Vous êtes sur la page 1sur 3

ANNO XV NUMERO 79 - PAG I

IL FOGLIO QUOTIDIANO

SABATO 3 APRILE 2010

Torna lurlo di Fackenheim: il pensiero occidentale non ci ha strappato dalla fossa che si spalancata con lOlocausto. In quellabisso mancato il Dio dei cristiani
di

TEOLOGIA SENZA CROCE

Riccardo De Benedetti

importanza di un libro si misura sulle domande che pone, non per le risposte che contiene. Molte di quelle presenti nel libro di Emil L. Fackenheim, Tiqqun. Riparare il mondo. I fondamenti del pensiero ebraico dopo la Shoah, sono laceranti e da noi difficilmente ascoltabili. Ora queste domande si possono leggere grazie alla traduzione che ne fa Martino Doni per le Edizioni Medusa a ventotto anni dalla sua pubblicazione negli Stati Uniti. Tutto ruota sullaffermazione perentoria e non aggirabile della dimensione essenzialmente ontologica della Shoah e sulla ricerca di quale filosofia e teologia siano adeguate allevento. Costretto a occuparsi di ci che accaduto agli ebrei, la tesi principale di Fackenheim, il pensiero occidentale non pi in grado di comprendere e interpretare il reale. La Shoah, con lenormit del suo accadere e lincancellabilit dellorrore che porta con s, non pu essere dissolta in una delle tante totalit concettuali che la filosofia ha prodotto nel corso della sua storia. La filo-

concepire per gli ebrei un qualche ruolo, forsanche vicario, in un qualsiasi dramma salvifico. Il sospetto che la salvezza in Cristo e da Cristo abbia potuto mettere in conto lestinzione del popolo eletto si aggiunge come ulteriore motivo di angoscia. Per larga parte dellebraismo postShoah la cristologia ha uno stretto rapporto con le persecuzioni che gli ebrei hanno subito nel nome di Cristo. Le attuali difficolt che si registrano nel dialogo ebraico-cristiano sono comprese tutte allinterno di questo rifiuto della Croce. Sono ancora poche le idee teologiche in grado di cogliere la dimensione radicalmente critica che il libro di Fackenheim ha fatto e fa emergere. Se Cristo non pi in grado di riorientare la Storia, anzi, se la sua stessa Croce motivo di rifiuto per coloro che hanno provato e subito lorrore, su cosa si possono confrontare ebrei e cristiani? Mi chiedo, spero senza urtare la sensibilit di alcuno, se non si possa leggere nella teologia di Fackenheim, un tentativo di sostituzione del cristocentrismo. Dopo Cristo la Shoah a dover ricentrare la Storia, lo fa in quanto evento inaudi-

La Shoah rimane evento impossibile da redimere, e quindi radicale e infinita inquietudine per il pensare cristiano
sofia non solo ne profondamente interrogata ma, come voleva Adorno, ammutolita, paralizzata e cancellata. I metafisici non ci hanno strappato dalla fossa che si spalancava, urla Fackenheim, in pagine di confronto profondissimo con Spinoza e Rosenzweig (la lettura della filosofia di Heidegger semplicemente drammatica). Della Shoah pu fare memoria, non filosofia, solo chi lha subita, ritrovando al fondo di questo racconto straziante nullaltro che la fedelt a se stesso del popolo ebraico. Nellabisso che si spalanca manca Dio. Cosa questo comporti per tutti coloro che nel ricordo di ci che accaduto ad altri loro simili non possono far altro che rivivere il proprio senso di colpa, per ancora da pensare. Come ripristinare (tiqqun) la vita etica e morale delloccidente cos brutalmente revocata dallontologia distruttiva della Shoah? Posto in questi termini ci che accaduto nella Storia, prima e dopo la Shoah, non pu pi avere una misura sua propria. Che significato potranno ormai avere le sofferenze dei non ebrei se un evento storico strappato dalla sequenza degli altri avvenimenti per assumere una funzione che tutti li trascende? Fackenheim chiaro: solo gli ebrei, tra le genti, hanno subito il tentativo, per poco non realizzato, di essere sterminati sulla base esclusiva del loro essere. Solo a loro, infatti, stato imputato il crimine di esistere. La scelta di ontologizzare la Shoah, pu essere letta come unopposizione preventiva ai tentativi di relativizzare la Shoah e minimizzarla sul piano storico, ma la strategia perseguita da Fackenheim non affatto priva di conseguenze pi ampie. Alcune di queste si osservano abbastanza chia-

I cristiani, accettando la loro designazione di ariani, finirono con labbandonare i non ariani alla loro sorte
to oltre il quale non c pi nulla che si possa intendere alla vecchia maniera hegeliana dei superamenti progressivi (per Fackenheim Hegel il pensatore cristocentrico per eccellenza). La Shoah compresa come evento insuperabile conduce direttamente alla revoca di ci che essenziale per i cristiani, vale a dire il ruolo salvifico del Cristo. Tiqqun lo mostra con una chiarezza alla quale dovremmo riservare gratitudine. E il nazismo ad aver spinto il cristianesimo nella scomoda condizione di dover continuamente ammettere reticenze e colpe su fatti e testi, prassi e convinzioni delle sue chiese e della sua dottrina. Si pu dire quasi che ormai viva sotto lingiunzione di emendare la propria colpa, in un processo pressoch infinito, imparando da questa sua pena a praticare lo spazio residuale che resta alla fede. Fackenheim netto: Accettando, se non addirittura tollerando tacitamente, la loro designazione di ariani, i cristiani, pur non intenzionalmente, finirono con labbandonare i non ariani alla loro sorte. Si resta profondamente turbati dallinsidiosit di questo attacco nazista al cristianesimo, forse il pi profondo dei molti, e non resta che rimpiangere quel kairos che fu mancato. Come possono i cristiani del dopo Olocausto affrontare questo trauma?. Fackenheim riconosce che il nazismo muove alla distruzione anche del cristianesimo, non solo degli ebrei, ma la debolezza che imputa ai cristiani di quelle da cui non ci si riprende facilmente. Che significa, infatti, per i cristiani accettare una caratterizzazione razziale se non labiura pi radicale dellessere della propria fede? (segue nellinserto VI)

Marc Chagall, Crocifissione bianca, 1938, The Art Institute di Chicago

ramente nella diversit di trattamento che la memoria collettiva riserva alle vittime di altri eventi storici, carichi anchessi di violenza e sadismo. Al semplice ricordare i milioni di morti dei socialismi reali si sono alzate grida contro lillegittimo furore comparativista. Su Hiroshima, altro esempio, dopo le grandi riflessioni di Karl Jaspers e di Gnther Anders (scompare dai ricordi il suo Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki), difficile ormai leggere qualcosa di significativo. Dopo di che si pu pur convenire che la valutazione storica una cosa e il giudizio onto-teologico un altro, ma lo scarto aperto dal trattamento che la sofferenza delluomo riceve da questo modo di impostare le cose rimane. Cosa ci resta da fare e da capire nella e della Storia una volta che labbiamo ripiegata sulla Shoah? Possia-

mo, che so, considerare le sofferenze del Gulag come un pallido anticipo o un altrettanto anemico seguito di ci che accaduto agli ebrei? O un avvicinarsi asintotico e quindi infinito della condizione umana a quella delle vittime della Shoah? O possiamo considerare gli ebrei come il simbolo pi perfetto della condizione universalmente tragica delluomo, e possiamo guardarli come un vertice inarrivabile di dolore e disperazione? E, anche in questo caso, dovremmo ancora interrogarci sul senso di questo primato, per altro n voluto n cercato. Ma Fackenheim procede oltre, va diretto verso la teologia. Rifiuta qualsiasi interpretazione espiatoria della Shoah: gli ebrei non dovevano espiare nulla e di nulla dovevano rispondere se non della propria esistenza come comunit di fedeli al Dio unico con il quale hanno stretto un patto,

qualche volta disatteso, ma sempre riconfermato e tenacemente difeso. Credere quindi che la Croce cristiana possa raccogliere e conservare il senso di ci che accaduto pura bestemmia, se vero che la presenza di Dio la si riconosce nelle domande che lascia senza risposta. E nella Shoah il tacere di Dio assoluto (Wiesel). Vero anche che lo stesso Cristo agonizzante in croce non ottiene risposta alcuna dal Padre che invoca nel momento dellabbandono, e pur non producendo alcuna consolazione pochi lo hanno ricordato agli ebrei. A causa della presenza-assenza di Dio dopo Auschwitz la vita dellebreo, non la sua morte, ad essere sacra, dice Fackenheim ( lo stato di Israele ora a vigilare su questa vita). La conseguenza che la Shoah rimane evento impossibile da redimere, e quindi radicale e infinita inquietudine per il

pensare cristiano. Con tutta la delicatezza con la quale si potrebbe avvicinare la Croce ad Auschwitz il gesto ormai non pu essere accettato. Di fronte a questo rifiuto resta solo lo spazio della riflessione, dal momento che il rifiuto della Croce interroga il cristiano alla radice della sua fede. Il fatto che la Shoah si presenta agli ebrei come la tragedia assoluta di una salvezza mancata, dopo due millenni di sofferenze ed esilio imputate al cristianesimo. Per la teologia ebraica della Shoah non c alcuna corrispondenza possibile tra la morte di Cristo e quella degli ebrei. Anzi, da questo lato la morte di un ebreo come Cristo contro i milioni di ebrei innocenti sterminati non recupera alcun significato utile ad alleggerire il discorso sulla colpa del cristianesimo. Di pi, impensabile che qualcuno possa

Gruppo di bambini internati in un lager

Lingresso di Auschwitz con la scritta Il lavoro rende liberi

Da sinistra Josef Mengele, lultimo comandante di Auschwitz Richard Baer e il suo aiuto, Karl Hcker

ANNO XV NUMERO 79 - PAG VI

IL FOGLIO QUOTIDIANO

SABATO 3 APRILE 2010

Il nazismo fu la confutazione storica del cristianesimo. Ma c chi ebbe piet


(segue dallinserto I) Ma prima di poter superare un trauma occorrerebbe riconoscerlo e i cristiani questo, dice Fackenheim, ancora non lhanno fatto. Sono, infatti, ancora sostenitori di una teologia inadeguata, addirittura impraticabile dopo la Shoah, perch convinta che limmane sofferenza patita dagli ebrei possa ancora partecipare di quella del Cristo, lunica in grado di operare la redenzione del mondo. Anche in questo caso la franchezza di Fackenheim esemplare: se luomo generico partecipando delle sofferenze del Cristo le completa facilitando la sua opera di redenzione, lo stesso non pu dirsi di una sofferenza non scelta ma imposta e somministrata da una potenza terrena nutrita di un odio totalizzante ed esauribile solo con la definitiva estinzione del suo oggetto. Limpossibilit di guarire il mondo dopo quello che successo obbliga i cristiani a uscire dallequivoco secondo il quale basti chinarsi sulla tragedia degli ebrei credendo che essa in un modo o nellaltro abbia risparmiato i cristiani. Non vero, la Shoah ha coinvolto i cristiani, sebbene a subire il tentativo di sterminio siano stati gli ebrei. Dopo la Shoah non c modo di cogliere nella Storia una qualche ripartizione coerente e bilanciata delle responsabilit, nello stile di una trime-

UN CRISTO CHE NON CI SALVERA

Teologia senza croce

strale aziendale. Lunico modo di far- Cristo non salva alcunch, questa la lo quello, vetero-hegeliano, di ri- confutazione pratica del cristianesimo comprendere gli accidenti della Sto- che il nazismo ha introdotto nella Storia allinterno del suo movimento. Ma ria e che lebraismo non manca mai di Fackenheim ci dice, con Jean Amry, ricordare ai cristiani. Eppure entramche la Shoah un evento non pi su- bi sanno che solo da questo nodo perabile. Come la mettiamo? che potranno avviare tiqqun e teshuLa Shoah non unica a motivo del- vah, intesi rispettivamente come ripale sue dimensioni, razione e pensiero lo nella sua metadella conversione. storicit. E un EMIL LUDWIG FACKENHEIM, Ma senza questa evento che si verifi- Tiqqun. Riparare il mondo. I fonda- preliminare chiaca nella Storia e menti del pensiero ebraico dopo la rezza il dialogo nello stesso tempo Shoah [To Mend the World. Foun- ebraico-cristiano in grado di trascen- dations of Post-Holocaust Jewish continua a incespiderla. Il negazioni- Thought, 1982], a cura di Massimo care su elementi in smo religioso, alla Giuliani, traduzione di Martino Do- fondo inessenziali, Williamson, che ni, Edizioni Medusa (pagine 304, eu- senza prospettiva, noi tutti riteniamo ro 24,50). In italiano stato tradotto esposto ai venti di inaccettabile, forse solo un altro testo di Fackenheim, ricostruzioni storiancor pi di quello ormai introvabile: La presenza di che pi o meno storico, segnala Dio nella storia. Saggio di teologia plausibili, come per che costoro ebraica, Queriniana 1977. il caso di Pio XII. hanno percepito In effetti, il silenzio meglio di altri la che si rimprovera a posta in gioco, e per non capitolare quel Papa non solo un atto mancato, del tutto negano il presupposto eve- come ha detto il presidente della conemenziale, cio dicono che non an- munit ebraica romana Riccardo Padata come andata. Se riconoscesse- cifici a Benedetto XVI, perch per i ro che la Shoah si verificata nelle cristiani lefficacia dellazione redenmodalit descritte dai testimoni do- tiva nella Storia era in qualche modo vrebbero accettare le conclusioni che preservata da coloro che, da cristiani, lebraismo ne trae in ordine non tanto si adoperavano per la salvezza degli alla sola responsabilit storica del cri- ebrei. Questi cristiani non avevano bistianesimo ma anche nei riguardi del- sogno che il Papa parlasse per agire la sua insostenibile soteriologia. Il come hanno agito. Ma proprio que-

Giovanni Pisano, Crocifissione, particolare del pulpito della chiesa di SantAndrea a Pistoia, 1301 (Archivi Alinari)

sto che la teologia della Shoah di Fackenheim rimprovera ai cristiani: di aver creduto ancora possibile una qualche redenzione dopo un orrore cos indicibile. Ad Auschwitz i neonati venivano gettati nelle fiamme ancora vivi. Le loro grida si potevano udire in tutto il campo. Trovare una redenzione nella sofferenza di questi bambini, o di coloro che udivano quelle grida, unimpossibilit umana e, si spera, anche divina. Ma se cos quale significato possiamo dare allagire

di chi ha cercato di salvare anche uno solo di questi bambini? Non forse il segnale di una redenzione possibile, la cui economia ancora tutta da comprendere, per quanto non dovrebbe poi essere cos lontana da quelleconomia della salvezza prima rifiutata? O solo il rovescio, altrettanto insensato e ininfluente, delle atrocit commesse ad Auschwitz? Ma chi pu assumersi lonere terribile di rendere insensata la piet? La fede nella redenzione cristiana

dovrebbe essere cos profondamente scossa dalla Shoah da non potersi pi esercitare e pensare, ma perch pi di un cristiano, anche se troppo pochi come disse Giovanni Paolo II a Berlino nel 1996, si impegn a salvare gli ebrei? Lo fece contro il suo stesso credo? O forse continuando ad essere un cristiano era gi quasi un bravo ebreo? Riccardo De Benedetti giornalista e saggista, si occupa di filosofia

Fackenheim vola nei cieli dellontologia, ma la storia non finita con la Shoah
di

Giorgio Israel

iqqun di Fackenheim non , come qualcuno ha preteso, un libro che sviluppa una teologia dellOlocausto. Come dice lautore non ci pu essere una disciplina di questo tipo. Ma c egli aggiunge una teologia che sfidata dallOlocausto e che, evitando ogni tipo di fuga, salva la propria integrit auto-esponendosi ad esso. La questione delicata perch una teologia ebraica nel senso stretto del termine non esiste. Difatti, nellebraismo gli eventi divini sono momenti di un percorso interminato e proiettato verso la fine dei tempi e verso la redenzione messianica. Questo percorso vive nella tensione continua tra il sistema dei precetti, la cui osservanza garantisce in modo quasi automatico di restare entro i confini di una vita irreprensibile, e lammonimento profetico contro il rischio dellautomatismo: la confusione tra formalismo e morale. E una tensione che riecheggia anche nel Talmud quando, chiedendosi perch mai fu distrutto il Secondo Tempio proprio in un periodo in cui il popolo seguiva in modo irreprensibile i precetti, si dice che Gerusalemme fu distrutta unicamente perch vi si seguiva scrupolosamente la legge della Torah. Lebraismo ha tratto la sua forza dalloperare continuo di questa tensione. Se il Talmud ha enfatizzato il primo termine le correnti mistiche e messianiche hanno riproposto il messaggio profetico, fino alla sua forma pi recente rappresentata da Teodoro Herzl e dal sionismo. La Kabbalah rappresenta ci che pi nellebraismo vicino alla teologia, sebbene si tratti pi che altro di teosofia e di esplo-

razione delle forme della vita divina, al fine di colmare labisso tra uomo e Dio attraverso un percorso di avvicinamento mistico. Forse la Kabbalah pi teologica (ma sempre in un senso molto speciale) quella cui fa riferimento il titolo del libro di Fackenheim: Tiqqun. E la Kabbalah cinquecentesca di Safed, soprattutto quella di Isaac Luria. Gershom Scholem ne ha approfondito le motivazioni individuandole nel terribile dramma che fu per lebraismo lespulsione dalla Spagna nel 1492. Fackenheim, con molta superficialit, considera questo dramma come un evento di rilievo minore della Shoah. Invece esso fu un cataclisma epocale. Come osserva Scholem, ci volle un secolo perch fosse assimilato, dando poi luogo alla Kabbalah di Safed che, a sua volta, ispir una drammatica speranza di redenzione che culmin in unesplosione vulcanica di messianismo di cui fu principale esponente fu il falso messia Sabbatai Zev. Furono eventi le cui ondate si propagarono fino al Settecento. La dottrina di Luria affront in modo audacissimo il problema del male identificandone addirittura lemergere in un errore cosmico avvenuto nellatto creativo del mondo. La creazione del nulla era spiegata con un atto di autocontrazione (tsimtsum) di Dio, una sorta di esilio divino con cui Egli fece posto a uno spazio finito e vuoto in cui doveva propagarsi lemanazione generatrice del mondo. Durante il processo emanativo i vasi che trasmettevano la luce divina non ne sostenennero la potenza e si ruppero in frammenti, cos che molte scintille della luce divina si diffusero in unesplosione cosmica e restarono imprigionate negli strati inferiori del

mondo del male. Il compito del popolo ebraico ricercare ovunque le scintille divine per estrarle e farle ascendere ai livelli superiori, in vista di una riparazione universale (Tiqqun). Trovano cos senso sia il dramma della prigionia del bene che lesilio del popolo ebraico condannato alla dispersione per il compito di ricercare i frammenti dispersi fino alla redenzione finale. Il Tiqqun per un evento destinato a compiersi alla fine della storia, in coincidenza con lavvento messianico, da costruire giorno per giorno nella

pratica con cui lebreo riconosce i suoi errori e i suoi peccati e ad ogni istante ricomincia daccapo: la Teshuvah. Questultima la riparazione a misura duomo, Tiqqun levento conclusivo, che costituisce la riparazione della vita divina, dellerrore avvenuto nellatto creativo. Nel pensare il Tiqqun come atto di riparazione del mondo dallevento metastorico rappresentato dalla Shoah, Fackenheim rischia di proporre una teologia apocalittica che gi una volta minacci di dissoluzione un ebraismo che, dopo essere stato colpito nel 1492

Bambini deportati mostrano il numero tatuato sul braccio

dalla dispersione e dalla distruzione (tra roghi, conversioni forzate e marranismo), era caduto nello smarrimento provocato dal falso messianismo e dalla conversione finale di Sabbatai allislam. In realt, Fackenheim fa molto di pi: egli propone il Tiqqun nella cornice di unontologia di un Olocausto di cui dichiara lassoluta unicit: un evento la cui riparazione necessaria affinch il mondo possa riprendere il suo cammino che si arrestato per lenormit dellaccaduto ma che in realt sembra possa compiersi soltanto allinterno dellebraismo. Di fronte al librarsi di Fackenheim nel cielo dellontologia, ci si vergogna quasi di scendere sul triviale terreno dello storiografia per contestare la tesi dellassoluta unicit della Shoah. Ma, in fin dei conti, proprio Fackenheim ad avvalorare questa tesi sul piano storico. Solo che lo fa con pochi e scarni argomenti, dati come ovvi. Le sue righe sbrigative sfigurano dinanzi alla profondit con cui un Vassili Grossmann ha esplorato il senso del legame profondo tra Lager e Gulag. Quindi, Fackenheim prende un incerto volo verso lontologia, e intesse un dialogo esclusivo proprio con quella tradizione della filosofia la cui pretesa di costituire una scienza assoluta dellessere una radice dei mali che hanno colpito la civilt europea. Viene da chiedersi perch mai Fackenheim dialoghi in modo povero e piattamente recriminatorio con Spinoza; perch scelga qualsiasi interlocutore filosofico salvo che Husserl, ovvero colui che trov la forza e la speranza, anche negli ultimi anni quando ebbe la Gestapo sotto casa, di proporre una via duscita per salvare la vocazione filosofica europea liberandola dalle impasses dei grandi sistemi

ontologici. Viene da chiedersi perch non dialoghi con un filosofo cristiano cos attento al tema della memoria come Paul Ricoeur; e perch senta cos poca consonanza con le correnti dellermeneutica (Lvinas incluso) e della fenomenologia. E viene da rispondere che egli si chiuso da solo in una sterile prigione pretendendo che le aporie teologico-filosofiche suscitate da Auschwitz siano un fatto inedito nella storia storia, e ricercando il Tiqqun filosofico (come lo chiama) nel posto sbagliato. Ontologizzando la Shoah Fackenheim legittima la domanda di De Benedetti se egli non stia proponendo un tentativo di sostituzione del cristocentrismo. Chi scrive non ha il timore di De Benedetti di urtare suscettibilit e ritiene che, s, dal punto di vista ebraico questa di Fackenheim uneresia cristologica. Col tentativo di fare della Shoah il sostituto di Cristo (nello stile di un moderno sabbataismo) e col presentare il Tiqqun come un heideggeriano ritorno al da del Dasein ebraico, Fackenheim congeda lebraismo. Difatti, egli dice: Senza una tradizione recuperata non c futuro per gli ebrei. Tutto qui? A questo si riduce il Tiqqun che dovrebbe riparare il mondo? In effetti, si riduce a questo perch il cataclisma ontologico arrestando la storia imprigiona anche lebraismo mutilandolo della sua dimensione profetica che alla storia appartiene irrevocabilmente. Ma la storia non si lascia arrestare da nessuna sentenza circa il carattere ontologicamente inassimilabile e insuperabile di un evento. Giorgio Israel docente di Storia della matematica allUniversit La Sapienza di Roma e studioso di problemi dellebraismo

ANNO XV NUMERO 79 - PAG VII

IL FOGLIO QUOTIDIANO

SABATO 3 APRILE 2010

MA GIOBBE SOFFRIRA IN ETERNO?


Il teologo Cottier contesta Fackenheim e sostiene che Dio non rester muto
sfocia su un atto di speranza eroico. Ma tale non la via scelta da Fackenheim. Il pensiero di Fackenheim unespressione di spicco della religione della Shoah cos chiamata e analizzata da Alain Besanon. La tragedia della Shoah che ha colpito il popolo ebraico e che ha ferito in maniera incancellabile la sua memoria, unica, a tal punto che il paragone con altre tragedie rigettato come una blasfemia. Nellabisso che si spalanca manca Dio: non si tratta di un silenzio temporaneo, ma di un fatto dato come irreversibile. Per i cristiani come per gli ebrei fedeli alla religione dei loro padri, la Shoah unica, perch il popolo che colpisce il popolo eletto da Dio. In questo senso, il crimine contro questo popolo simultaneamente un crimine contro il Dio dellAlleanza. La religione della Shoah fa dellesperienza del silenzio di Dio vissuta da tante vittime innocenti una categoria metafisica. La relazione a Dio diviene estranea alla definizione dellunicit dellevento. Rimane soltanto la fedelt a se stesso del popolo ebraico. Davanti a questa secolarizzazione radicale, non possiamo non porre la domanda patetica: qual il fondamento di questa fedelt, se non c pi la fedelt di e al Dio dellAlleanza? E necessario a questo punto ricordare da quale ideologia i persecutori e gli assassini del popolo ebraico hanno tratto la loro ispirazione. Il dio

Teologia senza croce

di

George Cottier

on mi riferisco direttamente allopera di Fackenheim ma alla presentazione che ne d Riccardo De Benedetti. Una prima difficolt capire il significato di ontologico applicato allevento della Shoah. Probabilmente vuol esprimere non soltanto lunicit della Shoah ma la sua funzione di principio strutturante la storia, di punto di riferimento per tutti gli altri avvenimenti. Ne riceve una posizione trascendente. E probabile che laffermazione abbia anche il senso di denuncia critica delle grandi filosofie razionaliste, come quella di Hegel, che relativizzano levento, e specialmente levento carico di male, facendone un momento dello sviluppo della storia come processo razionale e necessario. Tale critica, se questo il caso, era gi stata formulata da Kierkegaard. Davanti alla mostruosit della Shoah, le spiegazioni razionalistiche sono totalmente inadeguate e derisorie. Infine, positivamente, laggettivo ontologico vorrebbe sottolineare che si tratta, con la Shoah, di un male assoluto, faccendone una specie di entit. Ma cos si profila allorizzonte lombra dellantico dualismo. Infatti, la Shoah ci mette a fronte di una dimensione abissale del male. Spontaneamente si pensa allinterrogazione piena di ansia di Giobbe, la quale

del nazismo, immanente alla natura e alle sue forze irrazionali, un dio pagano, un idolo, che non poteva non combattere il Dio della rivelazione. Dalle profondit tenebrose della natura divinizzata e delle sue energie biologiche, proviene la divisione dellumanit in razza superiore e razze inferiori, schiavi o razze non degne di sopravvivere. Laffermazione della razza superiore, grazie alla forza, della sua superiorit, equivale ad una elezione. La razza superiore la razza eletta. La guerra di conquista per lei un diritto, diritto di essere fedele a questa elezione. Leliminazione del popolo dellAlleanza considerato come un concorrente, un corollario di questa mostruosa pazzia. Cos lideologia nazista rappresenta una parodia satanica dellelezione divina del popolo ebraico. Pio XI, dichiarando che noi cristiani siamo spiritualmente dei semiti e pubblicando lenciclica Mit brennender Sorge (redatta dal futuro Pio XII) aveva denunciato una impostura che offendeva la santit di Dio stesso. Che dei cristiani abbiano utilizzato il simbolo della croce come se fosse la giustificazione della persecuzione degli ebrei uno scandalo per la quale la chiesa domanda perdono. Ma per la fede cristiana la croce lo strumento che lamore di Dio ha scelto per la nostra redenzione. Larticolo tocca un tema centrale, oggetto di un malinteso dolorosissimo fra ebrei e cristiani. Lo fa nella logica della re-

Giovanni Pisano, La strage degli innocenti, particolare del pulpito della chiesa di SantAndrea a Pistoia, 1301 (Archivi Alinari)

ligione della Shoah. Se la Shoah, come linterpreta Fackenheim, il centro della storia, questo significa che si sostituisce a Cristo. Ma come, se Dio ne assente, tale evento pu avere un valore redentore? O non c redenzione o la redenzione diviene lautoredenzione delluomo, della quale Dio stato espulso. Siamo nella logica dellumanesimo ateo. Per Fackenheim, leggiamo, Hegel il pensatore cristocentrico per eccellenza. Ma Hegel rappresenta in realt una gnosi cristolo-

gica, nella quale la fede in Cristo non pu riconoscersi. La redenzione oggetto di fede. Per i cristiani, il suo fondamento la persona stessa di Cristo, che per il dono di s ha offerto allumanit la liberazione dal peccato. Lopera della nostra redenzione si sviluppa nel tempo della storia, nella lotta spirituale contro le forze del peccato, prima nel nostro cuore ma anche nel mondo. La vittoria definitiva sul male non sar data allinterno della storia presente, ma al di l.

Cristo risorto dai morti primizia di coloro che sono morti, scrive Paolo ai Corinzi (1 Corinzi 15, 20), precisando che se la nostra speranza in Cristo fosse soltanto per questa vita, siamo da commiserare pi di tutti gli uomini. Non abbiamo quaggi una citt stabile, ma siamo pellegrini in cerca della citt futura. Lass tutto sar rivelato e vedremo come lamore di Dio ha sconfitto ogni male. Il domenicano George Cottier cardinale, teologo emerito della Casa pontificia

Il vangelo nazista prosper sul fatale divorzio tra chiesa e sinagoga


di

Paolo Ricca

on sono sicuro di aver capito tutto quello che larticolo riferisce del libro di Fackenheim. In particolare non capisco bene che cosa egli intenda per dimensione essenzialmente ontologica della Shoah, come pure non sono certo di aver capito laffermazione secondo cui dopo Cristo la Shoah a dover riorientare la Storia La Shoah compresa come evento insuperabile conduce direttamente alla revoca di ci che essenziale per i cristiani, vale a dire il ruolo salvifico di Cristo. Ma siccome molto del messaggio del libro di Fackenheim mi sembra dipendere proprio dalla sua scelta di ontologizzare la Shoah e dalla sua negazione, in nome della Shoah, della salvezza di Cristo, pu darsi che quanto brevemente dir a commento dellarticolo non colga propriamente nel segno. Ho pensato, per essere il pi chiaro possibile, di isolare quattro problemi sollevati dallarticolo: (1) Che cosa stata la Shoah. (2) La responsabilit del cristianesimo. (3) Il nesso (impossibile) tra la croce di Cristo e la Shoah. (4) Unicit (o meno) della Shoah. 1. Che cosa stata la Shoah. E stata il tentativo di annientare fisicamente il vero popolo eletto gli ebrei in nome del falso popolo eletto i tedeschi. Lanima del nazismo, si sa, stata la fede, lucida e folle ad un tempo, nel popolo tedesco guidato da Adolf Hitler come popolo eletto, nella razza ariana come razza superiore destinata a dominare le altre, nellideologia nazista come nuovo evangelo. Va da

s che nellantisemitismo nazista confluirono molti fattori: un fenomeno di cos vasta portata, cos inaudito e orrendo non pu avere ununica spiegazione. Ma la ragione di fondo ritengo sia stata quella indicata: agli ebrei stato effettivamente imputato il crimine di esistere perch la loro esistenza metteva radicalmente in questione la pretesa dei nazisti di promuovere i tedeschi come popolo eletto. Non possono esserci due popoli eletti: o i tedeschi o gli ebrei. Lesistenza degli uni la negazione dellesistenza degli altri come popolo eletto. In questa ottica si comprende perch proprio lesistenza degli ebrei che Hitler non poteva tollerare, e perch dovevano essere tutti eliminati, compresi i bambini: perch finch un solo ebreo restava in vita, la pretesa nazista barcollava, anzi crollava. 2. La responsabilit del cristianesimo nella Shoah. E grande, molto grande, pi grande di quello che in generale si pensa. E probabilmente vero quel che Fackenheim sostiene, e cio che i cristiani non hanno ancora veramente fatto i conti con le loro responsabilit nella Shoah n hanno veramente affrontato il trauma che essa comporta. Gli studiosi oggi distinguono, credo a ragione, tra antigiudaismo cristiano e antisemitismo nazista (e non solo nazista): il primo con motivazione religiosa, il secondo con motivazione razziale; il primo ha causato agli ebrei discriminazioni, ghettizzazioni e innumerevoli sofferenze, senza per quasi mai metterne in gioco la sopravvivenza; il secondo nella sua versione estrema nazista li ha votati allo sterminio, allannienta-

mento fisico. La distinzione, credo, legittima. Ma va anche riconosciuto che lantigiudaismo cristiano ha preparato un terreno sul quale lantisemitismo nazista ha potuto prosperare senza incontrare resistenze significative, tranne che in personalit isolate (Dietrich Bonhoeffer) e in gruppi relativamente ristretti. La coscienza cristiana era stata, per cos dire, anestetizzata e resa incapace di reagire. I

cristiani non erano pi in grado di vedere la continuit di fondo esistente tra la loro radice ebraica e la comunit ebraica loro contemporanea. Lantico, fatale divorzio tra chiesa e sinagoga avvenuto nel II secolo aveva generato unalienazione profonda, sulla quale si presto innestata una ostilit sorda, cupa, costante, alimentata da parte cristiana da accuse assurde come quella del deicidio, con

Deportati nel lager di Auschwitz

tutto ci che ne seguito in termini di vessazioni, persecuzioni, umiliazioni, pogrom e cos via. Fackenheim ha anche ragione quando dice che accettando la loro designazione di ariani i cristiani finirono con labbandonare i non ariani alla loro sorte. E solo nel nostro secolo, dopo la Shoah, che iniziato tra ebrei e cristiani un dialogo difficilissimo perch vero che il nome di Cristo, vitale per la fede cristiana, il nome della tragedia degli ebrei nei duemila anni di storia che sta alle nostre spalle. Ci vorr molto tempo prima che questo dialogo, miracolosamente avviato, cominci a portare qualche frutto. 3. Il nesso (impossibile) tra la morte di Cristo e la Shoah. Fackenheim ha perfettamente ragione a rifiutare qualsiasi interpretazione espiatoria della Shoah e a sostenere che non c alcuna corrispondenza possibile tra la morte di Cristo e quella degli ebrei. Ed ha anche ragione quando contesta una (ipotetica?) teologia cristiana che sia convinta che limmane sofferenza patita dagli ebrei possa ancora partecipare a quella di Cristo completandola, e cos contribuendo allopera della redenzione. Queste interpretazioni ed elucubrazioni sono senzaltro da cassare. Resta per il fatto che Ges era un ebreo e che la violenza omicida che su di lui s abbattuta nella stessa linea della furia micidiale che, nel secolo scorso, in forme orrende, s abbattuto sul suo popolo. Non c corrispondenza tra la morte di Ges e quella degli ebrei, c per corrispondenza tra le forze oscure e palesi che, nei due casi, le hanno proget-

tate e compiute. Dietro il rifiuto degli ebrei, come dietro il rifiuto di Ges, c, consapevole o no, il rifiuto di Dio. Per quanto concerne in particolare la morte di Ges, c da dire due cose: la prima che il suo valore redentivo non sta nella sofferenza, ma nel dono di s; la seconda che il sospetto di Fackenheim che la salvezza di Cristo abbia potuto mettere in conto lestinzione del popolo eletto completamente infondato: si leggano in proposito i capitoli 9, 10, e 11 della Lettera ai Romani dellapostolo Paolo. 4. Unicit (o meno) della Shoah. Si pu comprendere che Fackenheim la affermi, ma il fatto stesso che nei campi di sterminio vennero ammassati non solo ebrei, ma anche comunisti e oppositori politici di varia ispirazione, zingari e omosessuali rivela che non si trattava solo di sterminare gli ebrei, ma anche altri gruppi umani. E nella storia vi sono state altre comunit che sono state sterminate, perch non dovevano esistere. Menziono solo la comunit catara completamente annientata nel XIII secolo, senza un solo sopravvissuto. Ma gli esempi, purtroppo, sono tanti. Penso quindi che bisogna essere cauti nellaffermare lunicit della Shoah. Unica lo fu certamente per le proporzioni, non per per la qualit del crimine. A molti altri gruppi umani, nella storia, fu imputato il crimine di esistere e furono per sempre cancellati dalla faccia della terra. E la storia non finita. Paolo Ricca teologo e pastore della chiesa valdese, gi presidente della Societ biblica in Italia, esperto di ecumenismo

Vous aimerez peut-être aussi