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L'eclissi della dialettica e le nuove conflittualit della storia di Costanzo Preve - Luigi Tedeschi 12/01/2011 - Fonte: 1.

La crisi economica e politica del mondo occidentale non sembra offrire soluzioni a breve o medio termine, perch non emergono nuovi equilibri economici e politici che possano sostituire lordine mondiale instaurato dal primato americano. La peculiarit di questa crisi quella di un sistema liberista globale, che sopravvive alle proprie crisi in assenza di dissenso. Nellambito dellattuale quadro politico istituzionale liberal democratico, si verifica lalternanza tra destra e sinistra, nellambito di una perfetta continuit delle impostazioni di carattere politico ed economico di fondo: abolizione progressiva del welfare, tali alla spesa pubblica, privatizzazioni, riduzione della sovranit dello Stato, condivisione delle strategie geopolitiche americane. Le opposizioni al sistema sono assai marginali e legate alle ideologie identitarie novecentesche (fascismo, comunismo). In realt le motivazioni ideologiche, seppur legittime e convincenti sul piano della critica, sono legate a condizioni storiche ormai superate, conducono cio a soluzioni impraticabili nella societ del XXI secolo, oltre ad essersi dimostrat e fallimentari gi nel secolo scorso per quanto concerne il superamento del sistema capitalista. Nel campo politico e culturale le vecchie ideologie sono oggi autoreferenti, non idonee quindi a confrontarsi con una realt storica il cui sviluppo ormai estraneo ad esse. Tuttavia, la globalizzazione liberista si affermata come fenomeno totalizzante, anche in conseguenza della assenza di una critica interna alla stessa ideologia liberale, che svolga una analisi critica della realt storica attuale sulla base degli stessi presupposti ed obiettivi della societ globalizzata. Occorrerebbe quindi considerare se leconomia globalizzata, ormai libera dagli ostacoli politici ed ideologici, abbia prodotto sviluppo, occupazione, miglioramento delle condizioni socio economiche delle masse. Emergerebbe allora il sostanziale regresso economico e sociale delloccidente, cui fa riscontro lo sfruttamento indiscriminato delle risorse materiali ed umane del terzo mondo, oltre ai danni prodotti dal livellamento culturale scaturito da un economicismo pervasivo che annulla ogni identit comunitaria. Occorrerebbe inoltre considerare se la diffusione / imposizione a livello globale dei diritti umani possa aver condotto allespandersi delle libert individuali. Dallanalisi della realt storica attuale emerge invece la abrogazione progressiva dei diritti sociali, specialmente in materia sicurezza e stabilit del lavoro, di assistenza e previdenza. La societ liberale dovrebbe offrire maggiori opportunit di lavoro, emancipazione sociale e ricambio continuo delle classi dirigenti. Lattuale societ liberal democratica caratterizzata invece dalla assenza di mobilit sociale, dalla stratificazione elitaria delle classi sociali (capitalismo feudale). Per tornare allItalia, gli abnormi compensi percepiti dai manager (vedi Marchionne), vengono criticati solo dal punto di vista pseudo etico (con annessa demagogia fondata sullinvidia), ma non si considera (proprio dal punto di vista liberale), quale ricaduta questi folli investimenti nel menagement possano produrre in tema di sviluppo, crescita economica, redistribuzione del reddito. Nessuna, in quanto leconomia finanziaria pu solo produrre profitti per le lites, liquidando strutture produttive e falcidiando loccupazione. Il panorama politico attuale sconcertante: n i liberali, n le minoranze ideologiche sono in grado di analizzare compiutamente le contraddizioni interne e, oserei dire genetiche, della globalizzazione. Tu affermi in conclusione: N i liberali, n le minoranze ideologiche (fascisti e comunisti) sono in grado di analizzarle compiutamente le contraddizioni interne, e oserei dire genetiche, della globalizzazione. Sono pienamente daccordo, e quindi ho la strada spianata per analizzare quanto tu suggerisci. Il minimo comun denominatore di queste tre posizioni (liberalismo, fascismo, comunismo) sta nel fatto che tutte e tre si sono sviluppate sul comune fondamento dellideologia del progresso (inevitabile accompagnamento simbolico del passaggio storico in Europa dalla societ feudale-signorile alla societ borghese capitalista) e sul dato della sovranit monetaria dello stato nazionale moderno, con conseguente almeno parziale sovranit della politica sulleconomia (presupposto della dicotomia funzionale Destra/Sinistra e della politica economica governativa indipendente, da Colbert a Keynes).

Venuti meno questi due presupposti, tutte e tre le posizioni perdono ogni fondamento, e devono essere reimposte artificialmente e fragilmente dai tre apparati ideologici della riproduzione capitalistica globalizzata (ceto politico, circo mediatico e clero universitario-il primo il pi squallido e corrompibile, il secondo il pi sfacciato e cialtrone, il terzo il pi presuntuoso ed arrogante). Ognuna di esse, per, presenta patologie differenziate. II liberalismo moderno si costruito sulla base del fondamento della sovranit dellindividuo moderno, e cio di un individuo programmaticamente separato (robinsoniano, diceva correttamente Marx) dalle comunit precedenti, a loro volta molto differenziate geograficamente (feudali e signorili in Europa e Giappone, dispoticogerarchiche in Cina ed India, comunistico-primitive in Africa, eccetera). La sovranit economica presupponeva ovviamente una sovranit politica (stato rappresentativo costituzionale) ed una sovranit religiosa e filosofica (tolleranza religiosa, autonomia del dibattito filosofico dal controllo chiesastico, eccetera). Questo non solo non coincideva con la democrazia (sovranit popolare, suffragio universale, partiti politici, eccetera), ma anzi la escludeva espressamente. Solo quando le grandi masse furono neutralizzate ed incorporate nella riproduzione capitalistica la democrazia pot essere concessa. Si usa dire nei libri di storia che la democrazia non fu mai concessa, ma fu ottenuta con terribili lotte. Non sono daccordo. Senza rivoluzioni, il capitalismo nella sua ferrea logica riproduttiva non concede nulla, di l di quanto pu funzionalizzare e rendere innocuo e compatibile. Mano a mano che la sovranit originaria dellindividuo, effettivamente esistente nellepoca storica della prima accumulazione capitalistica e dellespansione colonialisitica, veniva svuotata ed annullata dallanonimo dominio impersonale dei cosiddetti mercati, la nuova divinit idolatrica che aveva sostituito la ben migliore divinit monoteistica precedente il liberalismo sopravviveva soltanto pi in modo fantasmatico in una esistenza da zombie (personalmente, faccio risalire a questo fatto simbolico la centralit del vampiro nellimmaginario giovanile e cinematografico contemporaneo). Le due fasi ideologiche progressive di questa sopravvivenza da zombie (in mancanza della sovranit dell individuo) sono state prima la lotta contro le dittature totalitarie gemelle (fascismocomunismo) e poi la lotta per imporre i cosiddetti diritti umani, con luso incrociato dei bombardamenti, dei corpi di spedizione e delle ONG di mascalzoni e finti pacifisti. Ma su questo mi soffermer maggiormente nella prossima risposta. Per ora basta ed avanza quello che ho rilevato sullo svuotamento integrale del presupposto storico-sociale del liberalismo A proposito dellidentit fascista (che pure non mai esistita in forma unitaria) sempre pi appare chiaro che essa stata un incidente di percorso della storia del Novecento, dovuta alla congiuntura specifica della Grande Guerra 1914-1918, e che non ha mai avuto una vera e propria portata mondiale (non hanno infatti avuto nulla a che fare con il fascismo propriamente detto le dittature latinoamericane, il populismo arabo, eccetera). Per questa ragione il successivo ed ossessivo antifascismo in assenza integrale di fascismo, peste ideologica dellItalia dopo il 1945 sempre e soltanto stato una ideologia di diversione il cui unico scopo era appunto quello di impedire, di individuare, nominare e concettualizzare le nuove contraddizioni storiche. Nella mia vita precedente al 1999 (guerra dalemiano-USA alla Jugoslavia) di intellettuale di sinistra mi hanno ingozzato di antifascismo ossessivo come si ingozzano le oche allingrasso, e per questa ragione la storiografia sul fascismo 1919-1945 mi venuta a noia specialmente di fronte a fenomeni immensamente pi interessanti come le origini dellebraismo, del cristianesimo o dellIslam o gli affascinanti Ittiti e Sumeri. In genere si afferma che il fascismo stato originato dalla paura del bolscevismo e della rivoluzione salariata, operaia e proletaria. Non nego che questo fattore possa essere anche esistito (Italia 1922, Germania 1933, eccetera), ma lo ritengo secondario. Il fattore principale non per stato anti-proletario, ma anti-liberale, in quanto i ceti medi si sono spaventati di fronte allindebolimento dello stato rispetto al mercato mondiale (situazione peraltro vagamente simile a quella odierna, da cui lesorcizzazione isterica del cos detto populismo da parte degli apparati ideologici della globalizzazione finanziaria neoliberale).

E si veda limportanza di personaggi come Giovanni Gentile ed Ugo Spirito, del tutto privi di odio antiproletario. Deve per far riflettere il fatto che ben presto il fascismo individu il nemico principale non nel liberalismo ma nel socialismo, e dopo il 1945 il neofascismo divent la polizia militare del capitalismo americano e dei suoi servizi segreti. In questo senso Fini non affatto un traditore (lasciamolo berciare a Storace o alla vajassa Mussolini), ma si situa in una perfetta continuit con la scelta strategica dei dirigenti nel MSI dopo il 1945. Sembra che lo abbiano capito tutti, al di fuori forse solo di Marco Tarchi. Le cose sono pi complesse per la terza identit, quella comunista. In Italia il fatto che essa si sia sciolta allinterno del solvente antifascista certo stato un fattore di dissoluzione, perch lantifascismo sempre e soltanto un liberalismo borghesecapitalistico di sinistra. Su questo punto il vecchio Amadeo Bordiga ha sempre capito lessenziale, a differenza di confusionari cronici come Ingrao o la Rossanda. Ha giocato un ruolo anche la natura nichilistica dello storicismo progressistico, secondo linsuperata diagnosi filosofica di Augusto Del Noce. Su queste basi, il passaggio da Antonio Gramsci a Norberto Bobbio era in effetti inevitabile. Ma il vero crollo stato dovuto al venir meno dei due fondamenti fallaci della filosofia comunista della storia, linesistente carattere rivoluzionario inter-modale della mitica classe operaia, salariata e proletaria e linesistente presunta incapacit del sistema capitalistico di sviluppare le forze produttive industriali e sociali. Su questa base era ovviamente del tutto impossibile comprendere la natura delle nuove contraddizioni della globalizzazione, ed era ora inevitabile che si creassero bacini residuali di guardie plebee ideologizzate urlanti dei neoliberali di destra di Fini (Rauti, Storace eccetera) e dei neoliberali di sinistra di DAlema (Bertinotti, Vendola, eccetera). Questa non per pi tragedia greca, ma solo teatro dei pupi siciliano. dunque triste, ma anche del tutto normale, che le contraddizioni interne della globalizzazione non possano essere non dico capite, ma anche solo nominate, verbalizzate e concettualizzate dai due ceti intellettuali parassitari degli apparati mediaticouniversitari. In essi la componente fascista pressoch introvabile, data la demonizzazione del politicamente corretto, mentre la componente liberale sfiora il novanta per cento e quella comunista il dieci per cento (giudico per cos dire a occhio, ma forse il rapporto addirittura del novantotto a due, essendo molti comunisti di tipo vendoliano semplici intellettuali liberali snob di sinistra). Si illude chi pensa che si debba aspettare che una nuova teoria completa e compiuta debba essere elaborata prima che si possa anche solo iniziare, una efficace prassi trasformatrice rivoluzionaria. Questa teoria, se verr (ed io sono sicuro che verr, sulla base non certo di inesistenti moltitudini, ma della mille volte pi esistente natura umana come fattore di resistenza allalienazione), verr in corso dopera, come del resto sempre sistematicamente successo nella storia precedente. Sono pressoch sicuro che elementi delle vecchie tradizioni politico-culturale di destra e di sinistra ritorneranno in forma nuova ed anche apparentemente irriconoscibili, ma mescolati fra loro al punto di non poterli neppure distinguere. Si illudono invero coloro che pensano di poter rilanciare il liberalismo, riproporre il fascismo o rifondare il comunismo. La verit filosofica eterna, ma la sua ricaduta ideologica- sociale sempre solo temporanea e congiurale. La sola cosa sicura che possiamo dire della globalizzazione che essa un nemico irriducibile. Troppo poco per poter fondare una teoria positiva su di una semplice negazione. Assicuro il lettore critico e sospettoso di esserne perfettamente consapevole. Ma senza un No preliminare ed originario non neppure possibile dire i numerosissimi S che dovremo dire. Soltanto i S peraltro, sono in grado di articolare e concretizzare una tattica ed una strategia.

Questi S tardano dolorosamente a farsi strada, e non possiamo aspettare che ci dia il via nessun profeta religioso (Ges o Maometto) o nessun legislatore filosofico-politico (Marx, Lenin, eccetera). A cavallo fra due epoche storiche, la nostra generazione arrivata troppo tardi per vivere le vecchie contraddizioni, e troppo presto per vivere quelle nuove. Di qui deriva la sensazione di smarrimento e confusione che ci circonda, ed in cui siamo noi stessi immersi e cui non possiamo purtroppo sottrarci. 2. La globalizzazione ha determinato profondi mutamenti culturali, anche in virt del progresso tecnologico, che ha diffuso il cosmopolitismo, lomologazione generalizzata al sistema economico e politico occidentale, consumismo di massa. I bisogni e la cultura dellindividualismo si sono imposti a discapito delle ideologie comunitarie. Lindividuo dunque, secondo la vulgata globalista, arbitro assoluto del proprio destino. Lindividualismo abbisogna dunque di tutele giuridiche a sostegno del singolo individuo come elemento a se stante, estraneo alla comunit in cui vive. Anche il suo diritto al dissenso allora, rimane comunque garantito nella sfera individuale, suscettibile di condivisione nellambito di tanti individualismi convergenti, ma in ogni caso riconosciuto in quanto pertinente allindividuo. In realt, lassenza di dissenso odierno ha la sua origine proprio nella misconosciuta natura sociale delluomo. E infatti nel rapporto sociale tra individui appartenenti alla stessa societ in un dato periodo storico, che si creano e si rafforzano identit sociali differenziate, in funzione di interessi comuni, di istanze culturali, di una visione complessiva della struttura della societ attuale. La riproduzione sociale pu generarsi solo nellambito comunitario, in un ambito in cui prevale cio un bene comune non identificabile con gli individui. Oggi, in questa struttura societaria antisociale, impensabile il configurarsi di blocchi sociali contrapposti, data la frammentazione atomistica scaturita dallindividualismo. Laffermazione univoca dei diritti individuali e la proliferazione di leggi a loro tutela, ha portato al diffondersi di una conflittualit esasperata tra individui, a danno di quella solidariet sociale costitutiva dellidentit comunitaria. Inoltre, i meccanismi attuativi della tutela individuale, hanno prodotto tecniche di controllo sociale tipiche di una societ totalitaria. La protesta oggi limitata a motivi etici, quali i diritti civili, il pacifismo, il femminismo, lomosessualit: la libert individuale intesa come propriet esclusiva della propria vita. Lattuale dissenso quindi, svolge una funzione di legittimazione etica dellordinamento liberal capitalista. In questa ottica, il dissenso stesso ad offrire al sistema nuove prospettive di dominio totalizzante. Durante la sanguinosa guerra civile americana (1861-1865) non era sempre possibile rinchiudere subito i prigionieri dietro palizzate protette. Veniva allora tracciata sul terreno una linea la deadline (linea della morte), per cui se un prigioniero la sorpassava veniva ucciso immediatamente. Il teatro culturale del nostro tempo pu essere interpretato con laiuto della metafora della deadline. possibile dire quasi tutto in nome del principio liberale della libert despressione, ma soltanto allinterno di un preventivo Giuramento di Fedelt Occidentalistico (in acronimo GFO). Questo giuramento di fedelt occidentalistico ha molte componenti, ma qui per brevit ne segnalo soltanto tre: la religione olocaustica di espiazione illimitata dellEuropa in cui un ingiustificabile male relativo a coloro che lo hanno compiuto viene definito Male Assoluto, ed in questo modo sottratto a qualsiasi valutazione ed interpretazione storiografica alternativa (a differenza di Hiroshima, del genocidio degli armeni, eccetera); la condanna senza appello di tutte le dittature, sia pur distinte in dittature con attenuanti (Cuba, Venezuela, Cina eccetera) ed in dittature assolute senza attenuanti (Corea del Nord, Iran, Myanmar, eccetera) ove la concessione o meno di attenuanti fluttuante, perch patrimonio arbitrario dellimpero USA, sacerdote della religione occidentalistica infine la religione dei Diritti Umani, nuova teologia idolatrica che ha sostituito i vecchi monoteismi prescrittivi del tempo della morale borghese.

Chi rifiuta il giuramento di fedelt Occidentalistico non viene pi ucciso (come ai tempi pittoreschi dei roghi medioevali o delle prigioni staliniane), ma viene escluso dalla comunicazione del genere umano politicamente corretto, come se avesse sorpassato una invisibile deadline. Chi scrive lha sorpassata da tempo. Continua a far parte del genere umano, ma non pi della comunit intellettuale legittima politicamente corretta, non importa se cattolica o atea, religiosa o laica, di centro, di destra o di sinistra di sopra o di sotto. Qui, sotto lo stimolo della tua seconda domanda a proposito dellindividualismo prender in esame soltanto lideologia dei cosiddetti Diritti Umani. Per far capire subito quello che ne penso, dir che si tratta dellequivalente moderno (o pi esattamente postmoderno) del rogo degli eretici o dell ideologia hitleriana della razza. Mi rendo conto che tutto questo suona paradossale ed estremistico. Ma siccome lo penso veramente, sono costretto a spiegarne sommariamente le ragioni. Quando ci si trova di fronte ad un paradosso dialettico, necessaria una ricostruzione storica chiarificatrice. Ed il paradosso dialettico sta in ci, che una filosofia originariamente nobile ed umanistica come quella dei Diritti Naturali dellUomo in quanto tale (e non solo in quanto ateniese, spartano o persiano) stata trasformata nel suo contrario, cio nella ripugnante ideologia della generalizzazione dei cosiddetti Diritti umani, evidente involucro antropologico-sociale dellIndividuo omogeneizzato alla riproduzione della globalizzazione capitalistica di oggi. allora necessaria una sommaria ricostruzione storica, in cui cercher di ridurre al minimo tutti i tecnicismi filosofici specialistici. Nel mondo greco, matrice quasi esclusiva del mondo occidentale in cui viviamo, in assenza di una religione monoteistica rivelata in libri sacri da profeti fondatori, il riferimento alla natura come codice normativo della riproduzione della comunit era pressoch obbligato, e derivava da una fessurazione della precedente unit indistinguibile di macrocosmo naturale e di microcosmo umano-sociale. In assenza di qualsiasi filosofia della storia universale del genere umano (inevitabilmente derivata da una teodicea monoteistica o da una sua successiva secolarizzazione razionalistica) il riferimento normativo alla natura era inevitabile per cui la natura aveva un carattere insieme ontologico ed assiologico (e cio etico e morale), che rendeva del tutto impensabile, ed addirittura inimmaginabile, la successiva distinzione illuministica kantiana fra categorie dellessere e categorie del pensiero. La natura normativa del concetto di natura faceva s che i primi filosofi (impropriamente definiti, presocratici) erano necessariamente legislatori comunitari ideali, che potevano legittimarsi come credibili di fronte ai loro concittadini soltanto presentandosi come autorevoli interpreti della natura stessa (ed ecco perch, da Talete ad Anassimandro, da Eraclito a Parmenide, eccetera, erano sempre invariabilmente autori di poemi sulla natura, per physeos). La natura non era interrogata primariamente come oggetto astronomico, fisico, chimico e biologico (come credono gli ingenui, fuorviati e mal guidati studenti liceali), ma come modello normativo da trasporre metaforicamente (e del resto metafora significa in greco trasporto) nella legislazione sociale. In quella prima fase la natura delluomo era quindi coincidente con la sua natura sociale, politica e comunitaria, ed era a tutti chiaro che lindividuo isolato dellattuale capitalismo non poteva esistere, e luomo isolato veniva connotato come una bestia o come un Dio. Lo stesso Socrate, del tutto ancora interno a questo mondo comunitario, individua loggetto esclusiva della filosofia nel detto delfico conosci te stesso (gnothi seau tn), da intendere non nel senso psicologico- individualistico, ma nel senso della conoscenza dellindividuo come essere comunitario. Nella successiva epoca ellenistico-romana la perdita della sovranit e della precedente comunit politica (polis) rese impossibile anche la stessa distinzione fra la normale economia intesa come riproduzione giusta ed ordinata e la crematistica intesa come tecnica dellarricchimento individuale. Occorre far notare che, sul piano dellanalogia storica, la perdita di sovranit politica della comunit antica presentava aspetti simili alla perdita di sovranit politico-monetaria dello stato nazionale moderno prima della attuale globalizzazione, per cui let ellenistico-romana pu proficuamente essere pensata come una sorta di proto-globalizzazione. Questo comporta necessariamente la produzione di un nuovo individuo astrattizzato, e astrattizzato in quanto privato della concretizzazione derivata dal suo precedente inserimento in una comunit.

Ma il pensiero ellenistico, a differenza dellattuale e degenerato pensiero postmoderno, manteneva ancora un rapporto con il concetto di natura come dato normativo sulla cui base pensare anche la condizione umana. Mentre il pensiero epicureo prendeva atto della fine della sovranit comunitaria della politica ripiegando in una sorta di comunit protetta in un giardino di amici, il pensiero stoico coniava per la prima volta il concetto di Diritti Umani delluomo inteso in senso cosmopolitico come cittadino astratto del mondo senza confini e senza frontiere. Quanto questo universalismo sia poi passato al successivo cristianesimo oggetto di discussione. A mio avviso molto. Se il cristianesimo fosse soltanto luniversalizzazione del monoteismo messianico ebraico rivelato non avrei per esso che disprezzo ed indifferenza, e condividerei lopinione di chi (Assman, de Benoist, eccetera) vi vede la radice della violenza e dellintolleranza. Ma siccome ci vedo invece la prevalente natura di ricezione dellumanesimo universalistico greco non posso fare a meno di nutrire per esso una certa simpatia (sia pure da non credente in nessun mondo ultraterreno), e per questo considero Ratzinger immensamente superiore non solo alla coppia sionista spiritata Bonino-Pannella ma anche ai disincantati atei positivisti Turchetto-Odifreddi. Ma facciamola corta. I successivi Diritti delluomo della rivoluzione francese del 1789 derivano ancora dalla precedente filosofia giusnaturalistica del Diritto Naturale, e pertanto mantengono ancora un rapporto, sia pur tenue, con il fondamento greco della natura umana come riflesso razionalizzato del presupposto dellunit ontologica, e quindi anche e soprattutto assiologica, di macrocosmo naturale e di microcosmo sociale. Ma nel Settecento la nozione di natura umana viene reinterpretata da Hume e Smith non pi come base normativa per il Bene Comune (da Hume considerata in termini di metafisica illusoria del tutto indimostrabile, per gli scettici lunica realt che sfugge allo scetticismo il dato della propriet privata e dello scambio capitalistico delle merci). Ma come attitudine naturale degli esseri umani alla propriet ed allo scambio, che in quanto tale perfettamente autonoma ed autofondata, e non ha bisogno quindi di nessun fondamento religioso (esistenza di Dio), filosofico (riferimento ai diritti naturali delluomo) o politico (contratto sociale). E allora necessario impadronirsi concettualmente in modo sicuro della natura di questo passaggio dalla benefica filosofia dei diritti naturali delluomo (supporto teorico del Bene Comune comunitario) alla malefica ideologia dei cosiddetti diritti delluomo, in cui propriamente lUomo non c pi, ed fatto sparire con la sua riduzione a supporto (Trger) ed a maschera di carattere (Charaktermaske) di semplice portatore indifferenziato dei rapporti di produzione e di scambio capitalistici. E questo luomo, che sta alla base dei cosiddetti Diritti Umani. Il carattere pi sporco ed intollerabile di questa sudicia ideologia di esportazione imperialistica sta proprio nella natura nobile della sua lontana origine, e la mia indignazione contro questa porcheria simile allindignazione che un vero cristiano priverebbe se vedesse la croce di Cristo essere usata come diretto strumento di tortura per estorcere informazioni su di un tesoro nascosto. Appare allora chiaro ci che tu stesso avevi rilavato nella prima domanda, per cui lagitare ideologico scomposto dei diritti umani come diritti del potenziale produttore-consumatore capitalistico globalizzato non si pone affatto come aggiuntivo e complementare allespansione progressiva dei diritti sociali e comunitari, ma anzi allopposto si pone come vettore attivo della loro abrogazione. In sintesi, la sporca ideologia dei Diritti Umani, lungi dallessere la benefica concretizzazione della nobile filosofia greca e poi cristiana dei diritti naturali delluomo (e ci che c di buono nel pensiero di Ratzinger frutto esclusivo del riferimento, greco ed aristotelico, non certo del biblismo confindustriale di monsignor Ravasi e della pagina culturale domenicale del Sole 24 Ore), solo, la protesi sovrastrutturale imperialistica dellimpero USA come unica forma di vita legittima da imporre a tutto in pianeta. Pensiamo alle motivazioni con cui e stato assegnato il premio Nobel per la pace del 2010 al dissidente cinese Liu Xiao Bo. Il gran capo indiano della trib USA Obama e gli intellettuali scandinavi servi di Oslo lo hanno premiato in quanto portatore e testimone di valori universali. Ora, il termine universale molto impegnativo. Io stesso sono un fautore delluniversalismo processuale dellumanit, in quanto avversario del moderno codice teorico post-moderno, frutto di una sintesi di storicismo, sociologismo, relativismo e nichilismo.

Ma lUniversale, se esiste (in forma ratzingeriana, spinoziana, hegeliana, marxiana e addirittura previana), una cosa seria e non pu essere subordinato agli interessi di una superpotenza cannibalica che ha cosparso il mondo di basi nucleari (che nella storia, ha gi usato due bombe atomiche a soli tre giorni di distanza). Bene, il signor Liu Xiao Bo (di cui non auspico affatto la punizione-personalmente, non godo mai del dolore di altri esseri umani) ha scritto un documento (politico e non filosofico) in cui auspica il trapianto in Cina di un sistema politico di tipo americano. Il suo primo effetto sarebbe (ormai, dopo il 1989 lo sappiamo bene) la perdita di ogni sovranit politica dello stato cinese sulleconomia, e pertanto lulteriore approfondimento (in Cina gi scandaloso, per cui non mi faccio raccontare favole alla Domenico Losurdo sulla natura socialista della Cina di oggi) della forbice fra ricchi e poveri. Vuole questo il signor Liu Xiao Bo? Non lo so, non lo conosco personalmente. Ma siccome so invece che cosa accadrebbe se le sue oscene proposte politiche venissero accettate, so invece che i suoi diritti umani si accompagnerebbero allulteriore erosione di quanto resta dei diritti sociali in Cina. Oggi sappiamo, dove ha portato il berciare apparentemente umanistico dei Sacharov, dei Walesa e degli Havel. Ci vuole il dominio del momento politico su quella economico. I sostenitori dei diritti umani vogliono il contrario. Possono tenersi il loro falso universalismo. Si tratta delluniversalizzazione del capitalismo finanziario globalizzato. Non ci caschiamo pi. L'eclissi della dialettica e le nuove conflittualit della storia (II parte) di Costanzo Preve - Luigi Tedeschi 12/01/2011 Fonte: Italicum [scheda fonte] 3. Non esiste dissenso senza contrapposizioni definite. Occorre infatti che si determinino posizioni differenziate di schieramenti opposti riguardo ad un medesimo oggetto del contendere. Solo se esiste un potere, pu costituirsi un contropotere. Solo se esiste lo Stato, pu esistere antistato, se esiste la religione pu esistere lateismo, se esiste la borghesia, esiste anche il proletariato. Oggi, evidente a tutti la dissoluzione dello Stato, entit istituzionale che tuttavia non stata sostituita da una nuova forma istituzionale, ma continua a sussistere svuotata delle sue prerogative, quali la sovranit politica, economica e sociale. E leconomia globalizzata a dettare gli indirizzi della politica degli Stati. Risulta allora del tutto velleitaria ed impotente la protesta che chiede le dimissioni di un governo, che vuole affermare un progetto politico che irrealizzabile nellambito di un sistema i cui fondamenti prescindono dalle classi dirigenti della politica nazionale. Tutto ci conduce alla considerazione che il dissenso contro un sistema diviene inconcepibile, quando non si possono delineare i caratteri reali e definiti di un avversario. Quando si afferma di voler combattere il capitalismo, gli americani, limperialismo, tale prospettiva si rivela di per s stessa velleitaria ed inconcludente: capitalisti ed imperialisti sono anche gli avversari geopolitici degli americani. Inoltre il capitalismo non solo un sistema economico, ma anche culturale, etico e sociale. Spesso si vuole combattere il capitalismo, contrapponendo ad esso forme di dissenso scaturite dalla sua stessa cultura individualista e condividendo (anche inconsciamente), il suo modello sociale. Per delineare un nemico contro cui creare un dissenso sociale, oggi non ci di grande aiuto la teoria giuridico politica di Carl Schmitt incentrata sulla dialettica amico nemico.

Secondo Schmitt, la politica strutturalmente conflitto, che si sostanzia nella distinzione amico nemico, quale estremo grado di unassociazione o di una dissociazione. Il nemico non il concorrente economico o lavversario politico, ma bens laltro, qualcosa di diverso e/o estraneo a noi. Dovremmo allora concludere che ogni contrapposizione al capitalismo ha la sua ragion dessere in quanto nega il capitalismo stesso. Ogni movimento anticapitalista, sarebbe unentit politica che sussiste in virt della sua controparte ideologica, unentit che tale in quanto derivata e dipendente dal capitalismo. La dialettica amico nemico dovrebbe inoltre generare il differenziarsi delle entit comunitarie, costitutive di poli antagonisti, portatori di identit particolari. Ma nel XXI seco lo, abbiamo potuto constatare che la logica amico nemico si riprodotta come tecnica espansionista della superpotenza americana. Se tutti coloro che non accettano lordinamento capitalista in economia e la liberal democrazia in politica sono nemici, allora ogni guerra espansionistica (vedi Iraq e Afghanistan), sarebbe legittima, in quanto scaturita da uno scontro di civilt, tra una identit virtuale definita occidentale, esportatrice armata di diritti umani e democrazia nei confronti degli stati canaglia. Da quanto mi sembra di capire, tu respingi la teoria di Carl Schmitt sulla dicotomia Amico /Nemico, considerandola poco adatta alle esigenze di oggi e dellattuale congiuntura storico politica. Dal momento che io invece laccetto nellessenziale, sia pure con alcune riserve, mi corre lobbligo di segnalare, sia pure brevemente, prima perch laccetto, e poi quali sono le mie principali riserve. Una breve premessa. Schmitt stato certamente un genio della filosofia politica novecentesca, e tuttavia come scrisse argutamente Hegel il genio luomo pi indebitato del mondo, perch ha debiti innumerevoli con i suoi predecessori. Egli fa per parte di quella scuola del realismo politico di tipo machiavellico, che a mio avviso esclude del tutto il riferimento normativo al bene comune comunitario di tipo greco, in cui invece io mi riconosco in quanto umanista metafisico dichiarato. Ma questo per ora possiamo metterlo da parte. La ragione per cui accetto nellessenziale la dicotomia schmittiana sta nel fatto che essa descrive con ammirevole approssimazione la situazione storico-politica creatasi nel Novecento, e soprattutto permette di nominare limpero ideocratico americano come nemico principale. Esso il nemico principale non perch sia lunico impero capitalistico (anche, la Russia, la Cina, lIndia ,eccetera, sono capitalisti al cento per cento bench con una positiva dominanza del momento politico, sia pure dispotico-meglio una politica dispotica che un dispotismo anonimo ed impersonale delleconomia divinizzata), ma perch la sua bruta esistenza coordina, sul piano sia militare che soprattutto culturale, lintera riproduzione capitalistica globalizzata mondiale, imponendone le regole finanziarie. Per questo il nemico principale, non certo perch i suoi concorrenti siano umanamente migliori. Ma questo ti certamente noto. Inoltre, Schmitt stato lunico pensatore novecentesco che ha rilevato in modo chiaro e riproducibile che la sporca legittimazione particolaristica della potenza marittima americana stata edificata attraverso il richiamo ad una presunta umanit. In Italia stato ed Danilo Zolo colui che meglio ne ha sviluppato in pensiero, e si tratta di un pensatore non certo proveniente dalla destra, ma dalla sinistra ed addirittura dallestrema sinistra. Equesta la chiave (direi la sola chiave) con cui ho condotto la mia critica alla sporca ideologia dellesportazione armata dei diritti umani da me svolta nella precedente seconda risposta. Oggi il paradosso dialettico sta in ci, che il nemico principale appunto quello che si presenta come il principale amico dellumanit, che intende conformare universalisticamente alla sua particolaristica struttura economica, politica e sociale, e lo fa in nome di un mandato religioso, di una divinit autoattribuita, un vero e proprio Anti-Cristo frutto di una fusione mostruosa fra fondamentalismo ebraico veterotestamentario e puritanesimo calvinista degli eletti. Come tu sai, ho scritto a suo tempo un documento filosofico-politico in cui riprendo lelencazione di Alain de Benoist delle cinque principali forme di nemico principale oggi.

Se lho scritto e diffuso perch evidentemente mi ci riconosco. Sono per anche perfettamente consapevole dei suoi limiti e delle sue insufficienze, ed ecco perch considero del tutto legittimo che tu non ti ci riconosca. Per ora, mi limito ad alcuni rilievi sommari. In primo luogo, sono consapevole della grande obiezione fatta dai teorici della cosiddetta Non-VioIenza (Pontara, eccetera), che non confondo mai con i pagliacci del pacifismo ipocrita ritualizzato, in realt guerrafondai, come la coppia sionista spiritata Bonino- Pannella. Per i primi bisogna interrompere la mortifera catena della inimicizia violenta, ed il solo modo quello di considerare tutti non come nemici principali irriducibili, ma come futuri amici potenziali (Capitini, eccetera ). Mi permetterai di non riuscire a credere a questa edificante metafisica. Lesperienza di Norberto Bobbio (pacifista famoso ed ammirato, e poi banditore vergognoso della guerra del Kosovo del 1999) stata per me determinante in quanto mi ha colpito anche sul piano emotivo, affettivo e personale. Ho capito allora che se un pacifismo non si inserisce concettualmente in una pi ampia comprensione della riproduzione mondiale (da cui e impossibile espungere il capitalismo e limperialismo, laddove e soltanto un elemento di auto-mistificazione lo stupido antifascismo in assenza di fascismo, con Clinton liberatore antifascista e Milosevic tiranno fascista), pu diventare lalibi di voltafaccia vergognosi. Dal 1999 ho imparato la lezione. Non mi fregano pi. In secondo luogo, lindividuazione del nemico principale non che un presupposto necessario ma non ancora sufficiente, e lascia completamente aperta ed impregiudicata la dialettica di come si specificher in futuro la dicotomia Amico/Nemico. questo un punto di importanza inestimabile. Nominare il nemico principale il presupposto per superare la paura della deadline e del giuramento di fedelt occidentalistico. Violare questo giuramento di fedelt occidentalistico significa concretizzare quello spirito di scissione (il termine molto felice, ed di Antonio Gramsci) che il presupposto di qualunque azione futura. Chi ha individuato il nemico principale sa che lindividualismo laico anticomunitario peggiore dei riferimenti aristotelici della religione (in cui io non sono peraltro credente) che gli USA non hanno alcun diritto di criticare in modo universalistico la Russia, la Cina, lIran, Cuba, eccetera, eccetera. Lindividuazione del nemico principale non ancora certamente una metafisica ed una prassi di liberazione e di emancipazione, ma ne soltanto il presupposto. Niente di pi, ma questo niente di pi e il primo passo di un lunghissimo viaggio, di cui non disponiamo dellitinerario, perch il futuro storico (a differenza di quello astronomico) del tutto imprevedibile. Vorrei sfatare un possibile equivoco. Io credo alla pertinenza dei rapporti geopolitici, e considero una reazione moralistica da anima bella il chiudere gli occhi davanti ad essi. Ma ti assicuro che non mi sogno affatto di sostituire la geopolitica alla filosofia. Se poi qualcuno lo fa, ammesso che qualcuno lo faccia (La Grassa, Rivista Eurasia, eccetera), non lo so, e bisogna rivolgersi a lui per chiarimenti. Io non lo faccio. Io mantengo la centralit umanistica della filosofia come bussola per lorientamento nel mondo. La geopolitica non affatto lunica concretizzazione del nemico principale. Semplicemente, fa parte di una catena, la catena dei perch (come scrisse Franco Fortini), tutti i perch uniti da una catena economica, filosofica, politica, sociale, eccetera. Per finire, lindividuazione del Nemico e anche il presupposto per poterlo distinguere non. solo dal semplice avversario (pensiamo al fondamento mascalzonesco dellantiberlusconismo italiano dellultimo ventennio, laver simbolicamente trasformato lavversario Gran Paperone e gran Puttaniere in

nemico populista assoluto della democrazia, difesa invece da Di Pietro, dalla Finocchiaro a da SantoroSaviano), ma anche per poter in seconda battuta connotare gli Amici Potenziali. Ammetto che il problema del nemico solo il dieci per cento, mentre quello degli amici invece il novanta per cento, ma consentirai con me che se non sai da chi devi difenderti non puoi neppure chiamare alla solidariet ed al soccorso. 4. Come abbiamo gi approfondito e discusso nei precedenti dialoghi, il capitalismo, come evidenzia la crisi economica in atto, giunto alla fase storica della sua decadenza. Per una compiuta analisi storico filosofica del fenomeno capitalista, occorre dunque richiamarsi alla dialettica hegeliana. Come scritto hai pi volte, il capitalismo, dopo un sua fase iniziale astratta, ha poi dovuto affrontare la contrapposizione dialettica classista riassunta nel binomio borghesia proletariato, ed infine giunto al suo definitivo compimento - esaurimento nella fase speculativa, quale quella storica attuale, in cui esso diviene un fenomeno autoriflessivo e totalizzante. Vorrei esprimere alcuni dubbi circa tale interpretazione filosofica del fenomeno capitalista, in quanto la logica interna che presiede al suo sviluppo storico, non mi sembra conformarsi allo schema filosofico fondato sulla dialettica hegeliana. Il capitalismo, nella sua fase iniziale, fa riferimento non solo e non tanto alla radice culturale illuminista, ma si innesta nella logica di dominio del periodo storico delle grandi conquiste coloniali del 600 e 700, in unepoca mercantilistica dominata dallassolutismo monarchico, in un mondo cio ancora saldamente ancorato ad una cultura e una politica premoderna. Il suo riferimento specifico non tanto il razionalismo illuministico, quanto semmai lempirismo e soprattutto lassolutismo politico di Tommaso Hobbes. Nella sua fase dialettica, quella in cui si evidenziano le sue interne contraddizioni (800 e 900), con lo scontro di classe borghesia proletariato, il capitalismo, non si configura come un fenomeno che supera il proprio termine di contrapposizione dialettica (proletariato), in una sintesi la sua antitesi diviene parte integrante, quale momento necessario di una sua trasformazione e realizza il superamento della contrapposizione dialettica. Il capitalismo si contrappone al marxismo, ma non supera le proprie contraddizioni interne (che anzi, nella sua fase speculativa vengono esasperate), assorbendo in s stesso le istanze del suo avversario. Esso nega semmai nella sua fase finale unilateralmente la propria antitesi. La caratteristica peculiare del capitalismo inoltre quella di negare, nella sua dimensione compiuta entrambi i termini della contrapposizione dialettica della storia recente. La lotta di classe ha avuto un esito finale in cui, la scomparsa del proletariato ha comportato anche quella della borghesia stessa. Il capitalismo dunque un fenomeno che si affermato attraverso la negazione unilaterale assoluta di ogni contrapposizione storico dialettica. Non voglio affermare con quanto detto in precedenza linadeguatezza della dialettica hegeliana ad interpretare i fenomeni della storia. Voglio solo sottolineare che la storia del capitalismo, proprio perch non essendo compatibile con i canoni filosofici dellidealismo, rappresenta un fenomeno estraneo al pensiero dialettico e per questo, non suscettibile di produrre luniversalizzazione dei suoi postulati fondamentali. Esso, amio parere, non produce che teorie di legittimazione economica e politica aposteriori, perch non si sviluppa secondo una logica unitaria e/o definita, ma si identifica con una prassi economicista immanente. Non a caso la vittoria del capitalismo del 1989 sul socialismo reale coincide con la fuoriuscita dellEuropa dalla storia. La prassi capitalista, in quanto coincide con la negazione assoluta di ogni fenomeno ad esso non compatibile, pu dunque essere definita sul piano filosofico come il risultato di un nichilismo compiuto. I tuoi dubbi sulla interpretazione filosofica (pi esattamente, filosofico dialettica) del fenomeno capitalistico sono anche i miei, e sarebbe strano che non lo fossero, perch sarebbe il preoccupante segnale di una mancanza soggettiva di autoconsapevolezza critico-fallibilistica.

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Per questo colgo con piacere loccasione per un ulteriore chiarimento. La mia interpretazione filosofica della periodizzazione del capitalismo (astratta, dialettica, speculativa) non intende affatto contrapporsi per sostituirla alle consuete periodizzazioni storico-economiche del capitalismo stesso, ma intende soltanto integrarle dal punto di vista della ricostruzione della loro totalit olistica espressiva, che i puri dati economici o sociologici non riuscirebbero a rispecchiare adeguatamente. Ad esempio, non mi contrappongo affatto ai tentativi di periodizzazione di Giovanni Arrighi (egemonia genovese, egemonia olandese, egemonia inglese, egemonia USA, e domani forse la Cina, eccetera) o a quelli di Gianfranco La Grassa (successione ciclica di momenti unipolari e di momenti multipolari). Semplicemente, la mia periodizzazione una rete ulteriori che getto su di una molteplicit di fenomeni storici e sociali, che cerco di interpretare sulla base esclusiva della ideazione filosofica. Filosofia per me significa idealismo, ed idealismo significa dialettica (mi rifaccio quindi ad una lunga tradizione, da Platone a Hegel ed in Italia da Gentile, Croce e Gramsci). Mi permetto di rimandare ad un mio studio monografico (Costanzo Preve, Storia della Dialettica, Petite Plaisance, Pistoia 2006). Ma sulla base della tua sollecitazione mi limiter a due soli aspetti. Primo, la dialettica utilizzabile con profitto soltanto se si eliminano due equivoci mortali, il mito dellorigine unitaria decaduta ed il mito della finalit necessaria prefissata. Secondo, la dialettica non sparisce nella fase speculativa del capitalismo (come tu sembri ipotizzare), ma assume soltanto forme diverse da quelle assunte storicamente nelle fasi astratta e dialettica propriamente detta. Ma vediamo meglio. In prima approssimazione, la dialettica e il semplice riconoscimento della unit ontologica dei contrari. Pi esattamente, il riconoscimento razionale dellunit ontologica degli opposti in movimento temporale ed in correlazione essenziale. Essa non rompe affatto con il senso comune (per fortuna generalmente ben distribuito fra le persone semplici, ed invece molto raro in quella categoria dogmatica, allucinata, settaria ed intollerante chiamata degli intellettuali), ma semplicemente lo elabora in forma potenzialmente accessibile a tutti. Ogni fisiologia presenta delle patologie. Le principali patologie della dialettica a mio avviso sono due: il mito dellorigine unitaria decaduta ed il mito della finalit necessaria prefissata. Vediamole separatamente. Nel primo caso (il mito dellorigine unitaria decaduta) si ipotizza che il normale momento in cui viviamo non sia caratterizzato dallunit contraddittoria degli opposti in correlazione essenziale, ma dal normale principio di non-contraddizione effettivamente vigente nelle scienze della natura, in cui per principio non pu esistere la soggettivit antagonistica delle prese di coscienza. Si ipotizza allora ununit originaria decaduta da raddrizzare, che da luogo o ad un mondo peccaminoso, a testa in gi (variante biblica, ed in generale monoteistica ma estranea ad esempio alle culture non monoteistiche, come quella cinese, che naturalistica), o ad un mondo in qualche modo alienato (scuola marxista e poi anti-marxista italiana di Lucio Colletti, Giuseppe Bedeschi e Luciano Albanese). E possibile che la lontana origine filosofica di questa concezione sia quella neo-platonica tardo-antica. (Ma personalmente ne dubito, pur non avendo qui lo spazio per un chiarimento ulteriore). Resta il fatto che il presupposto mitico di questa unit originaria decaduta da ricostruire non caratterizza affatto la moderna dialettica storica di Fichte e di Hegel, poi ereditata da Marx e quindi risulta infondata ed arbitraria questa sovrapposizione, che sempre il sintomo (laddove sia in buona fede) di una imperfetta secolarizzazione messianica di un presupposto monoteistico trascendente, inevitabilmente creazionistico. Per costoro il cos detto comunismo dovrebbe rimettere semplicemente sui suoi piedi una comunit originaria decaduta nel tempo storico. Chi ci vuol credere si accomodi. C infatti di peggio. Lasci per perdere la dialettica moderna e soprattutto il moderno sottoscritto.

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Nel secondo caso (il mito della finalitnecessaria prefissata) la dialettica filosofica viene messa al servizio (come badante senza diritti e senza libretto di lavoro) del concetto di legge scientifica, per di pi concepita in senso positivistico e quindi rigorosamente deterministico. Questo concetto di legge scientifica previsionale, e su questa base, ad esempio, si possono solo prevedere le eclissi di sole e di luna ed il ritorno delle comete in modo sorprendentemente esatto. Ma se il futuro naturale astronomicamente prevedibile (non sempre, peraltro), il futuro storico non mai prevedibile in via di principio, perch comprende limprevedibile prassi individuale e collettiva degli esseri umani, che nessuna estrapolazione economica o sociologica potr mai prevedere se non in forma dilettantesca, quasi sempre soltanto analogica e ricavata, pescando nel passato storico, luogo di inevitabili pittoreschi equivoci. Eliminate queste due patologie, entrambe di origine religiosa e per di pi fortemente collegate, al punto costituire unurica e sola patologia, si pu ristabilire una concezione sobria e non ubriaca di dialettica storico-filosofica. La dialettica riconosce la permanenza delle contraddizioni dellessere sociale (se ci siano anche contraddizioni nellessere naturale lasciamolo ai benemeriti seguaci della religione di Engels, il materialismo dialettico, ma si interdice di prevederne le specifiche forme di esistenza nel futuro (che poi esattamente quello che Hegel dice quando afferma che la nottola di Minerva, luccello consacrato alla consapevolezza storica dell autocoscienza umana, si alza in volo soltanto al crepuscolo). E qui giungiamo al punto che ti assilla. In passato certamente la dialettica c stata, ma nel presente sembra non esserci pi, da cui si potrebbe razionalmente ipotizzare che anche nel prossimo futuro potrebbe non esserci pi. Ma cerchiamo di vedere meglio le cose. Certo, oggi come oggi certo che lEuropa sembra essere provvisoriamente fuoriuscita dalla storia, e basti pensare a come gli arroganti diplomatici USA nei files di Wikileaks descrivono i miserabili fantocci europei, schiavi soddisfatti di s ed incapaci di dignit e ribellione. Ma nel resto del mondo la storia non si fermata almeno per ora. Nella mia prima risposta ho fatto notare che le tre principali forme di coscienza politica novecentesca inerziale sono ormai prigioniere di una gabbia ideologica (pensiero liberale, pensiero fascista, e pensiero comunista) e sono quindi del tutto paralizzate ed impotenti. Ma le passibilit del futuro non sono contenute nella prigione provvisoria del presente. E invece del tutto esatto che nella nuova fase speculativa del capitalismo (economicamente globalizzata, politicamente oligarchica, filosoficamente individualista e postmoderna) la dialettica per ora non pu essere ristabilita nella forma delle soggettivit collettive configgenti dotate di identit classistiche relativamente stabili. Ma il fatto che la dialettica non passa essere riproposta come prima non significa che essa non esista pi. Significa soltanto che non pu pi essere riproposta nelle forme storiche e sociali precedenti. Faccio qui lanalogia con la teoria dellevoluzione. Tutti i biologi evoluzionisti concordano sul fatto che essa imprevedibile (paradossalmente questo lunico elemento su cui concordano anche i biologi creazionisti del cosiddetto disegno intelligente, in cui limprevedibilit ricondotta a voleri imperscutabili di Dio onnipotente). Bene, anche la storia futura del tutto imprevedibile. Per questo indispensabile sostituire al mito del Destino della Tecnica (non importa se nella variante hard della differenza ontologica di Heidegger o nella variante soft della dialettica negativa di Adorno-una pi cialtrona dellaltra) il nuovo concetto di Dittatura dellEconomia, o pi esattamente di dittatura oligarchica delleconomia. La differenza essenziale. Se siamo ormai in unepoca post (non importa se postmoderna, postmetafisica, eccetera, io proporrei di punire tutti i post con una innocua ma fastidiosa scossetta elettrica nel sedere), allora anche la soggettivit umana incorporata in una fatalit tecnica in trascendibile (da qui il successo dei vari Emanuele Severino ed Umberto Galimberti negli organi della grande manipolazione mediatica delle oligarchie della globalizzazione). La conclusione e allora il refrain: non c pi nulla da fare/ stato bello sognare.

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Se invece il problema non sta nel presunto Destino della Tecnica ma nel pi concreto Dispotismo delleconomia Feticizzata, allora qursta dittatura un nemico ben indicabile (rimando qui alla mia terza risposta), e per di pi un ostacolo in via di principio toglibile. Le nuove forme della contraddizione dialettica nellepoca del capitalismo speculativo, oligarchico e globalizzato, non possono ancora essere descritte. C gi la lista dei nemici principali (de Benoist, ma anche Preve), ma non c ancora la lista degli amici e dei collaboratori. Questa lista crescer in cammino. Per ora basti partire dalla convinzione per cui essa ontologicamente possibile. E se ontologicamente possibile, e non siamo in preda al Destino della Tecnica o della dialettica negativa (una vera oscenit), allora sar anche socialmente possibile, politicamente possibile, e quindi storicamente possibile

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