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Lanalisi sociologica dello sport

di PIPPO RUSSO

La riflessione sociologica sul tema dello sport si presenta come unimpresa discontinua e irregolarmente dislocata, che risente ancora di una difficolt ad assegnare una dignit accademica al tema e a conferirgli uno statuto di specifico campo disciplinare. Lo sport come fenomeno sociale, infatti, continua a essere un oggetto danalisi periferica, sul quale convergono approcci teorici eterogenei per estrazione disciplinare e strumenti analitici, ognuno con paradigmi e apparati concettuali propri, col risultato di enfatizzare quasi sempre aspetti singoli del fenomeno stesso. Rimangono ancora limitati i tentativi di spiegazione sistematica, assurti con stupefacente velocit al rango di classici proprio in ragione di una mancanza di concorrenza teorica, oltre che di una cos marginale collocazione del tema nellambito delle scienze sociali e di un altrettanto carente sforzo sistematico nellapprontare schemi concettuali e modelli di analisi endogeni. Cos, allosservatore che si ponga lo scopo di trarre un bilancio sullo stato dellarte della sociologia dello sport non resta che registrare la presenza di una serie di studi circoscritti nei temi e nella dimensione indagata, e un fiorire di ricerche empiriche provenienti soprattutto dagli ambienti accademici anglofoni che dalla loro stessa dimensione micro vengono rese utilizzabili soltanto in termini di agenda (la legittimit del tema scelto come issue rilevante dellambito disciplinare), non certo per il contributo euristico offerto alla causa di una pi puntuale definizione del campo teorico. La stessa filiazione della sociologia dello sport come sotto-disciplina risulta problematica: non esiste infatti una opinione univoca sulla disciplina-madre cui essa dovrebbe fare capo. Lopinione pi diffusa, e tutto sommato pi accreditabile, quella che vorrebbe far rientrare gli studi sociologici sullo sport allinterno del campo dei cultural studies; ma non mancano gli approcci che riconducono il tema nellambito della sociologia politica (Porro 1995), o della sociologia dellorganizzazione (Slack 1997); quelli che fanno della lettura dei processi legati allo sport unefficace cartina di tornasole per analizzare lequilibrio dei rapporti fra generi (Creedon 1994; Cole, Messner e Mc Kay 1997); quelli che proiettano in focus sui comportamenti devianti, sia sul versante degli atleti che del pubblico (Dal Lago 1990;
RASSEGNA ITALIANA DI SOCIOLOGIA / a. XLI, n. 2, aprile-giugno 2000

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Dunning 1971; Elias e Dunning 1989; Roversi 1992); quelli che declinano il rapporto fra sport e mass media (Rowie 1999; Wenner 1998); e, infine, quelli che ne studiano le trasformazioni provocate dai processi di globalizzazione (Bale e Maguire 1995; Maguire 1999). Il quadro appena delineato fa intendere quanto difficile sia la definizione disciplinare degli studi sullo sport, e la loro specificazione nellambito degli studi sociologici. A partire da queste constatazioni appare dunque necessario delineare i principali riferimenti teorici sullo sport allinterno dello spettro complessivo delle scienze umane e sociali, per poi passare ai limitati tentativi di teorizzazione ascrivibili al campo disciplinare della sociologia, e concludere con lindicazione di alcuni filoni di analisi che possono essere ritenuti di ausilio per una pi compiuta definizione dello sport come problematica sociologica. 1. Sport e teoria sociale Limportanza dello sport nelle scienze umane emerge per la prima volta allinterno del dibattito relativo a quella che stata definita la dialettica lavoro-tempo libero1. Loggetto del contendere attorno al quale le opposte tesi prendevano partito riguardava il primato fra propensione ludico-espressiva e propensione strumentale nellagire umano; quale delle due assume la posizione principale, e quale quella residuale? Luomo esprime primariamente le proprie inclinazioni attraverso quelle attivit che consistono nellimpiego dei mezzi per la realizzazione di fini, rispetto alla quale il tempo dedicato a attivit non strumentali assume una valenza residuale? O, viceversa, egli sviluppa al massimo grado attraverso le attivit espressive la sua natura di animale simbolico, allinterno della quale le attivit strumentali non sono altro che una classe di pratiche designate a definire, assieme alle altre, il rapporto significativo delluomo col mondo circostante? Nel contesto di questa disputa rientra il ruolo dello sport come gioco organizzato e formalizzato, della sua natura nel quadro complessivo delle attivit umane e della sua dignit, primaria o residuale, come pratica. Attorno al dilemma tempo libero-sport/lavoro si sono confrontati alcuni fra i teorici sociali di maggior spicco dello scorso secolo, provenienti da ambiti disciplinari diversi e grosso modo riconducibili a due filoni di pensiero: quello del materialismo marxista e quello del conservatorismo culturale. Secondo il primo filone lattivit spesa nella ricerca del miglior governo possibile delle condizioni materiali dellesistenza rappresenta la
1 Per una esauriente ricostruzione di questo dibattito si veda Hoberman (1984, in part. trad. it. 51-87).

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pi compiuta realizzazione della stessa natura umana; da ci deriva che il lavoro non pu che essere posto in posizione primaria rispetto al tempo libero e a tutte le espressioni che in esso trovano collocazione (segnatamente, nel nostro caso, gioco e sport). Il tempo libero, secondo gli intellettuali riconducibili allinterno di questo filone, non altro che tempo residuo rispetto allattivit di lavoro, e ogni pratica che in esso venga esperita gode di uno statuto inferiore rispetto a quelle che contraddistinguono il tempo di lavoro. In questo contesto, le attivit ludiche e sportive altro non possono essere che pratiche di simulazione o perfezionamento di quelle lavorative. Esemplare di questo modello di approccio la teoria dello storico marxista Gerhard Lukas (1969), secondo il quale il primo sport praticato dalluomo non pu essere stato che il lancio del giavellotto. Tale pratica, infatti, sarebbe il frutto della necessit delluomo di ridurre al minimo il rischio di contatto con belve feroci, o di rendere meno ardua la cattura di prede rapide nella fuga, colpendole a distanza per mezzo di uno strumento letale (la lancia) da usare con la precisione dobbligo per chi non pu consentirsi di scagliare un altro colpo: e dalla necessit di affinare la tecnica di lancio e di migliorarne lefficienza si sarebbe aperto un canale per le pratiche di addestramento, anticamera della ludicizzazione e della sportivizzazione. Come si pu notare, nella ricostruzione fatta da Lukas lattivit praticomateriale a far da levatrice a quella ludico-sportiva. Rispetto a unimpostazione cos monodirezionale, alcuni teorici che si muovono allinterno del medesimo spazio della critica marxista rivalutano il gioco e lo sport come pratiche non secondarie rispetto al lavoro, n reificanti e alienanti come sostenuto dai teorici della scuola di Francoforte. Riprendendo alcuni spunti dei Grundrisse, il sociologo francese Joffre Dumazedier (1959) sostiene che lo stesso Marx aveva previsto il sopraggiungere dellera del tempo libero. A proseguire lungo questa linea di revisione del rapporto fra lavoro e tempo libero si dedicano Francis Hearn (1976/77) e Lawrence M. Hinmann (1977) i quali, pur sostenendo tesi non del tutto compatibili fra loro, conferiscono unimportanza e un significato diversi alle sfere di attivit non materiali della vita quotidiana. A ogni modo, per, nessuno dei critici marxisti citati giunge a scindere il binomio lavoro/tempo libero e a analizzare ciascuno dei termini in modo separato, mai riuscendo a avvicinarsi alla formulazione di una compiuta teoria dello sport come fenomeno indipendente da una matrice materialista delle attivit umane. Laltro filone di riflessione teorica che stato qui citato, opposto a quello del materialismo marxista, quello del conservatorismo culturale. Le tesi sostenute dagli autori riconducibili allinterno di questa posizione fa riferimento alle attivit ludico-espressive come a quelle davvero fondative dellagire umano, rispetto alle quali le pratiche destinate a assicurare le condizioni materiali minime di esistenza non sono che epifenomeni connotati simbolicamente. Il principale esponente di questo

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filone lo storico olandese Johan Huizinga, il cui testo Homo ludens (1938) rappresenta a tuttoggi uno dei pi alti tentativi di fornire un fondamento culturale e teorico al fenomeno del gioco. La tesi di Huizinga sostiene che luomo esprime al meglio la propria natura intima attraverso attivit la cui matrice inequivocabilmente ludica2. Il gioco stesso fornisce secondo lautore una sorta di grammatica del comportamento allindividuo, argomentazione che rappresenta una sorta di anticipazione delle tesi di Caillois sulla categoria ludus dei giochi che pi avanti verranno illustrate; il gioco unattivit a forte connotazione culturale, che si esprime attraverso una ritualit dalla vaga matrice religiosa o rituale e fornisce il principale canale espressivo per linclinazione simbolica della natura umana. Largomentare di Huizinga parte da un presupposto polemologico che si orienta contro due nemici ben identificabili, per quanto mai dichiarati in tutto il corso del libro: lutilitarismo borghese e il materialismo marxista, che in generale rappresentano i bersagli contro i quali si indirizzano gli strali della corrente cultural-conservatrice. Rivalutando il gioco come principale attivit espressiva della natura umana, egli attacca in modo indiretto quanto raffinato le due correnti che dominano la scena ideologica a cavallo dei due secoli e la loro comune matrice strumentalista. Meno raffinata, per quanto pi suggestiva, la proposta del filosofo spagnolo Jos Ortega y Gasset (1924), il quale fa un esplicito riferimento allo sport come fattore di costruzione dello stato. Lelaborazione di Ortega y Gasset si colloca a met strada fra la filosofia della storia e la ricostruzione mitologica; egli, universalizzando un episodio mitico della storia romana (il ratto delle Sabine) indica nel senso di sfida e nello spirito di corpo virilista che motivano la predazione esogina (cio, il rapimento di donne appartenenti a raggruppamenti sociali estranei alla famiglia, alla stirpe e alla trib) il primo gesto emancipatorio rispetto ai vincoli con le cerchie sociali di ascrizione. Il carattere sportivo di questo gesto predatorio viene rintracciato in quella batteria di motivazioni antiutilitariste allinterno delle quali il senso di sfida, laffermazione di identit e la gratuit del rischio giocano un ruolo determinante. La sommatoria del ragionamento di Ortega y Gasset enuncia il carattere irrazionale dellorigine dello stato moderno, e anche in questo caso possibile leggere in controluce la vena anti-razionalista alimentata in polemica allo scientismo marxista e liberal-borghese. Gli approcci di Huzinga e Ortega y Gasset, nonostante il loro valore speculativo e letterario, sono criticabili sotto due profili: quello della
2 In uno dei passaggi pi significativi del libro, lautore scrive: Nel gioco abbiamo a che fare con una funzione degli esseri viventi, la quale non si lascia determinare appieno n logicamente n eticamente. Il concetto di gioco rimane isolato singolarmente da tutte le rimanenti forme di pensiero con cui possiamo esprimere la struttura della vita spirituale e sociale (1938, 10).

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scientificit, rispetto al quale sono entrambe ampiamente opinabili; e quello della fedelt storica, alla cui prova i riscontri sono alquanto labili. Soprattutto, n Ortega y Gasset n tantomeno Huizinga si soffermano sullanalisi specifica dello sport come fenomeno sociale. Allontanandosi dalla tematica sul rapporto lavoro/tempo libero e centrando lattenzione sul gioco e sullo sport, va segnalata lormai classica ricerca dellantropologo francese Roger Caillois (1958), allinterno della quale si procede a una classificazione dei giochi la quale, oltre a rappresentare uno strumento analitico ancora molto valido, apre una prospettiva su quella dimensione agonistica che costituisce il nucleo centrale di ogni fenomeno sportivo. Caillois indica due contrapposte polarit nella vasta gamma di giochi umani: da un lato, i giochi che vengono fatti rientrare nella definizione di paida, che sono quelli che sorgono come fenomeni spontanei dellinterazione fra individui e sono contrassegnati da scarsa regolazione; dal lato opposto, i giochi che vengono ricondotti entro la categoria ludus, i quali evidenziano una tendenza verso la fissazione di principi dazione ai quali i giocatori sono tenuti a uniformarsi. Allinterno di questo continuum, poi, Caillois individua una tipologia quadruplice di giochi: 1) quelli definiti alea, la caratteristica dominante dei quali data dalla preponderanza del caso nella determinazione dellesito; 2) quelli che vengono etichettati come agon, nei quali domina la dimensione della competizione; 3) quelli denominati mimickry, nei quali laspetto della finzione e del mascheramento rappresentano il nucleo dellinterazione ludica; 4) quelli che fanno insorgere una dinamica di ilinx, cio di vertigine e sballo. La tipologia approntata da Caillois, col suo campionario di definizioni e esempi, mantiene ancor oggi un valore analitico, ma mostra un difetto nella carenza di attenzione verso la dimensione individuale dei giochi; la stessa polarit ludus-paida, infatti, avrebbe ben potuto essere spesa nel tentativo di illustrare lambivalente tendenza dellattore a cercare conformit e certezza dinterazione nelle regole (ludus) e a violarle al tempo stesso, dando corso ai propri istinti individualisti e auto-espressivi (paida). Per ci che attiene il tema dello sport, lindividuazione di una classe di giochi riconducibili alla dimensione di agon traccia una linea che fa delle moderne discipline agonistiche fenomeni appartenenti a un modello di espressivit umana originario, per nulla residuali rispetto alle attivit pratiche-materiali di conquista dei mezzi di sopravvivenza. Unultima fonte non sociologica che qui merita di essere passata in rassegna quella che mette in diretta connessione gli sport moderni con la ritualit religiosa delle societ tradizionali e pre-moderne. Il principale rappresentante di questa scuola pu essere indicato nello storico tedesco Carl Diem (1971), il quale individua le prime pratiche proto-sportive nei giochi che venivano celebrati come manifestazioni collaterali alle grandi celebrazioni religiose in molte societ antiche. La connessione fra esperienza mistica, ritualit delle pratiche celebrative e esercizio di una

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fisicit regolata secondo criteri non estemporanei viene indicata da Diem come lorigine degli sport contemporanei. Lanalisi si rivela utile sotto alcuni aspetti, soprattutto quelli relativi al carattere cerimoniale del gioco sportivizzato che nelle teorie fin qui indagate era mancata; la prospettiva di Diem, per, regge a stento alla critica avanzata da Guttman (autore del quale ci si occuper diffusamente tra poco), che poggia su due ordini di eccezioni: lassenza di un carattere fatidico nellinterazione ludica, riassumibile entro lelemento del risultato; il carattere strumentale dei giochi stessi, compresi allinterno di un pi complessivo rito indirizzato allottenimento del favore degli dei. Entrambi i rilievi offuscano quellidea di continuit fra i giochi religiosi pre-moderni e gli sport contemporanei. 2. Le fonti sociologiche sullo sport Passando allanalisi dei lavori sullo sport pi dichiaratamente sociologici, quello che pi di tutti ha segnato il cammino verso la fondazione di una disciplina specifica quello di Allen Guttman, docente di American Studies allAhmerst College. Il suo Dal rituale al record (1978) rappresenta il pi ambizioso tentativo di costruire una teoria sociologica sullo sviluppo degli sport moderni. Guttman individua una connessione fra la parabola dellindustrialismo e la sportivizzazione dei giochi; questa connessione si compone a partire da 7 linee di sviluppo evolutivo, comuni a entrambi i fenomeni: 1) secolarismo: si tratta dellelemento che porta Guttman a assumere posizioni critiche nei confronti della ricostruzione di Diem. Gli sport moderni sono cerimonie laiche, avulse da motivazioni trascendenti e fondate sul primato assoluto della dimensione umana; 2) uguaglianza: gli sport moderni promuovono una democratizzazione della pratica e del consumo rispetto a molte delle attivit proto-sportive delle epoche precedenti. Lo sport consumato e praticato cessa progressivamente di essere una linea di demarcazione fra una classe e laltra. 3) specializzazione: soprattutto grazie alla diffusione e allo sviluppo degli sport di squadra vengono a raffinarsi delle strategie di divisione del lavoro che consentono lottimizzazione delle risorse disponibili; 4) razionalizzazione: la regolamentazione precisa e scrupolosa delle pratiche viene assunta come uno degli imperativi principali per ogni pratica ludico-agonistica che oltrepassi la soglia della sportivizzazione; 5) burocratizzazione: un passaggio reso necessario dalla razionalizzazione; affinch, infatti, alle regole venga garantita effettivit e vincolativit necessaria la creazione di uno o pi organi di coordinamento; 6) quantificazione: questo lelemento che secondo Guttman rappresenta in modo pi significativo la natura degli sport moderni, i quali vengono sottoposti a una forma numerica di razionalizzazione che fa della misurazione di unampia classe di prestazioni lelemento centrale;

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7) record: esso costituisce levoluzione della appena accennata tendenza alla misurazione delle prestazioni e costituisce la massima realizzazione della natura degli sport moderni. Il record, che per la propria natura di performance di eccellenza sanzionata in termini numerici rappresenta infatti la massima realizzazione dellindustrialismo nello sport e si distacca al massimo grado dal rituale, che viceversa rappresentava la natura non quantitativa dei giochi pre-sportivizzati, il concetto che al pi alto grado realizza la sintesi fra giochi sportivizzati e spirito dellindustrialismo. La lezione di Guttman ha costituito per lungo tempo un termine di riferimento per chiunque abbia voluto affrontare un approccio sociologico allo studio dello sport, e molte delle sue intuizioni rimangono valide come strumenti analitici. Ci che sar interessante valutare il grado di resistenza dellimpianto teorico guttmaniano allattuale svolta in senso postindustriale e postmoderno dello sport, che impone una revisione dei paradigmi fin qui utilizzati e della quale si parler pi avanti. Unaltra grande lezione sociologica sullo sport quella formulata da Norbert Elias (Elias e Dunning 1989). Partendo dal suo fortunato paradigma sul processo di civilizzazione come tendenza evolutiva delle moderne democrazie, Elias individu in un analogo processo di sportivizzazione, consistente nella sterilizzazione e formalizzazione dei giochi. Individuata lorigine degli sport moderni nellInghilterra settecentesca, lautore ricostru una corrispondenza fra la fondazione e il consolidamento della prima democrazia parlamentare e la diffusione di un atteggiamento verso i loisir fisici pi incline alla loro regolazione che alla repressione. Ci avveniva in un paese che prima di altri era riuscito a neutralizzare i cicli di violenza interna e a costruire un clima di fiducia reciproca tra fazioni opposte. Lapproccio neo-simmeliano di Elias rimane carente nella spiegazione del perch gli sport di matrice inglese (calcio, rugby, tennis) sviluppatisi entro un contesto storico-sociale ben connotato, abbiano poi trovato diffusione pressoch totale sul pianeta, conquistando il favore presso paesi e culture diversi per cultura, indici di sviluppo e democratizzazione. Un approccio sociologico al tema dello sport che mostra una dichiarata affinit con limpostazione eliasiana quello della scuola configurazionale (Dunning 1971; Elias e Dunning 1989; Bale e Maguire 1994). I suoi teorici sostengono che gli attori degli odierni sport di vertice agiscono allinterno dellagone non soltanto in rappresentanza di se stessi o della compagine in cui sono inseriti, ma sono i rappresentanti di una pi ampia collettivit (che pu giungere a comprendere un intero stato-nazione), dei suoi stili, della sua cultura, delle tensioni correnti allinterno della struttura sociale3.

3 () le pressioni e i controlli reciproci che operano in societ urbano industriali vengono riprodotte generalmente nella sfera dello sport. Ne risulta che sportivi di alto livello non possono essere indipendenti e giocare per divertimento ma devono accettare una modalit di partecipazione allo sport eterodiretta e seria. Non possono pi giocare

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Gli studi configurazionali si sono intrecciati nei tempi pi recenti con quelli relativi agli effetti dei processi di globalizzazione (Porro 1997; Porro 1999). Da questo intreccio si potuta osservare una realt prismatica nella quale realt ormai fortemente post-nazionali conservano uno spazio per lespressione di un intramontabile nazionalismo sportivo (Russo 1999). Spostando lottica in direzione delle teorie critiche sullo sport, il contributo pi degno di nota quello del sociologo francese Pierre Bourdieu (1979; 1980); il quale, facendo ricorso al suo concetto di campo, ha visto nello sport un ambito contrassegnato simbolicamente entro il quale si riproducono fedelmente le asimmetrie vigenti allinterno del sistema sociale complessivo4. Il modello di riferimento, secondo Bourdieu, rimane quello dello sport elitario, con la sua dimensione di campionismo e di enfasi sul successo personale che veicolano i medesimi contenuti alle classi sociali privilegiate e a quelle subalterne venendo recepito in modo diverso a seconda delle aspettative che si trova a incontrare. Lultima tematica sociologica sullo sport da passare in rassegna quella che fa riferimento allo sport per tutti. Essa parte dallassunto relativo allesistenza di uno sport altro rispetto a quello imperante sui mass-media e che fa ancora da modello di riferimento per la maggioranza del pubblico. La tematica dello sport per tutti, tendente a restituire una centralit allindividuo nella pratica sportiva e di riportare a dimensione duomo la sfera dellagonismo organizzata, viene fatta rientrare dal sociologo tedesco Klaus Heinemann (1990) allinterno di una complessa e articolata teoria sullevoluzione dei sistemi sportivi i quali si trovano a un certo punto a affrontare una fase di sfida in direzione di uninclusione di attori che, in proporzione crescente, rimangono emarginati dai meccanismi del modello sportivo di alta prestazione.

per se stessi e sono costretti a rappresentare unit sociali pi ampie, come le citt, le contee, i paesi. () essi devono fornire una prestazione sportiva, cio il tipo di soddisfazione che coloro che controllano e coloro che consumano lo sport richiedono, lo spettacolo di una contesa eccitante per assistere alla quale la gente sia disposta a pagare; oppure la conferma, ottenuta con la vittoria, dellimmagine e della reputazione dellunit sociale con cui si identificano quelli che controllano e/o consumano il gioco (Dunning, in Elias e Dunning 1989, trad. it. 280). 4 () luniverso delle pratiche e degli spettacoli sportivi si presenta di fronte ad ogni nuovo arrivato come un insieme di scelte gi preparate, di possibili gi oggettivamente costituiti, di tradizioni, regole, valori, attrezzature, tecniche, simboli, che traggono il loro significato dal sistema sociale che costituiscono e che, in ogni momento, sono debitori di una parte delle propriet alla situazione storica (1979, trad. it. 216).

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3. La sociologia dello sport in Italia e i nuovi filoni di ricerca Per quanto riguarda gli studi sociologici italiani che abbiano avuto lo sport come focus, soltanto di recente stato possibile registrare un, seppur timido, fiorire di analisi e ricerche. La prima tematica trattata in modo scientifico stata quella legata ai gruppi ultr. Originale, in questo senso, stato lo studio di Dal Lago (1990), che applicando gli strumenti dellanalisi etnografica ha offerto una lettura di questa particolare realt che si pone in netta contrapposizione rispetto a quelle maggiormente diffuse, accomunate da una tendenza a far rientrare i casi in questione allinterno delle analisi sulle subculture devianti. Pi tradizionale, rispetto a quello di Dal Lago, lapproccio di Roversi (1990; 1992) che riprende le categorie utilizzate da Dunning negli studi sul fenomeno hooligan. Su un versante politologico si colloca lanalisi di Porro (1995), il quale descrivendo lo sviluppo del sistema sportivo italiano e le sue peculiarit individua nello sport unarena politica entro la quale vengono fatte oggetto di disputa risorse scarse. Le analisi pi recenti su sport e mass media (Russo 2000) e sulle tendenze evolutive dello sport contemporaneo (Porro 2000) si interrogano sulle trasformazioni che i giochi sportivizzati hanno gi subito e si apprestano a subire in presenza di uno scenario mutato, nel quale interessi economici e commerciali sempre pi pressanti, la riconfigurazione del rapporto fra spettacolo e fruitori e labbattimento di ogni limite alla performance agonistica5 hanno provocato un rivolgimento talmente veloce da rendere obsoleti molti degli strumenti analitici disponibili. Paradossalmente, si potrebbe dire che la sociologia dello sport, mentre cerca ancora affannosamente una strutturazione disciplinare e accademica, si trova gi costretta a affrontare una ri-strutturazione concettuale. Che rischia di ritardarne ulteriormente il cammino verso lacquisizione di uno status di disciplina a se stante.
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