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I reati ambientali 1.Concetti generali e principi fondamentali in materia penale.

Il diritto penale quella parte del diritto pubblico che disciplina i fatti costituenti reato. Da un punto di vista giuridico-formale, si definisce reato ogni fatto umano alla cui realizzazione la legge riconnette sanzioni penali1. Nellordinamento vigente, sono sanzioni penali la pena e la misura di sicurezza: entrambe tendono al comune e duplice obiettivo di difendere la societ dal delitto e di risocializzare il delinquente. Il riferimento alla natura della sanzione comminata serve anche ad individuare le leggi penali rispetto alle altre leggi contenute nellordinamento: sono leggi penali quelle che riconnettono sanzioni penali alla commissione di determinati fatti. Rispetto alle altre sanzioni (civili, amministrative) la sanzione penale possiede una maggiore capacit di prevenire la commissione di fatti socialmente dannosi. In particolare la minaccia della sanzione penale tende a distogliere la generalit dei consociati dal commettere reati (funzione di prevenzione generale); la concreta inflizione della pena mira ad impedire che il singolo autore del reato torni a delinquere (funzione di prevenzione speciale). Il diritto penale serve ad assicurare le condizioni essenziali della convivenza, predisponendo la sanzione pi drastica a difesa dei beni socialmente apprezzabili (i cd. beni giuridici) dotati di rilevanza costituzionale anche implicita. Il diritto penale, dunque, serve a tutelare i beni giuridici. Lambiente ormai comunemente ritenuto un bene meritevole di protezione penale. In base ai principi che la Costituzione detta in materia penale il reato di creazione legislativa, perch in omaggio al principio di legalit solo la legge pu disciplinarne gli elementi costitutivi; di formulazione tassativa, perch la legge deve fissare con la maggiore determinatezza possibile i fatti costituenti reato; ha carattere personale. In particolare le norme costituzionali in materia penale sono: - lart. 25, comma 2, secondo il quale Nessuno pu essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Tale norma sancisce il principio di legalit: esso esprime lesigenza di vincolare lesercizio di ogni potere dello Stato alla legge e serve a garantire la tutela dei diritti di libert del cittadino nei confronti del potere statuale. Il principio di legalit (previsto anche dallart. 1 c.p., secondo il quale Nessuno pu essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, n con pene che non siano da essa stabilite) ha quattro corollari o sottoprincipi: a) il principio di irretroattivit: esso vieta di applicare la legge penale a fatti commessi prima della sua entrata in vigore e tende a garantire la libert personale del cittadino nei confronti dei detentori del potere legislativo.
Per i rilievi di carattere generale sul diritto penale effettuati in tutto il testo, cfr. G. FIANDACA E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Bologna, Zanichelli, ultima edizione.
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b) il principio di riserva di legge: esprime il divieto di punire un determinato fatto in assenza di una legge preesistente che lo configuri come reato e tende a sottrarre la competenza in materia penale al potere esecutivo. Fonte del diritto penale pu essere solo la legge ordinaria formale emanata dal Parlamento o gli atti ad essa equiparati, cio il decreto legge o il decreto legislativo. Non possono essere fonti del diritto penale le fonti secondarie, come ad esempio i regolamenti emanati dal Governo. La riserva di legge in materia penale viene cio intesa come riserva assoluta: il principio in esame esclude che il legislatore possa attribuire il potere normativo penale a una fonte di grado inferiore; si ritiene per compatibile con la riserva di legge intesa in senso assoluto un apporto della fonte secondaria che si limiti a specificare, da un punto di vista tecnico, elementi del fatto gi contemplati dalla legge che configura il reato. Non possono essere fonti del diritto penale le leggi regionali o la consuetudine. c) il principio di sufficiente determinatezza: il legislatore deve formulare la fattispecie penale in modo chiaro, preciso ed univoco, cos che risulti possibile individuare con sufficiente precisione quale sia il comportamento penalmente sanzionato. Tale principio mira a salvaguardare i cittadini contro eventuali abusi da parte del potere giudiziario. d) il divieto di analogia: lanalogia consiste nellapplicare a un caso non espressamente disciplinato una norma che disciplini casi simili o materie analoghe sulla base di una identit di ratio tra le due ipotesi. Lart. 12, comma 2, delle disposizioni preliminari al codice civile stabilisce infatti che Se una controversia non pu essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dellordinamento giuridico dello Stato. Lart. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile esclude per la possibilit di ricorrere allanalogia per le leggi penali e per le leggi che fanno eccezione a regole generali. Si ritiene che tale divieto debba ritenersi implicitamente costituzionalizzato dallart. 25, comma 2, Cost. -art. 27, comma 1: la responsabilit penale personale; tale norma non solo rende costituzionalmente illegittima una responsabilit penale per un fatto altrui, ma soprattutto enuncia il principio di colpevolezza, in base al quale occorre che la responsabilit penale venga ascritta solo per un fatto proprio colpevole; -art. 27, comma 3: funzione rieducativa della pena; -art. 13: la libert personale inviolabile, ci implica che luso della coercizione penale va limitato a quei soli casi che lasciano apparire inevitabile il costo di una restrizione della libert come effetto della imposizione di una sanzione.

2. I reati ambientali: delitti e contravvenzioni. I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite (art. 39 c.p.). Le pene principali stabilite per i delitti sono lergastolo, la reclusione e la multa. Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono larresto e lammenda. Questa distinzione ha effetti importanti sul piano della disciplina di diversi istituti, quali il dolo e la colpa, il tentativo, labitualit e la professionalit nel reato, la prescrizione, loblazione, le misure di sicurezza. La maggior parte dei reati ambientali sono contravvenzioni. Esistono, tuttavia, alcune ipotesi delittuose: - art. 258, comma 4, d. lgs. 152/06, secondo il quale Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale [falsit ideologica commessa dal privato in un atto pubblico, pena della reclusione fino a due anni, n.d.t.] a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto; - art. 260 d. lgs. 152/06, Attivit organizzate per il traffico illecito di rifiuti, il quale stabilisce che Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con pi operazioni e attraverso lallestimento di mezzi e attivit continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti punito con la reclusione da uno a sei anni. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattivit si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32 bis, 32 ter del codice penale.

3. I reati ambientali: il soggetto attivo del reato, la delega di funzioni, la responsabilit da reato delle persone giuridiche e degli enti collettivi. Soggetto attivo del reato (o autore) colui il quale realizza un fatto conforme ad una fattispecie astratta di reato. Quando soggetto attivo pu essere chiunque, quando cio una fattispecie penale pu essere commessa da qualsiasi soggetto (ad esempio lomicidio, il furto, etc), il fatto incriminato prende il nome di reato comune. Quando, invece, la fattispecie incriminatrice richiede il possesso di particolari requisiti o qualit in capo al soggetto attivo, siano essi requisiti di tipo naturalistico (p.e. lessere madre nellinfanticidio) o di tipo giuridico (lessere pubblico ufficiale nei delitti contro la pubblica amministrazione) il fatto incriminato prende il nome di reato proprio: questa espressione vuole sottolineare lo stretto rapporto intercorrente tra la speciale qualifica soggettiva rivestita dal soggetto e il bene giuridico assunto a oggetto di protezione penale. Alcuni reati ambientali sono reati comuni (cio possono essere commessi da chiunque), altri sono reati propri (ad esempio possono essere commessi dal titolare dellente o dellimpresa). Nellambito dellattivit dimpresa il titolare originario degli obblighi previsti dalla legge la cui violazione penalmente sanzionata pu delegare ladempimento degli obblighi ad altri soggetti suoi collaboratori (cd. delega di funzioni). Tale delega pu assumere rilevanza penale, escludendo la responsabilit penale del titolare originario e trasferendo la responsabilit in capo al soggetto preposto alladempimento? La questione, oggi, risolta in via legislativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (d.lgs. 81 del 2008 e successive modifiche). In materia ambientale manca ancora una disciplina normativa della delega di funzioni. Risulta allora utile richiamare gli orientamenti in proposito sviluppati dalla giurisprudenza. La giurisprudenza d rilievo alla gestione pratica della realt aziendale e concorda sulla impossibilit per il titolare originario di adempiere ai numerosi obblighi a suo carico; lorientamento prevalente, di conseguenza, ritiene necessario accertare la concreta ripartizione di competenze allinterno dellimpresa ed, eventualmente, escludere la responsabilit penale del titolare dellimpresa, purch per siano rispettate alcune condizioni la cui sussistenza si presume in grado di assicurare lidoneit del sistema di deleghe rispetto alla tutela degli interessi penalmente protetti, messi in gioco dal funzionamento dellorganizzazione2.
Vedi ad esempio Cass. pen. sez. III, 10 luglio 2007: La delega di funzioni nellambito di una impresa dai vertici aziendali ai sottoposti, seppure non necessita di atto scritto, per poter conseguire leffetto di escludere la responsabilit penale del delegante originariamente tenuto per legge a determinati comportamenti attivi od omissivi, deve essere espressa (anche attraverso la concreta preposizione a settori autonomi in cui stata articolata una organizzazione aziendale complessa), inequivoca nel contenuto e certa e deve investire persona dotata delle necessarie nozioni e capacit tecniche, alla quale devono essere attribuiti poteri decisionali e di intervento anche finanziario nel settore di competenza, fermo lobbligo del datore di lavoro di vigilare che il delegato usi correttamente i poteri delegati. Non appaiono delegabili o comunque nella pratica non sono delegati se non eccezionalmente i poteri relativi alla decisione in ordine alla struttura e alla organizzazione aziendale in quanto di stretta pertinenza dellimprenditore, mentre sono
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La giurisprudenza richiede, in particolare, che: la ripartizione di funzioni non abbia carattere fraudolento; i collaboratori delegati siano dotati dei poteri e dei mezzi necessari per svolgere efficacemente i compiti loro affidati; i collaboratori possiedano una comprovata competenza tecnica; quanto al profilo delle dimensioni dellimpresa, per lungo tempo la giurisprudenza ha ritenuto che la delega potesse escludere la responsabilit del titolare originario solo laddove limpresa avesse notevoli dimensioni tali da rendere impossibile il controllo dellintera attivit produttiva in capo ad una sola persona3; pi recentemente la Suprema Corte ha affermato che non pu escludersi la possibilit di una delega di funzioni penalmente rilevante anche in imprese di dimensioni medie o piccole, in quanto ci che rileva sono non le dimensioni ma le caratteristiche qualitative dellorganizzazione aziendale: la necessit di decentrare compiti e responsabilit non pu essere esclusa a priori nelle imprese di dimensioni modeste, vista la sempre crescente complessit dellattivit produttiva moderna4. I reati ambientali pi gravi sono commessi nellambito dellattivit dimpresa. Nel nostro ordinamento non erano previste forme di responsabilit penale a carico delle persone giuridiche a causa della ritenuta incapacit di azione ed incapacit di colpevolezza delle persone giuridiche. Le persone giuridiche, in altre parole, non possono essere soggetti attivi del reato. Il d. lgs. 231/2001, in attuazione della legge delega 300/2000, ha introdotto la responsabilit amministrativa da reato delle presone giuridiche; tale responsabilit, nonostante sia qualificata come amministrativa, presenta molti tratti in comune con la responsabilit penale. Destinatari di tale disciplina sono non solo gli enti forniti di personalit giuridica, ma anche societ ed associazioni che ne sono prive (non si applica invece alla Stato, agli enti pubblici territoriali, agli enti pubblici non economici, agli enti che svolgono funzioni di rilevo costituzionale). Affinch sorga la responsabilit dellente occorre: la commissione da parte di una persona fisica di un determinato reato, consumato o tentato, espressamente previsto dalla legge ai fini della responsabilit dellente; lesistenza di un rapporto qualificato tra lautore del reato e lente, e cio una posizione apicale del soggetto nella societ definibile in termini di rappresentanza, amministrazione, direzione ovvero gestione o controllo di
delegabili e sono ampliamente delegati, soprattutto nelle strutture complesse, i poteri inerenti lordinario funzionamento dellorganizzazione data o dellimpianto prescelto per il tipo di produzione o servizio intrapreso. 3 In tema di tutela delle acque dallinquinamento , la delega a terzi pu escludere la responsabilit del titolare solo quando lazienda ha notevoli dimensioni e si articola in varie branche, che rendano impossibile ad una sola persona il controllo dellintera attivit produttiva (Cass. Penale, Sez. III, n. 8538 del 14 settembre 1983). 4 La tesi contraria che ancorava lefficacia penalistica della delega alla notevole dimensione dellazienda, non solo era priva di specifico fondamento testuale, ma ora in contrasto con la recente evoluzione legislativa, che positivamente riconosce pieno diritto di cittadinanza alla delega di funzioni, indipendentemente dalle dimensioni dellazienda (Cass. Pen. Sez. III, n. 33308 del 13 settembre 2005). Ci non esclude, tuttavia, la corrente responsabilit del vertice e la necessit di verificare ex ante lidoneit del soggetto delegato.

fatto, anche di una unit organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale; ovvero un rapporto di dipendenza del soggetto autore del reato da persone in posizione apicale; linteresse o il vantaggio dellente: il reato, cio, deve essere commesso nellinteresse o a vantaggio dellente; il reato deve essere espressione della politica aziendale o quantomeno derivare da una colpa di organizzazione. Allente richiesta ladozione e lefficace attuazione di modelli comportamentali (cio modelli di organizzazione, simili ai compliance programs statunitensi) specificamente volti ad impedire, attraverso la fissazione di regole di condotta, la commissione di determinati reati. La colpevolezza della persona giuridica si configurer quando il reato commesso da un suo organo o sottoposto rientra in una decisione imprenditoriale, ovvero esso conseguenza del fatto che lente medesimo non si dotato di un modello di organizzazione idoneo a prevenire reati del tipo di quello che si verificato, o ancora vi stata al riguardo omessa o insufficiente vigilanza da parte degli organismi dotati di potere di controllo, etc. La legge delega n. 300 del 2000 prevedeva, allart. 11, che la responsabilit amministrativa della persona giuridica fosse prevista anche per i reati ambientali commessi nel suo interesse dai suoi amministratori o dipendenti; il d. lgs. 231/2001, invece, non ha incluso i reati ambientali nel novero dei reati la cui commissione, a certe condizioni, determina il sorgere della responsabilit dellente. Lart. 6 della direttiva comunitaria 2008/99/CE sulla tutela penale dellambiente obbliga gli Stati membri a provvedere affinch le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di cui agli articoli 3 e 4 quando siano stati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, in virt: (a) del potere di rappresentanza della persona giuridica; (b) del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; (c) del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica. Lo stesso art. 6 prevede inoltre, al par. 2, che Gli Stati Membri provvedono altres affinch le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di uno dei soggetti di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione di un reato di cui agli articoli 3 e 4 a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorit. Larticolo 7 stabilisce, poi, che gli Stati Membri adottano le misure necessarie affinch le persone giuridiche dichiarate responsabili di un reato ai sensi dell'articolo 6 siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Seguendo la soluzione gi adottata in altri atti normativi, la direttiva non richiede dunque che la responsabilit delle persone giuridiche per i reati ambientali commessi a loro vantaggio abbia necessariamente natura penale: si agevola, cos, lopera di recepimento in quegli Stati in cui a tuttoggi esistono ostacoli, dogmatici o culturali, allintroduzione di una responsabilit propriamente penale delle persone giuridiche. In Italia, ladeguamento agli obblighi imposti dagli artt. 6 e 7 della direttiva 2008/99/CE si realizzato attraverso lestensione del catalogo dei reati e del sistema

di sanzioni pecuniarie ed interdittive, previsti dal d. lgs. 231/01, anche ai reati ambientali commessi a vantaggio dellente. Il d. lgs. n. 121 del 2011, in attuazione della legge delega n. 96 del 2010, ha introdotto la responsabilit delle persone giuridiche per alcuni reati ambientali previsti nel nostro ordinamento giuridico5. Lart. 25-undecies, d.lgs. n. 231/2001, introdotto dallart. 2, d.lgs. n. 121/2011, prevede innanzitutto la responsabilit degli enti in relazione ad alcuni dei reati contemplati dal d.lgs. n. 152/2006. Si tratta in particolare, di quasi tutti i reati ivi previsti in materia di gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati6, di alcuni reati in materia di tutela delle acque dallinquinamento7 e di ununica fattispecie in materia di tutela dellaria e di riduzione delle emissioni in atmosfera8.
Attuazione della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dellambiente, nonch della direttiva 2009/123/CE che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa allinquinamento provocato dalle navi e allintroduzione di sanzioni per violazioni, in G.U.R.I., n. 177 del 01.08.2011, in vigore dal 16 agosto 2011. Sul d.lgs. n. 121/2011, cfr. G.M. Vagliasindi, Enti collettivi e reati ambientali tra responsabilit "penale" e "responsabilit sociale" . In: AA.VV. La costruzione dell'identit europea. Sicurezza collettiva, libert individuali e modelli di regolazione sociale, Torino, Giappichelli, 2012, p. 367 ss., da cui sono tratte le considerazioni riportate di seguito nel testo; L. PISTORELLI - A. SCARCELLA (a cura di), Relazione dellufficio del Massimario presso la Corte suprema di cassazione, in www.penalecontemporaneo.it (4 agosto 2011); C. RUGA RIVA, Il decreto legislativo di recepimento delle direttive comunitarie sulla tutela penale dellambiente: nuovi reati, nuova responsabilit degli enti da reato ambientale, in www.penalecontemporaneo.it (8 agosto 2011); A. SCARCELLA, Commenti al d. lgs. 121/2011, in Guida dir., 2011, f. 38, p. 30 ss; R. BRICCHETTI - L. PISTORELLI, Commenti al d. lgs. 121/2011, ivi, p. 48 ss.; G. CASARTELLI, La responsabilit degli enti per i reati ambientali, in www.penalecontemporaneo.it (23 marzo 2012); A. MADEO, Un recepimento solo parziale della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dellambiente, in Dir. pen. proc., 2011, p. 1055 ss.; C. MANDUCHI, La riforma dei reati ambientali e il D.Lgs. 231/2001: prime riflessioni, in Ambiente & Sviluppo, 2011, p. 731 ss.; V. PLANTAMURA, Responsabilit individuali e degli enti nel d. lgs. 7 luglio 2011 n. 121 di attuazione delle direttive europee sulla tutela penale dellambiente, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2011, p. 477 ss.; M. SCOLETTA, Obblighi di criminalizzazione e responsabilit degli Enti per i reati ambientali (note a margine del D.Lgs. 121/2011 attuativo delle direttive comunitarie sulla tutela dellambiente), in Riv. giur. ambiente, 2012, p. 17 ss.; L. RAMACCI, Responsabilit amministrativa degli enti collettivi e reati ambientali, in Ambiente & Sviluppo, 2012, p. 639 ss. 6 Raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione (art. 256, comma 1, lett. a) e b), d.lgs. n. 152/2006); realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata (art. 256, comma 3, primo e secondo periodo, d.lgs. n. 152/2006); inosservanza delle prescrizioni contenute nellautorizzazione alla gestione dei rifiuti o carenza dei requisiti richiesti per le iscrizioni e comunicazioni (art. 256, comma 4, d.lgs. n. 152/2006); attivit non consentita di miscelazione di rifiuti (art. 256, comma 5, d.lgs. n. 152/2006); deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi (art. 256, comma 6, d.lgs. n. 152/2006); inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e delle acque sotterranee con omessa bonifica e omissione della prescritta comunicazione agli enti competenti (art. 257, commi 1 e 2, d.lgs. n. 152/2006); false indicazioni sulla natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti e uso di un certificato falso durante il trasporto (art. 258, comma 4); traffico illecito di rifiuti (art. 259, comma 1, d.lgs. n. 152/2006); attivit organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, d.lgs. n. 152/2006); predisposizione o uso di un certificato di analisi dei rifiuti contenente false indicazioni in relazione al sistema SISTRI (art. 260-bis, commi 6 e 7, d.lgs. n. 152/2006); trasporto di rifiuti con copia cartacea della scheda SISTRI fraudolentemente alterata (art. 260-bis, comma 8, d.lgs. n. 152/2006); sulle fattispecie di cui allart. 260-bis, giova precisare che esse non sono, di fatto, mai state effettive a causa della mancata entrata in vigore delle previsioni concernenti il sistema informatico di controllo della tracciabilit dei rifiuti (il cosiddetto SISTRI), le cui violazioni tali fattispecie sono volte a sanzionare. 7 Scarico non autorizzato di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose (art. 137, comma 2, d.lgs. n. 152/2006); scarico di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose in violazione delle prescrizioni imposte con lautorizzazione (art. 137, comma 3, d.lgs. n. 152/2006); scarico di acque reflue industriali in violazione dei limiti tabellari (art. 137, comma 5, primo e secondo periodo, d.lgs. n. 152/2006); violazione dei divieti di scarico sul suolo, nelle acque sotterranee e nel sottosuolo (art. 137, comma 11, d.lgs. n. 152/2006); scarico in mare da parte di navi ed aeromobili di sostanze o materiali per i quali imposto il divieto assoluto di sversamento (art. 137, comma 13, d.lgs. n. 152/2006). 8 Superamento dei valori limite di emissione che determini anche il superamento dei valori limite di qualit dellaria (art. 279, comma 5, d.lgs. n. 152/2006).
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Lart. 25-undecies, d.lgs. n. 231/2001, inoltre, prevede la responsabilit degli enti in relazione a quei reati ambientali, gi previsti dalla legislazione italiana, ritenuti rispondenti agli ulteriori obblighi di tutela penale stabiliti dalla direttiva 2008/99/CE e 2009/123/CE in materia di tutela dello strato di ozono9, in materia di commercio di specie protette10 ed in materia di inquinamento provocato dalle navi11. A tali ipotesi, lart. 25-undecies, d.lgs. n. 231/2001, aggiunge, infine, i reati che il d.lgs. n. 121/2011 ha introdotto nel codice penale per ottemperare agli obblighi di tutela penale sanciti dalla direttiva 2008/99/CE in materia di specie animali e vegetali selvatiche protette12 e di habitat protetti13. Per ci che concerne le sanzioni, lart. 25-undecies, d.lgs. n. 231/2001, prevede innanzitutto la sanzione pecuniaria in relazione a tutti i reati presupposto ivi elencati. Le cornici edittali sono diversificate in base alla gravit di tali reati. Si pu comunque osservare che, per lo pi, i massimi edittali previsti in relazione ai reati presupposto contemplati dallart. 25-undecies sono compresi tra centocinquanta e duecentocinquanta quote; alla luce dei criteri generali per la determinazione del valore di ogni quota (art. 10, d.lgs. n. 231/2001), essi comportano lapplicabilit allente di sanzioni comprese, nel massimo, tra 232.350 e 387.250 euro. Assai pi incisiva la cornice edittale, compresa tra un minimo di quattrocento e un massimo di ottocento quote, prevista per la pi grave fattispecie contemplata dallart. 25-undecies, e cio il delitto di attivit organizzate per il traffico illecito di rifiuti ad alta radioattivit (art. 260, comma 2, d.lgs. n. 152/2006): essa comporta lapplicabilit di una sanzione pecuniaria pari, nel massimo, a 1.239.200 euro. Accanto alla sanzione pecuniaria, prevista lapplicazione delle sanzioni interdittive, per una durata non superiore ai sei mesi, in caso di condanna per i reati14 di scarico non autorizzato di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose (art. 137, comma 2, d.lgs. n. 152/2006), superamento dei valori limite indicati nella tabella 3/A dellallegato 5 alla parte III del d.lgs. n. 152/2006 nelleffettuazione di uno scarico di acque reflue industriali (art. 137, comma 5, secondo periodo, d.lgs. n. 152/2006), violazione del divieto di scarico sul suolo, nelle acque sotterranee e nel sottosuolo (art. 137, comma 11, d.lgs. n. 152/2006), realizzazione o gestione di una discarica
Violazione delle disposizioni sullimpiego delle sostanze nocive per lo strato di ozono (art. 3, comma 6, legge 28 dicembre 1993, n. 549). 10 Importazione, esportazione, trasporto ed uso illeciti di specie animali e commercio di piante riprodotte artificialmente (art.1, commi 1 e 2, e art. 2, commi 1 e 2, legge 7 febbraio 1992, n. 150); falsificazione o alterazione di certificazioni e licenze ed uso di certificazioni e licenze false o alterate per limportazione di animali (art. 3- bis, legge n. 150/1992). 11 Sversamento doloso in mare da navi di sostanze inquinanti (art. 8, commi 1 e 2, d.lgs. 6 novembre 2007, n. 202); sversamento colposo in mare da navi di sostanze inquinanti (art. 9, commi 1 e 2, d.lgs. n. 202/2007). 12 Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727-bis, c.p.). Per alcuni rilievi critici circa lopportunit di introdurre tale fattispecie nel catalogo dei reati presupposto della responsabilit dellente, cfr. G. CASARTELLI, La responsabilit, cit., p. 7. 13 Distruzione o deterioramento di habitat allinterno di un sito protetto (art. 733-bis, c.p.). 14 Cfr. C. RUGA RIVA, Il decreto legislativo, cit., p. 13, il quale nota il lapsus in cui incorso il legislatore quando, nello stabilire le sanzioni interdittive, si riferito alla condanna per i delitti di cui allart. 2, comma 7, d.lgs. n. 121/2011, in quanto, come osserva lAutore, si tratta per lo pi di contravvenzioni. In proposito, cfr. M. ARENA, I reati ambientali nel D.Lgs. 231/2001: in attesa della vera riforma, in www.diritto24.ilsole24ore.com,, il quale rileva che una novit assoluta la previsione di sanzioni interdittive per fattispecie contravvenzionali (art 25-undecies, comma 7): come noto non si arrivati a tanto con lart 25-ter (reati societari) che consente lapplicazione della sola sanzione pecuniaria per le fattispecie ivi previste (tra le quali le contravvenzioni ex artt. 2621 comma 1 e 2627 c.c.).
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non autorizzata di rifiuti pericolosi (art. 256, comma 3, secondo periodo, d.lgs. n. 152/2006), attivit organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, d.lgs. n. 152/2006), sversamento doloso in mare da navi di sostanze inquinanti (art. 8, commi 1 e 2, legge n. 202/2007), sversamento colposo aggravato in mare da navi di sostanze inquinanti (art. 9, comma 2, legge n. 202/2007)15. La sanzione dellinterdizione definitiva dallesercizio dellattivit di cui allart. 16 d.lgs. n. 231/2001 la pi grave tra le sanzioni contemplate dallo stesso decreto - prevista per il caso in cui lente o una sua unit organizzativa vengono stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di attivit organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, d.lgs. n. 152/2006) e di sversamento doloso in mare da navi di sostanze inquinanti (art. 8, d.lgs. n. 202/2007). Quelle sin qui illustrate sono le uniche disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 121/2011 con specifico riferimento alla responsabilit degli enti collettivi per i reati ambientali. Tutti i numerosi, restanti aspetti di tale responsabilit restano dunque regolati dalle disposizioni generali del d.lgs. n. 231/200116. Sembra dunque opportuno richiamare quelle disposizioni che appaiono suscettibili di assumere maggiore rilevanza in materia di reati ambientali. Partendo proprio dalle sanzioni, ed in particolare da quelle interdittive, giova ricordare che, quando nei confronti dellente viene applicata una sanzione interdittiva, pu essere disposta la pubblicazione della sentenza di condanna (art. 18, d.lgs. n. 231/2001). Inoltre, in base allart. 15, d.lgs. n. 231/2001, se sussistono i presupposti per lapplicazione di una sanzione interdittiva che determina linterruzione dellattivit dellente, il giudice, in luogo dellapplicazione della sanzione, dispone la prosecuzione dellesecuzione dellattivit da parte di un commissario, per un periodo pari alla durata della sanzione interdittiva che sarebbe stata applicata, quando lente svolge un pubblico servizio la cui interruzione pu provocare un grave pregiudizio alla collettivit o quando linterruzione dellattivit dellente pu provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui situato, rilevanti ripercussioni sulloccupazione; il profitto derivante dalla prosecuzione dellattivit viene confiscato. A questultimo proposito, giova pi in generale sottolineare che, anche in relazione ai reati di cui allart. 25-undecies, con la sentenza di condanna sempre disposta, nei confronti dellente, la confisca del prezzo e del profitto del reato, anche nella forma per equivalente (art 19, d.lgs. n. 231/2001). Non va, poi, trascurato che il d.lgs. n. 231/2001 contempla una riduzione della sanzione pecuniaria (art. 12) e lesclusione delle sanzioni interdittive (art. 17) se, prima dellapertura del dibattimento di primo grado, lente pone in essere condotte
Cfr. L. PISTORELLI - A. SCARCELLA, Relazione, cit., p. 31, i quali sottolineano che Solo in tali ipotesi, dunque, sar possibile applicare alla persona giuridica le medesime sanzioni in via cautelare ai sensi degli artt. 45 e ss. del d. lgs. n. 231/2001 (v. in proposito Sez. II, n. 10500 del 26 febbraio 2007, dep. 12 marzo 2007, DAlessio, rv 235845). 16 Cfr. L. PISTORELLI - A. SCARCELLA, Relazione, cit., p. 29, i quali osservano che Nel configurare la responsabilit degli enti per i reati ambientali, il d. lgs. n. 121/2011 non detta speciali disposizioni derogatorie della parte generale del d.lgs. n. 231/2001.
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riparatorie del danno e delle conseguenze pericolose del reato o adotta e rende operativo un idoneo modello organizzativo o (ma solo con riferimento alle sanzioni interdittive) mette a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca. Circa i criteri oggettivi di ascrizione della responsabilit, lente risponder dellillecito amministrativo conseguente alla consumazione dei reati ambientali di cui allart. 25-undecies, d.lgs. n. 231/2001, quando tali reati siano stati commessi nellinteresse o a vantaggio dellente da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi (art. 5). Circa i criteri soggettivi di ascrizione della responsabilit, occorrer accertare la sussistenza di una colpevolezza di organizzazione; occorrer, cio, che i reati ambientali siano ascrivibili ad una politica dimpresa o ad una colpa di organizzazione17. Lente potr ottenere lesclusione della responsabilit se ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione idonei a prevenire la commissione dei reati di cui allart. 25-undecies. In particolare, nel caso di reati commessi dai vertici dellente, questultimo non risponde se prova di aver adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi e di aver affidato ad un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo il compito di vigilare sul funzionamento e sullosservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento; lente deve inoltre provare che le persone fisiche hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e gestione e che non vi stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dellorganismo di vigilanza (art. 6, d.lgs. n. 231/2001). Nel caso di reati commessi da soggetti subordinati, lente responsabile se la commissione del reato stata resa possibile dallinosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza. In ogni caso, tale inosservanza esclusa se lente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. In relazione alla natura e alla dimensione dellorganizzazione nonch allattivit svolta, il modello prevede misure idonee a garantire lo svolgimento dellattivit nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. Lefficace attuazione del modello richiede una verifica periodica e leventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nellorganizzazione o nellattivit; lefficace attuazione richiede, inoltre, un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello (art. 7, d.lgs. n. 231/2001). Giova poi ricordare il principio di autonomia della responsabilit dellente: in base allart. 8, d.lgs. n. 231/2001, la responsabilit dellente sussiste anche quando lautore del reato non stato identificato o non imputabile, e quando il reato si estingue per una causa diversa dalla amnistia.
Cfr. C. DE MAGLIE, La disciplina della responsabilit amministrativa delle persone giuridiche e delle associazioni. Principi generali e criteri di attribuzione della responsabilit, in Dir. pen. proc., 2001, p. 1351.
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Occorre infine sottolineare che, in base allart. 22, d.lgs. n. 231/2001, le sanzioni amministrative per lente si prescrivono nel termine di cinque anni dalla data di consumazione del reato. Interrompono la prescrizione la richiesta di applicazione di misure cautelari interdittive (solo per le fattispecie per le quali le sanzioni interdittive sono espressamente previste) e la contestazione dell'illecito amministrativo dipendente da reato (di cui allart. 59, d.lgs. n. 231/2001). Per effetto dellinterruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione. Se l'interruzione avvenuta mediante la contestazione dellillecito amministrativo dipendente da reato, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio. In base allart. 60, d.lgs. n. 231/2001, non si pu procedere alla contestazione dellillecito amministrativo dellente quando il reato da cui dipende la responsabilit dellente estinto per prescrizione.

4. I reati ambientali: la struttura del reato. Il reato un fatto umano tipico, antigiuridico e colpevole. 1) La tipicit il giudizio di corrispondenza tra il fatto concreto e lo schema legale di una specifica figura di reato; la condotta concretamente realizzata, cio, deve essere conforme (deve corrispondere) a quella decritta nella norma. Il fatto tipico o fattispecie, dunque, il complesso degli elementi che delineano il volto di uno specifico reato. Gli elementi del fatto sono: - la condotta, che pu essere commissiva (cio si commette unazione che non si doveva commettere) o omissiva (si omette di compiere unazione che si doveva compiere); i reati omissivi a loro volta si distinguono in reati omissivi propri, che consistono nel mancato compimento di unazione doverosa (p.e. lomissione di soccorso) e reati omissivi impropri, che consistono nellomesso impedimento di un evento che si aveva lobbligo giuridico di impedire. - levento, cio il risultato della condotta (p.e la morte di un uomo nellomicidio); - il nesso di causalit, cio il legame tra la condotta e levento. Questo elemento serve ad attribuire un fatto al suo autore sul piano materiale; esso sussiste quando la condotta dellagente condizione dellevento, cio quando eliminando mentalmente la condotta levento viene meno. I reati possono essere di mera condotta (essi consistono nel semplice compimento dellazione vietata, p.e. levasione, art. 385 c.p.) oppure di evento (la fattispecie incriminatrice prevede un risultato esteriore come risultato dellazione ed a questa legato dal nesso di causalit, p.e lomicidio, art. 575 c.p.). I reati ambientali per lo pi sono reati di mera condotta (cio senza evento). I reati possono essere di danno o di pericolo: nei primi la condotta criminosa comporta le lesione effettiva del bene giuridico (omicidio), nei secondi la condotta criminosa comporta la semplice messa in pericolo o lesione potenziale del bene giuridico (incendio). In generale il pericolo inteso come la rilevante possibilit di verificazione di un evento temuto. I reati di pericolo si distinguono in: - reati di pericolo concreto: in essi il pericolo un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice e il giudice di volta in volta deve accertarne lesistenza; - reati di pericolo presunto o astratto: il legislatore presume, in base ad una regola di esperienza, che al compimento di certe azioni si accompagni linsorgere di un pericolo (il pericolo la ratio stessa dellincriminazione), per cui il giudice deve soltanto accertare che sia stata compiuta la condotta tipica descritta nella fattispecie incriminatrice. La maggior parte dei reati ambientali sono reati di pericolo presunto. Ci si spiega con la considerazione che lambiente un bene che per sua natura pu essere danneggiato solo da condotte cumulative, cio da molteplici condotte che si ripetono nel tempo; inoltre, e correlativamente, salvo alcune ipotesi di macrolesioni (p.e. lo

sversamento in mare dellingente carico di petrolio di una petroliera), non sarebbe agevole pervenire con un sufficiente grado di certezza allaccertamento del nesso di causalit tra la condotta dellagente e levento (si pensi, ad esempio, allinquinamento atmosferico). Poich, dunque, sarebbe impossibile provare che una singola condotta tipica sia in concreto idonea a compromettere lintegrit dellambiente, il legislatore punisce il mero compimento di condotte che ritiene potenzialmente pericolose (ad esempio il compiere una certa attivit in mancanza della prescritta autorizzazione oppure il superamento dei limiti tabellari), prescindendo dallaccertamento se nel caso concreto si sia o meno verificata una concreta esposizione a pericolo per lambiente stesso a seguito dellazione o dellomissione del soggetto che, ad esempio, ha agito in assenza della prescritta autorizzazione ovvero senza avere proceduto alla comunicazione di inizio attivit. Si tratta, dunque, di reati che puniscono la violazione dellobbligo di attenersi alla disciplina posta dallautorit amministrativa, disciplina che si presume idonea per la realizzazione della finalit di tutela del bene ambientale perseguita dal legislatore. E quindi possibile affermare che, prevalentemente, il reato ambientale un reato di pericolo presunto e di mera condotta consistente nella violazione del dovere di obbedienza alle norme extrapenali che disciplinano la materia. 2) Per potere integrare un illecito penale il fatto, oltre che tipico, deve essere antigiuridico. Lantigiuridicit leffettivo contrasto di un fatto con lintero ordinamento giuridico. In alcuni casi un fatto presumibilmente antigiuridico in quanto conforme alla fattispecie di un reato risulta, ad un pi attento esame, giustificato o consentito in base ad una valutazione effettuata alla stregua dellintero ordinamento giuridico. Un fatto tipico per essere penalmente rilevante non deve essere coperto da alcuna causa di giustificazione (p.e legittima difesa). Le cause di giustificazione sono quelle situazioni normativamente previste in presenza delle quali viene meno il contrasto tra un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice e lintero ordinamento giuridico. Nel diritto penale dellambiente non esistono cause di giustificazione diverse da quelle indicate dal codice penale. 3) Ulteriore presupposto per la punibilit di un fatto tipico ed antigiuridico che esso sia colpevole. La colpevolezza riassume le condizioni psicologiche che consentono limputazione personale del fatto di reato al suo autore, in quanto permettono di muovergli un rimprovero per averlo commesso. Perch sussista un reato, non dunque sufficiente lesistenza di un elemento materiale antigiuridico, ma occorre altres un elemento soggettivo o psicologico. La colpevolezza un concetto complesso, i cui presupposti sono cos riassumibili: a) imputabilit, cio la capacit di intendere e di volere; b) dolo o colpa; c) conoscibilit del divieto penale (cio, ai fini del rimprovero di colpevolezza sufficiente esigere che lautore del fatto, prima di agire, sia in grado di percepirne il carattere

antigiuridico, anche se poi, di fatto, non lo conosce); d) assenza di cause di esclusione della colpevolezza (p.e. lordine criminoso insindacabile della pubblica autorit). Lelemento soggettivo del reato, sia esso doloso o colposo, comprende innanzitutto la coscienza e la volont della condotta (art. 42, comma 1, c.p.), cio lattribuibilit dellatto al volere del soggetto. Coscienza e volont sono dunque il substrato minimo dellelemento soggettivo o psicologico. Lelemento soggettivo assume la forma del dolo quando levento dannoso o pericoloso dallagente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione o omissione (art. 43, comma 1 c.p.). Il dolo pu dunque essere definito come la rappresentazione e la volont del fatto tipico, questultimo inteso in senso sostanziale, come pregiudizio effettivo o potenziale ad interessi protetti, e non come fatto dotato di illiceit penale. Il rovescio del dolo lerrore. Lerrore la mancata o falsa rappresentazione da parte dellagente di uno o pi requisiti dellillecito penale. Esso esclude la punibilit quando un errore di fatto, cio una mancata o errata percezione della realt esterna (errore di fatto: p.e. un cacciatore non si rende conto di prendere di mira un uomo anzich un animale) o quando un errore su una norma extrapenale che si converte in un errore sul fatto. Lerrore di diritto, cio lerronea interpretazione (o lignoranza) di una norma penale o di una norma extrapenale che integra una norma penale, invece, non esclude la punibilit. In base allart. 5 del codice penale, infatti, Nessuno pu invocare a propria scusa lignoranza della legge penale, a meno che lignoranza sia inevitabile (Corte costituzionale, sentenza n. 364 del 1988). Lelemento soggettivo assume la forma della colpa quando levento, anche se preveduto, non voluto dallagente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (art. 43, comma 3, c.p.). Occorre dunque che la realizzazione della condotta vietata sia riconducibile alla volont del reo (dolo) o alla sua negligenza, imperizia, imprudenza o alla inosservanza di norme (colpa). Va precisato che la differenza tra delitti e contravvenzioni, alla quale abbiamo accennato in precedenza, assume una particolare importanza in relazione allelemento soggettivo del reato. Infatti, per il delitto la regola che esso debba essere commesso con dolo, salvo le ipotesi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente previste dalla legge (art. 42, comma 2 c.p.: nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non lha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge). La contravvenzione, invece, pu essere indifferentemente dolosa o colposa (art. 42, comma 4, c.p.: Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa). Va precisato, tuttavia, che si ritiene che alcune violazioni di natura contravvenzionale presuppongano necessariamente e implicitamente, per la loro configurabilit, il dolo (p.e. art. 674 c.p., getto pericoloso di cose). La maggior parte dei reati ambientali sono contravvenzioni; essi, dunque, possono essere commessi indifferentemente con dolo o con colpa.

5. I reati ambientali: le cause di estinzione del reato. Si tratta di un insieme di cause tra loro eterogenee, previste e disciplinate nel titolo VI del libro I del codice penale, che riflettono ragioni estranee o confliggenti rispetto alle esigenze di tutela penale del bene protetto, e che hanno come effetto comune di paralizzare la punibilit quale effetto tipico dellillecito penale. Pi precisamente, il codice penale distingue le cause di estinzione del reato dalle cause di estinzione della pena: entrambe si limitano soltanto ad escludere effetti o alcuni effetti del reato, sono cio in tal senso solo cause di esclusione o estinzione di effetti penali del reato; lunica differenza consisterebbe nella pi intensa e profonda incidenza delle prime rispetto alle seconde su ci che normalmente il reato comporta. Quelle che acquistano maggiore rilevanza in relazione ai reati ambientali sono: 1) la prescrizione: una causa estintiva costituita dal decorso del tempo senza che alla commissione del reato segua una sentenza di condanna irrevocabile. Lart. 157 c.p. stabilisce che La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorch puniti con la sola pena pecuniaria. La natura contravvenzionale della maggior parte dei reati ambientali determina dunque tempi di prescrizione pi brevi. 2) loblazione. Ne esistono due forme: loblazione comune e loblazione speciale. Loblazione comune prevista dallart. 162 c.p., secondo il quale Nelle contravvenzioni, per le quali la legge stabilisce la sola pena dellammenda, il contravventore ammesso a pagare, prima dellapertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento. Il pagamento estingue il reato. La ratio dellistituto individuata nellesigenza dello Stato di definire con economia e sollecitudine i procedimenti concernenti i reati di minima importanza. Loblazione speciale prevista dallart. 162 bis c.p. per le contravvenzioni punite con la pena alternativa dellarresto o dellammenda e deve essere applicata discrezionalmente dal giudice (Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dellarresto o dellammenda, il contravventore pu essere ammesso a pagare, prima dellapertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla meta del massimo dellammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento. Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente alla met del massimo dellammenda. Loblazione non ammessa quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dellart. 99, dallart. 104 o dallart. 105, n quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore. In ogni altro caso il giudice pu respingere con ordinanza la domanda di oblazione, avuto riguardo alla gravit del fatto. La domanda pu essere riproposta sino allinizio della discussione finale del dibattimento di primo grado. Il pagamento

delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il reato). La natura contravvenzionale dei reati ambientali determina la possibilit, sussistendo i presupposti richiesti dagli articoli 162 e 162 bis c.p., di estinguere il reato per oblazione. 3) la sospensione condizionale della pena (artt. 163 -168 c.p.): essa svolge una generica funzione di prevenzione speciale fondata sulla presunzione di sufficienza della sola pronuncia di condanna e sulla minaccia della sua futura esecuzione. I presupposti di applicazione della sospensione condizionale ordinaria della pena sono: a) una sentenza di condanna a pena detentiva, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta a pena detentiva e ragguagliata ex art. 135 c.p. non superi un determinato limite oggettivo, e cio due anni (per i minori di anni diciotto, i giovani adulti e gli ultra settantenni il limite rispettivamente di 3 anni, di due anni e sei mesi e di due anni e sei mesi); b) una prognosi favorevole sulla personalit del condannato: se la pena concretamente inflitta non supera i limiti sopra indicati, il giudice conceder la sospensione condizionale della pena qualora, avuto riguardo alle circostanze indicate nellart. 133 c.p. (gravit del reato e capacit a delinquere) presume che il colpevole si asterr dal commettere ulteriori reati. La concessione della sospensione condizionale sospende la pena principale per il periodo di 5 anni, se la condanna per delitto, e di 2 anni se la condanna per contravvenzione. Se nei termini stabiliti il condannato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole e adempie agli obblighi imposti, il reato estinto. La circostanza che i limiti massimi di pena previsti per i reati ambientali siano piuttosto bassi rende spesso possibile la concessione della sospensione condizionale. In materia ambientale spesso prevista una disciplina particolare della sospensione condizionale. Cos, ad esempio, larticolo 257, d.lgs. 152/2006, in tema di omessa bonifica, dopo avere stabilito che Chiunque cagiona linquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio punito con la pena dellarresto da sei mesi a un anno o con lammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformit al progetto approvato dallautorit competente nellambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti e che Si applica la pena dellarresto da un anno a due anni e la pena dellammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se linquinamento provocato da sostanze pericolose, al terzo comma prevede che Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dellarticolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena pu essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.

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