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ROBERTO CALASSO, LA SCOMMESSA DI UN EDITORE

EDITORIA
di MARIAROSA BRICCHI

Parole chiave: irrazionale, unico, grazia, piacere, affinit. Il racconto che Roberto Calasso ci fa della sua idea di editoria e della sua casa editrice, Adelphi, nel libretto LImpronta delleditore (Adelphi, pp. 64, 12) si fonda su due strumenti conoscitivi, linvocazione dellineffabilit e la descrizione di ci che non . Non saper dire, o dire per antitesi. Inafferrabile, prima di tutto, appare la ratio delle scelte che hanno plasmato Adelphi: costellano le pagine, fitte al limite della provocazione, dichiarazioni come: per ragioni non facilmente decifrabili; Non era chiarissimo (cosa teneva insieme i libri); Non avrei saputo dire perch (una certa immagine di copertina era adatta a un certo libro). Affermazioni in linea con la difesa, in apertura di libro, del principio di irrazionalit, che diventa cos il timone di un percorso che si presenta, per paradosso, come storia dellirraccontabile. Non il gomitolo aggrovigliatissimo di cause e concause che don Ciccio Ingravallo ci ha insegnato a riconoscere dentro le cose del mondo. piuttosto lesaltazione dellintuito, forse del genio (parola che Calasso non usa), della grazia che Luciano Fo cercava nei libri e nelle persone: tutti modi diversi di chiamare limpronta delleditore, la zampata di chi per primo legge, riconosce, sceglie, rifiuta, interpreta un libro. Anche il definire per opposizione unattitudine costante, che innerva ogni pagina (Ma certo che, per quanto riguarda Adelphi, venne applicato sempre un sistema opposto). Lantitesi, si sa, implica una corrispondenza, il suo fondamento sintattico nella coordinazione. Appare cos, anche per via retorica, un dato chiave: lorigine, la storia, lidentit di Adelphi si determinano (anche) per opposizione a un antagonista che pi esplicito non si potrebbe: Adelphi lanti-Einaudi. I caratteri delle due case editrici sfilano in coppie oppositive: razionale vs. (appunto) irrazionale; lucidit vs. indeterminatezza; progetto vs. gusto; tensione pedagogica vs. piace-

Storia del catalogo Adelphi a uso degli antipatizzanti, fra limpossibilit di spiegare certe scelte editoriali e la tensione a illuminarne il disegno profondo
re come fine ultimo (il faire plaisir che intitola uno dei paragrafi del libretto); culto della collanologia vs. libri unici. E cos via. Persino i padri fondatori, prima ancora che per inconciliabili attitudini, si distinguono nel numero: alla popolata squadra einaudinana corrispondono due soli nomi adelphiani, Bazlen e Fo (il secondo con trascorsi eianudiani). Giulio Einaudi, il grande antimodello, era aureolato di padri e di figli; Calasso, qui, riconosce due soli padri, e nessun figlio: il disegno degli alberi genealogici parlante, e questi non potrebbero essere pi diversi. La galleria dei ritratti non a caso la sezione centrale del libro degli antenati, dei nemici, degli amici presiede dunque allautoritratto delleditore; e al ritratto della casa editrice, oggi cinquantenne. La celebrazione, nella forma retoricamente obliqua di cui si detto, non manca (e limpresa la merita). Ma c dellaltro, che attira lattenzione. Due tratti, su tutti: i silenzi e il gioco in difesa. Lautore rinuncia per esempio a discutere la convivenza di orientamenti editoriali, se non inconciliabili, certo estranei luno allaltro: libri pubblicati senza alcun tipo di apparato da un lato, edizioni filologicamente attrezzate dallaltro. Adelphi, fondata fin dagli inizi sulla scelta ardita, e discussa, di ostendere i libri liberi, entro certi limiti, da mediazioni interpretative e persino da inquadramenti storici, anche, oggi e da sempre, la sede di imprese filologiche importanti (si pensi, per il Novecento italiano, alle edizioni di Gadda e di Manganelli). Contraddizione? Spartizione del catalogo tra concezioni antagoniste? Pi ragionevolmente, scelte frutto di considerazione e vaglio. Ma di queste valutazioni, dei percorsi che hanno guidato a puntare sullalone del sottinteso oppure a dare spazio alle curatele, nel libro di Calasso non c traccia. La curiosit resta aperta, e non per caso. In fondo Adelphi ha avuto successo anche grazie a un sistema abilissimo di sottintesi, suggerendo che solo i libri di qualit entravano nel catalogo Adelphi e, viceversa, che apparire sotto il marchio Adelphi era di per s garanzia di qualit. Puntare sul non detto, in termini di marketing, ha pagato. Dunque la strategia delle omissioni che lusingano e promettono, dei mezzi silenzi, del raccontare s, ma non troppo, va conservata. Laltro tratto forte del libro il suo retrogusto di arringa, di apologia. La parola rotonda, il cruccio fuggevole

Un titolo vintage di Bobi Bazlen, fondatore della casa editrice Adelphi. Sotto, Max Weber

Funzione strategica del non detto

sulle incomprensioni del passato, gli attimi di gioco in difesa dicono anche di un bisogno di puntualizzare. Calasso potrebbe rivolgersi, come altri fanno, contro la calata delleditoria digitale. Non cos. Le poche pagine dedicate al tema sono tra le meno intense, ed comunque evidente che lautore milita in un partito che, con gli e-book, intrattiene un solo rapporto, di infastidita estraneit. Invece ecco una chiave di lettura Calasso parla agli antipatizzanti. Ai distratti. A chi non ha colto, fin dallinizio, la compattezza, la coesione interna del catalogo. Il fine rendere evidente la coerenza di un insieme che da un lato fugge lidea di progetto, dallaltro vive di un reticolo di connessioni. I libri del catalogo Adelphi sono, devono essere (pena lo spauracchio della casualit estetizzante) solitari e insieme sociali, unici e insieme parte di un tessuto dalla trama fittissima. qui che si gioca la partita vera, in questo equilibrio tra linsistere sullinesplicabilit razionale delle scelte e la tensione a illuminarne il disegno profondo. Come i veri eccentrici, la cui solitudine non pu che essere popolata, cos i libri come li racconta il loro editore sono insieme slegati e dipendenti, oggetti alonati di singolarit e atomi dalla ricca valenza combinatoria. Tra detto e non detto, la scommessa dunque ambiziosa, anche se il libretto, di nuovo ha, in realt, una decina di pagine. Il resto era gi apparso in altre sedi, e quindi pi o meno noto a chi segue i contributi sul tema. Poco male, in fondo: la lettura dellinsieme regala accensioni di piacere. Perch lautore scrive molto bene; perch se hai preso in mano un libro del genere ovvio che il fascino strano delleditoria lo subisci gi; perch un libro libresco, che trasuda familiarit faziosa con la lettura; perch un libro che parla di editoria vera, scritto da un editore che parte di una aristocrazia professionale europea (i modelli, gli amici e i nemici di cui si diceva) che oggi si va assottigliando per ragioni anagrafiche. Ci sono stati, ci sono ogni giorno, momenti in cui leditoria recita se stessa, incolla comportamenti atteggiamenti e discorsi che appartengono alla lingua editoriale, nella ricchezza e complessit della sua tradizione, su oggetti che non sono libri, destinati a un pubblico di non lettori. Qui no. Stile, tratto, quel certo fastidioso birignao: tutto parla di sovrabbondanza di civilizzazione; di unalternativa, personalissima ma ancora possibile, alle mille declinazioni della barbarie editoriale. Debolezze e grandezze di una lunga stagione di storia del libro qui si trovano tutte, e si leggono con gusto e con indugio, come si passeggia in una casa che si sta per lasciare.

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