Vous êtes sur la page 1sur 153

Fruizione e produzione di messaggi.

Parlare , descrivere, raccontare, dialogare, con i grandi e con i coetanei, lasciando trasparire fiducia nelle proprie capacit di espressione e comunicazione e scambiandosi domande, informazioni, impressioni, giudizi e sentimenti. Disegnare, dipingere, modellare, dare forma e colore allesperienza, individualmente e in gruppo, con una variet creativa di strumenti e materiali, lasciando traccia di s. Esplorare, conoscere, progettare. Toccare, guardare, ascoltare, fiutare, assaggiare qualcosa e dire cosa si toccato, visto, udito, odorato, gustato, ricercando la propriet dei termini. Adoperare lo schema di investigazione del Chi, che cosa, quando, come, perch? per risolvere problemi, chiarire situazioni, raccontare fatti, spiegare processi. Commentare, individuare collegamenti, operare semplici inferenze, proporre ipotesi esplicative di problemi. Il s e laltro Lavorare in gruppo, discutendo per darsi regole di azione. Fruizione e produzione di messaggi. Parlare , descrivere, raccontare, dialogare, con i grandi e con i coetanei, lasciando trasparire fiducia nelle proprie capacit di espressione e comunicazione e scambiandosi domande, informazioni, impressioni, giudizi e sentimenti.

Disegnare, dipingere, modellare, dare forma e colore allesperienza, individualmente e in gruppo, con una variet creativa di strumenti e materiali, lasciando traccia di s. Esplorare, conoscere, progettare. Toccare, guardare, ascoltare, fiutare, assaggiare qualcosa e dire cosa si toccato, visto, udito, odorato, gustato, ricercando la propriet dei termini. Adoperare lo schema di investigazione del Chi, che cosa, quando, come, perch? per risolvere problemi, chiarire situazioni, raccontare fatti, spiegare processi. Commentare, individuare collegamenti, operare semplici inferenze, proporre ipotesi esplicative di problemi. appunto, allesperienza: solo entrando in una classe, osservando, intervenendo, discutendo con linsegnante, scambiandosi opinioni, teorie e convinzioni, confrontandosi con la realt quotidiana, fatta non solo di teoria ma di tanta pratica, parlando con i bambini, provando a lavorare con loro, cercando modalit diverse, strategie alternative, attingendo a materiali diversi, studiando, s, ma anche sperimentando attivamente ci che si appreso ecco, solo con questa pratica, con questo tipo di esperienza il maestro entrer nella sua classe con una percezione giusta dellinsegnamento, del ruolo dellinsegnante, dei contenuti da trasmettere, dellattore principale di tutta la sua azione: il bambino. In questi anni ho voluto dare ai ragazzi questa opportunit, senza creare per loro falsi spazi, lezioni fasulle o bambini scimmiottanti ed indottrinati. Quello che hanno visto stata lesatta realt, bella o brutta che fosse, e con essa si sono confrontati. A loro limpressione finale: che sia stata positiva o meno spero che da questa esperienza sapranno imparare, come ho fatto io a mia volta. Concludo affermando, senza tema di esagerare, che l'esperienza del tirocinio stata positiva anche per me e penso lo possa essere per qualsiasi insegnante di ruolo che non si deve sentire assolutamente sotto controllo, sotto osservazione ed oggetto di critiche o riflessioni negative. Penso, infatti, che mettendosi in una posizione non di difesa ma di scambio reciproco, l'insegnante possa riscoprire, grazie proprio a questi ragazzi, il gusto della ricerca, l'entusiasmo della "prima volta in una classe", la voglia ed il coraggio di mettersi sempre in gioco ed in discussione in virt della consapevolezza che l'insegnamento non mai qualcosa di precostituito, di chiuso, di finito ma, al contrario, un processo in

continuo divenire, in trasformazione, fatto anche di di rivalutazioni, sempre nell'ottica ed in previsione di un miglioramento. LA VOCE DEL DIRIGENTE

ripensamenti,

Ho scelto di fare tirocinio al nido perch avevo voglia di mettermi alla prova! Sono molto soddisfatta di questesperienza dato che per la prima volta sono entrata in contatto con bambini cos piccoli. Non sapevo proprio da che parte cominciare, come parlare, come relazionarmi con loro, non sapevo se dovevo trattare i bambini da bambini o da piccoli adulti per farli sentire grandi o, banalmente, non sapevo nemmeno come cambiare un pannolino! Sono arrivata al nido con tanta preparazione teorica universitaria, con tante teorie e tanta pedagogia nella testa, ma purtroppo nessuna nozione su come si cambiano i pannolini o su come si dia da mangiare ai pi piccoli. La mia paura pi grande era quella di non essere allaltezza della situazione ma, per fortuna, questa paura andata scomparendo con il tempo ed stata sostituita da una grande voglia di continuare questo lavoro. Sicuramente questesperienza mi ha fatto crescere e riflettere su me stessa. Guardo in avanti e ho voglia di crescere ancora e di imparare altre cose, guardo in avanti e mi vedo EDUCATRICE, uneducatrice pronta a mettersi in gioco per i pi piccoli e imparare da loro meravigliose fantasie.

La prima settimana Penso che la prima settimana sia stata quella pi difficile, in quanto arrivavo in un ambiente nuovo, mi sono dovuta ambientare non solo ai bambini, ma alle educatrici a e soprattutto a ritmi diversi dai miei, ma, ovviamente, anche i bambini e le altre educatrici si sono dovute ambientare a me e alla mia costante presenza. Ho dovuto capire da sola quali erano i miei compiti, cosa dovevo fare concretamente, fino a dove potevo arrivare e quando invece dovevo fermarmi (ad esempio non sapevo se mi era permesso sgridare i bambini o dargli il permesso per fare qualcosa). Mi sentivo spaesata e non volevo essere dintralcio al lavoro delle colleghe. Tutto inizialmente stato molto vago e impreciso, ma con il tempo e con laiuto, la gentilezza e la pazienza delle colleghe, ho trovato il mio ruolo allinterno della classe, ho imparato a muovermi nellambiente e soprattutto a conoscere ogni singolo bambino e le loro caratteristiche ma soprattutto ho imparato a relazionarmi con loro. I bambini si sono dimostrati inizialmente incuriositi da me, successivamente ci sono stati giorni di diffidenza, non fiducia nei miei confronti e mi sembrato anche normale dato che non ero la loro educatrice di riferimento, ma ero una persona nuova. Poi ho conquistato la loro fiducia. Quando i bambini mi cercavano per farsi consolare o per raccontarmi qualcosa o per farmi vedere semplicemente qualcosa, ho capito che forse non ero pi considerata un estranea, ma forse ero diventata per loro qualcosa in pi e questo mi ha riempito di gioia e di soddisfazione e sicuramente a influito positivamente sulla mia autostima. Gi dal primo giorno mi stato permesso di interagire con i bimbi, aiutarli a mangiare, cambiarli, giocare con loro e metterli a nanna e fin dal secondo giorno le educatrici hanno predisposto quattro tavoli per il pranzo e non tre come di solito facevano quando io non cero, in quanto loro sono tre educatrici per tutta la sezione, ma con il mio arrivo anche la fisionomia della classe era cambiata, durante il pranzo avevo un tavolo tutto per me con 6 bambini; questa azione mi ha riempito di gioia, forse non ero cos invisibile come pensavo di essere

considerata prima di arrivare. In certe occasioni non sapevo come muovermi e mi invadeva un senso di inadeguatezza alla situazione e allambiente, ad esempio quando due bambini litigavano per un gioco e non sapevo come mediare la situazione, oppure se qualche bambino si faceva male e io non sapevo come agire, quasi mi spaventavo pi io che il bambino. Con il tempo sono riuscita a fronteggiare e a gestire qualsiasi situazione e ci significa che ho superato quello che per me rappresentava uno dei tanti scogli. Lincontro con i genitori Purtroppo ho avuto la possibilit di conoscere i genitori dei miei bambini, solo alla fine della mia esperienza di tirocinio durante la riunione di fine anno, che solitamente serve per parlare della gita di fine anno, della festa per i bimbi grandi che lanno successivo andranno alla materna e per dare un ritorno ai genitori su ci che si svolto durante lanno, sugli obiettivi raggiunti ma anche su quelli non raggiunti. Il discorso stato introdotto dalla coordinatrice e proseguito dalle educatrici con il supporto delle foto che testimoniavano le attivit e i laboratori proposti. Ho atteso molto questa riunione perch ero molto curiosa di conoscere le famiglie dei bambini e in qualche modo volevo essere accettata dai genitori e rassicurarli in modo tale che anche essi sappiano con chi trascorrono il loro tempo i loro bambini. Dopo la riunione era molto pi tranquillizzante incontrare i genitori e scambiarsi un saluto che non era pi solo un saluto di educazione. Le difficolt Come gi accennato inizialmente la prima settimana stata quella pi difficile, ma ci sono stati anche altri momenti in cui mi sono trovata a disagio e ho provato un senso di inadeguatezza gi quando ero integrata al nido: durante un attivit di disegno guidato mi sono stati affidati sei bambini e a loro avrei dovuto far vedere come si disegna il sole su un foglio e poi loro a sua volta avrebbero dovuto farlo da soli, ognuno sul proprio foglio. A parte a non sapere come dover fare lattivit perch non lavevo mai vista prima, il problema in s e che mi ha fatto entrare in crisi stato che non riuscivo a gestire da sola sei bambini e farmi ascoltare da loro. Quando un educatrice mi ha visto in difficolt mi ha chiesto se avevo bisogno di aiuto, non so se per orgoglio o per mettermi alla prova ho rifiutato e a mente fredda mi sono accorta di aver sbagliato a rifiutare in quanto, innanzitutto avrei dovuto apprezzare il gesto ma in quel momento non sono riuscita a riconoscere i miei limiti e non volevo far brutta figura, volevo fare tutto da sola ma soprattutto i bambini hanno letteralmente fatto tutto ci che volevano, quindi hanno disegnato ci che volevano, alcuni sono andati in giro per la classe, altri si sono sdraiati per terra creando disagio anche agli altri bambini e alle altre attivit in corso. La situazione si risolta non per merito mio ma grazie allintervento delle altre educatrici che hanno preso la situazione in mano e a me sono balzate in testa molte domande sul mio comportamento immaturo e oltre a ci mi ha pervaso una sensazione di fallimento. Questo episodio mi ha fatto riflettere sulla collaborazione che vi deve essere tra le educatrici, sul riconoscere i propri limiti e chiedere o accettare laiuto degli altri perch siamo un equipe non che si lavora singolarmente e ognuno ha i propri bambini. Essere educatrice al nido Questesperienza di tirocinio mi ha permesso di capire da vicino cosa significhi essere educatore, anche se penso che sia un concetto che non basti una vita per capirlo fino in fondo; mi ha permesso di avvicinarmi allo straordinario mondo dei bambini, che nella loro quotidianit mi hanno insegnato molto. Grazie allosservazione ho capito che una caratteristica fondamentale che leducatrice deve avere proprio la capacit di osservare, in quanto i bambini cos piccoli non articolano frasi, a volte ancora non parlano, quindi leducatrice deve saper osservare il linguaggio non verbale, cio landatura, la postura, lo sguardo, la mimica

facciale, la gestualit, le modalit del corpo, le pause, i mugolii, i sospiri. Ma soprattutto osservando ho imparato a conoscere i bambini, ogni bambino diverso da un altro. Ho capito che il ruolo cardine delleducatrice mantenere un equilibrio non solo tra lei e i bambini, ma anche tra i bambini stessi e allinterno del nido. Infine, ho capito che nascosta dietro ogni attivit, anche il gioco libero, vi una programmazione, niente lasciato al caso o in balia degli eventi, in un nido come questo, con molti bambini, non ci si pu permettere di non controllare gli imprevisti e nel caso accadano c sempre qualcosa di riserva. E importante prestare attenzione alle attivit quotidiane e alla programmazione senza dimenticare che al centro del nostro servizio vi il bambino, in quanto essere, in quanto persona e individuo e che il bambino ha la precedenza su tutto.

News correlate:

Tirocinio con i bambini


"Ricordo molto chiaramente il giorno in cui mi capit casualmente in mano l'opuscolo che parlava dei corsi di formazione per operatore socio assistenziale per l'infanzia. Afferrai subito l'occasione e ora, che l'esperienza conclusa, sono pi che mai convinta di aver fatto la scelta giusta. Particolarmente formativo stato il periodo del tirocinio, importante dal punto di vista non solo professionale ma soprattutto umano". Antonietta De Prisco ha condotto il suo tirocinio presso una Casa Famiglia per minori della provincia di Avellino. Come testimoniano le sue parole, stata un'esperienza veramente straordinaria. "Lavorare con i bambini della Casa Famiglia ha trasformato radicalmente la mia visione un por idilliaca sul mondo dell'infanzia. In realt, quella che ho incontrato autentica sofferenza e interessa molti pi bambini di quanti immaginiamo. Ho ancora davanti a me quei volti tristi, spesso espressione di un vissuto atroce fatto di violenze fisiche e psicologiche. Sono bambini che hanno bisogno di aiuto concreto, di certezze, di riferimenti sicuri, di adulti affidabili su cui poter contare. La struttura in cui ho svolto il mio tirocinio ha come obiettivo proprio questo: offrire ai minori a rischio l'opportunit di risanare una situazione compromessa, di consolidare l'identit personale, di accogliere i loro vissuti fornendo cure, attenzioni e soprattutto l'amore necessario per una crescita psicofisica sana ed equilibrata. Un caso in particolare mi ha molto coinvolta. E' la storia di A., un ragazzino di soli 12 anni. Arriv in lacrime alla Casa Famiglia un mattino, accompagnato dai carabinieri. Piangeva e continuava a chiedere di tornare a casa. Non riusciva a capire perche mai dovesse rimanere l. Era stato svegliato bruscamente e non aveva potuto nemmeno salutare la mamma. La situazione familiare era di forte deprivazione: il pap in carcere, la mamma costretta a lavorare tutto il giorno, una sorella piccola e una nonna anziana da accudire. A. non andava quasi mai a scuola proprio per non lasciare sole la nonna e la sorellina. Era un bambino insicuro, privo di regole, aggressivo, oppositivo, cognitivamente e affettivamente poco stimolato. Era carente nel linguaggio, nella lettura, nella grammatica e in ogni attivit didattica. Durante le attivit ludiche si comportava da duro e aveva comportamenti quasi violenti.

Per lui stato messo a punto un progetto educativo-didattico finalizzato a colmare le sue lacune scolastiche e comportamentali. Abbiamo lavorato molto sul consolidamento dell'autostima e per lo sviluppo di una sana fiducia nelle proprie capacit. E' stata dura ma, grazie anche al mio contributo, dopo alcuni mesi era gi pi sereno e aveva recuperato parte dei suoi handicap scolastici". Oggi, grazie a una buona formazione teorica e pratica, posso definirmi a tutti gli effetti un OSA per l'infanzia. Ma stato durante il tirocinio che ho potuto scoprire quanto fosse importante aiutare i bambini disagiati anche semplicemente regalando loro un sorriso, un momento di felicit e spensieratezza. "Per me il tirocinio stato essenziale perche mi ha consentito di adattare il mio sapere alle situazioni pi diverse. Ho potuto mettermi alla prova direttamente, sperimentare il lavoro d'equipe, sentirmi utile a qualcuno anche solo con un gesto gentile o una parola". Nel caso di Flora Bottosso pi che di tirocinio bisognerebbe parlare di tirocini. Le sue 300 ore di praticantato nella provincia di Venezia, infatti, sono state suddivise tra tre diverse esperienze: in una scuola elementare, in una scuola materna e all'interno di un progetto finalizzato a giovani in difficolt messo a punto da una Cooperativa in collaborazione con le istituzioni locali. In tutti e tre i casi Flora ha seguito con grande dedizione i bambini a lei affidati: un ragazzino di dieci anni, una bimba di quattro e un adolescente di dodici. "Non stato facile. Agli inizi ho vissuto momenti di sconforto. Non sapevo in che direzione muovere i miei primi passi. Ma l'amore per questo lavoro e l'aiuto delle persone che mi erano vicine, mi hanno spronata a superare anche le prove pi ardue. La cosa pi difficile stato il senso d'impotenza di fronte a bambini che soffrivano. L'empatia mi impediva di rimanere all'interno del mio ruolo, non riuscivo pi a mantenere la giusta distanza affettiva. Mi facevo coinvolgere troppo e questo non va bene se vuoi realmente aiutare un bambino. In effetti, se io ho dato qualcosa a loro, di certo ho ricevuto molto di pi. Stare con questi bambini mi ha fatto crescere e sentire veramente utile a qualcuno. E' straordinario vedere come, in poco tempo, imparino a fidarsi di te, abbiano voglia di comunicare amore e di riceverne. Essendo stata a contatto con utenti di et diverse ho potuto anche cimentarmi con diverse modalit d'approccio: con i piccoli contano di pi le coccole e il contatto fisico, con i pi grandi la relazione invece fatta pi di confidenze, chiacchiere, confronti continui". Nei momenti in cui mi sono sentita messa alla prova ho scoperto in me una nuova energia, una gran voglia di farcela, una forza di volont che non pensavo di avere. Il tirocinio? Un'esperienza molto faticosa ma anche costruttiva e ricca di emozioni. E' stato un cammino lungo il quale ho imparato a superare difficolt e ad apprezzare anche i pi piccoli successi. Mi ha aiutato a capire me stessa, a scoprire quanto posso essere paziente, tenace e, all'occorrenza, anche molto, molto ostinata". Antonietta Di Lonardo si messa alla prova come tirocinante presso una struttura d'accoglienza per minori a rischio della provincia di Isernia. Sono stati tre mesi di vera "iniziazione" alla professione OSA. Vediamo un pOI com' andata... "Certo non stata una passeggiata. I bambini con cui sono venuta a contatto provenivano quasi tutti da famiglie molto problematiche e ognuno era portatore di un vissuto carico di disagio e sofferenza. Sin da subito ho capito che la prima mossa da fare era mettersi in una posizione di assoluto ascolto.

Ma, nonostante la mia buona volont, ho dovuto fare ben presto i conti con la mia insicurezza, la paura di non essere all'altezza del compito. Spesso dovevo reagire all'arroganza, all'atteggiamento di sfida e anche ad alcuni "visetti d'angelo" appositamente interpretati per raggiungere secondi fini. Non me lo sarei mai aspettato ma, ben presto, ho tirato fuori il meglio di me e ho imparato a non reagire alle provocazioni: dolcezza s ma anche giusta autorevolezza. Poi c'erano momenti in cui c'era bisogno di mantenere la giusta distanza affettiva. Ricordo a proposito un bimbo piccolino: spesso mi chiamava "mamma" facendomi sobbalzare il cuore. Tutte le volte gli spiegavo che non ero la sua mamma e che doveva chiamarmi con il mio nome. Lui ci provava, ma ogni tanto ci ricascava, mettendo a dura prova la mia emotivit. Comunque, una cosa fondamentale non lasciarsi mai andare al senso di frustrazione o alla piet. Non servono a nulla. Dobbiamo sentirci s partecipi del loro dolore ma senza farci sopraffare, solo cos il nostro operato sar veramente efficace. Sono state 300 ore di grande intensit, durante le quali stato fondamentale anche il lavoro d'equipe, che mi ha consentito di conoscere il valore dell'operare in sintonia con gli altri per un obiettivo comune. Essere in armonia con i propri colleghi rende pi compatto l'organico e permette di raggiungere i risultati migliori.

DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA SPAZI: Nella scuola dellinfanzia presso cui ho effettuato lo stage sono presenti cinque aule, dotate ciascuna di un bagno per i bambini, la sala mensa, di fianco alla quale situato uno spazio per il riposo pomeridiano dei pi piccini, una piccola biblioteca, la sala insegnanti, nella quale vi anche un ambulatorio, e, uscendo da essa, troviamo un lungo corridoio al termine del quale situata una vasta sala contenente gli scaffali e gli armadietti per i bambini (ognuno ha, ovviamente, il proprio armadietto). Allesterno della struttura, c un grande giardino dotato dei vari giochi per i bambini (come gli scivoli, le altalene, i castelli, ecc.). Infine, poco pi in l della scuola dellinfanzia, vi la palestra, condivisa anche dagli alunni della scuola primaria. STRUMENTI ED ATTREZZATURE: Nella struttura non presente alcun tipo di strumentazione informatica, tranne la televisione e i vari cartoni animati con i quali, a volte, vengono intrattenuti i bambini nel tardo pomeriggio. Nella biblioteca sono presenti diversi libri, soprattutto di fiabe e favole, adatti alle varie et dei bimbi. Vi anche del materiale per attivit psicomotoria, quale cerchi e coni di plastica, assi di equilibrio, trampoli, materassini e palle da gioco di diversa misura. Per quanto riguarda i giochi, nella sala ricreazione ci sono due casette e un castello di plastica, oltre che numerosi materassini; nelle aule, invece, troviamo bambole, pupazzi, puzzle, trenini, giochi ad incastro, mini-cucine, casette di plastica e passeggini. In ogni aula si possono notare numerosi cartelloni, o creati dai bambini stessi, o rappresentanti personaggi delle favole o dei cartoni animati. In particolare, laula da me maggiormente osservata abbastanza piccola; si apre sullo spazio giochi morbido, dove sono presenti, sui vari scaffali, i giochi, i fogli da disegno e i pennarelli dei bimbi. Di fronte alla grande porta a vetro posizionata la cattedra dellinsegnante e, di fianco ad essa, i banchi dei bambini; poco pi in l c il bagno, piuttosto in disparte rispetto allaula.

Vicino alla porta presente un armadio contenente i vestiti di ricambio per i bambini; dalla parte opposta, invece, c un tavolino sul quale sono posizionati gli utensili da disegno e decoro per i bambini (pastelli a cera, tempere, spugnette, brillantini, colla, pennarelli comuni, ecc.). Sulle pareti, infine, sono stati affissi dei poster di personaggi di cartoni animati e dei disegni raffiguranti i vari alunni della classe. RISORSE UMANE: In ogni aula presente uninsegnante, per un totale di cinque maestre. In una di queste aule, linsegnante era aiutata da una tirocinante gi abbastanza esperta. Non erano presenti docenti di sostegno, in quanto non cerano bambini che ne necessitavano. Infine, vi era uninsegnante esterna la quale, ogni mercoled mattina, intratteneva i vari gruppi d i bambini con attivit di musico-terapia. DESCRIZIONE DELLE ATTI Una volta arrivata alla struttura verso le 9,00, per circa mezzora le maestre aspettavano i bimbi nella sala ricreazione; quindi, li raggruppavano per classi e ciascun gruppo si dirigeva nella propria aula, dove si svolgevano le varie attivit, alternate a momenti di gioco, fino alle 12,00 circa, quando, tutti insieme, si andava alla sala mensa. Terminato il pranzo, i bimbi pi piccoli potevano riposarsi per un paio dore; gli altri, invec e, dopo la ricreazione, tornavano nelle proprie aule per continuare i giochi o terminare lattivit mattutina. Alle 15,30 arrivava il pullman, che portava alcuni bambini a casa; quindi, veniva servita la merenda ai bimbi. Dalle 16,00 circa incominciavano ad arrivare i parenti e quindi, per molti bambini, la giornata alla scuola dellinfanzia si era conclusa; gli altri, invece, rimanevano a guardare un cartone animato o a giocare fino alle 17,00 / 17,30 circa, ora di chiusura. In particolare, ho assistito allattivit i messaggi le forme e i media, dei bambini di cinque anni. Il primo obiettivo di questa attivit stato losservazione e la descrizione dettagliata di disegni o pitture altrui. Per lanalisi di un dipinto, inizialmente vengono registrate dal la maestra le osservazioni spontanee dei bambini, stimolandone poi altre con domande mirate; inoltre, vanno utilizzati termini appropriati, per stimolare i bimbi e renderli consapevoli che esistono parole specifiche per la pittura. Infine, importante anche cercare di far emergere emozioni e sensazioni dei bambini di fronte alle opere darte. Unaltra attivit importante quella che ha come obiettivo la copiatura: linsegnante invita il bambino a individuare di volta in volta gli elementi illustrati in un dato dipinto, a osservare le proporzioni tra le parti, i primi piani e gli sfondi, i colori, le caratteristiche dei segni utilizzati (spessore, continuit, forma, ecc.); vengono quindi messi a sua disposizione diversi esempi di illustrazioni disegni lineari che possono soddisfare il suo desiderio dimitare. Oltre a potenziare le abilit grafiche, saranno utili sussidi per confrontare, analizzare ed essenzializzare oggetti e figure. Dopo questa prima esperienza, la maestra potr proporre una vera e propria copiatura dautore, offrendo al bambino disegni semplici, soggettivi o astratti. A favore dello sviluppo creativo, unaltra attivit utile, individuale,consiste nel proporre al bambino un semplice disegno (ad esempio una linea ondulata, un quadrato, ecc.) al centro del foglio; dunque importante che il bambino arricchisca il segno iniziale con altri segni, in modo da ottenere la figura immaginata. Compito della maestra quello di non far copiare lattivit svolta a nessun altro bimbo, cosicch alla fine si potranno mettere a confronto i diversi risultati ottenuti. Altro obiettivo importante di questa attivit la consapevolezza delle proprie capacit e, quindi, lautostima. Unulteriore attivit svolta stata la conoscenza dei media tramite materiale aud iovisivo e canzoncine; infatti, per aiutare i bambini a familiarizzare con le lingue straniere, molto utile insegnare loro semplici canzoni o filastrocche, come ad esempio Fra Martino o Tanti Auguri A Te. Per i bimbi, conoscendone gi il significato in italiano, il gioco risulter pi semplice e divertente; le maestre potranno anche procedere a confronti con canzoni nella versione italiana: quali suoni o parole si assomigliano? Quali sono del tutto differenti? E domande simili. Sono state svolte anche attivit maggiormente manuali, come eseguire disegni in rilievo e utilizzare

materiali plastici per realizzare un prodotto. Per quanto riguarda esse, stata data a ciascun bimbo una certa quantit di creta ed stata fatta lavorare loro con le mani, in modo da eliminare eventuali bolle daria; quindi, lhanno spianata con un piccolo matterello, fino allo spessore di circa un centimetro. Su questa superficie stato fatto loro disegnare, graffiando la creta con un grosso chiodo ( molto importante, qui, la presenza di una maestra), la forma di un animale, scelto a piacere dai bimbi. Infine sono stati invitati a preparare delle lunghe striscioline di creta e quindi a posizionarle sul graffito; lattivit terminata con la decorazione finale della creta, colorandola. La maestra ha poi insegnato ai bambini che, con questo metodo, si possono realizzare numerosi oggetti o idee regalo. DESCRIZIONE DEGLI UTENTI La scuola dellinfanzia presso cui ho svolto lo stage comprende bambini dai tre ai sei anni; essi tu ttavia non sono raggruppati nelle aule in base agli anni: difatti, ogni classe comprende bambini delle varie et. La classe da me prevalentemente osservata era composta da sedici bimbi, di cui la maggioranza erano femmine; in essa non ho riscontrato situazioni problematiche; al contrario, erano tutti bimbi abbastanza calmi e tranquilli. Era inoltre presente un bambino straniero, latinoamericano, anchegli molt

1. Si dice che il buongiorno si vede dal mattino, per questo ti consiglio di cominciare subito dai primi mesi a far capire a tuo\a figlio\a l'importanza della scuola e il ruolo basilare che avr nella sua vita. Ti potr sembrare esagerato ma le classi pi importanti per non avere problemi poi in seguito sono proprio la prima e la seconda elementare: qua si former il carattere "scolastico" di tuo\a figlio\a.Il primo consiglio quello di "allearti" con le maestre: tuo\a figlio\a potr anche anche capitato in una classe dove tu non ritieni la maestra all'altezza del suo compito...ma aspetta prima di giudicare e soprattutto NON FARLO MAI davanti a tuo\a figlio\a. 2. Non voglio con questo impedirti di lamentarti nel caso il problema fosse pi generalizzato...parlane in privato con gli altri genitori e se il problema della classe o di gran parte di essa (e non solo tuo) chiedete un'assemblea straordinaria nella quale esporrete il vostro problema o i vostri dubbi e se non si risolvono qua...scrivete al Preside della scuola. 3. A ogni bambino piacciono alcune materie e non ne piacciono altre. Evitate di urlare o di arrabbiarti con lui\lei, cerca invece una soluzione parlandone con l'insegnante: alcune volte si riesce a rendere "simpatiche" anche le materie che non piacciono trovando un metodo migliore per approcciarsi all' argomento. Altro consiglio quello di non lamentarsi dei compiti a casa. I compiti servono a capire se il bambino sa

l'argomento...e anche se la cosa pesa molto, spetta ai genitori a casa "verificare" al dettaglio COSA sa fare e cosa no. 4. Ricordati che tuo figlio si sta formando e vede te come esempio. Fargli capire che la scuola bella, che la base per il suo futuro, che imparer tantissime cose...Cerca di collaborare positivamente con il corpo insegnanti: ne trarrai solo beneficio anche se ti porter via del tempo. Evita di confrontare i voti scolastici...oltre a mettere in competizione tuo\a figlio\a con la classe non serve a nulla: per esperienza ci sono voti che vengono "aumentati" per simpatia e il contrario. Se tu riesci a seguire tuo\a figlio\a a casa ti renderai conto di quello che sa e di quello che non sa evitando di mettergli ansia inutile per un' interrogazione o un compito.

L'asilo nido Ciliegio situato in una zona popolare di Venezia, precisamente a Castello. L'asilo a pochi passi da via Garibaldi, che costituisce il centro vitale del quartiere. Questa zona di Venezia ancora molto abitata e ha conservato le sue caratteristiche sociali (famiglie allargate con forte coinvolgimento di tutta la comunit), si segnala la presenza nelle nuove abitazioni di nuclei familiari extracomunitari e di flussi turistici che gravitano attorno alle esposizioni della Biennale. L'asilo bene inserito nell'ambiente sociale circostante e, oltre a partecipare alle ricorrenti feste popolari (S.Martino-Carnevale), visita i centri di interesse esterni (biblioteca, ludoteca) e collabora con la scuola dell'infanzia Sant'Elena. Anche dal punto di vista storico, questo nido espleta la sua funzione da molti anni, essendo stato in precedenza un asilo ONMI, poi ristrutturato con l'assorbimento da

il contatto con quel mondo infantile in costante evoluzione e cambiamento, limmersione in quel coriandolare di pensieri e parole, e il lasciarsi teneramente andare ad assorbirlo restituisce tout court il materiale dellarte di insegnare. a governare la propria sensibilit per farne strumento principe di esperienza e di apprendimento. Far tirocinio scegliere continuamente il flusso da seguire, il film da osservare, la pelle da toccare, far tirocinio lasciare che i discorsi, le idee, le riflessioni di chi parla di pedagogia siano sfondo integratore per

A scuola era circondato damore e tenerezza. Tutti noi gli dedicavamo grandi attenzioni, con lobiettivo di farlo socializzare e di rimetterlo in pari con lapprendimento scolastico.

Le Leggi che regolano l'Handicap nella Scuola Materna


di Rolando Alberto Borzetti

INDICE 1. Necessit della scuola materna nella societ attuale

2. La scuola dell'infanzia 3. Cosa fare in caso di rifiuto o di problemi relativi all'iscrizione? 4. Modalit di attuazione dell'inserimento 5. Programmazione obbligatoria e coordinata tra scuola ASL e Enti Locali 6. Diagnosi funzionale 7. Cosa fare se la ASL non provvede a fare la Diagnosi Funzionale? 8. Formazione delle classi 9. Profilo Dinamico Funzionale 10. Piano Educativo Individualizzato 11. Verifiche GLH 12. Cosa fare se gli operatori della ASL non partecipano ai GLH 13. L'Insegnante per le attivit di sostegno 14. Continuit educativa e didattica 15. Ausili e sussidi didattici 16. Assistenti per l'autonomia e comunicazione personale 17. Mansioni degli ex bidelli (ora collaboratori scolastici) 18. Competenze dei Comuni e Province relative all'edilizia 19. Sperimentazione 20. Finanziamenti alle scuole 21. Legge Quadro in materia di riordino cicli dell'Istruzione 22. Orientamento gi dalla scuola materna ed elementari 23. Conclusioni

La finalit della scuola materna Le finalit della scuola materna statale risultano dalla legge 18 marzo 1968, n. 444, che ne stabilisce l'ordinamento. Necessit della scuola materna nella societ attuale. L'attuale fase di sviluppo della nostra societ caratterizzata dai fenomeni connessi al processo d'industrializzazione anche nelle campagne e al diffondersi dell'urbanesimo. Tali fenomeni si sono ripercossi sulla famiglia del bambino ridotta spesso ai soli genitori, impegnati in generale in attivit extra-domestiche, per tutta la giornata. I bambini sono nella gran parte costretti a vivere senza calore di intimit, nell'angustia delle case mancanti di spazi di espansione, e privi di pi ampie relazioni.

Una edilizia appropriata, la piena disponibilit dell'edificio, il necessario apprestamento di spazi ed ambienti funzionalmente utilizzati nell'attivit educativa, sono condizione perch la scuola materna possa raggiungere le sue finalit. In essa, cosi, dovr realizzarsi un intelligente impiego degli arredamenti e delle attrezzature anche in rapporto all'igiene, all'educazione sanitaria e alla refezione e dovranno trovare posto spazi ampi ed aperti attrezzati per il gioco, per il giardinaggio, e per ogni altra torma di libera e ordinata attivit. Ma la scuola materna, mentre opera per la formazione della personalit infantile, si assume anche il compito, non meno importante dal lato sociale, di compensare la mancanza di stimolazioni culturali, riscontrabili molte volte negli ambienti da cui il bambino proviene. Diviene particolarmente raccomandabile, perci, un costante rapporto tra scuola materna e famiglia, che possa risolversi in un arricchimento culturale delle famiglie e in una loro pi efficace presenza educativa. Giacch, dunque, la scuola materna offre alle famiglie la prima, e, forse la pi importante collaborazione perch esse possano compiere pi agevolmente e con maggiore efficacia la loro funzione nella societ, e necessario che la educatrice tenga presenti le molteplici e diverse situazioni (culturali e socioeconomiche, e i diversi atteggiamenti delle famiglie stesse nei confronti del bambino e della scuola materna. Questa scuola, tuttavia, non trae la sua ragion d'essere solo dalle trasformazioni della famiglia nella societ odierna ne dalle sue eventuali carenze educative, giacch giova alla generalit dei bambini, qualunque sia il livello economico e culturale del loro ambiente di provenienza. Fattori di ordine psicologico fanno dell'et che inizia verso i tre anni un periodo di sviluppo con caratteri peculiari, diversi da quelli dell'et precedente, e tali quindi che richiedono un'esperienza educativa pi varia di quella che il bambino vive in famiglia. Egli ha necessit di arricchire il mondo delle sue esperienze e di variarle, cosi come ha necessit di attingere una vita sociale pi ampia e un rapporto educativo pi stimolante. La scuola materna si organizza in risposta a tali esigenze, e, proprio per il compimento di questa funzione, deve ricercare un'armonica collaborazione con la famiglia. Rispetto a questa, la scuola materna non deve in alcun modo considerarsi sostitutiva. La famiglia promuove le esperienze fondamentali di vita del bambino e lequilibrata organizzazione della sua personalit in tutte le sue dimensioni.

Da parte sua, la scuola materna allarga e integra lopera educativa dei genitori nella misura in cui essa orienta le relazioni del bambino con il mondo esterno, attraverso lincontro e la convivenza con i coetanei. Tali relazioni, che nei primi anni di vita del bambino sono impostate secondo un prevalerne rapporto di dipendenza, assumono progressivamente caratteri di collaborazione e di reciprocit. L'educatrice della scuola materna assume, cosi, una funzione sociale primaria, della quale deve avere coscienza per adempiervi efficacemente. Per assolvere compiutamente alla sua funzione, che volta allo sviluppo della personalit del bambino in tutte le sue dimensioni, occorre che leducatrice abbia cura di provvedere alla creazione di un ambiente totalmente educativo, sia nella sezione a lei affidata che nellintera scuola, in collaborazione con le altre educatrici e con tutto il personale. Materiale didattico, spazi chiusi e all'aperto, provvidenze assistenziali, attivit didattiche specifiche, personale docente e specializzato, rapporti con le famiglie e con la comunit acquistano un valore educativo solo quando il loro impiego e il loro svolgimento abbiano presente il bambino e l'insieme dei bambini nella pienezza della loro persona in un contesto armonico e stimolante. La personalit del bambino La personalit si costituisce come risultante delle dotazioni native e delle influenze ambientali. La corretta impostazione dei rapporti genitori-bambino, famiglia-scuola materna, bambino-coetanei, bambino-educatori, assume somma importanza per la particolare incidenza che le esperienze dei primi sei anni hanno nei riguardi dello sviluppo della personalit per tutto il corso della vita. Dalla natura e dal modo di svolgersi di tali rapporti dipenderanno infatti, in larga misura, le caratteristiche fondamentali della futura esistenza individuale e sociale e, in particolare, il livello e la qualit della vita intellettiva, i sentimenti, gli atteggiamenti e i comportamenti che si manifesteranno nell'et adulta. Per aiutare il bambino a svolgere in modo autonomo le sue capacit native e per predisporre condizioni ambientali favorevoli, leducatrice dovr avere ben presenti le caratteristiche fondamentali dello sviluppo della personalit, con riferimento non soltanto al periodo dai tre ai sei anni, ma anche a quello che precede l'et della scuola materna ed a quelli che la seguono.

L'insegnante per le attivit di sostegno E' un insegnante specializzato, previsto dalla Legge 517/77, che viene assegnato, in piena contitolarit con gli altri docenti, alla classe in cui inserito il soggetto portatore di handicap per attuare "forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap" e "realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni" Viene nominato dal Provveditore agli Studi della Provincia, su segnalazione delle scuole che prevedono la presenza nel Circolo, di alunni portatori di handicap certificati. Ogni anno, con le nuove pre-iscrizioni, ogni Istituzione scolastica determina il numero dei soggetti portatori di handicap iscritti, valuta la gravit ed i bisogni di ogni singolo caso e chiede all'Ufficio Provveditorato l'assegnazione di un numero di insegnanti di sostegno. L'insegnante di Sostegno assume l'impegno di collaborare pienamente con i colleghi nell'impostazione e realizzazione del progetto educativo-didattico riferito all'alunno h., mette a disposizione la propria competenza, correlata alla specializzazione didattica, e a predisporre i relativi percorsi e strumenti; assume la corresponsabilit dell'attivit educativa e didattica complessiva nella sezione, modulo o classe cui viene assegnata; svolge compiti di collaborazione con le famiglie e le strutture sanitarie del territorio (C.M. 184 del 3/7/91). La quantificazione oraria nel rapporto insegnante/alunno viene stabilita in base al Progetto Educativo che si fonda sui bisogni dei singoli soggetti rapportati alle diverse gravit di handicap. L'insegnante di sostegno partecipa, nella scuola elementare, in piena contitolarit e corresponsabilit, come pure alla valutazione di tutta la classe cui stata assegnata, compresi i soggetti handicappati. Le modalit con cui viene assegnato l'insegnante di sostegno sono quelle esplicitate nel D.M. n331/98 artt.37 e 41 come integrato dall'art.26 comma 16 della Legge 448/98. Ci significa che non vi sar pi la nomina di un insegnante ogni quattro alunni in situazione di handicap, ma che il Provveditore potr disporre nell'organico di un posto ogni 138 alunni frequentanti le scuole statali della Provincia.Questi posti verranno poi assegnati alle singole scuole secondo le richieste avanzate dai Dirigenti Scolastici, documentate con Diagnosi

Funzionale e corredate di progetto di integrazione. Se il numero di posti calcolati con l'operazione precedentemente indicata (1:138), il Provveditore pu concedere delle deroghe e nominare dei supplenti per le ore mancanti. Ci in base all'art. 40 comma 3, L.449/97 e dall'art.26 comma 15, L.448/98. Quali sono i problemi ricorrenti per il sostegno? 1) Il ritardo nel tempo di nomina, che legato a tutto il movimento dei trasferimenti degli insegnanti ed un problema che va risolto a livello di Ministero della Pubblica Istruzione. 2) La rotazione continua degli insegnanti di sostegno da un anno all'altro. 3) La quantit delle ore: c'e' una riduzione crescente delle deroghe a causa delle restrizioni delle leggi finanziarie. Per un fatto positivo: nella Legge Finanziaria del 2000, L.448/99, all'art.21 comma 2, mentre impone la riduzione del numero di insegnanti, esclude quelli di sostegno, facendo salvo l'art.40, commi 1 e 3 della Legge 449/97, che prevedono sia la nomina di insegnanti specializzati secondo il nuovo rapporto un posto ogni 138 alunni, sia la nomina in deroga di ulteriori insegnanti di sostegno. 4) La qualit della prestazione (leggere nel sito della Federazione Associazioni Docenti per il Sostegno: Fadis), e la Qualit dell'Integrazione Scolastica,da Introduzione nel sito di Pavone Risorse di Dario Ianes e Mario Tortello). Cosa pu fare un genitore? Riguardo ai punti 1 e 3, segnalare il disagio al Gruppo di Lavoro Interistituzionale del Provveditorato (GLIP). Per quanto riguarda il punto 2 si ricorda l'art.40 del D.M. n331/98 che ribadisce l'obbligo della continuit educativa. Per quanto riguarda il punto 4, fare un esposto sul disservizio al Provveditore e, per conoscenza, al Ministero della Pubblica Istruzione Ufficio di Gabinetto ed Osservatorio permanente sull'integrazione scolastica presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Continuit Educativa e didattica

La continuit educativa e didattica del processo di integrazione scolastica tra i diversi gradi dell'istruzione pubblica, garantita e disciplinata da disposizioni legislative ed amministrative. La stessa Legge quadro prevede "forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore" (Legge 104/92, art. 14, comma 1, lettera c). Per quanto riguarda la scuola dell'obbligo la normativa di riferimento pi importante la C.M.1/88. Questa normativa indica criteri e modalit di raccordo a livello didatticoistituzionale per agevolare il passaggio dell'alunno handicappato da un ordine di scuola a quello successivo. Prevede incontri tra gli operatori scolastici e socio - sanitari, la trasmissione di notizie e documentazioni e in particolare la possibilit che l'insegnante di sostegno della scuola di provenienza segua l'alunno nella fase di passaggio e di iniziale frequenza della nuova istituzione scolastica. Sulla continuit educativa in senso lato e per tutti gli alunni (ivi compresi gli alunni con handicap)si parla nel D.M. del 16/11/90 e nella C.M. 339/92. Nel collegato alla legge finanziaria 662 del 23/12/96, art.1 comma 72, previsto il principio che sancisce :" garantita la continuit del sostegno per gli alunni portatori di Handicap". Tale norma ribadita dal citato art. 40 del D.M. n331/98. Infine, tra le ipotesi di sperimentazione il D.M. n331/98 all'art.43 indica anche
Servizio Mensa La mensa scolastica un momento fondamentale per l'acquisizione di comportamenti alimentari corretti, in grado di favorire un armonico sviluppo della persona in crescita. Il servizio mensa garantito ad entrambi i plessi della scuola primaria e alla secondaria di primo grado. L'Amministrazione Comunale di Trenzano attraverso listituzione del servizio mensa scolastica nelle scuole in cui l'organizzazione del tempo scolastico comporta la necessit di consumare a scuola il pranzo, intende perseguire i seguenti obiettivi: - soddisfare le esigenze delle famiglie in termini di assistenza alimentare al minore; - favorire occasioni di educazione alimentare;

- promuovere momenti educativi durante lesperienza comunitaria e di aggregazione. AI fine di garantire unadeguata formazione in ambito igienico-sanitario alimentare ai piccoli utenti del servizio, sono stati svolti in collaborazione con la societ che fornisce i pasti percorsi di educazione alimentare nel periodo di marzo-aprile. Le scuole coinvolte sono state la primaria del Comune di Trenzano e la primaria di Cossirano. Hanno partecipato tutte le classi di ogni scuola, dalla prima alla quinta. L'argomento trattato nel primo incontro, stato il seguente: Laboratorio del gusto. Nel secondo incontro sono stati trattati due argomenti: con i pi piccoli di prima e seconda di Trenzano si affrontato La piramide alimentare, mentre con il resto delle classi, in accordo con il

Un progetto di tirocinio diretto per gli studenti universitari centrato sulle attivit di accoglienza e di inserimento nei primi giorni di scuola. Obiettivo: lattenzione alla relazione. LUniversit della Valle dAosta ha promosso, per il mese di settembre 2001, un progetto di tirocinio diretto per gli studenti del III e IV anno del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria. Tale progetto, che, nella sua prima fase, si articolato in cinque giornate lavorative consecutive, ha visto, durante la prima settimana di scuola, la partecipazione costante degli studenti universitari alle varie attivit svoltesi, nellintero arco della giornata, nelle classi di scuola dellinfanzia e scuola elementare disponibili per tale iniziativa. La presenza di coppie di studenti (futuri insegnanti), in questo particolare momento stato proposto con lobiettivo di consentire loro di osservare, da una posizione privilegiata, lavvio dellanno scolastico, con particolare riferimento alle attivit diaccoglienza e di inserimento, consapevoli del fatto che gli effetti di ci che avviene in questo periodo influenzeranno la scolarit dellalunno per tutto lanno a venire, sia negli aspetti cognitivi che in quelli comportamentali. Non rappresenta certo una novit per i laureandi e i quasi laureandi di Aosta la segnalazione della necessit, in particolare con bambini di scuola materna ed elementare, di una particolare attenzione alla relazione; della necessit di essere consapevoli del peso e delleffetto degli sguardi e delle parole utilizzati, in particolare, nelle prime fasi della costruzione del delicato

rapporto alunno/insegnante; della necessit di essere disponibili ad apprendere con e dagli altri, costruendo insieme il percorso, poich questi ed altri argomenti sono stati spesso ed ampiamente trattati nei corsi dellarea trasversale da loro seguiti, a partire dalla Psicologia dello sviluppo, alla Psicodinamica delle relazioni familiari, alla Didattica generale ed alla Sociologia delleducazione. Lo scopo era per di consentire agli studenti di constatare personalmente, di toccare con mano attraverso lo strumento dellosservazione partecipante, di rendere chiaro ed evidente, ci che poteva essere stato intuito e percepito, di potersi rappresentare con esempi di situazioni concretamente vissute concetti e problematiche affrontati, stabilendo ancora una volta quellarticolazione tra teoria e prassi fondamentale allinterno del paradigma socio-costruttivista, al cui modello si ispira il progetto didattico dellUniversit valdostana.

Ai tirocinanti, durante un incontro con i supervisori del tirocinio e gli insegnanti delle classi accoglienti stato illustrato il progetto. Si insistito particolarmente sulla complessit dei rapporti che intercorrono fra sviluppo, educazione, apprendimento e contesto sociale, sulle influenze reciproche esercitate da tutti gli attori coinvolti nel processo educativo poich la condizione minimale per un successo risiede nella costruzione della intersoggettivit fra insegnante ed alunno (Carugati-Selleri,1996),

richiamando il concetto di contratto pedagogico. Si sono sottolineate le modalit dellosservazione partecipante, che prevede un coinvolgimento diretto e consapevole del ricercatore con loggetto studiato, la sua interazione con gli altri attori sociali: losservatore scende sul campo, osserva e partecipa, sospende ogni giudizio ed evita limmedesimazione con uno o pi dei soggetti osservati, ma, soprattutto sa che egli stesso uno degli attori, che la sua presenza interviene nel processo e, pertanto, ne tiene conto sia nel momento in cui agisce/osserva, sia quando rielabora i dati (Corbetta, 1999). Durante lintera settimana stato richiesto agli studenti che tenessero una sorta di giornale di bordo, su cui poter lavorare in aula e, a partire dai dati emersi, organizzare un incontro di restituzione agli insegnanti delle classi accoglienti, che dovr aver luogo nel secondo semestre dellanno accademico. Durante lincontro, agli insegnanti coinvolti, verr consegnato un documento relativo alla rielaborazione dei dati.

Tirocinanti e insegnanti: il contratto Caratteristiche del progetto:

- definito e concordato con gli studenti; - anticipato alle famiglie; - chiarito ai bambini. Obiettivi: - saper accompagnare i bambini, senza imporsi; - saper intuire i bisogni dei bambini ed aiutarli ad esplicitarli; - saper contenere le ansie dei bambini; - saper ascoltare; - osservare; - sviluppare lempatia (ascoltare il bambino che dentro di noi per entrare in sintonia con i bambini che si hanno davanti). Il processo che si mette in atto di regressione e progressione continua. le insegnanti osservano... Immaginatevi: prima settimana di scuola, 60 bambini e relative famiglie, 7 insegnanti, 3 bidelle, 6 tirocinanti: avrebbe potuto essere una miscela esplosiva, invece... Perch ha funzionato cos bene? Facciamo un passo indietro. Durante la prima settimana di settembre, quando gli insegnanti di scuola dellinfanzia si riuniscono per definire a grandi linee il loro progetto educativo, abbiamo ricevuto dal corso di laurea in Scienze della formazione primaria la proposta di essere affiancate dagli studenti, i futuri insegnanti, durante il primo periodo di accoglienza. La nostra scuola ha aderito con entusiasmo alliniziativa, facendo alcune considerazioni che per altro erano gi state esplicitate dai supervisori in fase di organizzazione: che gli studenti coinvolti in un momento cos delicato non fossero di primo pelo, fossero cio gi formati alla relazione con i bambini e che la loro presenza fosse continuativa e stabile per un determinato periodo di tempo. Abbiamo quindi concordato con gli studenti stessi i tempi e le modalit della loro collaborazione, in funzione del nostro progetto di accoglienza. Questa sperimentazione stata presentata alle famiglie nel corso della consueta riunione preliminare, in modo che la presenza degli studenti fosse vissuta con fiducia, come una risorsa preziosa. Gli studenti si sono presentati dal primo giorno ai bambini nel loro ruolo di futuri insegnanti ed hanno saputo avvicinarsi ad ognuno di loro senza imporsi, con delicatezza, sensibilit e competenza, una competenza soprattutto relazionale, indice di una professionalit gi presente, pronta ad essere arricchita dallesperienza. Lincidenza del loro intervento, nella sottile alchimia del primo periodo di

scuola, si tradotta soprattutto nel liberare energie preziose che le insegnanti hanno potuto investire nellaccogliere serenamente le famiglie, dedicando loro il tempo necessario a stabilire quel rapporto di fiducia che sar il lasciapassare per qualsiasi proposta didattica futura. Se accogliere un bambino significa mettersi al suo servizio, intuire le sue esigenze ed aiutarlo ad esplicitarle, rispettare i suoi tempi, contenere le sue ansie, accompagnarlo nellincontro con gli altri e nella scoperta dellambiente, evidente che moltiplicare le risorse una carta vincente. Lesperienza di questo inizio di anno scolastico ha dimostrato chiaramente che i bambini accettano serenamente la presenza di pi figure di riferimento purch queste si relazionino con loro con sensibilit ed empatia, in un contesto chiaramente definito e per questo rassicurante. La presenza di figure maschili, purtroppo ancora rare nel nostro ordine di scuola, ha ulteriormente arricchito lesperienza, permettendo ai bambini di sperimentare modalit relazionali differenti. In conclusione, riteniamo che per gli studenti, il mettersi in gioco in prima persona nella relazione con i bambini in un momento particolarmente delicato, sia stata unesperienza formativa, cos come per noi insegnanti, stato arricchente confrontarci nella pratica quotidiana con questi futuri colleghi. Ci auguriamo che per gli anni prossimi questa collaborazione diventi prassi consolidata, possibilmente per un periodo di tempo anche un po pi esteso. Le insegnanti della scuola materna di Piazza San Francesco Gli studenti osservano... A mio avviso, le competenze che ho acquisito al terzo anno di formazione e che ho mobilitato nel tirocinio accoglienza possono essere cos riassunte: - la dimensione etica del mtier denseignant, con la riflessione sugli atteggiamenti dei bambini, ma soprattutto sul mio! - la capacit di far fronte agli imprevisti! (lavoro con lo staff pedagogico del Corso di Laurea); - la capacit di osservare le relazioni tra gli attori coinvolti: bambini, genitori, insegnanti, in tutte le combinazioni. Sono quasi pi divertenti gli adulti dei bambini ! (corso di Sociolo- gie de lducation) ; - saper accogliere tutti i bambini anche nel gioco libero allaperto, facendo giocare i bambini pi timidi (corso di ducation la motricit); - la considerazione e lattenzione per le produzioni dei bambini facendo

sempre loro raccontare ci che hanno disegnato (Tecniche della rappresentazione, Arts plastiques ). Marie-Claire Il tirocinio, svoltosi durante la seconda settimana di settembre, ci ha permesso di osservare un momento molto importante dellanno scolastico: linizio delle lezioni. Losservazione non si limitata al semplice guardare, ascoltare, annotare da parte di noi tirocinanti, ma ha implicato un contatto con lambiente, un coinvolgimento nelle attivit, una mise en situation totale, in linea con le modalit dellosservazione partecipante. Per quanto riguarda i legami che ho potuto cogliere tra i corsi da noi seguiti e lesperienza pratica di tirocinio, ho potuto notare soprattutto riferimenti a Didattica Generale e Pedagogia Generale (ad esempio, la scuola che mi ha ospitato utilizzava da tre anni una didattica per progetti, mentre prima si muoveva su sfondi integratori. Ho pertanto avuto la possibilit di osservare le tappe, i vantaggi, gli inconvenienti di queste due didattiche di cui si era parlato a lezione). Ho inoltre potuto ritrovare alcuni aspetti trattati durante i corsi di Tecniche della Rappresentazione, durante gli ateliers di pittura, di disegno e di educazione motoria, durante i momenti di esercizio fisico o di gioco. Importante stato anche lascolto dei dialoghi tra i bambini e tra essi e linsegnante, dove mi sono stati utili i riferimenti a Linguistica generale e losservazione dei comportamenti e delle interazioni tra compagni, dove ho ritrovato elementi di studio (egocentrismo, conflitti socio cognitivi, grammatica universale...) della Psicologia dello sviluppo. Clarissa

Abbiamo notato una grande differenza tra le scuole per quanto riguarda laccoglienza dei bambini di 3 anni. Le situazioni in cui i bambini avevano meno difficolt ad inserirsi e a lasciare i genitori erano quelle in cui: - linserimento era graduale (pre-inserimento: i bambini avevano avuto la possibilit di frequentare per un giorno la scuola materna lanno precedente di iscrizione. I bambini non entravano tutti insieme, ma a gruppetti, suddivisi nel corso della settimana. Nella prima settimana i bambini di 3 anni non potevano fermarsi alla mensa); - il bambino riceveva delle attenzioni individuali da parte delladulto attraverso gesti e parole (adulto che accompagna). Elena, Natascia, Arianna, Vive Il tirocinio svolto nella scuola materna in Piazza S. Francesco ad Aosta stata unesperienza significativa per la mia formazione di futuro insegnante. Un duplice compito mi ha accompagnato per tutta la settimana del tirocinio: da una parte sostenere i bambini di 3 anni nel loro ingresso alla scuola materna, dallaltra affiancare le insegnanti nel difficile compito di accogliere i piccoli alunni in una struttura ancora sconosciuta, con delle regole e soprattutto in una classe con altri bambini: il bambino passa infatti dalla famiglia, ambiente protetto e conosciuto, ad un ambiente tutto da scoprire con figure nuove, linsegnante ed i compagni. Durante i cinque giorni di tirocinio, ho potuto osservare il distacco tra famiglia e bambino, a volte sereno, dove il bambino entrava felicemente nella classe e iniziava a giocare, senza neppure salutare la mamma o il pap che se ne andavano con uno sguardo rattristato per un mancato bacio; altre volte, invece, il distacco era un po pi problematico perch accompagnato da calde lacrime ed urla disperate. Ho potuto quindi osservare direttamente le dinamiche tra i bambini: alcuni hanno subito stretto amicizia con gli altri compagni, mentre altri hanno avuto bisogno di pi tempo per ambientarsi, per altri ancora, il momento della separazione dai genitori stato vissuto come un abbandono senza precedenti. [Nota del supervisore di tirocinio: in questo caso, si evidenzia la necessit di competenze nellambito affettivo-relazionale, nel sapere contenere le ansie dei bambini, nellaccogliere la loro preoccupazione, esplicitata anche sotto forma di rabbia ed aggressivit restituendogliela bonificata]. Una settimana, dunque, di studio sul campo, passata troppo in fretta, dove per la prima volta ho sentito dei bambini chiamarmi Maestro, che brivido! Ho potuto constatare di persona il significato di questa figura

perch non ero pi uno studente che nellangolo di una classe prendeva appunti, ma un maestro aggiunto che affiancava le insegnanti nellaccoglienza dei bambini pi piccoli. Laurent Lesperienza di tirocinio vissuta a Roisan ci ha permesso di evolvere ed ampliare le nostre concezioni riguardo allinsegnamento. Per la prima volta eravamo inserite in un contesto scolastico per un periodo relativamente lungo: una settimana! Ci ci ha permesso di conoscere i bambini, di essere in stretto contatto con loro e con le insegnanti, ci ha consentito di cogliere in una forma pi pragmatica, la dimensione etica della professione docente. Accogliere i bambini significa anzitutto rispettarli, riconoscere pari dignit a tutte le loro esigenze; laddove linsegnante offre agli alunni gli strumenti per orientarsi e superare le difficolt (Blandino, 1995). Maura e Tania Complessivamente possibile fare una valutazione positiva delle attivit svolte: i ragazzi hanno mostrato grande partecipazione e desiderio di mettersi in gioco. A partire dalle osservazioni degli studenti riportate nella rivista, emergono alcune considerazioni. Innazitutto lutilit di svolgere sul campo delle attivit atte a promuovere il reinvestimento degli apprendimenti accademici, la consapevolezza della molteplicit di competenze necessarie alla professione docente, che non possono esaurirsi nellambito cognitivo disciplinare, ma devono contemplare anche la capacit di ritrovare il bambino che siamo stati e che in noi, per poter soddisfare e riconoscere i bisogni affettivi dei nostri piccoli alunni. (Lvine-Moll, 2001). Lattenzione alla persona, la padronanza della capacit di relazionarsi con gli altri, soprattutto nellinstabilit emotiva ed organizzativa dei primi giorni di scuola, impongono un ascolto permanente, unattenzione acuta e costante, unosservazione vigile, una sensibilit crescente; senza dimenticare che, in un contesto iniziale di reciproca conoscenza, la fiducia in se stessi e negli altri non deve mai venire meno. Mon cur sattendrit la vue de ces larmes qui coulent sur cette beaut enfantine qui exprime la peur et le dsarroi. Instinctivement, je mapproche , je vais vers lenfant et...je perois dans son regard mon tranget .

Ctait ltranget des grandes personnes que je constatais.(...) Je ne leur reprochais rien : cela allait de soi, elles taient connues, a ctait leur espce ; je les trouvais simplement tranges. Et je me demandais comment, ayant t petits et tant devenus grands, les gens pouvaient tre si tranges, puisquils avaient aussi t des enfants. Et je me disais : Quand je serai grande, je tcherai de me souvenir de comment cest quand on est petite. (DOLTO F. (1986), Enfances, Le Seuil). Cest travers ces yeux perdus que je me suis rendue compte que mon lan tait parti de mon propre besoin de construire un bien affectif avec cet enfant pour assumer le rle dadulte protecteur. Puis, je me suis demande si, au contraire, mon rle ntait pas celui daider lenfant avoir un nouveau rle, autre que celui denfant de ses parents. Sidonie Carmen Jacquemet Insegnante di scuola elementare. Attualmente fa parte dello staff pedagogico del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria. Si occupa della supervisione del tirocinio e del coordinamento con le attivit didattiche. membro del Comit Technique dellcole Valdtaine. Bibliografia Lvine J., Moll J., Je est un autre. Pour un dialogue pdagogique Psychanalyse, EFS. Corbetta P., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino. Blandino G., Granieri B. (1995), La disponibilit di apprendere, Raffaello Cortina.

LALTERNANZA DI TEORIA E PRATICA: UNA COSTANTE DELLINSEGNANTE RIFLESSIVO IN FORMAZIONE Questo breve intervento vuole illustrare la realizzazione del tirocinio universitario nella nostra scuola, la forza che esso ha assunto in questi quattro anni come motore di riflessione sul nostro percorso formativo. La presenza di futuri insegnanti una presenza che non concede sconti, che mette in moto pensieri e azioni, che puntualizza e modifica pratiche gi codificate. Partendo da una contestualizzazione storica, che illustra il rapporto della scuola Rinnovata con il tirocinio, si passati poi ad interpellare i vari attori di questa formazione, ognuno dei quali ha partecipato definendo la propria posizione e articolandola in una dimensione dialettica con gli altri. La visione quella di uno spaccato della nostra scuola, in cui contemporaneamente, come in un puzzle, pluralit di figure agiscono e si mettono in gioco. La specificit dei singoli interventi (bambini, studenti, tutor, dirigente, supervisore) non deve per mai farci scordare laccordo e la partecipazione che stanno alla base di questo cammino. Come in unorchestra ognuno ha di fronte il proprio spartito, sa che cosa deve suonare, ma la musica per potersi definire ed eseguire al meglio, senza anticipi e senza stonature, deve essere innanzitutto conosciuta da tutti e profondamente condivisa. Il tirocinio un banco di prova in cui non vengono semplicemente passati dei contenuti agli studenti, gli attori di questo processo entrano in una relazione che implica ricerca e modificazione. Un primo passo, anche se a volte inconsapevole, quello di riflessione sullidea che si ha di insegnante e di bambino. Laccogliere in classe uno studente, e la conseguente relazione che si instaurata con lui, porta naturalmente ad approfondire e a riflettere sulla propria idea di professionalit. Ripercorriamo ora, come in un breve viaggio nel passato, il tirocinio che si realizzato lungo il corso degli anni nella nostra scuola, lasciando poi la parola agli attori che hanno interagito in questo progetto. LA SCUOLA RINNOVATA E IL TIROCINIO Nella scuola elementare Rinnovata[1], come in tutte le scuole a metodo, lesperienza di tirocinio sempre stata una pratica definita, innanzitutto pe r la realizzazione del corso Pizzigoni, strumento principe di formazione per gli insegnanti che entravano nella nostra scuola. Da sempre accoglienza, tirocinio, coniugazione tra pratica e teoria, si rincorrevano nei corridoi della scuola, con il camminare di insegnanti esperti e insegnanti esordienti e, ribaltando lottica di lettura e il punto di vista, erano proprio gli insegnanti tirocinanti a rimettere in discussione una pratica gi formalizzata,

ponendo la curiosit di uno sguardo nuovo, rimettendo in circolo la linfa vitale di un nuovo inizio. Il corso si articolava in una costante alternanza tra lezioni teoriche, gestite da pedagogisti e da insegnanti della scuola, e immersione nella pratica didattica delle cinque classi; lo studente aveva cos una panoramica del metodo applicato dalla prima fino alla quinta elementare[2]. In seguito al mancato rinnovo del decreto di fattibilit del corso, lospitalit stata offerta costantemente agli Istituti Magistrali e ai Licei Psicopedagogici. Il tirocinio, in questo caso si sostanziava in un momento di visita diretta alla struttura scolastica e a qualche laboratorio, molte volte senza una riflessione approfondita sullesperienza vissuta. Con il modificarsi della legge[3] la scuola si aperta al tirocinio universitario, che si presentato con caratteristiche diverse dai precedenti tirocini, comportando un percorso molto pi articolato e differenziato in ogni sua annualit. Dallosservazione mirata alle relazioni, a spazi e a materiali, ad un pensiero orientato verso le attivit didattiche e le discipline, alla compartecipazione condivisa con il tutor, fino alla gestione autonoma di alcune parti di percorsi e, in alcuni casi, alla progettualit e alla realizzazione di interi progetti documentati dalle relazioni finali. La conoscenza e lattivit realizzata a scuola sono state ogni volta contestualizzate[4] e poste in relazione con altri saperi, discusse e condivise nel gruppo di supervisione in un confronto costante con gli altri studenti. Il tirocinio diventato in questo modo non pi un luogo di formazione statica e conclusiva, ma un luogo aperto dove possibile sempre un ritorno e una modifica. Alla base di questo cambiamento c tra le altre cose la valorizzazione del nuovo insegnante come del portatore di una cultura nuova e forse pi approfondita, che per ha la necessit di confrontarsi con la pratica e la quotidianit in un rimando costante, insieme alla volont di rendere patrimonio culturale quello che esperienza pratica. Patrimonio inteso come esperienza condivisibile, ripetibile e modificabile affrancata dalla solitudine e dalla irripetibilit dellatto. LA VOCE DEI BAMBINI Per indagare sullidea che i bambini si fanno del tirocinante e sul perch venga a scuola sono state poste alcune domande in una classe terza[5]. Si tratta dellinizio di una ricerca[6] che continuer durante tutto lanno e che per il momento non ha alcuna pretesa di completezza. Le risposte ci illuminano, per, su un immaginario relativo allo studente-tirocinante ed al buonmaestro, che ben delineato nella mente dei bambini. Secondo te perch i tirocinanti vengono a scuola? "Gli studenti vengono a scuola perch devono diventare maestri." "Perch devono imparare come trattare i bambini." "Gli studenti vengono a scuola per fare delle

prove con i bambini." "Per vedere i bambini e vedere da unaltra maestra che lo fa." "Per studiare." "Per imparare a comportarsi da maestro." "E importante che vedano i bambini e come si comportano." "Vanno a scuola per imparare a studiare delle cose difficilissime e diventare pi bravi." "Gli studenti vengono a scuola perch vogliono imparare." Che cosa deve fare un buon maestro? "Un buon maestro deve insegnare le cose ai bambini." "Essere simpatico e intellettuale." "Un buon maestro deve essere serio, amichevole e gentile." "Deve conoscere." "Deve insegnare bene, vuol dire ripetere pi volte, spiegare ogni volta che qualcuno non ha capito, essere paziente." "Dovrebbe non solo sentire i consigli della maestra (esperta), ma anche fare quello che gli viene in mente per essere bravo.""Deve far studiare." "Il maestro deve diventare amico dei bambini." "Deve sgridare i bambini. Essere buono quando serve e severo quando serve." "Fare giocare i bambini, farli studiare, ma anche fargli capire che importante rispettarsi, se no si ammazzano di botte." "Un bravo maestro deve fare pratica con dei maestri professionisti." "Un buon maestro deve essere gentile e bravo." Che cosa consiglieresti a chi deve diventare maestro? "C bisogno di lavorare sodo. Io gli consiglierei di farsi coraggio e di fare lavori divertenti, cos ai bambini li fai divertire." "Di insegnare bene." "Gli consiglierei di stare attento e sfruttare le sue idee." "Deve ascoltare un maestro (pi esperto)." "Gli consiglierei di ricordare quando era alunno." "Imparare a comportarsi bene. "Gli consiglierei di essere bravo alle elementari, medie e superiori e poi di essere bravo in tutte le materie." "Io gli consiglierei di cercare di non arrabbiarsi con i bambini." LA VOCE DI UNO STUDENTE La scelta di uno studente a cui affidare la parola, non stata facile. Sono gi quattro le relazioni finali che si sono realizzate con il tirocinio attuato nella scuola. Moltissimi studenti delle varie annualit sono stati e sono accolti. Si pensato, pertanto, di interpellare chi ha iniziato ora lesperienza del quarto anno ed nel pieno della sua avventura. Parla Gabriele Santamaria[7]:Il tirocinio effettuato a scuola stato senzaltro una delle esperienze pi formative dellintero corso di laurea, poich mi ha consentito di provarmi sul campo, dandomi la possibilit di sperimentare le mie capacit in ambiente protetto. Il tirocinio mi ha consentito di capire pi profondamente la realt e il funzionamento della scuola, cosa che sarebbe risultata pi nebulosa se lo studio si fosse fermato alla semplice teoria contenuta nei libri. Fondamentale stata la presenza del tutor. Sono stato molto fortunato, perch mi sempre capitato di incontrare insegnanti tutor molto professionali e realmente

innamorati del loro lavoro. Una, tra questi insegnanti, anzi diventata per me una figura importantissima nella mia formazione, poich, osservandola al lavoro e facendo tesoro dei suoi consigli, quando ero io a realizzare alcune attivit con i bambini, credo di aver imparato moltissimo in relazione alla gestione della classe e ad un certo modo democratico e non direttivo di insegnare. Molto ha contato anche il gruppo di supervisione, sia per la preparazione, sia per la rielaborazione dellesperienza effettuata in classe. Il confronto tra studenti, che ci stato consentito in queste riunioni, ha permesso di sollevare discussioni formative a partire da racconti di fatti concreti accaduti nelle classi. LA VOCE DI UNA TUTOR Anche in questo caso lindividuazione del tutor a cui dar voce non stata semplice, si privilegiata uninsegnante che avesse sperimentato tutte le annualit del tirocinio universitario, compreso lultimo anno con relazione finale. Parla Anna De Luca, insegnante della prima C, che ha accolto nella sua classe, durante questi anni, cinque studenti universitari, alcune relazioni finali in ambito linguistico sono state realizzate grazie al suo contributo[8]: La disponibilit a ricevere in classe gli studenti tirocinanti nata da unesperienza, anzi dal RICORDO di unesperienza di tirocinio: il mio. Durante gli anni delle superiori, in particolare allultimo anno, la professoressa di tirocinio ci portava a visitare varie scuole e in alcune provavamo a fare le prime esperienze attive con i bambini. Non tutte queste visite sono state positive, non tutte le attivit pratiche svolte con i bambini sono state un successo, non tutte le insegnanti che ci accoglievano lo facevano volentieri, ma tutto linsieme di queste esperienze mi ha formato come insegnante. Ci che di positivo ho potuto intravedere nelle lezioni a cui ho assistito, lho utilizzato, potenziato, arricchito; tutto ci che soggettivamente reputavo negativo, o perlomeno non conforme alle mie modalit, lho comunque trasformato, modificato, e qu indi, in qualche modo, riutilizzato. Il tirocinio svolto in Rinnovata, poi, quello obbligatorio per conseguire il titolo per linsegnamento in questa scuola di metodo, stata per me unesperienza totalmente positiva, coinvolgente, arricchente. Ho notato che per molti studenti della facolt di Scienze della Formazione Primaria, al primo anno, il tirocinio lunica opportunit per entrare a contatto i bambini nellambito scolastico. I bambini diventano alloraquesti sconosciuti, fanno un po di paura al nov ello maestro che li vede con occhi distaccati, quasi clinici, cercando di ricordare la tal teoria che ha appena studiato o la tal regola che ha osservato lui stesso da studente. Cercando nei ricordi di studente elementare e nella memoria degli studi appena fatti il nuovo maestro si improvvisa educatore, pedagogista, psicologo, comunicatore, creatore, fantasista e .tanto altro. Larte dellimprovvisazione , a dispetto del termine, unarte fine,

studiata, precisa, che proviene da tanta esperienza. Torno, appunto, allesperienza: solo entrando in una classe, osservando, intervenendo, discutendo con linsegnante, scambiandosi opinioni, teorie e convinzioni, confrontandosi con la realt quotidiana, fatta non solo di teoria ma di tanta pratica, parlando con i bambini, provando a lavorare con loro, cercando modalit diverse, strategie alternative, attingendo a materiali diversi, studiando, s, ma anche sperimentando attivamente ci che si appreso ecco, solo con questa pratica, con questo tipo di esperienza il maestro entrer nella sua classe con una percezione giusta dellinsegnamento, del ruolo dellinsegnante, dei contenuti da trasmettere, dellattore principale di tutta la sua azione: il bambino. In questi anni ho voluto dare ai ragazzi questa opportunit, senza creare per loro falsi spazi, lezioni fasulle o bambini scimmiottanti ed indottrinati. Quello che hanno visto stata lesatta realt, bella o brutta che fosse, e con essa si sono confrontati. A loro limpressione finale: che sia stata positiva o meno spe ro che da questa esperienza sapranno imparare, come ho fatto io a mia volta. Concludo affermando, senza tema di esagerare, che l'esperienza del tirocinio stata positiva anche per me e penso lo possa essere per qualsiasi insegnante di ruolo che non si deve sentire assolutamente sotto controllo, sotto osservazione ed oggetto di critiche o riflessioni negative. Penso, infatti, che mettendosi in una posizione non di difesa ma di scambio reciproco, l'insegnante possa riscoprire, grazie proprio a questi ragazzi, il gusto della ricerca, l'entusiasmo della "prima volta in una classe", la voglia ed il coraggio di mettersi sempre in gioco ed in discussione in virt della consapevolezza che l'insegnamento non mai qualcosa di precostituito, di chiuso, di finito ma, al contrario, un processo in continuo divenire, in trasformazione, fatto anche di ripensamenti, di rivalutazioni, sempre nell'ottica ed in previsione di un miglioramento. LA VOCE DEL DIRIGENTE Parla Giorgio Galanti, dirigente della Rinnovata. Questo il primo anno in cui ricopre questo ruolo [destinato ad altra sede nel giugno 2004 - ndr], ma da subito linteresse per il tirocinio e la voglia di creare un rapporto costante e produttivo con lUniversit ha caratterizzato la sua attivit. Una grande sper anza quella anche di poter ridar vita al corso Pizzigoni, in accordo con gli atenei: Lesperienza del tirocinio il luogo dellesperienza professionale dove si stemperano i concetti di teoria e di pratica per dar vita a un apprendimento complesso del corpo, della mente e dello spirito. Un apprendimento la cui ricchezza sta nel flusso continuo di significati, di intersezioni di livelli comunicativi, nella compresenza di galassie di linguaggi paralleli e coincidenti. Come nella bottega artigiana rinascimentale il clima laboratoriale, sotto lattenta regia del maestro, costituiva di per s lesperienza nella quale lartigianato si

trasformava in arte, cos allinterno della vita della classe, il contatto con quel mondo infantile in costante evoluzione e cambiamento, limmersione in quel coriandolare di pensieri e parole, e il lasciarsi teneramente andare ad assorbirlo restituisce tout court il materiale dellarte di insegnare. Ed l in quel luogo produttore di sensi e di relazioni dove i ricchi mondi interiori dellinfanzia sono sorgente senza fine di modelli di pensiero, l in quello spazio dellavventura della mente che lospite impara a seguire i ruscelli, a guadare i fiumiciattoli, a governare la propria sensibilit per farne strumento principe di esperienza e di apprendimento. Far tirocinio scegliere continuamente il flusso da seguire, il film da osservare, la pelle da toccare, far tirocinio lasciare che i discorsi, le idee, le riflessioni di chi parla di pedagogia siano sfondo integratore per unesperienza a pi voci. Nella bottega inoltre necessario che il maestro, pi spesso la maestra, accolga profondamente il giovane apprendista. Che lasci scorrere il fiume della relazione, delle relazioni senza interromperlo, immaginandosi s osservata ma mai giudicata, mostrandosi nelle sue naturali modalit di interazione con la classe consapevole della forza che la verit, nellinsegnamento come nella vita, sprigiona verso ogni attento osservatore e ascoltatore. Quando, in una classe, quella maestra incontra quel giovane apprendista, si instaura un clima in cui il fare si sviluppa naturalmente, il gruppo si orienta verso la positivit, le idee scorrono vive. E proprio questo flusso di idee, di ricerca comune, di esperienza condivisa nel conoscere fare scuola, il giovane di bottega impara a coltivare la sua personalit insieme agli altri allievi, nellattenzione alle diversit, nel rispetto di s e degli altri individui, nella ricerca, incessante, di sensi e sentimenti. Un dirigente scolastico sa bene che il motore della scuola sono gli insegnanti, qualche tempo fa poteva ancora dire i miei insegnanti, conosce bene limportanza della loro formazione, della loro motivazione, del loro impegno. E sa anche bene che la presenza di giovani tirocinanti nella scuola, quel vento di voglia di conoscere, quelle nuove idee trasportate dai luoghi dello studio accademico, quel girovagare di facce nuove alla ricerca della classe un vortice di novit anche per la scuola, unoccasione importante per riprendere le misure del proprio insegnare, per ascoltarsi da fuori di s, come in un registratore dove la voce sempre diversa da quella che conosciamo da dentro. E il miglior modo, per la scuola e per i suoi adulti, di riconoscersi nuovi, di accettare il mutamento, di incontrare il futuro. LA VOCE DEL SUPERVISORE Ecco ora le mie considerazioni in qualit di insegnante in Rinnovata e di supervisore a tempo parziale[9]:

Ripensando a questi quattro anni di lavoro, suddiviso tra scuola elementare e Universit, mi sento arricchita e fortunata per aver avuto lopportunit di entrare a contatto con tante realt scolastiche cariche di cultura e di riflessione pedagogica, fortunata anche per una formazione che mi ha coinvolto in prima persona, obbligandomi a riflettere sulla mia storia professionale e permettendomi di crescere. Lincontro con questo mondo universitario, dai professori, agli studenti, dai direttori, agli altri supervisori, stato unoccasione formativa per me pi forte di una seconda laurea. Unapertura e una rimessa in gioco reale. Il percorso di formazione del futuro insegnante ci ha coinvolto in prima persona, e si creato in cammino, interrogandoci sulle modalit di attuazione e prevedendo una stringente combinazione tra teoria e pratica, insieme alla creazione di unabitudine a rapportarsi con quella che a prima vista potrebbe sembrare una doppia realt e che invece la costante del lavoro di ogni insegnante. Limpostazione dello stesso Corso di laurea data dal confluire di pi esperienze, fornite dai corsi, dai laboratori, dal tirocinio ed anche qui non mai solo la teoria a presentarsi sganciata dallesperienza, n lesperienza a primeggiare fornendo facili ricette. Lottica in cui si inserisce questo percorso universitario unottica laboratoriale in cui: Letimologia di laboratorio dal verbo latino laborare indica come esso sia un luogo di lavoro che intrattiene un rapporto di circolarit con la teoria: lattivit empirica orientata da un costrutto teorico che, a sua volta, pu essere corretto o integrato sulla base dei risultati sperimentali.[10] Labitudine ad una dialetticit del sapere, ad una ricerca personale che evita risoluzioni precostituite, permette allo studente di trovare in s una propria soluzione sempre vissuta come ipotesi da verificare[11]. Tutto questo per cogliere appieno la complessit dellatto educativo evitando qualsiasi tipo di semplificazione riduttivistica. Linteresse per un modo di fare scuola aperto a stimoli esterni, mai irrigidito su se stesso in una pratica ripetitiva e rassicurante. Questa produttiva mediazione tra teoria e prassi si concretizza nel rapporto di costante interscambio tra scuola ed universit. Fisicamente lo studente si reca in pi luoghi (universit, varie sedi dei laboratori, scuole dellin fanzia e scuole elementari)[12], attribuendo ad ogni spazio la stessa dignit, ed il compito del supervisore a tempo parziale diventa quello di essere collante tra pi realt, in un lavoro di conciliazione e di verifica tra il proprio operato in classe, le ipotesi proposte dalluniversit e la variet delle offerte scolastiche incontrate. La centralit del rapporto con i bambini non permette sconti o teorizzazioni astratte, ogni posizione teorica impatta fortemente nella pratica ed ognuno di noi

supervisori, lavorando costantemente in queste due realt: universit e scuola, mantiene un doppio sguardo che necessita coerenza e rigore professionale. E in questa ottica che il rapporto dellUniversit con la scuola diviene lelemento fondante del percorso formativo di ogni studente. La scuola[13] si fa luogo della concretizzazione di ogni teoria, il momento necessario per ogni verifica che ingloba il proprio pensiero pedagogico e la propria ipotesi di insegnamento. In Rinnovata lesperienza del tirocinio universitario stata accolta positivamente, molti insegnanti si sono auto-segnalati per ospitare gli studenti, attenti alle nuove richieste formulate dallUniversit. Il tirocinio, da subito, si mostrato diverso rispetto alla pratica degli Istituti magistrali, non pi grandi numeri, presenza di un solo studente realmente motivato per classe, differenziazione delle esperienze di tirocinio negli anni. Ho cercato in questi anni di non sovraffaticare gli insegnanti disponibili, e di rispettare la volont personale di accogliere o meno qualcuno in classe, ponendo questa esperienza come scelta individuale, in primo luogo, condivisa e concordabile con il team di lavoro. In un prossimo futuro, in unottica di formazione continua, spero che lUniversit possa mantenersi sempre il referente prioritario con cui la scuola si pu rapportare, una specie di grande laboratorio in cui le buone pratiche hanno voce e possibilit di costante raffronto. Un luogo di una cultura attiva, aperto allincontro, al confronto e alla modifica. Franca Zuccoli - primavera 2004 Insegnante della Rinnovata e supervisore al tirocinio e cultore della materia in Didattica generale all'Universit della Bicocca di Milano

Cerca nel sito


cerca...

di Valentina Massoletti Ho scelto di fare tirocinio al nido perch avevo voglia di mettermi alla prova! Sono molto soddisfatta di questesperienza dato che per la prima volta sono entrata in contatto con bambini cos piccoli. Non sapevo proprio da che parte cominciare, come parlare, come relazionarmi con loro, non sapevo se dovevo trattare i bambini da bambini o da piccoli adulti per farli sentire grandi o, banalmente, non sapevo nemmeno come cambiare un pannolino! Sono arrivata al nido con tanta preparazione teorica universitaria, con tante teorie e tanta pedagogia nella testa, ma purtroppo nessuna nozione su come si cambiano i pannolini o su come si dia da mangiare ai pi piccoli. La mia paura pi grande era quella di non essere allaltezza della situazione ma, per fortuna, questa paura andata scomparendo con il tempo ed stata sostituita da una grande voglia di continuare questo lavoro. Sicuramente questesperienza mi ha fatto crescere e riflettere su me stessa. Guardo in avanti e ho voglia di crescere ancora e di imparare altre cose, guardo in avanti e mi vedo EDUCATRICE, uneducatrice pronta a mettersi in gioco per i pi piccoli e imparare da loro meravigliose fantasie.

La prima settimana Penso che la prima settimana sia stata quella pi difficile, in quanto arrivavo in un ambiente nuovo, mi sono dovuta ambientare non solo ai bambini, ma alle educatrici a e soprattutto a ritmi diversi dai miei, ma, ovviamente, anche i bambini e le altre educatrici si sono dovute ambientare a me e alla mia costante presenza. Ho dovuto capire da sola quali erano i miei compiti, cosa dovevo fare concretamente, fino a dove potevo arrivare e quando invece dovevo fermarmi (ad esempio non sapevo se mi era permesso sgridare i bambini o dargli il permesso per fare qualcosa). Mi sentivo spaesata e non volevo essere dintralcio al lavoro delle colleghe. Tutto inizialmente stato molto vago e impreciso, ma con il tempo e con laiuto, la gentilezza e la pazienza delle colleghe, ho trovato il mio ruolo allinterno della classe, ho imparato a muovermi nella mbiente e soprattutto a conoscere ogni singolo bambino e le loro caratteristiche ma soprattutto ho imparato a relazionarmi con loro. I bambini si sono dimostrati inizialmente incuriositi da me, successivamente ci sono stati giorni di diffidenza, non fiducia nei miei confronti e mi sembrato anche normale dato che non ero la loro educatrice di riferimento, ma ero una persona

nuova. Poi ho conquistato la loro fiducia. Quando i bambini mi cercavano per farsi consolare o per raccontarmi qualcosa o per farmi vedere semplicemente qualcosa, ho capito che forse non ero pi considerata un estranea, ma forse ero diventata per loro qualcosa in pi e questo mi ha riempito di gioia e di soddisfazione e sicuramente a influito positivamente sulla mia autostima. Gi dal primo giorno mi stato permesso di interagire con i bimbi, aiutarli a mangiare, cambiarli, giocare con loro e metterli a nanna e fin dal secondo giorno le educatrici hanno predisposto quattro tavoli per il pranzo e non tre come di solito facevano quando io non cero, in quanto loro sono tre educatrici per tutta la sezione, ma con il mio arrivo anche la fisionomia della classe era cambiata, durante il pranzo avevo un tavolo tutto per me con 6 bambini; questa azione mi ha riempito di gioia, forse non ero cos invisibile come pensavo di essere considerata prima di arrivare. In certe occasioni non sapevo come muovermi e mi invadeva un senso di inadeguatezza alla situazione e allambiente, ad esempio quando due bambini litigavano per un gioco e non sapevo come mediare la situazione, oppure se qualche bambino si faceva male e io non sapevo come agire, quasi mi spaventavo pi io che il bambino. Con il tempo sono riuscita a fronteggiare e a gestire qualsiasi situazione e ci significa che ho superato quello che per me rappresentava uno dei tanti scogli. Lincontro con i genitori Purtroppo ho avuto la possibilit di conoscere i genitori dei miei bambini, solo alla fine della mia esperienza di tirocinio durante la riunione di fine anno, che solitamente serve per parlare della gita di fine anno, della festa per i bimbi grandi che lanno successivo andranno alla materna e per dare un ritorno ai genitori su ci che si svolto durante lanno, sugli obiettivi raggiunti ma anche su quelli non raggiunti. Il discorso stato introdotto dalla coordinatrice e proseguito dalle educatrici con il supporto delle foto che testimoniavano le attivit e i laboratori proposti. Ho atteso molto questa riunione perch ero molto curiosa di conoscere le famiglie dei bambini e in qualche modo volevo essere accettata dai genitori e rassicurarli in modo tale che anche essi sappiano con chi trascorrono il loro tempo i loro bambini. Dopo la riunione era molto pi tranquillizzante incontrare i genitori e scambiarsi un saluto che non era pi solo un saluto di educazione. Le difficolt Come gi accennato inizialmente la prima settimana stata quella pi difficile, ma ci sono stati anche altri momenti in cui mi sono trovata a disagio e ho provato un senso di inadeguatezza gi quando ero integrata al nido: durante un attivit di

disegno guidato mi sono stati affidati sei bambini e a loro avrei dovuto far vedere come si disegna il sole su un foglio e poi loro a sua volta avrebbero dovuto farlo da soli, ognuno sul proprio foglio. A parte a non sapere come dover fare lattivit perch non la vevo mai vista prima, il problema in s e che mi ha fatto entrare in crisi stato che non riuscivo a gestire da sola sei bambini e farmi ascoltare da loro. Quando un educatrice mi ha visto in difficolt mi ha chiesto se avevo bisogno di aiuto, non so se per orgoglio o per mettermi alla prova ho rifiutato e a mente fredda mi sono accorta di aver sbagliato a rifiutare in quanto, innanzitutto avrei dovuto apprezzare il gesto ma in quel momento non sono riuscita a riconoscere i miei limiti e non volevo far brutta figura, volevo fare tutto da sola ma soprattutto i bambini hanno letteralmente fatto tutto ci che volevano, quindi hanno disegnato ci che volevano, alcuni sono andati in giro per la classe, altri si sono sdraiati per terra creando disagio anche agli altri bambini e alle altre attivit in corso. La situazione si risolta non per merito mio ma grazie allintervento delle altre educatrici che hanno preso la situazione in mano e a me sono balzate in testa molte domande sul mio comportamento immaturo e oltre a ci mi ha pervaso una sensazione di fallimento. Questo episodio mi ha fatto riflettere sulla collaborazione che vi deve essere tra le educatrici, sul riconoscere i propri limiti e chiedere o accettare laiuto degli altri perch siamo un equipe non che si lavora singolarmente e ognuno ha i propri bambini. Essere educatrice al nido Questesperienza di tirocinio mi ha permesso di capire da vicino cosa significhi essere educatore, anche se penso che sia un concetto che non basti una vita per capirlo fino in fondo; mi ha permesso di avvicinarmi allo straordinario mondo dei bambini, che nella loro quotidianit mi hanno insegnato molto. Grazie allosservazione ho capito che una caratteristica fondamentale che leducatrice deve avere proprio la capacit di osservare, in quanto i bambini cos piccoli non articolano frasi, a volte ancora non parlano, quindi leducatrice deve saper osservare il linguaggio non verbale, cio landatura, la postura, lo sguardo, la mimica facciale, la gestualit, le modalit del corpo, le pause, i mugolii, i sospiri. Ma soprattutto osservando ho imparato a conoscere i bambini, ogni bambino diverso da un altro. Ho capito che il ruolo cardine delleducatrice mantenere un equilibrio non solo tra lei e i bambini, ma anche tra i bambini stessi e allinterno del nido. Infine, ho capito che nascosta dietro ogni attivit, anche il gioco libero, vi una programmazione, niente lasciato al caso o in balia degli eventi, in un nido come questo, con molti bambini, non ci si pu permettere di non controllare gli imprevisti e nel caso accadano c sempre qualcosa di riserva. E importante

prestare attenzione alle attivit quotidiane e alla programmazione senza dimenticare che al centro del nostro servizio vi il bambino, in quanto essere, in quanto persona e individuo e che il bambino ha la precedenza su tutto.

sempre sognato di praticare.

ESPERIENZE 2005-2006 ESPERIENZE: NIDO L'esperienza di stage avvenuta presso l' asilo nido comunale di Triante. Il mio compito era quello di giocare con i bambini durante il tempo libero e partecipare attivamente ai semplici laboratori creativi che le maestre preparavano attenendosi al programma stabilito per ogni classe all'inizio dell'anno. Le sale erano tre: c'erano i lattanti, i mezzani e i grandi per ogni sala erano presenti quattro educatrici, in pi vi era un'educatrice di sostegno per un bambino disabile nella sala grandi. Io ho lavorato nella sala grandi, durante le due settimana un'educatrice stata la mia tutor che mi ha aiutato ad integrarmi il pi possibile e mi ha spiegato il funzionamento dello stesso asilo. Inoltre ho assistito a pi lezioni di psicomotricit svolte a turno dalle educatrici nella palestra dell'asilo per i bambini delle due sale pi grandi. Queste lezioni consistevano nel

permettere al bambino di muoversi liberamente tra vari oggetti anche sconosciuti e utilizzarli per creare forme nuove. Durante la seconda settimana ho partecipato al doposcuola dalle 4 alle 6 in cui i bambini con l'aiuto di un'insegnante frequentavano laboratori nuovi impostati su un tema diverso da quello della mattina. ESPERIENZE: NIDO L'ente, presso il quale ho svolto la mia attivit di stage, il nido S. Rocco a Monza. Esso comprende numerosi bambini a partire da pochi mesi fino all'et di tre anni: questi sono divisi in diverse sale definiti attraverso il nome di animali, a seconda della fascia di et in cui sono inseriti. Io sono stata affidata alla sala grandi: gli Orsi, la quale ospita bambini che stanno frequentando l'ultimo anno di asilo nido. Durante il mio percorso, articolato da sei ore giornaliere, ho svolto differenti attivit a diretto contatto con i bambini,

collaborando con le educatrici. Le attivit prevalenti svolte sono state:

assistenza durante il pranzo, il sonno e la merenda controllo e partecipazione durante il gioco libero e simbolico partecipazione durante le attivit da tavolo proposte dalle educatrici (ad es. dipingere, ritagliare, disegnare...) accoglienza e saluto dei bambini. ESPERIENZE: MICRONIDO Il tirocinio stato svolto presso il nido familiare BIDIBIBODIBIBU', un luogo che ci richiama una struttura posta a met tra l'asilo nido tradizionale e una casa in cui il bambino normalmente vive. una struttura che pu accogliere un massimo di sette bambini, per i quali prevista la presenza di due educatrici. E' costituito principalmente da tre sale: SALA NANNA, SALA GIOCO, SALA PAPPA - ATTIVITA'

I bambini quindi sono proiettati in un ambiente caldo, accogliente ma, allo stesso tempo, educativo. Le tirocinanti hanno avuto la possibilit di assistere e prendere parte ad ogni momento della giornata (PAPPA, NANNA, GIOCO LIBERO, ACCOGLIENZA,) Le ore di frequenza presso il nido familiare sono state organizzate in maniera tale da permettere alle tirocinanti di osservare e operare nei diversi momenti della giornata. Le attivit educative seguono una programmazione settimanale (Luned Manipolazione, Marted Attivit da tavolo, Mercoled Disegno da tavolo, Gioved Travasi, Venerd Giochi motori) che ha l'obiettivo di favorire lo sviluppo cognitivo e psicomotorio del bambino. ESPERIENZE: MATERNA Lo stage si svolto presso la Scuola Materna "Il Cartoccino" di Cederna, Monza, in una

classe di bimbi di tre anni. Gli esperti con cui sono stata in contatto sono le maestre della classe in cui mi trovavo, di altre classi e la tutor aziendale. Tutti hanno prestato molta attenzione a ci che facevo, dandomi suggerimenti e consigli ma lasciandomi comunque libera iniziativa. L'Ente un luogo molto accogliente ed offre ai bambini molte opportunit di gioco ma anche di tipo educativo, tenendo conto dei loro bisogni. Durante lo stage ho potuto svolgere molte attivit con i bambini come ad esempio: lettura di libri, canti in gruppo, giochi (costruzione puzzle, giochi nella casetta dei bambini, giochi con farina e sabbia, costruzione di collane con la pasta), disegni (con le tempere e con i pennarelli), racconto di una storia, lezione di ginnastica e di psicomotricitInoltre ho potuto mangiare con loro

ed aiutarli a addormentarsi. L'esperienza in questo Ente, stata molto positiva ed ha ampliato le mie conoscenze sui bambini e sui metodi di insegnamento.

Integrazione e educazione: due diritti in contrasto?


d Enrico Micheli (Estratto da AUTISMO e disturbi dello sviluppo Vol. 2, n. 2 maggio 2004 Edizioni Erickson Trento, che ringraziamo per la gentile concessione) Sommario Le conoscenze sull'autismo sono aumentate e oggi possiamo riferirci a linee guida che enfatizzano il ruolo dell'educazione e che indicano alcuni standard. Nel nostro Paese, il bambino con autismo affidato per questa essenziale parte del trattamento alla scuola. L'educazione, quindi, dovrebbe svolgersi in un ambiente non segregato, e l'integrazione dovrebbe essere un valore da perseguire con l'azione educativa e l'adattamento dell'ambiente. Purtroppo l'organizzazione di questo intervento nella scuola tale da impedire lo svolgimento di una attivit educativa difficile e ci rende vana la speranza di poter educare il bambino con autismo a quelle abilit necessarie per integrarsi con i compagni. Una riforma di questa organizzazione quindi necessaria per trasformare in realt il diritto dei bambini autistici a un'educazione all'interno della scuola di tutti. Introduzione Anni di esperienza nel campo del trattamento delle difficolt dello spettro autistico impongono di considerare con attenzione la situazione allarmante di un Paese che, pur facendo molti progressi nel campo, affida quello che considerato il principale trattamento dell'autismo, l'educazione, a una organizzazione che rende l'educazione stessa aleatoria. Ho la convinzione dellurgente necessit che tutte le persone coinvolte a vario titolo in questa impresa, finalizzata a migliorare la qualit della vita di bambini che crescono con le difficolt dell'autismo, esprimano chiaramente la necessit di un cambiamento. Perci la lettura di un recente editoriale di Psichiatria dell'infanzia dell'adolescenza (Levi, 2003), che ancora nasconde la testa sotto la sabbia senza indicare con chiarezza i reali punti deboli del sistema attuale, mi spinge intervenire con questo lavoro di riflessione. Che intende: 1. presentare alcune conoscenze scientifiche, che ormai possediamo, sul trattamento e l'educazione del bambino con autismo;

2. sostenere che l'attuale organizzazione dell'integrazione scolastica impedisce la completa applicazione di queste possibilit; 3. riflettere su quali siano i cambiamenti necessari nell'organizzazione per avvicinare la realt attuale ai livelli di qualit possibili e quindi necessari; 4. mostrare come questi cambiamenti risolverebbero il falso dilemma di valori tra educazione e integrazione, rendendo quindi pi realistica la possibilit di perseguire con successo anche il valore dell'integrazione. Conoscenze scientifiche sull'autismo e sul trattamento: una responsabilit Oggi non si pu pi sopportare il ritornello: Dell'autismo non si sa nulla, non sappiamo come fare, una cosa controversa, un problema misterioso ... . L'autismo uno dei disturbi pi conosciuti, all'interno dei disturbi l'et evolutiva. Ed quello per cui pi chiaro oggi cosa si pu fare e cosa opportuno fare. Questo non vuol dire affatto che sappiamo perfettamente cosa bisogna fare per migliorare la qualit della vita di questi individui. Sappiamo che autismo un termine che indica la presenza di diverse menomazioni, in campo sociale, comunicativo e cognitivo; che queste menomazioni creano disabilit; che questa disabilit produce un handicap. Sappiamo che, in numerosissimi casi, alle disabilit derivate dalle menomazioni tipiche dellautismo si aggiungono altre disabilit legate a menomazioni associate: ritardo mentale, iperattivit, e altro. L'importanza dell'educazione per il trattamento delle disabilit dell'autismo e delle menomazioni associate, cos come l'importanza dell'educazione per il trattamento delle disabilit in generale, indiscussa. Inoltre sappiamo che per questi problemi esiste un corpus scientifico e metodologico di conoscenze, sul trattamento, e sull'educazione delle disabilit per le riduzioni dell'handicap, che non pu essere ignorato, e che offre concrete possibilit di miglioramento ampiamente documentate. Sanit, scuola e servizi sociali, predisposti e dotati di risorse per svolgere questa funzione, non possono permettersi di ignorare e di tralasciare queste conoscenze; sarebbe come se chi lavora in una organizzazione ospedaliera ignorasse che bisogna lavarsi le -mani prima di operare. Nel campo dei disturbi dello spettro autistico c' un altro fattore che aumenta la nostra responsabilit nel caso in cui rinunciamo a esercitare ci che in nostro potere per migliorare la qualit della vita dei soggetti autistici: la presenza di abilit intatte o non fortemente compromesse, che non possono essere messe a frutto per una esistenza di qualit a causa del disturbo. Non intervenire precocemente e efficacemente per ridurre i comportamenti di ansia e di aggressivit, per aumentare abilit di relazione o di comunicazione significa causare sofferenze evitabili e un handicap maggiore. Lintervento educativo nella sfera scolastica Le conoscenze sul trattamento dei bambini autistici portano all'affermazione che il trattamento di elezione l'educazione. Dato che nella maggioranza dei casi non c' una malattia da curare, ma occorre costruire specifiche abilit, bisogna insegnare al bambino le abilit (in campo motorio, cognitivo, comunicativo, linguistico, ecc.) che possono compensare le sue difficolt; bisogna insegnare al bambino abilit sociali (dalla prossimit e dal contatto con altri alla soluzione dei problemi interpersonali, passando attraverso la riduzione dei comportamenti disturbanti); bisogna insegnare al bambino a usare nell'ambiente reale le abilit apprese. Inoltre, sappiamo che questa educazione del bambino ha una notevole efficacia se l'insegnamento precoce e intensivo, se il percorso educativo attentamente strutturato, se l'ambiente e i modi di insegnare sono adattati alle caratteristiche di funzionamento delle persone con autismo , e se i genitori sono adeguatamente coinvolti, informati e formati (Schreibmann, 2000).

Qualche commento a queste che sono vere e proprie linee guida cui occorre conformare i nostri interventi. Innanzitutto sappiamo che pi sono le ore di veglia del bambino dedicate a un'attenta e intelligente quantit di ore di apprendimento e di attivit utili, pi il bambino migliorer. Sappiamo che l'intervento deve essere intensivo: il bambino non pu perdere tempo. Sappiamo che unora persa sar un peso in pi nella sua et adulta. Tutto il suo tempo deve essere significativamente occupato, esattamente come accade per gli altri bambini. Cosa penseremmo se, all'inizio dell'anno scolastico, i nostri figli tornassero a casa da scuola dicendo che il programma non iniziato e che, per vari motivi, incomincer a gennaio? Che la maestra ha bisogno di alcuni mesi per conoscere la classe prima di sapere cosa fare? Sappiamo anche che indispensabile che gli insegnanti che si occupano dei bambini autistici sappiano cosa stanno insegnando e organizzino tutte le attivit in modo che siano

utili per quello che vogliono insegnare. Questo vuol dire che devono metterli a tavolino per tutte le ore? No, linsegnamento attentamente strutturato comprende anche il gioco, la relazione sociale, l'attivit motoria, il riposo, il rilassamento, il cibo, le passeggiate. Per quanto riguarda poi la necessit di adattare alle caratteristiche dellautismo il contenuto e le modalit dei nostri insegnamenti, sappiamo che le istruzioni dell'insegnamento vanno comunicate in modo che possano essere raccolte e processate dagli allievi, e quindi occorrono strategie per organizzare l'ambiente e la struttura delle attivit in modo che siano agevolmente processate da chi ha deficit di linguaggio, di teoria della mente, di funzione esecutiva, di coerenza centrale (Schopler, 1997; Micheli, 1999; Micheli e Zacchini 2001). Anche il dato che ci dice che genitori coinvolti, informati e formati portano a migliori risultati dell'intervento comporta delle conseguenze sul nostro operato. I genitori vanno riconosciuti nel loro diritto, nei confronti della scuola, della sanit, del servizio sociale, di essere partner informati e collaboranti del processo di intervento. I genitori sono esperti del loro bambino, la loro visione conta nel definire le priorit dell'intervento, per partecipare attivamente occorre che si possano riconoscere in una serie di necessit del bambino su cui si lavora in modo condiviso. Informazione accurata, parent trainingindividuale e di gruppo sono le azioni necessarie per avere genitori formati e informati. Il contatto tra operatori delleducazione e genitori e tra genitori e genitori deve essere specifico sui problemi condivisi. Occorrono quindi incontri di genitori che condividono lo stesso problema. Sul piano operativo si ravvisano molteplici difficolt. Le ore di terapia, quando finalmente si riesce a offrirle, sono al massimo (e molto raramente) 4 alla settimana. Il bambino che frequenta la scuola di solito non frequenta il tempo pieno. Del tempo che il bambino frequenta la scuola solo una piccola parte pu essere definita intervento consapevole e intensivo. Passano giorni se non mesi prima che il bambino, all'inizio dell'anno scolastico, sia messo al lavoro in modo razionale. Linsegnante non struttura interventi precisi per un bambino perch: non preparato per interventi educativi per abilitare un bambino disabile; difficile conciliare gli orari delle varie figure coinvolte; la struttura dell'intervento speciale confusa dalla necessit di essere paralleli alla classe. Lambiente in cui il bambino dovrebbe imparare per gran parte del tempo una classe in cui i bambini fanno cose che lui non capisce o che non gli interessano: e non soltanto le attivit di studio, ma anche il gioco e le relazioni spontanee sono spesso al di l della sua comprensione o della sua motivazione. Questo ambiente non organizzato per facilitare il lavoro, la comunicazione, le relazioni

sociali di un bambino autistico e, quindi, non previene i comportamenti problema. Le risposte dell'ambiente ai comportamenti problema spesso li consolidano invece di estinguerli. I genitori quasi sempre vorrebbero esser informati e guidati in precisi interventi a casa, e spesso hanno dalla sanit la risposta: Fate i genitori, e dalla scuola il contatto con persone che dichiarano apertamente la loro impreparazione e l'invito a incontri con un numero soverchiante di genitori di bambini normodotati che non li aiutano a trovare soluzioni per i loro particolari problemi. La valutazione delle abilit del soggetto autistico Per strutturare adeguatamente il programma di intervento per un bambino autistico, per prima cosa bisogna valutare quali sono le abilit di partenza di questo bambino, e bisogna farlo abbastanza rapidamente, in modo da organizzare velocemente un progetto completo, e individuare le attivit utili a raggiungere gli obiettivi. Se questo non viene fatto, il bambino non potr ricevere l'insegnamento cui ha diritto; se viene fatto in tempi lunghi, l'intervento non sar n intensivo (perch molto tempo sar trascorso senza attivit mirate) n precoce. Il bambino potrebbe ricevere questa valutazione prima de l'ingresso a scuola, o almeno nei primi giorni di scuola. ovvio, quindi, che le persone a cui il bambino affidato per l'intervento educativo dovranno conoscere e saper usare strumenti formali di valutazione delle abilit (Schopler et al., 1990; Mesibov et al., 1988; Sanford e Zelman, 1984; Kiernan e Jones, 1984; Ianes, 1984). Dovranno disporre anche di strumenti per valutare le abilit scolastiche; strumenti per valutare le abilit di relazione e le abilit sociali (Xaiz e Micheli, 2001; McGinnis et al., 1986). Inoltre avranno l'occhio per capire, quando sottopongono un compito a un determinato bambino, se quel bambino ha le capacit per farlo, se le ha emergenti oppure addirittura non le ha e quindi bisogna proporre compiti pi semplici, pi facili, pi alla sua portata. Dovranno quindi avere capacit e pratica nella costante valutazione informale delle abilit necessarie per svolgere un compito a determinate condizioni. La relazione tra una adeguata e realistica valutazione delle abilit e il controllo dei comportamenti dannosi e disturbanti ben nota; cos come ben nota la relazione diretta tra adeguatezza delle difficolt e complessit del compito e la possibilit di una buona relazione tra il bambino autistico e gli altri. Nella realt empirica emergono molte problematiche. Nei casi migliori i primi mesi dell'anno scolastico passano senza che l'insegnante abbia un quadro preciso e utilizzabile delle abilit del bambino, nei casi peggiori tutto il suo percorso scolastico. Il bambino di solito sopravvalutato, e le attivit a lui proposte sono spesso al di l delle sue capacit, con un processo da parte dell'insegnante che procede per tentativi e errori e che frustrante sia per il bambino che per l'insegnante, e che sarebbe in gran parte evitabile con l'uso di strumenti di valutazione. Raramente l'insegnante cui affidato un bambino ha le conoscenze, la capacit e l'esperienza per effettuare valide valutazioni. La programmazione delle attivit educative Quindi il primo aspetto tecnico importante la valutazione. Da una rigorosa ed esperta valutazione pu derivare un'appropriata programmazione delle attivit educative. Il programma avr queste caratteristiche (Schopler, Reichler e Lansing, 1991): ampie possibilit organizzate di esercizio delle abilit possedute; scelta di mete rilevanti per la persona e realistiche; individuazione di obiettivi raggiungibili; costante verifica e monitoraggio, con continui aggiustamenti;

attivit strutturate in modo da proporre solo un passo alla volta, una difficolt alla volta.

La programmazione per l'educazione dei bambini disabili deve essere rilevante per loro, per i loro bisogni, e non deve essere affatto una semplificazione ed un adattamento del curriculum scolastico. Solo alcuni individui, ben identificati con l'attivit di valutazione accurata di cui abbiamo parlato, con una accurata valutazione clinica, potranno derivare le loro mete rilevanti dal curriculum scolastico. Molti di questi li troveremo proprio tra i bambini con disturbi dello spettro autistico perch molti, una ragguardevole minoranza, potrebbero non avere reali difficolt a svolgere parti del normale curriculum scolastico. Qui occorre attenzione perch anche questi bambini con autismo hanno comunque handicap in campo sociale, comunicativo, motivazionale, e quindi anche per loro fondamentale, come per la maggioranza dei bambini con difficolt, uno specifico curriculum di riabilitazione. Leducazione dei bambini disabili nella scuola si baser su uno speciale curriculum, perch i bambini normodotati hanno gi appreso o sviluppato le abilit di questo speciale curriculum precedentemente allingresso della scuola. Per esempio: i bambini autistici anche gran dicelli hanno ancora necessit di apprendere semplici comportamenti di intersoggettivit; questi comportamenti saranno quindi obiettivi rilevanti del loro curriculum. I bambini normodotati raggiungono questi comportamenti prima dei diciotto mesi! Potete immaginare come gi in una classe della scuola materna ci sia un divario che non pu che essere notato e considerato rilevante per progettare un diverso curriculum. Per concludere va rivelato che i bambini che passano ore di lavoro su obiettivi adeguati imparano, migliorano le loro abilit, diminuiscono i problemi di comportamento. Le ore che i bambini autistici a sano ad assistere ad attivit della classe per loro prive di significato, o a svolgere adattamenti del programma svolto dagli altri senza che sia esplicitamente un loro obiettivo, sono ore perse e fonte di gravi problemi. La programmazione delle attivit non si basa abitualmente su precise valutazioni ed parte di un balletto formale di carte tra le diverse componenti del processo di interazione scolastica (Sanit e Scuola), che richiede un tempo lunghissimo, frequentemente un semplice adattamento delle aree di curriculum della classe, non ha alcuna caratteristica che lo definisca un appropriato programma di educazione di tipo riabilitativo. Organizzazione al servizio degli aspetti tecnici Leducazione speciale, l'impresa di educare, bambini in difficolt alle abilit necessarie per ridurre le loro difficolt e affrontare una vita di qualit richiede unorganizzazione adeguata. Tempi, ambienti, materiali, personale, tutto deve essere organizzato e scelto in modo da rispondere allo scopo. Tempi adeguati non significa affatto tempi pi ridotti! Il problema non che i bambini con problemi si stancano di pi e che quindi devono lavorare meno, avere un tempo scuola minore; in realt vero il contrario: hanno bisogno di lavorare con l'educatore di pi di un bambino normodotato, ma con un'organizzazione delle attivit e dei tempi diversa. E con diversi bisogni relazionali e motivazionali. Se per esempio un bambino a sviluppo regolare pu fare unora di matematica, probabilmente un ragazzino con autismo potrebbe richiedere in quell'ora di fare quattro diverse attivit, e un altro bambino ancora, in quelle quattro diverse attivit, dovr fare, per ognuna, venti diversi giochi o esercizi. I tempi dell'insegnamento vanno quindi organizzati in modo individualizzato. Gli spazi andranno attrezzati appositamente: indispensabile che l'ambiente che ha il compito di educare questi bambini allestisca spazi specificamente pensati per loro e adatti alle diverse attivit da svolgere, con l'attenzione a facilitare con l'organizzazione degli spazi l'apprendimento e a rendere meno probabili problemi di comportamento (ad esempio spazi silenziosi, privi di stimoli distraenti, lontani da te o vie di fuga, ecc.). E anche il personale deve essere

esperto. Bambini che hanno bisogno di uno specifico, preciso e raffinato intervento vanno affidati a persone che siano in grado di compiere precisi, specifici, raffinati interventi. A questo punto ci possiamo chiedere con chiarezza quanto del personale dei servizi sanitari, scolastici, e sociali, sia personale esperto per fare queste cose. Se lo , non si capisce come mai le cose funzionino cos male; se non lo , dobbiamo porci il problema di come darci da fare per renderlo tale. Le abilit educative si imparano, non solo dai corsi di formazione, ma anche confrontandosi con un maestro, un maestro che si vede mentre lavora. Una persona diventa esperta se pu seguire e imparare da un'altra persona esperta. Non basta imparare quello che si sa, bisogna imparare come si fa. Questo un problema enorme, dobbiamo riconoscere che le possibilit di diventare esperti per gli insegnanti cui affidiamo i bambini autistici sono scarse. Infatti una buona organizzazione richiederebbe che un gruppo di bambini con problemi simili venga affidato a un team di insegnanti in cui venga appositamente messo a capo un insegnante gi preparato, che ha gi avuto buoni risultati con bambini simili; e che gli altri, meno esperti, siano messi in condizione di imparare da chi pi esperto. Di fatto occorre sottolineare negativamente che l'insegnante di sostegno che dovr lavorare con un bambino autistico non riceve un'istruzione specifica sulle abilit necessarie per insegnare a persone autistiche. Il bambino passa giorni se non mesi con insegnanti precari, che non hanno ancora un posto definitivo. Frequentemente l'insegnante cambia ogni anno, quindi non pu maturare unesperienza specifica; spesso non ha una esperien za con la disabilit, ma se ce l'ha sempre con tipi di disabilit diverse. Il tempo di lavoro segue i ritmi della classe normale, anche se il bambino fa attivit diverse. Gli insegnanti non hanno riferimento a persone esperte che possano insegnargli a lavorare con bambini autistici. Laffidare bambini a insegnanti segue regole che non dipendono affatto dall'esperienza dell'insegnante o dal tipo di difficolt del bambino. Quando c' una persona esperta, non ha cuna possibilit di indirizzare e guidare i colleghi. Il problema dell'integrazione Abbiamo delineato alcuni elementi necessari per far s che i nostri bambini ricevano una adeguata educazione, cosa che, oltre a essere l'intervento di elezione, un loro diritto. Ricordiamo per, a questo punto, che importante anche permettere a questo bambino, che noi stiamo cercando di educare a svolgere delle attivit con gli altri bambini, di essere educato all'interno della scuola degli altri bambini e con gli altri bambini. Essere educato essere senza essere segregato. Quanto detto sopra ci pone una grande responsabilit nella scelta del contesto sociale in cui praticare l'intervento educativo. Cos come va attentamente studiato il percorso educativo alle abilit, va studiato il percorso sociale. Questo vale specialmente per i bambini autistici, che per definizione hanno: difficolt di relazione sociale; difficolt di comunicazione; rigidit e ristrettezza degli interessi e, quindi, difficolt di motivazione.

Fare cose con altri proprio quello che gli individui autistici trovano difficile. Fare cose con altri richiede attenzione congiunta, intenzione ed emozione congiunta, abilit di imitazione e di scambio di turni. Richiede abilit di comunicazione, di invio e ricezione di messaggi con mezzi verbali non verbali. Richiede la condivisione di interessi e la presenza di comuni motivazioni. Pensiamo a una partita di pallone: c' un gruppo che si identifica in un noi: la squadra. C' una motivazione che si costruisce in ambito puramente sociale, simbolico, ed vincere o giocare bene. C' il grido passa! da un compagno all'altro... tutto ci probabilmente difficile anche per un bambino autistico intelligente o con maestria eccezionale nel maneggio della palla. Anche la rigidit e ristrettezza degli interessi

impediscono integrazione. I bambini hanno interessi vasti, attivit differenziate, per cui un bambino che non li ha trova difficile l'interazione con gli altri. Tutte queste difficolt determinano una condizione tale per cui un inserimento sociale non adeguato pu facilmente essere di tale disturbo da creare gravi problemi di comportamento e interferire con l'apprendimento. Lesposizione a contesti sociali non appropriati, non scelti e non controllati dall'educatore non solo porta a perdere tempo, ma pu portare, oltre alle gravi conseguenze sopra accennate, a diminuire la probabilit per il bambino di arrivare a una capacit di interazioni sociali pi mature. Occorre quindi disporre di un ventaglio di opportunit, e scegliere bambino per bambino, attivit per attivit, a seconda del punto di partenza del bambino, attentamente valutato, e della sua evoluzione, attentamente monitorata. Un estremo di questo ventaglio che il bambino riceva solo un intervento individuale, in cui non svolge nulla in comune con gli altri bambini (estremo pi teorico che reale, perch sappiamo che possibile gi da subito un qualche contatto sociale, con opportune attenzioni); quindi c' la possibilit di creare classi appositamente attrezzate per un gruppo di bambini autistici. Poi possiamo pensare a gruppi attrezzati per diverse disabilit che includono uno o pi bambini con autismo, e abbiamo qui la possibilit di integrare diversi tipi di disabilit in modo produttivo, utilizzando i punti di forza degli uni a favore degli altri, e viceversa. E poi la possibilit di avere classi normali, che includono uno o pi bambini con autismo. Spero sia chiaro che dobbiamo cominciare a immaginare queste possibilit organizzative ricordando sempre che non una scelta tra bianco o nero, ma l'uso variato e oculato, dipendente da una valutazione razionale, delle diverse opportunit, per diversi momenti o per diverse attivit. Per esempio: nelle attivit didattiche sulle autonomie personali si fa un lavoro in un gruppo di ragazzini con autismo, per le attivit di ginnastica si fa un lavoro in palestra con altri bambini, ecc., realizzando in tal modo forme di inclusione diverse e articolate, decise con appropriata valutazione. Credo che oggi possa essere detto con tranquillit che si pu immaginare un ventaglio di opportunit di inclusione e che occorre abolire il modo di pensare che passa dall'estremo non pu stare in classe all'estremo deve stare in classe. La posizione sull'integrazione pubblicata sul sito Internet della Division TEACCH chiara e precisa, utilizzabilissima anche nel nostro contesto. Questa posizione trova fondamento anche nell'estrema eterogeneit della popolazione che ha ricevuto l'etichetta autismo per definire i suoi problemi di sviluppo. Per l'autismo non pu essere data unuguale risposta sul problema dell'integrazione, perch non esiste una persona con autismo uguale all'altra. Abbiamo un continuum di problemi, sia nella gravit della disabilit complessiva, sia nella gravit della presenza di fattori autistici: anche sulle caratteristiche tipiche dell'autismo abbiamo un continuum tra autismo lieve e autismo profondo. Possiamo avere un autismo lieve che poi, per altri problemi, risulta in una grave disabilit, e tante altre possibilit combinazioni. In questa estrema eterogeneit gioca anche l'intreccio tra autismo e ritardo mentale. Assistiamo a forti differenze nella comunicazione, e a differenze nella gravit e presenza di problemi di comportamento. Quest'ultimo uno dei motivi che rendono difficile praticare un i nserimento efficace e unintegrazione efficace in attivit con altri. Frequentemente il bambino viene immesso nella classe con gli altri bambini senza una precedente valutazione delle sue abilit sociali. costretto ad avere contatto con parecchi bambini, con una situazione per lui confusa, rumorosa e non trasparente. Anche se il nostro scopo finale pu essere quello di portarlo ad avere interazioni con i bambini normodotati, il modo in cui si organizzano i primi contatti fa s che il bambino spesso emetta comportamenti che lo isolano e che portano di frequente alla sua esclusione dalla classe. Non esistono collocazioni pensate e organizzate per bambini di diverse abilit o diverso

livello: a seconda delle disponibilit di ore di sostegno o di assistenza, per affrontare i problemi, cambia semplicemente la quantit di tempo che passa in classe o nell'aula di sostegno. Invece di effettuare una programmazione di un ambiente sociale adatto, si finisce nell'isolamento. Integrazione: aspetti tecnici Cos come abbiamo attentamente valutato le abilit del bambino per costruire il suo programma individuale, valuteremo anche le abilit di entrare in contatto sociale con adulti e bambini. Cos individueremo quale prossimit sociale tollera, se gioca in modo parallelo o cooperativo, se risponde a stimoli sociali, se ha iniziativa sociale, se ha comportamenti che interferiscono con le sue possibilit di fare esperienze con altri (Olley, 1986). Una volta valutate, avremo unidea di quali abilit il ragazzo possiede e quali sono emergenti e possono essere insegnate. La prima attenzione necessaria si collega agli aspetti organizzativi prima trattati: la precisa strutturazione di spazi, tempi, materiali, compiti, pu facilitare i contatti e la condivisione di attivit tra diversi ragazzi autistici e tra ragazzi autistici e coetanei normodotati. Un altro strumento poi quello di costruire training individuali o di gruppo per insegnare le abilit sociali emergenti. Ricordiamo che anche le attivit sociali necessarie per l'integrazione fanno parte di un percorso e, quindi, possono essere oggetto della costruzione di un curriculum. Esattamente come si pu costruire un curriculum per quanto riguarda la matematica si pu costruire un curriculum di abilit sociali, necessarie all'integrazione, utilizzabile per bambini con disabilit di tipo autistico. Ecco alcuni passi per esemplificare un possibile curriculum: 1. Linsegnamento dell'attenzione congiunta, dell'emozione congiunta, dellintenzione congiunta; cio l'insegnamento dei primordi della relazione sociale (Xaiz e Micheli, 2001). Inserire in una classe un bambino per il quale non abbiamo neanche tentato di far passi in questo percorso, probabilmente, sar inutile e dar solo problemi di comportamento. 2. La prossimit sociale, il tollerare di essere vicini luno allaltro, il tollerare di fare delle cose insieme. 3. La creazione di un ambiente sicuro, in cui svolgere interazioni significative protette con altri. 4. Costruire l'abilit di svolgere semplici attivit in una situazione sociale semplice, uno a uno. 5. Labilit di fare qualcosa insieme con altri pi numerosi. 6. Avere interazioni significative all'interno di una classe. Questo pu essere il punto di arrivo del percorso. 7. Unaltra strategia utile per raggiungere, per lo meno parzialmente, il nostro scopo di far imparare al nostro bambino a stare con gli altri programmare un'integrazione alla rovescia, chiedere ai bambini a sviluppo regolare di svolgere attivit significative, per loro e per il bambino, in modo che il bambino affetto da autismo possa acquisire nuove abilit. Una variante simile di questa strategia nota anche con il nome di tutoring e anche su questo esistono utilissimi manuali. La necessit di una programmazione razionale e attenta dell'integrazione tra bambini autistici e coetanei normodotati resa ancora pi importante dalla conferma scientifica della sua utilit nel settore delle abilit sociali. Infatti recenti rassegne sull'argomento (Rogers, 2000) hanno messo in evidenza che, tra i fattori che permettono il successo di training di

abilit sociali, c' proprio la possibilit di svolgere questo training utilizzando il contatto, pensato e strutturato, con coetanei a sviluppo normale. Conclusioni: verso una riforma Avere idee sui valori da raggiungere o salvaguardare non richiede la creazione di una ideologia. chiaro che noi cittadini italiani abbiamo maturato i valori dell'integrazione, che siamo contrari alla segregazione di bambini e adulti in scuole speciali o in istituti totali. Il rischio che queste idee e questi valori diventino non una guida concreta per l'azione, ma diventino una ideologia fine a se stessa. Quando da noi dominava l'ideologia della segregazione questa rendeva impossibile ragionare caso per caso, situazione per situazione: il diverso andava segregato, per il suo bene e per quello della societ. Pensiamo che in molti Paesi anche vicini a noi, per esempio la Francia, normale che un bambino autistico in et scolare venga ricoverato in un istituto medico psicopedagogico, che somiglia molto a un ospedale psichiatrico, con lo scopo di svolgere gli interventi cui ha diritto, e per proteggere il diritto a un'adeguata educazione del soggetto disabile e dei suoi coetanei normodotati; possiamo quindi dire che l'ideologia della segregazione pone il diritto all'educazione contro il diritto all'integrazione. giunto il momento di chiederci se nel nostro Paese non rischiamo di usare il diritto all'integrazione come negazione al diritto all'educazione. E cos anche l'integrazione diventa una ideologia; in nome di un'idea vengono danneggiati gli interessi vitali di un bambino. Ecco un esempio in cui un diritto viene usato a scapito dell'altro. Sei in una scuola e osservi che, mentre l'intera classe lavora, una bambina autistica gira su se stessa in mezzo all'aula, viene naturale chiedersi: Perch deve stare l?. Quando poni la domanda, la risposta : Deve stare in classe perch deve essere integrata. Lideologia quindi ci impedisce di accorgerci che cos la bambina perde tempo prezioso per la sua educazione e in pi impara un comportamento problema. Lidea dell'interazione ci serve inoltre per coprire un'inadeguatezza organizzativa; visto che non riusciamo a organizzare le cose in modo da raggiungere nostri scopi, scegliamo unideologia, che copre e giustifica le nostre mancanze o limiti. Inoltre, l'ideologia ci copre gli occhi e non riusciamo pi a vedere, e ad analizzare la realt con occhi e mani scientifici, e non siamo quindi pi in grado di modificare gli ambienti o le situazioni che sarebbero da cambiare, ma vengono giustificati da queste motivazioni puramente ideologiche. Liberarsi dall'ideologia dell'integrazione significa tornare a dare concreta importanza al valore integrazione. Occorre una sintesi che unifichi il valore dell'educazione con il valore dell'integrazione. Io formulo questa sintesi come diritto all'educazione all'interno della scuola di tutti. I due principi sono insieme ma distinti. Il diritto a uneducazione efficace, secondo aggiornate conoscenze e con appropriate organizzazioni e capacit operative, allinterno della scuola di tutti, pu essere una buona guida per il nostro lavoro. Quello che non si pu pi accettare Un sistema che porta a individuare il problema del bambino troppo tardi. Un percorso di valutazione delle abilit e di programmazione educativa troppo lungo. Le enormi perdite organizzazione. di tempo derivate da burocrazia, incompetenza, cattiva

Il costante cambiamento degli insegnanti. Lesposizione dei bambini e dei genitori a situazioni stressanti e dolorose. Lo scaricabarile ai genitori, in termini di orari, di competenza, di responsabilit.

Laffidare i nostri bambini a chi dichiara di essere incompetente. Lo spreco continuo di risorse.

Non possiamo pi far finta che queste disfunzioni non esistano. Bisogna essere capaci di accettarle come problema, accettarle come qualcosa che va cambiato, accettarle come qualcosa che esiste. Dichiarare e riconoscere il problema senza trincerarsi dietro lo stereotipo Tutti all'estero ci invidiano l'integrazione. Non possiamo pi perdere tempo. Troppi genitori hanno sentito laffermazione Non so cosa fare con questo bambino in bocca alle persone che hanno il compito di aiutare loro e il loro bambino. Questo vuol dire anche che troppi operatori sono stati costretti dall'attuale sistema a mettersi in una condizione di sofferenza tale da arrivare a dire questo a un genitore. Sar un gigantesco passo in avanti quando i responsabili del sistema sanitario, sociale e educativo che ha il compito dell'educazione degli individui disabili nella scuola di tutti, invece che trincerarsi dietro l'ideologia dell'integrazione, riusciranno a dire: Ci spiace, siamo ancora lontanissimi dagli standard, ma stiamo lavorando per fare alcuni passi nella direzione giusta. Abbiamo ottenuto per esempio la creazione di un gruppo appositamente specializzato per l'autismo, in una scuola della provincia. Questo l'atteggiamento necessario. Scopo di una riforma Occorre dare concrete possibilit di affermarsi al diritto all'educazione nella scuola di tutti, con una organizzazione delle risorse in grado di mettere in pratica gli obiettivi concreti che ne derivano. giunto il momento in cui gli esperti, chi ha studiato, ha lavorato e ha maturato conoscenze in merito, e tutte le persone che hanno responsabilit nella costruzione della conoscenza nell'ambito di questo problema, dichiarino la necessit di una riforma. Occorre lavorare attivamente per una riforma. La riforma ha lo scopo di dare concrete possibilit di affermarsi al diritto all'educazione nella scuola di tutti. E la riforma una riforma dell'organizzazione dell'integrazione scolastica come regolata oggi dalla legge. Ci vuole un'organizzazione delle risorse in grado di mettere in pratica gli obiettivi concreti che derivano dal diritto all'educazione nella scuola di tutti. Se questo l'obiettivo che il Paese si pone, l'organizzazione deve essere tale da poterlo raggiungere. Lattuale organizzazione non riesce a raggiungere questi obiettivi e, quindi, una riforma necessaria. Sono convinto che il punto principale da cambiare non il numero degli insegnanti di sostegno o il modo per determinare l'individuazione al diritto all'insegnante di sostegno. La riforma principale nell'organizzazione delle risorse. Stiamo cercando di perseguire i nostri scopi con forme e mezzi che non sono adeguati per raggiungerli. Modalit per rendere concreto il diritto all'educazione nella scuola di tutti per i bambini autistici 1. I servizi sanitari e scolastici si organizzano per prevedere in anticipo, anno per anno, i bambini con disturbi dello spettro autistico che entreranno nelle scuole. 2. Questi bambini saranno indirizzati in scuole appositamente attrezzate. 3. Queste scuole attrezzate avranno insegnanti specializzati per l'educazione dei bambini con autismo, e insegnanti curricolari informati, e aggiornati e formati sul problema e sulle tecniche di integrazione.

4. Verranno definiti i responsabili educativi dei diversi gruppi di bambini, stabili nel tempo, e con responsabilit di guida nei confronti di collaboratori pi giovani, meno esperti o precari. 5. La scuola e gli insegnanti specializzati organizzano spazi appositamente attrezzati per il lavoro educativo con bambini autistici e portano avanti il curriculum educativo per la riabilitazione. 6. La valutazione delle abilit e delle caratteristiche dei bambini, possibile in molti casi anche prima dell'ingresso a scuola, e in ogni caso svolta nella prima settimana di lavoro, porta a definire per ogni bambino i tempi e le attivit in comune con i coetanei normodotati, dal 100% allo 0%, con una programmazione dinamica. 7. I genitori dei bambini autistici troveranno opportune attivit di incontro, informazione, formazione, e contribuiranno all'individuazione delle priorit dell'intervento, al monitoraggio e al lavoro educativo in ambito familiare. Quello che pu essere organizzato oggi, in attesa di una riforma Anche se esistono in altri Paesi numerosi modelli di organizzazione dell'intervento educativo su questi principi (per esempio GAUTENA nei Paesi Baschi, Spagna, e TEACCH nel North Carolina, USA), sappiamo che numerosi e gravi sono i fattori che nel nostro Paese rendono molto difficile una riforma come quella descritta. Anzi, fondato il timore di essere costretti ad assistere a una controriforma: la semplice e concreta impossibilit di avere il rispetto dei diritti dei soggetti disabili, la diminuzione delle opportunit di ricevere educazione e la riduzione delle opportunit di integrazione. Forse gi troppo tardi... sono convinto che muoversi molto rapidamente, operatori, genitori, insegnanti, nella direzione da me proposta potrebbe essere un modo per scongiurare una probabile controriforma che si avvicina. Contemporaneamente possiamo dare maggior spazio e visibilit ai molti colleghi e insegnanti che lavorano e hanno ottenuto spezzoni di riforma. Esistono, formalmente riconosciute o semplicemente messe in pratica da operatori di buona volont e di buona esperienza. Personalmente in Lombardia ho contribuito a diversi tentativi in questa direzione, alcuni dei quali hanno avuto riconoscimenti formali e buoni risultati; so che altri tentativi esistono in molte parti d'Italia. Un indicatore significativo di risultato il primo giorno di scuola di un bambino autistico. Una misura della vischiosit ai cambiamenti dell'organizzazione esistente per esempio il fatto che a Milano, lavorando con un'intensit fortissima, ci abbiamo messo circa quindici anni per arrivare alla presenza di una scuola elementare nella quale per ogni bambino che arrivava era gi pronto un lavoro significativo il primo giorno di scuola, esisteva un gruppo di insegnanti qualificate e stabili, la insegnati curricolari erano informate e partecipavano all'iniziativa con le loro classi, il lavoro era organizzato in modo tale che, ogni volta che cambiava un insegnante, chi restava poteva continuare il lavoro che procedeva senza interruzione in quanto preparato e strutturato. Diritto all'educazione quindi, e diritto a non essere segregati. Non ce ne accorgiamo, ma in realt stiamo giocando questi diritti l'uno contro l'altro: la nostra intenzione di integrare si scontra spesso con le azioni necessarie per educare. Il nostro attuale sistema non pu che produrre bambini malamente educati e malamente integrati. Certamente alcune nostre rare sperimentazioni e organizzazioni in altri Paesi producono risultati migliori. So che in molte parti del Paese numerose persone impegnate e preparate cercano con tutte le loro forze di avvicinarsi alla qualit di intervento necessaria e possibile. So anche che la mia penna non stata capace in questo articolo di rappresentare adeguatamente la

drammaticit delle situazioni - e sono la maggioranza -, in cui le persone coinvolte in questo devastante disturbo sono affidate a operatori e a organizzazioni non preparati ad accoglierle.

Bibliografia

OPERATORE DELLINFANZIA
Descrizione profilo Operatore impegnato nellattivit di accudimento e animazione rivolta a bambini, adolescenti e famiglie. Svolge il proprio lavoro presso il domicilio delle famiglie, in strutture residenziali e semiresidenziali (comunit per minori, soggiorni-vacanza, reparti ospedalieri), servizi e interventi socio-educativi per linfanzia, ladolescenza e la famiglia (citt educativa e servizi educativi e ricreativi territoriali per il tempo libero, centri ricreativi e aggregativi, associazionismo dei ragazzi e delle ragazze, animazione estiva del tempo libero), servizi socioeducativi per la prima infanzia (centri per i bambini, centri per i bambini e le famiglie). Svolge attivit di sostegno alla genitorialit: interventi con/per le famiglie nella scuola e nei servizi o direttamente sul territorio (animatore di strada). Loperatore dellinfanzia progetta e realizza, anche con la collaborazione di altre figure professionali, iniziative culturali, ricreative ed espressive finalizzate: - alla socializzazione - allo sviluppo delle potenzialit di crescita del bambino o delladolescente - allo sviluppo delle capacit creative e relazionali - alla promozione di percorsi di autonomia. Contesti operativi
Servizi residenziali e semi-residenziali per bambini e adolescenti: comunit residenziali per minori centri di accoglienza giornaliera servizi integrativi al nido

Servizi e interventi socio-educativi per linfanzia, ladolescenza e le famiglie: citt educativa centri ricreativi ed aggregativi animazione di strada associazionismo dei ragazzi e delle ragazze animazione estiva del tempo libero centri per i bambini centri per i bambini e le famiglie interventi con/per le famiglie nella scuola e nei servizi

Servizi di animazione in strada

Durata 1.000

ore 500 aree disciplinari ore 500 di tirocinio/stage

Competenze di base: Loperatore per linfanzia conosce: - la normativa nazionale e regionale di settore - il sistema dei servizi per linfanzia - elementi di psicologia dellet evolutiva - aspetti relativi alle dinamiche e alla conduzione dei gruppi - le problematiche giovanili - aspetti del disagio e della devianza minorile - le culture giovanili: usi stili, linguaggi Competenze tecnico - professionali Lanimatore specializzato nel settore dellinfanzia e delladolescenza in grado di: - progettare, organizzare e realizzare interventi di animazione per bambini e ragazzi - osservare e interpretare i bisogni - comunicare con il linguaggio dei giovani - realizzare attivit di animazione per piccoli e grandi gruppi - favorire processi di partecipazione attiva - attivare e sviluppare la capacit creativa e relazionale dei bambini e degli adolescenti - favorire processi di costruzione del s - adottare strategie e metodi orientati a modificare meccanismi e situazioni che favoriscono il disagio - promuovere percorsi di autonomia individuale attraverso esperienze di gruppo - favorire lacquisizione del senso di appartenenza al territorio da parte dei giovani - promuovere attivit ed occasioni di aggregazione con gruppi informali, gruppi di interesse, famiglie, associazioni - stimolare i giovani alla progettualit Competenze trasversali Lanimatore specializzato nel settore dellinfanzia e delladolescenza in grado di: - collaborare con altre figure professionali - sviluppare collaborazioni con i servizi del territorio che si occupano di infanzia e adolescenza - valutare i risultati degli interventi - documentare la propria attivit - organizzare la documentazione e linformazione secondo larea dei problemi, dei bisogni, degli interessi giovanili Requisiti di ingresso
18 anni compiuti diploma 2 ciclo di istruzione

Formazione

Indicazioni pratiche per individuare i corsi pi efficienti nel settore. Breve descrizione del profilo dell'operatore e in quali ambiti opera. Piccole accortezze per non incappare in strutture che offrono corsi "apparentemente completi". L'Operatore Socio Assistenziale una figura professionale di recente ma non attuale introduzione. Tale profilo professionale opera nel settore dell'infanzia, della multiculturalit, della disabilit, della tossico-dipendenza e in campo senile (anziani): inoltre esiste anche una figura affine che l'accompagnatore turistico per disabili. Vi sono molte strutture private che organizzano, a ciclo continuo, dei corsi per diventare Operatore Socio Assistenziale e ognuna ha delle caratteristiche di corso personalizzate: alcune, in fatto di esami, sono molto vicine al conseguimento di una mini-laurea; altre, invece, prediligono di gran lunga un vasto tirocinio pratico e meno teoria... Ma dov' che bisogna porre l'effettiva attenzione? Questi corsi, per essere davvero validi dal punto di vista pratico, e quindi lavorativo, devono essere riconosciuti dalla regione di appartenenza! Ci necessario affinch:

si possa operare in strutture pubbliche; si possa partecipare a concorsi indetti dal Comune, dalla Provincia o dalla Regione; si possa progredire nel tempo con corsi di perfezionamento che rafforzino, ma non sostituiscano, il ruolo ricoperto fino a quel punto. Insomma, attenzione alle false promesse... la formazione c', ma bisogna affidarsi a strutture convenzionate con distretti pubblici e unit locali! Inoltre, da alcuni anni, sono subentrate figure come l'OSS (Operatore Socio Sanitario) e l'OTA (Operatore Tecnico Assistenziale), simili all'OSA (Operatore Socio Assistenziale) ma non uguali... pertanto:

la prima cosa da fare approfondire i ruoli che ciascuno di essi svolge e in quale ambito si desidera formarsi; secondariamente individuare il settore specifico; terzo step, ma non per questo meno importante, consultare le proposte formative del Distretti Sanitari Locali, che spesso organizzano essi stessi (a costi decisamente inferiori) corsi formativi specifici. Fatto ci bene sapere che essere un Operatore Socio Assistenziale non un lavoro come un altro, ma una piccola missione di vita che andr a migliorarsi solo con esperienza, amore e umilt verso il prossimo.

per l'infanzia

Il ruolo professionale dell'Operatore Socio Assistenziale per l'Infanzia quello di occuparsi di minori (bambini e adolescenti fino ai 18 anni) con problematiche di apprendimento o di sviluppo, con problemi comportamentali o di socializzazione oppure provenienti da famiglie con situazioni problematiche o di disagio sociale.Socio Assistenziale per l'Infanzia Spesso ci viene chiesto quali sono le reali competenze professionali che si acquisiscono attraverso i corsi teoricopratici per diventare Operatore Socio Assistenziale per l'Infanzia. Vogliamo rispondere specificando quali sono le mansioni a cui l'alunno sar in grado di adempiere al termine del corso:

Prestare aiuto agli utenti incoraggiando e favorendo la cura di se nelle attivit giornaliere (pulizia personale, vestizione, nutrizione, aiuto nell'assunzione dei pasti, attivit ricreative...) Affiancarsi all'utente e collaborare attivamente alle attivit che favoriscono la socializzazione, l'integrazione sociale e lo sviluppo delle capacit cognitive Prestare aiuto nel governo dell'alloggio e dell'ambiente di vita (cura dell'alloggio, preparazione dei pasti, predisposizione delle strutture finalizzate alle attivit occupazionali o del tempo libero) Gestire in collaborazione con gli operatori le attivit ricreative-culturali e/o occupazionali promosse dalla struttura Dare fiducia, appoggiare e incoraggiare l'utente, ascoltandolo, dimostrandogli apprezzamento per i successi ottenuti e appoggiandolo nel superamento delle difficolt Svolgere (se richiesto o necessario) elementari mansioni legate all'attivit medica (rilevazione della temperatura, semplici interventi di primo soccorso...) Coinvolgere i soggetti nella partecipazione alle iniziative della struttura Aiutare i soggetti a mantenere buoni rapporti con famigliari, parenti, amici e vicini Favorire il contatto con la realt sociale circostante e con le altre istituzioni che si occupano di minori Relazionarsi con altri operatori e partecipare, se possibile, alle riunioni d'equipe Instaurare, se possibile, rapporti con le famiglie degli utenti e con la realt sociale in cui essi vivono

Figura professionale dotata di preparazione teorica e pratica, l'Operatore Socio Assistenziale formato dai corsi Professione Assistenza in grado di collaborare con le equipe di strutture private in cui si svolgono attivit di prevenzione, sostegno, cura e integrazione a favore dei vari ambiti del disagio sociale: bambini, disabili, anziani, tossicodipendenti ed extracomunitari. Forte di spiccate doti personali e di una solida preparazione di base, l'Operatore Socio Assistenziale si pone l'obiettivo di migliorare lo stato di disagio fisico e psicologico degli assistiti e di promuovere le interrelazioni con gli altri utenti, con l'ambiente sociale e culturale circostante e con la loro rete affettiva. L'Operatore Socio Assistenziale potr inoltre continuamente aggiornare le proprie conoscenze tramite i seminari costantemente organizzati da Professione Assistenza nonch frequentare i corsi specifici per l'avvio di un'impresa sociale, iniziativa nel corso della quale l'ex allievo potr contare sulle informazioni, i suggerimenti e i consigli di veri esperti del settore.

ATTIVIT DELL'OPERAT ORE SOCIO ASSISTENZI ALE: COSA FA?

incentiva lo sviluppo dellautonomia personale; favorisce lautosufficienza nelle attivit quotidiane; presta aiuto per ligiene personale degli utenti se non autosufficienti; prepara e somministra i pasti tenendo conto delle diete individuali; presta aiuto per ligiene degli ambienti e degli spazi di vita; provvede al disbrigo di pratiche e commissioni e accompagna lutente a visite mediche o appuntamenti burocratici; favorisce nei limiti del possibile lintegrazione sociale dellutente mediante lo sviluppo di relazioni positive con il vicinato, i familiari, i parenti, gli amici, le associazioni di volontariato, i gruppi locali; collabora con altre figure professionali quali medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, educatori, insegnanti e responsabili di associazioni, comunit, cooperative, ecc. per la migliore programmazione degli interventi individuali e di rete;

gestisce in collaborazione con gli altri operatori le attivit ricreative, educative, culturali e occupazionali; conosce i compiti degli altri operatori e la specificit della propria professionalit; conosce lo statuto e i regolamenti degli enti ed attenersi agli accordi fissati con il responsabile della struttura presso cui si opera;

si aggiorna costantemente per svolgere la propria professione in modo sempre pi mirato e adeguato alle novit; mantiene il segreto professionale cui tenuto lOperatore Socio Assistenziale come tutte le altre figure che operano nel sociale.

OBIETTIVI DELL'OPER A TORE SOCIO ASSISTENZ IALE

L'operatore socio assistenziale ha sostanzialmente l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle persone in stato di necessit, prestando aiuto e assistenza con interventi diretti alla persona sia dal punto di vista fisico che psicologico e favorendone il massimo grado di autonomia personale. Oltre a questo l'operatore socio assistenziale ha il compito di incentivare i progetti di vita dellassistito e collaborare con tutte le istituzioni pubbliche e private per allo scopo di disegnare nuovi e pi efficaci modelli assistenziali e di accoglienza.

Il titolo di Operatore Socio Assistenziale oggi tra i pi richiesti nell'ambito professionale. In generale possiamo dire che questa figura si pu dividere in operatori per l'assistenza agli anziani, ai tossicodipendenti, ai bambini, ai disabili. Categorie, quindi, che rientrano nel settore pi debole della societ, che pu esser seguito solo da persone esperte e competenti che abbiano studiato le tematiche a seconda del ramo scelto. Qui ci occupiamo nello specifico dell'Operatore Socio Assistenziale per l'Infanzia, figura professionale che cerca di avvicinarsi nel modo pi completo possibile all'educazione e alla formazione dell'infanzia. Parliamo in particolare di bambini disagiati con difficolt di ogni genere, dai disturbi comportamentali a quelli di sviluppo e di apprendimento.

L'Operatore Socio Assistenziale per l'Infanzia una figura ricercata soprattutto nell'ambito del "privato sociale". Si occupa anche di bambini con leggere difficolt di sviluppo o apprendimento, di comportamento o socializzazione, oppure provenienti da famiglie con situazioni problematiche o di disagio sociale. Per seguire i nostri corsi di formazione, non avrai obblighi di frequenza e potrai organizzare il tuo percorso formativo come vorrai, in base alle tue esigenze personali e lavorative.

Si pu scambiare per timidezza, ma ci sono casi in cui invece si tratta daltro. Il nostro bambino, una volta varcata la soglia di scuola, non parla pi,non riesce a fare amicizia, concentrarsi, rispondere alle interrogazioni: forse ci viene da pensare che sia solo molto sensibile e abbia bisogno di un po pi di tempo degli altri per ambientarsi, che passer, o magari invece la cosa ci preoccupa, e osservando nostro figlio continuiamo a vederlotalmente bloccato e isolato da decidere di portarlo da un dottore, farci venire il sospetto che sia magari affetto da una qualche forma di autismo, o da dio sol lo sa che cosa. Succede ogni volta che lo lasciamo in classe, o quando va a pallacanestro, o in gita coi compagni, e a un certo punto succede che le maestre, durante il ricevimento, ci vengono a chiedere se il bambino studia, perch a lezione non spiccica parola, non segue, come assente e durante lintervallo se ne sta sempre in disparte, con il resto dei bambini non gioca quasi mai. Ma insomma, che gli succede? Cosa c che non va? Eppure a casa, quando siete insieme, non notate niente di strano, o perlomeno non vi sembra. Ebbene, una possibile risposta a questi dubbi potrebbe forse essere spiegata in 2 parole, sarebbe a dire mutismo selettivo.

Di cosa si tratta esattamente, quali sono i sintomi e cosa rivela questo tipo di comportamento? Innanzitutto c da sottolineare che i piccoli affetti da questo tipo di disturbo non sono muti a causa di un deficit di apprendimento, di autismo, di gravi blocchi dellet evolutiva o di anomalie comportamentali. Il problema deriva infatti da altro: in precisi contesti sociali in cui non si trovano a proprio agio, questi bambini si sentono come se le loro corde vocali fossero letteralmente congelate dalla paura, cosa che di conseguenza impedisce loro di relazionarsi normalmentecon le parole e spiega appunto la loro afonia e latteggiamento improvvisamente non-verbale. In realt questa variante di mutismo infantile fu in un primo tempo definita elettiva: lo psicologoMartin Tramer, che elabor la terminologia nel 1934, era infatti arrivato alla conclusione che quei contesti o quelle persone che arrivavano a scaturire nel soggetto la forma di afonia in questione fossero in qualche modo eletti, ovvero determinati dal paziente stesso, con un atto lucido e cosciente di volont. Invece, quello che dunque stato inizialmente considerato come una sorta di ostinazione adottata magari per attirare lattenzione su di s si rivelato in seguito un disturbo vero e proprio che il paziente non solo non decide, ma che subisce al 100%: la consapevolezza nel realizzare il soggetto inteso come vittima ha determinato la correzione della definizione di questo mutismo, che da elettivo diventato quindi selettivo. I piccoli interessati da questo problema hanno un linguaggio corporeo che, nel momento in cui lattenzione viene rivolta verso di loro, diventa impacciato: spesso tendono ad abbassare o girare la testa altrove, si toccano i capelli, guardano a terra, si nascondono in un angolo, si succhiano il dito oppure vanno a cercare qualcosa con cui giocherellare; molti assumono uno sguardo assente o una faccia inespressiva, e si comportano come se ignorassero laltro. Ma lapparenza vuole solo ingannare: in realt, contrariamente a quanto vuole mostrare, il bimbo ha talmente tanta ansia o paura da non riuscire a mettersi in relazione con gli altri parlando o rispondendo. Nella pratica, si potrebbe sospettare di trovarsi effettivamente davanti ad un caso di mutismo selettivo se: 1. Il bambino non riesce a parlare in determinate situazioni pubbliche dove di norma sarebbe chiamato a interagire (per esempio a scuola), scoglio che tuttavia va regolarmente a sparire in altri tipi di contesto e situazione (per esempio a casa). 2. Il disturbo interferisce in modo consistente con la qualit dei risultati raggiunti in classe e/o in altre occupazioni svolte, creando percepibili blocchi nellambito della quotidiana comunicazione sociale. 3. Il problema si manifesta da almeno un mese (la questione non riguarda naturalmente situazioni particolari e comprensibili come le prime settimane di lezione o linizio di una nuova attivit di gruppo). 4. Non c dubbio sul fatto che il bambino non parli perch semplicemente sa maneggiare ancora pochi vocaboli o perch manca magari di argomenti da esporre. 5. appurato che il bambino non affetto da preesistenti difficolt legate alla sfera comunicativa (per esempio la balbuzie) n da disturbi psichiatrici, come la schizofrenia o il ritardo mentale.

La letteratura clinica in Italia il che rende difficile elaborare una statistica attendibile e stabilire la reale incidenza attuale del disturbo nel nostro Paese - ancora molto povera per quanto riguarda la patologia tuttavia, a partire proprio dal mese di marzo, in libreria possibile reperire un ottimo testo intitolato Comprendere il mutismo selettivo (Edizioni La Meridiana 2010, 14) e scritto dalla terapista specializzata Elisa Shipon-Blum, che in questo volume riassume organicamente il contenuto di tre sue recenti pubblicazioni basate sulla propria esperienza pediatrica in materia di metodi dintervento per questo problema. Il libro della Shipon Blum, presidente e direttrice del Selective Mutism Anxiety Research and Treatment Center (Smart Center) di Jenkintown (U.S.A.), stato tradotto nella versione italiana da Adriana Testi, madre di un bambino MS; attraverso questo link, intanto, possibile leggere gratuitamente una serie di passi scelti del testo:

http://issuu.com/meridiana/docs/comprendere_il_mutismo_selettivo
Lignoranza e la scarsa attenzione a cui il problema per il momento relegato, tuttavia, non deve ingannare: sottovalutare lMS liquidando il blocco del bambino come banale timidezza o, al contrario, entrare in uno stato dansia rischiando un percorso terapeutico sbagliato che, indagando su unipotetico stato di ritardo mentale o di autismo, vada a parare in una terapia errata, sono atteggiamenti assolutamente da evitare. Il mutismo selettivo infantile non raro, non necessariamente dovuto a traumi o violenze subite, non assolutamente indice di unintelligenza al di sotto della media e, soprattutto, va curato perch la credenza che non si risolve da s con la crescita un falso (e pericoloso) luogo comune da sfatare. Ogni problema corrisponde ad una giusta soluzione ma, perch questa possa essere realmente adeguata cos da evitare infinite conseguenze, la prima regola non buttarsi su deduzioni affrettate: solo in questo modo, oltre che informandosi, diventa possibile puntare ad una pronta guarigione. Fonti: Si tratta come noto di bambini, per lo pi in et di scuola materna o elementari, che 'non
parlano' a scuola e negli altri spazi fuori dall'ambiente familiare, e in generale con estranei. Spesso riescono ugualmente a seguire l'iter scolastico senza difficolt di apprendimento, ad avere rapporti con i coetanei e a stringere amicizie condizionate per dall'inibizione a parlare in ambienti estranei a quelli strettamente familiari. Molti tentativi di 'terapie' si infrangono spesso contro ostacoli insormontabili. E' probabile che molti di questi bambini superino col tempo almeno parzialmente la loro inibizione a parlare, ma non sappiamo bene, a mia conoscenza finora almeno, qual la loro evoluzione. Sembra molto pi raro questa sindrome negli adulti, ma qualche caso viene ogni tanto casualmente scoperto anche nella maggiore et. Alcuni casi sono probabilmente solo parziali e passano inosservati o quasi. Il mutismo (s)elettivo un po' una Cenerentola nel campo della psichiatria infantile. Non considerato abbastanza grave da meritare maggiori attenzioni, non abbastanza frequente da imporsi come problema, non legato (ancora) a malattie cerebrali dimostrate o supposte, stato abbastanza trascurato dai ricercatori e dai clinici (e dal business farmaceutico) come un problema minore, ma

fonte di marcato disagio e sofferenza per i bambini colpiti e le loro famiglie. E' sfortunato anche nel nome. L'aggettivo 'elettivo' viene sempre pi sostituito da quello 'selettivo', pur se il significato dei due aggettivi simile. Dal vocabolario: Elettivo = 1 Che ottiene una carica, un ufficio attraverso un'elezione: membri di diritto e membri e.; che conferito mediante elezione: carica e. 2 Liberamente scelto: domicilio e. Selettivo = Che opera scelte rigorose selezionando le persone o gli elementi migliori: essere s. nella scelta dei collaboratori; basato sulla selezione: scuola s.; che di gusti difficili ed esigenti: un tipo piuttosto s. Sempre di scelta si tratta, quindi l'oscillazione fa i due termini mi sembra priva di senso. E' ovvio che la 'scelta' in realt non libera ma condizionata da qualcosa, che possiamo variamente ipotizzare dalle persone che erano cos in precedenza, e parlano di ansia, paura, blocco che in certe condizioni impediva loro di parlare e anche spesso di comunicare senza parole. Si tratta quindi in realt di una inibizione. Conosciamo altre condizioni psicopatologiche che condividono come causa scatenante l'esposizione a situazioni sociali, di persone estranee o ambienti estranei: sono le fobie, come l'agorafobia, la fobia sociale e altre. In queste situazioni l'esposizione alla situazione temuta scatena grande ansia tanto da portare all'evitamento, rinunciando alle uscite nei luoghi affollati, ai viaggi, ecc o addirittura ad uscire di casa. Attraverso l'inibizione di una funzione o attivit, l'ansia temuta viene controllata. I bambini con ME non mostrano apparentemente paura o ansia, se non vengono forzati a parlare: se non ostacolati non mostrano segni di ansia. Questo un aspetto condiviso anche con i sintomi ossessivi, che permettono alla persona in causa di tenere sotto controllo la loro ansia, che si scatena invece se non possono fare le loro manovre oseesive abituali. Il mutismo elettivo appare quindi una situazione a ponte fra le sindromi fobiche e quelle ossessive, o per lo meno condivide aspetti di entrambe, in primo luogo l'inibizione della libert di comportamento. I bambini con mutismo selettivo possono compiere molte normali attivit nell'ambiente esterno a patto di non parlare. Un letterato potrebbe proporre di chiamarla Sindrome della Sirenetta, dalla nota fiaba di Andersen in cui la Sirenetta innamorata pu uscire dal suo ambiente marino per vivere in quello terrestre, estraneo a lei a ai suoi simili, solo rinunciando alla voce. Questi bambini in effetti rinunciano a parlare e in questo modo possono uscire dall'ambiente familiare (in cui parlano senza problemi) per andare nel mondo extrafamiliare. Chiss se anche loro pagano cos un fio per seguire una passione che in qualche modo sentita contro il loro ambiente, quasi un tradimento. Anche se nulla nel loro ambiente sembra impedirglielo, anzi. Il fatto che questa sindrome, anche se spesso incompleta o transitoria, sia un po' pi frequente nelle famiglia immigrate o in famiglie con aspetti relazionali e comunicativi un po' diversi da quelli pi comuni, fa ipotizzare che il bambino avverta uno stacco fra ambiente familiare e ambiente extrafamiliare pi marcato che di norma (come fra ambiente acquatico e ambiente aereo nella fiaba suddetta) e che 'sacrifichi' la sua voce per la possibilit di spingersi all'esterno. Attenzione, questa non un'attribuzione di 'colpa' ai genitori o all'ambiente familiare, ma solo una riflessione sulle osservazioni fatte, al fine di trovare la modalit pi utile per aiutare il bambino e la sua famiglia. Aggiungo qui brevemente alcuni resoconti clinici. 1 - Bambina di 4 anni e mezzo che dopo pi di un anno di mutismo quasi totale fuori di casa ha iniziato a parlare in una seduta di terapia familiare, o meglio 'esplorazione familiare', come preferisco chiamare questo tipo di intervento. Verso la fine della seduta precedente Viola, che si era rilassata e giocava e disegnava, si era lasciata sfuggire alcune parole rivolta alla mamma, sempre per restando molto riservata verso di me. E finalmente oggi A ha parlato in seduta, prima alla mamma, poi anche rivolta a me, cosa che finora non era mai successa.

Dopo una prima met della seduta di interesse e gioco crescente, pi diretta del solito, (in cui per non prevedevo minimamente quello che sarebbe accaduto, Viola ha lasciato uscire la sua voce, sciogliendosi progressivamente in un aumento di contentezza e di vivacit su argomenti quotidiani e rispondendomi s alla fine al mio saluto alla prossima volta, prolungando la permanenza per farmi vedere i disegni che la mamma aveva portato dall'asilo. Nell'eloquio della bimba posso notare, per la prima volta, alcuni aspetti del suo linguaggio, una quantit di dislalie e difficolt nella costruzione della frase, da bambina molto pi piccola, ancora ridotta ai minimi termini, singole parole , nomi di animali, ecc. Per 4 anni e mezzo un po indietro anche nello sviluppo grafico ludico simbolico, cosa che si poteva apprezzare anche prima. Chiss se ha reagito col mutismo alla preoccupazione iniziale sul ritardo del linguaggio (motivo della prima segnalazione dell'asilo) Sono colpito nel notare che parlando si rivela di colpo una bambina pi fragile, col suo ritardo, mentre il mutismo, come una specie di corazza, la faceva sembrare molto pi sicura di s, nella sua 'fortezza' che alzava i ponti levatoi alla comparsa di estranei! Evidentemente qui un po' alla volta (ormai vengono da quasi un anno, anche se a cadenza irregolare e non intensiva) si sentita in un ambiente non pericoloso e ha osato venir fuori. Ovviamente abbiamo trattenuto l'emozione, sia genitori che io, ma era tanta... Mi domando se il linguaggio forse come una parte debole, da tenere nascosta agli estranei e il mutismo come una corazza difensiva. Che per coinvolgeva anche l'espressione del viso e la comunicazione non verbale, ugualmente trattenuta. Quasi uno scafandro da palombaro da mettersi nel passare dall'ambiente familiare all'ambiente estraneo, come per passare dall' ambiente aereo a quello acquatico. Due settimane dopo la bimba, stavolta insieme alla mamma, impiega 15 minuti a superare il silenzio iniziale, occupato a disegnare, a disporre giochi, molto 'contenuta'. Poi, dopo le prime parole che aprono uno spiraglio, di nuovo c' un'escalation, di ricerca di contatto verbale, di gioco e di movimento fisico, che la mamma cerca un po' di frenare. La bimba non sta nella pelle, sale sulla sedia, sul tavolo, per costruire e usare il materiale come motivo di scambio, di dialogo, segue tutte le proposte, si avventura ad esplorare nuove combinazioni. E' quasi una 'liberazione', un venir fuori dalla prigione anche comportamentale, oltre che del mutismo. Si coglie, ora che parla liberamente, il suo ritardo di linguaggio, le difficolt di pronuncia e il ritardo sintattico, grammaticale. Ed anche il ritardo simbolico nell' attivit di disegno, nel gioco, che molto poco simbolico, ma non mi sogno certo di mettere a fuoco queste difficolt, per ora. Vedremo in seguito. Per ora l'exploit merita di non essere frenato. Alla fine rimette allegramente a posto e vorrebbe qualche gioco da portar via, ma la regola vale per tutti. Pu portare con s qualche oggetto di carta costruito insieme. Se ne va saltellando, incontenibile dalla mamma, e fuori si sente a lungo la sua voce risuonare nel corridoio, in mezzo ad altre persone in attesa. Sicuramente un'altra bambina... La seduta successiva. Oggi Viola ha cominciato parlando subito, rimettendosi subito al gioco dell'altra volta, a costruire la torre sulla mia scrivania, (che ho sgombrato da ogni altra cosa per lasciarle posto), montando sulla sedia e variamente sulla scrivania stessa, con la mamma a sostenere il suo vaccillante equilibrio, che rispecchiava quello della torre, caduta alcune volte pi o meno rovinosamente. La bimba cerca di mettere sulla torre o intorno tutti i giochi, in contatto attivo e contento sia con la mamma che con me, senza lesinare commenti e indicazioni. Poi ha accettato di spostarsi sul pavimento, sempre davanti alla scrivania dove stavo io... All'inizio aveva tirato fuori di tasca un foglio tutto pieghettato, con un suo disegno, ben evoluto rispetto a un mese fa, e alla fine, quando gi si era rimesso, ha voluto farne uno anche qui, con una figura umana, tutta in giallo, tratteggiata rapidamente con i capelli lunghi, ed ha chiesto alla mamma di disegnare intorno tanti 'cuori' (cui commentavo che sicuramente fra poco avrebbe imparato a farli anche lei) , per poi lasciarla a me, mentre lei si riprendeva il disegno portato. Anche le verbalizzazioni erano oggi a momenti pi

evolute, con pi parole legate insieme in modo corretto per grammatica sintassi e significato, e solo la pronuncia era ancora molto dislalica, da farmi a volte non capire... Anche oggi, andando via allegramente con la mamma, le sue parole risuonavano per il corridoio. Il regalo della figura con i cuori intorno mi ha veramente commosso. Mi sembra che sia stato molto importante la presenza della mamma in seduta e la sua partecipazione, addirittura a disegnare i cuori, su richiesta della bambina, quasi a rappresentare la presa di contatto o lo stabilimento di un rapporto affettivo fra tutto l'ambiente familiare e il mio ambiente, a lungo estraneo, che evidentemente essenziale per poter stabilire comunicazioni. .. Altra situazione: bimba di circa 5 anni, che a un certo punto dopo poche sedute familiari non era pi riuscita a trattenersi dal desiderio di parlare, molto invogliata dalla situazione. Accortasi di avere parlato nell'ambiente dove prima si tratteneva, aveva commentato, riprendendo il controllo: " to', ho imparato a parlare", pi o meno come il personaggio Titti del cartone animato di gatto Sempronio, che a un certo punto, dispettosamente, fa cadere il gatto e dice, finto sorpreso, "ho finito i palloncini", o qualcosa di simile... Un mutismo 'furbetto', pi manovrato... Un'altra bimba, 6 anni, di famiglia extracomunitaria, con difficolt e ritardo di linguaggio per motivi sia fisici che ambientali, che nella prima seduta era rimasta completamente zitta, cos come accadeva i primi tempi nella scuola e in generale negli ambienti nuovi. La volta successiva, con i fratelli, era invece esplosa in una quantit di comunicazioni e verbalizzazioni piene di vitalit, a mostrar loro tutto quello che lei gi conosceva... Un mutismo come reazione all'estraneo pi intensa e fuori et, ma di breve durata. Altra situazione: famiglia asiatica, bimba di 4 anni muta a scuola e con estranei, e anche nelle prime visite con me. La vedo insieme ai familiari, genitori e fratellino. Dopo la rigidit iniziale, man mano che i genitori si sciolgono, anche i bambini lo fanno e iniziano ad esplorare e utilizzare spazio e materiale (giochi, disegno). Alcune volte viene la mamma con i bimbi, e comunica molto liberamente. In quelle occasioni si comincia a sentire anche la voce della bimba, prima diretta al fratello o alla mamma e poi anche a me. Tornata una settimana dopo solo col padre, che ancora piuttosto chiuso e anche la bimba all'inizio di nuovo chiusa e ferma e muta, ma stavolta il blocco e il mutismo si sciolgono in circa mezz'ora, via via che anche il padre riesce un po' a comunicare, anche se non come in compagnia della mamma. Mi sembra evidente come la bimba esprima le difficolt di contatto di tutta la famiglia con il mondo esterno, cui estranea sia per l'immigrazione ma anche per caratteristiche personali dei genitori. Mi sembra anche chiaro che l'intervento da farsi e pi a livello familiare che individuale, e consiste nel favorire un aumento e miglioramento del contatto e delle comunicazioni con l'esterno di tutto l'ambiente familiare. E' probabile che ci siano diversi livelli di 'mutismo', come difesa nel contatto col mondo esterno partendo da un vissuto di inadeguatezza e incapacit (tacere in fondo la prima cosa che consigliano anche gli avvocati, e la 'facolt di non rispondere' una cosa di cui si avvalgono anche personaggi di tutt'altro genere...): da un mutismo passeggero e limitato, quasi una 'reazione all'estraneo' un po' fuori tempo, passando per gradi diversi, a un mutismo assoluto e durevole molti anni. Certi adolescenti si chiudono in casa e riducono i contatti col mondo esterno, salvo poche eccezioni 'selezionate'. Se riescono a venire in seduta i contatti e gli scambi sono molto faticosi, le parole faticosissime da tirar fuori. Alcuni di questi erano bambini 'muti', che anche ora limitano le loro risposte verbali a pochissime parole, se non solo monosillabi. Ho in mente alcuni ragazzi, anche loro di famiglie immigrate.

Sono colpito dalla somiglianza con gli adolescenti riferiti qui sopra di una ragazza ex muta elettivo, ormai adolescente, tornata dopo aver interrotto vari anni fa. Che l'Ikikomori , o chiusura in casa, 'fobia sociale', ecc., sia talvolta una possibile evoluzione del mutismo elettivo?

I mutisti sono in grado di parlare, ma non riescono a trovare il coraggio di farlo !

Il mutismo selettivo un disturbo emotivo della comunicazione linguistica. Il mutismo caratterizzato da una persistente incapacit di parlare in determinate situazioni, mentre in altre situazioni il parlare possibile. Questo disturbo quindi non determinato da una mancata capacit nel parlare. Larticolazione, il linguaggio recettivo ed espressivo della persona affetta da mutismo sono di regola nella norma. Mutismo (lat. mutitas mutismo, mutus muto; silenzio psicogenico) una denominazione per un consistente silenzio delle persone, bench gli organi del linguaggio sono intatti. Il silenzio pu accadere di proposito, pu per anche essere connesso ad uninibizione psicologica. Le cause del mutismo sono molteplici e ancora poco studiate. Il mutismo non solamente un problema personale, ma bisogna considerarlo nel contesto sociale. Conflitti relazionali e problemi di sviluppo possono infatti portare a unestraniazione sociale e a paure. Le neurosi per esempio possono portare al mutismo, cos come lo stupor psicologico, le paralisi da panico, bruschi disagi emozionali, ecc. Il mutismo si presenta spesso anche in bambini sensibili, quando i loro bisogni di attenzione, amore e sicurezza vengono trascurati o quando si sviluppano paure sociali attraverso esperienze negative al di fuori del nucleo

famigliare. Ci sono due forme di mutismo: quello totale (il bambino non parla pi con nessuno) e quello elettivo o selettivo (il bambino parla con alcune persone prescelte oppure in un ambiente limitato nello spazio o nel tempo). Il mutismo, nella maggior parte dei casi, viene curato attraverso diverse forme di psicoterapia, di logopedia specifica e di terapie comportamentali.

Mutismo Il termine mutismo (dal latino mutus, "muto", voce derivata da una radice onomatopeica mu) indica l'incapacit di emettere suoni distinti e parole articolate. Vi pu essere un mutismo assoluto, quando tale incapacit totale, e un mutismo relativo, quando il soggetto parla male o in maniera inadeguata. Il mutismo pu essere originato, oltre che da fattori fisici, anche da inibizioni psichiche. Nel linguaggio psichiatrico si definisce mutacismo il mutismo che si

manifesta solamente in determinate occasioni e/o con determinate persone. sommario: Definizioni. 2. Fisiopatologia. 3. Classi di mutismo. Bibliografia 1. Definizioni Definendo il mutismo come incapacit di usare il linguaggio parlato, si fa uso di un concetto descrittivo che indica il fatto che una persona non parla; tale denominazione sintomatologica totalmente disgiunta dall'eziologia, dalla patogenesi, dalla sindromicit, e significa semplicemente che la bocca non emette parola articolata sonora. Il mutismo un'evenienza totale o parziale, possibile in ogni et della vita (di norma pi frequente in et evolutiva, ma presente anche in et adulta e in aumento con l'et senile), congenito o a comparsa successiva, permanente o transitorio. Secondo una descrizione pi circostanziata, presenta mutismo un soggetto in et evolutiva, adulta o senile che non possiede (ovvero tarda a possedere, o possiede incompletamente, o perde totalmente oppure parzialmente) le abilit linguistiche vocali in comprensione o in produzione, in tutti o in alcuni aspetti (fonetico-fonologico, semanticolessicale, grammaticale-sintattico, pragmatico). Si verifica spesso in concomitanza con turbe comunicative, o prestazionali generali o particolari, o di comportamento e della relazione interpersonale, o della curricolarit scolastica, oppure anche in concomitanza con incongruenze culturali, di origine, significato, gravit ed evoluzione molto diverse. Da questa concezione articolata si evince che i confini fra mutismo assoluto e mutismo relativo sono molto labili. 2. Fisiopatologia Alla produzione della parola articolata sonora concorrono: 1) la vociferazione o fonazione (voicing), ossia l'abilit primaria di produrre un suono laringeo o vocale, oppure altra sonorit pressappoco equivalente (erigmofonia, sonorit ottenute con protesi vocali, con laringofoni, con produzioni buccali); 2) l'articolazione verbale o fonemica o parola (speech), ossia l'abilit di produrre quelle entit sonore che vanno sotto il nome di fonemi (avulse di per s da ogni semanticit), ottenuta, tramite alcuni organi del tratto vocale, mediante la modificazione acustica di rumori prodotti nella cavit orale o di suoni prodotti in laringe dalle vociferazioni o di altre sonorit succedanee; 3) il linguaggio verbale o abilit o competenza linguistica (language), ovvero l'abilit di ricondurre lo scambio interpersonale di messaggi e di informazioni a un sistema particolare di strutture elementari rappresentate sostanzialmente dai vocaboli, ovvero dalle etichette che il lessico applica ai concetti (ovviamente i vocaboli sono resi possibili dal supporto significante fonologico, si articolano con le flessioni e altre modalit grammaticali e con l'assemblaggio sintattico, in un determinato contesto pragmatico); 4) la comunicazione interpersonale (communication; talora confusa con il suo aspetto parziale di non verbal communication), ovverosia l'abilit di stabilire contatti con l'interlocutore o con gli interlocutori mediante qualsiasi modalit comunicativa e principalmente con alcune modalit comunicative verbali (per es., la lingua dei segni utilizzata dai sordi, ma anche gli indotti del parlato quali lo scritto alfabetico e altri) e soprattutto con le modalit comunicative non verbali. La compromissione di ciascuna di queste abilit (e talora pi raramente l'associazione di pi di una compromissione) pu determinare il sintomo della persona affetta da mutismo. Le abilit sopra menzionate sono nettamente dipendenti da o concomitanti con funzioni correlate, e

specificamente con: 1) le abilit sensopercettive o degli apparati sensopercettivi periferici e centrali (organi sensoriali, vie e centri sensoriali centrali), con particolare riguardo ai sistemi telecettori (uditivo e visivo) e ai sistemi propriocettori o aptici tattile e cinestesico; 2) le abilit practomotorie, ovverosia l'esecuzione motoria periferica e la sua regolazione prassica coordinativa centrale, capitolo nel quale sono anche comprese le abilit relative alle secrezioni e alle escrezioni; 3) le abilit integrative centrali non solo cognitive e decisionali corticali, ma anche inferiori riflesse, relative alla veglia, all'attenzione, alla concentrazione ecc., e intermedie emotive e comportamentali; 4) la relazione interpersonale (compreso l'aspetto affettivo) e sociale (compreso l'aspetto culturale); 5) la prestazionalit generale, ovverosia il grado di sofisticazione ed esplicazione di abilit concernenti la propria persona (nutrirsi, muoversi, vestirsi ecc.) e il rapporto con l'ambiente e il gruppo dei simili (spostarsi, usare mezzi di locomozione, comperare, telecomunicare, apprendere formalizzato e curricolare, lavorare ecc.). Le varie forme di mutismo possono essere inquadrate, facendo riferimento al punto di vista nosologico e a quello della comunicazione, in diverse categorie. La disfonia e le afonie si riscontrano in tutti i soggetti tracheotomizzati, laringectomizzati, o che abbiano subito traumi, anche iatrogeni, alla laringe, o che siano affetti da malformazioni, paralisi, tumori laringei ecc.; in questi casi compromessa l'abilit della vociferazione. Le dislalie meccaniche periferiche si verificano in particolare nelle mutilazioni estreme o nelle gravi compromissioni degli organi del tratto vocale e in specie della lingua e dello sfintere velofaringeo, ma anche della struttura buccomaxillare nel suo complesso, come pu accadere negli esiti di interventi oncologici maggiori o di grandi traumatismi; compromessa l'abilit dell'articolazione verbale, come avviene anche nelle anartrie-disartrie. Per le turbe del flusso in casi e momenti estremi, come per es. nella balbuzie tonica, difficile specificare quale sia l'abilit compromessa, se quella della vociferazione, quella dell'articolazione verbale o quella del linguaggio verbale. Quest'ultima risulta compromessa nelle afasie e in particolare nelle afasie non fluenti (v. afasia) e, insieme all'abilit dell'articolazione verbale e a quella della comunicazione interpersonale, nelle oligofrenie evolutive, sia disgenetiche (per es. sindrome di Down), sia acquisite (per es., postasfittiche, postmeningoencefalitiche, post-traumatiche) e demenziali, sia neurodegenerative (per es. morbo di Alzheimer), sia multinfartuali, sia postcomatose. Il sordomutismo di complessa valutazione, presenta in prevalenza la compromissione dell'abilit del linguaggio verbale, ma anche quella dell'abilit dell'articolazione verbale e, talora, dell'abilit della vociferazione. I ritardi e le distorsioni non secondarie del linguaggio, e in particolare il cosiddetto disturbo fonologico, sono classificabili nell'abilit del linguaggio verbale, come le inadeguatezze culturali (che coinvolgono anche l'abilit della comunicazione interpersonale). Le inadeguatezze affettive hanno impatto sull'abilit della comunicazione interpersonale. Vi sono infine turbe miscellanee, fra le quali l'adualismo-autismo, le sindromi da iperprotezione, le sindromi da adozione o similari, che presentano compromissioni prevalenti nell'abilit della comunicazione interpersonale, ma anche nell'abilit del linguaggio verbale (meno nelle altre due abilit). Le afasie, le anartrie-disartrie e le oligofrenie non sono di facile sistematizzazione e, indipendentemente dalle situazioni di sindromi disgenetiche, potrebbero rientrare nel concetto pi generale di 'insufficienza encefalica', olisticamente intesa come il venir meno acquisito pi o meno grave delle abilit nervose centrali nel loro complesso, pur con profilo clinico diverso a seconda dei singoli pazienti. Una differenza importante potrebbe essere operata fra insufficienti encefalici in et evolutiva e insufficienti encefalici in et adulta e senile (ossia con perdita oppure perturbazione di abilit ormai acquisite). In tal senso sarebbero meglio razionalizzabili

situazioni quali quelle complesse comatose, postcomatose o apalliche, quelle oncologiche e quelle neurodegenerative generali. 3. Classi di mutismo Indipendentemente dalle tassonomie sopra ricordate e da una minuziosa esaustivit, possono essere delineate quattro prototipie di riferimento. a) Il mutismo in soggetti con impedimenti nelle strutture periferiche producenti i suoni articolati (laringe e tratto vocale o cavit di risonanza e di articolazione comprese fra le corde vocali e le aperture buccali-labiali e nasalinarinali). Il mutismo in questi casi (per la mancanza o insufficienza del suono o della sonorit laringea, oppure per l'incapacit di modulare i suoni laringei e i rumori buccali, per quanto creabili) deve essere inteso come condizione di impossibilit di produrre un messaggio verbale in una persona che non risulta compromessa n nella comunicazione interpersonale n nella competenza linguistica. Ne consegue che tale persona in grado di ricevere i messaggi verbali e di comunicare sia verbalmente sia non verbalmente, ma dovr, per farsi intendere, esprimere i suoi messaggi con modalit non verbali oppure verbali non vocali (soprattutto alfabeticamente scritte ma anche segniche). Ovviamente esistono tecnologie riabilitative e protesiche per intervenire anche sulla produzione vocale. b) Il mutismo in soggetti con sordit grave o gravissima bilaterale, o sordomutismo. Tale condizione molto diversa se la sordit intervenuta dopo l'acquisizione spontanea della competenza linguistica vocale (sordit postlinguale, in particolare dell'adulto e dell'anziano), oppure se era gi esistente alla nascita o intervenuta prima del 18 mese di vita (sordit prelinguale). Nel primo caso si verifica soltanto una grave compromissione nel recepire i messaggi verbali vocali (sonori), mentre la produzione di messaggi vocali solo relativamente compromessa e rimane totalmente integra la competenza linguistica. Nel secondo caso invece la sordit non gestita o non adeguatamente gestita pu comportare: 1) la non acquisizione spontanea delle abilit linguistiche vocali, o sordomutismo (alcune associazioni di sordi raccomandano di usare, invece del termine sordomuto, sordoparlante per le persone che, nonostante la sordit, in qualche modo hanno imparato a parlare); 2) l'apparente insufficienza mentale per il non utilizzo dell'educazione mediante lo strumento verbale; 3) una reale povert dell'enciclopedia individuale di nozioni; 4) l'assenza di un linguaggio interno verbale; 5) difficolt scolastiche, particolarmente nella lettura e nella scrittura e in qualsiasi componente curricolare legata alla lettura o comunque alla verbalit; 6) turbe dei comportamenti, della socialit, del lavoro e comunque della convivenza in un gruppo di normoudenti; 7) svantaggi o handicap miscellanei. Con 'demutizzazione' si intende l'insieme delle procedure (prevalentemente educative) che consentono l'acquisizione, da parte del sordo prelinguale, di una competenza linguistica vocale, compresa la produzione. Molti sono i rimedi proposti in tale ambito: questi comprendono l'adozione di una protesi acustica, l'impianto cocleare (ossia l'immissione endocranica, mediante intervento chirurgico, di una protesi che convoglia i segnali elettrici del messaggio acustico rilevato e processato direttamente al nervo acustico bypassando la chiocciola lesa), protesi vibratorie, metodi per l'educazione della percezione uditiva (sull'udito residuo o su quanto convogliato dai vari tipi di protesi), metodi per l'acquisizione di una competenza linguistica, metodi per vicarianze miscellanee. Un'adeguata educazione consente di superare in modo conveniente il mutismo (senza peraltro mai normalizzarlo del tutto) circa per la met dei casi. Nel processo di demutizzazione sovente vengono impiegate modalit comunicative mimico-gestuali e segniche: in particolare la

comunicazione visivo-gestuale (di tipo non linguistico, uguale o analoga a quella impiegata dai mimi), la dattilologia (o alfabeto muto normale, il cui impiego peraltro presuppone la competenza linguistica vocale), le lingue segniche (e specificamente la LIS, lingua italiana dei segni; inoltre l'italiano segnato, l'italiano segnato esatto ecc.). c) Il mutismo in soggetti con compromissioni di varia natura del sistema nervoso centrale. Il gruppo non assolutamente omogeneo e in ogni caso, oltre alla distinzione fatta nel precedente paragrafo di mutismo prelinguale (detto anche con una certa impropriet evolutivo) in soggetti con compromissioni centrali (disgenetiche o acquisite) presenti alla nascita (o congenite) oppure postnatali, intervenute comunque prima dell'acquisizione spontanea del linguaggio parlato, e di mutismo postlinguale in soggetti in cui una noxa (solo acquisita) sopraggiunge a competenza linguistica gi acquisita, bisogna tener conto anche di altre condizioni. Fra queste, indubbiamente, la prestazionalit (verificata a qualsiasi et) generale (cio l'insieme delle abilit della persona nel suo complesso) e la cosiddetta intelligenza o et mentale superiore o inferiore ai 36 mesi (cio di un bambino di 3 anni) rappresentano un importante discrimine. In queste persone la compromissione pu essere a carico delle funzioni corticali superiori - cognitive, decisionali, razionali, linguistiche, spaziotemporali - e/o a carico di altre funzioni, per es.: della gestione della motricit (eliminazione di movimenti parassiti, automazione, fluidit ecc.); dell'elaborazione intermedia dell'informazione in arrivo (detenzione, discriminazione, identificazione, riconoscimento ecc.); delle memorie (procedurali olivocerebellari e dichiarative, di lavoro, a lungo termine, biografiche ecc.), della veglia, dell'arousal, dell'attenzione selettiva ecc.; degli umori, dei comportamenti cosiddetti vegetativi (relativi ai cibi, alla sessualit, all'aggressione, alla maniaco-depressione, alla catastroficit ecc.). La politica di demutizzazione nei soggetti in et evolutiva consiste: nel promuovere e canalizzare la spontanea, seppur rallentata, evoluzione della prestazionalit generale fino alla fatidica soglia dei 36-48 mesi (gestendo nel contempo un'educazione della 'buccalit' alimentare, conoscitiva, respiratoria, edonistica ecc.), ottenendo cos una spontanea soluzione del mutismo o almeno un suo passaggio a un mutismo relativo; nel mettere in atto procedure comportamentali per ottenere obiettivi molto parziali, nel caso in cui non possa essere prevista un'acquisizione spontanea dell'espressione verbale. Non invece possibile delineare concisamente l'intervento negli altri casi, specialmente in et adulta e senile, perch troppa la diversit fra le differenti situazioni (afasie di vari tipi; anartrie secondarie a malattia del motoneurone: paralisi bulbare e pseudobulbare, morbo di Parkinson, malattie demielinizzanti ecc.; demenze; traumi cranici; avvelenamenti; tumori; coma ecc.), fra le differenti costellazioni cliniche dei singoli pazienti, fra le differenti prognosi (comprese quelle di ineluttabile progressione, che consentono solo un contenimento o rallentamento della stessa o delle sue conseguenze). d) Il mutismo in soggetti con compromissione della relazione interpersonale. Questo gruppo molto composito accomunato dal fatto che il dualismo (o pluralismo) comunicativo non stabilito, perch non possibile (adualismo o autismo primario: sindrome di Kanner, di Asperger, di Rett ecc.; adualismo o 'comportamenti autistici' secondari: surdicecit, prime fasi della cecit, importanti compromissioni intellettuali e non solo l'idiozia e il cretinismo, schizofrenia), o perch non desiderato (sindromi oppositive, depressive e altre situazioni, anche temporanee, di non sintonia interpersonale di origine endogena o esogena, comprese le turbe affettive e l'iperprotezione), oppure ostacolato (situazioni socioeconomiche, politiche, razziali, religiose, culturali). Di norma (salvo nella prima condizione di adualismo o autismo primario o secondario, eccetto la surdicecit e la cecit, in cui sempre presente una compromissione

prestazionale generale che non comunque superiore a quella di un bambino di 7-9 anni nei casi pi favorevoli), il mutismo di questo raggruppamento non comporta disabilit sensopercettive, practomotorie o integrative centrali. La terapia, che dovr ovviamente rapportarsi alla natura delle singole realt patologiche e cliniche, molto diversificata e con prospettive notevolmente differenti. bibliografia

Le fiabe pongono il bambino di fronte ai principali problemi umani (il bisogno di essere amati, la sensazione di essere inadeguati, langoscia della separazione, la paura della morte ecc), esemplificando tutte le situazioni e incarnando il bene e il male in determinati personaggi, rendendo distinto e chiaro ci che nella realt confuso. Esse esprimono in modo simbolico un conflitto interiore e poi suggeriscono come pu essere risolto. La fiaba offre aiuto per superare il primo conflitto, che riguarda il problema dell'integrazione della personalit. Per evitare di essere sconvolti dalla nostre ambivalenze e di esserne lacerati, necessario che noi le integriamo per conseguire una personalit unificata in grado di affrontare con successo e con sicurezza le difficolt della vita. L'integrazione interiore un compito che ci troviamo di fronte per tutta la vita, in diverse forme e gradi.
il fisico e la mente.

Riporta il sito dei Genitori contro l'Autismo: Lathe sostiene che molti casi di autismo potrebbero essere causati da una certa fragilit genetica nella biochimica del corpo che lo rende pi vulnerabile a certi inquinanti. Cosi', quando il soggetto esposto a tossine (anche a livelli normalmente innocui per la maggior parte della popolazione), il suo corpo non riesce a sopportarne l'azione. Se l'esposizione avviene durante un vulnerabile stadio dello sviluppo (fetale, neonatale o in momenti cruciali dello sviluppo del cervello), le tossine possono causare danni ad aree-chiave del cervello. Qualunque sia l'origine di questa patologia, appurato che terapie alternative come l'arteterapia possono aiutare considerevolmente chi ne affetto, soprattutto i bambini. Studi clinici dimostrano che l'artererapia, cos come la musicoterapia, la cromoterapia, ladanzaterapia, favorisce la comunicazione bloccata o deviata dai processi di autismo. LINK UTILI:

Non facile riconoscere lautismo infantile, anche perch si tratta di una malattia complessivamente giovane. Sono, infatti, pochi anni che la medicina si sta occupando di questa forma di psicosi infantile, che pu essere estremamente invalidante, perch ostacola la relazione con le persone, ma anche la capacit di interagire con lambiente in cui si vivere. Si pu parlare di autismo non prima dei due anni, quando il piccolo manifesta la difficolt di stare attento, non segue i feedback esterni, sia visivi sia uditivi, e soprattutto tende a isolarsi, rifiutando ogni contatto fisico, se non quello con la mamma. Questi sono sicuramente i primi segnali con cui possibile individuare lautismo. Ci sono ovviamente altri parametri, come registrare episodi di ansia e di rabbia, ma anche la resistenza ogni tipo di cambiamento, la difficolt a esprimere le proprie necessit a parole e luso smisurato dei gesti. Come bisogna comportarsi? La prima diagnosi quella dei genitori, nel senso che spesso sono mamma e pap a capire che c qualcosa di strano nel comportamento del bambino. Ci sono casi in cui le indicazioni arrivano dalle maestre del nido o dai nonni, pi lucidi e critici. I genitori devono farsi seguire dal pediatra, ma anche uno psicoterapeuta. La psicoterapia davvero molto utile, perch aiuta il piccolo a non isolarsi e ad ambientarsi tra la gente. Purtroppo recuperare un bambino con questo problema non mai un percorso facile e spesso neanche di successo, ma importante provarci perch le risposte e i risultati sono variabili, da soggetto a soggetto, e in alcuni casi sorprendenti.

luogo virtuale, dalle intense connotazioni emotive cos come sociali e cognitive. Una dimensione nella quale piacevole ritrovarsi e nella quale, giorno dopo giorno, ci si impegna assieme per la costruzionescoperta delle diverse personalit che costituiscono il gruppo. Un percorso individuale, ma anche il risultato di momenti condivisi, di cose fatte assieme, di tempi trascorsi con accanto quei certi amici. Che cosa impedisce il lavoro di gruppo ? Un rapporto numerico sfavorevole tra bambini ed adulti Molti bambini affidati ad un solo insegnante suggeriscono quasi naturalmente una organizzazione della classe che vede in prevalenza momenti "frontali". Se infatti i bambini sono troppi, l'adulto sar costretto a ricorrere con frequenza ad operazioni di contenimento. Questo del tutto a scapito di una condivisione cooperativa che quella che sta alla base del lavoro di gruppo. La scarsit o la non perfetta agibilit degli spazi e degli ambienti L'insegnante disponibile a lasciare i bambini "da soli" se lo spazio funziona veramente da educatore occulto. La necessit di rassicurazioni su questo piano non pu venir trascurata. Che cosa favorisce il lavoro di gruppo ? La consapevolezza che la dimensione sociale, - il rapporto con gli altri siano educativi e molto implicanti per la costruzione positiva della personalit e della individualit di ciascun bambino. I bambini in gruppo possono interagire e acquisi re modalit di vita e di comportamento prevalentemente positivi se a loro offerta l'opportunit di partecipare alla gestione di alcuni momenti della vita della sezione, se sono, in relazione alle loro possibilit, chiamati ad assumersi impegni ed incombenze da cui tutti traggano vantaggio. Le relazioni amicali La conoscenza dell'altro rappresenta uno degli obiettivi della scuola dell'infanzia e di un corretto percorso formativo. L'assunzione di punti di vista e/o di modalit di intervento diverse dalla propria Gli altri sono una "risorsa" in quanto diversi da noi e in quanto c apaci di testimoniare storie differenti Aumento di conoscenze e risultati condivisi La consapevolezza del fare assieme. In gruppo in fatti si verificano fenomeni di condivisione e di contagio di notevole interesse. Importanza del conflitto e della negoziazione del conflitto come possibile fattore di cambiamento sociale e di crescita individuale. Emotivit ed affetti: solidariet, attenzione, sensibilit ed empatia La dimensione affettiva e quella interpersonale man mano che il bambino cresce acquis iscono importanza e rilievo. Il contatto tra stili di vita e comportamenti la consapevolezza della propria identit e specificit

Ovvio che non tutti sono positivi, come non so e no tutti positivi i comportamenti che i bambini esprimono all'interno dell'intera sezione. In letteratura un gruppo primario o piccolo gruppo quello all'interno del quale ciascun individuo riesce ad esprimersi in modo personale perch nel gruppo s'identifica e lo percepisce come un contenitore accogliente e "giusto" per le sue esigenze. Questo tipo di gruppo, spesso riferibile alle unioni amicali, inteso come un contenitore positivo, ma contemporaneamente, proprio perch composto da individui con storie e appartenenze diverse, capace di rappresentare la comunit e la cultura del mondo esterno. In esso pu verificarsi una associazione cooperativa intima (definita faccia a faccia) che pu caratterizzarsi per una differenziazione dei ruoli in una sorta di gioco delle parti (chi ne diventa il leader, chi il gregario che accetta qualsiasi decisione, chi partecipa in forma attiva e chi comunque offre stabilit e cotinuit). Un siffatto gruppo produce in particolar modo: sentimenti e comportamenti sempre pi identificabili come tipici di coloro che appartengo no al gruppo forme di solidariet fino a "coesioni" molto intense e determinanti forme di linguaggio e di comportamento, codici interni condotte di mantenimento o rituali utili alla conservazione e alla immagine del gruppo stesso azioni di trasformazione del gruppo stesso. Il gruppo, dalla teoria dinamica lewinana, definito come un "soggetto" di trasformazione capace di esercitare funzioni di adattamento e di ristrutturazione sui sistemi interni cognitivi ed emotivi condivisi dai suoi membri e sull'ambiente che ad essi appartiene. II gruppo quindi qualcosa di ben di pi e di diverso dall'insieme numerico dei suoi membri: " una totalit dinamica" (1). Nella tradizione educativa europea e nella nostra il lavoro di gruppo evidenzia la cooperazione come condizione ottimale (da auspicarsi) per la partecipazione attiva dei bambini alla dimensione scolastica proprio perch capace di recuperare sia aspetti motivazionali sia aspetti legati alle singole capacit personali. I gruppi sono favoriti soprattutto per una motivazione essenzialmente sociale: la condivisione dell'esperienza, la necessaria elaborazione di una procedura di lavoro per potere realizzare qualcosa assieme centrano in modo molto evidente l'attenzione pi sul processo che sul prodotto. Non importa quanto o almeno non solo che cosa i bambini riescono a fare, ma come sono riusciti a collaborare insieme, quale impegno ciascuno di loro ha dovuto dedicare alla partecipazione dei compagni e quanto le singole esperienze ed i singoli comportamenti si sono dovuti modificare in ragione della presenza dell'altro. Questo ci aiuta a osservare con molta attenzione queste situazioni caratterizzate dall'incontro tra comportamenti e, man mano, da modi di pensare e di interpretare. L'influenza del gruppo e quindi del contesto sociale potrebbe costituire un aspetto di notevole condizionamento cos come invece una occasione di stimolo e di sollecitazione reciproca. Gli studi sul cooperative learning pongo no attualmente l'attenzione sul gruppo come condizione per favorire lo sviluppo sociale e co-

gnitivo dell'individuo. Quando pensiamo al lavoro di gruppo all'interno della scuola dell'infanzia (ed anche nelle prime classi della elementare) pensiamo a momenti di intensa collaborazione tra pari sostenuti ed incoraggiati dall'intervento dell'insegnante. I bambini sono infatti chiamati a impegnarsi su qualche cosa insieme e con il preciso impegno a lavorare per un qualcosa da raggiungere o da costruire. Apparentemente la logica potrebbe essere solo quella di raggiungere un determinato scopo, quindi un prodotto di conoscenza che nella scuola si concretizza in un manufatto, in un oggetto cos come in un determinato gioco od esperienza. Dovremmo invece riflettere maggiormente, pi che su che cosa siamo riusciti alla fine a realizzare, su quale stato il percorso e quindi il processo man mano determinatosi. Indispensabile che l'insegnante solleciti processi di interazione, di scambio, di condivisione ed anche di negoziazione. L'indagine che pi oltre si propone pu essere utilizzata come percorso di riflessione rispetto alla procedura del lavoro di gruppo e quindi pu consentire all'insegnante un percorso di riflessione. Costituisce inoltre un vero e proprio questionario al quale periodicamente ritornare per controllare la" qualit" di questo tipo di esperienza. Una giornata tipo Osservazione da effettuarsi a cura di ogni insegnante impegnato nella sezione Quante volte l'insegnante suggerisce la formazione di gruppi? I gruppi sono composti spontaneamente? l'insegnante che ne determina la composizione? A che scopo? Da quanti bambini mediamente composto un gruppo? Fino a quanti gruppi possono agire contemporaneamente? In quali attivit sono impegnati? Per quanto tempo lavora mediamente un gruppo? I gruppi lavorano sempre con la presenza di un adulto? Ci sono procedure stabili per la formazione dei gruppi? Lavorare in gruppo viene proposto ai bambini come una condizione per: - risolvere un problema - fare un gioco insieme - imparare meglio - diventare pi amici - collaborare a un progetto L'attivit dei gruppi viene discussa con tutti?

Viene documentata? In che modo? Nei gruppi di gioco i bambini si aggregano senza una regola precisa in base alle loro amicizie preferite per sesso per et per vicinanza su indicazioni dell'adulto L'insegnante ne approfitta per fare osservazione sui comportamenti sulle procedure usate sulle comunicazioni tra bambini sulle comunicazioni tra bambini e adulto sul livello di autonomia Note 1) K.Lewin, Teoria sperimentazione in psicologia sociale, Bologna, Il Mulino, 1972 < Prec Succ >

Profilo del collaboratore scolastico:

antecedenti e successivi allorario delle attivit didattiche I Collaboratori scolastici (Personale Ausiliario) coordinati dal Direttore dei servizi generali e amministrativi.assolvono alle funzioni operative e di sorveglianza connesse all'attivit dell'Istituzione scolastica, in rapporto di collaborazione con il Dirigente Scolastico e con il personale docente.

I Collaboratori scolastici in organico nella scuola sono attualmente diciotto, distribuiti nei 7 plessi in ragione del numero di alunni, della situazione delle strutture, della tipologia di lavoro da svolgere, diverso a seconda che si tratti di Scuola dell'Infanzia piuttosto che di Scuola Primaria o Secondaria di primo grado: in ogni caso essi sono gli amici dei bambini, coloro che sanno rispondere ad una necessit, che rassicurano, che provvedono al "primo soccorso". Il collaboratore scolastico una figura importante nel rapporto con gli alunni di tutte le et.

I collaboratori scolastici svolgono funzioni

operative

La comunit scolastica nellautonomia organizzativa ne declina le funzioni sulla base dello specifico contesto I Compiti dei collaboratori discendono dal CCNL art. 47 Attivit e mansioni: ppartenenza sulla base di disponibilit per profilo professionale Quadro di riferimento: la realizzazione del P.O.F. Documento programmatico di lavoro: il Piano delle attivit Contrattazione integrativa distituto COLLABORATORI SCOLASTICI: Area A Priorit tra le funzioni assistenziali:

ccorso Orario e Prestazioni: coerenti con le finalit e gli obiettivi di ciascuna Scuola (P.O.F.)

Profilo del Collaboratore scolastico:

e in altri contesti, come manifestazioni sportive, spettacoli) in collaborazione con i docenti cui sono affidati

i spostamenti, per laccesso ai servizi e ligiene personale. DOVERI

(comporta il dovere di eseguire gli ordini ricevuti, anche quando si ritengono in contrasto con disposizioni generali date (purch non costituiscano violazione di legge, salvo possibile azione di ricorso/contestazione) a) gli strumenti di lavoro

date e che possano provocare un danno alla Scuola e alla sua immagine e sulla Privacy): *non diffondere notizie/informazioni sulle persone *non denigrare/parlar male delle persone/dellIstituzione scolastica

*con i colleghi con i docenti ACCOGLIENZA / RAPPORTO CON GLI ALUNNI STUDENTI In relazione allet ai diversi bisogni La Scuola luogo di relazioni educative: tutte le figure professionali, in modi e con competenze diverse, sono educat

ruolo dellinsegnante di sostegno Linsegnante di sostegno un insegnante specializzato che viene assegnato, in piena contitolarit con gli altri docenti, alla classe in cui inserito il soggetto diversamente abile per attuare forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap e realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni. Linsegnante di sostegno ha un ruolo determinante nel processo di integrazione quanto pi abbandona posizioni marginali e si prospetta come risorsa competente e mediatrice. Integrato nellorganizzazione della scuola, linsegnante di sostegno non si limita al rapporto esclusivo con lallievo in situazione di handicap, ma lavora con la classe, cos da fungere da mediatore tra lallievo disabile e i compagni, tra lallievo disabile e gli insegnanti, tra lallievo disabile e la scuola. E solo in questo modo che linsegnante di sostegno pu abbandonare la tendenza cos spesso riscontrata, di porre se stesso e lallievo in posizione di centralit satellitare che si autoreferenzia; perch solo in questo modo si fa obbligo agli altri docenti di condividere anche la gestione e lindirizzo del progetto dintegrazione (L. Carelli, Lhandicap fa bene alla scuola, in Dirigere la scuola, ottobre 2003, p. 6) Linsegnante di sostegno dovrebbe lavorare con gli insegnanti di classe in sede di programmazione e di individuazione di strategie atte alla realizzazione di processi integranti di insegnamento. Nel team teaching, questo insegnante speciale si dovrebbe pertanto trovare a pianificare con i colleghi lattivit dinsegnamento per tutta la classe ed assumersi, in rapporto a sue specifiche competenze didattiche, alcune responsabilit dinsegnamento per i diversi alunni. Il compito dellinsegnante di sostegno dovrebbe essere quello di collaborare con gli altri insegnanti al fine di adattare il curricolo pensando a tutti gli studenti, esaminando i problemi che si potrebbero incontrare e sviluppando metodi di insegnamento e materiali che permettano il loro superamento e, trattando, nel fare ci, le difficolt dei soggetti disabili come aree problematiche del curricolo stesso pi che bisogni speciali di un solo soggetto. Sempre in collaborazione con gli altri docenti dovrebbe partecipare alla programmazione del quotidiano insegnamento, contribuire alla scelta di strategie di insegnamento

utilizzabili con tutta la classe e collaborare alla predisposizione dei materiali e dei supporti didattici facilitanti lapprendimento dei diversi alunni, partecipare attivamente allerogazione di insegnamenti nei confronti dellintera classe.
Lattivit dellinsegnante di scuola dellinfanzia finalizzata alleducazione di bambini di et compresa fra i 3 e i 5 anni, compiuti entro il 31 dicembre dellanno scolastico di riferimento. In particolare, il suo lavoro, che si integra con quello delle famiglie, indirizzato allo sviluppo della personalit, allassistenza e alla preparazione alla frequenza della scuola dellobbligo. E evidente come questo ruolo sia estremamente delicato, data la giovanissima et dei soggetti a cui ci si rivolge: la sua azione deve essere, quindi, improntata al rispetto dei bambini, dei loro bisogni, dei loro ritmi di sviluppo. Linsegnante di scuola dellinfanzia predispone, assieme ai colleghi, un piano di lavoro che prevede una serie di attivit ludiche, volte alla crescita sia psichica sia fisica dei bambini. Tali attivit possono riguardare svariati settori: artistico-espressivo, musicale, di educazione corporea, logico-matematico, di educazione civica, ecologia. Questa figura professionale deve, inoltre, essere capace di lavorare in quipe, in particolare collaborando con linsegnante di sostegno (prevista per legge laddove vi siano bambini portatori di handicap) e con linsegnante di religione cattolica. Una parte del suo lavoro si svolge fuori classe e riguarda la programmazione dellattivit didattica insieme agli altri colleghi, gli incontri con i genitori e con i vari organismi collegiali, il proprio aggiornamento culturale e professionale attraverso corsi specifici. Secondo quanto definito dal Regolamento al Decreto Legge n. 112/2008[1], lorario di funzionamento della scuola dellinfanzia stabilito in 40 ore settimanali (con 2 docenti per sezione), con possibilit di estensione fino a 50 ore. Permane la possibilit da parte delle famiglie di chiedere un tempo scuola ridotto, limitato alla sola fascia del mattino, per complessive 25 ore settimanali. Tali orari sono comprensivi della quota riservata allinsegnamento della religione cattolica, in conformit allaccordo che apporta modifiche al Concordato Lateranense e al relativo protocollo addizionale, reso esecutivo con la Legge n. 121/1985[2], e alle conseguenti intese.

Formazione

Tirocinio con i bambini


"Ricordo molto chiaramente il giorno in cui mi capit casualmente in mano l'opuscolo che parlava dei corsi di formazione per operatore socio assistenziale per l'infanzia. Afferrai subito l'occasione e ora, che l'esperienza conclusa, sono pi che mai convinta di aver fatto la scelta giusta. Particolarmente formativo stato il periodo del tirocinio, importante dal punto di vista non solo professionale ma soprattutto umano". Antonietta De Prisco ha condotto il suo tirocinio presso una Casa Famiglia per minori della provincia di Avellino. Come testimoniano le sue parole, stata un'esperienza veramente straordinaria. "Lavorare con i bambini della Casa Famiglia ha trasformato radicalmente la mia visione un por idilliaca sul mondo dell'infanzia. In realt, quella che ho incontrato autentica sofferenza e interessa molti pi bambini di quanti immaginiamo. Ho ancora davanti a me quei volti tristi, spesso espressione di un vissuto atroce fatto di violenze fisiche e psicologiche. Sono bambini che hanno bisogno di aiuto concreto, di certezze, di riferimenti sicuri, di adulti affidabili su cui poter contare. La struttura in cui ho svolto il mio tirocinio ha come obiettivo proprio questo: offrire ai minori a rischio l'opportunit di risanare una situazione compromessa, di consolidare l'identit personale, di accogliere i loro vissuti fornendo cure, attenzioni e soprattutto l'amore necessario per una crescita psicofisica sana ed equilibrata. Un caso in particolare mi ha molto coinvolta. E' la storia di A., un ragazzino di soli 12 anni. Arriv in lacrime alla Casa Famiglia un mattino, accompagnato dai carabinieri. Piangeva e continuava a chiedere di tornare a casa. Non riusciva a capire perche mai dovesse rimanere l. Era stato svegliato bruscamente e non aveva potuto nemmeno

salutare la mamma. La situazione familiare era di forte deprivazione: il pap in carcere, la mamma costretta a lavorare tutto il giorno, una sorella piccola e una nonna anziana da accudire. A. non andava quasi mai a scuola proprio per non lasciare sole la nonna e la sorellina. Era un bambino insicuro, privo di regole, aggressivo, oppositivo, cognitivamente e affettivamente poco stimolato. Era carente nel linguaggio, nella lettura, nella grammatica e in ogni attivit didattica. Durante le attivit ludiche si comportava da duro e aveva comportamenti quasi violenti. Per lui stato messo a punto un progetto educativo-didattico finalizzato a colmare le sue lacune scolastiche e comportamentali. Abbiamo lavorato molto sul consolidamento dell'autostima e per lo sviluppo di una sana fiducia nelle proprie capacit. E' stata dura ma, grazie anche al mio contributo, dopo alcuni mesi era gi pi sereno e aveva recuperato parte dei suoi handicap scolastici". Oggi, grazie a una buona formazione teorica e pratica, posso definirmi a tutti gli effetti un OSA per l'infanzia. Ma stato durante il tirocinio che ho potuto scoprire quanto fosse importante aiutare i bambini disagiati anche semplicemente regalando loro un sorriso, un momento di felicit e spensieratezza. "Per me il tirocinio stato essenziale perche mi ha consentito di adattare il mio sapere alle situazioni pi diverse. Ho potuto mettermi alla prova direttamente, sperimentare il lavoro d'equipe, sentirmi utile a qualcuno anche solo con un gesto gentile o una parola". Nel caso di Flora Bottosso pi che di tirocinio bisognerebbe parlare di tirocini. Le sue 300 ore di praticantato nella provincia di Venezia, infatti, sono state suddivise tra tre diverse esperienze: in una scuola elementare, in una scuola materna e all'interno di un progetto finalizzato a giovani in difficolt messo a punto da una Cooperativa in collaborazione con le istituzioni locali. In tutti e tre i casi Flora ha seguito con grande dedizione i bambini a lei affidati: un ragazzino di dieci anni, una bimba di quattro e un adolescente di dodici. "Non stato facile. Agli inizi ho vissuto momenti di sconforto. Non sapevo in che direzione muovere i miei primi passi. Ma l'amore per questo lavoro e l'aiuto delle persone che mi erano vicine, mi hanno spronata a superare anche le prove pi ardue. La cosa pi difficile stato il senso d'impotenza di fronte a bambini che soffrivano. L'empatia mi impediva di rimanere all'interno del mio ruolo, non riuscivo pi a mantenere la giusta distanza affettiva. Mi facevo coinvolgere troppo e questo non va bene se vuoi realmente aiutare un bambino. In effetti, se io ho dato qualcosa a loro, di certo ho ricevuto molto di pi. Stare con questi bambini mi ha fatto crescere e sentire veramente utile a qualcuno. E' straordinario vedere come, in poco tempo, imparino a fidarsi di te, abbiano voglia di comunicare amore e di riceverne. Essendo stata a contatto con utenti di et diverse ho potuto anche cimentarmi con diverse modalit d'approccio: con i piccoli contano di pi le coccole e il contatto fisico, con i pi grandi la relazione invece fatta pi di confidenze, chiacchiere, confronti continui". Nei momenti in cui mi sono sentita messa alla prova ho scoperto in me una nuova energia, una gran voglia di farcela, una forza di volont che non pensavo di avere. Il tirocinio? Un'esperienza molto faticosa ma anche costruttiva e ricca di emozioni. E' stato un cammino lungo il quale ho imparato a superare difficolt e ad apprezzare anche i pi piccoli successi. Mi ha aiutato a capire me stessa, a scoprire quanto posso essere paziente, tenace e, all'occorrenza, anche molto, molto ostinata".

Antonietta Di Lonardo si messa alla prova come tirocinante presso una struttura d'accoglienza per minori a rischio della provincia di Isernia. Sono stati tre mesi di vera "iniziazione" alla professione OSA. Vediamo un pOI com' andata... "Certo non stata una passeggiata. I bambini con cui sono venuta a contatto provenivano quasi tutti da famiglie molto problematiche e ognuno era portatore di un vissuto carico di disagio e sofferenza. Sin da subito ho capito che la prima mossa da fare era mettersi in una posizione di assoluto ascolto. Ma, nonostante la mia buona volont, ho dovuto fare ben presto i conti con la mia insicurezza, la paura di non essere all'altezza del compito. Spesso dovevo reagire all'arroganza, all'atteggiamento di sfida e anche ad alcuni "visetti d'angelo" appositamente interpretati per raggiungere secondi fini. Non me lo sarei mai aspettato ma, ben presto, ho tirato fuori il meglio di me e ho imparato a non reagire alle provocazioni: dolcezza s ma anche giusta autorevolezza. Poi c'erano momenti in cui c'era bisogno di mantenere la giusta distanza affettiva. Ricordo a proposito un bimbo piccolino: spesso mi chiamava "mamma" facendomi sobbalzare il cuore. Tutte le volte gli spiegavo che non ero la sua mamma e che doveva chiamarmi con il mio nome. Lui ci provava, ma ogni tanto ci ricascava, mettendo a dura prova la mia emotivit. Comunque, una cosa fondamentale non lasciarsi mai andare al senso di frustrazione o alla piet. Non servono a nulla. Dobbiamo sentirci s partecipi del loro dolore ma senza farci sopraffare, solo cos il nostro operato sar veramente efficace. Sono state 300 ore di grande intensit, durante le quali stato fondamentale anche il lavoro d'equipe, che mi ha consentito di conoscere il valore dell'operare in sintonia con gli altri per un obiettivo comune. Essere in armonia con i propri colleghi rende pi compatto l'organico e permette di raggiungere i risultati migliori.

Nella scuola dell'infanzia gli insegnati insieme ai genitori possono presentare con libert e responsabilit nella scuola il messaggio evangelico dell'amore, della fratellanza, della pace, come risposta religiosa al bisogno di significato dei bambini, nel rispetto delle loro esperienze personali, delle responsabilit educative delle famiglia e della pedagogia della scuola dell'infanzia. Importante tenere sempre ben presente qual il bambino da educare, considerare la sua coscienza psicologica,il suo pensiero soggettivo, legato all'azione e al vissuto,alla coscienza morale e al suo ambiente d'appartenenza e alla socializzazione. L'intervento educativo in questa materia si concentra soprattutto sulle occasioni favorevoli per la conoscenza della religione cattolica in aula. Si possono prendere in riferimento le feste liturgiche,le feste del calendario civile,le manifestazioni folcloristiche e culturali.

L'insegnante deve focalizzare il suo intervento soprattutto sulle cose essenziali ,corrette e vere . Le risposte devono essere chiare,semplici affinch la curiosit del bambino sia esaudita senza creare troppa confusione . L'insegnante di religione cattolica deve principalmente,come evidenziato nelle indicazioni, raggiungere i seguenti obiettivi: parlare dei segni e della presenza di Dio nel creato,i significati cristiani degli avvenimenti fondamentali dell'esistenza umana,la figura di Dio come Padre e Madre, laccostamento graduale a passi della Bibbia,pagine scelte del vangelo,gli elementi simbolici della cristianit,le feste e i giorni importanti per la vita cristiana, parlare dei santi e degli episodi pi importanti, insegnare la regola Ama il prossimo tuo come te stesso(Mt 19,16-19) puntando sulla fiducia verso l'altro,il perdono e la riconciliazione, l'arte della poesia e dell'arte visive adatte per i bambini di questa fascia d'et. In questo momento possiamo anche parlare dell'agenzia educative extrascolastiche come la famiglia, la parrocchia e le varie forme educative fuori dalla scuola. Queste possono essere chiamate in causa per la formazione del bambino per quanto riguarda la sua sfera religiosa. Il dialogo con l'insegnante di religione pu essere un momento di scambio di vedute, di crescita per entrambi e anche di accoglienza all'interno della classe e della nuova societ. Le attivit educative per l'insegnamento della religione cattolica sono organizzate nel quadro del progetto educativo della scuola e collegialmente agli altri insegnanti. Gli strumenti e mezzi saranno soprattutto l'ascolto e la parola, l'espressione dei sentimenti,valorizzare la spontaneit espressiva dei bambini,valorizzare i diversi vissuti dei bambini come punto d'inizio dell'attivit educativa . In particolare racconti,lettura di brevi testi religiosi, la musica e il canto,il gioco,gli audiovisivi e la multimedialit, la drammatizzazione, l'attivit artistica e l'osservazione. Il bambino disabile ha molta importanza in questa disciplina e deve essere integrato nel gruppo classe e aiutato nello svolgimento delle attivit.

La manualit. Un'attivit fondamentale nella scuola dell'infanzia la manualit ossia il Fare. La forma privilegiata di attivit motoria costituita dal gioco (Orientamenti per la scuola materna, D.M. 3 giugno 1991) L'uso della cera,della plastilina,il ritagliare forme,incollare, colorare e creare possono essere momenti di crescita,conoscere le proprie capacit, accrescere la fantasia e scoprire anche gli altri e il fare insieme agli altri. In questo periodo, il gioco simbolico (fare finta di...) pu aiutare il bambino a comprendere e a interiorizzare i contenuti. Anche le attivit motorie possono essere un momento di apprendimento usando la musica o con altri strumenti ginnici. Nell'attivit l'insegnante dovr dare anche attenzione alla gestualit, al muoversi del bambino come primi strumenti per saper comunicare. Con la gestualit,utilizzata per rappresentare azioni sacre ed episodi religiosi,potr mettersi in relazione con gli altri bambini anche di una fascia diversa dalla sua. La drammatizzazione. La drammatizzazione l'espressione univoca di un gruppo di fronte a un tema, utilizzando il linguaggio mimico-gestuale. La regia nella drammatizzazione ossia l'insegnante deve occuparsi di dare importanza e valorizzare il contributo spontaneo di ogni bambino in quanto pu avvenire la maturazione interiore, lesternazione dei sentimenti e promozione della socializzazione. Esempio possono essere le recite per le feste religiose pi importanti oppure organizzare la festa per la pace. Il disegno. Altra attivit da proporre il disegno come tecnica dove il bambino possa esprimere la sua creativit ma anche come stimolo di discorsi, spiegazioni e scambio con l'insegnante e gli altri bambini. L'arte visiva deve essere spunto di riflessione e di immaginazione e non solo mero colorare. Il disegno pu essere utile per memorizzare, per fantasticare e per esprimere i sentimenti.

L'uso di immagini per educare alla religiosit pu essere uno strumento concreto per rispondere alla curiosit del bambino, per aiutarlo a capire l'esperienza religiosa . Il canto e le attivit musicali. Il canto e le attivit musicali possono essere strumento di questo insegnamento. Si possono usare gli strumenti musicali d'accompagnamento, i canti e le melodie. Il bambino attraverso il canto pu partecipare alla comprensione religiosa usando anche gesti e drammatizzazione. La scuola e l'insegnante di religione cattolica possono aiutare gli alunni a crescere spiritualmente e potersi relazionare in modo diverso. Analizzare i sentimenti e approfondire la religione cattolica come storia che ci appartiene pu aiutare anche a vedere le cose sotto un punto di vista div

L'equipe pedagogica
1. Cos' E' costituita, per ogni classe/sezione della Scuola, l'quipe pedagogica composta dal gruppo di docenti che si coordina per organizzare la propria prestazione docente all'interno della classe, anche attraverso una differenziazione di funzioni, definite collegialmente. Le diverse funzioni ed eventuali diversificazioni nelle prestazioni orarie di servizio non pregiudicano la responsabilit educativa dei componenti dell' quipe pedagogica, ciascuno dei quali esercita la contitolarit didattica sulla classe. 2. Da chi composta L'quipe pedagogica di classe composta da tutti gli insegnanti che a diverso titolo operano nella classe, come docenti di disciplina o come specialisti. . Sono pertanto da considerare componenti a tutti gli effetti, quali specialisti di disciplina o di attivit educativa, anche l'insegnante di religione cattolica, l'insegnante di inglese (L2) e l'insegnante di sostegno. La presenza di tali docenti all'interno dell'quipe pedagogica viene prevista per garantire una mediazione didattica adeguata ai fanciulli di questa et e operare in modo integrato per tempi e contenuti con gli altri docenti della classe. 3. Le funzioni I docenti di disciplina intervengono nelle classi interessate, sia per lo svolgimento delle attivit educative, sia in veste di responsabili di attivit laboratoriali, secondo le indicazioni contenute nel progetto redatto a livello di classe, o di interclasse, o di classi collegate. I docenti specialisti (docenti di religione cattolica, insegnante di inglese e docente di sostegno) svolgono l'attivit di docenza o educativa assegnata con interventi su tutte le classi cui sono preposti. Gli uni e gli altri, nelle forme collegiali definite in sede di programmazione, collaborano al progetto didattico della classe, concorrono, per la parte di loro competenza, alla organizzazione del Piano di Studio Personalizzato di ciascun allievo, alla valutazione e alla raccolta delle osservazioni sistematiche sugli alunni. Pu essere previsto un docente coordinatore dellquipe pedagogica, Con funzioni organizzative.

4. Gli orari di servizio Gli orari di servizio dei diversi docenti sono determinati sulla base delle necessit derivanti dai PSP, tenuto conto dei carichi previsti dalla normativa e dai contratti di lavoro. Di norma, tutti i docenti prestano l'intero servizio di insegnante nella classe (22 ore frontali alla settimana). Completano l'orario settimanale di servizio con le ore dedicate alla programmazione e all'organizzazione. L'insegnante di religione cattolica presta due ore settimanali per ogni classe, come da disposizione concordataria. Il docente specialista di lingua inglese presta, di norma, un'ora di lezione alla settimana in prima classe, due ore e mezzo nelle classi terze e quarte, tre ore nelle classi quinte, salvo diversa determinazione derivante dai PSP realizzati. I Docenti di Laboratorio prestano il loro servizio secondo l'orario definito dalla programmazione e dalle esigenze didattiche. Nel caso di rientri per attivit pomeridiana con servizio di mensa, il servizio di assistenza alla mensa garantito dai docenti in servizio nella scuola. 5. La funzione tutoriale Il Collegio dei docenti unitario di scuola dell'infanzia e di scuola primaria, tenuto conto delle prescrizioni dell'art. 7 del D.L.vo 59/2004 e sulla base delle potest derivanti dal DPR 275/99 (Regolamento sull'autonomia) concorda nell'attivazione delle funzioni tutoriali con attribuzione delle stesse a tutti i docenti. I docenti svolgono tali funzioni in costante rapporto con le famiglie e con il territorio, soprattutto in ordine alla scelta delle attivit opzionali e dell'eventuale ampliamento dell'offerta formativa. Ciascun docente, al fine di garantire l'unitariet degli insegnamenti, agisce in accordo con gli altri componenti dell'quipe pedagogica. Nel caso in cui lequipe pedagogica decida di nominare al proprio interno un coordinatore, il docente coordinatore chiamato a svolgere un delicato compito di gestione e di regolazione dei rapporti fra i vari insegnanti che a titolo diverso intervengono nella classe (insegnanti specialisti, insegnanti delle discipline, insegnante di religione, insegnante di sostegno, insegnanti di laboratorio, ecc.). La funzione di tutoraggio degli alunni svolta in egual misura da tutti i docenti, che, oltre a svolgere la normale attivit di insegnamento, si rapportano costantemente con le famiglie e con il territorio e definiscono con tali istituzioni eventuali scelte di attivit opzionali o aggiuntive. E' loro compito delineare, con le famiglie, il percorso formativo dell'alunno, orientando le scelte e suggerendo interventi integrativi. Sempre in accordo con le famiglie, indicano quali laboratori gli alunni possano frequentare per sviluppare appieno le loro capacit. Collegialmente elaborano il Piano di studi personalizzato, definiscono ed elaborano la documentazione didattica, formulano la valutazione. Le competenze disciplinari dei docenti, pi sfumate nelle prime classi, diventano via via pi specifiche, soprattutto nel secondo biennio della scuola dell'obbligo. Il Collegio dei Docenti concorda sull'opportunit di evitare un'eccessiva frammentazione degli interventi didattici e un'alternanza troppo accentuata di diversi momenti di lavoro, per cui si dovr tener conto di tale esigenza nellelaborazione dellorario delle classi. L' orario frontale di insegnamento , di norma, di 22 ore settimanali Per svolgere il complesso delle attivit di coordinamento, quando individuate, possono essere utilizzate parte delle 2 ore di programmazione settimanale. In caso di necessit e su proposta dell'quipe pedagogica, possibile integrare l'orario con accesso al Fondo dell'Istituzione scolastica. Ai sensi del DPR 275/99 sull'autonomia didattica e organizzativa sono possibili flessibilit orarie.

Compiti dei fiduciari Per assicurare il coordinamento e il controllo, il fiduciario svolge i seguenti compiti: Mantenere rapporti costanti con il Dirigente Scolastico e con l'Ufficio di Segreteria; in caso di assenza imprevista di un insegnante: predisporre in merito alla sorveglianza ed assistenza degli alunni attraverso la gestione delle ore di completamento orario, contemporaneit o utilizzando i docenti disponibili alle supplenze in orario eccedente quello d'obbligo; avvisare l'Ufficio di Segreteria; adottare ogni altra misura per assicurare la custodia dei minori e lo svolgimento del servizio scolastico; in caso di assenze programmate di un insegnante (permessi di studio, permessi brevi, permessi sindacali, partecipazione a corsi, ecc.): predisporre il piano orario delle sostituzioni; controllare le firme degli insegnanti sugli elenchi allegati alle circolari in visione e agli ordini di servizio; rilevare ogni tipo di esigenza del plesso e segnalare tempestivamente le emergenze; presiedere il Consiglio di classe/interclasse/intersezione; vigilare sul rispetto dell'orario d'ingresso alunni - insegnanti e del Regolamento di Istituto; raccogliere, vistare e trasmettere le richieste degli insegnanti relative a permessi brevi; aggiornare la tabelle "recuperi e permessi"; aggiornare il registro del fiduciario del plesso; segnalare ai collaboratori scolastici le Compiti dei docenti con funzioni strumentali I docenti incaricati di svolgere funzioni strumentali lavorano ciascuno secondo compiti specifici in rapporto al proprio settore di intervento, tuttavia esistono compiti comuni cos riassumibili: Raccolta e diffusione di informazioni sulla situazione. Raccolta e diffusione di notizie su strumenti, aiuti, materiali disponibili dentro e fuori listituto. Mantenimento di rapporti con enti e agenzie esterne allistituto. Raccolta e diffusione di idee per la didattica in classe. Raccolta di esigenze in materia di formazione in servizio, organizzazione di corsi, gruppi di lavoro, seminari. Organizzazione di momenti di consulenza individuale o di gruppo a favore dei colleghi. Organizzazione di alcuni incontri con i referenti di plesso. Indicazione di criteri per la equidistribuzione delle risorse. Organizzazione di iniziative rivolte agli alunni o ai genitori. Aggiornamento delle informazioni da collocare nel Sito della scuola. Cura degli strumenti, del materiale e delle attrezzature.

esigenze di pulizia e vigilanza; partecipare alle riunioni dei fiduciari dell'istituto.

Disturbi

specifici dellapprendimento *

(a cura del Dr. Francesco Sella)

Col termine disturbi specifici dellapprendimento (DSA) ci si riferisce ad un gruppo eterogeneo di disturbi consistenti in significative difficolt nell'acquisizione e nell'uso di abilit di ascolto, espressione orale, lettura, ragionamento e matematica, presumibilmente dovuti a disfunzioni del sistema nervoso centrale. Possono coesistere col disturbo specifico di apprendimento problemi nei comportamenti di autoregolazione, nella percezione sociale e nell'interazione sociale, ma questi non costituiscono di per s un disturbo specifico dellapprendimento. I disturbi specifici dellapprendimento possono verificarsi in concomitanza con altri fattori di disabilit o con influenze estrinseche (culturali, d'istruzione, ecc.), ma non sono il risultato di quelle condizioni o influenze (Hammill 1990, p. 77). Principali caratteristiche dei disturbi specifici dellapprendimento sono: Base neurobiologica: anomalie funzionali e strutturali a carico di determinate aree cerebrali vengono indicate come correlati neurobiologici dei disturbi specifici dellapprendimento. Ciononostante bene ricordare che i fattori biologici interagiscono con quelli ambientali concorrendo alla comparsa dei disturbi dellapprendimento. Carattere Evolutivo: sempre pi studi confermano lorigine genetica dei disturbi specifici dellapprendimentoandando a determinare unanomala capacit dapprendimento che quindi si manifesta gi dalle prime fasi dello sviluppo. Variabilit espressiva: ogni abilit dapprendimento segue un percorso specifico che tende ad avere una diversa espressivit a seconda delle varie fasi dello sviluppo. Comorbilit: a conferma di una comune origine biologica questi disturbi tendono a presentarsi simultaneamente rendendo particolarmente eterogenei i quadri diagnostici. Rilevanza: il disturbo deve avere uninterferenza significativamente negativa sulladattamento

scolastico e/o sulle attivit di vita quotidiana. Si denotano come specifici in quanto il disturbo interessa unabilit circoscritta mentre il funzionamento intellettivo globale preservato. In altri termini, deve emerg ere una discrepanza tra le capacit intellettive che risultano nella norma, e unabilit specifica (es. lettura) la quale risulta deficitaria in rapporto allet ed alla classe frequentata dal soggetto. Per rilevare la presenza di deficit vengono utilizzati test standardizzati (permettono il confronto con un campione di riferimento) che consentono la misurazione sia dellabilit compromessa che del funzionamento intellettivo. E quindi necessario escludere la presenza di condizioni che possano influenzare i punteggi nei test (criteri di esclusione): menomazioni sensoriali e neurologiche gravi, disturbi significativi della sfera emotiva; situazioni ambientali di svantaggio socioculturale che possono interferire con unadeguata istruzione. Quando sono presenti patologie o anomalie sensoriali, neurologiche, cognitive e psicopatologhe (criteri di esclusione), la cui influenza non in grado di spiegare interamente il deficit settoriale opportuno optare la diagnosi di Disturbo dApprendimento (non sp ecifico). Nella categoria dei disturbi specifici dellapprendimento rientrano i disturbi delle abilit scolastiche, in particolare: dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia. Disturbo specifico di lettura (dislessia evolutiva) La caratteristica fondamentale del Disturbo della Lettura data dal fatto che il livello di capacit che il soggetto ha raggiunto (precisione, velocit o comprensione della lettura misurate da test standardizzati) si situa sostanzialmente al di sotto di quanto ci si aspette rebbe data let cronologica del soggetto, la valutazione psicometria dellintelligenza e unistruzione adeguata allet. Il Disturbo della Lettura interferisce notevolmente con lapprendimento scolastico o con le attivit della vita quotidiana che richiedono capacit di lettura. Se presente un deficit sensoriale, le difficolt nella lettura vanno al di l di quelle di solito associate con esso. Nei soggetti con Disturbo della Lettura (che viene anche definito dislessia), la lettura orale caratterizzata da distorsioni, sostituzioni o omissioni; sia la lettura orale che quella a mente sono caratterizzate da lentezza ed errori di comprensione (APA, 2000). Si distinguono 2 tipi di dislessia: evolutiva: di natura genetica emerge sin dalle prime fasi dellapprendimento scolastico e tende a manifestarsi in modo diverso a seconda delle fasi dello sviluppo; acquisita: solitamente presente in adulti che a seguito di lesioni cerebrali perdono, del tutto o in parte, la capacit di leggere correttamente. Manifestazioni ed errori tipici che permettono di riconoscere il disturbo sono: - difficolt nel distinguere grafemi simili dal punto di vista grafico (es. f-t; m-n; c-e); - difficolt nel distinguere grafemi uguali ma con diverso orientamento (es. d -q; p-b; a-e; un; b-d); - difficolt nel distinguere grafemi corrispondenti a fonemi somiglianti da un punto di vista percettivo-uditivo (es. t-d; s-z; f-v; c-g; l-r; p-b; m-n); - omissione di parole e/o salti di riga; - omissione di grafemi e sillabe: durante la lettura il bambino non legge consonanti, vocali o sillabe intere; - inversione di sillabe: il bambino inverte la posizione di una sillaba che compone la parola (es. artiloco invece di tavolo); - aggiunte e ripetizioni di sillabe o grafemi della parola (es. campagnana); - difficolt nella lettura di parole poco comuni o a bassa frequenza duso; - difficolt di riconoscimento dei gruppi consonantici complessi (gn; gh; gl; sc); prevalenza della componente intuitiva: poich il bambino non riesce a leggere correttamente usa maggiormente la componente intuitiva, ossia anticipa quella che potrebbe essere la parole scritta, compiendo errori. N.B. Accanto al profilo di dislessia, una mole crescente di dati sembra supportare lesistenza disturbo specifico della comprensione del testo scritto indipendente sia dai disturbi di comprensione da ascolto che dagli stessi disturbi di decodifica. Tuttavia, studi approfonditi devono

ancora essere condotti prima di poter accertare leffettiva sussistenza di un disturbo specifico della comprensione. Disturbo specifico di scrittura (disortografia e disgrafia) Disortografia La disortografia consiste in una difficolt nel realizzare il passaggio dal codice fonetico a quello grafemico. In altri termini, il bambino disortografico non lo studente che non conosce le regole ma che nel tradurre in forma scritta il linguaggio parlato commette un numero eccessivo di errori, specialmente sotto dettatura, rispetto ai compagni della propria et/classe. Gli errori pi frequenti sono: - confusione tra fonemi simili tra loro (es. f-v; t-d; b-p; l-r); - confusione tra grafemi simili nella forma (es. p-b); - omissioni di alcune parti della parola (doppie lettera, consonanti o vocali allinterno dell a parola); - inversioni della posizione dei fonemi che la compongono (articolo-artiloco). Disgrafia La disgrafia un disturbo a carico della componente grafica della scrittura: nello specifico, la qualit, intesa come leggibilit dei grafemi, e lefficienza, intesa come velocit di scrittura, risultano compromesse. In altri termini, la calligrafia dei bambini disgrafici risulta difficilmente comprensibile. Inoltre pu emergere una significativa lentezza nella scrittura riconducibile ad una scarsa coordinazione motoria. Caratteristiche tipiche del disturbo sono: - scrittura irregolare e difficilmente comprensibile; - impugnatura scorretta e/o posizione del corpo inadeguata; - utilizzo inadeguato dello spazio (es. non rispetta i margini del foglio, lascia spazi irregolari tra i grafemi e tra le parole, non segue la linea di scrittura); - pressione sul foglio inadeguata (spesso eccessiva); - difficolt nella riproduzione grafica di figure geometriche e nel disegno in generale; - scarsa coordinazione oculo-motoria; - scarsa armonia del gesto (la mano non scorre adeguatamente sul foglio, velocit eccessiva, estrema lentezza, movimenti a scatti, frequenti interruzioni). Disturbi specifici del calcolo (discalculia) La caratteristica principale del Disturbo del Calcolo e una capacit di calcolo (misurata con test standardizzati somministrati individualmente sul calcolo o sul ragionamento matematico) che si situa sostanzialmente al di sotto di quanto previsto in base allet cronologica del soggetto, alla valutazione psicometrica dellintelligenza, e a unistruzione adeguata allet. Il Disturbo del Calcolo interferisce in modo significativo con lapprendimento scolastico o con le attivit della vita quotidiana che richiedono capacit di calcolo. Se e presente un deficit sensoriale, le difficolt nelle capacit di calcolo vanno al di l di quelle di solito associate con esso: se sono presenti una condizione neurologica o unaltra condizione medica generale oppure un deficit sensoriale (APA, 2000). Come suggerito dallICD-10 (OMS, 1992) sono vari i sintomi presenti in bambini che hanno difficolt nellelaborazione del numero: - incapacit di comprendere i concetti di base di particolari operazioni; - mancanza di comprensione dei termini o dei segni matematici; - mancato riconoscimento dei simboli numerici; - difficolt ad attuare le manipolazioni aritmetiche standard; - difficolt nel comprendere quali numeri sono pertinenti al problema aritmetico che si sta considerando; - difficolt ad allineare correttamente i numeri o a inserire decimali o simboli durante i calcoli - scorretta organizzazione spaziale dei calcoli; - incapacit ad apprendere in modo soddisfacente le tabelline della moltiplicazione. Gli errori pi frequenti che caratterizzano il disturbo sono:

errori di conteggio ed enumerazione (es. 1,2, 4, 5, 7); errori di lessicazione (incapacit di trascrivere numeri in cifre : Ventiseimilanove = 2609). il recupero di fatti aritmetici (es. tabelline); il mantenimento e nel recupero delle procedure; lapplicazione delle procedure; difficolt visuospaziali.

Pre-requisiti, diagnosi ed incidenza Le difficolt nelle competenze comunicativo-linguistiche, motorioprassiche, uditive e visuospaziali in et prescolare sono possibili indicatori di rischio di disturbi specifici dellapprendimento, soprattutto in presenza di una anamnesi familiare positiva. Nella fascia 3-5 anni i bambini dovrebbero aver sviluppato determinate abilit, denominate pre-requisiti. Per quanto riguarda la letto-scrittura dovrebbero emergere: - abilit fonologiche e metafonologiche (articolazione dei suoni che costituiscono le parole, strutturazione della frase composta da soggetto/verbo/complemento, individuazione delle parole che iniziano con la stessa sillaba/lettera); - competenze riguardanti il sistema scritto (eseguire il segno grafico, adeguata coordinazione visuo-motoria, capacit di gestire lo spazio del foglio); - capacit di coordinazione (impugnatura corretta della matita, adeguata motricit fine); - capacit di memoria (ricordare la propria et, il proprio indirizzo, il nome di compagni di classe). Al termine del primo anno della scuola primaria opportuno porre particolare attenzione e segnalare ai genitori quei bambini che presentano: - difficolt nellassociazione grafema/fonema o viceversa; - mancato raggiungimento del controllo sillabico nella letto-scrittura; - eccessiva lentezza nella lettura e scrittura; - incapacit di riprodurre le lettere in stampato maiuscolo in modo leggibile. Per quanto riguarda larea del calcolo alla fine della scuola dellinfanzia i bambini dovrebbero aver raggiunto: - lenumerazione fino a dieci (enunciazione della serie verbale automatica); - il conteggio fino a cinque; - il principio di cardinalit (lultima parola-numero pronunciata in un conteggio designa la numerosit dellinsieme); - la capacit di comparazione di piccole quantit. Anche in questo caso devono essere segnalati quei bambini che alla fine del primo anno della scuola primaria non hanno raggiunto: - il riconoscimento di piccole quantit; - la lettura e la scrittura dei numeri entro il dieci; - il calcolo orale entro la decina anche con supporto concreto. Sebbene segnali evidenti di difficolt, tali da rendere necessario il monitoraggio di questi alunni, possano essere presenti sin dalla scuola dellinfanzia e dal primo anno della scuola primaria, si preferisce attendere il completamento del ciclo distruzione formale per porre diagnosi, in modo da evitare un eccesso di falsi positivi. Nello specifico, per quanto riguarda dislessia, disortografia e disgrafia si attende la conclusione dellinsegnamento del codice scritto che coincide con la fine secondo anno della scuola primaria. Similmente, per diagnosticare con maggiore accuratezza la presenza di discalculia, si attende la fine del terzo anno della scuola primaria. Premesso che a seconda dei criteri diagnostici utilizzati da clinici e ricercatori lincidenza pu variare, si stima che in Italia i casi di disturbi specifici dellapprendimento riguardino il 3-4% della popolazione, allincirca un bambino per classe.

Intervento sui disturbi specifici dellapprendimento Scopo principale degli interventi sui disturbi specifici dellapprendimento ridurre limpatto che questi disturbi possono avere sulla carriera scolastica e sulla vita degli alunni. Interventi a 360 gradi prevedono limpiego di conoscenze legate a figure professionali diverse (psicologo, neuropsichiatra, pedagogista, logopedista) e richiedono la collaborazione/interazione alunno famiglia-scuola-esperto. Sin dalla scuola dellinfanzia possibile attuare degli interventi preventivi rivolti a tutti gli alunni allo scopo di potenziare i prerequisiti. Durante il primo anno di scuola primaria invece opportuno somministrare test di screening in modo da individuare quei bambini a rischio, cos da favorirne il monitoraggio ed uneventuale diagnosi precoce. Questo iter consente, qualora ce ne fosse bisogno, di attuare tempestivamente dei percorsi di potenziamento per quelle abilit che risultano compromesse. Il bambino che riceve una diagnosi precoce e viene sottoposto ad un potenziamento ha maggiori probabilit di migliorare le prestazioni ed allo stesso tempo conoscere ed usare strumenti e strategie alternative adatte alla sua condizione. Ai genitori dei bambini con disturbi specifici dellapprendimento si consiglia di rivolgersi ad un esperto degli apprendimenti che possa garantire un approccio scientifico al caso: valutazione, diagnosi e lapplicazione di un trattamento centrato sui punti di forza e debolezza del bambino sono passaggi fondamentali per auspicare un miglioramento nello sviluppo delle competenze compromesse dal disturbo ed evitare possibili ripercussioni negative a livello emotivo-motivazionali (es. frustrazione). Bibliografia AID, Associazione Italiana Dislessia (2007), Consensus Conference, Disturbi evolutivi specifici di apprendimento. Raccomandazioni per la pratica clinica definite con il metodo della Consensus Conference, Montecatini Terme, 22-23 settembre 2006, Milano 26 gennaio 2007. [Liberamente tratto]. APA, American Psychiatric Association (2000), Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, DSM-IV-TR, IV ed. Text Revised, Washington, D.C., APA; trad. it. Manuale diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, DSM-IV-TR, Milano, Masson, 2002, II ed. Cornoldi C. (a cura di) (2007), Difficolt e disturbi dellapprendimento, Il Mulino, Bologna. [Liberamente tratto]. www.dsanotizie.it [Liberamente tratto]. Hammill, D.D. (1990), On defining learning disabilities: an emerging consensus, in Journal of Learning Disabilities, 23, pp. 74-84. OMS (1992), International Classification of Diseases, ICD-10, X ed., OMS; trad. it. ICD-10, decima revisione della classificazione internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali: criteri diagnostici per la ricerca, Milano, Masson, 1995. * Dipartimento di Psicologia Generale, Universit di Padova.

Il mistero dei "Bambini Indaco" di Claudio Gregorat


Scarica il PDF con il testo completo dell'articolo
Fra i tanti misteri che la vita presenta allindagine conoscitiva delluomo, ora, da alcuni anni, se ne presentato un altro che riguarda le nuove generazioni: cio la presenza, sempre pi evidente, di individui le cui caratteristiche esulano dalla normalit, intesa come un "modus vivendi" generalizzato, divenuto poi una sorta di modello di comportamento. Nel nostro paese non sembra che il fenomeno abbia assunto le stesse proporzioni degli U.S.A.: ciononostante proprio necessario occuparsene per comprendere i nostri bambini. La prima relazione sui "bambini indaco", risale alla pubblicazione del libro "Understanding your life through color" (Capire la propria vita attraverso il colore)di Nancy Ann Tappe, nel 1986, la quale stata in grado di definire il carattere generale degli esseri umani per mezzo del colore della loro "aura". Questa personalit lavora nel campo della parapsicologia, dopo una preparazione filosoficoteologica. La facolt di percepire laura degli uomini, le ha permesso di stabilire, con una certa sicurezza, data dalla regolarit e frequenza del fenomeno, che questi nuovi nati, emanano unaura "blu-indaco": di qui la denominazione divenuta universale. Invece laltra denominazione "bambini delle stelle" a carico del Prof. Georg Kuehlenwind, antroposofo e insegnante di fisica alluniversit di Budapest, con la pubblicazione del suo libro "Star Children" nel 2002, presso le edizioni Triades di Parigi. Nel 2002 nella rivista "Kairs" sono apparsi due articoli: uno di Clara Roman e laltro come intervista al prof. Kuehlenwind sui "bambini delle stelle". Nel 2003 uscita, per le edizioni Macro, la traduzione in lingua italiana del libro "I Bambini Indaco" di Lee Carrol e Jan Tober conferenzieri a livello internazionale su lautodisciplina e potenziamento della facolt umane - composto da interviste coi genitori, altri educatori e specialisti del campo - e con un tentativo di interpretazione del medesimo da varie prospettive. E ancora nel 2003, Paola Giovetti ha pubblicato il libro "Indaco" bambini indaco realt del terzo millennio", per le Edizioni Mediterranee ,che assomma una grande quantit di risultati di varie ricerche, interviste, e considerazioni da svariati aspetti del conoscere. Qui verr presentata una sorta di sintesi dei vari aspetti e risultati. Una considerazione generale la seguente: viene operata una distinzione fra facolt nuove e a volte straordinarie di questi bambini, e il loro comportamento "difficile" in determinati casi. Sempre restando valida unaltra considerazione, che indica come

non tutti i bambini "difficili" sono bambini "indaco" e viceversa: vanno dunque operate caute e attente distinzioni. Per cui si pu dire che si possono delineare sempre in via di massima in quanto ogni bambino sempre un "individuo" tre motivi principali: - bambini indaco con particolare e chiaro destino e senza problemi e disturbi - bambini indaco i quali, per vari motivi, diventano "difficili" da gestire, con problemi di attenzione (DDA = Disturbo da Deficit di Attenzione) - e iperattivit (DDAI = Disturbo per Deficit di Attenzione e Iperattivit) - bambini affetti da problemi di attenzione e iperattivit. Quanto segue un tentativo di "capire" di cosa si tratta, e quale elemento nuovo intervenuto ed interviene in modo sempre pi massiccio, s da rendere le nuove generazioni degne di unattenzione particolare. Secondo lopinione del Kuehlenwi nd "la nuova generazione dei "bambini delle stelle" composta da anime umane estremamente evolute, come luminosissime stelle. Distingue questi bambini la presenza di un s cosciente, che si manifesta nel loro sguardo o nella loro espressione. Sono coscienti fin da piccolissimi, prima ancora di pronunciare la parola "io". Una seconda differenza ancor pi importante che questi bambini percepiscono i pensieri e sentimenti di chi li circonda. Sentono quello che stai pensando! Posseggono una "comunicazione diretta", che la fonte della nostra comprensione, della nostra ispirazione e delle nostre idee......... E pensano in "immagini" che, secondo me, significa pensare con laiuto della conoscenza "senziente" (cio non razionale come di norma). Si tratta di una "immagine vivente" che si sviluppa e modifica senza fine: non rimane fissa, immobile. Importante sapere che un bambino pi cosciente non pu essere trattato "da bambino", ma come un essere gi responsabile di se stesso. Altrimenti questi bambini possono diventare bambini "difficili" e anche portatori di DDA o anche DDAI. Il "rispetto e riconoscimento" della loro effettiva condizione estremamente importante. Per cui sempre bene coinvolgerli direttamente in tutte le decisioni che li riguardano". Nel libro di Carrol e Tober citato, le loro principali caratteristiche sono descritte nel \ seguente modo: - vengono al mondo con un senso di regalit, e spesso si comportano di conseguenza - hanno la sensazione di "meritare di essere qui" e sono sorpresi quando gli altri non lo condividono - sono loro stessi a dire "chi sono" - non tollerano lautorit assoluta e si rifiutano di seguire norme e schemi di comportamento - posseggono un "pensare creativo" e rifiutano le normali procedure di pensiero - intravvedono spesso la soluzione migliore dei problemi e,

rifiutando la normale soluzione dei medesimi, non si conformano ad alcun sistema - appaiono antisociali con persone "diverse>" da loro, dalle quali non vengono capiti col risultato di isolarsi - non sopportano una disciplina punitiva di alcun genere - sono estremamente chiari nel dire di cosa hanno bisogno. Sono bambini computerizzati, il che sta a significare che saranno pi inclini ad usare la testa che il cuore. Penso che questi bambini oggi arrivino avendo a portata di mano alcune regole di visualizzazione mentale. Sanno che se riescono a dare un nome a questa cosa, ne avranno il controllo. Sono bambini tecnologicamente orientati, il che mi dice che in futuro sono destinati a diventare ancora pi tecnologici di quanto lo siamo noi oggi. A tre-quattro anni, questi bambini capiscono gi delle cose sul computer che neanche un adulto di sessantacinque anni riesce a spiegarsi. Credo che questi bambini stiano aprendo un portale, e che arriveremo al punto in cui nulla richieder uno sforzo, eccetto che di natura mentale. Quello il loro scopo di vita. Vedo che in alcuni casi, lambiente in cui si sono formati, li ha bloccati a tal punto, che talvolta questi bambini uccidono. Naturalmente credo nel paradosso che loscurit e la luce devono coesistere, al fine di permetterci delle scelte. Molti di noi si collocano fra i due estremi, aspirando alla perfezione, pur continuando a commettere errori. I pi avanzati nella perfezione, stanno diventando (nel seguito degli anni) persone comuni e progressivamente lequilibrio va definendosi sempre pi. Questi ragazzi, tutti quelli che ho osservato finora, fra coloro che hanno ucciso dei compagni di scuola, erano degli Indaco. Nel seguito della descrizione, la Tappe divide questi bambini in quattro tipi: - umanista affabile, iperattivo, distratto al servizio delle masse come medici, insegnanti, avvocati, commercianti, ecc .non si sentono a loro agio nel corpo fisico -il concettuale si sente a suo agio nel corpo fisico,atletico nella figura fin da bambino, pu essere soggetto a possibili dipendenze varie - lartista sensibile, fisicamente minuto, creativo, quindi saranno insegnanti e artisti e di conseguenza instabili nelle decisioni - linterdimensionale robusto e deciso sa gi tutto quando gli si dice qualcosa, quindi bisogna lasciarlo decidere da solo in quanto crede fermamente in se stesso". Nel corso del libro vengono riportate interviste con varie personalit. Ecco quanto scrive la Dr.Doreen Virtue: "Sappiamo che i Bambini Indaco nascono portando i loro doni divini bene in vista. Molti sono filosofi in erba. Saranno scienziati, inventori, artisti di talento a livello innato. Tuttavia la nostra societ, che poggia ancora sulla vecchia energia, tende a sminuire i loro pregi. Molti di questi bambini vengono scambiati per bambini con

"disturbi dellapprendimento" e molti altri vengono attualmente distrutti dal sistema dellistruzione pubblica". Viene citato un caso fra i tanti riportato dalla Dr.Kathy McCloskey: "Quando si parlava con lei una quattordicenne caucasica era evidente che si aveva a che fare con una persona molto saggia e adulta, come anche il suo volto e gli occhi rivelavano. Nel linguaggio di ogni giorno, si direbbe che sembrava essere "unanima antica e saggia". "Non dimentichiamo che non solo loro sanno "chi sono", ma anche "chi siamo noi". Non possibile non riconoscere gli occhi ed il volto di un Indaco: hanno una nota molto antica, profonda e saggia. I loro occhi sono le finestre dei loro sentimenti e della loro anima." Laiuto-insegnante Debra Hegerle scrive: "Gli Indaco elaborano le emozioni in modo diverso dai non-Indaco, grazie al loro livello di autostima e alla loro integrit. Possono leggervi come un libro aperto e notano e neutralizzano subito ogni vostra intenzione occulta o perfino il pi piccolo tentativo di manipolazione che abbiate in mente. Anzi, sono addirittura in grado di percepire le vostre idee riposte, anche se voi stessi non ne siete consapevoli. Possiedono una forte disposizione innata a far le cose da soli, e vogliono una guida esterna solo se viene loro proposta con rispetto e sotto forma di una scelta. Preferiscono risolvere la situazioni per conto loro. Nascono con intenzioni e doni di natura gi ben evidenti. Assorbono la conoscenza come spugne, specialmente sugli argomenti a loro graditi, divenendo cos degli esperti nelle loro aree di interesse. Gli Indaco hanno abilit guaritrici innate, che solitamente sono attive in loro fin da piccoli, ma possono non rendersene conto. Afferrano a volo le situazioni e poi scelgono un corso dazione basato su ci che vogliono sperimentare in quel momento. La sicurezza molto importante: per loro sicurezza significa poter fare le cose in modo diverso. E dare a ciascuno questa opportunit, la cosa migliore che possiamo fare, sia per lo che per noi stessi". Nellarticolo compreso nel libro, Robert Gerard, fra laltro, scrive: "Gli Indaco vengono qui in veste di emissari celesti, per servire il pianeta ed i loro genitori e amici, e sono fonti di saggezza se vengono ascoltati. Molti di loro hanno un aspetto saggio e occhi che esprimono forza interiore. Vivono profondamente immersi nel momento presente. Apparentemente sono bambini felici e molto vivaci ed hanno progetti da realizzare. La maggior parte degli Indaco, vede Angeli ed altri Esseri della sfera eterica e li descrive dettagliatamente. Parlano apertamente fra di loro di ci che vedono, fino a che non vengono dissuasi (dagli adulti). I vari problemi che gli Indaco possono avere. Dopo aver esposto gli attributi positivi, vi sono anche tre complicazioni che ho potuto osservare: - richiedono pi attenzione della norma e sentono che la vita

troppo preziosa per lasciarla fuggire via. Vogliono far accadere le cose e spesso forzano le situazioni finch non corrispondono alle loro aspettative. - possono soffrire molto se i loro coetanei non li comprendono: mentre sono molto sensibili e capaci di aiutare i bambini che ne hanno bisogno. Da piccoli hanno problemi di adattamento. - vengono spesso diagnosticati come portatori di DDA o una qualche forma di iperattivit Ma questo in quanto non sono ben compresi, solo per il fatto che "la scienza"non pu accettare come terapeuticamente significativo il "coinvolgimento attivo nei regni spirituale ed eterico": ed io ho individuato modelli di pensiero provenienti proprio dalla "sfera spirituale ed eterica". Come genitori e come adulti siamo in grado di riconoscere il valore di questi "emissari celesti"? siamo preparati ad ascoltarli?. Nel corso del libro seguono altre interviste interessanti e anche sorprendenti. E trattando il problema scolastico, leggiamo: "Il sistema scolastico pi vicino ella loro prospettiva, specialmente negli U.S.A. il Sistema Waldorf, che una versione delle Scuole Rudolf Steiner". Robert Ocker scrive : "Siamo ad una svolta cruciale, un vero e proprio salto di paradigma nel campo delleducazione e della crescita del bambino. Leducazione dei ragazzi del XXI secolo, richiede una nuova visione. Abbiamo bisogno di capire a fondo lesistenza umana, per praticare una pedagogia reale e globale, che sia al servizio dellumanit del nuovo millennio....... Gli educatori del XXI secolo, arriveranno a conoscere e guidare lessere umano in via di sviluppo, offrendo il dono della "disciplina interiore". Con lintuito e con la saggezza, aiuteremo bambini di carattere a diventare individui responsabili, motivati e ricchi di risorse. Dobbiamo insegnare ai nostri bambini "come" si pensa e non "cosa" pensare. Il nostro ruolo non tanto quello di trasmette "conoscenza" quanto "saggezza"............................... La mia visione del futuro delleducazione basata sull"amore incondizionato. Questa lessenza del nuovo essere umano. Una reale educazione si prender cura del "corpo, dellanima e dello spirito", che dovr restare profondamente libero e indipendente". I nuovi bambini, gli Indaco, sono venuti sulla terra per trasmetterci un concetto nuovo di umanit. Essi rappresentano dei doni per i loro genitori, per il pianeta e per lintero universo. Il passo principale e pi importante per capire e comunicare con questi bambini nuovi, Il capitolo continua con molte citazioni ed interviste dalle quali emerge la particolarit e originalit dei Bambini Indaco. Per originalit si intende la conoscenza di una vita nel mondo dello spirito, precedente a questa terrena, vale a dire pre-natale, con la conseguente conoscenza "a priori" dei propri genitori e sopratutto della madre, con la quale entrano in una sorte di "muto dialogo". A

dire il vero, da sempre le madri hanno parlato col proprio figlio che le si avvicinava dal mondo spirituale. Ma evidentemente, qui si tratta di qualcosa di pi consapevole da parte della madre appunto. Spesso sorprendono per la saggezza dei consigli e suggerimenti che, appunto, danno ai genitori. Sanno, e dicono, di essere gi stati qui sulla terra, di modo che, per loro, la reincarnazione non pi solo una "dottrina" ma semplicemente "vita, pratica di vita". Dalla lettura del libro emergono anche aspetti negativi e drammatici, che suscitano domande sui motivi retrostanti. Nel capitolo sugli "Aspetti spirituali" viene riportato un articolo del Rev.Dott. Pinkham, che tratta appunto delle grandi difficolt e distorsioni avute dai suoi due figli, nati con delle facolt straordinarie ed inusuali. Ma, per un seguito di circostanze, finiscono in prigione per vari reati. Ma gi allinizio di questo studio, viene riportata la notizia, dalla Tappe, sulla possibilit che in determinate circostanze i Bambini Indaco, possano addirittura uccidere i propri compagni. Cosa interviene in questi casi? non viene data nessuna risposta. E ancora: per quali segreti motivi gli Indaco diventano "bambini difficili con problemi di "attenzione e iperattivit"? Il capitolo sulla "salute" ha un inizio indicativo: "Fondamentalmente questo capitolo dedicato a tutti i bambini a cui stata fatta una diagnosi di DDA o DDAI, mentre, in realt non sono altro che Bambini Indaco". Per fortuna, pi avanti precisa: non tutti i bambini Indaco sono bambini con DDA o con DDAI - non tutti i bambini con DDA o DDAI sono degli Indaco Si evidenzia cos, ancora una volta, limpossibilit di stabilire con esattezza scientifica, la natura di questi bambini. Da qui la prudenza di giudizio necessaria per chi deve operare con loro. Difatti pi avanti, vien detto: "Non sono i bambini ad avere disturbi: si pu dire piuttosto, che il mondo in cui vivono ad essere disturbato.............Bambini e adolescenti, alla fine, si ritrovano ad essere talmente disturbati e confusi, da interiorizzare il dolore fino a diventare impulsivamente ribelli e autodistruttivi. Non si dovrebbe mai trasmettere loro lidea che siano malati o imperfetti, poich la causa primaria dei loro conflitti, va ricercata nella scuola e nella famiglia". Ora, ad una semplice considerazione si evidenzia il fatto concreto che, essendo essi cos "diversi" dagli altri, non vengono compresi, considerati e quindi isolati se non anche osteggiati, sia dai compagni che dagli insegnanti: da qui una possibile "ribellione". Questo gi ovvio di per s. E di conseguenza sorge la domanda: ma allora non solo loro, i bambini, ad essere i responsabili della difficile situazione, ma la famiglia e la scuola! Una simile conclusione risulta evidente di per s. E questa gi una risposta. Poi verr presa in considerazione lincidenza del "doppio mefistofelico". Dopo la lettura delle varie interviste ed opinioni, sar tentata una sorta di "spiegazione" del fenomeno. A proposito poi del sedativo "Ritalin":

"La produzione di Ritalin aumentata pi di sette volte negli ultimi otto anni, ed il 90% del prodotto viene consumato negli Stati Uniti. Queste cifre indicano responsabilit dei distretti scolastici, compagnia di assicurazione e famiglie super-stressate, nel far s che il ricorso al farmaco non rappresenta altro che una rapida soluzione per complessi problemi, che sarebbero risolti meglio se si ricorresse a sessioni di psicoterapia o al "counseling" familiare: o si apportassero cambiamenti fondamentali nellambiente agitato che tanti bambini americani devono affrontare quotidianamente...." Il Dr. Mendelsohn fa le seguenti osservazioni: "Nessuno ancora riuscito a dimostrare che farmaci come il Cylert o il Ritalin, migliorino la resa scolastica dei bambini che li prendono. Leffetto pi evidente del Ritalin e droghe similari, la gestibilit in tempi brevi del comportamento iper-cinetico. Lalunno viene medicato per rendere la vita pi facile al suo insegnante, e non per permettere al bambino di stare meglio e di rendere di pi. Se vostro figlio vittima di una situazione del genere, i rischi potenziali di questi farmaci, costituiscono unalto prezzo da pagare per il benessere del suo insegnante!" Di grande interesse larticolo "La polarit invertita cronica" di K.S.Smith. Eccone uno stralcio: "Unanalisi delle ricerche sui disturbi di lettura e su altri disturbi dellapprendimento, indica che nessun singolo approccio per il trattamento pu condurre a risultati terapeutici a lungo termine clinicamente significativi sui bambini a cui sono stati diagnosticati disturbi dellapprendimento. Sfortunatamente, fino ad oggi, il supporto scientifico insufficiente riguardo al ricorso a particolari interventi per i vari tipi di disturbi dellapprendimento. "Alcuni anni fa, quasi "per caso", ho scoperto che la "polarit invertita cronica"- PIC - un rimedio per la sindrome della fatica cronica..............Quasi tutti i bambini con DDAI che si sono presentati al mio studio, hanno dimostrato di avere la "polarit invertita cronica". Ogni sistema e ogni processo che avviene nel corpo fisico, di "natura elettrica". I nostri processi mentali, il sistema immunitario e il cuore, fanno tutti parte di un vasto sistema che funziona elettricamente.....Laddove lelettricit attiva, vengono a crearsi dei "campi magnetici", che hanno una loro "polarit" (come un qualsiasi magnete). Se si sottopone un magnete a sollecitazione, esso inverte la polarit. In poche parole i suoi poli nord e sud cambiano posizione. Poich il corpo umano elettrico e possiede un sottile campo magnetico, vi sono alcuni disturbi, fra cui lo stress, capaci di indurre uninversione di polarit. Pu trattarsi di un effetto temporaneo............Ma nella mia pratica, ho verificato che spesso linversione dura a lungo ......per cui diventa "cronica". "Il disturbo della polarit invertita, indebolisce il "potere elettrico" del corpo umano. Con lindebolirsi della carica elettrica, compaiono sintomi che rappresentano un segnale dallarme...........il normale di autoconservazione, diviene inattivo............................................

Alcuni dei sintomi principali della PIC hanno un perfetto parallelismo coi sintomi del DDAI, come ad esempio, una cattiva memoria e la mancanza di concentrazione. Larticolo continua con la citazione di alcuni casi clinici, per chi volesse saperne di pi. Pi avanti, viene riportata la descrizione di una possibile "magnetoterapia" ed altri metodi di cura. Ma la cosa "estremamente importante" da rilevare che il Dr. Smith non ha fatto che descrivere sintomi prodotti dallazione del "doppio mefistofelico-arimanico", del quale, evidente, non sa nulla, come non sanno nulla tutti i collaboratori della Tappe, coi loro interventi. E cos siamo giunti al "punctum dolens" del fenomeno, che per verr trattato pi avanti, ad esaurimento delle citazioni. Il libro si conclude con alcune dichiarazioni e "messaggi degli Indaco" pi una sorta di sommario conclusivo. Il libro della Giovetti una sorta di compendio molto ampia su tutti i possibili aspetti del problema. Riferisce quanto scritto dalla Tappe riportato pi sopra; riferisce e descrive i vari tipi di educazione, fra i quali le Scuole Waldorf; riprende largomento dei sedativi ed altri argomenti affini; conclude col presentare laspetto "esoterico", con le dichiarazioni "sorprendenti" di questi bambini, che ricordano la loro origine celeste, il tempo antecedente alla nascita, ricordo della vita precedente e cos via. In questo libro riportato il caso di un singolare personaggio dal nome molto indicativo: KRYON ! "Definito un essere spirituale altissimo, un maestro del magnetismo, che per amore si posto al servizio della terra e dellumanit. Unentit angelica che custodisce e accompagna la nuova era". Questo personaggio "canalizzato" (molto parte delle considerazioni di cui sopra sono sotto linsegna della New Age, come si pu notare dal linguaggio) da tre medium (?): lamericana Lee Carrol redattrice del libro sopracitato, il sudafricano David Brown e litaliano Angelo Picco Barilari. Il libro continua: "Kryon avrebbe il compito di aiutare lumanit ad evolversi verso un"energia superiore" (motivo New Age), a compiere cio un salto evolutivo. Dalla fine degli anno ottanta, Kryon lavorerebbe alla griglia magnetica della Terra, per aumentarne la frequenza vibratoria". Il"progetto" di Kryon viene presentato cos, secondo le sua parole (ricevute medianicamente ?): "Questi bambini sono nuove espressioni dotate dellequipaggiamento che voi non avete avuto e precisamente: - 1 una vibrazione pi elevata - 2 un "imprinting" che annulla certi attributi astrologici che abitualmente influiscono su tutti gli umani -3 uno specifico equipaggiamento biologico, che permette loro di elaborare meglio le impurit planetarie create dagli uomini. questi individui hanno ereditato ci che voi avete contribuito a creare (un "imprinting modificato) - 4 gli abitanti di questo pianeta, che se ne andranno durante

questo periodo, potranno tornare immediatamente in questa nuova condizione, per aiutare il pianeta nella Nuova Era di potere......La ragione per cui cos tanti bambini dovranno lasciare il pianeta in questo periodo, proprio per poter ritornare come Bambini Indaco". Il libro si chiude con la citazione di un altro caso: la coppia Cinzia e Alberto di Bologna che "canalizzano" tramite scrittura "automatica" dove il loro "IO" non certo presente - il pensiero di "una guida molto elevata. Ci dice che i percorsi celesti non sono descrivibili e che noi umani NON POSSIAMO COMPRENDERLI" ! non meglio identificata. Questa proposizione che annullerebbe di colpo ogni "Scienza dello Spirito" ! ma non solo, cancella la promessa biblica: "Poi il Signore Iddio disse: <Ecco, luomo divenuto come uno di noi, avendo la conoscenza del bene e del male>". (Genesi 3/22) Ed ancora laltra promessa, quella del Cristo: "Conoscerete la Verit, e la Verit vi far liberi" (Giovanni 8/32) In tutte le pagine precedenti, si sono lette tante e tante parole come interpreti di relativi pensieri. Si pu iniziare dallultimo: Kryon. Questo nome fa una certa impressione riferito ad una "personalit elevata", in quanto viene dal greco :Kryos = freddo,gelo. In effetti risulta piuttosto perlomeno enigmatico un simile nome dato ad unEntita che si vorrebbe supporre "angelica", ma in fine non meglio qualificata: il dubbio qui ha una parte importantissima. Nel tenere sfumato quanto dovrebbe invece essere molto chiaro, vi la possibilit di intromissioni subconscie indebite, cos anche quando si parta di "energie", di "forze" delle quali non si sa nulla. Infine non si presenta come Portatore di un qualche Entit Spirituale Superiore: come Rappresentante di.......? e qui nascosto linganno! Ma di angeli, come si sa, ne esistono di varie specie: quelli "regolari" curatori delle singole anime umane; quelli "luciferici", che nutrono particolari progetti sulle anime degli uomini; seguiti da quelli "arimanici-satanici" (basterebbe leggere i versetti 7 e seguenti, capitolo 12 dellApocalisse, dove vengono citati gli Angeli di Michele, ma anche gli Angeli di Satana), i quali, a loro volta, hanno anchessi progetti particolari: anchessi vogliono "aiutare" lumanit, senza alcun dubbio. Solo che tali aiuti non sono quelli promessi dal "Cristo ed il Suo Regno": e quindi cadranno tutti nel gorgo dell"Ottava Sfera", come anche chiarito nel relativo studio. Cos si ha la percezione, durante la lettura, che si parla s di cose immateriali, meta-fisiche, "spirituali", ma in termini di pura materialit: imprinting biologico, energia, vibrazioni, equipaggiamento(?), di Nuova Era e cos via. Ma di <qualit morali>, oppure anche <estetiche>; di un <pensiero vivente>, nemmeno un cenno! ma cosa ci si pu attendere da esseri umani con quelle caratteristiche, dove ogni cenno alle qualt-virt umane pi elevate viene scansato come non importante? si profila qualcosa che incute quasi paura. Vi come un senso di vedere nascere individui <robotizzati>: almeno dalle descrizioni di cui sopra, prettamente <americane> !

In altro studio stata chiarita questa favola della nuova era, come "anticipazione illecita" della reale Era dellAcquario futura, con lo scopo mirato di impedire la "formazione dellAnima cosciente". Ovviamente sono Angeli che la vorano a queste mistificazioni, propagazioni di "mezze-verit", come quelle della New Age, ad esempio, e di tante e tante altre: "necessarie mezze-verit", altrimenti luomo come, in quale modo si potr formare il "retto giudizio", la "retta rappresentazione" proposta dallOttuplice Sentiero del Buddha, se non rimanendo impigliato in esse? e patire lo scacco relativo, per raggiungerli? La terribile esperienza di esser vissuti in grandi illusioni, allucinazioni, visioni fantastiche, dovr indicare il cammino della verit: in questo la "missione del male". Un fatto di estrema importanza si rende evidente: in tutto questo arlare, elucubrare, supporre, giudicare, ecc. non viene mai pronunziata la "parola chiave", che indica il "centro reale dellevoluzione della terra e dellumanit": la parola: CRISTO ! E invece della massima importanza DIRLO CHIARO E FORTE e illuminare le menti e i cuori sulla "centralit del Cristo" e la Sua manifestazione eterica nel tempo presente! E FONDAMENTALE! Ma l dove viene evitato, chiaro il proposito voler stornare lumanit, con tutti i mezzi possibili oggi anche occulti ed esoterici dal prendere coscienza del fatto che IL CRISTO E NUOVAMENTE QUI, IN VESTE ETERICA ! Il formulare "mezze-verit" come ad esempio le paro0le di Kryon - fa appunto parte del lavoro di suggestione negativa da parte degli Angeli Luciferici ed Arimanici. E questo accade sempre l dove non viene indicato con estrema chiarezza DI CHI si sta parlando. Cos, nellincertezza, nel dubbio, si crea quella zona dombra nellanima, disposta cos ad accogliere lo "spirito" in forma imprecisa e nebulosa, e sopratutto, molto "comoda" secondo una consuetudine materialistica. Venendo ai bambini indaco implicati in questo ambito di nonverit - quanto detto da tantissime persone fra genitori, specialisti e bambini stessi, corrisponde ad un fenomeno "nuovo" a causa della sua insolita frequenza. Prima, tutti geni sono stati bambini "indaco" e "difficili", proprio per la loro genialit. Ma ora il fenomeno fortemente generalizzato. Si possono accettare come vere e reali le risultanti sulla loro eccezionalit: sono fatti concreti. Ma liperattivit? la prepotenza distruttiva? la difficolt di attenzione e apprendimento? Lesperienza di insegnante conferma il fatto che se il suo insegnamento banale, privo di contenuto in quanto egli stesso ne privo, superficiale e senza entusiasmo e devozione, lalunno, sopratutto se geniale, finisce per stancarsi e di conseguenza "disturba", che significa: chiede un insegnamento diverso, che lo interessi, lo attragga, risponda alle sue profonde esigenze e quindi non trovandolo, si alza, disturba i vicini, esce di classe! Ma allora dov il motivo dellinsufficiente "attenzione e apprendimento"? nel bambino o nellinsegnante? A questa domanda gi stata data risposta, con unaggiunta: ma voi, genitori, medici, insegnanti, che non "capite" questi Bambini e

loro nuove facolt, cosa fate in concreto per rinnovarvi , per autoeducarvi, per rinvigorire la vostra spenta fantasia, in modo da essere allaltezza dei vostri compiti? quindi in primo luogo sapendo che "per educare altri bisogna educare prima se stessi"? Ma questo non risulta gradito, poich scomodo, ad una certa et, ricominciare da capo ed educarsi "a nuovo" ! Inoltre da tenere ben presente cosa che non viene neppure supposta la presenza ed azione del "Doppio Mefistofelico": date le sue caratteristiche operanti sul bambino-ragazzo sopratutto in territorio americano - moltissimi fenomeni considerati "fuori norma"- la norma del bambino comune - possono venir compresi e controbilanciati da unazione dAmore, che significa innanzitutto: accettazione, comprensione e disponibilit. E ancora in senso pi profondo: se i Bambini Indaco vengono sulla terra con nuove facolt tanto attese dalle vecchie generazioni incapaci di rinnovarsi come quelle riportate in tanti luoghi pi sopra, pi che evidente che le Entit Ostacolatrici Lucifero ed Arimane, useranno tutti i mezzi possibili, per distruggere, o per lo meno disturbare, lo sviluppo di questi Bambini in vista delle loro azioni future, e "non gradite" ovviamente da quelle Entit, nonostante la loro potenza spirituale. E spesso, come si letto, per svariatissimi motivi: incomprensione dei genitori, degli insegnanti, rifiuto dei compagni, esplode in loro con incontenibile violenza, la difficolt per il dolore dellincomprensione. Dove la luce pi intensa pi intensa anche lombra! Se questi bambini sono cresciuti in ambiente pesantemente elettrico e magnetico, come nelle nostre citt sopratutto, dove queste due forze eteriche si respirano con laria, ovvia la risultante del loro comportamento "difficile", un misto di luce e ombra appunto: ma da "amare per comprendere", e non rifiutare e giudicare per incapacit reale. Come conclusione si pu cos dire che lo studio, diciamo cos, dei Bambini Indaco non pu essere disgiunto da quello del "doppio mefistofelico" col quale sono in lotta, anche se non palese, ma certa: la scoperta del Dr. Smith sintomatica, in quanto, si apprende dalla Scienza dello Spirito esser il "magnetismo" una forza nelle mani ora di Lucifero, ora di Arimane ! E si potrebbe dire, sarebbe "perentorio" osservare, studiare e conoscere la fenomenologia di questa lotta, se si vuole aiutare veramente questi bambini e uscire dalla zona dombra dellincertezza e dal dubbio, ed avviarli, SENZA PAURA sorda paura che vive nelle anime nei confronto dello Spirito Reale verso la VERA FIGURA DEL CRISTO; di modo che le fosche sovrastrutture che si sono creare su di LUI, vengano dissolte dalla Sua Luce e Amore. Scarica il PDF con il testo completo dell'articolo

Codul din Clasificarea Ocupatiilor din Romania (C.O.R): 346001 Definitie C.O.R.: Ocupatia face parte din grupa 3460 Asistenti sociali. Acorda consultatii asupra problematicii sociale; initiaza actiuni pentru prevenirea delicventei sau pentru readaptarea delicventilor; acorda ajutor handicapatilor fizic sau mental in scopul ameliorarii capacitatii de integrare sociala a acestora.. Descrierea ocupatiei.Continutul muncii Se ocupa in principal cu recuperarea si (re)integrarea psiho-sociala si profesionala a persoanelor cu probleme speciale:deficiente psihice si /sau fizice,comportament antisocial(delicventa),probleme sociale diverse.Desfasoara o activitate complexa si variata: analizeaza influenta factorilor sociali asupra starii de sanatate mentala si a comportamentului uman, acorda consultatii privind drepturile si obligatiile asistatilor, colaboreaza cu institutii sau organizatii care au obiective similare, participa la elaborarea metodelor si tehnicilor de lucru, propun masuri de ajutorare sau recuperare. Munca unui lucrator social este aceea de a ajuta oamenii n rezolvarea problemelor legate de situatia lor sociala sau de viata personala. Exercitarea profesiei de asistent social este avizata de Colegiul Asistentilor Sociali din Romania si autorizata de Ministerul Muncii si Protectiei Sociale. Asistentul social indeplineste o misiune sociala care are la baza valorile si principiile fundamentale ale profesiei: justitia sociala, demnitatea si unicitatea persoanei, integritatea persoanei, autodeterminarea, confidentialitatea, importanta relatiilor interumane, furnizarea serviciilor cu competenta si in beneficial clientilor. Exercitarea libera a profesiei si independenta profesionala confera asistentului social dreptul de a

actiona si a lua decizii in beneficiul clientilor sai si deplina raspundere a acestora. Profesia de asistent social poate fi exercitata de catre persoana care indeplineste urmatoarele conditii: este cetatea roman, cu domiciliul in Romania ; este licentiat sau absolvent al unei institutii de invatamant de specialitate, acreditata de stat in conditiile legii; detine avizul Colegiului Asistentilor Sociali din Romania pentru exercitarea libera a profesiei de asistent social; nu se gaseste in vreunul din cazurile de incompatibilitate sau nedemnitate prevazute de prezentul statut. Exercitarea profesiei de asistent social este incompatibila cu: persoana care nu are capacitate deplina de exercitiu; promovarea sau apartenenta la o grupare scoasa in afara legii; folosesirea cu buna stiinta a cunostintelor profesionale in defavoarea clientului ; desfasurarea de activitati de natura a aduce atingere demnitatii profesionale de asistent social sau bunelor moravuri. Este nedemn de a exercita profesia de asisten social: asistentul social care a fost condamnat definitiv si irevocabil, chiar daca a fost reabilitat, pentru savarsirea unei infractiuni contra umanitatii in imprejurari legate de exercitarea profesiei de asistent social; asistentul social caruia i s-a aplicat pedeapsa interdictiei de a exercita profesia, indiferent de durata, prin hotarare judecatoreasca sau disciplinara. Valori si Principii Etice Acest set de principii etice reprezinta totalitatea exigentelor de conduita morala corespunzatoare activitatii asistentului social. Principiile au la baza valorile fundamentale ale asistentei sociale: furnizarea de servicii n beneficiul clientilor, justitia sociala, respectarea demnitatii si unicitatii individului, a confidetialitatii si

integritatii persoanei, autodeterminarii si competentei profesionale. Fiecare asistent social si va nsusi aceste valori si principii, ele urmnd sa se regaseasca n comportamentul sau, astfel nct sa nu aduca prin actiunile sale prejudicii imaginii profesiei. 1. Furnizarea de servicii n beneficiul clientilor Principiul etic: Scopul principal al activitatii asistentului social este acela de a asista persoanele aflate n dificultate implicndu-se n identificarea, ntelegerea, evaluarea corecta si solutionarea problemelor sociale. n toate demersurile sale, asistentul social actioneaza cu prioritate n interesul clientului. n situatia n care interesul clientului reprezinta o amenintare pentru comunitate / membrii comunitatii, asistentul social are responsabilitatea de a ndruma clientul si de a media n scopul armonizarii intereselor partilor implicate. 2. Justitia sociala Principiul etic: Asistentii sociali promoveaza principiile justitiei sociale. Asistentii sociali se asigura de egalitatea sanselor privind accesul clientilor la informatii, servicii, resurse si participarea acestora la procesul de luare a deciziilor. Ei contesta si combat diferitele forme ale injustitiei sociale precum: saracia, somajul, discriminarea, excluderea si alte asemenea forme. 3. Demnitatea si unicitatea persoanei Principiul etic: Asistentii sociali respecta si promoveaza demnitatea individului, unicitatea si valoarea fiecarei persoane. Asistentul social nu trebuie sa practice, sa tolereze, sa faciliteze sau sa colaboreze la nici o forma de discriminare bazata pe rasa, etnie, sex si orientare sexuala, varsta, convingeri politice sau religioase, statut marital, deficienta fizica sau psihica, situatie materiala si/sau orice alta preferinta, caracteristica, conditie sau statut. 4. Autodeterminarea Principiul etic: Asistentul social respecta si promoveaza

dreptul clientilor la autodeterminare. Asistentul social asista clientii n eforturile lor de a-si identifica si clarifica scopurile, n vederea alegerii celei mai bune optiuni. Asistentii sociali pot limita drepturile clientilor la autodeterminare atunci cnd, n judecata profesionala a asistentului social, actunile prezente si/sau viitoare ale clientilor prezinta un risc pentru ei nsisi si/sau pentru ceilalti. 5. Relatiile interumane Principiul etic: Asistentii sociali recunosc importanta fundamentala a relatiilor interumane si le promoveaza n practica profesionala. Asistentii sociali ncurajeaza si ntaresc relatiile dintre persoane cu scopul de a promova, reface, mentine si/sau mbunatati calitatea vietii persoanelor, famililor, grupurilor, organizatiilor si comunitatilor. 6. Integritatea Principiul etic: Asistentii sociali actioneaza cu onestitate si responsabilitate n concordanta cu misiunea profesiei si standardele profesionale. 7. Competenta Principiul etic: Asistentii sociali trebuie sa si desfasoare activitatea numai n aria de competenta profesionala determinata de licenta, expertiza si exprienta profesionala. Asistentii sociali au obligatia de a-si mbunatati permanent cunostintele si deprinderile profesionale si de a le aplica n practica. Asistentii sociali contribuie la mbunatatirea si dezvoltarea bazei de cunostinte a profesiei. Standardele Etice 1. Responsabilitatile etice ale asistentului social fata de societate 1.1. Actiune sociala si politica Asistentul social pledeaza pentru conditii de viata care sa conduca la satisfacerea nevoilor umane de baza si promoveaza valorile sociale, economice, politice si culturale care sunt compatibile cu principiile justitiei sociale. Asistentul social trebuie sa fie constient de

impactul vietii politice asupra profesiei si practicii profesionale. Asistentul social pledeaza pentru schimbari care sa contribuie la mbunatatirea conditiilor sociale n vederea satisfacerii nevoilor umane de baza si promovarii justitiei sociale. Asistentul social actioneaza pentru a facilita accesul la servicii specifice si posibilitatea de a alege pentru persoanele vulnerabile, dezavantajate sau aflate n dificultate. Asistentul social promoveaza conditiile care ncurajeaza respectarea diversitatii sociale si culturale att n interiorul Romniei, ct si la nivel global. Asistentul social promoveaza politicile si practicile care ncurajeaza constientizarea si respectarea diversitatii umane. Asistentul social faciliteaza si informeaza publicul n legatura cu participarea la viata comunitara si schimbarile sociale care intervin. Asistentul social trebuie sa asigure servicii profesionale n situatii de urgenta. Asistentul social actioneaza pentru a preveni si elimina dominarea, exploatarea sau discriminarea unei persoane, grup, comunitate sau categorie sociala pe baza etniei, originii nationale, sexului sau orientarii sexuale, vrstei, starii civile, convingerilor politice sau religioase, deficientelor fizice/psihice sau altor asemenea criterii. Asistentul social se asigura de respectarea drepturilor fundamentale ale omului si de aplicarea legislatiei internationale la care Romania a aderat, conform Constitutiei Romniei. 2. Responsabilitatile etice ale asistentilor sociali fata de profesie 2.1. Integritatea profesionala si promovarea profesiei Asistentul social promoveaza si mentine standardele practicii profesionale. Asistentul social promoveaza si dezvolta valorile si etica profesiei, baza de cunostinte si misiunea profesiei. Asistentul social protejeaza si promoveaza integritatea profesionala att prin studii, cercetare, analiza si critica constructiva, ct si prin activitati de predare, consultanta, expuneri n cadrul comunitatii si participare activa n cadrul organizatiilor

profesionale. Asistentul social actioneaza pentru a preveni si a elimina practicarea neautorizata si necalificata a profesiei de asistent social semnalnd Colegiul Asistentilor Sociali. 2.2. Evaluare si cercetare Asistentul social evalueaza si promoveaza politicile din domeniu, implementarea programelor si interventiile practice. Asistentul social care se agajeaza n programe de cercetare respecta etica profesiei si utilizeaza tehnici si metode profesionale. Asistentul social care se implica n programe de cercetare trebuie sa asigure anonimatul participantilor si confidentialitea asupra datelor obtinute. 3. Responsabilitatile etice ale asistentului social fata de clienti 3.1. Angajamentul fata de clienti: Principala reponsabilitate a asistentului social este de a promova bunastarea clientului. Intresele clientului primeaza. Asistentul social activeaza n limitele obligatiilor legale si ale responsabilitatilor sale n cadrul institutiei angajatoare. 3.2. Respectarea principiului autodeterminarii Asistentul social nu decide n numele clientului. Asistentul social l ajuta pe client sa-si identifice si sa-si dezvolte resursele n vederea alegerii celei mai bune optiuni, acordnd totodata atentia necesara intereselor celorlalte parti implicate. Exceptiile sunt prevazute de lege. Asistentii sociali pot limita drepturile clientilor la autodeterminare atunci cnd, n judecata profesionala a asistentului social actiunile prezente si/sau viitoare ale clientilor prezinta un risc pentru ei insisi si/sau pentru ceilalti. 3.3. Contractul cu clientul Asistentul social va furniza servicii clientilor numai n contextul unei relatii profesionale bazate, atunci cnd este cazul, pe un contract scris si/sau pe consimtamntul clientului. n cazul n care clientul nu are capacitatea de a semna un contract, asistentul social trebuie sa protejeze interesele clientului urmarind sa obtina

permisinea reprezentantului legal al acestuia (tutore, curator, etc.). Asistentul social foloseste un limbaj clar pentru a informa clientii despre scopul, riscurile si limitele serviciilor, costurile legate de serviciul respectiv, alternativele existente, dreptul clientului de a refuza sau de a rezilia contactul ct si despre perioada pentru care se ncheie contractul respectiv. Asistentul social trebuie sa ofere clientilor posibilitatea de a pune ntrebari. n situatiile n care clientii nu nteleg sau au dificultati n a ntelege limbajul primar folosit n practica, asistentul social trebuie sa se asigure ca acesta a inteles. Aceasta presupune asigurarea unei explicatii verbale detaliate sau asigurarea unui translator sau intepret. Asistentul social are responsabilitatea de a furniza informatii despre natura si necesitatea serviciilor si de a informa clientul cu privire la dreptul sau de a refuza serviciul oferit (indiferent daca serviciul a fost solicitat su nu de catre client). Asistentul social informeaza clientii cu privire la limitele si riscurile furnizarii de servicii prin intermediul computerelor, telefoanelor sau a altor mijloace de comunicare si solicita acordul scris al clientilor pentru orice nregistare audio si video, ct si pentru prezenta unei a treia persoane ca observator. 3.4. Competenta profesionala Toate actiunile asistentul social trebuie sa se nscrie n limitele de competenta ale profesiei. Pregatirea profesionala a asistentului social trebuie sa fie un proces continuu de perfectionare. Colegiul Asistentilor Sociali stabileste procedura, limita de timp si modalitatea prin care asistentii sociali si vor mentine si imbunatati performantele profesionale. Pentru a asigura o interventie competenta, asistentul social are dreptul si obligatia de a asigura servicii si de a folosi tehnici specializate de interventie, numai dupa participarea la un program de instruire specializata. Starile personale (emotionale sau de alta natura) nu influenteaza calitatea

interventiei profesionale a asistentului social. 3.5. Competenta culturala si diversitatea sociala Asistentul social ofera servicii n concordanta cu specificul cultural din care provine clientul, adaptndu-se diversitatii culturale prin cunoasterea, ntelegerea, acceptarea si valorizarea modelelor culturale existente. Asistentul social trebuie sa aiba cunostinte de baza despre mediul cultural si caracteristicile grupului/comunitatii din care fac parte clientii. Instruirea asistentului social i permite acestuia ntelegerea diversitatii sociale si culturale privind etnia, religia, sexul si orientarea sexuala, varsta, statutul marital, convingerile politice si religioase, dizabilitatile mentale sau fizice. 3.6. Conflicte de interes Asistentul social evita conflictele de interese n exercitarea profesiei si promoveaza o abordare impartiala a situatiilor profesionale. Asistentul social informeaza clientul despre posibilele conflicte de interese si intervine, dupa caz, n prevenirea sau rezolvarea acestora. n anumite cazuri, protejarea clientului poate conduce la ncheierea relatiei profesionale si orientarea clientului catre un alt coleg sau un alt serviciu. Asistentul social nu foloseste relatia profesionala cu clientul pentru obtinerea de avantaje sau alte beneficii n interes personal. Asistentul social care asigura servicii pentru doua sau mai multe persoane ntre care exista o relatie (de exemplu membrii unei familii, cuplul) trebuie sa clarifice care dintre indivizi sunt considerati clienti, natura obligatiilor profesionale ale asistentului social si ale partilor implicate, ncercnd sa atenueze sau sa previna conflictele de interese posibile sau reale. 3.7. Confidentialitatea si viata privata Asistentul social trebuie sa se bazeze pe principiile respectului apararii intimitatii, confidentialitatii si utilizarii responsabile a informatiilor obtinute n actul exercitarii profesiei. Asistentul social nu solicita informatii despre viata privata a clientului dect n cazul n care acestea

sunt relevante pentru interventie. Odata ce aceste informatii au fost obtinute, asistentul social pastreaza confidentialitatea asupra lor. n anumite situatii, asistentul social poate dezvalui informatii confidentiale, cu acordul clientului sau al reprezentantului legal al acestuia. Asistentii sociali pot dezvalui informatii confidentiale fara acordul clientilor n anumite situatii de exceptie, cum ar fi: munca n echipa pluridisciplinara, cnd acest lucru este prevazut prin lege, cand se pune n pericol viata clientului si/sau a altor persoane, cnd se transfera cazul catre alt asistent social. Asistentul social informeaza clientul n masura posibilitatii despre ncalcarea confidentialitatii si despre posibilele consecinte. Asistentul social discuta cu clientii si alte parti implicate despre natura informatiei confidentiale si circumstantele n care aceasta poate fi ncalcata. Discutia trebuie sa se faca la nceputul relatiei profesionale si de cte ori este necesar pe parcursul acesteia. Atunci cnd asistentul social furnizeaza servicii de consiliere familiilor, cuplurilor sau grupurilor, acesta trebuie sa obtina un consens privind dreptul fiecaruia la confidentialitate si obligatia fiecaruia de a pastra confidentialitatea informatiilor. Asistentul social informeaza familia, cuplul sau membrii grupului cu care lucreaza despre faptul ca nu poate garanta pastrarea confidentialitatii de catre toate persoanele implicate. Asistentul social trebuie sa pastreze confidentialitatea atunci cnd prezinta un caz social n mass media. Asistentul social patreaza confidentialitatea n timpul procedurilor legale, n masura permisa de lege. 3.8. Accesul la dosare Accesul la dosarele clientilor si transferul acestora se realizeaza astfel nct sa se asigure protectia informatiilor confidentiale. Accesul la dosarele clientilor este permis profesionistilor care lucreaza n echipa pluridisciplinara, supervizorilor activitatii profesionale de asistenta sociala si altor persoane autorizate n unele cazuri prevazute de lege. La cerere, clientii au acces la

informatii din propriile dosare, n masura n care acestea servesc intereselor clientilor si nu prejudiciaza alte persoane. La ncheierea serviciilor, asistentul social are responsabilitatea de a arhiva dosarele clientilor pentru a asigura accesul la informatie n viitor si protectia informatiilor confidentiale. 3.9. Contactul fizic Contactul fizic cu clientul este evitat de catre asistentul social, daca acest lucru l afecteaza din punct de vedere psihologic pe client. Asistentul social care se angajeaza n contacte fizice cu clientii are responsabilitatea de a stabili limite adecvate diferentelor culturale. Asistentul social nu se angajeaza n relatii sexuale cu clientii sau rudele acestuia, pe toata durata relatiei profesionale. Asistentul social nu manifesta fata de clienti comportamente verbale sau fizice de natura sexuala, cum ar fi avansurile sexuale sau solicitarile de favoruri sexuale. 3.10. Limbajul Asistentul social foloseste un limbaj adecvat si respectuos fata de client si evita folosirea termenilor care pot aduce prejudicii persoanelor, grupurilor sau comunitatilor. 3.11. Plata serviciilor Atunci cnd se stabilesc taxe pentru furnizarea anumitor servicii, asistentul social se asigura ca acestea sunt rezonabile si n concordanta cu serviciile furnizate. Asistentul social nu accepta bunuri sau servicii din partea clientilor n schimbul serviciilor furnizate. 3.12. ntreruperea si ncheierea relatiei cu clientul Asistentul social asigura continuitatea serviciilor n cazul n care acestea sunt ntrerupte de factori cum ar fi: transfer, boala, indisponibilitate, etc. Asistentul social ncheie relatia profesionala cu clientul si serviciile oferite acestuia atunci cnd acestea nu mai raspund nevoilor si intereselor clientului. Asistentul social se asigura ca ncheierea relatiei profesionale cu clientul si a serviciului oferit este un proces planificat asupra caruia clientul are

toate informatiile necesare. 4. Responsabilitatile etice ale asistentilor sociali ca profesionisti 4.1. Supervizarea si consultarea Pentru a exercita functii de supervizare sau consultanta, asistentii sociali trebuie sa detina pregatirea, cunostintele, abilitatile, specializarea si experienta practica solicitata de aceasta pozitie. Asistentul social exercita functii de supervizare si consultanta numai n aria de competenta specifica profesiei. Asistentii sociali cu functii de conducere asigura conditiile necesare respectarii prevederilor Codului Etic. 4.2. Educatia, formarea si evaluarea Asistentii sociali care ndeplinesc functii de supervizare trebuie sa asigure un program de pregatire si dezvoltare profesionala continua a asistentilor sociali din subordine. Asistentii sociali care au responsabilitatea de a evalua performantele asistentilor sociali din subordine vor folosi criterii si instrumente de evaluare profesionala clar definite. Asistentul social se implica activ n dezvoltarea continua a profesiei prin sprijin profesional acordat colegilor la nceputul carierei si prin participarea la schimb de experienta si cunostinte profesionale intra si interdisciplinare. 4.3. Angajamentul fata de institutia angajatore Asistentul social respecta politica, principiile si regulamentele interne ale institutiei angajatoare. Asistentul social participa la mbunatatirea politicilor si procedurilor institutiei angajatoare si la sporirea eficientei serviciilor oferite. Asistentul social se asigura ca institutia angajatoare cunoaste obligatiile etice ale profesiei de asistent social prevazute de Codul Etic si implicatiile practice ale acestor obligatii. Asistentul social se asigura ca practicile, politicile si procedurile institutiei n cadrul careia si desfasoara activitatea sunt compatibile cu prevederile Codului Etic. Asistentul social actioneaza astfel nct sa previna si sa elimine orice forma de discriminare n activitatile, politicile si practicile

institutiei angajatoare. 4.4. Conflictele de munca Conflictele de munca ale asistentilor sociali sunt rezolvate conform legislatiei n vigoare. Actiunile asistentilor sociali care sunt implicati n conflicte de munca trebuie sa se ghideze dupa valorile, principiile si standardele etice ale profesiei. n cazul unui conflict la locul de munca, trebuie acceptate diferentele de opinie, iar acestea trebuie puse n discutie tinnd cont si de interesele clientilor. 4.5. Discriminarea Asistentul social nu practica, nu se implica, nu faciliteza si nu colaboreaza la nici o forma de discriminare bazata pe etnie, sex sau orientare sexuala, stare civila, convingeri politice si/sau religioase, deficiente fizice sau psihice sau pe alte asemenea criterii. 4.6. Conduita privata Asistentul social va evita ca prin propriul comportament sa aduca prejudicii imaginii profesiei. Asistentul social va evita ca problemele personale sa i afecteze judecata, performantele profesionale sau intersele clientilor. n cazul n care aceasta situatie nu se poate evita, asistentul social trebuie sa solicite imediat consultanta si sprijin profesional, sa reduca numarul de cazuri cu care lucreaza, sa si ncheie activitatea profesionala sau sa ntreprinda orice alta actiune pentru a proteja clientii. 4.7. Reprezentare n situatia n care reprezinta o institutie, asistentul social trebuie sa prezinte clar si cu acuratete punctul oficial de vedere al institutiei respective. 4.8. Onestitate Asistentul social si asuma responsabilitatea si meritele numai pentru propria activitate si recunoaste cu onestitate meritele si contributia altor profesionisti. 5. Responsabilitatile etice ale asistentului social fata de colegi 5.1. Respectul Asistentul social si trateaza colegii cu respect si evita

aprecierile negative la adresa lor n prezenta clientilor sau a altor profesionisti. Asistentul social acorda sprijin si asistenta colegilor care trec prin perioade dificile. Daca perioada respectiva se prelungeste si are urmari n planul activitatii profesionale, asistentul social va apela la procedurile din cadrul agentiei sau la Colegiul Asistentilor Sociali. 5.2. Confidentialitatea Asistentul social respecta confidentialitatea informatiilor mpartasite de colegi n cursul relatiilor profesionale. 5.3. Colaborarea interdisciplinara si consultarea Asistentii sociali care sunt membri n echipe multidisciplinare participa la luarea deciziilor care vizeaza bunastarea clientului, utiliznd valorile profesiei si experienta profesionala. Obligatiile etice si profesionale ale echipei multidisciplinare ca ntreg si a membrilor echipei trebuie clar definite. Asistentii sociali solicita si ofera consultanta si consiliere colegilor ori de cte ori este nevoie. 5.4. Disputele dintre colegi Disputele dintre colegi se rezolva n interiorul echipei de catre cei implicati si prin respectarea dreptului partilor la opinie. n cazul prelungirii acestora se apeleaza la un mediator sau la supervizor. Disputa dintre angajator si un alt coleg nu este folosita de asistentul social pentru a obtine o pozitie sau un avantaj personal. Disputele sau conflictele dintre colegi sunt rezolvate fara implicarea clientului. 5.5. Orientarea catre alte servicii Asistentul social orienteaza clientii catre alte servicii atunci cnd problematica clientului depaseste competentele sale profesionale, cnd nu a nregistrat progrese semnificative si atunci cnd clientul are nevoie de servicii suplimentare sau specializate pe care el nu le poate oferi. Asistentul social care orienteaza clientul catre alte servicii, transmite catre noua agentie toate informatiile necesare solutionarii cazului. 5.6. Relatiile sexuale si hartuirea sexuala

Asistentii sociali care desfasoara activitati de supervizare evita sa ntretina relatii sexuale cu supervizatii sau cu alte persoane asupra carora si exercita o autoritate profesionala. Asistentii sociali evita sa se implice n relatii sexuale cu colegii atunci cnd exista un posibil conflict de interese. Asistentii sociali nu trebuie sa manifeste fata de colegi comportamente verbale sau fizice susceptibile a fi interpretate drept hartuire sexuala. 5.7. Incompetenta si comportamentul lipsit de etica n situatiile n care asistentul social observa incompetenta sau comportamentul lipsit de etica al unuia dintre colegi, i acorda acestuia sprijin si asistenta. Daca cel n cauza nu si corecteaza comportamentul profesional, asistentul social va apela la procedurile din cadrul agentiei sau la Colegiul Asistentilor Sociali. Asistentul social actioneaza pentru a descuraja, preveni si corecta comportamentul lipsit de etica. Asistentul social trebuie sa apere si sa asiste colegii acuzati pe nedrept de comportament lipsit de etica. Asistentul social si desfasoara activitatea n institutii publice, private, ONG-uri sau poate sa desfasoare activitati n cadrul liberei practici, n conditii autorizate de lege. Activitatile desfasurate de catre asistentul social pot fi: consiliere familiala si sprijin terapeutic n depasirea unor situatii de criza; suport social si psihologic asistenta si protectie a copilului din: centrele de plasament, asistenta maternala, adoptie, institutii; sprijin pentru persoanele vrstnice: sprijin pentru persoanele afectate de violenta domestica; prevenirea si tratarea abuzului emotional, fizic, sexual la copii, tineri si adulti; prevenirea si tratarea dependentei de drog, alcool etc. sprijin pentru copiii delincventi si corectarea abaterilor de la normele sociale de viata; sprijinirea tinerelor mame singure aflate n situatii

dificile; sprijinirea si integrarea acelor persoane sau familii din casele sociale ale caror vieti sunt puse n pericol (adaposturi sociale); ajutor specializat pentru cei saraci, someri, tineri proveniti din casele de copii, copiii strazii, probatiune etc. La tipurile de activitati mentionate mai sus se pot adauga si altele n functie de nevoile sociale care pot sa apara. Unelte/ instrumente de lucru In activitate se foloseste:

instrumente birotice; materiale de specialitate; computer; telefon; fax; aparate de inregistrare si prelucrare a datelor; Atributii si responsabilitati

stabilirea / adecvarea celor mai adecvate mijloace si modalitati de integrare psiho-socio-profesionala a persoanelor cu probleme speciale; initiaza actiuni de prevenire a delicventei si de readaptare sociala a persoanelor cu antecedente penale; pregateste/ participa la programe de recuperare a persoanelor cu deficiente fizice sau psihice; acorda consultatii in probleme sociale; intocmeste studii, raparte si dosare ale persoanelor asistate; participa la manifestari organizate de institutii cu acelasi obiect de activitate; Program de lucru

Program de 8 ore/zi, care se pot prelungi in unele situatii

peste aceasta limita. Mediu de activitate Activitatea se desfasoara in birou, intr-un microclimat de confort organic si pe teren, pentru efectuarea anchetelor sociale, culegerea de informatii sau identificarea modalitatilor practice de reintegrare sociala a persoanelor asistate. n case particulare, unde nu sunt probleme deosebite de mediu; totusi, unii lucratori sociali vin n contact cu oameni care pot fi la un moment dat agresivi sau dificili. Cerinte pentru executare Ceinte medicale

integritate anatomofunctionala a membrelor superioare si inferioare; acuitate auditiva normala; acuitate vizuala normala; Cerinte psihice

adaptare la sarcini de lucru schimbatoare; asumarea responsabilitatilor; aptitudinea de a lucra cu oamenii; capacitatea de a evalua si de a lua decizii; Activitati fizice

vorbire; ascultare; folosirea mainilor; lucrul in pozitie sezanda in perioade indelungate; Deprinderi transferabile

acordare de consultanta si consiliere; asigurare de servicii; elaborarea si interpretarea informatiei; deprinderi de cercetare si investigare;

planificarea si organizarea operatiilor si activitatilor;

Cerinte de educatie si pregatire profesionala Exercitarea profesiei de asistent social este un drept al oricarei persoane fizice, cetatean roman, posesoare a diplomei de licenta cu titlui de asistent social sau al diplomei de asistent social , eliberata de o institutie de invatamant de specialitate, acreditata in conditiile legii din Romania sau strainatate, echvalata potrivit legii. Competente generale si speciale solicitate
studii superioare cu specializarea n sociologie; studii in domeniul asistentei sociale; experienta practica in domeniul protectiei copilului; abilitati de relationare cu reprezentantii institutiilor si ai altor organizatii; atitudine pozitiva fata de oameni; sa stiti cum sa va purtati cu oamenii; sa aveti o tinuta si o conduita cultivata; o buna judecata; rabdare; studii universitare incheiate; participarea la cursuri de perfectionare; prezentari de referate; publicatii de specialitate; participarea la congrese,simpozio ane si alte

Posibilitatile de dezvoltare a carierei in cadrul profesiei (traseul prefesional)

activitati de specialitate;

Accesibilitatea profesiei pentru absolventi* Conditiile suplimentare necesare pentru a putea concura

5.5 Profesia de asistent social poate fi exercitata de catre persoana care indeplineste urmatoarele conditii: Este cetatean roman cu domiciliul in Romania; Este licentiat sau absolvent al unei institutii de invatamant de specialitate acreditata de stat in conditiile legii; Detine avizul Colegiului Asistentilor Sociali din Romania pentru exercitarea libera a profesiei de asistent social; Nu se gaseste in vreunul din cazurile de incompatibilitate sau nedemnitate prevazute de prezentul statut; sa fi terminat universitatea sau facultatea de stiinte socioumane; activitati de cercetare stiintifica(in domeniul stiintelor socio-umane); autor al unor articole,publicatii,c arti de specialitate; modernizarea

Elementele de CV care conteaza pentru aceasta profesie

Stabilirea elementelor pentru care se puncteaza suplimentar

formrii sociologului, folosind noi abordri sociologice i noile tehnologii informaionale; activismul civic prin Internet;

Salarizarea* Avantaje suplimentare (telefon,masina de serviciu)*


A scuola era circondato damore e tenerezza. Tutti noi gli dedicavamo grandi attenzioni, con lobiettivo di farlo socializzare e di rimetterlo in pari con lapprendimento scolastico.

5 4.5

1. FINALIT La determinazione delle finalit della scuola dell'infanzia deriva dalla visione del bambino come soggetto attivo, impegnato in un processo di continua interazione con i pari, gli adulti, l'ambiente e la cultura. in questo quadro, la scuola materna deve consentire ai bambini ed alle bambine che la frequentano di raggiungere avvertibili traguardi di sviluppo in ordine alla identit, alla autonomia ed alla competenza. a) Maturazione dell'identit In relazione a questo aspetto, la prospettiva della scuola dell'infanzia consiste nel rafforzamento dell'identit personale del bambino sotto il profilo corporeo, intellettuale e psicodinamico. Ci comporta sia la promozione di una vita relazionale sempre pi aperta, sia il progressivo affinamento delle potenzialit cognitive. Una tale prospettiva formativa richiede e sollecita il radicamento nel bambino dei necessari atteggiamenti di sicurezza, di stima di s, di fiducia nelle proprie capacit, motivazione alla curiosit; richiede inoltre l'apprendimento a vivere in modo equilibrato e positivo i propri stati affettivi, ad esprimere e controllare i propri sentimenti e le proprie emozioni, nonch a rendersi sensibile a quelli degli altri. Analogamente, la scuola dell'infanzia rappresenta di per s un luogo particolarmente adatto a orientare il bambino e la bambina a riconoscere ed apprezzare l'identit personale in quanto connessa alle differenze fra i sessi, ed insieme a cogliere la propria identit culturale ed i valori specifici della comunit di appartenenza, non in forma esclusiva ed etnocentrica, ma in vista della comprensione di comunit e culture diverse dalla propria. b) Conquista dell'autonomia

La scuola dell'infanzia contribuisce in modo consapevole ed efficace alla progressiva conquista dell'autonomia. Tale conquista richiede che venga sviluppata nel bambino la capacit di orientarsi e di compiere scelte autonome in contesti relazionali e normativi diversi, nel necessario riconoscimento delle dipendenze esistenti ed operanti nella concretezza dell'ambiente naturale e sociale. Ci significa che il bambino si rende disponibile all'interazione costruttiva con il diverso da s e con il nuovo, aprendosi alla scoperta, all'interiorizzazione ed al rispetto pratico di valori universalmente condivisibili, quali la libert, il rispetto di s, degli altri e dell'ambiente, la solidariet, la giustizia e l'impegno ad agire per il bene comune. Appare importante sviluppare nel bambino la libert di pensiero, anche come rispetto della divergenza personale, consentendogli di cogliere il senso delle sue azioni nello spazio e nel tempo e di prendere coscienza della realt nonch della possibilit di considerarla e di modificarla sotto diversi punti di vista. c) Sviluppo della competenza Sotto questo riguardo la scuola dell'infanzia consolida nel bambino le abilit sensoriali, percettive, motorie, linguistiche e intellettive, impegnandolo nelle prime forme di riorganizzazione dell'esperienza e di esplorazione e ricostruzione della realt. Inoltre essa stimola il bambino alla produzione ed interpretazione di messaggi, testi e situazioni mediante l'utilizzazione di una molteplicit ordinata di strumenti linguistici e di capacit rappresentative. Nel contempo, rivolge particolare attenzione allo sviluppo di capacit culturali e cognitive tali da consentire la comprensione, la rielaborazione e la comunicazione di conoscenze relative a specifici campi di esperienza. Analogamente la scuola dell'infanzia valorizza l'intuizione, l'immaginazione e l'intelligenza creativa per lo sviluppo del senso estetico e del pensiero scientifico.

2. DIMENSIONI DI SVILUPPO Al suo ingresso nella scuola materna il bambino ha gi una sua storia personale, che lo ha condotto a possedere un complesso patrimonio di atteggiamenti, capacit ed orientamenti. Egli appare un soggetto attivo, curioso, interessato a conoscere e capire, capace di interagire con gli altri e di servirsi della loro mediazione per conoscere e modificare la realt. In questo periodo si vanno verificando cambiamenti considerevoli che interessano sia lo sviluppo percettivo, motorio, comunicativo, logico e relazionale, sia le dinamiche affettive ed emotive, sia la costruzione dei rapporti e l'acquisizione delle norme sociali. Lo sviluppo cognitivo, partendo da una base percettiva, motoria e manipolativa, si articola progressivamente in direzioni sempre pi simbolico-concettuali. Il bambino di tre anni corre, manipola oggetti, inventa, imita, ripete, sperimenta semplici modalit esplorative, mentre a quattro-cinque anni molto pi capace di controllo e di pianificazione del comportamento, che ora viene organizzato in vista di scopi non esclusivamente immediati. Sul piano percettivo a tre anni presente un consistente grado di sincretismo,

dimostrato dalla rigidit nell'articolare i rapporti fra il tutto e le parti; a cinque anni, invece, il bambino in grado di procedere al confronto sistematico di stimoli complessi e di valutarne somiglianze e differenze. Per quanto riguarda la rappresentazione dello spazio, a tre anni il bambino attento alle relazioni topologiche senza tuttavia rilevare mutamenti nell'orientamento spaziale degli oggetti, mentre a cinque anni gi ne coglie la rotazione, anche se con difficolt rispetto all'immagine speculare. Uguali progressi si notano nella elaborazione di schemi temporali e causali. L'interazione affettiva rimane il principale contesto entro il quale il bambino costruisce e sviluppa le sue relazioni sociali ed i suoi schemi conoscitivi, servendosi della mediazione interpersonale per strutturare i significati e per interpretare la realt. La concettualizzazione si sviluppa infatti a partire da una rappresentazione globale degli eventi abituali propri del vissuto familiare e sociale, caratterizzati da uno scopo e definiti da sequenze spazio temporali in cui oggetti e attori hanno una parte e sono causalmente connessi: il bambino identifica in tal modo i caratteri percettivi e funzionali degli oggetti, costruendo mappe e rappresentazioni categoriali con le quali ordina in maniera pi adeguata ed articolata cose, eventi e qualit, sostenuto in questo dall'esperienza stessa della scuola, che gli consente di esercitarsi in compiti cognitivi nuovi e di impegno progressivamente maggiore. La ricostruzione di eventi complessi e l'ordinamento di concetti avvengono attraverso relazioni di significato che rimandano innanzi tutto al vissuto individuale e soltanto successivamente pervengono a connessioni di carattere generale. A quattro o cinque anni, infatti, ci si serve ancora soprattutto del contesto, in cui confluiscono elementi di natura affettiva e sociale, per capire discorsi, frasi e parole, anche se gi in via di acquisizione la capacit di connettere correttamente eventi complessi e sequenze di azioni tramite relazioni di natura temporale e causale. Ferma restando l'importanza del gioco in tutte le sue forme ed espressioni, il gioco di finzione, di immaginazione e di identificazione rappresenta l'ambito privilegiato in cui si sviluppa la capacit di trasformazione simbolica. Nel gioco si imitano gli altri bambini e gli adulti, si assumono ruoli diversi, si sperimentano comportamenti ed emozioni, si fa un uso flessibile ed articolato dei linguaggi, si pongono a confronto desiderio e realt, immaginazione e dati di fatto, attese e possibilit effettive. Dai tre ai cinque anni il bambino impara a condividere socialmente il gioco, a pianificare una trama, a gestire ruoli e regole di una certa complessit, ad affrontare e risolvere eventuali conflitti, ad attribuire pi di un significato simbolico ad uno stesso oggetto, a rappresentare ed integrare emozioni, ansie e paure. Questa attivit si presenta quindi come un potente strumento per lo sviluppo, che rende possibile l'accettazione dei limiti posti ai bisogni ed ai desideri, l'acquisizione delle prime regole sociali e morali, l'espressione di sentimenti positivi e negativi, la regolazione delle emozioni attraverso lo scambio verbale e il rapporto con gli altri. Una evoluzione di grande portata riguarda anche la capacit di vivere ed elaborare sentimenti ed emozioni. A tre anni essi sono vissuti ed espressi in modo immediato e diretto, con una possibilit molto ridotta di elaborazione e di distanziamento. In seguito la capacit di far uso del discorso e della rappresentazione simbolica facilita la comprensione empatica degli stati emotivi altrui e la oggettivazione dei propri. I processi di socializzazione sono favoriti dal gruppo dei pari, che si presenta come totalit dinamica nella quale, attraverso le sue varie articolazioni, ogni soggetto

influenza gli altri ed a sua volta influenzato da loro e consente di sperimentare diverse posizioni sociali (di attivit o di passivit) di iniziativa o di acquiescenza, di autonomia o di dipendenza, in una situazione di coesione e di vicinanza interpersonale. Nelle relazioni con i coetanei, oltre che in quelle con gli adulti, il bambino sperimenta l'esistenza di regole e norme sia specifiche che generali, giungendo anche a cogliere le ragioni della loro necessit. Le norme etiche, progressivamente interiorizzate, acquistano, in virt dei sentimenti di empatia che le sostanziano, un senso che si estende oltre il piano cognitivo e pragmatico per collocarsi in rapporto all'intera esperienza del bambino. Ci implica almeno, una solida formazione affettiva e morale. Data la grande variabilit individuale esistente nei ritmi e nei tempi dello sviluppo, negli stili cognitivi, nelle sequenze evolutive e nella acquisizione di abilit particolari, i quadri di riferimento sopra indicati non vanno assunti come indicatori assoluti. Non si possono inoltre ignorare le particolari difficolt connesse alle situazioni di handicap e di svantaggio nonch le discontinuit talvolta rilevabili nello sviluppo di alcune strutture psicologiche, che si possono manifestare con dei momentanei regressi, spesso dovuti semplicemente alla introduzione di nuove procedure relazionali e didattiche. In ogni caso, lo sviluppo non va visto come un fatto esclusivamente funzionale, ma va interpretato sempre in relazione ai contesti di socializzazione e di educazione nei quali si svolge. Nell'osservazione sistematica del bambino quindi opportuno non assumere rigidi criteri di tipo quantitativo, ma preferire sempre la contestualizzazione dei comportamenti rispetto alle notazioni classificatorie. I livelli raggiunti da ciascuno richiedono infatti di essere osservati pi che misurati e compresi pi che giudicati, poich il compito della scuola di identificare i processi da promuovere, sostenere e rafforzare per consentire ad ogni bambino di realizzarsi al massimo grado possibile. In questa prospettiva, sono indispensabili il riconoscimento delle difficolt cognitive, delle esigenze emotive e delle richieste affettive di ciascuno e la consapevolezza che il modo in cui ogni bambino percepisce se stesso nella sua situazione sociale ed educativa costituisce una condizione essenziale per la sua ulteriore crescita personale.

CAMPI DI ESPERIENZA EDUCATIVA Con questo termine si indicano i diversi ambiti del fare e dell'agire del bambino e quindi i settori specifici ed individuabili di competenza nei quali il bambino conferisce significato alle sue molteplici attivit, sviluppa il suo apprendimento, acquisendo anche le strumentazioni linguistiche e procedurali, e persegue i suoi traguardi formativi, nel concreto di una esperienza che si svolge entro confini definiti e con il costante suo attivo coinvolgimento. Ciascun campo di esperienza presenta i suoi peculiari esiti educativi, percorsi metodologici e possibili indicatori di verifica ed implica una pluralit di sollecitazioni ed opportunit. L'organizzazione dell'attivit si fonda su una continua e responsabile flessibilit ed inventivit operativa e didattica in relazione alla variabilit individuale dei ritmi, dei tempi

e degli stili di apprendimento, oltre che delle motivazioni degli interessi dei bambini. In particolare per i bambini in condizioni di handicap o di svantaggio, che non devono venire esclusi da nessun campo di esperienza, necessario stabilire specifici punti di arrivo, percorsi metodologici ed indicatori di verifica valorizzando le loro capacit e potenzialit. a) Il corpo e il movimento Il campo di esperienza della corporeit e della motricit contribuisce alla crescita e alla maturazione complessiva del bambino promuovendo la presa di coscienza del valore del corpo inteso come una espressione della personalit e come condizione funzionale, relazionale, cognitiva, comunicativa e pratica da sviluppare in ordine a tutti i piani di attenzione formativa. Ad esso ineriscono inoltre quei contenuti di natura segnica i cui alfabeti sono indispensabili per l'espressione soggettiva e la comunicazione interpersonale ed interculturale. Le tappe evolutive procedono dalla dominanza del corpo vissuto alla prevalenza della discriminazione percettiva e alla rappresentazione mentale del proprio corpo statico e in movimento. Intorno ai tre anni il bambino controlla globalmente gli schemi motori dinamici generali (correre, lanciare, etc.), imita di volta in volta posizioni globali del corpo o posizioni semplici di un segmento, riconosce parametri spaziali, discrimina e riproduce semplici strutture ritmiche. Verso i sei anni effettua una prima forma di controllo segmentario degli schemi dinamici generali, imita contemporaneamente posizioni globali del corpo e posizioni combinate dei suoi segmenti, riconosce la destra e la sinistra su di s, discrimina e riproduce strutture ritmiche varie e articolate. I traguardi di sviluppo da perseguire consistono, da una parte, nello sviluppo delle capacit senso-percettive e degli schemi dinamici e posturali di base (camminare, correre, saltare, lanciare, stare in equilibrio etc. ) per adattarli ai parametri spaziotemporali dei diversi ambienti; dall'altra nella progressiva acquisizione della coordinazione dei movimenti e della padronanza del proprio comportamento motorio nell'interazione con l'ambiente, vale a dire la capacit di progettare ed attuare la pi efficace strategia motoria e di intuire-anticipare quella degli altri e le dinamiche degli oggetti nel corso delle attivit motorie. L'educazione alla salute sar avviata fornendo, in modo contestuale alle esperienze di vita, le prime conoscenze utili per. una corretta gestione del proprio corpo, in modo da promuovere l'azione di positive abitudini igienico-sanitarie. Il naturale interesse per la conoscenza del corpo e della sua dimensione sessuale pu essere sostenuto dalla attenzione educativa dell'insegnante rivolta sia alle occasioni informali, proprie della vita quotidiana, sia alle attivit ludiche. va avvertito che la dimensione della sessualit investe anche altri campi della esperienza educativa. L'insieme delle esperienze motorie e corporee correttamente vissute costituisce un significativo contributo per lo sviluppo di un'immagine positiva di s. La forma privilegiata di attivit motoria costituita dal gioco, che sostanzia e realizza nei fatti il clima ludico della scuola dell'infanzia, adempiendo a rilevanti e significative funzioni di vario tipo, da quella cognitiva a quella socializzante a quella creativa. Occorre quindi conoscere e sperimentare tutte le forme praticabili di gioco a contenuto

motorio: dai giochi liberi a quelli di regole, dai giochi con materiali a quelli simbolici, dai giochi di esercizio a quelli programmati, dai giochi imitativi a quelli popolari e tradizionali. L'insegnante svolger compiti di regia educativa, predisponendo ambienti stimolanti e ricchi di opportunit diversificate di esercizio; inoltre programmer con cura la scelta, l'ordine di successione e le modalit di svolgimento dei giochi di regole di cui potr anche assumere la conduzione. Nel giocodramma il suo intervento consister soprattutto nel creare le condizioni affinch il bambino si possa esprimere creativamente e nello stimolarlo alla ricerca di forme espressive e comunicative personali ed efficaci. I momenti di ordine valutativo poggeranno sulla definizione di comportamenti da osservare sistematicamente, sulla documentazione e sulla ponderazione dei processi di sviluppo del bambino con una particolare attenzione per il controllo dinamico e l'adattamento spaziale e temporale. L'impegno costante di piccoli attrezzi e oggetti semplici, che i bambini possono facilmente manipolare ed usare in varie situazioni e nei modi pi diversi, garantisce comunque consistenza e significativit all'attivit motoria. va poi osservato che la disponibilit di impianti e attrezzature costosi e sofisticati non costituisce in s garanzia di consistenza e significativit educativa delle attivit, ma da considerarsi utile o addirittura indispensabile la relazione agli obiettivi della programmazione. Ai soggetti disabili deve essere offerta la possibilit di partecipare alle attivit motorie programmate, sviluppando percorsi originali ed evitando occasioni di esclusione. b) I discorsi e le parole lo specifico campo di esercizio delle capacit comunicative riferite al linguaggio orale e al primo contatto con la lingua scritta, la cui valida impostazione, sul piano culturale e scientifico, muove dal principio che la lingua si apprende all'interno di una variet di contesti comunicativi e che essa, nella complessit dei suoi aspetti costitutivi (fonologico, lessicale, semantico, morfologico, sintattico, pragmatico), un sistema governato da regole implicite, che si applicano anche se non si sanno descrivere. Le finalit proprie del campo si possono condensare nella acquisizione della fiducia nelle proprie capacit di comunicazione e di espressione, nella disponibilit a riconoscere il diritto degli altri alle proprie idee ed opinioni, nell'impegno a farsi un'idea personale ed a manifestarla, nello sforzo di ascoltare e comprendere, nella disposizione a risolvere i conflitti con la discussione, nella consapevolezza della possibilit di esprimere le medesime esperienze in modi diversi. Il conseguimento di una reale capacit di comunicazione richiede che la scuola promuova l'esercizio di tutte le funzioni (personale, interpersonale, euristica, immaginativa e poetica referenziale, argomentativa, metalinguistica) che risultano indispensabili per un comportamento linguistico rispondente alla complessit dei contesti ed alla ricchezza delle intenzioni, evitando di restringersi alle funzioni semplicemente regolative e informative. In termini pi analitici, le principali abilit da far progressivamente acquisire agli alunni possono consistere:

nel prestare attenzione ai discorsi altrui e nel cercare di comprenderli;

nel farsi capire dagli altri pronunciando correttamente le parole, indicando appropriatamente oggetti, persone, azioni ed eventi, usando in modo adeguato i tempi dei verbi, formulando frasi di senso compiuto; nell'analizzare e commentare figure di crescente complessit; nel descrivere una situazione ad altri; nel dar conto di una propria esperienza e nel rievocare un fatto; nel riassumere una breve vicenda presentata sotto forma di lettura o di racconto.

Il bambino di tre anni ha gi acquisito una serie complessa di abilit linguistiche e diventer sempre pi capace, anche in virt delle sollecitazioni offerte dalla scuola, di differenziare i piani temporali del discorso, di usare appropriatamente nomi, verbi, forme avverbiali ed aggettivi, di enunciare proposizioni all'interno del periodo, di usare la subordinazione. All'entrata nella scuola dell'infanzia si possono constatare le differenze esistenti sul piano del linguaggio, che per alcuni pu essere un dialetto o un'altra lingua, in cui il bambino molto competente. La scuola accetta il modo di comunicare e di esprimersi di tutti bambini programmando ed attuando una molteplice variet di situazioni di apprendimento, ampliandone progressivamente la competenza all'uso di altri codici, connessi ai diversi tipi di relazione sociale e alle forme di comunicazione pi allargate e complesse offerte dalla lingua nazionale. Lo sviluppo linguistico del bambino favorito, in primo luogo, dalla conversazione regolata dall'adulto e dall'interazione con i coetanei. La conversazione regolata dall'adulto appare molto produttiva nel piccolo gruppo in cui tutti possono parlare e ascoltare. Il grande gruppo (il circolo di tutta la sezione), invece, sebbene non faciliti lo scambio comunicativo, comunque utile (purch non ecceda nella durata) a sviluppare un senso di appartenenza ed a condividere le informazioni e le proposte dell'insegnante. Nel piccolo gruppo regolato da un adulto si pu parlare delle proprie esperienze personali, discutere di eventi condivisi a scuola, ragionare su fatti ed avvenimenti, eseguire un gioca collettivo, ascoltare fiabe, filastrocche, poesie e racconti, produrre e confrontare scritture spontanee, fare giochi di parole, scambiare significati e usi linguistici. Il racconto, il resoconto e l'invenzione di storie contribuiscono a far acquisire, nelle forme del pensiero narrativo, gli strumenti per comprendere il mondo naturale e sociale e per costruire la propria identit. Anche nella scuola, cos come per alcuni bambini gi avviene nella famiglia, l'interazione fra lingua orale e lingua scritta pu continuare a svilupparsi in modo non casuale attraverso la familiarizzazione con i libri, la lettura dell'adulto, la conversazione e la formulazione di ipotesi sui contenuti dei testi letti. Il primo accostamento alla lingua scritta, infatti, ormai avvertito come un nucleo qualificante per l'attivit educativa della scuola dell'infanzia, sia come avvio all'incontro col libro e alla comprensione del testo sia come interessamento al sistema di scrittura, nei cui confronti il bambino elabora congetture ed effettua tentativi sin da quando comincia a differenziarlo dal disegno. Il processo di concettualizzazione della lingua scritta inizia quindi prima dell'ingresso nella scuola elementare ed sostenuto dall'immersione in un ambiente ricco di fonti di informazione e di immagini, capace di stimolare anche la curiosit per la lingua ed i modi di scriverla. Per quanto riguarda l'interazione con i coetanei, opportunit di grande ricchezza

linguistica sono presenti nel gioco simbolico, che consenta ai bambini di concentrare l'attenzione per arrivare ad una identificazione e progettazione comune della finzione da condividere, ed in tutte quelle attivit (giocare con materiali, esplorare, sperimentare, dipingere) che l'adulto presenta positivamente come collaborative. Per i bambini di questa fascia di et il parlare tra loro e con l'adulto mentre si svolgono delle attivit motivanti, facendo piani e previsioni, costruendo spiegazioni, formulando ipotesi e giudizi, uno strumento fondamentale per lo sviluppo del pensiero e del ragionamento. Lo sviluppo delle competenze sul piano della conversazione, della comprensione e delle abilit metalinguistiche poi favorito dalle strategie comunicative (come la riformulazione, l'intervento a specchio e la focalizzazione dell'attenzione) messe in atto dall'insegnante al fine di realizzare un miglioramento ed un incremento dei dialoghi e degli scambi verbali fra i bambini. anche importante l'organizzazione di angoli disposti in modo da favorire la conversazione, la libera consultazione di albi, libri, giornali ed immagini l'ascolto ed il racconto di storie al registratore, il gioco, le attivit di pittura e di esplorazione scientifica. Lo strumento essenziale per accertare il livello di acquisizione dei bambini l'osservazione di tutti i possibili contesti di uso del linguaggio. Si collocano in primo luogo le competenze relative a:

conversare (per la progressiva padronanza degli aspetti pragmatici e per l'arricchimento lessicale); narrare eventi personali o piccole storie (per la verifica delle capacit sintattiche e dell'uso dei meccanismi della coerenza e della coesione); comprendere ci che viene raccontato o letto (attraverso la riformulazione di punti essenziali e la richiesta di spiegazioni); usare un metalinguaggio (attraverso l'analisi di significati e di somiglianze semantiche e fonologiche fra parole, la ricerca di assonanze e rime, l'uso di verbi relativi a dire, significare, pensare).

Per i bambini con difficolt di linguaggio importante l'accertamento graduale dei risultati ottenuti e la loro comparazione con i progressi conseguiti nelle eventuali attivit di logoterapia. Nelle diverse situazioni di handicap deve essere favorita la pi ampia partecipazione alla comunicazione, intesa come scambio e dialogo attraverso le parole e gli oggetti, le immagini e il tatto, i ritmi e il silenzio. c) Lo spazio, l'ordine, la misura Questo campo di esperienza si rivolge in modo specifico alle capacit di raggruppamento, ordinamento, quantificazione e misurazione di fatti e fenomeni della realt, ed alle abilit necessarie per interpretarla e per intervenire consapevolmente su di essa. A questo scopo, le abilit matematiche riguardano in primo luogo la soluzione di problemi mediante l'acquisizione di strumenti che possono diventare a loro volta oggetto di riflessione e di analisi. Intorno a tre anni il bambino esprime le prime intuizioni numeriche come valutazioni approssimate della quantit nel contare gli oggetti, nel confrontare le quantit e le grandezze direttamente, mentre trova difficolt ad ordinarle serialmente. Incomincia inoltre ad avvertire, esprimendole linguisticamente, alcune collocazioni

spaziali e a riconoscere alcune propriet comuni degli oggetti. Verso i sei anni - operando con oggetti, disegni, persone, etc. - in grado di contarli, di valutarne la quantit e di eseguire operazioni sempre sul piano concreto, di ordinare pi oggetti per grandezza, lunghezza e altezza, di classificarli per forma e colore, di localizzare le persone nello spazio, di rappresentare dei percorsi, di eseguirli anche su semplice consegna verbale. La scuola materna svolge la sua azione in due fondamentali direzioni:

raggruppare, ordinare, contare, misurare: ricorso a modi pi o meno sistematici di confrontare e ordinare, in rapporto a diverse propriet, grandezze ed eventi; uso di oggetti o sequenze o simboli per la registrazione; impiego diretto di alcuni semplici strumenti di misura; quantificazioni, numerazioni, confronti; localizzare: ricorso a modi, spontanei o guidati, di esplorare il proprio ambiente, viverlo, percorrerlo, occuparlo, osservarlo, rappresentarlo; ricorso a parole, costruzioni, modelli, schemi, disegni; costruzione di sistemi di riferimento che aiutano il bambino a guardare la realt da pi punti di vista, coordinandoli gradualmente fra loro.

anche opportuno sviluppare la capacit di porre in relazione, come: formulare previsioni e prime ipotesi; individuare, costituire ed utilizzare relazioni e classificazioni; costruire corrispondenze e rapporti di complementazione, unione, intersezione ed inclusioni tra classi; riconoscere invarianti; utilizzare strumenti di rappresentazione; operare riflessioni e spiegazioni su numeri, sistemi di riferimento, modalit di rappresentazione e cos via. A ci si aggiunge l'opportunit di sviluppare la capacit di progettazione e inventare, come: la creazione di progetti e forme, derivati dalla realt o del tutto nuovi, di oggetti e spazi dell'ambiente; l'ideazione di storie; la realizzazione di giochi con regole pi o meno formalizzate e condivise; le rappresentazioni spontanee o ricavate da quelle in uso e cos via. Tutti gli aspetti dell'esperienza presentano, in maniera pi o meno immediata e diretta, ma sempre pertinente, numerose e svariate situazioni in grado di stimolare lo sviluppo di processi cognitivi di natura matematica, che offrono lo spunto per attivit basate essenzialmente sul gioco, sulla manipolazione, l'esplorazione, l'osservazione diretta, la collaborazione e il confronto con gli altri, lo scambio fra parti, le sollecitazioni occasionali dell'insegnante. Le varie forme di linguaggio naturale, a loro volta, costituiscono, per la loro ricchezza espressiva e la loro potenzialit logica, il punto di partenza di ogni attivit di formalizzazione. La elaborazione e la conquista dei concetti matematici avviene quindi attraverso esperienze reali, potenziali e fantastiche che si aprono a percorsi e tracciati occasionali o programmati di razionalizzazione. L'insegnante, pertanto, potr valersi di un ampio contesto di opportunit per proporre al bambino di svolgere, in un contesto per lui significativo, operazioni di matematizzazione a vario livello e guidarlo all'uso di espressioni adeguate di quantificazione, ordinamento e comparazione, interagendo attivamente con i suoi processi di argomentazione e sforzandosi di capire la logica che alla base delle sue risposte. In particolare, vanno tenute presenti le attivit di vita quotidiana (l'appello, il percorso casa-scuola, etc.), la conoscenza di s e la storia personale, i ritmi ed i cicli temporali, i giochi di gruppo e di

squadra, l'ambientazione nello spazio (mappe, tracce, movimenti), le produzioni fantastiche (fiabe, drammatizzazioni, conte), l'esplorazione della natura, la progettazione di costruzioni e l'invenzione di storie. A questo si aggiunge la possibilit di introdurre il riferimento diretto ad oggetti matematizza ti, come i materiali strutturati, e la familiarizzazione con simmetrie e combinazioni di forme (ritagli, piegature, mosaici, incastri, etc.). Ai bambini che presentano particolari problemi ed incontrano specifiche difficolt nello svolgimento delle attivit programmate saranno proposti interventi educativi e didattici basati su di un pi costante ed intensivo riferimento ed aggancio alla concretezza, sull'eventuale impiego di materiali e sussidi finalizzati e sull'invio di segnali continui di apprezzamento dei loro sforzi e delle loro strategie individuali di apprendimento. d) Le cose, il tempo e la natura il campo di esperienza relativo alla esplorazione, scoperta e prima sistematizzazione delle conoscenze sul mondo della realt naturale e artificiale, che ha come sistemi simbolici di riferimento tutti i domini della conoscenza scientifica nei quali entrano particolarmente in gioco l'intelligenza spaziale, quella logico-linguistica ed i collegamenti con il pensiero matematico. Le finalit specifiche riguardano la prima formazione di atteggiamenti e di abilit di tipo scientifico. Potenziando e disciplinando quei tratti - come la curiosit, la spinta ad esplorare e capire, il gusto della scoperta, la motivazione a mettere alla prova il pensiero - che gi a tre anni caratterizzano nella maggioranza dei casi il comportamento dei bambini, la scuola orienta i suoi interventi ad un vasto raggio di obiettivi: riconoscimento dell'esistenza dei problemi e della possibilit di affrontarli e risolverli; perseveranza nella ricerca ed ordine nelle procedure; sinceri nell'ammettere di non sapere, nel riconoscere di non aver capito e quindi nel domandare; disponibilit al confronto con gli altri e alla modifica delle proprie opinioni; senso del limite e della provvisoriet delle spiegazioni, rispetto per tutti gli esseri viventi e interesse per le loro condizioni di vita; apprezzamento degli ambienti naturali ed impegno attivo per la loro salvaguardia. Le abilit da sviluppare riguardano: l'esplorazione, la manipolazione, l'osservazione con l'impiego di tutti i sensi; l'esercizio di semplici attivit manuali e costruttive; la messa in relazione, in ordine, in corrispondenza; la costruzione e l'uso di simboli e di elementari strumenti di registrazione; l'uso di misure non convenzionali sui dati dell'esperienza; la elaborazione e la verifica di previsioni, anticipazioni ed ipotesi; la formulazione di piani di azione tenendo conto dei risultati; l'uso di un lessico specifico come strumento per la descrizione e per la riflessione; il ragionamento conseguente per argomentare e per spiegare gli eventi. raccostamento educativo alle conoscenze scientifiche rispetta le caratteristiche proprie delle esperienze e delle riflessioni e si adegua alle modalit di comprensione ed ai bisogni evolutivi dei bambini. Per questo essenziale che l'insegnante sia disponibile alle concezioni che essi esprimono ed ai modi della loro formulazione, dia spazio alle loro domande ed eviti di dare risposte premature, sappia innescare processi individuali e collettivi di ricerca e di chiarificazione mediante l'osservazione, la sperimentazione e la discussione collettiva, semplifichi le situazioni e prospetti facili confronti in modi che abbiano senso per i bambini, valorizzi la prospettiva personale ed il pensare con la

propria testa, non penalizzi l'errore che, come espressione del proprio punto di vista ed occasione di autocorrezione, promuove il pensiero critico. Il lavoro collaborativo - che si manifesta nell'azione congiunta, nell'imitazione reciproca, nella costruzione condivisa delle conoscenze e nella opposizione dei punti di vista offre un fondamentale sostegno sociale e conoscitivo. Quanto all'intervento intenzionale dell'adulto, la sequenza pi raccomandabile di apprendimento procede dal prevedere, al fare, al rappresentare, al ridiscutere in gruppo, confrontando le previsioni con i risultati dell'azione. I bambini soddisfano i loro bisogni esplorativi e le loro possibilit conoscitive esercitandosi con diversi tipi di materiali (acqua, sassi, sabbia, etc.), lavorando con le mani, da soli o in piccolo gruppo, con oggetti, utensili ed elementi da costruzione, svolgendo attivit che uniscono alla valenza scientifica un particolare carattere motivante come, ad esempio, le attivit di cucina, le esperienze di fisica elementare con materiali diversi, le attivit di interesse biologico (semine, coltivazioni di piante e, in particolare, osservazioni e riflessioni sugli animali, valorizzando con ci la naturale tendenza affettiva dei bambini). In molte di queste attivit entrano in gioco dimensioni di tipo temporale, come la simultaneit, l'ordine, la successione e la misurazione delle durate. Le sequenze temporali sono utilizzate dai bambini anche per organizzare gli eventi pi familiari, in modo da elaborare su questa base le ben pi complesse nozioni ed abilit che vanno dal ricostruire il passato ad anticipare il futuro. La scuola svolge un ruolo importante anche nella articolazione della capacit di percepire e collocare gli eventi nel tempo: la giornata scolastica, infatti, offre i riferimenti esterni sui quali si distende la vita quotidiana e sui quali si pu avviare la strutturazione sia dell'aspetto ciclico della scansione temporale (le ore, i giorni, la settimana) sia del tempo irreversibile del divenire. E' essenziale che l'ambiente e il tempo scolastico siano organizzati in modo da consentire il lavoro autonomo e collaborativo dei bambini anche secondo la consolidata esperienza dei laboratori e l'utilizzazione di spazi attrezzati all'aperto. Sono poi indispensabili alcune condizioni di carattere strutturale e strumentale (disporre di semplici strumenti e recipienti di vario tipo, poter fruire di condizioni che permettano di manipolare materiali diversi, il facile accesso all'acqua, spazi esterni per osservazioni ed esperienze) e la progettazione di uscite finalizzate alla ricerca nella realt naturale, sociale e del lavoro. La verifica delle abilit acquisite e degli atteggiamenti maturati dai bambini pu essere condotta mediante osservazioni sistematiche, che useranno come indicatori gli obiettivi stessi. Le rilevazioni di maggior interesse si concentreranno sul comportamento del bambino durante le attivit di esplorazione e di indagine svolte da solo o con altri, tenendo presente che non importante il contenuto dell'azione quanto l'insieme delle modalit in cui essa svolta. Occorre fare attenzione all'impegno di pianificazione, all'uso dei risultati, al tipo di verbalizzazione che l'accompagna. Il momento in cui si richiede di fare anticipazioni e previsioni pu fornire validi elementi per diagnosticare i livelli di partenza delle conoscenze dei bambini, cos come il modo in cui affrontano un nuovo problema informa sulla loro padronanza di abilit ed atteggiamenti. Pi in generale, la richiesta di rappresentare fatti ed eventi, la formulazione di domande e l'ulteriore richiesta di fornire previsioni e spiegazioni congruenti offrono probanti

indicazioni sull'andamento dei processi di comprensione e di assimilazione. e) Messaggi, forme e media Questo campo di esperienza considera tutte le attivit inerenti alla comunicazione ed espressione manipolativo-visiva, sonoro-musicale, drammatico-teatrale, audio-visuale e mass-mediale e il loro continuo intreccio. Esso comprende contenuti ed attivit verso i quali i bambini dimostrano una particolare propensione, hanno da sempre caratterizzato i progetti educativi della scuola dell'infanzia e sono venuti ad assumere una particolare rilevanza in relazione alle caratteristiche proprie della civilt dell'informazione. infatti essenziale rendersi conto dell'importanza, nell'era della multimedialit, della capacit di produrre e comprendere messaggi, tradurli e rielabolarli in un codice diverso. La scuola si adopera affinch i linguaggi corporei, sonori e visuali pi accessibili ai bambini vengano accolti ed usati il pi consapevolmente e correttamente possibile, al fine di avviarli tempestivamente ad una fruizione attivamente critica dei messaggi diretti ed indiretti dai quali sono continuamente investiti, e di conseguenza, di attrezzarli ad una efficace difesa nei confronti dei rischi di omologazione immaginativa ed ideativa che la comunicazione mass-mediale comporta, in modo da porre le basi per lo sviluppo di una creativit ordinata e produttiva. L'orientamento metodologico fondamentale consiste nell'utilizzazione in forma educativa della stessa multimedialit, liberata dall'usuale approccio consumistico per essere ricondotta ad una vasta serie di esperienze dirette. La scuola stessa pu dare luogo, a questo scopo, ad una propria multimedialit che comprenda sia esperienze fantastiche e narrative sia sollecitazioni derivanti dalla esplorazione di ambiente. fondamentale ricordare la rilevanza culturale ed educativa dei linguaggi non verbali, per cui della massima importanza impadronirsi delle forme codificate di ciascuno di essi. Le attivit grafiche, pittoriche e plastiche introducono il bambino ai linguaggi della comunicazione ed espressione visiva, partendo dallo scarabocchio e dalle prime concettualizzazioni grafiche per attivare una pi matura possibilit di produzione, fruizione, utilizzazione e scambio di segni, tecniche e prodotti. L'esigenza prioritaria di far acquisire una padronanza dei vari mezzi e delle varie tecniche che consenta di avvalersi di quelli pi corrispondenti alle intenzioni del bambino stesso. Gli itinerari di attivit tengono conto della maturazione delle capacit percettive, visive e manipolative e della necessit di attuare un approccio educativo rivolto a tutti i linguaggi e mirato all'apprendimento di specifiche abilit. L'insegnante quindi impegnato a costruire percorsi didattici che consentano di esplorare diversi mezzi e di sperimentare diverse tecniche. Va in ogni caso valorizzata la diversit degli stili personali (ad esempio: il decorativo, l'espressionistico, il rappresentativo), escludendo qualsiasi intervento che possa indurre l'assunzione di stereotipie. L'intervento diretto dell'insegnante muove da un ascolto iniziale delle esperienze, dei desideri e delle proposte infantili per una successiva elaborazione e una restituzione in chiave progettuale; con temi da sviluppare, storie da inventare, prodotti da fare in gruppo. Tali obiettivi si perseguono attraverso la predisposizione di un ambiente atto a stimolare la fantasia, l'immaginazione e la creativit, l'uso attento di immagini e stimoli,

l'offerta di una differenziata gamma di esperienze, quali: esplorare la realt fisica e manipolare materiali ; organizzare, modificare, progettare interventi sull'ambiente; osservare, analizzare, rappresentare la realt scolastica ed extra-scolastica; vivere in un ambiente esteticamente ed artisticamente valido. in ogni caso importante disporre di adeguati spazi, organizzati ed attrezzati con materiali e strumenti abbondanti e facilmente accessibili. Le attivit drammatico-teatrali sono finalizzate allo sviluppo di processi regolati di identificazione-proiezione mediante interventi che, coinvolgendo i bambini nella partecipazione, ne arricchiscono l'esperienza su diversi piani. Si attivano, cos, molteplici tracciati di crescita di ordine cognitivo e affettivo (dalla ricostruzione temporale alle diverse modalit di espressione, alla invenzione fantastica) e si contribuisce a promuovere l'apprendimento e la formazione integrale. Le attivit da realizzare comprendono, per esempio, i giochi simbolici liberi e guidati, i giochi con maschere, i travestimenti, la costruzione e l'utilizzazione di burattini e marionette, le drammatizzazioni le narrazioni e tutto ci che pu facilitare i processi di identificazione dei bambini e il controllo della emotivit. L'intervento degli adulti assume una funzione di mediazione fra il bambino e la realt e va pertanto gestito - attraverso la proposta di stimoli interessanti, dialoghi, giochi in compartecipazione - in modo da lasciare sempre il maggior spazio possibile alla fantasia ed alla inventivit dei bambini stessi. Non si tratta, infatti, di insegnare a recitare, ma di creare le situazioni in cui la stessa esperienza ludica del bambino assuma le forme e la consistenza del far teatro . Sono quindi fondamentali la disponibilit dell'insegnante, la sua competenza nell'impiego delle tecniche di animazione e la sua capacit di coinvolgere i bambini in tulle le fasi di elaborazione della narrazione, da quella verbale a quella teatrale vera e propria. I materiali messi a disposizione devono consentire un uso il pi possibile aperto e creativo. Le attivit sonore e musicali mirano a sviluppare la sensibilit musicale, a favorire la fruizione della produzione presente nell'ambiente, a stimolare e sostenere l'esercizio personale diretto, avviando anche alla musica d'insieme. Il bambino vive in un mondo caratterizzato dalla compresenza di stimoli sonori diversi, il cui eccessivo e disorganico sovrapporsi pu comportare il rischio sia di una diminuzione dell'attenzione e dell'interesse per il mondo dei suoni sia un atteggiamento di ricezione soltanto passiva. La scuola dell'infanzia pu quindi svolgere una essenziale funzione di riequilibrazione, di attivazione e di sensibilizzazione, offrendo ai bambini proposte che consentano loro di conoscere la realt sonora, di orientarvisi, di esprimersi con i suoni e di stabilire per il loro tramite relazioni con gli altri. L'intervento didattico si concretizza nelle attivit di esplorazione, di produzione e di ascolto. L'elaborazione degli itinerari di lavoro pu tenere conto di alcune tracce orientative particolari: scoperta e conoscenza della propria immagine sonora; ricognizione esplorativa dell'ambiente sonoro; uso dei suoni delle voci e di quelli che si possono produrre con il corpo, uso di oggetti e strumenti tradizionali ed elettronici, uso di strumenti di registrazione ed amplificazione; utilizzazione di strumenti musicali adatti ai bambini (ad esempio strumentario didattica), apprendimento di canti adatti

all'estensione vocale dei bambini; invenzioni di semplici melodie; sonorizzazione di fiabe o racconti, attivit ritmico-motorie; forme elementari e ludiche di rappresentazione dei suoni; giochi per la scoperta e l'uso di regole musicali. Dal punto di vista organizzativo, le attivit musicali possono essere favorite dalla costituzione di un laboratorio musicale, o comunque, dalla predisposizione di ambienti che consentono l'uso della sonorit e del movimento. L'educazione mass-mediale ha per oggetto l'esperienza televisiva, i giocattoli tecnologici e gli strumenti tecnici di uso quotidiano, di cui il bambino gi fruisce o che comunque utilizzer. Anche per questo ambito non si tratta di compiere un intervento sistematico, ma di rievocare e riprodurre esperienze e situazioni per farne oggetto di gioco, di verbalizzazione, di confronto di conoscenza e di rappresentazione sempre pi ricca, in modo da contrastare gli effetti magici, totalizzanti e stereotipizzanti degli approcci correnti. La scuola pu utilizzare in modo critico e consapevole le numerose occasioni didattiche che implicitamente accompagnano i programmi radiotelevisivi, quelli cinematografici, i cartoni e fumetti, privilegiando le proposte che possono meglio facilitare e stimolare comportamenti attivi, sociali e creativi. Il desiderio dei bambini di comunicare e di narrare visivamente pu offrire, ad esempio, l'opportunit di giocare alla TV e di avviare in tal modo una prima comprensione delle operazioni di montaggio. Un ampio spazio spetta poi a tutti i momenti in cui si rende possibile reagire in termini personali, attraverso il gioco o drammatizzazione o il contatto diretto con la realt stessa, a diversi messaggi, a cominciare dalla pubblicit, cui il bambino quotidianamente ed intensivamente esposto, avviandolo a demistificare e a deassolutizzarne linguaggi e contenuti. I bambini potranno cos realizzare, anche nei confronti degli oggetti e delle strumentazioni tecnologiche pi diffuse, un'ampia esplorazione diretta, accompagnata da occasioni di riflessione della loro realt culturale. f) Il s e l'altro In questo campo confluiscono tutte le esperienze ed attivit esplicitamente finalizzate che stimolano il bambino a comprendere la necessit di darsi e di riferirsi a noi-me di comportamento e di relazione indispensabili per una convivenza umanamente valida. Tali esperienze muovono dal fatto che il bambino ha gi iniziato a maturare una sua propria capacit di riflessione e di interiorizzazione, e viene progressivamente a vivere in una sempre pi estesa ed articolata comunit di rapporti. Si avviano in tal modo il riconoscimento pratico e la presa di coscienza critica dell'esistenza di norme sulle quali si fonda l'organizzazione sociale e della presenza di diversi contesti valoriali. Le finalit specificamente considerate si volgono in primo luogo all'assunzione personalizzata dei valori della propria cultura nel quadro di quelli universalmente condivisi ed al rispetto attivo delle diversit. In secondo luogo, si rapportano alla presenza nel bambino di una capacit non soltanto di stare genericamente con gli altri, ma anche di comprendere, condividere, aiutare e cooperare, e prendono in considerazione il fatto che a questa et, in relazione con lo sviluppo cognitivo, si delinea un iniziale interesse per la sfera del giudizio morale. In terzo luogo, si riferiscono a strutture anche simbolico-culturali (organizzazioni sociali e politiche, sistemi morali,

religioni) che nella loro pluralit e differenziazione hanno avuto ed hanno una presenza altamente significativa e rilevante nella vita dell'uomo, nella storia e nella cultura del nostro Paese. In questo contesto, pu verificarsi il ricorrere di interessi e interrogativi (il senso della propria esistenza, della nascita e della morte; le origini della, vita; i motivi di fatti ed eventi; le ragioni delle diverse scelte degli adulti, il problema dell'esistenza di Dio) dal preciso spessore esistenziale, culturale, etico, metafisico e religioso; il bambino, infatti, si pone e pone domande impegnative per ogni persona, e che per lui hanno anche una rilevanza cognitiva, alle quali si sono date e si continuano a dare differenti risposte, nei cui confronti indispensabile sviluppare un atteggiamento di attenzione, comprensione, rispetto e considerazione. Pertanto, lungi dall'impedirle, dallo scoraggiarle o dal sentirsene turbati, occorre impegnarsi ad aprire con lui un dialogo franco, sincero ed ispirato ad una chiara sensibilit multiculturale. Il campo cos delineato comprensivo di diverse possibili articolazioni. Una prima articolazione riguarda lo sviluppo affettivo ed emotivo, che ha come obiettivi la promozione dell'autonomia e della capacit di riconoscere ed esprimere emozioni e sentimenti, la canalizzazione dell'aggressivit verso obiettivi costruttivi, il rafforzamento della fiducia, della simpatia, della disponibilit alla collaborazione, dello spirito di amicizia ed il sostegno nella conquista di una equilibrata e corretta identit. Occorre, a questo proposito, ricordare l'importanza degli incontri e dei rapporti affettivi con i coetanei di entrambi i sessi, la necessit di non indurre n rafforzare stereotipi di genere, la positivit della coeducazione ed il valore dell'esperienza di una variet di assunzioni di ruoli. Una seconda articolazione inerisce allo sviluppo sociale. Al fine di offrire al bambino i primi elementi per la conoscenza dell'organizzazione della societ, si richiede lo svolgimento di progressive opportunit di esplorazione dell'ambiente sia nelle sue dimensioni di vicinato e di territorio sia in quelle istituzionali, a partire dalle pi immediate per volgersi nella direzione dei grandi problemi dell'umanit. La conoscenza dell'ambiente culturale e delle sue tradizioni, integrandosi con attivit proprie di altri campi curricolari, consente anche di sviluppare il rapporto col passato attraverso la ricostruzione di eventi riferibili al bambino. Un'importante esperienza educativa in tale senso rappresentata dalla partecipazione a eventi significativi della vita sociale e della comunit. Va pure sviluppata, sul piano relazionale, comunicativo e pratico, la capacit di comprendere i bisogni e le intenzioni degli altri e di rendere interpretabili i propri, di superare il proprio esclusivo punto di vista, di accettare le diversit (in particolare quelle legate a disabilit fisiche e mentali) e ad assumere autonomamente ruoli e compiti. Un risalto del tutto particolare spetta all'educazione alla multiculturalit, che esige la maggiore attenzione possibile per la conoscenza, il riconoscimento e la valorizzazione delle diversit che si possono riscontrare nella scuola stessa e nella vita sociale in senso ampio. A tale proposito utile che l'insegnante si soffermi accuratamente sugli elementi di somiglianza che accomunano le esigenze proprie di ogni essere umano e sugli elementi di differenza riscontrabili nelle diverse risposte culturali, in modo da renderli comprensibili anche ai bambini. Una terza articolazione attiene allo sviluppo etico-morale, in cui emergono i significati sulla base dei quali si definiscono e si strutturano le regole per l'appartenenza alla comunit e la condivisione dei valori. Il riconoscimento del valore e della dignit di ogni soggetto umano costituisce il criterio

di orientamento per la convivenza e per la costituzione di validi rapporti interpersonali. Gli obiettivi specifici, pertanto, si qualificano come promozione dell'autonomia, del senso di responsabilit, dell'accoglienza e dell'appartenenza. La stessa vita di scuola si presenta come l'ambito pi naturalmente adatto al loro perseguimento attraverso lo svolgimento delle attivit quotidiane, l'esempio della condotta coerente degli adulti, il progressivo coinvolgimento di bambini e bambine nelle attivit e nelle decisioni, la sollecitazione a riflettere sui comportamenti ed a formulare valutazioni. L'itinerario educativo va inteso e realizzato come un tirocinio morale non forzato, che conduce dalla semplice scoperta dell'esistenza dell'altro e dall'adattamento alla sua presenza al riconoscimento rispettoso dei suoi modi di essere e delle sue esigenze fino alla acquisizione di una effettiva capacit di collaborazione regolata da norme in un quadro di ideali condivisi. cos possibile, all'interno di un positivo contesto interpersonale, consolidare le prime capacit di scelta e di impegno della volont e, nello stesso tempo, sostenere la conquista dell'autostima in vista di una progressiva autonomia. Una quarta articolazione riguarda lo sviluppo di un corretto atteggiamento nei confronti della religiosit e delle religioni e delle scelte dei non credenti, che innanzi tutto essenziale come motivo di reciprocit, fratellanza, impegno costruttivo, spirito di pace e sentimento dell'unit del genere umano in un'epoca di crescenti spinte all'interazione multiculturale ed anche multiconfessionale. Questa situazione rende particolarmente rilevante ogni intervento volto ad evitare le distorsioni (come l'assunzione di comportamenti di discriminazione) che possono conseguire all'assenza di una equilibrata azione educativa. Esistono specifiche motivazioni di ordine antropologico, storico e culturale che consentono di prestare attenzione sia al vissuto del bambino sia alle tradizioni ed alle caratteristiche della cultura di appartenenza. Gli itinerari formativi mirano alla comprensione delle esperienze relative al senso dell'appartenenza, allo spirito di accoglienza e all'atteggiamento di disponibilit. Le molteplici manifestazioni ed espressioni proprie della religiosit, delle religioni e delle scelte dei non credenti, con particolare riguardo per quelle pi direttamente connesse con il vissuto soggettivo ed ambientale del bambino offrono un'ampia gamma di occasioni utili ad individuare i contenuti delle attivit. La conduzione didattica terr conto delle opportunit reali offerte dall'ambiente e del grado di interesse che esse suscitano nel bambino per svolgerle in una linea rispettosa del compito fondamentale di chiarificazione, rasserenamento, conoscenza e confronto leale ed ispirate alla comprensione ed al rispetto delle scelte e degli orientamenti delle famiglie. Le esperienze formative, riferite all'intero campo di esperienze del s e l'atro, sebbene possano essere stimolate dal gioco, dalle attivit ricorrenti oppure prendere spunto da eventi occasionali, vanno adeguatamente previste. Nel loro svolgimento, vanno assicurate la partecipazione attiva del bambino e la spiegazione-comprensione della norma, in modo da evitare il ricorso ad affermazioni ed impostazioni autoritarie.

Vous aimerez peut-être aussi