2.50)

Il Matzuno ` e uno schema del primo ordine, quindi la combinazione con il Leap-Frog costituisce un ordine intermedio tra il primo e il secondo.

2.3.2

Lapproccio TVD

Gli schemi TVD nascono nel contesto dei metodi ad alta risoluzione per leggi di conservazione non lineari della forma q + f (q ) = 0, t q = q (x, t), x Rn t>0 (2.51)

2.3 Trattamento del termine di convezione

55

in cui viene richiesto che lo schema produca una soluzione approssimata con un buon ordine di accuratezza ( 2), senza produrre oscillazioni computazionali in presenza di discontinuit` a o forti gradienti della soluzione reale. In questo contesto per dimostare la convergenza del metodo, oltre alla consistenza, viene richiesto che lo schema numerico sia a variazione totale limitata. Denizione 2.3.1. Si denisce variazione totale di una soluzione un , al tempo n + 1, la quantit` a T V (un+1 ) =
j +1 n+1 un . j +1 uj

(2.52)

Uno schema a Variazione Totale Limitata (TVD) ` e tale che T V (un+1 ) T V (un ). (2.53)

La principale conseguenza della propriet` a (2.53) ` e che uno schema TVD conserva la monotonicit` a della soluzione ([3],[4]), ossia
n+1 un un max min uj n un min = min uj j

j (2.54)
j

n un max = max uj .

Dunque uno schema monotono ` e tale che ad ogni iterazione temporale


nessun nuovo punto di massimo (minimo) viene generato; i punti di massimo (minimo) presistenti al tempo k , non vengono

amplicati al tempo k + 1; In altre parole uno schema monotono, e quindi TVD, non produce oscillazioni di tipo computazionale. Teorema 2.3.2. Godunov Uno schema monotono per il problema (2.56) ` e necessariamente del primo ordine [17]. Equivalentemente il teorema pu o essere letto dicendo che uno schema al secondo ordine (o pi u) produce necessariamente delle oscillazioni spurie,

2.3 Trattamento del termine di convezione

56

tipicamente in presenza di discontinuit` a o forti gradienti della soluzione reale. Un modo per ovviare alla necessita di disporre di schemi numerici ad alta risoluzione ` e quello di ricorrere allutilizzo di metodi ibridi, che forniscano le prestazioni degli schemi del secondo ordine (tipo Lax Wendro o Beam-Warming) in presenza di suciente regolarit` a e dei metodi monotoni (tipo Upwind) in presenza di condizioni critiche, tramite unopportuna combinazione di questi. Uno schema TVD viene dunque costruito in modo tale che la derivata spaziale della quantit` a q venga approssimata da un variazione numerica N della forma N = L + H (2.55)

dove L rappresenta uno schema monotono (Lower) di approssimazione della derivata e H ` e uno schema del secondo ordine (Higher). La funzione ` e detta limitatore 8 e regola linuenza, di uno o dellaltro schema, in base alla regolarit` a de` alla soluzione. Per ssare le idee mostriamo un metodo TVD nel caso di un problema di trasporto lineare monodimensionale, per poi adattarlo al caso, pi u vicino al nostro interesse, del trasporto non lineare bidimensionale. A questa tipologia di problemi appartengono le equazioni di conservazione di una quantit` a q trasportata da un campo di velocit` a a = cost, della forma q q +a =0 t x x R, t > 0 (2.56)

Scegliamo come schemi numerici,del primo e del secondo ordine, rispettivamente


n+1 n qj = qj ak h n n qj qj 1

(Up-Wind)
a2 k2 h2 n n n qj +1 2qj + qj 1

n+1 n qj = qj

k 2h

n n qj +1 qj 1 +

(Lax-Wendro) (2.57)

Van Leer [18].

2.3 Trattamento del termine di convezione

57

dove h ` e il passo spaziale e k ` e quello temporale. Lapprossimazione TVD del termine di trasporto ottenuto con questi due schemi ` e 1 h n n n a qj + 1 qj (2.58) +1 qj (rj ) 2 k dove rj misura la regolarit` a della nel punto j con rapporto tra gradienti successivi, qi qi1 . (2.59) qi+1 qi cosicch` e nel caso in cui rj 1, la soluzione tende ad essere pi u regolare. ri = Propriet` a del Limitatore: Innanzi tutto imponiamo che tale funzione sia nulla in corrispondenza di valori negativi di rj , in tal caso possiamo infatti presupporre la presenza di una discontinuit` a. Inoltre se r (r) 2r, 1 (r) r, (r ) = 1 (r) 2, (1) = 1 (0 r 1) (1 r 2) (r > 2) (2.60) la risulta essere limitata, Lipschtziana e continua in r = 1, che garantiscono la consistenza e il secondo ordine di accuratezza di uno schema TVD9 . I limitatori utilizzati per i test di questa tesi sono MC: mc (r) = Fromm: r+1 (2.62) 2 Questultimo ` e un limitatore bloccato perch e fornisce sempre la media tra lo F romm = schema Lax-Wendro e lo schema Beam-Warming k k2 n n+1 n n n n n n qj = qj 3qj 4qj 1 + qj 2 + 2 (qj 2qj 1 + qj 2 ). 2h 2h
9

max [0, min (2r, 0.5(1 + r), 2)] ; limr mc (r) = 2.

(2.61)

(2.63)

[6], [4] e [16].

2.3 Trattamento del termine di convezione

58

Osserviamo che si ottiene un risultato equivalente a quello ottenuto con il usso numerici (2.58) operando nel modo seguente: scegliamo come approssimazione per la (2.56)
n+1 n qj = qj a

h n+1/2 n+1/2 q qj 1/2 . k j +1/2

(2.64)

I termini ai tempi intermedi si calcolano mimando un sviluppo di Taylor discreto qj +1/2 =


n+1/2 n +k qj (q n ) + h (q n ) 2 t j 2 x j

a>0 a<0

k h n n n qj +1 + 2 t (qj +1 ) 2 x (qj +1 )

(2.65)

n n dove t (qj ), x (qj ) rappresentano la derivata prima spaziale e temporale

discreta. Direttamente dalla (2.56) segue che


n n t (qj ) = ax (qj )

(2.66)

quindi per ottenere uno schema TVD poniamo


n x (qj )=

1 n n (rj )(qj +1 qj ) h

(2.67)

Passiamo ad un problema di trasporto non lineare bidimensionale di una quantit` a q = q (x, y, t), con un campo di velocit` a u = (u, v ) a divergenza nulla dipendente dalla soluzione,
q t

+ (uq ) =

q t

+ u q = 0

u=0

(2.68)

Procendo analogamente a (2.69) scriviamo lapprossimazione numerica di (2.68)


n+1 n qi,j = qj u

h n+1/2 h n+1/2 n+1/2 n+1/2 qi+1/2,j qi1/2,j v qi,j +1/2 qi,i1/2 . k k

(2.69)

ponendo qi,j +1/2 =


n+1/2 n (q n ) + h (q n ) qi,j +k 2 t i,j 2 x i,j n vi,j >0 n vi,j <0

k h n n n qi,j +1 + 2 t (qi,j +1 ) 2 x (qi,j +1 )

(2.70) qi,j 1/2 =


n+1/2 k h n n n qi,j 1 + 2 t (qi,j 1 ) + 2 x (qi,j 1 ) n (q n ) h (q n ) qi,j +k 2 t i,j 2 x i,j n vi,j 1 > 0 n vi,j 1 < 0

2.4 Test preliminari per il trasporto lineare


n+1/2 n+1/2

59

gli altri termini, qi+1/2,j e qi1/2,j , si ottengono in modo del tutto analogo utilizzando il controllo sul segno della componente di velocit` a u(i, j ) e u(i 1, j ), rispettivamente. In questo caso
n n n t (qi,j ) = ux (qi,j ) vy (qi,j )

1 n n n (ri )(qi x (qi,j )= h +1,j qi,j )

(2.71)

1 n n n )= h y (qi,j (rj )(qi,j +1 qi,j )

2.4

Test preliminari per il trasporto lineare

Prima di arontare direttamente limplementazione numerica delle equazioni geostroche ` e stato utile eettuare dei test preliminari per conoscere pi u da vicino le caratteristiche degli schemi. In questa sezione mostreremo alcuni test signicativi per gli schemi Arakawa, TVD-MC e Fromm, di risoluzione di semplici equazioni di trasporto lineari bidimensionale della forma
q t

+ u q = 0,

q = q (x, y, t), (x, y ) R2 . t > 0

u=0 con i seguenti dati iniziali Gaussiana: 1) q (x, y, 0) = e( 0.01 )[(x0.5)


1 2 +(y 0.5)2

(2.72)

(x, y ) [0, 1] [0, 1]

(2.73)

Parallelepipedo: 2) q (x, y, 0) = 1 0 (x, y ) = [0.5, 0.5] [0.5, 0, 5] (x, y ) [1, 1] [1, 1] (2.74)

Questa particolare scelta per le condizioni iniziali, una C (Gaussiana) e una discontinua (parallelepipedo), ci permette di mettere in risalto le qualit` a di uno schema TVD al secondo ordine, rispetto ad altri dello stesso ordine

2.4 Test preliminari per il trasporto lineare

60

di accuratezza, nel caso di dati non regolari; allo stesso tempo siamo interessati a vedere se eettivamente ci sono delle dierenze apprezzabili tra lo Jabobiano di Arakawa ed uno schema al controllo di oscillazioni nel caso di buona regolarit` a della soluzione. I campi di velcit` a a divergenza nulla sono di due tipi Omogenei: 1) u = u=1 v=0 e 2) u = u=1 v=1 (2.75)

Rotante con velocit` a angolare costante = 0.5: 3) u = u = y v=x (2.76)

Nel caso dello schema di Arakawa, che utilizza il gradiente ortogonale della funzione di corrente, vengono fornite le seguenti funzione per i tre casi: 1) = x 2) = x + y 3) = 0.5 (x2 + y 2 ) In ogni test vengono indicati in una tabella il tempo nale della simulazione (T), il numero di nodi della griglia quadrata omogenea (N ) lungo una direzione, la condizione CFL e le norme discrete L , L1 , L2 di ogni schema rispetto alla soluzione esatta. Solo nel primo test, (u=1, v=0), che possiamo considerare come un caso monodimensionale, confrontiamo i tre schemi anche con Lax-Wendro e Beam-Warming, per mettere in risalto il problema di dispersione computazionele, tipico degli schemi al secondo ordine, sia per mostrare il fatto che Fromm sia la media tra i due. Ma essendo fuori da nostri interessi non li aronteremo pi u in seguito. (2.77)

2.4 Test preliminari per il trasporto lineare

61

2.4.1
1

Test 1
T N 5 5 5 5 CFL L L1 L2

TVD-MC 5 Arakawa Fromm L-W B-W

32 0.50 32 0.50 32 0.50 32 0.50 32 0.50

7.127184e-002 1.378164e-002 2.302940e-002 1.296772e-001 1.312007e-002 2.443329e-002 3.929675e-001 1.356404e-002 4.318980e-002 1.521791e-001 9.770761e-003 2.708832e-002 4.745639e-001 2.079216e-002 6.799039e-002

Figura 2.1: Trasporto rigido - Velocit` a costante (u=1,v=0) Nei primi quattro quadranti troviamo le soluzioni degli schemi al secondo ordine, nellordine Arakawa, Lax-Wendro, Beam-Warmin, Fromm.Nei riquadri in basso troviamo la soluzione TVD-MC e il dato iniziale (2.73). Dominio di integrazione D = [0, 1] [0, 1]

2.4 Test preliminari per il trasporto lineare

62

2.4.2
2

Test 2
T N 1 1 CFL L L1 L2

TVD-MC 1 Arakawa Fromm

32 0.70 32 0.70 32 0.70

3.862005e-001 7.205480e-002 1.040984e-001 4.606201e-001 8.620586e-002 1.282261e-001 1.533425e-001 2.385687e-002 3.773564e-002

Figura 2.2: Trasporto rigido - Velocit` a costante (u=1,v=1) Nei primi due quadranti troviamo le soluzioni degli schemi Fromm e TVDMC. Nei riquadri in basso troviamo la soluzione con Arakawa e il dato iniziale (2.73).Dominio di integrazione D = [0, 1] [0, 1].

2.4 Test preliminari per il trasporto lineare

63

2.4.3
3

Test 3
T N 1 1 CFL L L1 L2

TVD-MC 1 Arakawa Fromm

32 0.70 32 0.70 32 0.70

8.735606e-001 1.262773e-001 2.051395e-001 9.505457e-001 1.906520e-001 2.609438e-001 6.073212e-001 4.003259e-002 1.069775e-001

Figura 2.3: Trasporto rigido - Velocit` a costante (u=1,v=1) Nei primi due quadranti troviamo le soluzioni degli schemi Fromm e TVDMC. Nei riquadri in basso troviamo la soluzione con Arakawa e il dato iniziale (2.74). Dominio di integrazione D = [0, 1] [0, 1]

2.4 Test preliminari per il trasporto lineare

64

2.4.4
4

Test 4
T N 1 1 CFL L L1 L2

TVD-MC 1 Arakawa Fromm

100 0.70 100 0.70 100 0.70

1.412371e-001 1.036165e-002 1.907223e-002 3.573504e-001 4.721348e-002 8.454410e-002 5.780502e-002 9.971788e-003 1.501776e-002

Figura 2.4: Rotazione con velocit` a angolare costante = 0.5 - Velocit` a (u=-y ,v=x) Nei primi due quadranti troviamo le soluzioni degli schemi Fromm e TVDMC. Nei riquadri in basso troviamo la soluzione con Arakawa e il dato iniziale (2.73). Dominio di integrazione D = [1, 1] [1, 1]

2.4 Test preliminari per il trasporto lineare

65

2.4.5

Prime osservazioni sui test nei casi lineari

Da queste prime semplici simulazioni risultano evidenti le caratteristiche principali degli schemi che vogliamo utilizzare nella risoluzione delle equazioni quasi-geostroche. In particolare lo Jacobiano di Arakawa, come metodo di approssimazione della derivata convettiva, mostra tutti i sintomi di uno schema al secondo ordine e, come tale, sviluppa oscillazioni computazionali evidenti in presenza di discontinuit` a (Test 3) e in presenza di ripidit` a della soluzione (Test 1, Test 2, Test 4), come alla base della Gaussiana, dove una scarsa risoluzione della griglia (N=32) non riesce a seguire la regolarit` a della funzione. La dispersione viene infatti attenuata (Test 4) aumentando il numero di nodi (N=100). Al contrario, lo schema TVD con limitatore MC agisce in modo ecace nel limitare questi fenomeni, ma ha un carattere troppo smorzante nei punti di massimo della Gaussiana (Test 1, Test 2, Test 4), dove tende a squadrare la funzione. In ne possiamo dire che anche nel caso di soluzioni regolari Arakawa mostra un carattere dispersivo, ma bisogna ricordare che ` e uno schema concepito per problemi non lineari, dove altri fattori, come la dissipazione (sica e numerica), giocano un ruolo decisivo nellattenuare questi fenomeni. Ci aspettiamo quindi che nei casi con dinamiche pi u complesse, questa caratteristica, se adeguatamente trattata, non sia troppo rilevante. Al contrario lo schema TVD, proprio a causa della sua tendenza schiacciare la soluzione nei punti di critici, potrebbe risultate un vincolo forte, specie in casi in cui la risoluzione non sia sucientemente alta. In tal caso potrebbe interpretare male, o anche solo rallentare, meccanismi di crescita sica della soluzione stessa.

Capitolo 3 Soluzioni numeriche del problema quasi-geostroco


In questo capitolo descriviamo una serie di simulazioni per il modello quasi-geostroco a due strati omogenei su un piano, limitandoci al caso di due strati con lo stesso spessore. La sorgente di energia, per innescare la dinamica baroclina, ` e la presenza di un gradiente di temperatura meridionale a cui ` e direttamente connessa unenergia potenziale disponibile; in questo modo perturbazioni dello stato di equilibrio (stato base) nei due strati, possono trovare le condizioni per innescare il meccanismo di conversione dellenergia potenziale in energia cinetica, no a raggiungere uno stato di equilibrio di bilancio tra energia e dissipazione. Prima di raggiungere questo stato i processi non lineari, descritti nel capitolo precedente, cominciano a costruire delle strutture vorticose (Figura3.1), via via sempre pi u grandi nch` e, raggiunto lequilibrio, tendono ad avere una scala di grandezza tipica, indipendente dalla dimensione dominio e dal dato inziale. Questa scala tipica ` e una propriet` a intrinseca del problema sico, che deriva direttamente dai parametri del modello ( e ), che selezionano la classe delle soluzioni. In particolare verr` a mostrato come la dimensione del dominio, anche in relazione alla risoluzione spaziale scelta, legata al numero di Raggi di deformazione di Rossby contenuti in esso, sia determinante per poter innescare i

66

3.1 Dal modello sico al modello numerico

67

Figura 3.1: Sezione orizzontale della perturbazione della vorticit` a potenziale nello strato superiore (Strato 1) e inferiore (strato 2) allo stato di equilibrio. meccanismi baroclini di nostro interesse. Infatti questo parametro ` e un indicatore di scala, perch e misura linuenza della vorticit` a planetaria sul moto, responsabile della natura vorticosa dei moti. Prima di presentare le simulazioni per la risoluzione delle equazioni del moto (1.117), verranno indicati alcuni dettagli dellimplementazione numerica e deniti gli osservabili sici dinteresse. In ne verranno riportate le tabelle relative ai dati ottenuti da una serie le simulazioni con lo schema di Arakawa, da cui verranno selezionati quelli pi u signicativi per trarre le conclusioni nali relative al confronto con gli altri schemi, TVD e Fromm.

3.1

Dal modello sico al modello numerico

Riprendiamo il sistema di equzioni del moto (1.117): Q1 1 Q1 1 Q1 + =0 t x y x y Q2 2 Q2 2 Q2 + = r2 t x y x y

2 2 2 2 + x2 y 2

(3.1) .

dove gli indici 1 e 2 indicano lo strato superiore ed inferiore, rispettivamente. Ricordiamo che, in ogni strato, la vorticit a potenziale Qi e il campo di velocit a orizzontale (ui , vi ) sono legati alla funzione di corrente i tramite le relazioni

3.1 Dal modello sico al modello numerico

68

diagnostiche: Q1 = 1 + y + F1 (2 1 ) Q2 = 2 + y + F2 (1 2 ) i (3.2) ui = y i vi = x dove i rappresenta la vorticit` a relativa dello strato i-esimo. I parametri presenti nel sistema (3.2) sono F1 = r2 =
2 L2 f0 0 0 gD1 0 2 1 1/2 Ev D 2D2 2 L2 f0 0 0 gD2 0 2 1

F2 =

dove i e Di , i = 1, 2, sono la densit` a costante e lo spessore dello strato i-esimo, 0 una densit` a di riferimento1 , g la costante gravitazionale, f0 il parametro di Coriolis calcolato ad una media latidutine, Ev il numero di Ekman, L la scala spaziale orizzontale e D lo spessore totale. Queste equazioni aermano che la quantit` a Qi si conserva lungo il moto orizzontale, a meno di eetti di attrito nello strato 2, quello a contatto con la supercie. Questultima agisce sulla vorticit` a relativa 2 , come una dissipazione regolata dal coeciente r2 . Per poter rendere queste equazioni pi u semplici da trattare numericamente, ci limitiamo al caso di due strati che hanno uguale spessore D1 = D2 = H in assenza di moto; per cui F1 = F2 = r2 = F 2
1/2 2 2 0 = L f0 con F 0 gH/2 2 0 1

Ev

(D1 + D2 ) 2D2

Ev

1/2

In questo rapporto riconosciamo


2 f0 1 = 2 gH/2 R

R = Raggio di deformazione di Rossby.

(3.3)

Assumiamo poi di essere nel caso particolare di in cui sia presente un gradiente di temperatura orizzontale, mediato temporalmente, diretto nord-sud.
1

Tipicamente la media tra i due strati.

3.1 Dal modello sico al modello numerico

69

Questultima condizione equivale ad imporre che il vento orizzonale sia, in media temporale, zonale e verticalmente uniforme in ogni strato. Inoltre conniamo la velocit` a zonale media U nello strato superiore. Assumiamo poi che le funzioni di corrente dei due strati siano la somma di uno stato medio pi` u una piccola perturbazione, i.e., 1 (x, y, t) = y + 1 (x, y, t) 2 (x, y, t) = 2 (x, y, t). (3.4)

dove la variabile i , i = 1, 2, ` e la deviazione della funzione di corrente, di ogni strato, rispetto alla sua media temporale. Questa particolare scelta implica che i campi di velocit` a orizzontali dello stato medio per i due strati sono rispettivamente 1 = u1 = 1 y 1 = v1 = 0 x 2 = u2 = 0 y 2 = v2 = 0 x

(3.5)

Quindi lo stato medio del livello inferiore ` e in assenza di moto; mentre lo stato medio del livello superiore ` e caratterizzato da un vento zonale omogeneo. Il signicato sico di questa particolare scelta ` e legato allequazione di vento termico (1.95), che, ricordiamo, mette in relazione il gradiente verticale del campo di velocit` a con il gradiente orizzontale della densit` a e quindi2 della temperatura potenziale. Perci` o stiamo proprio assumendo che esista un gradiente di temperatura medio uniforme, diretto nord-sud. Inseriamo le (3.4) nelle (3.2) ed otteniamo che
F (2 2 Q2 = 2 + y + F (1 2 1 1 (u1 , v1 ) = (1 y , x ) 2 2 (u2 , v2 ) = ( , x ) y

Q1 = 1 + y +

1 + y ) y 2 ) (3.6)

Deamo come unit` a di misura del sistema il rapporto


2 0 L2 L2 f0 F = = 2 0 gH/2 0 R 2 1
2

(3.7)

Grazie alla denizione di stabilit` a idrostatica.

3.1 Dal modello sico al modello numerico

70

rispetto al quale vogliamo riscalare le equazioni. In questo modo, indicando con la perturbazione della vorticit` a potenziale le variabili q1 = 1 + y + 1 (2 1 ) 2
1 (1 2 ) . q2 = 2 + y + 2

(3.8)

, scritte nelle variabili i e qi , divenle equazioni (3.1), riscalate rispetto a F tano q1 1 q1 1 q1 q1 + 1/2) 1 + = ( t x y y x x x q2 2 q2 2 q2 2 2 2 2 1/2) 2 . + = ( + 2 2 t x y y x x y x

(3.9)

= /F e = r2 /F , sono associati direttamente I parametri adimensionali al problema sico che vogliamo studiare perch e caratterizzano le soluzioni del modello; rappresentano, rispettivamente, la misura adimensionale del gradiente della vorticit` a planetaria e la parametrizzazione dellattrito con la supercie a contatto con lo strato inferiore. q1 Osserviamo poi che termine , presente a destra dellequazione per lo x strato 1, deriva dalla presenza del gradiente di temperatura, ed assume il ruolo di forzante della perturbazione della vorticit` a potenziale. Deniamo i seguenti operatori dierenziali J (i , qi ) = i qi i qi qi qi =u +v x y y x x y (Jacobiano orizzontale)

i =

2 i 2 i + x2 y 2

(Laplaciano orizzontale)

G1 =

q1 + 1/2) 1 ( x x

(F orzante Strato 1)

1/2) 2 G2 = ( x

(F orzante Strato 2) (3.10)

che rappresentano la parte convettiva, dissipativa e forzante delle equazioni, rispettivamente, grazie ai quali possiamo riscrive in modo compatto le equazioni

3.2 Gli osservabili del sistema

71

quasi geostroche per il modello a due strati come q1 + J (1 , q1 ) = G1 t q2 + J (2 , q2 ) = 2 + G2 . t

(3.11)

Il sistema scritto come nelle (3.11) risulta particolarmente adatto alla trattezione numerica perch e permette di calcolare ed eventualmente modicare gli operatori dierenziali, una volta note le variabili, in modo indipendente gli uni dagli altri, lasciando inalterata la struttura delle equazioni.

3.2

Gli osservabili del sistema

Nei test eettuati abbiamo utilizzato variabili doppio-periodiche su un dominio dintegrazione limitato del piano. Durante il corso dellintegrazione numerica delle (3.11) siamo interessati ad osservare gli andamenti temporali delle medie globali delle seguenti quantit` a:
Ki 1/2 |2 i | P 1/2
2

- energia cinetica dello strato i-esimo - energia potenziale del sistema

1 +2 2 2

E = 1/2 (K1 + K2 ) + P - energia totale Ebt Ebc


1 2 1 2

1 2 2 1 2 2

- energia barotropica +
1 2 2 2

- energia baclina

dove le parentesi indicano la media globale. In particolare notiamo che lenergia totale media soddisfa E = 1/2 (K1 + K2 ) + P = Ebt + Ebc . (3.12)

3.2 Gli osservabili del sistema

72

Moltiplichiamo le (3.11), rispettivamente per 1 e 2 , sommando e facendone la media globale, ottiamo che 1 t q1 + 2 t q2 + 1 J (q1 , 1 ) + 2 J (q2 , 2 ) =
1 1 1 t 1 + 2 (2 1 ) + 2 t 2 + 2 (1 2 )

(3.13)

t 1/2 [(1 )2 + (2 )2 ] +

2 ) 1/2( 1 2

= t E

avendo utilizzato regole di scambio dellordine di derivazione e condizioni periodiche al bordo. Tenendo conto delle medie globali dei termini destri delle (3.11) otteniamo lequazione per lenergia totale E = t 1 q1 x + /2 (2 2 )2 (3.14)

che ci dice che lenergia totale media del sistema ` e in bilancio con la sorgente
1 1 q x

(legata al gradiente di temperatuta) e lattrito con la supercie a

contatto con lo strato inferiore; lo stato di lequilibrio viene raggiunto quando questi due termini si bilanciano non generando pi u, in media, variazione dellenergia totale nel sistema. In particolare, nel caso dellutilizzo dello schema di Arakawa, entra nel bilancio il termine aggiuntivo della dissipazione dellenstroa, che deniremo nella prossima sezione. Nelle tabelle e nei graci nali sono forniti gli andamenti di tutte le medie sopra denite e il valore medio delle medie globali dellenergia totale, baroclina e barotropica allo stato di equilibrio. Inoltre ` e indicato la misura indicativa della scala delle strutture vorticose generate allequilibrio, ossia la scala dellinstabilit` a baroclina dove viene trasferita lenergia. Questo valore ` e ottenuto dal seguente rapporto S= 2 | | (3.15)

S fornisce 1/4 della lunghezza donda della struttura e ci aspettiamo che tenda a un certo valore legato ai parametri sici del modello , e che sia indipendente dalla dimensione del dominio di integrazione.

3.3 Discretizzazione delle equazioni

73

3.3

Discretizzazione delle equazioni

Per risolvere numericamente le (3.11) scegliamo come dominio dinte. grazione il quadrato Q = [0, L] [0, L], dove L ` e un multiplo dei F Inizializziamo le variabili q1 e q2 con funzioni doppio-periodiche sul dominio Q della forma ql (x, y ) = 0 x, y L
12 k=4 l l 1 k sin(2kx/L) 2k sin(2ky/L)

l = 1, 2

(3.16)

dove i coecienti 1k e 2k , che stabiliscono lampiezza delle perturbazioni, sono scelti in modo casuale. Costruiamo su Q una griglia omogenea di N 2 punti individuati dalla coppia (i,j), i, j = 0, ...N , con passo di discretizzazione spaziale x, ed indichiamo i valori assunti dalle variabili su ogni nodo (i,j) con 1ij , 2ij , q 1ij , q 2ij , u1ij , u2ij , v 1ij e v 2ij . Osserviamo che una volta ssato il numero di punti N lungo una direzione della griglia, i numero donda visibili (l, m) dalla risoluzione legata ad N sono compresi tra i valori N 1 1 l, m . 2L L (3.17)

Le equazioni sono discretizzate attraverso schemi alle dierenze nite del secondo ordine nello spazio e nel tempo, in particolare, il termine di trasporto ql + J (ql , l ) t l = 1, 2 (3.18)

` e approssimato con i metodi presentati nel capitolo precedente; mentre il laplaciano attraverso lo schema a cinque punti (2.13). Nel caso dellapprossimazione delloperatore Jacobiano con lo schema di Arakawa, viene introdotto nellequazioni un termine dissipativo numerico per limitare laccumulo dellenstroa sulle ultime scale visibili dalla risoluzione del dominio. Scegliamo di utilizzare quello denito nei lavori di D.B. Haidvogel & al.,[2], e di H.Omrami & al.,[7], 6 l , che viene calcolato attraverso tre iterazioni delloperatore laplaciano sulla variabile l . Ad ogni step temporale, la risoluzione delle (3.11) passa attraverso due passaggi principali:

3.3 Discretizzazione delle equazioni


calcolo delle deviazioni l delle funzioni di corrente invertendo le (3.8); integrazione temporale della perturbazione ql della vorticit` a potenziale.

74

In entrambi i passaggi vengono utilizzate condizioni al bordo doppio-periodiche. Il primo passaggio avviene attraverso la risoluzione di un sistema della forma L 1/2 1/2 1/2 L 1/2 1 2 = q1 q2

dove L indica la discretizzazione delloperatore laplaciano con le schema (2.13), con un metodo iterativo (Gauss-Seidel), utilizzando lalgoritmo daccelerazione Multigrid.3 Seguendo i lavori di D.B. Haidvogel & al.,[2], e di H.Omrami & al.,[7], poniamo ssati = 0.25 = 0.50 = 104 . (3.19)

Adattare la Risoluzione al Modello: Nelle simulazioni eettuate sono stati scelti 3 rapporti tra il numero di nodi (N) e la dimensione del dominio di integrazione (L) 1. N/L = 4F 2. N/L = 5F 3. N/L = 6F Tali scelte implicano tre diversi numeri di nodi allinterno di ununit` a di , direttamente connessa ad R, Raggio di deformazione di Rossby. misura F Quindi, poich e R indica una scala di riferimento, 5 nodi ` e il minimo numero di punti per poterla individuare correttamente su una griglia. Ci si aspetta quindi che vi possa essere pi u attendibilit` a nelle soluzioni dei casi 2) e 3). Per la dimensione spaziale sono stati scelti i seguenti valori L {8, 12, 16, 32, 64}
3

Per una trattazione approfondita sul metodo Multigrid si veda [13].

3.4 I test con lo schema di Arakawa

75

Una volta ssati i parametri sici e , che abbiamo detto selezionano le scale del moto tipiche del sistema, ad ognuna di queste scelte ` e legato il numero di strutture vorticose che possono essere generate allequilibrio. Il caso L = 8, come vedremo, ` e una scelta particolare perch e denisce una dinamica al di sotto delle condizioni necessarie alla creazione di almeno una di queste strutture.

3.4

I test con lo schema di Arakawa

Nelle prossime sezioni sono illustrati i dati e i graci relativi alle simulazioni eettuate con lo Jacobiano di Arakawa. Le simulazioni, man mano che aumenta la dimensione L, tendono ad avere lo stesso comportamento: una prima fase di picchi di energia4 particolarmente evidenti nel caso (L = 12), che tendono ad attenuarsi nelle simulazioni con una pi u alta dimensione spaziale; una fase di crescita non lineare; raggiungimento dellequilibrio, con valori dellenergia totale media compresi nellintervallo 1.5 E 2.8 in cui le strutture vorticose sono formate ed hanno scale comprese negli intervalli, relativi ai due strati, 2.0 S1 3.1 2.6 S2 2.7.

Quindi si pu` o eettivamente osservare che le scale tipiche della stato di equilibrio convergono ad un valore medio di 2.5, indipendente dalla lunghezza spaziale utilizzata per risolvere le equazioni del moto (3.11), ma che ` e direttamente connesso ai parametri sici, che deniscono i moti ammissibili, e . Ci o che invece ` e legato alla grandezza di L ` e il numero delle struttute contenute nel dominio; la loro quantit` a ` e direttamente proporzionale alla misura di L. In parole semplici, scendere a valori bassi di L signica passare
4

Di natura computazionale.

3.4 I test con lo schema di Arakawa

76

da una regione spaziale ampia, dove sono presenti un certo numero strutture, ad una sua porzione pi u piccola, come uno zoom sulla soluzione, in cui possiamo vedere un numero inferiore di fenomeni. Sono riportati solo i test andati a buon ne, quindi in particolare non ci sono le simulazioni dei casi (L = 8). Relativamente ai questi primi test si ` e osservato che il sistema non riusciva a raggiungere lo stato di equilibrio e quindi ad innescare il processo di costruizione delle strutture vorticose, facendo divergere lenergia. Per completezza riportiamo di seguito il graco dellandamento degli osservabili per il test (N = 33 - L = 8).

Figura 3.2: Test N = 33 - L = 33. Lenergia diverge perch e di generare vortici. Questo comportamento non ci stupisce perch e osservando la scala tipica dei vortici ottenuta con domini pi u grandi vediamo che tende a variare attorno al valore di S 2.5. Quindi un dominio di lunghezza 8 non ` e in grado di sviluppare la dinamica tipica indotta da e . Per questo motivo abbiamo introdotto un test intermedio con L = 12, per vedere se, eettivamente, una volta superato il valore critico L 10, il problema venisse superato. Infatti in questo caso dopo una iniziale picco di crescita dellenergia (Figura 3.3, Figura 3.7 e Figura 3.11), che non ` e quindi di natura sica, il sistema riesce

3.4 I test con lo schema di Arakawa

77

a raggiungere lequilibrio. Osserviamo che i valori dei picchi diminuiscono al crescere del rapporto N/L.

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

78

3.5

Tabelle e graci delle simulazioni


E Tot E Baroclina E Barotropica 0.7634 0.6371 0.8477 0.7438 Scala Vortice 1 Scala Vortice 2 3.1084 2.6659 2.4070 2.3821 2.7165 2.7153 2.6458 2.7106

N/L=4 L = 8 - N = 33 L = 12 - N = 49 L = 16 - N = 65 L = 32 - N = 129 L = 64 - N = 257

2.3758 1.6124 1.7951 1.1580 2.3817 1.5350 2.0870 1.3433

Figura 3.3: Exp N = 49 - L = 12

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

79

Figura 3.4: Exp N = 65 - L = 16

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

80

Figura 3.5: Exp N = 129 - L = 32

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

81

Figura 3.6: Exp N = 257 - L = 64

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

82

N/L=5 L = 8 - N = 41 L = 12 - N = 61 L = 16 - N = 81 L = 32 - N = 161 L = 64 - N = 321

E Tot -

E Baroclina -

E Barotropica 0.8281 0.7617 0.7814 0.7362

Scala Vortice 1 Scala Vortice 2 3.0962 2.1761 2.3774 2.3526 2.7375 2.7284 2.7585 2.6244

2.6528 1.8246 2.0065 1.2447 2.1180 1.3366 2.0483 1.3121

Figura 3.7: Exp N = 61 - L = 12

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

83

Figura 3.8: Exp N = 81 - L = 16

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

84

Figura 3.9: Exp N = 161 - L = 32

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

85

Figura 3.10: Exp N = 321 - L = 64

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

86

N/L=6 L = 8 - N = 48 L = 12 - N = 73 L = 16 - N = 97 L = 32 - N = 193 L = 64 - N = 385

E Tot -

E Baroclina -

E Barotropica 0.8826 0.5589 0.7676 -

Scala Vortice 1 Scala Vortice 2 2.7718 2.0369 2.2507 2.5065 2.6692 2.6894 -

2.4961 1.6135 1.5865 1.0277 2.1227 1.3551 -

Figura 3.11: Exp N = 73 - L = 12

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

87

Figura 3.12: Exp N = 97 - L = 16

3.5 Tabelle e graci delle simulazioni

88

Figura 3.13: Exp N = 193 - L = 32

3.6 Confronto tra gli schemi TVD e Fromm

89

3.6

Confronto tra gli schemi TVD e Fromm

Inne illustriamo alcuni risultati delle simulazioni ottenute utilizzando gli schemi al controllo di oscillazioni. In questi primi test siamo interessati a vericare quanti e quali caratteristiche della soluzione numerica siano in accordo con quelle ottenute precedentemente con lo schema di Arakawa. Il primo test eettuato con lo schema TVD-MC ` e stato quello con parametri N =4 N = 129 L = 32 L che ha mostrato il seguente andamento degli osservabili

Figura 3.14: Test N = 33 - L = 33. Lenergia diverge perch e di generare vortici. dove si nota che il tempo in cui parte la crescita dellenergia (T 250) ` e successivo a quello osservato nel caso illustrato in Figura3.5 (T 100). Ritenendo che questo fenomeno sia legato a come lo schema TVD gestisce il trasferimento di energia in relazione alla risoluzione, abbiamo deciso di confrontare il caso con i seguenti parametri N =6 L in cui la risoluzione e la dimensione spaziale del dominio non presentano parN = 193 L = 32 ticolari criticit` a. Riportiamo di seguito i dati relativi a questo test.

3.6 Confronto tra gli schemi TVD e Fromm

90

N = 129 - L = 32 N/L = 6 TVD-MC Fromm

E Tot

E Baroclina

E Barotropica 0.2537 0.2301

Scala Vortice 1 Scala Vortice 2 2.6683 2.5968 2.6854 2.9382

0.8783 0.6246 0.7678 0.5377

Figura 3.15: Exp N = 193 - L = 32- Schema TVD-MC

3.6 Confronto tra gli schemi TVD e Fromm

91

Figura 3.16: Exp N = 193 - L = 32- Schema Fromm

3.6 Confronto tra gli schemi TVD e Fromm

92

Quello che possiamo notare ` e che, aumentando il numero dei nodi e quindi la qualit` a della risoluzione, landamento degli osservabili segue gli stessi tempi di crescita (T 100) in Figura3.13, Figura3.15 e Figura3.16. Risulta invece evidente la dierenza tra i valori medi assunti da questi, una volta raggiunto lo stato di equilibrio. Ad esempio nel caso TVD-MC abbiamo che E totale tvd = 0.8783 < 2.1227 = E totale arakawa E baroclina tvd = E barotropica tvd = 0.6246 < 1.3551 = E baroclina arakawa 0.2537 < 0.7676 = E barotropica arakawa

Analogamente nella soluzione numerica dello schema Fromm ritroviamo valori medi degli osservabili pi u bassi rispetto a quelli raggiunti con lo schema di Arakawa; notiamo per` o che, in questo caso, non si pu` o aermare con certezza che levoluzione temporale si giunta allequilibrio, perch` e landamento degli osservabili sembra mantere un carattere ancora crescente. In particolare nellintervallo temporale (T > 600) lenergia totale assume valori Etot 1, quindi maggiori dello schema TVD-MC. Questo comportamento ` e connesso al fatto che, il metodo Fromm, ` e uno schema bloccato, cio` e non agisce soluzione in base alla sua regolarit` a, avendo un eetto nale meno dissitivo. Inne i valori relativi alle scale delle strutture vorticose, ottenuti con gli schemi TVD-MC e Fromm, sono coerenti con quelli nel caso di Arakawa. Quindi per ottenere una dinamica simile sono avvenuti meccanismi di trasferimento di energia dierenti.

Conclusione
In questa tesi abbiamo arontato il problema della risoluzione numerica delle equazioni quasi-geostroche per i ussi di larga scala alle medie latitudini, utilizzando due diversi schemi di approssimazione alle dierenze nite da mettere a confronto. Una volta derivate le equazioni del moto per i uidi stabilmente straticati su una sfera, abbiamo scelto di risolvere quelle del modello a due strati omogenei in approssimazione piano Q1 1 Q1 1 Q1 + =0 t x y x y Q2 2 Q2 2 Q2 + = r2 t x y x y

2 2 2 2 + x2 y 2

(3.20) .

imponendo come sorgente di energia per il sistema un gradiente orizzontale di temperatura. Questo ` e stato ottenuto, grazie alla relazione di vento termico (1.95), imponendo due diversi venti medi orizzontali per i due strati e quindi un gradiente verticale del campo di velocit` a orizzontale. In questo modo ` e possibile innescare il meccanismo di conversione dellenergia potenziale delle perturbazioni dello stato medio del sistema, in energia cinetica, provocando la crescita di questi disturbi, raggiungendo lequilibrio una volta che la sorgente denergia viene bilanciata dalla dissipazione. Per risolvere le equazioni abbiamo scelto di utilizzare metodi di approssimazione alle dierenze nite, ponendo particolare attenzione sulla discretizzazione del termine convettivo delle equazioni, dove sono presenti i termini non lineari, che abbiamo mostrato essere responsabili dellinterazione tra diverse scale del moto. Linterazione ` e particolarmente delicata da trattare nel discreto, dove esiste un limite inferiore delle scale risolte, legato alla dimen93

CONCLUSIONE

94

sione nita del dominio discreto. La cascata di energia verso le scale pi` u piccole si ferma quindi sullultima scala visibile dalla risoluzione del dominio, provocandone una crescita non sica. Dunque per risolvere adeguatamente equazioni non lineari bisogna introdurre una dissipazione numerica, che freni laccumulo di energia. Abbiamo poi scelto di utilizzare due diversi schemi di approssimazione del termine convettivo: lo Jacobiano di Arakawa e gli schemi al controllo di oscillazione (TVD). Il primo ` e lo schema tradizionalmente utilizzato nei problemi di uidodinamica geosica, perch e soddisfa alcune propriet` a siche del modello analitico, conservazione dellenergia e dellenstroa. La seconda scelta, legata allecacia che questi schemi ad alta risoluzione dimostrano nel gestire la dispersione numerica, costuisce un primo approccio del loro utilizzo nella risoluzione di questa specica classe di problemi. Abbiamo quindi eettuato dei test preliminari di risoluzione di equazioni di trasporto lineare bidimensionale in cui sono risultati particolarmente evidenti le qualit` a degli schemi TVD in presenza di condizioni critiche, come discontinuit` a della soluzione; invece lo schema di Arakawa, lontano da un contesto non lineare e privato del supporto della dissipazione numerica, in questi casi mostra le caratteristiche oscillazioni di uno schema al secondo ordine. Di contro, per il trasporto di dati iniziali molto regolari (come una funzione gaussiana) entrambi gli schemi mostrano entrambi un buon grado di convergenza alla soluzione analitica. Inne siamo passati alla risoluzione delle equazioni (3.20) attraverso una serie di test su cui poter confrontare i due schemi. Questi test prevedevano lintegrazione temporale delle equazioni, con lutilizzo dello schema di Arakawa, no al raggiungimento dello stato di equilibrio, per poi eettuare una diagnostica delle soluzioni relativamente a due parametri: la scala lunghezza del dominio in unit` a adimensionali e il numero di punti contenuto allinterno di ununit` a di misura adimensionale delle equazioni (L/R), caratterizzata dal rapporto tra la scala orizzontale caratteristica della dinamica quasi-geostroca e il raggio di deformazione di Rossby. I test hanno dimostra-

CONCLUSIONE

95

to che una volta ssati i parametri i parametri sici del problema e , che rappresentano la vorticit` a planetaria e la dissipazione con la supercie, le soluzioni perdono completamente memoria dei dati iniziali per convergere ad una dinamica vorticosa, caratterizzata da una specica scala di moti. Questa scala, misurata rispetto al termine adimensionale (L/R) ` e 2.5. Inoltre ` e stato vericato che questa scala, superato il valore critico (L 10), ` e indipendente dalla dimensione del dominio su cui sono risolte le equazioni. Una volta ottenuti questi risultati siamo passati ad eettuare un primo confronto tra con lo schema TVD, da cui sono emerse le seguenti osservazioni: lo schema TVD produce soluzioni con scale del moto vicine a quelle prodotte dallo schema di Arakawa, ma con una maggiore sensibilit` a alla risoluzione. Inoltre i valori medi degli osservabili raggiungono allequilibrio valori che sono la met` a di quelli osservati nei precedenti test. Questultimo comportamento pu` o essere ricondotto alla diversa gestione del trasferimento di energia tra le diverse scale, che il forte controllo sulla crescita della soluzione potrebbe inibire, ma al momento non si hanno abbastanza elementi da poter convalidare questa ipotesi, che resta di fatto una congettura. In conclusione possiamo dire che questi primi confronti sono comunque interessanti e mostrano la concreta possibilit` a di poter utilizzare gli schemi TVD nella risoluzione delle equazioni dei moti atmosferici.

Bibliograa
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CONCLUSIONE

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