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Il De sera numinis vindicta e gli Adagia di Erasmo da Rotterdam

STEFANO AMENDOLA UNIVERSIT DI SALERNO

1. Erasmo autore degli Adagia e traduttore di Plutarco Nella lettera prefatoria delledizione aldina degli Adagia di Erasmo (1508) lo stesso Aldo Manuzio racconta come, venuto in possesso della raccolta erasmiana, abbia deciso di accantonare momentaneamente la stampa di alcuni autori greci e latini per pubblicare unopera, gli Adagia, che poteva cum ipsa antiquitate certare. A motivare tale scelta la volont di Manuzio di far cosa utile studiosis suis ed lo stesso editore ad illustrare in cosa soprattutto risieda lutilitas dellopus erasmiano1: () rati profuturum vobis et multitudine ipsa adagiorum, quae ex plurimis autoribus tam latinis quam graecis studiose collegit summis certe laboribus summis vigiliis et multis locis apud utriusque linguae autores obiter vel correctis acute, vel expositis erudite (). Erasmo dunque ha il merito non solo di aver realizzato un ricco orilegio di massime tratte dagli autori antichi, ma soprattutto di offrire al lettore degli Adagia un evidente contributo ecdotico ed esegetico, intervenendo sovente sulle citazioni raccolte, correggendole, se necessario, e interpretandole. Alla comune utilit quale vero obiettivo della raccolta fa riferimento lo stesso Erasmo nel lungo interpretamentum di Adag. III i 1, Herculei labores, dove - come si evince dallo stesso lemma - egli rimarca lenorme fatica nellallestire lopera2. Tra
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Cfr. D.J. GEANAKOPLOS, 1960, p. 126. ASD, 1981, II 5/6, pp. 23 ss. (ladagio in questione a cura di S. SEIDEL MENCHI): cfr. M. MANN PHILLIPS, 1964, pp. 190-209; D. CANFORA, 2002, pp. 590-657.

AURELIO PREZ JIMNEZ (Ed.), Plutarco Renovado. Importancia de las Traducciones Modernas de Vidas y Moralia, Mlaga, S.E.P., 2010, pp. 77-96.

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gli ostacoli affrontati (e, quindi, superati) lautore ne segnala uno di carattere pi marcatamente lologico: () prodigiosam librorum depravationem, quae sic Latinorum pariter et Graecorum codices omneis occupavit, ut, quicquid attigeris citaturus, vix unquam contingat, quin aut manifestum mendum offendat, aut suboleat occultum? Ibi vero sudor novus, exploranda, corrogandaque exemplaria, nec ea sane pauca, quo videlicet e multis unum aliquod contingat emendatius aut multorum collatione, quod verum ac germanum sit, quasi divines (...) Una difcolt - il pessimo stato dei testimoni - che viene accentuata dalla particolare tipologia dello scritto, dal suo essere una raccolta di citazioni di autori diversissimi, che ha costretto lautore a leggere e rileggere tanti poeti latini e greci, tanti grammatici, tanti oratori, tanti dialettici, tanti sosti, tanti storici, tanti matematici, tanti loso e tanti teologi, che sol ad elencare tutti i titoli uno si stancherebbe3: tradurre in latino tutto Demostene o tutto Platone o un altro autore4 avrebbe sicuramente offerto meno sudore e maggiore gloria al suo autore piuttosto che has () nugas congere. Lapproccio ai testi classici che caratterizza lErasmo raccoglitore di citazioni non dissimile da quello dellErasmo traduttore di singoli autori5. Preoccupazioni simili a quelle ora evidenziate negli Adagia si ritrovano, ad esempio, nella lettera indirizzata da Erasmo a John von Botzheim, del 30 gennaio 15236, a proposito della sua attivit di traduttore dei Moralia plutarchei7:
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Trad. D. CANFORA, 2002, p. 611. Trad. D. CANFORA, 2002, p. 611. Come sottolinea R. TOSI, 2005, p. 435, in Erasmo linteresse per il proverbio, il suo signicato e il suo uso si sposa con quello esegetico nei confronti dei loci classici (...), non ci si dimentica mai delluso letterario dei proverbi, e costante lintento di comprendere meglio alcuni difcili loci classici. P.S. ALLEN, 1906, I, pp. 1-46 (epist. 1): si tratta di un vero catalogo delle opere erasmiane composte no al 1523. P.S. ALLEN, 1906, I, p. 3 (epist. 1): cfr. M. MANN PHILLIPS, 1970, pp. 9-10. Al tempo dellepistola lumanista ha gi edito la traduzione di otto opuscoli plutarchei. Nel 1514 stampato presso J. Froben il volume Opuscula Plutarchi nuper traducta, Erasmo Roterodamo interprete, che contiene le traduzioni In principe requiri doctrinam, Cum principibus maxime philosophum debere disputare, Utrum graviores sint animi morbi quam corporis, Quo pacto quis efcere possit ut capiat utilitatem ab inimico, De tuenda bona valetudine praecepta, Num recte dictum sit , De cupiditate divitiarum, Quo pacto quis dignoscere possit adulatorem ab amico. In seguito verranno pubblicate altre tre traduzioni: De non irascendo e De curiositate (stampate presso Froben nel 1525); De vitiosa verecundia (stampato presso Froben nel 1526). Gli undici opuscoli sono raccolti insieme in Omnia opera Des. Erasmi Roterodami, vol. IV, a cura di H. Froben e N. Episcopius (1538-1540). Cfr. inoltre R. AULOTTE, 1965, pp. 326 ss.; F. BECCHI, 2009, p. 38 .

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Ausi sumus idem in Plutarchi Moralibus, cuius et phrasis aliquanto difcilior est et res habent plus obscuritatis ob reconditam hominis eruditionem (). In his eo libentius exercebar, quod praeter linguae peritiam vehementer conducerent et ad mores instituendos. Nihil enim legi secundum literas divinas hoc autore sanctius. Hoc unum erat incommodi, quod Aldus hoc opus excudit, sequutus exemplar multis locis depravatum, nec apud nos vetustorum exemplarium erat copia. Oltre a rivelare la natura etico-paideutica del suo interesse per i Moralia, Erasmo rimarca le due principali difcolt nellavvicinarsi allopus plutarcheo: ad una di ordine stilistico-contenutistico ne segue nuovamente unaltra pi prettamente lologica, ossia le numerose corruttele che avrebbero infestato un non meglio precisato exemplar utilizzato da Manuzio per lAldina dei Moralia, pubblicata nel 1509 a cura di Demetrio Ducas, opera che avrebbe visto lattiva partecipazione dello stesso Erasmo8. Limpiego di ausi sumus sembrerebbe inoltre testimoniare, da un lato, la prudenza dellumanista nellaccostarsi ad un testo cos denso e complesso, dallaltro, limplicito orgoglio per aver affrontato e superato un banco di prova cos severo per la propria ars vertendi, uno stato danimo che rimanda a quanto manifestato nel descrivere il lavoro compiuto con gli Adagia. 2. Erasmo e il De sera numinis vindicta Ed anche sulla base di questo scrupolo lologico, costantemente presente nelle parole dellumanista, che sembra opportuno per gli editori contemporanei, chiamati a ricostruire anche le vicende della tradizione a stampa dei diversi opuscoli plutarchei, tenere in considerazione sia le traduzioni integrali di Erasmo sia le citazioni disseminate nelle altre sue opere (specie quelle enciclopediche, quali gli Adagia) - dove Erasmo dimostra (...) di possedere una conoscenza pressoch completa dellopus plutarcheo9. Wyttenbach, ad esempio, nelle animadversiones che completano la sua edizione, rinvia frequentemente agli Adagia, ritenuti un riferimento costante nel commento di quei loci dei Moralia contenenti espressioni proverbiali10. La considerazione di Wyttenbach per
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Sullinteresse di Erasmo per Plutarco cfr. E. RUMMEL, 1985, pp. 71-87. Sul soggiorno dellumanista presso Aldo Manuzio cfr. D.J. GEANAKOPLOS, 1960, pp. 107-134; sulla sua collaborazione alledizione aldina dei Moralia curata da Demetrio Ducas cfr. ASD, 1977, IV/2, p. 105 (introduzione a Ex Plutarcho versa a cura di A.J. KOSTER) e, recentemente, F. BECCHI, 2008, p. 16 n. 7, con bibliograa precedente. Come testimoniano le statistiche di M. MANN PHILLIPS, 1964, p. 400, Plutarco uno degli autori antichi pi citati negli Adagia (circa 618 citazioni) con Omero, Aristofane, Cicerone e Orazio. Cos F. BECCHI, 2009, p. 38. Propongo qui un elenco provvisorio di luoghi plutarchei nel cui commento D. WYTTENBACH, 1810 e 1821, fa riferimento agli Adagia di Erasmo: 3C, 9C, 13E, 13F, 15F, 33E, 41B, 43C, 43E, 46F, 50F, 61A, 65B, 66E, 75B, 75F 86A, 90C, 93C, 93E, 94A, 102A, 125A, 125E, 126C, 127C, 132A, 133B, 144E, 146E, 152E, 153E, 155E, 159E, 116B, 171B, 187A, 215C, 220E, 223D, 230A, 232F, 233A, 266E, 269E, 286D, 301D, 302B, 360A, 370D, 387D-E, 548B, 549D, 560C.

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Erasmo e gli Adagia documentabile n dal 1772, anno in cui pubblica a Leida leditio peculiaris dellopuscolo , quasi una prova generale per la successiva edizione dei Moralia. Al termine della praefatio Wyttenbach ricorda come proprio Erasmo abbia sollevato dubbi sulla paternit plutarchea dellopuscolo nellinterpretamentum delladagio I vi 42 Post lesbium cantorem (come stampato dalledizione frobeniana del 1515 in poi): (...) Meminit huius adagii Plutarchus in commentario, quem inscripsit . Quanquam mihi quidem stilus non redolet Plutarchum11. Wyttenbach, certo dellattribuzione a Plutarco dellopera, preferisce non dedicare molto spazio allerror di Erasmo, del quale egli non pu che riconoscere lauctoritas, rimarcando, quasi a giusticare lumanista, la natura fortemente dubitativa e cursoria dellaffermazione erasmiana12. tuttavia da sottolineare come tra il 1508 (anno di pubblicazione dellaldina degli Adagia) e il 1515 (anno in cui viene stampata a Basilea presso Froben la nuova edizione arricchita della raccolta13, in cui compare per la prima volta, come ricordato, losservazione sul De sera numinis vindicta) Erasmo sembrerebbe aver maturato una tale conoscenza dellopuscolo da arrivare a metterne in dubbio la paternit. A conferma di questo interesse per il De sera numinis vindicta, nelledizione del 1515 vengono aggiunte, rispetto al testo dellAldina, altre tre citazioni del dialogo, oltre a quella gi menzionata di Adag. I vi 42: si tratta di 548B in Adag. I i 5 (inxo aculeo fugere), 556F-557A in Adag. II vi 63 (aesopicus sanguis) e 549D in Adag. IV iv 82 (sero molunt deorum molae). Nellarco temporale qui individuato (1508-1515) Erasmo, lasciata Venezia e laccademia di Manuzio, si reca in Inghilterra dove proprio in questi anni inizia la sua opera di traduttore dei Moralia14. Nellautunno del 1512, in una lettera da Londra a Peter Gilles, lumanista
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ASD, 1998, II/2, p. 70. Denique ut hoc loco Erasmi opinionem breviter tangamus, facit viri magni auctoritas. Hic in Adagio Post cantorem lesbium signicavit, se in libro de Sera Num. Vind. eam subodorari a ceteris Plutarchi scriptis stili diversitatem, ut dubitaret an ad eundem auctorem referri possit. Non est quod hunc errorem fuse redarguamus. Nam huic quidem libello germanus inest color; verba, structura, sententiarum lumina, dicendi formae, disputandi ratio, habitus denique totius orationis adeo similis reliquis scriptis, ut facile quivis omnes Plutarchei ingenii numeros agnoscat. Itaque cum varii varios Plutarchi libros convincere adgressi sint, contra nostrum tamen libellum, qui vel suspicionem hanc moverit praeter Erasmum nemo repertus est: neque is quidem condenter, sed dubitanter admodum sui dubii iniecit mentionem (...) Quare eum genuinum Plutarchi foetum esse, nec ego dubito, nec alios dubitaturos condo: D. WYTTENBACH, 1821, pp. 303-304. Sulledizione del 1515 cfr. M. MANN PHILIPS, 1964, pp. 96-121. Cfr. E. RUMMEL, 1985, p. 72.

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afferma di aver tradotto complusculos Plutarchi libros15; nel 1513 viene stampata a Basilea la sua versio latina del De tuenda bona valetudine praecepta, preludio alla successiva pubblicazione sempre ad opera di Froben nel 1514 delle versioni latine degli otto opuscoli, cui si faceva riferimento nella gi citata lettera-catalogo. In questi anni un altro elemento biograco sembrerebbe mettere in relazione diretta Erasmo con il De sera numinis vindicta: lamicizia con Willibald Pirckheimer, illustre uomo politico di Norimberga, nonch erudito e autore della prima traduzione latina dellopuscolo plutarcheo, pubblicata nel 1513, con il titolo De his qui tarde a numine corripiuntur libellus16. Nel dicembre del 1514 Pirckheimer a prendere liniziativa indirizzando a Beato Renano, umanista tedesco in stretto contatto con Erasmo, la richiesta di intercedere per lui presso il teologo ammingo, anteponendo egli lamicizia viri tam eruditi ac clari a quanto di pi prezioso ed illustre ha gi ottenuto nella vita17. Lamichevole intervento del Renano ha successo; nel gennaio dellanno successivo lo stesso Erasmo a scrivere a Pirckheimer18. Questo lincipit della missiva: Iam pridem ardebam desiderio tui, neque mediocrem amoris in te ammam e tuis conceperarn lucubratiunculis, in quibus mihi visus sum Bilibaldi mei velut expressum simulacrum agnovisse, hominis vel potius herois cuiuspiam incomparabilis, in quo vicissim et fortunae splendorem ornarent litterae et litteras illustraret fortunae splendor, utrumque commendaret morum integritas, et haec pari ingenii comitate suavitateque cumulata (). Evidente lentusiasmo per questa nuova amicizia, che proseguir no alla morte di Willibald nel 1530: Erasmo vede nel suo interlocutore non il potente e prestigioso uomo politico, bens il letterato, i cui lucubratiuncula (opuscoli, libelli etc.) avevano gi meritato lattenzione e lelogio dellumanista di Rotterdam. Non da scartare lipotesi che tra i lucubratiuncula di Pirckheimer noti ad Erasmo vi sia proprio il De his qui tarde a numine corripiuntur libellus: quella dellopuscolo plutarcheo parrebbe essere la sola traduzione latina di un testo greco pubblicata dal Pirckheimer al momento del suo primo contatto con Erasmo tramite il Beato Renano19.
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P.S. ALLEN, 1906, I, p. 517 (epist. 264). Cfr. R. AULOTTE, 1965, p. 28 n. 3. Del De his qui tarde a numine corripiuntur libellus si hanno altre due edizioni: una stampata a Strasburgo nel 1514, laltra a Norinberga nel 1523 (apud Federicum Peypus), in un volume che raccoglie anche le altre quattro traduzioni latine di opuscoli plutarchei realizzate da Pirckheimer (De compescenda ira, De curiositate, De garrulitate, De vitanda usura). La versio di Pirckheimer inoltre ristampata in H. ESTIENNE, 1572: la traduzione del De sera numinis vindicta si trova nel secondo volume delle interpretationes latine, pp. 196-231. P.S. ALLEN, 1910, II, p. 41 (epist. 318). P.S. ALLEN, 1910, II, pp. 46-47 (epist. 322). Cfr. P.G. BIETENHOLZ -T.B. DEUTSCHER, 2003, pp. 91-92.

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Si ha cos ulteriore conferma di un Erasmo che nel secondo decennio del 1500 non solo traduce otto opuscoli plutarchei, ma si occupa pi estesamente dellintero corpus dei Moralia: non forse un caso che sempre nella prima edizione frobeniana degli Adagia (ancora in preparazione ai tempi della prima lettera di Erasmo al Pirckheimer) trovi posto, oltre al gi ricordato dubbio sulla paternit del De sera numinis vindicta, anche quello sul De Musica di cui Erasmo fu il primo a porre in discussione lautenticit plutarchea20. 3. Il De sera numinis vindicta negli Adagia erasmiani Ci si sofferma ora su due citazioni del De sera numinis vindicta negli Adagia, in entrambe le quali Erasmo propone una propria traduzione latina di pericopi abbastanza estese del testo plutarcheo: di queste versiones si vuole in questa sede discutere leventuale contributo ecdotico e/o esegetico. 3.1 Il sangue dEsopo: ser. num. 556F-557A e Adag. II vi 63 Le vicende legate alla morte di Esopo, da cui lespressione antonomastica (sangue esopico)21, si ricollegano ad uno dei temi principali dellopuscolo plutarcheo, ossia lereditariet della colpa. A tal proposito il fratello di Plutarco, Timone, rievoca la tragica morte di Esopo, precipitato dalla rupe Iampea dopo essere stato accusato ingiustamente dagli abitanti di Del: irato con costoro, Apollo castiga i Del con linfertilit del suolo e linsorgere di diverse pestilenze, mali da cui essi potranno liberarsi solo dopo tre generazioni. Quanto accaduto ad Esopo dunque presentato nel De sera numinis vindicta come esempio dellingiusto comportamento della divinit che, pur avendo punito gi i veri malfattori, si accanisce anche contro i loro discendenti. Se i paremiogra, nella spiegazione dellespressione , identicano nei Del coloro che sono oppressi da onte difcili da cancellare e da mali ( )22, Erasmo nelladagio sottoli20

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Adag. II iii 45, Colophonem addidit (ASD, 2005, II/3, p. 254): (...) Plutarchus in libello De Musica, tametsi stilus propre clamitat illius non esse (...). Cfr. A. MERIANI, 2006, pp. 147-149; F. BECCHI, 2009, p. 32 e n. 103; M. DE SIMONE, 2009, in questo stesso volume. Sullespressione proverbiale cfr. W. BHLER, 1999, pp. 602-609. Come notano i curatori di ASD, 1987, II/4, p. 65 ad 113-114, Plutarco non cita ladagio, ma racconta quanto sarebbe accaduto ad Esopo. Diversamente in ser. num. 558A, dove si fa riferimento a Terpandro e ai beneci che a Sparta sono riconosciuti ai suoi discendenti, il Cheronese si limita a citare lespressione proverbiale , afancandola al nome di Terpandro senza dare ulteriori notizie. Plutarco sceglie dunque di non narrare per esteso limpresa di Terpandro (riportata naturalmente dai paremiogra e da Erasmo), ritenendo forse che la diffusione e la notoriet del proverbio e del suo aition possano consentire al lettore di richiamare alla memoria le vicende del cantore lesbio, esempio per Plutarco di beneci toccati ai posteri grazie ad un proprio antenato. Sulladagio cfr. inoltre DE SIMONE, 2009 in questo stesso volume. Trad. E. LELLI, 2006, p. 86. Il proverbio registrato tra gli altri in Zen. 1, 47; Diog. 1, 46 (= Apostol. 1, 77); Diog. Vind. 1, 20 e 3, 77; Macar. 1, 60.

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nea inizialmente linnocenza di Esopo e la sua ingiusta uccisione23 e poi aggiunge, a commento del passo del De sera numinis vindicta, indicat eodem in loco Plutarchus dici solere, quoties sero poena datur24. Allumanista, che non fa alcun riferimento al contenuto delle critiche del Timone plutarcheo alla giustizia divina, preme dunque evidenziare come anche nel caso dei Del sia comunque certa lespiazione delle colpe, nonostante essa giunga tardiva rispetto al misfatto compiuto. Linterpretamentum offre inoltre la versio erasmiana della pericope del De sera numinis vindicta relativa ad Esopo: si tratta di una traduzione non del tutto fedele, come si pu evincere dal seguente confronto tra il testo greco25 - che Erasmo in questo caso non riporta - e linterpretazione latina dellumanista: , , , , , , , , . , , , . , , , .
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ASD, 1987, II/4, p. 64: Unde dici solitum, aut ubi quis praeter meritum acerba pateretur aut ubi propter laesam innocentiam irati superi poenam immittere viderentur. Cfr. Sud. 332: . (...). ASD, 1987, II/4, p. 65. Una spiegazione simile si ritrova nellinterpretamentum di Adag. IV iv 82 (sero molunt deorum molae), che ha come unica fonte ser. num. 549D: Caeterum ex his quae praecedunt eodem in loco, colligere licet dici solitum de his qui, licet serius, tamen aliquando poenas dant malefactorum vindici deo (ASD, 1999, II/7, p. 224). A tal proposito, gi Estienne - la cui nota, risalente ad una edizione degli Adagia curata dallo stesso umanista francese (forse Ginevra 1558 o Parigi 1563), ricavo da LB, 1703, p. 1043 n. 1 - evidenzia come Erasmo, seguendo Plutarco, non registri il proverbio nella sua forma integra, ossia , , il cui vero signicato dunque nimirum quo serius, eo gravius punire Deos. La scelta operata da Plutarco di non riportare lintero proverbio funzionale ai dubbi che nel dialogo Olimpico sta esprimendo sullopportunit che gli dei non puniscano immediatamente i malfattori. La seconda parte del proverbio (... ) anticipa quanto Plutarco andr ad argomentare nel seguito del dialogo in difesa della giustizia divina. Si noti che fonti quali Celso e Origene attestano ancora una diversa redazione della massima, , , (i mulini degli dei macinano tardi, anche per i gli dei gli e per quelli che dopo verranno), in cui il secondo periodo costituito dalla citazione di Il. XX 308. Anche in questa formulazione il proverbio si ricollega ad un tema fondamentale dellopuscolo plutarcheo, ossia lereditariet delle colpe. Stampo qui il testo dellALDINA, 1509, pp. 428-429.

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Nempe Aesopum multam auri vim accepisse a Croeso, uti Delphis splendide sacricaret et Delphorum singulis quatuor minas distribueret. Verum cum incidisset illi nescio quid dissidii cum Delphis, sacrum quidem fecit, caeterum pecuniam, quam acceperat distribuendam, Sardis misit, Delphos indignos iudicans eo benecio. Quamobrem irati sacrilegii condemnatum praecipitarunt e rupe, quam Hyampeiam vocant. Eo facto deus indicavit terrae sterilitatem et morborum prodigiosorum vim instare. Proinde territi Delphi in publicis Graeciae conventibus assidue per praeconem clamabant, si quis esset, qui poenas Aesopi nomine de se vellet sumere. Tandem tertia generatione Samius Idmon advenit, nihil afnis Aesopo, sed nepos eorum, qui Aesopum Sami emerant; huic cum poenas quasdam dedissent, malis levati sunt. Alcune osservazioni sulla traduzione di Erasmo: . Omette ... e trasforma in principale . Erasmo riadatta cos la citazione plutarchea al nuovo contesto: la frase Esopo venne qui risulterebbe incomprensibile ad un lettore degli Adagia che ignori lambientazione delca dellopuscolo26. Lavverbio infatti sostituito dallindicazione Delphis (Delphis splendide sacricaret) che precisa la localit dove si svolgono i fatti. Laver cos esplicitato che lo splendido sacricio deve compiersi a Del potrebbe suggerire ad Erasmo lomissione di , in quanto il solo nome della localit consentirebbe abbastanza facilmente di comprendere che si sta parlando di un rito in onore di Apollo. B. Enfatizza con la parafrasi multam auri vim che meglio introduce il successivo splendide (): proprio la grande quantit doro che Esopo riceve da Creso a garantire la magnicenza del sacricio. Una interpretazione simile gi avanzata da Pirckheimer (cum auri ponderi ingenti)27, e ripresa poi da Amyot (avec une bonne somme dor)28. Xylander, invece, traduce semplicemente allato a Croeso auro29. C. Non traduce ma solo (nescio quid dissidii); lira per ritorna nel seguito della versio a connotare psicologicamente i soli Del che, spinti da questo sentimento, accusano e uccidono ingiustamente Esopo. D. Opta per pecuniam come Xylander, mentre Pirckheimer ha pecunias: questa oscillazione tra singolare e plurale nelle traduzioni latine sembrerebbe rispecchiare quella tra , lezione dei manoscritti, e (), correzione di Ducas.
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Proprio d conferma che il dialogo si svolge a Del (cfr. tra gli altri H. GRGEMANNS, 2003, p. 318). W. PIRCKHEIMER, 1513 (= 1514 e 1523), senza numero di pagina. J. AMYOT, 1572, p. 263. G. XYLANDER, 1570, p. 383.

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E. Aggiunge la relativa quam acceperat distribuendam, che ribadisce loriginaria destinazione del denaro ricevuto da Creso. F. Rende rimarcando la soggettivit del giudizio di Esopo - espressa dall che introduce il genitivo assoluto - mediante il participio presente iudicans: Esopo a giudicare i Del indegni di ricevere il denaro di Creso e a decidere di rispedirlo a Sardi30. G. Sintetizza impropriamente con condemnatum, perdendo cos limmagine efcace dei Del che mettono insieme/escogitano, in maniera fraudolenta31, laccusa contro Esopo. Riassume ancora , nel solo praecipitarunt32. H. Omette linnito (vel ) presente nellAldina: la versio erasmiania tace dunque su quello che potrebbe ritenersi il punto pi spinoso del brano plutarcheo dal punto di vista ecdotico. , oltre che nellAldina, si ritrova nelle edizioni di Estienne, Wyttenbach, Hutten, Hackett, Dubner33. Reiske per primo, pur mantenendo linnito nel testo della sua edizione34, esprime n dalle animadversiones del 175935 la sua preferenza per il participio , congettura che sar accolta sia da Bernardakis36 sia da Pohlenz, che in apparato segnala vel quale lezione della concordia codicum37. nelledizione Loeb del 1957 di De Lacy e Einarson, che il participio viene restituito quale lezione genuina del codice Laur. Plut. 56.5 (l)38: come evidenziato in apparato dagli stessi editori, quanto congetturato suo Marte da Reiske viene a trovare nella tradizione manoscritta la pi autorevole delle conferme39. Nonostante il silenzio di Erasmo, qualche elemento non privo di interesse potrebbe ricavarsi dalle altre traduzioni (latine e non) del XVI secolo: se in Xylander
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W. PIRCKHEIMER, 1513: (...) tanquam homines illi indigni existerent qui aliquot acerentur commodo; G. XYLANDER, 1570, p. 383: ut qui homines istos benecio indignos iudicaret. Tale accezione mi sembrerebbe possedere il verbo insimulare, impiegato sia da W. PIRCKHEIMER, 1513 sia da G. XYLANDER, 1570, p. 383: cfr. ThLL s.v. insimulo, 1991, 76 ss. W. PIRCKHEIMER, 1513: (...) praecipitatum interfecerunt. H. ESTIENNE, 1572, p. 988; D. WYTTENBACH, 1797, p. 246; J.G. HUTTEN, 1798, p. 244 ; H.B. HACKETT, 1844, p. 31; F. DUBNER, 1868, p. 673. J. REISKE, 1777, p. 203 (in n. 20, per, si legge , in Participio). J. REISKE, 1759, p. 343: anche in questo caso si ha parossitono. G.N. BERNARDAKIS, 1891, p. 439. M. POHLENZ, 1929, p. 417. Folium 16v. B. EINARSON-PH. DE LACY, 1959, p. 232. Lapparato della successiva edizione a cura di Y. VERNIRE, 1974, p. 149 ( Reiske: ) in questo caso errato.

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si ha Ex eo deum iras in ipsos exercuisse, et cum solo sterilitatem, tum hominibus omnis generis tetros morbos intulisse (...)40, dove lespressione iras exercuisse sembrerebbe rendere linnito , Pirckheimer traduce Exinde deum iratum, terrae sterilitatem, variaque morborum genera illis immisisse praedicant (...)41, che Jean de Marconville (o Marcouville)42 cos intende: Cela faict Dieu irrit dune si abominable meschancet envoya la strilit sur la terre avec grand nombre de prodigieuses43. Per lumanista francese iratum di Pirckheimer da leggersi come participio44, quale appunto di l. I. Rende i due verbi e con lespressione per praeconem clamabant, ricalcando anche in questo caso il per praecones ... vocarent di Pirckheimer45. notevole inne come numerose caratteristiche evidenziate nella versio erasmiana ritornino nella gi citata traduzione francese di Marconville, sebbene questi dichiari n dal titolo della sua opera la dipendenza da Pirckheimer46: comme lon racompte dAesope, lequel receut [cfr. A] grande quantit dor [cfr. B] de Crsus pour faire sacrices solennelz en Delfe [cfr. A], et aussi pour en distribuer et departir chacun des habitans de Delfe quatres pieces. Mais luy estant survenu quelque dbat et differend avec les Delques il ne laissa toutesfoys de parachever le sacrice encommenc. Et estimant [cfr. F] les Delques indignes de largent [cfr. D] quil avoit receu pour leur distribuer [cfr. E], lenvoya aux Sardiniens. Dequoy estans couroucez les Delques [cfr. C] le condemnerent de sacrilge, et le precipiterent [cfr. G] du hault dun rocher appel Hyampe. Cela faict Dieu irrit dune si abominable meschancet envoya la sterilit sur la terre avec grand nombre de prodigieuses maladies. Dequoy estans fort espoventez les Delques, faisoient proclamer en toutes les assembles publiques de la Grece, pour savoir sil y avoit aucun qui vousist rien reveler de la mort dAesope et sil trouveroit point quelquun qui vouluit souffrir soubz le nom de luy. Finablement il se trouva un nomm Idmon Samien, mais grand peine, du tiers degr, de la race et generation qui en rien appartient Aesope, ains seulement arriere nepueu de ceux qui avoient achet
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G. XYLANDER, 1570, p. 383. W. PIRCKHEIMER, 1513. Sullumanista francese, autore di una versio gallica dellopuscolo basata appunto su quella latina di Pirckheimer, cfr. R. AULOTTE, 1965, pp. 63-64. J. MARCONVILLE, 1563, p. 29. Non possibile escludere che Pirckheimer intenda iratum esse, traducendo cos linnito . Questinterpretazione registrata da D. WYTTENBACH, 1830, p. 905, che nellindex verborum alla voce scrive per praeconem. Sui rapporti tra le due traduzioni cfr. R. AULOTTE, 1965, pp. 125-127.

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ledit Aesope en lisle de Samos, lequel ayant port la peine de ceste faulte quil navoit commise, la misere cessa, de laquelle les Delques avoient est si longuement afigez (MARCONVILLE 1563, pp. 29-30). Appare evidente che Marconville, nel tradurre ser. num. 556F-557A, abbia ben presente linterpretazione latina degli Adagia47 e la preferisca, almeno nella prima parte della pericope, a quella di Pirckheimer, che tuttavia lumanista francese sembra mantenere come riferimento l dove la traduzione erasmiana gli appare forse meno completa o convincente (cfr. H relativamente allomissione di / ). 3.2 I giardini di Adone (ser. num. 560B-C e Adag. I i 4) Lespressione proverbiale, ampiamente registrata sia dalla tradizione paremiograca (Diogeniano, Apostolio, Gregorio Ciprio48 e, nella forma di comparazione , pi sterile dei giadini di Adone, Zenobio e Macario Crisocefalo49) sia da quella lessicograca (Esichio, Fozio, Suda50), riferita tanto a cose futili ed efmere quanto ad uomini da poco, incapaci dunque di produrre qualcosa di nobile o di utile. I giardini di Adone sono infatti quei recipienti (vasi o cocci) in cui venivano coltivate piantine di rapida crescita e di altrettanto rapida morte, una sorte che richiama appunto quella di Adone, giovane e sfortunato amante di Afrodite. Simbolo dunque di temporaneit ed incostanza, Plutarco nel De sera numinis vindicta si serve opportunamente di queste pianticelle quale metafora/simbolo dellanima umana, qualora essa sia voluta dal dio priva di immortalit e conseguentemente destinata, come il corpo, ad avere breve durata. Si riproduce il testo greco e la traduzione del passo plutarcheo nellinterpretamentum erasmiano secondo ledizione critica curata ad Amsterdam dallAccademia delle Scienze51: ,
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Simile il giudizio espresso su Plutarco da Erasmo e Marconville: se il primo scrive nella lettera catalogo a John von Botzheim (cfr. supra) Nihil enim legi secundum literas divinas hoc autore (scilicet Plutarcho) sanctius (P.S. ALLEN, 1906, I, p. 8: cfr. supra), e nell Institutio Principis Christiani Tertio loco Plutarchi Apophthegmata, deinde Moralia: nihil enim his sanctius potest inveniri, cuius et vitas proponi malim, quam cuiusquam alterius (ASD, 1974, IV/1, p. 180), il secondo cos si esprime nella dedicatoria della sua traduzione: Plutarque na presque rien dit que, qui voudroit lesplucher par le menu, quon le touvast enregistr s divins livres (J. MARCONVILLE, 1563, pp. 2-3: cfr. A. TARRETTE, 2008, p. 149). Diogen. 1, 14; Diogen. Vind. 1, 12; Apostol. 1, 34; Greg. Cypr. 1, 7. Zen. 1, 49; Macar. 1, 63. Hsch. a 1231, Phot. a 398, Sud. 517. ASD, 1993, II/1, p. 116.

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, , , , , (...)52 Imo morosior quispiam, et levicularum rerum curiosus est Deus, qui, cum nihil habeamus divinum in nobis, neque quod ullo modo ad illius similitudinem accedat, quodque constet, ac stabile perpetuumque sit, quin magis foliorum ritu, quemadmodum ait Homerus, undequaque marcescamus, intereamusque brevi, tantam nostri curam habeat non aliter, quam mulieres, quae Adonidis hortos, ad dies pauculos vernantes, in testulis quibusdam nutriunt, foventque
Adagia edd. Aldina e Froben 1515 Itidem nos animum alamus in carne tenera, mollique, quaeque validam vitae radicem non admittat pululantem. Deinde mox vel quavis occasione extinguendum. Successive edizioni frobeniane animas brevi duraturas, in carne tenera, et solidam vitae radicem non recipiente suppullulantes, ac mox ad quamvis occasionem interituras.

Il doppio tentativo di traduzione operato da Erasmo testimonia delle difcolt che gravano sul testo, proprio dove Plutarco fa menzione dei giardini di Adone. Un primo sospetto di corruzione avanzato nel 1759 da Reiske, che giudica pendenti gli accusativi e suggerisce o linserzione di un participio (exempli causa , vel ) o la trasformazione dei suddetti accusativi, insieme ai successivi e , in genitivi singolari ( ... 53). Wyttenbach, nelle Animadversiones che corredano la sua editio peculiaris dellopuscolo, sostiene sine dubio la necessit di sostituire la serie di accusativi ( , e ) con i rispettivi genitivi plurali, da riferirsi ai precedenti e dipendenti anchessi da
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Erasmo, come detto in precedenza, anticipa il testo della successiva Aldina dei Moralia (1509), eccezione fatta per il della prima linea, che sostituisce la lezione genuina . Tale intervento appare difcilmente comprensibile e giusticabile: eliminando la correlazione /, Erasmo poi costretto ad introdurre nella versio il comparativo assoluto morosior per rendere il positivo greco , allo scopo di introdurre la successiva relativa impropria (consecutiva). Allultima riga, sempre in accordo con la futura Aldina, la pericope erasmiana presenta l dove gli editori moderni accolgono unanimemente la variante , lezione trdita da G XT F Z RY (cfr. B. EINARSON-PH. DE LACY, 1951, p. 99): proprio ad , per, sembrerebbe meglio adattarsi lavverbio mox adoperato nella traduzione da Erasmo, il quale, avendo probabilmente a disposizione un testimonio recante - nel testo o a margine come varia lectio - la lezione , intuiva come caratteristica di (anime di breve durata) fosse quella di spegnersi/scomparire improvvisamente/repentinamente per un motivo qualsiasi. J. REISKE, 1559, p. 348: cos anche J. REISKE, 1777, p. 218 n. 69.

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54: diversamente, in una nota al testo delledizione oxoniense dei Moralia, lo studioso ipotizza la caduta di un participio, o 55. Nessun contributo signicativo al dibattito viene da Hutten56, che riassume in nota le osservazioni dei due precedenti editori, da Dbner e da Bernardakis, che si limitano a ristampare il testo trdito57. Nel 1929 Pohlenz integra il participio ( <> ), stampato anche dalle successive edizioni di Vernire e Grgemanns58 e accolto nelle traduzioni di Mautis, Ziegler, Guidorizzi e Aguilar59. Lintervento di Pohlenz volto a chiarire il paragone proposto da Plutarco tra le donne che piantano e curano i giardini di Adone nei cocci e il dio che semina ( di Pohlenz) anime efmere nei corpi degli uomini: proprio la mancata comprensione da parte di Erasmo di questa comparazione rimarcata nel 1985 da Rummel, che annovera il passo del De sera numinis vindicta negli errori di traduzione compiuti dallumanista60. Meno severa appare la nota di commento degli editori dellASD, che, riconoscendo come la costruzione sintattica della pericope plutarchea sia abbastanza oscura, evidenziano la difcolt relativa allaccusativo e ricordano la soluzione congetturale di Pohlenz: tuttavia, ugualmente giudicata errata la scelta di Erasmo di considerare i discussi accusativi quali complementi oggetti di fovent, afdando cos le anime degli uomini alle cure delle donne e non del dio61. I rilievi mossi allinterpretazione erasmiana dagli studiosi moderni (precisamente a quella avanzata dal 1518 in poi) sono stati in realt anticipati da Henri Estienne, che cos commentava62:
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D. WYTTENBACH, 1772, p. 79 (= D. WYTTENBACH, 1821, p. 402). D. WYTTENBACH, 1797, p. 258. J.G. HUTTEN, 1798, p. 255 n. 4. F. DBNER, 1868, p. 677; G.N. BERNARDAKIS, 1891, p. 447, dove segnalata in nota la sola proposta di Reiske. Y. VERNIRE, 1974, p. 156; H. GRGEMANNS, 2003, p. 99. Soltanto B. EINARSON-PH. DE LACY, 1959, pp. 252-253 conservano il testo trdito, ma nella traduzione devono comunque iterare il verbo to tend (), riferendolo la prima volta alle donne, la seconda al dio: ... like the wo-

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men who nurse and tend their gardens of Adonis in pots of earthenware, would tend souls of a day grown in a frail vessel of esh that admits no strong root of live ....
G. MAUTIS, 1935, p. 112; K. ZIEGLER, 1952, p. 196; G. GUIDORIZZI, 1982, p. 156; R.M. AGUILAR, 1996, p. 148.

E. RUMMEL, 1985, pp. 57 e 150 n. 48. Ad un errore di stampa nellAldina del 1508, poi ripetuto nelle successive edizioni degli Adagia, pensa invece R.A.B. MYNORS, 1982, p. 52. ASD, 1993, II/1, p. 117 ad 326-327. LB, 1703, pp. 27-28.

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Hic invertit Erasmus sententiam auctoris: absurde etiam dans animas illis hortis Adonidis. Invertit autem, quia quod Plutarchus Deo, id ipse mulieribus tribuit, nempe fovere animas: et cum ad animas hominum id pertineat, ita interpretatur, quasi ad nescio quas illorum hortorum animas hoc referendum esset. Sed video quid Erasmum in errorem impulerit: nempe latens parenthesis eum fefellit: haec enim omnia verba per parenthesin posita sunt, . Verum mutavit casum Plutarchus post parenthesin (quod t aliquando ab auctoribus) et quasi praecessisset , aut tale quid (non autem ) subiunxit per appositionem et c.. Anche losservazione di Estienne conferma come il testo trdito non offra in realt una facile possibilit di esegesi: tuttavia, se si vuole parlare di errore di Erasmo, opportuno notare che lumanista di Rotterdam non lunico ad essere ingannato dal passo plutarcheo. Si consideri ad esempio la canonica traduzione dello Xylander63: (...) sed scilicet sordidus admodum est deus, ac inanem sumere voluit operam, qui nostrum nihil in nobis divinum, nihil habentium ipsius simile quocunque modo, et permanens ac stabile, sed foliorum instar, ut est apud Homerum, brevi temporis spatio emarcescentium atque pereuntium, tantam habeat rationem, cum quidem quomodo mulieres Adonidis hortos in testis colunt atque educant, ita nos animas in diem victuras in carne delicata vitaque non durabili germinantes habeamus, et qualibet occasione exstinguendas. Ita nos animas habeamus di Xylander ricorda litidem nos animum alamus dellAldina degli Adagia: anche Xylander, come gi Erasmo, paragona dunque alle donne che coltivano i giardini di Adone un generico nos, riferito agli uomini tutti che, privi in s di qualcosa di divino e immortale, ospitano nel corpo anime destinate a svanire alla prima occasione. Ancor pi interessante risulta il confronto tra le traduzioni erasmiane (in particolare quella del 1508/1515) e quella di Pirckheimer: Pirckheimer 1514: (...) adeo pusillus, ac levicularum rerum curiosus est Deus, ut si nil divini nobis inesset, seu ad illius similitudinem rmi, quid ac durabilis, inditum foret, sed foliorum (ut Homerus ait) instar marcesseremus, brevique omnino corrumperemur, tantam nostri curam gereret et rationem haberet, ac, muliercularum more, quae Adonidis hortos in testis quibusdam vernantes plantant et ablaqueant, quotidianas animas in carnem teneram mollemque, ubi vitae radicem haud altius agere possent ad germinandum, inde quavis fortuita sem63

G. XYLANDER, 1570, p. 385.

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per occasione extinguendas (Pirckheimer 1513: evanescendas) infunderet64. Se lecito sospettare un possibile debito del Pirckheimer nei confronti di Erasmo, lumanista tedesco si distacca dal ben pi illustre amico proprio nel punto di nostro interesse: laccusativo animas quotidianas qui retto da infunderet, verbo inserito da Pirckheimer che ha Deus come soggetto, come i precedenti gereret e haberet. Va dunque attribuito allumanista di Norimberga laver indicato nel dio il solo responsabile delle , anticipando cos sia Wyttenbach (con ) che Pohlenz (con ). Non distante dalla soluzione proposta dal Pirckheimer sar la pi illustre versio gallica di Amyot, che cos interpreta: (...) il fait aussi grand cas de nous , ne plus ne moins que les femmes qui nourrissent et entretienent des jardins dAdonis, comme lon dit, dedans des fragiles pots de terre: aussi fait il luy noz ames de dure dun jour, par manire de dire, verdoyantes dedans une chair mollastre et non capable dune forte racine de vie, et qui puis aprs sestaignent pour la moindre occasion du monde65. *** I due esempi qui proposti, se da un lato inducono a credere che la traduzione erasmiana contenuta negli Adagia possa aver esercitato una qualche inuenza sulle scelte adottate da altri interpreti (Pirckheimer, Marconville, Xylander), dallaltro confermano lassoluta necessit per lo studioso plutarcheo di confrontarsi ancora con le versiones di et umanistica, nelle quali possibile rintracciare i prodromi di soluzioni esegetiche destinate a riemergere con il passare dei secoli. ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
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Nel testo sono sottolineati i termini e le espressioni comuni alle interpretationes dei due umanisti. J. AMYOT, 1572, p. 265v.

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exceptis Vitis, reliqua. Graeca emendavit, notationem emendationum, et Latinam Xylandri interpretationem castigatam, subjunxit, animadversiones explicandis rebus ac verbis, item indices copiosos, adjecit D. Wyttenbach, III, Oxonii, 1797. - . Plutarchi Chaeronensis Moralia, id est opera, exceptis Vitis, reliqua. Graeca emendavit, notationem emendationum, et Latinam Xylandri interpretationem castigatam, subjunxit, animadversiones explicandis rebus ac verbis, item indices copiosos, adjecit D. Wyttenbach, VI: Animadversionum primus, Oxonii, 1810. - Danielis Wyttenbachii animadversiones in Plutarchi Moralia, Oxonii, 1821. - . Plutarchi Chaeronensis Moralia, id est opera, exceptis Vitis, reliqua. Graeca emendavit, notationem emendationum, et Latinam Xylandri interpretationem castigatam, subjunxit, animadversiones explicandis rebus ac verbis, item indices copiosos, adjecit D. Wyttenbach, VIII: Index graecitatis (-), Oxonii, 1830. XYLANDER, G., - Plutarchi Chaeronensis Moralia, quae usurpantur. Sunt autem omnis elegantis doctrinae penus. Id est, varij libri: morales, historici, physici, mathematici, denique ad politiorem litteraturam pertinentes et humanitatem: omnes de Graeca in Latinam linguam transcripti summo labore, cura, ac de: G. Xylandro Augustano interprete, Basileae, 1570. ZIEGLER, K., - Plutarch ber Gott und Vorsehung, Dmonen und Weissagung. Religionsphilosophische Schriften eingeleitet und neu bertragen von K. Ziegler, Zrich, 1952.

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