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Conflittualit con la Verit bello pensare che la Chiesa questo anno vive lanno della fede, credo che sia abbastanza evidente il collegamento che possiamo stabilire tra la riflessione, la crescita nellatteggiamento credente e la riconciliazione, soprattutto se la intendiamo nei 4 sensi, o ai 4 livelli. La conflittualit allinterno della persona, la conflittualit interpersonale, quella nei confronti degli altri, la conflittualit con Dio, religiosa, buona cosa che nella preghiera venga fuori la conflittualit con Dio. bene lottare. La fede in fondo una lotta, e qualsiasi nostro conflitto psicologico, alla radice anche religioso. Lautentico credente colui che invece di conflitti psicologici, vive conflitti religiosi. Con Dio la lotta sana, con noi stessi lo un po meno. Infine la conflittualit nei confronti della verit. Anche la verit ci crea dei conflitti per natura sua. Ladesione alla verit non pu mai essere unadesione pacifica, unadesione senza difficolt, unadesione senza problemi. Per natura sua la verit crea tensione nella nostra vita. Il dirigere la nostra vita nella verit, da un lato uno potrebbe dire che un processo, una tensione che sa di attrazione, perch lessere umano attratto dalla verit. Per, questo non vuol dire che nella vita, poi, ladesione concreta alla verit avvenga in maniera spontanea e in maniera specifica e senza problemi di sorta. C questa ulteriore, possibile divisione che ci abita dentro. Anche questa il punto di riferimento, la verit che esterna a noi, per la divisione creata dentro di noi. Vedete, come gi utile questo? Prevedere che la conflittualit, sapere gi in partenza che quando noi parliamo di conflittualit e dunque in positivo di dovere di riconciliazione, non stiamo parlando semplicemente del litigio di ieri sera con mio fratello, mia sorella. Il problema molto pi ampio, molto pi vasto, complesso. C tutta una conflittualit molto pi articolata che dentro di noi e che addirittura tocca anche ci che pi importante nella nostra vita, come, appunto, il rapporto con Dio, quindi anche la verit, come punto di riferimento della nostra esistenza, che ci attrae teoricamente e che, al tempo stesso, ci spaventa, ci crea problemi, ci disorienta, ci crea dubbi. Sembra una contraddizione, eppure, ladesione alla verit, quante volte ci trova disorientati, dubbiosi, sospettosi... Noi potremmo anche sospettare della verit e, comunque, chi di noi non consoce il cammino faticoso: Signore dimmi, Signore fammi capire dov la verit in questa circostanza? Vedete, tuttaltro che il possesso pacifico. In fondo potremmo dire della verit quanto diciamo del rapporto con Dio. Non siamo noi che possediamo Dio, Dio che possiede noi. Non sono io che possiedo la verit, per venderla a buon costo, ma la verit, semmai, che possiede me, e dunque c un rapporto da cogliere, da calibrare con correttezza, che dobbiamo capire bene. Diciamo subito, come premessa, che quando paliamo di verit e, dunque, di conflittualit nei confronti della verit non stiamo parlando di un problema intellettuale, o solo intellettuale. Uno potrebbe dire: Il filosofo per natura sua, per definizione soffre tutta la sua vita, tutta la sua vita una tensione verso la verit. Gli altri comuni mortali, che non sono filosofi, no. un problema invece quello del rapporto con la verit, qualcosa che va al di l dellintellettuale.

Perch la verit ci crea problemi? Perch la verit ci chiede di vivere in un certo modo, ladesione alla verit non potr mai essere una questione teologica, soprattutto se noi intendiamo questo termine, dandogli unaccezione credente. Come si fa a credere nella verit senza vivere la verit? l che nasce il problema, quando la verit mi chiede un cambiamento di vita, quando la verit mette in crisi un mio precedente modo di vivere, quando la verit mi mette in crisi con me stesso e allora tuttaltro che un problema intellettuale, semmai un problema di coerenza, di consequenzialit tra ci che noi crediamo e quello che noi viviamo. L evidente la tensione veritativa, cosiddetta, cio quella tensione creata in noi proprio dalla verit nella nostra vita. Pensate, per esempio, a quellespressione che voi usate tante volte: generare Dio. Cosa vuol dire questo? Se passiamo dal piano puramente intellettuale al piano esistenziale, voi pensate cosa questo possa implicare se io assumo questa espressione come criterio delle mie azioni, dei miei pensieri, non solo delle cose che faccio, ma dei miei pensieri, dei miei desideri, dei miei sentimenti, della mia sensibilit. Voi capite che difficile che uno non ne venga fuori con le ossa rotte da questo tipo di confronto? E se non ne viene fuori con le ossa rotte, vuol dire che sta dando a questa espressione generare Dio uninterpretazione molto vaga, astratta, superficiale, come fosse una di quelle belle frasi con cui infiorettiamo il nostro discorso. Quanto pi noi assumiamo la nostra fede, la Parola di Dio, la Parola che leggiamo ogni giorno, come criterio, non solo dei gesti e dei comportamenti, ma di ogni pensiero, progetto, scelta, attrazione se prendiamo ogni timore, preoccupazione, affanno, disperazione della vita, questi sentimenti che spesso proviamo dentro di noi e li mettiamo a confronto con ci che noi crediamo, o diciamo di credere, inevitabile vedere questo spazio di contraddizione. Non ci viene pi difficile dire che viviamo in uno stato di conflittualit con la verit e che dovremmo tornare sempre a questo tipo di analisi, di verifica, quando noi crediamo di poter affrontare altre conflittualit come quella interpersonale. Qualsiasi conflittualit interpersonale ti rimanda alla tua conflittualit con la verit, perch evidente che tu affronti il problema del contrasto con laltro a partire da quella che tu ritieni essere la verit, non solo nel senso di dire Chi ha ragione?, che sarebbe banalissimo, ma nel senso di dire Il mio essere cristiano, credente, il mio essere figlio di Dio, il mio essere generato da Dio, il mio essere consacrato secondo questo carisma, quale tipo di atteggiamento ora dovrebbe provocare in me?. Sempre per lo stesso principio, vorrei tanto che diventasse familiare, abituale per voi: se ho il coraggio di nominare, di dare un nome a un sentimento - che pu essere paura della verit - posso controllarlo meglio, anzi prima di controllarlo posso capire bene da dove deriva e magari approfittare di questa situazione per liberarmi di qualche cosa che non mi aiuta a vivere nella verit. Non c da prendere paura, da sentirsi malvagi e perversi; riconoscere, avere il coraggio di dare un nome ai propri sentimenti per poi avere il coraggio di capire cosa c dietro di essi. Non detto che i sentimenti vadano espressi, manifestati, sfogati, cos me ne libero, unillusione! Mi ricordo sempre a tal proposito di un fatto, di quella suora che sentiva un grande odio per una suora pi anziana. E un certo giorno glielo dice in faccia: Io ti odio, - qualcuno le aveva detto che i sentimenti vanno espressi - suscitando in tutte le

altre, una altrettanta manifestazione dei propri sentimenti. Si pu dire? Allora anchio avrei da dire a questaltra, determinando una reazione davvero spaventosamente negativa. I sentimenti li devo riconoscere per poi capire che cosa c dietro, per poi cercare di comprendere. Da dove viene questo odio? Da dove viene questa paura? E quando uno fa questo tipo di operazione fa sempre qualche cosa che sar molto fruttuoso, non riuscir a capire tutto, ma vede il problema da un altro punto di vista e capisce che la difficolt non nel fatto accaduto, che troppo pesante, cos pesante che impossibile accettarlo. No. Il fatto accaduto pu essere pesantissimo, per, io non posso farci niente. Se il fatto accaduto non posso farci niente. Ma io ho un po di potere su di me, come lo esercito il potere? Cercando di capire cosa c dietro la paura. Quando uno fa questo tipo di operazioni - lo ripeto - si fa sempre del bene, perch fa un passettino nella linea della verit di s, dunque, della conoscenza di s. E la conoscenza di noi stessi la condizione fondamentale per vivere rapporti sani, per stare bene. Come fa uno a starci bene sulla sua pelle, se non si conosce? Si parla tanto oggi della dittatura del sentimento. Infatti, quante volte siamo succubi del sentimento che vogliamo a tutti i costi manifestare. In realt c una dittatura del sentimento che spesso invisibile, non ce ne rendiamo conto, proviamo un sentimento e subito lo canonizziamo. Per esempio: uno prova un sentimento e subito lo prende come la verit di s. Se io ho paura, quella paura non dice la mia identit. La mia identit quella di essere una persona che cammina verso la verit, non che vive nella paura. Attenzione a questa dittatura terribile del sentimento! Noi proviamo dei sentimenti e subito li prendiamo come qualche cosa che assoluto, che non va discusso. Se vivo quel sentimento, dunque, devo vivere corrispondentemente ad esso. No, questo vivere allo stato brado, selvaggio. Lessere umano intelligente, capace di mettere in discussione se stesso. E poi i sentimenti vanno messi in discussione, come dicevano i padri. Sento lodio, da dove vieni, odio? Sei dei nostri o sei dei nemici?. In questo caso la contrapposizione va bene. Possiamo chiedere ai sentimenti: sei dalla parte dello spirito del bene o del male? In ogni caso devo interrogarmi, ecco perch importante la scaletta proposta precedentemente: prendere labitudine di guardare sempre ci che c dietro al comportamento, ci che c dietro a quello stato danimo. Cos la paura? uno stato danimo, ma non canonizzarlo, non assolutizzarlo, domandati che cosa c dietro, perch senti la paura? Quel fratello mi antipatico, lo stesso. Domandati: Come mai? perch lui cos! Va bene, ma in ogni caso c anche una parte tua, c un apporto tuo. su quello che noi abbiamo un certo potere. Siamo intelligenti, usiamolo! Quello il potere sano. Il potere sano quando uno lo esercita per cercare la verit di s. Come si fa ad esercitarlo? Ma cos semplice! Ogni giorno noi proviamo un sacco di sentimenti, stati danimo Impariamo a considerarli con attenzione. Non commettiamo lerrore: Se sento quel sentimento mi comporto cos. Ho paura, mi comporto da persona paurosa; ho paura, mi comporto da persona che si difende. Questo non ha tanto senso. Provo paura, mi chiedo che cosa c dietro. Cos anche il contrario, evidentemente. Mi sento baldanzoso perch devo avere questo atteggiamento? La verit chiede sempre unadesione intelligente, dunque,
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corretta, dunque composta; esige, appunto, restando sul piano intellettuale, che noi siamo intelligenti. Intus legere: la persona che ha imparato a leggersi dentro. A questo punto, come abbiamo pi volte ripetuto, quando impariamo ad avere questo atteggiamento, ad aderire alla verit, allora si scopre anche limportanza del gruppo, perch la verit razionale. Noi diciamo: luomo razionale. una definizione un po classica. Invece oggi lantropologia si sta spostando sempre di pi su un versante attiguo, con una parola che sembra molto simile a questa. Oggi lantropologia tende a dire sempre di pi: luomo relazionale. unantropologia credente, biblica, perch infatti lantropologia biblica ci indica sempre di pi che limmagine di Dio non Adamo, non Eva, ma Adamo ed Eva, la relazione. Cos anche la verit. La verit razionale? Per eccellenza. Anche la verit relazionale, cio la verit si scopre meglio in due. La verit la scopre chi apre la sua vita alla relazione. La verit di cui parliamo non la verit del topo di biblioteca, che ha un quoziente intellettuale straordinario e capisce quello che gli altri non possono capire. La verit per essere capita, accolta, implica lapertura, la relazionalit della vita, laccoglienza dellaltro, un cammino che si fa assieme. Come quando Ges invia gli apostoli. Il Vangelo si annuncia meglio in due, tanto meglio in dodici, ancor meglio in 72; cos anche la verit Scrivendo quel libro La verit della vita, mi sono divertito a cogliere alcune caratteristiche della verit sul piano del cercatore della verit. Ve ne dico solo qualcuna: 1. La verit relazionale non solo razionale. 2. La verit buona e bella, non solo vera, perch risponde a tutto luomo. Luomo non solo mente, relazionalit, luomo anche cuore, bellezza, anche volont. Ci che rende buona la vita attraverso le scelte. E cos la verit, la verit non solo vera. Anzi, oggi difficile trasmettere la verit come verit, perch dovremmo fare i ragionamenti e, oggi, non sono tempi tanto promettenti dal punto di vista della fatica intellettuale. Dobbiamo presentare una verit bella, non solo razionalmente convincente, ma anche bella, attraente, anche buona, che rende buona la vita, la vita buona del Vangelo. Lannuncio fatto bene non solo quando razionalmente corretto, quando riesce a trasmettere la bellezza e la bont della verit. 3. La verit assieme misteriosa, attraente, esigente. Non solo misteriosa, non solo attraente, non solo esigente, tutte e tre insieme e dunque chiede che sia tutto lessere che si apre alla verit. chiaro che io per aprirmi alla verit devo muovermi con tutto il mio essere, non solo con la testa che giudica i fatti e vuole rigorosamente levidenza dei fatti. tutto lessere umano che si apre. 4. La verit non esiste in astratto, lessere umano semmai che diventa vero. bello pensare che non solo una questione dellintelletto, ma sono io che divento vero. La verit dov, dove esiste, chi lha vista? Sono io che divento vero. E divento vero nella misura in cui quella verit creduta (la mente), amata (il cuore), tradotta in pratica (la volont). Allora sto camminando verso la verit e sperimento la pace profonda, la gratuit, la distensione tipica di chi vive nella verit. 5. Noi non siamo mai verit ma ricerca e sete di verit. Luomo un pellegrino che cercher sempre. Luomo muore quando non cerca pi la verit, perch
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presume di averla gi conquistata e questo vuol dire molta umilt e assieme molta passione. La fede cerca, la ragione trova. Ma tipico della fede non tanto il trovare. La fede ci che ti spinge a cercare, perch uno cerca nella misura in cui uno sa che esiste la verit e che pu raggiungerla. 6. La verit non solo da credere, ma anche da fare, da soffrire, da annunciare, da generare, da godere. La verit non solo il dato da credere con la testa, ma anche da fare la verit, da soffrire la verit, anche da annunciare, da generare, da godere, ci con cui identificarsi. 7. La verit non si dimostra, si mostra. Non una questione di sillogismi, ma questione di una vita che diventata vera e che dunque si mostra. Non convinciamo gli altri a suon di ragionamenti complicati, ma nella misura in cui la nostra vita tutta identificata con la verit. La verit si mostra. 8. La verit non si divide, si condivide. 9. Il contrario della verit non la menzogna, ma la verit senza amore. Torneremo su questo punto. Il contrario della verit non la menzogna, ma la verit detta senza amore. 10. Il vero invisibile, il falso visibile. Molte volte ci che gli occhi vedono immediatamente non la verit, devi andare dietro, devi aspettare, devi pensarci su. E ci che appare subito, molte volte, non vero. Qui tutto il discorso del digiuno della vista, della famosa etica dello sguardo, tanto ci verrebbe da dire su questa etica dello sguardo! Educare i nostri occhi perch sappiano riconoscere la verit e la bellezza. Star attenti a non alimentare i nostri occhi di qualsiasi cibo di visione. Non lasciare che i tuoi occhi vengano catturati dalle luci, da quello che appare sui muri, da quello che vedi sulle strade, sii tu che decidi cosa deve entrare nella tua mente. Qui siamo ancora noi che decidiamo. chiaro che nella mia mente ci sar quello che io ho lasciato che diventasse lalimento dei miei occhi. 11. Le verit si vedono sempre due per volta. Altra verit singolare, simpatica, caratteristica della verit. Cosa vuol dire? Tu per capire che cosa speranza devi aver fatto esperienza un pochino della disperazione. Le verit non si presentano mai una alla volta, come i birilli sono sempre in coppia. Come fa uno a sapere cosa la speranza se non ha mai provato un filo di disperazione? Questo dovrebbe farci molto riflettere. Noi andiamo sempre sparati: la luce, il sole, la santit, la speranza Cresco nella misura in cui tendo a queste cose. Invece queste cose sono tutte un corrispondente contrario, se volete. La speranza e la disperazione. La vita delluomo e della donna, metterle insieme tutte e due. Tu capisci bene cos la speranza solo se sei passato almeno attraverso qualche tunnel della disperazione. Tu sai - in termini paolini - cosa la forza di Dio solo se hai accettato di sperimentare la tua debolezza. paradossale, ma cos. Le verit si conoscono due per volta. Tu dai senso alla relazione e impari a vivere la relazione, ma solo se hai accettato di vivere la solitudine. Se non hai imparato a vivere la solitudine, non puoi andare a vivere la relazione, non la vivrai bene. Tu puoi tendere veramente alla santit, solo se hai una profonda esperienza del tuo peccato, altrimenti quella tensione alla santit non vera, non credibile e non ci capirai mai niente. cos, qualsiasi virt comprende sempre il suo contrario. Cos le grandi aspirazioni della vita, sono sempre accompagnate da grandi tentazioni. Una polarit
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illumina laltra. Non si tratta di metterle insieme perch cos la vita delluomo, no. che una non sta in piedi senza laltra. E, dunque, grande lucidit vivere la tentazione come tentazione vera e propria. E cos la vita di tanti santi, vedremo che non sono persone che non hanno pi sperimentato nessuna tentazione. Al contrario. Le grandi aspirazioni sono sempre accompagnate da grandi tentazioni. Chi si avvicina a Dio vede anche, sotto i suoi piedi, sprofondarsi qualche abisso. Pietro quando incontra Ges si inginocchia ai suoi piedi dicendo: Signore, sono peccatore! O il figlio prodigo. Quanto bello pensare che nello stesso momento in cui abbracciato dal padre si rende conto di avere un padre. Lhai rinnegato, lhai rifiutato, te ne sei andato via, hai buttato al vento tutto quello che lui ti ha dato, tu torni a casa e questo uomo ti abbraccia. Ecco cosa vuol dire essere figlio, la ricchezza dellessere figlio, ma in quello stesso momento quel giovane capisce, anche, quanto stato grave il suo peccato. Nello stesso momento. Qui c tutto il cristianesimo. Questa una piccola, apparentemente piccola, caratteristica della verit sul piano psicologico che trova una conferma enorme sul piano credente. Le verit si vedono sempre due per volta. Non suona in termini come principio tanto elegante, per vero. Dubitate delle verit che si presentano da sole. La luce mostra lombra. Due polarit: luce e ombra, ma lombra ti fa capire che c la luce. 12. Altra caratteristica: la verit trionfa sempre, ma questa non una verit. Molte volte nella storia la verit stata sepolta, ci voluto un certo tempo perch venisse fuori. La verit debole fondamentalmente e in questa debolezza c anche la sua forza. Potremmo dire, applicata alla crescita della persona, lindicativo conta pi dellimperativo. Lindicativo: tu sei; limperativo: devi fare questo. Cosa vogliamo dire? Vogliamo dire che questa la forza della verit. La verit ti dice: Tu sei; tu sei figlio di Dio, tu sei amato e tutta leducazione dovrebbe parlare allindicativo. Non un buon educatore leducatore che ha bisogno di ricorrere a tanti imperativi. Limperativo vuol dire: devi fare questa cosa, devi farla, te la devo imporre. Lindicativo ha unaltra forza: Tu sei cos, sei gi amato. Se sei amato, devi comportarti da persona amata. Capite? Lindicativo conta di pi dellimperativo, perch lindicativo dice quella che la tua realt, quello che tu gi ti porti dentro, il dono che tu ti porti gi dentro, se te lo porti gi dentro chiaro che devi comportarti in modo corrispondente. Chi deve ricorrere agli imperativi vuol dire che non ha abbastanza identificato questa verit e allora ha bisogno di fare il carabiniere, di imporsi, di imporre comportamenti. 13. Dio la verit, la verit tutta intera. Ho voluto darvi un prospetto di che cosa verit e di che cosa vuol dire camminare verso la verit. Se avessimo avuto il tempo avremmo potuto vedere ad ogni punto di queste 13 caratteristiche come pu nascere in noi un atteggiamento antiveritativo e, dunque, tutti quegli atteggiamenti che possiamo mettere sotto questo denominatore comune: il timore, la paura della verit che personificato da Satana. Satana uno che se la fa sotto di fronte alla verit, Satana ha paura della verit, Satana teme la verit al punto che non vuole che noi sperimentiamo la verit. Qual il primo intervento di Satana nella vita dellessere umano? Il primo intervento di Satana proprio inoculare nella mente e nel cuore delluomo il dubbio, il sospetto su Dio. il demone della falsit, la prima tentazione. Satana ha paura della verit e non pu sopportare che noi ci lasciamo possedere dalla verit.
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Dunque, le tentazioni sono tutte una devianza dalla verit. Non dobbiamo temere la verit neanche quando dura e dolorosa e, semmai, dobbiamo ripartire da essa per ricostruire la nostra vita secondo il piano di Dio e allora - come dice stupendamente Ges nel Vangelo la verit vi far liberi. Come si pu manifestare questa paura nella nostra vita, questo atteggiamento improprio di fronte alla verit? - Chi se ne difende, perch la verit gli chiederebbe di ristrutturare la sua vita, di darle un fondamento nuovo o comunque di correggere un pochino il fondamento della sua esistenza, la base, il punto dappoggio, il riferimento. Questo pu capitare. La verit diventa pi difficile da accettare quando, di fatto, mi mette in condizioni di dover cambiare. Lessere umano un animale omeostatico, un animale che tende alleliminazione delle tensioni. Vuol dire che una volta che abbiamo trovato un equilibrio, un baricentro, stiamo l belli, tranquilli, non amiamo le perturbazioni. Ci d fastidio quando dobbiamo cambiare, ecco perch il trasferimento sempre qualche cosa di difficile, di penoso, perch noi siamo molto portati, una volta trovato un assetto di vita, a stare l. Ognuno di noi ha come nel suo computer personale delle immagini degli altri a cui corrisponde un certo tipo di valutazione dellaltro, per cui laltro buono, meno buono, strano, normale, spiritoso, antipatico, monotono, una rottura vivere assieme a lui. Questi schemi ce li abbiamo, ma dovrebbero essere il pi possibile flessibili, aperti al cambiamento e non chiusi, rigidi. Quando lo schema dellaltro chiuso, rigido, ne soffre il rapporto. Proprio per questo, i nostri archivi sono gi a posto. Per favore non farmi fare la fatica di dover cambiare il tuo file. E se qualcuno ci costringe a cambiarlo gliela facciamo pagare cara, perch ci fa fare lavoro in pi. Tutti tendiamo, una volta identificata la persona in un certo modo, a innamorarci di queste interpretazioni, cos ci d molto fastidio il cambiare. Cos, quando avviene nella realt qualcosa che cambia tutto questo in bene o in male, reagiamo naturalmente, soprattutto se questo non solo il cambiamento dellopinione dellaltro, ma se questo mi chiede di cambiare qualcosa di pi, che magari riguarda di pi la mia vita. Non spaventiamoci. Se questo succede, poi, con persone che sono state importanti nella mia vita, ovvio che ci sia una fatica. normale. I propri genitori evidente che hanno un certo posto nella considerazione di noi stessi. Se succedono delle cose negative a loro carico, evidente che io far fatica. Nella nostra vita noi abbiamo anche bisogno di modelli. Anzi, il guaio delleducazione oggi proprio lassenza di modelli, dunque importante che ci siano. Mettiamoci dal punto di vista non solo della psicologia qualsiasi, ma anche della fede del credente. Il modello importante nella misura in cui ha il dito puntato verso laltro, dunque da superare. In tutto questo non ci spaventiamo, ci pu essere nella nostra vita, nellidentificazione del modello, un atteggiamento che andato un po oltre, in questo processo del modello, magari mettendolo eccessivamente al centro. chiaro che questo crea difficolt nellassunzione di una certa verit. Ripeto: non nulla di strano, questo pu succedere nella nostra vita. Il modello ha una funzione, serve, utile, nella misura in cui mi porta verso Dio, nella misura in cui si lascia superare. Qual la funzione del modello, anche nella semplice educazione? Indicare dei valori. Il modello non importante di per s, ma
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perch mi indica dei valori. C anche un rapporto umano, benissimo, tranquillo, ma il modello importante perch mi indica dei valori, nel caso del credente mi indica Dio. Dio il punto darrivo, non il modello. Il modello mediazione, in fondo, serve perch indica un altro. E questa tutta la vita del credente. Perch grande Giovanni Battista? Perch vive in questa grande verit interiore. Anche quando sarebbe tentato, forse, e gli dicono: Sei tu il Messia? Se avesse detto di s, gli avrebbero subito creduto. Ma lui ha questa onest. No, un altro, io addirittura non gli posso neanche sciogliere il legaccio dei sandali. E quando passa Ges i discepoli di Giovanni abbandonano il loro maestro senza nessun problema, non gli chiedono neppure scusa. Capite? molto bella questa libert, il modello che indica il punto di arrivo. Lascia che i suoi discepoli al momento giusto lo abbandonino per seguire il Maestro. A me fa molta impressione: perch Ges tra i suoi dodici non ha scelto Giovanni Battista? Lavrebbe protetto dallaggressione di quelaltro e avrebbe avuto uno gi pronto, gi laureato, anzich scegliere quelle dodici scamorze. chiaro che tutto questo non scontato, non la vita. Levento di verit mi pu creare qualche problema nel momento in cui mi chiede di ribadire nella mia vita la verit di Dio. Questo da un certo punto di vista un processo di purificazione con tutto il dolore che porta con s e che va rispettato. - Oppure, un altro uso improprio della verit: chi strumentalizza la verit per affermare se stesso. Non che la verit una volta scoperta nel suo contenuto oggettivo uno la pu usare come crede, perch vero. Piano! Uno la pu anche strumentalizzare per affermare se stesso, o per pensare di sconfiggere laltro o qualche nemico. No. Anche questo indica, segnala un atteggiamento improprio, sbagliato e nessuno pu giustificarsi: Quella cosa vera. Dipende da come tu la stai usando. Oppure come dicevamo prima, c chi deforma la verit. Attenzione una delle caratteristiche che ho indicato dianzi : il contrario della verit non la menzogna, c un altro elemento a cui non diamo attenzione. Il contrario della verit la verit senza amore. C un fatto raccontato da Bonhoeffer successo in una scuola primaria. Un maestro, con scarsissimo senso pedagogico, entra in classe e dice a un ragazzo: vero che tuo padre alla sera torna sempre ubriaco fradicio? E il ragazzino abbassa la testa e non dice niente. Silenzio in aula e uno alza la mano: S, Signor maestro vero, io qualche volta lho visto, torna a casa la sera ubriaco fradicio. Il ragazzino ancor pi umiliato, finch un altro alza la mano e dice: Signor maestro non per niente vero, io sono amico della famiglia e non vero che il pap torna a casa ubriaco. Bonhoeffer dice: Qual la verit? Da un punto di vista dei fatti la verit era che il pap si ubriacava ogni sera. Per in quel momento qual era la verit pi importante? Era un atteggiamento che si pu considerare vero, un maestro con un incarico formativo, educativo, che affronta questa persona, piccolo e di fronte a tutti lo umilia: Tuo padre torna a casa ubriaco, c un altro che conferma quello che dice il maestro, pu essere vero che lha visto e poi c questo terzo ragazzino che invece si alza e dice: No, non vero e probabilmente sa che sta dicendo una cosa non vera, ma Bonhoeffer dice: Qual in quel momento la verit pi importante? Si pu considerare vero latteggiamento del maestro o di quello che gli d ragione?. Quello che ha detto il terzo non era vero, non si pu dire che abbia detto la verit in quel momento, per unattenzione che dovremmo aver sempre tutti. La verit non basta semplicemente portarla a galla, scoprirla, sottolinearla, annunciarla ai quattro venti

La verit va detta con amore, altrimenti un uso improprio, altrimenti sono fuori della verit. Molte volte un equilibrio che non facile, perch la verit non consente a nessuno di dire menzogne, n consente a nessuno di continuare a coprire le verit, e dunque difficile a volte mettere insieme questi aspetti, per, ecco, importante che la persona si interroghi sempre con molta attenzione di fronte a questa realt, di fronte alla verit che non si identifica semplicemente con la pura e nuda verifica dei fatti. Vedete come complesso il rapporto che siamo chiamati a stabilire di fronte alla verit, dunque, anche accettando che la verit suoni per noi umiliante. Accettiamo anche la vergogna, accettiamola, pu essere salutare, ci purifica, ci d la misura esatta di quello che noi siamo, ci purifica nellatteggiamento contrario perch come noi diciamo: Mi sento umiliato quante altre volte, invece, ci siamo sentiti promossi perch avevamo fatto bella figura, o anche senza andare l a vedere se abbiamo annunciato davvero il Vangelo? Quando ci sentiamo promossi, la promozione la prendiamo subito, non stiamo l a dire: Ma quella promozione perch hai annunciato la croce di Ges o perch hai fatto uno show di te stesso favoloso? La vita saggia: ci propone momenti di promozione e anche momenti di umiliazione. Accettiamoli, non lasciamoci prendere da uneccessiva preoccupazione di difenderci. Non diventiamo gli avvocati difensori di noi stessi. Chiediamo al Signore questo coraggio per tutto quello che implica nella nostra vita. Riconoscere la verit e accoglierla significa anche avere una coscienza retta, capace di identificare ci che vero e ci che sbagliato. Tutto questo comporta anche questa capacit di distinzione, in fondo, tra verit oggettiva, - la verit dei fatti, di qualche cosa che pu essere accaduto, di doloroso, ma accaduto - che va distinta dalla verit, per cos dire, soggettiva. Non pretendo con questi termini dare delle definizioni giuridiche, per capirci. Qual la verit soggettiva? Il fatto che io non posso mai entrare nellintenzione degli altri, attribuire le intenzioni. Laltro che gli atti li ha messi in atto, li ha eseguiti, ma senza nessuna intenzione cattiva, o comunque io non posso entrare dentro la coscienza altrui. Non posso attribuire le intenzioni. Attribuire le intenzioni sarebbe come giudicare. Quando Ges dice: Non giudicate!. Non giudicate lo potremmo tradurre cos: non attribuire le intenzioni. Questo sarebbe una cosa impropria. Noi facciamo fatica a capire le nostre intenzioni. Ricordiamo quella scaletta: non facile capire bene le motivazioni, anche perch molte volte le nostre motivazioni sono composite, come quel mio chierico che ha accolto il povero, lo faceva per amore di Ges, vedeva Ges Ma anche: dai dimmi che sei contento di aver trovato uno che ti ha accolto, dammelo questo straccio di soddisfazione. Molte volte le nostre motivazioni sono composite. Questo per dire andiamoci piano prima di attribuire le intenzioni altrui, non facciamolo per niente. Allora, passiamo sopra quei fatti? No. Quei fatti sono oggettivamente sbagliati, ma io non posso attribuire soggettivamente lintenzione. una distinzione questa che pu essere utile, da un lato ci fa riconoscere loggettiva negativit, non correttezza dei fatti e questo importante, un problema di coscienza qui, dunque, ne abbiamo gi accennato, ci ritorneremo sopra.

Vi ricordate quanto abbiamo parlato dello stile relazionale verginale. uno stile particolare, non posso dire: Per aiutare la persona, qualsiasi gesto va bene. No. Con il mio voto io mi sono consacrato a vivere in un certo modo, che vuol dire anche un certo uso e interpretazione dei gesti. Tutto deve essere coerente, tutto deve essere vero in me e, dunque, il voto di verginit vuol dire che non il corpo n il luogo n il motivo dellincontro. Il vergine scommette, fa una scommessa che pu manifestare il massimo dellamore. Il vergine fa una scommessa che pu manifestare il massimo dellamore rinunciando al gesto fisico. E questa una verit che coinvolge la vita di tutti, perch anche per tutti cos. Lamore va manifestato, devo amare tutti e la scommessa del vergine che pu manifestare il massimo dellamore con il minimo del gesto, ossia rinunciando al gesto, anche quando questo ti appare come gratificante. Su questo dobbiamo essere molto corretti, coerenti con quella che la morale che abbiamo gi, non dobbiamo andare a inventarla, ma questo non autorizza nessuno ad attribuire le intenzioni. Questo vuol dire che aprirsi alla verit anche legato alla formazione della coscienza, ad una nostra sensibilit che per deve essere ad ampio raggio. Cosa vuol dire? Anche questo ha a che vedere con la verit. Come io accolgo la verit, faccio questa distinzione tra verit oggettiva dei fatti e verit soggettiva delle intenzioni, capisco, c una comprensione in me che esprimo come dono e, dunque, devo essere aperto a tutta la verit dellavvenimento. E, quindi, comprendo anche la sofferenza di chi ha sofferto, allora sono nella verit, quando tengo conto di tutto. La verit sempre totale, quando una mezza verit anche una menzogna. Una mezza verit gi una menzogna tutta intera e, dunque, espressione di verit anche questa capacit di cogliere tutta la complessit della cosa, senza utilitarismi, senza amnesie strane e, dunque, manifestando davvero una sensibilit che si apre alla realt. chiaro che non vi pu essere vera riconciliazione se non a partire dalla verit. Riconciliarsi non vuol dire ignorare la realt, nemmeno quella dolorosa, legata alle nostre mancanze anzitutto, questo applichiamolo anzitutto a noi, al nostro peccato. Devo imparare a ricordare. E questo vuol dire: vedo nella realt della mia trasgressione quel momento che pu diventare prezioso per la mia esperienza della misericordia dellEterno. Fare lesperienza della misericordia delleterno, oltre ad essere lesperienza pi bella della vita, anche ci che scioglie il nostro cuore e ci rende capaci di relazione, nella verit. Ci che avviene fuori della verit non viene da Dio. Non pu esserci riconciliazione se non a partire dalla verit. Riconciliarsi non vuol dire ignorare la realt, nemmeno quella dolorosa legata alle nostre mancanze morali, non vuol dire metterci, pro bono pacis per quanto riguarda le mie o le altrui mancanze, una pietra sopra, far finta che non sia successo niente. La misericordia assume senso proprio perch ha il coraggio di riconoscere questa realt nella sua gravit, come pure nelle sue varie forme di responsabilit personale che coinvolgono tutti, per confrontarsi con essa e assumerla come energia damore. Non sarebbe autentica e verace una misericordia che presume cancellare tutto, anche perch questo in realt non possibile, perch ci che non stato integrato - torniamo a quel principio cos prezioso - diventa disintegrante.

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Cosa vuol dire integrare? Vuol dire anche assumere la verit senza paura, perch la croce di Ges ti pu consentire di integrare anche la verit, la pi dolorosa. Dunque, quando non integrata andrebbe a disturbare la persona e la relazione. Rendiamoci conto che proprio quello che ci chiede di fare Benedetto XVI. Un orientamento che viene da ci che la Chiesa sta facendo, sta assumendo sempre di pi. proprio la Chiesa che chiede di unire la misericordia a questo coraggio di leggere la vita nella verit: Che nessuno - dice Benedetto XVI - pensi nella Chiesa di procedere come si proceduto per un certo tempo, coprendo Vi cito semplicemente alcuni interventi del Papa: La giustizia di Dio parlando ai Vescovi dellIrlanda - esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla. Giustizia e misericordia, giustizia e carit, cardini della dottrina sociale della Chiesa, sono due realt differenti soltanto per noi uomini, che distinguiamo attentamente un atto giusto da un atto damore. Giusto per noi ci che allaltro dovuto, mentre misericordioso ci che donato per bont e una cosa sembra escludere laltra, ma per Dio non cos, in lui giustizia e carit coincidono. Non c unazione giusta che non sia anche atto di misericordia e perdono e nello stesso tempo non c azione misericordiosa che non sia perfettamente giusta. Questi i punti che abbiamo di fronte a noi. Riflettere anche su questo aspetto che ci fa sentire ancora pi Chiesa. Apriamoci a questi inviti che ci vengono proprio per scardinare una mentalit che per troppo tempo ha dominato nella Chiesa. Siamo chiamati a fare un certo cammino, a dirigere la nostra attenzione, la nostra sensibilit nella linea della verit. Verit globale che presta attenzione a tutti gli elementi che sono entrati in gioco e con una comprensione che diventa doverosa. Quale comunione nasce da questa riconciliazione, da questo cammino verso la riconciliazione? una comunione un po singolare. Quando noi viviamo bene, prendiamo coscienza, siamo sinceri, veri, nei confronti di noi stessi, della nostra vita, della vita della nostra comunit e viviamo tutti e quattro questi livelli. La presa di coscienza della nostra conflittualit, dentro di noi, allesterno di noi, con Dio, nei confronti della verit. Se uno cammina veramente in questo senso, non una cosa che si improvvisa; quando uno impara a camminare sempre a tutti e quattro questi livelli senza dimenticarsi di nessuno di questi quattro, piano piano cosa viene fuori? Prima dicevamo senso di identit quando cammina per quelle quattro piste e poi crea il senso di appartenenza. Quando uno vive bene, cio autenticamente questi livelli di conflittualit si ritrova nella comunione dei peccatori. Che una bella comunione anche se suona un po sinistra. Non linferno. Nellinferno non c la comunione dei peccatori, nellinferno c la disperazione dei peccatori e, dunque, dire comunione dei peccatori, cosa vuol dire? Un principio importantissimo che la presa di coscienza del peccato che c in noi e attorno a noi crea comunione, anche se questo suona un postrano perch noi siamo abituati a pensare la comunione come qualcosa che nasce attorno alle cose belle. Ed vero, quello il punto di arrivo, sia chiaro, per, finch siamo su questa terra c una comunione particolare che si deve vivere anche a partire dal peccato. Non che sia automatico, per possibile. E noi dobbiamo passare per questa comunione. la comunione di chi, per esempio, riconosce il proprio peccato e chiede perdono e quel gesto di chiedere perdono ristabilire una comunione. Chi potrebbe dire il contrario? E da dove parte quella comunione? Esattamente dalla presa di coscienza del tuo peccato. E questa comunione diventa ancora pi forte se tu chiedi perdono e te lo chiede anche laltro. Ancora pi
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comunione a partire da cosa? Ancora una volta dal coraggio di riconoscere nella verit il proprio peccato, al punto di chiedere perdono allaltro, al punto di lasciarmi anche correggere dallaltro. una comunione autentica che noi dobbiamo prendere pi in considerazione. Si pu costruire comunione, si deve costruire comunione, anzitutto a partire da questo, poi piano piano se la viviamo bene ci accorgeremo che possiamo costruire anche la comunione dei santi. Sar ancora pi bella, certo! Un giorno, una domenica pomeriggio di sole romano il Papa proclamer santa una comunit, non dei singoli, perch di singoli santi ne abbiamo gi abbastanza. Oggi abbiamo bisogno di comunit sante. Chi sono queste comunit? Il Presidente decider di formare una Comunit scegliendo i meglio, ci saranno i meglio anche qui Sar possibile costruirla? S, concentriamo tutta l la santit. No. Non necessario. Parliamo di una Comunit che vive la comunione dei santi perch prima ha imparato a vivere la comunione dei peccatori. Non serve scegliere i migliori, ma le persone normali che, per, stanno imparando a vivere questa comunione che non scontata, che la comunione dei peccatori. Imparare a vivere la coscienza del peccato mio personale prima di tutto, poi dellaltro A viverlo come coscienza del credente, a viverlo con la coscienza della persona che si sente avvolta dalla misericordia di Dio e che questa misericordia cerca di condividere nella verit. Quando uno vive cos, non mette tra parentesi niente. Chi vive cos, lo vive ancora pi profondamente il senso del proprio peccato. Ne sente il dolore. Andiamo a capire meglio il male comunitario. La premessa che esiste un male comunitario che ci appartiene, in generale. C un male che ci appartiene in quanto esseri umani, perch in quanto appartenenti a diverse entit comuni, dunque vivere in questa cultura, certe abitudini di vita Il peccato originale il tipico male comunitario. La Chiesa oggi ha un male ecclesiale? C s, questo male, riconosciamolo. C qualcuno che non voleva quando Giovanni Paolo II chiese perdono dei peccati della Chiesa. Qualcuno nella Curia diceva: No, non sta bene, c gi certa stampa che ha il dente avvelenato con la Chiesa, perch dobbiamo andare l a chieder perdono. Invece fu uno dei gesti pi belli del pontificato di Giovanni Paolo II, da profeta qualera. Peccati di cui la Chiesa non ha mai chiesto perdono. C un male dellumanit, un male della Chiesa, un male della vita consacrata, un male della mia comunit. Non vogliamo dileguarci con questo. C una lettura di tipo antropologico, di tipo carismatico che vuol dire: Noi non siamo migliori degli altri. Noi abbiamo fatto esperienza dellamore di Dio e della sua misericordia che vogliamo condividere. C un dato storico che dice che il male vero e proprio c e si riproduce soltanto quando uno reagisce a unazione negativa con lo stesso stile. Questo male che, molte volte, abbiamo anche noi provveduto a moltiplicare. Se uno mi d uno schiaffo quello un male, non necessariamente. un male se io rispondo con un altro schiaffo, ma se io a questo gesto rispondo con un altro tipo di dinamismo quel male si trasforma in occasione di bene, perch ha provocato in me un gesto di misericordia, un gesto che non ha perpetuato il meccanismo. Il male la sua riproduzione, il male tende a questo, in effetti. Se tu subisci unoffesa e ti senti provocato a difenderti attaccando a tua volta, l stai subendo la pressione diabolica e ripetitiva del male. Ma se tu invece hai il cuore libero, dellAgnello innocente, che porta su di s il peccato del mondo Abbi piet di
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noi, cio Insegnaci a vivere cos. LAgnello lanimale con pi forza, pi intraprendente perch ha questa grandissima forza, di assorbire il male senza restituirlo. Questa la vera forza. Siamo tutti responsabili. C un male comunitario? Siamo tutti responsabili. Si pu parlare a questo punto di comunione dei peccatori solo se, insieme, si parte da questa convinzione: siamo tutti responsabili del male. Qui concretizziamo il discorso del male che accade in una fraternit. Nessuno pu dire: Io non centro niente. In un modo o in un altro, in ogni caso non possiamo mai scaricare la colpa semplicemente su qualcuno. Vivere in Comunit vuol dire che c questa partecipazione. Perfino Abele secondo lacuta interpretazione di Berdjaev. Dio avrebbe chiesto che cosa aveva fatto a suo fratello Caino. Una lettura acutissima. Allinizio della storia Dio chiede a Caino cosa ne ha fatto di Abele ed giusto che Dio chieda conto del male al responsabile che ha commesso la trasgressione. E Caino risponde in quella maniera che luccisione della fraternit. Caino ha ucciso Abele nel momento in cui di fronte a Dio ha detto: Non sono mica custode, responsabile di mio fratello! Quella stata luccisione. Quando uno dice cos uccide laltro. Lha fatta lui la colpa, cosa centro io? Quella unuccisione. Nego di farmi carico dellaltro e lo uccido. Ma poi alla fine della storia, dice Berdjaev Dio far la stessa domanda a ruoli invertiti, questo non lavevamo previsto. Quanti siamo qui? Quanti ci sentiamo Caino? Nessuno alza la mano, allora ci sentiamo tutti Abele, e allora alla fine dei tempi, a tutti gli Abele del mondo: Ehi Abele, cosa hai fatto di tuo fratello Caino? Che vuol dire: quanto tu ti senti responsabile del suo male? vero che tu ti senti il bene, complimenti. Cosa hai detto? Che tu non hai nessuna colpa, sei sicuro che non hai fatto proprio niente per impedire quel male? Non hai mai conosciuto la sottile violenza del giusto? Hai mai pensato a domandarti se in un modo o in un altro ci pu essere una tua, per quanto sottile partecipazione? In ogni caso ci che salutare che noi entriamo in questa prospettiva. Siamo tutti responsabili e non solo per i comportamenti, ma poi c la reazione al comportamento. Io come ho gestito la reazione? Qualcuno dice: Ma io non ho fatto niente. quello il problema, non hai fatto niente, invece avresti potuto fare qualcosa. La cosa importante avere latteggiamento interiore disponibile ad andare in questa direzione e quindi a farsi carico del male che c nel mondo e senza pensare al mondo perch il mondo troppo grande, pensiamo al piccolo mondo di casa nostra. Responsabilit personale riguardo al passato. Basterebbe dire: di fronte al male quanto io sono stato capace di intervenire, di capire, di comprendere, di accorgermene, oppure no? Non disperiamoci, non andiamo al sentimento opposto, non carichiamoci di tutto il male del mondo, per, io credo che questo tipo di analisi, normalmente, rischiano di essere molto messe da parte, invece no. Invece abbiamo tutti il dovere di pensare bene a quello che fatto, quello che non fatto, quello che avrei potuto fare, quello che ho permesso, quello che io ho acconsentito. Se c uno scadimento del senso morale normalmente questo frutto di un clima che uno pu avere contribuito a creare o che uno pu non aver fatto abbastanza per contrastare. Fondamentale che qui ognuno mostri questa disponibilit personale.
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Tutto questo non qualcosa che abbiamo previsto, e questo la dice lunga sul modo di vivere il male comunitario, come scatti in noi la tendenza: Io non centro. scritto anche nel Padre nostro: liberaci dal male, ma non interpretato bene se questo si presta a questa sorta di scaricamento di responsabilit. Allora, passiamo alla parte un pochino pi costruttiva, anche se questi sono temi su cui torneremo sopra. Chiedere perdono non solo scusa. A questo punto mi sembra del tutto naturale esprimere anzitutto con un gesto interiore, ma che pu avere anche unespressione visibile e esterna, la propria responsabilit non solo psicologica, ma anche morale, indiretta, anche a riguardo del male, anche superando una nostra naturalissima tendenza a scaricare qualsiasi tipo di responsabilit. Allora, chiedere perdono, non solo scusa. Ricordiamo il gesto di Giovanni Paolo II che in pieno anno giubilare chiese perdono al Signore e poi allumanit intera dei peccati della Chiesa, nel suo passato. Fu e rimane un gesto altissimo di verit. Quellimmagine del Papa in ginocchio davanti al crocifisso in San Pietro. Una delle immagini pi emblematiche del pontificato di Giovanni Paolo, ma anche dellimmagine della Chiesa. Attenzione alla differenza tra il chiedere scusa e il chiedere perdono, la stessa differenza esistente tra senso di colpa e coscienza di peccato. La prima una sensazione istintiva e psicologica, la seconda, coscienza, riflessiva e teologica. Il senso di colpa solo psicologico. La coscienza di peccato teologica. Senso di colpa ci che provo davanti a me, davanti allo specchio, coscienza di peccato quanto avverto dinnanzi a Dio. E la differenza notevolissima. Quante volte noi ci accontentiamo dei sensi di colpa, e magari ci confessiamo dei sensi di colpa. una confessione quella l? Senso di colpa la rabbia narcisista di non essere bravo, buono, bello e perfetto come sogniamo. Coscienza di peccato il dispiacere sincero di avere offeso lamore di chi mi ha amato. Vedete la differenza? Essenziale. Se non capiamo questo non siamo neanche entrati nella fede, questo elementare. Lamore nasce dalla coscienza di essere stato amato e chi ha la coscienza di essere stato amato soffre qualsiasi trasgressione o mancanza di attenzione, di delicatezza di questo amore. Il senso di colpa solo: Mi dispiace di non essere il primo, il pi bello. Con il senso di colpa poi alla fine mi dispero, con la coscienza di peccato mi apro alla fiducia e speranza di essere perdonato. Altra differenza. Chi sente solo il senso di colpa non avverte un gran bisogno di confessarsi e se lo fa non prova un gran dolore. Con la coscienza di peccato scorga spontaneo il desiderio di celebrare la misericordia ed forte il dolore, questo grande esiliato delle nostre confessioni. Il senso di colpa al massimo chiede scusa, la coscienza di peccato chiede perdono. Senso di colpa molto ridotto a te, la coscienza di peccato ti apre alla responsabilit di fronte al male comunitario. A chi chiedere perdono? A Dio anzitutto, e poi anche alle persone che hanno subito il male, alla comunit, alle persone che hanno portato in cuore una sofferenza enorme con turbamenti che possono aver lasciato anche tracce pesanti.

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Dare perdono, non solo chiederlo. Le due cose viaggiano sempre assieme sia sul piano psicologico che su quello spirituale. Si tratta non solo di domandare perdono, di essere disposti a darlo, ancor prima e al tempo stesso. Allora entriamo davvero nellottica evangelica, lottica del Padre nostro che recitiamo tranquillamente ogni giorno. Altrimenti che cosa? Altrimenti non siamo figli di Dio, capite? Se non c questo non che mi manca un pezzettino, per, per il resto sono abbastanza contento della mia vita spirituale, solo che mi manca questo pezzettino. Non vivo ancora bene il perdono. Non ti manca un pezzettino, ti manca la parte essenziale. Tu non sei figlio di Dio se non vivi il perdono in senso attivo e passivo: da chiedere e da dare. chiaro che da parte di Dio c tutta la paternit, ma se tu non vivi questo, tu ti poni fuori da questa paternit. Dio vuole figli che godano della sua misericordia, perch la misericordia lamore grande e il figlio o colui che chiamato ad essere figlio, ma che non vive la misericordia in quel momento non sta vivendo la figliolanza che Dio gli vuole donare. Dunque stiamo molto attenti su questo. Questa non una cosa opzionale che fa parte di un cammino di perfezione, come a dire una cosa in pi. Qui stiamo parlando degli elementi fondamentali della vita cristiana. Che senso ha presumere di essere consacrati quando siamo fuori della figliolanza di Dio? questo il rischio. Dare perdono nellintimo del cuore, non solo a parole, dare e chiedere perdono per iniziativa personale senza aspettare che qualcuno ce lo chieda e anche a chi non ce lo sta chiedendo e forse non ce lo chieder mai. Dare perdono a chi ci sta pi vicino, che forse ho offeso e fatto soffrire senza rendermene conto. La responsabilit personale riguardo al futuro. Dallassunzione di responsabilit nei confronti del passato dovrebbe venirne un atteggiamento corrispondente nei confronti del futuro, magari distinguibile come progetto ideale finale o come impegno concreto da prendere qui e ora per evitare sia di accontentarsi di definire solo qualcosa di ideale utopistico, ossia di limitarsi a qualche comportamento o gesto senza unanima, sono i due estremi da evitare o due atteggiamenti da tenere assieme. Da un lato qualcosa che si riferisce a un cambiamento del cuore e dei suoi sentimenti, qualcosa che suppone tempi relativamente lunghi, dallaltro qualche impegno preciso e attuabile abbastanza presto. Si apre cos una prospettiva in questo anno alla luce e allinsegna di questo tema, di questo lavoro, di questo impegno preciso che ci prendiamo tutti a livello individuale e a livello comunitario. Il tema il dono della riconciliazione. chiaro che la prospettiva quella di camminare avanti nel rispetto di tutti, nellassunzione del male nella verit come pure nella sua accoglienza, nella sua gestione e nella sua interpretazione nella misericordia. Durante lanno potremo proporre qualche cosa di pi preciso che ci possa ricordare questo tema e aiutare a porre in atto anche dei gesti corrispondenti. La cosa importante, per, quello che avviene nel nostro cuore, nella nostra mente nei nostri sensi, nelle nostre sensibilit.
(P. Amedeo Cencini - tratto da registrazione)

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