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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MILANO BICOCCA Facolt di Sociologia Corso di Laurea magistrale in Sociologia Lavoro e organizzazione

LA NASCITA DEI DIRITTI DI PROPRIETA' MODERNI NELLA COMMON LAW DEL BASSO MEDIOEVO INGLESE

Relatore: Chiar.mo Prof. Alberto Giasanti Co-relatore: Chiar.mo Prof. Giovanni Chiodi

Tesi di laurea di: Niccol Cavagnola Matr. N. 064643

Anno Accademico 2011-2012

INDICE

RE E REGINE DAL 1066 CONTEE STORICHE D'INGHILTERRA E DI GALLES

p.

i iv

PREMESSA

I.

TEORIA DEI DIRITTI DI PROPRIETA' 1. Teoria dell'azione razionale 2. Teoria dei diritti di propriet 2.1 Istituzioni 2.2 Diritti di propriet 2.3 Cambiamento sociale 1 11 12 30 40

II.

DIRITTI DI PROPRIETA' NEL FEUDALESIMO INGLESE (XI-XII sec.) 1. Profilo generale del sistema giudiziario dell'Inghilterra post-conquista 1.1. Le giustizie comunali 1.2. Le giustizie signorili 1.3. La giustizia regia 2. Il sistema feudale inglese 2.1. Definizione e origine del sistema feudale 2.2. Il feudalesimo inglese 2.2.1. Feudalesimo e diritti di propriet 2.2.2. La tenure feudale 2.2.3. Diritti sulla terra e sugli uomini 2.2.4. Limiti alla propriet assoluta 2.2.5. Il maniero e l'economia manoriale A) Aspetti giuridici B) Aspetti economici 49 50 62 65 70 70 76 77 84 90 93 101 101 108

III

DAL POSSESSO ALLA PROPRIETA' (XII-XVI sec.) 1. L'aristocrazia 1.1. Economia e societ nei secoli XII-XIII 1.2. Nuovi diritti di propriet sulla terra 1.2.1. Ereditabilit 1.2.2. Alienabilit e disponibilit testamentaria 2. I contadini 2.1. Economia e societ nei secoli XIII-XV 2.2. Diritti di propriet tra i contadini 2.2.1. Titolo ai possedimenti servili 2.2.2. Mercato della terra 2.2.3. La fine del servaggio 2.2.4. Copyhold e giustizia reale 119 120 124 124 133 143 143 146 146 151 155 163

Riferimenti bibliografici

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RE E REGINE DAL 1066

Casata di Normandia William I, 25 Dic. 1066-1087 William II, 26 Set. 1087-1100 Henry I, 5 Ago. 1100-1135 Stephen, 26 Dic. 1135-1154

Angevini (Casata dei Plantageneti) Henry II, 19 Dic. 1154-1189 Richard I, 3 Set. 1189-1199 John, 27 Mag. 1199-1216
i

Casata dei Plantageneti Henry III, 28 Ott. 1216-1272 Edward I, 20 Nov. 1272-1307 Edward II, 8 Lug. 1307--1327 Edward III, 25 Gen. 1327-1377 Richard II, 22 Giu. 1377-1399

Casata dei Lancaster Henry IV, 30 Set. 1399-1413 Henry V, 21 Mar. 1413-1422 Henry VI, 1 Set. 1422-1461

Casata degli York Edward IV, 4 Mar. 1461-1483 Edward V, 9 Apr. 1483 Richard III, 26 Giu. 1483-1485

Casata dei Tudor Henry VII, 22 Ago. 1485-1509 Henry VIII, 22 Apr. 1509-1547 Edward VI, 28 Gen. 1547-1553 Mary I, 19 Lug. 1553-1554 Philip e Mary, 25 Lug. 1554-1558 Elizabeth I, 17 Nov. 1558-1603

Casata degli Stuart James I, 24 Mar. 1603-1625 Charles I, 27 Mar. 1625-1649 [Interregno, 1649-1660] Charles II, 30 Gen. 1649 (de jure); restaurato 29 Mag. 1660-1685 James II, 6 Feb. 1685-1688 William e Mary, 13 Feb. 1689-1694 William III, 28 Dic. 1694-1702 Anne, 8 Mar. 1702-1714

ii

Casata degli Hannover George I, 1 Aug. 1714-1727 George II, 11 Giu. 1727-1760 George III, 25 Ott. 1760-1820 George IV, 29 Gen. 1820-1830

William IV, 26 Giu. 1830-1837 Victoria, 20 Giu. 1837-1901

Casata dei Saxe-Coburg e Gotha Edward VII, 22 Gen. 1901-1910

Casata dei Windsor George V, 6 Mag. 1910-1936 Edward VIII, 20 Gen. 1936 George VI, 11 Dic. 1936-1952 Elizabeth II, 6 Feb. 1952-

iii

iv

Contee storiche d'Inghilterra e di Galles

PREMESSA

Fra i popoli cacciatori, dove vi poca propriet, o per lo meno non vi propriet che superi il valore di due o tre giorni di lavoro, raramente vi un magistrato costituito o una regolare amministrazione della giustizia [...]. E' soltanto con la protezione del magistrato civile che colui che possiede una ingente propriet, acquisita col lavoro di molti anni o forse di molte successive generazioni, pu dormire tranquillo la notte. Egli sempre circondato da nemici ignoti, che sebbene non abbia mai provocato non pu mai placare, e dalla cui ingiustizia egli pu essere protetto soltanto dalla potente mano del magistrato civile che continuamente levata a punirli. Perci l'acquisizione di una costosa e considerevole propriet, richiede necessariamente l'istituzione di un governo civile. Dove non vi propriet, o per lo meno non vi propriet che superi il valore di due o tre giorni di lavoro, il governo civile non cos necessario. Adam Smith, La ricchezza delle nazioni L. V, c. II, p. II [Smith 1975: 874-875].

I diritti di propriet sono le regole che determinano l'accesso, l'utilizzo e lo scambio delle risorse presenti nella societ. Sono pertanto un'istituzione fondamentale, in grado di determinare pervasivamente le possibilit di scambio sociale tra individui, e quindi le forme di cooperazione sociale conseguenti. Diverse regole relative alla propriet possono condurre a differenti esiti del processo di scambio sociale: l'ambiente istituzionale entro cui gli individui si trovano ad agire costituisce una variabile tutt'altro che secondaria nello spiegare gli esiti differenziali con cui le societ rispondono a eventi del tutto simili. Il tema dei diritti di propriet stato poco studiato dalla sociologia contemporanea, nonostante l'attenzione a questo dedicato da alcuni dei padri della disciplina [Carruthers e Ariovich 2004: 24]. Uno sguardo alla figura I pu aiutare a intuire la rilevanza dell'argomento. La figura mostra, su un campione di 110 paesi, la correlazione tra l'International Property Rights Index (IPRI) per l'anno 2008 e due misure di benessere alternative relative allo stesso anno: lo Human Development Index (HDI1) elaborato dalle Nazioni Unite (figura

Lo HDI una misura sintetica dello sviluppo umano. Misura le conquiste medie di un paese su tre dimensioni basiche di sviluppo umano: una vita lunga e in salute, l'accesso alla conoscenza e un decente standard di vita [UNDP 2011: 168]. E' un indice, che assume valore compreso tra 0 e 1 (dove 0 indica uno standard di vita minimo e 1 massimo), calcolato come media geometrica di tre indici normalizzati, relativi rispettivamente a: aspettativa di vita alla nascita; scolarit della popolazione (media effettiva di anni di scolarit e anni attesi di studio); PIL pro-capite [ibidem].

1 0,9 0,8 y = 0,281 + 0,078x R = 0,537 PIL pro-capite 2008

90.000 80.000 70.000 60.000 50.000 40.000 30.000 20.000 10.000 0 y = - 28.140 + 8.465x R = 0,645

HDI 2008

0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0 2 4 6 8 10 IPRI 2008

10

IPRI 2008

a) Figura I

b)

a) Correlazione tra IPRI e HDI; b) Correlazione tra IPRI e PIL pro-capite PPP

Ia) e il prodotto interno lordo (PIL) pro-capite, calcolato in Purchasing Power Parity (PPP, figura Ib). L'IPRI un indice sintetico calcolato sulla base di dieci variabili indicatore, ricondotte a loro volta a tre dimensioni: ambiente legale e politico (indipendenza del potere giudiziario, rule of law, stabilit politica, corruzione); diritti di propriet fisica (protezione della propriet fisica, registrazione della propriet, accesso al sistema creditizio); diritti di propriet intellettuale (protezione della propriet intellettuale, protezione dei brevetti, protezione del copyright). L'indice varia da un valore di 0 (minima protezione) a uno di 10 (massima) [IPRI 2009: 14-17]. Come si pu notare, l'indice risulta strettamente correlato sia col livello del PIL pro-capite (indice di correlazione lineare pari a 0,803), sia con l'HDI (0,733): appare esservi una stretta associazione statica tra la protezione dei diritti di propriet ed entrambe le misure di benessere considerate. L'effetto di istituzioni che proteggano i diritti di propriet (indipendenza del potere giudiziario, potere esecutivo limitato ed esercitato entro termini di legge, sistema giudiziario efficiente, rispetto dei contratti, minore presenza di corruzione nella burocrazia pubblica) risulta avere anche un effetto dinamico: i paesi con un sistema istituzionale pi favorevole al rispetto dei diritti di propriet privata risultano sperimentare anche tassi di crescita maggiori nel tempo, rispetto ai paesi che mancano di tale ambiente istituzionale [Keefer e Knack 1997: 598]. La minore incertezza sull'utilizzo delle risorse permette un maggiore livello di investimento in capitale fisico e umano, che si riflette positivamente sulla crescita economica e sul benessere. L'ambiente istituzionale costituisce una potente determinante degli incentivi che gli individui si trovano ad affrontare nelle loro interazioni quotidiane. Diventa rilevante, pertanto, cercare di
vi

comprendere come i moderni sistemi di diritti di propriet presenti nei paesi avanzati si siano formati. Nel presente lavoro viene enfatizzata l'importanza del ruolo dello stato moderno centralizzato, sottoposto alla rule of law, nel difendere la propriet degli individui [Acemoglu e Robinson 2012: 80-81]. Il passo di Adam Smith citato a esergo mette in luce la questione: per parlare di propriet necessario che esista un meccanismo istituzionale in grado di riparare quei torti a cui un individuo pu essere sottoposto in relazione al suo possesso delle risorse della societ. Se tale meccanismo non esiste, o inefficace nei fatti, difficilmente si pu parlare di propriet, e men che meno di diritto alla propriet. Gli scambi sociali, se non sottoposti a un insieme di regole comuni, sarebbero sottoposti a una elevata dose di incertezza, in grado di ostacolarne il proseguimento. Un passo di Luigi Einaudi, relativo alla descrizione dello scambio di mercato in una fiera, illustra efficacemente il punto:
Ma tutti coloro i quali vanno alla fiera, sanno che questa non potrebbe aver luogo se, oltre ai banchi dei venditori i quali vantano a gran voce la bont della loro merce, ed oltre la folla dei compratori che ammira la bella voce, ma prima vuole prendere in mano le scarpe per vedere se sono di cuoio o di cartone, non ci fosse qualcos'altro: il cappello a due punte della coppia dei carabinieri che si vede passare sulla piazza, la divisa della guardia municipale che fa tacere due che si sono presi a male parole, il palazzo del municipio, col segretario ed il sindaco, la pretura e la conciliatura, il notaio che redige i contratti, l'avvocato a cui si ricorre quando si crede di essere a torto imbrogliati in un contratto, il parroco, il quale ricorda i doveri del buon cristiano, doveri che non bisogna dimenticare nemmeno sulla fiera [Einaudi 2002: 26].

vii

Gli stati moderni, quando temperati dal controllo della legge e dei parlamenti, si sono dimostrati il meccanismo storicamente pi efficace nel fornire il potenziale di violenza necessario a produrre la garanzia del possesso, e quindi la propriet effettiva delle risorse, agli individui. I governi, per, rispondendo a incentivi di tipo politico, non hanno protetto, lungo la storia, necessariamente ogni tipo di propriet in modo eguale. Una variabile importante nel determinare lo sviluppo dei sistemi di diritti di propriet costituito dalla base sociale a cui risponde il potenziale coercitivo dello stato. In generale si pu dire che i gruppi sociali in possesso delle risorse di maggiore valore avranno un incentivo nel cercare una maggiore protezione dei propri possessi, come notato da Smith nel passaggio gi citato. I sistemi istituzionali di protezione della propriet hanno un costo non irrilevante: laddove i possessi individuali non abbiano un valore tale da coprire i costi della costituzione e del mantenimento di un sistema di protezione dei diritti di propriet non esiste nemmeno un incentivo alla sua costituzione. La nascita e lo sviluppo dei moderni regimi di propriet pertanto possono essere considerati, a grandi linee, una funzione del valore delle risorse del cui possesso si cerca protezione, e dei ceti sociali che di quelle risorse hanno il controllo. Le democrazie contemporanee dei paesi avanzati hanno raggiunto, dopo secoli di evoluzione, un sistema di protezione della propriet generalizzato alla totalit della popolazione, che oggi

costituisce la base a cui l'azione del governo risponde. Non sempre stato cos. La propriet privata ha cominciato a venire riconosciuta e protetta dallo stato in tappe successive, a seconda del valore dei beni di cui si chiedeva protezione, e a seconda dell'influenza politica ed economica che i gruppi in possesso di tali beni esercitavano di volta in volta. Ma anche oggi i sistemi di protezione della propriet sono in costante evoluzione su linee analoghe. Si pensi alla crescente importanza della protezione dei diritti di propriet intellettuale: in molti casi, come nel caso dell'industria dell'Information Technology (IT), le protezioni garantite dallo stato si sono rafforzate considerevolmente solo a seguito della rivoluzione informatica, e nel rispondere alle pressioni di un settore in crescita impetuosa, le cui risorse stavano assumendo un valore prima sconosciuto [Boldrin e Levine 2012: 19-24]. Il presente lavoro uno studio di caso. Si ripropone di indagare il processo di evoluzione dei diritti di propriet sulla terra, la risorsa di gran lunga pi importante nel periodo precedente la Rivoluzione industriale, nell'Inghilterra del Basso Medioevo. L'Inghilterra costituisce un caso interessante, in quanto in tale paese si ebbe un relativamente precoce sviluppo dello stato moderno e di un sistema giudiziario centralizzato [Maitland e Montague 1998: 205]. Fu inoltre tra i primi paesi a sviluppare un sistema di governo limitato, esercitato entro i limiti della rule of law, rispettoso dei diritti di propriet dei propri soggetti [North e Weingast 1989: 804]. Fu infine tra i primi paesi a imboccare un percorso di rapido e sostenuto sviluppo tramite la Rivoluzione agricola nella prima et moderna, e il primo ad aprire l'era della Rivoluzione industriale [Allen 2001: 54-55]. Queste caratteristiche rendono rilevante l'interesse del tracciare un profilo dell'evoluzione del sistema legale relativo alla protezione della propriet sulla terra, mettendolo in relazione all'evoluzione dei rapporti economici e sociali sperimentati nel periodo compreso tra l'XI e il XVI secolo. Il capitolo I dedicato alla delineazione di un quadro teorico volto alla spiegazione dell'evoluzione dei diritti di propriet. Il capitolo II rivolto a tracciare un profilo del sistema giudiziario inglese all'epoca della conquista normanna del 1066. Infine, il capitolo III analizza l'evoluzione dei diritti di propriet sulla terra tra l'XI e il XVI secolo, per ognuna delle due principali categorie della popolazione inglese: l'aristocrazia terriera e i contadini in condizioni servili. Il periodo viene scomposto analiticamente in due parti: la prima, tra l'XI secolo e la prima met del XIV, in cui la crescita dei valori della terra e la crescente influenza dell'aristocrazia terriera contribuirono alla nascita di un efficiente sistema di definizione e protezione delle propriet terriere dell'aristocrazia; la seconda, compresa tra la seconda met del XIV secolo e la fine del XVI, in cui gli sconvolgimenti sociali causati dalla Morte nera portarono a una crescita del valore dei servizi lavorativi posseduti dalla stragrande maggioranza della popolazione inglese, cio la classe dei contadini in condizioni servili, e a uno sviluppo legale favorevole alla propriet contadina.
viii

CAPITOLO

I TEORIA DEI DIRITTI DI PROPRIETA'

1. TEORIA DELL'AZIONE RAZIONALE


La prospettiva qui adottata si ispira all'individualismo metodologico di matrice weberiana [Weber 1980]. I sistemi sociali sono composti da individui, o attori, e dalle relazioni e interazioni tra di essi: l'azione, o il comportamento, del sistema composto dagli attori una conseguenza emergente delle azioni interdipendenti degli attori che costituiscono il sistema [Coleman 1986: 1312]. La spiegazione di un fenomeno sociale, pertanto, pu essere ridotta alle azioni intenzionate dei singoli individui che lo producono1 [Nozick 1997: 111]. Essendo il fenomeno sociale, risultato di un vasto numero di interazioni tra individui, la variabile che richiede di essere spiegata, necessario partire da un modello di azione individuale piuttosto semplice [Coleman 1990: 18-19]. Nell'approccio qui adottato questo significa assumere gli attori all'interno del sistema come razionali, cio come individui che perseguono razionalmente i propri fini dati dei vincoli esterni2 [Farmer 1982: 189]. Il modello di attore razionale un costrutto teorico, e quindi, per sua natura, astratto: ai fini della teoria non necessario stabilire se descriva minutamente i reali meccanismi psicologici degli individui o se, pi semplicemente, ne descriva il comportamento empirico 3 [Friedman e Savage 1948: 298; Goldthorpe 2006: 163]. Suo compito tentare di catturare le componenti sistematiche
1

Come ha scritto Max Weber, per l'interpretazione intelligibile dell'agire, a cui la sociologia aspira, queste formazioni [stato, societ, azienda] sono invece semplicemente processi e connessioni dell'agire specifico di singoli uomini, poich questi soltanto costituiscono per noi il sostegno intelligibile di un agire orientato in base al senso [Weber 1980: 12]. 2 Il principio di razionalit pu addirittura essere considerato tautologico o non falsificabile [Boland 1981: 1035]. Questo, di per s, non determina una visione funzionalista della societ, in quanto quest'ultima costituita dall'interazione delle azioni individuali. E' possibile cos eliminare una visione funzionalista della societ pur mantenendo una simile visione a livello individuale [Coleman 1986: 1312]. 3 Sempre secondo Weber, un'interpretazione fornita di senso, per quanto evidente, non pu come tale, e in virt di questo carattere di evidenza, aspirare ad essere anche l'interpretazione causalmente valida. Essa rimane di per s soltanto un'ipotesi causale particolarmente evidente [...]. A base di processi esterni dell'agire che ci appaiono "eguali" o "simili" possono esservi, nell'individuo o negli individui che agiscono, connessioni di senso assai differenti [Weber 1980: 9].

dell'agire sociale, cio quelle componenti varianti con sistematicit al variare delle condizioni esterne, pur lasciando spazio a una certa variabilit stocastica nei comportamenti empirici individuali [King 1998: 9-11; Goldthorpe 2006: 169]. Un comportamento che pu essere dedotto dalla serie di assiomi e postulati alla base della teoria dell'azione razionale considerato razionale secondo la teoria, a prescindere che corrisponda effettivamente a un comportamento in linea con l'idea di razionalit comunemente intesa4. La teoria, pertanto, ha valore positivo e non normativo. Se il comportamento sociale sia meglio spiegato da teorie a livello macro o micro rimane in fin dei conti una questione di adeguatezza della teoria nel rendere conto dei fatti, risolvibile scegliendo quella teoria meglio in grado di approssimarsi alla verit, cio meglio in grado di prevedere logicamente un maggior numero di conseguenze vere rispetto alle teorie concorrenti [Popper 1972: 119; Lucas 1976: 29-30]. Come riassunto da James Coleman, un modo di guardare alla teoria dell'azione razionale specificare che la teoria costruita per un insieme di astratti attori razionali. Diventa perci una questione empirica se una teoria cos costruita pu rispecchiare il funzionamento di reali sistemi sociali che involvano persone reali [Coleman 1990: 18]. La teoria dell'azione razionale (d'ora in poi RAT, Rational Action Theory 5 ) anche definita Beliefs, preferences, and constraints model (BPC). Questa formulazione aiuta a esplicitare le componenti fondamentali della teoria, cio credenze, preferenze e vincoli6 [Gintis 2012: 319].
2

Innanzitutto, alla base della teoria, vi l'assunto di razionalit individuale. Seguendo James Coleman, il nocciolo di tale assunto si riduce a considerare gli individui come votati alla massimizzazione della propria soddisfazione o utilit: questa concezione basata sulla nozione che diverse azioni (o, in alcuni casi, diversi beni) abbiano una particolare utilit per l'attore ed accompagnata da un principio di azione che pu essere espresso dicendo che l'attore sceglie l'azione che massimizzer l'utilit [Coleman 1990: 14]. Formalmente, dati certi postulati, l'utilit di un individuo pu essere rappresentata da una funzione di utilit [Farmer 1982: 185]. Una funzione di utilit non altro che una relazione tra uno stato di cose del mondo relativo a una persona e la soddisfazione complessiva che tale stato di cose conferisce all'individuo. Il criterio della soddisfazione permette di comparare diversi stati del mondo che, di per s, risulterebbero incomparabili: a esempio il rispetto di una scelta morale e l'acquisizione di un bene materiale di un certo valore [Stigler 1946: 13]. Questo stato di cose, argomento della funzione di utilit, pu infatti includere le situazione pi diverse: dal possesso e l'utilizzo di un determinato insieme di beni, a uno
4 5

Ammesso, e non concesso, che esista una visione condivisa di cosa costituisca un comportamento razionale. Si tendono ad etichettare come Rational Action Theory le teorie ispirate al principio di razionalit in campo sociologico, per distinguerle dalla Rational Choice Theory tipica della scienza economica [Goldthorpe 2006: 183]. 6 Peter Hedstrm, pur avanzando una teoria che vorrebbe distanziarsi dalla RAT, propone non di meno un modello basato sugli identici assunti, chiamato Desires, beliefs, opportunities (DBO) [Hedstrm 2006: 48-49]. A parte la terminologia, concettualmente identica, e l'intento, il modello risulta perfettamente compatibile con la RAT.

stato di relazioni personali soddisfacenti o meno, a una coerenza delle proprie convinzioni morali o ideologiche con lo stato del mondo esterno. Essendo la soddisfazione derivante dai diversi stati di cose l'oggetto della comparazione tra i risultati possibili di diverse scelte, stati del mondo cos radicalmente differenti diventano comparabili, e pongono pertanto la base della scelta individuale. L'assunto centrale della teoria della scelta razionale che gli individui tentano, dati i vincoli esterni, di massimizzare la propria funzione di utilit: si suppone, cio, che il corso di azioni intrapreso da parte di un individuo sia quello di perseguire quello stato di cose in corrispondenza del quale la propria funzione di utilit raggiunga un massimo 7 . In questo modo possibile modellare gli obbiettivi pi diversi potenzialmente perseguibili da un attore sociale: come ironicamente illustrato da George Stigler, una pigrizia attentamente pianificata pu essere interpretata come la massimizzazione dell'obbiettivo di non lavorare; se non pianificata, pu essere vista come la simultanea massimizzazione dell'obbiettivo di non lavorare e di non pensare [ibidem]. La soddisfazione per uno stato di cose deriva dal fatto che gli individui hanno un insieme di preferenze, che descrive la soddisfazione derivante dalle diverse situazioni in cui possono di volta in volta trovarsi. Le preferenze stabiliscono la forma della funzione di utilit dell'individuo, cio come gli stati di cose del mondo si rapportano con la sua soddisfazione o utilit. La teoria dell'azione razionale assume che tali preferenze siano complete, e siano internamente consistenti, godano cio della propriet della transitivit : se un individuo preferisce uno stato di cose A a uno stato di cose B, e preferisce lo stato B a uno stato C, se le preferenze sono coerenti si pu dedurre che preferir lo stato A allo stato C9 [Becker 1962: 2]. Quanto richiesto dal principio di razionalit non ha nulla a che vedere col contenuto delle preferenze. Le preferenze individuali sono solitamente considerate un dato del problema di massimizzazione, e non sono pertanto sottoposte a giustificazione razionale. Il filosofo scozzese David Hume, che, col suo Trattato sulla natura umana, scritto nel XVIII secolo, pu essere considerato un precursore della RAT, esprimeva tale concetto recisamente:
7

Il principio di massimizzazione non strettamente necessario: un individuo pu voler tentare di minimizzare la soddisfazione relativa a un determinato obbiettivo, o porsi il compito di raggiungere solo una frazione del massimo raggiungibile. Includere tali ipotesi comportamentali nel semplice modello di massimizzazione non cambia la sostanza della teoria, e il criterio di massimizzazione viene pertanto utilizzato per semplicit [Stigler 1946: 13]. 8 Pi precisamente il concetto di razionalit qui utilizzato richiede che le preferenze siano complete e transitive. Cio che, in linea di principio, l'individuo sia in grado di stabilire una relazione di preferenza (o indifferenza) rispetto a una qualsiasi coppia di stati del mondo, e che tali relazioni di preferenza siano transitive [Buchanan 1954: 341; Arrow 2012: 13-19]. 9 Assumere razionalit a livello individuale non significa, tuttavia, che tale assunto resti necessariamente valido anche a livello sociale. Le scelte sociali, cio le scelte risultanti dall'aggregazione di un insieme di scelte individuali, possono non conformarsi ai criteri sopra delineati, cio completezza e transitivit delle preferenze, pur se vi si conformano i singoli individui [De Scitovszky 1941: 88; 1942: 94; Buchanan 1954: 341; Arrow 2012: 59]. Solo ponendo delle determinate restrizioni rispetto alle possibili preferenze degli individui possibile traslare senz'altro il principio di razionalit dal livello individuale a quello sociale [Becker 1962: 7; Arrow 2012: 74].

non contrario alla ragione preferire la distruzione del mondo intero per non graffiarmi un dito. Non contrario alla ragione che io scelga di rovinarmi completamente per impedire il minimo dolore di un Indiano o di un completo sconosciuto. N contrario alla ragione preferire il bene che so essere minore a quello maggiore, e nutrire un'affezione pi intensa per il primo invece che per il secondo [Hume 2001 : 823].

Le preferenze possono pertanto essere delle pi varie 10 , e lo specifico contenuto delle stesse nell'analisi di una situazione sociale un'ipotesi cruciale formulata dal ricercatore. Relativamente all'azione sociale, spesso l'alternativa pi rilevante che si presenta se gli individui abbiano preferenze egoistiche o altruistiche [Hechter e Kanazawa 1997: 194]. Nel primo caso si suppone che l'attore massimizzi la propria utilit senza tenere conto della soddisfazione delle persone con cui venga a interagire. Nel secondo si considera l'attore come ricavante utilit dall'utilit altrui: agire per aumentare la soddisfazione di terzi permette cos di aumentare la propria [Becker 1976: 818819]. L'argomento humeano stato espresso in modo esplicito pi di recente da Herbert Gintis:
[il modello dell'attore razionale] presuppone che le persone abbiano preferenze coerenti, ma non richiede che le preferenze siano egoistiche o materialistiche. Possiamo semplicemente mappare come le persone valutino l'onest o la lealt nello stesso modo in cui possiamo mappare come valutino il pollo fritto o i golfini di cashmere [...] Le scelte individuali, anche se sono egoistiche (a esempio, consumo personale) non sono necessariamente volte al miglioramento del benessere. Nel senso del modello dell'attore razionale, pu essere razionale fumare, fare sesso non protetto, e anche attraversare la strada senza guardare [Gintis 2012: 318-319].

Chiaramente difficile immaginare individui caratterizzati da preferenze esclusivamente egoistiche o esclusivamente altruistiche. Un'ipotesi pi realistica consiste nel considerare gli individui, almeno come ipotesi di lavoro, costituiti da preferenze orientate a un punto intermedio tra l'egoismo e un altruismo limitato [Hume 2001: 977]. Questo significa considerare le azioni individuali orientate, normalmente, al miglioramento del proprio benessere, a prescindere del benessere di terzi, mentre orientate in senso altruistico solo nei confronti di una selezionata cerchia di individui. Utilizzando di nuovo le parole di Hume,
lungi dal pensare che gli uomini non abbiano alcuna affezione per tutto ci che trascende loro stessi, ritengo che, sebbene sia raro incontrare qualcuno che ama una singola persona pi che s stesso; tuttavia altrettanto raro incontrare qualcuno in cui tutte le affezioni gentili11, unite insieme, non sorpassino completamente l'egoismo [...]. Ogni persona ama s stessa pi di ogni altra, e nel suo amore per gli altri riserva il suo affetto principalmente ai parenti e ai conoscenti [ivi:: 963].
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Non si ritiene qui di fondamentale importanza, da un punto di vista metodologico, la distinzione, spesso sottolineata, tra gusti e valori [Marconi 2007: 155; Arrow 2012: 18]. Entrambe le categorie vengono qui considerate come sottotipi di preferenze. 11 Nel senso di orientate altruisticamente: la traduzione italiana a cui si fa riferimento stata leggermente modificata. Si riporta il passaggio originale: So far from thinking, that men have no affection for any thing beyond themselves, I am of opinion, that tho' it be rare to meet with one, who loves any single person better than himself; yet 'tis as rare to meet with one, in whom all the kind affections, taken together, do not over-balance all the selfish [Hume 2001: 962].

La teoria della scelta razionale assume, di norma, una certa stabilit delle preferenze individuali, anche su periodi temporali relativamente lunghi. In principio possibile spiegare qualsiasi cambiamento sociale o istituzionale tramite cambiamenti delle preferenze tra i responsabili dello stesso12 [Fenoaltea 1975b: 714]. Data, per, una certa regolarit empirica dei comportamenti umani in risposta a stimoli simili, appare pi promettente, e attinente alla realt dei fatti, cercare una spiegazione del cambiamento sociale incentrata sui cambiamenti nel comportamento di singoli individui con preferenze stabili, in risposta al cambiamento dei vincoli esterni (i constraint del modello BPC)13 [Friedman e Savage 1948: 287; Stigler e Becker 1977: 76-77]. Gli individui agiscono, nel tentare di soddisfare le proprie preferenze, vincolati da un ambiente esterno, che racchiude le possibilit di azione e interazione, e che restringe, perci, i corsi di azione disponibili all'individuo 14 [Arrow 2012: 15]. L'ambiente esterno pu essere considerato come l'insieme di tutte le risorse utilizzabili dagli attori razionali nel perseguimento dei propri fini e dal loro stato, ed caratterizzato da una determinata distribuzione delle stesse. La situazione di partenza di un individuo costituita dalla parte di risorse dell'ambiente esterno su cui abbia un certo grado di controllo. Tali risorse possono essere del tipo pi vario, e corrispondere a reddito o ricchezza, informazione, particolari eventi, relazioni personali, istituzioni sociali, lo stato corrente della tecnologia, o il valore o prezzo degli oggetti presenti nel sistema [Coleman 1990: 28]. L'incontro tra le preferenze individuali e le risorse sotto il controllo dell'individuo determinano un sistema di scambio sociale, tramite cui le risorse controllate vengono utilizzate o scambiate nel perseguire i fini individuali [Homans 1958: 604-605]. Seguendo Max Weber, mentre le interazioni tra individui costituiscono una parte dinamica del sistema, costituito dagli scambi delle risorse sociali tra gli attori, le relazioni sociali, una volta instaurate, costituiscono un dato del sistema, e sono pertanto interpretabili come una risorsa dell'ambiente utilizzabile come oggetto di scambio sociale. Per relazione sociale, quindi, si deve intendere un comportamento di pi individui instaurato reciprocamente secondo il suo contenuto di senso, e orientato in conformit. La relazione sociale consiste pertanto esclusivamente nella possibilit che si agisca socialmente in un dato modo (dotato di senso), quale che sia la base su cui riposa tale possibilit [Weber 1980: 23-24]. Il diverso grado
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In tal caso rimarrebbe comunque da spiegare il cambiamento di preferenze [Aguiar e De Francisco 2002: 130]. La stessa tesi pu essere interpretata in senso strumentalista, cio ritenendo possibile la spiegazione di un vasto numero di fenomeni sociali a partire dall'assunto di preferenze stabili, a prescindere dall'isomorfia di tali assunti con la realt dei fatti, concentrandosi sulla validit empirica delle implicazioni derivabili dalla teoria [Becker 1962: 3-4; Alchian 1950: 220-221]. Nonostante la preferenza personale per una posizione realista (come, a esempio, in Coleman [1990: 667]), si preferisce concentrarsi nel presente lavoro sulle implicazioni testabili della teoria, a prescindere da considerazioni filosofiche pi generali. 14 Con la terminologia utilizzata da Peter Hedstrm, con opportunit, per come intendiamo qui il termine, si intende il "menu" delle azioni a disposizione dell'attore, ossia l'effettivo insieme di corsi d'azione alternativi che esistono indipendentemente dalle credenze che l'attore ha nei loro riguardi [Hedstrm 2006: 49].

di controllo sulle risorse dell'ambiente fa s che tra i singoli individui nascano delle interazioni, il cui intreccio e la cui eventuale persistenza concorrono a costituire il sistema sociale:
se gli attori controllano tutte quelle risorse che gli interessano, allora le loro azioni sono automatiche: questi esercitano meramente il loro controllo in un modo che soddisfi i propri interessi [...]. Quello che crea un sistema sociale, in contrasto a un insieme di individui che esercitano indipendentemente il loro controllo sulle attivit atte a soddisfare i propri interessi, un semplice fatto strutturale: gli attori non sono pienamente in controllo delle attivit che possono soddisfare i propri interessi, ma trovano alcune di queste attivit parzialmente o completamente sotto il controllo di altri attori. [Le transazioni risultanti] non includono solo ci a cui normalmente si pensa come scambio, ma anche una variet di altre azioni che rientrano in un concetto pi ampio di scambio. Queste includono tangenti, minacce, promesse, e investimenti di risorse. E' tramite queste transazioni, o interazioni sociali, che le persone sono in grado di utilizzare le risorse sotto il proprio controllo, e in cui hanno poco interesse, per realizzare i propri interessi che risiedono in risorse controllate da altri attori [Coleman 1990: 29].

Ai fini della teoria necessario considerare l'ambiente reale disponibile agli individui, e non un ipotetico ambiente ideale, disponibile nella mente del ricercatore con il senno di poi, ma invisibile o inesistente per gli individui oggetto d'analisi15 [Demsetz 1969: 1]. Questo particolarmente vero per quanto riguarda i vincoli informativi cui sottostanno gli attori 16 , cos come per lo stock di conoscenza (scientifica, tecnica o empirica) accumulato dalla societ nel suo complesso [North 1981: 17]. La non disponibilit agli attori considerati di alternative fuori portata pu aiutare a spiegare razionalmente l'esistenza, in passato, di istituzioni considerate oggi "irrazionali" (come il processo tramite ordalia, descritto nel paragrafo 1.1), e pu fornire allo stesso tempo, in concorso con ulteriori cambiamenti dell'ambiente correlati, un'ipotesi sugli incentivi che possono portare gli attori a intraprendere un processo di cambiamento istituzionale (come nel caso della nascita del processo tramite giuria nella difesa dei diritti di propriet, trattato nel paragrafo 1.3 e nel capitolo III). L'ultima componente del modello BPC costituita dalle credenze degli attori [Hedstrm 2006: 49]. Una credenza pu essere considerata come l'insieme di proposizioni sul mondo che gli individui ritengono vere: la credenza, some spesso detto, "tende alla verit", nel senso che le credenze
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Come scrive Harold Demsetz, facendo uso di modelli nello spiegare la realt si corre il rischio di confrontare una norma ideale e un sistema istituzionale "imperfetto" realmente esistente. Questo approccio nirvana si differenzia considerevolmente da un approccio istituzionale comparativo, in cui la scelta rilevante tra alternativi sistemi istituzionali reali [Demsetz 1969: 1]. Tale appunto non consiste nel suggerire l'abbandono della spiegazione tramite modelli, ma nel suggerire l'utilizzo di modelli pi realistici, che prendano in considerazione le reali opzioni degli individui, in luogo di etichettare come irrazionale ogni situazione reale che si distanzi eccessivamente da un modello eccessivamente astratto [Eggertsson 1990: 22-23]. 16 Opportunit o vincoli sconosciuti all'attore difficilmente potrebbero influenzarne il comportamento, a prescindere dall'eventuale utilit che potrebbe derivargliene: sebbene le opportunit esistano indipendentemente dalle credenze soggettive, esse devono comunque essere note a chi agisce e, perci, possibile sostenere che la loro influenza si manifesti attraverso le credenze dell'attore [Hedstrm 2006: 49].

sono il tipo di stati mentali che devono essere veri per far s che la mente "si adatti" al mondo 17 [Engel 2002: 57]. Le credenze, pertanto, costituiscono l'insieme delle teorie e dei modelli sul funzionamento del mondo che i soggetti prendono come vere: in questo senso costituiscono uno stato mentale in grado di orientare il comportamento individuale [North 1994: 48-49]. La formazione di credenze sul mondo necessariamente influenzata dai vincoli informativi a cui sottoposto l'individuo [Hayek 1945: 530]. Se una teoria sul mondo viene creduta in quanto in grado di spiegare il funzionamento della realt, svolger la sua funzione solo finch i fatti del mondo non verranno a contraddirla [North 1981: 49; Hayek 1988: 51-52]. Vincoli informativi possono produrre un'immagine distorta degli stati del mondo, e quindi fornire supporto a una credenza errata, cos da assicurarne la persistenza [Acemoglu et al. 2005: 424]. In ragione di ci, gli individui hanno un incentivo ad acquisire informazioni sul mondo atte a migliorare le proprie credenze (nel senso di sostituire credenze vere a credenze false), cos da avere un maggiore controllo sull'ambiente esterno18 [Barro 1997: 249]. Il concetto di credenza qui utilizzato soggettivo: ai fini della teoria dell'azione importante capire le credenze, giuste o errate che siano, effettivamente in possesso dell'attore. Un'importante genere di credenza soggettiva costituito dalle ipotesi degli attori relative ai diversi possibili stati del mondo futuri. In situazioni caratterizzate da un certo grado di incertezza, in cui, cio, gli esiti delle proprie azioni o i futuri stati del mondo non sono conosciuti con certezza, gli individui agiscono sulla base di ipotesi probabilistiche. In questo caso le credenze soggettive relative alla distribuzione di probabilit dei futuri stati del mondo diventano cruciali nel fornire la base per un'azione razionale [Levine 2012: 6]. Dal momento in cui la credenza individuale a fornire il movente per l'azione, non necessario supporre che le credenze probabilistiche soggettive corrispondano alla probabilit oggettiva 19 dell'insieme di eventi possibili. Le ipotesi individuali sui possibili accadimenti futuri dipenderanno dalle informazioni in possesso dell'attore e, pertanto, pi un evento sar di interesse per un soggetto, pi informazioni verranno acquisite intorno alle condizioni del suo accadimento [Coleman 1990: 103]. Per questi motivi, ipotizzabile che le credenze soggettive sugli stati del mondo siano pi vicine alla realt dei fatti per gli eventi in cui gli attori hanno un diretto interesse:
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Con le parole di Paul Boghossian, una credenza un tipo particolare di stato mentale [...]. Credere che Giove ha sedici lune, si pu dire, ritenere il mondo essere tale che in esso Giove ha sedici lune; o rappresentare il mondo come contenente un particolare corpo celeste con sedici lune; e cos via [Boghossian 2006: 10]. 18 Supponendo, nei termini del modello, che gli attori abbiano preferenze meglio soddisfabili al crescere del proprio controllo sull'ambiente. 19 La probabilit oggettiva di un evento pu essere considerata la reale frequenza relativa dello stesso rispetto al numero dei casi in cui il suo accadimento possibile [Popper 2010: 153, 181]. La probabilit soggettiva pu essere considerata un'ipotesi relativa alla probabilit oggettiva di un determinato evento [ivi: 225-228].

l'asserzione che gli individui agiscono come se avessero assegnato delle probabilit personali a tutti i possibili eventi un'ipotesi comportamentale, non una descrizione della psicologia individuale o l'asserzione che un individuo dar una risposta significativa a una domanda rispetto alla probabilit che assegnerebbe a un evento, ad esempio la continuazione della democrazia parlamentare nel Regno Unito. Se l'evento in questione non incide a sufficienza sulla sua vita, o, anche se lo fa, non incide sulla parte del suo comportamento soggetto al suo controllo, non vi ragione per cui dovrebbe allocare un qualsiasi sforzo al crearsi un'opinione rispetto a tale questione, e dar senza dubbio una risposta alla buona. D'altra parte, se una parte importante del suo comportamento dipende dal fatto che la democrazia parlamentare continui nel Regno Unito o meno (nei termini del nostro esperimento ipotetico, se il premio o la perdita scatenata da questo risultato sufficientemente grande), il formarsi un'opinione definita avr valso lo sforzo [Friedman 2007: 84].

Lo studio della realt sociale tramite il modello BPC, in conclusione, si risolve nell'applicazione dei sovraesposti criteri metodologici, dando vita a ci che Karl Popper chiamava "logica della situazione" 20 , cio la convinzione secondo cui le nostre azioni sono in larghissima misura spiegabili nei termini della situazione in cui si svolgono [Popper 1996: 116]. Citando pi ampiamente, la "logica della situazione"
caratterizzata dal fatto di analizzare la situazione dell'uomo che agisce in modo sufficiente per spiegare l'azione sulla base della situazione, senza bisogno di sussidi psicologici. La "comprensione" oggettiva consiste nel vedere che l'azione corrispondeva oggettivamente alla situazione. In altri termini, la situazione analizzata fino al punto in cui quei momenti che in un primo tempo sembrano psicologici, ad esempio i desideri, i moventi, i ricordi e le associazioni, sono trasformati in momenti della situazione. La persona che aveva questi o quei desideri si trasforma allora in una persona alla cui situazione appartiene il fatto di perseguire questi o quegli scopi oggettivi. E la persona che aveva questi o quei ricordi e associazioni diventa una persona della cui situazione fa parte il fatto che sia oggettivamente provvista di queste o quelle teorie, di questa o quell'informazione [...]. La logica della situazione presuppone, in genere, l'esistenza di un mondo fisico in cui agiamo. Questo mondo contiene, ad esempio, sussidi fisici che stanno a nostra disposizione [...]. Inoltre la logica situazionale deve anche presupporre l'esistenza di un mondo sociale, composto di altre persone, dei cui scopi noi conosciamo qualcosa (spesso non molto), e, inoltre, istituzioni sociali [Popper 1972: 121-122].

La logica situazionale riassume quindi le componenti del modello BPC (credenze, preferenze e vincoli), che vengono considerate come dati della situazione all'interno della quale l'individuo si trova a formulare le proprie decisioni in merito ai corsi di azione ottimali. Come gi notato, adottare un metodo individualista non significa adottare una teoria dell'azione in cui il sistema sociale, e in particolare le norme e le istituzioni che lo caratterizzano, non giochi alcun ruolo: piuttosto significa considerare dette istituzioni sociali come vincoli all'azione e risultato dell'aggregazione delle azioni individuali21 [Eggertsson 1990: 4-6]. Il modello generale di attore razionale fondato sulla logica
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In campo sociologico la "logica della situazione" di ispirazione popperiana stata esplicitamente accolta da alcuni autori all'interno della corrente di sociologia analitica, ad esempio in Coleman [1990: 5] e Goldthorpe [2006: 190]. 21 L'interazione tra soggetti collettivi e individuali, all'interno di una teoria dell'azione individualista, cos delineata da Max Weber: l'interpretazione dell'agire deve riconoscere il fatto, di fondamentale importanza, che quelle formazioni

Figura 1.1

Coleman's Boat

della situazione, in presenza di vincoli istituzionali o di altro genere, pu essere schematizzato con la cosiddetta Coleman's Boat (figura 1.1) [Coleman 1986: 1322]. Le istituzioni sociali nel periodo influiscono sull'ambiente dell'attore tramite la relazione (1), limitandone le possibilit di azione22. Accanto agli altri vincoli ambientali esistenti a , tramite la relazione (2) influenzano le possibilit di azione nel successivo periodo + 1 : in tale situazione strutturata da regole, gli individui scelgono le proprie azioni da un insieme di azioni permesse, dato l'intero insieme di incentivi esistenti nella situazione [Ostrom 1986: 6]. L'azione cos vincolata tende, in interazione con le azioni degli altri attori (parte dell'ambiente esterno), a produrre un cambiamento istituzionale, e quindi a determinare la forma delle istituzioni a + 1, tramite la relazione (3). Le relazioni di tipo (1) e (3) descrivono, rispettivamente, movimenti da uno stato macro a uno micro, e da uno stato micro a uno macro, mentre la relazione (2) descrive il processo di azione razionale fondato sugli assunti sopra delineati (interno al livello micro). La transizione (1) descrive tutti quegli elementi che stabiliscono le condizioni iniziali vincolanti le azioni individuali: le sue preferenze, credenze, informazioni, le norme o istituzioni sociali, lo stato del mondo, le azioni altrui. La transizione (3) descrive invece le conseguenze dell'azione individuale: come si combina, interferisce o interagisce con quelle degli altri, concorrendo a creare un nuovo contesto, che, nei confronti del successivo periodo + 2, costituir a sua volta parte delle condizioni iniziali [Coleman 1990: 11-12]. La linea tratteggiata, infine, descrive il passaggio, interno al livello macro, dallo stato dell'istituzione da a
collettive appartenenti al pensiero comune o al pensiero giuridico (o anche di altre discipline) sono rappresentazioni di qualcosa che in parte sussiste e in parte deve essere, le quali hanno luogo nelle menti di uomini reali (e non soltanto dei giudici e dei funzionari, ma pure del "pubblico"), e in base alle quali si orienta il loro agire - e che esse hanno, in quanto tali, un'importanza causale assai forte, e spesso addirittura predominante, per il modo in cui procede l'agire degli uomini reali [Weber 1980: 13]. 22 Questo equivale a sostenere che le istituzioni sociali non agiscono direttamente sul comportamento individuale tramite interiorizzazione, come nella trattazione classica di Durkheim [1996: 28-29]; bens indirettamente, strutturando la situazione in cui l'individuo viene a trovarsi. Come riassunto da Elinor Ostrom, in luogo di considerare le regole come direttamente incidenti sul comportamento, vedo le regole come direttamente incidenti sulla struttura della situazione dove le azioni vengono scelte [Ostrom 1986: 6].

+ 1 : il tratteggio sottolinea come la trasformazione sia mediata dalle interazioni individuali attraverso le relazioni (1), (2) e (3).

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2. TEORIA DEI DIRITTI DI PROPRIETA'


mile Durkheim, nella prefazione alla seconda edizione de Le regole del metodo sociologico, scriveva: si pu [...] chiamare istituzione ogni credenza e ogni forma di condotta istituita dalla collettivit; la sociologia pu venir allora definita come la scienza delle istituzioni, della loro genesi e del loro funzionamento [Durkheim 1996: 20]. Scopo del presente lavoro indagare la genesi e il funzionamento di un particolare tipo di istituzione, e cio dei moderni diritti di propriet privata. L'attenzione dei sociologi contemporanei nei confronti di un'istituzione tanto pervasiva da essere data generalmente per scontata stata scarsa, nonostante l'interesse per la stessa di molti dei padri fondatori della disciplina [Carruthers e Ariovich 2004: 24]. A esempio, il giovane Marx, criticando l'economia politica a lui contemporanea ne i Manoscritti economico-filosofici, cos poneva il problema:
l'economia politica parte dal fatto della propriet privata. Ma non ce lo spiega. Coglie il processo materiale della propriet privata quale si rivela nella realt, ma lo coglie in formule generali, astratte, che hanno per essa valore di leggi. Essa non comprende queste leggi, cio non riflette in qual modo esse derivino dall'essenza della propriet privata [Marx 1949: 66].

La vita sociale si svolge all'interno di un quadro istituzionale, composto da leggi, norme e regole, le quali hanno un'influenza sul comportamento individuale, come sostenuto nel paragrafo 1. Spiegare il comportamento sociale senza tenere conto delle differenze istituzionali che determinano una larga parte dei vincoli alle azioni individuali costituisce un'omissione gravida di conseguenze, in particolare nello spiegare il funzionamento differenziale di diverse societ [North 1986: 63; Acemoglu et al. 2005: 389]. Il presente capitolo pertanto dedicato a delineare un quadro teorico generale atto a spiegare l'origine dei diritti di propriet. Nello spiegare fatti storici tramite i postulati della Teoria dell'azione razionale, si intende fornire una "narrativa analitica" [Bates et al. 1998: 1013] dello sviluppo delle regole di Common law in Inghilterra relative alla propriet privata sulla terra, le cui basi furono sviluppate nel XII e XIII secolo (oggetto dei capitoli II e III). Una narrativa analitica integra un approccio storico-empirico ai fatti, a un modello di spiegazione ipoteticodeduttivo degli stessi. Tramite i fatti storici possibile ricostruire le preferenze degli attori, le loro percezioni, la loro valutazione delle alternative, le informazione che posseggono, le aspettative che formano, le strategie che adottano, e i vincoli che limitano le loro azioni [ivi: 11], e quindi tentare di applicare una teoria individualista dell'azione nella spiegazione del loro evolversi. Questo equivale a fornire un'interpretazione di un particolare corso storico. L'utilizzo di principi teorici esterni, per, permette di fornire un'interpretazione vincolata, cio basata su teorie valide indipendentemente dai fatti considerati [Popper 2008: 149-151]. La validit, e l'interesse,

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dell'interpretazione, risiede pertanto nell'eventuale capacit della teoria di rendere conto dei fatti effettivamente osservati storicamente [Bates et. al 1998: 16-17]. 2.1. Istituzioni Un'istituzione qui definita come un sistema di regole, intese come prescrizioni comunemente conosciute e utilizzate da un insieme di partecipanti per ordinare relazioni personali ripetitive e interdipendenti [Ostrom 1986: 5]. Tali prescrizioni definiscono l'insieme delle azioni, che sono richieste, proibite o permesse ai componenti del gruppo sociale di riferimento. Questo significa che, sotto un sistema di regole, una norma relativa a un'azione specifica esiste quando il diritto, socialmente definito, a controllare tale azione detenuto non dall'attore ma da altri [Coleman 1990: 243]. Il sistema di regole cos definito (l'istituzione), tender a specificare: le posizioni che gli individui possono occupare nell'ordine sociale; le modalit di ingresso e uscita da tali posizioni; l'insieme delle azioni e degli eventi su cui gli individui possono, non possono, o devono esercitare un controllo 23 [Ostrom 1986: 5]. A un primo livello, le istituzioni possono essere suddivise in sistemi di regole formali e informali. I vincoli formali possono essere considerati costituiti da quelle regole esplicite il cui rispetto garantito tramite la coercizione di un'autorit pubblica, mentre i vincoli informali sono costituiti da quelle regole, spesso implicite, il cui rispetto garantito dalla societ in generale (ad esempio nel caso delle norme sociali e dei codici morali) [North 1994: 24]. La linea di separazione tra formale e informale non necessariamente cos netta: le istituzioni appartengono a un continuum, e la separazione in due classi un operazione analitica24 [ivi: 77]. Secondo una seconda definizione di Douglass North, le istituzioni sono un insieme di regole, procedure di conformit, e norme comportamentali morali ed etiche, progettate per limitare il comportamento degli individui in modo da massimizzare il benessere o l'utilit dei costituenti [North 1981: 201-202]. In questa seconda definizione, accanto alla natura regolamentare delle istituzioni, resa esplicita la relazione tra il sistema normativo e gli interessi degli individui che hanno il potere e la volont di metterlo in atto. Perch una norma, formale o informale, emerga, necessario che gli interessi di un gruppo di costituenti siano in qualche modo toccati dalle azioni altrui: questo stato di cose viene a creare una domanda per una norma che limiti le azioni di terzi. Secondo il modello di James Coleman, le azioni e interazioni sociali creano, nella maggior parte dei
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Analoga la definizione di norma sociale di James Coleman: le norme sociali specificano quali azioni sono ritenute da un insieme di persone come appropriate o corrette, o inappropriate o scorrette [Coleman 1990: 242]. 24 Una norma sociale in una piccola comunit chiusa, ad esempio, pu essere fatta rispettare pi efficacemente e con un maggiore grado di coercizione di quanto sia possibile, in molti casi, ottenere lo stesso risultato in relazione a norme di legge garantite dall'apparato coercitivo dello stato. North pone vicine all'estremo delle istituzioni formali le costituzioni e le regole di legge, mentre pi vicine all'estremo delle regole informali le norme sociali, i codici morali, i tab e i costumi [North 1981: 203; 1994: 77].

casi, delle esternalit o effetti esterni [Coleman 1990: 249]. Un'esternalit presente quando un'attivit sotto il controllo di un soggetto B, ma non controllabile da A, ha un'influenza sull'utilit di A [Buchanan e Stubblebine 1962: 372]. L'origine di un'esternalit risiede nell'inesistenza, fino al momento della sua apparizione, di un consenso rispetto al diritto di una parte piuttosto che di un'altra nel controllare un insieme di azioni. In assenza di un diritto riconosciuto non possibile per le parti coinvolte accordarsi nel regolare un comportamento: tale comportamento o attivit ricade nel dominio pubblico, e non propriet personale di nessuno [Coleman 1993: 220-221]. Come esempio, si immagini l'attivit di fumare in un ristorante, laddove non esistano regole che definiscano i soggetti in possesso del controllo esclusivo dell'attivit in questione. Gli avventori disturbati dal fumo potrebbero pensare di compensare in qualche modo i fumatori per smettere. Questo sarebbe possibile, ma, i fumatori, per quanto potrebbero decidere di garantire la loro astensione dal fumo, non potrebbero vincolare ulteriori avventori a seguire lo stesso comportamento. Allo stesso modo, si potrebbe pensare di compensare il proprietario del ristorante. Quest'ultimo, per, non possedendo il diritto a regolare la quantit di fumo presente nel locale, non potrebbe impedire di fumare agli avventori. Se nessuna delle parti in causa possiede il diritto esclusivo a controllare un certo genere di azioni, non possibile contrattare una forma di compensazione per gli emettitori di esternalit in grado di farli desistere dal comportamento indesiderato [Coase 1960: 8; Cheung 1970: 66-67]. L'esternalit imposta da B ad A pu essere positiva, pu cio incrementare la soddisfazione di A (ad esempio nel caso in cui B suoni nelle vicinanze di A musica a lui gradita), o negativa, nel caso diminuisca la soddisfazione di A (ad esempio nel caso in cui B suoni musica non gradita ad A). In presenza di un'esternalit il soggetto in controllo dell'azione in questione non internalizza completamente i suoi effetti sociali, cio ricadenti su terzi: nel valutare i costi e benefici delle sue azioni non tiene, cio, conto dell'utilit o disutilit causata a terzi dalle sue azioni, ma solo della soddisfazione personale derivante dalle stesse (in caso di esternalit negativa questo si traduce in un'emissione eccessiva di un determinato comportamento, dal momento che B non tiene conto degli effetti negativi prodotti su altri rispetto a lui; in caso di esternalit positiva, in un'emissione scarsa dello stesso, dal momento in cui B non beneficia degli effetti positivi ricadenti su terzi). Un'azione che imponga delle esternalit crea un interesse negli attori da questa danneggiati (o beneficiati) nel controllo dell'azione stessa, e quindi un interesse per una norma che limiti (o incentivi) un determinato tipo di comportamento 25 . Il gruppo sociale di riferimento pu cos essere diviso analiticamente in beneficiari di una norma (coloro che subiscono l'esternalit) e obbiettivi della stessa (coloro le cui azioni impongono l'esternalit). Il gruppo di beneficiari e obbiettivi possono coincidere (ad esempio nel caso di una
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In caso di esternalit positive si avr una norma prescrittiva, mentre in caso di esternalit negative si avr una norma proscrittiva [Coleman 1988b: 54].

norma contro il furto, applicata a tutti), nel qual caso si hanno norme congiunte, o possono costituire due gruppi differenti (ad esempio nel caso di una norma relativa al comportamento dei figli imposto dai genitori), nel qual caso si hanno norme disgiunte. Nel primo caso tutti i membri del gruppo rinunciano congiuntamente al diritto a controllare una classe di azioni, conferendolo alla comunit (formalmente, tramite la costituzione di organismi di tipo poliziesco o giudiziario, o informalmente, tramite sanzioni sociali diffuse), che acquisisce pertanto il diritto a punire eventuali violazioni. Nel secondo caso, invece, una parte dei membri del gruppo stabilisce disgiuntamente il diritto a controllare e sanzionare una classe di azioni di un'altra parte dei membri [Coleman 1988a: 370; Coleman 1990: 248-249]. In caso esistano diritti definiti sul controllo di un insieme di azioni, non vi sono esternalit. Se la disutilit di un individuo A, affetto da un comportamento di B, maggiore dell'utilit del compiere l'azione in questione per B, A pu compensare B perch desista dal suo comportamento (allo stesso modo, in caso di esternalit positiva, A pu compensare B cos da assicurarsi la prosecuzione del comportamento). In questo modo B viene indotto a includere nelle variabili da considerare nello scegliere le proprie azioni il costo imposto ad altri dal suo comportamento 26 [Buchanan e Stubblebine 1962: 375]. Se non esistono regole definite sul diritto a controllare determinati corsi d'azione, invece, l'esistenza di esternalit fa s che sia presente un incentivo per crearle. Se la norma verr creata o meno dipende dai costi di transazione presenti nella situazione in esame. I costi di transazione indicano i costi delle interazioni sociali. Essendo il tempo una risorsa scarsa, allocabile tra differenti attivit, le interazioni sociali hanno un costo 27 . Pi nello specifico, possibile distinguere tre dimensioni rilevanti dei costi di transazione delle interazioni sociali. Innanzitutto, gli individui, nel partecipare agli scambi sociali, sopportano dei costi di ricerca e di informazione: due parti interessate a un certo tipo di interazione devono trovarsi, e acquisire informazioni l'una sull'altra, per determinare se l'interazione abbia un interesse per entrambi. In secondo luogo, una volta incontrate, le parti sostengono dei costi di contrattazione, nel determinare i termini dello scambio sociale, e di decisione, in particolare laddove le parti allo scambio siano numerose (ad esempio nel caso in cui i soggetti danneggiati da un'esternalit, o i soggetti responsabili dell'effetto
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Questo risultato noto come "Teorema di Coase" e implica che, in presenza di una qualsiasi allocazione definita dei diritti di propriet, e in assenza di costi di transazione, gli effetti esterni di un comportamento siano sempre internalizzati [Coase 1960: 4-8]. In caso di costi di transazione positivi, il potenziale beneficio derivante dall'esclusione dell'effetto esterno andr calcolato al netto dei costi di transazione necessari alla sua eliminazione [Demsetz 2003: 294295]. 27 Il concetto di costo qui inteso come costo opportunit: il costo di un qualsiasi servizio produttivo X nella produzione di un qualsiasi bene A l'ammontare massimo che X produrrebbe di un qualsiasi altro prodotto (B, C, ...) [Stigler 1946: 102]. Il costo di un'interazione sociale in un lasso di tempo consiste, pertanto, nella massima utilit che si potrebbe ottenere utilizzando lo stesso tempo nella migliore delle altre attivit disponibili al soggetto (lavoro, relazioni sociali di altro genere, divertimento, ...).

esterno, siano un gruppo di dimensioni ampie). Infine, una volta che lo scambio sociale avvenuto, vi sono dei costi relativi al controllo del rispetto dei termini dello stesso da parte della (o delle) controparti, comprendenti i costi derivanti dal sanzionare eventuali violazioni 28. Le tre dimensioni specificate possono essere ridotte a un'unica radice comune: i tre tipi di costo derivano, in definitiva, dalla mancanza di informazione completa e perfetta dei soggetti sugli individui con cui interagiscono e sull'ambiente esterno [Dahlman 1979: 147-148]. L'informazione rispetto agli stati del mondo e agli individui con cui si viene a interagire un bene costoso, distribuito in modo ineguale nella societ [Stigler 1961: 216; Coleman 1986: 1318-1319]. Questo stato di cose contribuisce a creare incertezza rispetto ai possibili stati del mondo. L'incertezza stessa un genere di esternalit: la conoscenza imperfetta riguardo i corsi d'azione futuri di soggetti terzi, dovuta all'assenza di diritti ben definiti di controllo su particolari insiemi di corsi d'azione, impedisce agli individui di prevedere univocamente il risultato delle proprie azioni (che dipende dall'interazione con azioni di terze parti), abbassandone l'utilit attesa [Nozick 2008: 86]. L'incompletezza dell'informazione sul comportamento altrui, e l'incertezza cos derivante, per, creando un'esternalit negativa, crea anche un incentivo alla sua riduzione o, al limite, eliminazione. Le istituzioni sono pertanto un meccanismo atto a ridurre l'incertezza delle interazioni sociali e dell'ambiente esterno, e, di conseguenza, atto a ridurre i costi di transazione dei rapporti tra persone. Regole sul comportamento accettabile, oltre a ridurre gli effetti esterni negativi dei comportamenti inaccettabili, permettono di ridurre la complessit del mondo, cos da semplificare i processi sociali [North 1994: 51]. Lo stabilire una norma comporta anche dei costi, derivanti dal monitorare il rispetto della stessa e dal punire eventuali violatori29. Instaurare una norma equivale a sottrarre al dominio pubblico un insieme di azioni, stabilendo il diritto al controllo delle stesse da parte di un gruppo (o un individuo)30. Se i benefici dello stabilire una propriet esclusiva su un insieme di azioni, al netto dei costi di transazione nell'assicurare tale esclusione, risultano maggiori rispetto al lasciare l'insieme di azioni nel dominio pubblico, probabile che la norma venga adottata dal gruppo interessato31 [Cheung 1970: 64; Eggertsson 2003: 82-83].
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I costi di enforcement, cio i costi derivanti dall'assicurare il rispetto di una norma, sono di particolare importanza all'interno di una teoria delle norme sociali, dal momento che determinano l'effettivit con cui una regola pu essere fatta rispettare. 29 Questo, a sua volta, comporta il costo di coordinare il gruppo beneficiario al mantenimento della norma. 30 Nei termini della classificazione dei beni illustrata nel paragrafo 2.2, stabilire una norma equivale a trasformare un'azione da bene non esclusivo (comune o pubblico) a bene esclusivo (privato o di club). 31 Nel caso di norme disgiunte, diversi sistemi di norme, quindi diverse allocazioni del diritto a controllare insiemi di azioni, implicano diversi costi e benefici per i gruppi interessati (gruppo beneficiario e gruppo obbiettivo) [Demsetz 1966: 65-66; 1972: 228-229]. Una norma massimizza il benessere del gruppo in grado di imporla, e non necessariamente il benessere di tutti i soggetti coinvolti [North 1981: 43]. Ad esempio, una norma contro il fumo vantaggiosa per chi sia interessato a respirare aria pulita, ma svantaggiosa per chi desideri fumare.

Un'istituzione, formale o informale, pu dirsi avere un'efficacia reale se sostenuta da un sistema efficace di sanzioni che scoraggi un genere di comportamento, cio in caso esista un sufficiente potenziale di enforcement rivolto all'insieme di azioni oggetto della norma. I costi sostenuti nel garantire l'applicazione di una norma derivano principalmente dalla necessit di monitorare eventuali violazioni, e dall'applicazione di determinate sanzioni. In presenza di una minaccia credibile a punire la violazione di determinate norme, una norma pu venire rispettata senza la necessit che la punizione si concretizzi continuamente nella realt [Ostrom 1986: 6; Coleman 1990: 266; Haddock 2003: 171]. Nel caso delle istituzioni formali, il potenziale efficace di enforcement stato storicamente fornito dallo stato. La definizione di stato di Max Weber, non a caso, mette al centro il potenziale di violenza garantito nell'applicazione delle norme dall'organizzazione statale: per stato si deve intendere un'impresa istituzionale di carattere politico nella quale - e nella misura in cui - l'apparato amministrativo avanza con successo una pretesa di monopolio della coercizione fisica legittima, in vista dell'attuazione degli ordinamenti [Weber 1980: 53]. Lo stato pu essere considerato l'organizzazione pi efficiente nel far rispettare le norme grazie alle sue dimensioni e alla sua specializzazione nell'utilizzo della violenza legittima. Un'organizzazione delle dimensioni dello stato pu essere soggetta a importanti economie di scala32, rispetto a piccole organizzazioni, familiari o di gruppo, nell'esercizio di atti coercitivi tesi a far rispettare un determinato numero di norme sociali: se ogni individuo fosse eguale nella sua abilit di escludere gli altri dal proprio possedimento, e se non vi fossero economie di scala nella produzione della forza, vi sarebbe minore necessit di unire le forze nel definire e applicare i diritti territoriali [Anderson e Hill 2003: 131]. Lo stato avrebbe cos un vantaggio comparato nell'utilizzo della violenza, derivante dalla specializzazione di un gruppo di funzionari nel compito di far rispettare regole generali, rispetto a una situazione in cui lo stesso compito fosse demandato ai singoli individui o ai singoli gruppi familiari [North 1980: 21]. Il carattere di monopolio della violenza da parte dello stato deriva da un'evoluzione di lungo periodo, caratterizzata dalla competizione di agenzie di protezione alternative pi piccole. L'organizzazione meglio in grado di garantire il rispetto delle norme tende a spiazzare le concorrenti, acquistando aree di influenza maggiori, fino a rimanere l'unica agenzia di protezione, garantendosi cos il monopolio dell'utilizzo della forza33 [Nozick 2008: 38-40].
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Col termine "economie di scala" si intende la diminuzione del costo medio per unit di prodotto all'aumentare della produzione [Stigler 1946: 138]. In questo caso il prodotto costituito dalla fornitura dei mezzi coercitivi nel far rispettare una norma. 33 Tale modello, proposto da Robert Nozick in Anarchia, stato e utopia, e pur nella sua astrattezza, descrive nondimeno l'evoluzione dell'autorit pubblica dall'alto medioevo all'et moderna in modo plausibile. In questo lungo lasso di tempo, le agenzie di protezione passarono da dimensioni pi ridotte e inefficienti, come nel caso della faida familiare, in cui l'agenzia di protezione principale era il gruppo parentale, a dimensioni maggiori, come nel caso delle assemblee di

Le istituzioni formali, pur derivando la loro particolare efficacia dal potenziale coercitivo dello stato, riposano nondimeno su un sostrato costituito da norme sociali, fatte rispettare dalla societ in generale, senza l'intervento dell'autorit pubblica. Un'istituzione formale, senza il supporto di norme sociali informali a suo sostegno, potrebbe essere mantenuta solo a costi proibitivi, tramite un continuo intervento dell'autorit dello stato [North 1981: 46-47]. Una legge scritta, ad esempio, diventa una regola effettiva solo se generalmente seguita, e cio solo se sostenuta da un sufficiente potenziale di enforcement [Ostrom 1986: 6]. L'efficacia complessiva di una regola deriva dall'ammontare totale del potenziale di enforcement, composto dalla sua componente privata, fornita dai membri della societ, e da quella pubblica, fornita dallo stato. Istituzioni formali e informali possono pertanto supportarsi mutualmente, o entrare in conflitto, determinando cos il sistema di regole effettivamente vigente in un determinato momento nella societ [Axelrod 1986: 1106-1107]. Il rispetto generalizzato di un ampio insieme di norme da parte della societ, pu essere considerato un esempio di cooperazione di primo livello tra individui, garantito dalla forze sociali private, tramite sanzioni endogene al gruppo. Il rispetto di norme garantito da un'autorit pubblica, come lo stato, pu essere considerato un esempio di cooperazione di secondo livello, indotto da sanzioni esogene al gruppo. La separazione tra i due livelli non cos netta, e le sanzioni di secondo livello possono intervenire nel facilitare la cooperazione di primo livello, e viceversa [Raub 1988: 334]. In assenza di un'autorit pubblica, un ampio numero di norme pu essere mantenuto in essere con bassi costi di enforcement privati, laddove il gruppo interessato alla norma sia sufficientemente piccolo e le interazioni tra individui continuative. Il rispetto di una norma sociale, nel caso di interazione tra due individui, pu essere considerato un mutuo atto cooperativo: un individuo A pu essere costretto a limitare la propria emissione di esternalit negative (o accrescere quella di esternalit positive), a patto che la controparte B faccia altrettanto, sotto la minaccia da parte di B di rifiutarsi di cooperare nelle interazioni seguenti in caso di continuazione da parte di A del comportamento indesiderato. In un sistema di scambio sociale ogni individuo pu compiere atti cooperativi nei confronti di terzi, con l'aspettativa che tali atti verranno reciprocati. In particolare possibile scambiare atti con un basso costo per l'esecutore A ma con un grande valore per il recipiente B, nell'aspettativa che in futuro B restituisca un favore di grande valore per A nel
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giustizia comunali e dei principati territoriali, fino ad approdare allo stato moderno centralizzato come unico detentore del potere di coercizione legittimo. L'esistenza contemporanea dei tre tipi di fonte di protezione nel periodo storico, e la graduale scomparsa dei tipi di dimensioni minori, suggeriscono una persistente competizione tra le agenzie, vinta infine da quella dalle dimensioni pi efficienti, cio lo stato moderno.

momento in cui abbia un costo inferiore per B34 [Coleman 1990: 309-310]. Se un individuo A ha un interesse nel proseguimento degli atti cooperativi di B, B pu essere indotto a cessare i propri comportamenti dannosi per A sotto la minaccia di perdere futuri comportamenti, per lui vantaggiosi, da parte di A 35 . B pu scambiare la propria emissione di esternalit negativa per l'emissione di una positiva di A, cos da avere entrambi un guadagno dalla mutua cooperazione continuativa. Questo sistema di scambio sociale conosciuto come "altruismo reciproco"36 [Trivers 1971: 35]. Dal momento in cui l'altruismo reciproco si fonda sulla possibilit di una reciprocit futura, il meccanismo pu essere tenuto in vita solo se le possibilit della reciprocit non diventano troppo esigue. In caso di gruppi di dimensioni elevate, dove i risultati della propria cooperazione dipendono da e influiscono sui comportamenti di un ampio numero di controparti, pi difficile identificare le singole esternalit oggetto di scambio sociale e interagire con tutti gli emettitori o vittime delle stesse [Dawes 1980: 182-183]. Allo stesso modo, se i membri con cui si interagisce sono un numero elevato possibile che, a causa del numero crescente di interazioni con persone differenti, la lunghezza delle interazioni reciproche venga ad accorciarsi, impedendo l'evoluzione di una serie di atti cooperativi reciproci bilaterali [Trivers 1971: 37]. Nonostante le ampie dimensioni degli aggregati sociali in cui gli uomini convivono (stati, citt, grandi aziende), gli individui tendono a interagire con gruppi pi ristretti di persone (famiglia, gruppi di vicinato, associazioni), costruendo cos una rete di interazioni relativamente stabili e continuative. Queste interazioni stabili costituiscono la struttura sociale entro cui gli individui si trovano ad agire, la quale fornisce i vincoli e le opportunit su cui basare la scelta delle proprie azioni [Granovetter 1985: 490]. Questo fa s che gli effetti della grande dimensione di molti degli aggregati sociali sulle possibilit della cooperazione risultino meno drammatici di quanto si potrebbe ritenere in prima approssimazione [Crouch 1982: 65; Burnham e Johnson 2005: 131].
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Robert Trivers riporta l'esempio del salvataggio di un uomo dall'annegamento. Nonostante il salvataggio stesso sia un atto rischioso, il costo del compiere il gesto infinitamente minore rispetto al guadagno per l'uomo salvato dalle acque. Se vi la possibilit che in futuro l'atto venga reciprocato nelle stesse circostanze ma a parti invertite, i benefici avranno superato di gran lunga i costi per entrambi gli individui [Trivers 1971: 36]. 35 L'astinenza da atti cooperativi futuri , in questo caso, considerato il meccanismo di enforcement in uso. 36 E' possibile spiegare gli atti cooperativi assumendo delle preferenze pro-sociali negli attori, che danno luogo a forme di altruismo incondizionato (cio, a prescindere dalla possibilit di reciprocit) [Torsvik 2000: 456; Burnham e Johnson 2005: 114; Gintis 2012]. In questo caso la cooperazione sociale non avrebbe, nella maggior parte dei casi, carattere enigmatico. Pur senza negare l'esistenza di comportamenti pro-sociali, dettati dall'interiorizzazione individuale di norme sociali o precetti morali ritenuti internamente vincolanti [Dawes 1980: 175-178], da una parte resta l'interesse di spiegare l'evoluzione della cooperazione tra individui che non condividono le medesime preferenze, o in contesti dove preferenze caratterizzate da altruismo incondizionato possono essere senz'altro escluse; dall'altra, dal momento in cui gli atti altruistici hanno un costo opportunit, a meno di assumere preferenze tali da generare comportamenti continuativamente altruistici anche in presenza di costi ingenti per l'attore, la cooperazione mantiene un carattere enigmatico [Gintis 2012; Levine 2012: 32-37]. L'evoluzione della cooperazione tra attori egoisti stata ad esempio studiata, nel campo delle scienze politiche, in relazione all'equilibrio internazionale stabilitosi durante la guerra fredda, o negli equilibri cooperativi riscontrabili nelle assemblee legislative composte da partiti con interessi direttamente contrastanti [Eggertsson 1990: 355; Axelrod 2006: 3-7].

Tabella 1.1

Matrice dei pay-off per il gioco del "dilemma del prigioniero" a due persone 2 C C 1 D 5, 0 1, 1 3, 3 D 0, 5

La discussione sull'altruismo reciproco pu essere formalizzata grazie alla Teoria dei giochi. Di particolare interesse l'utilizzo del gioco del "dilemma del prigioniero" a due giocatori 37, utile nel modellare situazioni tipiche delle dinamiche di piccolo gruppo. Un gioco, nei termini della Teoria dei giochi, una
descrizione accurata di una situazione sociale, che specifica le opzioni disponibili ai "giocatori", come le scelte tra queste opzioni si concretizzano in "risultati", e come i partecipanti "si sentono" rispetto a quei risultati. Le tempistiche delle decisioni e le informazioni disponibili ai giocatori quando si dispongono a prendere quelle decisioni devono altres essere specificate [Levine 2012: 5].

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Il gioco pertanto descrive la situazione, come intesa nel paragrafo 1, in cui un individuo si trova a dover formulare delle decisioni rispetto ai possibili corsi d'azione disponibili. Il mutuo rispetto di una norma, ad esempio contro il furto, equivale a un atto cooperativo tra due individui, consistente nel mutuo rispetto della propriet del proprio vicino. Il gioco qui descritto teso a stabilire a quali condizioni due individui egoisti dovrebbero scegliere di cooperare nello stabilire e rispettare una norma sociale, in assenza di vincoli istituzionali di secondo livello. E' possibile, in prima analisi, definire un modello di cooperazione di primo livello tra due individui (in assenza, cio, delle sanzioni di un'autorit pubblica come lo stato). La matrice riportata nella tabella 1.1 illustra i risultati individuali, o pay-off 38 (sulla sinistra di ogni cella i valori per il

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Il "dilemma del prigioniero" un modello di interazione derivato dalla Teoria dei giochi, atto a studiare le possibili strategie di comportamento di due individui completamente egoisti e non comunicanti, i cui destini individuali sono per interdipendenti. Tale situazione ideale spesso utilizzata nello studiare l'emergere della cooperazione anche in casi limite, caratterizzati da perfetto egoismo e mancanza di sanzioni esterne [Axelrod 2006: 6-7]. 38 Il pay-off per un giocatore pu essere considerato il beneficio, al netto dei costi, comunque definito, derivante da un determinato risultato di un gioco. I valori riportati nella matrice vanno intesi in senso ordinale.

giocatore 1 , sulla destra quelli per il giocatore 2 ), possibili in un gioco non cooperativo39 e non a somma zero40 tra due individui. Un gioco cos strutturato definito "dilemma sociale". Il dilemma consiste nel fatto che, all'interno della situazione specificata, ogni giocatore ha un incentivo a defezionare a prescindere dal corso d'azione degli altri giocatori, nonostante il risultato della mutua cooperazione sia pi vantaggioso di quello della mutua defezione per entrambi i giocatori [Dawes 1980: 170]. Il gioco diviso in turni, in ognuno dei quali possibile seguire un corso d'azione. Ad ogni turno della situazione cos definita il singolo attore pu scegliere di cooperare (cio rispettare la propriet altrui, nell'esempio qui adottato - colonna e riga denotate dalla lettera C), o defezionare (cio non rispettare la propriet altrui - colonna e riga denotate dalla lettera D). I pay-off riportati nella tabella 1.1 possono essere interpretati come il reddito derivante dall'utilizzo delle propriet personali. In caso di mutua astensione dalla propriet altrui possibile sfruttarle al meglio, ottenendone il reddito maggiore (pari a 3). In caso di cooperazione di 1 e defezione di 2 , 1 subisce la perdita totale del proprio reddito (pay-off pari a 0), mentre 2 , oltre al proprio reddito di 3, ottiene quanto sottratto a 1 (incrementando, al netto dei costi derivanti dall'attivit di predazione, il reddito personale di 2, per un totale pari a 5). In caso di mutua defezione entrambi i giocatori sottraggono una parte di reddito all'avversario, sostenendo per un costo di predazione maggiore, e accontentandosi cos di un pay-off pari a 1. Si assume, inoltre, che le uniche informazioni che un giocatore ha sull'altro sono costituite dalle loro interazioni precedenti: non entrano in gioco, cio, effetti di reputazione esterni al singolo gioco [Axelrod 2006: 11-12]. Se il gioco costituito da un solo turno, la strategia pi razionale a priori consiste nel defezionare in ogni caso: qualunque sia il corso di azione di 2 , 1 otterr un pay-off maggiore defezionando41. In questo caso la cooperazione sociale fallirebbe. Se un individuo coopera mentre l'altro defeziona, il secondo impone un'esternalit negativa sul primo: il pay-off del giocatore 1 pi basso di 3 rispetto al caso in cui 2 avesse cooperato42 [Levine 2012: 25]. Questo crea un incentivo alla nascita di una norma che faccia
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Nella Teoria dei giochi, un gioco non cooperativo indica una situazione in cui ogni individuo sceglie il rispettivo corso d'azione senza avere la possibilit di stringere accordi vincolanti con la propria controparte su una particolare mossa da effettuare. Tale assunto appare realistico nello studiare l'emergere di norme informali non sanzionate esternamente da un'autorit pubblica [Eggertsson 1990: 65]. 40 Un gioco considerato a somma zero nel caso in cui i guadagni di un giocatore derivino esclusivamente dalle perdite dell'altro. In un gioco non a somma zero, invece, gli interessi dei giocatori sono parzialmente allineati e parzialmente in conflitto. Nell'esempio qui utilizzato il pay-off della mutua cooperazione, o (C, C) - la prima lettera stante a indicare la mossa del giocatore 1 e la seconda quella del giocatore 2 - pi elevato della media del pay-off derivante dal risultato (C, D) e del pay-off derivante dal risultato (D, C). Qui (C, C) pari a 3, mentre la media di (C, D) e (D, C) pari a 2,5. Questa struttura dei pay-off formalizza l'assunto secondo cui la mutua cooperazione pi vantaggiosa rispetto a un alternarsi di sfruttamento reciproco, cio di (C, D) e (D, C). La mutua cooperazione inoltre pi conveniente della mutua defezione [Axelrod 2006: 10]. 41 Se il giocatore 2 coopera, 1 otterr un pay-off pari a 5 defezionando, rispetto a 3 cooperando. Se 2 defeziona, 1 otterr un pay-off pari a 1 defezionando, mentre pari a 0 cooperando. 42 Dal momento che nella situazione cos descritta non esistono definiti diritti di controllo sulle azioni altrui, l'esternalit pu essere considerata anche nella direzione opposta: se 2 defeziona e 1 fa lo stesso, il secondo giocatore ottiene un pay-off inferiore di 4 rispetto a quanto possibile se il primo avesse cooperato [Coase 1960: 2].

internalizziare l'effetto esterno negativo. Se il gioco costituito da un solo turno non vi sono risorse interne alla struttura dello stesso perch questo avvenga. In caso il gioco venga ripetuto pi volte tra gli stessi giocatori, invece, la matrice di pay-off subisce una modifica, in quanto i giocatori non prenderanno in considerazione solo i risultati di una singola interazione, ma anche i risultati possibili di interazioni successive. Questo assunto, introducendo la possibilit di interazioni future (cos modificando la struttura della situazione), crea un'interdipendenza temporale tra i due giocatori [Raub 1988: 326]. Il pay-off di un giocatore sar costituito pertanto dal valore presente scontato43 delle future interazioni. In un gioco ripetuto si assume che ogni giocatore scelga una strategia, cio una regola che determini quale mossa effettuare nel periodo + 1, tenendo conto della storia delle mosse effettuate nei turni precedenti ( ) dal giocatore avversario. Le strategie ipoteticamente possibili sono infinite: per semplicit si assumer quindi che le strategie disponibili ai giocatori siano soltanto due, e cio TRIGGER e ALL D. La strategia TRIGGER44 consiste nel cooperare sempre durante il primo turno del gioco, e nelle mosse successive cooperare solo se tutti i giocatori hanno cooperato in tutti i turni precedenti. In caso contrario, si defezioner in tutti i turni successivi [Gibbons 1992: 91]. Questo equivale ad adottare un comportamento cooperativo condizionale: reciprocando la cooperazione dell'avversario, si cerca di indurre un comportamento cooperativo punendo le defezioni (evitando di cooperare nei turni successivi), e premiando la cooperazione (accettando di cooperare nel turno seguente). La struttura della situazione, costituita da un gioco iterato pi volte, contiene delle risorse utilizzabili a scopo sanzionatorio nello stabilire una norma cooperativa [Bates et al. 1998: 9-10]. La strategia ALL D consiste invece nella tattica di defezionare sempre, qualunque siano le mosse del proprio avversario [Axelrod 2006: 13]. Si assume qui che il gioco abbia durata indeterminata, cio che i due giocatori non conoscano la lunghezza della loro serie di interazioni. Questo equivale a considerare la serie di interazioni come potenzialmente infinita. Durante il primo turno di gioco possibile calcolare il valore cumulato del numero infinito di pay-off derivante dall'interazione continuativa tra i due giocatori, a seconda della strategia utilizzata da ognuno. Il valore dei pay-off successivi a quello relativo al primo turno entrer nel calcolo moltiplicato per un fattore di sconto 45 : questo equivale ad assumere una preferenza degli individui per il presente. Un guadagno futuro verr valutato, nel momento presente,
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Il valore presente scontato indica il valore attuale di un flusso di guadagni futuri. Matematicamente, il valore, valutato al tempo = 0, di un flusso di guadagni ricevuto tra = 0 e = , dato da

=
=0

dove indica il guadagno ottenuto in ogni periodo, il fattore di sconto (si veda la nota 45), e indica il numero di periodi discreti in cui si riceve il guadagno. 44 Termine traducibile come "causa scatenante". 45 Il fattore di sconto, qui indicato con la lettera , definito con un valore compreso tra 0 e 1, e indica l'importanza del pay-off ottenuto a + 1 rispetto a quello ottenuto a . Ad esempio, se il pay-off guadagnato a + 1 pari a 5, e se = 0,9, allora il pay-off ottenuto a + 1, ma valutato al tempo , avr un valore pari a 5 = 0,9 5 = 4,5.

Tabella 1.2

VPS dei pay-off cumulati per ogni coppia di strategie 2 TRIGGER TRIGGER 1 ALL D 14, 9 10*, 10* 30*, 30* ALL D 9, 14

meno dello stesso guadagno ottenuto immediatamente. Perch gli individui prendano in considerazione la possibilit di cooperare necessario assumere che il futuro abbia comunque un valore sostanziale, per quanto inferiore al presente. Il peso del futuro, pur considerando costante la preferenza degli individui per il presente, tende a essere pi elevato maggiore la probabilit di avere interazioni continuative con le stesse persone. Se i possibili pay-off futuri non valessero nulla per i giocatori (ad esempio, se la possibilit di ulteriori interazioni con gli stessi individui fosse sostanzialmente nulla), non vi sarebbe necessit di valutare la possibilit di interazioni intertemporali, in quanto i giocatori prenderebbero in considerazione esclusivamente i guadagni ottenibili nel turno di gioco immediato. Nella tabella 1.2 riportato il valore presente scontato (VPS) dei pay-off per i due giocatori, all'interno di un gioco di durata infinita, ottenibili sotto ogni possibile combinazione delle due strategie descritte46. I numeri riportati indicano la stima, eseguita a = 0 , del valore scontato dell'utilizzo di una strategia all'interno di un gioco di durata indeterminata, per ognuna delle scelte strategiche dell'altro giocatore. I valori contrassegnati da un asterisco indicano la migliore strategia disponibile a un giocatore data la strategia dell'altro. Rispetto ai valori della tabella 1.1 ora non esiste pi una strategia strettamente dominante, cio migliore a prescindere dalla strategia adottata dal secondo giocatore. Se 2 sceglie la strategia ALL D anche a 1 converr scegliere ALL D 47 . Se 2 sceglie invece TRIGGER, converr anche a
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Il VPS di una serie infinita di pay-off identici pari a , dove indica il guadagno, mentre il fattore di sconto. 1 Nel caso il primo pay-off sia diverso dai successivi (identici per tutta la rimanente durata del gioco), il VPS pari a + , dove indica il primo pay-off della serie, mentre il valore, identico, dei pay-off successivi. I valori 1 illustrati nella tabella 1.2 sono computati assumendo = 0,9, e utilizzando i valori di pay-off riportati nella tabella 1.1 [Axelrod 2006: 216]. 47 In questo caso il primo turno del gioco avr come risultato le mosse (C, D), mentre nei turni successivi 1 punir 2 per la deviazione, e si avr quindi costantemente il risultato (D, D).

1 utilizzare la stessa strategia, assicurandosi una mutua cooperazione continuativa 48 . A seconda della scelta strategica dell'avversario, cambier la convenienza relativa della propria. In questo caso sono possibili due situazioni di equilibrio, caratterizzate o dalla mutua scelta di TRIGGER o dalla mutua scelta di ALL D (le due celle in cui entrambi i valori sono contrassegnati da un asterisco) [Levine 2012: 27-30]. Dal momento che non esiste una strategia migliore in ogni caso, il primo giocatore agir su una stima della probabilit relativa alla strategia prescelta dall'avversario. Questo significa che il valore presente scontato di una strategia verr pesato per la probabilit stimata di incontrare un determinato tipo di avversario [Gibbons 1992: 30-33]. Il giocatore sceglier quindi la strategia il cui VPS Atteso (pesato, cio, per le probabilit delle possibili strategie dell'avversario) risulti maggiore. Il valore atteso dell'utilizzo di una strategia 1 dato da = 1 , 2 + 1 1 , 1 dove indica la probabilit che 2 utilizzi la strategia 2 (in questo caso TRIGGER), mentre 1 , 2 indica il valore presente scontato dell'utilizzo della strategia 1 (in questo caso ALL D) da parte di 1 laddove 2 utilizzi la strategia 2 49 [ivi: 36]. Dal momento che la mutua cooperazione produce un risultato molto pi vantaggioso della mutua defezione, o della cooperazione durante il primo turno di un solo giocatore, la scelta di TRIGGER da parte di 1 pu essere considerata razionale anche nel caso in cui la probabilit stimata che 2 utilizzi TRIGGER sia relativamente bassa. Nella figura 1.2 riportata sull'asse delle ascisse la probabilit stimata da parte di 1 che 2 utilizzi la strategia TRIGGER, mentre sull'asse delle ordinate la differenza tra il VPS Atteso nel caso che 1 utilizzi TRIGGER, e nel caso utilizzi ALL D. Se la differenza positiva significa che il valore atteso della strategia TRIGGER viene considerato pi conveniente rispetto all'utilizzo di ALL D. Le tre diverse linee tracciate si riferiscono all'utilizzo di tre diversi fattori di sconto ( = 0,9; 0,6; 0,3 ), in modo da tenere conto delle possibilit della cooperazione al variare dell'importanza del futuro rispetto al presente50. Come si pu vedere, se il futuro ha un'importanza rilevante rispetto al presente ( = 0,9), sufficiente che il primo giocatore ritenga che il secondo utilizzi la strategia TRIGGER con una probabilit di poco superiore al 5% per decidere di fare lo stesso51. Al diminuire del peso del futuro ( = 0,6), il valore del parametro necessario a indurre 1 ad arrischiare la strategia TRIGGER sale al 50%, rendendo pi difficile una cooperazione
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In questo caso al primo turno entrambi i giocatori cooperano, replicando ogni turno la mossa precedente dell'avversario, cio cooperazione. 49 Simmetricamente, (1 ) indica la probabilit che 2 utilizzi la strategia 1 , mentre 1 , 1 indica il VPS dell'utilizzo della strategia 1 da parte di 1 dato che 2 utilizzi la strategia 1 . 50 Il peso del futuro pu diminuire al diminuire della possibilit di avere ulteriori incontri con la stessa persona, ad esempio nel caso di crescita numerica del gruppo sociale in cui l'individuo si trova a interagire, cos da far diminuire la durata media delle interazioni personali [Raub 1988: 325]. 51 Il valore sull'asse delle ordinate per = 1 e w= 0,9, non mostrato in figura, pari a +16.

8,00

VPS Atteso TRIGGER - ALL D

7,00 6,00 5,00 4,00 3,00 2,00 1,00 0,00 -1,00 -2,00 -3,00 0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50 0,60 0,70 0,80 0,90 1,00 w=0,9 w=0,6 w=0,3

Probabilit stimata TRIGGER (p) Figura 1.2 Convenienza per 1 della scelta TRIGGER rispetto ad ALL D, per diversi valori dei parametri e

continuativa volontaria. Infine, quando il futuro non ha sostanzialmente influenza sulle decisioni presenti ( = 0,3), nessun giocatore razionale sceglier di cooperare la prima mossa per tutti i livelli del parametro : dal momento che la prima mossa ha un valore di molto superiore a qualsiasi mossa successiva, la strategia dominante torner ad essere quella gi trovata nel dilemma del prigioniero con un singolo turno, cio la defezione a prescindere dalla strategia adottata dall'avversario. Si pu concludere che la cooperazione volontaria tra due individui in giochi ripetuti aumenti all'aumentare del peso attribuito dagli individui ai guadagni futuri, e al crescere della proporzione stimata di individui cooperatori condizionali nel gruppo sociale di riferimento [Axelrod 2006: 64-65]. Accanto alla possibilit di interazioni ripetute tra i membri di un gruppo sociale, vi sono altri elementi che possono influenzare il rispetto delle norme in assenza di un'autorit pubblica esterna. Un meccanismo importante ha a che fare con l'informazione diffusa nel gruppo sociale, ed costituito dalla reputazione degli attori. La reputazione pu essere definita come il comportamento atteso da un determinato individuo, ed funzione della lunghezza della storia di interazioni passate con questi, e della coerenza delle stesse. Al crescere delle interazioni con un attore crescono le informazioni utili a prevederne il comportamento futuro, mentre la coerenza dei comportamenti passati permette di avere informazioni meno incerte tramite cui formare delle aspettative [Burt 2005: 98-100]. L'informazione relativa alla reputazione di un individuo pu essere accumulata sia
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tramite incontri diretti con l'individuo in questione, sia indirettamente tramite informazioni raccolte da terzi facenti parte della propria cerchia di relazioni sociali52 [Coleman 1990: 310]. Se il gruppo sociale di riferimento sufficientemente stabile e di dimensioni contenute, di modo che le azioni dei componenti possano essere monitorate con facilit e l'informazione a queste relativa facilmente diffusa, gli individui possono prendere in considerazione gli effetti reputazionali delle proprie azioni, cos da avere un atteggiamento maggiormente cooperativo anche con individui coinvolti in serie di interazioni di breve durata [Milgrom et al. 1990: 7-8]. Se la ripetuta defezione diminuisce le probabilit di ottenere atti cooperativi in futuro dalle proprie controparti, gli effetti negativi su terzi della non cooperazione possono venire internalizzati dall'attore, cos da incentivarne il comportamento cooperativo: la violazione di una norma non solo una parte di comportamento caratterizzato da un pay-off per il violatore e per gli altri; anche un segnale che contiene informazione rispetto al comportamento futuro del violatore in un'ampia variet di situazioni [Axelrod 1986: 1107]. Le informazioni ottenute individualmente, soprattutto se relative a un numero limitato di interazioni, possono venire aggiustate tramite le informazioni ottenute socialmente, fondate su un numero maggiore di interazioni, cos da stimare la probabilit di cooperazione futura dell'individuo con cui si interagisce, integrando informazioni di prima e seconda mano [Phelps 1972: 659-660; Burt 2005: 106]. Nei termini del modello di interazione ripetuta sopra esposto, se si ammette la possibilit della diffusione di segnali reputazionali all'interno del gruppo, gli individui disposti a cooperare possono meglio discriminare tra le possibili controparti, aumentando la proporzione di interazioni con individui cooperatori condizionali53. Un altro importante meccanismo in grado di facilitare lo stabilirsi di norme efficaci costituito dalle meta-norme. Una meta-norma una norma di secondo livello che impone di punire non solo chi non rispetti una norma di primo livello, ma anche chi si rifiuti di punire un violatore della norma. Una norma ha maggiori possibilit di essere rispettata se sostenuta dall'esistenza di una meta-norma, dal momento che il punire una violazione , nella maggior parte dei casi, un atto costoso 54 . La presenza di una meta-norma fa s che il costo di punire venga valutato tenendo
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In caso di informazioni raccolte da terze parti evidente l'importanza della coerenza tra le stesse, piuttosto che il loro numero [Burt 2005: 106]. 53 Questo equivale a un aumento del parametro nell'equazione del VPSA. 54 Il costo pu essere di due generi. Da una parte la punizione pu derivare indirettamente dal rifiutare atti cooperativi futuri, azione che pu risultare costosa per chi punisce, nel momento in cui l'individuo sottoposto a punizione sia invece disposto a cooperare. Dall'altra, i costi della punizione possono essere diretti (derivanti da un atto specifico di punizione che imponga costi ulteriori sul violatore, oltre il semplice rifiuto di cooperazione futura). Nell'ambito delle norme informali, in assenza di un apparato coercitivo formale, le sanzioni possibili, atte a imporre dei costi sui violatori, ineriscono alle relazioni sociali esistenti tra i membri del gruppo: dal momento in cui le relazioni sociali consistono di obbligazioni e aspettative, simmetriche o asimmetriche, e siccome ogni attore controlla continuamente alcuni eventi in cui l'altro interessato, esiste intrinsecamente in ogni relazione sociale una componente di leva che pu essere utilizzata con l'obbiettivo di sviluppare delle sanzioni [Coleman 1990: 270].

presente la possibilit di incorrere in costi maggiori in caso si venga puniti per non aver punito a propria volta [Axelrod 1986: 1102]. All'interno di un gruppo in cui le interazioni tra gli attori sono osservate senza difficolt, e anche in assenza di incontri ripetuti tra gli stessi individui, pu evolversi un sistema di norme e meta-norme. Se le interazioni tra individui durano solo un turno, la strategia dominante la mutua defezione. Se, per, all'inizio di ogni turno ogni giocatore ha perfetta conoscenza delle precedenti interazioni del proprio avversario con altri giocatori, pu decidere di cooperare solo in due casi: se anche l'altro ha cooperato al turno precedente, o se ha defezionato per punire una precedente defezione gratuita della controparte. Questo significa adottare una strategia TRIGGER Seriale, rivolta a pi giocatori in luogo di uno solo. Ed equivale, altres, allo stabilirsi di una meta-norma: se 1 , nel periodo , ha cooperato mentre 2 ha defezionato, e 2 nel periodo + 1 affronta 3 , quest'ultimo, se segue la strategia TRIGGER Seriale, defezioner. Con questo, oltre a seguire una strategia individualmente vantaggiosa55, segnaler al giocatore 4 nel periodo + 2 di aver rispettato la norma di punire il violatore 2 , inducendo 4 a cooperare come premio per il rispetto della regola (il quale, a sua volta, segnaler a 5 la disponibilit a cooperare). Se 3 non avesse punito 2 , 4 avrebbe seguito la meta-norma, punendo la mancata punizione, in vista della successiva interazione con 5 (che avrebbe cooperato per premiare il rispetto della meta-norma), e cos via. In questo modo possibile stabilire una serie di atti cooperativi seriali, senza assumere interazioni ripetute tra gli stessi individui, ma assumendo una osservabilit totale della storia delle interazioni tra tutti i giocatori, disponibile, realisticamente, solo in gruppi relativamente ristretti [Milgrom et al. 1990: 7-8]. Una meta-norma pu anche venire stabilita grazie alla formazione di coalizioni ristrette, all'interno del pi ampio gruppo dei beneficiari, con la funzione di sanzionare i non sanzionatori. Se il rispetto della norma di primo livello impone delle esternalit particolarmente negative per un sottoinsieme degli individui appartenenti al gruppo, questi possono coalizzarsi e investire delle risorse nel punire gli individui che non sanzionano, incentivandoli a cooperare al rispetto della meta-norma. La coalizione di individui, in quanto di dimensioni inferiori rispetto al gruppo, pu sottrarsi ad alcuni degli inconvenienti tipici dei gruppi di grandi dimensioni, rendendo l'applicazione della norma pi efficace. Anche in questo caso, se la minaccia di sanzioni di secondo livello sufficientemente credibile, i costi di enforcement possono materializzarsi solo nei casi di violazione della meta-norma, e non continuamente [Raub 1988: 332; Coleman 1990: 271-273]. I meccanismi normativi descritti fin'ora si riferiscono a situazioni in cui le dimensioni del gruppo di riferimento sono relativamente contenute. Le dimensioni di un gruppo costituiscono una
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Nei giochi a un solo turno la strategia dominante la defezione.

Tabella 1.3

Sanzioni e difficolt per norme sociali informali Difficolt per Diminuzione interazioni ripetute tra coppie di individui Aumento interazioni al di fuori di network chiusi Minore osservabilit dei comportamenti dei membri del gruppo Maggiore difficolt nel garantire la contribuzione alla produzione di beni comuni

Meccanismi di enforcement per norme sociali Altruismo reciproco Reputazione Osservabilit comportamenti Meta-norme

caratteristica rilevante della sua struttura sociale. Come notava Georg Simmel, le variazioni nella dimensione della cerchia sociale di riferimento portano a importanti cambiamenti della sua struttura, in grado di modificare in modo rilevante le possibilit di interazione tra i membri:
si ammetter fin dall'inizio e sulla scorta delle esperienze quotidiane che, a partire da una certa dimensione, un gruppo deve darsi per il suo mantenimento e per il suo potenziamento regole, forme e organi di cui prima non aveva bisogno, e che d'altra parte cerchie pi ristrette presentano qualit e azioni reciproche le quali vanno inevitabilmente perdute con il loro ampliamento numerico. [... Le cerchie ristrette] contengono infatti quelle possibilit di relazioni personali, quell'approssimativa eguaglianza di livello dei loro membri, quegli interessi e ideali comuni, in presenza dei quali possibile lasciare la regolamentazione sociale a una forma di normazione cos precaria ed elastica qual il costume. Con l'aumentare degli elementi e con la loro inevitabile indipendenza, queste condizioni vengono meno per la cerchia nel suo insieme [Simmel 1998: 41, 54].

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Al crescere della dimensione dei gruppi, quindi, alcuni dei meccanismi descritti possono non risultare pi efficaci. Nella tabella 1.3, nella prima colonna, sono riassunti i principali meccanismi, sopra delineati, utilizzati nel sanzionare sistemi di norme informali. Nella seconda colonna sono invece riportate le principali difficolt nel garantire il rispetto delle norme informali al crescere delle dimensioni del gruppo di riferimento, rappresentanti il "dilemma dei grandi numeri" [Buchanan 1965a: 8]. Innanzitutto, al crescere delle dimensioni del gruppo sociale la proporzione di interazioni ripetute tra coppie di individui tende a diminuire, perdendo valore la minaccia di rifiutare atti cooperativi futuri come principale sanzione, cos da ridurre i giochi non cooperativi al dilemma del prigioniero, dove la strategia strettamente dominante la defezione. Se la stabilit della situazione sociale viene a ridursi, il fattore di sconto pu ridursi al punto da far considerare agli attori le interazioni future poco probabili e quindi irrilevanti [Raub 1988: 336]. In secondo luogo, se i network di cui gli

individui sono membri tendono ad allargarsi, il loro grado di chiusura56 tende a diminuire, e cos la diffusione di effetti di reputazione tende a indebolirsi [Burt 2005: 108-109]. In terzo luogo, al crescere del numero dei componenti del gruppo di riferimento diminuisce la possibilit di osservarne i comportamenti, cos da avere informazioni dirette sui loro comportamenti precedenti [Raub 1988: 334; Milgrom et al. 1990: 9]. Infine, cos come un gruppo di grandi dimensioni rende difficile il coordinamento degli individui ai fini della cooperazione, allo stesso modo le coalizioni di individui interessate alla costituzione di una meta-norma tendono ad allargarsi, soffrendo cos delle stesse difficolt [Olson 1971: 46]. Le norme (e le meta-norme) sociali, come qui intese, sono un tipico esempio di bene comune 57 : i benefici della norma o della cooperazione sono infatti disponibili a tutti i membri del gruppo, che abbiano contribuito o meno al suo mantenimento [Coleman 1990: 271]. La principale difficolt nella produzione di beni comuni consiste nel fatto che, a prescindere da chi si sobbarchi il costo di produrli, i loro benefici sono disponibili a tutti (i vantaggi di una norma, ad esempio, sono percepiti sia da chi coopera nel rispettarla, sia da chi decida di violarla), in quanto l'esclusione dal godimento dei non contributori pu essere impraticabile [Demsetz 2003: 297-298]. La situazione identica al dilemma del prigioniero illustrato nella tabella 1.1, ma in un contesto in cui pi giocatori sono coinvolti: se un individuo fornisce un bene comune (cio, coopera), gli altri giocatori possono defezionare, usufruendone senza pagare per la sua produzione, e diminuendo i benefici derivanti dalla cooperazione per il primo [Levine 2012: 24]. In un gioco a > 2 giocatori, gli incentivi per il singolo individuo a defezionare crescono al crescere di [Levine e Palfrey 2007: 149]. Se alto, il contributo di un singolo pu aumentare di poco il valore del bene comune, mentre la quota di cui pu fruire rimane sostanzialmente identica sia che contribuisca, sia che non lo faccia: in caso non contribuisca, per, non dovr sopportare alcun costo, e perci otterr un beneficio al netto dei costi maggiore. Se tutti gli individui adottano la medesima strategia, pertanto, il bene comune non verr fornito58 [Hardin 1971: 473-474; Raub 1988: 342-343]. Il contributo di un singolo individuo aumenta il valore del bene comune per l'intero gruppo e, pertanto, al crescere delle dimensioni del gruppo, la quota individuale di beneficio ottenuta pu superare facilmente i costi sostenuti dall'individuo nel
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Nel senso dell'esistenza di connessione diretta, o indiretta ma costituita da pochi gradi di separazione, tra tutti i membri del gruppo [Coleman 1990: 318-319; Burt 2005: 25]. 57 Per una tipologia dei diversi tipi di beni si veda il paragrafo 2.2. Per bene comune si intende qui un bene che fruibile da tutti i membri del gruppo a prescindere dal fatto che abbiano contribuito o meno alla sua produzione, e il cui consumo da parte di un individuo diminuisce la possibilit di consumo da parte di un altro (rivalit nel consumo). Garrett Hardin ha popolarizzato l'espressione "tragedia dei beni comuni", nel riferirsi al loro conseguente eccessivo sfruttamento [Hardin 1968: 1244]. 58 Questo risultato non generale, e dipende dalla forma della funzione di produzione del bene e dalla eventuale presenza di rivalit nel suo consumo [Raub 1988: 345; Ostrom 2003: 243-246]. Nel caso di pay-off analoghi a quelli riportati nella tabella 1.1 il risultato rimane valido.

contribuire59. Nei piccoli gruppi, invece, pi facile che la quota di beneficio individuale possa essere sufficientemente elevata da coprire l'intero costo della fornitura del bene comune [Olson 1971: 23-25; Trivers 1971: 44]. Anche nel caso di interazioni ripetute, la natura pubblica della cooperazione fa s che sia pi difficile punire singoli defezionanti tramite la rinuncia ad atti cooperativi futuri (come nel caso del TRIGGER), in quanto la punizione ricadrebbe sia sugli individui cooperanti (che verrebbero ingiustamente puniti), sia su quelli non cooperanti. In questo caso le punizioni per un comportamento scorretto sarebbero di lieve entit per il singolo defezionante, in quanto ricadrebbero su tutto il gruppo, e quindi poco discriminanti e poco efficaci. Allo stesso modo, anche se la punizione fosse focalizzata su un singolo attore, avrebbe natura di bene comune: chi decidesse di punire si assumerebbe un costo personale, mentre i benefici della punizione ricadrebbero su tutto il gruppo [Dawes 1980: 182-183; Raub 1988: 343]. La produzione di un bene comune richiede che il gruppo di riferimento sia sufficientemente organizzato, che sia in grado, cio, di assicurare il contributo di tutti i membri alla sua produzione, cos da sfuggire al dilemma del prigioniero e alla defezione come strategia dominante individuale. Per far questo necessario che esista una possibilit di coordinazione tra i membri del gruppo: ad esempio accordarsi per la cooperazione sapendo che le promesse saranno mantenute [Acemoglu et al. 2005: 428-429]. Le possibilit di organizzazione in questo senso sono una funzione decrescente delle dimensioni del gruppo: i piccoli gruppi incontrano complessivamente minori costi di transazione nel'organizzarsi e nel controllare che i propri membri cooperino rispetto a quelli grandi, e sono pertanto facilitati nella fornitura di beni comuni [Olson 1971: 46-47]. Come illustrato nella tabella 1.2, anche nel caso di un gioco iterato a due persone, non esiste una strategia dominante a prescindere dalla strategia dell'avversario. Per ottenere il risultato mutualmente pi vantaggioso necessario che entrambi i giocatori utilizzino la stessa strategia. E' plausibile, pertanto, che in gruppi di dimensioni inferiori il coordinamento e la diffusione di informazioni sulle strategie degli avversari avvengano con una maggiore facilit [Raub 1988: 339-340]. Le istituzioni formali, caratterizzate da un potenziale coercitivo maggiore, nascono quindi a supporto delle norme sociali informali, laddove le possibilit di enforcement privato si rivelino insufficienti, per i motivi addotti, al supporto delle norme di primo livello: quando la struttura sociale non in grado di supportare una norma sufficientemente efficace nel soddisfare gli interessi dei potenziali beneficiari della norma che nasce la questione di costituire un'entit esplicitamente
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Se il contributo marginale di un individuo 1 ai costi per la fornitura di un bene comune, pari a 1 , aumenta il valore del bene di , l'individuo 1 non otterr l'intero incremento di valore dovuto al suo contributo (pari a ), ma solo una quota individuale 1 = , in quanto l'aumento del valore del bene comune sar suddiviso tra tutti i membri del gruppo di dimensione (incluso 1 ). Al crescere di la quota 1 tender a diminuire, mentre il costo individuale 1 rimarr pressoch costante [Olson 1971: 23-25].

corporata dotata di maggiori poteri rispetto a una norma o a un insieme di norme [Coleman 1990: 327]. Come ampiamente sottolineato, le norme informali ricavano la loro efficacia dalla struttura sociale a cui vengono applicate. La struttura sociale determina le possibilit di interazione, la visibilit dei comportamenti altrui, la diffusione dell'informazione su di essi, e crea una potenzialit sanzionatoria o premiale alle specificit delle singole relazioni personali [Coleman 1988b: 56-57]. L'obbiettivo delle istituzioni formali di fornire a un insieme di regole un meccanismo sanzionatorio meno dipendente dalla struttura sociale [Coleman 1990: 329]. Le istituzioni formali possono costituire un vincolo esterno all'azione che faciliti il rispetto delle regole informali, aumentando la diffusione delle informazioni, estendendo gli effetti di reputazione oltre le piccole cerchie, e fungendo da terza parte agli scambi sociali bilaterali, affiancando le capacit di enforcement pubbliche a quelle private [Axelrod 1986: 1106; Milgrom et al. 1990: 9-14; North 1994: 78]. 2.2. Diritti di propriet Un diritto consiste nella possibilit di intraprendere un determinato corso d'azione senza essere ostacolato. Pertanto, un attore ha un diritto a compiere un'azione, o far s che un'azione venga compiuta, quando tutti quelli toccati dall'esercizio di quel diritto accettano l'azione senza discussione [Coleman 1990: 50]. Un diritto una costruzione sociale, come tale legata alle rappresentazioni del mondo date dagli individui: cose come la moneta, la propriet, il matrimonio e i governi sono create e mantenute dal comportamento cooperativo degli uomini. Togliete tutte le rappresentazioni umane e avrete tolto moneta, propriet e matrimonio [Searle 1993: 60]. In particolare, l'esistenza di un diritto implica il concetto di legittimit, cio di consenso sociale rispetto alla possibilit di intraprendere determinati tipi di azione senza impedimento. Nei termini della teoria esposta nel paragrafo 2.1, il consenso rispetto a una struttura di diritti deriva dal sistema normativo60. L'esistenza di un diritto garantita da una struttura istituzionale in grado di sanzionare azioni dirette all'impedimento nell'esercizio dello stesso61 [Emerson 1962: 39]. Il consenso non va qui inteso come unanimit tra i membri del gruppo di riferimento, ma come consenso delle parti rilevanti, all'interno di una determinata struttura sociale, rispetto all'esistenza di un diritto. Le parti rilevanti non sono necessariamente dotate dello stesso peso nel determinare un ordinamento. Un diritto imposto da un individuo dotato di sufficiente potere, ad esempio, considerato legittimo nel momento in cui le altre parti nel gruppo non sono dotate delle risorse sufficienti, o della volont, per
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Secondo l'analisi di Max Weber, i fondamenti della legittimit possono essere vari (dedizione affettiva, razionalit rispetto al valore, motivazione religiosa). Seguendo la teoria esposta nel paragrafo 2.1, si indaga qui il quarto tipo di legittimit riportato da Weber: la legittimit di un ordinamento pu essere garantita anche (oppure soltanto) da aspettative di specifiche conseguenze esterne, e cio da una situazione di interessi [Weber 1980: 31]. 61 Questa l'essenza del noto brocardo "ubi ius, ibi remedium".

opporsi al suo potere e contestarne la legittimit: il consenso raggiunto, in quei casi in cui un consenso viene in essere, non del tipo in cui tutte le persone contano egualmente, ma un consenso che riconosce la struttura sociale, ed emerge dai processi di formazione delle opinioni in quella struttura sociale [Coleman 1993: 219]. Un diritto di propriet definibile come l'insieme delle azioni ritenute ammissibili nei confronti degli oggetti, tangibili o intangibili, presenti nel mondo [De Soto 2000: 50; Ostrom 2003: 249; Carruthers e Ariovich 2004: 25-26]. L'insieme delle azioni ritenute ammissibili nei confronti degli oggetti pu dare origine a differenti tipi di diritti di propriet: un particolare diritto di propriet relativo a un particolare oggetto definito da un "pacchetto di diritti", che specifica le azioni concesse nei suoi confronti:
ci che posseduto sono diritti di azione socialmente riconosciuti [...]. Non la risorsa in s stessa che posseduta; posseduto un pacchetto, o una porzione, di diritti a utilizzare la risorsa. Nel suo significato originale, propriet si riferiva esclusivamente a un diritto, titolo, o interesse, e le risorse non potevano essere identificate come propriet pi di quanto potessero essere identificate come diritto, titolo o interesse [Alchian e Demsetz 1973: 17].

Una prima tipologia dei pacchetti di diritti possibili pu essere costruita incrociando due differenti dimensioni: la possibilit di escludere terze parti dall'utilizzo di un bene, e la rivalit nel consumo dello stesso. La possibilit di esclusione consiste nella capacit di utilizzo, individuale o collettivo, di una determinata risorsa, sottraendone l'utilizzo contemporaneo a terze parti (individui o gruppi). La rivalit nel consumo indica invece se l'utilizzo di un determinato bene faccia s che questo sia disponibile in misura inferiore a terze parti o meno [Ostrom 2003: 240-241]. La tabella 1.4 illustra i quattro tipi di beni derivanti dall'incrocio delle due dimensioni. I beni privati e comuni sono caratterizzati da rivalit: l'utilizzo da parte di un individuo, o di un gruppo, fa s che lo stesso bene possa non essere utilizzato, o utilizzato in misura minore, da altri. Esempi di beni privati sono i generi di consumo, ad esempio le automobili o gli articoli di vestiario. Beni comuni sono invece esemplificati dal legname presente in una foresta, o dai pesci presenti in una zona di pesca. In entrambi i casi l'utilizzo del bene fa s che lo stesso non sia disponibile nella stessa misura ad altri (l'utilizzo di un articolo di vestiario fa s che lo stesso articolo non sia utilizzabile da altri; ogni boscaiolo aggiuntivo in una foresta fa s che il legname disponibile agli altri sia inferiore). La differenza risiede nella possibilit di consumo esclusivo. Mentre un bene privato pu venire utilizzato escludendone gli altri (ad esempio con l'utilizzo di un'automobile privata), un bene comune tale per cui chiunque pu accedervi (ad esempio nel caso di una zona di pesca aperta alla generalit dei pescatori) [Cheung 1970: 52]. Beni di club e beni pubblici, invece, sono caratterizzati da non rivalit: l'utilizzo degli stessi non esclude identiche possibilit di utilizzo da parte di altri.
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Tabella 1.4

Tipologia dei beni e dei diritti di propriet associati

Esclusivo

Non esclusivo

Rivale

Beni privati (Propriet privata)

Beni comuni (Propriet comune)

Non rivale

Beni di club (Propriet di club)

Beni pubblici (Propriet pubblica)

Beni di club sono ad esempio i cinema o la televisione satellitare a pagamento. In questo caso possibile escludere terze parti dal suo utilizzo (chi non paga il biglietto o l'abbonamento), senza che l'utilizzo da parte di uno diminuisca le possibilit di utilizzo di un altro62. Beni pubblici esemplari, invece, sono l'aria o la difesa nazionale: in entrambi i casi l'utilizzo viene garantito a tutti, che contribuiscano o meno alla fornitura del bene, senza che questo diminuisca le possibilit di consumo di terze parti.
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Mentre la rivalit o meno nell'utilizzo di un bene deriva dalle caratteristiche intrinseche dello stesso (il legname in una foresta sempre limitato dal numero degli alberi, mentre la difesa nazionale, proteggendo i confini dell'intero paese, non pu produrre rivalit nel consumo tra i singoli abitanti [Hardin 1968: 1243]), l'esclusivit o meno deriva dalle strutture istituzionali e dai diritti socialmente stabiliti sul suo utilizzo [Eggertsson 2003: 74]. La dimensione dell'esclusivit nell'utilizzo di un bene pu essere ulteriormente specificata, a seconda di quali azioni siano precluse o precludibili a terzi e quali no. I diritti di propriet non sono mai illimitati, cio esenti da restrizioni nel loro esercizio, e si pongono piuttosto su un continuum tra propriet privata e libero accesso. Diversi corsi d'azione possono essere preclusi anche nel caso di una piena propriet privata, cos come una piena propriet privata non pu essere del tutto esente da qualsiasi tipo di violazione63 [Dahlman 1980: 70; Haddock e Kiesling 2002: 557]. Edella Schlager ed Elinor Ostrom individuano cinque
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Questo almeno fino a un certo punto. Un cinema che facesse entrare un numero di spettatori doppio rispetto alla capienza della sala renderebbe la visione pi difficile, o meno confortevole, per ogni spettatore aggiuntivo. La dimensione del club titolare del diritto di propriet come qui definito pertanto limitata a un numero oltre il quale subentra rivalit nel consumo [Buchanan 1965b: 7]. 63 Ad esempio, un diritto di propriet privata sulla terra pu implicare il diritto a raccoglierne i frutti, ma non a negare un diritto di passaggio sulla stessa in caso di necessit. Analogamente pu implicare la possibilit di sequestro al fine di ripagare altre passivit del proprietario [Ellickson 1993: 1382-1383]. La propriet assoluta, come tutti gli altri diritti individuali, soggetta inoltre a limiti concorrenti stabiliti socialmente, come il divieto di compromettere l'incolumit fisica di persone terze [Ryan 1987: 54].

Tabella 1.5

Insiemi di diritti associati alla posizione giuridica nei confronti di un bene Proprietario Titolare Richiedente autorizzato X X X Utilizzatore autorizzato X X Autorizzato all'accesso X

Accesso Sfruttamento Gestione Esclusione Alienazione

X X X X X

X X X X

Accesso: diritto di ingresso in una determinata propriet. Sfruttamento: diritto ai prodotti ottenibili da una risorsa. Gestione: diritto a regolare l'utilizzo della risorsa. Esclusione: diritto a determinare chi ha o non ha un diritto di accesso alla risorsa. Alienazione: diritto a vendere o affittare tutti o parte degli altri diritti [Schlager e Ostrom 1992: 250-251].

generi di diritti relativi a un bene, la cui presenza o assenza simultanea determinano il livello di controllo sullo stesso, e quindi il suo livello di esclusivit nella propriet. Nella tabella 1.5 sulle righe sono riportati i diritti esercitabili nei confronti di un bene, mentre sulle colonne sono indicate cinque tipologie di posizioni giuridiche nei confronti dello stesso, a seconda dell'insieme di diritti posseduti [Ostrom 2003: 251]. Spostandosi da sinistra a destra sulla tabella ci si muove da una forma di propriet privata (o di club) assoluta a una forma di propriet comune (o pubblica): rispetto alla tabella 1.4 viene messo in luce come esista un continuum di diritti di disposizione su una risorsa rispetto alla rigida dicotomia esclusivit/non esclusivit [Schlager e Ostrom 1992: 250]. I diritti delineati possono essere posseduti da individui o da collettivi [Eggertsson 1990: 36; Ostrom 2003: 250]. Ad esempio, nel sistema di conduzione agricola open field (descritto nel paragrafo 2.2.5 del capitolo II), gli individui detenevano il diritto all'accesso e allo sfruttamento nei confronti dei propri appezzamenti di terra, ma il diritto di gestione, che implicava la scelta delle colture e della rotazione dei campi, era detenuto ed esercitato collettivamente. Il diritto all'esclusione era detenuto individualmente in relazione ai singoli poderi, ma collettivamente per quanto riguardava l'ammissione di nuovi membri all'interno del villaggio. L'argomento del presente lavoro l'emergere di diritti di propriet privata sulla terra dal sistema di diritti di usufrutto relativi tipico del periodo feudale. Una definizione di propriet privata assoluta sulla terra, ispirata a William Blackstone 64 , fornita da Robert Ellickson. Si ha un diritto individuale di propriet privata sulla terra quando legittimo esercitare perpetuamente i seguenti
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William Blackstone stato un importante giurista inglese vissuto nel XVIII secolo, autore del trattato Commentaries on the laws of England, raccolta delle sue lezioni universitarie sulla Common law tenute a Oxford [Baker 2007: 190191].

Tabella 1.6

Dimensioni della propriet privata assoluta e relativi indicatori Schlager-Ostrom Accesso Sfruttamento Gestione Esclusione Alienazione Blackstone-Ellickson Utilizzo individuale perpetuo Esclusione Alienazione Indicatori

Ereditabilit

Alienazione Disponibilit testamentaria

diritti su un tratto di territorio in qualche modo demarcato: diritto assoluto a escludere terzi utilizzatori; privilegio assoluto a utilizzare la terra in ogni modo; potere assoluto a trasferire l'intero appezzamento (o qualsiasi parte componente) tramite vendita, dono, testamento, discendenza o qualsiasi altro metodo [Ellickson 1993: 1362-1363]. Nella tabella 1.6 sono riportate, nella prima colonna, le dimensioni dei diritti di propriet privata di Schlager-Ostrom, ridotte nella seconda colonna alle tre dimensioni suggerite da Ellickson per identificare la propriet privata sulla terra. Nella terza colonna sono riportati i tre indicatori che verranno utilizzati nei capitoli II e III nel catturare la nascita della propriet privata moderna sulla terra secondo la Common law. L'ereditabilit de jure dei possedimenti terrieri cattura le dimensioni dell'accesso, dello sfruttamento, della gestione e dell'esclusione perpetua: il diritto a ricevere in eredit un possedimento significava infatti considerare il feudo come patrimonio del vassallo, e non una semplice concessione revocabile [Bloch 1949: 219-221]. Questo permetteva di escludere dall'accesso terze parti surrettiziamente introdottesi col consenso del proprio signore, ed pertanto un indicatore della possibilit di esclusione e perpetuit dei diritti di gestione, sfruttamento e accesso65 [Palmer 1985: 28]. La possibilit di alienazione (tramite vendita o dono) e la disponibilit testamentaria (entrambe senza il consenso del proprio signore), indicano invece la dimensione probabilmente pi cruciale della propriet privata [Schlager e Ostrom 1992: 251]. Diritti di propriet sulla terra che non implichino il possesso esclusivo delle cinque dimensioni individuate da Schlager e Ostrom possono dare origine a delle esternalit negative nei confronti dell'occupante temporaneo. Le terze parti, in quanto dotate di diritti di accesso sulla terra, possono intraprendere attivit dannose per l'occupante, ma vantaggiose per loro. Tali attivit possono andare
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Le dimensioni dell'accesso, sfruttamento e gestione, nel rapporto di tenure feudale erano condizionali al rapporto di omaggio nei confronti del proprio signore, e non assoluti (si veda il paragrafo 2.1 del capitolo II). L'individualit del possesso, invece, salvo casi particolari, era una caratteristica preminente del sistema feudale inglese [Pollock e Maitland 2010b: 259-260].

dal semplice danneggiamento del valore della propriet, a un'appropriazione del reddito da questa derivante, fino alla confisca pi o meno arbitraria della stessa66. In mancanza di diritti di propriet ben definiti su tali attivit, e in assenza di un'autorit in grado di garantirne l'applicazione (quindi, in assenza della possibilit effettiva di garantire l'esclusivit nell'utilizzo della risorsa), l'occupazione di un appezzamento di terreno soggetta all'emissione di effetti esterni negativi da parte di terze parti [Ellickson 1993: 1326]. La possibilit di tali effetti negativi contribuisce a creare incertezza nel possesso dell'occupante. L'incertezza, per, a sua volta funzione della scarsit della risorsa in questione. Nel momento in cui una risorsa disponibile in abbondanza a tutti secondo gli stessi termini, gli effetti esterni negativi derivanti dal suo utilizzo concorrente da parte di terzi sono limitati, in quanto sempre possibile trovare una fonte della stessa risorsa altrove, senza che vi sia rivalit nel consumo. Solo nel momento in cui si determini una scarsit della stessa gli effetti esterni negativi diventano rilevanti: se non possibile trovare facilmente approvvigionamenti della stessa risorsa, allora il suo possesso avr un valore inferiore laddove terze parti tentino di utilizzarla nello stesso tempo [Pipes 1999: 81; Anderson e McChesney 2003: 60-61]. Questa situazione di scarsit, creando competizione nell'utilizzo della risorsa, e quindi incertezza riguardo al suo possibile valore, crea un incentivo allo stabilire dei diritti di propriet privata sulla stessa, in modo da far internalizzare a tutte le parti in causa gli effetti esterni derivanti dalla competizione per il suo utilizzo [Libecap 1978: 341]. L'incertezza pu, di per s, causare una diminuzione dell'utilit individuale, se si assume una preferenza degli individui, a parit di altre condizioni, per condizioni di vita meno incerte67 [Friedman et al. 1994: 381-382]. Per generalizzare l'ipotesi, pi opportuno assumere che, per individui avversi al rischio, l'incertezza tenda a ridurre l'utilit attesa delle proprie attivit, cio le aspettative sul valore da queste ottenibile68 [Friedman 2007: 282]. Con incertezza si intende qui la variabilit dei possibili risultati del corso delle proprie azioni. Tale concetto catturato dalla varianza statistica di una distribuzione di probabilit 69 [Gibbons 1992: 26].
66

35

Riguardo al primo tipo di esternalit, nel feudalesimo inglese il signore aveva la custodia del terreno dell'erede minorenne del proprio vassallo alla morte di quest'ultimo. Questo spesso si risolveva in uno sfruttamento intensivo della propriet, tanto da danneggiarne il valore patrimoniale [Hatcher 1981: 12-13]. Rispetto al secondo tipo, il signore aveva diritto a diverse forme di esazione nei confronti del proprio uomo, derivanti dal rapporto di vassallaggio, ma che in definitiva si risolvevano in un trasferimento di risorse dal terreno del vassallo alle casse del signore (si veda il discorso relativo ai "sette frutti della cavalleria", paragrafo 2.2.3, capitolo II). Infine, i diritti di occupazione della terra, nel primo feudalesimo, venivano creati e distrutti nella corte signorile, dove il lord aveva un maggiore margine di manovra nel promuovere i propri interessi terrieri a scapito del proprio tenutario (si veda il paragrafo 2.2.1, capitolo II). 67 Michael Hechter, ad esempio, considera la riduzione dell'incertezza un valore immanente, cio un valore considerato desiderabile in s stesso. Ai valori immanenti sono contrapposti i valori strumentali, cio quei valori ricercati in quanto fungibili, a loro volta utilizzabili nel perseguire altri fini, immanenti o strumentali [Friedman et al. 1994: 377]. 68 Questo equivale a considerare la riduzione dell'incertezza come un valore strumentale, atto ad aumentare il valore atteso dei risultati delle proprie azioni. 69 Una distribuzione di probabilit una funzione matematica che associa a ogni valore possibile di una variabile casuale una probabilit relativa al suo accadimento. La distribuzione definita dal suo valore atteso (o media), e dalla sua varianza. Il valore atteso di una variabile casuale indica la media dei risultati possibili di una variabile, ponderata per la probabilit del loro accadimento, e, nel caso di variabile casuale discreta, dato da

L'avversione al rischio, detta anche preferenza per la certezza, indica una regolarit comportamentale secondo cui un individuo, tra due attivit con identico valore atteso, ma con differente variabilit dei possibili risultati, sceglie l'attivit pi sicura (cio, con varianza inferiore) [Cheung 1969: 26]. Nei termini del modello di attore razionale delineato nel paragrafo 1, questo significa che, in presenza di incertezza (cio, in presenza di diversi possibili risultati delle proprie azioni), e a parit di altre condizioni, gli individui scelgono l'attivit che massimizza la propria utilit attesa [Friedman e Savage 1948: 287-288]. L'utilit attesa, (), per un individuo, di una lotteria B (cio, di una situazione in cui ogni evento accade con una probabilit , con = 1, , ), data da

=
=1

( )

dove ( ) indica l'utilit per l'individuo derivante dal risultato (certo) [Friedman 2007: 77]. La figura 1.3 illustra geometricamente l'ipotesi. La curva in grassetto rappresenta la funzione di utilit di un individuo avverso al rischio. L'asse delle ordinate indica l'utilit associata a diversi stati del mondo possibili, riportati sulle ascisse (interpretabili, ad esempio, come il reddito disponibile in caso sussista un particolare stato). Nella figura 1.3a, indica il valore atteso di una lotteria , con due eventi possibili (1 e 2 , con probabilit 1 e 2 ). L'utilit attesa della lotteria pari a . indica invece un evento certo, in grado di conferire all'individuo un'utilit pari alla lotteria . La differenza indica l'ammontare di reddito a cui l'individuo disposto a rinunciare per trasformare la lotteria (che pu conferire un reddito minore 1 con una probabilit 1 , ma anche un reddito maggiore 2 con una probabilit 2 ), in un livello di reddito certo pari a . pu quindi essere considerato il reddito (certo) equivalente alla lotteria B (incerta) di un individuo avverso al rischio [Friedman e Savage 1948: 289]. La figura 1.3b mostra invece l'utilit per un individuo avverso al rischio di due lotterie con valore atteso identico ma diversa varianza: la lotteria con una minore varianza conferisce una soddisfazione maggiore. La figura illustra come un aumento

36

=
=1

dove indica il numero di stati possibili della variabile , indica il valore assunto da nello stato , e indica la probabilit dell'accadimento dello stato . La varianza di una variabile casuale indica la sua dispersione intorno alla media, ed una misura dell'incertezza che circonda l'accadimento di un insieme di eventi possibili. Nel caso discreto data da
2

=
=1

dove indica il valore atteso della variabile casuale [Stock e Watson 2009: 16-22].

Figura 1.3

a) Utilit attesa e reddito equivalente; b) Utilit attesa di due lotterie con identico valore atteso ma differente varianza

dell'incertezza pu creare un'esternalit. Ad esempio, passando da una situazione di relativa abbondanza di una determinata risorsa, rappresentata dalla lotteria 3,4 , a una situazione in cui la risorsa diventa scarsa e in cui si crea competizione per il suo utilizzo concorrente, rappresentata dalla lotteria 1,2 , l'utilit dell'individuo interessato allo sfruttamento della risorsa passer da (3,4 ) a (1,2 ) 70 . La differenza tra i redditi equivalenti alle due lotterie indica l'ammontare massimo di risorse, crescente al crescere dell'incertezza, che l'individuo sar disposto a investire nel riportare la situazione a uno stato di cose almeno equivalente alla situazione originaria, ad esempio stabilendo un diritto di propriet privata esclusiva, in grado di conferire maggiore certezza nell'utilizzo, relativo allo sfruttamento della risorsa [Dahlman 1980: 82]. Come gi illustrato, il sistema istituzionale alla base di un sistema di diritti pu essere di natura informale o formale, a seconda che il principale meccanismo sanzionatorio risieda nel potenziale coercitivo della struttura sociale o dello stato. Max Weber, a questo proposito, distingue tra convenzione e diritto71. Un ordinamento pu essere chiamato:
37

70

Si pu pensare alla lotteria 3,4 come a una situazione in cui, data l'abbondanza della risorsa, le possibilit di trarne un reddito siano simili per tutti ( 3 e 4 , quindi, sono valori relativamente vicini). Nella situazione 1,2 , invece, la scarsit della risorsa ne determina un aumento di valore (crescita del maggiore reddito possibile, 2 ), ma ne diminuisce la reperibilit (calo del minore reddito possibile, 1 ). 71 Analogamente, Georg Simmel distingueva tra costume e diritto, notando inoltre una correlazione del primo con i gruppi sociali di dimensioni ristrette, e del secondo con le cerchie di dimensioni pi ampie [Simmel 1998: 54]. Edella

a) convenzione, quando la sua validit garantita dall'esterno, mediante la possibilit di andare incontro, in caso di deviazione, ad una disapprovazione generale, e praticamente sensibile, entro un dato ambito di uomini; b) diritto, quando la sua validit garantita dall'esterno, mediante la possibilit di una coercizione (fisica o psichica) da parte dell'agire, diretto a ottenerne l'osservanza o a punire l'infrazione, di un apparato di uomini espressamente disposto a tale scopo [Weber 1980: 31].

Diritti di propriet privata possono sorgere all'interno di una societ senza stato72, sulla base dei meccanismi sanzionatori informali (le convenzioni di Weber) descritti nel paragrafo 2.1. In questo caso si pu parlare di "diritti di propriet informali". David Hume spiegava l'origine dell'istituzione della propriet, in assenza di stato, adottando un modello identico al dilemma del prigioniero iterato sopra descritto, fondato su un meccanismo di altruismo reciproco:
osservo che nel mio interesse lasciare a un altro il possesso dei suoi beni, a patto che si comporti allo stesso modo nei miei riguardi. Anch'egli nutre un interesse simile nel regolare la sua condotta. Quando questo comune senso di interesse viene reciprocamente espresso, ed quindi noto a entrambi, produce una risoluzione e un comportamento adeguato. E questa la si potrebbe chiamare abbastanza a buon diritto una convenzione o un accordo tra noi, sebbene privo di promesse; poich le nostre azioni si riferiscono a quelle degli altri, e vengono compiute in base alla supposizione che dall'altra parte ne vengano compiute delle altre [...]. N la regola sulla stabilit del possesso deriva soltanto dalle convenzioni umane, ma sorge gradualmente, e acquisisce forza progredendo lentamente, e grazie alla ripetuta esperienza degli inconvenienti che sorgono trasgredendola [Hume 2001: 969].

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Un equilibrio di questo tipo possibile in caso di eguaglianza relativa tra gli individui, nel caso in cui, cio, nessun attore sia dotato di mezzi coercitivi pi efficienti dell'altro. E' possibile per ottenere un equilibrio costituito dal mutuo rispetto della propriet, per quanto caratterizzato da una maggiore diseguaglianza negli esiti rispetto al modello ispirato a Hume, anche nel caso in cui due attori, nel corso di una serie di interazioni di durata indeterminata, abbiano un potenziale di coercizione differente. In un contesto senza stato, due giocatori si trovano a decidere se investire le proprie risorse in attivit produttive (ad esempio, coltivazione dei campi), o in attivit non direttamente produttive, ma in grado di procurare un reddito tramite attivit di predazione (ad esempio, tecnologia militare). In caso di disuguaglianza delle condizioni di partenza, il primo giocatore possiede tecnologie militari poco produttive, ma migliori capacit agricole, mentre per il secondo le potenzialit sono invertite. Se la tecnologia militare disponibile al secondo giocatore non troppo efficiente (non da garantire, cio, la vittoria in uno scontro eventuale nella stragrande maggioranza dei casi), il primo giocatore investir interamente le sue risorse in attivit produttive,

Schlager ed Elinor Ostrom distinguono invece tra diritti di propriet de jure e de facto, i primi riconosciuti e garantiti dallo stato, i secondi da sistemi di sanzioni informali [Schlager e Ostrom 1992: 254]. 72 Da intendersi in assenza di una forma di stato moderno, centralizzato e dotato del monopolio della violenza.

mentre il secondo utilizzer una parte delle stesse per aumentare il suo potenziale coercitivo. Quest'ultimo investir in risorse militari solo finch il guadagno ottenibile da un ulteriore investimento in attivit predatorie non eguaglier quello in attivit agricole 73 [Skaperdas 1992: 727]. Il risultato sar un equilibrio parzialmente cooperativo, cio con una componente di soggiogazione: l'individuo pi esperto in tecniche agricole, ma meno abile alla tecnica militare, si specializzer nella prima attivit, rinunciando alla possibilit di difendersi. L'individuo pi abile all'utilizzo delle armi divider le sue attivit tra l'estrazione di risorse al primo individuo, e l'attivit agricola in proprio. Questo equivale allo stabilirsi di un complesso di diritti di propriet diseguali, ma rispettati all'interno della propria sfera74. Tale equilibrio pu non risultare stabile nel caso in cui il maggiore reddito resosi disponibile, a seguito delle attivit di predazione, al secondo giocatore venga utilizzato nel migliorare il potenziale coercitivo delle proprie armi: in tal caso l'equilibrio si spezzerebbe tendendo verso una forma di sottomissione totale del primo giocatore [ivi: 732]. La stabilit pertanto dipende dall'allocazione del reddito del secondo giocatore tra consumo e diverse attivit in grado di migliorarne le capacit di estrazione ai danni del primo giocatore 75 [Haddock 2003: 181]. La struttura del gruppo di riferimento pu subire mutazioni, a causa del cambiamento delle condizioni esterne o interne, tali da compromettere le potenzialit di enforcement informale riassunte nella tabella 1.3. Nel caso in cui il gruppo diventi pi disperso pu perdere i vantaggi associati ai network chiusi. Pu inoltre aumentare l'eterogeneit tra i soggetti interagenti, sia in termini di preferenze, sia in termini di disparit nel potenziale coercitivo, in una misura tale per cui il rispetto della propriet, anche in termini diseguali, diventa impossibile [Ellickson 1993: 132073

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Al crescere del controllo del giocatore 2 sul giocatore 1, per il primo cresceranno anche i costi di monitoraggio necessari ad assicurare l'estrazione delle risorse, cos da renderla un'attivit meno economica. Il costo opportunit di attivit produttive alternative permette che l'attivit coercitiva si fermi prima di una forma di soggiogazione totale senza una suddivisione tra i due giocatori dei diritti di propriet sulla terra [Haddock 2003: 179-180]. 74 Questo semplice modello rende conto della struttura di diritti di propriet esistente all'interno dell'organizzazione agricola manoriale riscontrabile durante il medioevo inglese. I contadini erano specializzati nella produzione agricola, ma non nelle attivit di difesa. Erano soggetti a un signore militare, a cui dovevano parte della propria produzione, mentre quest'ultimo viveva in parte della produzione loro estratta, e in parta della produzione agricola effettuata in proprio. Ci non implicava un'assenza di diritti sulla terra, per quanto diseguali, da parte dei contadini, o un comportamento del tutto arbitrario da parte del signore (per un resoconto pi dettagliato si rimanda al capitolo II, paragrafo 2.2.5). Come indicato nel paragrafo 2.1 del capitolo II, la diseguaglianza iniziale, in grado di precipitare tale equilibrio, pu essere stata prodotta dall'evoluzione della tecnica militare, che avrebbe privilegiato innanzitutto i maggiori signori militari. 75 L'investimento del maggiore reddito in attivit agricole, in assenza di progresso tecnico, pu abbassarne il prodotto marginale, rendendo conveniente un aumento relativo delle risorse dedicate alle attivit coercitive [North e Thomas 1973: 35-36]. Il modello aiuta a rendere conto del maggiore sfruttamento ai danni dei contadini inglesi determinato dalla crescita demografica del XIII secolo: il calo del prodotto marginale del lavoro agricolo, dovuto alla crescente popolazione e all'investimento dei signori in terre marginali sempre meno produttive, torn a rendere conveniente l'investimento in risorse estrattive (si veda il paragrafo 1.1. del capitolo III) [Postan 1966: 608]. La relativa stabilit storica dell'equilibrio nel lungo periodo, invece, pu essere spiegata dall'ampia allocazione al consumo, anche in funzione di un redditizio incremento dello status sociale, da parte dei signori, delle risorse derivanti dalle propriet fondiarie nel medioevo inglese [Postan e Hatcher 1978: 36-37].

1321]. In questo caso l'incertezza derivante dall'avere a che fare con individui i cui comportamenti passati sono meno osservabili, e, data la minore possibilit di interazioni future, dotati di maggiori incentivi alla defezione, crea un incentivo alla creazione di strutture specializzate all'enforcement delle regole:
l'insufficienza dei giochi ripetuti e della reputazione nel prevenire la sottrazione agli impegni fornisce un ruolo alle istituzioni politiche [...]. E' importante osservare come queste istituzioni non sostituiscono la costruzione della reputazione e le strategie di punizione associate, ma le complementano. Istituzioni scelte in modo appropriato possono incrementare l'efficacia dei meccanismi reputazionali agendo come vincolo esattamente in quelle circostanze dove la reputazione, da sola, insufficiente nel'assicurare il rispetto degli impegni [North e Weingast 1989: 807-808].

L'agenzia protettiva dominante, o lo stato, il risultato organizzativo del gruppo interessato all'applicazione di una determinata norma. Lo stato assume il ruolo di terza parte a ogni interazione sociale tra due (o pi) individui, in forza del suo monopolio della violenza e del suo maggiore potenziale coercitivo [North 1994: 92]. In un contesto istituzionale cos definito, anche in caso di interazioni singole i guadagni della defezione andranno pesati per la possibilit di essere puntiti per la violazione. Se lo stato in grado di garantire una punizione, in caso di violazione, con una probabilit sufficientemente elevata, gli incentivi a defezionare possono venire drasticamente ridotti, assicurando cooperazione e rispetto dei diritti di propriet anche laddove non vi sia una struttura sociale in grado di garantire autonomamente il rispetto delle regole. Nel caso di diritti garantiti dallo stato, o da analoga istituzione coercitiva, lecito parlare di "diritti di propriet moderni". La loro specificit, rispetto ai diritti di propriet informali, risiede nella maggiore garanzia nel possesso, e nella relativa indipendenza della loro sicurezza dalle specificit della struttura sociale [Carruthers e Ariovich 2004: 29-30]. Come riassunto da Robert Palmer, nel caso dei diritti di propriet moderna sulla terra,
la propriet come fenomeno legale si manifesta solo quando la rivendicazione di un individuo a una porzione di terra non dipende dalla sua forza o da una relazione personale, ma quando il titolo protetto da un'autorit burocratica secondo regole stabilite. La propriet deriva dallo stato; non pu esistere prima dello stato [Palmer 1985: 7].

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2.3. Cambiamento istituzionale Come ripetuto pi volte, un sistema normativo l'emanazione di un gruppo beneficiario interessato al suo mantenimento. Il sistema di diritti di propriet da questo derivante non beneficer, pertanto, tutte le parti in causa allo stesso modo. Nel caso di diritti di propriet formali lo stato costituisce la garanzia del possesso. Diviene rilevante in questo caso il gruppo di riferimento a cui l'azione coercitiva dello stato risponde: lo stato incoragger e specificher diritti di propriet efficienti solo

Tabella 1.7 Istituzioni politiche

Rappresentazione schematica del modello di cambiamento istituzionale Potere politico & Istituzioni economiche Performance economica & Istituzioni politiche +1 Distribuzione delle risorse +1

Distribuzione delle risorse

Potere politico

Fonte: Acemoglu et al. 2005: 392.

nella misura in cui essi sono coerenti con gli obbiettivi di massimizzazione del benessere dei soggetti che controllano lo stato [North 1981: 34]. Questo implica una visione del cambiamento istituzionale incentrata sul conflitto tra gruppi sociali interessati al controllo dell'agenzia protettiva dominante. La tabella 1.7 sintetizza il modello di cambiamento istituzionale proposto da Daron Acemoglu e collaboratori [Acemoglu et al. 2005: 389-396]. Le istituzioni politiche costituiscono le istituzioni formali che determinano l'accesso all'utilizzo dell'apparato coercitivo statale. Queste determinano il potere politico de jure, cio la capacit giuridica di portare avanti i propri obbiettivi. La distribuzione delle risorse rappresenta la distribuzione dei mezzi di produzione, e implica un potere politico de facto, cio una capacit di portare avanti i propri obbiettivi non necessariamente congruente con quanto previsto dalle istituzioni politiche formali (e quindi determinante la forma delle istituzioni, politiche o economiche, informali). Il potere politico ( de jure e de facto) determina la forma delle istituzioni politiche nei periodi successivi, e disegna le istituzioni economiche, cio le regole entro cui pu svolgersi la produzione [North 1986: 60]. Un esempio eminente di istituzioni economiche sono i diritti di propriet, cio le regole che determinano gli utilizzi leciti o illeciti delle risorse della societ [Barzel 2003: 51]. Le istituzioni economiche, a loro volta, influenzano la performance economica del sistema, e quindi la distribuzione delle risorse aggiuntive da questo prodotte [De Alessi 2003: 90]. Il concetto di potere qui utilizzato secondo la definizione di Weber: per potere si deve intendere la possibilit di trovare obbedienza, presso certe persone, ad un comando che abbia un determinato contenuto [Weber 1980: 52]. Il potere di un attore consiste nella probabilit con cui in grado, in una situazione conflittuale, di far prevalere i propri obbiettivi [Skaperdas 1992: 721]. Il potere una propriet delle relazioni sociali (ad esempio, un potere specifico di A su B), e non una caratteristica intrinseca dei singoli attori, e consiste nel controllo da parte di A di risorse di interesse per B. Se A controlla delle risorse (o azioni) di particolare interesse per B, quest'ultimo si trover in una
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relazione di dipendenza nei confronti di A, determinata dall'intensit dell'interesse in quel particolare tipo di risorsa, e dalla possibilit di ottenere le stesse risorse da altri soggetti rispetto ad A. Il livello di dipendenza cos definito determina il potere di A su B: il potere dell'attore A sull'attore B consiste nella resistenza da parte di B che pu potenzialmente essere superata da parte di A [Emerson 1962: 32]. Al crescere dell'interesse di soggetti terzi nei confronti delle risorse detenute da A, e al crescere del suo controllo effettivo nell'utilizzo di queste, le possibilit per A di raggiungere i propri obbiettivi superando la resistenza di terzi crescono76 [Coleman 1962: 627]. Allo stesso modo, il potere di un gruppo consiste nelle sue possibilit di controllo di insiemi di risorse. Il potere di un gruppo, contrariamente al potere individuale, deriva, oltre che dalla somma del valore delle risorse controllate dai suoi membri, pesato per il grado di controllo individuale sulle stesse, anche dalla sua capacit di organizzarsi per agire efficacemente 77. Un gruppo costituito da individui singolarmente potenti avr pi potere se in grado di organizzare efficacemente l'utilizzo delle risorse individuali. Senza tale organizzazione efficace, il grado di controllo collettivo sulle risorse individuali tender a calare, e cos il suo potere [Acemoglu et al. 2005: 448]. Come spiegato nel paragrafo 2.2, gruppi di dimensioni minori, se costituiti da interessi omogenei e da una maggiore osservabilit dei comportamenti altrui, incontrano minori costi di organizzazione, e sono, potenzialmente, meglio in grado di organizzare l'azione collettiva [Olson 1974: 43-44].
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Seguendo lo schema riportato nella tabella 1.7, la distribuzione delle risorse un potente determinante della distribuzione del potere nella societ. Cambiamenti radicali nella distribuzione delle risorse, pertanto, possono determinare cambiamenti radicali nella distribuzione del potere politico de facto, e quindi nel cambiamento delle istituzioni politiche ed economiche formali. Una fonte di cambiamento nella distribuzione delle risorse dato dal cambiamento dei prezzi relativi delle stesse78 [North 1994: 123]. Tale cambiamento pu essere dato da uno shock considerabile come esogeno, cio indipendente dalle variabili considerate nel modello [Eggertsson 1990: 281282]. Un esempio, di fondamentale importanza nella spiegazione della nascita dei diritti di propriet moderni in Inghilterra, dato dalla crescita demografica ininterrotta sperimentata tra il XII e XIII secolo, cos come dal crollo della popolazione nel XIV e XV [Hatcher 1977: 71]. Dal momento in

76

Ad esempio, un potere assoluto consiste nel controllo effettivo della totalit delle risorse per cui gli altri individui abbiano un interesse. Questo si traduce in una probabilit vicina a uno del far prevalere i propri obbiettivi in ogni situazione. Una probabilit vicina a zero di raggiungere i propri obbiettivi implica una sostanziale assenza di potere, cio, o un controllo completo di risorse con un valore nullo, o un controllo nullo su risorse di un qualche valore per gli altri [Coleman 1962: 627]. 77 Ad esempio, nonostante le risorse controllate dai contadini nell'Europa del XIII secolo fossero probabilmente maggiori di quelle controllate dall'aristocrazia terriera, le differenti capacit organizzative dei due gruppi implicavano un diverso potere relativo delle parti [Brenner 1976: 56]. 78 Con "prezzo relativo" si intende il rapporto tra il prezzo di due beni, cio il prezzo di un bene nei termini di un secondo [Friedman 2007: 43].

cui la terra, in assenza di continuo progresso tecnologico, pu essere considerato un fattore di produzione con un'offerta relativamente costante, la crescita (o decrescita) demografica pu implicare un cambiamento nel prezzo relativo tra lavoro e terra (a favore della terra), determinando cos un cambiamento nel potere relativo dei detentori del controllo sulle due risorse [North e Thomas 1973: 12; Postan e Hatcher 1978: 29]. Un aumento dei prezzi della terra e dei suoi prodotti determina due effetti79. Da una parte si ha una crescita delle rendite potenzialmente catturabili da parte degli individui in possesso di un appezzamento. Dall'altra si determina un aumento della concorrenza nello sfruttamento della risorsa, in ragione del suo aumentato valore. In assenza di diritti di propriet privata sulla risorsa, l'aumentare della concorrenza nel suo utilizzo determina un'esternalit nei confronti degli occupanti di fatto, che vedono aumentare l'incertezza delle accresciute rendite potenzialmente ottenibili. Questo fa s che un aumento del prezzo relativo della terra, tramite l'aumento dell'incertezza delle rendite catturabili, crei un incentivo allo stabilire un diritto di utilizzo esclusivo sulla risorsa, come illustrato tramite la figura 1.3 [Demsetz 1967: 350352]. Lo specificare norme definite sull'utilizzo esclusivo delle risorse ha il fine di accrescere la sicurezza del titolo, cio la probabilit che un proprietario mantenga il controllo dello sfruttamento della risorsa. La domanda di nuove norme sui diritti di utilizzo sulla risorsa, per, pu essere soddisfatta solo nel caso in cui i costi nell'assicurare l'esclusivit nell'utilizzo non superino i benefici potenzialmente ottenibili [Libecap 1978: 341]. Di particolare importanza risultano i costi di transazione derivanti dallo stabilire confini precisi alla propriet, dal monitorare i confini e individuare eventuali intrusioni, e dal punire le violazioni, cio i costi di esclusione 80 [Ellickson 1993: 1327-1328]. Le risorse potenzialmente dedicate all'enforcement cresceranno al crescere del valore delle risorse di cui il gruppo di interessati vuole garantirsi un utilizzo esclusivo [Posner 1973: 419; Becker e Stigler 1974: 3]. La figura 1.4 schematizza la discussione81. Sull'asse delle ordinate indicato il costo o il beneficio di un particolare livello di esclusivit nell'utilizzo di una risorsa, espresso in una unit comune. L'asse delle ascisse riporta il livello di esclusivit dei diritti di propriet, dove 0 indica una totale assenza (i beni pubblici e comuni della tabella 1.4), mentre 1 indica la propriet privata assoluta (beni privati e di club). Valori intermedi indicano diversi gradi di esclusivit, secondo la scala utilizzata nella tabella 1.5. La curva indica il beneficio marginale derivante da un aumento del livello di esclusivit (in termini di minori esternalit subite dall'occupante, positivo e decrescente al crescere del livello di esclusivit), mentre la curva indica il costo marginale dell'aumentare il livello di esclusivit (in termini di maggiore necessit di
79

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Visto il tema del presente lavoro ci si concentra qui sull'esempio della propriet privata sulla terra. Il modello resta comunque applicabile a differenti tipi di risorse. 80 Questi includono anche i costi associati allo stabilire, se necessario, e gestire un'organizzazione in grado di occuparsi di tali compiti, oltre ai costi necessari ad assicurare la contribuzione di tutti i soggetti beneficiati dalla norma. 81 Il modello riadattato da Field [1989: 325] e McChesney [2003: 232].

Figura 1.4

Livello di esclusivit dei diritti di propriet in equilibrio


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delimitazione dei confini, controllo e punizione delle trasgressioni, positivo e crescente al crescere del livello di esclusivit) [Haddock e Kiesling 2002: 568]. L'incrocio delle due curve determina un livello di esclusivit di partenza pari a , vicino alla propriet comune. In caso di uno shock esterno che determini un aumento del valore della risorsa (ad esempio dei prezzi del prodotto agricolo della terra, in caso di crescita demografica), la curva dei benefici marginali si sposta verso l'alto,
diventando . In questo caso sar conveniente al singolo occupante investire pi risorse nel

garantire l'esclusivit della risorsa, portandola al livello , pi vicino a un livello di esclusivit completo. Infine, se il costo del garantire l'esclusivit della risorsa si riduce (ad esempio perch il governo rende disponibile il suo potenziale coercitivo nella protezione dei diritti di propriet, pi
efficiente dell'enforcement privato), la curva dei costi marginali si abbassa, diventando , cos

determinando un livello di esclusivit pari a , nei pressi della propriet privata assoluta. La ridefinizione dei diritti di propriet pertanto sensibile sia ai cambiamenti nel valore della risorsa in questione, sia ai cambiamenti nelle tecnologie, e quindi nei costi, disponibili nel garantire tale ridefinizione [Demsetz 1967: 350]. Se lo stato pi efficiente nel definire e garantire i diritti di propriet, esiste la possibilit di uno scambio tra gli individui interessati alla definizione di tali diritti e gli individui che rappresentano lo stato. Una parte delle potenziali rendite catturabili dalla ridefinizione di diritti di propriet privata

sulla terra possono essere utilizzate nel compensare lo stato per l'utilizzo del suo potenziale coercitivo. Se la ridefinizione dei diritti di propriet comporta un guadagno per un gruppo (ad esempio, l'aristocrazia terriera), e una perdita per un altro (ad esempio, la famiglia del sovrano, sotto il nuovo regime meno in grado di estrarre arbitrariamente risorse dai suoi soggetti), parte delle risorse catturate dal cambiamento nella struttura dei diritti di propriet possono essere utilizzate per compensare il gruppo svantaggiato, assicurandosi la sua cooperazione nella ridefinizione dei diritti [Glaeser e Shleifer 2002: 1208]. L'ammontare delle risorse investibili a tal fine crescer al crescere della rendita potenzialmente catturabile, quindi al crescere del valore della risorsa in questione [Anderson e Hill 2003: 122]. Se lo stato sar disposto a definire e proteggere i diritti di propriet come richiesto, per, dipender dalla sua personale valutazione della desiderabilit relativa dello status quo rispetto al cambiamento istituzionale 82 [North 1981: 43]. Anche nel caso in cui il cambiamento istituzionale sia socialmente vantaggioso, cio sia in grado di produrre un numero di nuove risorse tale da compensare i perdenti (il sovrano) e lasciare ci nonostante il gruppo dei beneficiari (l'aristocrazia) in una situazione migliore rispetto alla precedente [De Scitovszky 1941: 88], lo scambio, e quindi il cambiamento, potrebbe non avvenire, a causa di problemi relativi alla garanzia di mantenimento degli impegni. Nel caso di uno scambio politico, non difatti possibile contrarre accordi senz'altro vincolanti tra le due parti. Il sovrano potrebbe accettare una compensazione da parte dell'aristocrazia senza poi, dalla sua posizione di potere, agire per ridefinire la struttura dei diritti di propriet. Allo stesso modo l'aristocrazia potrebbe veder cambiare i diritti di propriet a proprio favore, e quindi, dalla acquisita nuova posizione di potere, potrebbe voler negare la compensazione pattuita al sovrano. Nel caso dello scambio politico non esiste una terza parte esterna in grado di garantire l'applicazione dei patti, come nel caso dello stato con le due parti a un contratto: le due parti non sono in grado di prendere impegni sufficientemente credibili l'una nei confronti dell'altra [Acemoglu et al. 2005: 429-436]. Il sovrano, o il gruppo di potere a capo dello stato, potrebbe pertanto preferire una struttura istituzionale socialmente svantaggiosa, ma privatamente conveniente [Eggertsson 1990: 324]. Il modello rappresentato in figura 1.4, quindi, prescinde dalla struttura istituzionale e politica esistente prima del cambiamento del prezzo relativo della terra [ivi: 260; McChesney 2003: 231]. Il cambiamento dei prezzi relativi, della distribuzione delle risorse, e quindi del potere politico de facto pu portare a situazioni differenti se il sistema istituzionale di partenza, e quindi i rapporti di potere tra i soggetti interessati, differente. La struttura istituzionale pu essere modificata al mutare delle condizioni economiche, ma i cambiamenti in termini di potere relativo determinati dal
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Il fatto che nel medioevo europeo lo stato fosse identificato con la persona del sovrano rende pi facile comprendere la relativa convenienza delle due situazioni.

cambiamento economico a sua volta in parte determinato dalla struttura sociale (formale e informale) preesistente [Brenner 1976: 31]. La valutazione della convenienza del cambiamento terr conto non soltanto della possibile redistribuzione delle risorse derivante dalle nuove istituzioni, ma anche del suo effetto sulla ridefinizione del potere relativo, de jure e de facto, delle parti, determinante per la struttura istituzionale e per la distribuzione futura delle risorse [Acemoglu e Robinson 2012: 84]. Il cambiamento istituzionale pertanto pi probabile se il cambiamento dei prezzi relativi in grado di aumentare il potere di una parte a scapito di quello dell'altra. Il concetto di potere qui identificato con quello di dipendenza. Se i cambiamenti esogeni determinano una crescita del valore delle risorse di un gruppo A, da cui un gruppo B dipende, il potere politico de facto del gruppo A crescer, aumentando la probabilit di ottenere concessioni da parte del gruppo B. In questo caso il gruppo B potrebbe essere costretto ad acconsentire al cambiamento istituzionale, anche senza una certezza assoluta di rispetto dei patti da parte del gruppo A: un cambio nei prezzi relativi che migliori il potere contrattuale di un gruppo di costituenti pu portare all'alterazione delle regole al fine di conferire a quel gruppo maggiore reddito, o, alternativamente, i costituenti possono forzare il governante a rinunciare a parte del suo potere di governo [North 1981: 29-30]. La nuova situazione istituzionale risulterebbe cos effettivamente stabile grazie alla sua logica interna, cio ai mutati rapporti di forza, e non semplicemente in forza di un accordo compensatorio non impugnabile 83 [North e Weingast 1989: 806; Bates et al. 1998: 8]. Il cambiamento istituzionale dipender altres dalla capacit organizzativa degli individui interessati a una ridefinizione dei diritti di propriet. Nel caso di interessi molto dispersi, individualmente piccoli ma collettivamente grandi, la possibilit di compensazione del sovrano, e pressione sullo stesso, pu venire drasticamente ridotta, in quanto i costi di organizzazione potrebbero facilmente superare i benefici potenzialmente ottenibili. In caso di interessi meno dispersi, le possibilit di organizzazione crescono, quindi lo scambio diventa maggiormente praticabile, e la relazione di dipendenza pi marcata. Se l'aggregazione di interessi dispersi richiede maggiore tempo e maggiori risorse, possibile ipotizzare che una ridefinizione dei diritti di propriet sia raggiunta inizialmente dai gruppi meglio organizzati, e solo in seguito dai gruppi pi dispersi ed eterogenei, meno in grado di agire all'unisono [Olson 1982: 41]. Se il gruppo interessato al cambiamento di dimensioni piccole,
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Non un caso che molti dei cambiamenti istituzionali della storia inglese siano derivati da situazioni di accresciuta dipendenza del sovrano dai propri soggetti. Molti statuti, a partire dalla Magna Carta, furono garantiti in procinto di entrare in guerra, a seguito di un'aperta ribellione, o nel mezzo di una crisi fiscale, cio in situazioni in cui la tenuta del potere da parte della famiglia reale dipendeva in massimo grado dalle risorse dei propri soggetti [Bean 1968: 77-78; Pipes 1999: 147; King 2009: 100]. In cambio degli statuti e delle ordinanze a favore dell'aristocrazia, era comunque di norma richiesta una compensazione per il sovrano [North e Thomas 1973: 83-84]. Non era, del resto, infrequente che stipulazioni col sovrano venissero da quest'ultimo disattese, in caso i rapporti di forza sottostanti non fossero sufficienti a mantenerle in vigore [King 2009: 33].

a parit di risorse, probabile che l'azione collettiva sia organizzata pi rapidamente ed efficacemente84 [McCarthy e Zald 1977: 1225; North 1981: 32]. Il modello di cambiamento istituzionale qui adottato non implica che la struttura istituzionale risponda a ogni mutazione, per quanto piccola, dei prezzi relativi. Implica, anzi, una certa persistenza dei sistemi istituzionali [Becker 1992: 340]. Il modello di attore razionale implica che al cambiare delle condizioni esterne gli individui orientino le proprie decisioni tenendo conto dei nuovi vincoli, ma non istantaneamente, e non per qualsiasi dimensione del loro cambiamento:
prendere delle decisioni costoso, e non semplicemente perch si tratta di un'attivit che alcune persone trovano spiacevole. Per prendere una decisione un individuo necessita di informazione, e l'informazione va analizzata. I costi della ricerca delle informazioni e dell'applicazione delle informazioni alla nuova situazione sono tali che l'abitudine spesso un modo pi efficiente nel fare i conti con cambiamenti moderati o temporanei dell'ambiente, piuttosto che una decisione pienamente e, apparentemente, tesa a massimizzare l'utilit [Stigler e Becker 1977: 82].

L'esistenza di un sistema istituzionale implica che gli attori abbiano investito risorse nell'apprendere le sue regole, e sviluppare le proprie capacit per agire in conformit ad esso in modo ottimale. Se le istituzioni cambiassero ad ogni piccolo mutamento delle condizioni esterne, sarebbe necessario investire continuamente risorse nell'apprendere la struttura della nuova situazione e sviluppare in risposta regole di comportamento ottimali. E' pertanto pi probabile che gli individui sviluppino nuove regole e strutture istituzionali in risposta a shock di dimensioni rilevanti [ivi: 83]. Allo stesso modo, siccome il cambiamento istituzionale non avviene senza costi, sia di transazione, nell'organizzare il cambiamento, sia in capitale specifico, nel creare le strutture specifiche alla base del nuovo sistema istituzionale, il cambiamento istituzionale risulter conveniente sono nel caso in cui i cambiamenti esterni siano percepiti come di lunga durata, cio almeno tali da ripagare l'investimento nelle nuove istituzioni [Eggertsson 1990: 78-79]. Lo stesso investimento nelle istituzioni precedenti determiner una persistenza delle stesse in caso di cambiamenti dell'ambiente esterno tali da non garantire la convenienza dell'abbandono del vecchio sistema 85 [Haddock e Kiesling 2002: 569]. La risposta ai cambiamenti dell'ambiente interno, inoltre, richiede un periodo di apprendimento, e quindi di adattamento, prima che un nuovo equilibrio venga raggiunto. Le informazioni relative ai nuovi vincoli esistenti e le aspettative sulle condizioni future verranno
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In Inghilterra la definizione di diritti di propriet assoluta sulla terra venne raggiunta prima dall'aristocrazia terriera, e solo in seguito dalla totalit dei contadini. 85 Si vedr nel capitolo III come i due cambiamenti istituzionali di maggior rilievo della storia inglese, cio la crescita delle regole di Common law relative alla propriet terriera, e la fine del servaggio, avvennero in periodi caratterizzati da cambiamenti nei prezzi relativi di durata prolungata e di livello consistente. Nel primo caso, durante l'ininterrotta crescita demografica e il conseguente aumento dei prezzi agricoli nel XII e XIII secolo. Nel secondo caso, durante il massiccio crollo e quindi il ristagno demografico del XIV e XV secolo causato dalla Morte nera.

aggiornate col passare del tempo, fino a raggiungere il nuovo punto di equilibrio istituzionale86 pi adatto alle mutate condizioni esterne [Lucas 1986: 419].

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Secondo Douglass North, per equilibrio istituzionale si intende una situazione in cui, data la forza contrattuale dei giocatori e un insieme di contrattazioni che rappresentano l'intera gamma degli scambi economici, nessuno potr trarre vantaggio dall'impegnare ulteriori risorse al fine di modificare gli accordi [North 1994: 127].

CAPITOLO

II DIRITTI DI PROPRIETA' NEL FEUDALESIMO INGLESE (XI-XII sec.)

1. PROFILO GENERALE DEL SISTEMA GIUDIZIARIO DELL'INGHILTERRA POST-CONQUISTA


Essendo i diritti di propriet stabiliti all'interno di una struttura di autorit in grado di garantirli importante delineare una struttura degli organi giurisdizionali deputati all'accoglimento e determinazione delle dispute tra individui in relazione alle cause di natura proprietaria o possessoria. Si presenter pertanto un profilo delle principali corti di giustizia come esistenti in Inghilterra a seguito della conquista normanna (1066). Di particolare importanza in relazione alla tesi qui sostenuta risultano i meccanismi relativi ai costi e all'efficacia dell'enforcement delle decisioni raggiunte nelle corti comunali e feudali, oltre all'incertezza relativa all'ottenimento di un giudizio attinente alla realt dei fatti tramite i metodi di prova disponibili all'epoca (ordalia, duello giudiziario o wager of law). Verr innanzitutto dato risalto alle questioni relative alla giurisdizione civile, per quanto in questa fase non del tutto separata dalla giurisdizione penale. Si altres preferito non dedicare uno spazio specifico alle giurisdizioni ecclesiastiche (per quanto avessero poteri tutt'altro che secondari in relazione alle questioni matrimoniali e alle disposizioni testamentarie, legate a doppio filo col possesso della terra) per non appesantire eccessivamente il profilo. Il sistema di giurisdizioni risulta complicato a causa dell'interazione, successiva alla conquista, tra le corti comunali funzionanti nel precedente periodo anglo-sassone con le nuove modalit di giustizia signorile tipicamente feudali e la nascente giustizia regia (che fornir le basi della Common law). La conquista normanna non solo acceler e formalizz le relazioni giurisdizionali feudali, ma, parallelamente, tramite la centralizzazione crescente della giustizia nelle
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mani del sovrano, pose le basi per il loro superamento innescando quella transizione dai diritti di propriet tipicamente feudali ai moderni diritti di propriet astratti tipici della Common law. Il funzionamento della giustizia civile verr pertanto illustrato in relazione alle giustizie comunali (corti di contea e di centena) nel paragrafo 1.1, rispetto alla giustizia signorile (corti manoriali e franchigie) nel paragrafo 1.2, e riguardo alla giustizia regia nel 1.3. 1.1. Le giustizie comunali Entro il X secolo si aveva un singolo regno inglese, e da questo periodo possibile distinguere una precisa divisione amministrativa relativa al governo locale. Il regno era diviso, a un primo livello, in contee (counties o shires), ciascuna assegnata a un conte (earldorman o earl). Le contee erano a loro volta divise in centene (hundreds), sotto la responsabilit di un hundredman. Infine le centene erano divise in decine (tithings), in origine intese come gruppi di dieci famiglie, sotto la responsabilit di un tithingman [Baker 2007: 6-7]. Le divisioni amministrative non rappresentavano un semplice territorio: la "contea" [o la centena] non un mero tratto di terra, un distretto governativo; un corpo organizzato di uomini; una communitas [Pollock e Maitland 2010a: 563]. I distretti erano rappresentati da un'assemblea (moot): le assemblee costituivano le comunit del regno e ne formavano la base. L'assemblea non era solo una corte di giustizia: nella stessa venivano condotti tutti gli affari del distretto. In epoca medievale non vi era ancora una definita dottrina costituzionale relativa alla separazione dei poteri. La stessa assemblea racchiudeva in s poteri amministrativi e governativi, legislativi e giudiziari [Maitland 1908: 105]. Prima dell'avvento della Common law (intesa come legge comune del regno) i diversi distretti sottostavano a differenti costumi, interpuntati dai tentativi centralizzatori dei re che emanavano di tanto in tanto ordinanze o codici applicabili all'intero reame [Baker 2007: 3]. La differenza tra i costumi delle corti medioevali e la successiva legge comune del regno cos riassunta da John Baker:
al tempo della conquista normanna, l'Inghilterra non aveva n un ordinamento giudiziario nazionale n un corpo legislativo in alcun senso moderno. Vi erano corpi decisionali, dal consiglio del re fino all'assemblea di villaggio; ma le decisioni potevano essere prese senza spiegazioni ponderate, senza seguire o stabilire regole vincolanti, e in queste antiche assemblee nessuna distinzione si sarebbe potuta avere tra processo di giudicatura, amministrazione e legislazione. Le decisioni sistemavano il problema in questione e non ci si aspettava facessero altro; non erano costrette dal passato e non stabilivano regole per il futuro. Questo non equivale a suggerire che la legge fu immediatamente preceduta da dispotismo o anarchia. Buone decisioni sono guidate dal costume e saggia consultazione riguardo a cosa sia ragionevole. Il costume pu infatti esercitare una forza considerevole, e la sua osservanza pu essere una scelta deliberata. Anche cos per, buon ordine, costume e debita deliberazione non sono la stessa cosa che "legge" come considerata in tempi pi recenti [ivi: 1].

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Tali assemblee si tenevano regolarmente, e l'obbligo di partecipazione era un gravame ricadente sulla terra: gli uomini liberi e i proprietari di terra in condizioni non servili appartenenti al distretto erano obbligati alla partecipazione. Esistevano inoltre particolari convocazioni in cui anche gli uomini in condizione servile dovevano partecipare. Lungi dall'essere un privilegio, la frequenza delle corti era un gravame economicamente rilevante. Si trattava di abbandonare i propri affari di frequente, intraprendendo lunghi viaggi per raggiungere il luogo d'incontro per occuparsi di giudicare questioni di terze parti in interminabili sessioni giudiziarie. La fornitura di giustizia era un vero e proprio servizio pubblico, a spese proprie, reso alla comunit e ricadente sulla terra occupata [Pollock e Maitland 2010a: 566-574]. La giurisdizione comunale, in origine, era sia civile che penale [Maitland 1908: 106]. Nell'alto medioevo non esisteva uno stato centralizzato che reclamasse per s il diritto a punire tutti i misfatti commessi nel proprio regno. Esisteva il concetto di "pace", che apparteneva a diversi soggetti: ogni uomo ha la sua pace particolare e se la rompi lo danneggi. Cos se assassini A nella casa di B, non solo devi pagare il prezzo o la wergild1 di A al suo parentado, ma hai rotto la pace di B e dovrai a B una somma di denaro, l'ammontare della quale varier col rango di B [ivi: 108]. Pur non esistendo una idea astratta di stato, i delitti contro un individuo erano considerati allo stesso tempo delitti contro la comunit. Questo significava non solo che l'offensore dovesse risarcire la vittima o la sua famiglia, ma che dovesse ricompensare anche la comunit in generale, o il suo rappresentante in particolare, di cui aveva rotto la pace (questo avveniva, prima dello sviluppo del concetto di crimine non emendabile o felony, punito con la morte o la mutilazione, tramite un sistema di compensazioni: la famiglia otteneva il prezzo dell'uomo, o wergild, mentre la comunit una sanzione pecuniaria, o wite). Le corti comunali proteggevano la pace generale. Il re aveva una pace personale, che copriva particolari giorni dell'anno (come i giorni della sua coronazione, o alcune feste come natale e pasqua), particolari luoghi (come le grandi strade reali), e particolari crimini. Tale pace, e la giurisdizione che implicava, poteva essere concessa dal re a particolari individui [Pollock e Maitland 2010a: 50-51]. La "pace del re", da giurisdizione residuale quale era, gi in periodo anglo-sassone prese ad allargarsi, fino ad arrivare a costituire la principale giurisdizione penale su tutto il regno entro la fine del XII secolo [Maitland 1908: 108]. Con la conquista normanna le corti comunali vennero pertanto a esercitare quasi esclusivamente una giurisdizione civile (accanto al rimanere il luogo deputato alle fasi preliminari dei procedimenti penali). La giurisdizione relativa alle dispute sui possedimenti terrieri venne a essergli sottratta con
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La wergild, o wer, era il "prezzo dell'uomo", cio il valore monetario che veniva messo in gioco nei suoi rapporti con la giustizia. Se l'uomo veniva ucciso, l'uccisore doveva pagare tale valore alla sua famiglia. Se egli stesso commetteva un'infrazione dell'ordine pubblico, era il prezzo che doveva pagare a compensazione. Uomini di diverso rango avevano prezzi diversi [Pollock e Maitland 2010a: 53-54].

l'introduzione del sistema feudale normanno, delegandola in prima istanza alle corti signorili [Adams 1924: 126]. L'assemblea comunale era presieduta o dal signore eminente del territorio (solitamente il conte nel caso delle contee, o il vescovo) o, in seguito, dallo sceriffo di contea in qualit di rappresentante regio (per quanto il diritto a presiedere l'assemblea, che costituiva una rilevante fonte d'introito, fosse materia di concessione regia dietro pagamento, e poteva essere affidato a diversi soggetti). La presidenza dell'assemblea non aveva per direttamente carattere giudiziario: i giudici delle cause erano i componenti dell'assemblea (doomsmen) che dichiaravano la legge e rendevano i giudizi. Non esisteva ancora una sviluppata professione legale, e pertanto il giudizio dell'assemblea costituiva il giudizio diretto della comunit [Maitland e Montague 1998: 16-17]. Il presidente , si pu dire, il magistrato che presiede; convoca la corte, "conduce la corte", "ascolta le cause", regola l'intera procedura, emette i mandati; ma non emette i giudizi: quando arrivato il momento per un giudizio lo chiede ai convocati [suitors] [Pollock e Maitland 2010a: 577]. I convocati (detti suitors, termine che indicava coloro tenuti a partecipare alle convocazioni) erano tanto giudici di diritto quanto di fatto, se possibile prendere a prestito tali termini moderni per un'epoca in cui la parte pi rilevante dello stabilire i fatti era ancora lasciata all'ordalia [ivi: 579]. Qualora le decisioni non fossero prese all'unanimit la decisione poteva venire presa a maggioranza, o a maggioranza "degli uomini migliori"; in altri casi ancora il presidente accoglieva il giudizio dell'assemblea che riteneva pi adatto al caso. I casi venivano ascoltati dall'intera assemblea, ma il giudizio poteva essere dato solo dai pari delle parti in causa: il "piccolo" non poteva giudicare il "grande", n un non residente nel distretto in causa poteva giudicare un suo componente [ivi: 581]. County court. La giurisdizione delle contee, nel periodo anglo-normanno, era per la maggior parte civile. Accoglieva inoltre, in seconda istanza, le cause relative ai possedimenti terrieri, in caso la corte signorile deputata in prima istanza al loro accoglimento non avesse reso giustizia ai contendenti (sia in caso di mancanza di volont di ascoltare il caso, sia in caso di reclamo per ingiusto giudizio). La sua occupazione principale risiedeva nell'accoglimento delle azioni contrattuali e personali, come le cause per debiti o richieste di danni [Pollock e Maitland 2010a: 558]. Si incontrava con frequenza mensile in forma ristretta, dove venivano svolte le fasi preliminari e interlocutorie del procedimento, mentre una volta ogni sei mesi si aveva una convocazione particolarmente solenne a cui tutti i liberi tenutari di terra dovevano partecipare [ivi: 568-569]. Di norma era presieduta dallo sceriffo. Lo sceriffo (shire-reeve, o sovrintendente di contea) dell'epoca anglo-normanna era un potente ufficiale regio a cui era affidata la gestione amministrativa di una contea (il distretto su cui aveva giurisdizione era detto balivato, o bailiwick),
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nominato dal re e rimanente in servizio a volont del sovrano, revocabile in qualsiasi momento. Aveva rango baronale, aveva cio ampi possedimenti terrieri ricevuti direttamente dal sovrano, e in funzione di questo faceva parte del consiglio reale [Morris 1918: 151-152]. Le funzioni dello sceriffo anglo-normanno si espansero, venendo a coincidere e quindi superare quelle del conte (earl) anglo-sassone, nell'epoca pre-conquista l'uomo rappresentante del potere e della giustizia locale2 [Denman 1958: 51]. Le sue funzioni erano ampie e di rilievo. Oltre alla presidenza delle corti comunali di giustizia, a lui era affidata la convocazione della milizia regolare, un esercito complementare e parallelo all'armata feudale propriamente detta (composta dai tenutari in servizio militare di cavalleria), e formata da tutti gli uomini liberi e abili alle armi del reame [Morris 1918: 161; Maitland 1908: 276]. Aveva compiti fiscali di cui rispondeva al sovrano, occupandosi della raccolta dei proventi della tassazione nella contea a lui assegnata [Morris 1918: 169]. Inoltre gli era assegnata la gestione di larga parte dei manieri posseduti direttamente dal re e ricadenti nel balivato, di cui raccoglieva i profitti versandoli nelle casse reali [ivi: 157]. Per la gestione della contea lo sceriffo doveva pagare una somma annuale, grosso modo fissa, nelle casse dello scacchiere regio. Questa somma era detta il farm3 dello sceriffo. Una parte della somma doveva essere utilizzata in loco (per soddisfare alcune spese di carattere pubblico, civili e militari). La differenza tra quanto veniva raccolto nella contea e quanto doveva essere reso al re veniva trattenuta dallo sceriffo [Turner 1898: 117]. Il farm comprendeva diverse voci di entrata, in particolare i profitti dei manieri reali della contea, gli affitti raccolti dai borghi e i profitti delle corti di giustizia comunali ricadenti nella giurisdizione del balivato. Queste voci erano per loro natura variabili, mentre la somma dovuta allo scacchiere era sostanzialmente fissa. In questo modo il re si assicurava una fonte di entrata stabile e prevedibile, lasciando i rischi dovuti alle variazioni negli introiti allo sceriffo che, da parte sua, aveva ogni incentivo a taglieggiare e vessare il distretto affidatogli [ivi: 131; Cheung 1969: 28]. Infine, di grande importanza nel successivo sviluppo della Common law nel XII e XIII secolo, lo sceriffo rappresentava il potere esecutivo reale nelle contee. A lui erano inviati i mandati esecutivi dal re e dai giudici reali, sia quelli relativi all'inizio di un procedimento nelle corti di giustizia regie, sia quelli relativi all'esecuzione delle sentenze ivi emesse. In particolare eseguiva e garantiva la
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Il rango di conte, dopo la conquista, assunse carattere per lo pi onorifico, conferendo il diritto a ricevere un terzo dei profitti della giustizia locale, essendo i compiti giudiziari e amministrativi delegati, a seguito della crescente centralizzazione del potere avvenuta coi sovrani normanni, al luogotenente regio, lo sceriffo [Pollock e Maitland 2010a: 561-562]. Poteri giudiziari pi ampi, comprendenti la presidenza dell'assemblea giudiziaria locale, o addirittura la possibilit di intrattenere cause riservate alla giustizia regia (i pleas of the crown), potevano per derivare da una concessione regia dietro pagamento. In ogni caso non erano associati direttamente al rango [Denman 1958: 94-95]. 3 Il termine inglese farm, che pu essere fatto risalire all'inglese antico feorm (che indicava il pagamento dovuto al re durante la sua residenza in un particolare territorio), indicava un qualsiasi corrispettivo con natura di affitto di valore fisso [Pollock e Maitland 2010a: 310]. In relazione alla terra, le tenure che implicavano un corrispettivo fissato in denaro in luogo di un servizio personale erano considerate generalmente in farm (ad firmam in latino), stando a indicare la fissit della somma pagata [Homans 1970: 202]. In generale, qualsiasi tipo di servizio o ufficio poteva essere delegato a terzi in farm.

messa in possesso del vincitore nelle cause relative alla terra decise nelle corti di alta giustizia del sovrano [Morris 1918: 164]. Hundred court. La corte di centena (conosciuta anche come wapentake e ward, a seconda del costume locale), aveva giurisdizione eminentemente civile, ma escludeva qualsiasi azione relativa alla terra. Qui si svolgevano, inoltre, le fasi preliminari dei procedimenti penali. Non era in alcun modo subordinata gerarchicamente alla corte di contea: entrambe le corti erano sovrane entro i propri confini geografici, nel senso che seguivano i propri costumi senza interferenze [Baker 2007: 7]. Veniva tenuta con una maggiore frequenza rispetto alle corti di contea (a seconda del periodo storico una volta al mese, oppure ogni due o tre settimane). Era presidiata, qualora non fosse caduta in mani private a seguito di una concessione reale, dallo sceriffo, per quanto pi spesso quest'ultimo ne affidasse il controllo a un proprio ufficiale giudiziario o balivo (bailiff). Due volte l'anno lo sceriffo era tenuto a presiedere a una convocazione plenaria, conosciuta come sheriff's turn. In questa particolare circostanza era suo compito raccogliere informazioni relative alla commissioni di reati nei sei mesi precedenti, assicurarsi che i sospettati fossero prodotti davanti alla corte, e istruire i procedimenti penali (che, essendo prerogativa regia, sarebbero continuati davanti ai giudici reali tranne nei casi di piccole infrazioni, che venivano punite con una multa tramite giudizio dello sceriffo) [Pollock e Maitland 2010a: 585-589]. Questo era ottenuto tramite la particolare istituzione della view of frankpledge. Ogni uomo maggiore di dodici anni, libero o servo che fosse, doveva essere in frankpledge e in una tithing (decina). Questo significava che ogni uomo era tenuto a un buon comportamento, garantito dall'entrare a far parte di un gruppo composto da una decina di persone sue vicine, che sarebbe stato responsabile di presentare sue eventuali malefatte e produrlo davanti alla convocazione della centena presieduta dallo sceriffo. La decina veniva multata nel caso si fosse fatta sfuggire un proprio membro sospettato di un crimine. Il villaggio, invece, veniva multato durante lo sheriff's turn in caso il sospettato fosse sfuggito perch non lo si era fatto entrare in una decina. I tenutari liberi di terra, i magnati, i cavalieri e il clero non erano tenuti a far parte di una tithing. La loro posizione, cos come i loro possedimenti terrieri, erano considerati una garanzia sufficiente, e valevano come frankpledge. La possibilit di sequestrare i loro beni personali, e la minore probabilit di fuga dovuta al fatto che le loro terre erano fonte di grande ricchezza, erano considerati pegni sufficienti rispetto a un comportamento corretto e alla comparizione davanti alle convocazioni delle corti. La view of frankpledge, cio il controllo del funzionamento dell'organizzazione per decine, riguardava pertanto quasi esclusivamente lo strato di contadini non liberi residenti nei villaggi [ivi: 597-601]. In un'epoca carente di raffinate armi investigative e
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informative, l'organizzazione della view of frankpledge sfruttava le potenzialit del capitale sociale4 accumulato dai gruppi di vicinato nei villaggi nell'assicurare il controllo sociale. La giustizia regia imponeva una responsabilit collettiva per il comportamento dei singoli individui, affidandola a piccoli gruppi di vicinato [Homans 1970: 324]. La decina cos costituita era caratterizzata da un alto grado di vicinanza e coesione, o closure (con questo intendendo un network dove ogni nodo collegato direttamente, o indirettamente ma con pochi gradi di separazione, con tutti gli altri [Burt 2005: 25]). In particolare i network chiusi - cio quei network in cui le persone sono connesse in tal modo che nessun comportamento passi inosservato - creano un vantaggio diminuendo rischi che altrimenti inibirebbero la fiducia [ivi: 95]. Sapendo di essere osservati nella maggior parte delle attivit quotidiane gli individui avevano un incentivo a non avere comportamenti irresponsabili, che sarebbero stati colti e sanzionati immediatamente. Questo meccanismo era in grado, tra l'altro, di creare un clima di fiducia, inteso come aspettative positive relative al comportamento dei propri vicini [ivi: 93]. La responsabilit collettiva faceva s che ogni membro di una tithing avesse un vivo interesse relativo al buon comportamento dei propri vicini: in caso di cattivo comportamento avrebbe dovuto contribuire alla loro comparsa davanti alla giustizia, e in caso di fallimento sarebbe stato costretto a pagare una multa. Il monitoraggio delle attivit dei propri vicini poteva essere condotto con costi irrilevanti durante le attivit di interazione giornaliera: informazioni rilevanti per la view potevano essere ottenute senza costi aggiuntivi semplicemente all'interno degli incontri relativi alla quotidiana attivit agricola [Coleman 1990: 310]. Sanzioni personali contro comportamenti sconvenienti, viste le limitate dimensioni del gruppo, potevano essere altres messe in pratica senza rilevanti costi di organizzazione. Il sistema di mutue obbligazioni che solitamente viene a crearsi nelle piccole comunit poteva essere mobilitato nel garantire il supporto dei propri vicini nel sanzionare scorrettezze di altri vicini, evitando che si presentassero conseguenze pi gravi da portare davanti alla giustizia [ivi: 318-319]. Tale sistema appare evidente per la sua mancanza di privacy individuale implicata dal controllo collettivo. In assenza di uno sviluppato sistema investigativo e di una giustizia centralizzata sufficientemente forte in grado di raggiungere gli angoli pi remoti delle campagne inglesi, il sistema fondato sulle tithing costituiva indubbiamente un sistema efficiente nell'assicurare il controllo sociale nei villaggi contadini [Posner 1980: 6]. Il sistema di corti di giustizia ereditato dal periodo anglo-sassone non brillava per, in generale, per la sua efficacia. Uno dei principali difetti riguardava la carenza di potere esecutivo sia per quanto
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Col concetto di capitale sociale si accoglie qui la definizione di James Coleman [1990: 300-321]. Il capitale sociale risiede nelle relazioni tra le persone risiedenti in una determinata comunit che ne definiscono la struttura: la funzione identificata dal concetto di "capitale sociale" il valore di quegli aspetti della struttura sociale per gli attori come risorse che possono essere usate dagli attori nel realizzare i propri interessi [ivi: 305].

riguarda la procedura, in particolare la capacit di portare gli accusati in giudizio, sia per quanto riguarda l'esecuzione delle sentenze. Il sistema cos riassunto da Frederick Pollock:
rigida e gravosa com'era la giustizia anglo-sassone in ci a cui provvedeva, era, a occhi moderni, curiosamente mancante nella sua mancanza di potere esecutivo. Tra le funzioni pi importanti delle corti come le conosciamo obbligare la frequenza delle parti e far rispettare l'attuazione sia del giudizio finale che degli ordini interlocutori relativi alla condotta del procedimento e simili. Tali cose sono oggi fatte automaticamente sotto l'autorit ordinaria della corte, e con i mezzi necessari costantemente a sua disposizione [...]. Ma questo regno della legge non arriv naturalmente; stato raggiunto lentamente e laboriosamente. La giurisdizione cominci, cos sembra, con l'essere meramente volontaria, derivante non dall'autorit dello stato ma dal consenso delle parti. Le persone potevano attendere alla corte per una decisione se cos erano d'accordo di fare. Erano tenute in onore ad accettare il risultato; avrebbero potuto perdere il pegno depositato alla corte; ma la corte non poteva esigere la loro obbedienza pi di quanto un tribunale arbitrale nominato oggi sotto un trattato tra stati sovrani possa obbligare i capi di questi stati ad adempiere al proprio verdetto. Le corti anglo-sassoni erano andate oltre questo stadio precoce, ma non molto oltre. L'unico modo per portare un avversario riluttante davanti alla corte era prendere qualcosa di suo come pegno finch avesse atteso alla richiesta; e in pratica la sola cosa che poteva essere presa senza violenza personale era il bestiame. Il sequestro in questa forma era praticato e anche regolato fin da tempo immemore. Era vietato sequestrare finch giustizia fosse stata formalmente richiesta [...] e rifiutata. Quindi era richiesto l'assenso della corte, ma il querelante doveva agire in proprio al meglio che poteva. Se il sequestro falliva nel far apparire il querelato, la sola risorsa rimasta era negare la protezione della legge all'uomo ostinato che non compariva per essere giudicato dalla legge. Poteva essere messo fuori legge, e questo doveva essere abbastanza per forzare la maggior parte degli uomini che avevano qualcosa da perdere e non erano sufficientemente forti per vivere in ribellione; ma, ancora, nessuna giustizia poteva essere fatta al querelante senza la sua comparsa. Lo strumento del giudizio in contumacia, che ci sufficientemente familiare, era sconosciuto, e probabilmente non sarebbe stato compreso. Il giudizio finale, quando ottenuto, poteva allo stesso modo non essere eseguito. La parte vittoriosa doveva raccogliere i cosiddetti "frutti del giudizio" da s. In caso di continuo rifiuto a sottomettersi al giudizio secondo la sentenza della corte, poteva prendere la legge nelle sue stesse mani, di fatto muovendo guerra al suo ostinato opponente. L'aiuto del conte, e infine quello del re, poteva essere invocato in tali casi estremi come quello di un uomo di sostanza, o uno coperto da una famiglia potente, sfidando apertamente la legge. Ma questa era una misura straordinaria, che non trova pari in nulla nel regolare processo di legge moderno [Maitland e Montague 1998: 11-13].

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I tempi della giustizia, in assenza di adeguate possibilit di enforcement, erano di conseguenza molto lunghi. Prima che potessero essere presi provvedimenti in modo da assicurare la comparsa del querelato davanti all'assemblea di giustizia questi doveva essere convocato pi volte. Oltre a questo erano ammesse diverse scuse legittime per la mancata apparizione. Data la bassa frequenza con cui erano tenute le sessioni plenarie di giustizia a livello comunale, potevano passare diversi anni prima che fosse deliberata la possibilit per il querelante di sequestrare le propriet personali

del querelato, o prima che l'imputato potesse essere dichiarato fuorilegge 5 dalla corte di contea [Pollock e Maitland 2010a: 568]. E, anche in caso, dopo un lungo processo, di giudizio positivo per il querelante, le sentenze erano difficilmente applicabili senza il consenso della parte avversa: battibeccare di questioni importanti nelle corti locali era spesso una perdita di tempo senza scopo, in quanto anche se fosse stata ottenuta un'udienza equa, il giudizio poteva essere inapplicabile [Baker 2007: 15]. L'efficacia e i tempi del giudizio non erano i soli problemi del sistema giudiziario. Una rilevante incertezza era costituita dal metodo della prova. La prima societ feudale non aveva un sistema di polizia composto da investigatori professionisti supportati dal potere coercitivo di un forte stato centralizzato. L'utilizzo della scrittura nel registrare atti e contratti non era largamente diffuso, se non tra le istituzioni religiose e parte dell'aristocrazia pi elevata. Lo stato delle conoscenze scientifiche sul funzionamento del mondo era al pi rudimentale, lasciando ampio spazio al sovrannaturale come forza scatenante di larga parte degli eventi terreni altrimenti inspiegabili. Gli spostamenti e le comunicazioni erano lente e costose, il che impediva una rapida diffusione delle informazioni relative ai fatti, e quindi indagini tempestive quando la memoria del fatto era ancora fresca [Posner 1980: 6-7]. Date queste condizioni non si pu non concludere che i costi di informazione erano molto elevati. Raccogliere prove ed effettuare indagini in modo da stabilire la realt dei fatti aveva, il pi delle volte, costi proibitivi, e non a caso le grandi inchieste relative ai grandi possedimenti terrieri erano prerogativa regia e si applicavano solo in dispute relative ai rapporti tra i grandi magnati e il re [Pollock e Maitland 2010a: 152-153]. Nella maggior parte dei casi, pertanto, in luogo di un processo investigativo preliminare teso all'accertamento dei fatti, altri metodi venivano utilizzati nello stabilire a quale parte in causa il giudizio dovesse essere favorevole [Posner: 1980: 30]. Nell'Inghilterra anglo-normanna i metodi di prova pi diffusi erano tre: giuramento personale e del proprio seguito (che, con lo sviluppo della Common law, prender il nome di wager of law), ordalia e processo tramite duello. Tutti questi metodi di prova si richiamavano al giudizio divino: chi avesse completato la prova con successo aveva Dio dalla propria parte. Dio aveva testimoniato a suo favore [Hyams 1981: 92]. La peculiarit del tipo di
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Una sentenza che dichiarava un uomo fuorilegge lo metteva, letteralmente, al di fuori della protezione della legge. Era dovere di ogni uomo catturarlo, e fornirgli protezione era considerato crimine capitale. Mentre in antichit era legittimo ucciderlo senza conseguenze, entro il XIII secolo la sua uccisione era legittima solo in caso di resistenza alla cattura. Veniva altres privato di capacit contrattuale, proprietaria e possessoria. Le sue terre venivano date in possesso al suo signore, mentre i suoi beni venivano confiscati dal re [Pollock e Maitland 2010a: 503]. Rimaneva comunque aperta la possibilit di tornare a far parte della comunit pagando una multa [Baker 2007: 65]. Tipicamente il fuorilegge era un imputato contumace accusato di un grave crimine, ma nel XII e XIII secolo venne ammessa la possibilit di dichiarare fuorilegge convenuti in azioni civili. La procedura pass cos dal costituire una condanna a morte emessa da uno stato debole incapace di eseguirla, a una procedura di routine tesa ad assicurare la comparsa dell'imputato o del querelato davanti alla giustizia [Pollock e Maitland 2010b: 609-610].

prova suggerita dalla sua collocazione cronologica nel procedimento giudiziario: la prova seguiva al giudizio. Una volta che i motivi della causa fossero stati portati all'attenzione della corte e discussi, questa innanzitutto emetteva la sentenza. Questa stabiliva se e a quale tipo di prova dovesse essere sottoposto l'accusato, e il destino dello stesso veniva segnato dal suo esito [Maitland e Montague 1998: 47]. Il ricorso alla prova nella decisione di un caso, l'interrogazione diretta della divinit, costituiva in realt l'extrema ratio una volta che altri metodi di accomodazione del caso fossero falliti. Le corti dell'epoca non funzionavano come astratti e imparziali meccanismi di giudizio, ma erano piuttosto uno strumento della comunit, rozzamente democratico, che gestiva gli affari locali. La discussione durante il processo avveniva internamente ed esternamente all'assemblea, e si svolgeva con lo scopo principale di trovare un accordo tra le parti, o forzare tramite un sistema di pressioni la confessione e la capitolazione dell'accusato, per il bene della pacifica convivenza della comunit [Hyams 1981: 98]. Un giudizio seguito da una prova era solitamente riservato ai contendenti pi ostinati: se tra due litiganti uno contraddice palesemente l'altro, se il chiaro "tu hai fatto" dell'uno replicato dallo schietto "tu menti" dell'altro, qui sorge un problema che l'uomo non pu risolvere [Maitland e Montague 1998: 47]. Le dispute senza apparente soluzione necessitavano, per evitare ulteriori conflitti tra le parti e preservare la pace e la cooperazione sociale, di una soluzione recisa e definitiva, ottenuta facendo appello a un'autorit che nessun membro del distretto avrebbe osato mettere in dubbio. Il richiamo alla divinit appariva pertanto come il metodo pi razionale, dati i vincoli tecnologici relativi alla produzione di informazioni affidabili, una volta esaurite le altre possibilit di risoluzione pacifica della disputa [Hyams 1981: 95-96]. Spesso il solo prospettare un giudizio che conducesse a una soluzione estremamente incerta basata sull'ordalia o sul duello era sufficiente a incentivare le parti a trovare un accordo. I metodi di prova avevano anche l'importante funzione di deterrente, sia nell'incentivare un comportamento corretto nei confronti dei propri vicini, sia nell'evitare che venissero portate davanti alla giustizia accuse manifestamente inconsistenti [Hudson 2000: 102]. Profferte al presidente dell'assemblea, tese a persuadere la corte a condannare l'imputato a una prova pi leggera (come un semplice giuramento in luogo di un'ordalia), lungi dall'essere considerate una forma di corruzione moralmente e legalmente vietata, facevano parte del gioco, in primo luogo teso a ottenere una composizione. I rapporti intra-comunitari, e il rango personale entro la stessa comunit, erano elementi rilevanti nella scelta del giudizio almeno quanto la cruda realt dei fatti [Hyams 1981: 94]. Le decisioni si basavano su un difficile equilibrio tra giustizia e politica, non da ultimo perch, all'interno della stessa cerchia di riferimento costituita dall'assemblea del distretto, i giudici di oggi sarebbero stati con ogni probabilit i ricorrenti di domani. Difficilmente
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decisioni esclusivamente politiche avrebbero permesso lo stabilirsi di un equilibrio di lungo termine nei rapporti dei membri della comunit [Hyams 1987: 432]. Come scrive Paul Hyams,
l'obbiettivo tanto "ottenere un equilibrio" e ristabilire una pace praticabile entro la comunit quanto rimediare a una qualsiasi lamentela. Le strategie variano rispetto agli obbiettivi desiderati. Possono puntare a ottenere un compromesso tra i disputanti secondo termini onorevoli, a esempio, o anche a eliminare un piantagrane da futuri calcoli tramite deprivazione dei diritti civili, espulsione, mutilazione, o morte [...]. Le passioni sono pi aperte, la partecipazione del pubblico pi vicina, di quanto la maggior parte dei giudici moderni permetterebbe. Il giudice presidente qui non pu forzare il suo giudizio prescelto nella gola della corte [Hyams 1981: 97].

Non che fatti e testimonianze non giocassero alcun ruolo all'interno del procedimento [Hudson 2000: 102]. Ma, quando non dotati di una forza decisiva, solitamente erano sottoposti alla discussione della corte sempre con lo scopo di ottenere un compromesso o una capitolazione, subordinando l'eventuale giudizio sempre alle considerazioni sopra esposte. Il produrre una carta di infeudazione in una corte, e il leggerla pubblicamente al cospetto dell'intera comunit (che si trattasse di una corte signorile o di una corte comunale), doveva avere pi lo scopo di spingere l'accusato a riconoscerne la bont, e quindi accordarsi prima del giudizio evitando di stabilire una cattiva reputazione pubblica nella comunit di riferimento dell'accusato, pi che chiudere formalmente il processo sulle basi della prova addotta [Hyams 1987: 461]. Anche una prova tramite il giuramento di testimoni al fatto poteva essere garantita dalla corte, per quanto questo accadesse piuttosto di rado [Pollock e Maitland 2010b: 631]. I testimoni non erano convocati per essere esaminati dalla corte su questioni fattuali: se il giudizio garantiva una prova tramite testimoni questi avrebbero dovuto giurare su quanto sostenevano. Questo, per, avveniva a seguito del giudizio: la loro funzione non era quella di presentarsi alla corte per essere interrogati, e quindi costituire elemento di prova ai fini di un giudizio. Erano, ancora una volta, un metodo di prova che seguiva il giudizio vero e proprio, del tutto analogo agli altri [Mailtand 1908: 118-119]. La presentazione dei fatti su cui era fondata la causa rientrava formalmente nella recitazione dei capi d'accusa da parte del ricorrente, a cui solitamente la difesa replicava con una negazione complessiva dei fatti addebitati. L'accusa veniva per accettata o rigettata in toto tramite il giudizio divino, senza che i fatti venissero effettivamente esaminati e quindi accertati [Milsom 1967: 3]. Il problema della prova si faceva invece meno pressante per gli individui colti in flagranza di reato, in particolare i ladri catturati ancora in possesso della refurtiva, che venivano di norma processati sommariamente senza possibilit di discolparsi tramite giuramento o ordalia, venendo impiccati o gettati da una scogliera immediatamente dopo l'arresto [Pollock e Maitland 2010b: 607-608]. E' possibile ora meglio dettagliare le tecniche di prova sopra accennate.
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Wager of law. Tale metodo di prova consisteva nel richiedere al querelato o all'imputato di giurare solennemente, in una formula prestabilita, la sua estraneit ai fatti contestatigli. Se avesse espresso un giuramento formalmente corretto, utilizzando esattamente le parole richieste dalla consuetudine senza il minimo errore, la sua innocenza sarebbe stata provata. Un giuramento formalmente corretto implicava avere Dio dalla propria parte, e l'innocenza era pertanto sostenuta da forze ultraterrene. Solitamente all'accusato non veniva permesso di purgarsi dalle accuse tramite il suo solo giuramento. Egli doveva essere accompagnato da un seguito costituito dai suoi vicini o parenti (detti compurgators o oath-helpers), il cui numero poteva dipendere dalla gravit del caso o dalle dimensioni del seguito del suo accusatore, che avrebbero dovuto a loro volta giurare. Non giuravano in relazione alla realt o meno del fatto, ma piuttosto giuravano di credere nel giuramento espresso dall'accusato [Maitland 1908: 115-116]. Spesso un giuramento corretto da parte di tutto il seguito era sufficiente a risolvere la questione, ma in casi di particolare gravit, o nel caso in cui la parola del querelato fosse considerata notoriamente inaffidabile, a seguito del giuramento poteva essere richiestogli di sottoporsi all'ordalia [Baker 2007: 5]. La stessa accusa doveva essere supportata da un giuramento, a meno che i fatti non fossero manifesti. A procedure di giuramento pi complesse da parte dell'accusa seguivano prove pi difficili accordate alla difesa, soprattutto se l'individuo accusato era dotato di cattiva reputazione [Pollock e Maitland 2010a: 44-45] Non c' dubbio che tale procedura di rado stabilisse la realt dei fatti. Dal momento che il seguito delle parti era composto da amici e parenti dell'accusa e dell'accusato, il sospetto che giurasse in loro favore a prescindere era ben presente. Non di meno, la posizione entro la comunit di chi fosse portato in giudizio, come detto, era un fatto rilevante, come era rilevante che le accuse pi gravi andassero presentate tramite procedure di giuramento pi complesse. Avere un seguito numeroso, pronto e capace di giurare sotto la minaccia di essere accusato di spergiuro, segnalava l'importanza sociale dell'accusato, il numero e la statura dei membri della cerchia sociale pronti a garantire, e forse combattere, per lui. La buona o cattiva reputazione del convenuto influenzava la corte, che in questo aveva ampio margine di manovra, nello scegliere un metodo di prova pi o meno pesante: la storia ha poco senso finch non realizziamo che l'affare era tanto un episodio quasi-politico quanto un'inchiesta giudiziaria [Hyams: 1981: 94]. La wager of law reminiscente di un passato ancora vicino in cui le principali dispute tra famiglie e clan venivano risolte tramite faida. Il richiedere all'accusato di essere accompagnato da un seguito, se non serviva a stabilire in definitiva la commissione o meno di un fatto, serviva non di meno a mostrare al ricorrente se l'accusato aveva il supporto della sua famiglia e dei suoi sodali. In caso avesse avuto il supporto di un vasto seguito questo serviva a veicolare l'informazione che, in caso una faida fosse scoppiata, la famiglia avrebbe difeso con la forza delle armi la causa del proprio congiunto. In caso l'accusato non fosse riuscito a
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farsi accompagnare da un seguito sufficiente, invece, si avrebbe avuto un indizio relativo alla mancanza di supporto in suo favore da parte del proprio seguito. L'obbiettivo della pace pubblica veniva pertanto perseguito misurando i rapporti di forza in una fase preliminare, purgando dalle accuse un accusato con un seguito sufficientemente agguerrito, e condannandolo in caso non fosse riuscito a convincere delle proprie ragioni nemmeno il proprio parentado. Purgare dalle accuse un membro della propria famiglia poteva evitare che la faida si rivolgesse all'intero gruppo familiare [Pollock e Maitland 2010b: 630]. Non di meno, almeno in casi particolari, l'accusato poteva essere abbandonato dal suo gruppo per evitare conseguenze ritenute pi gravi rispetto alla condanna o all'uccisione del proprio congiunto [Posner 1980: 44]. Ordalia. L'ordalia, probabilmente strumento di origini pagane ma adottata anche dalla chiesa fino a inizio XIII secolo, costituisce il "giudizio di Dio" per eccellenza [Maitland e Montague 1998: 48]. Era riservata principalmente alle accuse pi gravi di carattere criminale, in cui il semplice giuramento non era sufficiente a scagionare l'imputato, e costituiva una prova di carattere fisico, che avrebbe dovuto sollecitare un giudizio divino a favore o contro l'imputato [Hyams 1981: 112]. Ne erano diffusi principalmente quattro tipi. L'ordalia del ferro rovente richiedeva che l'accusato facesse nove passi tenendo in mano un oggetto di ferro arroventato. L'ustione veniva quindi bendata e sigillata, e dopo tre giorni veniva esaminata: se la ferita si fosse infettata l'imputato sarebbe stato ritenuto colpevole, in caso contrario innocente. Analoga era l'ordalia dell'acqua bollente, dove l'ustione veniva provocata immergendo il braccio in un calderone ribollente: se il crimine era molto grave era necessario immergerlo fino al gomito, se era meno grave fino al polso. L'ordalia dell'acqua fredda richiedeva che l'accusato fosse gettato nell'acqua di un fiume o un lago: gli innocenti affondavano, mentre i colpevoli galleggiavano. Infine l'ordalia del boccone richiedeva che fosse inghiottito un pezzo di pane o formaggio del peso di un'oncia (pari a 28,35 grammi): se il boccone si fosse bloccato in gola l'uomo sarebbe stato considerato colpevole [Maitland 1908: 119120]. L'uso dell'ordalia era comunque guardato con sospetto dai re normanni e angevini: il clero, che officiava alla cerimonia, aveva una certa discrezione nell'interpretare i risultati della prova, favorendo soluzioni pi in linea con la propria politica locale che con la giustizia propriamente detta o con la politica reale [Hyams 1981: 116]. La prova dell'ordalia venne abbandonata a partire dal 1215, quando il Concilio Laterano proib ai componenti del clero di assistere alla cerimonia [Pollock e Maitland 2010b: 628]. Duello. Il trial by battle era un'istituzione originariamente normanna, sconosciuta nell'Inghilterra anglo-sassone, introdotta da William I il conquistatore. Era una forma di ordalia bilaterale, essendo entrambe le parti in causa partecipanti alla prova (contrariamente alla normale ordalia unilaterale, in
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cui la parte sottoposta a prova era una sola). Il duello giudiziario era considerato un appello al Dio degli eserciti, e non un mero esercizio di forza bruta: questo manteneva la sua sacralit e, quindi, la sua validit come metodo di prova. Le due controparti alla causa giuravano solennemente della bont delle loro ragioni, e quindi iniziavano il duello. L'obbiettivo non era l'uccisione dell'avversario, ma il farlo ritirare con ignominia dal combattimento. Se l'accusato non si era arreso prima che fossero comparse le stelle, vinceva. Il duello era utilizzato nel caso di una accusa privata6 relativa a un crimine non emendabile (felony): accusato e accusatore, se in grado di combattere, si affrontavano direttamente [Maitland e Montague 1998: 49]. L'altra azione legale associata al duello era l'azione proprietaria relativa alla terra, il writ of right, di cui si parler nel capitolo III: in questo caso, qualora la difesa non avesse richiesto di evitare il duello convocando una giuria, non combatteva il ricorrente, ma un suo campione. In entrambi i casi l'onere della prova ricadeva sulla parte che combatteva a favore di un'affermazione positiva, in generale l'accusatore o il ricorrente [Pollock e Maitland 2010b: 662-664]. Contrariamente all'ordalia unilaterale, tale tipo di prova continu a essere utilizzato anche a seguito del Concilio Laterano del 1215, non avendo il carattere specificamente ecclesiastico della prima [Milsom 1967: 2]. 1.2. Le giustizie signorili
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Le corti signorili corrispondevano alle corti cadute in mani private, perdendo cos il loro carattere comunale (anche la corte del re, prima della sua costituzione come giurisdizione ordinaria del regno, poteva essere considerata una corte privata - per quanto nelle mani del signore pi potente d'Inghilterra). Erano di due tipi: a) corti derivanti da una delega dei diritti di giurisdizione da parte del re; b) corti tipicamente feudali derivanti dal rapporto tra signore e suoi tenutari [Pollock e Maitland 2010a: 601]. Le corti del primo tipo costituivano un particolare tipo di franchigia (franchise), o di libert (liberty), consistente nella possibilit di escludere poteri esterni a quello signorile nella gestione degli affari del distretto. Le immunit potevano essere di diverso tipo, non necessariamente legate al funzionamento della giustizia. Poteva essere garantita l'immunit da qualsiasi forma di tassazione esterna; immunit dall'esecuzione di un determinato servizio (come quello di cavalleria, o l'obbligo di partecipare alle corti comunali); immunit dalle draconiane leggi forestali, che limitavano ampiamente l'uso delle foreste reali; delega di poteri fiscali sui soggetti residenti nel luogo (derivante dall'immunit dalla tassazione reale: in pratica i tributi abdicati dal re potevano
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Nel medioevo il re, che era quanto pi si avvicinava all'odierna idea di stato, non era il solo soggetto deputato al perseguimento dei crimini. I singoli individui potevano lanciare un'accusa privata a una specifica persona relativa a un reato direttamente davanti alla corte, senza l'intermediazione di una pubblica accusa [Maitland 1908: 128].

continuare a essere esatti a beneficio del signore titolare della franchigia); immunit dalla giustizia esterna, che implicava il conferimento di un potere giurisdizionale diretto da parte del signore a cui era accordata l'immunit. Quest'ultima franchigia era alla base della costituzione delle corti signorili del primo tipo propriamente dette [ivi: 604:607]. Molte delle libert sopra elencate erano in essere e gestite privatamente gi nel periodo anglo-sassone. In tale epoca donazioni in terra dal re a un grande signore, registrate con atto scritto (la cosiddetta book-land), solitamente comportavano anche il passaggio di una giurisdizione relativa al territorio implicato. I diritti giurisdizionali pi comuni, implicati di norma nelle concessioni reali garantite da una carta, si riferivano al conferimento del potere di sake and soke, toll, team, e infangenetheof. Nell'XI secolo il potere di sake and soke non denotava pi che il generale diritto di intrattenere una corte. Il toll permetteva a un signore di esigere un pagamento a titolo di imposta dalle vendite di bestiame e altri beni avvenute nel suo territorio. Il diritto di team garantiva al signore la possibilit di determinare nella sua corte quelle cause relative a un supposto furto di bestiame, in cui l'imputato poteva portare testimoni che garantissero il regolare acquisto, e non il furto, del bene trovato in suo possesso. Infine, l'infangenetheof permetteva al signore di giudicare, e giustiziare, i ladri colti in flagranza di reato [Stenton 1932: 99-101]. Molti di questi diritti erano relativi a una giurisdizione penale: anticamente concessioni di questo tipo implicavano il conferimento di una larga, quanto vaga, giurisdizione su crimini considerati prerogativa regia. Solo con la centralizzazione della giustizia regale, e la costituzione della pace del re come giurisdizione ordinaria di carattere penale, in epoca normanna, tali diritti acquistarono un carattere sempre pi residuale, e le carte di infeudazione accompagnate da diritti di giurisdizione vennero a prendere una forma ben precisa, specificando i particolari diritti che venivano trasmessi a scapito della giustizia regia [Pollock e Maitland 2010a: 606-607]. Tra i diritti pi comunemente concessi successivamente all'invasione normanna si possono notare: il diritto a percepire gli introiti derivanti dalle multe inflitte dalla giustizia reale agli uomini residenti nella signoria; il diritto ai beni personali di detti uomini se condannati di crimini non emendabili (felonies), di norma appartenenti al sovrano; il diritto a eseguire i mandati reali nel proprio territorio, in luogo dello sceriffo; diritto a escludere i giudici reali nella presidenza delle corti, che diventavano meri supervisori; il diritto alla giurisdizione civile entro il proprio territorio, anche per azioni iniziate nella corte del re; il diritto a gestire la view of frankpledge nel proprio distretto [ivi: 613-614]. E' immediato notare come molte delle prerogative implicassero principalmente la possibilit di partecipare ai profitti della giustizia che venivano sempre pi sottratti dalle corti locali da parte del sovrano. Come gi accennato non era raro che l'intera giurisdizione di una corte di centena cadesse in mani private. Laddove il re infeudasse un tenutario con territori corrispondenti a una o pi hundreds, in certi casi gli veniva assegnata anche la
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presidenza della corte, escludendone lo sceriffo. Pi spesso venivano assegnati semplicemente i profitti derivanti dall'esercizio della giustizia [Denman 1958: 95]. In questo caso gli affari del distretto venivano gestiti dal signore assieme a quelli relativi alla propria giurisdizione feudale. La corte comunale cos gestita privatamente era detta court leet [Maitland 1908: 46]. Il secondo tipo di corte signorile derivava la propria legittimit dal rapporto tra il signore e i suoi tenutari, liberi o in condizioni servili. Il diritto di sake and soke (il primo termine stante a indicare il diritto a convocare una corte, il secondo il diritto ad aggiudicarne le dispute) sopra i propri tenutari, secondo la teoria feudale importata con la conquista normanna, era in possesso di un qualsiasi signore avesse un numero sufficiente di tenutari per intrattenere una corte di giustizia7 [Denman 1958: 95-97]. Questa giurisdizione, tipica dell'ordine feudale, era indipendente da una qualsiasi concessione reale, e derivava la sua legittimit dal rapporto, strettamente personale, lord - tenant [Stenton 1932: 50-54]. Ogni signore che avesse sotto di s degli uomini aveva diritto a due tipi di corte analiticamente distinte: una per i propri tenutari liberi (conosciuta come court baron); una per i propri tenutari in condizioni servili (conosciuta come corte consuetudinaria, o customary court). Nella court baron, analogamente alle corti comunali, i componenti della corte, cio i tenutari liberi (i freeholders), erano i giudici dell'assemblea. Loro erano i componenti della piccola comunit feudale, loro erano a conoscenza dei fatti rilevanti accaduti sul territorio, loro erano i depositari delle regole e del costume della comunit signorile [Maitland 1908: 48-49]. Tale corte aveva una giurisdizione esclusivamente civile. Innanzitutto si occupava delle dispute personali tra tenutari, quando di valore contenuto 8 , a esempio delle azioni per debiti, sconfinamento o contratto. Si occupava anche delle dispute tra signore e tenutario, per quanto non di quelle iniziate dal tenutario nei confronti del proprio signore, che si sarebbero svolte nella corte del lord superiore a entrambi9. La giurisdizione pi rilevante, dal punto di vista dei diritti di propriet, era quella relativa alle cause per il possesso di terra. Essendo i tenutari in disputa in possesso di terra data in concessione da un signore comune, quest'ultimo era il naturale giudice di prima istanza in caso problemi relativi al possesso fossero sorti tra i suoi uomini (questo punto verr ampliato nel paragrafo 2.2.1) [Pollock e Maitland 2010a: 617-620].
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Due tenutari obbligati alla frequenza della corte erano considerati sufficienti, per quanto solitamente un numero tanto esiguo difficilmente sarebbe stato considerato, in termini pratici, utile a organizzare un'assemblea di giustizia [Pollock e Maitland 2010a: 623]. 8 Entro il XIII secolo fu definitivamente stabilito il principio per cui le giustizie pi basse, signorili e comunali, non avrebbero dovuto intrattenere cause civili di valore superiore ai quaranta scellini, riservate al re [Baker 2007: 22]. 9 Il signore non era considerato essere giudice nella propria causa: i giudici erano i componenti della corte, pari del tenutario in causa. Il signore presiedeva la corte e autorizzava i mandati esecutivi. D'altronde, il signore non poteva essere accusato nella sua corte in quanto aveva poco senso che emettesse provvedimenti di sequestro delle propriet, di norma utilizzati per far giungere a pi miti consigli le parti pi ostinate, contro s stesso. Una corte signorile sovraordinata alle due parti in causa era, pertanto, considerata il luogo pi appropriato dove risolvere la disputa [Pollock e Maitland 2010a: 617-618].

Per quanto riguarda i tenutari consuetudinari, quelli, cio, titolari di tenure servili, la corte signorile consuetudinaria era l'unica disponibile [ivi: 619]. Gli appezzamenti di terra secondo queste condizioni erano concessi ad arbitrio del lord, e quindi ogni questione di diritto era risolvibile tramite la sua volont. Secondo la teoria legale il signore, o meglio il suo sovrintendente (steward), era l'unico giudice in tali cause [Maitland 1908: 49]. Nonostante questo era tipico dell'organizzazione delle corti manoriali (conosciute anche come halimoot) imitare i costumi delle corti superiori: la corte era comunque composta dai contadini in condizioni servili, che erano testimoni dei costumi del maniero e a cui poteva essere richiesto un giudizio in relazione a questi [Homans 1970: 311]. La corte manoriale era in grado di stabilire una legislazione locale, relativa al coordinamento dell'attivit agricola e alle norme di buon comportamento della comunit. In questi casi era anche competente a punire le infrazioni del costume del maniero, solitamente tramite una sanzione pecuniaria dovuta al signore [Pollock e Maitland 2010a: 620-621]. Per quanto riguarda la procedura di queste corti, non si distanziava da quella delle corti comunali gi descritte. Alcune specificit relative alla tenure feudale verranno esposte nel paragrafo 2.2.3, mentre le particolarit delle tenure servili e dell'organizzazione manoriale saranno tema del paragrafo 2.2.5.
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1.3. La giustizia regia Il re, in quanto signore preminente di tutto il regno, aveva una giurisdizione personale. Come gi detto, in campo penale esisteva una "pace del re", all'epoca della conquista normanna di estensione ancora ridotta, e oltretutto condivisa coi signori detentori di concessioni reali di giurisdizione [Baker 2007: 13]. La giustizia regia era parte del sistema amministrativo in capo al re. In quanto primo signore feudale di tutto il regno, il re intratteneva una corte plenaria, a cui attendevano tutti i grandi magnati che possedevano terra concessa direttamente dal re, oltre al clero maggiore10. Tale organismo, come le corti inferiori sopra descritte, racchiudeva in s la triplice funzione di organismo amministrativo, legislativo e giudiziario. I grandi affari del regno venivano qui discussi, e le ordinanze di carattere legislativo venivano emesse di norma col consenso della corte 11. Tale assemblea era, inoltre, la pi alta corte di giudicatura del regno, riservata per i grandi casi e per i grandi uomini [Maitland 1908: 62-63]. Oltre a questa assemblea plenaria, nota come magnum

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Gli arcivescovi, i vescovi e gli abati facevano parte della corte in funzione della loro supposta saggezza e preminenza spirituale. La quasi totalit di questi, per, erano anche grandi magnati tenutari della corona. Se dovessero la loro frequenza alle corti reali a causa del loro ruolo spirituale o a causa della loro posizione nella catena feudale presto venne ad avere poca importanza pratica [Maitland 1908: 62]. 11 Tale consiglio generale del regno, con l'aggiunta della regolare frequenza dei commons, cio i rappresentanti dei borghi e i cavalieri di minori sostanze rappresentanti delle contee, a partire dal 1295, diventer il parlamento inglese.

concilium, esisteva una cerchia pi ristretta di consiglieri del re: questa era nota come curia regis. Era composta dai pi alti ufficiali del regno, come il chief-justiciar, o giudice supremo, che svolgeva la funzione di vice-re e luogotenente reale quando questi era lontano dai domini inglesi, o come il cancelliere, a capo della cancelleria regia, cio del corpo di funzionari che si peritava di registrare gli affari dell'amministrazione del regno e della giustizia regale. I componenti della curia regis, lungo un processo culminato nel regno di Henry II (1154-1189), assunsero sempre pi stabilmente il ruolo di giudici del re, venendo incaricati di fare giustizia in suo nome nelle cause che erano di sua pertinenza12, e venendo a sostituire in buona parte la funzione giudiziaria del magnum concilium [ivi: 136]. La corte di giustizia reale, plenaria e ristretta, aveva una giurisdizione che pu essere fatta risalire a tre fonti. Innanzitutto, secondo la teoria feudale, il re aveva diritto alla convocazione di una corte signorile composta dai suoi feudatari diretti, i grandi magnati del regno. In secondo ordine, la giustizia regia si occupava dei casi che turbassero la "pace del re", come pi sopra definita, intrattenendo i pleas of the crown, cio i procedimenti riservati alla corona. Questi erano, nel periodo immediatamente successivo alla conquista, intrattenuti sotto la presidenza dello sceriffo nella corte di contea13, il tesoro reale ricevendone i profitti. Infine il re, tradizionalmente, come fonte di giustizia su tutto il regno, aveva diritto a una giurisdizione di ultima istanza in caso di errori o mancanze giudiziarie nelle corti inferiori [Maitland 1908: 106]. La giurisdizione reale, nel periodo normanno, era ancora straordinaria: a pagamento casi ordinari potevano ivi essere revocati, ma questa opzione era disponibile esclusivamente a un esiguo numero di uomini di grandi sostanze e alto rango [Pollock e Maitland 2010a: 116]. La giustizia reale, pur rappresentata nelle contee dagli sceriffi, prese a estendersi materialmente sull'intero regno grazie al suo carattere itinerante. Il controllo del regno appena conquistato da William I poteva essere assicurato tramite una costante peregrinazione del re e del suo consiglio tra le contee [Baker 2007: 17]. Sotto Henry I (1100-1135) furono nominati dei giudici di contea, rappresentanti locali del sovrano, in carico degli affari fiscali e giudiziari della corona, atti a mantenere il potere regio e assicurarsi che gli introiti della corona fossero debitamente raccolti. Accanto a questo esperimento di breve durata vennero istituiti dei giudici itineranti, che avrebbero visitato le diverse contee e condotto gli affari giudiziari e fiscali sul posto sottraendo, tra l'altro, agli sceriffi il potere di giudicare i crimini contro la pace del re. Questo sistema, inizialmente irregolare e inefficiente, fu sviluppato da Henry II (1154-1189), che istitu dei circuiti regolari di giudici
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Fino al XIV secolo non era un evento inconsueto che il re facesse giustizia in persona. Con lo sviluppo di una casta di giudici professionisti, per, il ruolo giudiziario personale del re venne a scomparire, venendo interamente delegato ai propri giudici, suoi diretti rappresentanti [Maitland 1908: 134]. 13 Tale funzione gli verr sottratta, per essere affidata ai giudici reali, de facto con lo stabilimento dei giudici itineranti, e de jure con la Magna Carta del 1215 [Baker 2007: 23].

erranti (justiciarii in itinere, o justices in eyre, di regola componenti della curia regis), regolarizzando la presenza della giustizia reale nelle contee [ivi: 15-16]. In questa fase i giudici reali assumevano la presidenza delle assemblee di contea, richiedendo, secondo l'antica procedura, un giudizio da parte dei convocati. Il potere di discrezione nella scelta di un giudizio valido, in caso di disaccordo nella comunit (si veda il paragrafo 1.1), permise una crescente influenza della giurisprudenza regia sulle regole di legge, uniformando i costumi locali e ponendo le basi della Common law [Adams 1924: 118-120]. Nello stesso periodo veniva stabilito un corpo di giudici professionisti stabilmente residente a Westminster, con il compito di processare i procedimenti l diretti da un mandato reale [Pollock e Maitland 2010a: 164-165]. La giustizia regia non era un meccanismo giudiziario disinteressato: le cause ivi ricadenti erano fonte di lauti profitti. Le cause penali portavano introiti sotto forma di sanzioni pecuniarie e confische di terre e beni dei criminali condannati. Molte azioni civili per danni avevano un parziale profilo penale (bastava che, da parte del ricorrente, venisse ventilato in qualche modo l'uso della forza), e ricadevano pertanto sotto la giurisdizione regia. Questi casi, di natura penale o mista civile-penale, ricadranno sotto la giurisdizione della Court of King's Bench14, la corte che, seguendo il re nelle sue peregrinazioni per il regno, venne a sostituire il sistema dei giudici erranti15. Lo scacchiere (exchequer), costituito sotto il regno di Henry I, era non solo il tesoro della corona, ma una vera e propria corte di giustizia residente a Westminster che processava i casi di natura civile in cui fossero implicati i diritti fiscali e proprietari del re. Infine, la giustizia regia accoglieva anche cause civili tra terzi in cui il sovrano e i suoi diritti non fossero implicati: anche qui, il privilegio di accedere all'alta giustizia per dispute non concernenti direttamente il sovrano, richiedeva che una parte tutt'altro che insignificante della somma recuperata venisse versata ai giudici16. Le cause civili diverranno di competenza di quella che diverr la Court of Common Pleas [Baker 2007: 38-39]. La procedura relativa al metodo della prova e i meccanismi di enforcement descritti nel paragrafo 1.1 erano, nell'immediato post-conquista, sostanzialmente comuni a tutti i livelli di giustizia [ivi: 13]. L'invasione normanna, per, port con s due strumenti di procedura innovativi che, riservati alla circoscritta giurisdizione regia, verranno a estendersi come procedura standard del regno, costituendo i pilastri e la specificit della Common law [Adams 1924: 117-118]. Il primo strumento procedurale fu quello degli original writs. Un mandato reale (writ), in origine, era un comando
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Entro il XIII secolo la giustizia regale, da corpo indistinto qual era, si scinder in tre corti di alta giustizia (le corti di Common law) formalmente distinte: Court of King's Bench, Court of Common Pleas e Exchequer of Pleas [Baker 2007: 38]. 15 Nel XIV secolo la corte diverr sedentaria presso Westminster [Baker 2007: 39] 16 Ancora nel XIII secolo, per avere accesso a un'azione per debito davanti alla giustizia reale il ricorrente poteva essere tenuto a promettere al re da un quarto a un terzo della somma eventualmente recuperata [Pollock e Maitland 2010b: 214].

scritto del re indirizzato a un qualunque suo soggetto, un suo ufficiale come un suo suddito, con cui gli veniva ordinato di compiere un qualsiasi corso d'azione [ivi: 123]. In particolare,
la forza inoppugnabile e direttiva che sta dietro al mandato evidente. E' l'autorit reale, il potere assoluto del re. Il mandato il particolare strumento formale che, prima della formazione dell'assolutismo costituzionale che fu il risultato del suo utilizzo, era impiegato dal re come strumento della sua autorit. Era una questione gravosa disobbedire a un mandato formale del re [ivi: 124].

Sotto il regno di Henry I, il sistema dei mandati reali cominci a essere sistematizzato, diventando un potente strumento esecutivo nel far apparire gli accusati davanti alla giustizia regia, farne rispettare le sentenze ed eseguire le misure cautelari durante i processi. I mandati venivano compilati dalla cancelleria regia, e potevano essere acquistati dai litiganti in modo da avere il potenziale coercitivo del re alla base della propria azione legale. In particolare nella giustizia civile i mandati reali permettevano al ricorrente di avere un'azione pi efficace, in parte rimediando alle lungaggini e alla imperfetta esecutivit dei giudizi ottenuti nelle corti comunali e feudali [Pollock e Maitland 2010a: 159-160]. I mandati reali, da ordini perentori quali formalmente erano, si trasformarono nel primo passo procedurale teso a intraprendere un'azione legale. Inizialmente erano inviati dalla cancelleria reale all'autorit locale, comandando che relativamente a una questione legale sollevata da un ricorrente si facesse giustizia, solitamente nella corte dove inizialmente la causa era sorta (a esempio in una corte signorile dove il lord si rifiutava di rendere giustizia, cio intrattenere la causa, di un tenutario che affermava di essere ingiustamente escluso dal suo possedimento). In altri casi erano inviati allo sceriffo, che doveva assicurarsi che vi fosse un regolare processo, e che, in caso di latitanza della corte locale, avrebbe dovuto assicurarsi che giustizia fosse fatta. Presto, nel XII secolo, a questo comando perentorio venne a sostituirsi una forma condizionale: lo sceriffo veniva istruito di comandare all'accusato di rendere giustizia al ricorrente, e, in caso non fosse stato intenzionato a obbedire, sarebbe dovuto comparire davanti alla corte di giustizia regia e spiegarne il motivo, di fatto istruendo un processo. In questo modo, i cosiddetti original writs, iniziarono quel cammino che port il processo di legge a essere sostenuto da un potenziale coercitivo efficiente. Non rispettare un mandato reale era una questione seria, e costituiva esso stesso un plea of the crown [Baker 2007: 54]. Un oltraggio alla corte, costituito dalla mancata esecuzione di un mandato regale, rimetteva la parte in causa alla misericordia della giustizia del re [Adams 1924: 124]. La costituzione della disobbedienza agli original writs come causa riservata alla giurisdizione regia costitu un ulteriore passo nella costituzione di questa come giurisdizione generale del regno: dal momento in cui lo scopo dei mandati poteva, potenzialmente, essere illimitato, qualsiasi richiesta sostenuta da un comando del re tendeva ad ampliarne il dominio [Baker 2007: 54].
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La seconda grande innovazione procedurale portata dai conquistatori normanni, questa volta relativa al metodo di prova, fu lo strumento dell'inchiesta. Questa era un'istituzione tipicamente franca, e consisteva nell'utilizzo di un'indagine, eseguita da testimoni giurati, relativa a determinate questioni di fatto. Questa era una tipica prerogativa regia, particolarmente utile quando il sovrano avesse necessitato di informazioni dettagliate relative ai suoi possedimenti terrieri o ai suoi diritti, di qualunque genere, in un particolare distretto: [il re] ordina che un gruppo di uomini, i migliori e pi degni di fiducia di un distretto, giurino di dichiarare quali terre, quali diritti, ha o dovrebbe avere nel loro distretto [Pollock e Maitland 2010a: 150]. Il pi impressionante esempio dell'utilizzo dell'inchiesta franca su suolo inglese dato dalla compilazione del Domesday Book su comando di William I nel 1086. Tramite il metodo dell'inchiesta giurata, il conquistatore fece compilare un censimento di tutte le terre del regno, raccogliendo informazioni sulla posizione di signori, contadini ed ecclesiastici, sui propri, e loro, diritti sulla terra, sulle propriet personali e sugli uomini a ogni livello della gerarchia sociale [Denman 1958: 76]. Questo particolare metodo di ricerca dei fatti si riveler estremamente versatile, costituendo, con l'estensione della Common law, il principale metodo di prova nelle azioni civili e penali, a scapito dei vecchi metodi fondati sulla composizione e sul giudizio divino. Da prerogativa regia qual era, il diritto ad avere un'inchiesta fattuale verr venduto con crescente frequenza dal sovrano ai litiganti per essere utilizzato nelle loro dispute personali [Pollock e Maitland 2010a: 150]. L'inchiesta si trasformer cos nel processo tramite giuria: la giuria, corpo composto da dodici uomini giurati, verr sempre pi ad assumere il ruolo di giudice di fatto, lasciando al presidente della corte, posto sempre pi occupato da un giudice reale, il ruolo di giudice di diritto. Prima di assumere il ruolo di giudice distaccato di fatti portati davanti alla corte da testimoni chiamati dalle parti17, la giuria era di necessit composta da uomini del distretto in cui fosse avvenuto il fatto oggetto della causa, proprio perch i suoi componenti erano meglio informati degli affari locali, e potevano cos dare un giudizio relativo a cosa fosse effettivamente successo [Maitland e Montague 1998: 56]. Lo sviluppo del processo tramite giuria sar particolarmente importante nel XII e XIII secolo, con l'esplosione delle assisi possessorie, e dei nuovi metodi processuali nello stabilire i diritti di propriet, relative alle azioni per terra, di cui si parler nel capitolo III [Baker 2007: 73].
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Tale ruolo, fondamento della moderna giuria, non sar assunto prima del XV secolo [Maitland e Montague 1998: 57].

2. IL SISTEMA FEUDALE INGLESE


2.1. Definizione e origine del sistema feudale Si soliti collocare l'et di maturazione del feudalesimo europeo tra l'XI e il XII secolo, a seguito di un processo iniziato in concomitanza delle ultime invasioni scandinave nel IX e X secolo, ma gi in via di costituzione con l'Impero Carolingio [Duby 2004: 199]. Per quanto riguarda l'Inghilterra la definitiva maturazione del sistema avvenne con la conquista normanna (completata con la battaglia di Hastings e la successione al trono di William I il conquistatore - fino ad allora Duca di Normandia - nel 1066). Si pu parlare in questo caso di "feudalesimo d'importazione", introdotto dai conquistatori normanni che portarono con s le istituzioni tipiche della madrepatria, caratterizzato da una migliore sistematizzazione rispetto ai luoghi in cui il processo era avvenuto in modo spontaneo [Bloch 1949: 217]. La societ feudale, noto, era una societ eminentemente piramidale, costituita da ordini e da gerarchie, tra di essi e interne agli stessi. L'ideologia prevalente considerava la societ come composta da tre ordini: la Chiesa, i guerrieri e i lavoratori [Duby 2004: 209-213]. Nelle parole dell'abate Aelfric di Eynsham, scritte due generazioni prima della conquista normanna:
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il trono si regge su tre supporti: laboratores, bellatores, oratores. I laboratores sono coloro che ci forniscono il sostentamento, aratori e agricoltori devoti esclusivamente a tale compito. Gli oratores sono coloro che intercedono per noi con Dio e promuovono la cristianit tra le genti cristiane al servizio di Dio, come fatica spirituale devoti esclusivamente a tale compito per il beneficio di tutti. I bellatores sono coloro che montano la guardia ai nostri borghi e alla nostra terra, combattendo in armi contro le armate nemiche [cit. in Miller e Hatcher 1978: xiii].

Ma, dal punto di vista dei rapporti sociali che strutturavano la societ feudale, pi che la mera distinzione in ordini risulta interessante la strutturazione gerarchica all'interno degli stessi (oltre alle particolarit dei punti di contatto tra di essi). Per il tema di cui si sta discutendo la societ feudale risulta di particolare interesse, in quanto il suo collante risiedeva nei rapporti personali tra i membri della stessa, e non in astratti diritti ai quali ognuno avesse titolo ad appellarsi. La divisione in ordini aveva eminentemente carattere funzionale (oltre che di diverso prestigio). Non che l'appartenenza a un ordine non avesse conseguenze rispetto allo status legale di una persona: ogni ordine aveva precisi diritti e precisi doveri. Ma il modo in cui venivano a strutturarsi i rapporti interpersonali tra i membri della societ comportava diversi risultati, a livello individuale e di societ. E' necessario ora tentare di dare una definizione di feudalesimo utile ai fini del presente studio. Come ogni definizione non pu che risultare in un tipo ideale, costrutto che sacrifica specificit e

variabilit empirica all'univocit e astrattezza di un modello puro [Weber 1980: 17-18]. Non solo l'Europa conobbe forme di feudalesimo estremamente diverse nei dettagli, ma anche un singolo paese, come l'Inghilterra, difficilmente poteva essere considerato una struttura invariabile non soggetta a eccezioni e particolarit (non solo in senso statico, ma anche in senso di continua evoluzione). Dal punto di vista della struttura legale generale a cui si trov soggetta l'Inghilterra a seguito della conquista normanna utile citare per intero la definizione data dallo storico legale inglese Frederic W. Maitland:
[Con feudalesimo si intende lo] stato di una societ in cui il principale legame sociale la relazione tra signore [ lord] e uomo [man], relazione implicante dalla parte del signore protezione e difesa; dalla parte dell'uomo protezione, servizio e riverenza, il servizio includendo servizio in armi. Tale relazione personale inseparabilmente connessa a una relazione di propriet, il godimento in concessione [ tenure] della terra - l'uomo ha titolo alla terra per mezzo del signore, il servizio dell'uomo un gravame incidente sulla terra, il signore ha importanti diritti sulla terra, e (si pu dire) il pieno possesso della terra diviso tra l'uomo e il signore. Il signore ha giurisdizione sui suoi uomini, organizza una corte per loro, alla quale devono attendere. La giurisdizione considerata una propriet, come un diritto privato del signore sulla terra. L'organizzazione nazionale un sistema di queste relazioni: alla testa posto il re come signore di tutti, sotto di lui stanno i suoi vassalli immediati, o tenutari della corona [tenants in chief], che a loro volta sono signori e tenutari [tenants], i quali a loro volta posso essere signori di tenutari, e cos via gi fino al pi basso possessore di terra. Infine, in quanto ogni altra corte consiste dei tenutari del signore, la corte del re consiste dei suoi tenants in chief, e nella misura in cui esiste un qualsiasi controllo costituzionale sul re viene esercitato dal corpo di questi tenutari [Maitland 1908: 143-144].

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Come riassunto da Richard Pipes, il sistema di signoria e sottomissione che prevalse nell'Europa occidentale tra, approssimativamente, il 900 e il 1250 d.C., fu caratterizzato da una fusione di sovranit e possesso, della sfera pubblica e privata, del tutto unica [Pipes 1999: 105]. Il legame fondamentale a base della societ perci il legame personale tra individui, l'essere "l'uomo di un altro uomo" [Bloch 1949: 171]: esso implica sia un legame di tipo giuridico (giurisdizione sopra il proprio uomo) che economico (possesso delle terra derivante dall'accettazione del proprio signore e scambio di servizi tra i due soggetti). Vediamo come nozioni oggi distinte in diritto pubblico e diritto privato formino in realt un tutt'uno: il possesso della terra (oggi diritto di propriet privata) condizionale a un obbligo di servizio e di fedelt, tra l'aristocrazia solitamente inteso come servizio militare (sfera, oggi, del diritto pubblico). Come nota Maitland, il feudalesimo, si pu dire, una negazione di tale distinzione. Laddove un feudalesimo ideale sia perfettamente realizzato, tutto ci che chiamiamo diritto pubblico [public law] fuso nel diritto privato [private law]: la giurisdizione propriet, l'ufficio propriet, la corona stessa propriet; lo stesso termine dominium significa in certi casi propriet [ownership] e in altri signoria [lordship] [Pollock e Maitland 2010a: 244]. La giurisdizione legale relativa al possesso e all'utilizzo della principale fonte di capitale produttivo (la

terra), inoltre, deriva dalla concessione della terra stessa: un rapporto economico implica necessariamente un rapporto giurisdizionale asimmetrico tra due individui. Il sistema della signoria, inteso come sistema giurisdizionale in mani private che si esercita su soggetti considerati subordinati, costituisce indubbiamente carattere necessario ma non sufficiente a definire il sistema feudale. Il sistema di giustizie personali ha storia molto pi antica e precede l'instaurazione della struttura feudale idealtipica delineata pi sopra con le parole di Maitland. La storia della signoria pu essere fatta risalire fino al basso impero romano, il suo utilizzo trovando come principale forza causale la crisi dell'autorit centrale, in particolare in concomitanza delle invasioni barbariche [Bloch 1966: 258]. La devoluzione dei poteri fino ad allora gelosamente custoditi dallo stato centrale ai grandi signori sottostanti (tassazione, convocazione delle truppe, mantenimento dell'ordine e amministrazione della giustizia), meglio in grado di amministrare direttamente il territorio, e la garanzia di particolari immunit dalla giurisdizione regia, prosegu gradualmente nei nuovi grandi regni barbarici, impossibilitati a governare territori tanto ampi tramite una singola autorit centrale:
tramite una serie di privilegi, nello stato franco chiamati "immunit", che trovano paralleli con diversi nomi quasi ovunque e specialmente nella Britannia anglo-sassone, i re garantiscono a determinati signori diritti di giurisdizione sulle loro terre e gli uomini ivi residenti, anche quando liberi [...]. Le concessioni reali, andrebbe aggiunto, non erano di giurisdizione assoluta [...]. Solo, come accadde, dal momento in cui lo stato divenne sempre pi debole - sul continente, dopo il collasso dell'Impero Carolingio; in Inghilterra al tempo delle invasioni danesi - il signore trattenne quei poteri che gli erano stati consegnati e usurp tutti o parte dei rimanenti, per quanto l'estensione di dette usurpazioni vari considerevolmente da paese a paese [ivi: 261-262].

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Tali signorie avevano una giurisdizione prevalentemente territoriale. Ai signori locali veniva garantita l'esenzione dalle tasse regie e la possibilit di godere personalmente dei tributi raccolti, oltre all'immunit dall'intrusione degli ufficiali regi nei propri territori. Nel Regno franco questo era garantito accanto alla concessione del diritto di banno (potere di emettere e far rispettare ordinanze), di norma prerogativa regia [ibidem; Duby 2004: 217-218]. Nell'Inghilterra anglosassone i re, concedendo i propri terreni ai grandi magnati, garantivano il diritto al feorm, tributo di norma dovuto direttamente al re per il suo sostentamento durante i costanti spostamenti da una parte all'altra del regno, oltre agli altri introiti derivanti dal territorio [Denman 1958: 66-67]. Accanto a tale concessione spesso veniva garantito un ampio diritto di giurisdizione sul possedimento, chiamato sake and soke [ivi: 93-95; Stenton 1932: 99-100]. I detentori del potere regio delegato potevano cos sfruttare pi intensamente gli altri tipi di diritti signorili in via di costituzione.

Parallelamente al proliferare delle signorie corre il processo di crescente soggezione degli uomini, in tutti gli strati sociali, a un signore, in particolare crescita a seguito della caduta dell'Impero Romano. Il rapporti di soggezione erano indubbiamente simili al rapporto di patronaggio gi diffuso nell'Impero [Bloch 1966: 264] ma, in un periodo di disordine, invasioni e scorrerie in cui n stato n famiglia potevano fornire una protezione sufficiente, guadagn nuova forza, dando vita a un sistema di vassallaggio su larga scala: il debole provava ovunque il bisogno di affidarsi a chi fosse pi potente di lui. Il potente, a sua volta, non poteva mantenere il proprio prestigio o la propria ricchezza, n conservare la propria sicurezza, se non procurandosi, con la persuasione o la costrizione, l'appoggio di inferiori obbligati ad aiutarlo [Bloch 1949: 174]. Tra l'epoca merovingia e quella carolingia possiamo vedere il processo diffondersi in ogni strato della societ, dando origine ai due ordini principali della societ feudale: i guerrieri e lavoratori. Le necessit militari impellenti, vera e propria fonte di profitto per le classi elevate, e lo sviluppo delle tecniche di guerra (in particolare il passaggio dalla fanteria alla cavalleria come forza principale), crearono un'ampia domanda per una classe di guerrieri professionisti. Dal momento che la debolezza dello stato impediva di organizzare una leva generale per le necessit di guerra a tale bisogno sopperirono i signori, tramite il seguito dei propri guerrieri domestici, i loro vassalli [ivi: 178-182]. Stante i costi di equipaggiamento e la necessit di un addestramento professionale, solo alcuni individui potevano pensare di poter fornire un servizio sufficientemente prezioso per un signore: cos che viene a crearsi una coincidenza tra il rapporto vassallatico e il servizio militare. Chi non era in grado di portare le armi finiva cos per rimanere legato alla coltivazione della terra, e il rapporto di patronaggio a cui si sottometteva scivolava verso la condizione di agricoltore dipendente da un signore [Duby 2004: 56]. Tale disuguaglianza crescente e persistente, indotta dal cambiamento tecnologico nelle operazioni militari, pu aver rotto l'equilibrio precedente fondato su un largo strato di piccoli e medi contadini liberi, conferendo un premio agli uomini in grado di accedere alle fila della cavalleria (sotto forma di maggiori profitti della guerra, considerati come saltuario bottino e nuove acquisizioni terriere). In mancanza di uno sviluppato mercato dei prodotti di consumo, e in mancanza di rilevanti possibilit di accumulazione di tale rendita (consistendo in larga parte di rendita in natura, soggetta a rapido deperimento), la creazione di un seguito armato in grado di aumentare il proprio potere politico poteva essere la scelta pi razionale da parte dei signori:
un uomo che aveva un surplus alimentare anno dopo anno - un uomo ricco - sarebbe un obiettivo invitante per gli altri membri della societ. Poteva usare la sua ricchezza per assumere seguaci per proteggerlo, scambiando parte del suo surplus per la loro lealt. Ma altri membri della societ potevano tentare di scalzare la lealt dei seguaci promettendogli una quota maggiore del suo surplus se si fossero rivoltati contro di lui. Nel risultante scontro, sia il ricco signore che qualcun altro potrebbe emergere con un tale seguito da poter intimidire gli altri individui e famiglie nella societ - da poter, in breve, stabilire uno stato con s stesso a capo [Posner 1980: 19].

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Il risultato fu il sistema del vassallaggio e, in seguito, la societ feudale, intesa come sistema di relazioni tra un mosaico signorie nella loro sfera in larga parte autonome e sovrane. Il rapporto di subordinazione si fondava sulla cerimonia di "omaggio". Il signore accoglieva la subordinazione del suo uomo, il quale giurava fedelt e soggezione: il legame era strettamente personale, e durava finch fossero durate le vite che congiungeva [Bloch 1949: 172-173]. Tale rito, inizialmente tipico della casta militare, si estender alle altre relazioni feudali tra uomini liberi. Ottenere l'omaggio di un uomo in condizioni servili poteva essere rischioso, in quanto avrebbe costituito il riconoscimento ufficiale del soggetto come libero, di fatto affrancandolo dalla sua condizione servile [Pollock e Maitland 2010a: 323]. I guerrieri porgevano omaggio e giuravano fedelt a un signore, da cui ricevevano protezione in cambio di supporto e servizio militare. I contadini, o gli uomini non pi in grado di mantenere la propria indipendenza economica, accomandavano la loro persona a un signore fornendo quanto avevano, cio forza lavoro o una rendita in moneta o in natura, in cambio di protezione e sostentamento. Un formulario merovingio dell'VIII secolo descrive l'atto di sottomissione di un uomo libero in difficolt al suo signore:
poich a tutti ben noto che non ho di che nutrirmi e vestirmi, ho supplicato la tua piet, e il tuo volere me l'ha accordato, di lasciare che mi consegni e mi rimetta alla tua protezione. Questo ho fatto alle seguenti condizioni: tu devi aiutarmi e mantenermi, sia riguardo al cibo sia riguardo al vestiario, secondo che io sar in grado di servirti e ben meritare di te. Finch vivr, ti dovr quel servizio e quell'obbedienza che sono compatibili con la libert, e per il resto dei miei giorni non avr diritto di sottrarmi al tuo potere o alla tua protezione [cit. in Duby 2004: 57].

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La classe dei contadini liberi, spesso proprietari di terreni allodiali (esenti da qualsiasi tipo di servizio signorile e pertanto simili a una propriet assoluta), spinta dalle difficolt economiche (dovute in particolare ai servizi militari, sempre pi costosi) fin per entrare nel meccanismo della raccomandazione vassallatica, rinunciando alla propria indipendenza per avere la protezione di un signore potente nei confronti dei signori vicini, delle frequenti scorrerie o delle richieste del sovrano. Il processo tipico consisteva nel consegnare al signore il proprio possedimento libero, ricevendolo indietro sotto condizione di uno specificato servizio da rendere al signore e all'obbligo di fedelt [Bloch 1966: 266]. Accanto ai contadini liberi vi erano i contadini in condizione servile: questi, quando l'accettazione della condizione servile non discendeva da una sottomissione s volontaria ma spinta dalla necessit, discendevano principalmente dalle famiglie di schiavi possedute dai proprietari terrieri, che venivano gradualmente accasati sui possessi signorili come piccoli concessionari dipendenti, a partire dal basso impero romano fino all'epoca di massima espansione del movimento nei secoli VI e VII. Il privilegio di possedere maggiore autonomia veniva pagato con esazioni servili, come pesanti obblighi di lavoro settimanali sulla propriet del

signore [Duby 2004: 50-51; Bloch 1966: 251-252]. Pur essendo in principio lo status giuridico di queste due categorie differente (da una parte gli uomini liberi, dall'altra i non-liberi), le loro condizioni vennero sempre pi ad amalgamarsi, fondendosi infine in quello strato di popolazione in condizioni servili costituente l'ordine dei laboratores durante la maturit del sistema feudale [Duby 2004: 119]. L'anello mancante nel passaggio dalla signoria e dal vassallaggio al feudalesimo risiede nelle modalit di possesso della terra. Nella societ pre-feudale il complicato sistema di giurisdizioni signorili e di legami personali alla base del vassallaggio non implicava necessariamente un possesso condizionale delle terre tramite il consenso di un signore. Per quanto riguarda il caso dell'Inghilterra anglo-sassone, l'obbligo di servizio militare gravava su ogni uomo libero, di alto come di basso rango, e costituiva una leva generale nazionale (fyrd). I grandi signori (nella societ anglo-sassone conosciuti col termine di thegn) possedevano terra garantita dal re (book-land) sulla quale gravava un obbligo generale di servizio pubblico nell'esercito (oltre ad altre prestazioni, sempre di natura pubblica, come la manutenzione dei ponti o delle mura a difesa dei borghi). Tale obbligo gravava su tutti i residenti del possedimento (dal loro punto di vista detto folk-land). Il thegn era soggetto a un obbligo di servizio militare personale derivante esclusivamente dal suo rango, al quale si accompagnava l'obbligo di garantire che i servizi pubblici gravanti sul territorio fossero eseguiti dagli uomini ivi residenti. Tra gli obblighi gravanti sul thegn vi era quello di organizzare la leva contadina per l'esercito [Stenton 1932: 116-118]. Il contadino libero (i componenti pi agiati erano conosciuti col nome di ceorl) era parimenti gravato da un obbligo di servizio, che ricadeva per per consuetudine sulla terra che occupava, e, al pari del thegn, non derivava da una forma di tenure condizionale:
i servizi venivano resi al possessore di book-land in virt del diritto consuetudinario [folkright] e, cos, la stessa identica terra che per il possessore di book-land era considerata book-land rimaneva folk-land dal punto di vista dei residenti responsabili personalmente dell'esecuzione dei servizi. Anche in questo caso non si pu dire che coloro che detenevano folk-land in queste circostanze la detenessero "in concessione" dal possessore di book-land; l'avrebbero tenuta, forse, "sotto" di lui, ma non "in concessione" da lui. Non stabilito nulla di simile alla tenure feudale [Denman 1958: 67-68].

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Una forte spinta nella direzione della tenure feudale venne data dalla necessit di mantenere i vassalli. I guerrieri domestici e pi in generale i seguaci che si accomandavano a un signore venivano solitamente mantenuti dallo stesso: tutto quanto dovevano era servizio e fedelt per la durata della loro vita. Dal IX secolo prevalse invece l'abitudine, in luogo del mantenere il vassallo nella casa signorile, di fornirgli un terreno da cui potesse ottenere il suo sostentamento, in cambio del quale avrebbe dovuto fornire i servizi stabiliti. Tale concessione condizionale di terra prese il

nome di feudo (nome all'epoca designante genericamente i beni mobili, del tipo utilizzato per remunerare i vassalli a servizio nella casa padronale: con la trasformazione della retribuzione del vassallo in terra venne cos a designare un possedimento terriero) [Bloch 1949: 190-196]. In luogo di un legame tra uomini indipendente dal possesso della terra, interviene un sistema in cui le due cose diventano inestricabilmente legate. Il beneficiario (feudatario) occupa la terra del suo signore e sotto la sua giurisdizione: colui che in precedenza era un proprietario terriero personalmente legato a un signore, diventa un tenutario in possesso di terra concessa dal signore [Maitland 1908: 156]. Come nota Marc Bloch sarebbe pi corretto chiamare il sistema feudale il sistema del vassallaggio e del feudo [Bloch 1966: 266], rendendo espliciti i due componenti della relazione: fedelt e servizio e terra in concessione. Della stessa opinione Frederic Maitland: ci che caratteristico del "periodo feudale" non la relazione tra locatore e locatario, o tra prestatore e creditore di terra, ma la relazione tra signore e vassallo, o piuttosto l'unione di queste due relazioni. Se fossimo liberi di inventare nuovi termini, potremmo trovare feudo-vassallismo pi utile di feudalesimo [Pollock e Maitland 2010a: 73]. La convergenza e l'interazione dei tre tipi di signoria sopra delineati (chiamate da Georges Duby, rispettivamente, signoria bannale, domestica e fondiaria [Duby 2004: 221-224]) costituirono il sostrato giuridico della societ feudale, al di sopra del quale, nei paesi che mantennero pi degli altri un forte stato centralizzato come l'Inghilterra (il pi centralizzato degli stati feudali, secondo Frank M. Stenton [1932: 5]), svettava la giustizia regia. 2.2. Il feudalesimo inglese Avendo delineato gli aspetti pi generali del sistema feudale possibile ora scendere nel dettaglio della sua struttura di base. Il periodo pi segnatamente feudale della storia inglese costituito dall'XI e dal XII secolo, cominciando, dalla seconda met del XII e nel XIII, quel declino costituito dallo sviluppo della giurisprudenza regia e della Common law. Il periodo feudale verr pertanto considerato la base di partenza dell'analisi oggetto di questo capitolo, mentre nel prossimo verr affrontato il passaggio alla nuova struttura di diritti di propriet. Nel paragrafo 2.2.1 verr delineata la struttura dei diritti di propriet come intesa nel sistema feudale inglese. Nel paragrafo 2.2.2 si affronter il concetto di tenure feudale, e si render conto delle principali tipologie di possesso libero diffuse nel periodo in esame. Nel 2.2.3 verranno descritti i diritti signorili sulla terra e sugli uomini derivanti dall'instaurazione del rapporto di base lord - tenant. Nel paragrafo 2.2.4 oggetto di analisi saranno i limiti a cui era soggetto ogni possedimento terriero secondo la struttura di diritti di propriet inerente ai costumi feudali, e la sua differenza rispetto ai moderni diritti di propriet. Nel 2.2.5, infine, verranno analizzate le tenure servili, assieme all'organizzazione economica manoriale a esse intimamente associata.
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2.2.1. Feudalesimo e diritti di propriet Essendo l'oggetto dello studio l'evoluzione dei diritti di propriet nel basso medioevo inglese l'unit di analisi sar il feudalesimo come manifestatosi nell'Inghilterra dell'XI e XII secolo con le sue peculiarit. Fin dalla conquista normanna fu stabilito recisamente come l'intera terra del regno fosse sotto la sovranit del re, William I, e tutte le concessioni inferiori, dalle pi corpose alle pi umili, derivassero la propria sanzione a partire dalla corona [Baker 2007: 224]. Tale non poteva che essere l'esito della riorganizzazione dello stato a seguito dell'occupazione di una terra straniera da parte di un gruppo di conquistatori. La terra conquistata fu sottratta alle grandi famiglie indigene, per essere riallocata ai compagni d'armi e ai familiari di William I a compensazione del servizio prestato durante la conquista [King 2009: 12]. Agli uomini pi vicini al re vennero concessi gli "onori" pi grandi: questi magnati erano conosciuti come tenants in chief, cio tenutari della corona, dal momento che la loro concessione derivava direttamente dal re in cambio di un definito ammontare di servizio militare [Stenton 1932: 55-56]. I grandi tenutari a loro volta concedevano porzioni dei loro immensi territori ai loro seguaci, in cambio dell'obbligo di fedelt e della fornitura di un certo numero di cavalieri per sostenere il servizio dovuto al re. Questo avveniva tramite il processo di sub-infeudazione (sub-infeudation), tramite cui un tenutario A accoglieva un altro uomo B come suo diretto concessionario. Il tenutario A assumeva cos la posizione di lord rispetto al tenant B, rimanendo tenant rispetto al lord C immediatamente superiore a lui (che, per i tenants in chief, era il re) da cui aveva originariamente ottenuto la terra tramite infeudazione ( enfeoffment): cos, tramite un processo di successive sub-infeudazioni, una catena di concessioni condizionali [tenures] fu creata dal re fino agli uomini che effettivamente occupavano la terra [Baker 2007: 225]. La terra trattenuta da un qualsiasi signore per il suo uso personale era detta terra tenuta in demesne. La terra concessa a un tenutario conferiva invece una signoria (lordship) sul tenutario diretto e un possesso rispetto ai suoi servizi. Un qualsiasi signore che si trovasse in una posizione intermedia (tra un lord superiore e un tenant inferiore) veniva genericamente chiamato mesne lord [ivi: 226]. Dalla struttura di autorit cos definita derivava quella che pu essere definita la struttura di diritti di propriet feudali. Seguendo il modello proposto da James Coleman, prima di una qualsiasi struttura di diritti di autorit e di propriet ben definita esiste solo il diritto degli individui a controllare le proprie azioni. Tali diritti di controllo possono essere scambiati, definendo un sistema di autorit entro il quale il controllo delle singole azioni pu essere concesso ad altri rispetto al possessore originale: tra quelle risorse sulle quali gli individui hanno un controllo vi sono le loro azioni. Gli individui possono, sotto minaccia o promessa o altrimenti perch lo vedono nel loro migliore interesse farlo, abbandonare il diritto a controllare certe loro azioni [...]. Un attore possiede
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un'autorit sopra un altro in un certo dominio di azioni quando il primo possiede il diritto a dirigere le azioni del secondo in quel dominio [Coleman 1990: 66]. In tal modo la relazione di base lord tenant pu essere considerata come derivante da uno scambio di diritti: al lord A viene concessa l'autorit di comandare il proprio tenant B secondo i termini di servizio stabiliti, mentre al tenant B, in cambio della rinuncia al diritto di poter controllare una classe delle proprie azioni, viene concesso il godimento di un territorio. B pu a sua volta entrare in un successivo scambio con C, D o E (che possono essere sia nella posizione di lord che di tenant nei confronti di B), aggiungendo un nuovo livello nella struttura di autorit feudale. In un mondo in cui la guerra e la conquista costituivano le principali fonti di profitto lo scambio di fedelt e servizi era il modo pi efficiente per garantire gli interessi delle parti interessate, costituendo cos il collante a fondamento dell'ordine feudale. In generale la raccomandazione a un signore sembra essere stata piuttosto conveniente. Non solo era possibile, tra le fila dell'aristocrazia, dedicarsi professionalmente al servizio militare e ottenere in cambio una notevole fonte di ricchezza costituita dalla terra. Tra gli uomini liberi di minori sostanze in una societ non ancora pienamente feudalizzata questo significava essere sgravati da un notevole carico amministrativo, dal momento che la frequenza alle corti pubbliche (organismi tanto giudiziari quanto amministrativi) era obbligatoria. Tramite il processo di raccomandazione e l'instaurazione di concessioni di terra dipendenti tali obblighi venivano svolti dal signore in vece del suo uomo:
la presenza alle corti un doloroso gravame per gli uomini pi poveri; vi avrebbero atteso senza particolare beneficio, meramente per vedere le cose decise per loro dalla gente pi ricca; mentre per quanto riguarda i loro diritti personali se ne sarebbe occupato il signore, essendo implicati con i suoi stessi diritti [...]. Nessuna legge aveva trasformato i pi piccoli proprietari in concessionari di terra di altri uomini o costretto gli stessi ad avere un signore - il cambiamento venne portato a compimento da atti privati di individui [Maitland 1908: 149-150].

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Tale schema volontaristico, pur in larga parte valido, non rende conto di tutte le relazioni di dipendenza alla base della societ feudale. Per quanto da un punto di vista formale tale modello risulti sempre da uno scambio volontario di diritti di controllo, da un punto di vista sostanziale la soggezione a un'autorit esterna pu avere origine involontaria, a esempio nel momento in cui rispetto a un soggetto in condizioni di svantaggio l'altro autoritario detiene risorse sufficientemente estese ed sufficientemente votato a usarle che l'alternativa [alla soggezione] porterebbe a conseguenze seriamente negative [Coleman 1990: 71]. Mentre, per diversi aspetti, certamente vero che doveva essere conveniente avere un signore [Maitland 1908: 149], altrettanto vero che spesso l'autorit signorile si impose tramite aperta coercizione. Questo in particolare accadeva agli strati pi bassi della popolazione, a esempio nei villaggi contadini, mancanti della forza militare

necessaria per resistere all'imposizione di una signoria sulle proprie persone e sulle proprie terre. Come ha scritto Stefano Fenoaltea,
quando lo stato troppo debole (o non disposto) nel proteggere i contadini contro i magnati, e la tecnologia militare tale che una forza contadina risulti marcatamente inferiore a una forza professionale, lo sfruttamento del villaggio da parte della classe militare pu essere inevitabile; e se un contadino agisce nel proprio interesse nel raccomandarsi a un protettore, lo fa in stretta analogia col negoziante contemporaneo che agisce nel proprio interesse nel comprare la "protezione" che un'autorit extra-legale pu offrirgli [Fenoaltea 1975a: 390].

Le signorie di fatto non nacquero e si estesero dal nulla, ma costituirono uno sviluppo di lungo termine di espansione di centri di potere esistenti a scapito dei pi piccoli centri ancora indipendenti. Come nota Marc Bloch i contratti di soggezione sottolineavano regolarmente come fossero ispirati alla libera volont delle parti: ma c'erano molte altre forze al lavoro nel rendere il piccolo uomo arrendevole; dalla fame - a volte causa dichiarata, pi generalmente nel caso di lavoratori senza terra - al desiderio di condividere quei diritti comuni che il signore riservava ai suoi dipendenti; fino alla bruta oppressione, sulla quale i contratti scritti ovviamente sono innocentemente silenti, ma che molte altre fonti rivelano [Bloch 1966: 268]. Difficilmente, pertanto, la catena di rapporti dipendenti pu essere descritta esclusivamente in termini contrattuali neutri, come in un primo momento suggerito da Douglass North e Robert Thomas (il servaggio nell'Europa occidentale fu essenzialmente un arrangiamento contrattuale dove servizi lavorativi venivano scambiati per i beni pubblici di protezione e giustizia [North e Thomas 1971: 778]): le risorse a disposizione e il potere militare conseguente giocarono indubbiamente un ruolo nel portare a risultati diversi, pur in presenza di rapporti di soggezione formalmente comuni all'intera struttura sociale, a seconda del potere contrattuale delle parti (come riconosciuto, pi tardi, dallo stesso North [1981: 129-130]). La struttura di autorit, e il sistema di diritti di propriet conseguenti, furono plasmati principalmente sulle necessit di un'aristocrazia militare e terriera. Il rapporto fondamentale della societ feudale inglese era quindi il rapporto tra signore e tenutario, che si estendeva partendo dal re fino a raggiungere l'ultimo contadino, legando l'intera societ in un sistema interconnesso di signoria e dipendenza. La transazione di base, a tutti i livelli sociali, era costituita dalla concessione di terra in cambio di un servizio, che poteva essere dei generi pi disparati: militare, il pi delle volte, tra la classe dei cavalieri; lavorativo tra la classe dei lavoratori (agricoli, artigianali o mercantili). Tra l'aristocrazia degli uomini liberi (si parler pi sotto delle tenure contadine) assume particolare rilievo il concetto di seisin. La seisin era considerata il possesso effettivo: di beni mobili, immobili, o di diritti rispetto a una particolare prestazione o a un particolare corso d'azioni riservato. Sotto lo stesso concetto di seisin rientravano i diritti di
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disposizione pi vari, come il possesso di bestiame, il possesso di un feudo in demesne, il possesso dei servizi dovuti dal proprio tenutario, il possesso del diritto a maritare l'erede del proprio tenant se minore, o il diritto a nominare il parroco della parrocchia costruita sul proprio possedimento: il termine "seisin" era utilizzato in relazione a ogni genere di cosa e ogni genere di diritto permanente che poteva essere considerato come una cosa [Pollock e Maitland 2010b: 33]. Anche i contadini in condizioni servili erano considerati in seisin del loro appezzamento di terra, per quanto secondo i costumi del maniero [ivi: 38]. In relazione al possesso del feudo, in un'epoca che non conosceva astratti diritti di propriet assoluta sulla terra, costituiva un mero stato di fatto: il signore metteva in possesso un tenutario di un terreno, e il riconoscimento di questo fatto costituiva l'unica garanzia per l'occupante del feudo [Baker 2007: 229]. La particolarit dell'atto conservata nell'uso grammaticale del concetto nella prima et feudale: to seise (mettere in possesso) era utilizzato come verbo transitivo, stante a indicare, appunto, un'azione transitiva. Il signore metteva in possesso il tenutario (the lord seised the tenant): la seisin connota non solo un possesso fattuale ma quell'accettazione signorile che costituisce l'unico titolo che pu esistere [Milsom 1976: 40]. L'uomo considerato in possesso era l'uomo che effettivamente stava occupando il terreno: l'atto di metterlo in possesso era l'atto di metterlo in occupazione effettiva del suolo [Pollock e Maitland 2010b: 31]. Solo in futuro, con lo sviluppo di diritti di propriet astratti, cambier l'uso linguistico: il tenutario verr considerato semplicemente in seisin (in possesso), il verbo transitivo venendo sostituito prima da una forma passiva (to be seised) e infine da un sostantivo (to be in seisin). In questa accezione essere in possesso [seised] denota una condizione piuttosto che un evento, una relazione tra una persona e la terra che pu essere discussa senza una referenza necessaria al signore [Milsom 1976: 40]. La differenza tra seisin e diritto di propriet non potrebbe essere pi radicale: mentre un diritto riconosciuto in astratto e la sua garanzia risiede nel potere coercitivo dello stato, la seisin fondata su un rapporto intimamente personale e la sua unica garanzia risiede nei termini di quel particolare rapporto. Secondo Marc Bloch
assai raro, in tutta l'era feudale, che si parli di propriet, sia di una terra che di un potere di comando; ancor pi raro [...] che un processo verta su questa propriet. Ci che le parti rivendicano , quasi uniformemente, la saisine o "presa di possesso" [...]. Non era precisamente un possesso, che la semplice occupazione del suolo o del diritto fosse bastata a creare; ma un possesso reso venerabile dal tempo [...]. Similmente la parola "propriet", applicata a un immobile, per altri motivi ancora sarebbe stata press'a poco priva di senso. O, almeno, sarebbe stato necessario dire [...] propriet o presa di possesso del tale o talaltro diritto sul fondo. Su quasi tutta la terra infatti, e su molti uomini, gravava in quel tempo una molteplicit di diritti, diversi per natura, ma ciascuno dei quali tuttavia, nella propria sfera, appariva

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egualmente rispettabile. Nessuno presentava la rigida esclusivit caratteristica della propriet di tipo romano [Bloch 1949: 135-136].

Relativamente all'Inghilterra anglo-normanna Robert Palmer mette in luce chiaramente la derivazione del possesso, e la sua protezione, da un legame personale di servizio:
la situazione iniziale era quella del "vero mondo feudale", caratterizzato da obbligazione, semplicit del titolo alla terra, discrezione, e un controllo signorile quasi assoluto. La vera societ feudale non aveva nozione del diritto alla propriet, solo di mutue obbligazioni. La terra era goduta - non posseduta - in cambio di servizi. Se i servizi non erano forniti il tenutario sarebbe stato espulso: la terra sarebbe tornata nelle mani del signore [ escheat]. Se il tenutario avesse subito una minaccia esterna era obbligo del signore, non dello stato, mantenerlo in possesso. Il diritto del tenutario era cos un diritto nei confronti di un individuo, non un diritto di propriet valido nei confronti del resto del mondo. Il "titolo" alla terra del tenutario, se cos pu essere chiamato, derivava solo dall'accettazione del signore. Tale accettazione era mostrata da parte del signore accettando l'omaggio dell'uomo mettendolo in possesso della terra. Di l in avanti erano strettamente legati l'uno all'altro; nessun intervento esterno ordinario poteva rompere tale legame [Palmer 1981: 11341135].

L'omaggio, in termini di propriet feudale, assume pertanto rilevanza legale. Non sanciva soltanto un vincolo di fedelt tra due individui, ma costituiva l'unico titolo valido al possesso del tenutario. Tramite l'omaggio, a meno che diversamente specificato, il signore era tenuto implicitamente (cio in assenza di una carta di infeudazione contenente una esplicita clausola di garanzia) a garantire il possedimento del proprio tenutario [Bailey 1945: 278-279]. Secondo Bracton18
l'omaggio un legame di diritto (vinculum iuris) tramite il quale una persona tenuta e obbligata a garantire [ warrant], difendere e assolvere il tenutario nel suo possesso [in his seisin] rispetto a tutti gli altri, in cambio di un certo servizio (per certum servicium) nominato ed espresso nel dono, e vice versa col quale il tenutario "realmente" obbligato ( re obligatur) a rispettare la fedelt al suo signore e rendere il servizio dovuto; e tale il legame di omaggio tra un signore e un tenutario che il signore deve tanto al tenutario quanto il tenutario deve al signore, salva la sola reverenza [Pollock e Maitland 2010a: 318].

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La differenza con un diritto di propriet astratto risiede nel fatto che tale garanzia, prima dello sviluppo e l'estensione della giustizia regia e dei suoi rimedi, era valida nella corte del proprio signore. Non solo tale corte era l'unica corte disponibile per far valere il proprio titolo a un possedimento (tranne nei casi in cui la causa fosse rivolta contro il signore stesso, nel qual caso la corte competente sarebbe stata quella del lord superiore a entrambi [ivi: 620]), ma i propri giudizi erano finali. Quello che contava era se il signore e la sua corte, in caso di disputa, avrebbero garantito effettivamente il titolo. Pur contando il costume e il precedente nei pronunciamenti
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Henry de Bracton il giudice, attivo negli anni '40 e '50 del XIII secolo, a cui attribuito il trattato De legibus et consuetudinibus Angliae, raccolta della giurisprudenza della corte di giustizia regia dell'epoca e cio della nascente Common law [Baker 2007: 176].

giudiziari, il possesso, la seisin, l'accettazione del tenutario da parte del signore era l'unico fatto che contasse realmente [Baker 2007: 231]. La signoria era un ordine autonomo e sovrano all'interno della propria sfera: in tale mondo, nella corte del signore che i diritti sono creati, esistono, e possono essere terminati; e una decisione di tale corte, relativa all'ammissione di un erede o alla sanzione di un passaggio di propriet o alla decisione relativa a una disputa, sar finale [Milsom 1976: 183]. I signori e le proprie corti avevano poteri intrinseci, ma, essendo sovrane, non esisteva alcuna sanzione esterna in caso questi fossero stati esercitati senza soddisfare i requisiti consuetudinari [ivi: 36]. Se lo stato, oggi, costituisce la sanzione finale di ogni diritto di propriet, laddove la sovranit era delegata a una corte signorile tale corte forniva l'unica sanzione dei diritti di propriet che potesse esistere, e pertanto tali diritti erano modellati sugli interessi e i rapporti di forza sottostanti alle relazioni tra i membri della stessa. La garanzia del possesso derivava non soltanto dal rapporto di fedelt bilaterale, essendo dovere del signore la difesa del possesso del tenutario, ma, essendo il rapporto l'unica garanzia nei confronti del resto del mondo, anche dal potere relativo del lord. Anche in questo senso "doveva essere conveniente avere un signore", se inteso nel senso di avere un signore in grado, fisicamente, di garantire il possesso: felice era dunque il tenutario che poteva dire a qualsiasi ricorrente avverso: -"Intentami causa se vuoi, ma ricorda che dietro di me troverai il conte o l'abate". Una simile risposta sarebbe stata spesso conclusiva [Pollock e Maitland 2010a: 324]. Il passaggio di possesso, da lord a tenant, prima della generalizzazione dell'atto scritto verso la fine del XII secolo e soprattutto per i possedimenti laici, era di norma orale [Hyams 1987: 455]. La cerimonia di omaggio era importante soprattutto perch costituiva un atto pubblico: alla stessa attendeva l'intera corte del signore. La sicurezza del titolo derivava dalla memoria dell'evento diffusa nella comunit signorile o, pi in generale, nella comunit circostante, la centena e la contea. Un passaggio di terra da A a B richiedeva due elementi distinti. Da una parte doveva essere resa esplicita ai testimoni (di solito i vicini delle parti in causa, appartenenti allo stesso distretto, centena o contea che fosse) la volont del donatore di concedere un possedimento al donatario: questo poteva avvenire a voce, o essere registrato in un documento scritto. Dall'altra, era necessario che il donatario prendesse effettivamente possesso della terra donata: la semplice testimonianza della volont del donatore senza presa di possesso effettivo costituiva il passaggio di un diritto incompleto [Thorne 1936: 345]. Il passaggio effettivo avveniva tramite la cerimonia di livery of seisin ("consegna della seisin", cio del possesso): anticamente questo comportava che le due parti alla transazione si trovassero sul terreno in questione, attorniati da testimoni, e che il donatore simboleggiasse il passaggio di possesso tramite la consegna al donatario di un oggetto appartenente al terreno, come una zolla di terra [Pollock e Maitland 2010b: 86-87]. Entro il XII secolo tale
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cerimonia "reale" fu sostituita da una cerimonia fittizia, non necessariamente svolta sul possedimento o in vista dello stesso, e implicante uno scambio di oggetti simbolici, non necessariamente appartenenti al terreno in questione [Thorne 1936: 364]. Con lo sviluppo delle corti feudali e la crescente giurisdizione delle stesse sulle transazioni in terra, la comunit rilevante ai fini della prova del possesso di un tenutario diventava quindi quella signorile: un trasferimento di terra pubblico e simbolico a conoscenza di tutti i testimoni all'atto, e che, se contestato, verrebbe vagliato nella corte signorile alla presenza dei membri della stessa [suitors] che erano stati testimoni, considererebbe superflua la richiesta che il dono fosse accompagnato dall'effettivo trasferimento di possesso [ivi: 356]. Il costume feudale si aspettava che un signore, conferendo un possesso di terra a un tenutario, fosse moralmente obbligato a garantirlo. Tale garanzia implicava due impegni: uno positivo, relativo alla protezione del proprio tenutario rispetto a eventuali rivendicazioni del possedimento da parte di terze parti; uno negativo, relativo alla possibilit di un futuro ripensamento da parte del signore stesso [Hyams 1987: 440]. La promessa di garanzia per, scritta od orale che fosse, semplicemente esprimeva un impegno da parte del signore e non gi un obbligo legale [ivi: 451]. Fino a XII secolo inoltrato, in un'era cos dipendente dalla memoria orale, i signori e la loro corte avevano maggiore spazio di manovra nell'interpretare, o modificare, le proprie promesse:
credere che gli uomini si sentissero irrevocabilmente obbligati da ogni concessione di terra fatta in passato credere in un mondo senza peccato. Renderebbe la garanzia un'obbligazione fin troppo meccanica rispetto alla dura societ del XII secolo con la sua memoria largamente orale. La complessa politica del mondo signorile senza ombra di dubbio accettava l'estromissione di un tenutario accettato in passato per ogni tipo di ragione, senza escludere la necessit di fare nuove concessioni della terra precedentemente data a uomini ora caduti in disfavore [ivi: 464].

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Un comportamento capriccioso da parte del signore non era, salvo in periodi di disordine in cui le alleanze e la scelta dei seguaci erano quanto mai precarie e soggette a cambiamento, la regola. Un comportamento corretto tra signore e tenutario era punto di onore del rapporto e costituiva, come gi rimarcato, il legame alla base dell'ordine sociale. Dispute relative al possesso sorgevano per senza dubbio laddove i signori accettavano, inavvertitamente o disonestamente, l'omaggio di uomini diversi per lo stesso possedimento di terra [Baker 2007: 229]. Il pi delle volte la questione veniva risolta all'interno della corte signorile (che era una unit politica oltre che giurisdizionale: le considerazioni alla base della decisione potevano essere fondate tanto su questioni di convenienza quanto di costume o diritto), offrendo al tenutario che aveva effettuato l'omaggio per un possedimento gi assegnato un possedimento di pari valore preso dalla riserva signorile (escambium). Anche qui, per, la compensazione non costituiva un obbligo legale (per quanto, a

seconda dei casi, la consuetudine poteva risultare vincolante in maggiore o minore forza), quanto piuttosto una rivendicazione morale tesa a sollecitare la garanzia fornita dal lord all'atto di conferimento del possedimento [Hyams 1987: 465]. Tale tipo di dispute costituiranno l'oggetto della crescente interferenza della giustizia regia e della Common law nella giurisdizione signorile nel XII e XIII secolo, da cui sorgeranno i diritti di propriet astratti moderni, oggetto di trattazione del capitolo III. 2.2.2. La tenure feudale E' necessario ora chiarire meglio i termini del contratto feudale standard tramite il quale l'intera terra del regno era distribuita tra i diversi soggetti. La lunga catena feudale che dal re portava fino all'ultimo tenutario creava una serie di anelli, dove ogni anello era costituito da una relazione personale tra due individui. Il signore che concede terra a un tenutario detto detenerla in servizio (in service): la concessione di terra gli conferisce dei diritti sulla stessa, ma ne viene a cadere il possesso diretto. Ci che effettivamente il signore viene a possedere sono i servizi forniti del tenutario stipulati all'atto della concessione. Come gi accennato, chi possiede invece terra direttamente (cio, non la concede a terzi in cambio di un determinato servizio) detto detenere tale terra in demesne: i diritti relativi a tale porzione ammontano a un diritto generale a utilizzarla secondo i propri desideri [Pollock e Maitland 2010a: 247-251]. Il contratto feudale costituisce pertanto un complesso interscambio di diritti personali e diritti reali: da una parte, il signore ha diritti nei confronti del suo tenutario, il tenutario diritti nei confronti del suo signore: il tenutario deve servizio al suo signore, il signore, almeno di regola, deve difesa e garanzia al suo tenutario. Dall'altra parte, sia il signore che il tenutario hanno diritti sulla terra, sul possedimento, l'oggetto della tenure [ivi: 251]. Sullo stesso appezzamento di terra gravano una serie di diritti derivanti dall'intrecciarsi delle diverse relazioni feudali: si pu dire che pi persone possiedono lo stesso tratto di terra, se inteso nel senso che pi persone possono far valere dei diritti su una parte dei servizi o profitti derivanti da una singola porzione di territorio. A esempio, se il re (K) concede una grossa baronia a un tenutario della corona A in cambio del servizio di quaranta cavalieri, tale l'ammontare del servizio associato al possedimento. A pu, per, entrare in successivi rapporti di scambio con B (il quale pu entrare a sua volta in rapporti di scambio con C, D e cos via), e i contratti di infeudazione possono essere fatti per tipologie di servizio differenti rispetto alla originaria fornitura di cavalieri (a esempio A pu sub-infeudare B in cambio di una rendita monetaria, o in cambio di una rendita e di una porzione dei cavalieri dovuti a K). Resta, per, il dovere da parte di A di garantire il servizio inizialmente pattuito a K. Il servizio stipulato in un qualsiasi contratto feudale tra A e B era detto intrinseco (intrinsic), e i suoi termini erano materia di
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contrattazione diretta tra le parti. Il servizio dovuto a K e gravante sul possedimento di A, invece, era, rispetto al servizio pattuito tra A e B, detto estrinseco (forinsec): era, cio, esterno al rapporto tra A e B (gravava sull'intero possedimento di A), ma interno al rapporto tra A e K. Nondimeno, si trattava di una parte dello stesso servizio che in definitiva andava reso a K. Lo stesso possedimento, pertanto, era gravato da una catena di diritti: la somma del valore dei successivi contratti di servizio intrinseci doveva, almeno in teoria, eguagliare il servizio intrinseco del tenutario A nei confronti di K. Le modalit con cui il servizio complessivo era reso non erano importanti, finch fosse stato reso nella sua interezza. In caso di mancanze da parte di A era diritto di K prendere provvedimenti per assicurarsi il pattuito, a esempio requisendo le propriet personali presenti sul possedimento garantito ad A: in tale possedimento, per, si sarebbero trovate di norma le propriet personali di B, C e D. Questi avrebbero dovuto rivalersi su A, e non su K, dal momento che quest'ultimo aveva tutto il diritto di difendere i termini del proprio contratto nei confronti di A, indipendentemente dai rapporti di A con B, C e D [ivi: 252-253]. L'esclusivit e personalit dei diritti della propriet assoluta resta pressoch sconosciuta alla struttura dei diritti di propriet feudale. Il contratto di tenure non era in origine, in alcun modo, un concetto legale, ma un fatto sociale, o un insieme di assunti comuni: uno stato di cose oltre ogni precisa definizione legale [Baker 2007: 224]. La volont continuativa delle parti ne costituiva il fondamento e cos, come il pi antico rapporto di omaggio, secondo i costumi feudali il contratto restava valido finch durava la vita (e la fedelt) delle due controparti. Come riassunto da Samuel Thorne,
secondo la teoria feudale, un feudo era conferito a un vassallo in cambio del suo omaggio e del suo servizio. Doveva provvedere al suo mantenimento e dargli i mezzi per fornire il suo signore dei servizi dovuti. Cos, era suo non per un termine prestabilito, ma solo finch la relazione personale di vassallaggio, il legame di omaggio tra signore e uomo, che costituiva il suo titolo, fosse continuata. Quando fosse arrivata a un termine, come succedeva alla morte di una delle due parti in causa, il suo feudo giungeva a un termine con questo [Thorne 1959: 196].

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Essendo l'intero sistema dei diritti di propriet sulla terra derivante da un rapporto di tenure condizionale, esprimibile, a tutti i livelli, nella formula "A detiene terra tramite B" ( A tenet terram de B, nella formula latina [Maitland 1908: 153]), il sistema della tenure cercava di accomodare i molteplici bisogni di servizio alla base della societ (economici, giuridici, di difesa, preghiera, etc...). La terra, in una societ non ancora pienamente commercializzata, costituiva la principale fonte di retribuzione. Le concessioni di terra, pertanto, non potevano che essere relative a servizi piuttosto diversificati. Verranno quindi descritte le principali forme di concessione libera, mentre le concessioni servili (che, chiaramente, erano relative alla maggior parte della popolazione, legata alla coltivazione diretta della terra) verranno analizzate nel paragrafo 2.2.5, distinguendone gli

aspetti giuridici ed economici. La classificazione impiegata il risultato di un lungo percorso di formalizzazione culminato nella giurisprudenza regia nel XIII secolo (ed , pertanto, anacronistica rispetto ai primi due secoli del feudalesimo inglese), ma utile non di meno per cogliere le differenze sostanziali (per quanto, in principio, non cos nette) tra le diverse tenure venute in essere dopo la conquista normanna [Denman 1958: 84]. Frankalmoin. La terra detenuta in libera elemosina (questo il significato di Frankalmoin) costituiva i possedimenti propriamente ecclesiastici. Non era l'unica tenure disponibile agli uomini di chiesa, che potevano, in quanto individui, o in quanto alla testa di una casa religiosa come un monastero, occupare terra tramite qualsiasi altro tipo di tenure (i vescovi, a esempio, erano alcuni dei principali tenutari della corona in Knight's service) [Maitland 1908: 25]. La sua particolarit risiede nel tipo di servizio incombente sul possedimento, costituito da servizi di carattere eminentemente spirituale [Denman 1958: 86-87]. Questi potevano essere specificati all'atto del trasferimento, come con l'obbligo di celebrare una messa in giorni prestabiliti a favore del donatore, o la promessa di occuparsi in sua vece del sostegno ai poveri: in tal caso la tenure era detta in "servizio divino" (divine service). I servizi, in alternativa, potevano non essere specificati, semplicemente affermando all'atto del dono che la terra veniva donata genericamente per la salvezza dell'anima del concedente (in questo caso si aveva la tenure in frankalmoin vera e propria). Quando un possedimento veniva accordato in libera elemosina il servizio religioso poteva essere il solo servizio richiesto con l'atto di trasferimento: in questo caso il dono veniva effettuato in "libere, pure e perpetue elemosine" (free, pure and perpetual alms). In altri casi il servizio spirituale costituiva la componente principale dell'accordo, e servizi secolari minori potevano essere stipulati tra il lord secolare e il tenant spirituale. Chi dovesse occuparsi del servizio estrinseco gravante sul possedimento era materia di contrattazione tra le parti al dono, e una parte dello stesso poteva venire eseguita dagli uomini di chiesa beneficiari della concessione (in tal caso si sarebbe parlato semplicemente di dono in "libere e perpetue elemosine", free and perpetual alms) [Pollock e Maitland 2010a: 254-266]. Il dono del possedimento non veniva conferito a un individuo specifico, ma solitamente era un dono diretto a Dio, a un particolare santo o a una particolare chiesa (in altri casi il dono poteva essere fatto a una categoria non meglio definita, come per i doni agli zoppi, i ciechi e i lebbrosi [Denman 1958: 86]). Questo dava origine a una particolarit di non poco conto relativa ai possedimenti ecclesiastici: essendo la terra detenuta formalmente da un'entit spirituale (o da un ordine religioso, o da un generico gruppo di uomini bisognoso d'aiuto), e non da un uomo mortale, il suo possesso non poteva terminare per definizione. Mentre, come verr approfondito nel paragrafo 2.2.3, alla morte di un tenutario il signore poteva assicurarsi importanti privilegi economici relativi al suo possedimento, finch l'erede legittimo non avesse raggiunto la maggiore et, nel caso della terra
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detenuta in libera elemosina questo non poteva succedere. Il possesso era continuo, e il succedersi nel tempo dei diversi ecclesiastici alla guida del possedimento non provocava quelle interruzioni nell'occupazione del suolo fonte di lauti profitti nel caso delle tenure laiche [Bean 1968: 43]. Nel caso dei doni a entit ecclesiastiche troviamo in nuce il concetto di corporazione, dotata in qualche modo di personalit giuridica: il possesso era attribuito alla corporazione e non ai singoli componenti, ed era il suo carattere di persona fittizia (persona ficta) che le conferiva l'attributo dell'immortalit, in grado di proteggerla dalle esazioni che ricadevano sui comuni mortali all'atto del loro trapasso. Da questo derivavano i privilegi unici che finirono per definire la tipica propriet ecclesiastica: i doni alle corporazioni - per la maggior parte case religiose - sono sempre stati dannosi per i signori feudali, dal momento in cui le corporazioni erano immortali e non avevano eredi. Un dono a una corporazione significava mettere la propriet in una mano morta, una "alienazione in manomorta" [mortmain] [Baker 2007: 241]. Knight's service. Le tenure militari costituivano la maggior parte delle terre detenute in concessione dal re, e, pertanto, al primo livello della catena feudale, costituivano la maggior parte delle terre inglesi [Maitland 1908: 26]. Come gi detto, nel primo secolo del feudalesimo inglese (1066-1166) costituivano la riserva da cui veniva reclutata l'armata feudale propriamente detta. I tenants in chief di norma detenevano i loro possedimenti tramite tale tipo di servizio. In generale, chiunque fosse soggetto a tale tipo di tenure doveva provvedere al proprio signore (che fosse il re o un mesne lord) un determinato numero di cavalieri, il cui ammontare variava a seconda delle dimensioni del possedimento e alle specifiche contrattate tra le parti (non esistendo una stretta equivalenza tra estensione e valore dei possedimenti e un certo numero di unit di cavalleria). L'unit di base era costituita dal servizio di un cavaliere: questo implicava la fornitura di un soldato a cavallo interamente armato, pronto a servire nell'armata del re per un periodo di quaranta giorni in un anno, interamente a spese del tenutario (in caso il servizio fosse durato per un periodo maggiore, come spesso accadeva, sarebbe stato compito del re coprire le spese aggiuntive) [Pollock e Maitland 2010a: 266-270]. I diversi feudi sopportavano diversi carichi: esistevano feudi tenuti a fornire un grande numero di cavalieri, mentre esistevano feudi pi piccoli obbligati a fornirne solo una frazione (il frazionamento in sub-unit pi piccole derivante dal processo di sub-infeudazione). A esempio, un feudo da mezzo cavaliere poteva essere tenuto a fornire un sergente o coadiuvante (due sergenti costituendo l'equivalente di un cavaliere), oppure due tenant assegnatari di un feudo da mezzo cavaliere l'uno dallo stesso lord erano tenuti a cooperare alla fornitura di un cavaliere intero [Stenton 1932: 170]. Esistevano anche suddivisioni pi minute, a esempio feudi da un terzo, un sesto o addirittura un ventesimo di cavaliere. Questa apparente stranezza deriva dal fatto che le concessioni militari pi piccole vedevano di fatto commutata la frazione di servizio dovuto in una
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esazione in denaro corrispondente alla frazione del costo di un cavaliere nell'armata reale: tale pagamento era detto scutage [Pollock e Maitland 2010a: 271-272]. I tenutari della corona dotati di ampi possedimenti, solitamente tenuti alla fornitura di un ingente numero di cavalieri, invece, erano detti in possesso di un "onore" o di una "baronia". La loro terra era tenuta a produrre il numero di cavalieri richiesti, comunque raccolti (per quanto di norma tramite sub-infeudazione in Knight's service), e lo stesso barone era tenuto, salvo particolari eccezioni, a servire in persona (il suo servizio contando come quello di un cavaliere) [ivi: 275-278]. I doveri di un cavaliere tra l'XI e XII secolo erano in realt pi ampi di quanto la netta classificazione di Bracton del XIII secolo potrebbe far credere. Un filo rosso collega lo status del thegn anglo-sassone, e il suo carico di doveri pubblici (a cui si accennato nel paragrafo 2.1), alla tenure in knight's service propriamente detta. Un signore si aspettava dal suo cavaliere una serie di servizi pertinenti alla sua posizione: servizio nell'esercito, servizio di guardia al castello, scutage, scorta armata per gli spostamenti del signore e servizi e opere pubbliche varie pertinenti al dovere di soldato, come le opere di riparazione dei castelli sotto il controllo del lord (exercitu et warda et scutagio et equitatione et opere et omni servitio quod ad militem pertinet), di cui solo i primi due, strettamente parlando, costituivano la specificit della concessione di terra in servizio militare [Stenton 1932: 171]. Tale tenure era perci un contratto flessibile, tramite cui il signore poteva accomodare al meglio i propri bisogni: al di l dell'expeditio [il servizio militare nell'armata reale], tutti i servizi della lista potevano essere combinati nel XII secolo a discrezione del signore, che era perfettamente libero di associare ognuno di questi a una infeudazione per la quale il principale ritorno era una rendita in moneta [ibidem]. Pur essendo la cavalleria la base politica e militare del sistema feudale, e pur essendo l'armata feudale ancora nel XIII secolo una armata effettiva a disposizione del re, la sua convocazione e il suo utilizzo erano tutt'altro che semplici, soprattutto laddove le necessit militari erano durature nel tempo. Dalla fine dell'XI secolo si diffuse perci l'utilizzo saltuario dello scutage come commutazione monetaria del servizio militare personale anche al livello dei tenants in chief [Stenton 1932: 177-179], dando origine, di fatto, a una forma di feudalesimo pi lontana dall'idealtipo originario (conosciuto come "feudalesimo bastardo" [Baker 2007: 228]), e pi simile a un sistema fiscale moderno, tramite il quale il re poteva ottenere le risorse con cui assoldare un'armata composta in larga parte da mercenari19 [Bean 1968: 6]. Serjeanty. La tenure in serjeanty (termine implicante genericamente la fornitura di un servizio) era utilizzata per accomodare diverse situazioni che non corrispondessero chiaramente al servizio di cavalleria o alla tenure in socage. La variet di servizi dovuti sotto tale concessione era ampia: la
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La Guerra dei cent'anni, combattuta a cavallo tra il XIV e il XV secolo tra i sovrani inglesi e francesi, fu di grande importanza nel passaggio a un esercito composto da professionisti [Postan 1942: 7].

tenure in serjeanty, come alla fine venne a svilupparsi, includeva molte differenze sociali. Una dicotomia divise i tenutari effettivamente militari, che erano detti detenere terra in grand serjeanty, da altri sergenti che, rendendo servizi personali di grande variet, detenevano terra in petty serjeanty [Denman 1958: 85]. Le concessioni in grand serjeanty erano concessioni ottenute direttamente dal re, e implicavano generi di servizio che, pur di carattere militare, differivano dal servizio di cavalleria vero e proprio: il tenutario, in luogo dell'essere tenuto a servire come cavaliere per quaranta giorni in guerra, era tenuto a provvedere qualche particolare servizio per il re - portare il suo stendardo, o la sua spada, condurre l'avanguardia o la retroguardia, essere il suo campione, il luogotenente o il maresciallo della sua armata o simili [Maitland 1908: 30]. Al di l degli obblighi prettamente militari, altri serjeant costituivano il personale al servizio della casa reale. L'ufficio di maggiordomo, di cappellano o di ciambellano erano uffici, spesso ereditari, accomodati con questo tipo di tenure [Pollock e Maitland 2010a: 299-300]. Gli altri servizi necessari al buon funzionamento dell'amministrazione regia, svolti direttamente per il re, erano considerati di petty serjeanty: i tenutari cos accomodati possono essere tenuti a provvedere cose, come cavalli, frecce o armature per uso militare, vino o cibo per il palazzo del re, pergamena o cera per la sua burocrazia [Baker 2007: 227]. Tenures in serjeanty non erano esclusive dei tenutari della corona e potevano essere concesse anche dai mesne lords: ogni signoria, in qualit di piccolo stato autonomo, aveva necessit di mantenere una burocrazia funzionante, oltre a un seguito di servitori che si occupasse delle magioni signorili. Cos, per esempio, un tenutario poteva essere infeudato come "rodknight", tenuto a cavalcare col suo signore, o poteva essere obbligato a giudicare le cause pertinenti alla corte del signore, o a portare le sue lettere, o a nutrire i suoi segugi, o a trovare archi e frecce, o a trasportarli [Pollock e Maitland 2010a: 302]. Allo stesso modo sergenti di signori minori potevano essere tenuti a servire direttamente per il re, assolvendo quel servizio estrinseco che, tramite successive sub-infeudazioni, continuava a gravare sulla terra [ibidem]. Le mansioni cos delineate erano considerate in qualche modo servili, ma, essendo mansioni affidate a uomini liberi e da svolgersi sotto grandi signori o addirittura per il re, avevano un carattere onorifico: la nozione di servit, libera servit, opposta a ogni forma di servaggio, sembra essere la nozione che porta le diverse serjeanties sotto il nome di un'unica classe, e punta a una delle varie fonti di quello che, nel senso pi lato del termine, possiamo chiamare sistema feudale [Pollock e Maitland 2010a: 304]. Socage. Le tenures in socage costituiscono le concessioni residuali dopo aver tenuto conto delle tre precedenti: qualsiasi tenure che da una parte libera e dall'altra non spirituale, militare, o "di servizio", detta tenure in free socage [ivi: 308]. Il carattere residuale della concessione copriva pertanto un ampio numero di situazioni. Un primo tipo di concessione in Socage poteva riservare al
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signore un servizio semplicemente nominale: non veniva stabilita nessuna rendita o servizio in favore del concedente, e il legame lord - tenant rimaneva in essere stipulando un servizio simbolico, come la consegna di una rosa una volta all'anno. In questo modo era possibile stabilire relazioni non onerose: a esempio, questo poteva essere il modo di donare un terreno a una figlia, retribuire un compagno per i suoi servizi passati, o mascherare una vera e propria vendita di un terreno in cui una somma veniva pagata per intero all'atto del trasferimento, liberando la terra da ulteriori servizi. A questi casi si affiancava un secondo tipo, in cui la terra veniva concessa a un tenutario in cambio di una rendita monetaria prestabilita. Un terzo tipo di Socage era costituito da contratti misti, in cui il tenutario, accanto alla rendita monetaria, era tenuto a effettuare alcuni servizi per il signore, di solito di tipo agricolo (per quanto solitamente non di persona, ma tramite i contadini residenti che acquisiva col passaggio di propriet). Infine, troviamo quel tipo di tenure in socage che sfumava nelle concessioni contadine servili: questo quarto tipo di Socage implicava servizi lavorativi agricoli personali, solitamente limitati nell'ammontare, accanto a una rendita monetaria e in natura. Detti tenutari erano conosciuti come sokemen [Pollock e Maitland 2010a: 308-310]. Della stessa radice della tenure in socage la tenure in burgage. Questa era tipica dei cittadini residenti nei borghi, che pagavano al signore della terra una rendita per gli edifici e gli spazi occupati, tipici di un contesto urbano, analoga a un vero e proprio affitto (per quanto poteva essere accompagnata da lievi servizi personali) [Denman 1958: 168-170]. La particolarit del burgage risiedeva nel fatto che, oltre al contratto di tenure costituito da un mero affitto, in genere il signore garantiva ai residenti del borgo i suoi diritti giurisdizionali e i profitti da questi derivanti. Accanto ad altre concessioni regie, come il diritto dei borghesi a non essere processati se non nelle proprie corti o il diritto a tenere regolarmente un mercato o una fiera, queste particolarit resero possibile la nascita dei borghi come centri autonomi e in larga parte sovrani, entrando a far parte di diritto delle comunit del reame, con tutti i privilegi che questo comportava (a esempio, oltre a un lato potere di auto-governo, la possibilit di inviare dei rappresentanti al parlamento, specchio delle communities of the realm) [Pollock e Maitland 2010a: 312]. 2.2.3. Diritti sulla terra e sugli uomini Il contratto di tenure feudale, in quanto implicante sia un rapporto economico che personale, creava in capo al signore una serie di diritti nei confronti del proprio tenutario e del suo possedimento. Questo avveniva a tutti i livelli della societ, sia tra i contadini in condizioni servili che tra la nobilt e la cavalleria, dal piccolo cavaliere di contea al grande tenutario della corona: la dipendenza di un uomo da un altro uomo era una caratteristica centrale del medio evo [...], non vi era alcun possesso libero [freehold] nel senso in cui lo conosciamo oggi. Il possesso di terra a tutti i
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livelli della societ comportava obbligazioni nei confronti del proprietario terriero e limiti alla libert dell'occupante della terra [Hatcher 1981: 12]. Per quanto riguarda le tenure militari (Knight's service e Serjeanty), il signore della terra godeva dei cosiddetti sette frutti della cavalleria (seven fruits of chivalry) [Pollock e Maitland 2010a: 325]. Questi formavano un corpo di diritti legali goduti dal signore sulle terre detenute in concessione da lui, rendendogli in una serie di occasioni una quota delle entrate provenienti dalle terre del suo tenutario [Bean 1968: 7]. Detti frutti venivano raccolti, per la maggior parte, alla morte dell'occupante diretto del terreno. Il servizio principale dovuto al signore restava quello militare, mentre questi diritti, per loro natura, venivano esercitati solo incidentalmente20, non costituivano, cio, la parte essenziale della relazione feudale, che restava il rapporto di servizio. Ci non di meno configuravano una lauta fonte di profitto a favore del signore, oltre a un serio impedimento al godimento di una forma di propriet assoluta da parte del tenutario [ivi: 2, 7-8]. In origine costituivano una garanzia per il signore, in caso di morte del proprio tentant, ai profitti della terra, con cui provvedere personalmente al servizio dovuto dal possedimento ora vacante: gli incident sorsero in un mondo in cui il lord era il compratore. Stava pagando i servizi desiderati tramite un'allocazione di terra; e gli incident facevano semplicemente s che la paga fosse a sua disposizione se non vi fosse stato nessuno immediatamente disponibile a rendere i servizi [Milsom 1976: 112].
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I sette frutti della cavalleria erano composti da escheat, aid, wardship, marriage, tassa di alienazione, relief e primer seisin. Il diritto all'escheat consisteva nella possibilit, da parte del signore, di prendere i terreni del proprio tenutario, ed eventualmente aggiungerli alla propria demesne, in caso questi non avesse lasciato eredi legittimi. Lo stesso accadeva nel caso in cui il tenutario si fosse reso colpevole di un grave crimine o di tradimento [Bean 1968: 8]. L'aid consisteva nel diritto consuetudinario a chiedere assistenza al proprio tenant in caso di necessit. Esazioni di questo tipo occorrevano in situazioni di emergenza, come nel tipico caso in cui il signore fosse caduto in prigionia durante una campagna militare all'estero, in modo da pagarne il riscatto, ma anche in situazioni pi mondane, a esempio per l'investitura a cavaliere del figlio del lord o per il matrimonio della sua figlia21 [Denman 1958: 112]. Il diritto di custodia (wardship) e di matrimonio (marriage) costituivano i due incident pi remunerativi per il signore, e pi seccanti per il tenutario e la sua famiglia. Alla morte del tenutario il proprio signore otteneva la custodia della sua terra e del corpo del suo erede legittimo, fino a che questi non avesse raggiunto la maggiore et (21 anni per gli uomini, 16 per le donne - a meno che non fossero gi state promesse in matrimonio,

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Sono pertanto conosciuti come incidents of feudal tenure [Bean 1968: 7]. Le esazioni legittime vennero ristrette a questi tre casi con la Magna Carta del 1215. Precedentemente le esazioni avevano natura pi discrezionale e vessatoria [Baker 2007: 238].

nel qual caso la custodia durava fino ai 14 anni). Il controllo temporaneo del signore sulla terra era assoluto: i profitti da questa derivanti erano suoi di diritto, a sostituzione del servizio che avrebbe dovuto svolgere il tenutario deceduto. La custodia dell'erede e della terra poteva inoltre essere venduta al migliore offerente, capitalizzando immediatamente i profitti che sarebbero stati raccolti solo nel tempo22 [Bean 1968: 8]. Il signore otteneva anche il diritto a organizzare il matrimonio dell'erede minore. Visto che ogni arrangiamento familiare comportava grossi trasferimenti e fusioni di ricchezze tra i due rami della famiglia, anche tale potere poteva essere lautamente monetizzato, vendendo il diritto al matrimonio. L'erede poteva rifiutare un matrimonio adeguato, ma in tal caso avrebbe dovuto compensare il proprio signore dell'occasione di profitto cos perduta [Baker 2007: 240]. Data la natura del legame feudale, poi, il signore aveva diritto a richiedere un pagamento dal proprio tenutario in caso questi avesse richiesto la licenza di alienare il proprio possedimento tramite sostituzione23 [ivi: 239]. Infine, il lord aveva due diritti pi strettamente collegati al rapporto di omaggio vassallatico, cio relief e primer seisin. Il relief era un pagamento effettuato dall'erede legittimo all'atto del suo accesso al possedimento di famiglia [Pollock e Maitland 2010a: 326]. Nel periodo del primo feudalesimo, quando l'ereditariet del possedimento non era ancora regola di legge, il relief costituiva una profferta da parte dell'erede al signore del proprio antenato, atta a persuaderlo nell'accettarlo come nuovo tenutario. L'esistenza di tale costume rafforza l'ipotesi che originariamente il feudo era considerato come conferito al proprio vassallo solo per la durata della sua vita [Thorne 1959: 197; Bean 1968: 10]. Finch tale pagamento non fosse stato effettuato il signore avrebbe goduto dei profitti della terra, impedendo l'ingresso dell'erede e rimandandone l'omaggio: non era escluso che la somma richiesta fosse artificiosamente alta in modo da impedire la successione di un erede considerato inadatto [Baker 2007: 239]. Il diritto di primer seisin, invece, era esclusivamente prerogativa regia. Conferiva al re il diritto di occupare le terre dei propri tenutari per il periodo intercorrente tra la morte del proprio tenutario e l'accesso e l'omaggio del suo erede. Tale diritto risultava particolarmente profittevole in caso l'identit dell'erede fosse stata in disputa, o nei casi in cui le formalit relative alla livery of seisin avessero subito dei ritardi [Denman 1958: 112]. Le tenures in socage non erano soggette a tutte le limitazioni gravanti sui possedimenti militari. In quanto non erano concessioni tese a supportare il servizio di un cavaliere o di un sergente erano
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Il re godeva di un diritto di custodia speciale, la prerogative wardship, che gli consentiva di gestire non solo le terre conferite ai propri tenants in chief, ma anche le terre che questi avessero eventualmente detenuto in concessione da altri signori [Bean 1968: 9]. 23 Sulle modalit di alienazione si veda il paragrafo 2.2.4.

considerate di inferiore dignit24: quanto perdevano in dignit, per, guadagnavano in libert del possesso. Il tenutario in Socage era libero dallo scutage, esatto nei feudi militari. Inoltre era libero, in larga parte, dagli aspetti pi oppressivi della tenure in cavalleria, cio dal diritto di wardship e marriage [Pollock e Maitland 2010a: 311; Denman 1958: 87]. Le tenure spirituali, invece, essendo conferite a corporazioni che per definizione non cessavano mai di esistere, privavano il signore di tutti gli incident che di norma gli sarebbero spettati di diritto alla morte del proprio tenutario. Accanto ai frutti della cavalleria, e in modo che questi potessero essere esatti, i possessori di una signoria godevano di un ulteriore importante diritto, cio del potere disciplinare sopra i propri tenutari. Essendo il feudo concesso in cambio di servizi, il rapporto era valido solo finch tali servizi venivano forniti. In caso di mancanze da parte del tenutario il lord poteva convocarlo dinnanzi alla propria corte (costituita dagli altri suoi tenutari liberi): veniva, il costume cos imponeva, convocato tre volte. Alla quarta convocazione il signore aveva diritto a prendere in cauzione le propriet personali (chattels) presenti sulla terra del tenutario (distraint). A questo facevano seguito ulteriori convocazioni e, in caso di ulteriore latitanza, la corte poteva dichiarare il feudo confiscato (forfeited), con la perdita di tutti i diritti derivanti dalla sua concessione (per quanto, il pi delle volte, in quanto i servizi costituivano un bene prezioso, la confisca era utilizzata come mezzo per costringere il tenutario a fornire quanto stabilito dal rapporto di vassallaggio in successive convocazioni della corte). In tal caso il feudo poteva venire riassegnato a un nuovo feudatario, instaurando una nuova relazione lord - tenant [Milsom 1976: 9]. Il possedimento, entro la giurisdizione disciplinare, poteva venire confiscato anche per altri motivi: commissione di un reato (felony), invasione dei terreni personali del signore (purpresture), violenza nei confronti del lord e quindi rottura del vincolo di fedelt, mancanze rispetto ai diritti feudali incidenti sulla terra (incident), incontinenza dell'erede femmina del tenutario o sua concessione in sposa senza consenso del signore25 [ivi: 11-12, 26; Palmer 1985: 9-10, 21-22]. 2.2.4. Limiti alla propriet assoluta La propriet feudale, se intesa in senso puro come presente agli albori del feudalesimo, era ben lontana dalla propriet assoluta. Si trattava di un possesso condizionale, condiviso tra signore e tenutario, e sul quale gravavano diversi diritti appartenenti a diversi soggetti. Verranno quindi delineate le principali disabilit che differenziavano la tenure feudale dalla moderna propriet assoluta, in particolare i limiti all'ereditariet del feudo, quelli alla possibilit di alienazione, e infine
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Il possesso in socage derivava di fatto da modalit di tenure inizialmente riscontrabili nei possedimenti contadini pi privilegiati [Pollock e Maitland 2010a: 311]. 25 In questo consisteva, pi dettagliatamente, il diritto di escheat.

i limiti alla possibilit di dare disposizioni testamentarie in relazione alle propriet fondiarie. Si far riferimento in particolare ai vincoli gravanti sui possedimenti militari, il rapporto di tenure prevalente nel sistema feudale puro, tralasciando i costumi particolari o tipicamente regionali26. Ereditabilit. Alla base del costume feudale, come gi ampiamente illustrato, il feudo non era patrimonio personale del vassallo se non per la durata della sua vita e della sua fedelt al proprio signore. In questo senso, nel feudalesimo originario il possedimento del tenutario non discendeva alla sua morte, di diritto, automaticamente al proprio o ai propri eredi [Bloch 1949: 219]. Essendo oggetto di scambio nella relazione personale di vassallaggio tra due parti, il feudo, alla morte del vassallo, tornava nelle mani del signore, per essere riassegnato a un altro vassallo a discrezione del lord, in modo da suggellare un nuovo rapporto di fedelt tra signore e tenutario. Il feudo, in origine, altro non era che un possedimento conferito limitatamente alla durata della vita delle due parti [Thorne 1959: 196]. L'erede del tenutario
non aveva alcun diritto sulla terra ma meramente una rivendicazione a succedere al proprio predecessore come uomo feudale del signore, cio, a che il signore accettasse il suo omaggio e gli riconsegnasse il feudo che aveva sostenuto il servizio del suo antenato e poteva ora sostenere il suo. Questa era una relazione in cui il signore non era tenuto a entrare, cos come non era obbligato alla concessione del feudo del suo predecessore all'erede [ivi: 196-197].

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La stessa cosa valeva in caso di morte del signore durante la vita del tenutario: l'omaggio tra i due veniva a un termine, e il nuovo signore della terra (accettato discrezionalmente, a sua volta, dal proprio signore) non era tenuto ad accettare il vassallo precedente come proprio uomo [ivi: 197]. Nonostante questo, e pur non essendo una regola di legge, il signore, comunque, di norma voleva l'erede ad ogni modo: era disponibile, leale e familiare. La lealt pu essere trasmessa tra le generazione facilmente quanto pu esserlo la terra [Palmer 1985: 6]. Era una consuetudine vantaggiosa l'accettare un membro della famiglia come nuovo tenutario alla morte del precedente vassallo. Solitamente il prescelto era il primogenito: ciononostante, il candidato doveva apparire in grado di soddisfare le necessit, militari e di servizio, del signore. Un fratello pi giovane poteva essere preferito al primogenito senza ulteriori discussioni, se considerato pi adatto [ibidem]. Allo stesso modo, prima che le stringenti regole della Common law stabilissero, in linea generale27, il prevalente diritto del primogenito maschio alla successione, all'interno della comunit signorile non

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A esempio il costume Borough english, che conferiva l'eredit all'ultimogenito, o il Gavelkind, diffuso nel Kent e nell'Inghilterra orientale, che permetteva una ripartizione dell'eredit tra i figli [Pollock e Maitland 2010b: 284-293], o i vari costumi dei borghi, che lasciavano una certa libert di alienazione, nomina dell'erede e possibilit di lasciare disposizioni testamentarie relative alle propriet fondiarie [Pollock e Maitland 2010a: 678-679]. 27 Le regole di Common law relative alla successione entravano in gioco in caso non fosse possibile far valere un costume locale stabilito da tempo immemore. Se, per, l'esistenza di un costume particolare fosse stata accertata, tale costume veniva garantito e applicato dalle corti regali [Baker 2007: 255-256].

era escluso che il vassallo potesse scegliere il proprio erede. Finch la corte feudale era l'unico tribunale disponibile, arrangiamenti di questo tipo erano possibili: il consenso delle parti in causa, del signore e della sua corte, era, in definitiva, quanto contava realmente [Milsom 1976: 109]. Le prime carte di infeudazione di epoca normanna non contenevano parole che indicassero un diritto, o un'obbligazione personale, relativa alla successione dell'erede del vassallo [Thorne 1959: 196]. Entro la prima met del XII secolo, per, divenne consuetudine conferire un feudo non al solo vassallo per la durata della vita, ma al vassallo e ai suoi eredi, specificando la clausola nella carta di infeudazione. Lungi dal conferire una forma di propriet assoluta, quindi ereditabile, l'interpretazione originale di tali parole non era che il lord stava conferendo una forma di propriet perpetua al tenant [...], ma che stava promettendo, per proprio conto e dei suoi eredi, un obbligo ad ammettere l'erede del tenutario (e forse gli eredi dell'erede, a loro volta) a rendere omaggio e succedere alla terra [Baker 2007: 260]. Il possedimento non discendeva perci all'erede direttamente dal proprio predecessore come patrimonio familiare, anche nel caso in cui il signore era tenuto secondo i termini della carta di infeudazione ad accettarlo, ma da un nuovo dono, o da una conferma della situazione in essere prima della morte del precedente vassallo da parte del signore. Questo conferiva un diritto semi-proprietario all'erede, valido per, come spiegato nel paragrafo 2.2.1, all'interno della corte signorile di riferimento, in caso fosse disposta a mantenerlo [Thorne 1959: 198-200]. La messa in seisin e l'accettazione dell'omaggio dell'erede, atti inestricabilmente connessi, erano sempre alla base di un dono di terra, e non di un passaggio di un titolo astratto di propriet regolato da principi legali generali: per quanto regolare la successione sia stata di fatto, e per quanto potente il costume vincolante il signore a fare una nuova concessione, era sempre solo tramite una concessione da parte del signore che ogni erede aveva accesso. Prima che fosse fatta, l'erede non poteva pensare s stesso come "proprietario" [Milsom 1976: 170]. In ogni caso, dal momento che il riconoscimento del signore costituiva la garanzia pi valida al possesso, come nota Frank Stenton, anche se la quasi totalit delle pi antiche carte di infeudazione che possediamo erano conferite a un tenutario e ai suoi eredi, era evidentemente saggio per un erede, all'atto della sua successione, ottenere dal suo signore una nuova carta che gli restituiva o confermava la terra di suo padre [Stenton 1932: 161]. Alienabilit. Il sistema feudale come tipo puro non permetteva la possibilit di alienazione dei propri possedimenti senza riserve. La catena feudale, costituita da successive sub-infeudazioni a partire dal sovrano, definiva innanzitutto una gerarchia militare, mobilitabile a richiesta del re, che implicava stretti rapporti di fedelt tra le due parti costituenti i diversi anelli, fondati su un rapporto di servizio rigido, le quali obbligazioni reciproche potevano essere fatte valere in momenti di necessit e urgenza (a esempio, nel caso di una campagna militare, o nel caso di necessit di
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protezione e assistenza da parte dei propri uomini o del proprio signore). Prima della tramutazione del sistema feudale, a carattere prevalentemente militare, in un sistema principalmente fiscale, era naturale che la relazione lord - tenant implicasse una scelta accurata del proprio uomo da parte del signore. L'alienazione libera del feudo avrebbe implicato l'imposizione al lord di un nuovo tenant che, pur gravato dagli stessi obblighi di servizio del precedente, era estraneo alla relazione originaria intimamente personale e fondata sulla fedelt tra uomo e uomo: certamente sarebbe andato contro l'essenza dello spirito del legame feudale il permettere unilateralmente a un tenutario di sostituire qualcun'altro al suo posto; il beneficiario sarebbe stato un completo estraneo per il signore, e non avrebbe potuto diventare un tenutario senza che il signore l'avesse ricevuto come suo uomo [Baker 2007: 260]. La comunit signorile, di conseguenza, era una comunit chiusa, dove i legami forti (implicati dall'omaggio vassallatico) dominavano sui legami deboli (implicati dagli scambi di mercato)28. Una simile struttura di diritti di propriet pu derivare dalla necessit, dettata dagli obblighi di servizio militare, di evitare che i legami forti, costituenti l'ordine all'interno delle cellule signorili, venissero sostituiti da quelli deboli in caso di ripetuto scambio dei possedimenti tendente a spezzare i vincoli di omaggio e fedelt [Ellickson 1993: 1376]. Il mantenimento di questo tipo di ordine
richiede l'escludere gli estranei dall'azione collettiva e aiuta a spiegare i limiti alla trasferibilit dei diritti di propriet. I diritti di usufrutto [di cui la tenure feudale pu essere un esempio] possono essere razionalizzati in questo contesto. Questi diritti danno al possessore il diritto a usare una risorsa e coglierne gli introiti, ma non ne permettono la trasferibilit a membri al di fuori del collettivo. In una societ che dipende da valori condivisi e interazioni ripetute come meccanismo di mantenimento dell'ordine, sarebbe dannoso il permettere ai membri di quella societ di trasferire diritti a volont. Tale trasferimento potrebbe permettere a nuove persone di diventare membri del gruppo senza un condizionamento sociale appropriato e potrebbe distruggere il consenso sociale riguardante la giusta distribuzione dei diritti [Anderson e Hill 2003: 137].

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Il costume feudale implicava che la struttura dei diritti relativi alla terra fosse costituita e mantenuta all'interno della corte signorile: qualsiasi riassetto dei diritti richiedeva l'accettazione del signore e della comunit entro cui tali diritti esistevano [Milsom 1976: 105]. Questo, non di meno, anche nel feudalesimo originario, non implicava una assoluta assenza di scambi di terra. Implicava, invece, un controllo signorile piuttosto ampio sulle possibilit di alienazione dei propri tenutari. I principali metodi di alienazioni esistenti erano due: sub-infeudazione e sostituzione. Sub-infeudare un nuovo tenutario, diventandone il signore, cos aggiungendo un nuovo anello alla catena feudale, equivaleva all'alienazione a terzi di una parte del proprio possedimento, in cambio di un
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Seguendo Mark Granovetter, la forza di un legame una combinazione (probabilmente lineare) dell'ammontare di tempo, dell'intensit emozionale, dell'intimit (fiducia reciproca), e dei servizi reciproci che caratterizzano il legame [Granovetter 1973: 1361].

corrispettivo (in servizi, in natura, in moneta, in preghiera, ecc...). Non chiaro se il consenso del signore A fosse strettamente necessario laddove il tenutario B volesse sub-infeudare il tenutario C: sembra, anzi, che questo tipo di alienazione fosse per la maggior parte libero. La relazione personale tra A e B non veniva infatti toccata in questo caso: i servizi dovuti da B restavano gli stessi, ed era cura di B organizzare il proprio possedimento in modo che fossero resi al meglio, anche dotandosi di una corte di propri tenutari secondo determinati obblighi di servizio [Baker 2007: 261]. Non sembra vi fosse un principio generale che regolasse le alienazioni tramite subinfeudazione: casi particolari, che davano origine a particolari problemi, venivano gestiti nella corte del signore A. In particolare, le sub-infeudazioni alle casate religiose erano guardate con sospetto, dal momento in cui, essendo il servizio concordato di natura eminentemente spirituale, questo riduceva la capacit del tenutario B nel rendere appieno i propri servizi ad A. In questo caso il consenso alla sub-infeudazione della corte del lord A era considerato necessario [Milsom 1976: 117-119]. Diverso il discorso per le alienazioni tramite sostituzione. Il metodo della sostituzione richiedeva che il tenant B, detentore della propria concessione di terra tramite il signore A, conferisse il proprio possedimento (o parte dello stesso) al tenant C, che a sua volta avrebbe detenuto la propria concessione dal signore A. Questo equivaleva al separarsi definitivamente, da parte di B, dal proprio possedimento. Il tenutario C veniva ad assumere quindi la posizione di B, subentrando allo stesso rapporto di servizio: cambiava l'occupante della terra, ma i termini del rapporto feudale rimanevano gli stessi. C sostituiva B come tenutario di A [Bean 1968: 40]. E' evidente come tale tipo di trasferimento fosse possibile solo una volta ottenuto l'assenso del signore e quindi il suo impegno ad accettare come proprio uomo il nuovo tenutario. Una libera alienazione del feudo poteva risultare seriamente pregiudizievole per gli interessi signorili:
se un nuovo tenutario sostituito per uno vecchio, un povero pu prendere il posto di un ricco, un disonesto quello di un onesto, un nemico quello di un amico, e il solenne legame di omaggio sar ben flebile se il vassallo possiede liberamente il potere di mettere un altro uomo al suo posto. Se la sostituzione riguarda solo una parte del possedimento, il signore pu soffrire in un altro modo, e difficilmente si pu supporre che possa essere obbligato a una suddivisione del servizio effettuato senza il suo concorso, cos che invece di essere in grado di badare a un uomo e sei hides29 per il suo scutage o affitto, possa essere costretto a badare a un uomo e quattro hides per due terzi dello stesso, a un altro uomo e due hides per il residuo [Pollock e Maitland 2010a: 349].

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Dal momento che il legame feudale era bilaterale, non era considerato legittimo da parte di un signore l'alienare la propria signoria costringendo il vassallo a presentare omaggio a un nuovo lord.
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La hide era una unit di misura consuetudinaria che corrispondeva a 120 acri (un acro corrispondendo a 4.046,86 metri quadrati o a 0,4 ettari) [Homans 1970: 73-75].

Ma, mentre il vassallo non poteva essere obbligato a rendere omaggio, in caso avesse presentato validi motivi per non farlo (a esempio ventilando l'inimicizia del nuovo signore, o la sua povert e quindi minore capacit di garanzia del possedimento), i suoi servizi erano trasmissibili al suo nuovo signore [Baker 2007: 261]. L'omaggio era analiticamente distinto dal possesso, dalla seisin, per quanto nel tipo puro di feudalesimo questi fossero inestricabilmente connessi: il possesso dei servizi del tenutario C (inizialmente detenuto da B) poteva essere garantito al lord A da parte del lord B, pur in assenza di un esplicito omaggio di C nei confronti di A. Questo processo era detto attornment, stante a indicare il passaggio di un tenutario dal vincolo feudale con un signore a quello con un altro [Pollock e Maitland 2010a: 367-368]. Oltre alle restrizioni riguardo alle modalit del trasferimento, dall'immediato post-conquista fino ai tempi di Glanville30 vi era una distinzione importante tra le porzioni di terra componenti il possesso di un vassallo. I suoi possedimenti venivano considerati diversamente, a seconda che fossero costituiti da un possesso ereditato (considerato patrimonio familiare), oppure da terreni ottenuti tramite acquisizione (a esempio territori conquistati o ricevuti durante la vita del vassallo). Mentre le acquisizioni, pur entro i limiti di cui sopra, potevano essere alienate secondo la volont del vassallo, i patrimoni ereditati erano considerati de facto propriet di famiglia. In questo caso una loro eventuale alienazione poteva risultare pi sicura se effettuata col consenso dell'erede designato [Holt 1972: 12-13]. Il possesso di un feudo trasmissibile, in principio, agli eredi, veniva spesso creato all'atto del primo passaggio dello stesso a un erede: questo creava un precedente, che di norma veniva riconosciuto e confermato nella carta di infeudazione, specificando cos la natura ereditabile del possedimento. Le terre del genitore che discendevano al successore, che si trattasse di patrimonio o acquisizione, si trasformavano in un patrimonio unificato, a sua volta interamente soggetto al consenso dell'erede in caso di alienazione [ivi: 40]. Allo stesso modo non era considerato lecito, da parte di un vassallo, separarsi interamente dalla totalit dei suoi possedimenti, di fatto diseredando l'erede legittimo, nel caso i propri possessi fossero costituiti interamente da acquisizioni [Pollock e Maitland 2010b: 323]. Si gi parlato del costume di inserire clausole relative all'ereditabilit dei feudi nelle carte di infeudazione. Un altro caso tipico consisteva nell'inserire nella carta termini relativi all'alienabilit dello stesso. In questo caso il possedimento non veniva semplicemente conferito "ad A e ai suoi eredi", ma "ad A, ai suoi eredi e ai suoi assegnatari". Questo implicava che il lord si ritenesse
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Ranulf de Glanville, giudice reale, considerato l'autore del trattato omonimo, scritto intorno al 1187-1189, raccolta della giurisprudenza della corte regale dell'epoca [Baker 2007: 175-176]. 31 Il consenso dell'erede designato, da costume inteso ad assicurare una certa stabilit del possesso in caso di morte del concedente originario, tender a divenire obbligatorio con lo sviluppo e l'interferenza della prima giurisprudenza regia sotto Henry II, rivolta sempre pi favorevolmente ai diritti dell'erede legittimo [Milsom 1976: 109].

obbligato a garantire non soltanto la successione degli eredi di A, ma anche il possesso di eventuali concessionari a cui A avesse deciso di conferire il possedimento tramite sostituzione [Baker 2007: 260]. Anche in questo caso, per, lungi dal conferire una propriet assoluta, il signore si assumeva un obbligo nei confronti del proprio tenutario, e cio di accettare come proprio uomo chiunque avesse ricevuto il proprio possedimento tramite sostituzione da A. All'atto del trasferimento il signore si garantiva la possibilit di approvare e confermare l'alienazione nella propria corte [Milsom 1976: 107]. In linea generale, per concludere, gli scambi di terra nell'XI e nella prima met del XII secolo conferivano possedimenti per la durata della vita delle controparti allo scambio. Le concessioni dovevano essere riconfermate alla morte o del concedente o del concessionario originario. Questo non avveniva automaticamente. L'erede di un signore
doveva obbligarsi personalmente rispetto alle alienazioni del suo antenato; il semplice essere l'erede del concedente non creava alcuna obbligazione. Similmente, gli eredi di un concessionario non potevano beneficiare automaticamente delle promesse personali fatte al loro antenato. Un nuovo impegno era necessario per obbligare di nuovo nei loro confronti il concedente dell'antenato (o il suo erede) [Hyams 1987: 468].

Prima dello sviluppo della giustizia del re, e l'estensione della sua giurisdizione nell'area della real property, la corte signorile rimaneva il luogo in cui i diritti proprietari venivano creati o distrutti. Siccome l'erede non acquisiva il proprio possedimento direttamente dal proprio antenato, ma dal suo lord, riceveva la terra libera dalle alienazioni precedentemente fatte. Per far s che continuassero a essere valide era richiesta, almeno formalmente, una nuova alienazione da parte dell'erede. Questo avveniva pi o meno automaticamente per le concessioni militari, mentre per le donazioni per diverso tipo di servizio, in particolare alle casate religiose (in cui la terra veniva privata dei profitti necessari per prestare il proprio servizio), la precedente alienazione poteva essere messa in discussione, a esempio chiamando in causa l'irragionevolezza della stessa. L'erede, succedendo come uomo feudale del proprio signore, doveva essere messo in grado di sostenere lo stesso servizio sostenuto dal proprio genitore. Se il patrimonio fosse stato ridotto da questi al punto di non consentire un pieno servizio, era nell'interesse della comunit signorile far s che il possedimento venisse reintegrato, annullando le precedenti concessioni che ne avessero eventualmente ridotto, economicamente, le possibilit di servizio [Thorne 1959: 205]. In questo senso, lungi dall'avere una struttura di diritti di propriet astratta fondata sulla sicurezza del titolo, l'intero edificio della prima et feudale si basava su un complesso di nodi e di relazioni personali vivente. Disponibilit testamentaria. Nel periodo successivo alla conquista normanna i terreni del vassallo erano considerati alienabili, dopo la sua morte, tramite testamento (last will). Era generalmente ammessa la possibilit di doni in terra post obitum al di fuori della famiglia, per esempio a favore di
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casate religiose [Pollock e Maitland 2010b: 339]. Questo era possibile grazie alla differenza, sopra introdotta, tra patrimonio e acquisizioni. Le acquisizioni, essendo soggette a minori restrizioni rispetto al patrimonio, potevano pi facilmente essere oggetto di trasferimento tramite testamento, senza che l'erede avesse voce in capitolo. Il carattere simbolico della livery of seisin, stabilito nella prima et feudale, tramite cui un possedimento poteva essere trasferito con il passaggio di un oggetto di propriet del concedente (si veda il paragrafo 2.2.1), faceva s che un trasferimento valido potesse essere perfezionato sul letto di morte32. Nelle prime generazioni post-conquista ci rendeva piuttosto ampia la libera disposizione testamentaria: la quasi totalit delle terre ottenute dalla nobilt normanna tramite conquista erano, infatti, pure acquisizioni, ottenute tramite lo sforzo militare. Solo col passare del tempo, e col loro passaggio tramite linea ereditaria, si trasformarono in patrimonio tramandato tra le generazioni, soggetto a regole pi stringenti sia per le transazioni inter vivos, che post obitum [Holt 1972: 12-13]. Il divieto di disposizione dei propri possessi dopo la morte non da considerarsi una caratteristica tipica del sistema feudale: dal punto di vista del signore feudale un dono post obit non pi discutibile che un dono vero e proprio. Non possiamo trovare nel feudalesimo puro una qualsiasi ragione del perch il proprietario di terra non dovrebbe fare un dono post obit col consenso del signore, e senza il consenso del suo signore in effetti dubbio se possa affatto fare un dono in generale [Pollock e Maitland 2010b: 342]. Il consenso del lord rimaneva preminente anche in relazione alle disposizioni testamentarie date sul proprio letto di morte, per le quali il tenutario cercava consiglio e assenso dal proprio signore. Furono le regole della nascente Common law che, entro l'ultimo quarto del XII secolo, formalizzarono lo stato di cose fluido esistente nelle diverse corti signorili. Entro l'epoca di Glanville la giustizia regale intraprese il compito di proteggere l'erede naturale. Non solo venne introdotta (o, meglio, resa rigidamente vincolante) la regola della primogenitura maschile33 ai fini della successione (in luogo della maggiore discrezionalit disponibile nelle corti feudali), ma, allo stesso tempo, venne vietata del tutto la possibilit di trasferimenti di terra post obitum. La distinzione tra patrimonio e acquisizione venne a sparire, assoggettando alle stesse regole l'intero possedimento del vassallo. La possibilit da parte dell'erede di acconsentire alle transazioni inter vivos del proprio antenato venne a cadere: in cambio della sicurezza della successione venne a scomparire la sua capacit di
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La Common law, con lo sviluppo del metodo di prova tramite giuria, torner a richiedere che la livery of seisin sia perfezionata tramite una cerimonia reale eseguita sul terreno in questione, di modo che l'intero distretto (da cui venivano selezionati i giurati) potesse testimoniarvi, in modo da essere a parte dei fatti rilevanti in caso di un'inchiesta giudiziaria [Thorne 1936: 356-359]. 33 Mentre l'impartibilit del feudo (stabilita in modo vincolante da Henry II [Holt 1972: 10]), inteso come singola unit militare di supporto a un cavaliere, pu essere considerata una regola in principio feudale, la primogenitura, cio il passaggio dell'intero patrimonio (che poteva essere composto da pi feudi) al primogenito maschio, non lo necessariamente. Finch i singoli feudi passavano intatti, potevano essere divisi tra tutti i figli del vassallo. I costumi normanni, precedenti alla Common law, come gi illustrato, non implicavano una visione dei possedimenti del vassallo come unitari e tendenzialmente impartibili [Pollock e Maitland 2010b: 279-280].

interferire con le transazioni in terra del proprio genitore [Holt 1972: 42-43]. Quindi, mentre la disponibilit testamentaria rientra pienamente nelle caratteristiche del tipo puro di feudalesimo, laddove fosse debitamente soggetta alla giurisdizione delle corti signorili, la primogenitura e l'impossibilit di disposizione rientrano gi nel clima proprietario che si svilupper dalla seconda met del XII secolo e, pi pienamente, nel XIII secolo. La libert di disposizione testamentaria dei propri possedimenti, questa volta depurata dalle sue componenti feudali, torner a comparire legalmente solo nel XVI secolo. Ma la possibilit de facto di disporre liberamente del proprio patrimonio in terra dopo la propria morte verr gradualmente stabilita per vie extra legali gi a partire dal XII secolo, nello stesso periodo in cui si osserva il passaggio dalle concezioni possessorie feudali alla moderna propriet garantita dalla Common law [Bean 1968: 107, 293]. 2.2.5. Il maniero e l'economia manoriale A) Aspetti giuridici Il maniero (manor in inglese, manerium in latino) era l'unit amministrativa pi bassa del sistema feudale. Indicava un'area geografica comprendente una parte definita dei possedimenti di un signore. Il termine non chiaramente definibile, non essendo un termine n giuridico n utilizzato univocamente nei secoli XI-XIII. Non indicava necessariamente un'area geografica omogenea o composta da possedimenti contigui. Ci non di meno possibile considerare un tipo ideale di maniero, soggetto nella realt dei fatti a numerose variazioni. Il maniero tipico coincideva con un villaggio contadino (vill o township). Il signore del maniero era il signore feudale del possedimento (l'intero possedimento poteva essere costituito da pi manieri), e i residenti del villaggio, in condizioni libere o servili, erano i tenutari del lord of the manor, e, nella quasi totalit, coltivavano direttamente la terra [Pollock e Maitland 2010a: 625-628]. Come gi detto nel paragrafo 1.2. il maniero costituiva l'unit pi bassa di giurisdizione signorile, e ospitava una corte di giustizia per i tenutari, liberi e servili, del signore. Il maniero e la vill configuravano, pertanto, una unit di diritto pubblico 34 , polizia e giurisdizione fiscale; una unit economica nella conduzione degli affari agricoli; una unit di gestione dei diritti di propriet sulla terra; e una unit giurisdizionale [ivi: 628]. Nei paragrafi precedenti si parlato dei diritti di propriet e delle loro limitazioni in relazione ai possedimenti liberi, in mano a loro volta a uomini liberi. Lo stato di libert personale e la tenure feudale erano concetti analiticamente distinti, per quanto libert personale e tenure libera, cos come
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Si veda il discorso relativo alla view of frankpledge nel paragrafo 1.2.

servit personale e tenure non libera, si trovassero di norma associate. Prima del XIII secolo e dello sviluppo delle regole di Common law relative al villeinage, cio allo status giuridico del contadino non libero, non vi erano distinzioni astratte di legge relative alla libert o meno delle persone [Hyams 1974: 722]. In generale il titolo di uomo libero non indicava una classe di uomini ben definita, e tendeva a indicare una classe in qualche modo privilegiata, che poteva corrispondere alla nobilt, ma che, a seconda del contesto, si allargava fino a includere gli strati pi elevati dei contadini. Soprattutto tra le classi pi basse la libert era un concetto relativo, e si riferiva alla libert da un certo numero di obbligazioni personali: nello stesso villaggio esistevano diverse gradazioni di libert tra la popolazione contadina, a seconda del servizio consuetudinario da loro fornito al signore del maniero 35 [Hilton 1965: 3-4, 11]. Quando la Common law intervenne a stabilire precisi criteri di classificazione atti a determinare lo stato libero o meno degli uomini, stato che implicava differenti gradazioni di capacit giuridica, intervenne comunque a consolidare uno stato di cose di fatto gi esistente, accogliendo nelle proprie regole di legge rapporti sociali ad esse preesistenti [Hatcher e Bailey 2001: 203-204]. Pur tenendo a mente il carattere fluido della nozione di libert nei secoli XI-XII, se si considera la libert personale come la propriet assoluta della propria persona, bisogna constatare come la maggior parte della popolazione inglese nel periodo considerato rientrava di fatto nella classe di uomini non liberi, come definita in seguito dalla Common law [Baker 2007: 468]. La mancanza di libert personale si configurava come sostanziale mancanza di autonomia. Non solo il contadino non libero svolgeva buona parte del suo lavoro per conto del proprio signore, ma era colpito da numerose disabilit personali nella conduzione dei propri affari domestici. La classe degli uomini non liberi era costituita dagli schiavi veri e propri e dai contadini in condizioni servili, quei contadini, cio, che dovevano al proprio signore pesanti servizi lavorativi personali [Hilton 1965: 13]. La schiavit non era sconosciuta nell'Inghilterra all'epoca del Domesday Book, ma costituiva comunque una condizione in via di estinzione, alla conclusione di un declino di lungo periodo, che vedeva le condizioni di schiavit personale fondersi nella pi ampia e crescente classe dei contadini dipendenti [Miller e Hatcher 1978: 24-25; Postan 1966: 605]. La condizione di servaggio, invece, era un rapporto strettamente personale tra signore e tenutario, che si tramandava alla prole [Pollock e Maitland 2010a: 446]. Il rapporto personale di servaggio faceva s che il villein fosse considerato non libero nei confronti del proprio signore, ma libero nei confronti del resto del mondo [Bloch 1949: 307; Baker 2007: 468]. Questo rapporto veniva a configurare una situazione in cui il contadino era sostanzialmente senza diritti nei confronti
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Strettamente parlando l'intera catena feudale, fino agli anelli pi alti, era soggetta a rapporti di servizio: la discriminante dello status di una persona non poteva pertanto che risiedere nella posizione relativa della stessa rispetto al tipo e all'ammontare di servizio richiesto [Hilton 1965: 11].

del proprio signore36, mentre nei confronti di terzi aveva gli stessi diritti appartenenti agli uomini liberi. Il villano era considerato, entro certi limiti, una propriet personale del lord37, di cui poteva disporre liberamente, e non era escluso che potesse essere venduto e comprato congiuntamente al proprio possedimento, per quanto questo accadesse di rado [Miller e Hatcher 1978: 114; Pollock e Maitland 2010a: 437]. Nelle relazioni con soggetti diversi dal proprio signore, al contrario, il servo era considerato, nella maggior parte dei casi, alla stregua di un uomo libero. Non poteva sedere come giudice di un free man nelle assemblee comunali, ma poteva intentare causa in relazione alle proprie libere propriet, in beni personali o in terra, in caso ne avesse possedute [Pollock e Maitland 2010a: 443]. Tali propriet, per, rimanevano in suo pieno possesso solo ad arbitrio del suo lord. A quest'ultimo era concesso espropriarle, per quanto fossero considerate di diritto del villano se e finch questo non fosse accaduto [ivi: 439-440]. I contadini in condizione servile, accasati su un piccolo appezzamento concesso dal signore del maniero, seppur non in condizioni di schiavit, erano soggetti a pesanti disabilit relative alla propria libert personale. La loro mobilit era limitata dall'amministrazione manoriale. In caso il villano avesse voluto allontanarsi dalla propria vill, in cerca di lavoro e opportunit, doveva ricevere l'assenso del signore e pagare una tassa, oltre a un pagamento annuale per il periodo di assenza, detto chevage [Homans 1970: 229]. Allo stesso modo, se i propri figli avessero voluto accedere all'istruzione o prendere gli ordini sacri, era richiesta una licenza signorile dietro compenso. Il signore aveva inoltre diritto a una serie di pagamenti consuetudinari relativi a certi avvenimenti nella vita del contadino servile. Per il matrimonio di una figlia doveva essere richiesta una licenza e pagata una tassa detta merchet, mentre era tipico colpire il villano con una sanzione (leyrwite) in caso di comportamenti sconvenienti delle proprie figlie. Alla morte del villano il signore poteva prelevare il suo migliore capo di bestiame (heriot), mentre al parroco del distretto andava il secondo capo. Il contadino era tenuto anche a ottenere, dietro pagamento, una licenza per vendere il proprio bestiame (tolnetum). Spesso il signore deteneva dei diritti di monopolio, ad esempio poteva obbligare i tenutari servili a servirsi solo del proprio mulino, pagando una tassa. La parrocchia del distretto prelevava una decima (tithe), cio un decimo del reddito annuale, di qualunque tipo, guadagnato dal contadino, oltre a una serie di tributi per il mantenimento dei mobili e immobili dell'edificio. Infine, annualmente era soggetto a diverse forme di tassazione signorile, come l'aid e la taglia (tallage), di ammontare in principio arbitrario, ma pi generalmente regolato dal costume
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Al signore era concesso infliggere punizioni corporali o anche di imprigionare il proprio villein, per quanto uccisione e mutilazione gli fossero vietate, restando crimini punibili secondo legge [Pollock e Maitland 2010a: 439]. 37 Storicamente, la classe dei concessionari contadini in condizioni servili fu il risultato del graduale accasamento, da parte dei signori, dei loro schiavi personali sui propri appezzamenti. Pur cos avvicinandosi alla classe dei concessionari liberi, rimaneva il loro carattere di servit personale nei confronti del proprio signore, che configurava una forma di propriet sulluomo [Duby 2004: 51].

[Pollock e Maitland 2010a: 389; Hilton 1965: 9; Homans 1970: 109, 385; Baker 2007: 470; Miller e Hatcher 1978: 117]. Accanto allo status personale del villano, la seconda forma di servit a cui era soggetto derivava dal tipo di tenure tramite cui occupava la terra. Mentre le tenure militari e spirituali erano considerate libere in funzione del tipo di servizio che dovevano fornire, i contadini, nella maggior parte dei casi, occupavano i propri appezzamenti secondo termini consuetudinari. Tali concessioni di terra erano conosciute, nella Common law, come tenures in villeinage38 [Baker 2007: 307]. Status e tenure non coincidevano necessariamente. Un uomo libero poteva ottenere una concessione in villeinage rimanendo personalmente libero, cos come un villano poteva acquisire una concessione di terra secondo termini liberi (a esempio, in Socage). Ci non di meno tenure e status tendevano a essere associati [Pollock e Maitland 2010a: 405]. In un mondo in cui la posizione nella gerarchia sociale era strettamente legata al tipo di possesso e di servizio dovuto, la tenure non poteva che tendere a determinare strettamente lo status personale: il villeinage pu essere un virus residente nel suolo, che tende a contaminare l'uomo libero che diventi tenutario sullo stesso [Denman 1958: 120]. La tenure in villeinage era considerata at will, cio esisteva solo secondo la volont del lord. Il villano giurava fedelt (ma non porgeva omaggio, riservato ai legami feudali tra uomini liberi), e otteneva in concessione il proprio appezzamento di terra, oltre alla protezione del signore [Homans 1970: 109]. Il possedimento non passava tramite un titolo che legava le due parti per la vita, e poteva essere revocato, in principio, in qualsiasi momento. Le tenure servili erano considerate parte della demesne del lord: uno sconfinamento sulle stesse da parte di terzi abilitava il signore a cercare un rimedio legale, e non gi i contadini residenti sul suolo. Il danno era subito dal signore, e non dagli occupanti diretti della terra [Baker 2007: 307]. La caratteristica pi importante del villeinage, che definiva pi propriamente la tenure come non libera, risiedeva nel fatto che i servizi richiesti per la concessione servile, contrariamente alle libere concessioni, erano considerati incerti, venendo dettati, pur entro termini consuetudinari, dalla volont del signore 39 . L'incertezza non era relativa tanto all'ammontare del servizio richiesto al villano: questi deteneva il proprio appezzamento di terra a volont del signore, ma comunque entro una cornice di regole consuetudinarie costituite dal costume del maniero, che entro la piccola
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Anche rispetto alle modalit di tenure servili vi era una larga variabilit a seconda dell'area geografica [Miller e Hatcher 1978: 118-120]. Ci si soffermer, pertanto, sulle caratteristiche pi generali riscontrabili nell'Inghilterra centrale. 39 Nell'originario feudalesimo normanno questa non poteva essere una reale discriminante rispetto alla libert o meno della tenure. Come illustrato nel paragrafo 2.2.4 anche la tenure in knight's service era, in principio, tutt'altro che certa e stabile, ed era sottoposta a un ampio controllo signorile. La linea relativa alla libert personale, come indicato a inizio paragrafo, era ancora tracciata in modo impreciso, e tese a irrigidirsi tra i secoli XI e XIII [Denman 1958: 88].

comunit avevano valore di legge. I termini e l'ammontare di servizio, per quanto in teoria stabiliti ad arbitrio dal lord, erano specificati con meticolosa precisione e di norma fissati a un valore tramandato dalla consuetudine, e, laddove esistevano dei registri manoriali40, venivano messi per iscritto, non da ultimo per assicurarne una riscossione completa [Maitland 1908: 33; Homans 1970: 236]. L'incertezza riguardava il fatto che il contadino a tenure servile, pur conoscendo l'ammontare di servizio a cui era soggetto, non aveva alcuna libert nel determinare le modalit, i tempi e il luogo di esecuzione. I villani
avevano una vasta conoscenza riguardo all'ammontare di lavoro che avrebbero dovuto eseguire ogni anno, ogni settimana, ogni giorno; sapevano, per esempio, che il costume richiede loro tre, e non di pi, "lavori" ogni settimana, che marted non un giorno lavorativo, che se sono tenuti a scavare devono scavare un determinato numero di pertiche [perches] prima che il "lavoro" sia concluso, che guidare un carro in un determinato posto conta come "un lavoro", in un altro posto "due lavori"; sanno, se tenuti a trebbiare, se possono fermarsi alla nona [nones]41 o se devono andare avanti fino al vespero42. Ci nonostante vi un ampio elemento di incertezza reale; la volont del signore conta molto; quando vanno a dormire la domenica sera non sanno quale sar il lavoro del luned: pu essere di trebbiatura, di scavo, di trasporto; non possono saperlo [Pollock e Maitland 2010a: 392].

I servizi a cui erano soggetti i tenutari in villeinage erano generalmente costituiti da lavori manuali di carattere agricolo, da svolgersi sulla demesne signorile, cio quella porzione di terra che non veniva data in concessione, e che veniva coltivata dal signore in proprio. Aratura, falciatura e mietitura, accanto a erpicatura, accovonatura e trebbiatura erano servizi tipici, come comuni erano il trasporto merci o i servizi di riparazione. I servizi si dividevano in lavoro settimanale (week-work) e lavoro omaggio (boon-work) [Denman 1958: 121]. Il week-work indicava il numero di giorni lavorativi settimanali da rendere al signore, mentre il boon-work indicava un numero di giorni lavorativi, comunque fisso, che, durante l'anno, poteva essere richiesto a piacere dal lord, in caso di necessit [Homans 1970: 257-260, 264]. Accanto al servizio lavorativo personale veniva solitamente richiesto al tenutario consuetudinario il pagamento di un affitto [Denman 1958: 121]. Lavoro e affitto costituivano la parte primaria della rendita signorile: in che proporzione il singolo tenutario dovesse l'uno o l'altro determinava in larga misura il suo livello di libert personale. Mentre un affitto pagato interamente in servizi lavorativi lo degradava allo stato di servo vero e proprio, un affitto pagato per la maggior parte in moneta o in natura lo elevava al limite della classe dei liberi affittuari in Socage. L'ammontare complessivo dell'affitto variava in proporzione, per quanto non sempre in modo regolare, alle dimensioni del possedimento occupato [Miller e Hatcher
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La diffusione dei registri relativi alle attivit delle corti manoriali risale ai primi decenni del XIII secolo [Smith 1983: 101]. 41 La nona ora dopo il sorgere del sole. 42 La decima ora dopo il sorgere del sole.

1978: 122]. Nonostante il lavoro sulla demesne signorile fosse eseguito in comune dai contadini, le obbligazioni di servizio erano strettamente personali, e a queste doveva rispondere il singolo tenutario secondo i termini della sua concessione [Denman 1958: 128]. Il week-work era eseguito personalmente dal contadino a cui era affidata la concessione, e non dai membri della sua famiglia, che potevano rimanere a occuparsi del podere famigliare. Mancanze rispetto all'esecuzione del servizio venivano multate nella corte manoriale, e solo in caso di prolungata latitanza del villano dai propri doveri questi poteva perdere la propria concessione, che veniva riassegnata a chi fosse stato in grado di eseguire regolarmente il servizio consuetudinario [Homans 1970: 272-273; Pollock e Maitland 2010a: 399]. Accanto al diritto a un possedimento da coltivare in proprio, il tenutario in villeinage otteneva altri diritti, a cui corrispondevano altrettante obbligazioni che concorrevano a costituire l'affitto dovuto. Di particolare importanza erano i diritti di common, cio diritti a particolari utilizzi del territorio del villaggio in comune con gli altri contadini. Il villano acquisiva il diritto a usufruire delle foreste circostanti, prelevandone legname, torba e altri materiali, e dell'incolto, utilizzato per la raccolta del fieno e per il pascolo [Denman 1958: 125, 130; Thirsk 1964: 3]. Questi tratti di terreno erano parte della propriet del signore, il quale ne concedeva il diritto di utilizzo in comune ai propri tenutari: tutti i diritti di common erano diritti derivanti dalla tenure, cio non erano diritti goduti da chiunque, ma diritti acquisiti tramite l'accesso a un possedimento [Titow 1965: 91]. I common non costituivano un bene open access, cio un bene comune il cui accesso era disponibile a tutti i tenutari a volont, senza restrizioni. Il diritto ai common era limitato dalle dimensioni del possedimento individuale, ed eventuali sconfinamenti o prelevamenti in eccesso a quanto stabilito potevano essere puniti nella corte manoriale [Dahlman 1980: 23]. Inoltre, la reciprocit del rapporto di tenure faceva s che tali benefici fossero disponibili solo finch i tenutari ne avessero pagato il prezzo: in caso contrario, il diritto a singoli benefici goduti ma non pagati poteva essere fatto cadere [Homans 1970: 260]. I possedimenti in villeinage, pur formalmente concessi ad arbitrio del lord, erano soggetti alle regole consuetudinarie raccolte nel costume del maniero. La corte manoriale era il luogo, analogamente alle corti signorili per i freeholders feudali, dove i diritti di propriet erano creati e fatti rispettare. Il costume e la tradizione, diffusi nella comunit del villaggio, erano un potente limite all'arbitrio del signore: era, in ogni caso, nell'interesse del signore mantenere una forza lavoro produttiva. Trattare i villani malamente, tramite una eccessiva tassazione o portandogli via i mezzi di sussistenza, era una cattiva conduzione degli affari agricoli [Baker 2007: 470]. Le corti manoriali per i tenutari non liberi tramandavano i costumi della comunit, e, solitamente, nell'accertare quali fossero i costumi vigenti, la corte interrogava i membri del villaggio [Pollock e Maitland 2010a: 382]. Anche gli ufficiali del maniero, che si occupavano di controllare il lavoro dei
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contadini e svolgevano compiti di polizia, venivano reclutati tra le fila dei componenti del villaggio. Le regole di condotta relative all'ordine pubblico locale, in particolare quelle attinenti alla conduzione degli affari agricoli, delle bylaw, venivano decise dalla comunit del villaggio (composta sia dagli uomini liberi che in condizioni servili), con l'assenso del signore e dei suoi ufficiali durante le sessioni della corte manoriale. Tali regole risultavano vincolanti, e permettevano alla corte del maniero di infliggere multe ai trasgressori, le quali venivano a costituire una ulteriore componente della rendita signorile complessiva [Homans 1970: 104]. Il costume del maniero, che regolava i diritti di possesso degli appezzamenti di terreno, poneva una serie di limiti alla propriet assoluta, in analogia con quanto gi discusso rispetto alla tenure feudale libera43. La variabilit dei costumi locali era molto ampia, e regole diverse vigevano in manieri diversi, il che tendeva a creare un mosaico variegato di regole consuetudinarie. Per quanto riguarda l'ereditariet, essendo il possedimento concesso ad arbitrio del lord, vigeva la regola che un contadino non avesse altro erede se non il proprio signore. Ci non di meno, cos come le tenure militari accettavano il primogenito maschio come successore del padre, nel costume prima ancora che nelle regole di legge, i costumi del maniero facevano s che, pur non avendo il villano diritto all'eredit del padre, aveva non di meno una rivendicazione, che solitamente veniva accettata dalla corte manoriale. In questo caso il possedimento tornava nelle disponibilit del signore, per venire riassegnato ai discendenti del villano [Pollock e Maitland 2010a: 402]. Nell'Inghilterra centrale prevaleva il costume del passaggio dell'intero possedimento dal genitore al primogenito maschio, mentre nel Kent e nell'East Anglia prevaleva il costume del Gavelkind 44 , che prevedeva la partizione del terreno tra tutti i figli del precedente occupante45 [Homans 1953: 33-35]. In altre zone dell'Inghilterra orientale prevaleva invece il costume del Borough english, dove il possedimento discendeva all'ultimogenito, solitamente il figlio maschio pi giovane [Faith 1966: 82]. La natura del possedimento servile impediva al tenutario di dare disposizioni testamentarie riguardo alla discendenza dell'appezzamento di terra. Ci non di meno, il costume di alcuni manieri permetteva ai contadini servili di lasciare un testamento che disponeva del proprio podere post mortem, che sarebbe stato riconosciuto ed eseguito nella corte manoriale [Denman 1958: 125]. Per quanto riguarda la libert di alienazione, al villano era concesso di separarsi dal proprio possedimento a favore di un terzo solo col consenso del signore. In questo caso il possedimento
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I limiti alla propriet assoluta delle tenure servili erano molto simili ai costumi del primo feudalesimo gi discussi nel paragrafo 2.2.4. La differenza risiede nei diversi periodi in cui i costumi vennero formalizzati in astratte regole di legge vincolanti. 44 A cui si gi accennato nel paragrafo 2.2.4. 45 I figli potevano ereditare congiuntamente il possedimento detenendolo e coltivandolo in comune, oppure potevano richiedere che lo stesso fosse ripartito tra di essi, creando dei possedimenti individuali [Homans 1937: 49-50].

tornava nelle mani del lord, per essere riassegnato al nuovo tenutario, analogamente a quanto accadeva per i possedimenti militari in caso di alienazione tramite sostituzione. La vendita del possedimento servile senza il consenso del lord o del suo steward poteva causare al cedente la confisca dei suoi possedimenti residui [Pollock e Maitland 2010a: 404]. Al villano era anche concesso dare in locazione (lease) parte del proprio appezzamento in autonomia, in cambio di un affitto, in moneta o in natura [Hyams 1970: 29]. Tale pratica era simile a una subinfeudazione a termine, e richiedeva anch'essa il consenso del lord. Procedere senza il consenso signorile, in questo caso, era considerato un torto meno grave rispetto a un'alienazione vera e propria, e il fatto poteva essere punito con una semplice multa [Pollock e Maitland 2010a: 404]. Contrariamente ai possedimenti militari, i possedimenti in villeinage erano in buona parte liberi dagli incident feudali. Il signore non godeva personalmente del diritto di wardship, in caso di morte di un tenutario durante la minore et dell'erede, e quindi un tutore veniva nominato all'interno della famiglia, che raccoglieva i profitti della terra durante la minorit. Per quanto riguarda il diritto di marriage, mentre era richiesto il merchet all'atto di sposare una figlia, il lord non tentava di indirizzare il matrimonio in una direzione particolare [Hatcher 1981: 13]. Un importante diritto signorile, analogo al relief cavalleresco, era invece costituito dalla possibilit di richiedere una tassa di ingresso (entry fine) all'accesso di un tenutario al proprio possedimento. Spesso, secondo una consuetudine diffusa, il pagamento corrispondeva al valore dei profitti di un anno dell'appezzamento, ma il suo valore poteva variare a piacere del lord, e tendeva a variare rispetto al valore di mercato della terra [Pollock e Maitland 2010a: 404; Postan e Hatcher 1978: 34]. B) Aspetti economici Si soliti ricondurre l'economia feudale a un tipo ideale costituito dai seguenti elementi: predominio schiacciante dell'agricoltura nell'economia; la terra non considerata alla stregua di una merce; ripartizione esclusiva delle forze di produzione agricole tra poderi contadini e riserva signorile (demesne); barriere istituzionali alla mobilit sociale e geografica; servizi richiesti dai contadini forniti esclusivamente sotto forma di manodopera; assenza di rapporti regolari di compravendita dei contadini col mercato (prevalenza dell'economia naturale46); attivit artigianali e commerciali svolte nel contesto della grande propriet terriera signorile e delle corporazioni; tendenza al consumo di beni di lusso tramite il prodotto eccedente la sussistenza nelle riserve signorili (assenza di accumulazione in capitale) [Kula 1970: 21-22, 75]. Tali tratti possono essere
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Seguendo Weber, si parla di economia monetaria per indicare una economia con uso tipico del denaro, e quindi con orientamento in base a situazioni di mercato valutate monetariamente; si parla di economia naturale per indicare un'economia senza uso del denaro [con o senza scambio] [Weber 1980: 95-96].

considerati validi in linea di massima (se intesi in senso relativo rispetto alle condizioni dell'economia contemporanea) per quanto riguarda la prima et feudale, ma difficilmente possono corrispondere, se presi letteralmente, all'economia inglese del periodo compreso tra il XII e il XII secolo. L'economia feudale inglese era molto pi dinamica e diversificata dell'immagine statica delineata da Kula [Postan 1977: 74]. Per quanto, effettivamente, l'agricoltura occupasse la pi grande parte della popolazione lavoratrice, e costituisse la prevalente fonte di reddito a tutti i livelli della societ 47 , gli altri punti possono risultare validi, come detto, in senso relativo, e solo se sottoposti a importanti qualificazioni. Il mercato, sia nella sua forma locale allinterno dei villaggi contadini, sia nella sua forma nazionale e internazionale, era largamente diffuso48, e in forte crescita tra il secolo XII e XIII. Le manifatture, accanto alle citt 49 che le ospitavano, erano in forte crescita nello stesso periodo, e, come per i mercati, venivano svolte sempre pi slegate dal controllo signorile, che si limitava a trarne una rendita tramite tassazione 50 [Bailey 1998: 298, 306-307]. Lungi dal prevalere rapporti economici fondati su un'economia prevalentemente naturale, la monetizzazione degli scambi e il commercio delle eccedenze agricole e dei prodotti artigianali erano quasi universali, per quanto fossero diffusi con diversa intensit a seconda dell'area geografica, e venivano svolti, oltre che nelle campagne, in centri cittadini in larga parte indipendenti dal controllo del lord feudale [Miller e Hatcher 1978: 70; Postan 1944: 33-37]. I signori, lungi dello sperperare interamente le proprie eccedenze in consumi di lusso, erano attenti a cogliere eventuali opportunit di investimento, per quanto si risolvessero nella maggior parte dei casi, dati i limiti tecnologici, nell'acquisizione estensiva del pi redditizio capitale disponibile, cio la terra [Miller 1971: 7, 12; Miller e Hatcher 1978: 233]. L'economia contadina, per quanto solo tra gli strati pi benestanti dei villani, era sviluppata oltre la sussistenza, e il lavoro salariato tra i contadini con
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Nel tardo medioevo, in Europa occidentale, l'agricoltura costituiva circa il 90% del reddito nazionale [Postan 1973b: 22]. 48 Nel Derbyshire e nel Cambridgshire, contee dell'Inghilterra centrale, la distanza tra un mercato e l'altro variava tra uno e sette miglia nel XII secolo. Sei miglia e due terzi era considerata da Bracton una distanza percorribile, andata e ritorno e con una pausa nel mezzo per condurre i propri affari, nell'arco di una giornata [Miller e Hatcher 1978: 77]. 49 L'epoca d'oro della crescita dei centri urbani inglesi, che svolgevano funzioni commerciali e industriali su scala locale, collocata proprio nei secoli XI-XIII [Postan 1978: 266]. La costituzione di tale rete di citt forniva l'architettura istituzionale in grado di supportare correnti commerciali nazionali e anche internazionali [Miller e Hatcher 1978: 7576]. Si stima che la popolazione urbana costituisse il 10% del totale nel 1100, mentre il 15-20% nel 1300 [Bailey 1998: 298]. 50 Come scrive Georges Duby, in relazione all'economia europea continentale, il ruolo iniziale dei "borghi" era di approvvigionare la corte del signore per mezzo dell'artigianato e del commercio [...]. Tuttavia, manifestamente nel XII secolo che dobbiamo porre, nella storia dell'artigianato urbano, la fase di rapido sviluppo, il momento in cui i lavoratori si sganciarono dalla domesticit signorile [Duby 2004: 300]. Allo stesso modo, gli specialisti del commercio a lunga distanza, i mercatores, come gli artigiani, uscivano dalle case aristocratiche. La loro prima funzione era di approvvigionare le corti signorili di merci straniere, alcune delle quali, come le spezie, venivano da molto lontano [ivi: 304].

poderi troppo piccoli per mantenerli era tutto fuorch sconosciuto 51 [Postan 1978: 252-254]. I servizi lavorativi dovuti dai villani in condizioni servili ai signori non venivano necessariamente forniti sotto forma di manodopera agricola, e, anzi, nel XII secolo collocabile la prima grande ondata di commutazione dei servizi manuali consuetudinari in pagamenti monetari [Postan 1937: 178-179]. Il mercato dei poderi agricoli, come si vedr pi approfonditamente nel capitolo III, sub un forte sviluppo nel XII e XIII secolo, sia tra i contadini che tra le classi aristocratiche, accanto alla nascita di moderni diritti di propriet sulla terra [Macfarlane 1978: 118; King 1970: 50]. La popolazione contadina, poi, era tutt'altro che immobile: il pericolo di fuga dei contadini servili, durante il periodo di espansione agricola dei secoli XI-XII, era fortemente sentito dai signori, che spesso dovevano accondiscendere a condizioni servili meno vessatorie e che implicassero una certa libert di movimento [Hatcher 1981: 29-33]. Inoltre, nel XIII secolo, l'espansione demografica e la carenza di terra non potevano che contribuire a sviluppare una tendenza all'emigrazione da parte dei membri pi giovani delle famiglie contadine che non avrebbero ereditato il podere paterno [Homans 1970: 136]. Questo non significa che lInghilterra tra il XII e XIII secolo fosse una societ gi interamente commercializzata e socialmente mobile. Larga parte della popolazione continuava a essere legata a uneconomia di sussistenza52, e le manifatture costituivano ancora la minor parte del prodotto nazionale. Inoltre, gli sviluppi commerciali, per quanto estesi allintero territorio nazionale, raggiunsero con diversa intensit le diverse contee e le diverse classi sociali: tra il 1050 e il 1330 il principale beneficio sociale della commercializzazione era stato il supportare un crescente numero di persone, e gli effetti sugli standard di vita erano stati confinati ai ranghi superiori della societ e a una minoranza dei contadini [Bailey 1998: 309]. Allo stesso tempo, per, importante evitare l'errore di dipingere le istituzioni economiche, politiche e sociali del feudalesimo inglese come un sistema statico e incapace di adattarsi rapidamente ai cambiamenti nelle condizioni materiali sottostanti. Delineati gli aspetti principali dell'economia feudale inglese nel periodo sotto esame possibile scendere pi nel dettaglio dell'organizzazione economica di base, come riscontrabile nelle singole unit manoriali. Di particolare interesse risultano quegli aspetti dell'organizzazione economica agricola che pi concorrevano a costituire un limite a una forma di propriet assoluta nei singoli poderi contadini. L'Inghilterra era sottoposta a un'ampia variet di sistemi per la conduzione
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Michael Postan ha calcolato come, su un campione casuale di 104 manieri, tra il tardo XII secolo e il XIII secolo, met dei tenutari contadini erano impiegati, part-time o full-time, come lavoratori salariati per conto dei contadini pi benestanti [Postan 1966: 622]. 52 Un esempio pregnante di come lo sviluppo del mercato potesse accompagnarsi a un'economia di sussistenza sottoposta a strutture sociali feudali costituito dall'utilizzo dei contadini meno benestanti dei mercati di villaggio nel monetizzare la propria produzione agricola, in modo da pagare in denaro gli affitti e le altre esazioni signorili [Postan 1937: 193; Kula 1970: 69; Miller e Hatcher 1978: 242; Bailey 1998: 309].

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Figura 2.1

I confini del sistema open field

dell'economia agricola. Il sistema dominante era il cosiddetto sistema open field. Come illustrato in figura 2.1 53 , tale sistema copriva la maggior parte dell'Inghilterra, a eccezione della parte occidentale (contee del Devon e della Conwall, oltre al Galles), e di quella orientale (in particolare Kent ed East Anglia, l'area comprendente Norfolk, Suffolk, Essex e Cambridgeshire) [ivi: 21]. In questi territori prevalevano sistemi differenti, come il regime di enclosure, il sistema infieldoutfield, o il regime a campi irregolari [Miller e Hatcher 1978: 91-92]. Nel tentare di delineare un

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La figura tratta da Homans [1969: 21].

tipo ideale della conduzione degli affari agricoli all'interno delle unit economiche di base, si far qui riferimento solo al regime dominante di open field 54 . Seguendo Joan Thirsk, tale sistema risultava caratterizzato da quattro aspetti interdipendenti:
in primo luogo, l'arabile e il prativo sono divisi in strisce tra i coltivatori, ognuno dei quali pu occupare un numero di strisce sparse tra i campi. In secondo luogo, sia l'arabile che il prativo sono aperti per il pascolo comune del bestiame di tutti i contadini dopo il raccolto e durante le stagioni di maggese [...]. In terzo luogo, vi un pascolo e un tratto di incolto comune, dove i coltivatori delle strisce godono del diritto di pascolare il bestiame e raccogliere legname, torba e altri beni, quando disponibili, come pietra e carbone. Infine, l'organizzazione di queste attivit regolata da un'assemblea di coltivatori - la corte manoriale, nella maggior parte dei luoghi nel medio evo, o, quando pi di un maniero era presente in un villaggio contadino, un'assemblea di villaggio [Thirsk 1964: 3].

Nell'area di open field i possedimenti contadini non erano costituiti da un tratto di terra unitario e omogeneo, recintato e coltivato individualmente durante tutte le fasi del processo. Il podere era suddiviso in strisce sparse per tutta l'area dei campi del villaggio, confinanti con le strisce dei propri vicini55 [Homans 1970: 97]. Questo implicava che una parte dei lavori agricoli dovessero essere svolti in comune tra i coltivatori. Per quanto riguarda il lavoro strettamente agricolo, l'aratura, la mietitura, la spigolatura e il raccolto erano attivit svolte in comune, sull'intera area dei campi costituiti dalle singole strisce [Dahlman 1980: 27]. Ogni contadino contribuiva al lavoro agricolo comune in proporzione al proprio possedimento, fornendo buoi per l'aratro o lavoro manuale [Denman 1958: 127]. Il lavoro individuale sul proprio possedimento, invece, si riduceva alle attivit di semina e sarchiatura. Una volta completato il raccolto, il prodotto delle singole strisce andava interamente al proprietario delle stesse. Allo stesso modo il pascolo del bestiame veniva effettuato in comune. Le aree disponibili all'uopo erano l'area dei campi comuni lasciata a maggese, l'area coltivata immediatamente dopo il raccolto, e le aree su cui i contadini godevano del diritto di common di pascolo. Spesso il villaggio assumeva un membro dello stesso come pastore o mandriano, in carica del pascolo del bestiame di tutta la township, per quanto l'attivit potesse essere condotta individualmente. Il carattere comunale del lavoro derivava, perci, dalla possibilit di utilizzare i possedimenti di tutti i contadini come pascolo comune. In particolare, le attivit condotte in comune sull'intera area del villaggio, invece che individualmente sul proprio appezzamento, coincidevano con quelle in cui era possibile catturare delle economie di scala svolgendo le stesse operazioni su un territorio pi ampio [Dahlman 1980: 27-28; Homans 1970: 6364; Thirsk 1966: 144]. E' importante rimarcare come il sistema dell'open field non implicava una
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Sinteticamente, il regime a enclosure prevedeva una coltivazione individuale di appezzamenti di terra singoli, sottratti al controllo comunale. Il sistema infield-outfield prevedeva una coltivazione intensiva della parte centrale dell'arabile (infield), e una coltivazione saltuaria e irregolare dei territori circostanti lasciati di norma incolti (outfield). I regimi irregolari costituivano un misto tra il sistema delle enclosure e gli altri sistemi [Miller e Hatcher 1978: 92-93]. 55 Per un'illustrazione di un tipico villaggio open field si veda la figura 2.2, tratta da Ellickson [1993: 1389].

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Figura 2.2

Un villaggio rappresentativo del sistema open field

propriet comunitaria, da parte dei contadini, dell'intera area dei campi. I singoli poderi, pur con tutte le limitazioni relative alla tenure in villeinage o in socage, erano posseduti da singoli individui, e vi era una stretta relazione tra il posseduto, i diritti goduti e il dovuto (al signore o al lavoro comune). Piuttosto, il sistema open field costituiva una elaborata organizzazione tesa a una ripartizione efficiente dei diritti d'uso sul terreno disponibile [Titow 1981: 211]. L'organizzazione agricola comunitaria implicava che il tipo di coltura, e le tempistiche della rotazione, dovessero essere concordati tra i membri del villaggio tramite meccanismi di decisione comune. Tranne che per i piccoli orti adiacenti alle abitazioni contadine, i singoli contadini non avevano la libert di scegliere individualmente la composizione del proprio raccolto [Miller e Hatcher 1978: 88]. Le questioni relative alla programmazione agricola dei campi del villaggio venivano prese in assemblea, solitamente all'interno della corte manoriale [Homans 1970: 84]. I campi e i raccolti erano soggetti tipicamente a rotazione biennale o triennale, pi raramente quadriennale. Nel caso della rotazione triennale i campi erano divisi in tre settori. Un terzo veniva arato in autunno e quindi seminato, solitamente con frumento e segale (la coltura invernale, winter crop). Un altro terzo veniva arato una volta conclusa la semina del campo precedente, e seminato con avena, orzo e legumi (la coltura primaverile, spring crop). Infine, l'ultimo terzo veniva lasciato a maggese, aperto per il pascolo in modo da ristabilirne la fertilit. L'anno seguente i raccolti e il maggese avrebbero rotato, spostando la coltura primaverile su quella precedentemente invernale, ponendo la coltura primaverile a maggese, e seminando il maggese dell'anno precedente con sementi invernali. Per quanto riguarda la rotazione biennale, i campi venivano divisi in due settori, uno a maggese e l'altro seminato per met con colture invernali e per l'altra met con colture primaverili. L'anno seguente i campi sarebbero stati invertiti, mentre in quello seguente ancora, oltre all'inversione tra maggese e seminato, si sarebbero scambiate le posizioni delle semine primaverili e invernali. L'estate era il periodo del raccolto e quindi del pascolo in comune sui campi [ivi: 55-59]. La particolare configurazione degli open field, in particolare la divisione dei singoli possedimenti in strisce non contigue sparse per tutta l'estensione dei campi, poneva dei limiti alla propriet assoluta sul podere contadino, dal momento che le decisioni relative alla conduzione agricola del possedimento individuale erano soggette al controllo della comunit di villaggio. Diverse spiegazioni sono state avanzate nel rendere conto di questo stato di cose e della sua persistenza nel tempo, prima del consolidamento delle strisce in appezzamenti unitari e della loro recinzione (enclosure), concluso nel XIX secolo. Secondo Donald McCloskey, nonostante la supposta
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maggiore produttivit dell'organizzazione agricola individuale 56 su un possedimento unitario recintato e sottratto dal controllo comunitario 57, la divisione dei possedimenti su tutta l'area dei campi permetteva al singolo contadino, supposto avverso al rischio, di avere terreni di qualit diversa, meno sottoposti ad accidenti, climatici o di altro genere, localizzati
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. Stante

l'inaccessibilit a sistemi diversi di assicurazione, la dispersione del singolo podere su un'area pi vasta costituiva un valido strumento assicurativo contro gli accidenti del tempo e le eventuali cattive annate localizzate in particolari settori del terreno59 [McCloskey 1972: 19]. Stefano Fenoaltea ha criticato questa impostazione, sostenendo come meccanismi assicurativi, costituiti da prestiti, in natura o in denaro, tra contadini, erano non solo disponibili, ma effettivamente utilizzati. In luogo della dispersione dei poderi, il meccanismo assicurativo prevalente risiedeva

nell'immagazzinamento delle eccedenze agricole nelle buone annate, cos da non dover ridurre il consumo in quelle cattive 60 . Se tali ipotesi fossero valide non vi sarebbe alcuna necessit di disperdere per i campi i singoli poderi, e la spiegazione andrebbe cercata altrove. La dispersione delle strisce, secondo Fenoaltea, risulterebbe dalla necessit di monitorare il lavoro nei campi dei lavoratori salariati da parte dei contadini pi benestanti: coltivare piccole strisce, una per volta, permetteva di abbassare i costi di supervisione (ben pi ingenti nel caso di possedimenti unitari pi grandi), aumentando la produttivit del lavoro. In luogo di supervisionare una forza lavoro pi
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E' ancora oggi fonte di dibattito tra gli storici economici se e quanto l'organizzazione a enclosure fosse pi produttiva dell'open field. Secondo Robert Allen, uno dei maggiori sostenitori della relativa efficienza dell' open field, a parit di condizioni di terreno e di mercato la coltivazione tramite enclosure aveva solitamente un vantaggio rispetto all'agricoltura open field, sia in termini di innovativit dei metodi introdotti, che di rendite dei raccolti, o di affitti pagati. Vi sono perci alcune prove a favore della visione secondo cui le enclosure aumentavano l'efficienza. Il punto principale, per, che il vantaggio in termini di efficienza della coltivazione tramite enclosure era piccolo [Allen 2001: 49-50]. 57 Secondo McCloskey la dispersione del singolo possedimento configurava quattro tipi di costo: da una parte il singolo contadino doveva muoversi per tutta l'estensione dei campi del villaggio nel condurre i compiti agricoli eseguibili individualmente, sprecando del tempo altrimenti utilizzabile produttivamente; dall'altro, la vicinanza con le strisce di altri vicini esponevano il proprio terreno alla loro malizia o trascuratezza, potenziale fonte di danni. Inoltre, la decisione comunitaria rispetto al tipo di semina facevano s che eventuali vantaggi comparati dei singoli appezzamenti contadini rispetto alla coltivazione di determinati tipi di semina non venissero sfruttati. Allo stesso modo, fonte di inefficienza poteva essere il pascolo comune, che determinava un utilizzo eccessivo dello stesso [McCloskey 1972: 17]. Riguardo all'ultimo punto, come gi indicato pi sopra, il pascolo, pur essendo comune, era strettamente regolato dalla corte manoriale, e il numero di capi che ogni tenutario poteva pascolare fissato. Oltre all'appunto giuridico, anche la ricerca cliometrica ha confermato come non esistessero problemi di sfruttamento eccesivo dei pascoli comuni [Allen 2001: 48]. 58 I possedimenti, difatti, non erano dispersi tra i campi in modo casuale, ma alcune regole consuetudinarie ne dettavano la disposizione. Ogni met (nel caso dei villaggio con rotazione su due campi) od ogni terzo (nel caso della rotazione su tre campi) di ogni podere doveva essere locato in un campo differente. Inoltre la dispersione doveva essere tale che ogni podere fosse equamente distribuito tra qualit di suolo differenti [Homans 1970: 90]. 59 Come riassunto da Robert Allen, la terra non era uniforme, cos la produttivit di parti differenti del terreno del villaggio rispondeva differentemente alle variazioni del tempo. In annate con pesanti precipitazioni, le terre pi basse avrebbero potuto essere inondate dall'acqua, mentre le terre pi alte avrebbero potuto essere produttive. Al contrario, quando le precipitazioni erano scarse, le terre alte avrebbero potuto essere troppo secche per produrre bene, mentre i rendimenti avrebbero potuto essere alti nelle terre basse [Allen 2001: 43]. 60 Fenoaltea contesta anche che i motivi addotti da McCloskey nello spiegare la minore produttivit dell'open field siano effettivamente validi: le regolazioni comunitarie garantite dalle corti manoriali potevano tenere a bada l'eventuale malizia o trascuratezza dei vicini, ed era possibile organizzare il lavoro in strisce separate senza implicare costosi spostamenti non necessari [Fenoaltea 1975: 141-142].

ampia impegnata su un possedimento estensivo, la suddivisione in strisce permetteva di coltivare il terreno con squadre pi piccole, cos prestando alle particolarit di ogni tipo di terreno tutte le attenzioni necessarie, coltivandolo di conseguenza pi intensivamente [Fenoaltea 1976: 141-144]. Una spiegazione pi completa, che prende in considerazione sia gli aspetti economici che quelli politici della comunit di villaggio, fornita da Carl Dahlman. Si gi indicato come la decisione di arare e pascolare il bestiame in comune fosse suggerita dalla possibilit di ottenere economie di scala tramite l'utilizzo dell'intera area arabile del villaggio come unit economica in luogo delle singole strisce 61 . La rotazione delle colture e del maggese, inoltre, costituiva un mezzo per massimizzare la produzione sia dei prodotti cerealicoli e leguminosi che del bestiame 62 . La dispersione dei singoli possedimenti, invece, svolgeva un ruolo di controllo dei componenti della comunit di villaggio: faceva s che il potere contrattuale dei singoli contadini, rispetto ai propri vicini, fosse seriamente ridotto. Mentre il proprietario di un ampio possedimento unitario poteva minacciare di sottrarsi alla rotazione agricola comune, sottraendo al resto del villaggio la possibilit di godere delle economie di scala derivanti dal lavoro agricolo su larga scala, tale minaccia sarebbe stata meno credibile da parte di un singolo contadino il cui possedimento era disperso e mescolato con quello degli altri. In caso di sottrazione alla conduzione agricola di villaggio avrebbe dovuto recintare e sorvegliare ogni singola striscia, con costi relativamente alti: costi che sarebbero stati significativamente ridotti in caso di un possedimento unitario. La norma sociale che dettava la dispersione dei possedimenti era un potente strumento per evitare che singoli contadini free rider si sottraessero al meccanismo di decisione comunale, danneggiando le prospettive dei vicini 63 : richiedendo a ogni tenutario di dividere la sua terra in porzioni disperse, sono raggiunti due importanti risultati: primo, i benefici per ogni tenutario del sottrarsi al pascolo collettivo su larga scala sono radicalmente ridotti; secondo, i costi dell'organizzare un pascolo separato sulle porzioni individuali diventano significativamente maggiori [Dahlman 1980: 124-125]. In altre parole, la
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Anche Dahlman critica l'ipotesi di minore produttivit dell' open field di McCloskey: secondo l'autore, i benefici delle economie di scala del lavoro agricolo comune erano tali da superare i costi, in termini di ridotta produzione, derivanti dalla dispersione dei possedimenti [Dahlman 1980: 127]. 62 Il modello di Dahlman assume che, in mancanza di un esteso mercato dei prodotti agricoli, la specializzazione nella produzione di un singolo output (grano o bestiame) risulti preclusa. La debolezza del mercato implica che, per ragioni di sussistenza, il villaggio debba produrre entrambi i beni, a prescindere dal vantaggio comparato nella produzione di uno o dell'altro [Dahlman 1980: 111]. 63 Un'indicazione a supporto della bont dell'ipotesi fornita, per analogia, dal fatto che anche i possedimenti dei tenants in chief erano solitamente costituiti da feudi dispersi tra i territori del regno, in modo da fornire un'assicurazione al sovrano contro la costituzione di potenti principati unificati meglio in grado di metterne in discussione la supremazia [Stenton 1932: 63-64]. Georg Simmel, nell'analizzare il fenomeno sociologico del divide et impera, notava: la monarchia anglo-normanna aveva cura che le corti signorili nell'epoca feudale fossero il pi possibile disperse: alcuni dei vassalli pi potenti erano insediati in diciassette fino a ventuno shires. In virt di questo principio di separazione locale le signorie dei vassalli della corona non potevano consolidarsi, come sul continente, in grandi corti sovrane [Simmel 1998: 104].

dispersione costituisce il modo meno costoso di assicurare l'attivit decisionale collettiva necessaria a realizzare i ritorni di scala nell'allevamento del bestiame [ivi: 129]. La comunit contadina del villaggio non era costituita esclusivamente dai tenutari in condizioni servili. I campi del villaggio appartenevano a tutti i ceti sociali che formavano l'unit manoriale: le strisce dei possedimenti degli uomini liberi in socage, dei villein servili e del signore del maniero giacevano una accanto all'altra, ed erano parimenti soggette all'organizzazione agricola comune. Gli uomini del maniero non differivano solo in relazione al loro status giuridico e rispetto ai termini di servizio relativi alla propria tenuta, ma anche rispetto alle dimensioni dei propri possedimenti. La reale distinzione nelle condizioni di vita personali derivava pi dall'ampiezza del proprio podere che dallo status, e pertanto i confini tra le classi sociali nella comunit di villaggio tagliavano trasversalmente le demarcazioni di ceto 64 . Ci non di meno, la situazione di ceto del libero contadino implicava un ammontare complessivamente inferiore di servizi personali e affitti dovuti al signore:
tale era, di fatto, il peso puramente economico dello status di contadino servile che, comparando la ricchezza economica di un villein con quella di un contadino libero, dobbiamo assumere che, per mantenere lo stesso standard di vita, il villein necessitava di un possedimento pi largo, a volte molto pi largo, di quello di un libero tenutario nello stesso villaggio. Ci non significa, tuttavia, che i liberi tenutari considerati in aggregato fossero necessariamente pi ricchi dei tenutari consuetudinari similmente considerati [Postan 1966: 611].

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Nella comunit di villaggio non vigeva, pertanto, una condizione di eguaglianza tra i contadini, n in termini di ceto n in termini di classe. Il villaggio era stratificato in classi differenti per quanto riguarda le dimensioni dei possedimenti, per quanto all'interno della stessa classe i poderi tendessero a essere di dimensioni analoghe [Homans 1970: 73]. Michael Postan ha calcolato, su un campione casuale di 104 manieri, nel periodo tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII, la distribuzione dei poderi tra le diverse classi. Il 33% dei tenutari appartenevano a una classe intermedia, possedendo mediamente poderi della dimensione di 12-15 acri. Questa era considerata una dimensione sufficiente per praticare un'agricoltura di sussistenza, senza un largo utilizzo di lavoro salariato, e sufficiente a mantenere una famiglia senza rendere necessario il ricorso ad altre fonti di reddito. Il 22% comprendeva i tenutari pi ricchi, in grado di coltivare i propri
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Si accoglie qui la distinzione delineata da Weber: per " situazione di classe" si deve intendere la possibilit tipica del modo di procurarsi i beni, della condotta esteriore di vita e dello stato interiore, che consegue dalla misura e dalla specie del potere di disposizione (o dalla mancanza di esso) sui beni o sulle qualificazioni di prestazione, e dalla loro utilizzabilit per conseguire un reddito o delle entrate nell'ambito di un certo ordinamento economico [...]. Per situazione di ceto si deve intendere un effettivo privilegiamento positivo o negativo nella considerazione sociale, fondato sul modo di condotta della vita, e perci sulla specie di educazione formale - sia essa un insegnamento empirico oppure razionale, con il possesso delle forme di vita corrispondenti - e sul prestigio derivante dalla nascita o dalla professione [Weber 1980: 299, 303].

appezzamenti tramite l'assunzione di manodopera salariata. Infine, il 45% della popolazione dei manieri includeva i contadini pi poveri, accasati su appezzamenti di terra di dimensioni insufficienti per il mantenimento della propria famiglia, e obbligati, pertanto, a offrire il proprio lavoro ai contadini pi benestanti, o al proprio signore, in cambio di un salario [Postan 1966: 618628]. I numeri forniti da Postan si riferiscono a un periodo collocato alla met di un sentiero di ininterrotta crescita demografica tra il secolo XI e la met del secolo XIV, e quindi non sono del tutto rappresentativi del periodo tra l'XI e il XII secolo. La dimensione media dei possedimenti cal tra il Domesday Book (1086) e la fine del XII secolo, e la proporzione dei piccoli tenutari con poca terra, al di sotto del livello di sussistenza, venne sempre pi a ingrossarsi [Miller 1971: 5; Miller e Hatcher 1978: 145]. Ci non di meno l'immagine delineata contribuisce a definire uno spaccato della societ contadina inglese all'alba delle grandi innovazioni legali introdotte tra la seconda met del XII secolo e il XIII.

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CAPITOLO

III DAL POSSESSO ALLA PROPRIETA' (XII-XVI sec.)

1. L'ARISTOCRAZIA
Lo sviluppo della Common law nel campo della real property durante i secoli XII e XIII gett le basi per il successivo sviluppo di diritti di propriet sulla terra garantiti dallo stato, sottratti dalla garanzia personale fornita dalle relazioni lord - tenant tipiche della prima et feudale. Tale processo fu graduale, e cominci con le riforme di Henry II tese a ripristinare l'ordine nel regno dopo il periodo di anarchia e rivolta sperimentato durante il regno di re Stephen (1135-1154) [King 2009: 57]. La ratio originaria delle riforme di Henry non era quella di sconvolgere i fondamenti della societ feudale, bens di restaurare tale ordine e assicurarne il funzionamento secondo i suoi stessi principi. Le conseguenze non volute delle riforme portarono invece alla morte il sistema feudale di propriet della terra, dando i natali alla propriet moderna [Palmer 1985: 2]. La perdita di controllo dei signori feudali sulle propriet dei propri tenutari, avviato con le riforme del XII secolo, rientra quindi nel novero delle "conseguenze non previste dell'azione sociale intenzionata", fenomeno concettualizzato, tra gli altri, da Robert Merton [1936]. Nonostante i risultati a lungo termine dello sviluppo della Common law della real property furono un epifenomeno rispetto ai reali obbiettivi di Henry II, ci non significa furono anche casuali, e che quindi la teoria sviluppata nel capitolo I non sia applicabile. La teoria tenta di spiegare le cause della nascita e della persistenza delle istituzioni, non le particolarit e le contingenze relative al loro venire in essere [Dahlman 1980: 144]. Mentre Henry II forn uno stato forte e centralizzato, congeniale alle proprie esigenze politiche, i giudici reali svilupparono le regole giuridiche che risposero alle esigenze proprietarie dell'aristocrazia terriera, utilizzando e sviluppando l'ordine istituzionale inizialmente previsto, adattandolo alle mutate condizioni sociali. Il presente paragrafo tratter il percorso di sviluppo del fee simple, cio della propriet assoluta sulla terra, una volta patrimonio precario del vassallo. Il paragrafo 2 tratter
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invece lo sviluppo della propriet assoluta tra i contadini nella forma del copyhold, una volta mero possesso servile in villeinage. 1.1. Economia e societ nei secoli XII-XIII Il XII e XIII secolo furono caratterizzati da un periodo di ininterrotta crescita demografica, interrottosi all'inizio del XIV secolo, e seguito da un periodo di drammatico declino dovuto alla Morte nera, quindi da una stagnazione protrattasi fino a tutto il XV secolo. La figura 3.1, tratta da Hatcher [1977: 71], mostra un'interpolazione delle diverse stime della dimensione assoluta della popolazione inglese tra il XII e il XV secolo, e ne illustra il trend di lungo periodo. Mentre vi una considerevole differenza tra le stime massime e minime presenti in letteratura relative ai valori assoluti raggiunti dalla popolazione, il trend rimane inequivocabile. Alla fine del XIV secolo la popolazione era quasi triplicata rispetto all'inizio del XII [Titow 1961: 220]. Questo comport, accanto a un maggiore affollamento delle aree di insediamento storico, una continua estensione delle aree abitate e quindi di colonizzazione e conversione in area agricola di aree precedentemente non coltivate [Miller e Hatcher 1978: 33]. Il periodo di espansione demografica venne ad arrestarsi all'inizio del XIV secolo, a causa di una serie di carestie consecutive [Hatcher e Bailey 2001: 28]. All'arresto fece seguito un drammatico calo, che, in un arco di tempo della durata di pochi anni, arriv a quasi dimezzare la popolazione inglese [Hatcher 1977: 25]. La causa scatenante di tale calo fu l'improvvisa diffusione di una serie di ondate di pestilenza, che colpirono consecutivamente l'Inghilterra (e l'Europa) a partire dal 1348, protraendosi per buona parte del XIV secolo. L'ondata di pestilenza del 1348-49, che con pi violenza colp la popolazione, ricordata col nome di Morte nera [King 2009: 205-206]. Il livello della popolazione, a seguito delle ondate di peste bubbonica, ristagn per tutti il XV secolo, tornando ad assumere un trend crescente solo all'inizio del XVI, e arrivando a toccare le vette raggiunte nel XIII secolo solo a XVIII secolo inoltrato [Hatcher 1977: 71]. La crescita demografica costituisce un fattore importante nello spiegare la nascita dei diritti di propriet moderni sulla terra per due motivi. Il primo motivo ha a che vedere con gli effetti sul valore dei prodotti agricoli e su quello della terra derivanti dal trend crescente, durato ininterrottamente per due secoli, del livello della popolazione. La societ agricola medioevale conosceva una capacit di innovazione tecnica, seppur non del tutto assente, comunque limitata [Postan 1951: 82]. L'offerta della principale fonte di capitale, cio la terra, una volta occupate le terre fertili esterne all'area di insediamento storico, era data in misura relativamente fissa. Questo implicava che, al crescere della popolazione, e in particolare della popolazione abile al lavoro, il
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Figura 3.1

Trend di crescita della popolazione inglese, XII-XV sec.

prodotto marginale del lavoro tendeva a calare1 [North e Thomas 1973: 35-36]. Il movimento di colonizzazione delle terre vergini, inoltre, faceva s che sempre pi terre di qualit inferiore, precedentemente lasciate incolte in ragione della loro minore qualit, venissero portate a coltivazione. Questo contribu a far s che anche il prodotto marginale della terra tendesse a calare, diminuendo la produttivit generale dell'economia agricola, e quindi il prodotto medio pro capite [Postan 1966: 551; Bailey 1989: 14]. La crescita della popolazione fece s che in aggregato la domanda per i beni agricoli di sussistenza aument costantemente, mentre lo stock relativamente fisso di terre di buona qualit, la bassa produttivit delle terre marginali messe a coltura, e l'assenza di sostenuto progresso tecnologico nelle tecniche agricole, fecero s che l'offerta di tali beni non riuscisse a espandersi allo stesso ritmo della domanda. Questo provoc un trend di crescita dei prezzi dei prodotti agricoli per tutto il periodo considerato ben maggiore rispetto agli altri beni di consumo [Postan 1978: 303-304]. La figura 3.2, basata sui dati raccolti da Farmer [1957: 212], mostra l'andamento del prezzo medio nazionale di vendita del frumento durante il XIII secolo e l'inizio del XIV2. Il suo prezzo arriv quasi a triplicare nell'arco di poco pi di un secolo. L'aumento
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Con prodotto marginale decrescente si intende la regolarit secondo cui il prodotto aggiuntivo di un fattore variabile applicato a un fattore il cui stock invece fisso, superato un certo ammontare tende a calare per ogni successiva unit del fattore variabile aggiunta. Con prodotto marginale del lavoro decrescente, in particolare, si intende la diminuzione del prodotto aggiuntivo del lavoro applicato a uno stock di capitale fisso (ad esempio, un singolo appezzamento terriero), per ogni successiva unit di lavoro aggiunta [Stigler 1946: 116]. 2 I prezzi degli altri cereali di largo consumo (avena, segale e orzo), del bestiame (buoi e pecore) e dei loro prodotti (lana, formaggio), subirono un andamento del tutto analogo [Farmer 1957: 214; Postan 1978: 303; Miller e Hatcher 1978: 66]. E' riportata la media mobile a sette anni (costituita dall'anno in questione e dai tre anni precedenti e i tre

400 350 300 250 200 150 100 50 0 1208 1218 1228 1238 1248 1258 1268 Frumento 1278 1288 1298 1308 1318

Figura 3.2

Prezzo medio nazionale del frumento, 1208-1325. Media mobile a sette anni. Numeri indice (100=1208).

dei prezzi agricoli permise agli strati sociali che vivevano al di sopra del livello della sussistenza, cio la grande aristocrazia terriera e i contadini pi benestanti, di riuscire a catturare una rendita maggiore dai propri terreni vendendo la propria produzione in eccesso [Postan 1978: 212-213]. L'aumento del valore del prodotto agricolo dei singoli appezzamenti, inoltre, permise che crescesse il valore dei terreni, e quindi la rendita ottenibile dalla loro vendita o dal loro affitto [Miller 1964: 36; North e Thomas 1973: 12]. La rendita dei signori non aument solo a causa dell'aumento del prezzo dei beni land-intensive. L'aumento di popolazione provoc anche un mutamento dei rapporti di potere tra la classe dei contadini e quella dei signori terrieri. La crescita assoluta del numero di contadini svilupp, nel lungo periodo, una crescente "fame di terra", disponibile sempre pi in quantit minore e di minore qualit [Postan 1966: 552]. Questo implicava una crescente concorrenza interna allo strato contadino nel tentare di accaparrarsi tenure, per quanto di carattere servile, necessarie alla sopravvivenza. L'offerta inelastica di terra fece s che i rapporti di dipendenza dei contadini nei confronti dei signori crescessero, e quindi che i rapporti di potere volgessero a favore dei secondi, rafforzando la preesistente istituzione del servaggio. Questo significava che i signori potevano estrarre maggiori risorse dalla propria popolazione servile. L'aumento dei tenutari in ogni maniero, accasati su poderi di dimensioni sempre minori, permetteva che le diverse esazioni venissero raccolte su una base imponibile pi ampia. L'ammontare delle
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successivi), cos da catturare il trend di lungo periodo dei prezzi e non le loro oscillazioni annuali. Il break nella serie dovuto alla mancanza di dati consecutivi per il periodo.

singole esazioni relative alle concessioni terriere vennero inoltre ad aumentare, cos da riflettere il maggiore valore della terra: servizi di lavoro, tasse di ingresso, affitti e pagamenti per i diritti di pascolo subirono un incremento costante durante il XIII secolo [Postan 1937: 186; Miller 1964: 33; Smith 1983: 117; Hatcher e Bailey 2001: 46]. Allo stesso tempo l'aumento del rapporto popolazione/terra fece s che il prezzo del lavoro salariato venisse a calare, permettendo un proficuo impiego di lavoro a basso prezzo sulle demesne signorili, organizzate per la produzione per il mercato [Miller e Hatcher 1978: 219-221]. Un'altra fonte di entrata dell'aristocrazia terriera era costituita dalle entrate derivanti dall'amministrazione della giustizia locale. Le multe per singola infrazione delle bylaw, cio delle regole del maniero, non vennero a crescere, anzi spesso diminuirono. La sovrappopolazione dei villaggi port a una diminuzione della ricchezza dei contadini appartenenti agli strati pi bassi, che semplicemente non potevano permettersi di pagare multe in ammontare pari agli anni precedenti. Ci non di meno, l'aumento dei tenutari servili provoc una crescita del numero assoluto delle infrazioni, che permise di mantenere la rendita giudiziaria nominale dei signori a livelli comparabili con quelli ottenuti precedentemente [May 1973: 390]. Il secondo motivo per cui l'esplosione della crescita demografica nei secoli XII e XIII ha a che vedere con la riorganizzazione dei diritti di propriet risiede nel mutamento della struttura sociale a cui furono sottoposte le campagne inglesi nei secoli considerati. Il costume feudale nelle relazioni proprietarie sulla terra era un costume informale, fortemente dipendente da rapporti personali continuativi tra i soggetti costituenti gli anelli della catena feudale. La norma della propriet feudale era garantita da meccanismi informali simili a quelli descritti nel paragrafo 1.1 del capitolo I, dipendenti da interazioni ripetitive e dai rapporti di forza tra le parti [Pollock e Maitland 2010a: 7475]. L'espansione demografica continuativa, con l'aumento della dimensione media e dell'eterogeneit dei gruppi sociali, pu aver rotto gli equilibri venutisi a stabilire in precedenza, sia al livello del villaggio contadino, sia al livello dell'aristocrazia. La sovrappopolazione nei villaggi port a una crescente emigrazione dei contadini, soprattutto tra i pi giovani non destinati a ereditare il podere familiare, alla ricerca di terra tra i nuovi insediamenti marginali, o di lavoro salariato [Macfarlane 1978: 152-153]. Questo pu aver portato alla rottura dei meccanismi informali alla base delle regole proprietarie all'interno delle singole unit manoriali, provocando una maggiore incertezza nel possesso delle tenure in villeinage. Nel XIII secolo le infrazioni dei costumi manoriali vennero a crescere, a indicare una maggiore concorrenza tra i componenti del villaggio nell'utilizzo delle risorse terriere, disponibili sempre pi in quantit ridotta. L'aumento del lavoro delle corti di giustizia manoriali nel periodo testimonia come la propensit al "crimine" [inteso come infrazione del costume del maniero] potesse essere accresciuta dal generale
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impoverimento e dalla pressione sulle risorse. Se un acro pu significare la differenza tra la felicit e la miseria, dispute su quell'acro saranno pi probabili [May 1973: 397]. Non le sole terre occupate dai contadini furono soggette a maggiore concorrenza nell'utilizzo. I feudi in mano all'aristocrazia terriera vennero a ospitare un crescente numero di vassalli, tramite successive subinfeudazioni, cos diminuendo l'area della demesne signorile gestita direttamente dai grandi magnati o dal re, a favore della classe dei piccoli e medi cavalieri [Miller e Hatcher 1978: 270-271]. La maggiore redditivit dei terreni implicava non solo una accresciuta concorrenza tra signori di pari grado per accedere a una tenure cavalleresca, ma anche una crescente concorrenza tra signore e tenutario nel controllo dello stesso appezzamento di terreno, il cui controllo era condiviso tra i due secondo le regole della tenure feudale. La pressione della popolazione sulle risorse controllate dall'aristocrazia terriera pu aver contribuito a rompere gli equilibri informali del costume feudale, creando un incentivo alla costituzione di rapporti di tenure pi stabili e meno soggetti alle incertezze prodotte dall'arbitrio di un signore interessato allo sfruttamento del crescente valore della terra almeno quanto i suoi tenutari [King 1970: 46]. 1.2. Nuovi diritti di propriet sulla terra 1.2.1. Ereditabilit Come anticipato nella tabella 1.6 del capitolo I, la comparsa della dimensione dell'ereditabilit delle propriet terriere dalla struttura di diritti di propriet feudale in grado di catturare le dimensioni dell'utilizzo individuale perpetuo e della capacit di esclusione. La possibilit, garantita di diritto, di trasmettere il proprio possedimento ai propri discendenti da parte dei vassalli, significava infatti arrivare a considerare il feudo, da beneficio precario con carattere vitalizio, patrimonio personale del vassallo. Il riconoscimento di tale diritto implicava per il vassallo la possibilit di impugnare concessioni fraudolente del proprio feudo a favore di terzi da parte del proprio signore. Implicava, cio, riconoscere al tenutario un titolo al proprio possedimento, valido ed esigibile indipendentemente dagli umori, o dalle sviste, del proprio lord. Le radici di tale cambiamento affondano nel periodo di guerra civile conosciuto dal regno di re Stephen, eletto sovrano nel 11353. L'elezione venne contestata da sua cugina, figlia di Henry I e da questi designata erede al trono, l'imperatrice Matilda 4 [King 2009: 49]. La spaccatura nella successione precipit il regno in un periodo di guerra civile, combattuto tra baroni e magnati fedeli all'una o all'altra parte. Il periodo di
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Fino all'incoronazione di Henry II, che stabil definitivamente il carattere ereditario della monarchia inglese [Davis 1964:6], erano vigenti diverse teorie, non necessariamente mutualmente esclusive, riguardo alla successione al trono: elezione dalla comunit politica del regno; designazione da parte del re precedente; accesso per eredit tramandata per linea di sangue [King 2009: 49-50]. 4 Moglie di Enrico V, imperatore del Sacro romano impero.

anarchia vide la costituzione di principali territoriali autonomi, sottratti dall'autorit e dalla legge regale, che interruppero il processo di centralizzazione avviatosi nel regno di Henry I [King 1984: 134-135]. L'anarchia del regno di re Stephen non fu sono un conflitto politico tra fazioni. Piuttosto, la stabilizzazione e la crescita economica e demografica seguita alla conquista portarono a crescenti lotte inter- e intra-familiari per l'accesso alle propriet fondiarie. Le fazioni che si allinearono dietro ai due contendenti al trono altro non furono che fazioni distinte che lottavano per l'accesso a propriet stabili ed ereditabili, fino ad allora contendibili entro la struttura feudale di diritti di propriet sulla terra 5 [Davis 1964: 9]. Come riassunto da Ralph Davis, le fazioni baronali che presero parte alla contesa stavano reagendo alla nozione secondo cui le loro terre erano mere tenute che detenevano a piacere del re. Volevano che i loro possedimenti fossero effettivamente loro [...]. Chiedevano che il re riconoscesse i loro diritti ereditari in termini specifici e non ambigui [ivi: 12]. La soluzione alla guerra civile, ottenuta con il Trattato di Westminster del 1153, che design Henry II, figlio di Matilda e nipote di Henry I, alla corona d'Inghilterra, sanc il cambiamento dei rapporti di potere de facto tra i contendenti al trono e i propri magnati, che si tradusse nelle riforme legali successivamente attuate da Henry II [Palmer 1985: 8]. La prima ondata di riforme attuate tra la seconda met del XII secolo e il XIII aveva come elemento comune il fatto che per la prima volta in modo consistente una terza parte si inseriva nel rapporto informale tra signore e tenutario: segnatamente la giustizia reale e il suo potenziale di enforcement. Il sistema dei writ reali, a cui si accennato nel paragrafo 1.3 del capitolo II, comportava che la preminenza del re si facesse sentire in ogni fase delle procedure messe a disposizione in caso di dispute sulla propriet della terra: dall'accoglimento della causa, alla conduzione del processo (in particolare nel far s che la parte citata comparisse fisicamente all'udienza), fino all'esecuzione dei giudizi tramite la consegna del possedimento alla parte vincente da parte dello sceriffo [Baker 2007: 64; Pollock e Maitland 2010b: 108]. Questo fece s che a poco a poco la figura del signore, concedente il possedimento terriero al proprio tenutario, venisse a svanire nelle dispute tra i vassalli a lui sottoposti. Questi poterono cominciare a disputare la validit del proprio titolo alla terra in s, a prescindere dal potere arbitrale e dal favore del lord. Allo stesso tempo i signori vennero obbligati, tramite la sanzione della giustizia reale, a onorare i propri impegni. Questo significava la trasformazione delle obbligazioni tra lord e tenant, tipiche del costume feudale, in tioli di propriet validi nei confronti del resto del mondo, compreso il proprio signore [Palmer 1985: 18]. La giustizia regia, relativamente alle dispute sulla real property, si dimostr pi efficiente delle forme di
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Accanto alle propriet terriere, il titolo di conte o hundredman, a cui spesso erano associate, oltre alle eventuali concessioni reali relative alla raccolta delle tasse locali, avevano altres una rilevanza economica consistente [King 1984: 138-139].

giustizia dispensate nelle corti comunali e feudali. Non solo era in grado di garantire un processo pi limitato nei tempi, ma faceva s che i giudizi diventassero esecutivi con una maggiore efficacia. Inoltre, grazie all'introduzione degli strumenti dell'inchiesta e della giuria, che meglio si adattavano all'accertamento dei fatti rispetto alle ordalie, ai giuramenti o ai compromessi che costituivano il metodo di prova e composizione delle dispute nel periodo precedente, la sicurezza del possedimento venne a crescere, dando efficacia e stabilit reale ai titoli sulla terra. La preferenza dei tenutari per la giustizia reale, e quindi la sua maggiore efficienza, dimostrata dal crescente ricorso volontario a quest'ultima [Varian 2006: 100]. I writ non erano forniti gratuitamente dal sovrano, ma andavano acquistati. La giustizia del re non era ancora un bene pubblico, bens un bene privato disponibile a chi fosse disposto a pagarne il prezzo:
prima della fine del regno di Henry [II] bisogna pensare alla giustizia reale - che stava diventando di gran lunga il genere pi importante di giustizia - come consistente di molte e varie merci [...]. Tra queste il litigante deve fare una scelta; deve scegliere il writ appropriato e con questo la forma di azione legale appropriata. Queste merci sono esposte per la vendita; forse alcune di queste potevano gi essere acquistate a un prezzo fisso, per altre un accordo sul prezzo andava ancora raggiunto [Pollock e Maitland 2010a: 160].

L'iniziale natura privata della giustizia reale, disponibile solo a chi avesse contribuito ai suoi costi, permise di superare alcuni degli ostacoli relativi alla fornitura di beni pubblici e comuni descritti nel paragrafo 2.1 del capitolo I. Tra il XII e il XIII secolo l'aristocrazia fu disposta a spendere maggiori risorse nella giustizia regia per garantire l'effettivit del proprio titolo a propriet terriere crescenti nel valore e sottoposte a una maggiore concorrenza nell'utilizzo. Oltre a questo nuove risorse vennero investite nel registrare titoli e transazioni con maggiore precisione, innanzitutto generalizzando, almeno per le grandi propriet, l'utilizzo della scrittura su pergamena, e inoltre assumendo per attendere a tale compito personale altamente qualificato e retribuito [Hatcher e Bailey 1978: 192]. Allo stesso tempo lo stato (il re), essendo pi efficiente nel garantire la sicurezza del titolo, era in grado di fornire una protezione ai tenutari con costi complessivamente minori rispetto alle farraginose e incerte procedure presenti nelle corti comunali e feudali. Secondo il modello illustrato nella figura 1.4 del capitolo I, entrambi questi cambiamenti avrebbero dovuto portare a un livello di esclusivit nelle propriet terriere, come effettivamente avvenne, pi vicino alla propriet assoluta [Anderson e Hill 2003: 126]. La disponibilit dei magnati, e dei loro seguaci, a rivoltarsi, rese necessario un compromesso politico che riconoscesse una maggiore sicurezza nel titolo alla propriet anche tra i baroni nei confronti del sovrano [Davis 1964: 11]. L'aumento del potere politico de facto dell'aristocrazia cospir a introdurre nuovi rapporti di potere de jure, e quindi a una ridefinizione dei diritti di propriet sulla terra.
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Writ of right. Il compromesso raggiunto col Trattato di Westminster del 1153 pose le prime fondamenta perch le propriet terriere cominciassero a essere considerate propriet di diritto e non semplicemente concessioni garantite da un'obbligazione personale. Il compromesso richiedeva che i tenutari entrati in possesso di feudi durante l'anarchia del regno di re Stephen, a scapito degli allora legittimi occupanti (spesso espulsi a seconda delle appartenenze di fazione), sarebbero rimasti tenutari per la durata della loro vita ma, alla loro morte, al possedimento non sarebbero succeduti i loro eredi, bens gli eredi del legittimo occupante ai tempi del regno di Henry I, ultimo periodo di pace prima degli sconvolgimenti causati dall'anarchia di re Stephen. Nell'assicurarsi che i lord mettessero in atto i termini del compromesso, accettando gli eredi del precedente tenutario legittimo, Henry II forn un potente strumento, cio il writ of right. Tale mandato reale poteva essere richiesto alla cancelleria regia dal legittimo erede secondo i termini del compromesso, in caso gli fosse stato impedito di accedere al possedimento del proprio avo. Il mandato chiedeva che il lord rendesse pieno diritto all'erede, e in caso questo non fosse accaduto, il caso poteva essere rimosso nella corte di contea e quindi davanti alla giustizia del re. La formula standard del writ of right cos recitava:
il re al conte W., saluti. Vi ordino di rendere pieno diritto senza esitare a N., rispetto a dieci carucates di terra locati a Middleton, che N. asserisce di detenere da voi per il libero servizio di un cavaliere in tutto, e da cui R., figlio di W., gli impedisce l'ingresso. E se non provveder, provveder lo sceriffo di Nottingham, in modo che io non senta future lamentele in quanto a questo per mancanza di giustizia [cit. in Palmer 1985: 11].

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Tale strumento era inizialmente di portata limitata: si riferiva alle parti che avevano subito un torto durante l'anarchia, e quindi copriva un limitato numero di situazioni. Ci non di meno costituiva un primo vincolo esterno che veniva imposto al potere disciplinare dei lord nei confronti dei propri tenutari6 [Palmer 1985: 9-11]. Tale principio, solidificandosi, venne a compiere una rivoluzione nei rapporti proprietari feudali: un importante risultato di questo cambiamento
fu di dare al richiedente legittimo della terra pi che una semplice rivendicazione morale o contrattuale nei confronti del proprio lord [...]. L'effetto del writ of right fu di conferirgli una rivendicazione proprietaria [...]. L'autorit del lord stava cominciando a evaporare nel processo. A questo punto si pu addirittura dire che la legge ha cominciato a riconoscere qualcosa come la propriet del tenutario legittimo; dal momento che il "diritto" a essere in seisin diventa ora un titolo legale astratto che trascende la seisin effettivamente in essere, e pu essere invocato nel sostituirla [Baker 2007: 232].

Il cambiamento nel rapporto di omaggio feudale consiste nel fatto che, mentre il consenso del signore rimaneva la parte costitutiva del rapporto di tenure feudale, ora tale consenso poteva venire imposto da una fonte di autorit esterna, segnatamente dal re [Milsom 1976: 105, 172-174]. Questo
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Si veda il paragrafo 2.2.3 del capitolo II.

conferiva all'erede legittimo un diritto di propriet formale nel possedimento familiare, a prescindere dalla discrezione del signore. L'erede poteva portare un'azione legale atta a espellere il tenutario attualmente in possesso e accettato dal signore, per essere accettato a sua volta come tenutario legittimo. Inizialmente, il metodo per risolvere una rivendicazione proprietaria tramite il writ of right era il duello giudiziario: la parte vincente avrebbe stabilito il miglior diritto al possedimento. Tale metodo venne affiancato nel 1179, sotto Henry II, dal metodo dell'inchiesta: una giuria convocata dalla corte reale avrebbe esaminato la genealogia del possedimento, e avrebbe dichiarato quale parte era in possesso del migliore diritto ad accedervi [Baker 2007: 233]. Il ricorrente offriva di risolvere la questione tramite duello presentando un campione in sua vece, mentre al convenuto era data la scelta se accettare il duello o porre la questione a una giuria (detta grand assize) [Pollock e Maitland 2010b: 66]. Nel caso la scelta fosse ricaduta sulla giuria, se il richiedente fosse riuscito a tracciare una linea di discendenza valida da un proprio antenato legittimamente in possesso della tenuta, avrebbe ottenuto di diritto il possedimento, eliminando per sempre future rivendicazioni della parte sconfitta e dei suoi discendenti. Rimanevano aperte possibili rivendicazioni da parte di terzi, che potevano vantare un migliore diritto. La giuria stabiliva il migliore diritto disponibile tra le parti in causa, e non un diritto assoluto valido nei confronti di terzi, al momento sconosciuti, che avrebbero in futuro potuto vantare un diritto migliore della parte vincente [Pollock e Maitland 2010b: 79]. Tra la fine del XII e il XIII secolo vennero presi altri provvedimenti nel limitare il potere discrezionale dei signori. Grazie alle riforme iniziate col compromesso del 1153, entro il primo lustro del XIII secolo era considerata una regola di Common law che nessun tenutario, proprietario di un possedimento libero, potesse essere chiamato a rispondere di questioni a questo relative nella corte del suo signore senza un writ reale [Palmer 1985: 19]. La giurisdizione del lord rimaneva in teoria intatta nei procedimenti disciplinari (ad esempio, nei confronti di un tenutario che si rifiutava di adempiere ai servizi derivanti dalla sua tenure), ma veniva a essere fortemente limitata nei procedimenti proprietari [Milsom 1976: 25]. Dal momento che questioni disciplinari e proprietarie erano intimamente collegate nel costume feudale (il servizio era inseparabile dalla concessione terriera), la giustizia regia venne a estendersi anche ai rapporti personali di vassallaggio tra signore e soggetto [ivi: 30-31]. Ad esempio, il costume feudale permetteva alla corte signorile la confisca dei beni di un tenutario che non avesse reso i dovuti servigi, col principale scopo di indurlo a rendere il dovuto. Se il tenutario, per, riteneva che il signore stesse richiedendo servizi non previsti dal rapporto di tenure, poteva rivolgersi alla giustizia reale, sostenendo che il proprio signore stesse invadendo ingiustamente la propria libera propriet. Questo fece s che anche il potere disciplinare del lord venisse sottoposto al controllo esterno della giustizia del re, e con questo il suo potere di
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incrementare in modo arbitrario i servizi, e gli incident, anticamente stabiliti, che a seguito del processo inflattivo del XIII secolo venivano sempre pi a ridursi in termini reali7 [Bean 1968: 13; Baker 2007: 237-238]. La crescente intrusione della giustizia regia acceler la nascita di diritti di propriet assoluta togliendo ai signori il controllo ultimo sopra le terre costituenti la propria signoria, lasciandoli con i soli diritti economici fissati [...]. I tenutari divennero proprietari, soggetti solo a quei diritti fissati, in quanto i signori e le loro corti persero il loro potere di emettere giudizi finali [Milsom 1976: 66]. Entro la fine del XIII secolo lo sviluppo legale, e il crescente accesso alla giustizia del re, fecero s che il tenutario diventasse il reale proprietario della terra, a scapito del signore 8 . Gli ampi diritti del signore feudale, una volta garantiti dalla propria corte, vennero a restringersi grazie alla supervisione di una giustizia esterna, che trasform i diritti signorili sui propri uomini in una rendita estratta dal tenutario ora proprietario, sempre pi esatti in moneta anzich in servizi militari o personali di altro genere [Baker 2007: 229, 237]. Come ha scritto Marx,
la posizione del possesso fondiario [feudale] nei riguardi [dei tenutari ] immediatamente politica ed ha pure un lato affettivo [...]. E' necessario che questa apparenza venga soppressa, che la propriet fondiaria, la radice della propriet privata, venga attratta interamente nel movimento della propriet privata e si trasformi in merce, che la signoria del proprietario appaia come la signoria pura e semplice della propriet privata, del capitale, spogliata di ogni valore politico [...], che ogni rapporto personale del proprietario con la sua propriet venga meno e questa si trasformi in ricchezza puramente reale, materiale [Marx 1949: 60-61].

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Petty assizes. Il writ of right era uno strumento teso a stabilire rivendicazioni di carattere proprietario. Istruiva un processo lungo, che tramite lo strumento dell'inchiesta stabiliva la genealogia, spesso lontana nel tempo, dei diritti reclamati. Stabilire il diritto al titolo, in un processo che poteva durare anni, era s importante, ma non era, di per s, uno strumento efficace nel difendere speditamente la propriet in essere da eventuali intrusioni avallate dal proprio signore [Pollock e Maitland 2010b: 66]. Un diritto formale alla propriet sanzionato dallo stato pu difatti essere definito tramite la compresenza di due rimedi: un rimedio che stabilisca il titolo valido a un possedimento; e un rimedio che scoraggi invasioni nel godimento del titolo alla propriet [Palmer 1985: 13]. Nell'aumentare il livello di esclusivit nell'utilizzo, pertanto, accanto all'azione proprietaria del writ of right, vennero approntati altri rimedi di carattere possessorio tesi, cio, a garantire il possesso e l'occupazione attuale pi che il diritto a questi derivante da un diritto acquisito lontano nel tempo. L'utilit di un titolo legale astratto ben poca cosa se non esistono gli
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Allo stesso modo un signore poteva rivolgersi alla giustizia reale in caso non fosse riuscito col solo aiuto della propria corte a ottenere servizi dovuti effettivamente non resi dal proprio tenutario [Milsom 1976: 31]. 8 Questa affermazione va attenuata nel caso dei grandi magnati che avevano come signore immediatamente superiore il re. Nonostante la Magna Carta stabilisse che il re si sarebbe comportato coi propri tenutari secondo le stesse regole disponibili al resto dell'aristocrazia, questo dipendeva comunque dalla volont del re, in quanto in tal caso non era disponibile il ricorso a un ulteriore livello di giustizia esterno [Milsom 1976: 163; Palmer 1981: 1163].

strumenti per far s che il possedimento concreto possa venire occupato effettivamente senza impedimenti determinati ad arbitrio di terzi. Gli strumenti a garanzia del possesso effettivo vennero a essere conosciti come petty assizes: laddove il writ of right era disegnato per stabilire un diritto ultimo [...], le "petty assizes" di Herny II erano mirate a produrre una rapida inchiesta da parte dei vicini su questioni di fatto pi prontamente accertabili. Le assize non scavavano nel diritto, ma proteggevano lo status quo da eventuali torti [Baker 2007: 233]. Lo strumento pi importante tra queste fu l'assize of novel disseisin, probabilmente introdotta col consenso dei baroni a seguito dell'Assize of Clarendon9 nel 1166, e standardizzata e regolarmente resa disponibile entro il 1188 [Palmer 1985: 22; Pollock e Maitland 2010a: 166]. Tale strumento era teso a riportare in possesso del proprio appezzamento quei tenutari che reclamavano di esserne stati espulsi ingiustamente, cio senza un regolare giudizio entro la corte del proprio lord. La ratio era di proteggere la seisin in essere, ed assicurare al tenutario un giusto processo [Palmer 1981: 1137]. La forma del writ of novel disseisin era la seguente:
il re allo sceriffo: Thomas ha reclamato che Ralph lo ha spossessato [ disseised] ingiustamente e senza giudizio del suo libero possedimento locato in tale posto da tale data. Perci, se Thomas fornisce pegno per dare seguito al suo reclamo, dovrai ristorare la tenuta dei beni che da questa erano stati confiscati, e controllare che la tenuta coi suoi beni resti indisturbata fino a tale data, quando dovrai portare dodici uomini onesti di fronte ai nostri giudici perch si pronuncino sulla questione; e dovrai far s che Ralph sia l per ascoltarci, o, se non disponibile, il suo balivo [cit. in Milsom 1976: 11].

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Un qualsiasi tenutario che fosse stato allontanato dal proprio possedimento senza un regolare giudizio della corte del proprio signore poteva perci accedere alla giustizia reale, che, a sua volta, avrebbe lasciato la questione a una giuria composta da dodici cavalieri della contea in questione. Questi avrebbero stabilito se il richiedente era effettivamente stato in possesso del terreno reclamato (indagando se avesse goduto effettivamente per un certo periodo dei profitti del terreno, e se i vicini residenti nel distretto avesse assistito a una livery of seisin10 in suo favore), e se da questo era stato espulso senza un regolare giudizio della corte signorile [Milsom 2002: 573; Pollock e Maitland 2010b: 50-51]. L'assize of novel disseisin introdusse perci un ulteriore elemento di controllo esterno sulla giurisdizione disciplinare signorile. Il fatto di essere in possesso cominci a separarsi dall'attiva accettazione del lord: se il signore A aveva spossessato ingiustamente il tenutario B, consegnando il possedimento a C, in caso di giudizio favorevole a B il signore avrebbe dovuto

Col termine assize (assise, assemblea), nel XII secolo si intendeva un'assemblea, presieduta dal sovrano e composta dai magnati del regno, e le sue deliberazioni. Era a tutti gli effetti un'assemblea legislativa [King 2009: 68]. 10 Si veda il paragrafo 2.2.1 del capitolo II.

permettere il possesso a B, anche se le sue preferenze personali inclinavano per C 11 [Palmer 1981: 1138-1139]. Nemmeno il tenutario C fu lasciato senza protezione: se A aveva garantito personalmente il possedimento a C tramite il passaggio di un titolo scritto (per quanto ingiustamente, tramite espulsione di B), C poteva chiamarlo in causa, chiedendo, e ottenendo, che gli venisse consegnato un possedimento di pari valore [Bailey 1945: 285]. L'azione disponibile a tale scopo, che trova le sue radici nelle riforme legali di Henry II, sar conosciuta nel XIII secolo come writ de warantia carte, mandato reale che obbligava il signore A a garantire il titolo trasferito a C, trasferendogli una porzione di terra di valore equivalente (procedura detta escambium) [Hyams 1987: 483]. Il novel disseisin fu affiancato da azioni legali analoghe. Di particolare importanza fu l'assize of mort d'ancestor12, introdotta con l'Assize of Northampton nel 1176. Tale azione era tesa a stabilire se il padre o il parente pi prossimo di un erede, escluso dall'occupazione della terra, fosse morto mentre era in possesso di una tenuta. Se la giuria avesse risposto affermativamente alla domanda, l'erede legittimo avrebbe dovuto essere messo in possesso della tenuta, a scapito di eventuali tenutari messi arbitrariamente in possesso dal lord senza rispettare i canoni ereditari. La discrezione signorile nella scelta del successore a un feudo venne quindi ancora pi limitata, venendo il signore costretto ad accettare il possesso dell'erede legittimo ancora prima del diritto (regolato dal writ of right) [Baker 2007: 234]. La rottura pi forte col costume feudale prodotta dalle petty assizes fu la rottura dell'intimo rapporto tra seisin e omaggio. Mentre nel feudalesimo delle origini la messa in possesso era inestricabilmente legata all'accettazione dell'omaggio e della fedelt da parte di un proprio seguace, le assize ruppero la connessione, enucleando due momenti distinti. La seisin (e il diritto, tramite il writ of right) veniva garantita dalla giustizia reale, indipendentemente dall'accettazione da parte del signore del rapporto di omaggio vassallatico. Un tenutario poteva ora entrare in possesso senza essere accettato come proprio uomo da parte del signore, per quanto quest'ultimo non avrebbe potuto reclamare i suoi servizi e gli incident feudali se si fosse rifiutato ostinatamente di riconoscere il fatto compiuto [Milsom 1976: 171-173]. In particolare fu protetta la situazione dell'erede, che entro la fine del XIII secolo era considerato immediatamente in seisin alla morte del proprio genitore, e non gi a seguito dell'accettazione dell'omaggio da parte del lord. Se questo non gli fosse stato permesso era disponibile l'assize of mort d'ancestor [Thorne 1959: 202-203; Milsom 2002: 573].
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Il novel disseisin era disponibile anche per i signori nel caso fossero stati dispossessati ingiustamente dai propri tenutari [Baker 2007: 233]. 12 Le altre due petty assizes erano l'assize of darrein presentment e l'assize utrum [Pollock e Maitland 2010b: 597]. La prima costituiva un rimedio possessorio in caso di dispute relative alla possibilit di nominare un parroco. La seconda era tesa a stabilire la natura ecclesiastica o laica di un possedimento [Pollock e Maitland 2010a: 154-158].

Writ of entry. Le petty assizes erano rimedi interessati a indagare eventi recenti: la morte di un antenato durante la sua legittima occupazione di un possedimento o l'ingiusta espulsione di un tenutario dalla propria tenuta. Dall'inizio del XIII secolo cominci a venire sviluppata un'ulteriore azione, a met strada tra i rimedi proprietari e possessori gi discussi, chiamata writ of entry. Contrariamente alle assize si occupava anche di fatti meno recenti, ma lo faceva senza gli inconvenienti del writ of right, il quale doveva essere inizialmente portato nella corte del proprio signore e infine rimosso nella corte reale, dove all'accusato rimaneva la scelta tra l'accettare il verdetto di una giuria o scegliere di risolvere la questione tramite duello giudiziario [Baker 2007: 234-235]. Le azioni ammesse tramite il writ of entry erano di diverso tipo, ma tutte si focalizzavano sullo stabilire, ponendo la questione a una giuria convocata all'uopo, in che modo il tenutario attualmente in possesso era entrato nel suo possedimento. L'obbiettivo del ricorrente era di dimostrare che l'ingresso del convenuto era in qualche modo illegale, e quindi che egli aveva un diritto valido per accedervi al suo posto. L'azione indagava sul diritto al possedimento pi di quanto facessero le assize, ma il risultato era meno definito del writ of right: mentre quest'ultimo stabiliva la validit di un diritto una volta per tutti, il writ of entry poteva essere appellato tramite un writ of right [Palmer 1985: 24-25]. Un esempio di un writ of entry del genere sur disseisin (tramite spossessamento)13, teso a recuperare l'eredit di un genitore che era stata data a un terzo dal signore, e che era discesa al figlio di quest'ultimo, era cos formulato:
il re allo sceriffo, saluti. Ordini a D che giustamente e senza esitazione renda ad A dieci acri di terra con relative pertinenze locati presso Whilton, a cui non ha accesso se non per tramite di C, a cui furono consegnati da B, spossessando ingiustamente A, come afferma. E se non lo fa convochi D, etc... [cit. in Palmer 1985: 32].

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In questo modo era possibile per A recuperare l'eredit del padre, anche se non vi era stato uno spossessamento recente da parte di D nei confronti di A (novel disseisin), e anche se il padre di A (che poteva essere stato tenuto ingiustamente fuori dal possedimento da parte del signore B) non era morto effettivamente in possesso della tenuta (mort d'ancestor), il tutto senza dover sottoporsi alla lunga e complicata procedura del writ of right14. La struttura del writ ancora intrisa dello spirito feudale: nei mandati cos formulati il lord (B, nella figura 3.3) e la sua volont, per quanto sempre

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Alcune esempi delle altre azioni a cui il writ of right forniva rimedio sono i seguenti: ad terminum qui preteriit (mancata restituzione all'erede legittimo di un terreno affittato dal padre a terzi, e trattenuto oltre il termine prestabilito); cui in vita (reclamo della porzione dovuta per legge da parte di una vedova, in caso il marito avesse alienato l'intero possedimento); dum fuit infra etatem (recupero di un terreno alienato da un soggetto durante la minore et, entro cui non aveva capacit di agire); dum fuit non compos mentis (recupero di un terreno alienato da un soggetto non nella piena capacit delle proprie facolt mentali) [Palmer 1985: 26-36]. 14 In questo come negli altri casi di azioni per il recupero di real property, la parte uscente sconfitta dal procedimento (in questo esempio D) poteva chiamare in causa B, se in possesso di un titolo di trasferimento valido, per essere compensato con un possedimento del valore pari a quello ingiustamente assegnato e ora restituito al legittimo proprietario [Bailey 1945: 292].

Figura 3.3

Struttura di un Writ of entry sur disseisin

pi messi in discussione, fungevano ancora simbolicamente da anello di congiunzione nella struttura piramidale dei rapporti tra tenutari minori nella prima parte del XIII secolo. Anche tale ruolo venne per a sparire, con lo stabilirsi del diritto di libera alienazione (discusso nel paragrafo 1.2.2) entro la fine del XIII secolo, trasformando i rapporti verticali tra signore e tenutari in rapporti orizzontali, che potevano prescindere dalla struttura verticale con il lord posto al vertice, illustrata nella figura 3.3 [Palmer 1985: 47]. 1.2.2. Alienabilit e disponibilit testamentaria Seguendo le dimensioni riassunte nella definizione Blackstone-Ellickson di propriet assoluta riportata nella tabella 1.6 del capitolo I, non ancora possibile parlare di propriet assoluta nel caso in cui non esista la libera possibilit di trasferire a terzi i propri diritti di controllo di una risorsa. Gli indicatori qui utilizzati nell'identificare tale dimensione consistono nella possibilit di alienare liberamente parte o la totalit dei propri possedimenti, e nella possibilit di dare disposizioni testamentarie relative alla loro devoluzione dopo la morte. Alienabilit. Gli scambi di terra nella prima et feudale erano costituiti principalmente da due modalit, cio la sub-infeudazione e la sostituzione15. La sub-infeudazione era il metodo dominante, data la struttura istituzionale feudale: accettare un nuovo tenutario implicava infatti il diritto alla riscossione di profittevoli diversi diritti signorili, cio gli incident. Tramite la modalit della sostituzione, invece, era necessario separarsi definitivamente dal possedimento trasferito, con la conseguente impossibilit di godere dei diritti signorili implicati dalla sub-infeudazione. Ci nonostante, non era nell'interesse dei grandi proprietari terrieri (coloro che avevano molti tenutari
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Si veda il paragrafo 2.2.4 del capitolo II.

sotto di s) che i propri tenutari sub-infeudassero a loro volta. Un grande signore A riceveva da un tenutario B i servizi stabiliti, oltre agli incident feudali. Se B a sua volta sub-infeudava C e D, pur rimanendo responsabile della fornitura dei servizi stabiliti, poteva provocare al signore A ingenti svantaggi. Innanzitutto il possedimento sotto il diretto controllo di B veniva ridotto di dimensioni, a causa delle successive sub-infeudazioni: questo significava che alla morte di B gli incident derivabili dal terreno sotto il suo controllo venivano a ridursi. Ad esempio, il diritto di wardship sull'erede, che permetteva al lord di appropriarsi dei profitti della terra del proprio tenutario finch l'erede legittimo non avesse raggiunto la maggiore et, era esercitabile su una porzione di terreno pi ridotta, essendo ora altre parti occupate dai tenutari C e D. In secondo luogo la crescita dei tenutari infeudati da B rendeva pi difficile per quest'ultimo assicurarsi che tutti i tenutari a lui sottoposti rendessero la loro parte di servizi stipulati a favore di A. Infine, se il tenutario B avesse sub-infeudato a favore di un'istituzione ecclesiastica, A poteva essere ulteriormente danneggiato, in quanto spesso i servizi richiesti dalle corporazioni religiose erano di carattere spirituale: questo rendeva ancora pi difficile da parte di B il rendere i servizi dovuti ad A, visto che parte del proprio patrimonio era impegnato in cambio di servizi prevalentemente immateriali [Bean 1968: 40-42]. Per quanto riguarda i piccoli e medi tenutari, che non avevano una lunga catena feudale sotto di loro, la possibilit di alienare liberamente, per sostituzione o sub-infeudazione, senza il consenso dei propri signori, era da considerarsi vantaggiosa. Al crescere della redditivit, e della relativa scarsit, della terra, il diritto alla libera alienazione, senza l'accettazione preventiva ottenuta tramite il pagamento di una licenza di alienazione a favore del proprio signore, avrebbe permesso agli occupanti di capitalizzare, tramite lo scambio sul mercato, i futuri profitti da questa derivanti [De Alessi 2003: 103]. La crescita demografica dei secoli XII e XIII, con il conseguente allungamento della catena feudale, port a rompere l'equilibrio fondato sulla prevalenza della sub-infeudazione, in quanto sempre meno conveniente per i grandi magnati. La perdita degli incident, in particolare del diritto pi profittevole, quello di wardship16, in un periodo di crescita delle rendite agrarie, rendeva la persistenza della possibilit di sub-infeudazione particolarmente svantaggiosa [North e Thomas 1971: 801]. Nel corso del XIII secolo vennero presi diversi provvedimenti nel tentare di difendere i magnati (compreso il re) dalle perdite cos configuratesi [North e Thomas 1973: 67]. A seguito di una sollevazione baronale, la conferma della Magna Carta del 1217 vietava a ogni tenutario di alienare una parte dei propri possedimenti tale da impedirgli di rendere i servizi dovuti al proprio signore. Un'ordinanza reale del 1256 proibiva ai tenutari diretti della corona di effettuare subinfeudazioni senza la previa acquisizione di una licenza reale. Le Provisions of Westminster del
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Contrariamente agli altri incident, fissati dalla tradizione e dalla common law a un ammontare monetario fisso che perdeva di valore alla crescita dei prezzi, la wardship, venendo raccolta in risorse materiali (i frutti della terra), manteneva il suo valore reale anche in un ambito inflazionistico.

1259 proibivano alle corporazioni religiose di prendere possesso di un feudo senza l'esplicita approvazione del lord superiore. Nel 1279 lo Statute of Mortmain proibiva qualsiasi ulteriore acquisizione da parte di enti religiosi [Bean 1968: 42, 51-53, 67; King 2009: 103-104]. A seguito delle crescenti pressioni provenienti da un'aristocrazia i cui possedimenti aumentavano rapidamente di valore, e grazie alla disponibilit dei grandi magnati e del loro seguito a rivoltarsi (una seconda guerra baronale scoppi tra il 1264 e il 1267), una soluzione alle richieste congiunte di magnati e aristocrazia venne raggiunta con lo statuto Quia emptores del 1290 [Maitland 1908: 7273]. Con le seguenti parole veniva stabilito definitivamente il diritto per i liberi tenutari, a esclusione dei tenants in chief, alla libera alienazione:
il nostro signore il re [...] su richiesta dei grandi signori del regno concesse, provvide e ordin che in avvenire sar legittimo per ogni libero uomo il vendere a proprio piacere le proprie terre o tenute o parte di queste, in modo che il cessionario detenga la medesima terra o tenuta dallo stesso signore superiore dello stesso feudo, per tali servizi e consuetudini tramite cui il concedente aveva detenuto precedentemente [cit. in Bean 1968: 79].

Lo statuto raggiungeva due obbiettivi: innanzitutto veniva riconosciuta la possibilit per tutti i tenutari che non detenevano terra direttamente dalla corona la possibilit di alienare liberamente i propri possedimenti senza il consenso del proprio signore, e senza necessit di pagare una tassa di alienazione; in secondo luogo, l'unica modalit di trasferimento d'ora in avanti accettata diventava quella della sostituzione. La modalit della sub-infeudazione veniva abolita [Bean 1968: 79-80]. Lo statuto costituiva un compromesso, che comportava vantaggi per le fila pi elevate dell'aristocrazia come per quelle pi basse: i grandi signori dovevano concedere ai loro tenutari una piena libert di alienazione tramite sostituzione - sostituzione anche di molti tenutari al posto di uno - e cos incorrere nel pericolo di perdere i loro servizi tramite il processo di ripartizione; d'altro lato, la subinfeudazione, con il conseguente deprezzamento dei diritti di escheat, wardship e marriage, fu abolita [Pollock e Maitland 2010a: 356-357]. L'accordo, che garantiva libert di alienazione all'aristocrazia minore ma non a quella maggiore, fu il risultato anche di un crescente potere politico de facto esercitato dall'aristocrazia minore nei confronti dell'aristocrazia maggiore e della corona, che cominciava a venire riconosciuto anche de jure [Bean 1968: 94]. Fin dall'inizio del XIII secolo i cavalieri di contea venivano infatti utilizzati con compiti di amministrazione locale, in particolare nella valutazione e nella raccolta delle tasse garantite da lord e prelati. Durante una delle frequenti crisi fiscali, nel 1254 vennero convocati quattro cavalieri per ogni contea non solo per essere istruiti al fine di gestire la raccolta delle tasse, ma, per la prima volta, per garantire personalmente al re una
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parte delle stesse17 [Maitland 1908: 71-72]. Accanto alla crescita del valore delle terre, l'aristocrazia minore pot giovarsi anche della crescente dipendenza della corona e dei magnati su di essa nell'adempiere, come funzionari e come contribuenti, ai sempre pi esigenti bisogni fiscali del tesoro. La corona, pertanto, fu spinta a concedere una importante modifica nella struttura dei diritti di propriet in ragione della sua crescente dipendenza, fiscale e amministrativa, da un ceto sociale sempre pi interessato alla possibilit di ottenere la libera alienazione delle terre 18 [North e Thomas 1973: 69]. Una maggiore libert di alienazione da parte dei tenutari della corona fu infine conquistata grazie a uno statuto del 1327 di Edward III, alla vigilia dello spartiacque rappresentato dalla Morte nera, e pochi anni dopo l'ennesima sollevazione baronale del 1321-1322 [King 2009: 181-181]. Lo statuto non aboliva il diritto del re a controllare, dietro pagamento, le alienazioni, ma stabiliva che le alienazioni eseguite senza una licenza reale non avrebbero comportato una confisca permanente del terreno, ma sarebbero state restituite e regolarizzate dietro il pagamento di una multa, che doveva comunque essere di ammontare "ragionevole". Nonostante le differenze tra le categorie, entro il 1327 la totalit dell'aristocrazia si vedeva garantito il diritto alla libera alienazione dei possedimenti terrieri [Bean 1968: 100-101]. La crescente perdita di controllo da parte dei signori sulle alienazioni dei propri tenutari venne riconosciuta nelle corti di giustizia reali nel corso del XIII secolo [Bailey 1945: 274]. Nelle cause relative alla real property il ruolo del signore, una volta figura preminente nei rapporti proprietari, divenne via via pi evanescente. Un esempio della scomparsa della figura del lord fornito da un writ of entry causa matrimonii prelocuti (in ragione di un matrimonio arrangiato) della fine del XIII secolo, schematizzato in figura 3.4, che cos recitava:
ordini a D che [...] renda ad A dieci acri [...], ai quali ha accesso tramite C, a cui furono consegnati da A in ragione di un matrimonio tra di loro arrangiato, tramite il quale avrebbe dovuto averla per moglie, mentre ci non ancora accaduto, come ella afferma, etc... [cit. in Palmer 1985: 33].

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In questo esempio una donna A aveva alienato il proprio possedimento tramite sostituzione a un promesso sposo C, che a sua volta aveva messo in possesso D. A seguito del mancato matrimonio la donna reclamavi il proprio possedimento. In questo writ omessa la posizione di B, che doveva essere il signore di A (e quindi di C, per sostituzione). Quella che viene dipinta pi una transazione orizzontale tra A e C, piuttosto che una sequenza di transazioni verticali (A con B, e B
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La convocazione, sempre pi regolare di qui in avanti, dei cavalieri di contea, e quindi dei rappresentanti dei borghi, verr a formare la camera dei commons del parlamento inglese. 18 La parte pi povera del ceto cavalleresco minore poteva essere pi interessato a ottenere la possibilit di libera alienazione non per incrementare i propri guadagni, ma spinta dalla necessit nel tentare di pagare i propri debiti. Mentre molte famiglie di piccoli cavalieri videro incrementare le proprie fortune tra il XII e il XIII secolo, molte altre vennero a sparire, lasciando i loro possedimenti a famiglie pi ricche [King 1970: 47-48; Postan 1978: 205].

Figura 3.4

Struttura di un Writ of entry causa matrimonii prelocuti

con C), come nel mandato schematizzato nella figura 3.3. Mentre fino all'inizio del XIII secolo il lord, pur sotto il controllo della giustizia regia, rimaneva una parte fondamentale allo scambio, dalla met del XIII secolo e fino allo statuto Quia emptores la sua posizione si era talmente assottigliata da poter essere omessa dal testo del mandato e dalle preoccupazioni delle parti allo scambio [Palmer 1985: 34-35]. Disponibilit testamentaria. Come si visto nel paragrafo 2.2.4 del capitolo II la disponibilit testamentaria dei possedimenti terrieri era fortemente limitata nei secoli XI e XII, inizialmente dal costume feudale, che imponeva una compartecipazione dell'erede e del proprio signore, sia dalla nascente Common law, che arriv a eliminare la possibilit di trasferimenti post obitum. L'unica possibilit di libera disponibilit testamentaria, riconosciuta dalle corti regali, riguardava i beni personali (chattel)19. Se il deceduto non aveva moglie o figli poteva disporre tramite testamento della totalit dei propri beni mobili. Se aveva una moglie vivente, o dei figli, poteva disporre liberamente di met dei propri beni, l'altra met essendo destinata di diritto alla vedova o ai figli. Infine, se aveva sia moglie che figli, poteva disporre di un terzo dei beni, mentre un terzo veniva suddiviso tra i figli, e il restante terzo veniva aggiudicato alla vedova [Pollock e Maitland 2010b: 365]. Il divieto di disponibilit testamentaria delle propriet reali era teso a proteggere il patrimonio familiare a favore dell'erede legittimo, cos da rafforzarne le rivendicazioni proprietarie [ivi: 344345]. Ci non di meno tale divieto implicava un serio limite alla libert di disposizione delle propriet immobiliari secondo la volont dell'occupante. La regola, inoltre, era tesa ad assicurare al lord la possibilit di godere dell'incident pi profittevole, cio quello di wardship. Mentre proteggeva la posizione patrimoniale dell'erede, garantiva lo sfruttamento dello stesso patrimonio al signore fino alla sua maggiore et, sottoponendo il possesso a pesanti limitazioni nella propriet [Bean 1968: 24]. Il diritto di wardship era protetto a tal punto che era vietato agli esecutori testamentari, nel pagare i debiti lasciati dal tenutario deceduto, di attingere ai profitti derivanti dalla
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Ai fini testamentari, erano trattati analogamente alle propriet personali anche oggetti intermedi tra la propriet reale e mobile (i cosiddetti chattel real), come i diritti incorporei di marriage e wardship, o l'occupazione di un terreno per un periodo di tempo prestabilito [Pollock e Maitland 2010b: 347].

Figura 3.5

Struttura di un Use

terra: i debiti andavano saldati attingendo alle propriet personali del deceduto, senza cos diminuire la rendita del signore in possesso della custodia dell'erede. Questo metteva in difficolt la persona a cui la terra discendeva, che veniva privata dei beni mobili lasciatigli in eredit. Inoltre in questo modo venivano distorte le disposizioni testamentarie in quanto a propriet personali del parente deceduto [ivi: 31-34]. I limiti imposti, dal costume e dalla Common law, alla disponibilit testamentaria, portarono a una reazione da parte dei tenutari da questi colpiti, tesa a progettare meccanismi informali tramite cui godere di una disponibilit de facto, in grado di evadere gli incident pi profittevoli per i lord e pi svantaggiosi per gli eredi. Il metodo utilizzato era conosciuto come use. Come illustrato nella figura 3.5, questo consisteva in un passaggio di propriet da A a B ad uso di C20. Secondo la Common law, una volta avvenuto il passaggio la propriet effettiva del possedimento era di B. Ci nonostante, A si assicurava, tramite accordi privati, che la propriet fosse gestita a vantaggio di C, che rimaneva cos de facto, per quanto non de jure, il reale proprietario, mentre B assumeva il ruolo di amministratore fiduciario [Pollock e Maitland 2010b: 240-241]. Una sistemazione di questo tipo permetteva di evadere diritti onerosi come quello di wardship o marriage. Al momento del decesso di A il proprietario legittimo era considerato B, che gestiva la propriet a vantaggio di C, a cui il possedimento avrebbe potuto essere eventualmente trasferito in un secondo momento. In questo modo il possedimento non tornava in custodia al signore di A, che non poteva cos appropriarsi dei profitti della terra. Tramite la relazione personale tra A e B, il primo poteva dare al secondo dettagliate istruzioni sull'utilizzo del possedimento dopo la sua morte (ad esempio in materia di trasferimento di propriet, o di utilizzo dei profitti), godendo cos della possibilit de facto di disporre delle proprie propriet reali a fini testamentari [Bean 1968: 104-105]. Il ricorso a trasferimenti di propriet ad uso di terzi tramite rapporti fiduciari, non era sconosciuto nella prima et feudale. L'intero sistema di trasferimenti si basava, per definizione, su un rapporto
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A poteva anche trasferire il proprio possedimento perch fosse utilizzato a proprio beneficio.

fiduciario tra lord e tenutario: un trasferimento per sostituzione, prima dello statuto Quia emptores, richiedeva che il tenutario lasciasse il proprio possedimento nelle mani del proprio signore ad uso di un terzo, conferendogli cos il ruolo di amministratore fiduciario in vista del trasferimento. Entro la prima met del XIII secolo per lo strumento aveva raggiunto una certa diffusione, tanto che nel 1267 venne promulgato lo Statute of Marlborough, teso a proibire trasferimenti simili esplicitamente tesi a deprivare il signore degli incident feudali che gli spettavano di diritto (in particolare le infeudazioni di eredi minori, e, successivamente, trasferimenti che esplicitamente richiedevano che l'erede rientrasse in possesso della propriet una volta raggiunta la maggiore et) [ivi: 109]. La successiva dottrina di Common law fu sviluppata per rimediare ai trasferimenti collusivi, cio effettuati con l'esplicito scopo di deprivare il proprio signore degli incident, ma non apport reali benefici per i signori. Le condizioni necessarie perch un trasferimento fosse considerato collusivo vennero interpretate in modo restrittivo, chiedendo che le istruzioni testamentarie lasciate all'amministratore fiduciario fossero citate come esplicita condizione all'atto del passaggio di propriet. Questo permise un ampio margine di manovra nel lasciare disposizioni testamentarie informali agli amministratori fiduciari, sfruttando il tacito assenso delle corti di giustizia reali [ivi: 187-188]. Lo sviluppo di meccanismi informali lasciava per i beneficiari dei testamenti senza reali protezioni legali nelle corti di giustizia. L'amministratore fiduciario era il proprietario secondo la legge, ed esisteva quindi la possibilit che trattenesse i terreni per s, senza dare seguito alle disposizioni testamentarie fornitegli. In mancanza di regole di legge in grado di garantire l'enforcement delle disposizioni testamentarie, i testatori ricorsero a meccanismi diversi atti a rendere pi facile, per quanto non certo, un comportamento corretto da parte dei fiduciari. Un metodo particolarmente utile era costituito dal trasferire la propriet congiuntamente a una serie di fiduciari. In questo modo se avessero voluto disattendere le richieste del testatore avrebbero dovuto essere unanimemente d'accordo: la molteplicit dei fiduciari rendeva pi difficile che un accordo fosse raggiunto, rispetto a una situazione costituita da un fiduciario singolo. Accanto al trasferimento congiunto, e nel tentare di rafforzarne l'efficacia, tra il gruppo di fiduciari era norma inserire persone di comprovata fiducia, ad esempio parenti stretti (come la moglie) o uomini di chiesa (a loro volta controllati, per quanto informalmente, da un'organizzazione ecclesiastica pi ampia) [ivi: 153-154]. L'utilizzo di pi amministratori fiduciari permetteva di creare una propriet simile alla manomorta tipica delle corporazioni ecclesiastiche, che non discendeva mai, e che quindi privava il signore dei diritti feudali derivanti dal passaggio ereditario all'erede legittimo. La propriet sarebbe discesa solo alla morte di tutti i fiduciari: questo poteva essere evitato sostituendo i fiduciari deceduti con altri, in modo che il possedimento non rimanesse mai vacante, e cos da non
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dover mai essere soggetto alle regole di discendenza e agli incident a queste connessi [Baker 2007: 252]. La tolleranza dimostrata dai giudici reali nei confronti degli use non trov una radicale opposizione da parte della maggior parte dell'aristocrazia: ogni signore era a sua volta un tenutario, e pertanto la perdita degli incident veniva recuperata tramite l'evasione degli stessi nei confronti del superiore gradino della scala feudale [ivi: 197]. Inoltre, l'introduzione della libert di alienazione nel 1290 costitu un importante cambiamento delle istituzioni economiche tale da fornire una base per un ulteriore cambiamento nei rapporti di potere, e quindi per una ulteriore evoluzione istituzionale a favore delle rivendicazioni proprietarie dell'aristocrazia terriera. Il fatto che le propriet potessero essere alienate liberamente rendeva pi facile per i tenutari ricorrere agli use, senza che la supervisione del lord agisse preventivamente nell'impedire trasferimenti collusivi. I signori dovevano ora agire a seguito del fatto compiuto, tramite gli strumenti spuntati che, in questo caso, la Common law metteva loro a disposizione. La struttura feudale veniva cos ulteriormente indebolita: i tenutari secondo la legge erano sempre pi amministratori fiduciari delle propriet, mentre il beneficiario diventava un semplice occupante de facto, senza relazioni immediate col signore originario [ivi: 220-221]. In questo caso l'evoluzione dei diritti di propriet procedette tramite lo sviluppo informale delle istituzioni, grazie all'acquiescenza delle istituzioni formali, ponendo per cos un sostrato extra-legale su cui fu in seguito possibile ergere una struttura formale di diritti [North 1994: 78]. La tensione tra i due livelli verr sanata in un processo graduale nei secoli successivi. Il primo riconoscimento esplicito del valore legale delle disposizioni testamentarie relative alle propriet reali venne dalla cancelleria reale e dalla sua corte di equit 21, a partire dalla seconda met del XIV secolo [Baker 2007: 251]. La cancelleria assunse gradualmente una giurisdizione specifica nell'assicurare l'enforcement delle disposizioni testamentarie fondate sul rapporto di fiducia tra testatore e amministratore fiduciario, fornendo un sistema di sanzioni, garantito dall'apparato coercitivo della giustizia reale, teso a punire la mancata esecuzione delle volont testamentarie da parte dell'esecutore [Maitland e Montague 1998: 123-124]. Il riconoscimento definitivo anche da parte delle corti di Common law sarebbe invece giunto, a seguito dei tentativi da parte della corona di resuscitare a fini fiscali la raccolta dei propri diritti feudali22, con lo Statute of Wills del 1540, che confer la possibilit legale di effettuare disposizioni
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La corte di equit (Court of Equity) della cancelleria reale non funzionava secondo i principi consuetudinari della Common law, ma conformava le proprie decisione a criteri di equit, fondati su principi di coscienza, ragione e legge naturale [Gray 1963: 157]. La sua giurisdizione, parallela alle altre corti di giustizia reale, venne a stabilirsi nell'accogliere, lamentele che non avevano una soluzione secondo la Common law, o portate da uomini troppo poveri per sperare di avere un giudizio equo nelle altre corti di giustizia [Maitland e Montague 1998: 120-122]. 22 Il controllo degli abusi negli use da parte della corona sui propri tenutari fu pi stringente della sostanziale libert lasciata ai signori di rango inferiore. Il periodo di ritorno a un maggiore controllo del re sui propri tenutari, e la puntuale

testamentarie relative alle propriet terriere, purch un terzo della propriet in knight's service discendessero all'erede legittimo (salvaguardando, per questa porzione, gli incident dovuti al signore) [Baker 2007: 256]. Come molte delle innovazioni legali relative alla real property gi discusse, anche lo Statute of Wills venne approvato in un periodo di forte ascesa delle rendite agricole, cominciato all'inizio del XVI secolo a conclusione del periodo di stagnazione degli introiti dei signori terrieri sperimentato tra il XIV e XV secolo [North e Thomas 1973: 15]. La crescente diffusione degli use, al culmine del processo di ridefinizione dei diritti di propriet sulla terra tra la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV, port di fatto alla morte il sistema di diritti di propriet feudale, assicurando ai tenutari una forma di propriet vicina all'assolutezza. Gli use, oltre a fornire ai proprietari terrieri un meccanismo di disponibilit testamentaria garantito de facto, innescarono altres un processo che culmin, entro l'inizio del XVI secolo, nella scomparsa degli ultimi caratteri propriamente feudali dei rapporti proprietari tra lord e tenant, cio degli incident. Che i trasferimenti inter vivos ad uso terzi fossero eseguiti con la volont di evadere i diritti spettanti al signore o meno, il risultato fu la graduale erosione di questi ultimi: il macchinario degli use subentr alle regole ereditarie e, cos, rimosse gli incident a queste connessi [...]. Conferendo la propriet della terra a terzi [il tenutario] paradossalmente divenne un proprietario pi assoluto di quanto la Common law permettesse: veniva liberato dagli incident pi gravosi del feudalesimo, e dalle regole inflessibili dell'ereditariet [ivi: 252-253]. Gli use fecero s che i diritti di relief, wardship e marriage, i pi profittevoli tra i frutti della cavalleria, fossero sottratti dalla disponibilit del signore. Dal momento che l'erede diveniva beneficiario dei profitti della terra formalmente posseduta da terzi, non doveva pi pagare il relief per accedere al possedimento. I diritti di wardship e marriage divenivano senza valore, dal momento che l'erede non subentrava ad alcun possedimento, e quindi la sua custodia non portava pi alcun profitto [Bean 1968: 220-221]. La tassa di alienazione era invece scomparsa nel 1290 per i mesne lord, e fortemente attenuata nelle sue implicazioni per i tenant in chief nel 1327. Il diritto di escheat venne altres fortemente limitato grazie alla pratica di alienare ad uso terzi ad amministratori fiduciari multipli: difficilmente il lord sarebbe cos rientrato in possesso del terreno in mancanza di un erede legittimo [ivi: 152]. Per quanto riguarda gli aid, con uno statuto del 1275 vennero fissati in valore, e vennero limitate le occasioni in cui un lord poteva legittimamente esigerne la riscossione. Mentre il loro valore reale veniva rapidamente eroso dall'inflazione nel caso dei signori minori, da parte della corona vennero invece completamente abbandonati, per essere sostituiti da nuove forme di tassazione sulle propriet mobili [ivi: 14].
esazione degli incident feudali dovuti, tra la fine del XV e il XVI secolo conosciuto come "feudalesimo fiscale" [Baker 2007: 253-254].

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Molti degli altri caratteri di servit personale impliciti al sistema feudale vennero a cadere nel XIII secolo. Il crescente controllo reale sulle corti signorili, e il declino nell'utilizzo dell'armata feudale, resero i servizi militari personali sempre meno importanti per i signori. Molte delle tenure in knight's service e delle tenure in serjeanty videro commutare il servizio personale dovuto in una rendita monetaria fissa, che venne via via erosa tramite la crescita dei prezzi [Baker 2007: 228-229]. La perdita di controllo signorile fece s che molte delle tenure militari venissero convertite in tenure in socage, la forma di tenure pi vicina a una propriet assoluta [Pollock e Maitland 2010a: 376377]. Nonostante il crollo di fatto dell'ordine feudale a cavallo del XIII e XIV secolo, e la comparsa della propriet assoluta sulla terra tra le fila dell'aristocrazia, conosciuta come fee simple, le tenure militari, e gli incident a queste connesse, verranno formalmente abolite solo nel 1660 tramite il Military tenures abolition act, a seguito della restaurazione della monarchia sotto Charles II [Baker 2007: 257].

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2. I CONTADINI
L'avvicinamento alla propriet assoluta sulla terra da parte della categoria pi numerosa della popolazione inglese, cio i contadini, avvenne in parte in analogia al percorso seguito dall'aristocrazia, e in parte in divergenza. L'unit amministrativa pi prossima alla vita della popolazione contadina servile era ancora il maniero con i suoi costumi, e non la giustizia del re e la Common law, che, per quanto riguardava la real property, erano disponibili di norma agli uomini liberi e alle tenure non servili. Ci non di meno, cos come molti dei diritti di propriet che nello stesso periodo venivano conquistati dalle fila dell'aristocrazia nei confronti dei propri signori, l'espansione agricola del XIII secolo permise un'accresciuta difesa dei diritti di propriet anche al livello delle tenute servili a livello manoriale. Contrariamente a quanto avvenuto nel caso degli uomini liberi, per, i mutamenti economici e sociali non portarono a un progressivo cambiamento dei rapporti di potere tale da innescare un processo di mutamento sociale analogo al crollo della struttura istituzionale feudale. Nel XIII secolo i diritti di propriet tra i contadini vennero meglio specificati, come previsto dal modello qui adottato, ma solo nel limite in cui non mettevano in discussione l'ordine fondato sul rapporto servile della maggior parte della popolazione agricola nei confronti dei propri signori. Perch questo rapporto venisse messo in discussione si sarebbe dovuto attendere il periodo seguente alla Morte nera, evento che port a un cambiamento epocale dei rapporti di forza de facto, e a cui fece seguito il mutamento delle strutture giuridiche, in particolare la fine del servaggio e la protezione da parte della giustizia reale dei possedimenti contadini contro l'arbitrio di signori terrieri. 2.1. Economia e societ nei secoli XIII-XV Le fortune della classe dei lavoratori tra il XIII e XIV secolo possono essere riassunte tramite la figura 3.6, che riporta l'andamento del salario medio nazionale reale (al netto dell'inflazione) dei lavoratori specializzati nel campo delle costruzioni e nel campo dei lavori agricoli 23 . La figura enuclea chiaramente due periodi distinti, e cio il XIII secolo, che vide un calo nelle condizioni di vita della classe contadina e lavoratrice, e il periodo compreso tra il XIV e il XV, che vide invece un suo sostenuto accrescimento nella ricchezza. L'andamento dei salari reali segue strettamente l'andamento della popolazione (gi illustrato nella figura 3.1). Da una parte, la crescita delle retribuzioni reali fortemente correlata positivamente alla scarsit relativa del fattore lavoro (alta in periodi di calo demografico, bassa in periodi di crescita) [Hatcher 1977: 71]. Dall'altra le serie indicano la sostanziale assenza di progresso tecnologico nel periodo considerato. Nei periodi di
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Le serie si basano sulle stime del salario medio nazionale giornaliero di Clark [2005: 1324-1325; 2007: 130-134].

200 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 1200 1210 1220 1230 1240 1250 1260 1270 1280 1290 1300 1310 1320 1330 1340 1350 1360 1370 1380 1390 1400 1410 1420 1430 1440 1450 1460 1470 1480 1490 1500 1510 1520 1530 1540 1550 1560 1570 1580 1590 Salari lavoratori costruzioni Salari lavoratori agricoli

Figura 3.6

Salari reali medi nazionali dei lavoratori agricoli e delle costruzioni, 1200-1599. Media decennale. Numeri indice (100=1200-1209).

elevata disponibilit del fattore lavoro in relazione allo stock fisso di terra il prodotto marginale del lavoro era relativamente basso, mentre in periodi di forte scarsit il prodotto marginale tendeva a salire. Entrambi questi movimenti erano riflessi nell'andamento dei salari reali, che fino alla prima met del XVII secolo saranno correlati negativamente con la crescita demografica. Il numero di lavoratori contemporaneamente occupati su un appezzamento di terra sembra infatti in grado di spiegare il livello del prodotto marginale del lavoro, e quindi del salario a questo associato [Clark 2005: 1211-1212]. Gli indici dei salari reali riportati si riferiscono a quei lavoratori che vendevano la propria opera sul mercato, e pertanto non sono in grado di catturare direttamente il valore implicito del lavoro svolto nell'ambito di quella parte di economia naturale che ancora si svolgeva nell'ambito dell'organizzazione manoriale [Kula 1970: 36]. Gli andamenti del salario reale e delle rendite agricole, per, sono anche indicatori del diverso rapporto del prodotto marginale tra i due principali fattori di produzione, cio terra e lavoro. Per quanto riguarda il XIII secolo, questo vide una crescita del prodotto marginale della terra rispetto a quello del lavoro, dovuto alla crescita dei prezzi agricoli e alla crescente densit di contadini occupati su ogni appezzamento (che rendeva di particolare valore ogni acro vergine aggiunto all'unit agricola manoriale). Il calo del salario reale, pertanto, perfettamente compatibile con un minore prodotto marginale del lavoro comunque occupato. Il calo della retribuzione dei lavoratori salariati difatti riflesso nelle documentate condizioni meno favorevoli che si trovarono ad affrontare i contadini consuetudinari durante il XIII secolo gi descritte nel paragrafo 1.1. La crescita dei prezzi agricoli del XIII secolo e l'aumento della popolazione non provoc solo una diminuzione del reddito pro-capite dei contadini. I
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contadini pi benestanti, costituenti uno strato di proto-yeomen, poterono giovarsi dell'aumento dei prezzi agricoli sul mercato, incrementando il valore delle risorse a disposizione e, in alcuni casi, incrementando la dimensione dei propri appezzamenti acquistando le terre dei contadini non pi in grado di mantenerle [Miller 1964: 26]. Il secondo periodo individuato, costituito dai secoli XIV e XV, vide un ribaltamento del trend sperimentato nel XIII secolo. Il cambiamento nella direzione del trend avvenne all'inizio del XIV secolo, a causa delle prime pesanti carestie che tra il 1315 e il 1322 interruppero, e invertirono, il percorso di crescita della popolazione, che venne a calare almeno del 10% [Hatcher e Bailey 2001: 55]. L'accelerazione del cambiamento venne quindi definitivamente precipitata dalla Morte nera del 1348-1349 che, falcidiando in una volta sola circa il 30% della popolazione, determin una drammatica scarsit del fattore lavoro. La tendenza venne ulteriormente accentuata dalle successive ondate di pestilenza, che contribuirono a ridurre ulteriormente il livello della popolazione, e che ne determinarono quindi una stagnazione durata per tutto il XV secolo [Hatcher 1994: 10-11; Clark 2005: 124]. La straordinaria mortalit sperimentata nel periodo fece s che il lavoro dei contadini fosse ora disponibile in misura scarsa rispetto alla terra. La classe dei contadini e dei lavoratori venne perci a trovarsi in una condizione di forza relativa e crescente nel tempo, in grado di aumentarne il reddito pro-capite, che nel XIII secolo aveva raggiunto il punto pi basso della storia inglese [Bailey 1989: 14]. Allo stesso tempo i signori terrieri videro le proprie rendite calare. Innanzitutto a seguito della Morte nera la caduta del rapporto popolazione/terra determin un calo, e quindi una stagnazione lungo tutto il XV secolo, dei prezzi dei beni agricoli. In secondo luogo, il prodotto marginale della terra venne a calare: ogni ulteriore unit di terra messa a coltivazione poteva rendere ben poco in mancanza di contadini che la coltivassero [Postan 1950: 227; North e Thomas 1973: 13]. In terzo luogo ogni signore vide calare, a causa dell'eccezionale livello di mortalit, il numero di contadini accasati sui propri terreni in grado di rendere servizi di lavoro e affitti, o multe entro la corte manoriale. Infine, a causa della cronica carenza di manodopera i signori dovettero competere maggiormente per assicurarsi il lavoro dei contadini. La crescente competizione per la manodopera fece s che ogni singolo tenutario rendesse meno, in termini di minori tasse di ingresso, ammontare degli affitti e pagamenti consuetudinari, voci che vennero a ridursi nel tentare di attrarre il fattore ora disponibile in misura sempre pi scarsa, cio il lavoro [Postan 1939: 161-162]. Anche nel secondo periodo, mentre le condizioni dei contadini servili secondo termini consuetudinari non vengono catturate dal movimento dell'indice dei salari, il calo delle rendite signorili implica termini pi favorevoli per il lavoro contadino, cio una minore estrazione di risorse da parte dei proprietari terrieri, e quindi una crescita del prodotto disponibile ai piccoli coltivatori consuetudinari [Postan 1950: 228; Hatcher 1994: 30-31]. La figura 3.6 pertanto completa il quadro in parte delineato nel paragrafo 1.1: per tutto il XIII secolo i salari reali
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diminuirono, a indicare una situazione di sovrappopolazione, e quindi una condizione di svantaggio relativo della classe dei contadini nei confronti dei signori. Il crollo della popolazione a partire dall'inizio del XIV secolo e i cambiamenti economici conseguenti, estesi a tutto il XV secolo, costituirono un periodo sufficientemente lungo e adatto a fornire la base per i cambiamenti istituzionali di seguito considerati [North e Thomas 1973: 79]. Tale movimento, della durata di due secoli, verr invertito nuovamente solo nel corso del XVI secolo. 2.2. Diritti di propriet tra i contadini 2.2.1. Titolo ai possedimenti servili Nonostante il differente, e successivo, punto di arrivo alla propriet assoluta dei contadini in condizioni servili sulla terra rispetto all'aristocrazia degli uomini liberi, le radici di una maggiore sicurezza nel titolo per la maggior parte della popolazione inglese affondano anch'esse nel XIII secolo. Come gi notato la crescita delle rendite agricole venne a beneficiare anche quei contadini servili in grado di ottenere un surplus agricolo oltre le proprie spese di sussistenza, che di conseguenza, e in analogia con l'aristocrazia terriera, svilupparono un crescente interesse per una maggiore sicurezza del titolo alla propriet. L'aumento incessante della popolazione fece per s che il valore della terra crescesse anche per i contadini meno abbienti. La concorrenza per l'accesso a un appezzamento di terra, per quanto disponibile sotto una tenure di carattere servile, vide aumentare l'utilit marginale per i contadini dell'accesso a un appezzamento. Il sovraffollamento dei villaggi aveva teso a ridurre le dimensioni medie degli appezzamenti, lasciando sempre pi contadini con poca o nessuna terra [Titow 1962: 3]. Pertanto, l'accesso a un appezzamento, per quanto piccolo, diventava di importanza vitale per i senza terra, che erano quindi disposti ad assumerne il possesso secondo condizioni sempre pi dure, e a dedicare un maggior numero di risorse nel difenderne la propriet: uno dei principali effetti di una tale scarsit di terra fu di rendere tale terra, quando disponibile, estremamente costosa da ottenere. Siccome non vi era pi terra da colonizzare, era estremamente difficile acquisire un possedimento, e la competizione per le tenute vacanti divenne cos feroce che i signori poterono ritoccare le tasse d'ingresso (e anche gli affitti) a livelli sempre pi alti ogni volta [ivi: 4]. Allo stesso tempo, a causa della forte crescita demografica, per la maggior parte dei contadini meno benestanti venne a crescere l'incertezza nel possesso: dal momento che vi era una tale abbondanza di uomini e una tale scarsit di terra, il normale accesso ereditario degli uomini ai possedimenti fu negato a molti - forse alla maggior parte - dei giovani. In molti posti le code di uomini in attesa di una possibilit di acquisizione della terra divennero talmente lunghe che l'intera routine tradizionale di successione da padre a figlio fu interrotta
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[Postan 1966: 564]. Anche tra le fila pi modeste della popolazione contadina, pertanto, la domanda per una maggiore certezza del titolo venne a crescere. Il crescente affollamento dei villaggi innesc inoltre un periodo di crescente mobilit geografica. I membri delle famiglie non in grado di mantenersi nel villaggio di nascita, perch non in grado di ereditare o perch il possedimento dei propri genitori non era sufficientemente esteso per mantenerli, furono di necessit costretti a cercar fortuna in altri villaggi, sperando di intercettare un possedimento vacante, sposare una vedova dotata di terra, o partecipare alle sempre pi scarse possibilit di colonizzazione di nuovi terreni. La mobilit nelle campagne inglesi, all'avanzare del XIII secolo, crebbe fino a che una percentuale tra il 40% e il 50% dei membri adulti di ogni unit manoriale veniva ad abbandonarla nel corso della propria vita nel tentare di migliorare le proprie fortune altrove [Macfarlane 1978: 125-153]. La conseguente crescita numerica dei componenti dei villaggi contadini, la crescente eterogeneit della popolazione di ogni unit manoriale causata dal movimento migratorio, e la crescente concorrenza nell'accesso ai possedimenti, misero in forte difficolt la garanzia del titolo fornita dalle stabilite consuetudini manoriali [Postan 1966: 564]. Tutti questi elementi fornirono la causa scatenante per una ridefinizione dei diritti di propriet, in grado di accomodare le nuove condizioni sociali venutesi a stabilire. La ridefinizione dei diritti di propriet, viste le condizioni di minore potere relativo degli strati contadini nei confronti dei signori, non poteva causare un cambiamento sociale analogo a quello sperimentato nei rapporti feudali dall'aristocrazia descritto nel paragrafo 1. La ridefinizione dei diritti avvenne difatti entro i limiti fissati dalla capacit, da parte dei signori terrieri, di mantenere la posizione di preminenza economica e giuridica nei confronti dei propri tenutari in condizioni servili. Tale posizione di preminenza fu addirittura accentuata, non solo dalla concorrenza tra i contadini per l'accesso ai possedimenti, ma anche della crescente influenza degli interessi dell'aristocrazia terriera sullo sviluppo della Common law. Dal momento in cui le corti reali cominciarono a difendere gli interessi proprietari dei signori terrieri fornirono anche la possibilit di accertare il carattere eventualmente servile dei tenutari contadini, in modo da far valere effettivamente anche in giudizio le differenze di status prima stabilite solo su base consuetudinaria. In particolare la procedura di suit of kin, sviluppata dalle corti reali nel XIII secolo, permetteva di stabilire, entro una causa in cui fosse implicato un soggetto il cui status di libert o servit era in dubbio, grazie all'efficiente utilizzo dello strumento della giuria e all'esame di testimoni imparentati con la persona in questione, il suo effettivo status personale, stabilendo le previste conseguenze in merito alla sua capacit di agire in giudizio [Hyams 1974: 721]. Questo faceva s che le distinzioni di status e le loro conseguenze nei rapporti interpersonali, una volta riconosciute in una corte di Common law, tendessero a diventare pi rigide. In un periodo di crescente migrazione i matrimoni
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tra persone di status diverso rendevano difficile per i signori stabilire lo status della prole, e quindi esigere eventuali servizi di carattere servile. La Common law, stabilendo regole precise e vincolanti, diminu tale incertezza, rendendo maggiormente esigibili i servizi dovuti dai contadini dichiarati di stato servile da una giuria24 [ivi: 730]. Ma, al di l dell'interesse signorile per una maggiore garanzia nell'esigibilit dei servigi dei contadini di rango servile, la richiesta per una maggiore sicurezza del titolo alla terra all'interno dell'unit manoriale non andava direttamente contro gli interessi del signore terriero. Contrariamente ai rapporti tra l'aristocrazia feudale, dove i rapporti proprietari implicavano a loro volta rapporti di carattere politico e militare, il rapporto del lord di un maniero nei confronti dei propri tenutari servili non aveva ragione di essere necessariamente arbitrario: finch i contadini pagavano gli affitti e rendevano i dovuti servizi, non vi era ragione di preferire un tenutario a un altro, e pertanto vi era uno spazio aperto anche ai contadini nel reclamare una maggiore sicurezza del titolo nel contesto dei cambiamenti della struttura sociale sperimentati nel corso del XIII secolo [Hatcher 1981: 9-10]. Una delle principali innovazioni legali tra i tenutari contadini nel XIII secolo fu l'acquisizione degli stessi di un titolo scritto al loro possedimento. Mentre precedentemente i rapporti proprietari relativi alle tenute servili all'interno dell'unit manoriale erano regolati oralmente e sulla base della consuetudine all'interno della corte signorile, almeno dalla seconda met del XIII secolo i procedimenti vennero tenuti in forma scritta entro un registro delle attivit della corte [Smith 1983: 98]. Questo permetteva un'organizzazione pi razionale della gestione delle propriet del signore, crescenti in valore, oltre a una maggiore definizione e certezza dei servigi richiesti ai contadini in cambio delle piccole concessioni terriere. La corte manoriale registrava ora con precisione, nelle sue sedute, i servizi richiesti ai contadini all'atto del loro accesso al possedimento. Se da una parte questo migliorava l'esigibilit dei servizi da parte dei signori, allo stesso tempo introduceva un importante elemento di sicurezza nel lavoro dei contadini. Una volta registrati, i servizi erano pi difficilmente modificabili ad arbitrio, e per i contadini veniva quindi a stemperarsi la natura servile delle proprie obbligazioni, una volta a mero arbitrio del signore (per quanto regolate dal costume del maniero), e ora sempre pi definite in forma scritta [Hatcher 1981: 23]. Inoltre, a conseguenza della comparsa dei registri manoriali, ai contadini venne permesso di ottenere una copia scritta dei procedimenti della corte tramite cui venivano ammessi, recitante i termini del servizio pattuito. Questo permetteva al singolo contadino di entrare in possesso di un titolo, pur sempre valido
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Questo permise anche, per, che i tenutari considerati di condizioni non servili potessero ora essere definitivamente considerati a tutti gli effetti come uomini liberi. Mentre per i contadini trovati di status servile il rapporto si irrigidiva in questo senso, per i contadini trovati di status libero le condizioni si irrigidivano nel senso opposto, garantendo una maggiore libert. La nuova procedura di Common law non comport pertanto esclusivamente un rafforzamento delle condizioni servili.

esclusivamente entro la corte manoriale, ma meno dipendente dal solo costume e basato su termini fissati per iscritto [Pollock e Maitland 2010a: 396-367]. Con lo sviluppo della scrittura i tenutari in condizioni servili vennero quindi a entrare in possesso di un copyhold: divennero, cio, "tenutari tramite copia del registro della corte" (tenant by copy of court roll). La terra, anzich essere concessa ai contadini e ai loro eredi tramite rapporti consuetudinari tramandati oralmente, cominci a venire conferita stabilendo un titolo scritto, che garantiva l'accesso al tenutario e ai suoi eredi. Il titolo divenne formalmente simile a un fee simple. La differenza risiedeva nel fatto che le propriet libere venivano concesse tramite atto di trasferimento scritto o carta di infeudazione, riconosciute e garantite dalle corti di giustizia reali, mentre le propriet servili venivano conferite tramite copia del registro manoriale, e nel XIII secolo erano riconosciute e garantite solo all'interno della stessa corte del maniero [Gray 1963: 9]. Lungo il XIII secolo, accanto a un sistema di registrazione dei titoli alla terra, vennero sviluppati anche relativi meccanismi di enforcement pi efficaci all'interno delle unit manoriali, che resero il mero possesso di un titolo pi vicino a un interesse di tipo proprietario. Le corti manoriali vennero a imitare i pi efficienti sistemi di risoluzione delle dispute adottate nello stesso periodo dalle corti di Common law, in particolare il processo tramite giuria o inchiesta. Per quanto riguarda le dispute relative alla terra, venne adottato sia il metodo della giuria, composta dai tenutari, liberi o in condizioni servili, del maniero entro cui sorgeva la disputa, sia il metodo dell'inchiesta giurata, in maniera analoga a quanto utilizzato tra i liberi proprietari con il Writ of right. Metodi quali la wager of law, precedentemente utilizzata anche nella risoluzione delle dispute terriere contadine all'interno delle corti manoriali, caddero in disuso [Smith 1983: 99-100]. L'accresciuto valore della terra, e la maggiore incertezza derivante dalla sovrappopolazione, spinsero anche la popolazione contadina a cercare metodi migliori nella risoluzione delle dispute. L'inchiesta giurata, unita ai nuovi metodi della prova legati all'esistenza di un titolo scritto al possesso, permise una migliore attinenza ai fatti del giudizio, oltre a una migliore sicurezza del possesso da parte dei detentori di titoli rilasciati dalla corte manoriale. Analogamente al caso delle propriet libere, anche la nuova giustizia manoriale non veniva dispensata gratuitamente. La possibilit di accedere a un'inchiesta giurata, incaricata dello stabilire i fatti relativi alle dispute sulla terra, era un privilegio che veniva garantito dalla corte del signore dietro pagamento. Un esempio di un procedimento per il recupero di terra il seguente, tratto da un procedimento di una halimoot, o corte manoriale, del 1285:
Robert, figlio di Robert l'impagliatore, che qui compare, viene e offre al signore 2 scellini per ottenere un'inchiesta riguardo la domanda di una mezza yardland con relative pertinenze nel maniero di Newington, alla quale terra sostiene di avere diritto a seguito della morte di Robert, suo padre, tenutario diretto del signore il Priore. Ed egli accetta di rendere i servizi e le consuetudini a questa relativi, secondo gli usi del detto maniero [... Un'inchiesta quindi condotta

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da sedici giurati]. Questi riferiscono sotto giuramento che il detto Robert, figlio di Robert l'impagliatore, non ha diritto alla suddetta mezza yardland e pertinenze, mentre Agnes, moglie di Robert, padre del suddetto Robert, ancora viva. Ci nondimeno il detto Robert ricever annualmente dalla suddetta terra mezzo quarter di grano duro, met di grano invernale e l'altra met di grano quaresimale, durante la vita della detta Agnes, sua matrigna [cit. in Homans 1970: 183].

Il procedimento riportato mette in luce la somiglianza col procedimento concesso dal Writ of right. L'erede a un possedimento chiede infatti a una giuria di stabilire il suo diritto ad accedere al possedimento paterno, al momento occupato da una terza parte (in questo caso dalla matrigna). Il giudizio sar contrario all'erede in quanto nel maniero considerato, come in molti altri manieri, vigeva il costume di lasciare a una vedova l'occupazione del terreno del defunto marito per la durata della propria vita, facendolo discendere all'erede solo alla sua morte [ivi: 180]. Ci non di meno il passaggio mette in luce le analogie tra i procedimenti delle corti manoriali e le corti reali nelle dispute relative alla terra, e dimostra come il costume del maniero avesse una forza vincolante tra i tenutari servili ora fatta rispettare tramite l'utilizzo di giurie e inchieste. Mentre il costume e l'innovazione legale vennero a migliorare le rivendicazioni proprietarie tra i contadini membri del maniero, questi ultimi rimanevano meno difesi nei confronti del proprio signore. Strettamente parlando, i possedimenti servili erano concessi ad arbitrio del lord, e non erano propriet del contadino: una qualsiasi causa nei confronti del proprio signore sarebbe stata senza significato, dal momento che le concessioni servili erano de jure sue propriet, e quindi utilizzabili a suo arbitrio. Ci non di meno i signori spesso lasciavano che le dispute tra loro e i propri tenutari servili venissero decise entro la corte manoriale, tramite il giudizio di una giuria e della corte [ivi: 320321]. In questi casi, per, l'imparzialit della corte era meno forte rispetto alle dispute tra contadini, essendo in gioco gli interessi del signore. Il presidente della corte, lo stewart, era un rappresentante degli interessi del signore, che poteva rigettare il verdetto della giuria. Lo stesso fatto di sottomettersi al giudizio era una scelta deliberata del lord, a cui non era in alcun modo legalmente tenuto a sottoporsi [ivi: 319]. Ad ogni modo il tenant in villeinage, e in seguito il copyholder, non aveva modo di appellarsi ad alcuna corte esterna alla corte signorile, come veniva parallelamente concesso all'aristocrazia terriera con la giustizia reale. Secondo la Common law il proprietario dei possedimenti servili rimaneva il signore, nei confronti del quale i contadini non avevano possibilit di appello [Baker 2007: 308]. Nonostante i passi avanti nella sicurezza del titolo compiuti dai contadini nel XIII secolo, soprattutto nelle dispute interne al loro strato sociale, questi si fermarono entro il limite imposto dall'organizzazione manoriale fondata sul lavoro servile. La maggiore sicurezza nel titolo, per, pose le basi per la possibilit di un successivo mutamento sociale, interagendo coi cambiamenti di potere relativo innescati dalla Morte nera nei due secoli successivi,
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che portarono alla fine del servaggio e all'acquisizione di rimedi legali esterni alla giustizia manoriale da parte dei copyholder [Acemoglu e Robinson 2012: 101]. 2.2.2. Mercato della terra Le tendenze descritte nel paragrafo 1.2.2 che portarono a un maggiore interesse nell'alienabilit della terra tra le file dell'aristocrazia nel XIII secolo sono riscontrabili anche all'interno dello strato dei contadini servili. Nello stesso periodo il valore crescente della terra port di fatto a uno sviluppo di un mercato delle terre, libere e detenute in villeinage, all'interno dei villaggi contadini. Ma, mentre l'aristocrazia terriera ottenne crescenti diritti di alienazione garantiti dalla Common law, le possibilit di alienazione per il ceto della popolazione non libera vennero a stabilirsi sempre entro la cornice delle regole manoriali, sotto la giurisdizione del lord. Tra il XII e XIII secolo
il villaggio era aperto alle pressioni e agli incentivi in grado di stimolare la vendita e l'affitto di terra. Alcuni degli incentivi erano puramente economici; potrebbero essere descritti come commerciali. In quanto la terra di buona qualit stava divenendo scarsa, e le rendite e i valori della terra stavano crescendo, molti dei contadini benestanti potevano essere tentati dal trarre profitto dalla crescita del mercato e quindi a offrire la propria terra in vendita a lotti [Postan 1960: 114].

Il costume del maniero non vietava scambi di terra tra i contadini in condizioni servili, ma richiedeva che avvenissero solo a seguito del consenso del signore, e a seguito del pagamento di una tassa che garantiva la possibilit di alienare o sub-affittare [ivi: 119]. Non avendo il contadino, strettamente parlando, alcun diritto alla propria terra, che era concessa ad arbitrio del lord, il passaggio di propriet poteva avvenire solo tramite cessione e ammissione (surrender and admittance). Il contadino che voleva vendere una parte o la totalit del proprio podere doveva presentarsi nella corte signorile, e cedere il proprio possedimento al signore. Il signore, su indicazione del cedente, ammetteva quindi il nuovo tenutario al possedimento ora vacante [Gray 1963: 14]. Il trasferimento avveniva perci nella sua totalit sotto la supervisione e il controllo del signore. In altri casi il lord poteva vendere una licenza al contadino cedente, che lo dotava del privilegio di alienare a piacimento il proprio possedimento, senza passare per il processo di cessione e ammissione, creando una sotto-tenuta con un procedimento analogo alla sub-infeudazione [Postan 1960: 125-126]. Il controllo signorile divenne particolarmente forte lungo il XIII secolo. La crescita dei valori terrieri creava un interesse nel controllare il processo di scambio da parte del signore del maniero. Dal momento in cui era necessario pagare una tassa di alienazione, mentre il nuovo tenutario era tenuto al pagamento di una entry fine all'atto del suo accesso, il signore poteva aumentare tali pagamenti in parallelo all'aumento del valore della terra, e il momento migliore in

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cui trarre profitto era l'atto del passaggio di mano di una concessione servile [Hyams 1970: 27]. Questo implicava che la crescita di un mercato della terra all'interno del maniero non era direttamente in opposizione agli interessi del lord, che invece poteva trarre un lauto profitto dalla crescita delle transazioni [Smith 1983: 116-117]. La frammentazione dei possedimenti creava un crescente numero di occasioni perch l'amministrazione manoriale potesse richiedere dei pagamenti aggiuntivi rispetto alla rendite consuetudinarie, di norma di ammontare fissato dal costume del maniero e cos mantenuto dalla corte manoriale, in modo che le rendite complessive della terra potessero adattarsi con maggiore rapidit al crescente valore di mercato [Watts 1967: 544]. Mentre i possedimenti servili rimasero de jure di propriet del lord e concessi ad arbitrio, lungo il XIII secolo e l'inizio del XIV secolo i contadini vennero a conquistare un'alienabilit de facto dei propri possedimenti. Il mercato della terra si svilupp inizialmente tramite l'affitto (lease) di porzioni dei poderi a contadini con poca terra. Il lease tra contadini era del tutto analogo alla pratica della subinfeudazione tra le fila dell'aristocrazia terriera. L'affittuario si trovava infatti in una posizione analoga al tenutario in possesso di un feudo cavalleresco. Molti tenutari servili, detti undersettle, potevano pertanto detenere terra non direttamente dal signore del maniero, ma tramite altri contadini in condizioni servili [Postan 1960: 117]. Le affittanze di breve durata, di solito inferiore a un anno, non cadevano sotto il controllo del signore, e potevano essere concesse in relativa autonomia [Gray 1963: 15]. I lease di pi lunga durata dovevano invece venire approvati nella corte manoriale, e richiedevano il pagamento di una tassa [Smith 1983: 108]. Lo sviluppo del mercato delle sub-affittanze permise al crescente numero di contadini nei villaggi di avere accesso a una porzione di terra da cui trarre un reddito, che spesso veniva reinvestito nell'acquisto di un possedimento consuetudinario, solitamente lo stesso appezzamento occupato in affitto, detenuto regolarmente sotto l'autorit di un signore [Hyams 1970: 28]. Lo sviluppo delle transazioni in terra venne altres facilitato da una crescita del mercato del credito all'interno dei villaggi. I contadini pi benestanti, che potevano contare su un elevato tasso di risparmio, cominciarono a finanziare gli acquisti di terra da parte dei contadini non provvisti di appezzamenti tali da conferire un reddito superiore alla sussistenza, dando cos liquidit al mercato della terra coinvolgendo il crescente numero di contadini con mezzi non altrimenti sufficienti a partecipare nel ruolo di compratori [ivi: 20]. Il meccanismo di transazioni fondato sul surrender and admittance, unito alla natura at will dei possedimenti contadini consuetudinari, faceva si che il titolo passato nelle compravendite tra gli abitanti del villaggio valesse, di norma, per la durata della vita dell'acquirente. Alla sua morte
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sarebbe tornato nelle mani del signore per essere nuovamente riassegnato. Nella seconda met del XIII secolo, per, cominciarono ad apparire transazioni tra contadini servili, registrate nella corte manoriale, che iniziarono ad adottare un linguaggio simile a quello utilizzato nel trasferimento di un fee simple. Ad esempio, venne a diffondersi la pratica, da parte di un contadino A, di cedere il proprio possedimento al proprio signore, "a uso di B e dei suoi eredi". Il signore, pertanto, nell'ammettere B (che aveva acquistato l'appezzamento da A), e nel registrare il passaggio di propriet cos formulato sui registri della corte, riconosceva il fatto che B ottenesse non una semplice concessione at will, ma un patrimonio che poteva discendere ai suoi eredi dopo la sua morte [Smith 1983: 108]. Il titolo cos acquisito era valido esclusivamente nella corte manoriale, e non vi erano ancora corti esterne in grado di garantire il titolo anche nei confronti del proprio signore. Ci non di meno, finch il costume del maniero fosse stato applicato e finch gli interessi signorili non fossero stati messi in gioco, i poderi contadini servili cominciarono non solo a essere considerati come patrimonio di famiglia (questo era il costume non scritto della maggior parte delle unit manoriali da tempo immemore), ma tale caratteristica cominci a essere riconosciuta per iscritto, conferendo una maggiore sicurezza del titolo e della sua possibilit di discendere solo all'erede legittimo. Eventuali eredi risultavano cos pi protetti non solo nei confronti del proprio signore, ma anche nei confronti di rami collaterali della famiglia che potevano voler accedere al possedimento del parente deceduto spiazzando l'erede legittimo [ivi: 110]. Accanto allo sviluppo del mercato della terra, l'evoluzione legale a livello manoriale venne cos a dotare i contadini in condizioni servili di un titolo al proprio possedimento registrato nella corte signorile, ereditabile e in grado di essere trasferito mantenendo buona parte delle proprie caratteristiche. In particolare, cos come il fee simple, una volta trasferito, entrava nella disponibilit assoluta dell'acquirente, dei suoi eredi e dei suoi assegnatari, cos il copyhold verso la fine del XIII secolo veniva ad assumere caratteristiche analoghe. Non bisogna, comunque, esagerare le analogie tra i due titoli alla terra tralasciando le differenze. Mentre il fee simple diventava sempre pi un titolo astratto e assoluto alla terra, garantito dalla giustizia reale e sempre pi libero dalle esazioni personali legate alla sua antica concessione da parte di un signore (in particolare incident, tasse di alienazione e relativo consenso), il copyhold manteneva tutte quelle caratteristiche che ancora ne demarcavano la natura servile: tasse di alienazione e di ingresso, servizi personali a favore del signore, pagamenti consuetudinari di carattere servile (taglia, merchet e heriot). Il passaggio di propriet, inoltre, spesso comportava una rinegoziazione dei termini del servizio tra signore e nuovo tenutario, che poteva portare a una radicale trasformazione del titolo di propriet al possedimento trasferito, in particolare quando il titolo non discendeva tramite eredit ma costituiva una transazione inter vivos [Postan 1960: 129]. Mentre si pu affermare che, fintanto che il costume del maniero veniva debitamente applicato, il
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contadino in condizioni servili vide rafforzarsi il titolo al proprio possedimento (in particolare nei confronti dei propri vicini e familiari), ci non di meno tale sicurezza dipendeva ancora dalla volont del signore, e dalla sua disponibilit ad assicurare che il costume venisse correttamente applicato all'interno della propria corte. Ereditabilit e alienabilit non furono le uniche caratteristiche dei possedimenti consuetudinari che vennero rafforzate lungo il XIII secolo. Per quanto la tendenza non fosse generalizzata, in molti manieri vennero a crescere anche le possibilit di disposizione testamentaria della terra. Tale diritto poteva essere acquisito nella corte manoriale a seguito dell'acquisto di una licenza che permetteva al testatore di disporre liberamente di una parte dei propri possedimenti dopo la propria morte. In tal caso il testamento del contadino veniva inserito nei registri della corte manoriale e quindi alla sua morte eseguito [Denman 1958: 125; Postan 1968: 282]. Al di fuori di questi casi, dove la disponibilit testamentaria derivava da un privilegio acquistato dal signore e riconosciuto nella corte manoriale, il metodo prevalente di trasferimento post obitum consisteva nella cessione del possedimento a favore del signore prima della morte e nella nomina di un successore, che il lord avrebbe in autonomia deciso se ammettere o meno [Denman 1958: 125]. Mentre tra il ceto aristocratico nello stesso periodo venivano ristrette le possibilit di disponibilit testamentaria dei possedimenti, tale diritto veniva frequentemente concesso nei villaggi [Hatcher 1981: 9]. Mentre la libera alienazione post obitum tra le fila della cavalleria era avversata dai grandi signori, in quanto tendeva a deprivarli degli incident pi profittevoli o rischiava di far cadere i possedimenti dei propri tenutari in una sterile manomorta ecclesiastica, gli stessi scrupoli non erano necessari nei rapporti tra signore e contadini servili. Il diritto di wardship non veniva esercitato direttamente dal lord, ma era lasciato alla famiglia dell'erede. In cambio il signore godeva in ogni caso del diritto all'esazione dell'heriot alla morte di un tenutario, oltre alla riscossione di una tassa d'ingresso all'atto di riassegnazione della tenuta. Tale tassa veniva pagata da chiunque accedesse, familiare o meno e a prescindere dall'et, e pertanto eventuali disposizioni testamentarie difficilmente potevano privare il lord del reddito dovutogli come nel caso dell'aristocrazia terriera [Macfarlane 1978: 118]. Inoltre, i contadini non erano il pi delle volte dotati di terra sufficiente per lasciare una parte dei propri possedimenti alla chiesa cos da deprivare il proprio signore dei profitti derivanti da successivi passaggi di propriet esclusi dalla natura della manomorta. Ci non di meno, licenze di alienazione o di disponibilit testamentaria, dal momento che conferivano una maggiore libert di alienazione rispetto alla procedura di surrender and admittance, venivano spesso garantite specificando esplicitamente il divieto a trasferire l'appezzamento a una qualsiasi corporazione ecclesiastica [Postan 1960: 147].
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2.2.3. La fine del servaggio Una delle caratteristiche delle tenure contadine che ancora nel XIII secolo le rendeva differenti dalle propriet libere era l'obbligo di fornitura di servizi lavorativi al signore del maniero, come contropartita per la concessione terriera e la garanzia del possesso. Il lavoro contadino sulla demesne signorile, cio sulla parte di terra che il signore coltivava in proprio, era ancora ampiamente diffuso. Come illustrato nella figura 3.7, nella prima met del XIV secolo, nel periodo antecedente la Morte nera, in circa l'80% dei manieri inglesi i contadini servili fornivano tra la met e la totalit della forza lavoro necessaria per la coltivazione dei terreni del signore 25 . Il lavoro diretto contadino aveva un'importante funzione per l'economia della riserva signorile. Nei periodi di intensa attivit agricola, dove il lavoro manuale era pi necessario, quest'ultima poteva contare su una fornitura di lavoro assicurata, a prescindere dall'offerta e dal prezzo del lavoro salariato. Nonostante il lavoro contadino svolto per conto del lord fosse meno efficiente rispetto al lavoro degli stessi applicato sui loro possedimenti [Fenoaltea 1975a: 391-392], costituiva un'importante riserva da cui attingere nei momenti di elevata domanda di lavoro:
il valore principale del servaggio per un signore, comunque, risiedeva nel fatto che provvedeva una riserva per quelle crisi stagionale dell'anno agricolo che, a causa della variabilit del tempo in Inghilterra, richiedeva una mobilizzazione flessibile di un ampio ammontare di lavoro per le principali opere di aratura in autunno e primavera, erpicatura e fienagione, raccolto ed eventualmente trebbiatura, il trasporto dei prodotti dei campi del signore alla sua residenza o sui mercati. Era, per cos dire, il fattore di sicurezza nell'organizzazione del lavoro nel maniero, a supplemento dei lavoratori manoriali regolari e delle braccia occasionalmente assunte in quei periodi in cui la domanda di lavoro era al suo massimo nelle campagne inglesi [Miller e Hatcher 1978: 221-222].

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In periodi di relativa stabilit, grazie al servaggio il signore poteva mantenere la scelta ultima degli input di lavoro: in caso di raccolto particolarmente buono avrebbe richiamato l'intera forza lavorativa dei propri contadini sulla demesne; in caso di cattivo raccolto poteva utilizzare il lavoro necessario e commutare i servizi in eccesso comunque dovuti dai contadini, ma non indispensabili alla coltivazioni, in un pagamento monetario o in natura. Anno per anno, difatti, il signore poteva scegliere se esigere da ogni villein il lavoro manuale consuetudinario, o un equivalente in moneta: nel secondo caso il signore effettivamente vendeva al contadino il diritto a controllare il proprio lavoro, che diventava cos libero di utilizzarlo a propria discrezione [Denman 1958: 137]. In questo modo il signore raggiungeva un duplice obbiettivo: salvaguardava la rendita dovuta dai propri tenutari (che veniva estratta nella sua totalit, tramite lavoro o tramite commutazione monetaria
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I dati, tratti da Page [1900: 333-334, 348-352, 366-370], sono basati su un campione rappresentativo di manieri inglesi. Per il periodo 1325-1350 il campione costituito da 81 manieri, per il periodo 1350-1380 da 124, e per il periodo 1380-1440 da 182. Per ogni maniero stato riportata la categoria modale del periodo considerato.

1 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 1325-1350 Totalit Met 1350-1380 Insignificante 1380-1440 Nessuno (abolito)

Figura 3.7

Proporzione dei manieri per quota di lavoro servile sulla demesne signorile per periodo storico

qualora il lavoro non fosse del tutto necessario); e si assicurava contro la scarsit di lavoro durante i picchi stagionali e durante le annate particolarmente buone [Fenoaltea 1975b: 709]. In un periodo di crescente inflazione come il XIII secolo, inoltre, i signori potevano voler tutelarsi dal generale e volatile aumento dei prezzi acquisendo input in natura (cio, servizi lavorativi fissati nell'ammontare), in luogo di servirsi di lavoro salariato: il rapido aumento dei prezzi faceva s che il compenso per il lavoro salariato dovesse essere rinegoziato frequentemente, cos facendo aumentare i costi di transazione, mentre il lavoro obbligatorio dei contadini servili, essendo fissato in termini di ore lavorative e disponibile at will, poteva essere mobilitato senza particolari contrattazioni [Cheung 1969: 31]. I servizi lavorativi obbligatori a discrezione del signore non erano considerati una caratteristica immutabile del servaggio. Lungo il XII secolo vi fu una prima ondata di commutazione dei servizi lavorativi in rendita monetaria o in natura. Tale prima ondata pu essere stata provocata dall'incertezza del periodo, caratterizzato dall'anarchia del regno di re Stephen e dalle turbolenze conseguenti. In periodi di guerra civile i signori potevano perdere la loro capacit di esercitare un'autorit effettiva sulla massa contadina a loro soggetta: in questo caso una rendita fissa, in luogo di servizi lavorativi che andavano non solo esatti, ma supervisionati nel loro svolgimento, poteva essere considerata l'unica alternativa alla perdita di autorit, e quindi di produzione, derivante dagli sconvolgimenti nelle campagne [Postan 1944: 133]. Tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIV l'Inghilterra conobbe un periodo di relativa stabilit interna, e vide quindi un'inversione di tendenza della prima ondata di commutazione dei servizi lavorativi. I signori tornarono a sfruttare la demesne
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in proprio, servendosi del lavoro diretto dei propri contadini, annullando le precedenti commutazioni in moneta o in natura e spesso aumentando il servizio dovuto. Sovrappopolazione e stabilit permisero che l'autorit signorile si facesse sentire pi forte, e i servizi tornarono a venire esatti con una maggiore discrezione da parte del signore [Postan 1966: 581]. La tenure servile, fondata su uno scambio di servizi lavoratori in cambio di terra, era preferita da parte dell'aristocrazia terriera in luogo di una semplice rendita monetaria in quanto conferiva un maggiore controllo e una maggiore autorit sul lavoro della classe dei contadini in condizioni servili. Un movimento di commutazione su larga scala e persistente nel tempo avrebbe avvicinato la posizione della classe contadina a quella dei freeholder protetta dalla giustizia reale. Questo avrebbe potuto mettere in pericolo, sul lungo periodo, la posizione di preminenza dei signori terrieri, e la loro capacit di ottenere una rendita consistente dai propri possedimenti terrieri. Cos come i signori di pi alto rango nel periodo stavano perdendo autorit e rendita sui terreni anticamente concessi ai propri tenutari liberi, allo stesso modo se il movimento di commutazione fosse andato oltre i signori dei manieri avrebbero potuto trovarsi faccia a faccia con una popolazione contadina libera non pi disposta a fornire le rendite precedentemente estratte [Fenoaltea 1975b: 715]. Finch le condizioni lo permisero i signori continuarono perci a sfruttare la demesne in proprio, tramite il lavoro obbligatorio dei contadini, in luogo di trasformarsi in semplici rentier. Come si vedr, saranno gli eventi del XIV e XV secolo a mettere in crisi le fonti di autorit signorile e a innescare quel movimento di cambiamento sociale iniziato nel XII secolo e interrotto nel XIII. L'avvento della Morte nera, nel 1348-1349 e nelle successive ondate, costituisce un punto di svolta radicale nella storia dei rapporti tra la grande massa dei contadini in condizioni servili e i signori terrieri a loro sovraordinati. Come riassunto da Jan Titow,
per lo studio della classe contadina inglese nel Basso Medioevo, il XIV secolo estremamente importante, in quanto fu in quel secolo che le due cose migliori che potessero accadere alla classe contadina ebbero luogo. La prima met del secolo vide le grandi carestie del 1315-1317, e la seconda met fu messa in secondo piano dalla grande pestilenza del 1349 e dalle sue ricorrenze. Pu apparire brutale il chiamare disastri di una tale portata "una buona cosa". In termini di umana sofferenza e miseria esse furono indubbiamente grandi tragedie, ma viste in una prospettiva storica emergono chiaramente come i punti di svolta in cui la tendenza negativa nella prosperit della classe contadina fu prima arrestata e quindi definitivamente invertita [Titow 1962: 1].

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L'improvvisa ed elevatissima mortalit precipit le campagne inglesi da uno stato di sovrappopolazione e sovrabbondanza di manodopera a una condizione in cui l'offerta di lavoro contadino, in forma salariata o secondo termini consuetudinari, divenne estremamente scarsa. Come anticipato nel paragrafo 2.1, questo stato di cose determin immediatamente due conseguenze. Da

una parte la pressione sulla terra venne ad allentarsi: le terre meno fertili, in mancanza di braccia che le coltivassero, vennero abbandonate, e venne quindi applicato un numero inferiore di lavoratori per acro di terra, ora di necessit sfruttata meno intensivamente. In questo modo il prodotto marginale del lavoro venne a salire. Dall'altra, la radicale scarsit di lavoratori determinata dal dimezzamento della popolazione inglese nell'arco di un quarto di secolo provoc un'accresciuta concorrenza da parte dei signori nel tentare di attirare contadini che coltivassero i propri terreni ormai depopolati e, in assenza di manodopera, improduttivi [North e Thomas 1973: 79]. Come gi illustrato nella figura 3.6 il salario reale dei lavoratori agricoli, dopo un secolo di calo, torn a salire in coincidenza delle carestie del primo quarto del secolo, accelerando di passo in coincidenza della prima esplosione epidemica della Morte nera, e imboccando un percorso di crescita persistente fino alle fasi finali del XV secolo. La preoccupazione dei signori per l'improvvisa carenza di manodopera, e per il crescente costo del lavoro, riflessa in due atti legislativi adottati tempestivamente dal re e dal parlamento al dispiegarsi della Morte nera:
il re e il suo consiglio erano convinti, ben prima che la Morte nera facesse il suo corso, che il paese stava sperimentando una catastrofica carenza di manodopera, pesantemente esacerbata dal rifiuto dei sopravvissuti a lavorare, a meno che non gli venissero riconosciuti compensi eccessivi, e con notevole velocit la Ordinance of Labourers fu promulgata nel giugno del 1349. Era espressamente indirizzata nei confronti di quei lavoratori che, "nel vedere la necessit dei signori e la scarsit dei servitori, non vogliano servire a meno di ricevere salari eccessivi", mentre lo Statute of Labourers fu passato due anni dopo in quanto "detti servitori hanno completamente disatteso la suddetta ordinanza nell'interesse del loro agio e della loro avidit e [...] rifiutano il loro servizio ai magnati e agli altri a meno di non ricevere pagamenti in cibo o moneta due o tre volte pi grandi di quanto fossero abituati a ricevere nel ventesimo anno di Edward III [1346-7] e prima ancora" [Hatcher 1994: 10-11].

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I due atti erano indirizzati a porre un tetto ai salari richiesti dai lavoratori ora in condizioni di forza relativa. Ma, come i dati sui salari e come le documentazioni manoriali rivelano, gli atti furono pressoch completamente disattesi. Tale era la scarsit di manodopera, e tale era il bisogno dei signori di attrarre lavoratori salariati e tenutari al lavoro sui loro campi, che l'unico modo per non far s di ritrovarsi senza manodopera era pagare un salario di mercato, e non gi il salario fissato dall'ordinanza e poi dallo statuto: prevedibilmente, i datori di lavoro come classe risposero cercando di negare ed eludere le forze di mercato, ma sebbene come corpo supportassero la promulgazione della legislazione sul lavoro, mancavano della solidariet necessaria per assicurarsene il rispetto [ivi: 19]. La concorrenza tra i signori nel tentare di attrarre la forza lavoro ora scarseggiante, riflessa nel movimento dei salari, indicativa dei nuovi rapporti di forza che vennero a crearsi tra signori e contadini durante il periodo di crollo delle dimensioni assolute della popolazione. Ma, accanto al

miglioramento delle retribuzioni dei lavoratori salariati, il cambiamento di proporzioni epocali precipitato dagli eventi "positivi" menzionati da Titow fu la scomparsa del servaggio come conosciuto dalla maggior parte della popolazione nei secoli precedenti alla Morte nera. Il servaggio persisteva ancora come duplice condizione, cio status personale e tenure servile. La tenure in villeinage, che stava lentamente muovendosi verso il copyhold a partire dal XIII secolo, implicava ancora due elementi che la contraddistinguevano come tenure servile. Da una parte contemplava, come contropartita per la concessione terriera, servizi lavorativi personali da rendere al signore che, per quanto fissati nell'ammontare, e sempre pi spesso specificati per iscritto nei registri della corte manoriale, restavano mobilitabili a suo arbitrio [Gray 1963: 5-6]. Dall'altra il tipo di concessione era valido entro i costumi del maniero ma, nondimeno, ad arbitrio del lord: formalmente il signore aveva l'autorit, per quanto temperata dal costume, di apportare modifiche ai termini della tenure o addirittura di terminarla a piacere [Hatcher 1981: 9-10]. Il crollo e la stagnazione della popolazione contadina modific in profondit tale stato di cose. Non solo i signori si trovarono a corto di manodopera salariata. Le loro terre si trovarono anche senza tenutari che coltivassero i terreni e che pagassero una rendita. Lo stesso processo competitivo che si esercit tra i signori nel tentare di attrarre lavoro salariato sulle proprie demsne venne a innescare una altrettanto forte competizione nell'attrarre nuovi contadini che assumessero la coltivazione diretta delle terre. Il modo migliore per attrarre nuovi tenutari e ripopolare le terre incolte era quello di offrire termini pi favorevoli a eventuali nuovi occupanti. Si diffuse perci la pratica, tra i contadini, di lasciare i propri terreni cercando fortuna presso altri manieri, dove i signori si dimostrarono ben contenti di offrire terreni, pur sempre secondo termini servili, a condizioni pi vantaggiose rispetto a quelle invalse nel XIII secolo [Page 1900: 344; Bailey 1989: 9]. Mentre la sovrappopolazione del secolo precedente contribu a determinare una migrazione spinta dalla mancanza di terra, dove i contadini fuggitivi non potevano sperare di trovare termini migliori altrove rispetto al villaggio di nascita, dopo la Morte nera la migrazione divenne considerevolmente profittevole: il crollo della popolazione contadina nelle campagne fece s che i contadini potessero guadagnare in migliori termini di tenure dalla migrazione, a scapito delle rendite terriere guadagnate dai signori [Postan 1939: 166]. L'aspetto pi gravido di conseguenze dei nuovi termini consuetudinari che venivano gradualmente strappati dai signori fu la quasi totale scomparsa dei servizi lavorativi personali in cambio delle concessioni terriere. La figura 3.7 illustra il processo. Mentre nel periodo immediatamente precedente alla Morte nera circa nell'80% dei manieri del campione considerato i contadini in condizioni servili provvedevano ad almeno pi della met del lavoro impiegato sulla riserva signorile, nel secolo successivo tale percentuale venne a calare drasticamente. Nel periodo 13501380 la percentuale cal al 38,7%, per arrivare al 19,8% nel 1380-1440. In quest'ultimo periodo
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nell'80,2% dei manieri del campione non vi era alcun lavoro servile sulla riserva signorile (50,5% dei casi) o l'ammontare di tale lavoro era insignificante (29,7% dei casi). Il principale metodo tramite cui i servizi lavorativi vennero ad essere aboliti o drasticamente ridotti fu la commutazione degli stessi in una rendita monetaria dovuta al signore. Questo presentava un grande vantaggio per i contadini: questi potevano ora occuparsi a tempo pieno della conduzione degli affari agricoli sul proprio possedimento, essendo ora tenuti al solo pagamento di una rendita monetaria. Tale rendita venne inoltre a calare, riflettendo la sovrabbondanza di terra rispetto alla popolazione ora disponibile a coltivarla [Postan 1939: 166; Miller e Hatcher 2001: 115]. Inoltre divennero sempre pi rari e infruttuosi i tentativi da parte dei signori nel modificare a loro vantaggio i termini della tenure: contrariamente alla situazione del XIII secolo, ora un trattamento svantaggioso nei confronti del contadino ne avrebbe determinato la fuga verso condizioni pi favorevoli nelle vicinanze [Page 1900: 384]. La crescita dei salari, la carenza di manodopera e il crollo delle rendite, oltre alla diminuzione conseguente dei valori della terra, spinsero perci i signori a ridurre le terre messe a coltivazione, incrementando gli utilizzi della terra che richiedevano una minore dipendenza dal lavoro contadino: in particolare vennero aumentate le aree lasciate al pascolo, al prativo e alla raccolta del legname [Haddock e Kiesling 2002: 575-576]. I copyhold garantiti nel periodo seguente alla Morte nera vennero a somigliare sempre di pi alle concessioni terriere libere. In luogo di essere concessi ad arbitrio del lord e secondo gli antichi costumi del maniero (che implicavano un possesso di fatto ereditario), i termini del tipo di tenure concesso venivano meglio specificati: in particolare le concessioni potevano venire garantite per un termine di tempo prefissato, per la durata della vita del tenutario, al tenutario e ai suoi eredi, o al tenutario per la sua vita e successivamente, alla sua morte, a terzi esplicitamente nominati all'atto della concessione [Ashley 1891: 416-417; Gray 1963: 9]. Ci nonostante rimaneva la loro natura di possedimento servile. Le concessioni di copyhold, anche quando concesse secondo termini analoghi alle terre libere, rimanevano sottoposte all'arbitrio del lord. In caso il signore non avesse rispettato i termini della concessione come registrati, la sua corte rimaneva l'unico luogo entro cui chiedere rimedio: la giustizia del re non era ancora giunta a esercitare una supervisione della giustizia dispensata nella corte manoriale, cos come aveva fatto con le tenure libere. Le tenure at will, secondo la Common law, rimanevano di diritto sotto la piena giurisdizione signorile [Ashley 1891: 420]. Il passaggio dai servizi lavorativi consuetudinari ai pagamenti monetari registrati entro la corte manoriale costituiva un importante cambiamento nei costumi del maniero. Questo implicava che l'arbitrio del lord diventasse ora meno vincolato dal costume secolare: la commutazione dei servizi, nella sua estensione, costituiva un evento nuovo, e pertanto l'arbitrio diveniva meno vincolato dal precedente e pi legato alla lettera della concessione. Molte delle concessioni del
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periodo seguente la Morte nera enfatizzavano l'elemento di arbitrio signorile. Inizialmente i signori videro le commutazioni dei servizi come evento temporaneo, in attesa che le condizioni agricole volgessero al meglio, cos da poter tornare a imporre i vecchi termini consuetudinari. Un esempio di questo atteggiamento riportato nella registrazione di una nuova ammissione presso la corte manoriale di Stevenage nel 1361:
concesso dal signore che J. C. abbia e detenga per la durata della sua vita un messuage con mezzo virgate26 di terra che J. F. una volta deteneva dal signore, pagando cos annualmente dieci scellini per tutti i servizi. E se altri venisse entro il suddetto termine, volendo prestare al signore in cambio della suddetta terra i servizi precedentemente debiti e consueti, che sia ammesso secondo la volont del signore [cit. in Page 1900: 372-373].

Condizioni pi favorevoli ai signori terrieri non si presentarono per prima della seconda met del XVI secolo, e pertanto le tenure concesse ad arbitrio del signore acquisirono un carattere di sicurezza, stabilit e minore onerosit dettata pi dalla persistenza delle condizioni sociali ed economiche precipitate dalla Morte nera che dalla lettera della concessione. Nessuno si present a riscattare i possedimenti, ora concessi secondo termini pi vantaggiosi per i contadini, secondo gli antichi termini consuetudinari, e la commutazione dei servizi assunse pertanto carattere permanente [Page 1900: 375]. Cos come nei secoli XI e XII i contadini in condizioni servili avevano goduto di un possesso de facto ereditabile, a maggior ragione dalla seconda met del XIV secolo e fino all'inizio del XVI i copyhold, con qualunque formula fossero concessi, erano considerati dai possessori, entro la cornice di regole costituita dalla comunit manoriale, dei possessi ereditabili la cui occupazione era sicura: nel XV e nel primo XVI secolo non vi era una distinzione effettiva tra copyhold per la durata di una o pi vite o ereditabile: c'era solo il copyhold (che in pratica concedeva un diritto di successione). La formula esatta utilizzata nella copia [del registro manoriale con cui il possedimento era concesso] era indifferente: in ogni caso il possedimento concesso era ereditabile de facto in quanto, durante il periodo di carenza di tenutari, i signori vedevano con favore la successione [Hoyle 1990: 8]. Il servaggio come status personale segu un percorso analogo a quello delle tenure servili. Diversi erano i metodi tramite cui un individuo in condizioni servili poteva venire ad acquisire la libert. Innanzitutto il servo poteva venire manomesso dal proprio signore, solitamente in cambio di un pagamento. In secondo luogo le corti di giustizia reale potevano considerare una manomissione implicita il fatto che un signore si comportasse con il proprio servo come con un uomo libero, ad esempio stipulando contratti, conferendogli possedimenti liberi o richiedendo la sua presenza in una
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Con messuage era indicato lo spazio di terreno in cui era locata l'abitazione del contadino, formalmente separato dal terreno detenuto nei campi e soggetto a coltivazione. Il virgate era un'unit di misura consuetudinaria pari a 30 acri (121.405,69 metri quadrati o 12,14 ettari).

corte di giustizia reale per una funzione riservata agli uomini liberi (ad esempio come compurgator). In terzo luogo il servo che avesse soggiornato in un borgo reale per un anno e un giorno veniva considerato definitivamente libero. In quarto luogo la manomissione veniva implicata tramite il matrimonio di un villano con un uomo o una donna libera. Nel XIV secolo, infine, le corti di giustizia reali vennero a considerare i figli di genitori non sposati come liberi. Lo status personale era considerato una forma di propriet, in quanto tale ereditabile: nel caso dei figli di genitori non sposati la discendenza dello status veniva messa in dubbio, e le corti reali, col supporto dello strumento del verdetto tramite giuria, risposero a favore della libert [Baker 2007: 471-472; Pollock e Maitland 2010a: 442, 451]. Le condizioni economiche e sociali seguenti alla Morte nera costituirono il sostrato adatto perch un numero crescente di contadini acquisisse la libert. In caso di disputa in relazione allo status personale di un contadino era importante, per un signore, garantirsi a conferma la testimonianza di suoi vicini e parenti. Ma l'olocausto precipitato dalla Morte nera rese sempre pi difficile assicurare tale testimonianza: una grossa parte dei tenutari era perita nella pestilenza, e i tenutari rimasti in vita stavano migrando dai luoghi di origine per assicurarsi migliori condizioni altrove. La massa contadina non era pi sotto il diretto controllo dei signori determinato dalle condizioni di sovrappopolazione del XIII secolo: questo rendeva difficile per i signori garantirsi le testimonianze necessarie per provare lo status servile dei propri contadini che, in mancanza di queste, dovevano essere considerati liberi. Inoltre, dal momento in cui lo stato di contadino servile era considerato tale solo nei confronti del suo signore diretto, la fuga dal maniero di origine permetteva di acquisire una libert di fatto sotto un signore differente. Gli ufficiali manoriali erano ora incapaci di impedire la fuga, cos come erano impossibilitati dal catturare tempestivamente i contadini fuggitivi o esigerne il pagamento dello chevage, cio la tassa pagata durante i periodi di assenza dal maniero di origine [Page 1900: 356, 381; Miller e Hatcher 2001: 116-117]. Le condizioni cambiarono anche per quei contadini che rimasero di condizioni servili. Una delle principali disabilit derivanti dal servaggio personale era l'appartenenza per legge al signore di tutti i beni in possesso del contadino, personali e reali, che potevano essergli sottratti potenzialmente ad arbitrio. La stessa persona del contadino servile era di propriet del signore. Cos come gli effetti della tenure servile vennero di fatto ad attenuarsi, anche le caratteristiche di soggezione personale subirono un drastico ridimensionamento. Il reale e crescente pericolo di fuga fece s che gli aspetti pi arbitrari, come la confisca delle propriet contadine, l'imprigionamento arbitrario, o le esazioni pi detestate come l'heriot o il merchet, vennero di fatto ad attenuarsi: anche quello strato di contadini che non raggiunse lo status di uomo libero vide accrescersi la sicurezza dei propri possedimenti e la libert della propria persona grazie a una limitazione dell'arbitrio signorile [Page 1900: 385-386; Miller e Hatcher 2001: 115].
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Nei termini del modello introdotto nel capitolo I la persona del contadino in condizioni servili era una forma di propriet comune: la sua propriet era condivisa col signore, che poteva, in un ampio numero di casi, sfruttarla a piacimento. Cos come le tenure militari feudali costituivano una forma di propriet comune, ai cui servizi avevano diritto sia il vassallo che il suo signore, allo stesso modo la persona del servo era aperta allo sfruttamento altrui, e cio del proprio lord. La Morte nera caus un'impressionante crescita del valore del lavoro contadino, e quindi della persona del servo. La soggezione all'arbitrio signorile determinava una condizione di incertezza per il contadino sull'utilizzo del proprio lavoro o delle sue propriet personali o reali. Al crescere del valore del proprio lavoro tale incertezza diventava particolarmente debilitante, e la dissipazione delle risorse in possesso dei contadini particolarmente grave. Il modello implica pertanto che per mitigare tale forma di dissipazione alcuni individui avrebbero dedicato risorse nel rafforzare le rivendicazioni sopra quella risorsa il cui valore unitario stava crescendo. La congettura che i legami tradizionali sul lavoro feudale si sarebbero allentati e i lavoratori avrebbero guadagnato una capacit crescente nel negoziare i livelli salariali e nel cambiare i termini non pecuniari delle relazioni lavorative [Haddock e Kiesling 2002: 582]. Tale fu l'effetto del crollo e della stagnazione della popolazione nella seconda met del XIV secolo e nel XV. I contadini impegnarono un crescente numero di risorse nel tentare di scappare ai propri signori e negoziare una nuova struttura dei diritti di propriet sul lavoro servile con un'aristocrazia terriera incapace di mantenere i vecchi rapporti di lavoro fondati sulla servit personale. Tale processo non fu improvviso: per quanto immensa sia stata la significativit del declino del servaggio per la storia inglese, si svolse in un modo prosaico tramite il passaggio del tempo e una serie di migliaia e migliaia piccole contrattazioni. Il lungo XV secolo fu caratterizzato pi da un'infinit di piccoli accordi individuali e accomodazioni tra tenutari e signori terrieri [...] che da un'aperta lotta di classe [Miller e Hatcher 2001: 115]. Costitu nondimeno un processo in grado, nell'arco di un secolo, di mutare i rapporti di forza de facto presenti nella societ inglese: entro la fine del XV secolo era impossibile identificare in modo univoco uno strato sociale corrispondente a quello dei contadini in condizioni servili del XII e XIII secolo. Come si vedr nel paragrafo seguente tale cambiamento dei rapporti di potere si tradusse lentamente in una modificazione dei rapporti de jure che permise, entro il XVII secolo, di considerare il servaggio un'istituzione definitivamente tramontata a tutti gli effetti pratici [Baker 2007: 471-472]. 2.2.4. Copyhold e giustizia reale Il cambiamento nei rapporti di potere tra lo strato dei contadini in condizioni servili e l'aristocrazia terriera permise ai primi di ottenere il controllo di un crescente numero di risorse. Tali risorse
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permisero un iniziale aggiustamento delle condizioni giuridiche dei contadini entro l'organizzazione manoriale. L'aggiustamento, per non si limit esclusivamente al costume del maniero: a partire dal XV secolo si avvi un processo di trasformazione dei diritti di propriet relativi ai possedimenti contadini non liberi all'interno della giurisprudenza delle corti di giustizia reali. Per la prima volta le corti del re si decisero a fornire una supervisione esterna dell'applicazione dei costumi manoriali. Lo stato diventava quindi terza parte esterna ai rapporti informali tra contadini e signori, tre secoli dopo l'inizio dello stesso processo nei confronti dei rapporti interni all'aristocrazia degli uomini liberi. Le nuove regole relative al Copyhold cominciarono a configurarsi come "diritti di propriet moderna", secondo la definizione data nel paragrafo 2.2. del capitolo I. Le origini della protezione dei copyholder da parte della giustizia reale vanno ricercate nella protezione fornita dalla corte di equit della cancelleria. Per la Common law il proprietario legale dei terreni su cui si trovavano dei copyholder era il signore, che concedeva, strettamente parlando, tenure at will, cio possedimenti facenti parte della libera propriet del lord e quindi revocabili a suo insindacabile arbitrio. Ci non di meno le tenure at will, per quanto riguardava le regole di successione, ingresso, stabilit nel possesso o alienazione, sottostavano alle regole costituite dal costume del maniero. Il costume della comunit manoriale, pur non avendo valore legale al di fuori di essa, comportava non di meno un obbligo morale, da parte del signore, al suo rispetto. Mentre tale tipo di obbligo non aveva valore entro le corti di Common law, aveva una potenziale rilevanza per le corti di equit [ivi: 308]. La corte della cancelleria decideva infatti di eventuali petizioni portate alla sua attenzione non secondo le strette regole di legge della giurisprudenza delle altri corti reali, ma secondo regole di equit, che potevano da queste distaccarsi [Gray 1963: 157]. Le circostanze economiche e sociali, la natura del copyhold e i particolari criteri di giudizio della cancelleria reale permisero che, a partire dalla seconda met del XV secolo, contadini titolari di copyhold cominciassero a esporre le loro lamentele per ingiusto trattamento entro la corte di equit della cancelleria regia [ivi: 34; Baker 2007: 308]. Nonostante la corte manoriale fosse la corte deputata a decidere questioni relative alle tenure consuetudinarie, i contadini potevano chiedere che le loro lamentele in cancelleria fossero ascoltate sulla base di alcune difficolt oggettive. Ad esempio il piccolo proprietario poteva lamentare che il proprio signore fosse grande e potente, e che pertanto la corte del maniero fosse sbilanciata a suo favore; oppure poteva lamentare che la corte non si peritasse di ascoltare debitamente il suo caso; infine poteva sostenere che a causa della sua povert non poteva accedere alle regolari corti di Common law [Gray 1963: 160]. La protezione che la cancelleria venne a fornire era basata sul tentativo di far rispettare il costume del maniero. Le regole di Common law che, a partire dal XII secolo, cominciarono a interferire ne rapporti feudali lord - tenant, erano un tentativo di far rispettare, col supporto di un'autorit esterna, patti e relazioni
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gi in essere che, per qualche motivo, non erano state rispettate. Allo stesso modo, la cancelleria cominci a fornire uno strumento esterno di revisione dei rapporti tra signore e tenutario all'interno dell'organizzazione manoriale. In particolare, la protezione che la cancelleria forniva era atta a far s che il costume dei singoli manieri venisse rispettato, e non fosse indebitamente ignorato dal signore, obbligato invece in coscienza a rispettarlo e farlo applicare. Le petizioni alla cancelleria erano incentrate su diversi aspetti della sicurezza nel possesso del copyholder che l'arbitrio signorile poteva far s che venissero a mancare. Ad esempio vi era la possibilit che il signore espellesse dal possedimento un tenutario a cui era stato garantito un possesso continuativo. Vi era il rischio che il lord concedesse il possedimento al momento occupato da A a B, e che B provvedesse a espellere A. Viva era la possibilit che il signore si rifiutasse di ammettere l'erede o l'assegnatario di un copyholder che deteneva un possedimento alienabile o ereditabile. Infine vi era il rischio persistente che il signore si rifiutasse di rendere giustizia a un reclamo di un tenutario, cio che si rifiutasse di intrattenere una corte che ascoltasse e decidesse dei meriti dello stesso, o che si rifiutasse di dare un giudizio in linea col costume del maniero [ivi: 24]. La cancelleria si risolse a concedere udienza a tali reclami su due basi. Da una parte il signore del maniero, accettando una tassa d'ingresso da parte del proprio tenutari, dava una garanzia implicita riguardo alla continuativit del possedimento conferito, garanzia che poteva essere disattesa solo commettendo un'iniquit [ivi: 36]. Dall'altra, il titolo che veniva conferito al copyholer costituiva, in qualche modo, un titolo legale. Il costume del maniero, vigente da tempo immemore, svolgeva comunque un ruolo nella protezione dei diritti di propriet delle terre contadine, e in quanto tale risultava degno di una protezione esterna [Leadam 1893: 687]. Riguardo al primo punto, molte delle petizioni che vedevano tenutari consuetudinari contrapposti al proprio signore, o a suoi assegnatari, venivano aggiudicate su basi di equit, qualora il tenutario avesse dimostrato di aver pagato una consistente tassa d'ingresso, o di essere incorso in consistenti spese per il miglioramento del terreno a lui conferito. In questi casi, pi che essere difeso il titolo consuetudinario, erano puniti comportamenti fraudolenti o estorsori da parte del lord. Rispetto al secondo punto, molte petizioni richiedevano che fosse imposto al signore il rispetto delle consuetudini del maniero. In questo caso andava provata l'esistenza di un particolare costume, e in tal caso il cancelliere ne avrebbe imposto il rispetto. In questo modo la sicurezza di fatto che molti tenutari consuetudinari avevano sperimentato grazie alla forza delle regole seguite da tempo immemore all'interno della comunit manoriale venne rafforzata, grazie alla supervisione fornita dalla giustizia reale [Gray 1963: 36-49]. La protezione della giustizia regia del copyholder, come sviluppata tra la seconda met del XV secolo e l'inizio del XVI, non ebbe lo stesso carattere sistematico della giurisprudenza delle
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propriet libere. Piuttosto, diverse corti di giustizia, spesso con una cronologia differente e secondo differenti principi, accettarono gradualmente di proteggere diversi aspetti dell'occupante di un copyhold. Mentre la natura dei possedimenti consuetudinari rimarr distinta dalla natura del freehold, la giurisprudenza si adatt gradualmente, fino ad arrivare a fornire agli occupanti una sicurezza nel possesso analoga a quella dei possedimenti liberi. Entro il 1400 le corti di Common law decisero di ammettere un'azione per trespass, atta a ottenere un risarcimento danni per violazione di domicilio, da parte di un copyholder, nei confronti di terzi che l'avessero ingiustamente espulso dal suo possedimento [Baker 2007: 308]. Nel 1506 una sentenza della Court of Common Pleas stabiliva che un tenutario consuetudinario non era perseguibile per trespass se occupava un copyhold contro la volont del proprio signore [Gray 1963: 59]. Ci non di meno, le corti di Common law, contrariamente alla cancelleria, furono inizialmente inclini a riconoscere ai copyholder solo azioni per risarcimento dei danni, piuttosto che rimedi possessori tesi a proteggere l'occupazione della terra. Tale dottrina cominci a essere modificata nella prima met del XVI secolo, a seguito delle decisioni della cancelleria che cominciavano a fornire una protezione del possesso degli occupanti consuetudinari. Nel 1566 una sentenza estendeva ai copyholder il rimedio di trespass anche nei confronti del lord del maniero. Un riconoscimento definitivo secondo la Common law del copyhold come titolo legale avverr solo negli ultimi vent'anni del XVI secolo. Venne infatti ammessa la possibilit per i copyholder di utilizzare, sia nei confronti di terzi che nei confronti del proprio signore, l'azione di ejectment, un tipo di azione che veniva utilizzata, nel recuperare l'accesso a un terreno, sempre pi spesso anche dai liberi proprietari in luogo delle antiche azioni proprietarie e possessorie [Baker 2007: 308]. L'azione era tesa a stabilire il titolo a un possedimento da cui il richiedente dichiarava di essere stato ingiustamente espulso, ed era preferita in quanto dava luogo a procedimenti pi spediti dei vecchi writ of right e writ of entry o delle petty assizes [ivi: 236]. Anche le azioni di Common law erano tese a determinare il rispetto del costume del maniero, rimuovendo cos la precariet dei possedimenti formalmente at will [Hoyle 1990: 8]. Le corti si preoccupavano di difendere il costume quando presente da tempo immemore, ma il periodo di accertata persistenza di un costume, per essere considerato legalmente valido, poteva in realt essere relativamente breve [ivi: 4]. In questo modo venne riconosciuta la legalit del possesso delle tenute consuetudinarie, anche contro la volont del lord, che si trov costretto al rispetto del costume e, quindi, della propriet dei propri tenutari. Altre decisioni vennero a ridurre la precariet dei possedimenti consuetudinari. In particolare, all'atto di ingresso in un possedimento i copyholder, sia che entrassero per acquisto o per eredit, dovevano pagare una entry fine, il cui ammontare, in principio, era fissato ad arbitrio dal signore, ma in realt veniva determinato dalla consuetudine del maniero. Esisteva comunque la possibilit
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che la tassa di ingresso venisse elevata considerevolmente, senza lasciare alcuna possibilit di difesa al potenziale concessionario. Le corti di giustizia del re arrivarono a occuparsi anche di questo aspetto. La Court of Requests 27 , in una decisione del 1529, giudic a favore di un gruppo di copyholder, che lamentavano la richiesta di una tassa di ingresso eccessiva da parte del proprio signore. La sentenza stabiliva che la tassa d'ingresso avrebbe dovuto essere "ragionevole", con questo implicando che avrebbe dovuto essere in linea con quanto la consuetudine del maniero aveva stabilito in passato [Leadam 1893: 694]. Richieste analoghe, relative alla ragionevolezza della entry fine, vennero portate presso la cancelleria almeno a partire dalla met del XVI secolo, per quanto non possibile stabilire quali decisioni furono prese in tali circostanze. Ci non di meno dimostrato che la questione venne intrattenuta, e a volte decisa, nelle corti di giustizia reali, che non si dimostrarono sorde ai reclami rivolti a trattamenti arbitrari da parte dei signori terrieri. Una dottrina pi definita sula ragionevolezza delle tasse di ingresso cominci a svilupparsi nell'ultimo ventennio del XVI secolo [Hoyle 1990: 5]. Il processo di crescita della sicurezza legale del copyhold non fu lineare come quello del freehold, ma non di meno contribu a creare, a partire dalla seconda met del XV secolo, una garanzia esterna dello stato sul possesso dei contadini consuetudinari. Con questo, entro il XVI secolo la definizione dei diritti di propriet moderna sulla terra poteva dirsi completata.
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La Court of Requests, creata nel 1483, costituiva, prima di formalizzarsi come corte autonoma, una sezione del Consiglio del re, e si occupava di esaminare, analogamente alla cancelleria, le petizioni di quei soggetti che non trovavano rimedio presso le corti di Common law, o che erano troppo poveri per accedervi [Baker 2007: 120].

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