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Francesco Lamendola

Aprirsi al mistero dellEssere abbandonando la ridicola presunzione scientista


La cultura scientista oggi dominante ci ha talmente compenetrati che, ormai, facciamo quasi fatica a percepire tutta la ridicola assurdit e larroganza pomposa con cui il Logos strumentale e calcolante pretende di porsi davanti al mistero dellEssere. Non troviamo pi quasi nulla di strano, ad esempio, nel fatto che qualche astrofisico pi o meno noto al grande pubblico sentenzi compiaciuto, in un programma televisivo, che noi possiamo stabilire con un buon margine di approssimazione (vale a dire con un margine dincertezza di qualche decina di MILIONI DI ANNI) let delluniverso; che ci spieghi come, pi o meno, essa sia avvenuta; per poi cedere la parola al geologo, che ci parler del raffreddamento del nostro pianeta, e al biologo, che ci dir come la vita vi sia sorta spontaneamente nellacqua ancora calda (il famoso brodo primordiale) e come, a partire dagli organismi unicellulari, essa sia poi evoluta, sempre pi complessa, sino alle forme attuali, uomo compreso. Ora, a parte il fatto che in quei miliardi di anni di cui non sappiamo nulla possono essere accadute, evidentemente, moltissime cose che ignoriamo se andrebbero daccordo con le nostre certezze da tavolino, e a parte anche il fatto che levoluzione delle forme viventi dal semplice al complesso una pia supposizione di alcuni scienziati, ma non si regge su alcun elemento realmente probante, checch ne dicano i darwiniani irriducibili (il che toglie ogni carattere di certezza alle supposte origini recenti delluomo e rimette in discussione tutta la nostra idea della preistoria e della storia), resta il fatto che la scienza occidentale moderna - meccanicista, quantitativa, riduzionista - nulla sa e nulla pu dire del PRIMA. Possibile che non si affacci mai, alla mente di questi scienziati materialisti gonfi di orgoglio, lidea che prima delle origini delluniverso, quali noi crediamo di conoscerle, poteva esservi un altro universo, e prima un altro, e un altro ancora e cos via, allinfinito? Possibile che non venga mai loro in mente, allorch si arrampicano in cima ai miliardi danni da essi calcolati per datare luniverso (13,72 secondo le ultime ipotesi, con una incertezza di 120 MILIONI DI ANNI), che somigliano a dei bambini i quali si balocchino con dei giochi pi grandi di loro, di cui non sanno nulla di nulla, nemmeno come funzionino? Possibile che non li sfiori mai lintuizione che la loro scienza quantitativa e descrittiva non potr mai contenere linfinito mistero dellEssere, per il semplice fatto che la mente umana uno strumento troppo piccolo per ospitare concetti cos grandi? Da quando Galilei ebbe linverosimile audacia di affermare (nella lettera a padre Benedetto Castelli) che le conoscenze matematiche delluomo sono, intensive (cio quanto alla qualit e non alla quantit) tanto esatte quanto quelle di Dio, noi non proviamo pi il senso del ridicolo quando sentenziamo intorno a cose infinitamente pi grandi di noi, davanti alle quali lunico atteggiamento ragionevole (nel senso pi maturo e comprensivo della parola) dovrebbe essere quello dellumilt, della piccolezza, della coscienza del limite. Noi siamo come delle formiche viventi ai piedi dellHimalaya, le quali, un bel giorno, pretendessero di dire: noi sappiamo che cos la realt che ci sta davanti; noi sappiamo quanto grande, quanto antica: e intanto scambiassero lHimalaya per il sassolino sul quale sono riuscite ad arrampicarsi, ma che, a paragone di una sola di quelle montagne, meno di niente, sia in termini di spazio che di tempo.

Come quelle formiche, noi - che viviamo pochi anni e che riusciamo a vedere, pur con gli strumenti tecnologici pi sofisticati, appena la superficie della realt, mentre sappiamo pochissimo perfino di noi stessi - presumiamo di poter sentenziare a dritta e a manca, quasi che fossimo poco meno che i creatori delluniverso; il che ci spinge a perseguire folli progetti di manipolazione della natura (dal trapianto di cellule umane nel cervello di animali da laboratorio, alla creazione di vere e proprie chimere) come se, appunto, fossimo diventati simili a Dio. La verit che non sappiamo niente di niente, a cominciare dal nostro stesso essere e dal nostro stesso corpo; e che le concezioni materialistiche, affermatesi in Occidente con lavvento della modernit, ci hanno inesorabilmente allontanati anche da quel poco che eravamo riusciti ad intuire grazie allo sforzo speculativo dellantichit e del Medioevo. Noi non possiamo comprendere il mistero dellEssere per via strettamente razionale; solo affidandoci a una apertura coscienziali che comprende e oltrepassa il Logos razionale, potremo gettare un fugace sguardo sulle realt ultime, cui fanno velo lillusione della materia e lillusione della separatezza. Rimettendoci alla sapienza dei grandi Maestri dellIndia, e particolarmente a Swami Sri Yukteswar (cfr. La science sacre, Self Realization Fellowship, 1993), possiamo intanto porre, come pietra fondamentale delledificio del reale, Parambrahma, ovvero il Brahman Assoluto, che fa emergere la creazione, costituita di materia inerte (Prakriti). DallAum, la Parola (confronta il latino Amen e confronta anche linizio del Vangelo di Giovanni: In principio era il Verbo), manifestazione della Forza Onnipotente, provengono le tre idee fondamentali: Kala, il Tempo; Desa, lo Spazio, ed Anu, lAtomo. La causa della creazione Anu, ossia lAtomo; mentre il potere illusionante divino si configura come Maya a livello cosmico, come Avidya (Ignoranza) a livello individuale. Pertanto noi siamo vittime di una doppia illusione: che il mondo fisico sia autosussistente e che noi possiamo comprenderlo per via razionale. Ma lAmore Onnisciente del Parambrahma Kutastha Chaitanya, che corrisponde al concetto cristiano dello Spirito Santo: una forza divina che si dispiega poderosamente nel mondo, per soccorrere e sostenere le creature. Il S individuale, essendo una sua manifestazione, fa un tuttuno con lui: non vi separazione reale tra il S e la manifestazione dellAmore divino, ma solo illusione di separatezza. Non solo: c un altro concetto che si adatta perfettamente allidea cristiana del Figlio di Dio, ed Abhasa Chaitanya, ovvero Purusha. Lo si pu paragonare alla Luce che scende nelle tenebre per rischiararle. Tuttavia, proprio come nel concetto cristiano della Trinit, non bisogna pensare che Parambrahma, Kutasha Chaitanya e Abhasa Chaitanya siano tre cose distinte: esse non sono altro che le tre facce, le tre manifestazioni di una sola ed unica realt suprema: la realt di Dio in quanto Essere assoluto. Ora, avviene che, sotto linfluenza dellAmore universale, lAtomo si spiritualizza (si confronti il recente concetto della fisica relativo alla sostanziale equivalenza di materia ed energia), in un certo senso come accade alla limatura di ferro, allorch viene attratta da un campo magnetico. In tal modo simpregna di coscienza, ovvero del potere di sentire, e prende il nome di Mahat, ovvero il Cuore (Chitta). a questo punto che essa genera lidea dellesistenza separata del S. Cos magnetizzato, lAtomo permeato di Avidya (Ignoranza) d vita a due poli: uno che lattira verso la Sostanza Reale (Sat) ed uno che tende ad allontanarlo da essa. Il primo polo si chiama Sattva o Buddhi, ossia lIntelligenza, che determina cosa sia la Verit. Il secondo, che una parte della Repulsione o Forza Onnipotente spiritualizzata, produce, per sua propria soddisfazione (Ananda), il mondo delle idee e si chiama Anandatwa o Manas, cio lo Spirito. Chitta, lAtomo spiritualizzato in cui compare Ahamkara (lidea dellesistenza separata del S), possiede cinque manifestazioni, che si possono paragonare a delle forme di elettricit eterica, che costituiscono il Corpo causale (Purusha). A partire dai loro tre attributi o Gunas (che sono Sattwa, la Virt, positivo; Rajas, la Passione, neutro; e Tamas, lIgnoranza, negativo), queste cinque correnti

elettriche producono i Jnanendryas (organi dei sensi) ed i Karmendryas (organi dellazione) e i Tanmatras (oggetti dei sensi). LAtomo spiritualizzato (Chitta, il Cuore), essendo una manifestazione della Repulsione, produce in ciascuna delle sue cinque parti uno dei cinque tipi di elettricit eterica; e, sotto linfluenza dellAmore universale, questi cinque tipi di elettricit vengono attirati verso la Sostanza Reale (Sat). Poich sono la causa di tutte le altre creazioni, vengono denominate Pancha Tattwa, ovvero le cinque Cause essenziali I cinque attributi dellAtomo spiritualizzato, pi i suoi due poli gi ricordati, lIntelligenza e lo Spirito, costituiscono i Lingasarira , cio il Corpo sottile di Purusha, che si pu considerare come il Figlio di Dio. Da tutto ci nasce lidea della materia fisica, nelle sue cinque forme: Kshiti (solida), Ap (liquida), Tejas (ignea), Marut (aeriforme) e Akasha (eterica). Complessivamente, si contano ventiquattro principi fondamentali della creazione (cfr. i ventiquattro Seniori di cui parla lApocalissse, 4, 4, raffigurati anche da Dante nel Paradiso terrestre); ma non si tratta che di creazione delle Tenebre, Maya, una delle manifestazioni dellIgnoranza o Avidya. In effetti, codesta Ignoranza non formata daltro che da idee, per cui corretto affermare che la creazione non possiede alcuna realt sostanziale, ma scaturisce da un gioco di idee prodotto dalla Sostanza Eterna, il Padre. Conclusione importantissima: il mondo, questo mondo delle cose che noi crediamo oggettivo e indipendente, e che i nostri scienziati considerano pressa poco lunica realt vera, non esiste in se stesso, ma solamente il prodotto di una illusione cosmica, che si riflette a livello di illusione individuale. Da ci si pu facilmente intuire quale sia la strada da percorrere per luomo consapevole: quella della liberazione dallillusione, che si ottiene realizzando lunione del proprio S individuale con il S universale, la Realt Suprema. Tale unione del S individuale con la Sostanza eterna di Dio ha un nome preciso: Kaivalya. A questo punto ci fermiamo, perch non questa la sede per sviluppare e approfondire le strade della liberazione; volevamo piuttosto delineare brevemente i tratti fondamentali della grandiosa concezione dellessere, propria di una delle forme pi alte di sapere spirituale mai raggiunta da intelletto umano (e non con le sue sole forze, ma con laiuto della stessa sapienza divina, senza il quale noi non possiamo fare nulla). Quel che volevamo dire, labbiamo detto: noi siamo le formichine, la realt lHimalaya; dobbiamo cercar di non perdere il senso delle proporzioni. Che cosa pu capire dellHimalaya, una formica che vive pochi giorni e che pu esplorare pochi metri di terreno? E cos noi: che cosa possiamo capire del reale, del mistero dellEssere? Qualcuno potrebbe pensare che ci proponiamo di avvilire lintelligenza, una delle facolt pi belle della natura umana; niente affatto. Vogliamo solo stabilire dei limiti al pensiero razionale, che solo una minuscola parte dellintelletto; il quale, a sua volta, solo una minuscola parte della Mente Superiore: le cose che possiamo capire sono infinitamente pi numerose di quelle che il pensiero razionale riesca anche solo ad immaginare. Da Cartesio in poi, la cultura occidentale ha conosciuto una crescente sopravvalutazione del pensiero razionale, del Logos strumentale e calcolante, incapace, per sua stessa natura, di porsi in un atteggiamento di apertura, di empatia e gratitudine verso il reale; e portato, sempre per sua natura, a identificare il reale con la realt fattuale, visibile, materiale, e perci quantificabile e manipolabile a piacere, senza residui e senza rimorsi. Fino a Kant, almeno, e nonostante tutto, si era conservata la nozione che la Cosa in S non coincide affatto con il Fenomeno; ma Kant medesimo, facendo di questo concetto una sorta di caput mortuum della propria filosofia, aveva aperto la strada alla progressiva soppressione della differenza ontologica, sicch la cultura odierna ne ha praticamente smarrito la coscienza. Dobbiamo riscoprire quella differenza; dobbiamo riconoscere che il Fenomeno, cio quella parte del reale che noi possiamo percepire e sulla quale possiamo indagare, non che una sottile pellicola, peraltro illusoria, che ci separa dalla Realt Assoluta, dallEssere luminoso e risplendente. 3

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