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BREVE STORIA DELLA TORTURA


di Simone Santucci

Sommario: I. Caratteri generali e definizione; II. La Tortura nel processo, tra tormento
ed eresia; III. Inquisizione e tortura; IV. Il procedimento; V. La tortura nella storia.

I. Caratteri generali e definizione


Ciò che stupisce della tortura e della sua storia è la sua costante presenza, non solo nel
tempo ma anche nei luoghi più diversi del mondo; è uno “strumento” presente sin dalle
epoche più antiche che non ha conosciuto interruzioni nel corso della storia,
sopravvivendo, senza particolari mutamenti di tecniche, fino ai nostri giorni.
La tortura potrebbe dunque sembrarci, per la sua presenza ininterrotta, un metodo
straordinario ed infallibile, qualità che giustificherebbero la sua longevità. Ma non è così.
Potremmo essere indotti in facili errori di valutazione. La tortura esiste da sempre perché
da sempre vi è il potere che, a sprazzi, giustifica (e a volte riesuma) questa tecnica che, col
potere, è necessariamente correlata.
Rimane difficile pensare che le grandi civiltà del passato come quella greca e romana 1
potessero praticare la tortura, come, ancor più difficile rimane pensare che la tortura non
ebbe il suo sviluppo nell’alto medioevo, ossia nell’epoca della mancanza di leggi per
antonomasia, ma proprio nel basso medioevo, ossia a ridosso di quell’umanesimo che,
della razionalità e dell’uscita dalle tecniche barbare aveva fatto la propria caratteristica
principale.

Difficile è piuttosto dare una definizione precisa di tortura: rischiando una definizione
forse approssimativa possiamo sicuramente affermare che si tratta di un metodo di
coercizione fisica o psicologica inflitta alla vittima per estorcere o delle informazione ai fini
dell’istruzione del processo o una confessione. Ma non bisogna dimenticare anche che la
tortura molto spesso venne utilizzata semplicemente per infliggere al malcapitato solo

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A differenza di ciò che si pensa i romani erano soliti adottare la tortura esclusivamente con gli schiavi. Ai
cittadini romani era pertanto riservata una tecnica “più mite”.
Piuttosto va sottolineato è che la tortura venne applicata ai cives solo con l’avvento del cristianesimo. In quel
caso sono molto meno sporadici i casi di applicazione della tortura a cittadini romani. E non mancheranno
episodi, forse più cruenti, proprio durante la “romanità cristiana” ossia dopo l’affermazione del cristianesimo
come religione ufficiale dello stato.
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delle punizioni corporali. In quest’ultimo caso si esula dal diritto processuale per sfociare
nella politica negli arcana imperii di machiavellica memoria. Ma il diritto e la politica sono
necessariamente simbiotici, specialmente nelle epoche di cui ci appresteremo a descrivere.
Se quindi l’orizzonte, dal diritto, sfocerà nella storia, è per necessità di descrizione e non
per sviamento di “materia”.

II. La tortura nel processo, tra tradimento ed eresia


Come si è detto, lo sviluppo della tortura avviene proprio nel basso medioevo, ossia a
ridosso della fine delle cosiddette “epoche buie”.
Questo sviluppo va fatalmente ricondotto alla introduzione del processo inquisitorio: nel
medioevo il processo penale ordinario era incentrato nel c.d. metodo accusatorio, un
processo orale e formalistico che, con le dovute cautele, potremmo definire anche
garantista. Vi era accanto un processo “straordinario” che, a differenza del primo, era, non
solo caratterizzato dalla segretezza, ma soprattutto dal modello “inquisitorio”. Questa
doppia vigenza era giustificata dall’esigenza di garantire, in talune occasioni, velocità e
certezza della pena. Ma questo modello straordinario, a lungo andare, prevarrà fino a
divenire la regola. La “laicità”2 del processo accusatorio
E’ facile comprendere quali furono le conseguenze: la parità tra accusa e difesa venne
meno. La commistione tra accusa e difesa è evidente.
E la politica? La politica anche qui gioca un ruolo decisivo. Il processo accusatorio
derivante dal processo romano-barbarico non era un processo incentrato nella valenza
politica della pena. Il processo inquisitorio sì. Anzi, la pena diventerà molto spesso lo
strumento politico del potere per garantire l’ordine pubblico. Dove l’ordine pubblico sta,
evidentemente, per la dimostrazione della esemplarità della pena.
Quale migliore struttura poteva esser introdotta se non questa che, meglio di qualunque
altra, si confà alla commistione tra politica e fede.
Se sul piano politico la sentenza diviene il braccio secolare, la longa manus, del sovrano,
sul piano religioso la sentenza e la condanna divengono il miglior viatico per la
dimostrazione della erroneità di quanto sostenuto dall’imputato. Il rogo, ultimo supplizio,
diviene quasi un rito che conclude quel processo.

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Sostanzialmente, nel processo accusatorio, il ruolo del giudice è quello di confermare o meno la bontà delle
accuse. E’ quindi un processo che non guarda alla veritas indubitabile che invece sarà la caratteristica del
processo inquisitorio.
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Combattere il tradimento per lo Stato e l’eresia per la Chiesa diviene l’attività per
eccellenza. E quale miglior strumento per ottenere la prova tanto desiderata per poter
avviare questo meccanismo di dimostrazione di potere? Ovviamente la tortura.
Non basta. Vi era una necessità incombente sul giudice: ottenere non semplici prove ma,
“la” prova, la confessione. E per ottenerla si ricorre alla tecnica migliore: la tortura.
Non c’era dubbio che questo sarebbe stato il metodo più soddisfacente.

III. Inquisizione e tortura


Stato e Chiesa. Tribunali statali ed Inquisizione.
Non v’è dubbio che questo fu uno dei grandi binomi della storia medievale e moderna. Non
ripercorreremo in questa sede le vicende che hanno contribuito a rendere celebre la Santa
Inquisizione. Ci basti qui definire alcuni aspetti imprescindibili per comprendere il
fenomeno e darvi, ove possibile, una giustificazione storica.

Si è detto come il metodo inquisitorio (e quindi il suo simbolo, la tortura) fosse


particolarmente adatto ad assurgere come strumento politico per la lotte dello Stato e della
Chiesa. Ciò che va rilevato è che tutto ciò avveniva quando la commistione tra i due potei
era così forte da far identificare il peccato con il delitto e l’espiazione con le pena.
Tutto ciò comporta, non solo sul piano processuale, ma più ampiamente sul piano
giuridico una grave patologia di un sistema che, in tal modo, regredisce e confonde il piano
temporale e quello poltico-giuridico (rectius: temporale).
Questa è più o meno la situazione che abbiamo in Italia (dove l’influenza della Chiesa è
maggiore) e in gran parte dell’Europa occidentale nell’epoca della Controriforma.

Spagna, Portogallo, Ducato di Milano, Regno di Napoli e Regno di Sicilia vengono retti da
un unico re, Filippo II d’Asburgo3. La Chiesa, accerchiata a nord e a sud dagli spagnoli, fu
obbligata a cercare un accordo con la Spagna4.
Fu tutto ciò che permise lo sviluppo della Inquisizione, nata nel 11845, che, grazia alla
compiacenza del potere politico, petè assurgere a “supremo tribunale”. E’ noto, infatti,
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Con la pace di Cateau-Cambresis venne sancito il dominio spagnolo in Italia che durerà fino al 1734.
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Carlo V, padre di Filippo II, come è noto permise il c.d. “sacco di Roma” in aperta sfida a Papa Clemente
VII. La Chiesa quindi, volente o nolente, venne costretta, stavolta, a collaborare con gli spagnoli.
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Fu solo nel 1254 che con la bolla Ad extirpanda, Innocenzo IV autorizzò l’uso della tortura e Giovanni XXII
estese i poteri dell’Inquisizione nella lotta contro la cosiddetta stregoneria.
L’ Inquisizione medievale si distingue dall’ Inquisizione spagnola, istituita da Sisto IV nel 1478 su richiesta
dei sovrani spagnoli Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia.
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come i Tribunali dell’Inquisizione, fossero considerati, e dalla Chiesa e dallo Stato, come
tribunali superiori. Questo grazie proprio alla forte commistione dei due poteri.
E’ con l’Inquisizione che la tortura prenderà piede ed è soprattutto in ambito canonistico
che questa verrà sistematicamente utilizzata.

IV. Il procedimento
E’ sbagliato pensare alla tortura come un fatto eccezionale, come una tecnica che richieda
una innata malvagità nelle persone.
Anzi, è evidente come, soprattutto in epoche di guerre di religione, essa possa esser
sembrata la tecnica più adatta non solo per estorcere confessioni ma anche semplicemente
per punire in modo più crudele l’imputato.
L’odio, il fanatismo, la convinzione di essere dalla parte del bene, comporta una
“naturalezza” nell’applicarla che stupisce alle generazioni moderne. E’ quindi un naturale
mezzo di vendetta.
Chi vi ravvisa una componente di sadismo, a nostro avviso, sbaglia. Lo dimostra il fatto con
quanta facilità vi si ricorresse e con quanto entusiasmo le folle assistevano ai roghi che, se
dal punto di vista formale riguarda la pena, può tuttavia considerarsi come la naturale
continuazione del processo.

Ciò che stupisce ancora è come fossero molto simili le modalità utilizzate nei diversi luoghi
del mondo. America latina, Europa, Cina e Giappone differiscono veramente in pochissime
tecniche.
Per quanto riguarda l’Europa l’iter era pressoché uniforme, sia nei tribunali statali che in
quelli canonici.
Il prigioniero veniva prelevato dalla sua abitazione e tenuto in carcere per molti mesi
prima di sapere di cosa fosse accusato e di essere interrogato.
Una volta portato al cospetto dell’interrogante si minaccia l’imputato di sottoporlo a gravi
sofferenze: bisogna sottolineare come, molto spesso, le sole minacce bastassero per
estorcere dall’imputato le informazioni necessarie.
Se non si otteneva l’effetto sperato, l’imputato veniva condotto nella camera di tortura: la
camera era un appartamento sotterraneo senza finestre6. Qui venivano mostrati
all’imputato gli strumenti per incutergli terrore.

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unica fonte di luce era una candela.
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Se, ancora, non bastava il torturatore, vestito con una camicia nera coperta da un
cappuccio, l’imputato veniva denudato e gli venivano legate le mani.
A questo punto, se non si era riusciti ad estorcere nessuna informazione, iniziava il vero e
proprio supplizio.
In questo caso si sviluppava molto spesso una vera e propria arte della tortura. I
torturatori adottavano moltissime tecniche per estorcere più facilmente ciò che volevano
ottenere. A tal proposito furono moltissimi, anche in epoche antiche, i manuali messi in
commercio che descrivevano le migliori tecniche per estorcere confessioni.

Quando la confessione o l’informazione era stata ottenuta si decideva la pena: nei casi
meno gravi veniva praticata la fustigazione, oppure si veniva rinchiusi in carcere o ancora
portati nelle galee. Scontato dire che per le pene più gravi una era la pena: la morte7.

V. La tortura nella storia


La prima tecnica di tortura praticata in massa fu nei primi del duecento nei confronti degli
albigiesi. Non deve sconvolgere che fu proprio in ambito canonistico che trovò spazio
quella che fino a pochi decenni prima era una tecnica pressoché desueta.
Celeberrimo è il processo a Galileo, dove, di pratiche di torture fisiche non c’è traccia dai
resoconti, è certo evidente la tecnica di tortura psicologica inferta alo scienziato.
Inoltre possiamo ricordare i processi a Tommaso Campanella e Giordano Bruno dove,
viceversa, vennero impiegati metodi di coercizione fisica.

Il graduale declino della tortura avvenne con l’avvento dell’Illuminismo e con la


pubblicazione di numerose opere che ne sottolineavano l’inutilità.
L’Italia, una volta tanto da secoli, sarà un focolare cruciale per la storia della abolizione
della tortura (e della pena di morte, che alla tortura, nelle dispute tra illuministi si
accompagna).
A tal proposito, è scontato ricordare come il clima dell’illuminismo milanese dei Verri e di
Beccaria, fosse stato cruciale per i primi provvedimenti di messa al bando di torura e pena
di morte.
E’ altrettanto scontato, purtroppo, ricordare come, ancor oggi, molti stati democratici e
non, ricorrano, anche per reati meno gravi, a tecniche di tortura aberranti.

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La pena di morte di solito veniva inflitta o per strangolamento o con il rogo.

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