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Gary Jennings

Fuoco Azteco
Aztec Fire 2009 Prima edizione: settembre 2009
ISBN 978-88-17-03376-3

Per Joyce Servis La giada si spezzer, l'oro si frantumer, e anche le piume dei quetzal si strapperanno. Nessuno vive per sempre su questa terra, Noi esistiamo solo un istante. Canto di morte di Nezahualcyotl, re poeta di Texcoco Non c' nulla come la morte in guerra, nulla come la morte fiorita cos preziosa al Creatore. La vedo da lontano, e il mio cuore la brama. Canto di guerra azteco, Bernardino Sahagn, Historia general de las cosas de Nueva Espaa

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2009 - Fuoco Azteco

Parte Prima
Il crepuscolo degli di

Capitolo 1
Tula, Valle del Messico, 1811 Prima di essere impiccati, i miei zii aztechi mi condussero sino alla citt misteriosa di Tula per insegnarmi le usanze del nostro popolo. Si aspettavano di morire laggi, e si portarono appresso persino un cane giallo, che secondo le nostre credenze li avrebbe guidati attraverso i Nove Inferni dopo la morte. Avevo sedici anni. Vi dir di pi a proposito dei Nove Inferni, della Citt Misteriosa e del Cane Giallo, ma prima lasciate che mi presenti. Il mio nome Mazatl, che in lingua azteca, il nahuatl, significa cervo. Mazatl il nome con cui ero stato sempre chiamato al villaggio. Tuttavia, secondo la legge, dovevo avere anche un nome spagnolo, e nella loro lingua il mio nome Juan Rios. Gli spagnoli definiscono aztechi tutti gli indios, il che offensivo per molta della mia gente. Per gli ispanici gli schiavi sono indegni, e noi indios siamo ridotti in schiavit. Pochi ispanici riconoscono il nostro retaggio culturale ricco di arte, architettura, medicina e astronomia, e non ammettono che noi fossimo una civilt vivace molto prima del loro arrivo, quando distrussero i nostri grandiosi monumenti, simbolo di un passato maestoso. Le nazioni europee non hanno mai pensato che i popoli delle
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Americhe non avevano bisogno di essere scoperti? A dirla tutta, io sono uno degli eredi di un popolo ancora pi antico e potente dei mexica, il primo a essere chiamato altezzosamente azteco dagli spagnoli: io sono un tolteco. Per gli storici i toltechi sono i primi veri aztechi, perch le civilt successive - i mexica-aztechi, i maya, gli zapotechi e tutte le altre - scimmiottano sfrontatamente la nostra arte e la nostra architettura. Come i mexica-aztechi e gli altri imperi del Messico centrale, i toltechi parlano il nahuatl, la melodiosa lingua degli di. Il nostro era un grande impero quando i mexica-aztechi, il Popolo delle Canne, vagavano ancora nudi e indifesi, preda di serpenti e coccodrilli, giaguari e lupi, e si cibavano di larve d'insetti, erbacce infestanti e vermi. Questi rozzi selvaggi temevano la nostra furia e desideravano le nostre straordinarie ricchezze, anche se intimiditi dalle piramidi svettanti e dal nostro impero sconfinato. Fissavano sgomenti e meravigliati la Scintillante Citt d'Oro e Turchese, l'Invincibile Cittadella e il Sacro Tempio di Tula. Per gli aztechi, Tula era una citt di sfarzosi palazzi oro e turchese, dove la carne, il mais, i fagioli, gli avocado e le caramelle al miele abbondavano come la terra e l'aria, e dove il mescal, la birra di grano e il cioccolato fermentato scorrevano a fiumi. Gli aztechi probabilmente ci invidiavano sopra ogni altra cosa la scienza e l'abilit con i numeri. Le nostre conoscenze dovevano sembrare loro altrettanto imperscrutabili quanto il sole e le stelle. Anzich lavorare nei campi, gli abitanti di Tula sondavano la volta celeste, e attraverso tale sapere e la saggezza divina riuscivano a predire il futuro. I miei antenati toltechi coltivavano piante medicamentose in grado di curare tutti i malori che potevano affliggere gli esseri umani. Erigendo templi di altezza vertiginosa e altri magnifici monumenti, ci eravamo conciliati anche con gli di pi implacabili. In seguito, gli imperatori aztechi rivendicarono una discendenza in linea diretta dalla regalit di Tula, mentre la loro classe nobiliare si sottometteva servilmente alle mogli di stirpe tolteca. Ora tutto ci che rimane della grandiosit aurea di Tula sono cocci, frammenti e rovine: macerie di una piramide a gradini su cinque livelli dedicata a Quetzalcoatl, saccheggiata nel corso dei secoli; fondamenta incrinate e sgretolate di altri templi crollati, resti di due campi per il gioco della palla e i resti sparsi e frantumati di un grandioso palazzo del Re del
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Sole. Le gradinate della piramide erano ancora ornate di fregi dipinti e scolpiti raffiguranti giaguari in movimento, cani feroci, uccelli da preda e serpenti nell'atto di divorare cuori e volti umani, intrappolati con gli occhi spalancati e terrorizzati tra le loro fauci aperte. No, nulla prima o dopo aveva eguagliato i toltechi, nemmeno i mexica. Non avendo conoscenza alcuna di arte e architettura, questi ultimi depredarono la cultura del mio popolo. Quando costruirono la loro grande citt, Tenochtitln, si impadronirono della religione, della sapienza e delle tecniche appartenute a Tula, compresa la credenza di essere sacerdotiguerrieri del dio Sole. Cos la maggior parte dei miti cosiddetti aztechi, le leggende, il pantheon degli di, i pittogrammi, i templi e i palazzi erano mere imitazioni della nostra vera cultura e della nostra infinita creativit. Anche allora si poteva riconoscere la grandiosit del perduto mondo tolteco, nonostante la barbarie degli spagnoli. Le rovine degli indios in tutto il territorio della colonia furono manipolate in modo da somigliare agli edifici toltechi, comprese quelle dei magnifici monumenti di Chichn Itz nella terra dei maya, all'estremo Sud. In verit, Tula era stato un grande impero mille anni prima che io nascessi, sebbene ora fosse solo una citt ridotta in macerie e abbandonata. Tula per non fu abbandonata dagli di del mio popolo: sentii la loro presenza nel momento in cui raggiunsi la sommit della piramide per incamminarmi tra la foresta di guerrieri giganti di pietra ora noti come Atlantici, un nome derivato dal leggendario continente perduto di Atlantide anzich dalla nostra storia, perch nessuno sapeva come si chiamavano i possenti guerrieri. Questi fieri guerrieri di pietra, alti quasi tre volte un essere umano, evocavano visioni di grandi guerre e conquiste conseguite da un popolo di molto superiore a quelli che oggi calpestano la terra. Ho vissuto per tutta la vita tra le montagne a est di Tula, in un piccolo insediamento che contava meno di un centinaio di capanne e non abbastanza grande da potersi permettere una chiesa, anche se c'era una cappella. Era talmente piccolo e povero che avrebbero potuto mandarci solo un prete punito per aver trasgredito la legge di Dio e le regole della Chiesa. Nel villaggio non abitava nessun ispanico, a parte il prete, che doveva sentirsi come se fosse stato spedito in un purgatorio terreno. Ma non era n
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un vero e proprio ispanico n un uomo molto devoto. Citt del Messico era a due giorni di cammino verso sud. Non ero mai stato nella grande citt, ma avevo sentito molti racconti a proposito della furia selvaggia che vi regnava e del suo maestoso splendore. La gente del mio villaggio campava coltivando mais, fagioli e peperoni. Alcuni lavoravano presso una miniera di zolfo sul versante di una montagna nei paraggi. Il mio popolo per non si arricchiva grazie allo zolfo. Al contrario dell'oro e dell'argento, lo zolfo non prezioso. Pi tardi arriv il momento di usarlo come ingrediente per la polvere nera, dalla cui vendita, comunque, non ricavammo mai nulla. Alla fine, per, quella dannata polvere da sparo aveva deciso la sorte dei miei zii, e ci aveva costretti a metterci in viaggio per Tula, dove avremmo combattuto la nostra ultima battaglia.

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Capitolo 2
Il nostro esercito era a dir poco insignificante: un indio con un logoro cappello di paglia sul capo, che indossava un abito di cotone cucito in casa e portava ai piedi un paio di sandali di corda, deciso a scagliare una lancia contro l'odiato nemico nella sua ultima battaglia. Un prete con una tonaca consunta e sbiadita, e che pregava ogni volta che ricaricava la sua pistola a pietra focaia. Infine io, il meno pericoloso di tutti. Nei miei primi quindici anni di vita non avevo mai lasciato il mio villaggio natio se non per un viaggio di un'ora di cammino. Questo fino all'anno scorso, quando la mia gente si era ribellata contro gli spagnoli. Da allora la mia vita cambiata radicalmente e sono partito pi volte dal mio paesino. Sebbene mi avessero narrato molte leggende sulla citt antica, questa era la mia prima visita a Tula. Purtroppo, quel giorno avevamo fatto una gita di piacere fino alla citt dorata non per studiarne la storia, ma affinch i miei zii potessero fissare gli occhi di ossidiana della morte e morire con onore. Quei due uomini erano come degli zii per me, anche se nessuno di loro riconobbe mai quella parentela. Inoltre erano diametralmente opposti tra loro, e talvolta in aspro disaccordo, divisi com'erano per cultura e nascita, essendo un tolteco e uno spagnolo. Per capire la colonia e i suoi abitanti, si deve innanzitutto comprendere il concetto ispanico di purezza della razza. Per gli ispanici l'onore non derivava dalla conoscenza, dall'abilit artistica, n tantomeno dalle conquiste personali, ma esclusivamente dal sangue che scorreva nelle vene. Neppure una grande ricchezza poteva rendere il proprietario meticcio di una miniera d'argento pi influente di un umile mulattiere spagnolo dal sangue puro. L'immacolato sangue ispanico assicurava il possesso delle pi nobili virt dell'umanit, come la forza morale, il coraggio in battaglia e il dominio su uomini e donne pi deboli. Entrambi i miei zii possedevano la pureza de sangre, sebbene uno fosse tolteco e l'altro spagnolo. Mentre i nostri padroni ispanici sostenevano di rispettare la pura razza india, di fatto l'unica razza che stimavano era la
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loro. E anche la razza spagnola era suddivisa in una gerarchia non scritta: quelli nati in Spagna che erano venuti nella colonia per amministrarla - e per razziare le sue ricchezze e violentare le donne - erano chiamati gachupnes, ovvero coloro che portano gli speroni... speroni per punzecchiare e insanguinare le schiene degli indigeni. Criollos, invece, erano gli spagnoli nati nella colonia. Gli spagnoli dell'Europa credevano che essere nati in colonia rendesse meno forte il sangue, e si accaparravano i posti chiave del governo e della Chiesa. Cos, l'ordine sociale della colonia imponeva che i gachupnes dettassero legge ai criollos, i quali, mal sopportando il loro disprezzo, si sfogavano opprimendo i sangue misto, detti meticci e mulatti, e ovviamente gli indios di razza pura. Questa faccenda del sangue era incomprensibile per un giovane della mia et, ma una cosa mi era chiara: gli spagnoli erano i miei padroni. Mostrarsi irrispettosi era un invito a farsi incatenare e frustare. Contestare la loro superiorit era punito con la morte. Il mio zio tolteco si chiamava Yaotl, che nella lingua nahuatl significa guerra. Quel nome, datogli alla nascita, gli calzava a pennello, poich egli era un vero guerriero, l'uomo pi forte e coraggioso del villaggio. Nonostante fosse di bassa statura per un tolteco (e certamente pi basso di molti spagnoli), aveva una corporatura massiccia, un torace possente e le membra muscolose. Yaotl praticava le Antiche Usanze, le tradizioni dei guerrieri che avevano servito i mitici re e le divinit. Da lui ho imparato a cacciare e pescare, a sopravvivere con quanto offre la natura nelle aride terre desolate e nella giungla soffocante e infestata dai serpenti. Sapevo cacciare le prede in corsa, col mio pugnale di ossidiana e la mia frombola. Sapevo anche come trovare l'acqua in luoghi dove persino le lucertole avvizzivano e morivano di sete. L'altro mio zio, fra Diego, era ispanico. Arriv da noi prima che io nascessi. La mia gente da anni non vedeva un prete. I pi cinici del villaggio insinuavano che la Chiesa, per poter giustificare l'esilio di un religioso nella nostra parrocchia dimenticata da tutti, avesse dovuto aspettare che uno qualsiasi di loro cadesse irrimediabilmente in disgrazia. Altri sospettavano che fra Diego avesse provocato i suoi superiori in una lotta intestina di potere, facendoli infuriare oltre ogni limite. Per timore di essere punito, aveva quindi scelto un villaggio remoto e il pi distante
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possibile da un'inevitabile vendetta. Il buon frate quindi sarebbe venuto al villaggio per rintanarsi e sparire in modo ufficiale, piuttosto che per somministrare i sacramenti. Qualunque fosse la sua motivazione, fra Diego trovava maggior conforto spirituale nel sacro vino piuttosto che nella devota preghiera. Lui stesso una volta ha lasciato intendere che il suo trasferimento nel nostro villaggio era una punizione e una pena per i suoi numerosi peccati. Il mio zio spagnolo non assomigliava affatto a Yaotl n nel corpo n nella mente. Era grassoccio e sembrava un otre, per via del suo amore ingordo per tortillas, frijoles e vino da messa. Ma il cibo non era il suo unico peccato. Diabolicamente avido di sapere, divorava nozioni di ogni sorta. La voracit nella lettura, il fatto di mettere tutto in discussione e la sua scettica curiosit lo avevano reso inviso a Santa Madre Chiesa. Fra Diego mi ha insegnato tantissime cose, fra le quali lo spagnolo. Mi ha educato alla lettura dei libri sui nostri padroni ispanici e a scrivere nel loro idioma. Inoltre mi ha fatto conoscere volumi di vario genere in lingua spagnola. La sua passione erano le opere del Siglo de Oro, l'Et dell'Oro della letteratura spagnola di due secoli prima, ma mi ha introdotto pure alla lettura di molti scrittori e poeti come Vega, Molina, Caldern e Moratn e mi ha fatto apprezzare la poesia di Sor Juana e i romanzi di Cervantes. Lungi dall'essere un prete qualsiasi, era anche un uomo fuori del comune. Un giorno, mi confess che le sue infaticabili ricerche sulla Santa Trinit come la intendeva lui - Donne, Vino e Gioco delle Carte - lo avevano predestinato a una caduta rovinosa. Nel villaggio si parlava apertamente delle sue blasfeme passioni e avventure amorose. Alcuni insinuavano che durante uno dei suoi imprevedibili vagabondaggi si fosse coricato con mia madre e io fossi il suo figlio bastardo. Quelle stesse lingue che parlavano a vanvera, per, attribuivano anche a Yaotl la mia paternit. Mia madre respingeva quelle dicerie, e giurava che l'antico dio azteco Quetzalcoatl (sotto le mentite spoglie di un principe reale) si fosse introdotto nel suo letto e anche nel suo corpo... perci aveva generato quel figlio non per mezzo di un seme mortale ma attraverso un concepimento immacolato. I pi maligni sostenevano invece che mia madre era poco di pi di una puta, che era andata a letto la stessa notte sia col prete sia col guerriero e non sapeva chi dei due fosse il mio vero padre.
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Quanto a me, mi sentivo a mio agio, con due zii e nessun padre. Alto e snello come una canna, non assomigliavo a nessuno dei due, quindi accettai l'idea che le mie origini derivassero da quel concepimento divinamente ispirato. Quando arrivammo a Tula, il mio cuore era colmo di timori e nella mia mente frullavano pensieri fugaci. Gli zii mi avevano proibito di accompagnarli in quest'ultima battaglia e avevano attentamente tenuto d'occhio la pista che dal villaggio li aveva portati sin laggi. Mi avevano minacciato di percuotermi fin quasi a uccidermi, se si fossero accorti che li avevo seguiti, e di rispedirmi zoppicante verso casa. Diavolo! Ero partito dal villaggio prima di loro e, quando arrivarono alla periferia di Tula, mi trovarono ritto in piedi con un'aria di sfida. Stupiti dalla mia audacia, decisero di permettermi di accompagnarli fino alle rovine della citt, dove mi avrebbero istruito sulla grandezza del nostro popolo. Promisi di tornare al villaggio prima che arrivassero gli spagnoli e lo attaccassero: una promessa che in cuor mio ero ben deciso a non onorare. Quella fu l'unica bugia che raccontai loro. Avevo giurato di non fuggire davanti al nemico del mio popolo e avevo nascosto le mie armi prima dell'arrivo di Yaotl e fra Diego. Mi ero impegnato a combattere la mia prima e ultima battaglia, al fianco dei miei zii.

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Capitolo 3
Molto, molto tempo fa, questo era un campo da gioco per la palla disse Yaotl sollevando una grossolana palla di gomma. In questo gioco se ne usava una come questa. La fece rimbalzare. La palla colp il suolo di pietra producendo un rumore sordo, dopo di che schizz in alto. Yaotl diede una spinta con l'anca, tirandola verso di me. Io la intercettai, ma era troppo pesante e mi sospinse all'indietro, facendomi quasi cadere a terra. Nella lingua del nostro popolo questo gioco si chiama tlachtli spieg. Si tratta di un gioco di vita, di morte e di guerra. Di guerra? Il tlachtli si svolgeva come su un campo di battaglia. Le squadre di professionisti si trasferivano di citt in citt per disputare le partite. Formavano delle leghe e ogni anno, a El Tajn, la Citt del Tuono a nord di Veracruz sulla costa del mare orientale, si svolgevano dei grandiosi campionati. La citt disponeva di venti campi da gioco. Tutte le squadre si recavano l per la finale del campionato. Indossavano uniformi raffiguranti animali: il Giaguaro, l'Aquila, il Serpente, la Rana, il Pesce, il Cervo, e ogni altra specie. Come guerrieri che andavano in battaglia, le uniformi dei giocatori erano imbottite per proteggerli dalla violenza delle partite. Yaotl indic gli stinchi e le ginocchia. Le gambe erano protette da gambali di legno e cuoio. Attorno alla vita, un ampio sprone di legno attutiva i colpi pi duri. Le teste erano protette da elmi. Una competizione dura, selvaggia e brutale intervenne fra Diego. Tu cerchi di impressionare il ragazzo facendone risaltare il lato affascinante. Un rituale barbaro, giocato da pagani, spesso fino alla morte. Ecco cos'era. Una delle molte pratiche incivili degli indios, che grazie al cielo noi spagnoli abbiamo abolito. Fra Diego bevve del vino dall'otre. Yaotl scosse il capo. Non pi selvaggio o brutale dei giochi chiamati giostre dove gareggiavano i tuoi cavalieri europei. La barbarie dei cavalieri medievali non giustifica la follia pagana. I miei zii avevano opinioni diverse su molte cose, ma entrambi
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concordavano sul fatto pi importante: tutti gli abitanti della colonia avrebbero dovuto essere trattati in modo eguale. Diego decise di allontanarsi con il suo otre di vino, mentre Yaotl continuava a tessere le lodi dello tlachtli. La squadra che vinceva il campionato veniva ricompensata con tesori e donne. Ma... diavolo... il capitano della squadra perdente, come un guerriero caduto in battaglia, veniva sacrificato. Come? Un sacerdote gli spezzava il petto e gli strappava il cuore. Uno come fra Diego? No, no, un vero sacerdote rispose Yaotl, contorcendo il viso in segno di derisione, niente di simile a quel figlio di puta istupidito dal vino. Gli imperi confinanti combattevano le Guerre dei Fiori solo per conquistare terre o ricchezze, quindi i loro guerrieri potevano essere catturati e sacrificati. Allora si poteva spezzargli il petto come un guscio d'uovo e strappar via il cuore ancora pulsante? I sacrifici umani servivano a ricompensare gli di per il sole, l'acqua e i raccolti. Il sangue conferiva loro il potere di far muovere il sole e la luna in cielo, costringere la pioggia a cadere e far maturare il mais. Il patto di sangue un dono sacro agli di, il dono sacrificale un onore incommensurabile. Io preferisco che il mio cuore rimanga dov'. Scagli la palla verso il mio stomaco. Io la respinsi con le mani. Gli di ricevevano il sangue dal corpo del capitano perdente disse Yaotl, ma al capitano vincente veniva consegnato il cuore dell'avversario perch lo mangiasse. I nostri di non hanno potuto banchettare col sangue per secoli. Poverini, devono essere ridotti pelle e ossa! Ma allora perch il sole, la luna e il mais continuano a esistere? Smettila di essere blasfemo con gli Immortali e concentrati sul gioco. Yaotl mi fulmin con un'occhiata. Ricorda, niente mani. Colpisci la palla solo con le spalle, le anche, le natiche e le ginocchia. Puoi anche calciarla, ma questa mossa molto rara. La palla talmente pesante che ti potrebbe fratturare il piede. Cosa succedeva al capitano perdente, a parte il fatto che il suo cuore veniva dato in pasto al vincitore?
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La testa veniva scorticata e fatta essiccare, poi veniva avvolta nella gomma per essere usata come palla. La gomma gocciola da certi alberi che si trovano sull'altro versante delle montagne, dove il clima caldo e umido per quasi tutto l'anno. Questa palla, detta "di teschio", serviva nel campionato dell'anno successivo. Il frate fissava qualcosa in lontananza. Sono loro? chiese Yaotl. Vedo una nube di polvere, ma ancora nessun cavaliere rispose fra Diego. Santa madre della misericordia dissi io, facendomi il segno della croce. Non so perch lo feci, ma a volte anche il frate lo faceva. Quel loro si riferiva agli spagnoli. Gli indios, guidati da padre Miguel Hidalgo, un prete valoroso che aveva dichiarato l'eguaglianza dei popoli, si erano ribellati in massa e avevano perso. Erano morti per una causa: il sogno che indios e peones di sangue misto fossero uguali ai gachupnes spagnoli... Formato un esercito, padre Hidalgo combatt varie battaglie, liberando gli indios dai tributi esosi, e aveva anche spezzato le catene degli schiavi africani della colonia. Ma alla fine, a Chihuahua, un plotone d'esecuzione sped il corpo gi torturato del prete nell'oblio. Ora gli spagnoli castigavano per vendetta tutti quelli che avevano seguito il sacro sogno di Hidalgo. Fra Diego sosteneva che, al pari di Hidalgo, anche lui soffriva della maledizione di Ulisse, ovvero l'incurabile sete di sapere, e quella sete stava per costargli la vita. La maledizione di Ulisse lo aveva portato a padroneggiare la fabbricazione di polvere da sparo. Sapeva che uno degli ingredienti basilari era lo zolfo, che al villaggio abbondava. Gli altri due ingredienti erano il salnitro e la carbonella. Entrambi potevano essere raffinati utilizzando materie prime facilmente reperibili nei dintorni del villaggio. Bruciando gli alberi si otteneva il carbone da legna, e mescolando lo sterco reperibile nelle caverne dei pipistrelli sulle montagne al prodotto delle latrine del villaggio si poteva disporre di una quantit inesauribile di salnitro. Fra Diego aveva trasformato la chiesetta del villaggio in una fabbrica di polvere nera, e ben presto avrebbe iniziato a produrre polvere da sparo per l'esercito di peones di padre Hidalgo. Ide e organizz anche una piccola fabbrica di armi da fuoco, ricostruendo vecchi moschetti e pistole. Yaotl
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aveva contrabbandato la polvere e le armi per l'esercito ribelle di Hidalgo nascondendole sotto il letame trasportato nei carri. Io ero colpevole quanto i miei due zii. Avevo aiutato fra Diego a fabbricare la polvere da sparo, facendogli da assistente nel rimettere in funzione le armi da fuoco, e avevo pungolato incessantemente i muli che tiravano i carretti destinati ai ribelli. Ammiravo i miei zii per il loro coraggio. D'altro canto, non mi facevo illusioni sul concetto di carit cristiana degli spagnoli... specialmente riguardo al nostro piccolo villaggio. Sebbene fosse un minuscolo insediamento, il suo contributo all'insurrezione era stato enorme. Ora per il vicer spagnolo ce l'aveva con noi. L'amministratore reale della Nuova Spagna conosceva di fama i miei zii, che avevano disceso la montagna sperando che, se avessero fronteggiato le armi degli spagnoli offrendosi in sacrificio nella loro personale versione del patto di sangue azteco, il villaggio sarebbe stato risparmiato. La mia famiglia aveva gi pagato a caro prezzo la nostra trasgressione. Mia madre e la mia unica sorella erano state catturate mentre contrabbandavano armi e polvere da sparo ai ribelli, e poi uccise. Come nel tlachtli, anche nella guerra contro gli spagnoli al vinto veniva strappato il cuore.

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Capitolo 4
Yaotl fingeva indifferenza verso la fastidiosa polvere in lontananza. Io ero meno ottimista. Gli spagnoli stavano arrivando. Presto saremmo stati impegnati nella battaglia, dopo di che avremmo raggiunto i nostri antenati e iniziato il viaggio attraverso i Nove Inferni. Devi tornare in fretta al villaggio e dire alla nostra gente di fuggire fino a quando saranno sicuri che gli spagnoli non li puniranno. Ma loro lo sanno gi, gliel'hai gi detto tu prima di partire. Non importa, ripetiglielo ancora una volta. Fece un ampio gesto con le braccia per indicare tutto ci che ci circondava. Guardati attorno, ragazzo, e dimmi cosa vedi. Antiche rovine e... No, tu osservi la grandezza. Un ricco e potente impero costru questi grandi monumenti di pietra, uomini alti quanto gli di. Indic i Guerrieri Atlantici. Ognuno di quei giganteschi combattenti di pietra era armato di un ahtlatl, un propulsore usato per scagliare lance con una gittata molto superiore a quella che un normale soldato avrebbe raggiunto. Una farfalla ad ali spiegate era raffigurata sul torace di ciascun guerriero, ma non aveva l'aspetto di un insetto delicato, bens emanava un senso di potenza. Il raccoglitore di cuori disse Yaotl, indicando una divinit di pietra che spiccava tra le altre statue. un dio chiamato Chacmool. Sul piatto che regge, il sacerdote deponeva i cuori. Chacmool era una figura che teneva un piatto all'altezza dello stomaco. Su un braccio aveva appeso un pugnale sacrificale. Oltre ai giocatori di palla, venivano sacrificate anche le persone comuni? A migliaia. Per mantenere il patto di sangue rispose Diego, che ci aveva nuovamente raggiunti. Un'altra usanza barbara dei vostri antenati indios che Yaotl tende a minimizzare. Sangue in cambio di cibo commentai. Esattamente concord fra Diego. Lasciaci in pace e beviti il tuo vino lo redargu Yaotl. Indic con un cenno del capo la nube di polvere che si faceva pi vicina. Era aumentata
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in volume. Ci sono cose che il ragazzo deve sapere sui suoi antenati, e presto dovr partire. Yaotl mi spieg che Tula era anche chiamata Tollan. Una grande citt, di circa cinquantamila abitanti, senza contare gli schiavi. Con numerosi e magnifici edifici, palazzi e casupole. Tutti i popoli dell'Unico Mondo ammiravano e invidiavano gli abitanti di Tula. Quando l'impero inizi a indebolirsi, gli aztechi e le altre trib calarono come falchi sulla preda. Distrussero templi e palazzi, asportandone le pietre per usarle nella costruzione dei propri manufatti architettonici con lo stesso stile che avevano visto a Tula. Poi gli spagnoli ne prelevarono altre per costruire i templi che chiamano chiese. Ma una volta era la pi grande citt sulla terra? Durante il regno del suo glorioso re divino, Quetzalcoatl. Il Serpente Piumato dissi. Quetzal era un uccello dalle piume variopinte e coati significava serpente in lingua nahuatl. Quetzalcoatl di Tula fu il pi grande re della storia dell'Unico Mondo aggiunse Yaotl. Portava il titolo di re divino, poich era nato da una vergine. Sebbene suo padre fosse il re, non fu lui a ingravidare la madre di Quetzalcoatl. La donna lo concep dopo aver ingerito un frammento di giada. Suo padre venne assassinato quando Quetzalcoatl era ancora molto giovane. Abbandon la citt e si nascose nei boschi, dove gli uccelli e gli animali gli insegnarono a sopravvivere, esistere, lottare e prevalere, ma anche a rispettare la giustizia. Quando fu un po' pi grande torn e form un esercito. Conquist la citt e ne divenne, giustamente e a pieno titolo, il re. Saggio, brillante e coraggioso, perdon i suoi nemici e cre un pacifico reame a Tula, attingendo alle conoscenze apprese dagli animali dei boschi. Al contrario delle classi dei sacerdoti e dei guerrieri, che avevano detenuto il potere sino ad allora, egli non credeva nei sacrifici umani o animali, n nel cannibalismo. Poich per la gente temeva cos fortemente che la mancanza di riti sacrificali offendesse gli di, egli li permise, ma insistette affinch solo i fiori e le farfalle venissero offerti in sacrificio. Yaotl mi disse che questo potente re dalla barba rossa era alto, di corporatura massiccia, ed era anche un maestro nell'arte della creazione: non si limit a costruire una citt favolosa, ma rifond il suo popolo, istruendolo nelle arti della scultura, della ceramica e della fabbricazione di
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gioielli. Le conoscenze artistiche dei toltechi, al pari della scienza, della matematica e della potenza militare, sarebbero divenute l'orgoglio e l'invidia dell'Unico Mondo. Nessun re o nobiluomo di quel mondo si cibava da piatti non fabbricati a Tula. Un'epoca di meraviglie e abbondanza. Oltre alle pannocchie di granturco, la cui coltivazione era diffusissima, i raccolti di fagioli, avocado e pomodori erano abbondanti. Anche il cioccolato veniva prodotto in gran quantit. Il cotone cresceva non solo bianco alabastro, ma persino in tonalit iridescenti come un arcobaleno, mentre i quetzal dai colori vivaci gorgheggiavano canzoni poetiche e melodiosamente armoniche. Questi non sono racconti con cui intrattenere i bambini, ma la sacra verit disse Yaotl. Chiedi al frate, lui te lo confermer. proprio cos ammise Diego. Fra Bernardino de Sahagn, il prete che ha annotato la storia dell'Unico Mondo, scrisse che durante il periodo in cui regn Quetzalcoatl, i fagioli crescevano in abbondanza, le zucche erano gigantesche, talmente enormi da non poter essere cinte dalle braccia di un uomo, e le pannocchie di mais erano grandi quanto le tue cosce, ragazzo. Raccont anche che c'erano raccolti di cotone di tutti i colori, rosso, giallo, marrone, bianco, verde, blu e arancione... alberi colossali di cacao crescevano grandiosi e nelle tonalit pi sgargianti... Ricchi oltre ogni immaginazione, i sudditi di Quetzalcoatl vivevano in una terra profusa di ogni ben di dio, in un reame prospero e tranquillo, dove nulla mancava. Ecco quello che scrisse. Vedi, ragazzo prosegu Yaotl, persino quei cani di spagnoli contemplavano stupefatti la gloria e il sogno di Tula. Naturalmente, prima che si arricchissero e ingrassassero a seguito delle razzie nelle nostre case, degli stupri delle nostre donne e del saccheggio della nostra terra. Yaotl mi disse che Quetzalcoatl trattava con disprezzo i sacerdoti e i guerrieri che avrebbero voluto tornare ai vecchi tempi delle conquiste e dei sacrifici. Nonostante la liberalit che Quetzalcoatl dispensava al suo popolo, le classi dei sacerdoti e dei guerrieri approvavano il patto di sangue, temendo che senza di esso la gente avrebbe sofferto la fame e il mondo sarebbe andato incontro alla distruzione. Quetzalcoatl poteva fare miracoli, ma aveva una pecca fatale che poteva essere sfruttata dai suoi nemici: l'amore per sua sorella. Lussuria proibita disse fra Diego, per la quale brucer tra le fiamme
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dell'inferno per l'eternit. Lo fecero ubriacare narr Yaotl, ma soprattutto lo privarono delle sue capacit mentali mescolando funghi magici al suo pulque. Privo di sensi, fu trasportato dai sacerdoti malvagi nella camera da letto della sorella. Il mattino seguente, svegliandosi pieno di vergogna e disonore, dovette rispondere alle accuse di incesto dichiarandosi un dio mortale che aveva trasgredito le leggi dell'umanit. I mortali potevano errare, ma un dio mortale no. Lasci Tula e intraprese un viaggio verso il mare orientale, sul quale oggi si affaccia Veracruz. Fece vela a bordo di una zattera di serpenti intrecciati alla ricerca della dimora degli di. Prima di partire, aveva detto ai suoi seguaci che avrebbe fatto ritorno dopo un anno di Una Canna. Conosco gi il resto della storia dissi io. Qualsiasi scolaro la conosceva: Montezuma e Quetzalcoatl. aveva barba e capelli rossi e sbarc a Veracruz dopo un anno di Una Canna. L'imperatore dei mexica, Montezuma, credeva che il dio Quetzalcoatl fosse ritornato. Il primo approdo di Corts spavent l'imperatore. Se il timore che fosse Quetzalcoatl non avesse paralizzato Montezuma, il suo esercito avrebbe sconfitto senza difficolt il piccolo contingente spagnolo. Yaotl annu. tutto vero, ma aspett troppo a lungo. Corts si coric con Marina, una donna che aveva subito padroneggiato la lingua e i lombi di Corts. Marina forgi per lui le alleanze tribali grazie alle quali Corts riusc nell'impresa di annientamento del suo odiato nemico, i mexica. Quelle trib fornirono migliaia di guerrieri che combatterono a fianco degli spagnoli. Naturalmente, in seguito quei cani degli spagnoli attaccarono gli alleati di un tempo e conquistarono anche loro. Zio, ci che mi stai dicendo che il popolo dell'Unico Mondo stato conquistato dagli spagnoli a causa della leggenda dell'ultimo grande re di Tula? Un contingente spagnolo di meno di seicento soldati interloqu fra Diego. Vendetta. Le labbra di Yaotl schioccarono per esprimere la sua soddisfazione. Il fantasma di Quetzalcoatl si vendic dei mexica e delle altre trib che attaccarono Tula dopo la partenza di Quetzalcoatl stesso. Vedi, ragazzo, senza il potente re, Tula non poteva sopravvivere perch aveva commesso il peggiore dei peccati: l'invidia. Tutte le altre trib, e in particolare i mexica-aztechi che giravano a culo
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e piedi nudi, consideravano la citt d'oro come un premio da possedere. Ma prima che i barbari potessero distruggere la citt, dopo la partenza di Quetzalcoatl, i suoi stessi governanti razziarono le sue ricchezze e ne dissiparono il potere. Nel ripristinare i sacrifici umani, aggiunsero un nuovo tipo di immolazione: il sacrificio delle frecce, senza dubbio appreso dalle trib barbare del Nord. Sul corpo della vittima veniva segnalata con pigmenti bianchi la zona in corrispondenza del cuore, che veniva colpita con una freccia. Dopo di che il corpo esanime veniva legato a una ruota, mentre il sangue gocciolava, a mo' di fertilizzante, sulla terra sottostante. La morte arrivava lentamente, non era pi immediata come quella delle vittime a cui veniva strappato il cuore. Costruirono ruote su cui affiggere le teste decapitate dei nemici e dei giocatori di palla sconfitti. I nuovi sacerdoti re spogliarono l'impero con le loro guerre, l'avidit e la stupidit. La dimensione delle natiche di una donna fu il pretesto che scaten una delle tante guerre. Che cosa? S, la verit. Il re Huemac ordin a una trib remissiva di procurargli una donna le cui natiche fossero larghe quanto quattro mani. Quando gli portarono la prescelta, egli la respinse e ne insult la trib. Gli affibbiarono il nome di "Grandi Mani" poich il palmo della sua mano era talmente grande da coprire l'intero fondoschiena della donna. Cosa accadde a Grandi Mani? Yaotl si strinse nelle spalle. Tula venne sconfitta e lui fu ucciso nella guerra che segu. Ma le cose peggiorarono ulteriormente. Tula chiamava le genti dell'arido deserto del Nord "il popolo dei Cani" perch indossavano pelli di animali, mangiavano carne cruda e usavano archi e frecce. I mexica-aztechi erano i pi selvaggi tra questi nomadi barbari, e l'insulto dei toltechi li offese. Quando il potere dei mexica-aztechi crebbe, si guardava a Tula con ira e invidia. Alla fine, dopo essersi alleati con altre trib, i mexica-aztechi attaccarono e depredarono la citt dorata. Ma i mexica-aztechi non dimenticarono mai la grandezza e la maestosit di Tula. Invidiavano qualsiasi cosa fosse appartenuta ai toltechi. I loro principi reali sposarono principesse di sangue blu di Tula per migliorare la loro razza "barbara". Si impadronirono delle arti e dei mestieri di Tula, della matematica e della scienza, e spacciarono tutte queste abilit come proprie agli spagnoli, che non sospettarono nulla. Digli del tesoro disse fra Diego.
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Quale tesoro? chiesi. Quello di Quetzalcoatl rispose Yaotl. Prima di lasciare Tula, si dice che il re divino abbia nascosto un inestimabile tesoro, che forse ora si trova proprio sotto i nostri piedi, in una stanza segreta sotto la piramide. O forse in una grotta della montagna. Molti uomini e re l'hanno cercato, ma i loro tentativi hanno invariabilmente portato cattiva fortuna ai cercatori. In un presagio di morte, il nostro cane giallo abbai ai diavoli nascosti tra la polvere lontana.

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Capitolo 5
I segugi dell'inferno. Fra Diego indic un punto a occidente. La nube di polvere fluttuava al di sopra di un plotone di cavalleggeri. Il soldato che cavalcava in testa reggeva lo stendardo color oro e cremisi di una compagnia della Regia Milizia. Cinquanta o pi constat il frate. Il suo viso esangue era livido come quello di un morto. Le labbra fremevano e le mascelle tremavano senza posa. I nostri cavalli li condurranno fin qui disse Yaotl, stranamente senza un'ombra di paura e con uno strano senso di soddisfazione nel tono della voce. Per tutti i guerrieri arriva questo giorno, l'ultimo, e lui sembrava pronto ad affrontarlo. Era un grande guerriero, ma anch'io avevo partecipato alla guerra. Avevo preparato la polvere da sparo e riparato moschetti e pistole altrimenti inutilizzabili. Yaotl impugnava una lancia alla cui estremit era fissato un coltello dalla lama affilata come un rasoio fatta di ossidiana nera vulcanica, adatta per i combattimenti a breve distanza. Era l'arma preferita dai suoi antenati. Comunque la sua lancia non poteva essere scagliata che a un decimo della portata di una palla da moschetto spagnolo del tipo da me fornito alle nostre truppe. Una di queste pallottole da moschetto poteva aprire un buco nella schiena di un uomo e passare attraverso altri tre in piedi addossati l'uno all'altro. Combattere contro cinquanta soldati e sopportare le innumerevoli ferite che ci avrebbero inflitto significava morire con maggior onore, almeno secondo Yaotl, anzich soccombere a un'unica palla di moschetto. Indifferente all'onore, io avevo paura. Le ginocchia mi cedevano e la gola bruciava dalla voglia di gridare. Ma non potevo deludere i miei zii e macchiare la memoria di mia madre e mia sorella fuggendo via. Per troppe notti Yaotl mi aveva insegnato, intorno a un fuoco di bivacco, le Usanze del Guerriero: mai volgere le spalle al nemico; prendere posizione e accettare il combattimento; morire con onore; e, soprattutto, essere ferito sul davanti, mai alla schiena.
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Yaotl uccise il cane giallo usando la lancia. Disse a fra Diego: Mettilo ai miei piedi dopo che sar morto. Ci far da guida attraverso i Nove Inferni di Mictlan. Fra Diego non comment. Fedele al proprio credo, non intendeva farsi gioco di quello di Yaotl. Nel frattempo Yaotl stava ancora discettando sui Nove Inferni di Mictlan. Spieg che Mictlantecuhtli era il re con la faccia da teschio che regnava nell'oltretomba di Mictlan. I dannati destinati a quest'inferno sepolcrale dovevano superare nove prove, una per ogni livello degli inferi: attraversare un fiume infuriato; superare montagne continuamente in collisione; passare attraverso un crinale di vetro di ossidiana affilato come un rasoio; resistere a un vento gelido e tagliente come una lama; schivare di testa bandiere che sventolano con violenza; sopravvivere a nugoli di frecce; farsi strada tra una valle infestata da sanguisughe; e, infine, scalare rocce scivolose. Superate tutte le prove, le anime dei dannati venivano sparse come polvere, il che conferiva loro il dono dell'oblio. Tuttavia, il Signore dell'oltretomba aveva in serbo un'ultima trappola, a detta di molti. All'ultimo livello, Mictlantecuhtli aveva fatto erigere un ostacolo misterioso che solo pochi riuscivano a superare. Quelli che fallivano le prove erano destinati a ripetere l'intero ciclo. Non capivo come mai Yaotl temesse il confronto con i Nove Inferni. Mi hai raccontato che quando un guerriero cade in battaglia, o viene sacrificato, non deve affrontare i Nove Inferni gli dissi. Vero. Se cadr combattendo ascender alla Casa del Sole, un paradiso al di l del mare orientale. Laggi banchetter con ottimo cibo, far l'amore con donne bellissime e ingagger finte battaglie con i miei compagni. Il mio unico dovere di guerriero sar alzarmi col dio Sole ogni mattina e avere l'onore di fargli da guardia ogni giorno, mentre lui attraversa il cielo. Scosse il capo. Ma questo era il destino riservato a un guerriero caduto ai tempi in cui gli di del mio popolo erano potenti. Il Dio cristiano ancora pi potente. Se i miei di non saranno abbastanza forti da innalzarmi fino alla Casa del Sole, allora Mictlantecuhtli mi trasciner nell'oltretomba. Consegn al frate un pezzetto di giada. Questo me lo dovrai mettere in bocca. Ne avr bisogno per pagare il pedaggio al fiume infuriato del Primo Inferno. Fra Diego si mise in tasca la giada e sgran il rosario bisbigliando l'Ave
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Mara. Mi vide mentre lo fissavo e sorrise. Figliolo, le pecorelle smarrite cercano il loro pastore al primo segno della presenza di lupi. Va' ragazzo, corri, corri fino al villaggio mi disse Yaotl. Io esitai e Yaotl mi diede una botta in testa. Corri!

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Capitolo 6
Mi misi a correre, ma senza allontanarmi troppo. Non ero pi un ragazzo: ero un uomo. Raggiunto un boschetto, mi appostai a osservare i miei zii. Non mi stavano pi seguendo con lo sguardo, ora erano impegnati a valutare l'orda incombente di soldati a cavallo. Scivolai tra i cespugli, fuori dalla loro visuale. Questo era il punto dove avevo nascosto le mie armi: una pistola e un coltello. Avevo montato io stesso la pistola ai tempi in cui avevamo riparato armi da fuoco danneggiate gi alla cappella del villaggio per consegnarle a padre Hidalgo e ai suoi. Ma, come tutte le pistole, poteva sparare un solo colpo che spesso falliva il bersaglio, oppure non sparava affatto. Il coltello serviva appunto in caso di inceppamento della pistola. Yaotl aveva intenzione di morire a seguito di numerose ferite mentre fra Diego sperava di morire subito dopo aver fatto strage dei suoi compatrioti. I miei sogni di morte erano molto meno ardimentosi. Avrei ucciso almeno un ispanico prima che mi facesse saltare le cervella con una pallottola. Mi rannicchiai tra i cespugli a scrutare in lontananza, in attesa di un'occasione propizia. I miei zii si stavano preparando ad affrontare il nemico. Yaotl, erede delle tradizioni dei possenti guerrieri toltechi, era ritto in piedi. Intanto fra Diego approntava le sue armi. Caspita! Il buon frate non mi deludeva. Per poco non mi sbellicavo dalle risa vedendo il suo arsenale. Uomo erudito e pieno d'immaginazione, aveva messo insieme un assortimento di piccole bombe: vasi d'argilla colmi di polvere nera dotati di miccia corta. Accesa la miccia, si doveva scagliare la bomba rudimentale e schivare i frammenti per non ferirsi. Non avevo chiesto a Diego se si aspettasse un caloroso benvenuto quando si fosse trovato al cospetto del suo Dio alle porte del paradiso, nella vita ultraterrena. Il drappello di cavalleggeri emerse improvvisamente dalla foschia, avanzando su due lunghe linee. Non sono affatto sciocchi, pensai. Se fossero avanzati in una singola colonna compatta, la lancia di Yaotl avrebbe trovato un bersaglio umano e le granate del prete avrebbero fatto
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centro. Con i soldati sparpagliati, la lancia di Yaotl era inutile e le bombe a mano di Diego non potevano far danno. Mi sentii mancare quando i moschetti iniziarono a far fuoco. Non avevano alcuna intenzione di caricare e ingaggiare un combattimento. Avrebbero semplicemente sparato a distanza. A conferma dei miei timori, Yaotl url e cadde a terra. Una pallottola lo fer a un braccio, un'altra alla spalla. I cani spagnoli lo stavano riducendo a brandelli, ma ciononostante intendevano prenderlo vivo. Il suo viaggio attraverso gli inferi sarebbe iniziato non dai Nove Inferni di Mictlan, ma in questa vita. Anche fra Diego capiva che i suoi compatrioti non erano stupidi... almeno non lo era certo il comandante di quel piccolo reparto della milizia a cavallo. Mentre le pallottole gli sibilavano attorno, il frate alz le mani al cielo, come a implorare una guida, una fede e una verit trascendentale anche nell'ora della morte quasi certa. Se mi fosse venuta voglia di pregare, avrei chiesto qualcosa di pi concreto, magari una batteria di cannoni campali! A quel punto, per, i soldati a cavallo avanzarono al trotto e smontarono. I miei zii vennero presi a calci, ammanettati e picchiati prima di essere trascinanti davanti al comandante. Un giovane ufficiale ben saldo in sella fiss dall'alto in basso i due prigionieri. Il suo viso era una maschera di disprezzo e boria. Gli ufficiali spagnoli delle colonie avevano spesso una divisa e un armamento personale, e si vestivano allo stesso modo sia che si trattasse di attrarre le belle signore sia sul campo di battaglia, mentre i soldati comuni indossavano una semplice uniforme con una camicia verde scuro e brache ampie. L'ufficiale in comando era agghindato come un dio. Come l'uccello quetzal, aveva una casacca verde e un panciotto rosso, le spalline dorate. Era vestito per soddisfare la sua vanit. Ovviamente non temeva la collera dei ribelli, o dei guerrieri toltechi. Se ne stava ritto come un gallo nel pollaio. Abbigliato come se dovesse partecipare a una parata militare anzich a una battaglia, la sua possente magnificenza simboleggiava chiaramente la superiorit ispanica. Yaotl ricambi lo sguardo del comandante con un silenzio tombale e un'aria di aperta sfida. Seor disse educatamente il frate, dinanzi a Cristo, siamo i vostri umili prigionieri. Potete fare di noi ci che volete, anche toglierci la vita.
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Ma per favore, risparmiate il nostro villaggio. Per tutta risposta il comandante gli sput in faccia. Un sergente molto alto, dai baffoni neri e con due cicatrici incrociate che gli attraversavano una guancia, smont da cavallo. Aprendosi le brache, tir fuori il membro e urin su Yaotl. Indicando un albero dai lunghi rami sporgenti che formavano un arco, il comandante, nella sua magnifica uniforme da parata e con una voce tonante, grid: Abbiamo le corde. C' un albero. Impiccateli. I suoi uomini presero due rotoli di corda dal basto dell'unico cavallo da soma e le lanciarono al di sopra di una delle arcate formate dai rami. Io uscii correndo dai cespugli verso il cavalleggero pi vicino. Sedeva in sella, la schiena rivolta verso di me. Troppo giovane e stupido per prendere in considerazione il fatto di sparargli alla schiena, emisi un urlo di guerra che allarm il soldato, facendogli voltare il cavallo nella mia direzione. Non appena mi fu di fronte, sparai il colpo di pistola. La pallottola manc il bersaglio, ma il cavallo si imbizzarr e scapp, disarcionando il cavaliere. Saltando addosso all'uomo prono, alzai il coltello, pronto a conficcarglielo nel petto. Volevo ammazzarlo alla maniera dei miei antenati, che uccidevano gli avversari strappando loro il cuore. Prima di poter colpire, per, la mia testa esplose.

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Capitolo 7
Quando mi risvegliai, il vento stava facendo dondolare i corpi inerti dei miei zii appesi all'albero. Contro la mia volont, mi si riempirono gli occhi di lacrime. Bisbigliai una preghiera a Quetzalcoatl per Yaotl e pregai l'eterno redentore del frate, il Cristo Ges. Le mie preghiere erano rivolte al cuore da guerriero di Yaotl per un verso e alla santa anima di fra Diego per l'altro. Augurai al mio zio tolteco un buon viaggio attraverso i Nove Inferni e un vaya con Dios per il frate nel suo cammino verso il paradiso di Cristo. Ero legato come un salame, assicurato al tronco di un albero. Ascoltai un ufficiale discutere con il comandante della mia vita... e della mia morte. Il comandante batteva il frustino contro la parte superiore degli stivali: irradiava lo sdegno istintivo, la crudelt gratuita e l'innata arroganza tipici degli aristocratici spagnoli. Osservava i suoi uomini con occhio torvo e sprezzante. Doveva essere sulla trentina, ed era dritto come un fuso, un perfetto ufficiale molto esigente con l'anima da contabile e la compassione di un cobra sul punto di mordere. Non importa se non altro che un ragazzino disse stizzoso il tenente. Ha quasi ucciso uno dei nostri. un ribelle, e dovremmo impiccare anche lui. Lo sguardo penetrante del colonnello si rivolse a me: uno sguardo fisso e intenso, spietato come il sole. Nei suoi lineamenti leggevo molte cose: vanit, violenza, cattiveria, desiderio di vendetta, il ghigno cinico segno di un senso del potere freddo e spietato. Da altezzoso aristocratico qual era, considerava i soldati come esseri inferiori degni soltanto di repressione implacabile, e gli indios come animali da fattoria il cui unico scopo, nel suo universo malefico, era quello di essere bestie da soma, nati per servire e soffrire sotto i colpi di frusta e di sperone degli spagnoli come lui oppure, nel caso delle nostre donne, sotto i loro garranchas. Eravamo animali da tiro o puttane, per lui e per i suoi simili, da violentare e frustare, razziare e sfruttare, imprigionare e uccidere. Provava rispetto solo per la forza bruta e lo scontro fisico. La debolezza servile era peggio dell'aperto disprezzo. Affrontai il suo sguardo con derisione. Lasciami andare, porco
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spagnolo, e ti taglier il tuo piccolo garrancha a pezzetti per darlo in pasto a un cane. Rise. E mi colp in faccia col frustino. Repressi il dolore, negandogli la soddisfazione di sentirmi piagnucolare. Il sangue mi scorreva sulle guance e sul petto, ma non feci una piega. Sciogli le corde e lotter con te da uomo a uomo, puttanella senza palle. Con ghigno beffardo il colonnello estrasse una gamba dalla staffa e il suo stivale mi colp allo stomaco. Ha sangue ribelle insistette il tenente, impicchiamolo subito, o un giorno ce lo ritroveremo contro. Perch sprecare il suo valore finanziario impiccandolo? giovane e forte. Possiamo venderlo a una miniera. Ne ricaveremo un bel gruzzoletto. Una volta nelle gallerie, non rivedr mai la luce del sole. Tra un anno sembrer un vecchio, e tra due sar morto stecchito. Nel frattempo avr servito bene il nostro paese. Bastardo! Essere venduto a una miniera d'argento era una sentenza di morte lenta, agonizzante, e che mi avrebbe distrutto fino nell'anima: una morte sofferta minuto dopo minuto negli infiniti labirinti dei pozzi di scavo torridi, afosi e dall'aria irrespirabile per via della polvere. La minima infrazione delle regole o un accenno di insubordinazione significava essere legati e frustati. Vedremo chi la puttanella tra noi due, azteco. Gi in miniera, un coniglietto come te risveglier il desiderio dei lupi maschi. Le miniere ne sono piene. Vedremo chi sar il vero uomo dopo che avranno finito di sbattersi il tuo culetto ammaccato e sanguinante.

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Parte Seconda
E poi gi nel fuoco

Capitolo 8
Non so per quanti giorni arrancai, zoppicai, strisciai, quasi trascinato lungo strade sterrate e su terreni accidentati, scalando colline e guadando fiumi, durante il viaggio verso il campo di detenzione temporanea di San Jacinto. Una decina, credo. Quei giorni passarono in una visione sfocata e accecante di fame e disperazione, polvere e disidratazione, calura soffocante e con i piedi piagati e sanguinanti. Quando non riuscivo a tenere il passo, venivo anche colpito duramente dai loro scudisci di cuoio grezzo. Certamente le cose non migliorarono quando giunsi a San Jacinto. Non si trattava di una vera e propria prigione, ma di una pozza di sudiciume alto fino alla cintola circondato da un muro fatto di mattoni di fango e cotti al sole. Come me, una sessantina di prigionieri erano tutti in preda alla fame e alla sete, distrutti dall'agonia e dalla fatica, sporchi e picchiati senza sosta. La dissenteria dilagava, e le due secchie disponibili non riuscivano a contenere gli escrementi di tutti. Molti di noi erano privi di energia e non riuscivano che a dormire e accapigliarsi per quel po' di brodaglia distribuita frettolosamente due volte al giorno, per poi trascinarsi fino alle secchie. I cani e gli asini mangiavano, bevevano e dormivano meglio di noi. E soffrivano anche di meno. Attendevamo nella pozza cinta dal muro di San Jacinto i carri che ci
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avrebbero trasportato alle miniere di argento di Guanajuato, Zacatecas o Pachuca. Non sapevamo a quale di queste fossimo destinati, e del resto non ce ne importava nulla. Erano tutte trappole mortali. I prigionieri venivano mandati l per soffrire e infine morire. Avrei sofferto a lungo, agonizzando nell'ignominia. Sarei morto in modo infame e in catene.

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Capitolo 9
Alla fine della prima settimana di prigionia, mi trovavo in piedi nel putrido pozzo con altri detenuti a osservare un armaiolo impegnato a scaricare grossi barilotti di polvere da sparo per la milizia. Basso di statura, quasi un nanerottolo, aveva braccia sottili e petto infossato. Il suo sguardo era smarrito, in apparenza quasi tormentato, le guance scavate e tirate. Traballando e vacillando sotto il peso dei barili, i polmoni respiravano affannosamente, al punto che temetti avesse qualche malattia contagiosa. Il viso e le mani erano anneriti dal lavoro in fucina. Anche la camicia e i pantaloni color marrone erano insudiciati dal sudore fuligginoso. Chiaramente era un manovale di bassa lega, stremato dalla fatica estenuante. Aveva bisogno di una mano. Per di pi ero pratico del suo mestiere. Anch'io una volta avevo maneggiato quel tipo di esplosivi, anche se per un altro esercito, il nostro esercito di liberazione. Felix, che sfortuna per il tuo apprendista gli disse un soldato alto e corpulento. Ho saputo che quel povero disgraziato ti morto stamattina. S, e dopo che mi ero dato cos da fare per istruirlo. Stava appena cominciando a imparare il mio mestiere. Dio sa dove potr trovarne un altro. Certamente non in questo posto di bifolchi. Oggi ti avrebbero fatto comodo le sue spalle. Le mie scricchiolano come l'assale spezzato di un carro. Oh, povero spagnolo! Avrebbe dovuto lavorare tutto il giorno. Seor Felix, io devo parlarvi lo chiamai. Mi guard, ma poi si volt dall'altra parte, ignorandomi. Seor, ho detto che vi devo parlare. Mi rivolse un'occhiata, poi si avvicin. Sta' zitto, ragazzo, o parlerai con la punta della mia frusta! Nessuno era abbastanza vicino per sentirci, quindi mormorai: Io mi intendo di polvere da sparo e armi da fuoco. Sono anche muy hombre, forte come un mulo adulto. Posso occuparmi io di scaricare quei barili. Taci, ragazzo. Lo vidi aprire un barile e versare la polvere nella fiaschetta di un moschetto.
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La vostra polvere da sparo troppo fine dissi io, pu essere usata solo per riempire lo scodellino di una pistola. La polvere da moschetto deve essere pi grossolana, altrimenti la canna si spacca in due per il calore e la pressione dello sparo. Allora il responsabile del deposito armi si manger i vostri cojones come fossero animelle. L'uomo mi lanci uno sguardo truce, gli occhi stretti come fessure. Be', finalmente avevo attirato la sua attenzione. Si guard attorno, per assicurarsi che nessun ufficiale avesse sentito ci che avevo detto. Non c'era nessuno, e per di pi ero stato attento a tenere un tono di voce basso. Si avvicin ancora di pi. Se mi cacci nei guai, ragazzo, sar io a strapparti le palle, adesso. Si diede un'altra occhiata nervosa intorno. Quando mi guard nuovamente, mi chiese: Cosa ne sai della polvere da sparo e del mestiere di armaiolo?. Ho fabbricato polvere nera e riparato armi per l'esercito del Generalissimo Hidalgo. Ecco perch mi manderanno in miniera. E cos sei un bandido bastardo, oltre che un indio azteco idiota. Credevo che la revolutin avrebbe migliorato il mio carattere. Sar la miniera a fartelo cambiare. Uccidendomi? Esatto. Non sarebbe preferibile che io vi aiutassi a migliorare il lato finanziario del vostro carattere, seor, proteggendovi inoltre dai dolori di schiena per il troppo peso? Lavorerete meno. Il vostro unico fardello saranno i barili di dinero che trasporter per voi per tutta la vita. Vi dico che conosco la polvere da sparo come le poiane conoscono le carogne. Posso riparare, anzi creare, moschetti e pistole. Alzai il mento orgogliosamente e sussurrai: Ho costruito una pistola, tutta da solo, e me ne sono servito per sparare a un ufficiale della milizia. A morte. Ho anche mescolato la polvere e ho modellato la palla di piombo che ho scaricato nel suo cranio di gachupn. Impiccano i bastardi come te per molto meno. Perch non l'hanno fatto? Sono giovane e forte. A loro conviene tenermi in vita, per potermi vendere a una miniera. Ma mi venderanno a voi, se il dinero pattuito sar giusto. Hai detto che sai fare la polvere nera?
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E le armi. Non mi stai dicendo la verit. Se mentissi, allora la nostra Santa Madre gestiva un bordello. Felix chiuse gli occhi e si fece il segno della croce. Sei il diavolo disse, tenendo gli occhi ancora chiusi. In realt, il vostro diavolo: ma un diavolo che conosce il suo mestiere, e voi avete bisogno di me. Come avete detto voi stesso, non si pu trovare nessun altro. E non lo troverete. Se la sai cos lunga, dimmi cosa occorre per la polvere da sparo. Settantacinque parti di salnitro, quindici parti di carbonella e dieci parti di zolfo. Ma la mistura deve essere trattata con molta delicatezza perch le mescole sono variabili. Se si agita con troppa energia, vi spedir all'inferno. Hai una schiena robusta? Come uno stallone da concorso. Rimpiangerai di non essere morto in miniera. Far per voi una polvere di ottima qualit, e la migliore armeria di tutta la Nuova Spagna. Guadagnerete il triplo di adesso e forger le pi raffinate armi da fuoco del mondo. Chieder a quel mercante di schiavi che fa da sorvegliante quanto vuole per un indio azteco ignorante che ha il cervello fatto di vomito di avvoltoi. Fate un affare, vedrete dissi io, gonfiando il petto. Valgo tanto oro azteco quanto peso. Scuotendo la testa, lo spagnolo si volt e si diresse verso il sorvegliante. Stava maledicendo il padre che non avevo mai conosciuto e mia madre pronunciando i termini pi osceni che la sua immaginazione riuscisse a trovare.

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Parte Terza
Oro e Armi

Capitolo 10
Lago di Chapala, Intendencia de Guadalajara, 1818 Una pistola magnifica disse Manuel, il mio migliore assistente. S, un altro capolavoro di un maestro artigiano... cio me. Una pistola a pietra focaia con l'impugnatura in legno di noce intarsiato d'avorio, abbellita da eleganti spirali d'oro a diciotto carati, il calcio di corallo caraibico a sbalzo e splendenti rifiniture in ottone lucidate a specchio. Alla luce che filtrava dalla finestra della bottega esaminai la placca d'oro che indicava il nome dell'armaiolo che aveva realizzato quest'arma sopraffina: Felix Baroja di Eibar. No, il mio nome non era quello di Felix Baroja n ero nato a Eibar, una cittadina nei Paesi Baschi della Vecchia Spagna. Io ero Juan Rios, e per i miei padroni spagnoli ero un pen azteco ignorante, che secondo molti spagnoli significava essere meno di una bestia. Il mio nome poteva sembrare spagnolo, ma i miei padroni spagnoli si affrettavano a dirmi che non potevo esserlo in alcun modo, pertanto ero completamente privo di qualsiasi diritto. Non rispondevo pi al nome di Mazatl perch quel nome era sconosciuto e impronunciabile per i miei padroni. Avevo perso quel nome insieme ai miei zii, appesi a un cappio fissato a un albero sette
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lunghi anni prima, mentre a me fu risparmiata una morte ignominiosa da schiavo in miniera. Fissai la mia immagine riflessa da uno specchietto portatile che usavo per scrutare nelle canne delle pistole e dei moschetti che forgiavo e fabbricavo. Nei sette anni trascorsi in schiavit ero diventato uomo. Avevo capelli folti e scuri, e dato che la mia barba era singolarmente spessa per un indio, dovevo radermi. Felix continuava a mettermi in guardia sul fatto che il mio sguardo era fiero e attento come quello di un falco, anzich sottomesso come si conveniva a un azteco indio bastardo come gli piaceva chiamarmi. Una volta, quando mi aveva apostrofato bastardo a causa della mia dubbia paternit, gli risposi per le rime: Nel mio caso, seor, si tratta di un incidente di natura. Voi, invece, lo siete diventato da solo. Rideva per prendersi gioco di me e si limitava a proseguire nel suo incessante accanimento sul mistero delle mie vere origini. La fucina si trovava in una stanza oscura e ben nascosta situata tra la mia camera da lavoro e l'ufficio di Felix. Temevo la fucinatura. Non era soltanto un lavoro sporco e soffocante, talvolta ero costretto a farlo di nascosto. Le porte erano chiuse a chiave e le finestre oscurate dalle imposte. Nessun altro aveva le chiavi, eccetto Felix. Quell'angusto locale adibito a fucina, dove scaldavo l'acciaio sui carboni ardenti per poi fonderlo, modellarlo e batterlo, spesso sull'incudine, era intollerabilmente torrido e lurido. La seconda bottega, dove armeggiavo ogni tanto, si trovava in un piccolo edificio isolato dietro l'ufficio e il negozio aperto al pubblico di Felix. Alla finestra la tenda era quasi sempre tirata. Solo quando mi occorreva la luce per controllare i miei manufatti la scostavo, per dopo essermi assicurato che fuori non ci fosse nessuno che potesse vedermi. Quest'altra rimessa era un'armeria tipica: scaffali colmi di pistole a pietra focaia, a ruota, a miccia, canne, cani, impugnature, alloggiamenti del grilletto e altre pistole danneggiate di ogni tipo. Gli utensili erano appesi a tasselli di legno applicati al muro: martelli, tenaglie, lesine, lime, scalpelli, trapani a mano e pinze. I banchi di lavoro erano provvisti di incudini e morse, accanto a bracieri fumanti. Per motivi di orgoglio personale e di reciproca protezione, il mio padrone insistette affinch io lavorassi alla fabbricazione di armi e polvere
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da sparo in luoghi non accessibili al pubblico, e io mi adeguai. Qualcuno potrebbe pensare che dovessi essergli grato. Nella sua veste di proprietario dell'armeria e della fabbrica di polvere da sparo dove vivevo e lavoravo, Felix Baroja era l'uomo che mi aveva salvato da una morte certa in una miniera d'argento. Nondimeno, lo servivo in condizioni che mi negavano di esprimergli la gratitudine che in qualche modo provavo per lui. Le leggi che gli consentivano di comprarmi, e, se lo avesse voluto, di frustarmi, o persino castrarmi, o uccidermi come un cane, erano le onnipresenti leggi della terra e l'incubo della Nuova Spagna. Dopo quasi tre secoli dalla Conquista, quelle leggi avevano permesso ai conquistatori spagnoli e ai mercanti di schiavi di incatenare e imprigionare, sfruttare e assassinare il mio popolo, annientandone il novanta per cento mediante l'uso di armi e fruste, miniere-prigione e haciendas per lavori forzati. Durante quei tre secoli, i gachupnes, e i loro fratelli criollos, con le rotelle dei loro speroni affilate come rasoi avevano trattato la mia gente peggio di qualsiasi cavallo o mulo, straziandone i fianchi e le schiene all'unico scopo di arricchirsi. Felix era un basco di razza pura, una progenie di gachupn della Spagna settentrionale che rinomata in entrambi gli emisferi del globo per i suoi leggendari armaioli. Ma la raffinata pistola che tenevo in mano non era stata fabbricata da lui, bens dallo schiavo che aveva comprato, Juan Rios, in una zona recintata presso le sponde del lago di Chapala nella regione di Guadalajara della colonia di Nuova Spagna. Coglieva i frutti del mio sudato, accaldato e opprimente lavoro e accettava i riconoscimenti a me dovuti. La zona cintata era situata presso un torrente, qualche miglio a est della cittadina di Chapala. Il lago di Chapala, lungo quasi cinquanta miglia e largo una decina, era il pi grande della colonia di Nuova Spagna, e il nostro torrente era uno dei suoi affluenti. A trenta miglia di distanza da Guadalajara e a quasi tremila metri di altezza sul livello dell'oceano, il nostro lago si stendeva in una posizione geografica ideale: una fortunata altitudine che manteneva un clima temperato tutto l'anno. La pistola perpetuava falsamente la leggenda dell'armaiolo basco e della sua citt natale nella Penisola iberica, e ci per pi di un motivo. Il mio signore e padrone non avrebbe riconosciuto il merito a nessuno (neppure a me) di aver progettato, forgiato e fabbricato le armi che lo avevano reso un uomo ricco. Per l'orgoglio da gachupn di Felix era inaccettabile che il suo
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schiavo, il quale aveva lavorato duramente e sofferto a lungo, avesse un talento pari a quello di qualsiasi armaiolo sulla faccia della terra, e che fosse inoltre molto pi solerte di lui nel lavoro. Ma quello schiavo indio, che lui si ostinava a ridicolizzare chiamandolo cannibale azteco, gli assicurava fama e fortuna. Aveva paura di porre dei limiti alla sua vanit. Come ho gi detto, permettendo che un indio si impadronisse del mestiere di armaiolo, lui aveva infranto una delle leggi pi inviolabili della Corona: quella che stava alla base della tirannia stessa che veniva esercitata sulla colonia. La Corona non aveva dimenticato la rivolta sanguinosa e cruenta di padre Hidalgo, e la mia trasgressione e quella di Felix erano una minaccia di portata incredibilmente devastante per quella tirannia. Se i gachupnes avessero saputo che Felix permetteva a un indio di praticare e perfezionare la manifattura di pistole e moschetti, la vendetta regale sarebbe calata con tutto il suo peso come un'eruzione vulcanica addosso al basco vanitoso e avido. Nonostante il rischio implicito, mai una volta aveva pensato di mettere paletti al mio lavoro cos lucrativo per lui. Mentre io ricavavo ben poco dalla mia industriosit e dal pericolo della mia attivit (un po' di cibo e un riparo), egli ne traeva un profitto enorme. Il suo livello di vita era cresciuto fino a farlo diventare relativamente benestante. I suoi compiti quotidiani si riducevano a vantarsi con i suoi amici, andare a letto con le amanti e abbrutirsi col brandy e col vino. La prima volta che incontrai Felix ero poco pi che un ragazzo, un prigioniero cui era stata inflitta una sentenza di schiavit che lo avrebbe condotto a morte certa per aver sostenuto il movimento indipendentista di Hidalgo. Come molti altri seguaci di padre Hidalgo, ero stato giudicato un nemico irredimibile della Corona. In verit, la furia che aveva infiammato l'appassionata ribellione del paese era ancora lontana dall'essersi placata. Negli anni successivi alla morte di Hidalgo, il sogno di libert aveva continuato a diffondersi e crescere nel mio cuore come in quelli di tutta la mia gente. Dal 1810, quando padre Hidalgo proclam per la prima volta il Grido di Dolores dalla scalinata della sua Chiesa, la sua visione rivoluzionaria, lungi dall'attenuarsi, era segretamente cresciuta. Ma quella visione non aveva liberato il popolo del Buon padre, n aveva domato la tirannide ispanica.
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Sette anni prima, nella battaglia del ponte di Caldern, non lontano da Guadalajara, un colpo fortunato sparato da un artigliere reale aveva fatto esplodere un carro stracarico di polvere da sparo. I frammenti incendiari avevano acceso furiose tempeste di fuoco in tutto l'accampamento. La deflagrazione aveva eliminato tutto l'esercito rivoluzionario e incenerito le salmerie, le armi, le munizioni e il materiale bellico. Le truppe spagnole catturarono e misero in prigione Hidalgo, che alla fine venne giustiziato da un plotone di esecuzione. Un altro figlio della Chiesa, padre Morelos, riprese in mano le redini della lotta condotta da Hidalgo. Combattendo sino all'ultimo, alla fine venne anch'egli catturato e giustiziato nel 1815. Da allora, bande disorganizzate, alcune delle quali poco pi che gruppetti di bandidos, incalzarono i porci spagnoli in molte localit sparse su tutto il territorio della colonia. L'esercito di guerriglieri del generale Guerrero intraprese alcune operazioni nella regione della Via della Porcellana, lasciandosi dietro una scia di sangue da Acapulco fino alla Valle del Messico. La resistenza pi ostinata, per, fu condotta su un'isoletta presso la costa del lago di Chapala, non lontano dalla nostra fabbrica, dove una banda di ribelli tenne testa agli spagnoli per anni. Nondimeno, tutti gli anni di guerra e di ardite operazioni ribelli avevano portato a ben poco. L'oppressione a danno dei peones continuava incontrastata. L'unica differenza fu che i criollos inasprirono le loro razzie, affidandosi solo alla violenza, al terrore e alla soppressione totale dei propri sudditi affamati e brutalizzati.

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Capitolo 11
Stavo esaminando la rigatura dell'anima della pistola, usando il mio specchietto per deviare la luce di una candela all'interno della canna, quando entr Felix. Le scanalature a spirale, meticolosamente intagliate lungo tutta la parte interna della canna, imprimevano un movimento rotatorio alla palla, aumentandone la velocit nel tragitto attraverso la canna fino alla volata. La rigatura, questo il termine corretto, aumentava notevolmente la precisione dell'arma. Nonostante i vantaggi offerti da queste scanalature a spirale, poche armi venivano rigate perch l'operazione era costosa. Inoltre questo tipo di armi richiedeva una continua manutenzione. La polvere nera e i residui delle pallottole di piombo roteanti riempivano i solchi, e quindi era necessario, di tanto in tanto, rifilettare la canna. Felix era vestito in maniera appariscente. Un cappello da caballero nero a tesa larga e cupola bassa e una giacca di seta in tinta, sotto la quale sfoggiava una camicia increspata di lino d'importazione color alabastro e un panciotto di broccato rosso. I pantaloni neri e attillati erano infilati in un paio di stivali da equitazione color ebano alti fino al ginocchio, che in precedenza mi aveva ordinato di lucidare a specchio, provvisti di tacchi con speroni d'argento purissimo lunghi dieci centimetri. Tra le mani teneva un frustino da polso intrecciato e inchiostrato in pelle di bue. Il marchese sar qui a momenti disse senza preamboli, e senza neppure preoccuparsi di esaminare il frutto del mio lavoro. Prega, per il tuo bene, che la pistola superi di gran lunga le sue aspettative... e le mie. Assicurati che sia infilata nella fondina e tra le mie mani prima che arrivi la carrozza del marchese. S, patrn. Diede un colpetto di frusta sulla parte superiore di uno degli stivali, facendo schioccare accidentalmente le triplici strisce di cuoio lunghe otto centimetri. Felix aveva usato quel frustino anche su di me pi di una volta, quando i miei sforzi o il mio atteggiamento non soddisfacevano la sua intollerabile vanit o i suoi sprezzanti capricci. E io, in quelle occasioni, avevo resistito all'impulso di ucciderlo all'istante. Voleva la pistola tra le sue mani in modo da consegnarla al marchese
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come un suo manufatto, senza fargli sapere che era stata l'abilit e il sudore di un indio a produrre un'arma di tale incredibile solidit, incomparabile precisione e, s, bellezza senza pari. Crogiolandosi nelle lodi di quel grande di Spagna, il mio patrn avrebbe quindi intascato l'oro come ricompensa del proprio eccellente lavoro. Mentre parlavo, spinsi leggermente con il piede alcune bisacce da sella che avevo gi nascosto sotto il tavolo da lavoro, per spostarle ancora pi lontano. Se Felix fosse stato al corrente del contenuto delle sacche, e soprattutto per cosa le usavo, mi avrebbe consegnato al governatore, che mi avrebbe fatto frustare quasi a morte per poi spedirmi nelle galere del vicer. Nemmeno le montagne di dinero e la fama che il mio lavoro da artigiano avevano procurato a Felix avrebbero potuto salvarmi la vita. Hai terminato di riparare i suoi fucili da caccia? S, patrn. Si accorger che tutti e tre sparano ancora meglio di quando li ha acquistati. Vuole che gli vengano consegnati a domicilio questo pomeriggio. Non intende portarli con s in citt insieme alla pistola. La citt in questione era Guadalajara. Felix appoggi sul tavolo un vecchio moschetto con meccanismo di sparo a ruota. Questo appartiene a Ruiz, il mercante di granaglie. Riparaglielo, ma non come fosse nuovo. solo un rottame. un bastardo e ha pochi soldi per pagare ci che mi deve. Senza neppure un muchas gracias, usc dalla bottega.

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Capitolo 12
In quei sette anni passati nell'armeria di Felix, avevo lavorato con diligenza alla fabbricazione delle armi e avevo studiato la loro storia e quella delle munizioni. La forma e le dimensioni di pistole e moschetti non avevano subito rilevanti trasformazioni, durante i tre secoli trascorsi dalla loro comparsa e diffusione in Europa. La polvere da sparo veniva ancora versata e compressa nelle pistole, nei moschetti e nei cannoni, e per tutte queste armi si usavano tuttora proiettili di piombo. La polvere da sparo veniva messa in un ricettacolo, detto scodellino, posto nella parte superiore dell'arma. Quando si premeva il grilletto, la polvere nello scodellino innescava la carica principale nella culatta, sparando la pallottola fuori dalla canna a una velocit sufficiente per uccidere un uomo. Un tempo il tiratore doveva tenere l'arma in una mano e accendere la polvere nello scodellino con l'altra. Era necessario un meccanismo in grado di lasciar libere le mani, sia per imbracciare l'arma sia, soprattutto, per mantenere la mira sul bersaglio. Il primo di questi meccanismi fu l'accensione a miccia corta, costituita da un pezzetto di spago collegato a una pinza. Dopo aver acceso la miccia, azionando il grilletto la pinza si abbassava, innescando la polvere da sparo nello scodellino. Per la miseria se c'era da aver paura, a tenere un pezzo di spago facilmente infiammabile vicino alla polvere da sparo! Era anche molto pericoloso. Gli incidenti erano all'ordine del giorno, e dalle conseguenze spesso catastrofiche. Inoltre, l'accensione a miccia, quando il tempo era piovoso, era inaffidabile. Di notte, poi, la fiamma poteva facilitare il nemico nell'individuare la posizione del tiratore. Dato che l'arma non era molto costosa, questo meccanismo rimase il tipo preferito per i moschetti europei nei secoli successivi. I possessori di armi talvolta me ne inviavano qualcuna da riparare. Il miglioramento successivo fu costituito da una ruota girevole che sostitu la miccia di accensione. La pietra focaia era stretta da una ganascia metallica, e quando il grilletto veniva azionato una ruota d'acciaio dai
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bordi zigrinati iniziava a girare e al contatto con la pietra focaia sprigionava scintille che innescavano la polvere posta nello scodellino. Qualcuno mi disse che fu Leonardo da Vinci a inventare la ruota del meccanismo di sparo, sebbene Felix si vantasse di averla inventata lui stesso, insieme a tutte le altre cose sulla faccia della terra. Le armi dotate di questo dispositivo erano rimaste in uso per trecento anni, cio quasi sin dal tempo della conquista dell'Unico Mondo da parte di Corts. A causa dell'alto costo delle nuove armi, le vecchie venivano tramandate di generazione in generazione. Io preferivo il moschetto con acciarino a pietra focaia. Come per le armi a ruota, era una scintilla a innescare la polvere da sparo, ma era molto meno complicata: la pietra focaia era stretta tra le ganasce di una pinza, detta cane, che una volta azionato il grilletto si abbassava e provocava una scintilla quando colpiva di striscio la piastra in acciaio. Naturalmente, tutti i moschetti avevano un unico scopo: quello di uccidere.

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Capitolo 13
Dopo che Felix fu uscito, mi misi al lavoro sul moschetto a ruota del mercante di granaglie. Vidi subito che mancava la molla sotto le ganasce che trattenevano la pietra focaia. Dal momento che disponevamo solo di poche part di ricambio per la riparazione delle armi, e di nessuna molla, avrei dovuto fabbricarne una apposta. Quando le parti di un'arma erano danneggiate irreparabilmente o mancavano, si doveva ricorrere al rifacimento completo utilizzando la fonderia della bottega. Il procedimento era tutt'altro che semplice, ma gi in precedenza avevo costruito armi complete ricorrendo alle attrezzature limitate di cui disponevamo. Le armi a pietra focaia venivano adottate dalla fanteria sin dal XVII secolo. La maggior parte di pistole e moschetti su cui lavoravo erano di questo tipo. Grazie al mio lavoro, Felix aveva potuto incrementare il suo giro d'affari, e la fabbrica dove svolgevo le mansioni di armaiolo e fabbricante di polvere da sparo si era ingrandita. Ora comprendeva molti edifici, posti circa a duecento metri l'uno dall'altro, e ogni capannone era lungo e stretto. I muri di mattoni di fango del deposito di polvere da sparo erano due volte pi spessi degli altri, cosicch se uno di noi avesse fatto partire accidentalmente un colpo il deposito non sarebbe saltato in aria. Accanto ai due edifici avevamo costruito ampie zone adibite a magazzino, una stalla e un recinto per i muli e un alloggio provvisto di letti a castello per gli operai. Felix e la sua famiglia abitavano su una collinetta lontana dal raggio distruttivo di una possibile esplosione del capannone delle polveri. Anche i suoi cavalli erano sistemati in una stalla accanto alla sua abitazione. Era chiaro che si preoccupava molto di pi del proprio bestiame che degli operai che lavoravano per lui. Stando alle leggi vigenti, Felix non avrebbe dovuto fabbricare armi. La Corona imponeva che qualsiasi arma dovesse essere importata dalla Spagna e che sul posto era possibile eseguire soltanto riparazioni. Ma, come succedeva a molte leggi degli spagnoli, era possibile fare eccezioni pagando il prezzo adeguato. Il nostro metodo preferito era dichiarare che
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lavoravamo come riparatori. Si iniziava con una parte di un'arma, come per esempio un calciolo... per poi costruire una nuova arma a partire da l. In quel modo, Felix poteva sostenere che il suo mestiere era semplicemente, appunto, quello del riparatore. Le armi da fuoco create da Felix in precedenza non si potevano minimamente paragonare a quella raffinata pistola che io avevo costruito per il marchese. Analogamente alla bottega di un fabbro, l'armeria comprendeva alcuni attrezzi speciali, indispensabili a costruire armi e a fabbricare manualmente tutte le parti necessarie alle riparazioni: incudini, mantici, martelli, utensili per la perforazione e la scanalatura delle canne e altri strumenti, come una forgia, la fornace in cui si fondeva o surriscaldava il metallo in modo da poterlo modellare, indurire e rendere compatto. Le canne dei moschetti e delle pistole venivano fabbricate usando la cosiddetta tecnica di Damasco. La canna, cio, era costruita surriscaldando sottili aste d'acciaio in modo da renderle duttili, per poi attorcigliarle intorno a una verga centrale. L'avvolgimento delle aste attorno alla barra centrale lasciava inevitabilmente aperta una bava continua che doveva essere riempita. Eseguendo il procedimento della saldatura, ottenuta scaldando e battendo il metallo, la linea di giunzione veniva chiusa. Molti dei difetti riscontrati in alcune canne erano dovuti a una chiusura inadeguata. Un altro difetto piuttosto comune derivava dalla forgiatura di una canna troppo dura e fragile. Come per le spade, il ferro doveva mantenere una certa elasticit, altrimenti si sarebbe incrinato, spezzato o rotto. Dopo aver plasmato la canna, la barra centrale veniva estratta dalla sua sede e sostituita con un utensile per alesare la parte interna della canna. La canna doveva essere poi provata per controllarne l'affidabilit. Noi provavamo le armi sparando due pallottole insieme con una dose doppia di polvere rispetto a quella necessaria per una singola pallottola. Se la canna reggeva a questa doppia carica, veniva decapata in un bagno acido per rimuovere uno strato di ferro che altrimenti poteva arrugginire. Il decapaggio rendeva le canne di colore nero e ne faceva risaltare la caratteristica damaschinatura a forma di fili intrecciati a spirale. Felix, dopo aver bevuto un po' pi del dovuto, una volta mi confid che mentre le sue canne damaschinate erano di qualit inferiore a quelle che aveva fabbricato in Spagna, erano comunque migliori di quelle dei
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moschetti poco costosi e spesso difettosi che talvolta aveva costruito perch fossero usati nel commercio degli schiavi. In quel tipo di traffico, le armi erano la moneta legale del mestiere: con un fucile si comprava uno schiavo dal capotrib oppure da un mercante di professione. La met delle volte, i fucili erano di qualit cos scadente da fendersi in due al primo tentativo di sparo, uccidendo i clienti che li avevano acquistati. Dai libri di Felix e dalle nostre conversazioni saltuarie, avevo scoperto che spazzolando via la ruggine dai residui dei chiodi dei ferri di cavallo e facendola fondere, si otteneva dell'ottimo bronzo duro. Quel metallo si poteva poi fucinare per ricavare le lunghe aste, utili poi per produrre l'acciaio di Damasco. I chiodi dei ferri di cavallo erano migliori del ferro battuto perch i cavalli valevano molto, sia in pace sia in guerra, pertanto venivano ferrati con dell'ottimo acciaio. Imparai anche che fondendo pezzi d'acciaio provenienti dalle molle delle carrozze insieme ai residui dei chiodi dei ferri di cavallo si otteneva un bronzo duro di qualit ancora pi pregiata, ottimo per la fabbricazione di armi da fuoco. L'acciaio delle molle aumentava la resilienza e la compattezza della canna. Grazie a questo procedimento, quella che avevo costruito per il marchese era una pistola a pietra focaia molto raffinata, e non solo per la rigatura della canna. A un certo punto della crisi che la colonia soffriva per il mancato arrivo di bastimenti di armi dalla Spagna, Felix mi fece persino forgiare un cannone. I cannoni migliori si ottengono dalla fusione del bronzo, mentre quelli meno costosi sono fatti di ferro. Ma la canna di un cannone non altro che un tubo pi grande di una canna di pistola o moschetto, e io modellai il mio cannone secondo la tecnica di Damasco, la stessa che usavo per i moschetti. Avevo letto da qualche parte che i cinesi in realt avevano caricato e sparato polvere nera attraverso tubi di canne di bamb, e dopo aver rinforzato il bamb con tubi d'acciaio gli arabi erano riusciti a usarli per scagliare frecce di metallo. Per quanto mi riguardava, avevo lavorato insieme ai miei zii che disponevano di legno duro per creare i cannoni destinati a padre Hidalgo. Non che fossero le migliori armi di cui disporre su un campo di battaglia ma, se caricati con la dovuta attenzione, potevano sparare una salva di chiodi contro le schiere nemiche.
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Lo ammetto, il mio cannone alla Damasco non era affatto un'arma perfetta. Il problema era che le bave lasciate dall'avvolgimento delle verghe di tondino erano cos ampie che dovetti ricorrere in parte al piombo per riempirle. Ora, il piombo un metallo dolce, e quindi di tenuta pi debole. Ma, con cariche ridotte di polvere da sparo, il cannone era utile. Lavorando per Felix ero anche notevolmente migliorato nella fabbricazione di polvere da sparo. Diavolo! Dovevo stare attento a maneggiarla, perch pochi altri lavori erano altrettanto pericolosi! Ogni fase richiedeva attenzione: la mescolatura, lo stoccaggio, la movimentazione e il trasporto. Avevamo asportato dalla bottega tutti i metalli che potevano urtare, provocare scintille e innescare l'esplosivo. La polvere finita veniva immagazzinata e trasportata unicamente in botti di rame, ciascuna delle quali pesava quasi dodici chili, ed erano coperte da sacche di cuoio sigillate sulla parte superiore. La formula della polvere da sparo era arcinota, ma la sua fabbricazione era un'operazione di alchimia, e l'arte dell'alchimista perfetta solo quando si ottiene la combinazione ottimale, facendo piccole migliorie qua e l al fine di ottenere la forza reale dell'ingrediente. In particolare il salnitro era insidioso, dato che la sua purezza variava secondo il giacimento di provenienza. La qualit del carbone di legna, o carbonella, cambiava enormemente, secondo il tipo di legno bruciato e anche in base all'et dell'albero originario. La carbonella ottenuta dal salice o dal nocciolo era preferibile per la polvere da cannone, quella della sanguinella era invece adatta alle armi di taglio pi piccolo. Preferivo anche mescolare i vari ingredienti con l'urina anzich con l'acqua, e avevo riscontrato che l'urina di un bevitore di birra era meglio dell'acqua, e meglio ancora di quella di chi aveva bevuto vino. Iniziavo lavorando gli ingredienti separatamente, macinandoli a mano sino a ottenere una polvere fine. Scioglievo il salnitro nell'urina in un fusto, mentre la carbonella e lo zolfo li facevo sciogliere in un altro. Poi mescolavo i composti insieme, in una miscela umida. Quando la miscela era pronta, la suddividevo in pani, spremendo il liquido in eccesso, e la mettevo a essiccare. Anzich sotto forma di polvere fine, la polvere da sparo pi efficace sgranata in piccoli granuli. La sgranatura avviene macinando e pulendo al tamburo la miscela, poi setacciando i granuli attraverso crivelli di svariate misure. I granuli risultanti possono variare in spessore da un
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chicco di grano alla semplice polvere. La dimensione richiesta dipende dall'uso che si vuol fare dell'esplosivo. Per i cannoni necessaria una grana grezza, relativamente grossolana. Per i moschetti una grana media e per le pistole una fine. Determinavo la potenza della polvere sparando una pallottola di moschetto nell'argilla, per stabilire la profondit di penetrazione impressa dalla carica esplosiva. Dopo di che modificavo la miscela secondo il risultato. Parte della polvere da sparo che usavamo era riciclata. Quando la polvere a bordo di navi mercantili o da guerra si inumidiva, doveva essere rinvigorita. Felix comprava la polvere difettosa e la sottoponeva a un particolare procedimento che la rendeva utilizzabile nelle miniere d'argento. Aggiungevamo urina e salnitro alla polvere inefficace, poi la rimescolavamo e setacciavamo, unendola a volte agli altri ingredienti se non superava i nostri controlli. Tuttavia, un altro cliente aveva un bisogno disperato della nostra mercanzia; era ancora pi desideroso del ricco marchese e dei proprietari di miniere ricchi sfondati. Un cliente non in grado di pagare e che sia Felix sia la Polizia segreta del vicer non dovevano mai sapere che io rifornivo. Era per la sicurezza mia e del mio cliente segreto che avevo nascosto le bisacce sotto il tavolo, poi le sospinsi ancora pi lontano da sguardi indiscreti.

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Capitolo 14
Quando sentii le grida che annunciavano l'arrivo del marchese consegnai la pistola nella fondina a Felix. Non mi aspettavo alcun riconoscimento per il mio lavoro, non me ne aveva mai dato. Teneva unicamente per s il fiume di lodi che i nostri clienti gli elargivano generosamente, come un avaro che nasconde il proprio oro sotto le assi del pavimento. Anche quando i nostri grati committenti elogiavano il lavoro che credevano fosse opera sua in mia presenza, dopo che se n'erano andati Felix non mi ringraziava mai del mio contributo. Talvolta mi chiedevo se in realt non fosse convinto di aver forgiato e fabbricato lui le armi. Persino secondo il metro di giudizio dei gachupnes spagnoli rispetto alla mascolinit, io ero molto pi hombre di Felix. Ero un artigiano migliore di lui e pi abile sia col coltello sia con la pistola e a mani nude. Lo avevo dimostrato in combattimento, uccidendo uomini pi vigorosi di lui. Dal modo in cui la moglie di Felix mi fissava con sguardo intento quando lui non era presente, ero convinto che il mio garrancha l'avrebbe saputa penetrare e condurre all'estasi meglio di quello di suo marito. Non che la mia vita fosse cos penosa come quella della maggior parte dei peones della colonia. Anche se ero un indio o un meticcio, a seconda di quale dei miei zii mi avesse generato, facevo un lavoro che mi dava molte soddisfazioni. Fino a quando avessi continuato a far riempire di dinero le tasche di Felix e a sommergere il suo ego di lodi immeritate, non poteva abusare di me o maltrattarmi troppo spudoratamente. Mi dava cibo sufficiente, un tetto sopra la testa e vestiti decenti. vero, il mio alloggio non era lussuoso, visto che dormivo sopra la stalla... per non quella dei cavalli di Felix, ma quella della zona cintata dove tenevamo i muli che servivano a tirare i carri o per portare i nostri prodotti al mercato. Vivere sentendo il puzzo del letame era la sorte riservata ai peones... almeno secondo i gachupnes. Ma io non ero nato e cresciuto come un pen docile. Mi avevano insegnato le Usanze dei Guerrieri. Un
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guerriero non cammina tra gli escrementi di un altro uomo o dei suoi animali. Un guerriero ricompensa con il rispetto coloro che si sono fatti onore in battaglia, non certo i ladri e i bugiardi che gli vendono armi difettose fatte di fragile ferro battuto. Io volevo rispetto. Volevo camminare sul marciapiede senza dover scendere nella cunetta di scolo per cedere il passo a un ispanico. Ero stanco di fare inchini e rasentare i muri di fronte ai nobili e agli hacendados spagnoli, che avevano l'unico merito di essere nati ricchi. Padre Hidalgo, padre Morelos, e gli altri eroi ed eroine della rivoluzione sapevano che l'unico modo per ottenere la nostra libert era quello di uccidere gli spagnoli affinch capissero che noi eravamo cos uguali a loro da respingerli dal nostro suolo, e che tutti gli esseri umani erano stati creati allo stesso modo. Perch potevano ucciderli allo stesso modo. Ecco perch in una bisaccia c'erano duecento pallottole di piombo e nell'altra un canestro di rame di polvere nera. Se ogni colpo fosse andato a segno, il contenuto delle bisacce sarebbe bastato a uccidere duecento spagnoli. Il tenente che aveva sostenuto di fronte al proprio comandante che il mio sangue era infetto dallo spirito dei ribelli aveva ragione. Avrebbero dovuto impiccarmi, e forse un giorno anche il mio corpo sarebbe oscillato appeso a una corda... dopo essere stato torturato da un ispanico che mi avrebbe strappato di dosso la pelle con la frusta, il coltello e le tenaglie arroventate. Mentre Felix si dava da fare per colpire positivamente il marchese intrattenendolo sulla sua squisita abilit artigianale, io estrassi di nascosto le bisacce da sotto il tavolo della bottega per infilarle in un nascondiglio segreto nella stalla dei muli. Perch ero rimasto e avevo vissuto all'ombra di Felix? Il buon servitore, l'indio leale, l'umile peni Perch avevo imparato qualcosa il giorno in cui i miei zii avevano affrontato gli spagnoli e avevano perso. Gli spagnoli avevano avuto la meglio grazie ad armi pi sofisticate, a moschetti che permettevano loro di restare fuori della portata delle armi dei miei zii. Per sconfiggere il nemico avevamo bisogno di armi migliori delle sue.

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Capitolo 15
Mentre Felix era gi in citt per far provviste e per incontrare la sua amante di turno, io mi preparai a effettuare la mia consegna. Dopo aver ripulito, caricai i moschetti rinfoderati sul mio mulo preferito, Rodrigo, e mi diressi verso la hacienda del marchese. Le due bisacce erano nascoste sotto un telone arrotolato. Lungo il tragitto, mi allontanai dalla strada per raggiungere una collina dove spesso mi recavo da solo a fare pratica di tiro. Usavo due pistole fabbricate da me. Agli indios non era permesso possedere armi, per cui le nascondevo sotto il mio ampio vestito da pen. Tenevo entrambe le pistole nelle loro fondine, una sotto un braccio e l'altra sotto i pantaloni all'altezza delle caviglie. Erano due pistole con acciarino a pietra focaia dall'anima rigata, forgiate con i chiodi dei ferri da cavallo fusi insieme a molle di assali di carrozza. Avevo costruito quelle armi con cura amorevole, rendendole affidabili e mortalmente precise. Qualsiasi ispanico le avrebbe disprezzate, dato che le avevo coperte di ruggine e graffi, evitando qualsiasi inutile ornamento, per dar loro un aspetto rudimentale. Prendendo di mira alcune rocce sul fianco della collina, caricavo, puntavo e sparavo. Eravamo soliti provare il tiro di tutte le armi da fuoco costruite o riparate da noi nella zona cintata, e una volta, in un momento di sciocca spavalderia, avevo sfoggiato la mia bravura in presenza di Felix. Era rimasto molto colpito. arrabbiato. Non solo ero un tiratore migliore di lui, anzi, sosteneva che ero meglio del conte di Moreno, che godeva di indiscussa fama come miglior tiratore e duellante di tutta la colonia. L'ho visto sparare durante un ricevimento disse Felix, e pensavo non avesse rivali, ma tu sei pi esperto di lui. Il mio padrone poi mi proib di far pratica e persino di provare le pistole, se non in bottega, mirando al barile di argilla. Non devi dire o mostrare a nessuno la tua abilit di tiratore. Coloro che portavano speroni affilati non sarebbero stati affatto felici di sapere che il miglior tiratore della colonia in realt era un pen.
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O del fatto che possedeva il miglior paio di pistole di tutta la Nuova Spagna. Dai libri di Felix avevo imparato molto sulla storia e la fabbricazione di armi da fuoco. Il problema fondamentale delle pistole e dei moschetti era rimasto lo stesso per secoli. Caricarli era un'operazione scomoda e richiedeva molto tempo. Il caricamento era sempre stato un procedimento laborioso, che comprendeva il versamento della polvere contenuta in un corno o in una fiasca direttamente all'interno della canna in avancarica attraverso la bocca del moschetto. Poi si doveva infilare e comprimere la palla e un po' di ovatta aiutandosi con un'asticella metallica. Una piccola carica d'innesco veniva messa nello scodellino. Alla fine di questa procedura, si poteva finalmente alzare il cane dell'arma, puntare e sparare. Tuttavia, l'umidit spesso azzerava l'efficacia delle polveri e di frequente la canna rimaneva sporca di scorie della palla e residui di polvere da sparo. A un soldato occorreva quasi un minuto per caricare e sparare con un moschetto. Quando gli eserciti avversari si affrontavano a una certa distanza, sparando in massa, non c'era problema. Ma nel combattimento ravvicinato contro un nemico in avanzata, questi poteva trafiggere con la spada l'avversario impegnato a sparare e ricaricare. Per se il tiratore avesse potuto caricare l'arma dalla parte della culatta, cio l'estremit della canna vicina al meccanismo di sparo, allora la ricarica sarebbe stata molto pi rapida rispetto al caricamento dall'estremit opposta, la volata. Durante i secoli vennero progettate, e anche fabbricate, armi da fuoco a retrocarica, ma si erano rivelate troppo difficili e costose da produrre su vasta scala, e anche poco affidabili a scopi militari. Molte delle armi da fuoco a retrocarica non erano altro che giocattoli per regnanti. Il sovrano inglese Enrico VIII e uno dei Luigi di Francia avevano posseduto entrambi armi del genere. Avevo studiato e sperimentato i vari tipi di armi a retrocarica di cui si parlava nei libri di Felix. Mi interessava in modo particolare quella realizzata per il re inglese tre secoli prima. Anzich dover aprire la culatta per versarvi la polvere e la pallottola, sotto il cane si inseriva un tubicino di ferro, la cartuccia. Il tubetto contenente la carica d'innesco e la pallottola era racchiuso da uno stoppaccio posto sul davanti.
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Presto scoprii il motivo della mancata larga diffusione della cartuccia. Per farla manualmente era necessario un procedimento lungo e laborioso, che richiedeva l'opera di un artigiano esperto. Durante un viaggio con Felix per consegnare polvere nera alla miniera d'argento di Guanajuato, scoprii un'arma molto innovativa. Avevo osservato un ufficiale dell'esercito degli Stati Uniti, i nostri vicini a nordest, che era impegnato in una spedizione cartografica. Portava un moschetto con acciarino a pietra focaia a retrocarica, come lo chiamava lui. Felix e io ci eravamo accampati presso il gruppo di nordamericani, e vidi l'arma quando l'ufficiale venne da me per comprare polvere da sparo, un giorno in cui Felix era andato a riscuotere una somma dovutagli dal proprietario di una miniera. Il fatto che un indio fosse cos curioso a proposito del suo fucile a retrocarica, e di conseguenza a conoscenza della costruzione di armi da fuoco, sorprese l'americano. Suscitai il suo interesse al punto che rispose alla mia domanda. Mi spieg che un inventore, un certo Hall, aveva progettato quell'arma cos insolita. La camera di scoppio all'inizio della canna era sollevabile per ricevere la carica, poi veniva abbassata e bloccata con un meccanismo a scatto. Non potevo certo duplicare quell'arma, poich non ero riuscito a esaminare bene il dispositivo, ma mi ispir il progetto di una pistola a retrocarica. Costruii una camera di scoppio incernierata che si alzava durante il caricamento ma si chiudeva ermeticamente e dopo lo sparo veniva risospinta in basso. Per definire di nascosto le tolleranze corrette dei metalli mi occorsero svariati mesi. Per il munizionamento avevo incavato il calciolo in ebano intagliato a mano, e nell'incavo avevo posizionato una riserva di cartucce, ognuna contenente una carica composta da pallottola e polvere da sparo. Ne avevo anche altre in una borsa di pelle di daino. Per caricare una delle due pistole, aprii una cartuccia strappando la carta con i denti e inserii la polvere nella camera di scoppio aperta, avendo cura di mettere la pallottola per prima. Poich la canna era rigata e si sarebbe sporcata facilmente, le pallottole erano leggermente pi piccole della canna stessa, e le avevo ingrassate e avvolte in un pezzetto di cotone. Pertanto, la munizione pi piccola e lubrificata lasciava un residuo minimo nella canna e il cotone espulso, durante il tragitto, la ripuliva ogni volta.
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Il tempo di caricamento si era notevolmente ridotto, ma dovevo ancora aprire manualmente il coperchio dello scodellino, versare la carica di accensione e richiuderlo. Se un meccanismo avesse potuto sostituirsi alla mano umana per fare queste operazioni, il caricamento sarebbe stato pi rapido. Nel corso dei secoli, gli armaioli avevano fatto ogni sforzo per mettere a punto un'arma da fuoco autoinnescante. Un ministro scozzese di nome Forsythe forse era riuscito a perfezionare un'arma ad autoinnesco. Io seguii il suo modello. Alzando il cane, una scatolina metallica scorreva sopra lo scodellino e vi depositava la carica d'innesco. Naturalmente avevo miscelato il lotto migliore della polvere da sparo per pistola, quella che Felix teneva a disposizione dei suoi clienti pi ricchi e influenti. Un ladro non si accontenta mai, no? Adesso potevo vantarmi con me stesso di essere non solo il miglior tiratore della colonia, ma anche il pi svelto. Infatti, ero in grado di sparare con la stessa pistola sei volte al minuto, il doppio o il triplo della velocit dei tiratori pi abili. Lasciando la mia zona di esercitazione, ritornai sulla strada e incalzai Rodrigo per raggiungere la hacienda del marchese. Pi tardi avevo un appuntamento importante, un incontro che si poteva svolgere solo con la complicit delle tenebre, pertanto dovevo rientrare alla fabbrica di Felix prima di destare sospetti.

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Capitolo 16
Non ero arrivato alla rivoluzione per conto mio. Non riuscivo bene negli studi, e durante gli anni della mia formazione avevo bisogno di insegnanti tenaci. Per educarmi, mio zio fra Diego spesso era costretto a ficcarmi in testa i concetti. Ma mi era sempre piaciuta la storia, che narrava le gesta di eroi che combattevano contro i mascalzoni. Mi ricordavo ancora la sua lezione sulla regione nella quale ora vivevo. Durante il tempo trascorso a scuola, nella capanna di fango di un solo stanzone nel nostro villaggio, il buon frate mi spieg che la storia di Guadalajara era diversa dalle altre regioni della Valle del Messico. Ecco perch questa zona rispose cos presto al Grido di Dolores. La citt dista dalla capitale pi di cinquecento chilometri. Gli indios della Valle del Messico come disse fra Diego, si contavano a milioni. Avevano grandi citt come Tenochtitln e un alto livello di conoscenze nella scienza e nell'arte. Nella Nuova Galizia, come all'inizio gli spagnoli chiamarono la regione di Guadalajara, la popolazione era decisamente inferiore e non c'era nessuna grande citt. Tuttavia, come i mexica e i toltechi, gli indigeni parlavano la lingua nahuatl. A causa del ridotto numero di abitanti, qui si svilupparono l'allevamento del bestiame e piccole fattorie, anzich le immense haciendas in continua espansione che caratterizzavano le altre regioni. Il possesso della terra fece s che gli indigeni si convincessero che i gachupnes avrebbero rispettato i loro diritti. Ma i portatori di speroni spagnoli la pensavano diversamente. Nel 1529, otto anni dopo la conquista di Corts della Valle del Messico che aveva annientato l'Impero azteco, un altro ispanico, Nuo de Guzmn, geloso della fama e dei tesori accumulati da Corts, organizz un corpo di spedizione forte di oltre diecimila uomini i quali, partendo da Citt del Messico, esplorarono la regione allo scopo di sottometterla al dominio spagnolo. Guzmn era un tiranno brutale, che non si era fatto scrupoli nel torturare e uccidere pur di assumere il controllo della regione. Soprannominato Seor de la Borca y Cuchillo poich conquist e govern per mezzo di forche e coltelli, Guzmn razzi la zona assumendo un titolo nobiliare, il
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marchese di Tonala, come a scimmiottare Corts. Ordin che i villaggi venissero saccheggiati senza piet, schiavizzando gli indios nel sistema della encomienda, in base al quale la Corona assegnava a un soldato o a un colonizzatore un lembo di territorio o un villaggio, insieme agli indios che lo abitavano. Guzmn venne arrestato e rispedito in Spagna, ma le sue criminali azioni militari e quelle dei suoi successori ebbero come risultato la grande rivolta degli indios della regione. Questa insurrezione, la guerra di Mixtn, scoppi nel 1541 e fu condotta da Tenamaxtli. Gli indios si sollevarono per scacciare gli invasori dalle proprie terre, conquistarono numerose cittadine e misero sotto assedio Guadalajara. Le forze spagnole, appoggiate da un folto esercito di guerrieri elaxcalteca e mexica, repressero la rivolta. Guadalajara non si limit a rispondere al Grido di Dolores di padre Hidalgo che inneggiava all'indipendenza prima di molte altre regioni, ma rimase leale ai rivoluzionari sino alla battaglia finale del ponte di Caldern. Il leggendario sacerdote-guerriero che lottava per la libert guid la marcia di un grandioso esercito partendo proprio da Guadalajara... poi il sogno si infranse e perse la guerra a causa di un fortunato colpo di cannone nemico che colp il carro che trasportava la polvere da sparo. Ma i coraggiosi abitanti della regione del lago di Chapala continuarono la lotta anche dopo che gli eroi del 1810 furono catturati e giustiziati. Verso la fine del 1812, gli abitanti di Mezcala, una piccola cittadina su un'isola del lago, circa venti chilometri a est della citt di Chapala, scoprirono che un contingente ispanico si stava avvicinando allo scopo di punire la popolazione per aver appoggiato un capo dei ribelli. Una settantina di volontari, armati pi che altro di pietre e mazze, si prepararono a fronteggiare il nemico. Gli spagnoli erano circa il doppio dei ribelli, tuttavia quei soldati addestrati subirono una sonora sconfitta. Dopo alcuni giorni dei rivoltosi ingaggiarono una battaglia contro un'altra colonna spagnola, uscendo vincitori anche in questo scontro, nonostante le armi primitive. Si erano impossessati di alcuni moschetti con acciarino a pietra focaia, ma, non sapendo come caricarli, li usarono semplicemente come mazze e armi bianche. Le truppe spagnole continuarono ad attaccare i ribelli del lago di Chapala, ma subivano ogni volta pesanti sconfitte. Quando i rivoltosi consolidarono le proprie forze sull'isoletta di Mezcala, le battaglie terrestri
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divennero scontri in mare che videro l'impiego di forti contingenti navali spagnoli all'attacco dei ribelli dotati di piccole imbarcazioni. Dopo che gli spagnoli, frustrati dalle continue batoste, ebbero devastato un villaggio per vendicarsi della resistenza dell'isola, la popolazione indigena contrattacc riuscendo a catturare il crudele ufficiale che aveva ordinato la rappresaglia e lo giustiziarono insieme a una parte dei suoi soldati. Avevo preso contatto con i ribelli pochi mesi dopo dall'inizio del mio lavoro nella fabbrica di Felix. Portavo loro di nascosto polvere e pallottole e avevo iniziato a riparare segretamente le loro armi. Dato che i miei compaeros avrebbero potuto denunciarmi o svelare la mia identit sotto tortura, per loro ero semplicemente l'Alchimista. E non permisi mai che mi vedessero in faccia. Dopo quasi cinque anni di continui combattimenti, circa un anno prima, a seguito di un'epidemia che aveva decimato i ribelli, venne proclamato un armistizio secondo il quale ai combattenti indios che cedevano le armi veniva concessa la grazia. Ma non tutti i ribelli avevano smesso di lottare. E a quegli strenui combattenti a oltranza io continuavo a fornire armi, sebbene avessi nel frattempo predisposto spedizioni pi consistenti di polvere e munizioni a sud per il generale Guerrero e la sua coraggiosa armata di resistenza nella regione della Via della Porcellana. Era un gioco pericoloso, e sapevo che era solo questione di tempo prima che fossi costretto a impugnare le mie due pistole per scopi che andavano ben al di l delle semplici esercitazioni.

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Capitolo 17
Mi fu concesso di entrare nella casa del marchese solo perch il maggiordomo era troppo pigro per portare i moschetti. Forse la casa principale della hacienda, per il marchese, non era un palazzo vero e proprio. Dopotutto, possedeva palazzi degni di questo nome sia a Guadalajara sia a Citt del Messico. Tuttavia, ai miei occhi di povero pen appariva come l'abitazione degna di un re... anzi, di un dio. E il marchese non aveva versato neppure una goccia del suo sudore, e ancor meno del suo sangue, per guadagnarsi quella residenza. Diamine, non riuscivo proprio a capire perch la gente come lui possedeva tante ricchezze senza aver fatto nulla e la gente come me doveva lavorare sodo in cambio quasi di niente. S, disprezzavo i gachupnes e i loro fratelli criollos, non tanto per quello che possedevano quanto per il modo in cui sfruttavano la mia gente impotente. Alcuni di loro erano crudeli bastardi che depredavano i diseredati, bistrattandoli e impossessandosi delle loro terre, del frutto del loro lavoro e delle loro donne. Molti commettevano un peccato molto meno violento ma al pari distruttivo: ci trattavano come bambini idioti di loro propriet, cos avevano il pretesto per sfruttarci e renderci loro schiavi. Le loro grandi haciendas erano gestite come propriet feudali; non erano solo luoghi di lavoro ma piccole comunit, dotate anche di una piccola cappella. La gente nasceva, si sposava, moriva e veniva sepolta dentro queste tenute. I peones indebitati finivano per ingrossare le fila dei braccianti nelle haciendas. A causa dei salari bassissimi e delle spese troppo esose, i braccianti a contratto non riuscivano mai a ripagare i loro debiti ai proprietari. In realt erano legati inestricabilmente alle haciendas come schiavi sotto tutela. Le tenute di medie dimensioni avevano circa duecento lavoratori con almeno cinquecento o seicento famigliari a carico. Le haciendas pi grandi avevano migliaia di operai. I nostri padroni spagnoli non disapprovavano la fustigazione dei
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lavoratori, a meno che non impedisse loro di continuare a essere produttivi, rendendoli pi costosi da mantenere. In sostanza la hacienda era un tentativo di dominare le nostre vite sotto ogni aspetto: trasformarci negli stupidi bambini irresponsabili che dovevamo essere secondo loro. Tuttavia alcuni di noi avevano una visione diversa. Alcuni di noi si ribellavano.

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Capitolo 18
Di nuovo in sella al mio amigo Rodrigo, lasciai la hacienda e seguii la strada principale fino a raggiungere un sentiero che mi avrebbe condotto al lago. Percorsi la sponda, tenendomi vicino alle fitte conifere e al sottobosco, senza mai perdere di vista il sentiero di fronte a me e le orme che mi lasciavo dietro. Dovevo assicurarmi che le pattuglie della Regia Milizia non scoprissero il primo fornitore di armi ai ribelli. Notai un vago movimento in lontananza. Nascondendomi velocemente tra gli alberi e le sterpaglie alla mia destra, vidi che si trattava di una pattuglia di una decina di uomini appartenenti alla Regia Milizia. I soldati non si fermarono n puntarono le armi. Non diedero segno di essersi accorti della mia presenza. I ribelli non mi avevano comunicato il punto esatto di incontro, mi avevano dato solo una vaga indicazione della zona del lago in cui mi avrebbero intercettato. Anche se ero io a rifornire gli insorti, a costo della mia vita, il rischio che correvo non era nulla rispetto al loro. Le truppe del vicer davano la caccia di continuo ai rivoltosi, mentre io ero al di sopra di ogni sospetto. I ribelli, d'altra parte, non potevano permettersi di dare a nessuno troppe informazioni sui loro movimenti. Se i soldati mi avessero colto sul fatto e io fossi stato a conoscenza dei loro itinerari, la Regia Milizia avrebbe potuto estorcermi le informazioni tramite la tortura. Non appena la pattuglia si fosse allontanata, e io fossi stato certo di essere solo, sarei ritornato in mezzo alla macchia di alberi e arbusti per accendere una candela. Una barca dei ribelli poteva vederla dal lago, mentre la vegetazione avrebbe nascosto il suo chiarore alla vista dei passanti occasionali. Gli uomini del vicer sapevano che i rifornimenti destinati agli insorti provenivano da questa parte del lago. Di conseguenza avevano raddoppiato le pattuglie, ma non erano riusciti a individuare il punto esatto di contatto. Non ancora, almeno. Avrei preferito lasciare la merce di contrabbando lungo la costa, magari
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al riparo di un bosco alberato, e allontanarmi in fretta col mio mulo. Per non potevo farlo, per scrupolo di coscienza. Dovevo assicurarmi che le munizioni finissero nelle mani delle persone giuste. Se i pescatori del luogo o altri barcaioli avessero visto la luce e individuato la mia posizione, avrebbero potuto trovare le polveri e le pallottole e consegnarle al vicer in cambio di una ricompensa. Dopotutto, non c'erano molti opifici di materiale bellico in quella regione remota. Gli spagnoli si sarebbero subito accorti dell'ottima qualit delle munizioni e sarebbero risaliti a Felix e al suo infaticabile assistente. Il mio ruolo nel breve scontro di Tula sarebbe venuto a galla e i miei padroni gachupnes mi avrebbero appeso alla forca del vicer o legato alla ruota del Grande Inquisitore. Avevo anche bisogno di incontrare i ribelli. Talvolta avevano qualche dispaccio importante per me, per esempio informazioni sulle pattuglie reali oppure un'arma da riparare.

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Capitolo 19
Quando la pattuglia fece dietrofront e torn sulla strada principale, continuai a seguire il litorale. In un determinato punto, il lago si protendeva sino a meno di cento passi dalla macchia boschiva. Condussi Rodrigo tra gli alberi. Avvolte le redini attorno al ramo di un albero, misi le pastoie incrociate alle zampe posteriori dell'animale e scaricai le borse di cuoio dalle bisacce. Raggiunto il lago, accesi la candela e mi allontanai dalla luce che emanava. Speravo di scorgere gli uomini attirati dal lume di candela prima di essere individuato a mia volta. Passarono diversi minuti e infine scorsi due uomini a bordo di una canoa, che pagaiavano in direzione della luce. Dopo aver toccato terra con la prua, uno dei due scivol fuori dell'imbarcazione e prosegu a piedi verso riva, con un moschetto in mano. Potevo vederlo bene al chiaro di luna. Era vestito da pen, e scrutava nervosamente a destra e a sinistra. Chiaramente non poteva essere un miliziano. Mi misi una sciarpa nera sul volto. Seor sussurrai. Sentendo la mia voce, brand il moschetto. Fermo! Sono il vostro amico. El Alquimista mormor il pen ribelle. Mi avevano affibbiato il soprannome di Alchimista perch ai loro occhi ero una specie di stregone che faceva comparire armi e munizioni muovendo cielo e terra. La mia comparsa era come un'apparizione, e le armi e la polvere che producevo cos misteriosamente ai loro occhi rimaneva un atto magico e soprannaturale. Gli gettai le borse. Adis, amigos. Qualcosa si mosse tra la sterpaglia. Il ribelle, spaventato, si gir e spar un colpo di moschetto. Era marrone, un cervo. Diavolo! Tutti i soldati del re nell'intera provincia avrebbero sentito il colpo. Dovevo allontanarmi in fretta. Corsi verso il mulo mentre il ribelle si
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precipit alla canoa. La sua fuga sarebbe stata molto pi facile della mia. Spronai Rodrigo attraverso gli alberi e il sottobosco. Volevo evitare di percorrere il sentiero fino a quando avessi raggiunto la strada principale. Procedendo come un cieco sul terreno scoperto pieno di rami spezzati e sterpaglie, Rodrigo si sarebbe quasi sicuramente trovato in difficolt, ma non avevo scelta. Avevo bisogno di un riparo. Se ci fosse stata una pattuglia spagnola in zona, avrebbe seguito il sentiero. Mentre cavalcavo, mi sbottonai la camicia, nel caso avessi avuto bisogno di prelevare la pistola dalla fondina che tenevo sotto il braccio. Alzando i pantaloni, potevo anche afferrare quella pi piccola legata alla gamba. Mi imbattei in una parete di roccia, quindi fui costretto a lasciare il sottobosco alla volta del sentiero. Non appena lo raggiunsi, una pattuglia della Regia Milizia svolt da una curva e il soldato di testa mi vide. Url e strepit, e io incitai Rodrigo ad accelerare il passo: Andale, andale!. Girandomi sulla sella, presi la pistola da sotto il braccio. Avevo solo una pallottola per ciascuna, e dovevo fare affidamento su ogni colpo. Anche ricaricando in fretta, avevo scarse probabilit di sparare un terzo colpo, prima che i cavalleggeri mi piombassero addosso. Armai la pistola. Non potevo prendere accuratamente la mira, visto che sobbalzavo sul dorso di Rodrigo. Per avevo fatto gi pratica su questo tipo di manovra, cio puntare e sparare istintivamente, senza prendere di mira il bersaglio. Azionai il grilletto, l'acciarino produsse una scintilla nello scodellino e la carica nella camera di scoppio deton. La mia pallottola colp il primo soldato della fila, che cadde all'indietro ruzzolando a terra. Non c'era tempo di ricaricare. Presi la pistola che tenevo nella fondina legata alla caviglia. Un'altra esplosione, e un altro soldato cadde dalla sella, raggiungendo il suo compagno all'inferno della Regia Milizia. Il resto della pattuglia fece girare i cavalli e fugg via. Per un gachupn, i soldati della Regia Milizia valevano poco pi degli operai peones. Nessuno aveva mai lodato le loro pattuglie per la troppa determinazione o per essersi dimostrate in grado di sfidare valorosamente la morte.
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Accarezzando il collo di Rodrigo, lo feci rallentare fino a farlo trottare di buon passo per risparmiarne le forze. Avevo gi ucciso degli ispanici, e l'avrei fatto ancora. La lotta sarebbe proseguita fino al giorno in cui l'ultimo gachupn fosse stato cacciato dalla nostra terra, oppure impiccato con le sue viscere ai candelieri di cristallo del suo lussuoso palazzo. Ma uccidere non mi rendeva orgoglioso. Faceva solo parte del mio lavoro. E, soprattutto, volevo sopravvivere.

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Capitolo 20
La mia vita non era fatta solo di sangue e tribolazioni. Un'ora dopo, tornando al villaggio, m'imbattei in una donna a cavallo, una donna che conoscevo... e che adoravo. Mara de Rosa, una giovane e bella meticcia. Diamine, quanto desideravo farle la corte! O, per dirla tutta, portarmela a letto. Aveva le trecce di capelli corvini lunghe fino alla vita. Gli occhi neri erano duri e decisi come quelli di un crotalo adamantino, ma rivelavano un cuore ardente. Anche se faceva a pezzi continuamente il mio ego perch era pi istruita di me, e mi rivolgeva insulti pieni di condiscendenza, la sua bellezza mi inebetiva, riducendomi a uno sciocco balbuziente. Montava un pony pezzato. Era ferma sul margine della strada, e stava passando un involto a un uomo a cavallo di un baio. Quando ud arrivare il mio mulo, si volt. Io ero visibile sotto il chiaro di luna, ma decisi comunque di annunciare la mia presenza... nel caso l'estraneo, non conoscendomi, estraesse un'arma. Sono io, Mara, Juan Rios. Cosa fai qui fuori a quest'ora? Delle commissioni per il tuo padrone gachupn? Quella frase crudele mi colp nel vivo. Pensava che io fossi un umile servitore, il bravo indio che chinava il capo e serviva i gachupnes senza alcuna obiezione. Mara era una rivoluzionaria appassionata che lottava per il grido di libert che padre Hidalgo aveva lanciato dalla scalinata della sua chiesa a Dolores. E la sua dedizione alla rivoluzione aumentava il desiderio che provavo per lei. Come me, Mara manteneva segrete le sue attivit per evitare che la arrestassero. D'altra parte, per quanto mi riguardava, per non mettere a repentaglio la vita dei ribelli che rifornivo di nascosto, non avevo mai messo al corrente neppure lei di ci che facevo. L'unica volta che avevo tentato di corteggiarla lei aveva inveito contro di me definendomi un maialino azteco che prostituiva il proprio talento per quei porci di
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gachupnes. Mentre cercavo di stringerla tra le braccia, pazzo d'amore, lei mi parl dei suoi piani, cercando di reclutarmi tra i rivoluzionari... per aiutarla a distribuire volantini in cui lei si scagliava, evocando fuoco e sangue, contro il vicer e la tirannide reale. Era un miracolo che non fosse stata ancora arrestata, dato che suo padre era l'unico a possedere una tipografia nella zona. Il padre di Mara era costretto a letto, la madre era morta nell'epidemia di cinque anni prima, quindi lei aveva mano libera non solo per gestire la stamperia ma anche per pubblicare i suoi scritti in cui si parlava di politica. Io dovetti fingere di essere un bravo pen e respinsi i suoi tentativi di convincermi a unirmi a lei nella lotta dato che il mio ruolo in quella rivolta, bench clandestino, era molto pi rischioso del suo. Forse se le avessi rivelato cosa facevo davvero, se le avessi parlato del mio ruolo nella rivolta di Hidalgo, con tutto ci che mi cost, delle armi che avevo fabbricato e degli uomini che avevo ucciso, di come fossi scampato per un soffio dal finire schiavo in una miniera del vicer e infine del modo in cui continuavo a lottare per la rivoluzione, mi avrebbe visto con occhi pi romantici. Ma tali confessioni erano impossibili. Inoltre, Mara mi avrebbe chiesto di produrre armi a centinaia... fino a quando non fossi stato scoperto e impiccato. La verit avrebbe potuto contribuire a liberare alcune persone, ma per me avrebbe comportato un cappio intorno al collo e la risata macabra del boia. Era una vera strega. Qualunque cosa facesse, o per quanto mi denigrasse, c'era qualcosa in lei che mi ammaliava. I suoi vestiti lunghi, seppur tipicamente femminili, avevano uno spacco discreto che le permetteva di montare a cavallo e cavalcare a gambe larghe. Come un uomo. Per intenderci, in nessun modo assomigliava a un uomo. L'amore della mia vita assomigliava a un uomo quanto io alla Vergine Mara. Dopo aver superato i due, mi voltai sulla sella per salutare la mia dolce seorita con un vaya con Dios. Mi fulmin con un'occhiata e si sporse verso il cavaliere per consegnargli l'involto. Poi lo baci. Ay caramba!
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Lottai contro l'impulso di estrarre la pistola e sparare al bastardo facendolo ruzzolare a terra. Invece, incitai Rodrigo a proseguire. Mara! Perch mi tormenti cos?, avrei voluto gridarle. Inspirai a lungo l'aria della notte. Quella donna sapeva leggere e scrivere, cavalcare e sparare. Era come un carbone ardente, che faceva quello che voleva... e ci che pi le stava a cuore era essere considerata alla pari di un uomo. Io smaniavo per il suo cuore selvaggio e la sua anima da guerriera. Ne ammiravo la bellezza sensuale e il fascino voluttuoso. Ma soprattutto mi conquistava il suo spirito di ribellione. Anche se mi disprezzava immeritatamente. Ma quando la vidi baciare un altro, la mia doppia vita mi lacer l'anima... soprattutto quando lo riconobbi: Gomez, un bandido da quattro soldi che si vantava di essere un rivoluzionario ma che in realt poteva benissimo essere un doppiogiochista al soldo del re. Quell'uomo non mi piaceva e non mi fidavo di lui-anche prima che baciasse la mia donna. Si aggirava per le pulqueras del villaggio, ma non per bere il pulque dei peones, bens il vino degli spagnoli. Be', certo che il vino meglio del maguey, anche se il pulque il nettare degli di degli indios. I peones bevevano il pulque perch era forte e a basso prezzo... Non potevamo permetterci il lusso di ubriacarci di buon vino. Questo Gomez beveva vino mentre ai peones intorno a lui offriva il pulque. Simpatizzava apertamente con i ribelli. Argomenti pericolosi. Cos pericolosi da destare sospetti. Chiaramente aveva fatto colpo su Mara con i suoi discorsi da ribelle. Senza dubbio lei lo avrebbe sepolto vivo sotto una montagna dei suoi virulenti volantini. Madre de Dios, se Gomez faceva la spia per il re, come io avevo sempre segretamente sospettato, non solo avrebbe denunciato alla Regia Milizia Mara, ma anche suo padre. La tipografia e tutti coloro ai quali Mara aveva distribuito le sue sovversive pubblicazioni erano in pericolo di vita. Inconsapevolmente, la donna avrebbe finito per mettere la Polizia segreta del vicer sulle tracce di innumerevoli amici e colleghi. Il pensiero di Mara appesa a un patibolo era una tortura per la mia anima dannata. Condussi Rodrigo tra i cespugli che delimitavano la strada e la aspettai.
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Resistetti all'impulso di tornare indietro per mettere lei e Gomez di fronte ai miei sospetti. Che Gomez non provasse a toccarla, se non voleva lasciarci le penne. Stavo ancora lottando contro i miei istinti, quando lei apparve sulla strada. La chiamai gentilmente per nome per evitarle uno spavento. La luna piena brillava ancora, ma Mara era molto coraggiosa. In questi tempi di ribellione e banditismo diffuso, pochi uomini sarebbero usciti di notte a cavallo, e certamente non disarmati. Fece rallentare il cavallo. Quando mi avvicinai al suo fianco, vidi la pistola pronta all'uso. Perch mi guardi in quel modo? Non sei il mio padrone. Posso baciare chi voglio. Non dovresti fidarti di Gomez. Io mi fido di chi mi pare. Lui un vero uomo, non una donnetta in pantaloni che fabbrica armi da usare contro la nostra gente. Inspirai profondamente e serrai i denti. Chiamare donnetta un uomo era l'insulto peggiore. Se fosse stata un uomo... Non ci si pu fidare di Gomez. troppo ansioso di ostentare la sua falsa simpatia per i ribelli. Fatti gli affari tuoi. O quelli del tuo padrone. Ecco cosa sei capace di fare. Non tutti hanno un padre che ci lascia gestire i propri affari. Io pago per le mie frijoles... e sono uno schiavo sotto tutela. Io so badare a me stessa scatt Mara. E questo vale anche per mio padre. Va' per la tua strada, Juan Rios. Brand la pistola. Non ho bisogno che tu ti preoccupi per me o che mi protegga. Gomez potrebbe benissimo essere una spia del re. Arturo un patriota coraggioso. Ha combattuto con Morelos e Guerrero. Certo, e sicuramente anche con Hidalgo ribattei ironicamente. Senza dubbio si trovato di fronte a un plotone d'esecuzione del vicer pi di una volta, ha afferrato le pallottole coi denti e le ha sputate in faccia alla morte, senza mai conoscere n mostrare la paura. Quante tacche per ogni miliziano ci sono sul suo... Lei fece un'osservazione che non si addiceva a una signora a proposito della mia virilit, cio sulla mancanza della stessa, e frust il cavallo spronandolo lontano da me, lasciandomi a mangiare la polvere in sella al
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mio mulo dal passo lento. Mi diressi verso la pulquera pi vicina per annegare il mio dolore. Forse avrei incontrato Gomez. Be', meglio, cos avremmo potuto discorrere dei suoi molti servigi per la causa insurrezionale... I genitori persi, il tempo passato in galera, le ferite subite e gli uomini che aveva ucciso. Mi avrebbe raccontato tutte queste belle storielle mentre gli sbattevo la testa contro il pavimento.

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Parte Quarta

Libri e documentazioni dei selvaggi della Nuova Spagna Gli invasori spagnoli, al loro arrivo nella terra che sarebbe divenuta la Nuova Spagna, si comportarono come se si fossero imbattuti in una trib di selvaggi anzich in vere e proprie nazioni popolate da venti milioni di abitanti e iniziarono a distruggere le conoscenze e la cultura di civilt millenarie. Il principe Ixtlilxochitl, fratello dell'ultimo re di Texcoco, un impero nahuatl che rivaleggiava con i mexica per il dominio della Valle del Messico, nella sua Historia Chichimeca, a proposito della documentazione scritta dell'impero, scrive: C'erano scribi per ogni campo della conoscenza. Alcuni si occupavano di registrare gli eventi storici, gli annali del popolo e le guerre, altri prendevano nota delle genealogie, le registrazioni del lignaggio dei governanti, signori e nobiluomini... altri ancora si occupavano di tenere aggiornati i testi delle leggi e le questioni inerenti ai riti e alle cerimonie. I sacerdoti conservavano un resoconto di tutti i fatti riguardanti i templi, le festivit e i calendari. Infine, i filosofi e i dotti erano incaricati di rappresentare tramite dipinti tutte le loro scoperte in ambito scientifico... La documentazione scritta, eseguita con pittogrammi simili ai geroglifici egizi, veniva annotata su libri che ora si chiamano cdices. Un cdice era una striscia fatta di corteccia dell'albero dei fichi, oppure di stoffa estratta dal maguey o dalla pelle di daino. Solitamente era larga circa quindici centimetri, e con una lunghezza che poteva arrivare sino a nove
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metri o pi. Le strisce venivano piegate, incollate e protette da copertine di legno. Era necessaria una quantit tale di pagine per tenere i registri che i mexica-aztechi richiedevano quasi mezzo milione di fogli l'anno agli Stati loro tributari.

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Capitolo 21
Tornata alla stamperia, Mara termin il suo ultimo libello di violenta critica contro il vicer e i suoi tirapiedi. L'unica cosa che doveva aggiungere alla sua diatriba era il nome di battaglia col quale firmava i suoi impetuosi pronunciamentos. Per questioni di sicurezza aveva scelto un nome maschile: El Revolucionario. La sua accanita e fremente retorica era intrisa di sangue, tuoni e fiamme dell'inferno. Poich era quasi notte, Mara non aveva il tempo di comporre la sua veemente filippica. La composizione a mano, usando i caratteri mobili di cui disponeva, avrebbe richiesto almeno un paio d'ore, dopo di che avrebbe dovuto procedere alla stampa. Tuttavia era troppo eccitata per coricarsi. Si dedic quindi a scrivere un altro libello. La conversazione avuta con Juan le aveva fornito un argomento che le stava particolarmente a cuore: il fatto che le persone pi brillanti e ingegnose della Nuova Spagna, compresi i peones brutalmente oppressi, non si impegnavano nell'insurrezione, alla cui riuscita avrebbero potuto contribuire con le loro capacit. Con il calamo in mano e un foglio di carta pronto all'uso, si concesse una pausa e si strinse la testa fra le mani. Doveva scacciare Juan dai suoi pensieri... in particolare la spiacevole immagine di quando lei, deliberatamente e maliziosamente, aveva baciato Gomez sotto i suoi occhi. Lo aveva fatto perch sapeva che Juan la desiderava, mentre lei provava una grande rabbia verso di lui. Il suo rifiuto di aderire alla ribellione, che avrebbe avuto molto bisogno di uno come Juan, la irritava. Gomez tra l'altro non le piaceva affatto. Puzzava di sudore, aglio e tabacco da masticare. Lo aveva baciato solo per ripicca. Provava vergogna per aver abusato del suo affetto sincero e della sua gentilezza per tormentarlo. Mara giur a se stessa di non commettere pi errori simili in futuro, per quanta rabbia avrebbe potuto provare per Juan. Del resto, l'espediente le era costato caro. Come per punirla per la sua messinscena, Gomez aveva cercato di strattonarla gi da cavallo non appena Juan si era allontanato. Dopo averlo colpito alla tempia con il
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calcio della pistola, era riuscita a raggiungere Juan. Il colpo era talmente forte che doveva aver spaccato la testa a Gomez... almeno lo sperava. Di questo per non avrebbe mai parlato con Juan. N avrebbe pi chiesto a Gomez di distribuire i suoi libelli. Poteva considerarsi fortunata che non avesse cercato di fare irruzione in casa sua per frustarla come una cagna e usarle violenza. Mara non aveva detto nulla a Juan perch temeva che avrebbe inseguito il presunto rivale per ucciderlo. Un atto da vero macho, la cui conseguenza sarebbe stata l'intervento della Polizia del vicer, che avrebbe arrestato entrambi. Mara pensava che Juan avrebbe potuto uccidere per una donna, ma non per la causa della libert. E per questo lo detestava. Ritorn al libello per scrivere: Ogni uomo e ogni donna che possiedono la capacit fisica o mentale per combattere l'oppressione di questa terra martoriata deve usare i doni avuti da Dio per scacciare dalla colonia il tirannico vicer e i suoi gachupnes schiavisti e avidi. Le doleva il capo. Non poteva fare a meno di pensare a Juan. Era un uomo cos egoista! Sebbene lui non volesse mai parlare del suo lavoro, un operaio di Felix le aveva riferito che il suo mestiere consisteva nel progettare e fabbricare raffinate armi da fuoco e polvere da sparo famose in tutta la Nuova Spagna, ma che solo Felix si appropriava dei suoi meriti e delle ricompense. Un armaiolo e fabbricante di polvere da sparo dotato d'ingegno e laborioso. Non c'erano altri hombres in possesso di abilit cos importanti per la rivoluzione. Se si fosse impegnato per la causa, sarebbe diventato un uomo indispensabile. Che tu sia dannato, Juan Bios! Perch sprechi il tuo talento lavorando come un qualsiasi pen per gli schiavisti gachupnes? Lei si rifiutava di uniformarsi agli stringenti dettami dell'ordine sociale esistente. Perch mai un uomo come Juan non poteva fare altrettanto? Se solo ne avessi il coraggio, Juan mormor fra s e s, pervasa dal furore, saresti un soldado impegnato in prima linea come me. Mara doveva ammettere che proveniva da un ambiente famigliare nel
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quale il libero pensiero e l'eguaglianza di tutti erano oggetto di aperto dibattito, insieme alla nozione pi radicale dell'eguaglianza tra uomini e donne. Suo padre, un rispettato pilastro della comunit locale, si era sempre guadagnato da vivere onestamente. Figlia di uno spagnolo e di un'india, Mara era una meticcia di vent'anni. Sua madre aveva imparato a leggere e a scrivere dalle suore, e a sua volta lo aveva insegnato non solo alla figlia, ma anche a molti peones. Il padre, Francisco, era un bibliofilo, pi incline all'insegnamento accademico che agli affari. Ma, dato che possedeva l'unica macchina stampatrice della comunit e della zona circostante, non si occupava soltanto di stampe commerciali: una volta la settimana pubblicava due pagine di notizie di attualit locali. Aveva aperto la stamperia al lago di Chapala a dieci anni di distanza dalla prima tipografia di Guadalajara. La stampa era arrivata nella regione di Guadalajara molto tempo dopo la sua comparsa nelle principali citt della colonia. A Citt del Messico era presente sin dal ventennio successivo alla Conquista e a Puebla apparve un secolo dopo. A Guadalajara, invece, fu introdotta circa duecento anni pi tardi, nel 1773. Oltretutto il governo aveva posto limiti molto rigidi al contenuto del materiale pubblicabile, obbligando i proprietari di stamperie a occuparsi di opuscoli religiosi, dei proclami del vicer e delle attivit produttive approvate. Nondimeno, Francisco possedeva le opere di Rousseau, Locke, Voltaire e Paine, i pensatori che tanto avevano influenzato le rivoluzioni in America e in Francia. Mara le aveva lette, anche se suo padre le proib di menzionare i nomi degli autori, quando non era in casa, e a badare di non far sapere a nessuno di aver letto quei libri. Gli uomini della Nuova Spagna asserivano categoricamente che la lettura sovvertiva la natura femminile. Molti sostenevano che la lettura disorientava le donne e ne metteva a repentaglio l'equilibrio mentale, rendendole ansiose, irascibili e irrequiete. Pur essendo di idee molto liberali, il padre di Mara doveva anche gestire i suoi affari e provvedere al sostentamento della famiglia. Esprimere opinioni contrarie ai dettami del vicer o della Chiesa equivaleva a provocare l'intervento della Regia Milizia, o persino dell'Inquisizione, e il dissidente sarebbe stato trascinato fuori del letto in piena notte.
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Certa gente era finita in prigione o era stata torturata per molto meno. La biblioteca del padre di Mara consisteva solo di trentotto libri, di cui sette in francese, lingua che la giovane donna aveva imparato a leggere e a parlare. Anche se cos minuscola, la libreria dei de Rosa era la pi ampia raccolta di opere letterarie della zona. La sua famiglia non poteva definirsi propriamente ricca, ma il denaro che il padre era riuscito ad accantonare non era finito in qualche nascondiglio segreto, bens era servito ad acquistare libri, il cui prezzo nella colonia era esorbitante. Alcuni erano stati addirittura importati dalla Spagna, il che comportava l'aumento esponenziale del loro costo per via del dazio e delle spese di spedizione. Questi libri sono la tua vera eredit le aveva detto il padre una volta. Sono come tappeti volanti che ti porteranno tra persone che non potrai mai incontrare e in posti che non vedrai mai. Ti insegneranno ogni cosa, dalla stampa e produzione di libri fino alla costruzione di una nave. Tuttavia non sono soltanto riserve di conoscenza ma il sacro ricettacolo della nostra cultura e delle nostre usanze, di scienza e matematica, storia e religione. Per Mara anche la parola stampata era un'arma. Al contrario del padre, non era una sottile ed erudita pensatrice: preferiva agire. Anche la sua passione per l'equitazione rispecchiava la tendenza all'azione anzich alla passivit. Mentre gli uomini indossavano i pantaloni per cavalcare, alle donne non solo questo privilegio era negato, ma veniva loro proibito di andare a cavallo, condannandole a faticosi percorsi a piedi come animali da tiro: una condizione irrazionale, distruttiva e ingiusta. La maggior parte delle donne accettava questo divieto senza protestare. Ma non Mara. Aveva modellato e confezionato da sola una gonna da cavallerizza, con uno spacco centrale, che le permetteva di cavalcare come un uomo. Ignorando coloro che la rimproveravano di non saper stare al suo posto, Mara apparteneva a se stessa. Il suo modo di pensare schietto riguardo ai cavalli e all'abbigliamento pervadeva anche il senso che dava alla vita, all'amore e alla politica. Per lei l'eguaglianza delle persone e dei sessi era una cosa logica, ragionevole, giusta e pacifica. La diseguaglianza, invece, significava ingiustizia: un male della societ che lei e i suoi compagni di lotta dovevano sradicare. La giustizia per tutti era il suo credo e la sua causa, nel cuore e nell'anima.
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Il padre, durante la sua carriera, aveva perentoriamente rifiutato di stampare articoli di contestazione o sediziosi. Ma due anni prima era caduto da cavallo e si era rotto un'anca, che non era pi guarita a causa di un'infezione. Non essendo pi in grado di mandare avanti la stamperia, ora era la figlia a gestirla. Lei aveva conservato tutti i clienti e le attivit, ivi compreso il bollettino settimanale di stampo conservatore che Mara pubblicava per ordine del governo reale, per assicurarsi di non recare offesa ai pi che zelanti funzionari locali. Ma di notte scriveva, componeva e stampava ci che pensava e in cui credeva. I suoi principali committenti erano la chiesa e il governo locali, che in cuor suo Mara detestava. Ma i loro soldi le servivano per finanziare le sue operazioni clandestine, a stampare libelli destinati a rovesciare l'ordine costituito. Mara comprendeva le conseguenze implicite di ci che faceva. La differenza tra lei e il padre stava nel fatto che lei aveva qualcosa da dire al mondo, e non esitava a correre tutti i rischi pur di farlo. Inoltre, amava il suo lavoro: curare la forma, trovare la parola giusta o un'espressione calzante le dava una grande soddisfazione. La capacit di un discorso di infiammare gli animi e piantare i semi di una rivolta sfidando l'ingiustizia e ripudiando le menzogne entusiasmavano Mara. Disporre i caratteri mobili di metallo in modo da formare frasi che esprimessero sogni e ideali di libert, incitando ad atti di coraggio, onore e giustizia... quell'impresa le appariva come l'impegno pi nobile cui qualsiasi individuo poteva aspirare. Ognuno di noi deve lottare per la libert a proprio modo . Padre Hidalgo alz la sua voce dal sagrato di una chiesa , io alzo la mia usando la penna. Dovete usare le vostre abilit particolari e l'ingegno personale al fine di destituire i despoti. Mara trascorse quasi un'ora a sfogarsi con la sua violenza verbale, a mettere per iscritto le sue idee usando carta e penna. Era sinceramente convinta che la carta, l'inchiostro e una macchina da stampa professionale potessero dare le ali... alla verit. Ebbene, Mara, se vuoi sprigionare la verit, pens, stampa questo libello stanotte stessa.
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Il tempo un bandito... un bandito in fuga. Fallo, adesso! La stampatrice aveva un telaio di legno e un tornio di ferro. Aveva sentito dire che in Europa le tipografie industriali avevano iniziato a utilizzare macchine da stampa completamente in ferro, ma il progresso non era ancora arrivato nella colonia. Prima di tutto, doveva comporre le parole usando i caratteri mobili, disponendoli per formare il testo che aveva scritto a penna. Per far questo doveva inserirli a uno a uno in un compositoio, un compartimento lungo e stretto, nel quale quando necessario collocava gli spazi bianchi, per raddrizzare o giustificare il margine destro del foglio che intendeva stampare. Poi, dopo aver riempito il compositoio, infilava una graffa di legno che serviva a tenere bloccato il carattere. Fatto questo, mise i vari compositoi a faccia in su sul piano di stampa, inchiostr i caratteri, vi adagi un foglio di carta e infine abbass la pesante piastra metallica per premere la carta sulla composizione ottenuta. Il risultato furono due pagine stampate piene di furia incendiaria che incitava all'insurrezione. Mara stamp una pagina alla volta. Dopo la stampa, rimise i tipi nella cassa tipografica, uno alla volta. Stampare era un lavoro lento e noioso... ma serviva a infiammare il popolo. Terminato di compiere il suo atto sedizioso, si mise a sedere e scosse il capo. Pi ci pensava e pi provava vergogna per aver baciato Gomez. Cosa avrebbe pensato di lei il povero Juan? Lasciata la bottega per tornare a casa, Mara si domand come sarebbe stato baciare lui.

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Capitolo 22
Per la miseria! Il pulque, il nettare degli di! Ora capivo perch Quetzalcoatl divenne loco en la cabeza dopo una serata come questa. La mia pancia era piena di pulque e il mio cervello sprizzava di gelosia e rancore. E non ero certo un dio. Non lo reggevo nemmeno quanto un altro mortale. La birra acida era sufficiente per privarmi dei sensi anche senza i funghi magici che il dio aveva ingerito insieme all'intruglio. Giocare alle carte - e perdere - non aveva fatto che peggiorare il mio stato d'animo. Uscii dalla pulquera con due pensieri fissi che mi martellavano in testa. Trovare quel bastardo traditore di Gomez... e poi assestargli una bella pedata nei cojones. No, anzi, avrei dovuto ammazzarlo. Lentamente e in maniera dolorosa, mentre chiedeva e implorava piet. Perch no, in fondo? Avevo gi ucciso due uomini per il bene della rivoluzione... uomini che neppure conoscevo e verso i quali non nutrivo alcun odio. Conoscevo invece Gomez, e conoscerlo significava per me detestarlo. Il mio secondo pensiero era trovare Mara, strapparle il vestito e dimostrarle chi ero. Farle vedere cosa fanno un uomo e una donna insieme. Farle provare cosa significa essere montata e cavalcata da un vero hombre... nella fattispecie io. Farle sentire le grida di estasi, le sue, mentre la portavo al culmine della passione di cui aveva bisogno... e che bramava. S, mi sarei vendicato dei suoi affronti, che avevano offeso cos profondamente la mia dignit. Ma quando raggiunsi Rodrigo, mi issai in sella e inspirai profondamente l'aria fresca della notte, il contrasto della mia doppia vita mi colp come un lampo. Non il pen Juan che puliva la merda del suo padrone ispanico. Non me ne importava un fico secco di quella vita. Bens quella di Mazatl, il cervo azteco che fabbricava armi ed esplosivi per la ribellione, per me questa persona rappresentava... tutto. E il cervo non poteva mettere in pericolo la sua lotta per la libert a causa di qualche ingiuria insignificante o per l'orgoglio ferito. Mara aveva ragione per met. Met della mia vita era una menzogna... e, infatti, arricchivo il mio padrone costruendo armi, fondendo pallottole e mescolando polvere da
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sparo per gli oppressori gachupnes. Ero sulla strada principale che portava fuori citt, quando mi accorsi della presenza di un gruppo di poliziotti del re davanti alla tipografia dei de Rosa. Deviai in una strada trasversale, legai Rodrigo a un palo e mi diressi a piedi verso la bottega. Altri abitanti della cittadina sapevano cosa stava succedendo l, e come me erano rannicchiati nell'ombra a osservare i gendarmi attraverso le persiane delle finestre o al riparo di balconi o tetti. Davanti alla casa c'era Gomez, con le redini in mano al fianco del suo cavallo, mentre altri agenti stavano trasportando la macchina da stampa, la carta e le varie suppellettili per farne un cumulo che da l a poco sarebbe diventato un fal. Era intento a parlare con un altro uomo in piedi accanto a una carrozza. Conoscevo il nome di quell'uomo: colonnello Madero. Lo riconobbi dalla gamba artificiale d'argento. Avevo visto giusto, a proposito di Gomez. Era un delatore al soldo del re, e lavorava per il pi infame capo dell'organizzazione spionistica della colonia. Madero era il capo della Polizia segreta del vicer e della sua rete di agenti segreti. Indossava un soprabito nero e lucente con ricami d'argento lungo i risvolti, una camicia di lino in tinta e un cappello a tesa larga dalla cupola piatta, il cui nastro era adornato da conchos d'argento di cinque centimetri di diametro. Attorno al polso teneva avvolta una frusta di pelle grezza, color nero corvino, che terminava con tre strisce di cuoio lunghe quasi otto centimetri. Alto pi di un metro e ottanta, Madero aveva occhi penetranti e ben distanziati, un naso aquilino e un paio di baffoni neri come il carbone, che mettevano in risalto il bianco avorio dei denti. Mi era giunta voce, per, che anche quando sorrideva, i suoi occhi neri e duri come l'ossidiana restavano freddi e circospetti, per quanto fosse abbagliante il fulgore della sua dentatura. Non l'avevo mai visto prima di persona, ma aveva fama di avere un'anima oscura come una tomba. Certamente era un hombre malvagio... dal cuore nero come la morte. Erano in molti a considerarlo l'uomo pi temuto e pericoloso della colonia. Lo chiamavano El Toro... ma un toro dotato di un cervello fino. La sua ricerca dei ribelli che avevano osato sollevarsi contro il sovrano ispanico
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era incessante, e ogni volta che ne percepiva il minimo sentore si metteva alla loro caccia, anche quando le notizie di cui disponeva non erano altro che dicerie, pettegolezzi o semplici indizi. Il colonnello poteva contare su spie e informatori in tutto il territorio della colonia... ed era risaputo che praticasse torture indiscriminate ed esecuzioni sommarie, molte delle quali del tutto gratuite. Le persone che egli semplicemente sospettava come facenti parte di un complotto contro il re o il vicer venivano prelevate dalle loro abitazioni nottetempo, e faceva loro assaggiare gli schiocchi della sua frusta o la canna della sua rovente pistola fumante. Il fatto che avesse perduto una gamba combattendo contro gli invasori francesi nel 1808 durante il Dos de Mayo, l'insurrezione di Madrid, non aveva contribuito affatto a migliorare il suo umore perennemente pessimo o a fermare i demoni oscuri che tormentavano la sua anima spietata, anzi, lo aveva reso ancora pi malvagio. Si diceva che la gamba finta fosse di argento massiccio, ma tutto quell'argento gli sarebbe costato una fortuna, oltre a pesare parecchio. Personalmente ero convinto che non fosse altro che una gamba di legno di quercia rivestita d'argento. Anche questa per era temuta, dal momento che Madero non esitava a usarla per colpire le reni o i cojones di prigionieri e sospetti. Ed era stato Gomez a portarlo sulle tracce di Mara. Ero sicuro che non l'avessero ancora catturata. Sapevo che talvolta di notte si metteva a comporre libelli rivoluzionari in tipografia, ma a quell'ora era sicuramente a casa. E presto l'avrebbero presa. Un agente usc dalla bottega con un fascio di documenti per mostrarli a Madero. Potevo indovinare di cosa si trattava: libelli incendiari contro il regime. Mara senza dubbio aveva appena finito di stamparli, nel suo solito stile sovversivo. Quei libelli ora sarebbero stati la sua condanna a morte. Madero punt un dito verso la strada che portava fuori citt verso l'abitazione di Mara. Abbaiando ordini, diede disposizioni precise a Gomez e a una pattuglia di agenti di arrestare sia lei sia il padre. Gomez e due poliziotti montarono a cavallo e presero la direzione indicata. Tre uomini armati mandati ad arrestare una donna e un vecchio claudicante! Magari anche ben forniti di munizioni, visto il compito arduo. La casa si trovava a tre chilometri di distanza. Il terreno accidentato non
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mi avrebbe consentito di aggirarli. Se li avessi seguiti e mi avessero sentito, mi avrebbero teso un'imboscata. Non c'era modo di precederli. Sarebbero arrivati laggi prima di me. Non avevo altra scelta che tentare di sorprenderli dopo l'arresto di Mara e del padre. Mi ripromisi di uccidere per primo Gomez... nel caso non fossi riuscito a farli fuori tutti e tre.

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Parte Quinta
La spada contro la penna

Capitolo 23
Mara e il padre vivevano in una casa a due piani in stile ispanico, fatta di mattoni cotti al sole e imbiancati a calce con annesso cortile, il tutto cinto da un alto muro dello stesso materiale. Seguii da vicino i tre per quanto mi era possibile, chiedendomi cosa avrebbero fatto a Mara e a suo padre. Avrebbero afferrato lei e il padre malato. Quando si fossero resi conto di non poter far salire in groppa a un cavallo il vecchio, avrebbero dovuto farlo salire sul barroccio della famiglia e poi... No, nulla di tutto questo. Quei bastardi avrebbero abbattuto a calci la porta d'ingresso. Mara avrebbe probabilmente agguantato il vecchio moschetto arrugginito del padre e si sarebbe fatta uccidere insieme a lui. Una cosa era certa... Gomez era un porco schifoso. Una ribelle bellissima ma ingenua come Mara sarebbe finita nelle grinfie del colonnello Madero, un uomo che tutti consideravano il mostro della colonia. Persino i bandidos pi feroci rabbrividivano al pensiero di cadere nelle mani del colonnello dalla gamba d'argento. Gomez per non si sarebbe accontentato di prendere una ragazza cos giovane e attraente e portarla a Madero. Non prima che lui e i suoi due compaeros si fossero un po' divertiti con lei. E il padre? L'avrebbero costretto ad assistere allo stupro della figlia e poi l'avrebbero ucciso, cos non avrebbero dovuto trascinarsi dietro uno zoppo.
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Spronai Rodrigo e lo schiaffeggiai sulla groppa. Si mise a trotterellare. Era la massima velocit che il povero animale da soma poteva raggiungere. Gli avevo quasi fatto scoppiare il cuore, nell'inseguimento della pattuglia a cavallo. Armai la pistola che tenevo nella fondina sotto il braccio e me la infilai nella cintura dei pantaloni per averla a portata di mano. Poi armai anche quella legata alla caviglia e decisi di tenermela stretta. Questo voleva dire due possibilit di sparare. Loro erano in tre. Speravo e pregavo di aver tempo di ricaricare. Non ero un granch ottimista. Stuccate di alabastro brillante, la casa e le mura risplendevano al chiarore della luna piena. Poi udii le grida lancinanti. Mara usc correndo dal portone. Un uomo la rincorse e la afferr per i capelli, strattonandola all'indietro con violenza. Cadde, mentre gli altri due la raggiungevano. Il brutto ceffo che l'aveva agguantata per i capelli la costrinse a piegare le braccia dietro la schiena, mentre un altro - ero certo si trattasse di Gomez - afferr l'orlo della camicia da notte e la sollev, lasciandola a gambe nude. Mi udirono arrivare. Il povero Rodrigo si lamentava e sbuffava penosamente. Ero un facile bersaglio, circonfuso com'ero dal chiaro di luna. L'uomo che era ancora in piedi cerc di afferrare la pistola. Potevo ucciderlo con un solo colpo, anche se ero ancora in groppa al mulo, e per poco non lo feci. Ma decisi che era meglio aspettare. Se l'avessi ucciso, sarebbero rimasti gli altri due, mentre io avevo solo un altro colpo in canna. Presi le redini tra i denti e con la mano destra estrassi la pistola che avevo infilato nella cintura. Quella della caviglia l'avevo ancora in pugno nella mano sinistra. La mossa migliore successiva era abbattere l'uomo senza sparargli. Usando Rodrigo come un ariete, caricai il poliziotto, redini tra i denti. L'uomo spar un colpo di pistola. Vidi il lampo e sentii l'impatto contro il petto del mulo quasi contemporaneamente. Mi liberai scalciando via le staffe e scivolai di lato dalla sella, mentre il mio vecchio amigo crollava. Caddi a terra rotolando. Riuscii a mantener salda la presa sulle pistole. L'abbrivio mi spinse quasi addosso all'uomo che aveva sparato, il quale
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commise un errore fatale: cerc di rinfoderare l'arma prima di usare il coltello per affrontarmi. Le pistole erano costose... non tutti i poliziotti ne portavano una, e la sua prima preoccupazione fu quella di non danneggiarla. Tuttavia, rimettere a posto la pistola anzich lasciarla cadere a terra gli cost un secondo o due. Stavolta decisi di abbatterlo con la spalla. Lo feci cadere, poi, rotolando lontano da lui, imbracciai entrambe le pistole. L'uomo che tratteneva Mara la lasci andare e corse verso di me brandendo un coltello. Io a quel punto gli sparai nel petto, poi mi gettai a terra e rotolai ancora, spinto pi dall'istinto che dalla logica, perch sentivo che stava per arrivare un proiettile destinato a me. E fu cos. Il colpo proveniva da Gomez. Sollevandomi sulle ginocchia, sparai e lo colpii in mezzo agli occhi. La sua testa si pieg all'indietro e cadde a terra. Rotolai e poi scattai in piedi. L'uomo che avevo travolto era in ginocchio e tentava di rialzarsi. Allora gli assestai un colpo in testa, usando il calcio della pistola, con tutta la forza che avevo... come se stessi martellando un chiodo. Sentii le ossa del cranio che si spezzavano, gli occhi che si arrovesciavano fino a mostrare solo il bianco. Quasi subito segu un'emorragia dal naso e dalle orecchie. Quando gli tastai la gola mi resi conto che il cuore non pulsava pi. Mara era in piedi e si mise a fissarmi. Il suo bel viso era contratto dal terrore per quell'attacco fulmineo. Mio padre grid, poi mi super di corsa. Ricaricando le mie pistole, mi assicurai che sia Gomez sia i due poliziotti fossero morti. Poi la seguii. La trovai nella camera del padre, inginocchiata al suo capezzale, in preda ai singhiozzi. Il vecchio si trovava sul pavimento, immobile. Attorno al collo aveva un pezzo di corda. L'avevano strangolato. Non avevamo il tempo di rattristarci per la sua morte. Mi accovacciai accanto a Mara e la presi per un braccio. Dobbiamo uscire di qui. Ne arriveranno altri. Vattene si scost da me, scuotendo la testa. Devo seppellire mio padre. Mi rialzai, cercando di convincerla a fare altrettanto. Non essere sciocca... verranno qui a cercarti. Sei gi destinata alla forca, con questi tre
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uomini morti nel tuo giardino. Quando arriver il colonnello Madero ordiner ai suoi scherani di spassarsela con te a turno, poi ti far trascinare al primo albero e ti impiccher. Quanto a me, se resto qui, mi frusteranno, mi castreranno e poi impiccheranno anche me. Ma io non posso andarmene... Basta, ti prego! Sai che dobbiamo partire. Abbiamo bisogno di soldi, coperte e cibo... qualche tortillas. Prendi tutto ci che puoi e gettalo in un sacco insieme a qualche vestito e a tutti i soldi che hai in casa. Nel frattempo io preparer i cavalli. Mi assicurai che Rodrigo fosse morto, poi esaminai i cavalli degli agenti e di Gomez, che erano legati a una sbarra di quercia in cortile. Scelsi i migliori da cavalcare, un robusto roano e un sauro. Trovai una borraccia di pelle di pecora piena d'acqua, uno zaino a tracolla e un mecate in crine di cavallo nella sacca dei finimenti e, per esclusione, scelsi il terzo cavallo, un grigio bizzoso, come bestia da soma. Il mecate ci sarebbe servito da longina per trainarlo, quindi ne fissai un capo alla testiera. Raccolsi le fiasche di polvere da sparo, le munizioni, le pistole e le bisacce. Uno dei tre uomini possedeva un moschetto passabile, che era rinfoderato e appeso al cavallo di Gomez. Conoscendo il tipo, sia il moschetto sia l'animale dovevano essere rubati. Non credevo che avrebbe speso soldi per cose simili. Caricai le tre pistole dei tre uomini ormai morti e le riposi nelle bisacce con le munizioni di scorta. Poi legai il tutto alla sella del cavallo che avrei cavalcato io. Le pistole erano in cattivo stato, ma potevano comunque servire per un combattimento ravvicinato. Dalla soma di Rodrigo presi un vecchio sacco per il grano, dove avevo messo un cambio di vestiti, una coperta e gli avanzi di tortillas che avevo ordinato prima alla pulquera. Fatta eccezione per armi e munizioni, caricai tutto il resto sul cavallo da soma, compresi cibo e acqua. Rientrai in casa e trovai Mara che pregava, accanto al corpo del padre. Si era preparata, fortunatamente indossava una delle sue gonne con lo spacco per poter cavalcare. Afferrai un sacco che lei stessa aveva riempito di tortillas e di tutti i soldi che lei e suo padre tenevano in casa, cos come le avevo chiesto. Quando la presi un'altra volta per il braccio e la condussi ai cavalli, si scost. Aspetta. Ho dimenticato qualcosa. Accidenti... Quando torn aveva una piccola sacca appesa a un fianco,
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legata alla spalla con un cordoncino. Sembrava pesante. Pensai che si trattasse del gruzzolo d'oro di famiglia o forse di qualche gioiello costoso. La aiutai a montare in sella, dopo aver legato al cavallo da soma il grosso sacco che avevo preso dalla camera del padre.

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Capitolo 24
Cavalcammo per tutta la notte, nel tentativo di allontanarci nel tempo e nello spazio da Madero e dai suoi accoliti. La strada che andava verso ovest portava in citt, e quindi verso il colonnello. A un certo punto intersecava quella diretta a nord, in direzione di Guadalajara. Una volta raggiunto il lago, avremmo preso la strada che portava a sud. La capitale a sud dissi a Mara, ma non quella la nostra destinazione. Ci dirigeremo verso la Via della Porcellana, che va da Citt del Messico ad Acapulco. La regione quasi tutta sotto il controllo di Guerrero. Come Veracruz, il porto principale sulla costa orientale della colonia, la regione di Acapulco sulla costa opposta era una terra caliente... una zona calda e umida. A partire dalle spiagge sabbiose della costa tropicale dell'Oceano Pacifico, il terreno si innalza, fino ad arrivare all'altopiano. La capitale, Citt del Messico, situata nella Valle del Messico, sull'altopiano. Si diceva che splendesse nella valle come un gioiello su una corona. Il generale Guerrero era nato e cresciuto nella zona tropicale. Frutto di un eterogeneo miscuglio di razze (spagnola, india, africana, meticcia e mulatta), Guerrero parlava tante lingue e dialetti. Dato che gli spagnoli in genere consideravano gli indigeni delle bestie da soma, Guerrero si era dovuto conquistare la loro stima e lealt. Avendo gi perso quasi tutto, ai suoi seguaci rimaneva poco e nulla da perdere, il che li rendeva molto pericolosi. Pur non avendo mai incontrato di persona Guerrero, come suo Alchimista per anni avevo fornito molte armi e una quantit di esplosivo a favore della causa. Quando mi sarei presentato da lui rivelandogli il mio nome in codice, riconoscendomi avrebbe riservato una calorosa accoglienza sia a me sia a Mara. La parola stampata forse non era pi forte della spada, ma poteva forgiare lo spirito di chi la brandiva. I tipografi e gli autori di libelli avevano un valore inestimabile per la causa. Erano la sua vera avanguardia. Mara era ancora all'oscuro della mia storia e dei miei atti insurrezionali. Gli dissi che eravamo diretti verso il territorio sotto il controllo dei ribelli,
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ma senza far cenno ai miei contatti. Era silenziosa, ma sapevo che avrebbe approvato la nostra meta. Era l'alba del giorno dopo quando le dissi finalmente: Dobbiamo far riposare i cavalli. Dovevamo anche lasciare la strada maestra. Infatti, a parte gli agenti di Madero che avrebbero potuto raggiungerci, il vicer disponeva anche di corrieri veloci che attraversavano la colonia in lungo e in largo, informando i loro colleghi sulla presenza di eventuali fuggitivi che fosse loro capitato di incrociare. Dalle orme lasciate nel giardino di Mara avevano certamente scoperto che eravamo in due. Gli agenti di polizia delle regioni verso cui eravamo diretti sarebbero stati messi in allerta per individuare due fuggitivi: un uomo e una donna. Trovammo una radura tra il fitto degli alberi, lontana dalla strada. Non volevo arrischiarmi ad accendere un fuoco, ma pensavo che il posto fosse abbastanza al sicuro per accamparci. Avremmo dovuto mangiare le tortillas e la carne di manzo che aveva portato con s Mara senza poterle riscaldare, anche se l'aria del primo mattino era piuttosto fredda, e un fuoco ci avrebbe fatto sentire pi a nostro agio. Slegai il sacco delle provviste di Mara dal basto del cavallo. Aprendolo per estrarre cibo e coperte, mi accorsi che c'erano dei libri... un piccolo ritratto dei suoi genitori... oggetti femminili... e infine ancora libri. Libri. Dove sono le tortillas e le coperte? Lei mi fiss sbalordita. Cosa... cosa? Le provviste... Non importa. Dovremo arrangiarci per stanotte. Il cibo e le coperte le compreremo. Quanti soldi ti sei portata? Lei scosse il capo. Era ancora sconvolta, ma si stava riprendendo. Non lo so. Niente. Non ne ho portati. Nella sacca non c'era pi posto. Avresti dovuto lasciare gi quest'altra roba. Ci sono cose che valgono pi del denaro disse, guardandomi di traverso. Io rimasi a fissare la sacca che le pendeva dalla spalla. Cosa c' l dentro? chiesi. Mara apr la sacca ed estrasse un libro. Cosa... un altro? il mio preferito. Sor Juana. Lo legger per confortarmi. Un volume di poesie di Sor Juana. La dea-poetessa della colonia, morta
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duecento anni prima. Niente tortillas, niente coperte e niente soldi. Mi feci il segno della croce. Improvvisamente avevo un bisogno incredibile dell'aiuto del Dio cristiano. Santa Mara. Avevamo bisogno di un piano... e di un miracolo.

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Parte Sesta
Un mal hombre

Capitolo 25
L'armaiolo Felix Baroja era a letto, quando gli agenti di polizia bussarono al portone della sua villa. Il colonnello Madero era seduto nel suo calesse a quattro posti, fuori della zona cintata. A cassetta c'era un soldato, accanto al contenitore cilindrico nel quale si trovava l'impugnatura della frusta da calesse lunga quasi due metri. Le parti di legno del veicolo erano di cedro decorato d'argento. Le ampie tendine antivento, impermeabili e trasparenti, erano arrotolate all'ins in modo che Madero potesse liberamente guardar fuori e godersi la fresca brezza serale. Il breve tragitto era stato confortevole. Il calesse era dotato di salde molle trasversali e assali d'acciaio, e l'interno era tappezzato di velluto rosso con due sedili imbottiti. Il colonnello, vestito di nero, era solo all'interno della vettura. Si stava tastando la larga tesa del suo cappello a cupola piatta. Lo sguardo da rapace, sorrideva senza gioia anche quando si trovava da solo e mentre strillava con voce rauca e stentorea gli ordini che nessuno avrebbe osato ignorare o discutere. Mentre Felix veniva preso in custodia, altri poliziotti si diressero verso la casa comune dove vivevano gli operai scapoli e verso le capanne degli altri operai con famiglia a carico. Madero preferiva il calesse al cavallo per due motivi: montare e smontare da cavallo con una gamba artificiale era una cosa terribilmente
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imbarazzante, e nel suo genere di lavoro la percezione che si dava di s rappresentava il potere. Non poteva permettersi di apparire vulnerabile. Una volta un poliziotto si lasci sfuggire un sorriso di scherno mentre Madero montava a cavallo. Lui ordin che venisse legato per i polsi al ramo sporgente di un albero e che il soldato alla guida del calesse colpisse il collega con la frusta per i cavalli. Anche dopo aver visto la spina dorsale e le costole biancheggiare come alabastro sotto la pelle martoriata e sanguinante dell'uomo, Madero aveva ordinato di continuare a fustigarlo. Le lesioni irreparabili che avrebbero paralizzato l'uomo per il resto della sua vita non lo preoccupavano minimamente. Al contrario, quando il colonnello Madero ripensava all'agonia inflitta a quell'uomo fino a renderlo invalido, l'unica sensazione che provava era di... eccitazione. Era il perfetto ufficiale di un governo reale corrotto, uno che capiva da che parte tirava il vento e si comportava di conseguenza. Originario di una famiglia di agricoltori castigliani non benestante e quindi priva di influenze politiche, Madero aveva dovuto fare la gavetta per diventare ufficiale. Quando era ancora tenente, aveva mostrato un coraggio esemplare alla guida di una compagnia dell'esercito regolare contro una formazione francese numericamente superiore durante l'iniziale rivolta di Madrid. In seguito, quando si accorse che la famiglia reale, l'lite benestante della Spagna e la classe nobile in realt appoggiavano i francesi, si era alleato con quelle fazioni collaborazioniste. Ma le diserzioni continue a favore della causa dei ribelli avevano dissanguato l'esercito spagnolo, e Madero ne approfitt per guadagnarsi promozioni su promozioni. Mentre la rivolta divampava in tutta la Spagna come un uragano di fuoco e le forze francesi stavano per avere la peggio, cambi nuovamente bandiera, lavorando in segreto per i guerriglieri come spia facendo il doppio gioco per sconfiggere i suoi ex alleati filofrancesi. Madero si rese ben presto utile ai guerriglieri come agente segreto in grado di estirpare e punire i suoi precedenti amici e alleati, diventati ora traditori della causa. Dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte, il sovrano spagnolo torn a governare la nazione che prima aveva incurantemente abbandonato. Anzich ricompensare i capi della guerriglia, che avevano scacciato l'invasore straniero e a fianco dei quali aveva combattuto per ben sei anni, Madero si ritorse contro di loro. Conoscendo dall'interno la struttura
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organizzativa dei guerriglieri, in particolar modo la gerarchia e i principali comandanti, us quelle informazioni per dare la caccia ai capi che si aspettavano qualcosa di meglio dal proprio re anzich soltanto una capricciosa arroganza, una violenta oppressione e un egoismo dispotico. La Nuova Spagna era la risorsa pi redditizia per la madrepatria. La colonia pi estesa era, agli occhi della Corona, una vasta montagna d'argento, un minerale che era stato creato dall'Onnipotente per un unico scopo: essere scavato e raffinato da schiavi per accrescere la potenza e la ricchezza dei re spagnoli. La Nuova Spagna rappresentava anche un enorme mercato per le merci di origine spagnola pi scadenti e vendute a un prezzo palesemente esoso. Queste merci erano gli scarti di produttori incompetenti e monopolistici che non avrebbero saputo a chi altri rifilarle. Mandare un ufficiale come Madero nella colonia per organizzare e dirigere una rete di agenti e spie della Polizia segreta non solo era utile alla Corona per soggiogare i colonizzati, ma anche per allontanarlo dalla Penisola iberica, dove la sua infame reputazione, anzi, la sua stessa presenza, avevano fatto di lui un personaggio estremamente imbarazzante. Madero odiava la Nuova Spagna, ma soprattutto disprezzava i peones, che considerava selvaggi subumani. Detestava anche i criollos, che secondo lui erano vili, pigri e inaffidabili. Naturalmente, disdegnava anche i suoi simili gachupnes: non erano che dei senza cojones. La sua lealt andava unicamente a chiunque fosse disposto a pagare il suo conto di sangue, e nella Nuova Spagna quella persona era il vicer.

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Capitolo 26
Dopo che i suoi funzionari ebbero riferito a Madero i risultati dell'interrogatorio di Felix e dei suoi operai, il colonnello scese dal calesse e convoc l'armaiolo. Felix cercava in tutti i modi di celare la paura. Indossava ancora la sua lunga camicia da notte bianca. Nel tentativo di superare la difficile situazione in cui si trovava, con spavalda faccia tosta fiss Madero negli occhi e con un'audacia che in realt non possedeva gli disse: Sono un ispanico, proprio come voi. Il vicer in persona sapr che.... Madero alz il frustino da polso dalle triple strisce di cuoio e colp Felix a una guancia, scarnificandola. L'armaiolo cadde in ginocchio, singhiozzando e stringendosi il volto ferito tra le mani. Il vicer sapr quello che io avr da dirgli rispose Madero, schioccando il frustino sulla gamba di metallo. Pregate che non sappia che vi ho frustato e castrato come un traditore, per poi ornare allegramente gli alberi della Strada Maestra Reale con i rimasugli dei vostri attributi appesi alle interiora sanguinanti. Voi sapete perch io mi trovo qui, vero? Uno dei miei muli stato trovato da qualche parte disse Felix ancora in ginocchio, piagnucolando. Il mulo stato ammazzato, ma chi lo cavalcava ha ucciso tre dei miei uomini. Quando ho visto quella carneficina, sapete la prima domanda che mi sono posto? Felix singhiozz qualcosa, e il colonnello tagli corto. Lasciate che ora ve la esponga: che razza di uomo avrebbe potuto caricare a dorso di mulo tre poliziotti armati? Che razza di uomo poteva essere cos abile con le pistole per avere la meglio su tre dei miei uomini? Madera scosse lentamente il capo. Molto strano, non trovate? Non ne so nulla, seor. Certo che lo sapete. I miei funzionari hanno persuaso i vostri operai a parlare. Da voi lavora un certo Juan Rios, un indio, non cos? S gemette Felix, e se ha fatto qualcosa di sbagliato, vi prometto che lo fruster fino a vedere il bianco della sua spina dorsale. No, seor, non sarete voi a punirlo. Madero fece schioccare un'altra volta il frustino contro la gamba d'argento. Dio e la Corona uccideranno
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quel figlio di puttana. Per io sar il loro delegato. Cos'ha fatto Juan? Non mi avete ascoltato quando ho detto che ha aggredito e ucciso tre dei miei uomini? Non fatemi perdere tempo nel ripetere quello che successo o vi far strappare le orecchie dalla testa e i cojones dal mezzo delle gambe. Seor colonnello, vi prego, come compatriota spagnolo e leale suddito della Corona, ditemi cos'ha fatto questo azteco insignificante. Io non so nulla che... Allora sappiate questo, seor: uno dei vostri muli stato trovato morto insieme ai miei uomini. Il figlio di puttana azteco ha usato il mulo per soccorrere una femmina ribelle che i miei uomini avevano l'ordine, emesso da me, di arrestare. Inoltre, un ribelle su un mulo, poco prima, era sfuggito a una pattuglia a cavallo della Regia Milizia. I soldati che si sono messi al suo inseguimento mi hanno riferito che non solo sapeva sparare cavalcando, ma anche che brandiva due pistole. Juan aveva preso un mulo per fare una consegna. Forse qualcuno gli ha teso un'imboscata e il mulo gli stato rubato. I vostri uomini mi riferiscono che questo Juan un tiratore formidabile, sia con la pistola sia con il moschetto. E che li porta con s, quando lascia la fabbrica. Forse ha cercato di tenere nascoste quelle armi, ma non ci riuscito. I suoi colleghi ne erano a conoscenza. Non so nulla della sua abilit di tiratore o delle pistole. S, s. Voi continuate a ripetermi che non ne sapete nulla, e sperate che vi creda. Voi gestite un'armeria e una fabbrica di polvere da sparo, tuttavia affermate di non sapere che questo azteco costruisce armi per s oltre che per voi? Lo giuro sul Signore e sul mio re... Madero per tutta risposta lo colp all'altra guancia con la frusta, e anche stavolta la ferita rivel le ossa. Voi fate un grosso errore, appellandovi a Dio e alla Corona per sostenere le vostre menzogne disse Madero all'uomo che ora si trovava prono dinanzi a lui, singhiozzante. Io so che quando voi avete lasciato la fabbrica per andare a riscuotere i vostri crediti in vista del viaggio annuale alla capitale avete permesso a Rios di sostituirvi, e so anche che costruiva armi e miscelava polvere da sparo... proprio sotto il vostro naso. Da quello che mi dicono i vostri operai, quest'uomo un vero maestro nel suo
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mestiere. Sapete cosa farebbe il vicer se io gli dicessi che avete insegnato a un indio a realizzare armi e fabbricare polvere da sparo? Agli indios non permesso possedere alcuna arma, per non parlare di produrne. E cosa mi dite della polvere da sparo? Aver insegnato a un indio l'arte degli armaioli significherebbe un soggiorno tra i carboni ardenti e i ferri roventi dell'Inquisitore, con la Vergine di Norimberga e un rogo fiammeggiante pronto per voi. Dio del Cielo singhiozz Felix, contorcendosi a terra. Qualcuno fornisce regolarmente i ribelli di munizioni. Lo chiamano l'Alchimista, come se creasse armi dal nulla. Ma cosa succederebbe se si fosse procurato pallottole e polveri dalla vostra armeria? Mentre Felix rabbrividiva, Madero si chiese su quanta mordida poteva contare quell'uomo per evitare l'ira del vicer e le calorose attenzioni dell'Inquisitore. Al contrario dei proprietari di grandi haciendas le cui ricchezze illimitate erano cos inestricabilmente legate alla terra al punto che spesso non disponevano di denaro in contante, Felix gestiva un'attivit che lo rendeva prodigiosamente ricco. Madero avrebbe potuto spillargli soldi all'infinito. Naturalmente le accuse erano cos gravi che Madero avrebbe dovuto condividere la torta con il vicer, ma per una quantit di mordida sufficiente quel maiale avrebbe tollerato, anzi perdonato, un regicida o lo stesso Giuda Iscariota. Inoltre, il miserabile tremante e singhiozzante ai suoi piedi non aveva commesso alcun reato pi grave di una semplice omissione. Non aveva efficacemente sorvegliato il lavoro di uno schiavo. Era vero, le conseguenze di questo fatto erano molto serie, ma personalmente Felix non aveva fatto male a nessuno o complottato contro la Corona. Era lampante che fosse un suddito leale. Ma che ne era di Juan Rios e Mara de Rosa? Madero supponeva che si sarebbero diretti verso est, sulla strada che li avrebbe poi portati a sud. Fece partire dei messaggeri per diffondere la notizia. Poi, si mise lui stesso sulle loro tracce.

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Parte Settima
Viaggio fino alla fine della notte

Capitolo 27
La sera successiva conclusi uno scambio con un ranchero, con il quale barattai tre cavalli con un mulo robusto, una sacca di tortillas, una coperta e otto reales d'argento. A questo si riduceva tutta la nostra ricchezza, sufficiente a procurarci cibo per un paio di giorni. Cavalcammo per mezza giornata, e non appena sostammo per mangiare qualcosa, notai come il disprezzo di Mara nei miei confronti fosse raddoppiato. Sei un vero stupido mi disse. I cavalli valevano molto pi di quanto ti ha dato quel tizio. Per il momento l'unico motivo che la induceva a mostrare un certo rispetto per me era il sottosella che le avevo dato durante la cavalcata notturna, quando l'avevo vista rabbrividire dal freddo... Non si era portata neanche una coperta. Soltanto il fatto che avesse perso tutto, compreso l'unico famigliare rimastole, mi tratteneva dal farle notare che la nostra situazione sarebbe stata migliore se avesse impiegato il tempo a disposizione prima di fuggire per trovare la sacca dei soldi che il padre doveva aver nascosto da qualche parte in casa anzich pensare al suo bel libro di poesie. Possiamo ritenerci fortunati di aver ottenuto qualcosa ribattei. Quell'uomo ha intuito la nostra situazione di fuggiaschi. Se i cavalli che gli ho consegnato avessero avuto il marchio del re, non ci avrebbe dato
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nulla. Dato che gli agenti e le spie di Madero spesso lavoravano sotto copertura, usavano cavalli non marchiati per celare il loro collegamento al vicer. Perch non hai preso almeno due muli anzich uno solo? Con due avremmo potuto procedere molto pi speditamente. Perch una donna su un mulo attirerebbe l'attenzione; al contrario, una donna sul mulo del marito una cosa normale. Se vuoi essere una ribelle, Mara, forse dovresti iniziare a pensare di pi come i bandidos. Infatti, sia gli uni sia gli altri conducono una vita da fuggitivi, confidando nella segretezza e negli stratagemmi per sopravvivere. Proprio tu osi parlare di ribelli? Non sei altro che un... Le voltai le spalle e caricai il basto del mulo, allora lei rimase in silenzio per qualche minuto. Infine mi raggiunse. Mi dispiace. Non solo mi hai salvato la vita, ma hai affrontato la morte con grande coraggio. solo che... Hai subito una grave perdita... Potresti essere cos utile alla rivoluzione! questo che mi irrita. Dammi tempo le risposi gentilmente, adesso sono un fuorilegge in fuga. Forse un giorno diventer il ribelle che vuoi tu. Ho rovinato tutto. Ho ucciso mio padre con la mia stupidit, ho rovinato anche la tua vita, adesso. Probabilmente finiremo entrambi impiccati a causa mia. Pensavo che Dio mi proteggesse poich quello che scrivo vero. Inizi a singhiozzare e io mi sedetti accanto a lei, non sapendo bene cosa dire. Mi aveva raccontato che suo padre ultimamente soffriva molto e desiderava solo morire, ma la sua religione gli impediva di togliersi la vita. Ma non meritava di morire di morte violenta per le mani degli assassini di Madero. Non avevo detto a Mara che io trafficavo in armi per i ribelli. Avevo rischiato la vita per difenderla, e lo avrei fatto ancora, ma se io fossi stato ucciso, e lei catturata, essere a conoscenza delle mie attivit segrete sarebbe soltanto servito ad aggravare la sua posizione. Il suo unico reato era aver scritto dei libelli... niente di cos grave quanto i miei irrimediabili peccati. A quel punto fui assalito dal dubbio di aver perso qualche vantaggio personale, prendendo Mara sotto la mia debole protezione. Non potevo
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pi disporre di risorse e di copertura. Neppure la costruzione di una fabbrica permanente in un accampamento ribelle, qualcosa di simile a quella di Felix, era una cosa fattibile. I ribelli, infatti, sopravvivevano continuando a spostarsi. Prima o poi i soldati del vicer avrebbero scoperto una struttura simile e l'avrebbero data alle fiamme. Diamine, almeno non ero pi un lavoratore coatto. Quale vita aspettava me e Mara? Questa era una domanda per il momento senza risposta. Mi sdraiai e fissai il cielo sopra di me, le mani incrociate dietro il capo. Ci sarebbero voluti una decina o una dozzina di giorni, secondo la strada che avremmo imboccato, per raggiungere la regione nella quale Vicente Guerrero operava. Nel frattempo, dovevo provvedere al nostro sostentamento, dovevamo continuare a muoverci... e, soprattutto, restare in vita.

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Capitolo 28
Ci inoltrammo nella boscaglia fino a essere completamente al riparo di alberi e cespugli per poterci sfamare e riposare con relativo senso di sicurezza. Nessuno di noi due aveva ancora dormito, e volevo viaggiare per quanto possibile di notte, certo che avremmo incontrato pochi viandanti e pattuglie. Mara stava per assopirsi, quando mi sporsi verso di lei con un coltello. Inizi a gridare, ma io le coprii la bocca con una mano. Zitta, non ho intenzione di ucciderti. Voglio solo tagliarti i capelli. Ma sei impazzito? Ti taglio i capelli per evitare che Madero ti riconosca e ti tagli la gola. Vuoi farmi sembrare un ragazzo? S, visto che non hanno indicazione di cercare un uomo e un ragazzo. Come puoi essere sicuro che ci prenderanno? Madero avr gi fatto partire corrieri veloci con cavalli robusti per precederci. Distribuiranno le nostre descrizioni in ogni cittadina, villaggio e incrocio... un indio e una meticcia. Faranno anche di peggio, metteranno delle taglie su di noi. I peones senza un soldo venderebbero le loro madri per un po' di dinero, figuriamoci per centinaia di reales. Tutti quelli che incontreremo si potrebbero trasformare in informatori smaniosi di intascare la ricompensa per la nostra cattura. E come se non bastasse, gli agenti dei posti che attraverseremo istituiranno dei blocchi sulle strade. Tutti verranno fermati e interrogati. Non possiamo neppure rischiare di contattare i ribelli fino a quando saremo da Guerrero e ci sentiremo al sicuro. Presi una ciocca dei suoi morbidi capelli, vi passai la lama sopra e iniziai a tagliare. Lei mi afferr il polso con entrambe le mani, opponendo resistenza. Eravamo faccia a faccia e i suoi occhi fiammeggiavano di rabbia. Ti piace fare quello che stai facendo sibil. Sei bellissima, quando ti arrabbi. Ti odio. E ti amo ancora di pi, quando sei arrabbiata con me. Allora devi essere innamorato pazzamente.
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Piena d'ira, stringeva gli occhi e arricciava le labbra in segno di disprezzo. Tu mi detesti, vero? dissi, ancora sorridendo. Perch non dovrei? Mi stai togliendo lo scalpo come un selvaggio. Fa pi male a me che a te. Se riuscissi a mettere le mani su quel coltello, farei di te una donna. Se ci prendono, saranno carboni ardenti e frustate. Afferrai una delle sue lucenti trecce corvine e la tagliai con cura.

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Capitolo 29
Ci coricammo separati, io sulla nuda terra e Mara avvolta nei sottosella. Ero nel dormiveglia, quando la sentii urlare. I serpenti! Uscendo di scatto dalle coperte, si mise a saltellare tutto intorno battendosi il corpo con entrambe le mani nel tentativo di scrollarsi di dosso quei mostri infernali. Mi alzai e srotolai le sue coperte. Poi vidi l'oggetto della sua furia: una semplicissima biscia. innocuo. Si ciba di topolini. Non morde, si infilato tra le coperte solo per stare al calduccio. Questo povero animale aveva freddo, tutto qui. Uccidilo! sibil. Finsi di torcergli il collo e gettai la biscia tra gli alberi. Ecco fatto, morto. Ne arriveranno altri. Non preoccuparti, li uccider tutti. Adesso torniamo a dormire. Domani ci aspetta una giornata faticosa. Farai da sentinella? Per cosa? Per i serpenti. Vuoi che resti sveglio a proteggerti dalle bisce? Qualsiasi serpe. Mi terrorizzano. Non se ne parla nemmeno. Silenzio. Poi: Per favore. Ecco due parole che non mi sarei mai aspettato da Mara. Lei era una donna che lottava senza quartiere e non chiedeva piet. Tremava e sulle braccia aveva la pelle d'oca. Mi misi a sedere accanto a lei e la presi tra le braccia. Va tutto bene. Nessuno ti far del male. Ci sono io a proteggerti. Juan, mi spiace tanto... Basta, adesso. Il cammino lungo. Parleremo quando arriveremo da Guerrero. Adesso abbiamo bisogno di riposare e fidarci l'uno dell'altra.
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Ci coricammo sulle coperte, completamente vestiti, e la abbracciai. Continuava a tremare, e mi resi conto che non era per il freddo. Aveva paura. Oh, Juan, sono stata cos sciocca! Ho causato la morte di mio padre. Ora tu sei un fuggitivo per colpa mia. Non posso essere d'aiuto a nessuno, tantomeno a me stessa... Non riesco neppure a proteggermi da sola dalle bisce... Non posso fare nulla per nessuno. Senza una macchina da stampa, non posso nemmeno pi scrivere i miei libelli... Cominci a singhiozzare. La strinsi ancora pi forte a me e le accarezzai i morbidi capelli finch non si addorment. Non so esattamente quando accadde, fu poco prima dell'alba, quando il freddo della notte era pi pungente. Si rannicchi contro il mio corpo, in cerca del mio calore. Ti amo sussurrai. Dalla prima volta che ti ho vista. Da quando mi hai dato dello stupido, codardo e... Con mia immensa sorpresa, lei mi baci sul collo... e poi sulla guancia. Io la baciai sulle labbra. Sentii la sua lingua guizzare esitante sui miei denti, per poi insinuarsi nella mia bocca, dapprima pian piano, esplorando l'interno finch non trov la mia, la sfior leggermente per poi avvinghiarla con tanta passione. Ne fui sorpreso e intimidito. Avevo sempre avuto timore di lei... della sua straordinaria bellezza, del suo spirito pungente e del suo intelletto cos acuto... che cos spesso usava per schernirmi. Mi bastava vederla per sentirmi a disagio, anzi, molto di pi... ne ero totalmente terrorizzato... come se mi trovassi di fronte a una pistola carica e pronta a sparare. Io ero il macho, il ribelle segreto, il miglior tiratore della colonia. Ma questa donna mi metteva paura pi delle guardie del re. Quando mi prese la mano per posarsela sul seno io... tremavo. Poi insinu un ginocchio tra le mie gambe, e il mio tremore si fece incontrollabile. Prese la mia mano e la fece scivolare nella sua camicetta, io la toccai e lei emise un gemito. Mara... mormorai. Stava ancora tremando... ma questa volta non era la paura, n il freddo. Mettendomi un dito sulle labbra, sussurr soavemente: Lo so. Ma ne abbiamo passate troppe, e ora ho bisogno di te. Con la mano sinistra, mi aiut a sfilarmi i pantaloni.

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Capitolo 30
Andale, Manuel. Dobbiamo muoverci! Manuel mi guard con occhio torvo, mentre lasciava che la aiutassi a montare sul mulo dietro di me. Aveva la faccia sporca: gliel'avevo strofinata con un po' di fango, dopo averle detto di togliersi gli orecchini e la collana. Indossava il mio vestito di ricambio. Camicia e pantaloni le andavano larghi, ma sarebbero andati bene sino a che non avessimo potuto procurarci abiti maschili della sua taglia. Una volta in groppa, mi cinse la vita con le mani. Non tenermi cos stretto dissi sorridendo. Sei mio fratello, non la mia amante. Questa notte non ti sei lamentato, bastardo. Aveva sanguinato e singhiozzato a lungo per la perdita della sua innocenza, e io, per consolarla, non avevo potuto far altro che giurarle l'eterno amore che mi ardeva nel cuore e nell'anima. Adesso per le cose erano diverse. Eravamo di nuovo in fuga. Girai la testa per osservarla meglio. Che linguaggio, per una signora... Non dimenticarti che Dio ascolta tutto. Era Manuel che parlava. Dal modo in cui tagli i capelli, sembri pi un macellaio che un barbiere. Caspita. Avevo trasformato una bella fanciulla in un ragazzo dai capelli irsuti e, in cambio, nemmeno un po' di gratitudine. Dai peones che stavano lavorando in un campo di mais comprai due dei loro cappelli di paglia. Erano sporchi di sudore, sudici e consunti, esattamente come li volevo. Mara arricci il naso, quando le diedi il suo: Che puzza!. Esatto. l'odore del sudore di chi lavora sodo. Un effluvio che, in caso ci dovessero fermare, i poliziotti riconosceranno all'istante. Per puzza. Mi tolsi la bandana che tenevo avvolta al collo. Mettiti questa sotto il cappello. Servir a ripararti meglio la testa. Anche questa puzza. Diamine... le donne! Procedemmo con ampie deviazioni ogni volta che incontravamo qualche
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piccola cittadina. Alla fine, decisi di aggiornarmi sulle ultime notizie e comprare per Manuel dei vestiti da ragazzo della sua taglia. All'ingresso di un villaggio venimmo fermati a un posto di blocco, ma gli agenti mostrarono poco interesse per noi, visto che si stava avvicinando un ranchero a cavallo con una donna seduta dietro di lui. Un agente inizi a interrogarmi, ma quando vide la coppia mi spinse via per occuparsi della preda pi promettente. Circolavano le voci pi disparate sulle minacce che incombevano sulla colonia: dall'imminente arrivo di un esercito guidato da un prete defunto da tempo, che avrebbe ucciso tutti gli uomini e violentato le donne, sino a qualcosa di molto vicino alla verit: due ribelli erano in fuga e venivano ricercati, un uomo e una donna. I loro crimini variavano secondo gli interpellati. Sentii dire che si trattava di due banditi, assassini, ribelli. Ma la cosa certa per tutti era che su di loro pendeva una taglia. Comprai penna, inchiostro e carta e dissi a Mara: Scrivi. Non bene. Scarabocchia. Un permesso che ci consenta di allontanarci dalla Hacienda de la Valle. Che cos'? Feci spallucce. Che importa? Ci sono sia haciendas sia valli dappertutto. Perch devo farlo? Perch delle parole su un pezzo di carta faranno colpo su un agente di polizia, se volesse sapere che diritto hanno due peones di andare a zonzo da soli. Probabilmente non sapr nemmeno leggere, ma riconoscer il valore della parola scritta e ne sar intimorito, non per quello che dice ma per riverenza nei confronti di chi le ha scritte. Non importa ci che scrivi. Fallo solo sembrare qualcosa di ufficiale e imperioso. Non disse nulla per un attimo. Juan... sei un uomo pieno di sorprese. E intelligente. Purtroppo hai sprecato il tuo talento. Ay caramba Le donne... e questa in particolare. Con l'acquisto di vestiti e cibo non avevamo quasi pi dinero. Non sapevo quanto ci sarebbe voluto per arrivare alla Via della Porcellana, ma non volevo far preoccupare Mara. Dovevo mantenere alto il suo morale. Ci aspettava ancora un lungo cammino, e se fossimo stati fermati da poliziotti e lei avesse mostrato paura o senso di colpa sarebbe scoccata la nostra ora. Dobbiamo stare alla larga dalle strade principali. Il che significa che il
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nostro viaggio fino alla Via della Porcellana durer il doppio del tempo e sar ancora pi duro. Faremmo meglio a muoverci. La strada da percorrere molta.

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Capitolo 31
Evitare le vie principali era arduo. Prendevamo strade secondarie, quando c'erano, per attraversare soprattutto terreno aperto. Viaggiare era diventato lento, tedioso e pericoloso. Dormivamo sulla nuda terra e mangiavamo cibo freddo quando riuscivamo a rubarne un po' e bevevamo l'acqua ovunque la trovassimo. Tre giorni dopo la sfortuna ci colp: il mulo si azzopp. Lo portai nella cittadina pi vicina e lo vendetti a un macellaio per il valore della sua pelle in cambio di tre reales, ben sapendo che soltanto la rivendita della carne gli avrebbe fruttato molto di pi. Ma non potevo permettermi di insistere per ottenere di meglio. Quei soldi ci sarebbero serviti per comprare tortillas e fagioli e sarebbero presto finiti. Inoltre, d'ora in poi avremmo dovuto fuggire a piedi dagli uomini del re. Mara mi chiese cosa avremmo fatto. Le risposi che avevo un piano, ma non entrai nei dettagli. Il mio piano prevedeva che lei se ne stesse in un posto sicuro lontana dalla strada, mentre io sarei andato a derubare un viaggiatore, magari un ricco mercante o un facoltoso primate della Chiesa. Non potendo procurare il pane quotidiano con l'onesto sudore della fronte, lo avrei fatto per mezzo delle mie pistole. Diamine! Adesso mi era chiaro perch la differenza tra un ribelle e un bandito era cos sottile: entrambi avevano bisogno di un cavallo veloce, un vantaggio iniziale e una buona pistola. Avevo portato con me una pietra focaia e un acciarino nella borsa da viaggio, e avevo avuto la presenza di spirito di afferrare una pentola nella casa di Mara, cos talvolta raccoglievo nei campi tenere spighe di grano e fagioli neri. Tra le sterpaglie o dietro gli alberi facevamo bollire il frutto delle mie razzie quando i nostri stomaci brontolavano e i morsi della fame erano troppo forti da sopportare. Quando finalmente arrivammo a San Rafael eravamo esausti, sporchi e affamati di cibo vero... ma se non altro avevamo aggirato posti di blocco e pattuglie in cerca dei due fuggiaschi del lago di Chapala. L'interesse per noi due sembrava diminuito, altre notizie erano ora sulla bocca di tutti. Presso la cittadina di Morena, i bandidos avevano assalito
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una hacienda, uccidendo tutti gli occupanti; un capitano della milizia locale aveva fatto fuori il sindaco per una questione legata al gioco delle carte; e la vedova pi facoltosa della citt aveva sposato un uomo pi giovane di suo figlio. Gli orrori e gli scandali non mancavano sicuramente. Juan Rios e Mara de Rosa erano roba vecchia. O cos, almeno, speravamo. E mentre non dicevo nulla e cercavo di prendere con filosofia la nostra intricata situazione, sapevo che il colonnello Madero non avrebbe mai abbandonato la partita o smesso di darci la caccia.

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Parte Ottava
Soldi, pistole e giochi d'azzardo

Capitolo 32
Nei pressi di Valdero, un villaggio che sorgeva su una strada che non portava da nessuna parte, ci imbattemmo in una sagra di paese. Tutte le cose che amavo, cibo, bevande, seoritas, musica, ballo e giochi di carte erano l... ovviamente per la gente provvista di dinero. Noi eravamo completamente al verde, coi fondoschiena indolenziti dalla sella, i piedi e il corpo doloranti, impauriti, una fame da lupi, scoraggiati, frastornati... e senza alcuna prospettiva di tempi migliori. Meglio cos. Dato che erano tre giorni che non facevamo un bagno e non potevamo lavare i nostri sudici e sfilacciati abiti da peones, avevamo l'aspetto dei miserabili vagabondi che volevamo essere... e in realt eravamo. La piazza della citt era affollata di bancarelle sulle quali erano in bella mostra cibo e immaginette sacre. Per quanto mi riguarda, io ero pi interessato ai tavoli sui quali la gente giocava a carte. Ci fermammo accanto a un tavolo a osservare una partita in corso particolarmente pittoresca e con puntate molto alte. L attorno si era radunata una piccola folla. Un uomo stava fumando un sigaro lungo e sottile. Era completamente vestito di nero, con redingote e cappello in tinta, e aveva un paio di baffi color ebano molto appariscenti e una barbetta a punta. Sedeva a un tavolo
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improvvisato e il suo avversario era il corpulento proprietario di una hacienda che indossava una lunga giacca e pantaloni bianchi con impunture d'argento. Occhi infossati e malvagi, naso schiacciato, non smetteva mai di sogghignare. Ma era lo straniero vestito di nero che attirava la mia curiosit. Un altro che amava il nero era Madero, il capo della Polizia segreta del vicer. Quest'uomo non era lui, eppure emanava un che di allarmante. Aveva uno sguardo sospettoso, e si vedeva che non era nato per adattarsi in una societ civilizzata, ma che la sua vita aveva attraversato strade diverse e molto pi pericolose. Lo hacendado, da parte sua, era il tipico proprietario terriero benestante, che affidava le sue vaste terre e tenute a un sovrintendente per poter passare gran parte del tempo nella capitale chiedendo con insistenza di essere invitato ai ricevimenti nel giardino del vicer. Era convinto che con i soldi si potesse comprare tutto, anche la fortuna alle carte, l'amore delle donne e l'abilit con le armi. Osservando il gioco, notai che il proprietario terriero si rizzava sulla sedia, stiracchiandosi e sbadigliando. L'aveva fatto anche dieci minuti prima, prendendo il fazzoletto e tossendo per poi soffiarsi il naso. Mi accorsi subito che c'era qualcosa di strano, in questi due gesti. Sembravano studiati. Gli spettatori, del resto, erano troppo concentrati sulla posta in palio, le puntate e le carte in mano ai due per notare ci che a me non era sfuggito. Cosa stava facendo? L'illuminazione arriv all'improvviso. Tutte le volte osservava qualcosa in lontananza, al di sopra della sua spalla destra. Poi si iss nuovamente sbadigliando, stiracchiandosi e... fissando. Dato che ero in piedi proprio dietro di lui, seguii la direzione del suo sguardo. I miei occhi videro qualcosa, e la seconda illuminazione mi colp come se avessi assistito al crollo improvviso di un ponte. Qualcuno lo stava aiutando. Il primo indizio fu un lampo di luce scintillante, appena visibile attraverso la tendina di una finestra al secondo piano di una casa sul lato opposto della strada. Lo fissai, disorientato. Riuscii a indovinare la fonte del luccichio. Sotto il riflesso della luminosa luce solare c'era una piccola lente circolare... Un cannocchiale.
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Qualcuno spiava le carte in mano all'uomo vestito di nero... ma come faceva questa persona a segnalare al proprietario terriero che carte aveva il suo avversario? Poi vidi anche questo. Segni con le mani. Due dita per una coppia, tre per un tris, due e tre per un full. Venivano inviati anche altri segnali, ma adesso tutta la mia attenzione era rivolta all'uomo vestito di nero. Come avrei potuto metterlo in guardia? E perch volevo farlo, dopotutto? Forse perch non mi piacevano i proprietari di haciendas che facevano schiattare i peones per il troppo lavoro nei campi o nelle miniere d'argento, o forse perch l'uomo in nero rappresentava per me uno spirito libero, una personalit che non avevo mai pi incontrato da quando i miei due zii erano volontariamente andati al loro appuntamento con la morte? Mi scostai da Mara. Mettendomi in una posizione adatta a farmi vedere dall'uomo in nero se avesse alzato gli occhi dalle carte, lo fissai intenzionalmente, poi voltai il capo, roteando gli occhi e accennando alla finestra, sempre rimanendo alle spalle dello hacendado. Non era facile individuare il cannocchiale attraverso la tendina, ma se l'uomo avesse guardato attentamente avrebbe capito che c'era qualcosa che non andava. Ero sicuro che avesse compreso. Temendo l'ira del proprietario terriero, mi allontanai dal tavolo da gioco. Individuai quella che avrebbe potuto essere la nostra salvezza e mi diressi da quella parte. Affrettandosi per tenere il mio passo, Mara mi sussurr: Dove stiamo andando?. Ho intenzione di moltiplicare i nostri tre reales. Fermati. Non intendo lasciarti scialacquare i pochi soldi che abbiamo giocando alle carte. Ci servono per mangiare. Non si tratta di un gioco d'azzardo. una cosa sicura. E non pensavo certo alle carte. Mi feci strada attraverso il pubblico di una dimostrazione di tiro al bersaglio. Lo scopo del gioco era quello di colpire una mezza dozzina di pezzetti di legno ravvicinati tra loro e assicurati a un muretto di pietra. La distanza non era eccessiva, circa quaranta passi, ma i piccoli bersagli circolari erano di tre misure diverse, in ordine decrescente. Il pi piccolo era il pi difficile da centrare. Il gestore del chiosco era un uomo tarchiato con indosso una sgargiante
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camicia rossa e pantaloni neri. Aveva lunghi capelli unti e lucenti. Intorno alla fronte aveva una bandana che faceva risaltare le grosse labbra, il naso tozzo, le sopracciglia folte e gli occhietti ambigui. Si potevano usare solo le pistole in dotazione al chiosco. Il tiratore pagava il primo tentativo con un reale. Se colpiva il bersaglio pi grande dei primi tre, il gestore gli restituiva il reale pi uno di premio; colpire il secondo bersaglio valeva due reales in pi e colpire il terzo equivaleva a tre monete in pi. Circa la met dei tiratori riusciva a colpire il bersaglio pi grande. La percentuale di colpi a segno diminuiva man mano che la dimensione del bersaglio rimpiccioliva. Nessuno era ancora riuscito a colpire l'ultimo e piccolissimo bersaglio. Mandai Mara a guardare le vetrine, dove esponevano cose che non si sarebbe mai potuta permettere di comprare o mangiare, poi mi misi a studiare attentamente gli uomini che si cimentavano al tiro. Quando il tiratore riusciva a colpire il bersaglio, il gestore del chiosco lo incoraggiava a provare ancora, proponendogli anche scommesse secondarie. Il tiratore a questo punto continuava a puntare perch pi sparava e pi familiarizzava con la pistola, pi riusciva a prendere la mira con precisione. Quando la posta in gioco era molto alta e il tiratore avrebbe sicuramente vinto una grossa cifra se avesse fatto centro, il gestore manipolava la pistola. Lo faceva mentre ricaricava la pallottola e la polvere da sparo per l'ultimo tiro. Osservandolo da vicino, mi ci volle pi di un'ora per scoprire dove stava il trucco, ma finalmente capii. Dava una strizzatina alla canna della pistola. L'uomo che gestiva il chiosco barava. In una normale canna di pistola non c' gioco. Questa del chiosco era un'arma rigata da solchi molto minuti, e quando la canna truccata veniva girata si alterava il corso del colpo in uscita. Una strizzata cos modesta non sarebbe stata notata da un uomo che si limitava a impugnare la pistola, osservare il bersaglio e prendere la mira. Ma il gestore in questo modo alterava la traiettoria della pallottola di quasi cinque centimetri. Proprio quando il tiratore aveva preso la giusta distanza e perfezionato la mira, il giro che il gestore aveva impresso alla canna cambiava la linea di tiro voluta dall'avventore di turno. Al ritorno di Mara, trovai il coraggio. Gli altri spettatori si erano
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allontanati, quindi feci un passo avanti. Sapendo che avrebbe potuto respingere un indio, mi presentai con il mio reale d'argento sul palmo della mano. Cercai anche di assumere un'aria da sempliciotto. Posso provare, seor? Mi guard con aria sprezzante, ma non riusc a staccare gli occhi dalla mia moneta. Indubbiamente, pensava di intascarla senza alcuna difficolt. Mi consegn la pistola carica. Presi attentamente la mira e sparai, colpendo il bersaglio pi grande. Fingendo che si fosse trattato di semplice fortuna, chiesi di ritirare la mia vincita, cio il mio reale pi quello che mi spettava in premio. Bel colpo, azteco. Prova ancora. Su, coraggio, provaci. Scommisi entrambe le monete, sparai ancora e colpii anche il secondo. Ehi, sei proprio bravo. Vediamo un po'... adesso hai vinto sei reales. Quanto hai ancora in tasca? Ancora due, seor. Ti propongo un affare. Scommetti tutti gli otto reales e colpisci ancora una volta quel bersaglio, e potrai arrivare a sedici. Cosa succederebbe se riuscisse a colpire il pi piccolo dei bersagli? La domanda mi colse di sorpresa quanto la vista della persona che l'aveva fatta. L'ispanico vestito di nero che prima giocava a carte aveva osservato la scena. Si fece avanti. Voi conoscete questo indio? chiese l'ambulante. No, ma ho visto come spara, ed bravo. Le propongo io un affare. Lui ci mette i suoi otto. Io ne aggiungo altri dieci di tasca mia. Se colpisce il bersaglio pi piccolo, voi gliene pagate trentadue, inoltre dovrete pagarne altri trenta a me oltre ai dieci della mia puntata. Amigo, scommessa accettata. Dopo aver ammucchiato i soldi, lo straniero si sofferm un attimo prima di scostarsi e lasciarmi tirare. Non mancarlo, azteco. S, seor. Con la coda dell'occhio vidi il gestore strizzare leggermente la canna della pistola mentre la caricava. Quando me la riconsegn, pensai per un attimo di darle un giro in senso opposto, ma evitai. Girandola, il tiro deviava circa cinque centimetri a sinistra. Io allora presi la mira su un punto a cinque centimetri sulla destra e... sparai. Il bersaglio pi piccolo esplose, e il gestore stupito scoppi in mille
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improperi. Cosa credi di combinare? Mi strapp la pistola e con il calcio mi colp alla testa; per fortuna fu solo un colpo di striscio. Mi trattenni dall'estrarre le mie pistole e sparargli una pallottola in ciascun occhio. Lo straniero si intromise tra noi. Voi ci dovete dei soldi. L'ambulante lo squadr, come per valutare il da farsi. Il giocatore di carte sembrava un uomo che sapeva il fatto suo con le carte, i cavalli, le donne e le pistole, ma non certo il tipo che avrebbe provocato uno scontro fisico. Alla fine l'ambulante si decise. Diede all'uomo in nero la sua vincita e aggiunse: All'indio non do proprio nulla. contro la legge che uno come lui usi un'arma. Lo far arrestare. Seor disse lo straniero in tono molto cortese, voi avete ragione. E io far arrestare voi per avergli fornito l'arma di cui si servito. Il capo della polizia locale mio amico, quindi... Lo straniero mosse una mano cos rapidamente che il gesto fu appena visibile. Un attimo prima sembrava vuota, e un attimo dopo impugnava il manico d'avorio di un coltello con una lama lunga pi di venti centimetri, di cui circa otto alla base della lama, che terminava con una punta molto acuminata. Lo straniero aveva perforato i pantaloni dell'ambulante all'altezza del cavallo. Non dovresti contrariarmi, hombre. Hai imbrogliato un mucchio di gente, con la tua pistola truccata. Se lo racconto a quelli che hai imbrogliato, poco ma sicuro ti appendono all'albero pi vicino... dopo che io stesso ti avr liberato del peso dei tuoi cojones. Stuzzic l'uomo facendo girare leggermente la punta del coltello. La vescica dell'imbroglione si svuot. Il mio cane banchetter con i tuoi cojones, amico mio, e io ti mander all'inferno a raggiungere quella puta di tua madre e il padre che non hai mai conosciuto dopo averti privato del pendaglio che ti distingue da una donna. Lo straniero si sporse in avanti finch non si trov faccia a faccia con l'altro. Gli fece un sorriso a trentadue denti e gli punse ancora un po' l'inguine con un leggero movimento della punta del coltello. L'uomo mi diede finalmente i miei trentadue reales. Quando ce ne andammo, era piegato su se stesso di fronte al chiosco in preda a un forte attacco di vomito.
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Sei il miglior tiratore che abbia mai visto mi disse lo straniero. Io scossi il capo. stata solo fortuna. Prima non avevo mai sparato con una pistola. S, e allora io non ho mai avuto in mano un mazzo di carte o stuzzicato il fiorellino di una donna con il mio garrancha. Di dove siete, voi due? Io e mio fratello lavoriamo alla Hacienda de la Valle. Quattro cavalieri irruppero nella piazza. Non sembravano poliziotti del posto, avevano l'aria di gente venuta da fuori, e scrutavano tra la folla come se cercassero qualcuno in particolare. Madero non si stancava mai di cacciare. Questa era la sua reputazione. Il toro con il cervello continuava sempre a caricare. Mara era accanto a me e sentii la sua tensione, e involontariamente le afferrai il braccio. Non volevo che fosse tentata di scappare. Ho bisogno di cocchieri disse l'uomo vestito di nero. Cocchieri? I miei due cocchieri se ne sono andati. Li ho sorpresi a rubare e li ho licenziati. Non erano i tipi adatti per badare a me... Tu e tuo fratello sareste interessati a rimpiazzarli? Be', seor, noi siamo diretti a sud, verso la Via della Porcellana... Eccellente scelta. Puntate i cavalli in quella direzione.

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Capitolo 33
Non lo trovi strano? mi chiese Mara. Avevamo ritirato i quattro cavalli da tiro dalla stalla, poi li avevamo attaccati alla carrozza. Mara and ad acquistare provviste per il viaggio, mentre io ispezionai i cerchi e i raggi delle ruote per assicurarmi che non fossero danneggiati e ingrassai assali e mozzi. Ci sedemmo nei posti a cassetta. Nel vano dei bagagli sul retro della carrozza trovammo due livree da cocchieri. Una delle due mi stava a pennello. Mara invece fu costretta a stringere i pantaloni con una cintura e ad arrotolare le maniche della giubba. Il nuovo abbigliamento per non serv a migliorare il suo stato d'animo. Sulla tavola del pavimento sotto il sedile del vetturino giaceva un leggero fucile da caccia a canna corta, utile per tenere a bada eventuali bandidos e forse abbattere uccelli di passaggio per cibarsene. Conoscevo bene quel tipo di arma, avendone riparate a centinaia. Sparava un'ampia rosa di tiro di pallettoni e a distanza ravvicinata era spaventosamente letale. Ne dedussi che l'aiutante del vetturino facesse anche da scorta alla carrozza. Mara non sarebbe riuscita neppure a sollevare quell'arma. Inoltre, da una prima occhiata alle rifiniture arrugginite pensai che comunque non avrebbe potuto sparare. Mi misi a ripararlo, mentre aspettavamo che il nostro capo dal vestito nero ci ordinasse di partire. Aveva detto che stava aspettando un amico. In seguito sentii il suo russare all'interno della carrozza. Poco prima l'avevo osservato, inginocchiato di fronte a un ceppo d'albero, mentre faceva una sorta di solitario a carte. Il mazzo mi aveva incuriosito. Non era nulla di simile alle carte che conoscevo io. Quando ne parlai a Mara, accennai di aver visto carte raffiguranti un mago, una papessa, due amanti, la giustizia, la regalit e un impiccato, e Mara mi spieg che si trattava di un mazzo di tarocchi. Servono per la cartomanzia. Le donne ricche amano farsi predire il futuro, il significato occulto dei sospiri segreti dei loro amanti, quale di
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questi favorire e se un giorno saranno destinate a grandi ricchezze. pura e semplice idiozia, e inoltre potrebbe scatenare l'intervento dell'Inquisizione, se qualcosa arrivasse alle orecchie della Chiesa. Mara aveva ragione a proposito del nostro principale: era un enigma, vista anche l'elegante carrozza con lo stemma araldico di un conte sulle portiere. Ci aveva snocciolato rapidamente il suo nome e i suoi titoli: Conte Luis Benito Juarez de Santa Barbara de la Sierra Madre. Nientemeno che un nobile! Il conte era appena inferiore al marchese, nella gerarchia nobiliare. Ma costui era un conte con un mazzo di carte per predire il futuro e senza cocchieri; cocchieri che, in una famiglia nobiliare, non venivano certamente assunti e poi licenziati con l'accusa di furto. Al contrario, avrebbero dovuto essere dipendenti della famiglia per servire i propri padroni per il resto della loro vita. In caso di furto, sarebbero stati castigati, ma non mandati via. Non ha l'aspetto di un conte comment Mara. Non sapevo quale aspetto dovesse avere un conte, per Mara, ma Luis aveva lo sguardo circospetto e i modi aggraziati e minacciosi di un puma, sporco di sangue e ricoperto di cicatrici, ricordo delle aspre battaglie che aveva ingaggiato nella giungla e alle quali era riuscito a sopravvivere, unico vincitore. Non dava l'idea del gentiluomo abituato alle comodit del lusso. Si avvicin una carrozza. Una donna di mezz'et dai lunghi capelli neri, estremamente attraente e riccamente abbigliata, sporse il capo dal finestrino. Indossava un vestito di seta rosso dal dcollet molto seducente, al collo una collana di perle. Sorrise compiaciuta, quasi in ansiosa attesa. Il conte Luis sal sulla carrozza della donna, tenendo in mano il mazzo da cartomante. I cocchieri della signora si allontanarono per bere del pulque e fumare, mentre io armeggiavo col meccanismo di sparo del moschetto da caccia, aiutandomi con una lima. Mara si assop. Dopo circa mezz'ora la carrozza della donna inizi a ondeggiare, mentre nell'aria echeggiavano i gemiti di piacere dato e ricevuto. Il rumore svegli Mara, che mi lanci un'occhiata eloquente. Pensi che stiano...? sussurr. I servi non sono pagati per pensare. Dopo un po' si apr la porta della carrozza e ne usc Luis, che si infil in
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tasca una collana di perle. La matura matrona gli tocc una guancia con un gesto affettuoso. La cipria sul suo viso era screziata e i capelli tutti scompigliati. La strada per Guadalajara mi ordin il conte. Io raggelai per un istante. Noi avremmo dovuto prendere la strada che portava a sud, non tornare indietro verso Chapala e Guadalajara. Io e Mara ci scambiammo uno sguardo furtivo, poi feci partire la carrozza. Una volta raggiunta la strada principale che portava sia a nord sia a sud, il conte si sporse dal finestrino e disse: Verso la Via della Porcellana. Respirai con sollievo e feci girare la vettura verso sud. Cosa sta facendo? bisbigli Mara. Non voleva che la donna sapesse da quale parte andava. Perch? Forse un'amante dalla quale intende separarsi. O forse lei vorr indietro quella collana di perle. O forse ancora il marito vorr i cojones del conte. cos... strano, quell'uomo disse Mara. No, non era strano. Semplicemente non era quello che dava a intendere di essere, n pi n meno di me e Mara. Se lui era un conte allora io ero il re della Vecchia Castiglia. Gli spagnoli avevano una parola adatta per descrivere un donnaiolo che si approfittava delle donne facoltose e giocava d'azzardo: pcaro. Il pcaro era un briccone e spesso un vagabondo, un tipo particolare di mascalzone, un bandito di strada abile sia al tavolo da carte sia nei boudoir delle gentildonne. Non possiamo lamentarci dissi a Mara. L'incontro casuale con il conte Luis non era solo un colpo di fortuna, ma quasi un miracolo. Non potevamo certo permetterci il lusso di fare i perbenisti, visto che stavamo cercando di scampare al patibolo del vicer e al rogo dell'Inquisizione! A ogni modo, finalmente ci stavamo spostando in fretta sulla strada maestra. Anche se avessimo incontrato un drappello di poliziotti, essi non avrebbero osato offendere un nobile fermando la sua carrozza. Persino gli agenti del re indietreggiavano di fronte ai ricchi gachupnes. I ricchi avevano le loro prerogative. Pi tardi, verso sera, lasciammo la strada principale. Il conte dorm in carrozza, mentre io e Mara passammo la notte per terra. Ma ora eravamo
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in mezzo al lusso, potendo disporre di coperte pesanti per attenuare il contatto con la terra fredda e dura. Al mattino, il conte scese dalla carrozza. Era vicino a Mara ma non l'aveva vista. Si apr la patta dei pantaloni, estrasse il membro e urin. Mara salt su come una molla e inciamp in un tronco nel tentativo di fuggire via. Ehi, ragazzo, scommetto un reale che riesco a pisciare pi lontano di te disse il conte. Non parla intervenni io. Che cosa? Mio fratello non ha la voce. Cosa gli successo? Non ha pi la lingua? Non ha mai parlato, fin da quando era bambino. Seor conte, ora le prepareremo la colazione. Cercavo disperatamente di cambiare argomento.

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Capitolo 34
Proseguimmo per due giorni, a buona andatura. Alla fine ci fermammo presso una locanda al margine della strada, affinch il conte potesse dissetarsi. Quando torn, mi diede istruzioni per raggiungere una grande villa. Quando calarono le tenebre, il conte Luis lasci la carrozza trasudando profumo, che nelle sue intenzioni doveva coprire il puzzo di sudore e polvere accumulati durante il viaggio. L'unico dettaglio di abbigliamento che aveva aggiunto era una maschera nera che gli copriva met faccia. Una festa in costume dissi a Mara, mentre da altre carrozze scendevano gli invitati. Col passare delle ore, raggiunsi un gruppo di cocchieri che fumavano e parlavano con i servitori della casa. Dopo aver sentito abbastanza, tornai sui miei passi per riferire le notizie a Mara. Il conte Luis l'attrazione della festa. Nei dintorni non ci sono nobili, e gli ospiti sono stati oltremodo orgogliosi dell'arrivo inaspettato di un conte. Tuttavia, da quanto riferiscono i servitori, deve essere il peggior giocatore d'azzardo del mondo. A quanto pare ha perso tutto tranne gli stivali. Spero che non perda anche la carrozza. E i suoi due leali servi. Un'ora dopo, Luis usc dalla casa per ordinarmi di spostare la carrozza affinch una macchia d'alberi la celasse alla vista degli estranei. Ripart e torn con una donna in maschera: era di mezz'et ma, come quella della collana di perle, ancora piuttosto attraente. Vestita con un elegante abito di seta rossa, metteva in bella mostra il suo ampio dcollet, la figura opulenta e un'enorme spilla di diamanti. Io e Mara ci allontanammo sotto il chiarore della luna per concedere un po' di intimit al conte e alla sua nuova amante notturna. Cosa succederebbe se arrivasse suo marito? mi chiese Mara. Si spera che sia morto e sepolto. Altrimenti, erediterai la carrozza di Luis, diventerai una contessina e io ti far da servitore. Mi fiss con aria decisamente incuriosita. Chi sei tu? chiese, alla fine. Mi fermai e la cinsi tra le mie braccia. Cosa vorresti dire? Chi vuoi che io sia?
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Voglio sapere chi sei davvero. Un uomo che ti ha sempre amata. Sempre. Anche quando ti prendevi gioco di lui. Le baciai una guancia. Mi spiace solo per il modo in cui hai sciupato il tuo talento. Ho un talento anche per l'amore, sai? Lei si divincol dalla mia stretta. meglio non esagerare. Non ho bisogno di rimanere incinta mentre sto fuggendo. E quando smetteremo di fuggire? Quando proverai la tua lealt per la causa, allora vedremo. Ah, capisco... il mio talento che tu ami, non la mia persona. Certo. Gli uomini si possono trovare ovunque, ma gli armaioli sono una razza rara. L'afferrai e l'abbracciai, mentre le mie mani rovistavano tra i suoi vestiti. Muovetevi. Con un balzo, mi allontanai da Mara. Fate muovere la carrozza ordin il conte. Ci guard - i suoi servitori maschi - e scosse il capo. Voi fratelli indios avete strane usanze. La donna se n'era andata presto. Forse era stata la prospettiva del ritorno del marito... o la scoperta fatta dalla donna che i suoi gioielli non c'erano pi... Deve essere nei guai, se vuol far partire la carrozza di notte dissi a Mara. Preghiamo che nessun cavallo si azzoppi. Hai notato che sembra non gli importi che strada facciamo? chiese Mara. S, certo che gli importa. Vuole che noi lo portiamo in posti dove pu giocare d'azzardo e trovare donne ricche. Che modo penoso di vivere! Passare il tempo a giocare a carte e predire il futuro a stupide donne per poi portarsele a letto facilmente come una puta qualsiasi, che proprio quello che sono in realt. Putas che pagano lui le feci notare. Non possiamo fidarci di lui. Proprio cos. Nemmeno lui per pu fidarsi di noi.

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Parte Nona
Il Conte Fasullo

Capitolo 35
Vostra Eccellenza, vi prego, prendete un altro di questi squisiti cioccolatini. La donna si sporse in avanti per mettere il cioccolatino in bocca al conte. Luis lasci che la sua mano sfiorasse leggermente il seno abbondante della donna china su di lui. Le guance color pesca di lei arrossirono, e sorrise di piacere. Vostro marito ha sofferto molto, durante la sua ultima malattia? No, il Signore stato misericordioso e lo ha chiamato a s proprio dopo aver finito di cenare. All'inizio prov un certo dolore, poi cominci a emettere rutti e peti come un mulo e mor... con uno sguardo di grande sollievo disse lei, ficcandosi in bocca un altro cioccolatino. In contrasto con la matura rotondit del seno, messo in risalto dalla profonda scollatura del vestito nero, la vita della signora era sorprendentemente sottile. Quella notte, decise Luis, avrebbe unito il dovere impellente di impadronirsi della prossima posta da gioco - un gioiello in cambio delle sue prestazioni amorose - al piacere di soddisfare anche se stesso. Un lusso che raramente si concedeva. Dando un'occhiata in giro nello spazioso soggiorno, si accorse che anche le pareti interne, come le mura perimetrali dell' hacienda, erano intonacate in gesso color avorio. Gli unici ornamenti della stanza erano due piccoli
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crocefissi e una grande specchiera rettangolare con una cornice di tek dagli elaborati intarsi. Sparsi nell'ampia stanza c'erano quattro tavoli ottagonali, dello stesso legno. Attorno a ciascun tavolo erano disposte tre poltrone imbottite dallo schienale dritto rivestite di cuoio nero. Un divano della stessa fattura stava di fronte a un tavolo lungo e basso, sempre in tek. Addossati alle tre pareti che delimitavano la stanza c'erano dei cassettoni di ebano, uno per parete e ciascuno provvisto di una dozzina di piccoli cassetti con maniglie d'ottone. La quarta parete dava su una vasta sala da pranzo, al centro della quale c'era una tavola da banchetto di mogano incredibilmente lunga e poltrone dello stesso legno, dallo schienale imbottito come quelle del soggiorno e rivestito di cuoio. Luis non era particolarmente colpito dalla casa o dai gioielli della donna, ma non era stato fortunato alle carte, come d'altronde succedeva tutte le volte, e si era attaccato a quella donna al ricevimento perch gli era sembrata vulnerabile e disponibile. Aveva un bisogno disperato di una posta da gioco. Preferiva le donne che potevano offrirgli un buon brandy e sigari cubani raffinati. Non intravedeva alcun umidificatore per sigari, ma al centro del tavolo basso e lungo, su un vassoio d'argento, troneggiava una bottiglia di cristallo piena di brandy, circondata da otto calici. Luis riemp due bicchieri fino all'orlo e ne porse uno alla vedova. Lei lo fece tintinnare contro l'altro, per brindare. Salud! disse dolcemente. Y dinero! aggiunse lui. Ne bevve una gran sorsata, facendo rigirare il brandy attorno alla lingua e assaporandolo appieno mentre gli scivolava in gola bruciando: era di ottima qualit, il migliore che avesse avuto modo di apprezzare nell'ultimo mese. Il defunto marito della donna aveva un gusto superlativo per i liquori di qualit. Il mio prete si chiedeva dove si trova Santa Barbara de la Sierra Madre. Mi ha detto di non aver mai sentito parlare della sua tenuta, conte. Quasi a conferma dei dubbi di Luis, il prete addormentato, privo di sensi su una sedia per aver alzato troppo il gomito col vinsanto al tavolo da gioco, interrompeva la regolarit da metronomo del suo russare con sonore sbuffate. Luis agit la mano come per scacciare da s l'ignoranza del prete. Non ho alcun dubbio che il prete di una piccola cittadina non sia al corrente di
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molte cose. Si sporse verso la donna, estraendo scaltramente il mazzo di tarocchi. Una donna che di punto in bianco si trovata sola al mondo deve essere interessata a sapere cosa ha in serbo per lei il futuro. Spalancando gli occhi per la sorpresa, lei osserv le carte... e sorrise. Girandosi a guardare con aria sdegnosa il prete abbrutito dal bere che russava, Luis sospir tra s e s stancamente, poi inizi a disporre le carte sul tavolo. Se il sacerdote si fosse svegliato sarebbe stato un guaio: forse avrebbe informato la polizia locale o, ancora peggio, il rappresentante regionale dell'Inquisizione. Non tanto per la pratica dell'arte occulta della predizione del futuro: il prete lo avrebbe denunciato per il tentativo di raggirare la vedova. Aveva capito benissimo, infatti, che contava di mettere le mani sull'eredit. Luis aveva imparato a leggere i tarocchi - o "carte del demonio" - dalla madre gitana, la donna che lo aveva preso con s da trovatello. Non era stato allevato con amore materno. Luisa, da vera artista degli inganni, si serviva dei bambini piccoli come esche per i suoi imbrogli, nonch come ladruncoli lesti di mano. Lo aveva istruito per bene lavorando in citt come Toledo, Madrid e Barcellona... e in tutte le altre innumerevoli citt dove lei e la sua prole esercitavano con profitto attivit truffaldine. Durante un soggiorno insolitamente lungo a Toledo, una citt che sorge lungo il fiume Tago nella provincia di Castilla La Mancia al centro della Spagna, Luisa gli aveva insegnato l'arte oscura della lettura dei tarocchi. La gitana aveva sedotto un uomo benestante, padre di famiglia, e concep un piano per alleggerirlo di gran parte delle sue inestimabili fortune prima di filarsela dalla casa del vecchio. Purtroppo, l'uomo si accorse per tempo del tranello e all'ultimo istante chiam la polizia e la denunci. Luis e la madre scapparono in piena notte, non con il bottino del vecchio come programmato, ma con i soli vestiti che indossavano e la polizia di Toledo alle calcagna. Luis ripens a quel periodo con un po' di nostalgia. Gli mancava Toledo, con le sue vestigia romane, gli edifici medioevali moreschi e le sue tradizioni. Quel lavoretto a Toledo e l'abilit con i tarocchi gli tornarono assai utili negli anni successivi, garantendogli un costante afflusso di reddito nei periodi di magra. Fino a quando poteva contare sul proprio fascino e su un mazzo di carte del demonio, con cui influenzare le fantasie delle donne e
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ammaliarne l'intelletto, non sarebbe mai morto di inedia. Quell'attivit era rischiosa. Spesso, infatti, le carte del demonio, e i profitti che aveva accumulato, avevano attirato l'attenzione della legge su di lui. Una volta, Luis aveva usato il mazzo fatale per depredare una donna delle sue facolt mentali insieme a un enorme anello di diamanti donatole con affetto dal defunto marito. Gli agenti di polizia e gli uomini dell'Inquisizione sulle sue tracce, in quell'occasione, erano stati cos numerosi da fargli decidere di arruolarsi nell'esercito di Sua Maest per sfuggire alla cattura. Sotto falso nome entr a far parte dell'artiglieria come cannoniere e combatt contro Napoleone Bonaparte. Durante l'addestramento si fece notare per la sua intelligenza, l'ottima mira e la bravura nel calcolare le traiettorie di tiro, e ben presto fu promosso capocannoniere di una nave da guerra spagnola. Aveva sperimentato la gioia e l'eccitazione dell'azione, il sangue e la violenza, i colpi di spada e il rombo dei cannoni. Tuttavia, a Cadice, fu costretto a sbarcare per aver accoltellato un ufficiale in seguito a una partita a carte. L'ufficiale, accortosi che barava, estrasse il coltello, ma il suo avversario dimostr un'abilit superiore sia con la lama sia con le carte. Per evitare il patibolo, si un all'equipaggio di una nave in partenza per la colonia. Quando sbarc a Veracruz aveva ripulito quasi tutti gli ufficiali e gli altri colleghi durante le interminabili partite a carte a bordo. Era pronto a diventare un personaggio di spicco della Nuova Spagna. Solo di recente era riuscito a farsi spacciare come conte. Il presunto stemma nobiliare che adornava la sua carrozza annunciava il suo lignaggio dovunque andasse. Si era impadronito con destrezza della carrozza nella cittadina mineraria di Guanajuato dopo che il gioco dei dadi lo aveva privato di tutto tranne che del suo fascino. Dopo una nottata di orge, alcol, dadi, seduzione e lettura di tarocchi, aveva preso in prestito la carrozza dalla moglie del proprietario di una miniera d'argento, con il pretesto di ritornare alla locanda dov'era alloggiato. Il marito, ovvero il conte (il titolo era stato comprato), aveva fatto dipingere il suo blasone sulle porte della carrozza. Luis venne a sapere da un passante, che l'aveva scambiato per il vero conte, che alcuni poliziotti erano in agguato presso la locanda per arrestare un certo cartomante dedito al gioco d'azzardo, al bere e alle orge. La notizia non lo sconcert affatto. Be', ammirava davvero quel tiro a quattro, e in particolare lo stemma
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blasonato. Venne colto da una tale invidiosa rapacit da ordinare ai cocchieri di scendere da cassetta per esaminare l'assale posteriore. Quando i due malcapitati avevano voltato le spalle per eseguire l'ordine, Luis diede loro una botta in testa con il manico di piombo della frusta per i cavalli. Impossessatosi del tiro a quattro, si era allontanato dalla locanda e dal conto in sospeso, abbandonando al suo destino la contessa sedotta. Non sapeva fino a quando avrebbe funzionato lo stratagemma di farsi passare per nobiluomo prima che le autorit si interessassero nuovamente a lui. Luis, tuttavia, non conosceva altro modo di vivere.

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Capitolo 36
A Toluca, girammo a sud verso la Via della Porcellana. Giunti a Ixtapan de la Sal, rinomata per le sue acque minerali, sapevo di dover cercare di unirmi al capo dei guerriglieri, Vicente Guerrero. In questa regione le autorit governative erano pressoch inesistenti. Quando le truppe del governo arrivavano in citt, le autorit locali pagavano i tributi spettanti al vicer. Quando giungevano i ribelli, le tasse venivano pagate a loro. Da quel che sapevo, attualmente i ribelli erano l attorno, il che faceva esattamente al caso mio. Il conte Luis non aveva mai sentito parlare di una cittadina famosa per i suoi sali. Tuttavia fu felice di sapere da me che molte donne abbienti frequentavano le terme della zona poich l'acqua era indicata per curare problemi di artrite e reumatismi. Dopo che il conte part alla ricerca di ricche vedove e uomini del posto per il gioco d'azzardo, dissi a Mara di badare alla carrozza. La portammo in una stalla presso la locanda dove lo stalliere avrebbe provveduto a dissetare, nutrire e strigliare i nostri quattro cavalli. Poi feci il giro delle pulqueras. Avevo un sistema per inviare i messaggi ai ribelli della Via della Porcellana; lasciavo un foglietto in tutti questi locali con su scritto: Alquimista y Guerrero. Il messaggio significava che l'Alchimista aveva bisogno di parlare con il capo dei rivoltosi. Scelsi soltanto locande dove, a mio giudizio, gli osti erano affidabili.

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Capitolo 37
La fortuna del conte a carte sembrava tenere, una volta tanto, e anche la mia. Dopo tre giorni in una locanda mi si avvicin un uomo che mi disse: Vicente ti vuole parlare, vai nel bao. Il gabinetto era sul retro, a una ventina di passi dalla pulquera. Avevo appena fatto cinque passi quando alcuni uomini uscirono dal bar per seguirmi. Indossavano semplici camicie, pantaloni bianchi e sandali di corda. Brandivano machete e avevano un'espressione feroce. Ribelli, di sicuro. Ma la domanda era, di quale gruppo? I capi ribelli spesso erano in lotta tra loro con la stessa asprezza con cui combattevano contro le truppe del re. Il vicer ti ha inviato per uccidere il generale disse un uomo alto dagli occhi scuri e decisi, capelli lunghi e un viso truce cos acuto e spigoloso da somigliare al machete che mi agitava contro. Invece sarai tu a morire. Nessuno mi ha mandato. Io sono l'Alchimista, amigo. Sei un bugiardo assassino. Portatemi dal generale Guerrero. I tuoi occhi non lo vedranno mai e la tua lingua biforcuta non parler pi di lui, perch te la taglier. Il generale deve sapere che io sono qui. La porta del gabinetto si apr alle mie spalle e ne usc un uomo dalla spiccata attitudine al comando. Era di altezza media, con un naso largo racchiuso da occhi penetranti e ben distanziati tra loro. Aveva un sorriso lucente e denti bianchissimi. La carnagione scura contrastava con il sorriso abbagliante. Gli spagnoli si sbagliavano sul sangue: la sua mescolanza creava uomini e donne con poteri eccezionali. Il generale Vicente Guerrero ne era la prova vivente. Mi inchinai educatamente. Generale, io e voi non ci siamo mai incontrati, ma abbiamo comunicato diverse volte. Io sono l'Alchimista. Lui alz le sopracciglia e anche una pistola. Se sei davvero l'Alchimista, allora puoi dirmi qualcosa. S, seor, cosa volete sapere da me? Dimmi la formula della polvere da sparo.
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Capitolo 38
Cosa mi stai dicendo? chiese Mara. Che hai parlato personalmente col generale Guerrero e che ci ha invitati ad aggregarci a lui? Ti ho mai mentito? Lo stai facendo proprio adesso. Dimmi la verit. Ho parlato con Guerrero e... Fino a qui ti credo. Quello che non credo che tu sei innocente come dici. Mi hai nascosto qualcosa. Erano tantissime le cose che le avevo nascosto. Guerrero era lieto di accogliere Mara come autrice di libelli e tipografa. E anche felicissimo di poter contare su un uomo capace di riparare armi da fuoco e produrre polvere da sparo. Dovevo rivelare a Mara tutta la verit, ma mi mancava il tempo. Le dissi dove doveva incontrare Guerrero e i suoi, fuori citt. Perch non vieni con me? mi chiese. Devo avvertire il conte che ce ne andiamo, affinch possa rimpiazzarci. Perch? Pu cercarsi altri cocchieri. Non se inseguito da un marito geloso o da giocatori di carte con i quali ha barato. Non posso andarmene senza prima avvisarlo. Mi allontanai da Mara e mi diressi verso la stalla dove avevamo lasciato la carrozza, sperando di trovare un messaggio del conte sui suoi movimenti. Luis arriv di corsa nella stalla, mentre io cercavo lo stalliere. Dobbiamo uscire di qui. Attacca i cavalli. Non posso, Vostra Eccellenza. Io e mio fratello intendiamo lasciare... Nel cortile della stalla arrivarono dei cavalli al galoppo. Corri, se vuoi salvarti la vita! grid Luis, estraendo la spada. Io presi le due pistole che nascondevo. Luis mi guard spalancando la bocca. Correte voi gli risposi gridando. Vi coprir le spalle. Ma non potevo. Altri cavalieri erano arrivati sul retro della stalla. Eravamo tra due fuochi... almeno una dozzina di uomini armati, che impugnavano spade, coltelli, pistole, moschetti, fruste e anche corde.
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Corde da impiccagione, gi annodate a cappio. Madre de Dios!, Luis aveva fatto inferocire la folla. Gett a terra la spada. Metti gi le pistole, amigo. Potresti farne fuori un paio, ma alla fine ci uccideranno. Non sono pronto a morire. Dodici uomini furibondi, con gli occhi fiammeggianti e le bocche assetate di sangue, ci piombarono addosso, menando pugni all'impazzata e colpendoci con i calci dei fucili.

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Capitolo 39
Caramba!... Luis era proprio un hombre negato in tutto. Negato per giocare a carte, per la cartomanzia, per andare a letto con le mogli degli altri, per rubare i loro gioielli e, peggio ancora, per depredare i loro mariti nella borsa e nell'orgoglio. L'unica cosa che gli riusciva bene era fuggire alla svelta. Ma era arrivato, com'era prevedibile, il giorno in cui Luis non sarebbe pi riuscito a fare nemmeno questo. E io gli sarei stato accanto. Presero le mie pistole speciali e mi sbatterono a terra. Poi mi riempirono di botte. Mi aspettavo di essere ucciso sul colpo... o forse che mi trascinassero all'albero pi vicino per impiccarmi. Tuttavia, un'ora dopo sia io sia Luis eravamo ancora vivi. Certo, con le mani e i piedi legati, ma almeno avevamo smesso di sanguinare, anche se il dolore si faceva ancora sentire. Quello che non sapevamo era l'identit di chi ci aveva catturati. Luis aveva recato offesa a molte persone, con il suo comportamento riprovevole. Avevo l'impressione che alcuni dei nostri aguzzini volessero impartirci una giustizia sommaria, impiccandoci all'albero pi vicino, mentre altri intendevano trarre profitto dalla nostra cattura. Luis disse che non ci avevano consegnato alla polizia poich tutte le autorit del re si erano date alla fuga visto che la zona era praticamente in mano ai ribelli. Cosa ne sar di noi? Sshh! Arriv un uomo a cavallo. Aveva grandi baffi neri e occhi feroci. Era vestito da caballero e aveva un paio di pistole appese alla cintola. La discussione divenne pi vivace. Dopo un attimo, mi resi conto di qualcosa di importante: Sembrano un gruppo di mercanti che cercano di aggiudicarsi il miglior prezzo per il bestiame. Luis mormor sottovoce una preghiera. Per la prima volta temetti davvero per la mia sorte.
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Potevo affrontare un plotone di esecuzione, o la corda del boia, forse persino essere sventrato e squartato, ma tutte queste prospettive mi facevano molta paura... Luis, da parte sua, non era uomo da temere qualcuno o qualcosa... neppure il diavolo. Specialmente non il diavolo. Quando capii che era spaventato venni preso dallo sgomento. Cosa c' che non va? Cosa ci faranno? Ci porteranno ad Acapulco per imbarcarci sul galeone per Manila. La nave diretta alle Filippine? Ci stanno vendendo alla nave. Faremo parte dell'equipaggio? No. Saremo schiavi. Schiavi condannati alla nave della morte. Non arriveremo mai a Manila. Ecco perch devono ricorrere al lavoro forzato. Vengono usati soprattutto criminali condannati a morte o a molti anni di prigionia. Perch sei cos avvilito? Sempre meglio che essere impiccati. Luis scosse il capo. Pensi di ottenere un rinvio della sentenza di morte? L'unica cosa che cambier sar una condanna alla tortura, alla fame e alla sete e a un lento quanto inesorabile deperimento. sempre meglio che morire. Luis mi squadr con uno sguardo fisso e intenso. Come vedrai, mio giovane amico, esistono cose ben peggiori della morte.

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Parte Decima
La nave fantasma dei dannati

Capitolo 40
Bastonati fino a perdere i sensi, io e Luis fummo condotti dalla stalla della locanda, dove ci avevano catturati, a una carovana di muli con la quale raggiungemmo Acapulco, e l una nave ormeggiata in porto. Trascinati a bordo, ci scaraventarono senza troppi complimenti attraverso il boccaporto di una stiva puzzolente, oscura e fetida. Dopo un po' rinvenni nella stiva che ospitava gli schiavi della sentina. Contai pi di una trentina di sventurati, incatenati a spessi e pesanti bulloni a occhio d'acciaio. A ogni occhio erano collegate e chiuse con un lucchetto sei catene, la cui estremit opposta era imbullonata al ponte di stiva. Ciascuna catena passava sopra i ceppi delle gambe dei prigionieri. Quindi, sia io sia Luis eravamo incatenati ad altri cinque schiavi e a un bullone fissato a terra. I nostri vestiti erano ridotti a sudici brandelli macchiati di sangue. La mia testa rimbombava e batteva come una grancassa; ogni colpo sembrava lo schianto di un fulmine infernale, e rimandava il battito lancinante delle mie pulsazioni. Portandomi le mani alle tempie, mi accorsi che le guance e il collo erano intrisi di sangue rappreso ancora umido. Con gli occhi offuscati e iniettati di sangue, lanciai un'occhiata a Luis. Giaceva per terra lamentandosi e pareva stare peggio di me. Un occhio era livido e gonfio al punto che temetti fosse diventato cieco. Qualche marito o un avversario del tavolo da
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gioco evidentemente si era voluto vendicare violentemente di lui. Invece l'uomo al mio fianco non sentiva alcun dolore. Non sentiva niente. Aveva naso, orecchie e bocca ricolmi di sangue rappreso e gli occhi vitrei fissavano la paratia sovrastante, senza vederla... nell'abisso del nulla. Era morto stecchito. Un altro uomo sembrava stare un po' meglio. Era giovane, intorno alla ventina, e indossava stracci relativamente puliti. O almeno erano puliti in confronto ai pezzi di stoffa insanguinati, sporchi e strappati del resto degli schiavi. Aveva una barbetta scura incolta e capelli arruffati. Nonostante la sua giovane et, la barba e i capelli erano striati di grigio. Rivolgendosi a me e a Luis con un sorrisetto sardonico disse: Benvenuti a bordo, soci. A bordo di che? mormorai. Della nave fantasma dei dannati. Che io sia fottuto! esclam Luis con voce stridula. Stava riprendendo i sensi. Ah, s, siete veramente fottuti ribatt il giovane. Come? chiesi io. Dove ci troviamo? Siete su un galeone che va all'inferno... quella Regione Infernale il cui nome terreno Manila. Un viaggio di morte, si naviga senza speranza, riposo o redenzione, amigos. Si diretti nel posto dove vanno i morti. Per gente come noi, ci vuol dire direttamente all'inferno. Cosa ci facciamo qui? chiese Luis. Chi sei tu? Mi chiamo Arturo, e come voi sono uno schiavo di sentina su un relitto che una volta solcava orgogliosamente i sette mari ma ora fa acqua come un setaccio sopra e sotto coperta. La sentina si riempie cos in fretta che un miracolo se non siamo ancora affondati. Il giorno che smetteremo di sgottarla, questa bagnarola andr a fondo da sola. Mi sembri abbastanza bene in arnese, Arturo dissi. Una volta facevo parte dell'equipaggio, e quelli di sopra si prendono cura di me. Cos'hai combinato per finire qui? Qualcuno ha fatto sparire dell'acqua dolce e dei lime dalla provvista privata del comandante, e hanno incolpato me. Cosa facciamo qui sotto? chiesi. Siete entrati a far parte degli sgottatori della sentina. Il nostro compito riempire di acqua marina i buglioli, che altrimenti incrosterebbe la carena,
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e passarli di mano in mano attraverso una lunga fila di altri schiavi fino a un piccolo compartimento appena sottocoperta, proprio sopra la linea di galleggiamento, dove lo schiavo pi forte, tenace e disgraziato getta a mare l'acqua sporca fuori bordo. Chi questo schiavo? Il mio compagno, il vero responsabile del furto, che ha poi tentato di incolpare me. Come hanno fatto a scoprirlo? Qualcuno aveva raccontato delle bugie sul suo conto, ma sembra che nella sua sacca da marinaio abbiano poi trovato una provvista segreta di frutta di cui il comandante non era al corrente. Sono morto e sono finito all'inferno gemette Luis, tenendosi stretta la testa fra le mani. Stanne certo, cos. Senza dubbio questo posto puzza pi dell'inferno. La sentina sudicia e maleodorante, l'aria putrefatta e fa un caldo opprimente, le stive sottostanti sono infestate da ratti grossi come cani. Alla fine del viaggio, la maggior parte di noialtri sar morta oppure il lavoro, la zoppina e lo scorbuto ci avranno resi invalidi per il resto della vita. Stiamo peggio, molto peggio, degli schiavi che un tempo venivano usati per remare sulle galee. Se ce la faremo chiesi, arriveremo a Manila. Com'? Un altro postaccio come questo. Moriremo nei campi di canna da zucchero o nelle paludi di febbre nera o per il morso di un serpente. Credetemi, qui o a Manila, siamo condannati a una fine lenta e terribile... Allora tanto vale lottare ribattei. Visto che moriremmo in entrambi i casi. Resistere inutile. Quando non lavoriamo siamo incatenati. Siamo inferiori di numero e male armati. Non possiamo nemmeno guardarli negli occhi, quelli di sopra. Se incroci il loro sguardo ti legano a uno degli alberi a braccia e gambe divaricate e ti spellano con una sferza fino a tirarti fuori le ossa. Se osi ribellarti un'altra volta ti danno in pasto agli squali. Comunque, nel giro di qualche giorno la resistenza sarebbe puramente simbolica. Saremmo tutti troppo malati e deboli. Tu stai sopravvivendo. Si prendono cura di me, nei limiti del possibile. Per non durer a lungo. Un giorno sar contagiato da una malattia. Inizier a tossire e cagher anche le budella.
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Perch hanno rubato i lime e l'acqua? chiese Luis. Il viaggio di ritorno ancora peggio di quello di andata, e questa volta stato infernale. Siamo rimasti bloccati ai tropici, in una zona di calma equatoriale, impietriti, fermi come morti. Nella calura cocente, eravamo immobili senza un alito di brezza, le vele in stanca e il mare come stregato. In preda allo scorbuto e alla disidratazione, nessuno di noi si reggeva in piedi, defecavamo e orinavamo sangue, mentre la pelle del viso e della schiena iniziava a staccarsi e cadere. Il comandante tiene per s una provvista di barilotti di acqua potabile e casse di lime nella sua cabina. Io sono stato accusato di essermi introdotto nel suo alloggio e aver trafugato una botte d'acqua e una sacca di lime, per poi distribuirla all'equipaggio. Chiunque sia stato ha salvato la ciurma da una morte sicura e, quindi, tutti mi sono riconoscenti. Tuttavia sto pagando per averli salvati. Purtroppo, la persona di cui vi ho parlato prima fece il mio nome al comandante come quello del ladro. Che scalogna disse Luis in tono caustico. Ti sto solo dicendo, e non dimenticartelo, che hanno tutte le carte in mano. Tu invece non hai nulla. Crea loro dei problemi e perderai... e arriverai a maledire tua madre per averti messo al mondo. Supponiamo che io truccassi le carte ribatt Luis. Amigo, mi sono accorto che ti piace lottare disse il nostro compagno. Il mio consiglio : non farlo. Ho gi assaggiato la loro sferza. La tua inutile resistenza non varr nulla. Credimi. Come fai a esser certo che non ci troviamo all'inferno? chiese Luis. L'inferno inizia all'alba. Adesso sera. Fai come ti dicono, e potresti vedere Manila. Non provocarli, per nessun motivo. Senti, amigo. Siccome sei un gachupn, partiranno dal presupposto che sei un criminale condannato al galeone per crimini spregevoli contro la Corona. Con te saranno anche pi spietati e brutali. Ma io sono un suddito spagnolo della Corona rispose Luis indignato. Tu eri un suddito della Corona spagnola. Adesso sei un disgraziato che non vale nulla. Sanno che tu morirai. Le uniche domande sono dove e quando. Non gli importa un fico secco delle storie che vorrai raccontare. Sopravviver a questo viaggio disse Luis con assoluta fermezza. Anche se fosse e anche se non ti venderanno come schiavo alle piantagioni di Manila, dove moriresti comunque solo dopo pochi mesi per il caldo torrido, le paludi, il lavoro nei campi di canna da zucchero e la
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febbre, non sopravviverai al viaggio di ritorno: perch molto peggio. Il caldo, le zone di calma equatoriale e i tifoni. Anche se tutti quanti noi crepassimo durante questo viaggio, il comandante non farebbe una piega. Si limiter a comprare altri schiavi a Manila... per quasi nada. Ci sono sempre criminali e uomini che hanno recato offesa al vicer. E, come quello di Citt del Messico, il vicer di Manila governa la colonia come se si trattasse di un potentato orientale. Seor, cercate di capire. Dato che siete condannato comunque a morire, voi siete comunque sacrificabile. Per loro, voi siete meno di nada. Siete gi morto.

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Capitolo 41
Luis, come suo solito, non ascolt. Non appena ci tolsero le catene il mattino dopo, si rivolse al capo della sentina, un certo Emile. Amico mio, io sono un nobile... un gachupn della colonia di nobile lignaggio. La mia presenza qui un errore clamoroso di proporzioni inaudite. Da gentiluomo a gentiluomo, potreste fissarmi un appuntamento col comandante affinch io possa uscire da questo buco disgustoso? L'altro, per tutta risposta, colp la testa gi insanguinata, martoriata e inzaccherata di Luis con il manico della frusta appesantito dal piombo. Indic tre schiavi e disse: Trasportate questo bugiardo pezzo di merda in coperta. Il lavoro coi buglioli fu sospeso per circa mezz'ora, affinch potessimo allinearci di fronte all'albero di maestra per farci assistere al supplizio di Luis: gli strapparono la camicia dalla schiena, le braccia e il petto schiacciati contro il legno, e lo fustigarono a sangue fino a strappargli la pelle dalla spina dorsale e dalle costole. Poi ci fecero fare dietrofront e marciare verso la sentina per ricominciare a darci da fare coi buglioli. Quando rividi Luis, due marinai lo stavano portando di peso nei nostri cosiddetti alloggi notturni. Aveva la schiena spalmata di salgemma. Stringeva i denti per sopportare il dolore e i suoi occhi fiammeggiavano d'ira e odio. Gli rovesciai sulla schiena un bugliolo di acqua di sentina: era sporca, ma rinfrescante.

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Capitolo 42
All'alba il capo sentina ci fece togliere le catene dai bulloni a occhio. Le razioni consistevano in una galletta, una brodaglia annacquata, un pezzetto di carne salata di maiale e un po' d'acqua maleodorante. I tozzi di galletta erano di forma diversa, e talmente duri da spaccare i denti. L'unica soluzione era sbatterli contro l'assito del ponte per romperli cos da poterli inzuppare nel brodo. In qualche modo si doveva martellare il pane rancido per ottenere dei pezzetti quanto pi piccoli possibile. Il martellamento faceva anche uscire gli insetti che erano penetrati nella galletta e al cui interno si erano annidati. Da una parte, gli insetti erano nauseanti, ma dall'altra la loro stessa presenza contribuiva a rendere la galletta quasi commestibile. Sbattendo abbastanza, il centro della galletta infestata dagli insetti cedeva. Senza quei cunicoli, sarebbe stato praticamente impossibile romperla e quindi sarebbe stata immangiabile. Gli insetti che inevitabilmente inghiottivamo fornivano anch'essi un certo nutrimento. Il maiale e le aringhe salate erano indispensabili alla nostra nutrizione. Tuttavia, avevano anche un effetto collaterale negativo. Gli ufficiali ci davano razioni d'acqua molto ridotte ed eravamo costantemente e terribilmente disidratati. Il sale incrostato sul maiale e sulle aringhe non faceva che acuire la nostra sete incolmabile. Vidi uomini affamati ingerire il maiale senza bere abbastanza acqua per mandar gi il boccone e poi patire le pene dell'inferno per la sete. Come era gi capitato a Luis, la cura del comandante per la sete degli uomini che si lamentavano era legarli attorno all'albero di maestra e farli sferzare fino al midollo, per poi cospargere la pelle scorticata con il sale, come la carne di maiale o le aringhe che avevano scatenato la sete e le conseguenti lamentele. Come se non fossero bastate l'inedia e la disidratazione, la sfacchinata massacrante del riempimento e del passaggio dei buglioli, che pesavano sedici chili ciascuno, nel caldo soffocante delle stive era intollerabilmente brutale. Emile e i suoi scagnozzi ci davano continuamente addosso, scagliandoci i pi osceni improperi per descrivere le orribili perversioni sessuali che
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sostenevano di aver sfogato con le nostre madri, mogli e figlie. Quando minacce e insulti non bastavano ad accelerare il ritmo del nostro convulso lavorio, erano ben felici di usare gli onnipresenti frustini, che portavano alla cintola sia di giorno sia di notte. I nostri polmoni affaticati avevano bisogno di ossigeno, che nel fondo della fetida sentina scarseggiava in modo impressionante, e l'aria era talmente putrefatta da renderla pressoch irrespirabile. Lavorando fino allo stremo in stive senza luce n aria e nelle tenebre soffocanti, i nostri corpi erano affamati di cibo e assetati d'acqua, i polmoni dolevano per la mancanza d'aria e i nostri occhi bramavano la luce. E Dio sa quanto era necessario il nostro lavoro... per far restare a galla la nave. Davvero una nave fantasma dei dannati. Quella vecchia bagnarola era ridotta a un colabrodo, sia dall'alto sia dal basso, e le tempeste allagavano la sentina in modo cos spaventoso che pi di una volta temetti che la nave sarebbe affondata. Anche il comandante doveva averlo pensato. Dopo una tempesta, i nostri aguzzini ci tormentarono come arpie infernali, dandosi da fare spasmodicamente almeno quanto noi. Soltanto che il loro lavoro consisteva nell'urlare maledizioni contro noi schiavi e nel frustare senza tregua le nostre povere schiene nude e sanguinanti. Tutto quello che ci aveva detto Arturo si stava realizzando. Eravamo in un viaggio di morte. Dopo due giorni passati cos, ribellarsi era impensabile. Eravamo troppo malati, affamati ed esausti. Il primo giorno Luis si era vantato con Arturo, convinto che sarebbe sopravvissuto a queste angherie, per quanto disumane. Le sue parole sembravano sempre pi una millanteria da spaccone. La domanda che mi ponevo segretamente riguardava pi da vicino la realt del nostro Viaggio della Morte. Avremmo dovuto almeno tentare di sopravvivere? La vastit dell'oceano mi pareva un capolinea del viaggio mirabilmente seducente... una bella nuotata, poi la fine del dolore. A che punto avremmo scelto di fare quella lunga nuotata nel corso di questo viaggio verso l'inferno?

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Capitolo 43
Devo ammetterlo, si poteva dire tutto di Luis, tranne che non fosse un uomo pieno di risorse. Se qualcuno aveva una cosa di cui Luis avrebbe voluto impossessarsi, allora non era assolutamente il caso di sottovalutare le sue capacit. Per esempio, il collega che aveva tradito Arturo, lo schiavo da sentina con il lavoro pi sicuro, cio svuotare i secchi da uno squarcio appena sopra la linea di galleggiamento. Era un lavoro che poteva fare la differenza fra la vita e la morte, su quel vascello infernale... Be', il tipo non avrebbe mai dovuto voltare la schiena a un uomo come Luis. Una notte, durante una tempesta particolarmente violenta, quando gli altri schiavi furono costretti a fare un turno di notte oltre al lavoro quotidiano, Luis gli arriv di soppiatto alle spalle, armato di una caviglia per impiombare che aveva rubato, e dopo avergli sfondato il cranio ne gett, attraverso lo squarcio, il cadavere in mare. Quando Emile chiese dove fosse finito, Luis spieg che da qualche tempo l'uomo si sentiva avvilito... senza dubbio in preda al senso di colpa per aver derubato il comandante. La disperazione doveva averlo spinto a gettarsi a mare. L'assassinio del compagno di Arturo non era l'unica carta nelle mani di Luis. Per settimane aveva messo a frutto i suoi stratagemmi con il capo sentina. Leggendo i palmi delle mani di Emile, lo aveva convinto di saper predire il futuro. Promise che le sue predizioni gli avrebbero portato vino e donne, salute e benessere. Ben presto Emile divenne un agnellino nei confronti di Luis, il quale lo irret fino al punto di ottenere razioni supplementari di cibo da quel porco fustigatore. Mi port anche con s nella sua risalita della catena alimentare... in senso letterale. Che diavolo! Dopotutto, io l'avevo aiutato a scaraventare il corpo in mare... Quasi subito a me e Luis fu ordinato di sostituire l'uomo assassinato. Era sempre un lavoro duro, ma almeno respiravamo aria pulita e la brezza dell'oceano ci rinfrescava. Ma l'indomabile Luis non era capace di accontentarsi. Stiamo per andarcene da qui, amigo. Questo lavoro meglio di quello
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in sentina, ma siamo ancora in pericolo. Se continueremo a dormire in quella stiva soffocante, piena di parassiti e infestata dalle malattie, non ce la faremo a sopravvivere. Stare qui significa morire di fame, ammalarsi e dire addio al mondo dei vivi. E non neppure una via d'uscita sopravvivere fino a Manila. Ricordi cosa ci ha raccontato Arturo riguardo a questo viaggio e al prossimo che ci attende? La navigazione dalle Filippine fino ad Acapulco sar anche peggio. Il pi lungo passaggio marittimo del mondo senza toccare mai terra. Dovremo navigare per quasi mezzo mondo, attraversando diecimila miglia di oceano non toccando mai terra. Sempre ammesso e non concesso di non finire vittime della febbre o in pasto ai coccodrilli di una palude vicina a una piantagione nella giungla. Dobbiamo trovare un modo per avere un posto sovraccoperta... e restarci. Pensa, Juan, pensa. Dobbiamo pensare a qualcosa. Deve esserci qualcosa che possiamo fare. Un'abilit speciale dissi io. Se sapessimo fare qualcosa di insostituibile, in modo da renderci indispensabili alla loro sopravvivenza o al loro successo... Luis mi guard con aria triste, ma non senza gentilezza. Mi arruff affettuosamente i capelli con la mano. Ma dove avrebbe appreso tali abilit, un indio ignorante come te? Gi, dove? replicai. Non avevo ancora confidato a Luis che ero un esperto armaiolo. Da nessuna parte, il che vuol dire che devo ricorrere a qualche trucco della mia infinita riserva di espedienti. Chi posso imbrogliare? Quale improbabile storia posso inventarmi? Come potr convincerli che noi due possediamo tutto quello che serve loro? Toccare i loro cuori e far aumentare le loro fortune? Ben detto, amigo. Vedo che, se non altro, sotto la mia guida il tono dei tuoi discorsi migliorato. Adesso, aiutami a escogitare un piano. Riprendemmo a svuotare i buglioli in mare.

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Capitolo 44
Luis non lo sapeva, ma io stavo soppesando anche altre possibilit. Avevo preso in simpatia il loquace Arturo e l'avevo incalzato di domande sulla nave: gli ufficiali e l'equipaggio, le cariche e le funzioni, la gerarchia e l'organizzazione a bordo. Qualche idea iniziava a frullarmi per la testa. In fondo, avevo un disperato bisogno come Luis di essere alloggiato sovraccoperta, anzi, anche pi di lui. Avevo un motivo per voler tornare in Nuova Spagna. Mara. Lei era laggi, da qualche parte insieme all'esercito di Guerrero. Dovevo trovarla. Aveva bisogno di me e, sopra ogni cosa, io l'amavo. Inoltre, io e Luis avevamo un posto di favore sulla nave. Il compartimento della polvere da sparo si trovava in una stiva della nave sopra la carena, non lontano dal punto in cui noi svuotavamo i buglioli. Io e Luis in realt riuscivamo a osservarlo, quando il capocannoniere della nave ne entrava o ne usciva. Rivolgersi a un membro dell'equipaggio, in particolare a un ufficiale, era un'offesa punita con la fustigazione, quindi parlare con lui comportava certi rischi. D'altra parte non avevo molte alternative. Io e Luis avevamo un bisogno disperato di una cuccetta. Un pomeriggio, mentre l'ufficiale entrava nel magazzino delle polveri con una ghirba, osai avvicinarlo. Signor capocannoniere azzardai, voglio che voi sappiate che sono un esperto armaiolo e so anche fabbricare la polvere da sparo. Il mio amico Luis un abilissimo cannoniere. Davvero? Mi fece cenno di entrare nel magazzino. Come nella bottega dove avevo lavorato, non c'era traccia di oggetti metallici, niente che potesse produrre una scintilla. Era un locale piuttosto disadorno e spartano: barilotti di polvere, un banco di lavoro e uno sgabello di legno. Allora tu dici di conoscere la polvere, indio? S, seor. Che tipo di polvere questa? mi chiese, tenendo un sacchetto all'altezza del mio viso.
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Ho bisogno di vedere la grana, patrn. Ne vers un po' sul palmo della mano affinch potessi esaminarla. Dimmi a cosa serve: per i cannoni, i moschetti, le pistole o la demolizione? Se allo stato puro o degradata. Avanti, azteco bastardo. Dimmelo. Avevo paura di toccarla, poich per un indio persino toccare la polvere nera era considerato un crimine. Nonostante ci, riuscii a distinguere che era la gradazione fine adatta per le pistole. Guardala da vicino. Alz il palmo della mano per farmela vedere. Io credo che sia... A quel punto, di scatto, mi gett la polvere negli occhi spalancati. Afferrandomi per la nuca, mi fece affondare gli occhi tra i granelli che teneva in mano. Urlando dal dolore, cercai di strappar via la sua mano che mi tormentava gli occhi e accidentalmente lo feci cadere. Furibondo, si rialz e mi colp alla testa con il pesante manico del suo frustino. Quando ripresi i sensi, lui e il suo aiutante mi stavano trascinando verso uno dei portelli. Mi fecero piegare sul cannone e il capocannoniere mi percosse selvaggiamente per quella che lui definiva la mia insubordinazione. Quando mi rigettarono nel compartimento degli schiavi, le parole di commiato dell'aiutante furono: Non osare mai rivolgerci la parola. Ebbene, per quanto male fosse andata, almeno non mi avevano consegnato al comandante che mi avrebbe fatto legare all'albero e fustigare fino a strapparmi la pelle dalla schiena. Per due giorni io e Luis discutemmo sui vantaggi che avremmo ottenuto se avessimo ucciso il capocannoniere e il suo aiutante. A parte il piacere che ne avrei tratto personalmente, non vedevo alcun beneficio. Luis non fu affatto sorpreso, quando gli svelai il segreto del mio mestiere di armaiolo. Ancora pi intelligente e subdolo di quanto pensassi, lui aveva notato qualcosa che a me era sfuggito. Ucciderlo significherebbe lasciare la nave priva di un esperto di polveri e di funzionamento dei cannoni. El Capitn sarebbe costretto a rivolgersi a te, giusto? Poi potresti assegnarmi il posto di capocannoniere. Ucciderlo non una buona idea dissi io, scuotendo il capo. Saremmo i primi a essere sospettati, e, come ha detto Arturo, siamo esseri
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sacrificabili. Ci frusterebbero e ci darebbero in pasto agli squali senza troppi problemi. Allora ci toccher marcire qui dentro fino alla morte? No, dobbiamo escogitare un altro piano... un piano con almeno una minima possibilit di riuscita.

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Parte Undicesima

Vi punir con un giro di chiglia... Capitn Zapata

Capitolo 45
Col passare dei giorni, presi l'abitudine di osservare di nascosto il capocannoniere e il suo aiutante mentre preparavano la polvere nera con cui addestrare gli artiglieri. Non fabbricavano la polvere, come io avevo fatto spesso: il responsabile la esaminava per controllarne l'umidit, l'adulterazione e le giuste proporzioni degli ingredienti, nonch la dimensione e la consistenza dei granuli. Le navi sicuramente erano i posti meno adatti a immagazzinare le polveri, data l'umidit e l'onnipresenza dell'acqua marina. Inoltre, c'era l'assoluta necessit di certificare che la polvere fosse stata miscelata adeguatamente, e questa era questione di vita o di morte. Infatti, se la dimensione della grana non fosse stata corretta, la grande quantit di polvere che gli artiglieri solitamente pigiavano nelle volate dei grossi cannoni li avrebbe fatti saltare in aria fuori bordo, destinandoli a una morte atroce e a una tomba d'acqua. Due cose iniziarono a impensierirmi, a proposito del capocannoniere. Rappresentava la nostra unica via d'uscita dalla vita in sentina, e lo avremmo certamente ucciso, ma nello stesso tempo rappresentava un ostacolo alla nostra fuga. Per di pi, non avevo dimenticato il fatto che mi aveva gettato negli
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occhi la polvere nera e la severa punizione che era seguita e che mi avevano inflitto lui e il suo aiutante. Il mio cervello febbricitante aveva ideato un piano che ci avrebbe salvato dalla sentina e messi al sicuro in modo permanente sovraccoperta, oltre a vendicarmi del capocannoniere per il suo immotivato abuso di potere. All'ora di pranzo usc dal magazzino lasciando dietro di s i lotti di polveri per cannoni, i moschetti e le pistole che stava preparando per le prove previste alla fine della settimana. Quando avesse terminato il suo lavoro avrei voluto metterci sopra le mani. Per questo, per, avevo bisogno di aiuto... ovviamente dal solito Luis pieno di risorse. Quando gli esposi il mio piano, mi diede una sonora pacca sulla spalla. Amigo, sono lieto che il mio insegnamento non sia andato sprecato. Sei proprio un bravo alunno. Ogni giorno che passa assomigli sempre di pi a me... davvero. Sei diventato del tutto privo di scrupoli, eh? Ma non sei nato cos: dipende dal mio esempio. O sbaglio? Per uscire da quella dannata sentina saresti disposto a uccidere senza esitazioni chiunque si trova a bordo di questa nave. S, se cercassero di tenermi chiuso qui dentro. Tutto quel che conta la tua sopravvivenza e la riuscita del tuo piano. Uccideresti sia i colpevoli sia gli innocenti, i giusti e gli ingiusti... se questo servisse a farti uscire dalla sentina e scendere da questa nave. Io non mi descriverei proprio cos, ma Dio mi testimone che fuggir da questa nave-prigione. Ben detto, mio azteco bastardo. Lo hai detto come... come... be', come avrei potuto dirlo io! Ma per sbarazzarci del capocannoniere e del suo aiutante devo entrare nel magazzino delle polveri. Puoi farmi entrare l dentro, mentre il capocannoniere si gode il suo pranzo? Io sono il gran maestro delle irruzioni clandestine. In tutta sincerit aggiunse Luis con un sorrisetto furbesco, io posso penetrare qualsiasi serratura del mondo come un coltello nel burro. Il lucchetto che chiude la porta mi sembra difficile da scassinare. Lascia fare a me.

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Capitolo 46
Non dubitai nemmeno per un secondo che Luis fosse capace di farci entrare nel magazzino delle polveri. E ci riusc con un'abilit sorprendente, senza dubbio affinata da molta pratica nel forzare lucchetti. Dopo di che toccava a me incrementare la potenza della polvere nera destinata ai cannoni. Trovai un barilotto di eccellente polvere da pistola a grana fine, l'unico disponibile dato che tutta l'altra polvere presente in magazzino era degradata. Versando in un barilotto vuoto la polvere da cannone gi preparata dal capocannoniere, rovesciai quasi tutta la polvere per pistole nel contenitore di quella da cannone, avendo cura di lasciare uno strato superiore di quest'ultima. Di grana pi fine, la polvere da pistola sarebbe bruciata pi rapidamente e a una temperatura pi elevata. In piccole quantit, tale velocit di accensione ideale per dare propulsione a una pallottola di pistola, mentre in grandi quantit una polvere cos fine aumenta la forza di esplosione di un cannone. Dubitavo che il cannoniere potesse correre dei rischi. Un cannone in grado di assorbire un'esplosione enorme e anche spezzarsi in due senza uccidere il cannoniere. O, almeno, non necessariamente. Tuttavia lo scoppio poteva rendere il cannone inutilizzabile. Peraltro, non volevo affatto lesinare nell'adulterazione della polvere da cannone. Io e Luis avevamo solo una possibilit di lasciare il nostro lavoro di schiavi di sentina, e di fuggire da quei dormitori afosi, opprimenti e infestati dalle malattie. Non era mia intenzione peccare di moderazione. La mia speranza era che se il cannone avesse fatto cilecca la colpa sarebbe ricaduta sul capocannoniere e il suo aiutante. Quindi io e Luis avremmo rispettivamente ottenuto un posto di lavoro nel magazzino delle polveri e un altro come artigliere. Per quale motivo il comandante avrebbe dovuto negarceli? Saremmo stati gli unici due uomini a bordo capaci di fabbricare la polvere da sparo e di usare un cannone. Forse Luis aveva ragione. Forse segretamente avevo lo stesso suo cinismo circa la vita e la morte. Mentre le ore che precedevano la prova del
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cannone passavano lente, mi sentivo proprio cos: non m'importava pi nulla se gli addetti al tiro vivevano o morivano. L'unica cosa che m'importava era la mia, di sorte. E quella del mio amico Luis.

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Capitolo 47
La prova del cannone era prevista per met pomeriggio. Nelle tre ore precedenti avevo pregato forse per la prima volta da quando ero bambino e mi inginocchiavo insieme agli altri parrocchiani nella cappella del paese sotto la guida di fra Diego. Pregavo soltanto che il piano funzionasse. Negli ultimi minuti le mie preghiere divennero pi affannose. Pregavo il dio pi eminente e onorato dei miei antenati aztechi, il nostro Salvatore, Quetzalcoatl, per la liberazione divina da questo inferno dei mortali. Non presi neppure in considerazione una supplica a Ges Cristo, il salvatore cristiano che predicava di porgere l'altra guancia e che beati sarebbero stati i costruttori di pace: avrebbe di certo disapprovato il mio disegno subdolamente violento. Ebbe cos il sopravvento il mio sangue azteco, perci, mettendomi carponi, implorai Quetzalcoatl di liberarmi dalla furia dei cani bastardi spagnoli... e, almeno, di rendere la polvere da sparo abbastanza potente da distruggere il cannone per gettare discredito sugli esperti della nave. A quel punto Luis interruppe le mie preghiere, il volto impaurito. Strano, perch di solito nulla lo intimoriva. Luis aveva sbirciato dietro l'angolo e visto il maestro delle polveri e il capocannoniere entrare in una postazione di cannone. Sono entrati in postazione. Sai quale cannone intendono provare? No. Indic con un dito la paratia che avevamo di fronte. quello del compartimento accanto. Quello che ha potenza doppia rispetto a tutti gli altri cannoni. Stavo per supplicare Quetzalcoatl di annullare la mia ultima richiesta quando io e Luis udimmo il capocannoniere contare alla rovescia per la prova del grosso pezzo d'artiglieria. Tre! Dobbiamo uscire di qui sussurrai con insistenza. Mai mi rispose Luis prontamente. La fuga prova di colpevolezza. Se qualcuno ci vedesse correre via e questo coso saltasse in aria, il comandante ci far abbracciare l'albero per spellarci a colpi di frusta, ci
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dar da mangiare i nostri cojones e il resto lo dar in pasto agli squali. Due! Io e Luis ci portammo le mani alle orecchie e ci acquattammo in un angolo, la faccia tra le ginocchia. Ci coprimmo le teste con due buglioli vuoti. Uno! Un boato deton nei nostri timpani come se fosse giunto il giorno del giudizio universale. Lo scoppio ci sollev da terra e sbatt i nostri corpi per tutto il minuscolo compartimento, come se fossimo stati due cubetti di ghiaccio in una bottiglia vuota scossa da un ubriaco furibondo. Accecati, ci ritrovammo in preda a colpi di tosse per liberare i polmoni dal fumo biancastro, puzzolente e soffocante della polvere da sparo. Le orecchie mi pulsavano, la testa mi girava e risuonava come la campana della chiesa di una missione. Mi sentivo tutte le ossa rotte. Annaspavo cos convulsamente da non riuscire pi a respirare. A poco a poco la densa nube di fumo si dirad. Dove prima c'era la paratia frontale del nostro compartimento si affacciava un enorme squarcio slabbrato. Oltre il foro, il massiccio cannone era sbucciato come una banana a entrambe le estremit. Quasi tutta la culatta era ridotta a pezzi. Sia dal fondo sia dalla bocca del cannone usciva un fumo denso, come se all'interno bruciassero le fiamme dell'inferno anzich la carica esplosiva da me accelerata. Al posto della feritoia di sparo c'era un'enorme apertura contornata da tavole di legno spezzate, incenerite e in fiamme, che sporgevano in fuori tra il blu del mare agitato e il cielo turchese. I pochi resti dei serventi al pezzo erano stati scaraventati qua e l dall'esplosione intorno alla postazione dove ora ci trovavamo. La forza dell'esplosione aveva gettato il tronco sanguinante del capocannoniere addosso a Luis, che and a sbattere contro la paratia posteriore. Imperterrito, Luis ignor di avere la mascella destra sanguinante. Chinandosi, in un gesto rapido, sui resti dell'uomo, Luis gli svuot le tasche e la borsa del cinturone. Impossessatosi lesto di svariate monete d'oro, si cal i pantaloni e se le infil alla svelta e con abilit nel sedere, come per custodirle in un luogo sicuro. Mi apparve chiaro che Luis aveva gi fatto una cosa simile in passato. Dopo di che si appoggi a quello che rimaneva della paratia posteriore e io lo raggiunsi.
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Penso che il carpentiere di bordo avr il suo bel daffare, qui disse Luis amabilmente. Che ne dici? Il comandante sar a corto di due esperti in polvere da sparo. Potrebbe presentarsi una buona occasione per due uomini d'ingegno.

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Capitolo 48
Dovevamo in qualche modo far sapere al comandante che eravamo esperti in polvere da sparo e cannoni. Non sarebbe stato difficile convincerlo che avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di due uomini pratici di armi e munizioni. Raggiunte le acque delle Filippine e della regione del Catai, notoriamente infestate dai pirati, la nave sarebbe stata un facile bottino per quei predoni, se le polveri non fossero state asciutte e i cannoni pronti a far fuoco. Come schiavi di sentina, la possibilit di un colloquio diretto con il comandante era verosimile quanto una chiacchierata tra un addetto alle fogne e il re. E anche pi rischiosa, sebbene le punizioni corporali si fossero notevolmente ridotte, ora che navigavamo da molte settimane e praticamente nessuno dei nostri compagni di sventura sarebbe sopravvissuto a un tale trattamento. Arturo ci inform che il capo sentina Emile e il suo assistente, insieme ad altri membri dell'equipaggio, avrebbero dovuto rimpiazzare gli schiavi schiantati dalla fatica, se quelli rimasti fossero stati insufficienti a tenere a galla la nave. Avremmo dovuto comprare l'aiuto di Emile in modo da recapitare il nostro messaggio al comandante. Decidemmo di non usare i soldi che Luis aveva trafugato al maestro delle polveri. Si render conto che sono soldi rubati gli feci notare. C'eravamo solo noi, insieme al maestro delle polveri e al capocannoniere. Ci deruber a sua volta, oppure ci tradir. Una volta Luis aveva pagato un barbiere di Toledo per farsi riempire d'oro un grosso molare sulla parte sinistra della bocca, dopo che quello aveva raschiato via quasi tutta la carie dal dente. Appena prima di occuparsi della mia bocca con martello e scalpello, aveva tagliato una gamba di un altro con una sega mi raccont Luis, descrivendo come i barbieri arrotondavano i loro guadagni improvvisandosi chirurghi e dentisti. Anche nella situazione pi disperata non sarebbe stato mai completamente al verde... poteva sempre farsi strappare il dente d'oro massiccio. Amiga mi disse Luis quella sera, le cose non potrebbero mai andare
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peggio di cos. Sei sicuro che dobbiamo proprio corrompere Emile con quell'oro? In fondo, far un favore alla nave. Lo dovresti sapere meglio di me. Nessuno fa niente per qualcuno, su questa nave, se non in cambio di qualcosa. Soprattutto uno come Emile. Aveva ragione. Sapevo anche che il capo sentina non avrebbe fatto nulla per uno schiavo che avrebbe potuto mettere a repentaglio la sua posizione. Anche trasmettere un'informazione al comandante poteva costare una bella punizione. Tuttavia, intravedevo un'altra possibilit. Potremmo promettere di estrarre questo tuo dente che ti duole cos atrocemente, quando vedr la tua mascella livida e gonfia, e darlo a Emile se si incaricasse di trasmettere il messaggio. Ma solo dopo che noi due avremo potuto incontrare il comandante. Vedrai, ci creder. Quella mascella gi gonfia a causa dell'esplosione di questo pomeriggio. Dopo aver parlato con il comandante ed essere stati promossi membri effettivi dell'equipaggio, potremo dire a Emile che il dolore non era affatto dovuto al dente guasto ma all'esplosione. In altre parole, gli mentiremo. Chi lui, dopotutto? Solo un cattivo hombre che ci frusta a sangue. Luis mi scrut negli occhi, come per cercarvi qualcosa. Giovane amico, le mie arti di tutore finalmente stanno dando frutto. Luis ha mal di denti spiegai al capo sentina la sera stessa, facendogli inoltre sapere che gran parte del dente era costituito da oro massiccio. Prima di questo gli dissi che io e Luis eravamo esperti in polvere da sparo e cannoni. Sembr disposto a credermi, poich era gi al corrente della punizione che mi aveva inflitto il capocannoniere appunto perch avevo sostenuto la stessa cosa. L'esplosione dimostra il pessimo stato in cui si trovano gli armamenti della nave. Se voi foste in grado di fornire al comandante due esperti in polveri e cannoni, allora... Feci un largo sorriso e mi strinsi nelle spalle. Sotto molti aspetti era uno stupido, ma aveva un'astuzia animalesca. Se voi foste in grado di procurarmi un paio di pinze e un coltellino e portare un messaggio al comandante circa le nostre capacit, io estrarr il dente di Luis, che poi sar vostro. Guardate pure la sua mascella. Luis si afferr la mascella gonfia e gemette penosamente. Osservai con sguardo intenso gli occhi crudeli ma vili di Emile. Potevo leggere la paura e l'indecisione sulla sua faccia da vigliacco. E vi scorsi
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anche avidit. Senza dubbio l'idea di limitarsi a strappar via il dente senza darci nulla in cambio lo tentava. Ma l'infezione che sarebbe seguita non solo sarebbe costata alla nave la perdita di un altro prezioso schiavo da sentina, ma si sarebbe sparsa la voce che Emile l'aveva fatto per impossessarsi di un dente d'oro. Poteva rimediare una severa punizione corporale anche solo per aver rivolto al comandante una richiesta da parte di due schiavi di sentina, ma le voci che accreditavano Luis come un nobile caduto in disgrazia a causa di una donna respinta - che egli stesso aveva diffuso, naturalmente - gli conferivano la dignit di un hombre macho, aggiungendo credibilit alle sue affermazioni di essere un esperto degli strumenti di guerra. Dammi il dente disse Emile. Estrarremo questo dente solo dopo aver visto El Capitn url Luis come un animale in agonia... un lupo impazzito che soffriva bestialmente. Emile insistette per vedere il dente d'oro di Luis. Un'oncia di oro azteco massiccio disse Luis, raddoppiando la quantit effettiva. Gemendo e massaggiandosi ancora la mascella gonfia, spalanc la bocca e lasci che Emile desse una breve occhiata. Vale molto pi di quanto riuscireste a guadagnare nella vostra vita dannata e disperata. Giuro sulle tombe della mia santa madre e del mio venerato, amatissimo padre, precocemente scomparso, che si tratta di oro di purissima qualit. La madre di Luis era una puta truffatrice, e quanto al padre... nessuno sapeva chi fosse veramente, ma Luis era il primo ad ammettere che probabilmente aveva finito i suoi giorni su un patibolo. Sul serio voi due conoscete i cannoni e la polvere? chiese Emile. Elargimmo al povero sciagurato ignorante dei sorrisi ampi, luminosi e rassicuranti, che andavano da un orecchio all'altro. Il topo di sentina insistette per dare un'altra occhiata al tesoro d'oro azteco che lo aspettava nella bocca di Luis... prima di dichiararsi d'accordo.

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Capitolo 49
Per quanto Emile fosse avido di danaro, era un uomo di parola. Quando parlammo del nostro piano con Arturo, lui sorrise. Quell'idiota di Emile non ha capito niente, ma il comandante per forza di cose vi ricever, e vi accoglier anzi a braccia aperte se lo saprete convincere del vostro talento disse Arturo. Ci che Emile non in grado di comprendere, cos accecato dalla paura e dall'avidit, che il comandante ha bisogno di voi due come dell'aria che respira. Presto entreremo nel Vicolo dei Pirati, dove i predoni del Sudest asiatico danno la caccia ai mercantili come fossero conigli da scuoiare. A causa della sua incompetenza, il capocannoniere ci ha lasciati in una situazione di vulnerabilit disse Luis. La polvere nei depositi della nave tutta da controllare. Il capocannoniere deve continuamente assicurarsi di essiccarla, raffinarla e rimescolarla per garantirne la piena efficienza. I cannonieri non potranno sparare fino a quando un esperto l'avr esaminata e dichiarata sicura. Emile inoltr il messaggio al Capitn Zapata. La predizione di Arturo si rivel esatta... il comandante ci mand a chiamare. Puzzavamo cos tanto che ebbe cura di riceverci mettendosi controvento sulla coperta di prua. Durante l'interrogatorio non ci degn di uno sguardo, ma ci apostrof in tono insolente e offensivo. Tuttavia, s'intendeva di polvere e artiglieria ed entr nel dettaglio di entrambi gli argomenti. Insistette ripetutamente con me non solo riguardo alla composizione della polvere da sparo, ma anche sulla consistenza dei granuli, sulle tecniche di sgranatura e su quali variet di polveri fossero le migliori secondo i differenti calibri dei cannoni. Sembrava ancora pi scettico riguardo a Luis, e ancora pi offeso rispetto a me, l'indio. Ovviamente non era sorpreso dal fatto che gli indios, che considerava poco pi che selvaggi, finissero per diventare schiavi di sentina. Che un ispanico, con la reputazione di baro e accusato di praticare la magia nera, finisse in quell'inferno in terra, per il comandante significava che Luis era intrinsecamente subdolo e senza dubbio pericoloso... oltre che un traditore.
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Supposizioni niente affatto infondate. Peraltro, non aveva molta scelta. Il selvaggio e il baro erano le sue uniche speranze. Alla fine, il Capitn Zapata disse: Se mi avete mentito circa le vostre capacit, vi punisco con un giro di chiglia fino a quando la carne non vi si stacca dalle ossa. Sospir. Ditemi di cosa avete bisogno per cominciare. Avevamo bisogno di aiuto, specialmente Luis con i cannoni. Ma il mio compagno di sventura non era cos sprovveduto da suggerire personalmente il nome di Arturo. Il comandante disprezzava Luis con tale tracotante veemenza che avrebbe rifiutato una sua proposta solo perch l'aveva fatta lui. Ma dovevamo pur dire qualcosa. Arturo ci aveva aiutati, e gi nella sentina prima o poi avrebbe affrontato una morte certa. In sentina c' un altro uomo che conosce gli armamenti mi premurai di rispondere. Un marinaio di nome Arturo. Una volta era sergente d'artiglieria nell'esercito. Abbiamo bisogno del suo aiuto per i cannoni. Non aggiunsi che, come Luis, Arturo aveva avuto una spiacevole disavventura con l'esercito di Spagna che lo aveva persuaso a cambiare vocazione, residenza e identit. A quel punto il comandante mi guard per la prima volta. Direttamente. Negli occhi. Senza battere le palpebre. I suoi occhi erano arrossati e riuscivo a vedere che la pelle intorno si stava afflosciando. Sembrava malato, persino febbricitante. Immaginai che dovesse aver perso molto peso, di recente. Era stato sicuramente molto male. Vogliamo il marinaio Arturo, Capitn Zapata dissi con fermezza. Non mi fido di lui. Affrontai il suo sguardo arrogante. Abbiamo bisogno di lui. Voi lo avete punito per un atto illecito. Ora egli lavorer alacremente per voi. E con assoluta lealt. Non vorr certo ritornare in sentina. Continu a fissarmi, senza battere ciglio. Voi tre dovrete essere rimpiazzati, laggi. Lanciando un'occhiata raggelante e sprezzante a Luis, il comandante gir sui tacchi e si diresse verso la sua cabina, probabilmente pregando che il vento, e la nostra puzza, non cambiassero direzione. Ancora una cosa, Capitn dissi in tono suadente. Si volt di scatto, il volto come una maschera d'ira repressa a stento. Per
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un attimo pensai di essermi spinto troppo oltre. Cosa? Per poter miscelare la polvere, abbiamo anche bisogno di ripulirci e disporre di vestiti puliti e asciutti. L'ideale sarebbe di stoffa bianca. Non vogliamo contaminare la polvere o imbrattarcene. Potremmo scatenare un incendio. Torn a fissarmi, cercando di valutarmi, poi distolse lo sguardo. Molto bene. Il primo ufficiale sistemer la faccenda. Insieme a tutto quanto riteniate necessario per predisporre i cannoni all'uso. Si guard intorno per essere sicuro che nessun altro potesse sentire e aggiunse a bassa voce: Per qualche tempo ho sospettato che il maestro delle polveri e il capocannoniere precedenti comprassero polveri e pezzi d'artiglieria scadenti, facendomeli pagare come fossero di ottima qualit e intascando la differenza. Non appena arrivarono nuovi materiali abbandonarono la nave e sparirono. La feccia che saltata in aria erano i loro inetti rimpiazzi. Sono particolarmente preoccupato della qualit dell'artiglieria di questa mia nave. Scosse il capo in segno di disgusto. Sono anche reduce da sei settimane di malattia e riesco appena ad alzarmi dal letto. Mi sono scioccamente fidato di altri. Ci fiss ancora una volta, incerto se il permesso accordato a due schiavi di sentina di assumere il comando degli armamenti della nave fosse la conseguenza di qualche incubo infernale avuto durante un accesso di febbre. Per un attimo i suoi occhi ebbero un lampo di follia, come se stesse osservando due demoni, e appoggi la mano sull'elsa della spada. Io raggelai, chiedendomi se stesse pensando di farci a pezzi. Poi gir i tacchi e raggiunse in fretta la cabina.

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Parte Dodicesima
I Camini dell'inferno

Capitolo 50
Il primo ufficiale, Ortega de Gasset, era un omone corpulento e goffo con una folta barba, un torace grande quanto un barile di vino, un naso simile al becco di un'oca e una carnagione incredibilmente scura per un ispanico. La maggior parte dell'equipaggio del galeone indossava pantaloni di cotone retti da cinturoni e calzava sandali di corda. Gli ufficiali di coperta indossavano camicie bianche a strisce nere orizzontali, pagliette a tesa stretta con sottogola e portavano frustini con manici di cuoio grezzo appesantiti di piombo avvoltolati e appesi alla cintola. Ortega ci port a vedere gli alloggi del defunto capocannoniere e dell'assistente passato all'altro mondo con lui. Senza spazio per muoversi, c'era posto solo per due brande e due bauli da marinaio. Ereditammo i loro miseri averi, compresi i vestiti. Ortega ordin che un marinaio ci portasse un grosso bugliolo con una lunga corda annodata al manico. Per lavarvi. Legatela al bordo di murata prima di gettarla in mare per riempire il secchio d'acqua disse Ortega. Se la perderete, vi getter in mare a cercarla. Non avevo motivo di dubitare che l'avrebbe fatto davvero. Ci diede una saponetta per il bucato, una spazzola di setola resistente dal manico di legno e alcuni stracci puliti con cui lavarci e asciugarci. Inoltre, una grossa pentola piena di manzo salato, tortillas e fagioli cotti, insieme a un secchio di acqua potabile e un lime per prevenire il temuto flagello
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dello scorbuto. Ignorando gli oggetti da bagno, ci avventammo su cibo e acqua, divorando e bevendo tutto in una volta, senza nemmeno scambiarci uno sguardo. In seguito ci dedicammo a riempire il bugliolo legato alla corda, dopo di che, a turno, facemmo il bagno. Quello che non era impegnato a lavarsi si occupava di tirare su altre secchiate di acqua marina. Ci occorsero sei secchiate e met della saponetta ciascuno, oltre a una vigorosa strigliata con la spazzola, per toglierci di dosso il puzzo della sentina. Prima ancora di aver finito, i nostri corpi nudi e arrossati scottavano per via della soda caustica, del lavaggio energico e dell'acqua salata a nostra disposizione. Come maestro delle polveri e capocannoniere, indossammo gli stessi abiti a strisce orizzontali e le pagliette a tesa stretta degli ufficiali, e ci mi rincuor, altrimenti qualche ufficiale di coperta avrebbe potuto scambiarmi per lo schiavo di sentina che ero stato, dandomi per punizione un colpo in testa con una caviglia per impiombare. Gli abiti dei defunti ci stavano abbastanza bene, e proprio mentre li stavamo indossando il primo ufficiale Gasset venne a prelevarci per fare un giro d'ispezione alle artiglierie e ai depositi di polvere da sparo della nave. Ci disse che Arturo stava per essere rilasciato e ci avrebbe raggiunti pi tardi. Luis dedic all'esame dei cannoni una quantit spropositata di tempo, arrivando al punto di arrampicarsi in cima alle canne per studiarli meglio dalla parte della volata. Non disse nulla, ma aveva un'aria insoddisfatta. Da parte mia non mi sentii per niente rassicurato dai barilotti di polvere da sparo immagazzinati in diversi punti della nave. Seguendo l'esempio di Luis, ignorai le domande del primo ufficiale. Vi prego di riferire al comandante che vorremmo parlargli in privato, non appena possibile disse Luis. Ora abbiamo bisogno di tempo per redigere i nostri rapporti aggiunsi io. Il primo ufficiale Gasset ci fiss per un minuto buono, amareggiato dal fatto che non intendevamo metterlo al corrente dei nostri rilievi. Muy bien si conged infine, lasciando la nostra angusta cabina. Io e Luis ci fissammo in silenzio per molto tempo. Finalmente fu Luis a
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parlare: Che cos'hai visto?. El Capitn purtroppo aveva proprio ragione... L'unico lotto decente di polvere a bordo era quello utilizzato per la prova del cannone principale. Dopo aver finito la prova, non ne sono rimasti altri. Il resto buono solo per far saltare ceppi d'albero, al massimo. Gran parte delle polveri irrimediabilmente guastata dall'acqua assorbita su altre navi, poi stata acquistata per questa a un prezzo ribassato. E tu, che mi dici dei cannoni? Qualcuno ha sostituito i cannoni di cui era fornita la nave in precedenza con ferraglia arrugginita, probabilmente mentre il comandante era a terra disse Luis. In effetti, un cannone difettoso sarebbe stato un motivo pi che sufficiente per provocare l'esplosione che ha mandato all'inferno il capocannoniere, senza bisogno della nostra manomissione. Qual il pi grosso problema dei cannoni? chiesi. Le fenditure. Alcune culatte e canne sono percorse da sottili crepe che sono state annerite per renderle meno visibili. Quindi entreremo nel Vicolo dei Pirati indifesi? Anche se i cannoni funzionassero, mi hai appena detto che la polvere adatta solo per lavori di demolizione. Cosa dovremmo fare? Dirlo al comandante, ma quanto agli altri tenercelo per noi rispose Luis. Non vorr che si sparga la voce. Fece una smorfia. Probabilmente finiremo come esche per gli squali prima di aver portato a termine la navigazione. Anche se dovessimo farcela, la nave non potr intraprendere il viaggio di ritorno senza essere riarmata di cannoni e polveri a un prezzo esorbitante. A quel punto il vicer di Manila vorr la pelle del comandante. Ma naturalmente eviter una simile punizione se saremo attaccati dai pirati. Incapaci di difenderci, a quel punto saremo morti tutti quanti. Dobbiamo tenere in conto che un attacco ci sar sostenni io. Arturo dice che solitamente i pirati mettono alla prova la forza di tutte le navi che intendono assaltare, ritirandosi solo se la nave d prova che le polveri sono asciutte e la mira dei cannonieri precisa. Ma possiamo sperare che non ci attacchino. La speranza roba da vecchiette e bambini. Abbiamo bisogno di una strategia ribatt Luis. Si accarezz la barbetta ispida. Non c' modo che tu possa ricondizionare le polveri disponibili per renderle adatte al
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munizionamento? Avevo gi risposto due volte a quella domanda. No. Forse allora avremo bisogno che la mano sia pi veloce dell'occhio. Luis, qui non si tratta di derubare i gioielli di qualche ricca vedova, qui si parla di sopravvivere su questa nave infernale, combattendo contro pirati assassini con una polvere da sparo che al massimo pu fare puf e sparare palle di cannone con una gittata di meno di due metri... la lunghezza delle nostre bare. Stiamo per finire all'inferno e... 7 Camini dell'inferno... disse Luis. Camini dell'inferno? Cosa sono? Una scorciatoia per arrivarci? Un'arma che far saltar via i cojones dei pirati pi agguerriti. Proprio allora il primo ufficiale Gasset buss alla nostra porta: Il Capitn Zapata vuole vedervi, adesso. Non soddisfatto. E se fossi in voi non mi azzarderei a farlo aspettare.

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Capitolo 51
Io e Luis entrammo nell'alloggio del comandante. Il primo ufficiale Gasset chiuse la porta e rimase in piedi dietro di noi. Il Capitn Zapata era seduto alla sua scrivania, intento a lavorare sul giornale di bordo. Ero certo che ci fossimo levati di dosso il lezzo e lo sporco di sentina. Tuttavia, il comandante ci scrut, ci annus, sbuff e ci lanci un'occhiata torva e minacciosa, come se noi due puzzassimo di zolfo bruciato. Atencin! grid il primo ufficiale Gasset. Scattando sull'attenti, si erse dritto come un fuso. Le braccia inchiodate ai fianchi, guardava fisso dinanzi a s qualche oggetto invisibile appena sopra la testa del comandante. Luis fece lo stesso. Caspita... Noi due non eravamo pi schiavi di sentina. Per una frazione di secondo scimmiottai l'esempio di Gasset e Luis. Al contrario di quei due, io non avevo ricevuto un addestramento militare, ma avevo anche fondati motivi che mi spingevano a evitare l'ira del comandante. Era molto svelto a far legare gli uomini all'albero, per poi strappar loro la camicia e scorticare la schiena a frustate. Alla fine distolse lo sguardo dal giornale di bordo. Con un'occhiataccia di supremo disprezzo, aggrott la fronte in segno di disgusto. Avete esaminato le polveri e l'artiglieria? chiese con la penna ancora in mano, gli occhi sul giornale di bordo rilegato in pelle aperto davanti a s. S, Capitn disse Luis. E...? Chiedo il permesso di parlare da soli con il comandante intervenni io. Il primo ufficiale Gasset reag mostrando chiaramente la sua indignazione per la nostra presunzione. Anche il Capitn Zapata ci guard irritato... ma suo malgrado incuriosito. Appoggi la penna sulla scrivania. Sar meglio che sia per una buona ragione. Comprendiamo, signore disse Luis. Almeno, per, avevamo richiamato la sua attenzione. Molto bene disse. Primo ufficiale Gasset, pu andare, ora. Gasset fece il saluto militare, gir furente sui tacchi e lasci la cabina,
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ma ebbe cura di richiudere piano la porta alle sue spalle. Bene, cosa c' di cos grave sulle nostre difese da richiedere un colloquio privato? Guardai Luis con la coda dell'occhio. Non state l impalati come due statue, sputate il rospo. Seor Capitn arrischiai, incerto su come avrei dovuto rivolgermi a lui, quanti nuovi membri dell'equipaggio avevate imbarcato in porto? Praticamente tutti gli ufficiali. La nave si trovava in bacino di carenaggio, issata su un'impalcatura per riparazioni indispensabili. Mi ero preso un malanno a Manila nell'ultimo viaggio ed ero costretto a letto, malato... abbattuto dal contagio. Distolse lo sguardo. Il dottore mi disse che sarei potuto morire. Non so cosa abbia ordinato il capocannoniere dissi, ma il novanta per cento della polvere scadente... appena utilizzabile per far saltare ceppi d'albero. Se usata per far sparare i cannoni, non sar n efficace n affidabile. Perch esploso il cannone principale? Pezzo difettoso. La mia malafede non era totale. Per quanto avessi arricchito la potenza della polvere, non avrebbe fatto esplodere un cannone costruito a regola d'arte. E il resto dei pezzi d'artiglieria? chiese il Capitn Zapata, rivolgendosi a Luis. La maggior parte altrettanto scadente. Forse potrei recuperarne tre o quattro in grado di sparare cariche leggere, ma non avremmo comunque la polvere da sparo necessaria. Sta dicendo mi intromisi, che entreremo nel Vicolo dei Pirati disarmati... e indifesi. Dios mio! Sono perduto. Com' potuta succedere una cosa del genere? Se la nave era in bacino di carenaggio, e voi a terra, malato e non in grado di supervisionare le consegne e le installazioni, qualcuno avrebbe potuto sostituire i vostri cannoni funzionanti con ferrivecchi inservibili. Dubito del fatto che voi aveste potuto imbarcare quella ferraglia arrugginita prima del vostro viaggio precedente disse Luis. Sono stato troppo malato per ispezionare alcunch. Il primo ufficiale. La nave era affidata a lui. Io lo far... Luis alz una mano per fermarlo. Perdn, Capitn, ma lei non vorr
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che questa informazione esca da questa stanza. Se punirete il primo ufficiale, non solo perderemo un combattente di cui abbiamo bisogno, ma le sue urla faranno sapere a tutti i marinai che c' un problema grave. Dobbiamo mantenere all'oscuro l'equipaggio. Non fatene parola a nessuno ordin il Capitn Zapata. S, Capitn disse Luis. Ecco il motivo per cui abbiamo chiesto di parlarne in privato. Il comandante si alz in piedi. L'ironia che sto per riprendere il mio piede marino. In realt sto abbastanza bene per stare sul ponte un'ora o due al giorno. Se ci fosse qualcosa che potrei fare per riparare i cannoni, io... Non c' nulla da fare disse Luis. Senza potenza di fuoco siamo perduti. Quando raggiungeremo la costa e gli stretti di Manila, il tratto di mare noto come Vicolo dei Pirati, i predoni ci braccheranno. Se non riusciremo a respingerli con una serie di bordate, sciameranno su di noi come avvoltoi. Non sopravviveremo mai alle loro forche caudine. Capitn disse Luis, con il vostro permesso in realt io ho una o due idee. Ma dovremmo fare una piccola deviazione di rotta... verso il porto di Hong Kong. Conosco bene quel porto, e conosco anche un modo per armare questa nave. Il comandante fiss Luis a bocca spalancata, come se Luis gli avesse sbattuto una porta in faccia e avesse dato della puta a sua madre. Sembrava ancora pi sconcertato di quando gli avevamo detto che la sua nave era disarmata. Sei loco en la cabeza? Hong Kong un covo di pirati. Si trova a pi di seicento miglia marine da Manila. Stai suggerendo di andare laggi per comprare nuovi cannoni e polvere da sparo? impossibile. I pirati non vendono cannoni, ma li usano per procurarsi il bottino. Non sto parlando di artiglieria, e neppure di esplosivi. Di cosa, allora? Il capitano fissava Luis, incredulo. Cosa pu servire a sostituire i cannoni e le bordate? Qualcosa di molto pi letale disse Luis. Cosa pu esserci di pi spaventoso di una bordata? I Camini dell'inferno rispose Luis.

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Capitolo 52
Mentre il comandante non smetteva di fissare Luis come se il mio amigo fosse completamente pazzo, sembrava nuovamente in preda alla febbre. Spiegatevi disse. Parl con calma, ma i suoi occhi mi rivelarono che stava considerando l'idea di punirci con un giro di chiglia. Sono sicuro che voi conoscete i brulotti disse Luis. Certo. Sono come cavalli di Troia riempiti di fuoco. Il fuoco l'arma pi temuta nell'arsenale di qualunque marina militare. Duemila anni fa i greci inventarono il combustibile in seguito noto come "fuoco greco". Lo lanciavano in vasi, sparandoli con tubi, e addirittura speronavano le navi nemiche con queste barche incendiarie. Luis annu, felice di scoprire che il comandante conosceva questo tipo di armi. Gli antichi comandanti cinesi stipavano delle navi con materiale combustibile, canne di bamb secche, trucioli di legno, sterpaglie e grasso. Collegandoli alle navi nemiche con ganci e corde, le incendiavano bruciando entrambe le navi. Anche i crociati ne fecero uso. Il corsaro inglese Francis Drake aggiunse il comandante meditando, utilizz quest'arma contro la nostra Armada nel 1588. Mentre le nostre navi erano ancorate al largo di Calais nella Manica, gli inglesi fecero penetrare navi incendiarie nel mezzo della nostra flotta, disperdendo la nostra intrepida marina militare come uno stormo di sciocchi piccioni. E non dimentichiamo prosegu il comandante, accarezzandosi il mento, immerso nei suoi pensieri, che i nostri brulotti furono determinanti nella battaglia di Lepanto nel 1571. Insieme alle marine militari di Venezia e del Vaticano, battemmo i turchi in mare per la prima volta nella storia. Parteciparono allo scontro pi di duecento galee a remi, e le nostre barche incendiarie li terrorizzarono come il fuoco dell'inferno. Io stesso ero al comando di un brulotto durante la battaglia di Trafalgar disse Luis. Non che sia servito a un granch lo schern il Capitn Zapata. Quei bastardos di inglesi sconfissero noi e i francesi senza nemmeno perdere una delle loro navi. Ho anche comandato una nave incendiaria contro il Bey di Algeri aggiunse Luis.
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Mi chiesi quanti degli eroici episodi navali di Luis fossero veri. Potevo intuire dal volto del comandante che anche lui se lo stava domandando. Le autorit di Acapulco mi hanno raccontato dei vostri precedenti criminali disse il comandante, mettendomi in guardia dal vostro stile di vita infido e ingannevole. Per anni sia le autorit di polizia della colonia sia l'Inquisizione vi hanno ricercato per i vostri innumerevoli crimini contro la Chiesa, la Corona e l'onore immacolato del gentil sesso spagnolo. Se non ricordo male, le accuse contro di voi comprendevano la seduzione e la frode di vedove facoltose, la lettura del futuro per mezzo delle carte del demonio, allo scopo precipuo di privare queste donne del loro dinero e della virt, e ovviamente una serie di accuse dei crimini pi nefandi. Dopo essere stato smascherato avete abbandonato il servizio militare... Nulla di tutto ci stato provato replic Luis superando con spavalda faccia tosta l'imbarazzante esposizione dei fatti. Inoltre, nessuno dei presunti misfatti che mi vengono attribuiti smentisce l'efficacia dei brulotti... o del bisogno che ne abbiamo nella situazione attuale. I marinai di oggi impiegano vele svolazzanti, commessure di catrame per il calafataggio, corde intrise di grasso e stive stipate di polvere da sparo... e lo stesso vale per le navi dei pirati. A bordo di una nave non c' quasi nulla che non sia infiammabile e prenda fuoco entrando in contatto con l'arma di cui stiamo parlando. Luis si sporse verso il comandante. Se i brulotti non ci faranno attraversare indenni il Vicolo dei Pirati, nulla potr farlo. In tutti gli scontri navali, niente getta nel panico un nemico come la vista di un brulotto in fiamme agganciato alla sua nave. Che alternative abbiamo? chiesi io. Nessuna rispose il Capitn Zapata, tamburellando con la punta delle dita sulla scrivania, intollerante alla logorrea di Luis. E sono pi che certo che la vista di un brulotto terrificante. Purtroppo per noi, non disponiamo di quell'arma. A meno che, naturalmente, non vogliate Tampinare il nostro stesso galeone al nemico, darlo alle fiamme e morire tutti bruciati vivi. Il comandante fiss Luis per quella che sembr un'eternit. Per un attimo temetti che ci avrebbe fatto legare a gambe e braccia divaricate e frustare sino a scorticarci la pelle. Aveva ordinato che venisse fatto ad altri per molto meno. Invece, si strinse nelle spalle e disse: Avete ragione su una cosa. Abbiamo bisogno di difenderci da quei pirati che ci aspettano al largo di Manila. Cosa intendete usare come brulotti?. I sambuchi.
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Il Capitn Zapata studi Luis con aria perplessa. Avete mai navigato nella baia di Hong Kong? chiese, stringendo gli occhi in due fessure. Durante tre diversi viaggi, Capitn. Luis non mi aveva mai messo a parte di nulla di questo periodo della sua disonorevole vita depravata. Cosa avete fatto laggi? chiese il comandante. Ogni volta che il nostro comandante faceva una piccola deviazione viaggiando verso Manila, riportava indietro tre casse d'oppio. In Europa vale dieci volte pi dell'oro. Perch? chiesi, non avendo mai sentito parlare dell'oppio. il pi potente rimedio al dolore della storia spieg il comandante. Qualsiasi persona con disponibilit finanziarie e afflitta da atroci dolori pagherebbe una fortuna per averlo. Avrei dato il mio braccio destro per un po' d'oppio durante la malattia. Pagherebbero qualsiasi cifra chiesta dal venditore precis Luis. Se il dolore cos insopportabile, non hanno scelta. Sono sicuro che anche voi avevate il vostro guadagno disse il comandante. Ogni volta il mio comandante mi ricompensava con... nada. Ho sperato e pregato in tutto questo viaggio di avere l'occasione di visitare ancora una volta quella citt favolosa e comprare per il mio nuovo, e riverito, comandante la stessa polvere magica affinch anch'egli potesse diventare ricco e prospero. Ho persino pregato che un comandante simile potesse essere cos grato per la mia fedelt e per il mucho dinero che gli avrei portato, sino al punto di riservarmi una minuta frazione delle sue ricchezze inaspettate. Cosa intendete per minuta frazione? chiese il comandante. Un misero quaranta per cento? O un generoso cinque. Un patetico trenta? Avrete il dieci per cento. Se insistete ancora non avrete altro che dolore. Muchas gracias. Molto generoso, Capitn. Molto generoso poich io e Luis sapevamo che non avremmo mai visto alcuna percentuale... la trattativa con Luis per il Capitn Zapata era un fatto di convenienza temporanea, che in seguito avrebbe risolto impiccandolo alla cima del pennone.
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Il comandante torse le labbra. Come molti porti dell'Oriente, Hong Kong un covo di pirati, predatori pronti a ghermire la nostra nave come un pezzo di carne cruda. A Hong Kong ci sono i pirati, ma le fortune del Signore del Porto dipendono dalle attivit commerciali regolari con mercanti affidabili come me. Egli proibisce il saccheggio di qualsiasi nave mercantile in avvicinamento al porto e vieta di attaccare le navi che lo lasciano, se comandate da qualcuno che ha concluso affari con lui. Queste navi salpano sotto la protezione di Hung Pao. A meno che non lo si contrari in qualche modo. Hung Pao, il Signore del Porto, vi considera un uomo d'affari affidabile? Il tono di voce del comandante manifestava i suoi dubbi. S, Capitn. Hung Pao ci consegner una bandiera rossa in segno di protezione contro i pirati cinesi per tutto il tragitto fino allo stretto di Manila. Ma i predoni di Manila lo rispetteranno? In una parola, no. Siete sicuri di conoscere l'oppio? chiese il comandante. Perch non dovrebbe tentare di rifilarci una polvere qualsiasi? Come ho detto, tutto dipende dai rapporti continuativi d'affari, e Hung Pao vende oppio solo facendosi pagare in argento. una mercanzia difficile da ottenere. Per s, statene pur certo, io so distinguere il vero oppio. Pensavo che l'imperatore della Cina avesse bandito le vendite di oppio disse il Capitn Zapata. Solo se destinato al consumo interno. Quando Hung Pao lo vende ai diavoli stranieri in cambio di argento, d all'imperatore la sua parte, e il Sovrano Celeste volge lo sguardo altrove. Luis fece una pausa e sorrise al comandante. Confido che non abbiate scrupoli nell'arricchirvi grazie a un prodotto di cui le persone non possono fare a meno. Ho una nave da salvare. D'altra parte, come voi ben sapete, i soldi sono un linguaggio universale, capocannoniere disse il comandante. La sua voce e i suoi occhi gelidi mi fecero rabbrividire. questa la vera lingua franca, non il latino o il francese. D'un tratto, il comandante sorrise. Ma il suo sorriso, anzich essere rassicurante, era... spaventoso.
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Lanciai un'occhiata a Luis con la coda dell'occhio, e lo sguardo furtivo da lupo del mio compagno era identico a quello del Capitn Zapata. A parlare di soldi, sembravano fratelli di sangue. Ebbi come l'impressione che qualcuno stesse camminando sulla mia tomba.

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Capitolo 53
Quella sera, dopo cena, il Capitn Zapata ci chiese di raggiungerlo nella sua cabina. Stapp una bottiglia di raffinato Madeira, tir fuori tre tazze... e stese una mappa sul tavolo. Credevo che stesse ancora cercando di convincersi che il folle piano di Luis fosse la soluzione migliore. Individuata l'isola di Hong Kong, si sedette e tracci la rotta verso ovest considerando i venti pi favorevoli. Possiamo arrivarci tra due settimane. Quanto tempo pensate che ci vorr per comprare i brulotti e addestrare un equipaggio ridotto al minimo a virare e far navigare questa armada di sambuchi di Hong Kong e trasformarli in Camini dell'inferno? Pochi giorni rispose Luis. I sambuchi locali sono sorprendentemente facili da manovrare. Armamenti? Juan e io ci abbiamo gi pensato. Sar una cosa semplice... ma letale. Diavolo! Non avevamo pensato ancora a nulla! E non avrete problemi con l'acquisto dell'oppio? chiese il comandante con sguardo scettico. Il vecchio Hung e io siamo amici di vecchia data. Io gli piaccio perch gli porto sempre dell'argento e non gli creo mai problemi. Che diavolo, anch'io mi piacerei, se fossi in lui. Tutto quell'argento! A chi non piacerebbe? Be'... dubitai persino che Luis conoscesse quell'uomo. Forse i suoi numerosi viaggi a Hong Kong non erano altro che menzogne e spavalderie. un modo molto complicato per raggiungere Manila disse il Capitn Zapata con un sospiro annoiato. Nel nostro attuale stato, non sopravviveremo mai nello stretto e lungo la costa di Manila, disarmati... mai gli fece notare Luis. Il comandante scosse il capo. Sembra che non possa fidarmi di nessun altro a bordo. Perch a questo punto non di un indio selvaggio e di un pcaro condannati alla sentina? Quella notte cambiammo rotta, diretti all'isola di Hong Kong.
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Capitolo 54
Da quando io e Luis alloggiavamo in coperta, ebbi modo di conoscere chi si trovava a bordo, equipaggio e passeggeri. Mi interessava particolarmente un uomo misterioso, la cui identit era segreta. Godeva di privilegi speciali pur non avendo compiti particolari. Invariabilmente vestito di nero, era noto a bordo come il fantasma nero. Quello che mi preoccupava era il modo in cui mi seguiva con gli occhi. Come un avvoltoio che non perde di vista un animale morente. La sua identit sarebbe dovuta essere celata, ma Luis venne presto a sapere che era un familiar, un membro laico dell'Inquisizione in viaggio per Manila. Purtroppo per noi, la nostra improvvisa ascesa da schiavi di sentina a membri dell'equipaggio attir la sua attenzione e la sua curiosit. Peggio ancora, il mozzo al servizio del comandante mi disse che l'inquisitore aveva ordinato al Capitn Zapata di consegnarmi a lui perch mi potesse rivolgere domande, e che questo segugio dell'inferno si era portato appresso i suoi strumenti da interrogatorio e intendeva sottopormi a un completo esame che avrebbe potuto condurre a un autodaf. Diavolo... un autodaf significava essere messi al rogo come peccatori! Era particolarmente interessato al modo in cui avevo imparato a maneggiare la polvere nera, e anche alle voci sul conto di Luis che prediceva la sorte con le carte del demonio. Il mozzo mi confid che il comandante aveva convinto l'inquisitore a temporeggiare fino a quando avessimo raggiunto Manila, poich fino ad allora avrebbe avuto bisogno sia di me sia di Luis. Nonostante l'innegabile logica del ragionamento del comandante, l'inquisitore era esasperato. Mi voleva mettere alla ruota e torturarmi schiacciandomi i pollici mentre Luis aspettava dietro le quinte di essere interrogato a sua volta. Quando espressi le mie preoccupazioni a Luis, non sembr affatto impensierito. Amigo, tu consideri questo un problema? Avresti dovuto essere con me su quel brulotto a Trafalgar, ad affrontare a viso aperto l'ammiraglio inglese Nelson, oppure quella volta che mi trovai a tu per tu con il Bey di
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Algeri, quello s che era un pericolo! Questa faccenda non che una cosuccia che due uomini di mondo possono far sparire come un granello di polvere durante un tifone. Non mi credi? Non potevo far altro che fissarlo. Il mio volto era una maschera di dubbi. D'altro canto, ho la netta sensazione che molto prima di raggiungere Manila, l'inquisitore dovr dar prova della sua abilit a nuotare tra gli squali mi sussurr sogghignando. Dopo di che alz le sopracciglia. Uno sventurato incidente in mare, no? Un uomo in mare. Sbatte la testa contro la murata della nave mentre cade, cos da non poter chiedere aiuto... Ah, quale oceano traditore stiamo attraversando! Luis aveva una risposta per tutto. Fui colto di sorpresa quando io e Luis fummo chiamati a rapporto nell'alloggio del comandante quella notte stessa. Ci fu detto che l'inquisitore era disperso in mare. Cosa ne sapete voi due di questa tragedia? Naturalmente, non avevo bisogno di mentire. Non ne sapevo nulla. E Luis, da parte sua, ment cos bene... Pi tardi, quando chiesi a Luis cosa sapesse della sventura capitata al sant'uomo, alz le sopracciglia e si fece il segno della croce. Non stai pensando che io possa deliberatamente recar danno a un religioso? Certo che lo pensavo. Oltretutto, un familiar non era un religioso. Luis scosse il capo. Suppongo sia caduto al di l della battagliola mentre faceva la sua passeggiata igienica notturna. Il che prova la mia teoria che gli esercizi fisici a tarda notte dopo una cena abbondante fanno male alla salute. caduto fuori bordo? gli chiesi con aria scettica. Ah, sicuramente. Mancher a tutti e sar molto compianto. In verit, pareva non importasse a nessuno... o forse nessuno sapeva. Un Santo Fratello dell'Inquisizione era caduto oltre la murata, come poteva capitare a chiunque. Sempre di pi consideravo Luis un uomo astuto da tenere dalla mia parte. Specialmente dato che la mia parte era diventata col tempo sempre pi pericolosa e precaria.

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Parte Tredicesima
Hong Kong

Capitolo 55
Hong Kong. Situata presso la foce del delta del Fiume delle Perle , l'isola si estende per circa ottanta chilometri quadrati di terra sassosa e roccia naturale, brulla e infertile. Posta direttamente sul percorso delle pi violente tempeste dell'Oceano Pacifico , Hong Kong delimitata a oriente e occidente da scogliere pericolose per i naviganti. Il suo vasto porto di origine vulcanica , compreso tra la terraferma della Cina meridionale , l'isola di Hong Kong propriamente detta e altre isole minori attigue, rappresenta un rifugio ideale dalle tempeste. Le sue colline vulcaniche e i pendii ripidi di basalto nero si ergono maestosi sul mare, per un 'altezza che pu superare gli ottocento metri. Hong Kong significa porto fragrante, per via dei legni e dell'incenso di cui si fa commercio nella baia principale. Santuario di pirati, mercanti di schiavi e contrabbandieri d'oppio, il luogo prediletto da uomini astutamente subdoli e brutalmente sanguinari. Nondimeno, predare le navi in avvicinamento o in uscita dal porto sotto la sua bandiera di protezione tassativamente proibito. Coloro i quali violano queste sanzioni sono, senza eccezione alcuna, puniti dal Signore del Porto.
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Pi ci avvicinavamo all'isola di Hong Kong, pi aumentava la riluttanza del comandante a entrare nel covo dei pirati per acquistare i sambuchi da usare come brulotti, insieme al tesoro di oppio. Mentre navigavamo verso l'immensa baia nera racchiusa dal vulcano, Luis insisteva a discutere con il comandante sul perch pensava che il nostro piano avrebbe funzionato. Finch ostenteremo un'insopportabile arroganza per convincere questa gente della nostra forza, avremo la meglio su di loro. All'apparenza siamo una nave da guerra ben armata, con pi cannoni di qualsiasi vascello pirata. Non abbiamo motivo di temere nessuno. Questo ci che la nostra arroganza deve dimostrare. Inoltre, fino a che resteremo nel porto di Hong Kong non abbiamo nulla di cui preoccuparci. Saremo al sicuro come nel ventre delle nostre madri. Nell'insenatura e nelle vie d'acqua circostanti, il Signore del Porto fa rispettare rigorosamente i suoi divieti contro la violenza e il saccheggio dei mercantili. I cinesi non permettono mai alla sete di sangue di un brigante di sostituirsi alla loro avidit. Che gente civilizzata! comment sottovoce il Capitn Zapata. Questo vale all'interno della baia di Hong Kong. Se ci mostriamo spaventati, i pirati di Hong Kong ci seguiranno fuori della baia. Quando raggiungeremo le acque delle Filippine, saremo preda libera. Non possiamo permetterci di far trapelare la nostra debolezza nelle trattative con questa gente prosegu Luis. L'unica cosa che capiscono l'arroganza e la forza. Avanzando nel porto, mi meravigliai delle centinaia di sambuchi a due alberi che sciamavano nella baia, incredibilmente ampia. Pensai che quelle piccole imbarcazioni avessero una linea aggraziata e che le loro caratteristiche vele latine triangolari fossero molto belle. Se volevamo acquistare un'imbarcazione a buon mercato da trasformare in brulotto, Hong Kong era il posto ideale. Tutte le potenze coloniali vietavano severamente la vendita di artiglierie nell'Estremo Oriente, per timore di armare inavvertitamente le insurrezioni dei rispettivi territori colonizzati. E, come aveva fatto notare Luis, i cannoni disponibili venivano usati a tutto vantaggio dei pirati. Senza artiglieria da poter comprare, dissi a Luis che aveva avuto ragione sui brulotti. Dopo aver ancorato in una cala, il comandante ordin a noi due di raggiungere terra con una lancia e condurre le trattative nelle vicinanze.
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Come troverete il vostro trafficante d'oppio? chiese a Luis. Gli uomini di Hung Pao saranno gi sulla banchina prima di noi. I suoi sambuchi-spia ci hanno gi preceduti per informarlo che un grosso vascello era diretto alla baia. Se controllate con il cannocchiale alcuni dei sambuchi che veleggiavano noncuranti, vi accorgerete che sono pieni dei tagliagole di Hung. Avremo bisogno di una storia di copertura per i funzionari doganali del vicer, quando esamineranno il nostro carico a Manila. Altrimenti, il vicer sequestrer l'oppio per s e ci sbatter in galera. La vostra polizza di carico indicher t, spezie e tessuti di seta. Hung vi far un prezzo speciale che sar di gran lunga inferiore a quelli di Manila. La merce non gli costa quasi nulla. Il vero guadagno lo far con l'oppio. Una cassa di argento sar sufficiente. Non vedono molto argento monetabile, da queste parti. Hung inoltre terr conto di noi per futuri affari. E se ancora non riuscirete a far quadrare i libri di bordo, potremmo sempre comprare un po' di seta scadente e spezie avariate a poco prezzo e inzupparle di acqua marina. Direte al vostro armatore che una parte della merce si deteriorata a causa di una tempesta. Cose che capitano. Il comandante ripercorse i dettagli della nostra missione con Luis, dandogli istruzioni di acquistare solo un sambuco. La traversata verso le Filippine con pi di una delle imbarcazioni locali sarebbe troppo difficoltosa per i nostri marinai, che non hanno dimestichezza con queste barche; non avremo la possibilit di ripararle, se si dimostrassero non idonee alla navigazione. Traineremo il sambuco con un equipaggio ridotto al minimo a bordo. Non avevo bisogno di sapere chi intendeva assegnare a questo compito. Chiaramente, saremmo stati io e Luis. Comunque, avrebbe scelto noi due per usarlo come brulotto. Discussero del tipo di materiali da stipare nel sambuco, in grado di appiccare velocemente un incendio intenso quando sarebbe stato il momento. Il comandante prefer olio da lampada, paglia, bamb e foglie di palma secche. Io feci notare che non era necessario imbottire il sambuco di prodotti infiammabili. Abbiamo barili di polvere da sparo insufficiente a far sparare un cannone, ma sarebbe bastata per trasformare una barchetta in una bomba potente. Far esplodere l'olio e il resto contro qualsiasi nave
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vicina. I combustibili come la paglia e il bamb, in quanto merce di scarso valore, costituirebbero un carico strano che potrebbe dare nell'occhio intervenne Luis. Dovremo usare discrezione, quando caricheremo, forse portandoli a bordo in balle e barili e poi trasferirli sul sambuco una volta che saremo al sicuro in mare aperto. Potremmo addurre come scusa il fatto che compriamo paglia per nutrire i cavalli che trasportiamo nel galeone. Pi tardi, quando fummo soli, chiesi a Luis se era il caso di andare armati all'incontro con Hung. Il suo sorriso fu abbagliante come il sole all'alba. Mio giovane amico, noi pensiamo allo stesso modo! Naturale che andremo armati fino ai denti. E se sar necessario usare le armi contro mille pirati cinesi di Hung, cadremo circonfusi dall'aura insanguinata della gloria, portandoci appresso qualcuno di loro, eh, amigo? Diamine... forse un pcaro spagnolo, o qualunque cosa fosse Luis, poteva pensare che crepare in battaglia all'altro capo del mondo fosse motivo di gloria, ma io preferivo non morire. Dovevo ritornare tra le braccia di Mara. Posso fare a meno di una cassa di argento disse il Capitn Zapata, e averne ancora abbastanza per i nostri affari a Manila. Se dovesse succedere qualcosa a questa cassa, se il capo dei pirati cinesi si prendesse l'argento e ci desse della polvere d'oppio scadente come la nostra polvere da sparo... mi uccider prima che il vicer possa pensare a come punirmi. Prima di scendere gi dalle griselle fino alla lancia, il comandante ci illustr, senza mezzi termini, cosa ci sarebbe successo se fossimo ritornati a mani vuote. Intendeva assicurarsi che avremmo sofferto le pene dell'inferno, prima che arrivasse il suo turno. Come mai siamo diventati la causa di tutti i problemi del comandante? chiesi a Luis. Noi siamo le vere vittime, non lui. Ha bisogno di qualcuno su cui riversare la sua ira, adesso che il capocannoniere morto. cos che va il mondo. Gli uomini come il comandante prendono a calci quelli sotto di loro e baciano i piedi a quelli sopra. Un'ultima domanda, Luis. Supponiamo di avere a che fare con pi di una nave pirata... Non preoccuparti, mio giovane amico. Ho un piano. Accentu quell'affermazione con un tracotante e assordante scoppio di
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risa.

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Capitolo 56
Non ero mai stato in una fumeria d'oppio. Dopo aver accostato la nostra lancia alla banchina, fu il primo posto dove ci port la guardia d'onore di Hung, formata da tagliagole dall'aria minacciosa. La stanza, buia e densa di fumo, era di dimensioni difficili da valutare. Ebbi l'impressione che fosse molto ampia, anche se la mia visuale era bloccata da decine e decine di letti a castello accatastati in pile di tre o quattro piani. Accanto a ogni letto a castello c'era un braciere che riscaldava un vaso con coperchio a cupola pieno di fumo. Al vaso erano collegati diversi tubi flessibili, regolati da una valvola posta all'estremit. Ciascun tubo serviva un fumatore d'oppio disteso in stato semicomatoso sul suo giaciglio. Passando accanto a una di queste pile di letti, osservai da vicino alcuni dei loro occupanti assortiti. Tutti vestivano di nero, con camicie e pantaloni abbondanti. I fumatori dallo sguardo depresso fissavano attoniti il nulla. Le bocche erano contorte in mezzi sorrisi, strani e malinconici. Mio giovane amico disse Luis, gli uomini di Hung ti offriranno di fumare oppio da uno dei tubi. Io dir loro che siamo qui per fare acquisti, non per fumare. Questa una faccenda pericolosa. Tieni la bocca chiusa. Se la aprirai per parlare o fumare, ti far assaggiare il fumo della canna rovente della mia pistola. Gli credetti. Ma per provare l'effetto di quella sostanza non avevo certo bisogno di una simile offerta. Diavolo... bastava attraversare il locale. Gli inservienti dovevano certamente esserne immuni, lavorando in quel posto, ma io mi sentivo non tanto stordito, quanto calmo e rilassato e pervaso dalla sensazione che la vita era bella... Mi addossai a una parete e chiusi gli occhi, mentre un anziano cinese dall'aria distinta si materializz, apparentemente dal nulla. Anche Hung Pao indossava camicia e pantaloni neri e abbondanti. Aveva i capelli grigi raccolti e stretti in un codino, che Luis chiamava il ciuffo. Luis mi aveva avvertito di non toccare n fissare quel ciuffo. I cinesi erano molto suscettibili a proposito della loro capigliatura. Disonora il ciuffo sulla testa di un cinese e avrai disonorato la sua intera famiglia. Qualcuno stato ucciso per molto meno.
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Hung Pao e il mio compagno si scambiarono brevi e cortesi inchini. Luis non cerc di stringergli la mano. Mi aveva anche redarguito sul fatto che in Oriente e in Arabia una stretta di mano era considerata un gesto irrispettoso. Dopo uno scambio di complimenti, in una lingua che alle mie orecchie somigliava allo squittio degli scoiattoli, si dedicarono agli affari. Con mia grande sorpresa, scoprii che Luis parlava correntemente quella strana lingua. Luis mi aveva gi spiegato che secondo i cinesi una trattativa prolungata era un'infrazione del buon decoro. A entrambe le parti spettava riconoscere il giusto valore della merce e accordarsi rapidamente ed educatamente. Quindi non fui affatto sorpreso, quando conclusero la contrattazione in pochi minuti. Quasi subito dopo, Hung si inchin e i due si diressero verso l'uscita. Raggiunsi in fretta Luis. Avevo le vertigini dopo aver respirato l'aria nella fumeria d'oppio. Ci sono molti fumatori di oppio, qui a Hong Kong dissi. contro la legge, ma lo fanno lo stesso. la droga che li attanaglia. Non riescono a smettere. qualcosa di terribile... un vero flagello. Allora perch la compriamo? dannosa solo in caso di abuso. Se avessi dei dolori lancinanti, avresti bisogno dell'oppio come del sangue nelle vene. Spero che non si presenti mai la necessit di fumarlo o ingerirlo. Non saprei. Quando mi capitato di fumarlo l'ho trovato piuttosto gradevole disse Luis sorridendo. Una volta di pi mi accorsi di quanto poco conoscessi il mio amico. Dopo che avemmo attraversato la porta, Luis mi afferr per un braccio e mi ferm. Dove pensi di andare? Ritorno alla nave. Non ancora. Adesso tocca a te fare un lavoretto da queste part. Lo fissai con espressione stupita. Che tipo di lavoro? Devi onorare un antico rito mandarino... in realt, un rito sessuale. Il vecchio Hung chiede che tu faccia l'amore con la sua giovane figlia, rimasta vedova di recente. Cosa? ammattito? Non secondo le consuetudini della sua gente. Vedi, la figlia ha perso il
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marito e il lutto l'ha portata a un tale sconforto da farle considerare il suicidio. Il vecchio Hung convinto che la sola cosa che potr consolarla che un giovane innocente come te possa rattizzare la sua voglia di vivere. Capisci, hai affascinato il vecchio rimbambito, poich confonde la tua giovinezza con l'innocenza e il tuo viso privo di espressione con l'inesperienza. Pensa che tu sia troppo puro per infangare la reputazione della figlia. Io mi sono offerto volontario, ma purtroppo Hung sa troppe cose sul mio conto. Pensa che io sia un depravato. Inoltre, ho degli scrupoli morali riguardo a faccende del genere. Scrupoli morali? ripetei, incredulo. Per me una questione di moralit monetaria, mio giovane amico. Mi oppongo strenuamente all'idea di portarmi a letto una donna senza una gratificazione finanziaria diretta e immediata. Ha a che fare con l'onorabilit personale... il codice della professione, per cos dire. Ma potrebbe essere anche bruttina. Vuoi dire con un viso che distoglierebbe una poiana da un carro funebre? No davvero. Ho visto le mogli del vecchio Hung. Sono tutte delle meraviglie della natura. E mi aspetto che le figlie non siano da meno. Perch non mi fido? Perch hai un caratteraccio. Sento che questa cosa non finir bene. Luis mi rivolse il pi ampio, luminoso e suadente dei suoi sorrisi. Giovane Maestro delle Polveri, ti ho mai tratto in inganno? Non far quello che mi chiedi. Certo che lo farai, a meno che tu non intenda ritornare a nuoto nella colonia, dal tuo vero amore.

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Capitolo 57
Il maggiordomo del vecchio Hung era un uomo di mezz'et vestito di nero. Aveva un lungo ciuffo di capelli neri sulla testa e una barbetta a punta che gli conferiva un'aria truce. I suoi occhi erano socchiusi e sospettosi. Mi accompagn in una stanza sul retro della spaziosa zona giorno del Signore del Porto. Il mio padrone ha un'eccessiva adorazione per sua figlia. Temendo che nel suo inconsolabile dolore potesse suicidarsi, l'ha ripresa sotto il suo tetto. Tuttavia, la fanciulla ancora in preda alla malinconia e resta chiusa nella sua stanza giorno e notte. Oscurando le finestre, lascia filtrare solo un po' di luce. Si limita a rimanere a letto e disperarsi. Il mio padrone spera che il fascino di un giovane gentile e innocente possa mitigare le sue sofferenze. Giovanotto, rendetevi conto che la vostra una missione caritatevole. Rappresentate la sua ultima speranza. Ero ancora incredulo, ma, come mi aveva fatto notare Luis, la nostra sopravvivenza dipendeva dalla tolleranza del vecchio Hung. Senza il suo aiuto, non avremmo ottenuto n il sambuco n l'oppio. Per di pi, non saremmo neppure usciti indenni dal porto di Hong Kong. Come comunicheremo? gli chiesi, infine. Siamo in un porto commerciale cosmopolita, giovane mercante. Parliamo tutti molte lingue, anche le figlie del mio padrone. Avendo assunto molte governanti per i suoi figli, il nostro Signore del Porto ha fatto in modo che tutti loro parlassero l'inglese, il francese e lo spagnolo sin da bambini. Lo scrutai con sguardo penetrante, ancora incerto sui suoi scopi e su quelli di Hung, ma non riuscii a carpire nulla n da quel volto imperscrutabile n tantomeno dagli occhi privi d'espressione. Ciononostante, le mie perplessit crebbero a dismisura. Fior di Loto disse, bussando a una porta. Qui con me c' un giovanotto. Spinse la porta e mi fece entrare. Distesa fra lenzuola e cuscini di seta nera c'era la donna eurasiatica pi incredibilmente bella che avessi visto in vita mia... e anche dall'aria pi triste. Con occhi a mandorla, zigomi delicati, lunghe trecce di capelli neri come l'ebano che le scendevano fino
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al fondoschiena, e una bocca meravigliosa, la sua stupefacente avvenenza era impressionante quanto il suo sconforto. Ed era nuda. Mi ci volle un minuto per conciliare quella magnifica visione con il fatto che ero stato invitato a entrare nella sua stanza. Immaginai che la disperazione l'avesse turbata al punto di non accorgersi neppure di non indossare nulla. Il maggiordomo fece un breve inchino e si allontan. Mi spiace di non poterti accogliere in maniera pi consona disse la ragazza, coprendosi i fianchi e il seno sodo con una raffinata camicia da notte di seta nera. Mi scuso... sono un po' trasandata. Ma accomodati pure. Mio padre mi ha chiesto di parlare con te. Raccontami dove sei stato, e dove ti hanno portato i tuoi viaggi. Pensai che la storia della mia vita non fosse adatta per rinfrancarla. D'altronde, non avrei saputo di cos'altro parlare, e chiss, forse la triste narrazione del mio vagabondare per il mondo avrebbe potuto distrarre una bella fanciulla che aveva passato tanti anni in solitudine nella stessa citt. La mia vita sino ad allora era stata spesso spaventosa, sempre difficile, ma mai monotona. Cos, le raccontai della mia cattura da parte della milizia spagnola per essere venduto come schiavo, della mia acquisita padronanza nella fabbricazione di polvere da sparo e armi (che avevo affinato illegalmente, essendo io uno schiavo), della mia fuga e di come salvai la mia dolce amata da morte certa, del nostro viaggio sulla Via della Porcellana in Nuova Spagna, e infine della ricaduta nella condizione di schiavo a bordo di un galeone spagnolo, insieme al mio amigo Luis. Le dissi anche di come avevamo eliminato il maestro delle polveri e il capocannoniere per prendere i loro posti, ma anche del fatto che ora eravamo diretti a Manila dove non sapevamo cosa ci avrebbe riservato il futuro. Cosa succeder a te e a Mara? chiese lei. Chi pu saperlo? risposi con un'altra domanda. Se riuscir un giorno a ritornare nella colonia, la cercher. Ma forse allora lei sar gi invecchiata, sposata e madre di una dozzina di bambini. E mi avr dimenticato da tempo. Sar giovane e bella e ti aspetter a braccia aperte. Come puoi esserne certa?
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Tu. Una donna sarebbe una sciocca a non aspettare uno come te. E lei non cos sciocca. Il lutto deve averti privato del senno. Oppure mi ha mostrato le cose per come sono realmente. Mi si rannicchi accanto, prese la mia mano e se la mise sul seno. Sembrava una cosa naturale, come se l'avesse fatto Mara. Quando la baciai, lei ricambi con inaspettata intensit, aprendo le labbra e facendo saettare la sua lingua contro la mia. Mentre mi stringeva a s baciandomi, la sua mano si insinu tra le mie gambe. Fece una pausa nel nostro amoreggiare per inspirare una lunga boccata di fumo da un narghil, dopo di che mi pass il tubicino affinch facessi altrettanto. solo hashish, amico mio. Non ti far alcun male n ti render suo schiavo, ma render pi percettivi i tuoi sensi accrescendo il piacere. Se i miei sensi avessero percepito ancora pi di cos, sarei svenuto. Tuttavia gi da tempo avevo imparato a non contraddire i miei padroni. Mi trovavo nella casa di suo padre e stavo facendo ci che mi era stato detto di fare. Quindi inspirai a lungo, e mi resi conto che su una cosa aveva ragione: ebbi la sensazione che il tempo vacillasse, e tutto improvvisamente mi apparve triplicato. Le braccia di Fior di Loto adesso erano diventate sei, le sue labbra estatiche non erano pi due ma sei. Sentii triplicare le lingue deliziose che titillavano e stuzzicavano la mia, e non stavo pi fissando solo un paio d'occhi sensuali e abbaglianti, ma il mio sguardo si stava perdendo in tre paia di cavit senza fine. Quando le baciai il seno e la mia bocca si fece strada gi fino all'addome, per poi pascersi del delicato bocciolo tra le sue gambe, mi ritrovai ad assaporarne tre. Quando lei ricambi le mie attenzioni, sentii tre bocche baciare e accarezzare la mia mascolinit tremante, e l'intensit della sensazione di pulsante piacere che ne trassi fu triplice. Quando poi lei si sedette a gambe divaricate sulle mie anche, prendendo il mio membro nei suoi triplici boccioli per poi chinarsi e baciarmi ancora una volta, non mi sentii avviluppare da una sola donna, ma da quattro. Come quattro? E perch la quarta la percepivo molto pi fredda di Fior di Loto? Le tendine erano abbassate e la stanza era cos buia che riuscivo appena
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a intravedere Fior di Loto. Le lenzuola di seta erano completamente e impenetrabilmente nere e assorbivano la poca luce che cadeva su di esse anzich rifletterla. Per mi accorgevo che una donna mi cingeva il petto e l'addome come un... come un... Caspita! Adesso avevo visto la quarta donna. E non era affatto una donna! Era una serpe! Un macabro e mostruoso serpente! Mentre mi chinavo su Fior di Loto per cogliere il suo fiore, un pitone lungo quasi quattro metri si era avvinghiato attorno al mio torso avvolgendolo in sei spire tenaci come il ferro. Ho un serpente avvolto intorno allo stomaco e al petto sibilai a Fior di Loto. Mi resi conto che era la seconda volta che una serpe si era intromessa nella mia vita amorosa. il mio amico Fu mi spieg Fior di Loto. Il mio protettore e guardiano, mi conforta nella mia malinconia. Di' al tuo amico di lasciarmi andare. Sta iniziando a stritolarmi. Se lui avverte che non mi ami abbastanza e decide che non fai per me, potrebbe benissimo stritolarti. Ma lo sta gi facendo sibilai. Mi sta togliendo il respiro. Questo succede perch riesce a capire che hai smesso di fare l'amore con me e sei troppo preoccupato di te stesso per prenderti davvero cura di me. Come pu sapere certe cose, un serpente? Perch intuisce che il tuo membro si sta afflosciando. A quel punto diedi un paio di scrollate vigorose al mio membro e miracolosamente il mio cosino riacquist vigore con entusiasmo. Mentre la mia verga si ergeva, Fu moll la presa sul mio petto. Quando sei venuta a conoscenza dell'istinto protettivo di Fu? chiesi annaspando, mentre il mio cervello carente di ossigeno iniziava a riempirsi di cupi presentimenti. Be', Fu, in effetti, aveva percepito il mio defunto marito come un amante inadatto e privo di attenzioni verso di me. O almeno penso che quello sia stato il motivo per il quale l'ha stritolato, uccidendolo. Quando ha fatto una cosa simile? Di notte, dopo un ennesimo e inutile tentativo di fare l'amore.
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Vuoi dirmi che Fu ha ucciso tuo marito davanti ai tuoi occhi? S, mentre ero ancora tra le sue braccia. Ma orribile! Non proprio. Vedi, la colpa non stata di Fu. Quella stessa notte avevo spiegato a mio marito che Fu stringeva le sue spire solo perch lui non soddisfaceva il mio desiderio amoroso. Lo avevo avvertito di smettere di essere cos incostante eroticamente, cos indulgente con se stesso ed egocentrico, e soprattutto di smettere di essere cos ossessionato dall'abbraccio di Fu. "Il mio pitone ti lascer andare solo quando il tuo membro si rizzer ancora!" gridai al mio caro maritino per tutta quella sera. Gliel'ho ripetuto per l'intera durata del nostro matrimonio, notte dopo notte dopo notte. "Impegnati solo sull'atto amoroso, mio caro! Stai perdendo la concentrazione! Perch devi essere cos disattento tutte le volte? Fai attenzione!" Ma era sempre ostinato. Non mi ascoltava mai. Avevo sperato che Fu glielo avrebbe fatto capire, ma il mio consorte non ne volle sapere. Non soddisfaceva affatto i miei bisogni. Come me, quella notte fatale anche Fu perse la pazienza. Devi aiutarmi piagnucolai. Non riesco a respirare. Sei tu che devi aiutare te stesso, giovane signore. Se vuoi sopravvivere all'estatico abbraccio di Fu non devi, come mio marito, soccombere all'impotenza insensibile. Non devi essere un amante incapace e privo di attenzioni come quel povero disgraziato. Tu sapevi che Fu mi avrebbe fatto questo riuscii a sibilare a denti stretti. Tu l'hai fatto deliberatamente! Mio caro, hai scelto tu di entrare nella mia camera da letto... Hai scelto tu di irretire il mio cuore e di ammaliare i miei fianchi. S, ma non pensavo tu fossi cos crudele. come pensavi che fossi? La pi bella donna che abbia mai visto. Ma allora avresti dovuto immaginarlo. Cosa? Che la grande bellezza inevitabilmente e ineluttabilmente assetata di sangue. Perch inevitabilmente? Perch ineluttabilmente? la natura bestiale. Non abbiamo altra scelta. Se la nostra bellezza ci permettesse di comportarci in maniera diversa, non sarebbe "grande". la spietatezza brutale che rende la nostra radiosit cos incantevole.
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Tutto ci mi sconvolse al punto che il mio ardore amatorio divenne incerto e il mio membro si indebol minutamente, quasi impercettibilmente. D'istinto, Fu strinse le sue spire simili a una morsa cos atrocemente che per poco non svenni per la perdita di ossigeno. All'istante, automaticamente e senza che me ne rendessi neppure conto, le mie spinte accelerarono, il membro si irrigid e le spire si allentarono. Coraggio, giovane innocente mi incit Fior di Loto. Nessun rimpianto. Non guardarti indietro. Sii risoluto e chiss, forse potresti sopravvivere a questa notte. E pensa a quanta estasi proverai... Come sono arrivato a questo? gemetti, spingendo il bacino con uno sforzo indotto dal dolore. Sei attratto dalla grande bellezza come una falena da una fiamma. Ti sei sorpreso di esserti scottato le ali? Io non cercavo questo! Tu hai cercato me. Perch succedono queste cose? A causa della tua natura. Sei un uomo. Poich sei un uomo, non hai potuto fare a meno di cercare una come me... un modello di bellezza inconcepibile. Vorrei non aver mai visto n te n Fu. Vorrei non essere mai entrato in questa stanza. troppo tardi per l'autocommiserazione e per disprezzare te stesso. Adesso puoi solo affrontare questa situazione. Io la odio, questa situazione. Oh, lo so bene. Quale altro uomo non la odierebbe? Tuttavia, se ti pu far sentire meglio, sappi che non avevi altra scelta. Cosa...? Luis mi aveva afferrato per un braccio e mi aveva distolto da una feroce visione di guerrieri mongoli a cavallo che scendevano lungo la stretta stradina. Dov'eri finito? Ti ho trovato mentre vagabondavi per strada stordito. Cos' successo? Hai respirato troppi fumi? Scossi la testa, cercando di schiarirmi le idee. Luis, io ho... tu hai... Che cosa, amico? Sputa il rospo.
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Lascia perdere. Provavo una sensazione stranissima... avevo un dolore infernale all'addome. Appena potei mi chinai dietro l'angolo di una casa e mi tirai su la camicia, fingendo di dover andare di corpo. Avevo lividi rossi tutto attorno alla vita. Diavolo...

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Capitolo 58
Luis mi port con s in cerca di un sambuco, e anche questa volta le trattative furono sorprendentemente rapide. Come il mio amico mi aveva preannunciato, il porto di Hong Kong pullulava di queste imbarcazioni, le pi semplici ma anche le pi efficienti al mondo. Introdotto in Cina dagli arabi secoli prima, il sambuco domin ben presto l'Oriente, e lo stesso valeva per Hong Kong. Era la nave a vela pi diffusa in tutta l'Asia, e qui c'era solo l'imbarazzo della scelta. Con mio stupore Luis, che avevo considerato il peggiore dei traditori, era un uomo di parola. Qualunque cosa diceva che avrebbe fatto, la faceva davvero. Acquist un naviglio un po' pi grande, chiamato baggala. Con la prua appuntita e dotato di due alberi, il sambuco disponeva di un ampio spazio nella parte posteriore, sartiame obliquo e triangolare alla latina e una randa inaspettatamente grande, molto pi della mezzana. Acquistammo il sambuco, adatto a solcare l'oceano, meno costoso. Ci serviva solo per un viaggio, quindi non ci importavano la durata o la resistenza. Luis non mercanteggi a proposito delle sue condizioni. Al contrario, finse di non sapere la differenza tra un relitto e una nave idonea alla navigazione. Non aveva bisogno di un bastimento commerciale costruito solidamente da adibire al trasporto di un carico per miglia e miglia di mare infido e tormentato dalle tempeste. Purch la barca sopravvivesse per un solo viaggio sino a Manila, era comunque un buon affare. La pag cos poco, e i venditori sembrarono tanto felici di disfarsene, che pensai fosse rubata. Ironia della sorte, tutti in porto si fidavano di questo imbroglione. Anche i farabutti che ci vendettero il sambuco sembravano tenerlo in alta considerazione. Hung Pao, il pi temuto, pericoloso e potente uomo di Hong Kong, confidava in Luis, e dubitavo che si fidasse del primo arrivato. Persino il Capitn Zapata, per ragioni che mi erano oscure, si era fidato di lui, ed El Capitn non sembrava fidarsi di nessuno. Anche la mia resistenza stava per cedere.
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Stavo cominciando a comprendere che essere un ladro, un assassino e un seduttore di donne abbienti non rendeva Luis del tutto malvagio. A conti fatti, era l'unico uomo che avrei mai voluto al mio fianco, a coprirmi le spalle. Come l'acquisto del sambuco, anche la transazione dell'oppio procedette senza problemi. Hung Pao ci consegn le tre casse d'oppio promesse direttamente sul ponte del galeone, e pochi secondi dopo Luis lo ricompens con una cassa colma di argento. Hung consegn a Luis una bandiera rossa con l'emblema di un dragone dorato. Per la sicurezza del vostro transito al di fuori delle acque cinesi disse poi Hung, declamando improvvisamente una frase in spagnolo. Non c'era di che sorprendersi, visto che le Filippine spagnole erano una controparte economica molto importante per i cinesi. Luis lo salut con un deciso cenno del capo. Separandosi, lui e Hung Pao si produssero in brevi inchini reciproci, e il Signore del Porto se ne and col suo argento.

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Capitolo 59
Un sambuco, di norma, richiedeva un equipaggio di almeno una dozzina di marinai, ma nonostante la sua mole e la sua stazza l'imbarcazione si rivel estremamente semplice e maneggevole. Al traino del galeone, con le vele abbattute, Luis calcol di poterlo armare solo di cinque marinai. Scelse Arturo come terzo uomo a bordo, poi Arturo selezion gli altri due membri dell'equipaggio tra i suoi amici fidati. Nel caso ci fossimo separati dal galeone, Luis aveva anche acquistato da Hung Pao un kamal, un congegno per la navigazione celeste usato dai naviganti arabi e cinesi. Serviva per determinare la latitudine, trovando l'angolazione della Stella polare rispetto all'orizzonte. Per me il kamal era un aggeggio dall'aspetto molto curioso: un piccolo e sottile pezzetto di legno, lungo circa cinque centimetri e largo due centimetri e mezzo, con una cordicella attaccata a un buco situato a met. La cordicella aveva una serie di nodi corrispondenti alle diverse latitudini. Quando fummo di nuovo in mare aperto e ci apprestammo a imbottire il sambuco con esplosivo e materiale combustibile per trasformarlo in una bomba galleggiante, svelammo ad Arturo il vero scopo della nostra missione. Caramba!... il nostro amico non ne fu felice. E neppure i due marinai che aveva reclutato, nonostante Luis giurasse di essere uscito indenne da venti attacchi condotti con brulotti e che l'esperienza lo avesse arricchito, cosa che sarebbe capitata a tutti noi, se fossimo sopravvissuti a questa missione. Questo fatto, insieme alla verit sullo stato dell'armamento nullo del galeone, li convinse. La nostra una corsa verso la morte disse Arturo. Maledico il giorno che vi ho incontrati. Saremo al tuo fianco, amigo rispose Luis. Meraviglioso, cos potremo tenerci per mano quando precipiteremo nell'inferno!

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Capitolo 60
Il mio compito era quello di trasformare il sambuco in brulotto. Iniziai alle prime luci dell'alba a stendere cinque file incrociate tra loro di gomene di buona qualit, in serie di tre. Disposi cinque strati di tela di canapa da vela, di tre metri di larghezza, su ciascuna delle tre serie di gomene incrociate. Avevo inzuppato la tela con olio di balena il giorno precedente, poi avevo lasciato che l'olio la penetrasse completamente per ventiquattr'ore. Indicai all'equipaggio del galeone di far accostare il sambuco in acque calme e di calare gi alcuni barilotti: dichiarai che erano pieni di polvere da demolizione. Oltre a questi, aggiunsi barilotti di rottami di metallo usati per caricare i cannoni per tiri a corto raggio, che servivano a spazzare i ponti delle navi da guerra avversarie in caso di abbordaggio. Usando una lancia che faceva la spola tra le due imbarcazioni, feci in modo di avere un continuo afflusso di provviste dal galeone, prevedevo infatti che avrei avuto bisogno di altro materiale supplementare. Chiesi al comandante di radunare tutti i panetti di sapone da bucato che si trovavano a bordo. Assistendo ai miei preparativi, Luis mi tuon contro che avevo tirato troppo oppio e che ero diventato muy loco. Ci mettemmo a litigare quando pretese che un cannone trasformato in una specie di bomba fosse calato dal ponte del galeone sul sambuco. Posizioneremo il pezzo d'artiglieria sotto il ponte di coperta disse, proprio sopra la linea di galleggiamento. Voglio farlo esplodere attraverso la murata della nave nemica, in modo da colpire a bruciapelo proprio sulla sua linea di galleggiamento. Non fu contento, quando gli dissi che non volevo il cannone a bordo del sambuco. Un Camino dell'inferno per abbattere una nave, fatto di tela e polvere buona solo per far saltare i ceppi d'albero?!? grid con aria derisoria. Ti ho spiegato come dovrebbe essere un vero Camino dell'inferno. Abbiamo bisogno di qualcosa di questo tipo. Costruiscimi una roba simile. S, tu mi hai spiegato come dovrebbe essere un brulotto, ovvero un'imbarcazione modificata sottocoperta con cavit che sboccano
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attraverso gli obl per proiettare "camini di fuoco". I condotti si protendono in fuori dal ponte superiore. Il buco riempito di materiali infiammabili, cosicch quando si incendiano le cavit si sprigiona un fuoco che fa detonare le cariche per fare uscire le fiamme dagli obl e su per i camini. Purtroppo, per, il tempo richiesto per innescare l'incendio deve essere calcolato alla perfezione. Il brulotto deve entrare in contatto con lo scafo della nave nemica proprio al momento giusto, altrimenti si incendierebbe a vuoto. Inoltre, il bersaglio brucer dal basso verso l'alto, cio esattamente l'opposto di quello che ci serve. Dobbiamo fare in modo di appiccare il fuoco agli alberi e al sartiame per primi, non per ultimi, se vogliamo mettere fuori combattimento il nemico. L'equipaggio dei brulotti formato dai migliori marinai ed esperti di esplosivo della flotta, proprio perch il tempismo e l'accensione devono essere perfetti. Tu senza dubbio sei un esperto, ma io e Arturo siamo stati costretti a far parte dell'equipaggio. Tu stesso, poi, ammetti che, a seconda delle condizioni atmosferiche, potrebbe essere necessario reclutare altri marinai per veleggiare verso la nave a bordo della quale si trover il capo dei pirati. Anche questi altri marinai non saranno esperti nella manovra. Amigo, saremo fortunati se non si getteranno dalla nave a met strada verso le navi pirate ribatt Luis, tu preoccupati solo di riempire tutti i cannoni con la polvere, otturare le bocche da fuoco e lasciare che esplodano. Tutta quella compressione ci dar la bomba pi potente al mondo. Ecco ci che ci serve. Gi, per le cose non andranno affatto cos. I cannoni sono lesionati, ma si tratta di ferro temprato, resistente e forgiato a mano dissi stancamente. Tutto quello che otterremo saranno pezzi d'artiglieria con la canna volutamente otturata. Sar pi facile che salteremo in aria noi, anzich i nostri nemici. Abbiamo bisogno di un materiale che esploda e propaghi un incendio all'istante. Gli consegnai un panetto di sapone. Adesso, se vuoi renderti utile, inizia a raschiare scaglie sottili come una pergamena su questo pezzo di tela. Abbiamo un mucchio di saponette da raschiare. Poi dovremo mescolare la raschiatura di sapone e le schegge di metallo insieme a quello che io continuo a chiamare polvere per demolire ceppi d'albero. Il volto di Luis era una maschera di scetticismo. Perch il sapone? Hai
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intenzione di usarlo per lavare i piedi ai pirati? No, quelle scaglie sottili come un rasoio si trasformeranno in una colla appiccicosa e infuocata, quando la polvere si riscalder fino a esplodere. Poi il fuoco si attaccher alle loro navi. Come fai a saperlo? Una volta ho visto una granata di polvere nera lanciare un panetto di sapone addosso ai soldati, durante la rivolta condotta da Hidalgo. Non riuscirono pi a staccarsela di dosso. N l'acqua n il fango potevano spegnere le fiamme. Ti sto dicendo che colla di fuoco. Luis mi fiss, ancora roso dal dubbio. E va bene, ma come otterrai la compressione che ci serve? Gli indicai un barile pieno di acqua marina, riempito anch'esso con tre pezzi di tela. Avvolgeremo l'intero involto in tela inzuppata di acqua marina, lo legheremo ben stretto, poi chiederemo al velaio di bordo di cucirlo per bene. A quel punto lo lasceremo sulla coperta per il resto del giorno, cosicch il sole scaldi e comprima la tela bagnata. Ti assicuro che la compressione sar pi solida che mai. Se il tuo piano non funziona... Ci incontreremo all'inferno, amigo.

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Parte Quattordicesima
Il Vicolo dei Pirati

Capitolo 61
Durante la traversata da Hong Kong a Manila, Luis si concesse una pausa e tenne una lezione dettagliata sulle navi, l'artiglieria e l'ignominiosa mancanza di preparazione al combattimento del nostro galeone. Luis sapeva tutto ci che c'era da sapere sui cannoni, su come condurre una battaglia in mare e le fortificazioni. Per di pi, sapeva ogni cosa su come avrebbe dovuto essere una nave ben armata e bene equipaggiata. In altre parole, sapeva tutto ci che noi non eravamo. Questo non un galeone vero e proprio mi spieg. Questa nave in realt pi piccola dei galeoni normalmente utilizzati sulla tratta da Acapulco a Manila. Ha solo tre alberi, quando sarebbe meglio ne avesse quattro, otto vele anzich le ottimali dieci, e, peggio ancora, la sua artiglieria di molto inferiore alla norma: ventidue cannoni, di cui dodici sono da dodici libbre e dieci da venti libbre, il che significa circa la met della potenza di fuoco di cui, di solito, dispone una nave del genere. una nave imbastardita continu Luis, una vecchia carretta che fa acqua da tutte le parti, e che richiede uno sforzo costante per continuare a galleggiare, con un calafataggio fatto di catrame e crine di cavallo nelle crepe delle tavole del fasciame... oltre naturalmente alla necessit di un'infinit di manovali per sgottare la sentina con i buglioli. Questa maledetta bagnarola veniva usata per trasportare rifornimenti tra il Nuovo Messico e il Per, ed stata destinata in fretta e furia a
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rimpiazzare un'altra nave sulla tratta per Manila, dopo che era stata affondata dai pirati. Alz le mani al cielo in un gesto esasperato. I mali di questa nave rispecchiano le cause della perdita della supremazia spagnola. I nostri uomini di punta sono caduti durante la guerra contro la Francia, e adesso siamo governati da un re e da una corte di idioti che non sarebbero neppure capaci di ripulire una stalla, figuriamoci quando sono chiamati ad affrontare i problemi che affliggono l'impero. Naturalmente, sapevo come era avvenuta la conquista spagnola dell'Unico Mondo, ma ero curioso di conoscere come gli spagnoli conquistarono le Filippine, una strategica base di partenza per il Pacifico. Mi raccont di come alcuni uomini coraggiosi avessero navigato in un oceano sconfinato, non solo per trovare tesori e creare un impero, ma soprattutto per affinare i loro saperi. L'esploratore portoghese Ferdinando Magellano, in rappresentanza sia del suo paese sia della Spagna, ha condotto la prima spedizione spagnola sin laggi, sbarcando a Cebu nelle Filippine nei primi anni del Sedicesimo secolo. Le isole erano inospitali e gli indigeni lo uccisero poco tempo dopo in uno scontro nella vicina isola di Mactan. Trent'anni pi tardi il nostro re, Filippo II, chiese al navigatore Andrs de Urdaneta di guidare una spedizione che sarebbe partita dal Messico per raggiungere le Filippine e di tracciare la rotta di ritorno. Cinque tentativi precedenti si erano risolti in altrettanti disastri. Nel 1565 Urdaneta raggiunse le Filippine e fond una missione, ancora una volta sull'isola di Cebu, poi inizi il ritorno verso la Nuova Spagna. Navigando ad alte latitudini, circa 36 gradi a nord, sfrutt i venti locali favorevoli, eludendo i tifoni pi a sud, e raggiunse Panama in centoventitr giorni. Questa divenne la rotta della tratta dei galeoni diretti a Manila e ci permise di colonizzare le Filippine. E cos si crearono le condizioni adatte per aprire i mercati d'Oriente ai prodotti di Messico e Per e l'approvvigionamento di seta e altre mercanzie orientali. Seguirono altre tre spedizioni, che per si risolsero in un disastro. Tuttavia Filippo II, dal quale presero il nome le isole, diede prova di determinazione. Facendo partire Miguel Lpez de Legazpi per le Filippine, riusc a stabilire il primo insediamento permanente a Cebu nel 1565. La citt spagnola di Manila venne fondata nel 1571, e la Spagna pot cos controllare la maggior parte delle regioni costiere e il bassopiano da
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Mindanao, a nord, fino a Luzon verso la fine del Sedicesimo secolo. Gli inquisitori, i frati e i soldati convertirono gli indigeni al cattolicesimo con metodi secondo il loro stile, sommari, ricorrendo spesso alla spada quando la Bibbia non bastava a convincerli. Legazpi sconfisse le navi portoghesi e quelle dei pirati cinesi, ma non riusc mai a sottomettere i musulmani delle Filippine di Mindanao e Sulu, che noi chiamiamo Moros. Luis scosse il capo. Abbiamo quasi completamente ridotto in rovina le Filippine, amigo, proprio come abbiamo fatto nella Nuova Spagna. Introducemmo il sistema delle encomienda, gi in uso nella Nuova Spagna, cosicch i nativi vennero costretti a lavori massacranti nelle fattorie possedute dagli spagnoli, a tutto vantaggio finanziario dei proprietari delle piantagioni. Manila divenne ben presto una delle colonie pi lucrose della Corona. Il commercio per mezzo dei galeoni con Acapulco garant a Manila la supremazia commerciale. Lo scambio delle sete cinesi con l'argento messicano attrasse una vasta popolazione di cinesi. Gli eredi della nobilt preispanica, i principalia, giocarono un ruolo importante nel governo locale dominato dai frati... lo stesso che in Nuova Spagna. Qualcosa mi dice che odier Manila dissi a Luis. S, se ci arriveremo interi, sicuramente la disprezzerai. Non necessario arrivarci. Io la disprezzo gi. Mi sembra un posto come la Nuova Spagna. Le stesse ingiustzie. Non aver paura, giovane armaiolo. Probabilmente non vivremo abbastanza a lungo per patirne la crudelt.

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Capitolo 62
La nave veleggiava, trainandoci appresso, mentre noi trasformavamo il sambuco in un brulotto e le mie conoscenze sulle navi e il mare aumentavano. In origine i galeoni erano caravelle, mio giovane amico, un tipo di imbarcazione che risale a pi di trecento anni fa mi spieg Luis un giorno, mentre disponevamo i combustibili sul ponte. La loro concezione cambiata col passare degli anni. Mi hanno detto che la caravella era inizialmente una nave molto larga, un vascello di stazza oscillante tra le 50 e le 60 tonnellate, alcune raggiungevano le 160 tonnellate. Lunghe circa 23 metri, le caravelle erano pi piccole e leggere dei galeoni di un secolo dopo. Sulle prime caravelle c'erano castelli di prua e di poppa che tendevano a intrappolare il vento, rendendo la nave ingovernabile, quindi furono abbandonate a favore del galeone, un'imbarcazione allungata e snella. Fu aumentata anche la dotazione di cannoni pesanti, fino a estenderli per tutta la lunghezza della murata, dapprima su un unico livello, poi su due e infine su tre. I grandi galeoni furono chiamati "vascelli di linea" in quanto potevano essere usati come potenti navi da guerra, quando venivano disposti in linea di battaglia. Ora che ero diventato un marinaio a tutti gli effetti, queste navi mi affascinarono. Quanto erano grandi questi vascelli di linea? chiesi. Un vascello di linea del Diciassettesimo secolo poteva misurare fino a 60 metri e avere un dislocamento tra 1200 e 2000 tonnellate, con un equipaggio da 600 a 800 uomini. L'armamento era disposto su tre ponti: la batteria inferiore era formata da circa 30 cannoni in grado di sparare palle tra le 32 e le 48 libbre. Quella intermedia aveva altrettanti cannoni da 24 libbre. Infine, la batteria superiore poteva avere 30 o pi cannoni da 12 libbre. In battaglia, ciascuna nave procedeva nella scia di quella che aveva davanti. Mantenendo questa linea durante tutta la battaglia, la flotta, nonostante l'oscuramento delle nubi di fumo, riusciva a funzionare come un'unica unit al comando dell'ammiraglio. La formazione massimizzava
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la potenza di fuoco delle bordate e segnava la fine della tattica usata al tempo delle galee, in cui ciascuna nave cercava d'ingaggiare il combattimento con una singola nave nemica cercando di speronarla, abbordarla, e cos via. Le provviste di cibo erano di poco migliori delle razioni degli schiavi di sentina e i compiti quotidiani di bordo erano gli stessi dei nostri: ramazzare i ponti, calafatare e riparare il sartiame. In breve, il lavoro era sfibrante anche allora commentai. Giovane fabbricante di polveri rispose Luis, sempre stato cos.

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Capitolo 63
Navigammo lungo la costa di Manila senza intoppi, e per un po' pensai che ce l'avremmo fatta, evitando lo scontro con i pirati. Infatti, ci trovavamo a meno di cento miglia dallo stretto di Manila, quando ci imbattemmo in quei filibustieri... tre enormi sambuchi, chiamati gangha, grandi quasi il doppio del nostro baggala. Ogni sambuco era armato di due piccoli pezzi da dodici libbre, il che significava che avevano sei cannoni operativi in pi rispetto a quelli che avevamo noi. Inoltre, i bordi di murata e i ponti pullulavano di briganti vestiti in modo sgargiante, che ostentavano bandane nere, camicie svolazzanti e ampi calzoni color nero e cremisi. Brandivano pistole e pugnali, oltre ad asce e coltellacci, archi e frecce. Erano assassini professionisti, non pendagli da forca e gente da galera come quelli del nostro equipaggio. Il loro unico punto debole, secondo me, erano le pistole. Dato il clima umido, infatti, non avrebbero potuto sparare a ripetizione. Erano solo per bella mostra, ma le altre armi erano certamente letali. Era mezzogiorno, il vento era calmo e il mare quasi piatto. Non saremmo riusciti a superarli in velocit neppure se avessimo voluto. Accostammo il sambuco al galeone in modo da conferire con il comandante sulle richieste, e sulla battaglia, che ci aspettavano. Cercare di corromperli offrendo dell'argento era fuori discussione: lo avrebbero preso come un segno di debolezza. I pirati inviarono una lancia fino a tiro di voce del galeone. Un bucaniere, che parlava spagnolo, una canaglia dall'aspetto rude, con un occhio solo e il cranio pelato, vestito con una camicia e calzoni cremisi, era ritto a prua. Non potete attraversare le nostre acque senza pagarci il tributo che ci spetta. Una cassa d'oro, o due d'argento, e ce ne andremo... pagate o morirete! grid. Col cavolo che se ne andranno disse Luis. Il comandante sa che ci stanno mettendo alla prova... per vedere quanto efficiente la nostra artiglieria. Ditegli che gli faremo avere una quantit di argento e un omaggio di giada della Nuova Spagna per il loro capo disse El Capitn a Luis.
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Ditegli che gli daremo anche dell'oppio, per fargli fare dei bei sogni. Interpreteranno le nostre concessioni come un segno di debolezza, ma non ci attaccheranno finch non potranno mettere le mani su questo bottino. Sicuramente sbaveranno per avere tutto ci che abbiamo a bordo intervenne il primo ufficiale Gasset. Ditegli questo disse il Capitn Zapata. Vi daremo un sambuco carico d'argento, oro e giada. Oppio! Abbiamo anche dell'oppio per voi! Tre casse, piene di tesori e di oppio... una per ciascuna delle vostre navi grid Luis di rimando. Poi Luis mi sussurr: Se gli diamo tre casse, tutte e tre le navi pirata convergeranno sul nostro sambuco. Non affideranno il loro bottino alle altre navi. Il pirata calvo era sorpreso quanto i nostri marinai, che fino ad allora erano rimasti all'oscuro di tutto ma che adesso avevano sentito quell'annuncio. Tirate fuori le monete d'ottone lucidate... il loro scintillio, a distanza, le far sembrare d'oro ordin il comandante. E anche la farina, che da lontano dovr passare per oppio. Mentre il pirata tornava indietro alla nave ammiraglia, un grosso sambuco pi elegante degli altri due, i marinai del galeone calarono le casse del bottino verso di noi con cime e reti. Luis sorrideva e a gesti tentava di comunicare con i pirati, indicando con entusiasmo i doni offerti come tributo. Diamine... i pirati dovevano aver pensato di essere morti e di trovarsi nel Giardino di Allah o qualunque altro paradiso pieno di vergini celestiali in cui credevano. Una volta che il carico fu sistemato sul nostro sambuco, ci guardammo l'un l'altro. Noi cinque, in una missione suicida di cui nessuno voleva far parte. Ci allontanammo in direzione del sambuco del capo dei pirati, alzando un'unica piccola vela. Il nemico non era lontano, e noi non avevamo fretta.

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Capitolo 64
Luis fece appostare due uomini armati di moschetto, uno a prua e uno a poppa, per impedire che a qualche pirata venisse la brillante idea di salire a bordo prima che noi raggiungessimo la loro nave ammiraglia. Il capo dei pirati, chiaramente quello vestito in modo pi appariscente tra il branco di tagliagole, era ritto sulla battagliola e ci fissava. Sapevo a cosa stava pensando... non riusciva a credere nella sua buona stella, il che lo rendeva pi sospettoso e cauto. Luis ostent la cassa aperta, colma delle nostre luccicanti monete d'oro che in realt erano di ottone lucidato. Apr persino il barile di farina che a quella distanza sarebbe sembrata oppio. In modo che capissero cosa gli stavamo offrendo, Luis grid: Oro! Oppio!. Gli altri due sambuchi pirati si avvicinarono all'ammiraglia. I loro capi indubbiamente pensavano di abbordarla non appena il bottino vi sarebbe stato imbarcato. Eravamo a brevissima distanza dalla fiancata della nave pirata quando Luis bisbigli, senza interrompere il suo sorriso abbagliante: Ora!. Usando la vela del brulotto come copertura, accesi la miccia da dieci secondi della mia bomba artigianale. La vela triangolare bloccava la visuale dei pirati, e non visto la issai sull'albero con un paranco. Ruotando di scatto il boma, feci dondolare la bomba avvolta nella tela direttamente sul sambuco dei pirati, fino a dirigerla alla base della vela di maestra della nave nemica, inclinata nella mia direzione. Il capo dei pirati entr in azione, sbraitando ordini ai suoi uomini. Mentre noi cinque saltavamo in acqua, ci scagliarono addosso un nugolo di frecce. Uno dei marinai scelti da Arturo gemette di dolore quando una freccia lo colp tra le scapole. Nel tempo che mi occorse per risalire in superficie Luis si trovava gi a sei metri di distanza dal brulotto e nuotava come uno squalo. Il nostro sambuco ci forniva un riparo dalle frecce. Mi immersi sott'acqua, quando dietro di me ci fu l'esplosione pi potente che avessi mai sentito: una spaventosa grandinata di frammenti di legno e rottami di ferro arrugginito. La scossa provocata dallo scoppio agit e sconvolse il mare circostante.
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Quando la pioggia di ferro cess io ritornai in superficie, a corto di fiato. Come la moglie di Lot, non potei fare a meno di guardare all'indietro. Anch'io, come lei, rischiai di essere trasformato in una statua di umido sale marino, annaspando tra il fumo per respirare. Il fatto che si fossero raggruppate aveva segnato il destino delle tre navi pirate. Tutte e tre, infatti, composte com'erano di fasciame calafatato, sartiame ingrassato e tela da vele estremamente infiammabile, avevano contribuito a fare un unico insieme di tutti questi elementi combustibili, trasformandosi in tre colossali palle di fuoco di color rosso-arancione. Intorno a me cadevano e andavano alla deriva una miriade di frammenti carbonizzati e altri relitti. Anche da una trentina di metri di distanza, il calore di quelle mostruose palle infuocate mi raggiungeva come se mi trovassi di fronte a una fornace in piena attivit. Per il resto, non era rimasto nulla. La mia bomba avvolta nella tela aveva vaporizzato i briganti. I pirati e le loro imbarcazioni avevano semplicemente cessato di esistere. Non vidi nemmeno un cadavere galleggiare sull'acqua. Vedevo soltanto Luis, Arturo e il terzo marinaio, che nuotavano come furie verso il galeone sperando di essere accolti a bordo con un buon bicchierino di brandy. Meno male che Luis aveva detto che il mio non era un Camino dell'inferno!, pensai.

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Parte Quindicesima
Collera smodata

Forza smisurata e di furia smodata, la collera che passa, esausta ma mai paga, la collera e la furia del mare impetuoso, Joseph Conrad, Tifone

Capitolo 65
Per due giorni solcammo un piatto mare turchese, lasciandoci dietro una scia di schiuma che si estingueva rapidamente. Il comandante e Luis ritenevano che fossimo ormai al sicuro. Mancava solo mezza giornata di navigazione all'ingresso nello stretto di Manila e almeno due giorni ci separavano dall'approdo. Il viaggio stava procedendo bene, con venti a favore e mare calmo. Ma tutto cambia. Lentamente, impercettibilmente, il tempo cominci a volgere al brutto. L'aria si fece densa e umida. Il cielo si oscur, diventando tetro e plumbeo, stranamente immobile. All'improvviso il mare, burrascoso e grigio come l'ardesia, si incresp. La cosa pi inquietante era che per le tre ore successive il vento e le
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onde gonfie cessarono. L'assenza di vento, tuttavia, fu di breve durata. Infatti, di l a poco riprese a soffiare forte, in un crescendo sempre pi minaccioso. Nel giro di un'ora, il mare si ingross nuovamente. Gli enormi marosi facevano rollare la nostra nave ripetutamente, con inaudita violenza. Le onde altissime si abbattevano sul ponte di coperta. La loro potenza strappava e allentava il sartiame fino a lacerare la tela delle vele e a far stridere i pennoni, con una furia distruttiva che scaraventava i marinai a terra. Arturo si affrett a passare a me e a Luis delle sagole di salvataggio da avvolgere attorno alla vita e legare all'albero maestro. Ci url qualcosa di indubbiamente offensivo, ma il cigolio della nave e il mugghio della tempesta sovrastarono le sue parole. L'ultima parola coerente che sentii pronunciare da un essere umano fu quella del Capitn Zapata, che come un boato sovrast le raffiche tumultuose della tempesta: T-I-I-I-I-F-O-O-O-O-N-E-E-E-E!. Tifone: la parola pi temuta da qualsiasi uomo di mare. Non pi turchese e piatto, il mare oscuro con tutta la sua forza superava qualsiasi cosa, ci soverchiava e soggiogava. I cavalloni alti dieci, quindici, venti metri e oltre, superavano in altezza la nave e irrompevano su di noi come valanghe, sommergendoci non di magma fluido, ma con montagne d'acqua salata che a noi parevano alte quanto l'Himalaya. Questi marosi altalenanti ci sollevavano fino alle loro effimere sommit - la nave in precario equilibrio tra la schiuma ribollente - per poi scagliarci come un sasso nella profondit della sua gola... e innalzarci di nuovo a ridosso di un'altra cresta in balia del terrificante moto alterno della marea. Oppure restavamo immobili nell'incavo e venivamo subissati da altre ondate, che ci sferravano colpi di maglio infernali. Nonostante la corda intorno alla mia cintola, un'onda mi strapp dal ponte e mi trascin all'ins, facendomi sbattere la testa e le spalle contro l'albero maestro. Non so per quanto tempo dur l'andirivieni della nave tra i flutti. I secondi erano lunghi quanto i minuti, i minuti come le ore e le ore parevano giorni. Tempo preso a prestito dall'inferno. Il sole mor lasciando il posto a un'oscurit completa, interminabile. A un certo punto, il mare si fece insolitamente calmo. Per la prima volta dopo ore infinite, sentii la voce di un uomo. Era Luis.
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L'occhio del tifone. Galleggiavamo nel nero del nulla... una nave di morti su un mare immobile. Quando le onde tornarono, rimpiangemmo la calma dell'occhio del tifone. Senza stelle n sole, il mare si impenn scatenando la sua collera nel pieno della notte nera come inchiostro di china. Non riuscivamo a vedere, ma potevamo sentire il rombo tonante del vento impetuoso, il mugghio degli alberi della nave e del sartiame che si lacerava, lo stridio dei pennoni che si spezzavano e si schiantavano sul ponte e le urla degli uomini terrorizzati. Poi un'onda si abbatt su di noi, mi sollev in aria e mi rigett a terra, mi avvilupp e mi fece sbattere contro l'albero. Altre ancora ci fecero ondeggiare paurosamente, colpendoci con un'angolazione quasi verticale. Mi sembrava di avere tutte le ossa del corpo fratturate. Il mare ci stava fustigando e facendo a pezzi, insanguinando le nostre schiene con il suo crudele gatto a nove code dopo averci incatenati alla ruota del supplizio della sua furia infernale. Proprio quando credevamo che peggio di cos non potesse andare, le ondate fatali ritornarono per un secondo attacco, ancora pi brutale. Si abbatterono su di noi da tutti i lati contemporaneamente dall'altezza di venti metri o pi. Come un animale morente, sembr che la nave gemesse e urlasse; fremeva, si lamentava e protestava invano contro il proprio destino. Di tanto in tanto sentivo il terrificante grido di morte di un marinaio, che per un attimo riusciva a penetrare lo scricchiolio della nave e il frastuono del mare iroso replicandone in modo irreale e assurdo l'intensit. Non che il mare o la notte se ne preoccupassero. Nell'impenetrabile oscurit di una notte senza fine venivamo percossi e scaraventati qua e l, in completa balia delle onde. Prima, quando ancora la tempesta non era scoppiata in tutta la sua furia, avevo chiesto a Luis perch non ci riparavamo sottocoperta, ma lui mi disse che le stive erano ancora pi pericolose del ponte reso viscido dall'acqua e sottoposto alla violenza delle ondate. Il carico si era allentato. Tutto il materiale veniva scaraventato fuori dai compartimenti come se fosse stato sparato da un cannone: pentole, padelle, coltelli, scarpe, armi, sedie, tazze, buglioli, barili di provviste, monete d'argento e infine cadaveri sanguinanti, sbatacchiati dalla violenza del mare e gonfiati di acqua
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marina. Il Capitn Zapata richiedeva il mio aiuto e quello di Luis in cabina di pilotaggio. Noi strisciavamo fin lass, assicurando le nostre sagole di salvataggio di palo in palo. Mantenere salda la ruota del timone esigeva uno sforzo di tutti i muscoli della schiena, delle spalle, delle gambe e delle braccia, dei pugni e dei polsi. Il comandante e Arturo avevano bisogno di riposo, e tutti noi ci demmo il cambio a quello strumento di tortura, lottando contro il dolore per mantenere la barra dritta... per la salvezza delle nostre stesse vite. Il tifone da tempo aveva cessato di essere un semplice atto di una natura indifferente, ma era diventato la vendetta assetata di sangue di una bestia viva e vegeta agonizzante, ritta sulle zampe posteriori, che artigliava il mondo con violenza e furia brutali. Il mugghio orrendo della nave talvolta emulava in modo strano e sinistro le vere urla umane che perforavano il boato assordante della tempesta e del mare in burrasca. Sopravvivemmo a due mostruose ondate di venticinque metri, ma la violenza dell'ultima ricaduta schiant l'albero maestro a un'altezza di quattro metri dal ponte principale. Se il tifone si fosse protratto, non solo avrebbe distrutto la nave, ma il galeone si sarebbe spezzato in due e sarebbe affondato, svanendo per sempre nell'oceano senza lasciare nessuna traccia di s. Ehi, amigo! strill Luis. Guardai all'ins dalla mia oscurit e riuscii a vedere il mio amico; mi stup il suo sorriso. Si trovava sull'altro lato dello spesso albero fatto di quercia, che ora si era spezzato, e vi stava avvolgendo intorno la sua sagola di salvataggio, in giri sempre pi stretti. Facendo un nodo, la assicur al capo sciolto della mia. Adesso eravamo uniti saldamente allo stesso pennone. Amigo disse Luis, devi dirmi una cosa... intendo, prima di morire entrambi. Tra amigos. Dopotutto non abbiamo pi nulla da nasconderci. Quella ragazza che hai fatto travestire da uomo... Hai fatto tutto quello che potevi per mantenerla in vita. Deve essere molto brava a letto, no? Sfoggi uno dei suoi larghi, maliziosi sorrisi. Non lo saprai mai, pcaro bastardo. Scoppi in una lunga risata, la cui eco risuon alta sul fracasso devastante del tifone. Un'ennesima ondata si gonfi proprio sotto la chiglia, innalzandoci con
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straziante e decisa velocit sulla sua cresta. Era come se un cavallo selvaggio iniziasse ad andatura sciolta per poi balzare impennandosi e schizzando dal terreno come avrebbe fatto una lepre selvatica per poi prorompere nella sgroppata pi vertiginosa e brusca di cui era capace. Solo che il mio stato di coscienza distorto mi faceva percepire ogni movimento al rallentatore, quasi grazie a un intervento soprannaturale. Vista attraverso i miei sensi distorti, la grande onda schiumosa si alzava al di sopra del mare furioso con una sorta di calma divina. La nave cavalc sul dorso arcuato del cavallo selvaggio. Forse si trattava dell'onda pi alta nella storia del mondo, un'onda anomala che si arricci e si gonfi fino a raggiungere l'incredibile altezza di quaranta metri. Restammo sospesi lass a mezz'aria, per un tempo che mi sembr un'eternit, fermi sulla spuma della cresta dell'onda. Dio, bellissimo, non potei fare a meno di pensare nonostante tutto. E poi Dio ci lasci cadere. La caduta non avrebbe potuto essere pi disastrosa. La cavit sottostante si trovava a una profondit e a una distanza impossibili da colmare senza subire danni irreparabili... nessuna creatura al mondo sarebbe potuta sopravvivere a quella discesa a precipizio, ma il peggio era che eravamo sovrastati da una massa d'acqua colossale, in procinto di crollare su di noi come le Montagne della Luna sulla Valle dell'Ombra dei mortali. Volevo pregare, ma Cristo era fuori discussione. Ges non avrebbe mai tollerato la mia visione deformata del Suo Regno d'Amore, per la gioia che avevo provato nel vedere vaporizzarsi i pirati e i loro sambuchi grazie alla bomba da me fabbricata e per l'intimo piacere che aveva suscitato in me la lunga, fatale nuotata notturna dell'inquisitore. E Quetzalcoatl? Pensai che avrei potuto rivolgermi a lui, ma non lo feci. Non avevo mai sentito dire che il dio azteco avesse il senso dell'umorismo. Di quale dio avevo bisogno, allora? Uno che sapesse comprendere me e il senso della mia vita... O quella di Luis. O della mia benedetta, bellissima Mara, che avrei amato per sempre. Amen. Non pregai alcun dio, n essere mortale, n divinit sempiterna. Niente, e nessuno. Non pregai affatto.
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Legato a triplo giro di fune ai resti incrinati dell'albero di maestra, fissai Luis che rideva come un pazzo, alternando le risa a un sogghigno malizioso che alla fine arriv fino ai suoi occhi dallo sguardo sepolcrale. Ricambiando il sorriso del mio amico, aspettai insieme a lui il declino e la caduta che erano sempre pi vicini. O, pi precisamente, cavalcammo insieme la caduta. Fino alla fine dei tempi. Sai, mi sei sempre piaciuto grid Luis. Seor risposi io, concedendo a Luis un sorriso sardonico e selvaggio. Se io ti fossi piaciuto di meno, sarei ancora laggi nella colonia a mangiare tortillas e a bere pulque. Ancora una volta, la sua risata super in fragore quello della burrasca. Nondimeno desidero ringraziarti gridai al di sopra del ruggito del tifone, per tutto quello che hai fatto per me... rendermi schiavo di sentina, avermi aiutato nell'assassinio del capocannoniere e del maestro delle polveri, essere stato al mio fianco nel massacro dei pirati e delle loro navi, e adesso per la mia morte inutile nel mezzo di uno spaventoso tifone. Voglio che tu sappia... voglio che tu sappia... ... che io sappia cosa? Per fortuna, grazie alla pioggia sferzata dal vento che mi bagnava il viso, Luis non poteva vedere le lacrime che mi scorrevano gi per le guance... lacrime di gioia e di affetto miste alle risa. Non mi sarei perso nulla di tutto ci... per... nulla... al... m-o-n-d-o ruggii io con quanto fiato avevo in corpo, scandendo bene l'ultima parola. Io n-e-p-p-u-r-e fu la risposta urlata da Luis sopra il rombo della tempesta. Allora ci rivedremo all'inferno! gli gridai in faccia, ancora maliziosamente ridente. Lo terr in caldo per te. La risata folle di Luis proruppe e rimbomb come un tuono attraverso la pioggia battente e il vento impetuoso. Quella risata isterica era contagiosa, e mi ritrovai a unirmi a lui. Quando le nostre risate si spensero nella notte mi concessi una pausa per valutare l'ultima osservazione del mio amico e pensare a come sarebbe stato veramente l'inferno. Forse il mio destino era finire nei Nove Inferni? Trovai l'argomento curiosamente affascinante. La mia mente funzionava
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benissimo e meditai sulle varie implicazioni. Ma non aveva importanza. Ben presto sia io sia Luis avremmo avuto risposte definitive. Dopotutto, la fine della caduta della nave nel cavo mortale dell'onda era ormai prossima. Poi le risposte sarebbero sicuramente arrivate. Una di esse stava nelle ultime parole di Luis, urlate a pi non posso, che riecheggiavano nella mia mente: Ricordati di me, quando si spegner la luce!. Non sentii altro, e non mi accorsi che la nave venne colpita. O che l'onda pi grande dal tempo della Creazione del mondo stava per abbattersi su di me. L'urto mi fece perdere i sensi. Tutto si fece nero. Il tempo e la notte mi strinsero fra le loro braccia e trascinarono la mia anima perduta gi, sempre pi gi, fino in fondo al mare. L'eternit termin, e la notte che non conosceva fine infine la trov. La notte non conosceva nulla. La mia consapevolezza, terribilmente distorta e violentemente turbata, divent nera... nera come la pece... ... nera come l'abisso. L'abisso mi gherm per la gola e mi attir a s. Andai avanti verso la fine della corsa. Il pozzo vorticoso che vi trovai era invitante. Invitante. Invitante. E io mi ci tuffai dentro.

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Parte Sedicesima

Fuori della notte che mi ricopre Nera come la fossa tra un polo e l'altro... William Ernest Henley, Invictus

Capitolo 66
Quando ripresi conoscenza mi trovai legato a pancia in gi al pezzo di pennone che era stato l'albero di maestra del galeone. L'estremit anteriore dell'asta, che si trovava a una sessantina di centimetri sopra la mia testa, si era spezzata e piegata formando un preciso angolo retto, facendo da sorta di rozza prua acuminata del relitto. Non ero dell'umore per comprendere appieno la nostra buona sorte. Le mie tempie risuonavano come le campane di una chiesa percosse da tutte le arpie dell'inferno. Luis mi stava fissando. Una volta tanto non aveva quel ghigno scheletrico. Pensavo che fossi spacciato, amigo si risolse a dire. Sanguinavi dal naso, dalle orecchie e dalla bocca quando ti ho disteso a braccia e gambe divaricate sopra questo pezzo di legno. Avresti dovuto lasciarmi in pasto ai pesci gemetti io. Sento male dappertutto. Rallegrati. Il dolore significa che sei sopravvissuto alla tempesta e al
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naufragio della nave. Vuol dire che sei ancora vivo. Non avrei mai pensato che saremmo sopravvissuti a quell'ultima onda. Non ce la siamo ancora cavata, per. Davvero? Allora guarda a dritta. La mia vista era offuscata dal dolore, ma riuscii a indirizzare il mio sguardo al di sopra della spalla destra... e vidi una spiaggia di sabbia di un bianco accecante sullo sfondo verde di una fitta giungla. Quello potrebbe essere il Giardino dell'Eden o il Regno di Dio... o forse sono uscito di senno dissi. Qualunque cosa sia, lontano... mezzo miglio? Anche di pi, e non si pu mai sapere, con queste correnti oceaniche. Potrebbero trascinarci nuovamente in alto mare. Sai nuotare? Forse riuscirei a fare il morto. La testa ti duole, eh? Come se fosse stata colpita da un maglio. Va bene. Ho intenzione di far spostare indietro a calci questo tronco verso l'isola nel miglior modo possibile. Devo trovare un punto in cui possiamo sbarcare, una spiaggia, non certo una scogliera che ci farebbe a pezzi. Tuttavia, se sentir che il mare ci risucchia indietro dovr levarti dal tuo trono di navigazione e dovrai finire a mollo insieme a me. Sarai costretto a nuotare. Ce la faremo. Non credevo nemmeno che saremmo stati in grado di uscire dalla sentina, se per questo. ... Ce la faremo. Luis mi aveva assicurato a pancia in gi sul pezzo di pennone nel bel mezzo della notte in burrasca, e in qualche modo mi aveva mantenuto fermo l per tutto il resto della notte e il mattino seguente, e adesso mi stava spingendo a riva, ancora legato al tronco, verso un 'assolata spiaggia sabbiosa e una lussureggiante vegetazione. Per tutta la mia vita avevo giudicato gli altri non per la forza della loro fede, per il loro coraggio o la grandezza della loro anima, ma solo in base alle apparenze. Avevo giudicato anche Luis in base alle apparenze. E questo me lo aveva fatto vedere sotto una cattiva luce. E invece lui era il mio amico, l'unico che avevo veramente avuto, e l'avevo sminuito... Luis, lasciami andare...
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Cosa stai cercando di nascondermi, amigo? disse, con entrambe le mani appoggiate sul pennone spezzato, scalciando verso riva con i piedi. Cos' che non sa il tuo amigo, eh? Una fortuna in monete d'oro? Adesso vorresti tagliarmi fuori, vero? Forse tu conosci una ricca e bellissima donna che ha un bisogno disperato che io le legga i tarocchi, che le predica la sua fortuna? Luis, sento che la corrente ci trascina via... dalla riva, verso il largo. Non aver paura, amigo. I miei insegnamenti dovrebbero servirti. Noi arriveremo a riva e prospereremo. Non nuoteremo pi in mezzo all'acqua salata, ma tra putas e pistole, brandy e dinero, vino e canzoni. Io le so, certe cose. F-I-I-I-I-D-A-A-A-A-T-I-I-I-I!!!!! tuon Luis, strascicando la parola mentre virava verso l'isola, attraverso un placido mare incontaminato.

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Capitolo 67
Durante l'ultimo quarto di miglio la corrente ci costrinse ad abbandonare quanto rimaneva del pennone. Lo lasciai con una sensazione stranamente contraddittoria. Non avevo, infatti, dimenticato che il Capitn Zapata aveva fatto legare Luis a quello stesso albero e poi frustare a sangue. Ma quel pezzo di legno ci aveva anche salvato la vita: un'ironia della sorte che non avrei dimenticato. Quel tronco, tuttavia, ci stava trascinando dal mare a riva con indolente, ma inesorabile, velocit. Amigo disse Luis, so che sei tutto un dolore, ma adesso devi nuotare come se avessi alle calcagna tutti i demoni dell'inferno. Al calar delle tenebre gli squali entrano in queste acque basse per cibarsi di ogni cosa trovino sul fondale. Non c' tempo da perdere. Il sole sta tramontando in fretta. Eravamo fatalmente allo scoperto, ma la cosa pi importante era che non volevo deludere Luis. Ne avevamo passate cos tante, insieme, e lui aveva fatto tanto per me. Quasi con uno sforzo sovrumano, iniziai a nuotare... bracciata dopo bracciata, stendevo in avanti le mani, lottavo per eguagliarlo nell'andatura, muovendo i piedi come lui. I muscoli delle gambe e delle spalle mi bruciavano come fossi tra le fiamme di un rogo. Non ero solo malconcio ed esausto, in verit non avevo mai nuotato granch bene. Luis, al contrario, era un nuotatore provetto e con una buona resistenza, e io, studiando le sue bracciate, mi sforzavo di imitarlo. Una volta Luis mi aveva detto che non lamentarsi per il dolore era la pi alta espressione di tutte le arti del combattimento, e allora non avevo ben compreso cosa intendesse. Adesso capivo. Ero dolorante. Sentivo male dappertutto. Purtroppo, per, esprimere il dolore era un lusso che non potevo permettermi. Dato che Luis non mi avrebbe mai abbandonato, la nostra sopravvivenza dipendeva dalla mia capacit di sopportazione. Non che fossi molto convinto di farcela. Non sapevo se nuotando sarei riuscito a
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superare tutto quel senso di agonia e spossatezza. Alla fine il male che provavo avrebbe avuto la meglio e mi avrebbe sfiancato... a meno che non riuscissi a trattenerlo e a incanalarlo altrove. Trattieni il dolore, mi imposi in silenzio. Non puoi controllare il mondo, ma puoi controllare te stesso mi aveva detto Luis in un'altra occasione. Puoi controllare te stesso. Quasi senza volerlo, sentii che la mia coscienza si separava dal mio corpo... di fatto lo lasci. Anche mentre nuotavo, era come se la mia mente si proiettasse al di sopra del mio essere, da dove poteva contemplare il mio corpo stremato dal dolore fendere esitante l'acqua, cercando disperatamente di raggiungere la riva. Metti il dolore da un'altra parte, sussurr una voce nel mio cervello... no, anzi, al mio cervello. Dirigilo altrove e... uccidilo. Improvvisamente, nel campo della mia coscienza apparve il sambuco dei pirati. Ero di nuovo sul nostro brulotto insieme ad Arturo e in procinto di far saltare in aria la nave dei briganti. Mettilo qui, il dolore. Lascia che appartenga alla nave pirata. Fissai l'enorme vela triangolare inclinata del sambuco nemico. E misi il dolore... l. Adis, pirati. Adis, sambuchi. Adis, dolore. Ancora una volta, l'esplosione del brulotto. Di nuovo, la nave pirata saltava in aria e spariva... nel mare. Il dolore scomparve. Non lamentarsi per il dolore era l'espressione pi alta delle arti di combattimento. Rinnovando gli sforzi, rafforzai la spinta dei piedi e allungai le bracciate.

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Capitolo 68
Raggiungemmo la riva poco prima che calasse l'oscurit, e prima che arrivassero gli squali. Eravamo cos esausti e disidratati da non riuscire a mettere a fuoco i pensieri. Tutto ci che ci serviva erano acqua, cibo e riposo. Ci dirigemmo verso una rigogliosa e fitta giungla dove abbondavano canneti e palme, viticci rampicanti e fronde di un verde sgargiante. Trovammo un ruscello, dove ci lasciammo cadere in ginocchio, chinando il viso per dissetarci. Avrei voluto bere fino a scoppiare, ma dopo cinque o sei abbondanti sorsate Luis mi tir via. Se ne bevi troppa tutta insieme cadrai a terra come un cavallo sfinito mi disse. Poi Luis si arrampic su una palma da cocco. Scagli due noci contro un paio di rocce l sotto, spezzandole come mele, dopo di che le ripulimmo della polpa bianca. Non avevo mai mangiato nulla di pi gustoso in vita mia. Il sonno ci colse entrambi di sorpresa. Addormentarsi all'aperto, sulla sponda di un ruscello e privi di riparo da predatori, sia umani sia animali, non mai consigliabile, ma a quanto pareva non avevamo scelta. Dopo esserci rifocillati di cibo e acqua, crollammo. Le nostre membra e le palpebre divennero pesanti come il piombo. Una spossatezza totale e un oblio nero seppellirono l'orrore degli ultimi due giorni. Dormimmo. Luis pi tardi mi disse che in quel momento quell'abbandonarci tra le braccia di Morfeo sembrava un regalo degli antichi di greci. Diffida dei greci, quando ti portano un regalo mi redargu. Fosse stato per me, avremmo potuto dormire per tre giorni di fila. Sarebbe arrivato il momento in cui avrei desiderato non risvegliarmi mai. Quando mi svegliai era mattino inoltrato. Il sole splendeva e alcuni uccelli tropicali simili a fenicotteri svolazzavano intorno al ruscello. Dopo tutti i mesi trascorsi in mare aperto i miei occhi avevano bisogno di colori,
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e in quel punto della giungla ce n'erano in abbondanza. Un arcobaleno abbagliante di tonalit sgargianti. Ma, oltre lo splendore della natura, ad attrarre la mia attenzione fu un uomo chino su di me, sorridente... che premeva la punta di una specie di piccola scimitarra contro la mia gola. Buona giornata dissi sorridendo. Ricambi il mio sorriso con affabilit, e per un attimo mi chiesi se non avremmo potuto intenderci... nonostante gli strani ornamenti appuntiti che portava infilati al naso, alle labbra e alle orecchie. Ossa, pensai, il suo volto pieno di pezzetti d'ossa. La sua cintura era contornata da una dozzina di strani feticci grigiastri a forma di patata, come fossero dei festoni. Purtroppo, pi fissavo la cintura e i suoi pendagli, pi mi inquietavo. Gli oggetti grigi a forma di patata erano... teste rinsecchite! Non lasciarti prendere dal panico disse Luis calmo. Ce la caveremo egregiamente, posso assicurartelo. Infatti, credo ci voglia invitare a... cena.

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Capitolo 69
Non fummo costretti a una marcia particolarmente lunga per raggiungere il villaggio - sebbene dal canto mio non avessi nessuna fretta di arrivarci -, pervaso dall'odore di carne messa ad arrostire. All'ingresso di ciascuna delle numerose capanne dal tetto di erba essiccata c'erano svariati crogioli, su cui erano montati grossi spiedi dotati di manici rotanti dove venivano fatti rosolare, rigirandoli, pezzi di carne scelta. La vista di cos tanti girarrosti non era affatto rassicurante. Nei villaggi costieri, per quanto ne sapevo io, la selvaggina era rara, e gli abitanti di solito integravano la scarsit di carne ricorrendo al pesce, disponibile in abbondanza. Fui ancora pi sconcertato quando, girato un angolo, vidi il nostro nuovo alloggio: un'enorme gabbia di bamb, che ospitava gi altri sei prigionieri. I guerrieri dall'aria feroce, decorati dalle teste rinsecchite, ci spinsero senza troppi complimenti dentro quel bel posticino. Gli occupanti che noi raggiungemmo avevano la pelle di un colore simile a quella degli uomini armati di lance che ci avevano catturato, ma le loro decorazioni non si somigliavano. Anche i tatuaggi erano differenti. Luis imbast immediatamente una conversazione con un tale che parlava un po' di spagnolo. Si chiamava Rafael. Aveva lavorato in una missione delle Filippine gestita da preti spagnoli, prima di naufragare sull'isola dopo che il peschereccio sul quale viaggiava era affondato a causa di una tempesta. Dove ci troviamo? gli chiese Luis. Cosa sta succedendo qui, in nome di Dio? Qualsiasi cosa succeda rispose l'uomo, vi posso assicurare che non ha nulla a che fare con Dio... a meno che il vostro Dio non sia a favore del consumo di carne umana. Evitai di spiegargli che i miei di aztechi richiedevano proprio questo ai loro fedeli. Ci danno da mangiare a saziet... e anche di pi raccont Rafael. Ma non sono spinti dall'amore per l'umanit. Ci mettono all'ingrasso. I suoi capelli lunghi, gli occhi e la pelle scura, il naso schiacciato e la bocca larga, gli zigomi alti e ampi, rendevano molto simile l'indigeno che
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parlava spagnolo a uno dei cannibali dell'isola che ci avevano preso prigionieri. Come sono finiti gli altri uomini su questa isola sperduta? chiese Luis. La loro nave aveva bisogno di acqua e cibo disse Rafael. Il loro comandante li mand a terra alla ricerca di provviste e un piccolo esercito di questi selvaggi piombato su di loro. Quando il comandante si accorse di quanti erano, del loro accanimento e di come manovravano abilmente le loro canoe a bilanciere, tir su l'ancora e li abbandon a loro stessi, lasciandoli soli a fronteggiare la furia dei cannibali. E voi due? Sopravvissuti a un naufragio rispose Luis. Un tifone ha affondato la nostra nave spiegai io, e abbiamo raggiunto l'isola su un tronco che poi andato a fondo. Sareste stati meglio in balia del tifone fu il commento di Rafael.

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Capitolo 70
Col passare dei giorni, il nostro nuovo amico ci intrattenne piacevolmente con la descrizione di questa poco ospitale regione. I fiumi erano infestati da cos tanti coccodrilli che era impensabile attraversarli a nuoto. Di conseguenza, qualsiasi tentativo di fuga da quella trappola di morte popolata dai cannibali imponeva l'attraversamento di una giungla fitta, paludosa e per lo pi impraticabile. Quanto ai membri della trib, erano di carnagione scura come il bronzo, con lunghi capelli neri, nasi e zigomi pronunciati e piccoli occhi infossati. La loro altezza era inferiore a quella degli europei. Le piume dei buceri, che i maschi prediligevano, indicavano la condizione sociale e la gerarchia all'interno della trib. Ogni piuma rappresentava una testa decapitata da chi l'indossava, proprio come le teste che tenevano appese alla cintola. La parte superiore della schiena, le spalle e le cosce degli uomini e delle donne recavano ricchi ed elaborati tatuaggi, con cicatrici rigonfie blu e nere. Venni a sapere che i pirati locali, che avevano cattiva fama in tutta la regione per la loro ferocia, non abitavano la stessa nostra isola ma un'altra poco distante e pi, per cos dire, civilizzata. Noti come i daiacchi del mare e iban, provenivano da una grande isola chiamata Borneo. Guidati dai malesi, erano dediti alla tratta degli schiavi e al commercio dei beni che riuscivano a razziare. I cannibali appartenevano a un gruppo simile, ma non erano navigatori. N nessuno mai si era sognato di definirli un popolo civilizzato. Io e Luis ci rendemmo subito conto che il tifone aveva spazzato via la nostra nave ben al di l dello stretto di Manila. Una volta, dalla posizione strategica della nostra sontuosa dimora, fummo testimoni di uno dei loro riti cannibaleschi. Non fu per nulla consolatorio. Durante la cerimonia diversi prigionieri, che erano rimasti ingabbiati e fatti ingrassare molto pi a lungo di noi, vennero condotti in cima ad alcuni gradini di pietra. Numerosi guerrieri li afferrarono e li tramortirono, spaccarono loro il cranio con dei bastoni, poi li macellarono e li prepararono alla cottura
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come lepri appena uccise. Quando i lombi, i filetti e le animelle dei malcapitati furono infilati sugli spiedi e fatti ruotare sui fuochi di cottura fino a far crepitare, fumare e scoppiettare il grasso dei corpi, si alz nell'aria uno stomachevole odore denso e fumoso di carne arrostita. Faremo il diavolo a quattro per uscire di qui, amigo. Io e te non finiremo impalati sugli spiedi di questi cannibali, poco ma sicuro mi disse Luis. Io ero d'accordo, e pensai: Non m'importa quante persone abbiano massacrato e divorato i miei antenati, io non sar immolato come vittima.

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Capitolo 71
Imprigionati nella gabbia, avevamo tutto il tempo per preoccuparci del nostro destino. Talvolta, qualche innocuo serpentello strisciava all'interno della nostra prigione di bamb, e Luis, tanto per rompere la noia, si divertiva ad addomesticarlo. Una volta al giorno i guerrieri ci punzecchiavano con le loro lance per farci spogliare. Quando eravamo nudi come vermi le donne del villaggio si radunavano davanti a noi per valutare eccitate i nostri rispettivi attributi maschili. Quando i cannibali ci taglieranno via gli organi genitali li daranno in pasto alle donne della trib, che si cullano nell'illusione che divorando una verga maschile rimarranno incinte ci spieg Rafael. Un migliaio di putas hanno assaggiato il mio garrancha grugn Luis, e nessuna di loro rimasta incinta. Il membro pi appariscente riservato esclusivamente alla moglie del capo e verr assaggiato per ultimo. Gli altri vengono divorati in ordine crescente, dunque il pi piccolo sar mangiato per primo disse Rafael. Le donne sembravano alquanto indispettite dal mio... non tanto per la sua grandezza, che non era per nulla notevole, quanto per il suo colorito, che era molto pi chiaro di quello dei loro maschi, che avevano una carnagione scura quasi quanto gli africanos. Temevano che il colore del mio membro potesse interferire con la tonalit scura della loro pelle, conferendo chiazze chiare e scure ai loro figli come il serpente zulzi. La paura che il mio organo incuteva alle donne ebbe una conseguenza positiva: fu deciso che mi avrebbero fatto uccidere, cucinare e consumare per penultimo. Luis sarebbe stato lasciato per ultimo. Il suo pene non era soltanto pi bianco del mio, ma era cos grande da fare impallidire un toro da monta o un mulo. Eravamo allineati, e osservavamo il barbarico rituale della rottura dei crani dei nostri compagni di cella prima di essere decapitati. Ben presto, nonostante il timore che i nostri membri bianchi incutevano, arriv il nostro turno.
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Erano pronti a bastonarci, mozzarci la testa e smembrarci. Ma Luis era tutt'altro che privo di risorse. Aveva gi immaginato che questi cannibali non avrebbero mai mangiato un uomo malato. Aveva preparato una messinscena che era sicuro avrebbe ingannato anche il pi cinico dei selvaggi. Mentre stavamo aspettando mi costrinse a cibarmi di bacche velenose che non solo mi provocarono delle violente convulsioni, ma mi fecero sbiancare in volto, dando corpo alle paure delle donne cannibali. Mentre ero davvero in preda ad atroci convulsioni, Luis entr in azione. Chinandosi su di me, inizi a succhiarmi via dall'orecchio uno dei nostri serpenti addomesticati. La trovata non era particolarmente brillante, ma il mio sconvolgimento e la perdita di colorito erano reali, il che distrasse il pubblico di Luis dal suo gioco di illusionismo. Adesso erano convinti che Luis fosse davvero uno stregone. Comunicando con noi tramite il linguaggio del corpo e una serie di grugniti, lo nominarono capo degli sciamani. Prontamente, il mio compagno di sventure mi nomin suo vice. Anzich servire loro come pranzo ci avrebbero festeggiati. Il mio amigo era tutto, tranne che a corto di idee al momento opportuno.

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Capitolo 72
Io e Luis imparammo subito che questi cannibali avevano strane pratiche sessuali e che facevano fermentare svariati e letali liquori. Scoprimmo queste due usanze la sera stessa, durante una celebrazione rituale nel corso della quale il capo del villaggio ci fece ubriacare con alcune di queste potenti misture per poi costringerci a fare sesso con le sue mogli. Per quanto riuscii a capire dalla sua pronuncia, i nomi delle donne erano Bari, Bari e Badi. Il capotrib era persuaso che se le avessimo fecondate col nostro seme soprannaturale e con i nostri organi degni di un dio, la progenie sarebbe stata dotata di qualit divinamente ispirate. Le mogli non erano poi cos brutte, ma c'era qualcosa nel modo di accoppiarsi dei cannibali che provocava repulsione anche nel mio amigo cos sessualmente disinibito. Neppure Luis, infatti, i cui parametri etici in merito ai rapporti erotici erano assolutamente di basso livello, riusciva a far fronte alle richieste libidinose della vita da cannibali. Specialmente quando le tre donne ponderavano le nostre parti intime, leccandosi le labbra e sbavando... affamate. La notte dopo, nelle ore precedenti l'alba, quando i nativi crollarono esausti per aver ecceduto nel bere e nelle orge, svanimmo nel buio e nella giungla. Purtroppo, i cannibali conoscevano la foresta pluviale circostante come le scimmie conoscono le paludi di mangrovie e gli squali il mare. Entro l'alba erano gi sulle nostre tracce e guadagnavano terreno rapidamente. Ogni passo era per noi un'agonia. Eravamo punti dalle zanzare, succhiati dalle sanguisughe, morsi dalle formiche e insidiati da serpenti e coccodrilli. L'opprimente calura tropicale ci stava facendo sciogliere fino al midollo, come candele che ardevano. A tardo mattino le urla lupesche dei cannibali risuonarono dietro di noi. Per di pi Luis, abituato a cavalcare o a viaggiare in carrozza, non aveva mai corso in una giungla paludosa e spinosa a piedi scalzi, che infatti sanguinavano ed erano coperti di vesciche, essendo troppo morbidi e non avendo mai fatto a meno di stivali di cuoio e spessi calzettoni.
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Mentre superavamo un costone tra un intrico di piante rampicanti, rallentammo per poter dare un'occhiata verso il basso ai nostri inseguitori. Non era affatto una vista piacevole. I cannibali, oltre a lunghi archi elaborati e faretre colme di frecce, brandivano cerbottane di legno duro lunghe due metri e mezzo, accuratamente svasate in modo da renderle letali quanto canne rigate di fucile. Sia le frecce sia i dardi avevano punte avvelenate dalle tossine distillate dalla carne fermentata dei cadaveri imputriditi. Mentre ci fermavamo per lanciare un altro sguardo, Luis rischi di essere colpito da una freccia scagliata da una balestra. La balestra era un'arma complicata, inferiore solo a un'arma da fuoco, quanto a potenziale letale. Non era certo un'arma che degli isolani primitivi potevano avere. Qualcun altro, oltre ai cannibali, ci stava dando la caccia. Gemetti disperato. Guerrieri addestrati armati di balestre e selvaggi preistorici erano sulle nostre tracce. E tutti cercavano di catturarci per ucciderci.

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Capitolo 73
Quasi nello stesso istante in cui Luis schiv il colpo di balestra, tra il fogliame ci imbattemmo in un elefante. Venne dritto verso di noi, facendo ruzzolare Luis. Per poco non ci calpest. Subito una decina di soldati ci circond, puntandoci al petto lance e frecce incoccate. Guarda il lato positivo mi disse Luis, potrebbero ucciderci, ma almeno non ci mangeranno. Dopo che ci ebbero legati ben stretti il collo e i polsi con robuste corde di canapa, fummo costretti a marciare insieme ai soldati del sultano del posto. Fortunatamente, il loro sergente era figlio di un marinaio spagnolo che aveva abbandonato la nave nel territorio del sultano e di una donna indigena. La sua conoscenza della nostra lingua era rudimentale ma sufficiente a permetterci di comunicare. Per arrivare al palazzo del sultano ci aspettava un lungo, torrido e tedioso cammino, e l'uomo d'armi, il sergente Marquez, era sconsolato come tutti noi. Alto, ossuto e magro, con indosso un'uniforme marrone chiaro sformata, sulla testa un cappello militare a forma di cilindro; brache strette infilate in un paio di stivali neri gli arrivavano fino al ginocchio, e anche i suoi vestiti erano inzuppati di sudore come i nostri. Luis si mise a intrattenerlo con mirabolanti racconti di sue gesta eroiche. Marquez, avendo ricoperto la carica di sorvegliante presso una piantagione di Manila dove lavoravano gli schiavi, non amava i grandi feudatari spagnoli, ma li rispettava in quanto rappresentanti di una potenza mondiale nella regione. Quando Luis gli raccont le nostre tristi disavventure tra le mani degli spagnoli, il sergente si mostr davvero comprensivo. Luis si era ben guardato dal puntualizzare che lui stesso era spagnolo. Inoltre, lo sguardo di Marquez era benevolo: era un buon diavolo, pronto alla risata. Ci redargu sulla situazione difficile che ci aspettava e ci diede qualche consiglio utile. Il sultano ci spieg il sergente Marquez, sar interessato alla vostra cattura da parte dei cannibali e a come siete riusciti a fuggire. Da quel che capivamo, il sultano odiava i cannibali quanto noi. Quei selvaggi hanno razziato i suoi villaggi alla ricerca di bottino e carne umana, e il sultano organizza continue spedizioni armate per
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riscattare i loro prigionieri. Qualche cannibale lo uccidiamo tanto per farlo. Altri vengono calpestati a morte dai nostri elefanti. Quelli che sopravvivevano alla fine venivano venduti alle aste degli schiavi, dove i mangiatori di uomini potevano far spuntare un ottimo prezzo. I padroni degli schiavi spieg ancora il sergente, stravedono per i cannibali, e spesso li trasformano in negrieri. L'unica cosa che teme uno schiavo pigro, pi della frusta di un sorvegliante, la presenza di un cannibale che si lecca avidamente le labbra e mostra i denti affilati come rasoi se non si sgobba abbastanza. In altri termini, i soldati del sultano cacciavano i cannibali sia per divertirsi sia per trarne profitto, e una di queste spedizioni di caccia ci aveva salvato dallo spiedo. Durante il lungo tragitto, Luis divert il sergente Marquez intrattenendolo con storie oscene sulle donne che aveva sedotto, di come aveva ucciso molti uomini e sulle guerre che aveva vinto. A questo punto non consideravo pi queste storie come le farneticazioni di un cervello sovreccitato. Ben presto il buon sergente ne fu affascinato. Vi aiuter a prosperare nella nostra bella terra ci rincuor in tono gentile. Data la presenza militare del vostro paese nelle vicine Filippine, il sultano cerca senza darsi tregua di migliorare la sua dimestichezza con lo spagnolo. I suoi assistenti pi fidati parlano tutti la vostra lingua e ne vogliono approfondire la padronanza. Da parte mia, potrei fargli presente che due intraprendenti spagnoli potrebbero aumentare il livello di conoscenza dello spagnolo, suo e dei suoi consiglieri.

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Parte Diciassettesima

Stai dicendo che non esiste una cosa pi sporca del denaro? Juan Rios

Capitolo 74
Il sergente Marquez mantenne la promessa. Riusc a farci ricevere dal sultano, il quale si dichiar ben disposto ad aiutarci. Gli erano piaciuti molto i racconti di Luis sull'acquisto del sambuco e dell'oppio a Hong Kong, il modo in cui avevamo fatto saltare in aria i pirati, come eravamo riusciti a convincere i cannibali dei nostri poteri soprannaturali, il rifiuto che avevamo opposto a sposare le figlie del loro capotrib e la nostra fuga attraverso la palude. Restammo ospiti a palazzo per pi di quindici giorni. Fummo trattati sontuosamente: dormivamo in letti con cuscini e lenzuola di finissima seta e mangiavamo cibi raffinati. Ogni giorno comparivamo alla presenza del sultano, dove noi, ma soprattutto Luis, discutevamo e rispondevamo alle sue domande, non solo a proposito delle armi, navi da guerra e tattiche di combattimento spagnole, ma anche di quelle degli altri paesi europei. Apparve chiaro che lo scopo del sultano non era solo quello di migliorare la conoscenza della lingua spagnola, ma anche di ottenere informazioni che gli sarebbero tornate utili nell'eventualit di guerre future. Una notte, per, dopo una magnifica serata di musica, risate e gradevoli
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conversazioni, ci fu comunicato che la pacchia era finita. Marquez ci confid che il sultano stava considerando la possibilit di trattenerci a palazzo, dato che era rimasto piacevolmente colpito, in particolar modo dalle capacit e dai racconti di Luis. annoiato dai suoi tediosi cortigiani e visir, mentre voi due lo fate divertire. Ma, come stranieri, non sopravviverete agli intrighi di palazzo. La soluzione migliore per noi era trasferirci in un posto dove saremmo stati al sicuro. Schiavi disse Luis dopo che Marquez ebbe finito. Vogliono venderci come schiavi. Fummo condotti al palco per le vendite all'asta in catene, ad aspettare il nostro turno. Ho parlato con un mercante di nome Anak che tratta gli schiavi stranieri disse Marquez. Gli ho assicurato che far un buon affare a comprare voi due. Spesso si occupa di armi da guerra. C' molto bisogno, qui da noi, di strumenti simili. In pi, c' la conoscenza delle lingue. Entrambi naturalmente conoscevamo lo spagnolo, e sapevamo anche un po' di latino poich dovevamo molto della nostra istruzione ai preti. Ma Luis aveva viaggiato in lungo e in largo per il mondo e parlava correttamente anche altre lingue, come aveva dimostrato a Hong Kong. Luis cont vantaggi e svantaggi della nostra situazione sulle dita, mentre aspettavamo che Anak il mercante finisse di tirare sul prezzo con il banditore dell'asta. Uno: la simpatia del sultano per noi non l'ha dissuaso dal metterci in vendita al miglior offerente. Due: la sua guerra contro la Spagna non impedisce alla sua gente di trarne profitti. Tre: il suo regno perennemente in guerra contro chiunque. Vivono in un costante stato di conflitto. Ecco quanto vale la nostra lealt dissi io. Il sultano ha avuto da noi tutte le informazioni che voleva, e adesso vuole trarne un po' di dinero. Senza dubbio, anche a Marquez spetter la sua parte. Luis, da canaglia molto pi navigata di me, scroll le spalle al pensiero che potessimo essere venduti come schiavi dai nostri nuovi amici. cos che gira il mondo. Io non venderei mai nessuno come schiavo. Nemmeno Madero, la spia e torturatore del vicer? Lo ucciderei, ma non lo venderei. Anak, un mercante originario di Bali, era una piccola e tozza palla di
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grasso marrone, e non sembrava affatto un ricco e influente uomo d'affari. Ben presto ci fu chiaro che si trattava del tipico commerciante senza scrupoli, adoratore del dio denaro. Quando io e Luis gli fummo assegnati ci fece intendere, senza mezzi termini, quali erano i suoi principi morali. Siete uomini di una terra lontana. Mi farete da interpreti durante le trattative commerciali nelle varie lingue che, mi riferiscono, voi conoscete. Non vi dovrete per limitare a tradurre le clausole offerte, ma mi informerete anche dei trucchi usati dai miei interlocutori, intuendoli dal linguaggio del corpo. Se mi farete perdere denaro, a causa della vostra negligenza o dal desiderio di arricchirvi alle mie spalle, o se cercherete di adescare le mie mogli, vi far mangiare il pene, i testicoli, lo scroto e gli escrementi... prima di morire. E morirete migliaia di volte. D'un tratto, Anak si avvicin. Tu hai calpestato la mia ombra disse rivolto a me, col volto in preda all'ira. Mi ficc il dito contro il petto sino a farmi male. L'ombra il mio spirito corporeo. Calpesta la mia ombra e avrai calpestato me. Se tu calpestassi l'ombra del sultano, ti farebbe tagliuzzare in mille pezzi. Anak ci rivel che il sultano, oltre a fornire un porto sicuro per gli equipaggi delle navi pirata di Manila come quelle che ci avevano attaccato, percepiva una parte del bottino. Nessuno considerava la pirateria ai danni degli stranieri un crimine ma, anzi, alla stregua di un'attivit redditizia. I pirati europei erano peggiori di quelli asiatici perch potevano contare su navi pi grandi. Pagavano per scambiare le merci se vi erano costretti, ma se potevano impossessarsene sotto la minaccia di un cannone preferivano questo tipo di transazione. Era pi redditizio. Eravamo stati trattenuti nella zona cintata del palazzo e ora camminavamo su e gi per la citt, guidati da Anak. La capitale del sultano era incredibilmente esotica, un posto da Mille e una notte. Oltre ai nativi dell'isola, anche cinesi, malesi ed europei partecipavano alle sue attivit commerciali, quando non erano in guerra contro il sultano. La citt era un alveare frenetico e pulsante. Punto di ricezione e distribuzione del commercio con l'isola delle Spezie, i suoi mercati affollati, le zone dei magazzini e quella portuale erano intrisi dell'odore dolce e acre delle noci moscate e del macis, dei chiodi di garofano e del pepe. Il mercato di queste merci era inesauribile e incredibilmente
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lucrativo. Queste ricchezze crescevano, in senso letterale, sui cespugli e sugli alberi. Alberi dei soldi. Le maggiori potenze mondiali si contendevano il controllo delle isole combattendo infinite e sanguinose battaglie, mentre i governanti locali accumulavano ricchezze inimmaginabili. Al porto, il baksheesh, la versione asiatica della mordida della Nuova Spagna, era nella norma. I pirati si muovevano tranquillamente per le strade, avendo pagato quel diritto corrompendo il sultano e i suoi tirapiedi. Non era affatto strano vedere una nave da guerra portoghese ancorata di fianco a una giunca cinese, a sua volta ancorata vicino a un sampan malese, mentre sparpagliati nella baia c'erano vascelli inglesi, tedeschi, francesi e olandesi. Tutti pagavano il prezzo salato imposto dal sultano per avere un porto sicuro e un accesso comodo al rum e alle provviste di bordo. Non lasciatevi ingannare dalla presenza di navi europee nella baia, nel caso stiate pianificando una fuga. Altrimenti rimpiangerete i cannibali che vi hanno catturato. Il sultano decreta la morte per tutti i fuggiaschi... una morte lenta. Mentre la famiglia regnante e la classe al governo erano composte da malesi, quasi tutti i mercanti erano stranieri: soprattutto cinesi, ma anche olandesi, indiani, arabi e persiani. Gli schiavi di ogni colore abbondavano, compresi quelli dalla carnagione pi chiara. L'avidit era la chiave che innescava tutto il meccanismo. La ricchezza facile dell'isola delle Spezie metteva tutti contro tutti. E poi c'erano le donne eurasiatiche, le pi esotiche e sensuali del mondo. Dio e Quetzalcoatl mi sono testimoni del fatto che non dimenticher mai il vasto assortimento di bellezze che si muovevano sinuose su quelle passerelle, avvolte nei loro sgargianti sarong dai motivi floreali. Erano a seno scoperto, con la pelle ambrata, e gli occhi scuri a mandorla lanciavano sguardi furtivi. Molte di queste donne stupende erano disponibili... pagando il giusto prezzo. Naturalmente, condividevano la strada con malinconici mercanti olandesi dallo sguardo torvo, imperscrutabili commercianti cinesi, sorridenti e accondiscendenti indiani, francesi frenetici e inglesi arroganti. Gli edifici di fango e paglia erano di un color beige chiazzato dal sole,
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non dissimili dalle abitazioni della Nuova Spagna ma con un aspetto tipicamente orientale. Si innalzavano per tre o quattro piani su anditi stretti e tortuosi, affollati da bancarelle dove era in vendita di tutto, dai polli vivi ai frutti tropicali e dall'hashish all'olio di serpente, il rimedio pi diffuso per curare qualsiasi disturbo. Nella zona delle bancarelle si diffondevano strane e misteriose musiche orientali e mediorientali: le dissonanze metalliche dei ritornelli di motivi arabi e il suono ammaliante dei flauti indiani per ipnotizzare i cobra, il suono stridulo di innumerevoli carillon e campanelle. L'industria locale produceva gioielli d'oro, stoffe di cotone e seta, lampade, tazze di rame incise e lame da spada. Tutte queste merci venivano chiassosamente reclamizzate dai venditori ambulanti con ampi gesti e grida dettati dalla loro irrefrenabile cupidigia. Il clima era perennemente estivo e molto mite, ma erano anche frequenti violenti temporali con tuoni e lampi abbaglianti e scrosci improvvisi di pioggia battente portata da venti impetuosi. Anche i terremoti, le eruzioni vulcaniche, i tifoni e le onde anomale imperversavano abbastanza di frequente sul sultanato. Come la struttura geografica, anche il terreno era dominato dalla frenesia. Bisognava approfittarne e far soldi prima che le cose cambiassero in modo catastrofico. I credi religiosi erano confusi come la musica che regnava nelle strade. In origine la regione era animistica, il che significava che tre deit superiori dominavano la creazione, l'agricoltura e le guerre. A un numero infinito di spiriti minori erano affidati le foreste, i fiumi, le risaie, la terra e il cielo: alcuni erano di natura benevola, altri intrinsecamente malvagi. Il tema dominante delle credenze locali era che tutte le cose possedessero uno spirito: i fiumi, le foreste, persino le rocce e la terra stessa. Poi arriv l'induismo con il suo pantheon di di e la loro adorazione si mescol alla religione del posto. Quando l'islam super i confini di quella terra, anzich rimpiazzare gli elementi religiosi preesistenti, vi si adatt. Secondo il mio punto di vista, nessuna religione era presa in seria considerazione in quelle isole. L'islam aveva preso piede, ma senza lo stesso fervore ardente con cui aveva pervaso il Medio Oriente. Quando il muezzin richiamava i fedeli cinque volte al giorno dal balcone di un torreggiante minareto, solo la met si preoccupava di inginocchiarsi in direzione della Mecca e recitare le preghiere di rito.
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Conversando con alcuni servitori di Anak, di religione musulmana, potei constatare che la maggior parte non sembrava nemmeno sapere o preoccuparsi di dove si trovasse la Mecca. Gli ind, che avrebbero teoricamente dovuto considerare i corpi dei mangiatori di carne come le tombe degli animali morti, in realt divoravano la carne in fretta e voracemente come qualsiasi infedele. Allo stesso modo non disdegnavano affatto l'alcol. Eppure, tutti prendevano molto sul serio le superstizioni, comprese le persone meno osservanti di ogni credo religioso. La superstizione, infatti, portava con s la vera forza della fede, e superava di gran lunga le varie fedi degli isolani, specialmente di quelli che abitavano le regioni interne, terrorizzandoli pi dell'inferno con i cristiani devoti. Anak ci spieg il significato di infinite credenze, nella speranza che non le avremmo infrante attirando su di lui rovine e disgrazie eterne. Secondo la pi strana di queste favole, i sogni erano realt viventi in cui l'anima si separa dal corpo dormiente, ritornandovi solo al momento del risveglio. Dato che i fatti sognati accadevano davvero, una vergine violata in sogno perdeva effettivamente la verginit... e l'uomo che sognava di suicidarsi moriva veramente. Quindi, non si doveva mai svegliare improvvisamente il proprio padrone, perch alla sua anima poteva mancare il tempo necessario per far ritorno al corpo e lui sarebbe potuto anche morire. Per evitare un evento simile gli schiavi dovevano avvicinarsi strascicando i piedi o bisbigliando in tono sommesso. Anak era convinto della veridicit delle superstizioni. Naturalmente, nessuna delle sue appassionate convinzioni gli impediva di guadagnare dal commercio con gli infedeli, anche se non condividevano le sue credenze, tant' che avrebbe potuto benissimo porre termine alla sua vita o privare le sue figlie della verginit in sogno.

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Capitolo 75
Io e Luis ci sistemammo in una piccola capanna sul retro dell'abitazione di Anak. Il magazzino dove tenevamo il conto della sua merce e del suo denaro si trovava vicino al porto. Il nostro piano era semplice: attendere il momento opportuno per tentare una fuga e ritornare via nave in Nuova Spagna. Eravamo ben consci delle tremende punizioni che ci sarebbero state inflitte in caso di fallimento; dovevamo riuscire al primo colpo perch non avremmo avuto una seconda possibilit. Continuo a vedere quantit incredibili di dinero tintinnare nelle tasche di mercanti pagani e pirati, che invece dovrebbero riempire quelle di persone dall'animo retto come noi disse Luis. Non sarebbe da veri cristiani andarsene senza un po' di quelle ricchezze, ti pare? Il nostro problema immediato, tuttavia, era di carattere sessuale: Anak non era riuscito a ingravidare nessuna delle sue varie mogli. La mancanza di un erede maschio stava creando un'atmosfera cupa e di discordia nel suo ambiente famigliare. Le mogli di Anak da tempo si erano spazientite. Inveivano continuamente contro di lui accusandolo di aver fallito come uomo, vista la loro incapacit di concepire. Anak ammise di essere indifeso di fronte alle loro accuse perch nessuna di loro era mai rimasta incinta, reagiva picchiandole di continuo. Voleva a tutti i costi trovare un modo per farle concepire. Anak descrisse in dettaglio ogni posizione del Kamasutra che aveva sperimentato con le sue mogli. In un'altra occasione, mi port con s in una stanza oscurata da tendine dove mi mostr quattro palline d'oro concave che si era fatto cucire sotto il prepuzio. Le palline formavano effettivamente un rigido anello intorno al pene proprio sotto il glande, e il chirurgo che aveva eseguito l'operazione gli aveva garantito che avrebbero trasformato le sue donne in schiave del sesso. Ognuna di queste palline, inoltre, conteneva una piccola sfera di metallo che le faceva tintinnare come campanelline. Non capii mai bene come funzionassero questi aggeggi, ma era certo che quando agitava il suo membro... tintinnavano.
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Un altro congegno che Anak aveva usato era un anello per il pene e anche questo prometteva una virilit solida come una roccia. Si trattava di un anello di giada posto intorno alla base del membro, adornato da un bassorilievo raffigurante danzatrici gioiosamente intrecciate, con liuti e piccole arpe appese alle spalle alate, di squisita fattura. Lo scopo secondario dell'anello era la stimolazione del Terrazzo del Gioiello della donna. Quando mi accingo a fare sesso raccont Anak, mi concentro sempre sull'immagine di una persona o di una cosa bella e aggraziata, un elemento che i giapponesi chiamano alus. Significa raffinato, puro, squisito ed etereo. Ci garantisce il concepimento di un bambino maschio dotato di bellezza e potenza. L'effetto opposto era il kasar, che significava villano, rozzo e incivile, come quella specie di musica suonata male che solitamente ci martellava i timpani per strada. I pensieri negativi davano luogo al kasar. Il kasar spieg Anak, porta a un nascituro brutto e impotente. Nei suoi momenti pi cupi, Anak temeva di dover sottostare a una lunga notte oscura di kasar. Anak us addirittura un afrodisiaco cinese chiamato medicina del pollo calvo che rendeva un settantenne talmente virile da esigere prestazioni sessuali dalla sua giovane moglie fino al punto da impedirle di poter restare seduta. Ma tutto quello che fa rendere floscio il mio membro si lament. Nell'affannosa caccia a un rimedio per il suo problema, Anak esplor la tradizione cinese dello yin e dello yang. L'essenza yin di una donna si presumeva inesauribile, mentre lo yang dell'uomo, la sua essenza e il suo seme, aveva un limite. Idealmente un uomo avrebbe dovuto protrarre l'atto sessuale il pi a lungo possibile. Pi a lungo fosse rimasto all'interno di una donna, pi yin, o essenza, avrebbe assorbito da lei. Quando falliscono anche i metodi dei cinesi ci disse Anak, cerco di seguire il "culto ind del fallo". Il sesso occupa un posto importante nella pratica religiosa induista. Mi mostr un tempietto sulle cui pareti c'erano numerose rappresentazioni falliche e una statua gigantesca raffigurante un membro. Alcuni degli appartenenti a questa religione erano talmente fanatici da ricorrere alla propria castrazione e a gettare il pene e i testicoli mozzati sull'altare.
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Uno dei simboli fallici era quello del serpente. Le donne che seguivano questo rito usavano un cobra per aiutarle a concepire. Allora un mercante indiano port un cobra nella casa di Anak per ciascuna delle sue mogli. Per Anak dovette rinunciare a questo espediente dopo aver perso una moglie e due servitori, morsi letalmente. Anche se Anak tentava in tutti i modi di ingravidare le proprie mogli, non desiderava affatto che ci fosse portato a termine da qualcun altro. Per garantirsi la loro castit, quando doveva assentarsi da casa per una notte faceva in modo che le loro vagine venissero cucite quasi completamente. Anak ci disse anche che stava prendendo in seria considerazione la pratica ind del sati, in cui la vedova costretta a sacrificarsi gettandosi sul rogo funebre del marito. Credeva che il sacrificio del sati fosse l'unico modo affinch le sue mogli cessassero di complottare per ucciderlo. Se non le avesse ingravidate in fretta, temeva che avrebbero potuto eliminarlo avvelenandolo e trovare un altro uomo che potesse soddisfarle.

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Parte Diciottesima
Mercanti d'armi

Capitolo 76
Anak possedeva un vastissimo magazzino colmo di merci assortite presso uno dei moli del porto. La sua principale attivit consisteva in importazioni di merci dalla Cina, come le raffinate sete shantung e le giade mirabilmente intagliate. I manufatti artigianali per le ricorrenze religiose cinesi e per le feste celebrative erano molto richiesti dalla popolazione di immigrati cinesi dell'isola. Ben presto apprendemmo che le dispute commerciali venivano risolte in modi diversi da quelli dominanti nella nostra cultura. Dopo il nostro arrivo, Anak litig con un altro mercante per il possesso di uno schiavo: ambedue sostenevano di aver comprato lo stesso uomo. Il diritto al possesso doveva essere deciso da un cimento divinatorio. I due contendenti accesero simultaneamente due candele di pari altezza. Il possessore della candela che avrebbe impiegato pi tempo dell'altra a bruciare era giudicato il legittimo proprietario dello schiavo. Anak ci descrisse un altro metodo per dirimere le dispute: un sasso bianco e uno nero venivano messi in un secchio d'acqua bollente. I contendenti dovevano mettervi una mano ed estrarre un sasso. Chi ripescava il sasso bianco era dichiarato vincitore. Facendo l'inventario del magazzino, notai che i petardi e i razzi cinesi per i festeggiamenti utilizzavano per la combustione polvere nera di gradazione molto bassa.
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Quando chiesi ad Anak perch non fabbricasse polvere da sparo per cannoni e moschetti, mi rispose che la formula era un segreto gelosamente custodito dagli europei e che gli abitanti dell'isola non solo la ignoravano, ma non disponevano n degli ingredienti n delle conoscenze necessari per fabbricarla. Quanto poi alle armi da fuoco, non sapevano come produrre il ferro o l'acciaio, o, anche se questi materiali fossero stati disponibili, non sarebbero stati capaci di realizzarle. Io sapevo che la formula non era affatto un segreto ma che il reperimento e la miscela degli ingredienti, dall'incenerimento del legno giusto per la carbonella, alla valutazione della purezza dello zolfo e del salnitro in base al colore e all'odore, all'opportuna sgranatura della polvere ottenuta, in effetti, richiedevano molto addestramento, capacit e attrezzature adeguate. A meno di non saper maneggiare correttamente i materiali, si finiva per avere una polvere di bassa qualit, buona al massimo per i fuochi d'artificio tipo quelli importati da Anak. Realizzare armi da fuoco era tutt'altra questione. Anak non poteva proprio impiantare una fabbrica per produrle. Anche con la mia conoscenza degli armamenti, una tale impresa avrebbe richiesto denaro e attrezzature, nonch le materie prime e quanto necessario alla loro trasformazione. Ma sapevo che la polvere nera avrebbe potuto alimentare armi diverse da quelle ottenute per la forgiatura del ferro. Durante la rivoluzione di padre Hidalgo, i miei compaeros avevano utilizzato cannoni fatti di legno rinforzato, quando il ferro non era disponibile. Questi cannoni erano ottimi per sparare un miscuglio di chiodi e sassolini, letali a distanza ravvicinata. Inoltre, nelle isole abbondavano canne di bamb larghe come un braccio umano. Riempiendole di polvere nera e rottami di ferro, sapevo di poter costruire cannoni e bombe rudimentali. Io e Luis sapevamo entrambi che queste armi non erano minimamente paragonabili in potenza di fuoco a quelle usate dagli europei, ma... Patrn dissi ad Anak, sono un esperto nel mestiere della produzione di polvere nera e armi da fuoco. Anche Luis molto abile in questo campo. Potremmo avviare un'attivit del genere. Anak insistette perch io gli dessi prova della mia abilit. Io risposi che non potevo fabbricare armi efficienti e dimostrarne l'efficacia usando l'esplosivo di bassa qualit di cui egli disponeva. Con zolfo, carbonella e
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salnitro potevo produrre la mia polvere nera. Mi diede del denaro per acquistare lo zolfo, e io bruciai del legno duro per ottenere la carbonella. Fui in grado di separare il salnitro dall'urina, che recuperai dal pozzo nero sotto i pisciatoi e le latrine che si trovavano dietro la casa padronale. Miscelai il salnitro, la carbonella e lo zolfo in peso con un rapporto di 15 a 3 e a 2. Portammo Anak in aperta campagna. Io e Luis rinforzammo una canna di bamb da venti metri di lunghezza con strisce di legno pi duro. Montammo l'estremit inferiore della canna sul terreno con una precisa angolazione e la riempimmo con frammenti di conchiglie marine. Innescai la polvere nel focone e... bum! Lo scoppio fece a pezzi uno spaventapasseri di stoffa che avevamo rizzato a tre metri di distanza dall'estremit di sparo della canna. Poi piazzai una bomba di bamb riempita di conchiglie marine in una piccola capanna abbandonata. La bomba scaravent in aria i pezzi di legno della casupola. Anak rest a bocca aperta di fronte a quello spettacolo.

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Capitolo 77
Il comandante di un vascello di linea si sarebbe sbellicato dalle risa vedendo le nostre armi di bamb. Ma Anak se ne vant con alcuni potenziali acquirenti come se fossero state in grado di seminare il panico tra i briganti che infestavano il Vicolo dei Pirati. Dato che avremmo dovuto acquistare gli ingredienti della polvere insieme ad altre provviste, Anak non solo dovette affidarci i suoi soldi, ma permetterci anche di vagare per tutta l'isola in cerca di ci che ci serviva. Non ne fu molto felice, dato che non si fidava di noi. Ci assegn dunque un compagno enorme e massiccio dalla testa rasata, armato di una grossa scimitarra ricurva, che portava infilata nella fascia di seta cremisi legata intorno alla vita. Preferiva abiti bianchi e ampi, e portava sempre un cappello cilindrico rosso. Anak ci disse che quell'uomo indossava gli stessi vestiti da quando era stato a guardia di un harem, il che per me significava che era un eunuco. Ktut, questo era il suo nome, era particolarmente irritabile e non mi sentii mai abbastanza a mio agio con lui per fargli qualche domanda sulla sua precedente storia sessuale. Luis sugger che ci meritavamo un po' di riposo. Per Luis questo voleva dire un'odissea erotica nel vicolo della capitale dove le prostitute mettevano in bella mostra la loro mercanzia. Luis aveva deciso di soprannominare quel luogo Calle Puta. Le prostitute offrivano i loro servigi in stalli ornati da tele da vela dipinte in modo appariscente, allineati come grandi voliere. Ogni gabbia era sufficiente a ospitare un letto e la donna in attesa del cliente. Le prostitute prendevano in affitto lo spazio dal proprietario dello stallo e la loro professione era tollerata. Gli ind credevano che il dharma, ovvero la legge morale e religiosa che governa la condotta di una persona, determinava il suo ruolo nella vita. Pertanto una prostituta era considerata nata puttana. Come dice il vecchio proverbio, una puttana solo una puttana. C'erano anche uomini di varie et e stazze, negli stalli, dove praticavano il loro mestiere specializzato. Di tanto in tanto avevamo visto Anak entrare nei loro recinti. Io e Luis scoprimmo che nei paesi asiatici sovrappopolati, come la Cina
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e l'India, vendere le bambine come schiave del sesso era una consuetudine. Acquistate e cresciute dai ruffiani, venivano fatte lavorare come serve fino a quando non raggiungevano l'et per svolgere il mestiere loro assegnato. Nella Calle Puta c'erano anche molti cartomanti. Appartenevano a una bizzarra trib del Borneo ed erano chiamati basir. Essendo ermafroditi, si vestivano e si comportavano come donne. Considerati intermediari tra il cielo e la terra, sostenevano di unificare nella loro persona sia l'elemento femminile, la terra, sia quello maschile, il cielo. A una bancarella c'era un marinaio portoghese che si era ritirato dall'attivit e ora vendeva guaine di lino da infilare al pene, che, secondo lui, servivano a prevenire sia il concepimento sia le malattie veneree. Se cos fosse stato, l'improvvisato mercante avrebbe dovuto usare per primo il suo prodotto. Il suo volto era attraversato da orrende cicatrici da sifilide, che a parer mio minavano la credibilit che le guaine proteggessero dal malfrancese. Superammo una donna che prometteva di insegnare ad altre donne come restringere la loro Camera dei Gioielli, rinforzando la muscolatura vaginale. La donna che praticava quest'arte affermava che le donne da lei istruite potevano montare un uomo e raggiungere orgasmi reciproci semplicemente facendo forza su determinati muscoli. La nostra guardia, Ktut, ci disse che le donne pi care non si trovavano in quelle gabbie, bens all'interno di un palazzo. Erano state allenate da quella donna. Io scelsi per me una di queste. Per contro, Luis dimostr un comportamento del tutto autodistruttivo. Mentre io sperimentavo una nuova arte amatoria nella Calle Puta, egli decise di far visita alle bellissime mogli di Anak. A dire il vero, non se le era mai tolte dalla mente. Ne era ossessionato. Anche se gli feci promettere che le avrebbe lasciate in pace, non riusc a controllarsi. Una sera, scalando un muro ricoperto da rampicanti fino al loro balcone, entr da una finestra e le intrattenne a suo modo. Mentre leggeva loro i tarocchi, sgraffignati a una lettrice del futuro di Calle Puta, invit le donne a unirsi a lui in un gioco appena inventato: chi perdeva ai tarocchi doveva togliersi un capo di vestiario.

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Capitolo 78
Mentre io e Luis ci dedicavamo alla realizzazione del negozio di polvere da sparo, io ero talmente impegnato nel reperimento di materiali e arnesi da non aver tempo di preoccuparmi delle attivit notturne del mio compagno. Almeno finch Anak non venne a sapere da un vicino che aveva visto un uomo arrampicarsi sul muro di casa sua. Luis, io e tutti gli altri servitori della casa negammo l'accusa. Anak ci annunci che ci avrebbe sottoposti a una prova per scoprire chi mentiva. Ci fece allineare fianco a fianco in modo da poter far passare sulle nostre lingue un cucchiaio riscaldato. In teoria, la lingua del colpevole avrebbe dovuto essere secca. Il dolore fu terribile, ma tutti superammo la prova, compreso Luis. In seguito il mio compagno di sventure mi disse che la prova era fallita perch ciascuno di noi aveva la coscienza sporca per le proprie azioni riprovevoli, e si vant del fatto che questo non era il suo caso. Poi Anak disse che avrebbe anche provveduto a verificare la fedelt della moglie che era rimasta gravida, ma non con la prova del cucchiaio. Questa era riservata agli uomini. Il codice d'onore induista imponeva a una moglie di attraversare il fuoco, a riprova della fedelt al marito geloso... se ne rimaneva ustionata era considerata colpevole. Io e Luis avremmo dovuto trovare il modo di far uscire la poveretta dalla zona cintata della casa, di farle superare la prova senza danni, il che era praticamente impossibile. Ma, come allievo di Luis, avevo imparato a tirar fuori risorse inaspettate. Mi procurai un'ingegnosa invenzione cinese. Una miscela particolare di polvere nera, nota con il nome di fuoco falso, che simulava grandi fiammate che producevano un fumo accecante, senza tuttavia ardere. La giovane moglie quasi svestita pass, con agilit e senza problemi, attraverso le finte vampate guizzanti. Dopo di che tutto and a meraviglia. Da una parte io producevo polvere nera redditizia, e dall'altra Anak attendeva la nascita di tre figli e la sua vera e unica preoccupazione era quanto denaro sarebbe riuscito ad accumulare grazie al nostro lavoro.
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Nel frattempo, io e Luis venimmo a conoscenza di molti dettagli sulla citt e sulle navi in porto, compreso il modo in cui la baia era sorvegliata dalle guardie del sultano per impedire le eventuali fughe di schiavi che volessero imbarcarsi. Ma dovevamo ancora ingegnarci per trovare il dinero necessario ad assicurarci la complicit di un comandante. La soluzione pi ovvia era rubarlo ad Anak, non appena avessimo scoperto dove lo nascondeva. Poi giunse voce dal palazzo del sultano che io e Luis avremmo dovuto presentarci al cospetto del bendahara. Chi ? chiesi ad Anak. Non rispose. Semplicemente rabbrivid terrorizzato. Ci sedemmo in cortile, sorseggiando t, in attesa di una spiegazione. Alla fine rifeci la domanda: Chi il bendahara?. Il capo dei ministri del sultano. E questo che significa? Finalmente incroci il mio sguardo. Significa che siete in un mare di guai.

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Parte Diciannovesima

Offendete il bendahara e morirete centomila volte. Anak il mercante

Capitolo 79
Jen Meng-Fu, il bendahara, si prostr con deferenza, toccando terra con la fronte, dinanzi al sultano Agung. Stava per riferire al sultano quanto aveva scoperto sul conto dell'alchimista straniero che era in grado di trasformare le materie prime pi grezze e a buon mercato, compresi i residui della comune urina, in potenti esplosivi. O Grande disse il bendahara, il mercante Anak si vanta del fatto che due suoi schiavi rimettono in funzione moschetti e cannoni, e presto forgeranno anche armi da fuoco. Si dice persino che il giovane assistente del pi anziano spagnolo sia un mago della polvere per uccidere. Quando voi eravate lontano da qui rispose il sultano, ho ospitato questi due uomini a palazzo e li ho interrogati. Ho scoperto tutto ci che sapevano sulle armi e la polvere per uccidere degli europei. Io lo so, o Grande, che non c'era pi nulla da scoprire da questi sciocchi dopo che voi li avevate interrogati. Jen non era cos sprovveduto da insinuare che il sultano avesse commesso la minima leggerezza. Grazie al vostro genio che vi ha indotto a interrogare personalmente costoro, ora si
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presenta un diverso modo di usarli. Che sarebbe? Farli lavorare per produrre polvere per uccidere e armi. Questo significherebbe metterli a conoscenza degli armamenti di cui gi disponiamo... e di quali non abbiamo. Voi sapete che non permetto agli europei di sapere alcunch del mio arsenale. Saggia decisione. Tuttavia, non avremmo nulla da temere da questi due. Abbiamo solo bisogno di loro per l'azione che stiamo progettando ai danni degli olandesi. Dopo che avranno finito... Non era necessario che entrasse nei dettagli sul destino dei due schiavi spagnoli. Il sultano fiss intensamente il bendahara e storse le labbra. La guerra contro gli olandesi prossima. Avremo bisogno di questi schiavi per realizzare armi per le battaglie che ci aspettano. Il bendahara non si aspettava alcun riconoscimento per l'ingegnosit del suo piano. Era pi che soddisfatto di poter governare la nazione isolana, quando il sultano era intento alla caccia o ad amoreggiare con le donne del suo harem. Congedato da un cenno di mano del sultano, Jen indietreggi e usc dalla stanza con il corpo chinato in basso, senza rivolgergli mai la schiena. Jen, che era cinese di nascita, era stato regalato al sultano dall'imperatore della Cina venti anni addietro. Aveva servito abilmente il padre dell'imperatore per un certo numero di anni. Il nuovo imperatore aveva detto al sultano, presentandoglielo, che le sue abilit di amministratore lo avrebbero sorpreso. Inizialmente Agung sospettava che Jen in realt fosse una spia imperiale. Jen si dimostr s un freddo calcolatore, ma il sultano si rese subito conto che non poteva essere un efficace doppiogiochista, in quanto era brutale e di una crudelt intollerabile. Viveva al solo scopo di infliggere dolore. La ferocia era la sua forza primigenia... la sua seconda natura. Quando Jen arriv per la prima volta a palazzo, le sue propensioni furono subito evidenti. Abusava dei servitori, e la pura e semplice malvagit che dimostrava nelle lotte politiche intestine sorpresero perfino il sultano, il quale non era certo un modello di compassione. Alla fine, quindi, Agung cambi idea sul conto di Jen. Pervenne alla conclusione che l'imperatore cinese, Chiaching, gliel'aveva inviato non perch temesse il sultano, bens perch impaurito dallo stesso Jen.
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Talvolta quel bruto riusciva a spaventare addirittura il sultano, che, per sua natura, non si lasciava impressionare facilmente. Tuttavia, il suo padrone dovette ammettere che Jen gli tornava utile in molti modi. Come molti amministratori d'alto rango del governo cinese, anche Jen era un eunuco. Come tale, introdusse in quell'isola delle Indie Orientali una tradizione degli eunuchi cinesi risalente a tremila anni prima: i loschi affari nella politica. Da uomo dotto qual era, Jen sapeva che gli eunuchi di corte non esistevano solo in Cina o nell'Impero ottomano. Diffusi nell'antica Roma, in Persia e nell'Impero bizantino, e, dal Rinascimento, i fanciulli europei, soprattutto italiani, che da adulti volevano avere una voce da soprano, conosciuti anche come castrati, venivano evirati. Anche uomini appartenenti a sette cristiane si facevano castrare perch convinti che ci permettesse loro di servire meglio Iddio. Gli eunuchi raggiunsero un immenso potere in quegli imperi in quanto posti a guardia dei possedimenti di maggior valore del loro sovrano: il potere, le donne e i tesori. Jen, che era arrivato al potere in Cina durante il lungo regno di Chienlung, il padre dell'imperatore attuale, aveva saputo salvaguardare sia la sfera privata sia quella pubblica dell'imperatore con ineguagliata efficienza, ma anche con una ferocia terrificante. L'imperatore e i grandi principi cinesi si avvalevano di decine di migliaia di eunuchi. Come Jen, molti si erano fatti castrare. Per questo scopo, era sufficiente ricorrere all'intervento di una persona specializzata nell'asportazione dei testicoli e, spesso, anche del pene. Coloro i quali venivano castrati contro la propria volont, come i prigionieri di guerra o i condannati per vari crimini, subivano anche la rimozione del pene. I medici cinesi avevano sviluppato una tecnica particolare mediante la quale realizzavano un orifizio affinch il maschio castrato potesse urinare anche se sprovvisto dell'organo genitale. Talvolta veniva usata una semplice cannuccia. Jen era un eunuco dai tre tesori, vale a dire che era privo dei due testicoli e del pene. Dopo l'evirazione, l'inguine veniva ricoperto da una stoffa precedentemente immersa in una miscela di olio e pepe. Se il nuovo eunuco era in grado di urinare entro il giorno successivo, il pi delle volte
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sopravviveva all'operazione. Peraltro, non era insolito che alla castrazione seguissero gravi complicanze, o addirittura la morte. Per coloro i quali l'avevano scelta di propria spontanea volont, la cosa peggiore era il fatto che questa decisione non sempre consentiva all'eunuco di occupare la carica sperata. Molti finivano in disgrazia e tendevano a suicidarsi, dopo essere stati respinti da un impiego governativo. Per Jen, l'autocastrazione fu una via d'uscita dalla povert, ma non tutti gli eunuchi erano di povere origini. Molti uomini, pur non essendo diseredati, lo facevano per incrementare le opportunit di elevare la propria condizione di potere e privilegio. Gli imperatori si affidavano agli eunuchi poich costoro avrebbero incentrato lo scopo di tutta la loro vita al servizio del padrone. Dopo la castrazione, Jen si present a palazzo all'et di vent'anni. Dopo essere stato esaminato per accertare che le sue parti del tesoro fossero state rimosse in modo permanente, entr a far parte degli uffici governativi presso il palazzo imperiale stesso. La Citt Proibita, la vasta area cintata di palazzi nel cuore di Pechino, era affidata a migliaia di eunuchi che si occupavano delle mansioni pi disparate, e andavano dai servitori domestici sino alle guardie di palazzo. Poich erano rinomati per la loro servile adulazione verso i propri padroni, nonch per la totale spietatezza verso i loro nemici che arrivava fino al tradimento degli amici, gli eunuchi venivano trattati con cautela e persino apprensione dagli altri funzionari di palazzo. Ancora giovane e in buona forma fisica, alto e forte, anni e anni lontano dalla vita sedentaria che era appannaggio degli eunuchi di rango elevato, Jen entr a far parte delle guardie di palazzo. Raggiunto il grado di ufficiale, si dedic alla creazione di un sistema spionistico il cui obiettivo era snidare le persone colpevoli di slealt all'interno della corte. Un'organizzazione a livello nazionale di Polizia segreta, conosciuta in Cina come Tung-chang, il deposito orientale, operava gi da secoli ed era controllata dagli eunuchi di palazzo. Il deposito orientale fiutava la sedizione non solo a corte, ma nell'intero paese. Le sue stanze di tortura erano chiamate zhenfusi, e l'organizzazione gestiva proprie prigioni. L'eunuco a capo del deposito orientale dipendeva solo dal capo dei ministri dell'imperatore, solitamente anch'egli un eunuco, e dall'imperatore medesimo.
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I successi di Jen nella scoperta degli intrighi di palazzo, veri o presunti, attir su di lui l'attenzione del deposito orientale. Cinque anni dopo, fece torturare il capo di questa struttura fino a fargli confessare di essere un traditore, poi Jen prese il suo posto a capo dell'organizzazione spionistica dell'imperatore. Come recita un antico detto cinese, servire un imperatore come servire una tigre. Un errore e si finisce divorati. Jen gest le attivit della Polizia segreta con feroce alacrit. Non appena ebbe in mano il simbolo dell'autorit, esegu una purga all'interno dell'entourage imperiale della Citt Proibita. Centinaia di funzionari furono condannati a morte o costretti ad abbandonare gli incarichi. Quando il vecchio imperatore mor e suo figlio ascese al trono, il concorrente di Jen per la sua permanenza al comando del deposito orientale fu l'eunuco che agiva come tutore e mentore del nuovo imperatore. Jen perse il posto. In considerazione dei suoi anni di servizio, anzich essere obbligato a suicidarsi, gli venne concessa l'opportunit di portare doni e consigli al sultano, con l'intesa per che, se avesse mai fatto ritorno in Cina, sarebbe stato condannato a morte. La reputazione di Jen come capo del famigerato deposito orientale lo aveva preceduto prima del suo arrivo sull'isola, e il sultano lo accolse calorosamente, poich Jen possedeva il tipo di qualifiche che scaldavano il cuore dei despoti d'Oriente... Con il passare degli anni, l'eunuco era ingrassato e i suoi movimenti erano meno agili, tanto che il prostrarsi toccando la terra con la fronte con grazia gli riusciva sempre pi difficile... solo la sua voce ringiovaniva e diventava pi acuta.

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Capitolo 80
L'eunuco discese gli scalini che portavano a una prigione sotterranea, umida e oscura: la sua personale stanza di tortura zhenfusi, dove l'addetto praticava le antiche e misteriose arti esoteriche delle punizioni pi brutali e degli interrogatori coercitivi. In una cella che all'inizio ospitava quattro detenuti, adesso ce n'erano tre. Jen aveva sospettato quegli uomini di un complotto ai danni della sua autorit, teso a minare i rapporti che aveva con il sultano. Tuttavia, non aveva esercitato alcun trattamento violento. Si era limitato a lasciare i quattro in gabbia negando loro il cibo e concedendo solo acqua, il che significava che l'unica fonte di cibo era... uno di loro. Come ulteriore incentivo, Jen Meg-Fu aveva fatto sapere ai prigionieri che l'ultimo sopravvissuto sarebbe stato liberato. Il vero scopo della sua visita ai detenuti era parlare dello stato attuale della tortura di un olandese. L'Olanda era la maggior potenza presente nelle Indie Orientali, ma la sua influenza era andata scemando durante le guerre napoleoniche in Europa. Quattro anni prima, per, dopo la battaglia di Waterloo del 1815, gli olandesi avevano ristabilito il loro ruolo. I governanti indigeni della regione avevano resistito alla rinnovata egemonia e ovunque stavano scoppiando insurrezioni contro gli olandesi. Il prigioniero era un sergente, comandante delle guardie di un forte. Jen lo stava facendo torturare sperando di ottenere da lui maggiori informazioni sul rafforzamento militare della sua nazione d'appartenenza. Al momento, comunque, aveva in mente qualcos'altro. Tieni pronti e roventi i coltelli e le tenaglie disse Jen al boia dal cappuccio nero. Ci saranno due spagnoli per te... se non faranno ci che chieder loro.

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Capitolo 81
Mentre percorrevamo la strada che portava al palazzo del sultano, che ospitava anche il bendahara, Anak ci disse in tono eccessivamente ansioso: Non dimenticatelo, quando incontrerete il bendahara nelle sue stanze dovrete prostrarvi dinanzi a lui con la fronte a terra. Fatelo con deferenza. Ne va della vostra integrit fisica, e lo dico per il vostro bene. Il bendahara l'ultima persona sulla terra che conviene inimicarsi. Offendetelo e morirete centomila volte. Luis non apprezz affatto l'idea di inchinarsi fino a raschiare il terreno. Lasciatemi solo con lui in una stanza per cinque minuti ringhi, e vedremo chi il pi forte. Questo non il momento adatto per la fatua vanit o per dimostrare il vostro stupido machismo spagnolo disse Anak, al contempo ragionevole e spaventato. Non riesco a capire il motivo per cui io debba strisciare per terra davanti a chiunque mormor Luis sottovoce. Quanto a me, non vedevo alternative. Pensavo anzi che Anak avesse ragione. Dopo tutto quello che avevamo passato io e Luis, non comprendevo perch avremmo dovuto mostrarci presuntuosi. La terribile prova nel villaggio dei cannibali avrebbe dovuto di per s spazzar via le ultime vestigia della nostra vanit di maschi. Luis era intrattabile a proposito dell'omaggio ossequioso da rendere al bendahara bastardo, uno dei pi gentili epiteti che rivolse al temutissimo capo dei ministri del sultano, che ancora doveva incontrare. Il suo atteggiamento non fece che aumentare la tensione di Anak fino al punto di rottura. Voi due non mi avete portato che disgrazie disse piagnucolando. Non basta che il sultano mi espropri due schiavi che ho pagato a caro prezzo, e dal lavoro dei quali mi aspettavo un buon guadagno... no... quegli stessi due schiavi mi hanno esposto alle indagini scrupolose e atroci del bendahara. Cosa mi aspetta ancora? Forse le amorevoli cure del suo Illustre Mago? Sapevo che un mago era uno stregone dagli straordinari poteri soprannaturali, ma era il termine illustre che mi confondeva le idee.
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Chiesi ad Anak chi o cosa fosse l'Illustre Mago del bendahara, ma era troppo agitato per darmi una risposta chiara. Era terrorizzato e riusciva solo a borbottare formule magiche alle divinit che adorava. Mi sembr che fosse disposto a rivolgersi a tutti gli di che conosceva, se ci fosse servito a salvarlo dal Mago e dalle sue arti nere, cuore ancor pi nero e orrende stregonerie. L'unico punto a nostro favore era che molti funzionari di palazzo parlavano lo spagnolo. La presenza della Spagna nella regione era cos estesa e perdurava da cos tanto tempo che lo spagnolo era diventata la lingua franca internazionale, subito dopo l'oro. Un'imponente guardia dall'aria truce ci permise di entrare nella sala di ricevimento del bendahara, dove il funzionario di corte era seduto su una sedia d'oro sopraelevata. Dopo essermi prostrato dinanzi a Jen, e dopo che Luis saggiamente decise di imitarmi, il ministro ci disse che non appartenevamo pi ad Anak, ma al sultano. Anak si inchin e proclam la sua eterna gratitudine al bendahara, poi lasci precipitosamente la stanza dopo essere stato sommariamente congedato dal ministro. Il primo vostro lavoro disse Jen, sar erudire il nostro Mago sulle segrete arti della fabbricazione della polvere per uccidere e delle armi da fuoco. Il bendahara ci fiss, gli occhi stretti a fessura, come se volesse filtrare le nostre immagini. Dovrete obbedire senza far domande. Se aveste tentato di fuggire da Anak, sareste stati severamente puniti... ma non uccisi. Per Anak, anche dopo un tentativo di fuga, voi avreste avuto comunque un valore, e avrebbe evitato di farvi uccidere. Sarebbe stato sufficiente tagliarvi il naso. Se per cercherete di sottrarvi ai compiti imposti dal sultano, o se doveste venir meno a quanto vi verr chiesto, allora non avrete pi alcun valore e desidererete essere morti... far in modo che detestiate la vostra stessa esistenza e bramiate la tomba. Io e Luis ci guardammo. Nessuno dei due dubitava che un potentato d'Oriente disponesse di metodi di tortura tali da fare invidia al capo di una prigione dell'Inquisizione.
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Tu disse il bendahara rivolgendosi a Luis, tornerai alla tua bottega, scortato dalle mie guardie, e tornerai qui portando con te i materiali e gli arnesi. Non lavorerai pi per Anak. Tu, invece disse a me, istruirai l'Illustre Mago sull'arte misteriosa della polvere che uccide. Una figura sinistra, vestita di nero dalla testa ai piedi, usc dalla penombra della stanza. L'Illustre Mago era apparso. *** Il Mago mi condusse con s a una fontana in un giardino lussureggiante. L si tolse la maschera di seta nera. Con mia eterna sorpresa l'Illustre Mago si rivel essere una donna cinese dalla bellezza straordinaria, con allungati occhi neri e lineamenti minuti e delicati.

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Capitolo 82
Passeggiando attorno alla fontana, la donna gettava sul fondo limpido alcuni petali di fiori immacolati, senza mai distogliere lo sguardo da me, mentre mi parlava. Io so gi come funziona la polvere per uccidere che il tuo popolo chiama polvere da sparo. Fu inventata dagli alchimisti cinesi. Esiste un libro scritto quasi novecento anni dopo la morte dell'uomo chiamato Ges. Il suo titolo I segreti essenziali del misterioso tao della vera origine delle cose. Quel manoscritto narra che la polvere per uccidere venne scoperta dagli alchimisti taoisti in cerca dell'elisir dell'immortalit. Il mio popolo si dilett a usarla per produrre fuoco e fumi durante i festeggiamenti ma non se ne serv quasi mai a scopi bellici. Il fuoco volante veniva espulso da tubi di bamb, e durante le battaglie venivano gettate a mano palline di polvere per uccidere, quando l'arma pi potente in Occidente era l'arco con le sue frecce. Ma il vostro popolo non l'ha mai sviluppata sotto forma di forza propellente di cannoni e moschetti dissi. Anch'io conoscevo in parte quella storia, grazie ai libri di Felix. vero, Armaiolo, la polvere per uccidere un'invenzione cinese, ma non abbiamo saputo sfruttarla. Se l'avessimo fatto, noi cinesi oggi governeremmo il mondo, anzich prostrarci umilmente di fronte ai cannoni delle navi da guerra degli europei. Se avesse potuto disporre della polvere per uccidere, Gengis Khan avrebbe fatto saltare in aria i castelli d'Europa e regnato sull'intero pianeta. Continu a camminare attorno alla fontana, gettando petali in silenzio, ma senza smettere di osservarmi. Ero sconcertato dal suo intenso sguardo e mi chiedevo in cosa potevo esserle utile, visto che sapeva gi cos tante cose sulla polvere da sparo. Voi siete gi abbastanza preparata sulla polvere nera dissi gentilmente, nel tentativo di riempire il vuoto che si era creato. Conosco la polvere per uccidere da studiosa, ma non l'ho mai fabbricata. Non ho alcun interesse nel campo degli esplosivi. Le armi da guerra portatrici di morte non mi appassionano perch il mio lavoro non
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consiste nel togliere, ma nell'allungare la vita. Tuttavia, non consentito disobbedire al bendahara. Far qualsiasi cosa per servirvi dissi. Non dubitavo affatto sulla messa in pratica della minaccia del capo dei ministri, secondo la quale avremmo maledetto le nostre vite se non avessimo esaudito i suoi desideri. La donna aveva appena detto che il suo lavoro era preservare la vita. Mi chiesi se per caso non fosse un medico. Su che cosa state lavorando? le chiesi. Te lo mostrer. Mi condusse nella sua stanza di lavoro, sotto il suo alloggio in un angolo della zona cintata del palazzo. Le pareti e il soffitto erano decorati da dipinti raffiguranti i segni dell'oroscopo cinese e una mappa celeste. Vidi dragoni, pesci alati, scimmie e tigri. Su un tavolo erano disposte ossa da oracolo usate per la divinazione. Contro una delle pareti era appoggiata una strana sedia con il sedile formato da spire di cobra, mentre la testa del rettile, aperta a ventaglio, faceva da schienale. Ci che la rendeva sinistra e inquietante era il fatto che la pelle del serpente era vera, cos come gli occhi della testa. Non era difficile immaginare che dovevano essere stati scuoiati molti serpenti per realizzare quel manufatto, ma mentre fissavo la testa e mi sembrava che gli occhi ricambiassero il mio sguardo, non potei fare a meno di chiedermi... a chi fossero appartenuti. Forse a uno schiavo sventurato che non aveva saputo dimostrare il proprio valore al Mago e al capo dei ministri del sultano? La donna misteriosa mi spieg che quella sedia era un naga. Lo spirito del serpente un servitore di Buddha. Quando Buddha si avvicina, il serpente stringe le spire per formare un sedile e alza il capo per fare ombra alla testa del suo padrone, per ripararla dai raggi del sole. Nella stanza regnava un'atmosfera di magia anzich di alchimia. Mi mostr il suo banco di lavoro, che era quasi del tutto ricoperto di tazze e vasi contenenti sostanze allo stato liquido e solido. La ricerca di ci che mi interessa inizi prima ancora della scoperta della polvere per uccidere. Gli imperatori cinesi hanno sognato per molto tempo un favoloso elisir chiamato Acqua Danzante. scritto che alcune gocce di questa pozione magica promettono la vita eterna. Basta berla e si vive per sempre? Capisco perch gli imperatori la
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desiderino. Se io avessi avuto tutti i loro privilegi, anch'io avrei voluto vivere in eterno. Si riteneva che su un'isola non segnata sulle carte di navigazione esistesse una fontana dell'elisir. Pi di due secoli prima della nascita di Cristo, il grande imperatore Chin Shih Huang-ti invi nel mare orientale il miglior alchimista di tutta la Cina alla ricerca dell'isola. Si dice che l'alchimista approd e scopr invece l'isola chiamata Nippon, sebbene ci non sia provato, dato che non fece pi ritorno in patria. Indic una tazza che conteneva una polvere verde. Questa giada. Per via della sua bellezza e rarit si crede che la vita di una persona che la ingerisce si allungher. Lo stesso vale per l'oro, il cinabro e lo zafferano. Io uso queste sostanze e molte altre ancora, compresi i cuori degli elefanti e delle tartarughe, per la longevit di questi animali, nella mia ricerca dell'elisir. Mi schiarii la gola. Le persone bevono oro e giada? Rise sommessamente. Non in forma fusa, ma solo dopo averli ridotti in una polvere finissima e disciolti in vino di riso. Il libro pi attendibile sui segreti dell'alchimia, il Tao Chin Yao Ch'ed, descrive questa mistura. Prosegu spiegandomi come lo zolfo, un ingrediente per la polvere da sparo, e il mercurio, utile nelle miniere per separare l'argento da altri minerali, e il veleno chiamato arsenico, fossero anch'esse sostanze usate nella ricerca dell'elisir. Diamine... Aveva letto nei miei pensieri e, sul suo volto, si allarg un sorriso che mi fece partecipe del suo divertimento senza bisogno di parlare. Armaiolo, tu sei nel giusto nel domandarti se le polveri dell'immortalit possono anche essere fatali. scritto che molti imperatori cinesi morirono dopo aver bevuto gli elisir preparati dai loro alchimisti. Sto molto attenta su ci che do da bere al sultano, poich sarei torturata se egli dovesse ammalarsi dopo aver ingerito uno dei miei composti. Mi fece capire che il suo discorso e la nostra passeggiata erano finiti. Ricambiai l'educato inchino che lei mi fece. Congedandosi da me aggiunse: Domani inizierai a istruirmi sulla polvere che uccide. Il sultano possiede alcune armi chiamate moschetti e pistole, raccolte durante gli anni passati, ma poche ancora funzionanti. Tu e il tuo compagno dovrete ripararle e mostrarmi come sono fatte. Dopo di che, mi insegnerai a fabbricare la polvere che uccide, mentre il tuo amico lavorer con le armi.
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Capitolo 83
Siamo nei guai dissi a Luis quando lo raggiunsi nella piccola e oscura stanzetta simile alla cella di un monaco che dividevamo nel complesso dei palazzi del sultano. Parlavo a bassa voce, ben sapendo che anche i muri hanno orecchie. Posso insegnare all'Illustre Mago a fabbricare la polvere nera, ma in questo clima dove l'umidit cos densa da poter quasi bere l'aria, mantenere asciutta la polvere sar un problema insormontabile. Non potr mai mostrarle come fabbricare una polvere della stessa qualit che produssi nella colonia. Quanto ai cannoni e ai moschetti, non solo non sanno come costruire una fonderia, ma anche se ne avessero una non possiedono n ferro, n acciaio, n bronzo per costruire armi. Il miglior risultato che posso raggiungere fornir loro granate a mano che non potranno mai tenere all'asciutto, cannoni fatti di bamb e moschetti in grado di sparare una pallottola pi o meno alla distanza di uno sputo. Qualsiasi cosa che esplode far colpo su di loro. Vero... fino a quando non avranno a che fare con gli olandesi o gli spagnoli, puntando i cannoni di bamb contro quelli veri delle loro navi. Lo stesso vale per le armi da fuoco. La Maga un'alchimista che pensa sia sufficiente miscelare alcuni ingredienti, magari un po' di ferro e rame e... come per magia, esce fuori un moschetto. Ci sarebbe bisogno di una fucina, di una fonderia, e di... Non preoccuparti mi interruppe Luis, dimostrandomi ancora una volta di poter contare su un asso nella manica per tirarci fuori dai guai, abbiamo solo bisogno di guadagnare tempo fino a quando potremo organizzare la nostra fuga. Con un bel gruzzolo d'oro in tasca per assicurarci un ritorno in Nuova Spagna in grande stile. Mi punt gli occhi addosso. Amigo, d'ora in avanti, dobbiamo guardarci le spalle e pianificare la fuga. Dobbiamo scappare da quest'isola, a costo di farlo anche a nuoto. Non gli feci notare che quel bastardo di bendahara probabilmente aveva gi intuito che avremmo pensato alla fuga non appena fossimo stati lontani dalla sua portata.
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Il mattino seguente mi alzai presto, incontrai la Maga e iniziai a istruirla sulla curiosa arte della fabbricazione della polvere nera. Con mia sorpresa, la mia nuova bottega era addossata a una parete all'interno del complesso del palazzo. Abituato agli intrallazzi politici e alle macchinazioni, il bendahara voleva evidentemente assicurarsi di poter tenere sott'occhio le nostre attivit. Non aveva considerato il fatto che accidentalmente avremmo potuto far saltare in aria il palazzo. Non dissi nulla, poich non intendevo accingermi alle mie mansioni mettendo in imbarazzo un uomo che si dilettava a torturare i suoi sottoposti. Luis lavorava in una bottega adiacente: riparava i vecchi moschetti e le vecchie pistole del sultano. Caspita... una pallottola vagante nella mia stanza delle polveri e io e il mio compagno avremmo lasciato l'isola come fuochi d'artificio cinesi! Luis doveva anche occuparsi di cinque cannoni di ferro, che il sultano aveva acquistato dai pirati che a loro volta li avevano sequestrati da un mercantile europeo. Ebbi solo un'occasione di avvicinarmi ai cannoni, e mi sforzai di rimanere serio, quando incrociai lo sguardo di Luis. Non valevano nulla. Le fenditure erano state saldate con il piombo, il che poteva servire a preservarli dall'acqua, ma era pressoch inutile per trattenere la potenza di combustione della polvere da sparo. La Maga mi raccont che, in origine, i cannoni di ferro erano sei, fino al giorno in cui il generale in capo del sultano ne fece caricare uno con della polvere nera acquistata dai medesimi pirati. Il generale e i suoi artiglieri improvvisati non erano sopravvissuti all'esplosione. Era chiaro che non sapevano come miscelare e maneggiare la polvere nera, n tantomeno valutare se un cannone era abbastanza sicuro da poter essere usato. I cannoni comprati dai pirati non potevano essere riparati. In una fonderia vera e propria li avrebbero fusi e rigenerati per produrre canne di qualit piuttosto scadente ma utilizzabili. Tuttavia sull'isola non esisteva una fonderia, e da quello che avevo sentito dire ero certo che non ce ne fosse nessuna in tutto l'Estremo Oriente e sulle isole del Pacifico. C'erano anche altri quattro cannoni, di fattura cinese, pi piccoli e di qualit inferiore. Da un'occhiata alla loro fattura sottile e alla ruggine, capii che sarebbero scoppiati nel momento in cui fossero stati usati con una
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carica adeguata a sparare una palla contro un forte o una nave nemica. Sapendo che la durata della mia vita era direttamente proporzionale alla soddisfazione del sultano e del suo bendahara in merito al loro progetto, quando la Maga mi mostr armi da fuoco di scarto e un lotto di polvere nera cos scadente da non poter essere usata nemmeno come tabacco da fiuto, mi misi a sorridere, annuii col capo e fornii risposte assolutamente insensate. Luis, come al solito, mi super in bravura. Riuscivo a sentire le sue esclamazioni di sfrenato entusiasmo, mentre era intento a illustrare a un ufficiale dell'esercito del sultano l'efficacia delle armi da fuoco... moschetti e pistole che entrambi sapevamo di non poter rimettere in sesto a causa della mancanza di pezzi di ricambio e per l'impossibilit di costruirne. Sostituire le parti difettose di un'arma con quelle di un'altra avrebbe ridotto il numero delle armi utilizzabili, per il funzionamento delle quali per mancava polvere da sparo efficace. Avremo bisogno di bamb e legno duro di dimensioni grandi e piccole per poter mettere alla prova la polvere per uccidere dissi alla Maga. In questo modo saremo certi di avere la giusta proporzione di ingredienti prima di poter usare la polvere sulle costose armi da fuoco del sultano. Non aggiunsi che ci avrebbe consentito a me e a Luis di temporeggiare per non svelare l'inconsistenza dell'armeria. Fasciando le canne delle armi con una quantit di legno duro e bamb, contavo di poter realizzare cannoni che sparassero salve micidiali di sassolini, conchiglie marine e altri piccoli oggetti di cui li avremmo riempiti. Dopo che l'esercito del sultano avesse affrontato con cannoni di legno una nave da guerra europea, come una Francese da 74, un vascello di linea a due ponti armata appunto di 74 cannoni in grado di scagliare una palla anche a pi di un miglio di distanza, la punizione che io e il mio compagno avremmo ricevuto dal sultano avrebbe raggelato il sangue anche dei sacerdoti aztechi che avevano scorticato vive le persone. Conoscendo l'amore e il timore dei cinesi per i razzi, e immaginando di poter tirare in lungo qualche giorno in pi, dissi alla Maga che avevo in mente delle idee per lo sviluppo e lo spiegamento di razzi fatti di bamb e dalla punta esplosiva. La Maga, all'improvviso, si profuse in un profondo inchino e, voltandomi, mi trovai di fronte il bendahara. Gli feci un piccolo inchino. Vostra Eccellenza dissi.
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Seguimi e illustrami le tue impressioni sui nostri armamenti. Lo raggiunsi su un sentiero che si snodava tra il complesso dei palazzi e parlai con lui dello stato dell'armeria. Non era uno stupido, quindi non esagerai le mie stime sulle armi. Ormai altri europei potrebbero avergli fatto presente le manchevolezze dell'arsenale. Quello che voleva sapere da me era la mia capacit, o incapacit, di correre ai ripari e di fornire polvere da sparo efficace. E io non avevo alcuna intenzione di porre termine alla mia utilit rivelandogli di non essere in grado di soddisfare i suoi obiettivi. Diamine... non vedevo alcun vantaggio a far capire a un torturatore la follia dei suoi metodi.

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Capitolo 84
Il bendahara mi condusse in un cortile dove c'erano due uomini ad attenderci. Sarai ora testimone di un duello mi disse, spiegandomi che i due erano nobiluomini che sostenevano entrambi di essere stati offesi dall'altro. Stavano per dirimere la disputa con uno scontro all'ultimo sangue. La scelta delle armi caduta sui coltelli disse il capo dei ministri. Li avrei scelti anch'io, sapendo che il clima tropicale rendeva umida la polvere da sparo. Mentre gli inservienti preparavano i due uomini, il bendahara mi spieg la situazione: Uno dei due pi grosso dell'altro. La maggior portata del suo braccio gli d un vantaggio sul pi piccolo. Per assicurare che la sfida sia equa, come puoi vedere, li ho fatti legare. Uno dei duellanti aveva un braccio legato dietro la schiena, mentre l'altro aveva le braccia libere, per aveva un tratto di corda attorno alle gambe di modo che fosse libero di muoversi, ma avanzando a passi pi brevi. Mi resi conto che l'uomo dal braccio legato era quello che aveva le braccia pi lunghe, mentre l'altro, dai piedi impastoiati, era pi veloce. A quanto avevo saputo sul conto di Jen, mi stup che ci tenesse tanto alla giustizia o alla correttezza del risultato: di certo doveva avere altri motivi per prolungare la durata dell'incontro. Guardandomi un po' attorno, capii cosa aveva in mente: quegli espedienti, che comparavano le forze dei due contendenti, non servivano solo a rendere pi equo il combattimento, ma avrebbero reso la lotta pi lunga e appassionante per il bendahara e per il resto del pubblico. Individuai gli spettatori che sbirciavano da dietro cespugli e finestre. Senza dubbio il ministro aveva diramato inviti per assistere a quello che i duellanti pensavano fosse uno scontro privato sino alla morte. Le armi fornite loro da Jen erano lame identiche in lunghezza e affilatura. Cosa pensi del mio senso di imparzialit? chiese Jen. Avete la saggezza di Salomone, Vostra Eccellenza. Salomone?
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Un re infinitamente saggio, mio signore. Una volta due donne andarono da lui sostenendo entrambe di essere la madre di un neonato, Salomone risolse la diatriba proponendo che il bimbo fosse diviso a met. Una delle due protest, mentre l'altra disse: "Taglialo". Allora Salomone consegn il neonato alla donna che si era opposta, dicendo che in quel modo aveva fornito la prova di essere la vera madre. Fissandomi, si accarezz la barba e annu in segno di approvazione. No disse, io sono ancora pi saggio di Salomone. Per avermi infastidito con il loro meschino battibecco, io avrei fatto flagellare le due donne per poi venderle al mercato degli schiavi insieme al bambino. Molto saggio, Vostra Eccellenza mi limitai a commentare con voce lugubre. Fece un breve cenno con la mano ai contendenti che si erano prostrati dinanzi a lui, per poi rialzarsi e fronteggiarsi. Si fecero un inchino reciproco e iniziarono la danza della morte. C' un pettegolezzo di corte sul fatto che l'uomo pi robusto un mio amico e che ho creato una parvenza di equanimit per dargli un'occasione in pi di vittoria, perch il pi piccolo combatte meglio di lui. Io annuii. Essere pi veloci e pi bassi pu essere vantaggioso. Questo pettegolezzo mi ha irritato per due motivi. Il primo che io abbia combinato l'incontro per favorire un amico. Per quanto a lungo questi cortigiani abbiano lavorato con me, non mi conoscono affatto. Sotto che aspetto non vi conoscono, Vostra Eccellenza? Credono che io possa allontanarmi dalla mia strada per aiutare un amico. Riusciranno mai a capirmi? Poi fece una risatina derisoria e abbozz un sorriso di perfido compiacimento. Io non ho amici. Mentre i due uomini si muovevano in cerchio, anzich illuminarmi sul secondo motivo che lo aveva irritato, il bendahara inizi a paragonare la guerra tra le nazioni alla lotta che stava avendo luogo. In qualsiasi confronto, resta sempre aperta la domanda su chi sia il miglior avversario, il pi mobile, il pi avventato, il pi aggressivo. Chi costretto dalla necessit a stare sulla difensiva e chi invece adotti l'iniziativa. E cos succede anche con le nazioni. La pi grande, aggressiva, potente e mobile di solito finir per risultare vincente. Non sempre. Un generale pu prevalere su un esercito pi numeroso, se abbastanza intelligente. Il pi grande stratega di tutti i tempi, Sun Tzu, ventitr secoli fa scrisse che anche se l'avversario superiore in tutti i
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campi, si pu ancora batterlo. Come? Sun Tzu dice che si deve tenere in ostaggio ci che pi sta a cuore all'avversario. Mentre Jen parlava, i due uomini dell'anello che si era formato continuavano a girare l'uno attorno all'altro, brandendo i coltelli e fingendo mosse, ognuno in cerca del momento propizio per l'affondo decisivo. I nemici possono saggiarsi a vicenda senza fine aggiunse Jen, ma a un certo punto della competizione arriva il momento della verit quando si sferra il colpo letale. Il reciproco esaminarsi pu trascinarsi all'infinito, ma il colpo decisivo, quando viene impartito, il pi delle volte dura meno di un secondo. Lo stesso accade in guerra continu. Dopo aver previsto tutto, essersi preparati a tutto, lo scontro delle armi e il cozzo degli eserciti opposti, tutti i calcoli, la vittoria o la sconfitta possono risolversi in un fulmineo colpo finale che annienta il nemico. I duellanti con i coltelli entrarono in contatto, e l'uomo robusto costrinse l'avversario ad appoggiare le spalle contro il muretto che delimitava la zona del combattimento. Per bloccare la forza preponderante dell'altro contendente, quello pi piccolo dovette lasciar cadere il pugnale e afferrare con entrambe le mani il braccio dell'altro, che brandiva il coltello. Mentre lottavano, una persona vestita di nero comparve improvvisamente da dietro una tendina nera, che celava alla vista un passaggio adiacente. Arrivando di soppiatto alle spalle dell'uomo robusto, gli infil un coltello nella schiena. La persona in nero scomparve immediatamente dietro la tendina. La sorpresa il segreto della vittoria disse Jen. Ora vedi, Armaiolo, che i colpi pi letali contro un nemico pi potente vengono inferti furtivamente e agendo d'astuzia. Cos dobbiamo sconfiggere i nostri nemici, grazie a stratagemmi che li prendono alla sprovvista... manovre che non possono aspettarsi. In altre parole, con il tradimento, pensai. Il bendahara mi fiss, senza sorridere. Il secondo motivo l'idea che io potrei soccorrere uno dei miei favoriti. La diceria mi offende perch gli stolti pensano di poter anticipare le mie mosse. La dimostrazione di oggi servir loro da monito sul fatto che non sapranno mai da quale direzione io intendo colpire.
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Mi conged con un cenno della mano e io tornai al mio nuovo luogo di lavoro. Il suo messaggio era arrivato forte e chiaro: aveva sorpreso tutti facendo uccidere il suo favorito, l'uomo robusto, per rovesciare la situazione con i cortigiani, i quali erano convinti che il piano del bendahara fosse di aiutare proprio quel contendente. E la parte del messaggio a proposito di sapere dove e quando egli avrebbe colpito era una lama a doppio taglio: l'altro lato della lama era sospesa sulle nuche dei due nuovi armaioli che lavoravano per lui.

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Parte Ventesima

La grande bellezza inevitabilmente e ineluttabilmente assetata di sangue. Antico proverbio

Capitolo 85
Il giorno successivo, mentre insegnavo alla Maga come si fabbricano le armi e la polvere da sparo, le chiesi in che modo il sultano intendeva usarle. La nostra vera ricchezza non si basa n sull'oro n sull'argento, metalli introvabili nel sottosuolo, bens sulle noci e i semi dalla fragranza piccante che crescono nelle isole che gli europei chiamano Isole delle Spezie. Da molto tempo gli spagnoli, i portoghesi e gli olandesi combattono tra loro per conquistarne il controllo e avere il predominio nel loro commercio. Alla fine sono stati gli olandesi a prevalere, ma durante i numerosi anni in cui le nazioni europee furono impegnate nelle guerre scatenate dal re guerriero Napoleone, gli olandesi hanno allentato la presa su questo traffico. Per vent'anni il sultano ha riscosso tributi dai capi indigeni isolani in cambio della sua protezione contro predatori e pirati, ma ora gli olandesi sono tornati e questo ha posto termine all'afflusso di tasse nei suoi forzieri. I capi isolani dicono che l'imponente nave da guerra inviata dagli olandesi nelle loro acque domina le isole e che non possibile opporvi resistenza.
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Inoltre, offre loro maggior protezione delle forze a disposizione del sultano. Come pensa quindi di riguadagnare il controllo? Il sultano ha organizzato un incontro con il governatore olandese per negoziare i termini di un trattato. Gli olandesi credono che, in base agli accordi che verranno stabiliti, potranno ottenere il dominio sulle Isole delle Spezie in cambio di una piccola somma da versare al sultano. Ma lui ha intenzione di riservare loro una sorpresa. Vi riferite al suo arsenale di cannoni e alle altre armi di origine europea? Il governatore non far nemmeno in tempo a scendere dalla nave, che anzich essere accolta festosamente quando entrer in porto... Il sultano far aprire il fuoco? La donna batt le mani. Proprio cos. Vedi, a te e al tuo amico stata affidata una grande e gloriosa missione. Immagina le ricompense che vi verranno offerte dopo che le vostre armi avranno affondato la nave. Diamine... Potevo facilmente intuire che tipo di ricompensa avremmo ricevuto... Pensavo anche che una volta distrutta la nostra postazione di artiglieria la nave da guerra olandese avrebbe diretto il tiro dei propri cannoni sul palazzo e sul resto della citt. Ma ci che pi conta, Armaiolo prosegu la Maga, che il sultano lotta contro gli olandesi per onorare la sua religione. Per secoli gli europei hanno condotto crociate contro gli stati musulmani in Nord Africa e nel Medio Oriente. Il sultano ritiene suo dovere verso Allah la lotta contro gli infedeli. La risposta della Maga mi colse di sorpresa. Non avevo mai preso in considerazione l'idea che il sultano avrebbe mosso guerra a un'altra nazione per motivi di stampo religioso. Gli uomini potenti della Nuova Spagna non erano certo mossi dal fervore religioso, ma dagli onori militari, insieme alla cattura di prede sessuali e alla bramosia di ricchezza. Non avevo mai sentito parlare di un potentato che decideva di impegnarsi in una sanguinosa impresa basata su radicati convincimenti religiosi. Cosa pensa di fare il sultano dopo aver ripreso il controllo sulle Isole delle Spezie?
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Restituirle agli olandesi per una somma molto maggiore di quella offerta in precedenza. Ah, questo era un fervore religioso che riuscivo a comprendere.

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Capitolo 86
Con il prolungarsi della nostra permanenza nelle isole, la necessit di fuggire si faceva sempre pi urgente. Non eravamo adatti a quella claustrofobica segregazione all'interno del palazzo, per di pi con una vera e propria spada di Damocle sospesa sulle nostre teste. E nemmeno il bisogno irrefrenabile espresso da Luis di conquiste sessuali pericolose mi faceva stare tranquillo. Proprio come era riuscito a trovare il modo di arrivare alle stanze delle solitarie mogli di Anak, adesso aveva iniziato a parlare del modo di introdursi nell'harem del sultano. Le fanciulle sporgono la testa da dietro le tende delle finestre al secondo piano per vedermi lavorare. Sogghignando, mi sussurr: A volte mi fanno vedere anche qualcosa in pi dei loro bei visini. Caspita... niente era sacro, per Luis, e niente era pi sacro, in un potentato, delle donne dell'harem... salvo forse il tesoro del palazzo, e a questo proposito Luis non cessava mai di dirmi come aveva scoperto un passaggio sotterraneo che avremmo potuto usare per aprirci un varco con l'esplosivo in una stanza che si diceva fosse colma di casse d'oro e gemme. Era inevitabile che prima o poi avremmo scatenato la collera del sultano o del suo malvagio capo dei ministri, o perch Luis aveva violato una vergine vestale, oppure perch io non ero riuscito ad ammazzare abbastanza olandesi, oppure ancora per aver contravvenuto a una delle altre innumerevoli usanze. Allora saremmo stati sottoposti a diecimila, o centomila, mutilazioni, come ci avevano detto. Non che il numero importasse molto... chi avrebbe avuto il tempo di contarle? Avevo anche notato un cambiamento nell'atteggiamento della Maga. Era pi gentile, e trovava scuse per toccarmi o sfiorarmi quando lavoravamo insieme. Era una donna attraente, ma avevo la sensazione che emanasse un'aura di oscuro mistero e persino di pericolo. Studiare un piano di fuga, e metterlo in atto, diveniva ogni giorno pi urgente. Luis aveva molta pi libert di movimento di me, perch poteva accampare una miriade di motivi per uscire, dal trovare parti di armi all'andare alla ricerca di polvere da sparo. I suoi sforzi lo avevano condotto
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inevitabilmente ai magazzini della zona portuale e nelle taverne dove si riunivano marinai stranieri e pirati. Luis era troppo scaltro per tastare il terreno per un'eventuale richiesta di imbarco di due schiavi. Il comandante di una nave che perder pi soldi a carte e non intende tornare a casa al verde, sperando di rifarsi durante il viaggio, sar quello che ci lascer salire a bordo... la notte prima di lasciare la baia con il favore della marea. Nella mia mente andava prendendo corpo un'idea su come coprire la nostra fuga, ma avevo bisogno di elaborare i dettagli... e anche il modo in cui avremmo potuto suicidarci se avessimo fallito o fossimo stati catturati.

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Capitolo 87
Quella sera la Maga mi convoc nella sua stanza. Era seduta nella smisurata sedia verde fatta di pelle di serpente. Sdraiata tra le spire, la nuca poggiava all'altezza della gola del serpente, proprio sotto la testa dalle mascelle spalancate che formavano una sorta di cappuccio. Mentre aspirava fumo da un narghil d'argento, mi fece cenno di avvicinarmi. Avevo gi scoperto che l'Oriente era la terra della polvere che crea sogni. I miei antenati indios, che nei loro rituali avevano assunto sostanze da bere e fumare per indurre al sogno, compresi i funghi peyote per far viaggiare nel tempo le persone, avrebbero apprezzato la cura dedicata dagli orientali a questi scopi. Porgendomi il narghil, mi invit a sedermi al suo fianco sulle spire del serpente. Sapevo di non poter declinare le offerte della Maga, come non avrei mai osato disobbedire a un ordine del sultano o del bendahara. La collera che avrei suscitato in lei sarebbe stata pari alla loro. Inspira profondamente disse la donna. Il fumo ti aiuter a vedere. S, Maga risposi, sono qui per servirvi. Non avevo bisogno di chiederle cosa ci fosse nel tubicino che mi offriva. Avevo riconosciuto l'odore dell'oppio appena entrato nella stanza. Mi apparvero le immagini di un altro posto dove l'avevo gi odorato per poi far visita a una donna bellissima e misteriosa. E in compagnia di un serpente. Saggiai il tubicino. Non avevo ancora fumato l'oppio, e la sua essenza mi scosse con una forza che mi fece sobbalzare. Nel mio cervello sconvolto dalla droga, l'immagine della Maga si trasform rapidamente e improvvisamente in quella del naga, sovrastato dalla testa a forma di ventaglio del cobra. Mentre la donna si avvinghiava attorno al mio corpo con quelle che a me parevano interminabili spire ferree, io mi contorcevo nel suo abbraccio da serpe. Per mi stavo dimenando non tanto per la paura, quanto in preda a una sorta di incantesimo... ero misteriosamente affascinato e ancor pi stranamente eccitato. Poi sognai che fossimo a letto, in preda agli spasimi della passione. Presto mi resi conto che parte di ci che provavo era reale. Noi eravamo
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nel suo letto, uniti in un intreccio amoroso... Sapevo che l'esperienza era reale, poich le mie sensazioni erano cos convulsamente carnali e l'estasi era veramente intensa. Di certo, stavo tenendo una donna tra le mie braccia, e non un'immagine indotta dal consumo dell'oppio. Tuttavia, il suo modo di fare l'amore era in qualche modo... irreale. La sua magica bocca sembrava circondarmi tutto, dovunque e contemporaneamente, con una potenza soprannaturale in grado di consumarmi tutto. Le sue labbra bagnavano la mia anima con grazia angelica, anche quando la sua lingua stuzzicava, tormentava, torturava e titillava la mia carne fremente. Per tutto questo tempo il suo corpo ondeggiava, flessuoso e snello, contro il mio. Nell'oscurit del giaciglio, circondati dalla foschia erotica dei nostri sogni oppiacei, i nostri corpi si fusero in uno solo... in una notte senza fine, scevra da rivalse, rimpianti o recriminazioni. Il corpo di lei e la sua anima volevano solo me. Un'amante trascendente, che soffondeva ogni briciolo e ogni millimetro del mio essere nel suo. Un'anima beatificante degna di una dea terrena congiunta al desiderio carnale di una cortigiana incredibilmente sensuale. In confronto alla mia vita passata, il boudoir della Maga, dove mi stavo dimenando estasiato avvinto dalle sue braccia e dal suo fascino, mi sembrava l'incarnazione della perfezione. Poteva forse essere questa la pace paradisiaca per la quale ero nato, passare la mia intera vita con la Maga? Poteva essere il mio vero destino e la mia destinazione? Mi cullai in questi sogni per qualche tempo, ed erano bei sogni. Ma non sarebbero durati a lungo. Niente, alla fine, come sembra: non nel mondo reale, e mai in una terra di sogni.

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Capitolo 88
Ero di ritorno dopo aver impartito istruzioni ad alcuni operai sul modo in cui dovevano perforare i pezzi di legno duro per trasformarli in canne di cannoni, quando vidi Luis a colloquio con il cortigiano che sovrintendeva i servitori che ci portavano acqua e cibo. Mi sembr che il mio amico avesse uno sguardo da allocco. Cosa ti ha detto? gli chiesi dopo che l'uomo si fu allontanato. Il sultano ha forse fatto allestire ruote di tortura per noi nelle sue segrete? Luis scosse il capo e mi fiss con gli occhi sbarrati. Che paese strano... Mi ha detto che il Mago viene anche chiamato l'Esotico Eunuco. Il che? Sshh, abbassa la voce. Ha detto che il Mago un eunuco dai "tre tesori" che si fatto asportare tutte le parti virili, ma andato oltre, fino al punto di farsi fare una Camera di Giada che... Mi allontanai. Non volevo sapere altro. Mi sentivo come se un mulo mi avesse dato un calcio nello stomaco. Andai nella mia bottega per rimanere solo. Non avevo mai confidato a Luis ci che provavo per la Maga o che avevo fatto l'amore con lei, ma suppongo che avesse intuito qualcosa. Era un hombre troppo scaltro per non saper leggere in me come faceva con gli altri. La porta si spalanc e apparve la Maga. Aveva un gran sorriso, che scompar dopo avermi guardato in viso. Tu sei... un eunuco? le chiesi, con voce tremante. Lei indietreggi come se l'avessi colpita e riattravers la porta, gli occhi colmi di lacrime e il mento in preda al tremore. Premendosi le mani sul viso, si volt e fugg. Luis arriv un attimo dopo. Ecco un uomo che non si lasciava intimorire da flotte di pirati e tifoni che avrebbero spazzato via un'isola, sul cui volto adesso c'era un'espressione di profonda preoccupazione. Amigo, penso sia giunto il momento di lasciare quest'isola.

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Capitolo 89
Il giorno dopo, mentre sgranavamo la polvere da sparo, preparammo il nostro piano. Avevo gi deciso che ci occorreva un diversivo per sorprendere e tenere occupate non solo le guardie di palazzo, ma anche le spie e i soldati che il sultano avrebbe posto a guardia dei moli. In altre parole, per catturare l'attenzione dell'intera citt. Faremo saltare in aria il palazzo dissi a Luis, o per lo meno faremo sembrare che sia cos. La nostra idea era di realizzare una messinscena con fuoco e fumo come avevamo fatto per la moglie infedele di Anak, ma questa volta su grande scala, cio ricorrendo a quella che Luis mi descrisse come una pyrotechnie alla francese, simile agli straordinari spettacoli di fuochi d'artificio che un tempo si allestivano in onore dei sovrani a Versailles. Ho tenuto all'asciutto un discreto lotto di polvere ad alto potenziale in alcune sacche. Servir a innescare quella di qualit inferiore che misceler con altri ingredienti, in modo da produrre una quantit di fumo e finte fiamme tali da far sembrare che il palazzo sia stato inghiottito dalla bocca di un vulcano. Io avrei provveduto a creare una cortina di fumo per celare la nostra fuga, ma avremmo potuto contare solo su una barca a remi per allontanarci, a meno che Luis non fosse riuscito a mettere le mani su un po' di soldi per garantirci l'imbarco su una nave. Ho messo gli occhi su un comandante portoghese che tutte le sere ha perso a carte. La sua nave partir con la marea di domattina, e non vorr certo far ritorno a Lisbona a tasche vuote. Che succede se questa sera dovesse vincere? Non vincer. Ha perso cos tanto da essersi convinto che il suo avversario sia stato aiutato dagli di. Non occorreva che si spiegasse meglio. Avremo bisogno di oro. Lo prender nel momento in cui tu realizzerai il diversivo. Le mogli di Anak, durante gli attimi di estasi e gratitudine, mi hanno confidato che il marito nasconde una sacca d'oro in fondo a un pozzo in cortile. Ogni volta lo ripesca con un lungo palo uncinato che infilato tra i cespugli. Quando
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la gente accorrer per assistere alla scena del palazzo in fiamme, scavalcher il muro e recuperer la sacca. Era un muro che da tempo aveva imparato molto bene a scavalcare. Preparai le micce e la serie di esplosivi che si sarebbero innescati uno dopo l'altro, gettando il palazzo nel caos. Mi serviva una miccia lenta per dare inizio alla successione, in quanto il mio piano prevedeva che io mi trovassi al di l dei cancelli, quando il vulcano avrebbe iniziato a eruttare. Noi due eravamo liberi di andare e venire dal palazzo perch eravamo alla costante ricerca di materiali, ma sapevamo anche che la zona dei moli era attentamente presidiata per evitare fughe. Non vidi la Maga n durante il giorno n la sera, e al mattino non si trovava nella bottega, quando io e Luis arrivammo per prepararci all'evasione. La nave portoghese sarebbe salpata con la marea favorevole del giorno seguente e l'occasione era propizia, ma noi esitavamo dato che Luis non era certo di poter contare sul comandante. Ha perso cos tanti soldi alle carte che non si accontenter solo dell'oro che gli offriremo. Vorr tutto quello che abbiamo e la promessa di consegnargli i nostri primogeniti come schiavi al suo servizio. Mi strapperebbe persino i denti, se sapesse che ne ho uno d'oro. Non avevo dormito bene e avevo avuto incubi tremendi di naga e altre creature che mi tormentavano. Vergognandomi, non avevo fatto cenno a Luis dell'imbarazzo che avevo provato, quando avevo saputo la verit sul conto della Maga... e da buon amico quale egli era ignor l'argomento e si mise a raccontarmi storielle divertenti sulla sua vita da pcaro nelle strade delle citt della sua amata Spagna. Fummo sorpresi di trovare il capo degli assistenti del bendahara ad aspettarci, quando arrivammo in bottega. Il bendahara ordina che oggi voi prepariate una dimostrazione per il sultano per fargli vedere come la polvere per uccidere lancia palle di cannone e pallottole di moschetto. L'evento avr luogo tra due ore. Il bastardo leccapiedi fece una pausa e ci rivolse un sorriso arrogante. Il bendahara ordina che voi usiate i cannoni di metallo, non i giocattoli di legno con i quali vi siete dilettati finora. Non appena se ne fu andato via tutto impettito, io e Luis ci fissammo. Era assolutamente impossibile far sparare quelle armi con cariche
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adeguate, e usare una carica inferiore per i cannoni avrebbe dimostrato che non funzionavano correttamente... come i loro cannonieri, agli occhi del sultano. L'avido mercante e comandante portoghese divenne tutto d'un tratto la nostra unica speranza. Far partire le esplosioni adesso dissi. Io prender l'oro. Ci vediamo al porto. Luis corse via a procurare materiali per la dimostrazione da eseguire per il sultano, e io entrai nella mia stanza da lavoro per inserire le micce e per i preparativi finali. La miccia che scelsi per scatenare il vulcano di fuoco e fumo era a corta combustione. Era destinata a innescare la polvere che avevo tenuto all'asciutto, per diluendone la potenza esplosiva perch non avevo intenzione di far saltare in aria l'edificio, ma solo far scoppiare un pandemonio che si sarebbe propagato pi velocemente di un'epidemia. Accesi la miccia e mi voltai per prendere il mio mantello, che era appeso a un gancio. Mi sarebbe tornato utile per ripararmi dalla pioggia e anche per nascondere i miei tratti europei alla gente che avrei incrociato per strada. Poi udii qualcosa che mi indusse a voltarmi. Non era lo sfrigolio di una miccia a lenta combustione, ma il sibilo di una miccia rapida... Raggelai e guardai instupidito l'incredibile velocit con cui si consumava, avvicinandosi sempre pi al contenitore della polvere da sparo. Aprii la porta con uno strattone, tirandola verso di me; avevo appena fatto un passo all'esterno quando sentii arrivare dietro di me un colpo di fulmine e una palla di fuoco infernale. Poi non udii, vidi o sentii pi nulla. Il tempo passava, non so quanto, a me sembr molto, ma in realt forse si trattava di pochi secondi. La luce si spense, cal l'oscurit e la mia mente si ottenebr. Alla fine torn la luce. Le mie orecchie non udivano nulla, ma il mio corpo bruciava. Spinsi in avanti con entrambe le mani, facendo scivolare via la pesante porta. Il fumo era accecante, tossivo violentemente.
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Ma la tosse era un buon segno. I miei polmoni erano sani e il mio corpo rispondeva. Come mi aveva detto una volta Luis, il dolore era un segno positivo: significava essere vivi. Stavano esplodendo, uno dopo l'altro, i vari lotti di polvere che avevo disseminato. Lo sapevo perch ne ero io l'artefice, e non perch vedessi quello che stava succedendo: il fumo era nero e denso. Mi resi conto che l'esplosione era partita dal basso verso l'alto e verso l'esterno del palazzo, distruggendo il tetto e abbattendo le mura in ogni direzione. La porta mi aveva riparato dal peggio. Strisciavo e annaspavo, inciampando e barcollando alla ricerca di una via d'uscita dal punto di massima concentrazione del fumo asfissiante. Tutt'intorno a me c'era il panico. La gente correva e gridava, uomini e donne strillavano impauriti, cercando di sfuggire a quello che, ai loro occhi, era un inferno. In quel momento non avevo idea dei danni effettivamente arrecati o se l'intera zona dei palazzi era in preda alle fiamme. I polmoni mi bruciavano, quando uscii dalla cancellata del palazzo e superai il posto di guardia abbandonato. I miei piedi si muovevano per forza di inerzia, come se fossero dotati di ingegno e sapienza propri, perch la mia mente non era in grado di dirigerli o governare qualsiasi altra parte del mio corpo. Sapevo di essere ferito, che l'esplosione mi aveva scorticato, forse privandomi della carne al punto di fare di me uno scheletro. Vidi un uomo a cavallo, poi vi sbattei contro, mentre il cavaliere era intento a osservare il fumo e le fiamme che eruttavano dal palazzo. Quando lo trascinai gi dal cavallo, grid per la sorpresa. Cerc di difendersi e io estrassi il coltello dalla fondina e gli sfregiai la guancia. Scapp via e io presi il cavallo. Quando giunsi al molo, scivolai gi da cavallo e Luis lasci la lancia che aveva assicurato a un palo per correre in mio soccorso. ;Dios mio! Che successo? La Maga dissi con voce lugubre. Ha potenziato di nascosto le polveri e ha anche sostituito le micce. Perch? Lo fissai negli occhi, in silenzio. Luis ricambi il mio sguardo, annu con il capo e non aggiunse altro. Aveva capito.

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Capitolo 90
Luis aveva ragione a proposito del comandante portoghese. Non si era accontentato di farci penzolare a testa in gi per scrollarci di dosso tutte le monete: era andato ben oltre. Dopo che ci fummo imbarcati, e dopo che Luis gli ebbe dato met dell'oro rubato dal pozzo di Anak, si prese anche l'altra met e ci fece spogliare nudi per essere sicuro che non gli nascondessimo neppure un centesimo. Spogliarmi aveva significato esporre innumerevoli ferite ed escoriazioni. Neppure Luis era uscito illeso. La mascella destra era leggermente gonfia, a causa di un pugno che gli aveva assestato una guardia nel cortile di Anak. Quando Luis mi lav con acqua marina sul ponte di coperta smisi di urlare, poi ci ritirammo nel bugigattolo assegnatoci: uno stanzino dove c'era posto solo per un paio di cuccette di tela. La stanza puzzava di mare morto e di marinai, ma riuscii a infilarmi nello stretto giaciglio e godermi il dolore. Il bendahara ti ha inflitto la tortura delle centomila mutilazioni scherz Luis. Diavolo... peggio del mio dolore era la consapevolezza che saremmo dovuti diventare bandidos, una volta raggiunta la colonia. Anzi, in Portogallo, perch non avevamo pi il dinero necessario per pagarci il viaggio da Lisbona a Veracruz. Seor azteco, mai aver paura e dubitare del tuo amigo disse Luis. Si era messo a distribuire le carte alla luce di una candela e adesso la sistem accanto a me. Sput in una mano e il gonfiore della mascella destra improvvisamente svan. La mano era colma di sfolgoranti rubini color rosso sangue. Madre de Dios sussurrai. Anak aveva un vero e proprio tesoro nascosto nel pozzo. No, non Anak. Questo un regalo delle ragazze dell'harem del sultano. Spalancai la bocca. Tu, non avrai... Amigo, mi sono guadagnato queste gemme cento volte. Fece un largo sorriso. Questo il numero delle donne che hanno avuto bisogno di
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essere soddisfatte.

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Capitolo 91
Fior di Loto mi aveva detto che la grande bellezza inevitabilmente e ineluttabilmente assetata di sangue. All'epoca dei fatti, non avevo capito o apprezzato la sua saggezza, anche se lei innegabilmente incarnava perfettamente questo antico proverbio. Adesso ero stato appena accecato da un'altra grande bellezza. Quando fissavo gli occhi sensuali e peccaminosi della Maga, ero ipnotizzato dai suoi lineamenti perfetti, dal suo fascino ultraterreno e dalla sua apparente innocenza. Tuttavia, mentre facevo l'amore con lei ero sempre pi turbato, non tanto dalla donna, quanto dalla ripugnanza della vita agli ordini del sultano e del bendahara, dal disprezzo che provavo verso me stesso per dovermi piegare al loro abietto volere e dal bisogno disperato di andarmene da quelle isole per tornare alla mia terra natia tra le braccia della donna che veramente amavo. Naturalmente, non potevo spiegare questi motivi alla Maga. Le isole erano il suo mondo. Sia che le amasse o le odiasse, lei viveva l ed era parte di quel luogo. Le isole erano la sua vita, e se avessi potuto essere sincero fino in fondo con lei, le avrei rivelato che desideravo lottare contro tutto ci che la circondava. Per quanto ne sapevo, avrebbe potuto riportare le mie confidenze al bendahara. Quindi ne avrei tratto una ben magra consolazione. Invece non dissi nulla, ma ossessionato com'ero nel fuggire dalle isole, mi stavo allontanando dalla donna che desideravo carnalmente. Non aveva preso il posto di Mara nel mio cuore. Avevo imparato che esistono diverse forme d'amore e che i miei sentimenti per la Maga erano differenti da quelli che provavo per Mara. Desideravo carnalmente la Maga, ma era Mara la donna con cui volevo passare il resto della mia vita. La Maga aveva usato quanto appreso da me sulla polvere per uccidere allo scopo di tendermi un tranello, chiaramente, sostituendo quella che pensavo fosse una miccia a lenta combustione con una pi rapida, e arricchendo la potenza dell'esplosivo da me predisposto. Ero sopravvissuto per miracolo. Se mi fossi servito di quella polvere per
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caricare un cannone, al momento dello sparo le schegge di ferro mi avrebbero spedito ai Nove Inferni in brandelli, proprio come avevo fatto io con il capocannoniere del galeone e il suo assistente, dopo aver adulterato la miscela esplosiva di bordo. Ha cercato di uccidermi dissi a Luis. Lui scosse il capo e si lisci i baffi. Forse si tratta di una faccenda molto pi complicata. Chi pu dirlo? Forse il governatore olandese non era poi tanto sciocco e poteva aver pagato quell'eunuco bastardo di bendahara per uccidere i nuovi artiglieri del sultano. Forse anche il sultano stesso. Non aveva mandato a dirci che dovevamo fare una dimostrazione alla presenza del sultano? Il mio amigo, in quanto esperto di imbrogli e malaffare, riusciva a comprendere molto bene le macchinazioni di persone dalla mentalit simile alla sua. Il mattino dopo, mentre ero in piedi vicino alla murata e mi lasciavo accarezzare la pelle ruvida da una fresca brezza oceanica, lessi il biglietto che avevo trovato in una tasca del mio mantello: Armaiolo, se stai leggendo queste righe significa che sei riuscito a sfuggire alla mia vendetta e che io non sar pi su questa terra perch avr seguito l'unica strada possibile per lavare il disonore abbattutosi su di me per aver fallito nell'intento di ucciderti. Avrai compreso che ho manomesso io la polvere che uccide per privarti della vita. Si commette un errore, quando ci si prende gioco di un cuore che ama, specialmente nel nostro reame sperduto. I nostri sorrisi, le carezze e le parole non significano nulla per te . Niente mai come appare. Ognuno di noi vive in una scatola che si trova all'interno di una scatola all'interno di un'altra scatola ancora. Non avere la presunzione di capire i nostri sogni, le nostre vite o la nostra terra. Soprattutto non credere mai di conoscere i nostri cuori. O di conoscere gi l'ultima parola di ciascun cuore umano... Spezzare un cuore come spezzare l'universo. Non dimenticarlo mai... Colei che ti ha tanto amato.

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In retrospettiva, avrei dovuto considerare con maggiore attenzione i suoi fragili sentimenti e la vulnerabilit del suo cuore. La grande bellezza assetata di sangue, e io le avevo insegnato la pi sanguinosa delle arti... l'arte della guerra.

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Parte Ventunesima
Viva la Revolucon

Capitolo 92
Veracruz, 1820 La nave pirata portoghese su cui ci eravamo imbarcati ci port dalle Isole delle Spezie fino a Goa, sulla costa dell'India, oltre il Corno d'Africa, attorno al Capo di Buona Speranza e su lungo la costa occidentale africana fino a Lisbona. Nella capitale portoghese salimmo a bordo di una nave che sventolava la bandiera reale spagnola e arrivammo a Veracruz. Navigammo sulla nave La Cancin de Mlaga, un mercantile da quattrocento tonnellate di stazza, con un equipaggio di trenta uomini e armato di una dozzina di cannoni. Luis aveva soppesato l'ipotesi di tornare in Spagna, anzich nella colonia spagnola, ma poi decise diversamente. Nella colonia sono un portatore di speroni disse con un ghigno malizioso, che fustiga e deruba le ricchezze dei tuoi fratelli aztechi bastardi e delle tue sorelle putas. In Spagna, sarei io un azteco. Per Luis Veracruz era una tappa sulla strada per Citt del Messico, e per me una breve sosta prima di aggirare la capitale e dirigermi sulla Via della Porcellana. Dalle conversazioni con i marinai spagnoli capii che poco era cambiato nella colonia durante i miei due anni di assenza. Il vicer governava su Citt del Messico come un potentato, mentre il generale Guerrero portava avanti azioni di guerriglia alla mordi e fuggi nella
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regione che si estendeva da Acapulco, sulla costa occidentale, fino e oltre la Sierra Madre del Sud e di l alla Valle del Messico. Da due anni non vedevo Mara. Mi chiesi per la centesima volta dove fosse... e con chi. Aveva preso marito? Avevano figli? La rude vita da guerrigliera l'aveva forse spezzata e distrutta? Era stata catturata e uccisa dalla Regia Milizia? E se fosse stata ancora viva, sarei riuscito a trovarla, e lei mi avrebbe ancora voluto e amato? Una cosa era certa: a livello politico e sociale nulla era cambiato nella colonia. I gachupnes continuavano a farla da padroni, i criollos continuavano a scalpitare e a prendere frustate, ma soffrivano in silenzio per l'umiliazione, per il bene dei preziosi cavalli e delle prosperose haciendas. I miei fratelli e le mie sorelle di origine azteca pagavano ancora con il sudore e il sangue, mentre i figli pativano la fame e i loro padroni si godevano una vita lussuosa e agiata. Dieci anni fa padre Hidalgo proclam l'indipendenza e centomila dei miei compatrioti, me compreso, si ribellarono agli spagnoli dissi a Luis, mentre si profilava davanti a noi l'isola-fortezza di Castillo de San Juan de Ulua, che sovrastava la rotta di avvicinamento al porto di Veracruz. Guerrero sta combattendo da dieci anni, di cui cinque sotto la guida del prete Morelos e altri cinque come Generalissimo egli stesso. E voi selvaggi aborigeni aztechi siete ancora sotto il tallone di noi spagnoli. Ancora una volta il mio buon amigo mi fece uno dei suoi sorrisi pi ambigui. Dio vi sta dicendo che non meritate di meglio. Seor Pcaro, chiamami ancora una volta selvaggio e io ti strappo il cuore dal petto come facevano i miei antenati aztechi. Non corrompere il mio ritrovato ceto aristocratico. Devo riabituarmi a essere un portatore di speroni affilati disse Luis sogghignando. A Lisbona e durante tutta la traversata si parl molto degli avvenimenti nelle Americhe, in luoghi vicini alla Nuova Spagna. I revolucionarios stavano scuotendo dalle fondamenta l'impero spagnolo nell'America del Sud, liberando le altre colonie dal dominio dei gachupnes. Simon Bolvar, un criollo venezuelano di trentasei anni e di estrazione aristocratica, aveva sconfitto un'armata spagnola nella battaglia di Boyac ed era entrato a Bogot nella provincia spagnola sudamericana di Nuova Granada. Gran parte della regione settentrionale del Sudamerica aveva sposato la causa del suo movimento indipendentista. La rivoluzione avvampava dall'istmo di Panama fino all'estremit
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meridionale della Tierra del Fuego. Per la miseria! Mentre quasi tutta l'America era in preda alla febbre contagiosa della rivoluzione, in Nuova Spagna la situazione era in fase di stallo, con le forze ribelli inchiodate nel fango e nella giungla lungo la Via della Porcellana nella parte occidentale della colonia, dove Guerrero e i suoi uomini di quando in quando assumevano il controllo della strada, per poi vederselo sottrarre ogni qual volta il vicer inviava un'armata per scortare le merci importate dalla Spagna. La vitale arteria di comunicazione sulla costa orientale, da Veracruz a Jalapa, era stata per breve tempo sotto il controllo del guerrigliero Guadalupe Victoria, ma gli spagnoli alla fine avevano avuto la meglio sui rivoltosi, che erano in netta inferiorit numerica. Victoria era stato costretto a ritirarsi nella giungla e si diceva che fosse morto. Venimmo a conoscenza di altri avvenimenti che avevano sconvolto la Spagna stessa. Nel 1819, il re stava approntando l'invio di un numeroso contingente di truppe da Cadice alla Nuova Spagna per domare i ribelli. Ma il 1 gennaio del 1820 Rafael del Riego, comandante di un battaglione di Cadice, proclam una costituzione di stampo liberale. Questa notizia si diffuse come le tempeste di fuoco rivoluzionarie in Sudamerica. I liberali avevano preso le redini del governo, ponendosi a capo di un'assemblea legislativa a Madrid chiamata le Corts. Le Corts avevano messo in atto provvedimenti contro la Chiesa cattolica, sopprimendo l'ordine dei Gesuiti e decretando che la Chiesa doveva dipendere dalle autorit civili. Inoltre concessero un indulto ai partecipanti alla decennale ribellione della Nuova Spagna, invitando i membri della colonia a inviare propri delegati al nuovo parlamento spagnolo. I decreti delle Corts di Madrid non hanno nessuna efficacia in Nuova Spagna mi disse Luis, dopo aver parlato con altri passeggeri. Mentre il re occupato a combattere i liberali, il vicer locale sa bene di dover rispondere ai potenti gachupnes e criollos della colonia, non agli usurpatori politici della madrepatria. Mentre ci avvicinavamo alla costa sabbiosa di Veracruz, i discorsi si orientarono verso la pi imminente minaccia: quella del vomito nero, la piaga di Veracruz. Questa pestilenza, i cui sintomi erano febbre altissima e vomito nero e sanguinolento, aveva minacciato di morte e spesso ucciso chiunque si fosse avvicinato alla costa.
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Gli spagnoli la chiamavano La Ciudad de los Muertos. I passeggeri e gli uomini degli equipaggi delle navi si premuravano, quando sbarcavano, di annusare sfere bucherellate contenenti aceto, oppure di ripararsi il naso con fazzoletti intrisi di aloe. Io e Luis schernivamo questi metodi di prevenzione: infatti, se fossero serviti a qualcosa, ogni anno non sarebbero morte migliaia di persone colpite da quel flagello. Questi veri credenti sostengono che sia Dio a decidere chi vive e chi muore disse Luis. Eppure annusano aceto tentando di eludere il giudizio divino. Mica male, come sentenza, per uno come lui, che violava la legge di Dio con gioioso entusiasmo! Ho affrontato i pirati e le navi da guerra nemiche senza batter ciglio. Per tremo ogni volta che respiro l'aria velenosa di Veracruz ci confid il comandante della nave. il posto pi malsano del dominio spagnolo. I ricchi gachupnes che controllavano quasi tutto il commercio locale non stavano a Veracruz tutto l'anno. Possedevano case a Jalapa, una citt montuosa sulla costa distante un centinaio di chilometri. L'altitudine preservava Jalapa dalla calura soffocante estiva e dal violento vento invernale, oltre che dalle micidiali zanzare che infestavano la costa. Arrivano da Jalapa fino alla tierra caliente solo per sbrigare i loro affari disse Luis, ripetendomi quello che aveva saputo dal comandante su questa regione, e durante la stagione invernale. Tierra caliente, la regione torrida, era anche cos che veniva chiamata la zona della Via della Porcellana che si snodava sino ad Acapulco. Come possono gli abitanti di Veracruz respirare quel miasma e sopravvivere comunque? Sono consanguinei degli aztechi. Il sangue indio pi letale del miasma rispose Luis. Non sapevo se parlava sul serio o se stava interpretando la parte del gachupn. Mi diede una pacca sulla spalla. Sta' tranquillo amigo, siamo nella stagione secca e non c' da preoccuparsi pi di tanto. Luis mi spieg che per cinque mesi, da maggio a ottobre, nella stagione delle piogge, il rischio era molto pi elevato. Ma dobbiamo comunque essere prudenti, nel viaggio verso la capitale. Mi hanno detto che per andare a Jalapa occorre attraversare paludi infestate dal miasma velenoso. La stagione secca era anche il periodo di el nortes, le terribili
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tempeste provenienti dal mare nei mesi invernali. Rimanemmo al largo per tre giorni, per evitare che la nave si arenasse, spinta dai venti impetuosi che soffiavano verso la costa. Il porto di Veracruz non era altro che il canale navigabile tra l'isolafortezza e un molo che si protendeva dalla citt. Le acque della baia erano troppo poco profonde per permettere alle navi di ormeggiare al molo, quindi sia i passeggeri sia le merci dovevano essere trasportati a terra su barche a remi. Ma, prima, dovevamo superare i controlli della dogana e dell'Inquisizione. Un funzionario doganale del porto che sal a bordo inform i passeggeri e i membri dell'equipaggio che durante l'estate erano morte un centinaio di persone la settimana. Ogni pomeriggio spingevamo una mandria di bestiame attraverso le strade della citt disse il funzionario, affinch gli animali ripulissero l'aria respirando per primi i fumi mortali. Un prete arrivato con il doganiere conferm il punto di vista di Luis a proposito di Dio e del miasma: Quando Dio decide che giunto il momento di andare, si va e n l'aceto n le vacche potranno salvarvi. Il doganiere non contraddisse il prete. Non c'era di che biasimarlo, visto che il prete faceva parte del Sant'Uffizio. Luis borbott sottovoce qualcosa di sconcio, quando vide l'Inquisitore. A bordo ci avevano raccontato che i liberali in Spagna avevano messo fuori legge l'Inquisizione. La colonia ha una sua testa, ma le manca il cervello aveva commentato Luis. Io rimasi in silenzio, cercando di assumere un'aria anonima e ossequiente; preferivo restarmene in disparte, anzich richiamare l'attenzione su di me... che era esattamente quello che non volevamo. Fui felice di interpretare il ruolo del servitore di Luis. Avevamo acquistato documenti d'identit falsi a Lisbona e avevamo viaggiato senza problemi, e nessuno mi fece domande sulla purezza della mia razza. Il mio nome adesso era Joaqun Ramirez. Il rappresentante governativo e quello della Chiesa stavano scorrendo l'elenco dei nomi dei passeggeri, confrontandoli con quelli indicati sui loro registri. Mi chiedevo se sulla lista ci fossero i nostri veri nomi... o forse erano stati riportati tra i dispersi in mare durante il viaggio verso Manila? Quest'ultima ipotesi era la pi probabile.
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Osservai l'Inquisitore: dopo aver prelevato un testo teatrale dal bagaglio di un passeggero si mise a interrogare il proprietario. L'autore era inglese, un certo Shakespeare. L'Inquisitore non aveva mai sentito il nome di quel commediografo, e neppure io, ma requis il libro in quanto scritto da un inglese. Dopo aver superato l'ispezione, con un regalo al funzionario doganale e una donazione per la Chiesa, la famigerata mordida, io, Luis e gli altri passeggeri salimmo a bordo di barche a remi e raggiungemmo il molo. Una volta a terra, osservando l'edificio che ci stava di fronte ci sembr che lo scopo del molo fosse quello di fronteggiare le tempeste di el nortes, anzich di servire come punto di approdo per la citt. La banchina era fatta di sassi tenuti insieme da un impasto di malta, e in parte rinforzata da piastre di ferro. Il ferro proviene dalla zavorra di una nave disse il capo dei vogatori passandoci i bagagli dalla barca. Il suo comandante l'aveva sbarcata per poter far posto a un carico maggiore di argento proveniente dalla zecca di Citt del Messico. Era destinato al governo di Madrid, ma poi finito nelle casse dei pirati. Mentre camminavamo verso la piazza principale, fummo sorpresi dal fatto che le case non erano costruite tutte in legno. Un passeggero che viaggiava al nostro fianco ci disse: Gli edifici sono fatti di malta ottenuta dal corallo. I tetti e la pavimentazione sono costruiti dello stesso materiale. Si ricava dagli scogli di corallo chiamati madrepore. Nella zona torrida crescono pochi alberi. Pi che altro ci sono zanzare, miasmi, serpenti, ragni, ratti, sabbia e quel bastardo di el nortes. Nonostante l'insolito materiale da costruzione, la forma delle case mi era familiare. A due o tre piani con tetti piatti, erano racchiuse da alti muri in stile spagnolo. Verande simili a balconi dalla facciata di ferro battuto sovrastavano i cortili interni. Le case erano disposte in schiere serrate lungo strade larghe e diritte. Le facciate degli edifici richiamavano alla memoria le file ben allineate in senso orizzontale delle pietre tombali di un cimitero. Cos' questo odore? grugn Luis, tappandosi il naso. Era la melma blu e verdastra che scorreva nelle fosse di scolo dei marciapiedi. Aspettate di vedere quando far veramente caldo, quando quel liquame bolle disse il nostro compagno di viaggio.
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La puzza di questa citt dimenticata da Dio rincar Luis disgustato, farebbe allontanare uno zopilote da un carro funebre. No davvero disse l'uomo. Indic i grandi avvoltoi che volteggiavano sopra le strade, a centinaia. Gli zopilotes e i cani randagi prosperano in questo ambiente. Un cane affiancava due avvoltoi che mordevano la carcassa di un altro cane. I cani e gli zopilotes mantengono le strade pulite. Senza di loro, il puzzo sarebbe ancora pi disgustoso. Un avvoltoio mi vol sopra la testa, lasciando una scia maleodorante dietro di s. Sapevo che i miei progenitori aztechi consideravano sacri questi animali, ma certamente non dovevano aver sentito l'odore di quelli di Veracruz.

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Capitolo 93
Io e Luis decidemmo di alloggiare in una locanda, dove ci assegnarono due stanzette il cui unico arredo era una panca a uso letto. Non ci diedero altro che un lenzuolo a testa. Le stecche delle persiane riparavano dalla pioggia, ma non dalle zanzare e dal rumore della via. Luis, dopo aver ordinato una bottiglia di brandy, si mise a giocare a carte con altri avventori nel salone al pianterreno. Io, invece, decisi di fare una passeggiata. Ero felice di trovarmi di nuovo nella colonia e di calcare finalmente la terraferma. Sebbene l'estate fosse finita da tempo, la giornata era ancora riscaldata dall'aria tropicale afosa e umida. C'era un mercatino con le merci piazzate a terra sopra uno strato di coperte. Quasi tutti gli ambulanti erano peones che vendevano frutta, verdura, carne, pollame e pesce. I tagli di carne erano scarsi, non pi di qualche pezzo malconservato appeso a dei paletti ed essiccato senza sale. Frutta e verdura erano fibrose. Come mi aspettavo, invece, c'era pesce fresco di ogni qualit e in abbondanza. La citt contava sedicimila abitanti, e la piazza principale era identica a qualsiasi altra plaza mayor delle altre citt della colonia: su un lato gli edifici delle autorit, con il palazzo del governatore locale, e sul lato opposto la cattedrale. La maggior parte dei passaggi, riservati a chi cammina intorno alla piazza, erano forniti di tetti per riparare dal sole e dalla pioggia. Alcuni alberi fronzuti erano disposti lungo i marciapiedi, dove i passanti sostavano per fumare e chiacchierare. Oltrepassai gli edifici principali, compresa la cattedrale. Mentre mi avvicinavo al palazzo del governatore, fui tentato di chiedere alla guardia all'ingresso se Juan Rios e il suo amigo conte Luis apparivano sull'elenco stilato dal vicer dei desperados ricercati per delitti capitali, ma continuai per la mia strada. Oppresso dalla calura e dalle zanzare, decisi che avrei dovuto lasciare Veracruz il pi presto possibile per trovare Mara. Non avrei avuto requie finch non l'avessi trovata o scoperto cosa le fosse capitato. Se Madero o chiunque altro le avesse fatto del male gli avrei dato la caccia e l'avrei ucciso nel modo pi barbaro, seguendo le usanze dei miei
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antenati. Mi comprai un cavallo roano grande e robusto, due pistolas a pietra focaia di cui mi ripromisi di migliorare il meccanismo di sparo, un coltello con una lama da trenta centimetri e un'impugnatura di ottone che infilai in un fodero su un'anca, un machete, alcuni otri che riempii d'acqua, coperte, una sacca di tortillas, carne secca e pesci, quanto mi bastava per diversi giorni, e un cambio di vestiario decente. Avrei dovuto attraversare un deserto sabbioso e una palude fumigante, nel mio viaggio lungo le pianure costiere. Tuttavia non volevo avere l'aspetto di un mendicante, quando avrei raggiunto la plaza mayor della capitale. Dato che gli indios non potevano possedere armi, nascosi le pistole sotto i vestiti che indossavo e infilai il machete proprio dietro di me, sulla sella del cavallo. Mantenere la polvere da sparo sempre asciutta sarebbe stato un problema. Ricordavo sin da quando lavoravo da Felix che ci non era soltanto dovuto al clima umido di Veracruz, ma derivava anche dal fatto che le navi di passaggio vendevano polveri scadenti agli ignari commercianti del posto. Avevo fatto del mio meglio per saggiarla, ma l'unico modo per accertarmi della sua qualit era sottoporla a prove di tiro. Non avrei indossato i nuovi abiti prima di lasciare la citt. Mi faceva ancora comodo sembrare un umile pen. Durante le settimane passate a bordo avevo realizzato una pistola camuffata da bastone da passeggio, che avrebbe tratto in inganno qualsiasi aggressore con conseguenze fatali. Decisi di farne omaggio al marchese di Bargas, altrimenti noto come Luis, l'Imbroglione e Seduttore di ricche vedove e il Principe delle carte del demonio. S, Luis non era pi un conte, ma si era concesso un titolo pi elevato non appena mise piede a terra. Un marchese era appena un gradino al di sotto di un duca. Speravo che non aspirasse al livello pi alto della scala gerarchica. L'intera colonia non ospitava neppure un duca, e l'improvvisa apparizione di un nobiluomo di tale lignaggio avrebbe causato troppa agitazione. La scelta di Bargas per il proprio marchesato era quanto mai appropriata. Mi disse che era una citt al centro della Spagna dove un tempo era stato in prigione per ubriachezza e condotta immorale. Il mattino successivo, prima dell'alba, per accomiatarmi svegliai Luis e la puta con cui aveva dormito. Aveva avuto una rara serata fortunata e
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aveva trovato anche una bella donna (sebbene non ancora vedova) che lo aveva ricompensato per averle letto i tarocchi. Mi assicur che ci saremmo rivisti nella capitale, oppure mi avrebbe ritrovato sulla Via della Porcellana, quando la sua fortuna fosse finita. Gli risposi che ci saremmo incontrati all'inferno, quando fosse finita anche la mia. Stavo scendendo le scale verso l'atrio della locanda, quando un ispanico vestito da mercante mi urt con la sua borsa da viaggio per farsi largo. Non disse una parola: si limit a darmi un colpo come se fossi stato un cane che ingombrava il passaggio. Sua moglie, che lo seguiva, mi lanci un'occhiataccia e io me ne andai di fretta. Inconsciamente avevo cercato la pistola sotto il soprabito. Ero stato trattato come un principe da un sultano, ero sopravvissuto ai cannibali, ai pirati e a una guerra. Avevo navigato sul mare pi grande ed esteso della terra, attraversato l'intero pianeta... e ora un gachupn di infimo rango, che non poteva permettersi neppure i servigi di un servo, si era permesso di calpestare il mio orgoglio. Ma io ero un uomo, non un verme. Mentre procedevo verso la stalla per ritirare il cavallo, feci una promessa a me stesso: non avrei pi recitato la parte del pen. E avrei ucciso chiunque avesse osato trattarmi come tale.

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Capitolo 94
Dopo aver percorso cento chilometri, superando le dune costiere e il pianoro sabbioso, giunsi a Jalapa, tra i monti. Un viaggio che richiedeva tre o quattro giorni di cammino, normalmente, e che quasi nessuno intraprendeva da solo. La regione sabbiosa e paludosa aveva i suoi pericoli: serpenti, febbre e il vomito nero erano solo i pi famigerati. Sulla stretta strada che si snodava tra le montagne il cammino si faceva ancora pi insidioso, specialmente quando erano in agguato gli animali pi infidi... quelli con due gambe, ossia i ribelli ridotti alla fame e i peggiori bandidos. La maggior parte dei viaggiatori non faceva quel percorso a cavallo, ma seduti su una portantina sostenuta da pali appesi tra due muli. Dato che ogni due o tre giorni dalla citt partivano lunghe carovane di muli, i viandanti spesso vi si accodavano. Talvolta venivano usate anche carrozze, ma non si poteva mai essere sicuri che la strada fosse sgombra da macigni caduti o che alcuni tratti non fossero allagati a causa di uno dei frequenti nubifragi. Non volevo rallentare unendomi a una carovana di muli, e del resto non ero dell'umore adatto per viaggiare in compagnia. Il rude ispanico mi aveva fatto arrabbiare, di una rabbia che temevo si rivelasse nel momento meno opportuno. Sapevo di dover mantenere i nervi saldi; la mia missione era trovare Mara, e dai discorsi fatti in una pulquera avevo avuto la conferma del peggiore dei miei sospetti: il colonnello Madero era ancora a capo della Polizia segreta del vicer, ed era ancora noto con il soprannome di El Toro, un toro implacabile che perseverava nel puntare alla parte molle del ventre delle sue prede. Lasciai Veracruz alle prime luci dell'alba. Sulla strada incontrai un gruppo di passeggeri della nave, che avevano noleggiato dei conducenti di muli i quali li avrebbero portati verso le montagne a bordo di portantine, mentre i servitori camminavano a piedi al loro fianco. Mi allontanai in fretta e li sopravanzai, mangiando in sella e fermandomi solo per cambiare velocemente il mio abito da pen con i nuovi vestiti. Non ero ansioso di precederli a Jalapa, quanto di attraversare quel terreno infernale. La tierra caliente lungo la costa orientale offriva un paesaggio
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monotono: sabbia e zone lacustri paludose. Cavalcai per un'ora tra le sabbie di un deserto lungo la costa, prima di imbattermi in un po' di rada vegetazione. Gli unici segni di vita che vedevo erano vite finite: scheletri di cavalli e muli cotti dal sole nel punto in cui erano caduti. A circa cinque chilometri fuori citt attraversai un ponte sul Vera Aqua e mi diressi verso l'interno, inoltrandomi in un altro deserto costiero tra l'afa soffocante e la polvere che, sollevata da un vento torrido, mi accecava. Abbassai il capo, riparandolo dal sole sotto il cappello, e conservai l'acqua per darla al cavallo, deciso com'ero ad attraversare questa landa desolata il pi velocemente possibile.

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Capitolo 95
La vegetazione inizi a comparire sulle pendici delle colline nel punto in cui la strada si inoltrava verso i monti, insieme ai segni della civilt: qualche piccolo villaggio sparso di una decina di capanne, con donne indios dai lunghi capelli neri e bambini seminudi che sbirciavano dagli usci. Decisi di accamparmi, anzich cercare una locanda; in realt erano poco pi di stalle dove la gente dormiva per terra insieme agli animali. Non m'importava avere un tetto sopra la testa. Durante la cavalcata mi ero esercitato a sparare, abituandomi al funzionamento delle pistole ed effettuando piccole modifiche ove necessario. La mia valutazione della polvere da sparo era esatta, spesso i colpi andavano a vuoto. La polvere era stata lavorata da dilettanti che non l'avevano sgranata, rimescolata e ravvivata adeguatamente, e non avevo con me n le attrezzature n gli ingredienti necessari per sgranarla e renderla efficiente come avrebbe dovuto essere. Sotto il lungo Puente del Rey, il Ponte del re, scorreva un torrente tumultuoso proveniente da una profonda gola. Maestosi dirupi fiancheggiavano il ponte e la gola. Sulla vetta di un dirupo, la Corona aveva fatto erigere una postazione di artiglieria. I cannoni erano sorvegliati da sentinelle della Regia Milizia armate di moschetti. Il ponte, prima della ripresa del controllo da parte della milizia, era stato per un certo tempo in mano al guerrigliero Guadalupe Victoria, il quale aveva finanziato le sue forze imponendo un pedaggio ai viandanti e ai conducenti delle carovane di muli. Mi immersi nel torrente per lavarmi nelle sue acque fresche e pulite. In questo punto la strada per Jalapa diveniva pi agevole, abbastanza larga e piatta per consentire il transito delle carrozze. Poco dopo arrivai a un ponte pi piccolo di quello del re, il Puente de la Reina. Il Ponte della regina non era altrettanto importante di quello del re: non c'era nessuna guardia a difenderlo. Mentre mi accingevo ad attraversarlo, udii alcuni colpi di arma da fuoco provenire da non troppo lontano. Spronai il cavallo al galoppo, svoltai a una curva e riuscii a vedere coi miei occhi ci che succedeva nel tratto di strada successivo.
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Sul ponte, cinque bandidos stavano attaccando una carrozza: due erano dalla parte da cui arrivavo io e tre all'altro capo. L'uomo pi vicino a me si era messo dietro la carrozza. Il suo compare era in piedi di fronte ai muli che la trainavano e stava puntando la pistola al conducente che sedeva a cassetta con le mani alzate. La guardia della carrozza era a faccia in gi. I briganti all'altra estremit del ponte stavano facendo rotolare un tronco d'albero sulla strada per impedire alla carrozza di allontanarsi. Era uno sforzo inutile. Non avevano ancora capito che la carrozza non era in grado di muoversi. Infatti, uno dei muli aveva una zampa sanguinante: il pastorale sembrava fratturato. L'occupante della carrozza - un aristocratico, a giudicare dall'abito salt fuori armato di spada e pistola, pronto a dar battaglia. Un hombre coraggioso. Non potevo lasciare che quei masnadieri uccidessero un uomo deciso a combattere contro cinque desperados per impedire che si impadronissero della sua borsa di dinero o che lo prendessero in ostaggio per chiedere un riscatto. Estratta una pistola, spronai il cavallo e lanciai un grido di guerra per attirare l'attenzione dei rapinatori e distoglierli dall'uomo che brandiva la spada. Con il cavallo al galoppo e le redini tra i denti, impugnai la seconda pistola. Mirai all'uomo pi vicino, l'unico che mi parve in grado di spararmi. Si gett da un lato mentre tiravo il grilletto, ma feci cilecca. Diavolo! Il miglior tiratore del mondo con una pistola che non aveva sparato per l'umidit della polvere. Lasciai cadere l'arma da fuoco e tirai fuori il machete. Rannicchiandomi sulla sella, caricai l'uomo che avevo gi preso di mira. Alzandosi in piedi, lasci partire un colpo di pistola, senza effetto. Si volt per scappare e io mi issai sulla sella e roteai il machete. La lama lo colp alla nuca. La testa ciondol all'indietro, anche se il corpo era ancora eretto. Feci girare il cavallo a destra della carrozza, per non espormi al tiro del secondo uomo. Affiancandomi ai muli, mi alzai in piedi sulla sella e sparai. La pallottola colp il bandido in pieno petto. Il moschetto del cocchiere era ancora rinfoderato vicino alla cassetta. Mi fiss a bocca aperta, mentre mi avvicinavo a cavallo alla carrozza per afferrare l'arma. Pregando che la polvere fosse asciutta, spronai ancora una volta il cavallo e caricai i tre uomini dall'altra parte del ponte. Erano rimasti immobili. Dai loro sguardi fissi, capii che stavano esitando, forse
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incerti sulla prossima mossa, dato che non potevano sapere se fossi solo. Li aiutai a prendere una decisione: sparai col moschetto e la pallottola centr il bersaglio, spedendo un altro bandido al suo creatore. Agli altri due spar di colpo ogni entusiasmo per rapinare e uccidere, quindi raggiunsero in fretta i cavalli. Girando il mio, ritornai alla carrozza. L'aristocratico mi fece il saluto militare con la spada. Seor, ho nei vostri confronti il maggior debito che possa esistere tra due uomini: vi devo la vita. Mentre lo osservavo meglio, mi misi una mano sulla guancia per sentire la cicatrice. Ne era passato di tempo, dall'ultimo nostro incontro; quasi dieci anni prima era stato lui a causarmi quella cicatrice, dopo aver fatto impiccare i miei zii.

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Capitolo 96
Colonnello Agustn Iturbide si present. Un colonnello della Regia Milizia. In congedo, come mi disse. Un altro criollo ricco e aristocratico in et avanzata cui non restava altro da fare che contare il denaro che possedeva e i suoi capi di bestiame, tra cui anche quelli a due gambe... Aveva fatto fortuna. Non era pi un giovane capitano della milizia destinato a dar la caccia e a punire i ribelli dopo il fallimento della grande insurrezione di Hidalgo. Ma sembrava troppo giovane per essersi ritirato dal servizio; infatti, non dimostrava neppure quarant'anni. E non aveva neppure l'aspetto di uno hacendado dall'appetito insaziabile, che ingrassava e si impigriva col passar dei giorni come i manzi di cui si nutriva. Mi sembrava in eccellente forma fisica. Siete un tiratore eccezionale, amigo. Ora ci trovavamo nella carrozza. Il mio cavallo era entrato a far parte degli animali da tiro, rimpiazzando il mulo, che nel frattempo era morto. Scossi il capo e mi lagnai della mancanza di polvere da sparo decente a Veracruz. A Veracruz fa troppo caldo e l'aria troppo umida. Ammuffiscono e arrugginiscono persino le persone. Ma i due colpi che avete sparato, uno con la pistola e l'altro col moschetto, hanno centrato il bersaglio. Per di pi, da un cavallo lanciato al galoppo. Seor, se avessi avuto una dozzina di uomini come voi nel mio reggimento, in un anno avrei saputo domare l'insurrezione disse lui. stata pura fortuna. No, amigo, per un colpo forse s, ma due colpi a segno sono un miracolo oppure siete un tiratore davvero esperto... e non credo che Dio mi abbia abbastanza a cuore da sprecare un prezioso miracolo per salvarmi la vita. Iturbide era alto, circa un metro e ottanta, un uomo di bell'aspetto dai capelli scuri e gli occhi grigi, che dava l'impressione di essere abituato a comandare. Aveva la stessa carnagione rosea che avevo visto in un passeggero tedesco a bordo della nave che mi aveva riportato nella colonia.
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Inoltre, era un uomo che sapeva essere, a seconda delle circostanze, affabile o crudele. Non disse nulla al conducente che si era arreso senza combattere, ma intuivo dalle occhiate che gli lanciava che, quando non ci sarebbe stato pi bisogno di lui, lo avrebbe fatto punire duramente. Il suo compagno, invece, aveva mostrato coraggio; il suo corpo era stato assicurato con una cinghia al tetto della carrozza. Non aveva dato segno di riconoscermi, ma questo non mi sorprendeva affatto. Non ero pi il ragazzo indio macilento, e tuttavia molti ispanici non distinguevano un indio da un altro... pensavano che ci assomigliassimo tutti, come i buoi delle loro mandrie. Aveva dato il colpo di grazia al mulo azzoppato, abbandonandone il corpo sul ponte. Lasciamo che lo porti via l'esercito disse Iturbide. Il ponte sarebbe dovuto essere presidiato. Probabilmente i soldati hanno abbandonato i loro posti, con le tasche piene di mordida dei banditi. Mi disse che dietro l'attacco secondo lui c'era Guadalupe Victoria in persona. Quel demonio dovrebbe essere morto, ma ha pi vite di un gatto. Dubitavo fosse opera del capo guerrigliero, ma non manifestai la mia opinione. I bandidos e i ribelli tendevano spesso imboscate presso i ponti. Se avessi immaginato che gli assalitori fossero in realt dei rivoltosi, avrei esitato a ucciderli. A ogni modo, i termini ribelle e bandito per Iturbide erano sinonimi. Mi offrii di prendere il posto del soldato morto a fianco del conducente, ma Iturbide insistette che prendessi posto in carrozza accanto a lui. Il resto della strada sicuro disse. Gli raccontai che in precedenza avevo lavorato come contabile per un mercante che era deceduto a causa del vomito nero mentre eravamo in viaggio da Veracruz. Iturbide mi trattava da pari a pari, ma ci era dovuto alla gratitudine che provava per me per averlo salvato. L'indomani, se ci fossimo incontrati per strada, probabilmente mi avrebbe degnato solo di uno sguardo fugace e si sarebbe chiesto dove mi aveva visto. il sangue a render salda la vostra mira, seor mi disse. Io credo che il vostro sangue sia puro. E questo conferma ci che noi tutti sappiamo, cio che il sangue che fa la differenza. La purezza del sangue era qualcosa in cui voleva credere a tutti i costi. Gli ispanici erano fanatici nel giudicare il sangue di un loro compatriota,
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convinti com'erano che il sangue puro fosse superiore a quello misto, e la purezza del loro sangue era assoluta. Ero sorpreso che si mettesse a parlare di razze. Sapeva bene che un indio non poteva possedere armi da fuoco, a meno che non le portasse per difendere un padrone spagnolo. I meticci, d'altra parte, non subivano queste limitazioni. Iturbide mi invit a prender parte a un ricevimento in suo onore in una hacienda di Jalapa. Desidero che i miei amici conoscano il mio nuovo amigo. Declinai, adducendo la scusa di dover sbrigare importanti affari nella capitale. La mia sensazione era che l'ispanico volesse portarmi con s per fare sfoggio della mia persona, come se fossi stato uno stallone di razza il cui lignaggio risalisse all'epoca dei conquistadores. Senza dubbio, ero il nuovo acquisto del Grande Criollo, almeno ai suoi occhi. Iturbide si sporse verso di me e mi parl con sincerit: Joaqun, so a cosa stai pensando... apparteniamo a due mondi diversi. Ma gli uomini come noi hanno qualcosa in comune: il campo di battaglia. E l ci siamo incontrati non come nemici, ma come compadres. Ti devo davvero molto. Dimmi... cosa posso fare per te? Non per ripagarti: potrei farlo solo salvandoti a mia volta la vita. Non potevo certo chiedergli di aiutarmi a trovare Mara. Una simile richiesta avrebbe implicato molte spiegazioni su chi fosse lei... e su chi fossi io in realt. Sono a posto dissi, ma vi ringrazio. Sei un uomo ricco? Niente affatto. Ma ho qualche moneta in tasca. Non accetter una ricompensa in denaro, se questo che intendete offrirmi. Voglio ricompensarti, ma hai dinero a sufficienza. Non ti insulter offrendoti dell'oro. Ma c' qualcos'altro che posso offrirti che durer molto pi a lungo delle monete che tintinnano nella tua tasca. Un reddito stabile. Lavorare per voi? chiesi. Lavorare per te stesso. Sei un tiratore formidabile. un talento raro e ti pu far guadagnare parecchio. La capitale piena di uomini ricchi che considerano la propria dimestichezza con le armi da fuoco come una prova di virilit. Potresti fare un mucchio di soldi insegnando loro a sparare. A
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meno che tu non possieda una miniera d'argento, faresti bene ad accettare questa opportunit. Sarebbero oltremodo lieti di ricevere lezioni da un indio. Perch? Iturbide fece un largo sorriso. Uno strano tipo di orgoglio. Si risentirebbero se uno spagnolo fosse molto pi bravo di loro a sparare. Ma non un indio inferiore. Una forma piuttosto contorta di orgoglio. L'idea non mi dispiaceva affatto. Non che m'importasse dei ricchi ispanici, ma non sapevo cosa mi aspettava nella capitale o cosa avrei dovuto fare per trovare Mara. Iturbide era un uomo molto in vista e sarebbe stato saggio mantenermi in contatto con lui. Per quel che ne sapevo, Mara avrebbe potuto trovarsi gi a marcire in una delle prigioni sotterranee del vicer. In questo caso, Iturbide e la sua cerchia di amici influenti avrebbero potuto aiutarmi a liberarla. Lo stesso valeva anche per me. Non sapevo se c'era un boia che mi aspettava da qualche parte seduto su una sedia e con un cappio in mano. Avrei avuto una storia di copertura per la mia presenza in citt. Tu mi capisci disse Iturbide, una scusa per tenerti per me. In realt non voglio condividerti con i miei amici, ma lo far solo per riempirti le tasche di dinero... se mi prometterai di mantener segreto qualcuno dei tuoi metodi e rivelarlo solo a me. Risi e scherzai con quell'uomo cos affabile, bevvi qualche bicchiere di buon brandy e fumai sigari cubani, senza mai scordare per il modo assolutamente disinvolto con cui mi aveva frustato la guancia e impiccato i miei zii... per poi vendermi come schiavo. In breve, non mi fidai di lui nemmeno per un attimo. Mi domandavo cosa volesse veramente da me.

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Capitolo 97
Jalapa Iturbide acquist un mulo da un ranchero per rimpiazzare il mio cavallo, dopo di che ci separammo. Intendeva fare una deviazione dalla strada principale per raggiungere la hacienda di un suo amico, mentre io avrei proseguito in direzione di Jalapa, e da l avrei raggiunto la capitale. Quando ci congedammo, lui mi guard a lungo, e io mi chiesi se qualche tratto del mio aspetto non avesse risvegliato nella sua mente il ricordo di un ragazzo cui aveva sfregiato il viso, ma non disse nulla. Decisi che non era altro che lo sguardo di un ricco ispanico che stava valutando il toro che intendeva comprare. Nonostante la mia ostilit verso gli spagnoli che rifiutavano di condividere il controllo politico e le risorse economiche della colonia, dovetti ammettere che ammiravo molto quell'uomo. Era dotato sia di fascino personale sia di doti virili, tuttavia mi imposi di rammentare che era famoso per la sua brutalit e perch giustiziava sommariamente i rivoltosi. Sebbene si mostrasse cortese e grato, Iturbide considerava se stesso un aristocratico, mentre io per lui rimanevo solo e soltanto un pen. Da fervido sostenitore del governo oppressore e della Chiesa ultraconservatrice, non avrebbe esitato un attimo a farmi arrestare e punire, se avesse pensato che io rappresentassi una minaccia per i suoi simili. La strada che portava in citt era in buono stato, fiancheggiata da filari d'alberi dal folto fogliame e fitti arbusti. Mi fermai sulla cima di un colle a osservare Jalapa in lontananza. Era una citt pittoresca, posta a ridosso di imponenti montagne di origine vulcanica, il Perote e l'Orizaba e altre. Come a Veracruz e in molte cittadine della colonia, le case erano a due o tre piani, in tipico stile ispanico con cortili racchiusi tra le mura di cinta, ma al contrario di Veracruz qui i tetti non erano piatti bens inclinati e provvisti di tegole. Fresca e accogliente, dopo la calura torrida e le zanzare di Veracruz Jalapa si trovava a pi di millecinquecento metri sul livello del mare. Alloggiai in una locanda, un'altra stanza quasi vuota, giusto un tavolino
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e una panca come letto, ma mi ritenni fortunato. La citt era invasa da visitatori per la fiera commerciale che si teneva ogni anno. In questo periodo la popolazione di tredicimila abitanti raddoppiava. Feci lavare i miei vestiti sporchi in una vastissima lavanderia: ben 144 lavandaie, impegnate soprattutto a lavare abiti provenienti da Veracruz. Ogni lavandaia poteva disporre di un afflusso d'acqua costante convogliata da tubazioni in un lavatoio di pietra. Accanto al lavatoio c'era una lastra di pietra dove i panni venivano lavati. Alla fine, le lavandaie strofinavano la biancheria lavata con un limone. Il mattino seguente, prima di lasciare la citt, mi fermai per una rasatura e un taglio di capelli. In realt, volevo qualcosa di pi. I barbieri erano ottime fonti di pettegolezzi, e questo in particolare si dimostr eccezionale. Il colonnello Iturbide un eroe molto ammirato mi disse, ma si vocifera che sia stato costretto a un congedo precoce dalla Regia Milizia a causa dell'appropriazione indebita di fondi, somme di denaro estorte ai mercanti. Congedo forzato? Problemi di soldi? Cosa fa un eroe privato del comando?

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Capitolo 98
La vita di Agustn Iturbide era arrivata a un crocevia. E un tentativo di derubarlo e assassinarlo lo aveva indotto a prendere una decisione nella quale l'indio dalla sorprendente abilit di tiratore avrebbe giocato la sua parte. Al contrario della maggior parte dei criollos benestanti, non aveva sprecato tempo in inutili eventi mondani e partite di caccia. Aveva guidato unit combattenti contro gli insorti, e aveva anche rifiutato il grado di generale offertogli dai ribelli. Da soldato e cacciatore qual era, apprezzava le capacit di Joaqun nel maneggiare le armi. E sapeva anche che l'identit di quest'ultimo non poteva essere vera, un contabile per conto di un mercante. La storia era una menzogna, ma al colonnello non importava. Credeva che l'uomo che si faceva chiamare Joaqun avesse i suoi motivi per celare chi veramente era, e che il tiratore scelto fosse in realt un ribelle. Iturbide era conscio dei suoi punti forti e di quelli deboli, e la sua pi grande forza era al contempo la pi vulnerabile delle sue debolezze: la sfrenata ambizione. Era intimamente convinto del proprio destino. Come gli altri criollos, provava risentimento verso i gachupnes. E ne aveva ben donde. Nonostante la sua famiglia rivendicasse la pureza de sangre, si era sempre sentito ripetere che nelle vene dei suoi antenati scorreva sangue indio, e correva voce che sua madre fosse una meticcia. La famiglia aveva sempre fermamente negato queste dicerie, ma, al contrario del padre, la madre di Iturbide era nativa della colonia, e questo alimentava le maldicenze. Adesso aveva trentasette anni e non poteva pi permettersi di aspettare che il Caso e la Fortuna ascoltassero le sue preghiere. Doveva fare qualcosa di grande, anche un tentativo disperato, per impedire che la sua vita scivolasse nell'oblio. Le gesta di Hernn Corts, il conquistatore dell'Impero azteco, e di Francisco Pizarro, il conquistatore dell'Impero inca, gli erano di esempio. Corts aveva preferito bruciare le sue navi pur di conquistare gli imperi degli indios, e con meno di seicento uomini sottomise una nazione di venticinque milioni di abitanti. La sua cattura di Montezuma, dopo essere
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entrato nella citt dell'imperatore sotto le mentite spoglie di un uomo di pace, era stata una manovra militare brillante e intrepida. Pizarro emul i metodi del suo predecessore dodici anni dopo, quando invase il Per e si ingegn per tendere una trappola all'imperatore inca, Atahualpa. Mentre Atahualpa si trovava nella piccola citt termale di Cajamarca nel 1532, Francisco Pizarro fece il suo ingresso in citt alla testa di 180 uomini e invit l'imperatore a un banchetto in suo onore. Atahualpa accett e arriv nella localit prevista per l'incontro con un seguito di svariate migliaia di servitori disarmati, finendo nell'imboscata preparata da Pizarro. Quando Atahualpa rifiut di accettare la fede cristiana e la sovranit di Carlo V di Spagna, Pizarro diede il segnale di attacco ai suoi uomini. Spararono con cannoni e moschetti sugli indios disarmati e li caricarono con la cavalleria. Le strane armi mortali e rumorose e le bestie a quattro zampe lanciate al galoppo terrorizzarono i nativi che, presi dal panico, fuggirono via. Il contingente di Pizarro cattur Atahualpa e massacr migliaia dei suoi uomini. L'imperatore inca si offr di riempire d'oro una stanza in pagamento del suo riscatto. Pizarro accett l'offerta e gli incas portarono statue d'oro e argento, gioielli e oggetti d'arte provenienti da tutto l'impero. Pizarro costrinse gli indios a fondere queste ricchezze in lingotti, riuscendo ad accumulare ventiquattro tonnellate di oro e argento, il riscatto pi imponente mai pagato. Una volta ottenuto il quantitativo voluto, ordin che Atahualpa venisse messo al rogo in quanto pagano. Quando l'imperatore venne legato al cumulo di legna, un prete propose di garrottarlo se si fosse convertito al cristianesimo. Atahualpa decise di convertirsi e fu giustiziato mediante garrota; una morte meno dolorosa. Questo evento segn la fine della civilt inca. Iturbide sapeva di essere nato lo stesso anno - il 1783 - di Simn Bolvar, il Libertador della regione settentrionale del Sudamerica. Le sue origini benestanti di criollo erano analoghe a quelle di Bolvar. Gli Iturbide erano nobili di basso lignaggio della regione basca di Navarra in Spagna. Agustn era orgoglioso del fatto che il padre, Jos Joaqun de Iturbide, fosse nativo della zona montagnosa di Navarra; il vanto della regione la battaglia di Roncisvalle, in cui i baschi annientarono la retroguardia dell'esercito dei franchi. La leggenda epica
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dell'eroico Orlando immortal quel fatto d'armi. Il padre di Agustn arriv nella colonia e si insedi a Valladolid, acquist una hacienda e divenne assessore comunale. Agustn frequent il seminario teologico locale e impar un po' di latino. Nel 1797, quattordicenne, fu nominato sottotenente della milizia provinciale, che formava un reggimento di fanteria di ottocento uomini. Ottenne quel grado in et cos giovane poich proveniva da una famiglia criolla benestante e aristocratica. Il reggimento poteva contare su qualche soldato di professione, mentre i criollos venivano assoldati solo per il periodo di ferma di un anno. Spos Ana de Huarte y Muiz, figlia diciannovenne di un governatore della provincia. Non era solo una bella ragazza, ma anche l'unica erede del padre, che port in dote gioielli preziosi. Di tanto in tanto, il munifico suocero regalava del denaro alla coppia. Subito dopo il matrimonio, Iturbide comper la hacienda di San Jos de Apeo a Maravato nella provincia di Valladolid. La pag centomila pesos; il suocero e la dote ne agevolarono l'acquisto. Nel biennio 1808-1809, in quella che in seguito prese il nome di Cospirazione di Valladolid, alcuni giovani ufficiali della milizia complottarono per fare una ribellione insieme ad altri membri della comunit locale. I cospiratori furono arrestati dopo che un criollo con il quale erano in contatto aveva passato informazioni al comandante sul loro conto. Secondo l'opinione generale, la spia fu Iturbide. In seguito, lui afferm di aver arrestato personalmente uno dei partecipanti al complotto. Quale figlio del proprietario di una hacienda prospera, e a sua volta titolare di una propriet, nonch genero di un importante e ricco governatore gachupn, oltre a essere il prodotto di un'istruzione cattolica, il suo istinto naturale lo induceva a preservare tutte queste tradizioni. Lungi dall'essere un fanatico della politica o un libertario, non intendeva affatto condividere ideali rivoluzionari il cui obiettivo era sbarazzarsi della societ di cui egli stesso faceva parte. Iturbide ingaggi contro i ribelli una lotta senza quartiere. Quando cattur un capo rivoluzionario noto con il soprannome di El Manco, a causa della mano sinistra menomata, lo fece fucilare e squartare, poi ordin che la testa venisse appesa alle porte di una citt e che la mano
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deforme fosse portata in giro in altre cittadine del circondario per essere esibita come macabro trofeo. Sparse il terrore tra la popolazione con la pratica della giustizia sommaria e delle esecuzioni immediate. Quando conquistava una postazione di ribelli, spesso li faceva passare per le armi sul posto. Sconfisse Morelos nel 1813 nella battaglia di Valladolid, anche se il prete avrebbe continuato a condurre l'insurrezione per altri due anni. L'ufficiale criollo mostr la sua spietatezza anche nei confronti delle donne ribelli. Non ascolt nemmeno un ufficiale che chiedeva di risparmiare la vita di una donna, e gli impart la lezione che in tempo di guerra i nobili sentimenti devono essere sempre sacrificati in nome del duro dovere di soldati fucilando una bellissima donna dei ribelli, Dona Mara Tomasa Estvez, oltre a molte altre. La cattura e l'esecuzione di El Manco gli fece acquisire prestigio e rafforz la sua convinzione di essere un uomo destinato a grandi gesta. Entro il 1816, promosso al grado di colonnello e molto ammirato, venne nominato comandante dell'Esercito del Nord della milizia, nella provincia ricca di miniere d'argento di Guanajuato. Ma scoppi uno scandalo quando fu accusato dal parroco di una cattedrale locale, un uomo che lo aveva sempre odiato sin dai tempi del seminario, di aver commesso reati patrimoniali, aver dato alle fiamme haciendas, dopo aver sequestrato il bestiame per venderlo, di essersi servito delle sue truppe per far trasportare la propria merce e aver usato violenza sui prigionieri, donne comprese. Il vicer lo scagion dalle accuse, ma lo costrinse al congedo anticipato. Dopo aver perso i favori del vicer, dilapid una parte considerevole delle sue ricchezze dandosi alla bella vita e al gioco d'azzardo. Era il 1820 e gran parte del Nuovo Mondo era attraversata dalla febbre della rivoluzione, che fermentava in met del continente e faceva progressi nell'altra met. Quegli anni tempestosi ma densi di opportunit avevano visto l'inizio delle sfolgoranti carriere di Napoleone Bonaparte e di Simn Bolvar. Adesso l'occasione propizia stava bussando alla sua porta. Dieci anni di insurrezioni continue erano costati molto ai comandanti spagnoli che ricoprivano i gradi pi elevati della casta degli ufficiali. La loro riluttanza a combattere aumentava, anche se adesso i ribelli controllavano le zone della tierra caliente, sia nella regione di Veracruz sia
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in quella di Acapulco. Lottare contro un nemico che un minuto prima imbracciava un fucile e un minuto dopo arava un campo e che spariva a suo piacimento tra la giungla aveva finito per scoraggiare le alte sfere dell'esercito. Per non parlare della vita tra la calura, le zanzare e la febbre. Erano i gachupnes, di solito, ad assicurarsi i migliori posti di comando, ed erano stati appunto loro, offesi per essere agli ordini di un criollo, a porre fine alla carriera di Iturbide, a Guanajuato. Adesso il conte Venadito, il vicer, gli aveva per offerto il comando dell'Esercito del Sud. Ma Iturbide sapeva che non lo aspettava alcuna gloria nel suo nuovo incarico. La situazione di stallo si sarebbe protratta: una lotta contro un animale che non poteva vincere ma neppure essere sconfitto non era certo un motivo di vanto, n costituiva un avanzamento di carriera. La zona di competenza si estendeva dalla citt mineraria di Taxco, a circa tre giorni di viaggio dalla capitale, fino al porto di Acapulco, per raggiungere il quale occorreva pi di una settimana. Il terreno, che si estendeva tra montagne e giungla, era aspro e duro. Inoltre quel territorio era devastato da continue incursioni di guerriglieri, oltre che da malattie come la dissenteria e le febbri violente, la calura opprimente, gli acquazzoni torrenziali e il pessimo cibo... ma il maggior svantaggio era l'assenza di imprese gloriose. Gli ufficiali gachupnes avevano tutti rifiutato le sue proposte, adducendo motivi di malattia o problemi famigliari, e persino l'indigenza economica. Nessuno voleva un comando che non prometteva altro che azioni di contenimento. Dopo aver consumato ci che rimaneva della sua reputazione e ricchezza in seguito a un'operazione militare fine a se stessa... cosa lo aspettava? Ritirarsi nella sua hacienda a respingere gli assalti dei creditori e darsi all'alcol fino alla fine dei suoi giorni? No, non avrebbe considerato l'offerta del vicer come la fine delle sue glorie militari, bens un'occasione da cogliere. Aveva un'idea per imprimere una svolta alla sua carriera, e l'improvvisa comparsa del tiratore scelto azteco lo aveva spinto in una precisa direzione. La sua passione si era riaccesa. Come Corts, avrebbe dato alle fiamme le navi.
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Capitolo 99
Avevo sentito innumerevoli storie sulla capitale e le sue meraviglie, non soltanto durante la mia vita in provincia al lago di Chapala, ma anche dai membri degli equipaggi e dai passeggeri delle navi che mi avevano riportato nella colonia, oltre che nel porto di Lisbona. La citt contava pi di centocinquantamila abitanti e il distretto circostante dieci volte tanto. Era il cuore pulsante e l'anima della colonia. Dai pi remoti deserti a nord fino alle giungle del Guatemala, non c'era questione politica e legale di una certa rilevanza che non ricadesse sotto il mandato della capitale. A duemilatrecento metri di altitudine sul livello del mare, la citt sorgeva tra le montagne nella parte sud della Valle del Messico. Due vulcani, l'Iztacchuatl e il Popocatpetl, entrambi alti pi di cinquemila metri, le facevano da sentinelle. Qui la distinzione tra le razze era ancora pi marcata che in qualsiasi altro luogo della colonia. Quale roccaforte del governo del re, la citt era la sede del vicer e dell'arcivescovado e tra la popolazione c'erano pi ispanici puri che nelle altre citt, e molti di loro erano gachupnes. Avevo necessit di trovare una locanda adatta per ospitare un povero pen come me, un luogo in cui avrei potuto mescolarmi con altri del mio sangue per non attirare l'attenzione. Iturbide mi aveva chiesto di informare i suoi servitori del mio recapito in citt, di modo che potesse organizzare una dimostrazione della mia abilit di tiratore a beneficio degli uomini pi facoltosi della capitale. Tuttavia ero contrario all'idea di rimanere nel raggio d'azione di Madera e delle sue spie. Avrei potuto benissimo passare per un pen qualsiasi, se non avessi avuto quella cicatrice sul viso, che avrebbe facilitato un'eventuale identificazione. Acconsentii comunque alla sua richiesta, sperando di poter stabilire contatti che mi avrebbero aiutato a localizzare Mara. Citt del Messico sorgeva sulle rovine di Tenochtitln, l'isola-capitale dei mexica-aztechi. I laghi della regione per met erano spariti: le acque attorno alla citt si erano ridotte a paludi soffocate dalla vegetazione e in cui si gettava di tutto. Restavano solo pochi canali, che rappresentavano le vie di comunicazione usate quotidianamente da centinaia di indios; per
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portare la propria merce nei mercati viaggiavano su canoe che spingevano con lunghi pali nei canali poco profondi. In mezzo a un flusso continuo di traffico commerciale attraversai la strada rialzata, facendomi largo a spallate tra muli stracarichi di mercanzie, greggi di pecore, bovini, e le bestie da soma a due gambe, ovvero gli indios che portavano pesanti fardelli sulla schiena, assicurati da fasce fittamente intrecciate di maguey tese attorno alla fronte. I soldati avevano innalzato e presidiavano barriere di controllo, ma ostentavano noia e disinteresse per le lunghe file di persone e merci in entrata. Per evitare di farmi notare, mi accodai a una mandria di vacche da latte, fingendo di essere il loro proprietario. Abbozzai una conversazione con un meticcio a cavallo, che era il vero mandriano, e mi disse che avrebbe dislocato le sue bestie in varie piazze della citt per vendere il latte fresco appena munto. Il cuore della citt, plaza mayor, faceva apparire minuscole tutte quelle che avevo visto fino a ora. Stimai che la piazza si estendesse per oltre duecento passi in ogni direzione. Il palazzo del vicer, gli edifici governativi e la grande cattedrale che delimitavano l'enorme piazzale erano pi grandi e maestosi di qualsiasi altra costruzione analoga della colonia. Al centro della piazza sorgeva un monumento equestre di Carlo IV Un magnifico omaggio al sovrano ottuso che aveva consegnato la Spagna nelle mani di Napoleone Bonaparte in cambio di una ricca ricompensa che non fu mai versata. La disposizione degli edifici e delle case attorno alla piazza e lungo le ampie vie diritte che si diramavano tutt'intorno era simile a quella che avevo gi visto nelle altre citt minori, ma qui, nella capitale, le strade erano molto pi larghe e le costruzioni erano di maggiori dimensioni e prestigio. Le abitazioni a due o tre piani spesso erano alte il doppio di quelle delle altre citt che conoscevo, costruite com'erano su livelli di cinque o sei metri di altezza. L'accesso al pianterreno era delimitato da cancelli alti circa nove metri. Senza poterli vedere, intuivo che i cortili interni dovevano ospitare bellissimi giardini e fontane. Sebbene in alcune citt situate a quell'altitutine d'inverno spesso nevicasse, la Valle del Messico godeva di un clima temperato durante tutto l'anno; una terra dove le condizioni climatiche erano perennemente primaverili, salvo qualche pausa piovosa quando l'aria era calda e umida.
Gary Jennings 305 2009 - Fuoco Azteco

La neve cadeva cos di rado che, come gi avevo visto a Veracruz, i tetti delle case erano piatti e abbelliti da rampicanti floreali che drappeggiavano i muri esterni. Le facciate erano dipinte a colori vivaci. Molti dei cancelli d'ingresso erano ornati da scritte riportanti versetti delle Sacre Scritture su Ges o sulla Vergine Mara. Una metropoli immensa e piena di vita, le cui vie pullulavano di africani, mulatti, meticci e indios, molti dei quali lavoravano come servi in quelle case maestose e alloggiavano sopra le stalle dei cavalli. I gentiluomini a cavallo erano provvisti di selle nere e solide, ornate da fregi d'argento e turchese. Questi cavalieri portavano stivali neri da equitazione alti fino alla coscia, con speroni muniti di rotelle lunghi dodici centimetri. Le donne elegantissime, a bordo di lussuose carrozze, si spostavano lungo le arterie della citt facendosi largo tra peones seminudi ricoperti solo da serapes che gli coprivano le spalle, mentre le mogli indossavano le lunghe sciarpe di lana chiamate rebozos. E dappertutto formicolava il sottoproletariato locale, con le sue orde di mendicanti, i famigerati lperos, persone vestite di una montagna di stracci le cui grida e i gemiti superavano in fragore uno sbarramento d'artiglieria. Trovai una stanzetta presso una locanda che serviva cibo ai peones. Il posto mi sembrava pi una stalla che un luogo adatto a ospitare esseri umani. La sera stessa, dai discorsi degli avventori di una pulquera, venni a conoscenza che la citt era un enorme ritrovo di scellerati giocatori d'azzardo. Una febbre che attanagliava uomini e donne, dal ricco al povero, dal prete al mendicante. Oltre alle innumerevoli case da gioco illegali, il vicer aveva concesso una regolare licenza a molte altre, e la Corona intascava una fetta dei profitti. Luis ne sar lieto, pensai. Fu l che iniziai a mettermi sulle tracce di Mara, non perch mi aspettassi di trovarla, ma perch Citt del Messico era il crocevia di tutte le notizie e le voci che circolavano, oltre che degli intrecci affaristici e politici. Cercai informazioni nell'unico modo che conoscevo, cio facendo domande e ascoltando i discorsi nelle pulqueras, avviando conversazioni casuali con i peones che si ritrovavano per bere e chiacchierare agli angoli delle strade. Non potevo fare il nome di Mara, ma mi informai a proposito delle donne dei ribelli e venni a sapere solo i nomi di quelle che erano gi
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state catturate e condannate a morte dalla polizia e dalle spie del vicer. Sapevo che avrei dovuto procedere, verso la Via della Porcellana, ma rimandai la mia partenza per diversi giorni, aspettando l'arrivo di Luis in citt. Eravamo rimasti d'accordo che ci saremmo presentati in plaza mayor tutti i giorni a mezzod fino a quando ci fossimo incontrati, ma finora non l'avevo mai visto. Era relativamente facile trovare pubblicazioni sia a sostegno sia in opposizione del governo, e da l part la mia ricerca di un libello particolare a firma di El Revolucionario, ma invano. Invece, trovai qualcosa di interessante su un altro libello, dove si diceva che gli insorti, che controllavano ancora un'isoletta sul lago di Chapala, venivano riforniti regolarmente dal leggendario fabbricante di munizioni, l'Alchimista. Lessi e rilessi quel libello. L'articolo era infarcito dal genere di pungenti pronunciamentos tanto cari a Mara. L'autore, o l'autrice, tuttavia, usava uno stile pi moderato... forse per evitare il patibolo del vicer o le prigioni sotterranee dell'Inquisizione. Nulla di tutto ci stava a significare che fosse stato redatto da Mara in persona. Chi lo aveva scritto poteva semplicemente aver subito l'influenza di lei. Per il pezzo riecheggiava in qualche modo il suo stile di scrittura d'un tempo. L'autore comunque avrebbe potuto studiare i suoi precedenti articoli e averne copiato lo stile, modificandolo a suo piacimento. L'autore si firmava El Pensador Mexicano. Il riferimento al Messico secondo me era collegato in qualche modo alla capitale, e ci mi fece sperare di poterlo scovare l. Gli autori di libelli non pubblicizzavano certo i loro spostamenti o la loro collocazione perch rischiavano di essere individuati e catturati. Girovagai nei dintorni per ben due nottate prima di trovare colui che si autoproclamava pensatore, un tizio dall'aria depressa che vendeva libelli all'angolo di una via; senza grandi risultati, a quanto pareva. Posso acquistare un articolo, seriori chiesi educatamente. Quell'essere dall'aria viscida spalanc gli occhi come se avessi messo in discussione la castit di sua madre. Le mie opere non sono destinate ai peones analfabeti che ci si pulirebbero il culo mi rispose. Si volt e si allontan in tutta fretta. Lo pedinai mantenendo una certa distanza attraverso la strada e poi lungo un'altra via, in attesa dell'occasione propizia. Ero certo che fosse
Gary Jennings 307 2009 - Fuoco Azteco

convinto che io non sapessi leggere e avrei usato il suo libello per la mia igiene personale, il che mi infastidiva molto. A quell'uomo non stavano certamente a cuore i diritti universali, ma solo il rafforzamento del potere dei criollos come lui. Forse operava per la ribellione sotto copertura? No... trattarmi come un cane gli era venuto troppo spontaneo. Dal suo atteggiamento dedussi che non poteva essere un sincero sostenitore del movimento che si batteva per i diritti dei peones. Lo seguii per una stradina scura e deserta su cui si affacciavano botteghe chiuse. Lo vidi salire su una scaletta a fianco di un magazzino che vendeva cibo e sementi, in cima alla quale intravidi una stanza. Non era un criollo con le tasche piene di dinero, pensai. La sua abitazione era poco pi che un alloggio sopra una stalla... Vidi accendersi la luce di una lampada a petrolio attraverso la finestra della stanza; salii piano la scala. Avrei dovuto trovare insolito che qualcuno non chiudesse a chiave la porta per la notte, ma in quel momento non mi importava affatto. Non intendevo bussare o entrare chiedendo il permesso. Avrei instaurato il mio rapporto con questo scribacchino di libelli su una base che mi avrebbe garantito la sua sincera e pi completa collaborazione. Sfondai, dunque, la porta con un calcio. L'uomo era in piedi vicino a un tavolo e stava tagliando una fetta di formaggio. Spalanc la bocca quando mi vide, lasciando cadere il coltello. Non uccidermi! Sospirai. Seor, ho alcune domande da farvi. Se risponderete, non vi taglier la testa. Altrimenti... Estrassi il coltello. Non ho soldi disse, tastandosi le tasche. Ecco tutto quello che ho. Qualche moneta di rame e un reale. Non voglio i vostri soldi. Mi mossi verso di lui, che indietreggi fino a rintanarsi in un angolo. Voglio risposte. Risposte a cosa? Presi il libello che avevo esaminato e glielo sventolai in faccia. Chi ha scritto questo articolo sull'insurrezione al lago di Chapala? Sono stato io. Gli diedi un calcio a un ginocchio con il tacco dello stivale. Piagnucol e inizi a cadere. Con uno strattone lo rimisi in piedi e gli puntai il coltello sotto il mento.
Gary Jennings 308 2009 - Fuoco Azteco

Ascoltatemi attentamente. Non intendo ripetermi. Ditemi da dove avete preso la storia del lago di Chapala. Da un libello che ho trovato. E il nome dell'autore? El Revolucionario. Quanto tempo fa stato scritto? Un mese, forse due, non ricordo. Inspirai e lo spinsi verso il tavolino, costringendolo a sedersi su una sedia. Mi appoggiai al tavolo e feci oscillare il coltello davanti a lui. Adesso, seor, ditemi dove posso trovare questo Revolucionario che ha scritto il libello. Non lo so, davvero, non lo so. Voi siete mandato dal vicer, non cos? Siete uno degli uomini di Madero. A voler essere sincero, non credo nemmeno a una di quelle sciocchezze sul lago di Chapala. Le ho solo citate per far vedere quanto stupido il... Zitto. Parlatemi del Revolucionario. Fece spallucce e alz le mani in alto. Non ne so nulla. un altro autore di libelli, come me, ma io sono leale al vicer... Mi guard fisso. Vi manda Madero? Ve lo chiedo per l'ultima volta, ditemi quello che sapete sul Revolucionario. Non so nulla, ma il nome e il suo pensiero politico sono da radicali. Ho saputo che il libello stato pubblicato dal movimento di Guerrero. Di fatto, quel... no, ridicolo. Cosa ridicolo? Gira voce che sia una donna, a scrivere e stampare quei libelli, ma inverosimile. Nessuna donna potrebbe scrivere cose del genere... naturalmente, voi mi capite, seor, l'intero libello una porcheria. Io ci sputerei sopra. Alzai le sopracciglia. Allora adesso io sarei un seriori Magari anche un patrn? Che cos'ero prima, quando mi insultaste per la strada? Prima non avevate un coltello in mano. Mi sporsi in avanti verso di lui. Non ho bisogno di un coltello per uccidere un insetto come te. Potrei schiacciarti sotto il tacco del mio stivale. Diedi un'occhiata alla stanza. Ovunque c'erano pile e pile di libelli. Possiedi altri libelli scritti dal Revolucionario? Riuscii a capire dal modo in cui mi guardava che si stava ricredendo
Gary Jennings 309 2009 - Fuoco Azteco

sulle mie amicizie politiche. Scosse il capo. Ne avevo un paio, ma li ho vendute. Hai venduto libelli di un altro autore? Sono stato costretto dalla fame. I miei scritti mi fruttano elogi ma poco dinero. Sospettai che anche gli elogi fossero scarni. Come ti chiami? gli chiesi. Seor Jos Joaqun Fernndez de Lizardi. Pronunci quel nome con orgoglio, come se stesse presentando una persona distinta. Socchiuse gli occhi. Non sei una spia di Madero, tu. Tutte le sue spie sanno chi sono io. Io sorrisi. Gli vendi informazioni? Fece un singulto. Sono stato arrestato molte volte. Sono anche stato nelle prigioni del vicer. Per cosa? Per aver rubato le parole dei veri rivoluzionari? Pen, io non sono tenuto a... Balzai verso di lui e gli infilai la punta della mia lama in mezzo alle gambe. Sai che cos' un eunuco? Un uomo castrato. Dimmi ancora una volta pen, verme immondo, e io ti taglio i cojones e te li ficco in gola. Quando indietreggiai di un passo, mi fiss sbalordito e si fece il segno della croce. Perch hai fatto una cosa del genere? domandai. Mi ricordi qualcuno che conoscevo. Un mal hombre. Un diavolo loco. Anche a lui veniva l'impulso di tagliare i cojones a un uomo. Sorrisi nuovamente. Bene. Ricordatelo quando risponderai alle mie domande. Dimmi ancora qualcosa sul Revolucionario. Quanto tempo passato dall'ultima volta che hai letto uno dei suoi libelli? Settimane. Ma questo il tempo che serve per riceverne copie qui dalla zona della Via della Porcellana. Perch sei cos interessato a questo libello? Mi ha calunniato. Voglio scoprire dove l'hanno stampato per fare una visitina al suo autore. Sar molto contrariato se non sar un uomo che potr castrare. Ah! Lo sapevo. Quello schifoso pezzente ha attaccato molti dei nostri cittadini migliori, anche i liberali come me. Ma io ho un piano per intrappolare lo scribacchino. Cosa intendi dire?
Gary Jennings 310 2009 - Fuoco Azteco

Lizardi si batt il capo. Questo tizio continua a spostarsi, e trasferisce la macchina tipografica da una localit all'altra, comprando la carta da diversi fornitori, e distribuisce i libelli in vari posti. Ma c' una cosa che serve a ogni tipografo della colonia che si pu ottenere solo da un fornitore. Sarebbe? L'inchiostro da stampa. Viene importato dalla Spagna e c' un monopolio regale, non solo per il ricavato dalla sua vendita, ma anche per sapere esattamente da chi viene usato. L'unico modo per averlo acquistarlo dal deposito reale qui in citt. Ho detto a mio cugino, che lavora per l'amministratore del dipartimento di Polizia del vicer, di rintracciare le spedizioni di inchiostro destinate alla zona degli insorti. Balz su dalla sedia e si mise a saltellare eccitato per la stanza. Capisci, non esistono pi di una dozzina di macchine da stampa in quella zona, e una di queste macchine non appartiene a una tipografia stabile perch il suo indirizzo cambia di continuo. Feci spallucce. E cos si scopre il nome della stamperia dei ribelli. Ma a cosa serve? L'ordine dell'inchiostro: lo acquistano dal magazzino reale e lo fanno spedire a un deposito nella regione della Via della Porcellana autorizzato a gestire le spedizioni. Agit l'indice. Quando il tipografo dei ribelli si presenter al deposito per ritirare l'inchiostro... Trover i poliziotti ad aspettarlo. S, esattamente. Un piano brillante, no? Sorrisi e annuii col capo, ma dentro di me avrei voluto sventrare il bastardo. Dove avverr l'imboscata? A Taxco, dove si trova una miniera d'argento. Taxco non era lontana dal luogo in cui fummo catturati io e Luis e dove vidi Mara per l'ultima volta. Di valore inestimabile per il vicer per la sua abbondanza di argento, era sotto il controllo reale sebbene le forze della guerriglia sciamassero nelle zone rurali circostanti. Quando hai messo a parte di questa cospirazione tuo cugino? Giusto una settimana fa. Si attende da un giorno all'altro una spedizione di inchiostro proveniente dal porto di Veracruz, quindi il prossimo invio per Taxco dovrebbe partire dalla capitale nei prossimi tre o quattro giorni. Tempo un'altra settimana e gli uomini del vicer avranno nelle loro mani il pi importante autore di libelli dei rivoltosi e io avr la ricompensa che mi
Gary Jennings 311 2009 - Fuoco Azteco

spetta. Fui tentato di dargli subito un altro tipo di ricompensa, ma mantenni la calma e me ne andai. Se avessi pensato che sarebbe servito a qualcosa, avrei ritirato il cavallo dalla stalla in quel momento per cavalcare fino a Taxco verso le forze di Guerrero, e, forse, anche verso Mara. Ma sarebbe stato vano. I ribelli potevano trovarsi in qualsiasi punto nella zona della Via della Porcellana. Tornando verso la locanda, decisi di partire entro due giorni alla volta di Taxco, precedendo di un giorno la spedizione prevista. Questo mi avrebbe dato tempo sufficiente per cercare Mara, se si trovava gi in citt. Inoltre avevo ancora una possibilit di mettermi in contatto con Luis. Un paio d'occhi in pi a Taxco mi avrebbero fatto comodo. Scossi il capo. Mara, Mara, provocatrice. Il fatto che fosse cos importante da indurre il vicer a congegnare un piano per intrappolarla dimostrava quanto avesse fatto per la causa. Questo faceva di lei una persona destinata a essere torturata in una prigione sotterranea reale prima di essere consegnata all'Inquisizione. Era sposata? Amava un altro? Cosa avrebbe detto quando ci saremmo incontrati? Mi avrebbe sputato in faccia, dandomi del codardo perch avevo disertato la rivoluzione? Risi forte. S, questa era la mia Mara. Avrebbe tralasciato i miei due anni di pericoli e di lotta, schiavit e guerra, pirati e cannibali, e mi avrebbe rimproverato per non aver fatto ci che lei pretendeva da me.

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Capitolo 100
Quando raggiunsi la locanda trovai ad aspettarmi un uomo dalla barba corta, con redingote e cappello. Il colonnello Iturbide desidera parlarle annunci. sciocco rimanere in quella fetida locanda quando c' spazio nella stalla mi disse il colonnello, seduto su una principesca sedia in pelle. Ero in piedi davanti alla scrivania del suo studio, con il cappello in mano. Su un vassoio, di fianco ai calici d'argento c'era una bottiglia di raffinato brandy de Jerez. Riuscivo a cogliere l'aroma degli avana proveniente da una scatola aperta l vicino. Non mi venne offerto n un sigaro, n un goccio di brandy, n uno scambio di battute sulle donne, i cavalli o la caccia. Rimasi l, annuendo umilmente in segno di gratitudine per l'opportunit che mi stava offrendo dopo che gli avevo salvato la vita, cio quella di dormire con i cavalli e i muli da soma. Non era in grado di fare di pi. Ringraziare le classi inferiori, quelle stesse che si coricavano nel fango e si facevano calpestare affinch non si sporcasse gli stivali, non rientrava nelle sue abitudini. Era stato un ufficiale della milizia fin da ragazzo. I criollos non prevedevano di morire in battaglia: davano per scontato che fossero i loro sottoposti a prendersi i colpi di moschetto. Domani andremo fuori citt con un gruppo di cacciatori. Dimostrerete la vostra abilit di tiro, e offrirete i vostri suggerimenti. Sar il vostro biglietto da visita. Vi garantisco che a sera, met di quegli individui avranno chiesto i vostri servigi. Ero stato arruolato nel reggimento del colonnello? Mi stava prestando ai suoi amici? Avevo la sensazione di non poter lasciare il suo studio senza mettermi sull'attenti. Prima di uscire dalla stanza mi diede un ultimo ordine. Nella mia armeria ci sono ottime armi. Potrete usare quelle, domani. Come saprete, a un indio non consentito possedere armi da fuoco. La stalla si rivel meglio della locanda. Le camere al piano di sopra
Gary Jennings 313 2009 - Fuoco Azteco

erano occupate dalla servit, e a me fu assegnata una stanzetta vicino all'armeria del colonnello, che aveva una lampada e una branda, e, cosa pi importante, un'eccellente riserva di armi, utensili e pezzi spaiati di pistole e moschetti. E niente meno che la provvista di polvere da sparo di Felix Baroja in persona. Riconobbi anche i meccanismi delle pistole a pietra focaia. Le migliori le avevo fatte proprio io. Mi misi subito al lavoro per perfezionare le rivoltelle che avevo acquistato a Veracruz. Le canne lisce non avrebbero mai avuto l'accuratezza delle raffinate pistole che avevo posseduto in passato, ma potevano ugualmente servire allo scopo. La scelta di armi del colonnello Iturbide era buona, anche se avevo il sospetto che serbasse in casa i pezzi migliori. Quelli nell'armeria erano tutti a canna liscia; i criollos sarebbero rimasti ancora pi colpiti nel vedere centrare un bersaglio con questo tipo di arma che non con una a canna rigata. Scelsi una pistola e un moschetto per la dimostrazione di tiro e cercai di migliorare le loro prestazioni. Il mattino seguente, all'ora prefissata per la caccia con il colonnello, mi misi in cerca dello stalliere, Raymundo, lo stesso che la sera prima mi aveva aspettato alla locanda per invitarmi a recarmi alla casa. Volevo farmi un'idea dei tempi, di modo che l'inchiostro non venisse mandato a Taxco prima che io partissi per la citt. Ho un amico che nel campo della stampa. Sta aspettando un carico di inchiostro che dovrebbe arrivare al magazzino reale. Ha bisogno di sapere se partito da Veracruz. Gli diedi una moneta d'argento.

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Capitolo 101
Appena Iturbide arriv alla porticina laterale che si apriva sulla stalla dove Juan e i cavalli stavano aspettando, il suo maggiordomo, un servo brizzolato portato dalla Spagna quarant'anni prima, gli rifer della richiesta di Joaqun a Raymundo. A Raymundo parso strano che un pen gli chiedesse informazioni sull'inchiostro, e ancora di pi che avesse un amico stampatore. Iturbide si accarezz il mento annuendo. Molto strano. Vai al magazzino. Di' al direttore che voglio sapere se ha sentore di qualcosa di sospetto riguardante l'inchiostro.

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Capitolo 102
Il gruppo di cacciatori si raccolse in una radura a un'ora di cavallo dalla citt. Lungo la strada Iturbide mi disse che per rendere pi interessante la caccia erano stati introdotti cervi e uccelli. Ci eravamo fermati perch io avessi la possibilit di abituarmi alle armi che avevo scelto nella sua armeria. Non feci caso al carro che stava arrivando alle mie spalle perch ero occupato a controllare i moschetti che i cacciatori mi avevano ficcato in mano. Volevano che affermassi non solo che i loro fucili erano il miglior investimento possibile - sul costo elevato di quelle armi non si discuteva -, ma anche che la ragione per cui i loro risultati erano scadenti derivava dalla pessima visuale, dalla canna malfunzionante, dalla polvere inadatta... tutto eccetto che dalla loro scarsa mira. Quando mi accorsi della presenza del carro, l'occupante ne era gi sceso. E ora arrancava verso di me. Riuscii a stento a mantenere il controllo. Iturbide si fece avanti per dare il benvenuto al nuovo arrivato. Colonnello Madero, ecco il tiratore scelto di cui vi ho parlato. Il capo della Polizia segreta del vicer, vestito come sempre di nero, sfoggiava la sua scricchiolante gamba d'argento e il frustino. Mi lanci un'occhiata fulminante. Non una sbirciata, ma uno sguardo che mi attravers da capo a piedi e che mi gel l'anima. Come vi ho raccontato, Joaqun, mentre era al galoppo, ha fatto fuori un paio di ribelli con due soli colpi. Feci un piccolo inchino al capo della Polizia segreta: Seor colonnello. Poi mi inginocchiai e mi dedicai all'esame di un moschetto da volatili difettoso. Avrei voluto strisciare dietro la canna e sparire. Cicatrice, armaiolo, franco tiratore. Solo il nome era diverso. E la geografia: ero molto lontano dal lago di Chapala. Madero mi gir intorno, trascinandosi su quella spaventosa gamba d'argento che usava per picchiare a morte i prigionieri. Siete indio o mestizo? chiese. Non lo so, seor. Sono un orfano. Nessuno conosce il nome dei miei genitori. Da dove venite?
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Guanajuato risposi. Era un luogo in cui avevo soggiornato spesso nel corso dei frequenti viaggi per la consegna della polvere alle miniere. Ah, una citt bellissima. cos ricca, con le sue bellissime chiese. La mia preferita La Valenciana con la sacra immagine della Vergine. Raggelai. La celebre figura di Mara si trovava nella Basilica di Nostra Signora di Guanajuato. L'immagine lignea della patrona della citt era un dono del re di Spagna. La Valenciana, edificata da un magnate dell'argento, era invece famosa per lo smodato uso di questo metallo. Ma si trovava in un luogo poco accessibile. Madero mi stava mettendo alla prova per vedere se conoscevo la citt. Dovevo correggerlo, ma senza fare passi falsi. Se mi fossi limitato a ribattere l'affermazione del colonnello, avrei potuto trovarmi legato a un albero e con la schiena scarnificata dalle frustate. La Valenciana non la mia chiesa, seor, cos non conosco bene l'immagine sacra, ma ho sentito dire che l'edificio ha molto argento all'interno. Io frequentavo la Basilica di Nostra Signora di Guanajuato, dove c' un'immagine molto antica della Vergine, che si dice sia stata donata dal re in persona. Con mia eterna gratitudine, Iturbide mise fine alla conversazione. Amigos disse, venite tutti qui. Joaqun vi dar una dimostrazione di tiro. Fui felice di non aver incrociato lo sguardo del comandante della polizia. Non mi piaceva il modo in cui mi guardava. I suoi modi erano formali, in apparenza, ma gli occhi, dopo una vita trascorsa nei servizi segreti, erano in grado di vedere al di l dell'aspetto e delle bugie. Inoltre, era nota la sua meticolosit. Se la sua reputazione di pedante rispecchiava la realt, probabilmente era a conoscenza di molte cose su Juan Rios, compresa la sua abilit nel tiro. Non potevo fingere di non essere un bravo tiratore, ma mentre preparavo le armi riflettei su come presentarmi. Mancare un colpo ogni tanto, mostrandomi un tiratore solo migliore della media? O impressionarli facendogli vedere che ero davvero esperto, come aveva affermato Iturbide? Il mio istinto era quello di stupirli. Chiunque poteva avere una buona mira, compreso il fuggitivo Juan Rios. Ma essere un tiratore infallibile era una qualit rara - se quel bastardo di Rios lo fosse stato, il mondo intero lo avrebbe saputo -, quindi era un segreto che dovevo tenere per me. Quella almeno era la mia intenzione. E Iturbide, prendendomi da parte e
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costringendomi a sparare per vincere, non fece altro che supportarla. Don Carlos si considera il migliore pistolero in citt. Le sue pistole a canna rigata sono prodotte dal miglior artigiano di Eibar. Ho scommesso cento reales che lo batterete. Sorrise. Se perderete vi far la pelle. Accidenti... Il colonnello Madero si trascin fino a me e afferr la pistola che tenevo in mano. La rovesci per vedere l'incisione con il nome. Ho visto che state usando le pistole di Don Agustn. Non avete una vostra arma? S, seor. Mi battei il fianco. Il mio coltello. Che tipo di attivit avete detto che svolgevate a Guanajuato? Lavoravo per Miguel Balistra, un ranchero. Mi ha insegnato a sparare ai coyote che minacciavano il suo bestiame. Non dichiarai di appartenere a una hacienda perch c'era la possibilit che Madero conoscesse molti dei pi ricchi proprietari terrieri dell'area, mentre nella zona i rancheros erano a centinaia. Cosa facevate sulla strada per Veracruz? Tornavo verso casa. Gli raccontai la stessa storia che avevo propinato a Iturbide, e cio che avevo accompagnato un mercante poi morto di dissenteria, aggiungendo che il mio ranchero aveva preso me e un paio di muli da quel povero disgraziato. Ero certo di essere in un bagno di sudore. Avevo gi deciso la storia, ma via via che la esponevo la bocca mi si impastava sempre pi. Siete mai stato al lago di Chapala? Scossi la testa. No, seor. Incamminandomi verso la postazione di tiro, pensai a quanto complicata fosse diventata la mia vita. Ero stato letteralmente incastrato e mandato a servizio da un ricco criollo... e il gachupn pi spietato della colonia mi aveva sotto tiro. Bastardi! Era tempo di dare prova di cosa poteva fare un azteco sfidato in uno dei loro passatempi preferiti. Sono pronto, seor, quando volete dissi a Don Carlos.

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Capitolo 103
possibile che ci siano due tiratori scelti aztechi ? l colonnello Madero rimuginava su questo e altro, mentre il suo carro lo riportava in citt. Possibile, pens. Non aveva mai condiviso il disprezzo dei suoi compagni ispanici per gli indios. Lui non era un gachupn qualunque, lui era uno studioso di storia. Sapeva che gli imperi aztechi, maya e altri possedevano una cultura raffinata e guerrieri valorosi. E che entrambi abbiano una cicatrice sul viso ? Altamente improbabile. Era stato un poliziotto troppo a lungo per credere in coincidenze cos fuori dall'ordinario. Non aveva dubbi: il tiratore indio che si faceva chiamare Joaqun Ramirez era Juan Rios, il ribelle armaiolo del lago di Chapala. Lui e lui solo. In circostanze normali l'avrebbe fatto arrestare sul posto... naturalmente dopo che i cacciatori si fossero goduti il loro passatempo. Ma, non avendo testimonianza diretta delle sue azioni, ci aveva rinunciato: non c'erano abbastanza prove per arrestare quell'indio, tantomeno per impiccarlo. E la colpa di quel mancato arresto era di Iturbide. Madero era un cinico e un realista circa le virt dei suoi notabili compari spagnoli, criollos e gachupnes. Gli ispanici ricchi e potenti non sono generosi, soprattutto quando si tratta delle due cose che stanno loro pi a cuore, cio i fucili e i cavalli, con le donne a un ben distanziato terzo posto. Era improbabile che Iturbide avesse pubblicizzato i meriti dell'indio e che avesse esposto quel suo nuovo gioiello ad altri notabili con il rischio che glielo rubassero. No, lui non aveva organizzato la dimostrazione di tiro solo per mettere in mostra l'abilit dell'indio. C'era qualcos'altro. Il criollo tramava qualcosa. Ed essere stato invitato alla prova di tiro non era stato un caso. Loro due non erano amici e non intrattenevano rapporti sociali. Frequentavano circoli diversi. In quanto scapolo, Madero preferiva la compagnia scelta di gachupnes militari e ufficiali di polizia piuttosto che la rutilante vita mondana che ruotava intorno a poco virili balli in costume
Gary Jennings 319 2009 - Fuoco Azteco

e a giochi d'azzardo per degenerati. Iturbide aveva una ragione per invitarlo alla caccia: sfoggiare le abilit dell'indio. Qualcosa che andava al di l delle semplici convenienze sociali. Quindi, doveva conoscere la sua identit. Il criollo era un ufficiale di alto rango della Regia Milizia. Sebbene il vicer avesse tenuto nascosta la fuga dell'autrice di libelli e dell'armaiolo indio, tale segreto era ben conosciuto agli alti membri della milizia, della polizia e degli stretti collaboratori del vicer. Madero non aveva dubbi che il colonnello Iturbide, l'ufficiale militare criollo in carica nella colonia, ne fosse al corrente. Ma allora cosa aveva in mente? A che gioco stava giocando? Dopo che le accuse di corruzione avevano messo fine al suo governatorato militare di Guanajuato, Iturbide aveva attraversato un periodo difficile. Ma poi gli era stato offerto il pi importante comando militare della colonia, l'Esercito del Sud, ed era tornato in servizio. Sapeva che quasi tutti i gachupnes avevano rinunciato al comando dell'esercito per non affrontare il ribelle Guerrero. Madero si chiese se fosse stato il vicer in persona a offrire l'incarico a quell'ambizioso criollo. Era vero che Iturbide era stato un leale difensore della Corona e della Chiesa. Devoto da sempre alla causa reale, aveva rifiutato le offerte provenienti dal ribelle padre Hidalgo e da altri insorti. Al contrario, aveva dimostrato la sua lealt non solo sul campo di battaglia, ma anche mandando a morte sommariamente un certo numero di ribelli, spesso solo sospetti ribelli. Ma era pur sempre un criollo, con sangue e radici nella colonia, non in Spagna. Jos de San Martn e Simn Bolvar, i traditori che avevano guidato le rivoluzioni contro la Spagna in Sudamerica, erano stati anche loro criollos leali. E avevano abbracciato le armi solo quando il vento della politica era cambiato. E le notizie che ogni giorno venivano dalla Spagna erano sempre pi deprimenti. A Madrid i liberali si erano impadroniti del potere, mettendo a rischio la libert d'azione e i privilegi su cui facevano affidamento uomini come Madero e Iturbide. Madero non si sarebbe stupito se gli avessero detto che Iturbide stava simpatizzando per i ribelli. Il vicer aveva una lista di criollos pi giovani e ambiziosi che voleva tenere d'occhio, e Iturbide ne era a capo. Ma perch mi ha coinvolto?, si chiese per la decima volta.
Gary Jennings 320 2009 - Fuoco Azteco

Madero aveva dovuto trattenersi per non colpire con il frustino l'indio quando quello gli aveva mentito circa i suoi trascorsi e anche quando si era preso gioco di Don Carlos disegnandogli il profilo con una scarica di proiettili. La fuga dell'indio armaiolo e dell'autrice di libelli avvenuta due anni prima rimaneva una macchia sul suo curriculum. Che lui voleva cancellare. Decise di mandare un messaggero al lago di Chapala con l'ordine di condurre l'armaiolo Felix Baroja nella capitale. Madero non era un baro, ma un uomo che contava le carte. Il mollo aveva giocato una carta. Ora, per rispondere, lui aveva bisogno di un atout.

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2009 - Fuoco Azteco

Capitolo 104
Stavo dormendo nell'armeria della stalla quando il servo Raymundo venne a svegliarmi. Il seor chiede di voi. Lo stalliere mi aveva detto che non era stato in grado di ottenere alcuna informazione sulla spedizione dell'inchiostro. Non era bravo a mentire. Mi resi conto di essere stato sciocco anche solo a cercare di ottenere informazioni in questo modo. Va' fuori. Ho bisogno di sciacquarmi la faccia gli dissi. Dopo che fu uscito, infilai una pistola nella fondina sulla spalla e ne assicurai un'altra alla gamba. Era notte fonda, per lo meno per me. Una richiesta a quest'ora mi aveva messo sul chi va l. Qualche minuto prima avevo sentito il carro di Iturbide tornare da una festa e poi la sua voce e quella di sua moglie. Forse non era poi cos tardi per questa gente, a cui il tempo libero non mancava. Sulla strada verso casa, dopo la dimostrazione di tiro, la conversazione si era ridotta all'osso. Iturbide mi aveva dato dieci reales come ricompensa per avergliene fatti vincere un centinaio. Don Carlos era stato un buon tiratore, ma io, rabbioso com'ero, al solo immaginare i visi spagnoli, avevo centrato ogni colpo. Ed erano andati tutti a segno. Inoltre avevo capito che le rigature sulla canna di Don Carlos avevano bisogno di essere pulite. Erano piene di residui di polvere da sparo e del piombo delle pallottole. Di ritorno in citt, misi a invecchiare una gran quantit di bottglie di vino del mollo che avevo trovato in un'altra parte della stalla. Il vino non era in cantina perch nella capitale non c'erano seminterrati. Scavare oltre i trenta centimetri o il mezzo metro faceva affiorare l'acqua: la citt era costruita su un territorio bonificato che un tempo era stato un lago. Sentii dire che la sola cantina del luogo erano le segrete del vicer e dell'Inquisizione. Avevo pianificato di partire per Taxco alle prime luci dell'alba. Ora rimpiangevo di non averlo fatto prima, appena mi ero accorto che Raymundo mi stava mentendo. Inoltre, lasciare la citt di notte non era una buona idea. Poche persone si allontanavano dopo il tramonto, e la loro partenza avrebbe attirato l'attenzione delle guardie e dei bandidos.
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Comunque niente e nessuno mi avrebbe fermato. Dovevo raggiungere Taxco prima della spedizione dell'inchiostro. Iturbide era seduto nella sua biblioteca a sorseggiare vino davanti a un fuoco crepitante. Colsi un piccolo movimento dietro alle tende. Immaginai chi poteva nascondersi l. E perch. Un grosso libro era aperto a faccia in gi sul tavolo di fianco a lui. Si vers un calice di brandy e lo indic. Accomodatevi, Juan. Questo un buon brandy, viene dalla migliore vigna di Jerez. Grazie, seor. I miei amici sono rimasti molto impressionati dalla vostra abilit. Avete suscitato anche l'interesse del colonnello Madero. Quella puntualizzazione suonava come un avvertimento. Cosa pensate dei cacciatori? chiese. Alzai le spalle. Classici criollos ricchi. Troppo cibo, troppo brandy, troppo sicuri di s. Indossano gli stivali pi belli e gli speroni pi affilati, ma poi lasciano che i loro sottoposti se ne vadano in giro scalzi. Ridacchi. Noi spagnoli non vi piacciamo, non vero? Non aveva senso continuare a fingere. Non vero. Non sono gli spagnoli a non piacermi, ne ho incontrati molti che stimo. Il popolo di Spagna diverso da quello della colonia. Ci che non mi piace sono i gachupnes che vengono nelle colonie per arricchirsi sul sudore e sul sangue dei peones o i criollos ricchi e indolenti che non condividono con altri il potere o la ricchezza della colonia. Mi hanno detto che mio padre era spagnolo. Era un grande uomo, pieno di compassione per tutti. Prima che voi lo impiccaste. Non mi era sfuggito che mi avesse chiamato Juan. Si irrigid e mi fiss. Un leggero movimento della mano destra mi rivel che sotto il tavolino teneva pronta una pistola. Annu. S, ora capisco. Dal primo momento in cui vi ho visto, ho avuto la sensazione che in voi ci fosse qualcosa di familiare. Non tanto la cicatrice: pur avendovi tagliato la faccia non ho avuto il tempo per vedere la ferita trasformarsi in sfregio. Sapevo che un armaiolo e un tiratore con una cicatrice sul volto chiamato Juan Rios era fuggito dalla Polizia del vicer un paio di anni fa. Non ho associato il ragazzo che ho colpito e mandato alle miniere al famoso armaiolo. Quanto tempo passato... sei, otto anni?
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Quasi dieci. S, subito dopo la caduta di Hidalgo. Eravamo a Tula, non vero? Il ragazzo con il frate e l'azteco. Portate ancora il marchio che vi ho impresso. Certamente saprete che l'ho fatto per salvarvi la vita. Non so perch, suppongo che sia stato Dio a guidarmi la mano quel giorno. A quel che sembra Lui aveva piani per entrambi. Quel che certo che se non vi avessi punito in qualche modo i miei uomini non mi avrebbero rispettato. Come ha fatto quel ragazzo mandato in miniera a trasformarsi nel tiratore scelto di Chapala? Non sempre Dio dalla parte di voi spagnoli. Sapevo come fabbricare polvere nera e maneggiare le armi. Da quando ci siamo incontrati sulla strada per Veracruz, ho pensato che foste in contatto con Guadalupe Victoria. No, ero di ritorno da un viaggio all'estero. Mancavo dalla colonia da due anni. Ma voi siete ancora coinvolto nella ribellione. Si stava riferendo al mio tentativo di ottenere informazioni sull'inchiostro. Sto cercando di rintracciare una vecchia amica. Annu. S, certo. L'autrice di libelli che avete salvato da Madero, una donna attraente, mi dicono. Siete fuggiti insieme e ora volete trovarla. E lei con Guerrero. In attesa dell'inchiostro da stampa? Non so dove si trovi. Ho chiesto dell'inchiostro nella speranza che lei possa comprarlo. C' una donna che scrive e stampa libelli per Guerrero, probabilmente la vostra amiga. Il colonnello Madero ne sa di pi di me. Mi fiss dal bordo del suo calice mentre sorseggiava il brandy. Sapete perch ho chiesto di vedervi questa notte? Volete propormi un accordo. Se rifiuto, farete segno all'uomo dietro la tenda - il vostro maggiordomo? - e a quello che sta ascoltando dietro il buco della serratura - Raymundo? - di sparare, anche se probabilmente, a differenza vostra, sono tiratori inesperti. Ma se dovesse finire cos, state sicuro che vi uccider seduta stante... prima ancora di avere il tempo di estrarre la pistola da sotto il tavolo. Devo dare credito a Iturbide: non batt ciglio. Ma un sorrisetto mi disse che avevo scoperto il suo piano. Scosse la testa. Sarebbe un peccato svegliare mia moglie e i miei figli
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con il rumore di spari. E tutto quel sangue da pulire. Perch invece non raggiungiamo un accordo che soddisfi entrambi? Si volt sulla sedia. Benito, per favore, esci dalla tenda. Si materializz il maggiordomo con il moschetto in mano. Puoi andare a letto. E manda a letto anche Raymundo. Voglio rimanere solo. Dopo che il domestico se ne fu andato, Iturbide chiese: Sapete cosa voglio?. Posso immaginare tre possibilit. Ho sentito che state assumendo il controllo dell'esercito che affronter Guerrero e pensate che io possa darvi informazioni su dove sia nascosto o sulle sue strategie. Ma vi sbagliate. La seconda ipotesi? Volete infiltrarmi come spia nel campo di Guerrero. La terza? Volete che lo uccida. Lo fareste? No, prima uccider voi. Certo. Ma tutte queste tre supposizioni - anche se eccellenti - sono sbagliate. Ho in mente un compito molto pi semplice, qualcosa che sono convinto non troverete offensivo. Voglio che portiate un messaggio a Guerrero. La cosa mi colse di sorpresa. Mettetelo nero su bianco. Se mi imbatter in lui, glielo far avere. Ma non posso assicurare che lo vedr. Questo messaggio deve passare esclusivamente dalla vostra bocca alle orecchie di Guerrero. Sarebbe a dire? Voglio incontrarmi con lui. Di persona, senza intermediari. Penser che sia una trappola. Certo. Ma star a voi assicurargli che ho intenzioni oneste. Da parte mia accetter le condizioni che garantiranno la sua sicurezza e che gli confermeranno che non lo sto ingannando. Vorr avere qualcosa in pi di una semplice dichiarazione d'intenti. Ditegli che desidero discutere il futuro della colonia. Cos, semplicemente. Non posso rivelarvi di pi. Ero in piedi vicino al fuoco e gli davo le spalle, cercando di memorizzare il messaggio. Il solo suggerire che ci potesse essere un futuro per quella terra
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diverso dalla colonizzazione spagnola era una cosa intrinsecamente sovversiva. Iturbide, forse il criollo pi influente della colonia, stava per caso ipotizzando un futuro senza re e vicer? Mi girai a guardarlo. Non fraintendete le mie intenzioni, Juan. Ho sangue spagnolo, la mia casa la Nuova Spagna, e sono leale a entrambi. Voglio solo il meglio per la colonia. Le cose nel Vecchio e nel Nuovo Mondo stanno sfuggendo di mano. A Madrid stato detronizzato il re; la ribellione sta esplodendo ovunque nelle colonie americane della Spagna, e la cosa non sar d'aiuto n per i criollos n per i peones. Noi abbiamo bisogno di controllare questi cambiamenti mi disse. Sapevo che i peones come me non erano inclusi in quel noi che secondo Iturbide dovevano gestire la trasformazione. E io sapevo che era meglio non chiedergli di approfondire il significato del suo messaggio. Se la mia interpretazione era giusta, si stava gi rischiando tutto: la reputazione, la fortuna, la vita. Perch proprio io? chiesi. Perch non qualcuno che conoscete e di cui vi fidate? Di chi ci si pu fidare in questo mondo immorale? Inoltre, so per certo che voi avete coraggio, onore e determinazione. Non vi piacciono i criollos, ma siete un uomo che se deve fare la cosa giusta sa tenersi al di sopra della politica. Come fate a esserne certo? Qualche giorno fa sul Ponte della regina avete ingaggiato una lotta contro vostri simili per salvare la vita di un criollo. Non avete pensato a quello che stavate facendo. Mi avete visto in difficolt e avete reagito. Inoltre, siete un uomo intelligente dotato di inventiva. Avete lavorato per anni per i ribelli, interpretando il ruolo del pen leale, mentre scaltramente li rifornivate di munizioni vitali. Siete davvero fedele alla causa della vostra gente. una missione pericolosa portare un messaggio a un capo ribelle. Pericoloso per chi lo manda e per chi lo consegna. Ho bisogno di una persona in grado di compiere questa missione. Gli feci un breve inchino. Per il bene di entrambi mi auguro, seor, che la stima delle mie qualit si dimostri corretta. Il compito potrebbe rivelarsi pi difficile di quanto pensiate. Sono due anni che non avete pi contatti con i ribelli. Dovete guardarvi le spalle e
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fare attenzione a ci che dite. Met delle persone che incontrerete nelle pulqueras e che affermeranno di essere rivoluzionari saranno agenti di Madero. Si ferm e sorrise. Sono certo che in merito avete qualche esperienza. Lasciate la mia casa alle prime luci dell'alba. Nel giro di una settimana sar sulla Via della Porcellana per assumere il mio nuovo comando. Mi muover con un esercito e sar facile per voi stabilire la mia posizione. Trovate Guerrero. Poi tornate da me con la risposta. Come far a contattarvi? Non posso cavalcare fino alle vostre guardie e chiedere di voi. Attraverso i miei domestici. Porter con me Benito e Raymundo. Avevo un'ultima domanda. Perch mi avete esposto a Madero? Lasciate Madero a me. La spia del vicer un uomo complicato, e richiede un trattamento complicato. Per il momento, lasciate che me ne occupi io. Questa non una risposta. Mi lanci una borsa. Andate con Dio, Juan Rios, e fatemi sapere se il generale accetta di incontrarmi. Mentre mi voltavo per andarmene, aggiunse: Ora siamo pari, Juan. Io ho salvato la vostra vita e voi avete salvato la mia. Tornato alla stalla, aprii la borsa. Dentro c'erano gli altri novanta reales che Don Carlos aveva perso nella scommessa contro di me. La ricompensa per trovare Guerrero. Non potei non pensare per che, se fossi stato catturato da Madero, Iturbide avrebbe dichiarato che avevo rubato il denaro e mi ero dato alla fuga. Hombre singolare, questo mollo. E anche con un interessante modo di pensare. Aveva detto che eravamo pari. Aveva dimenticato che aveva impiccato i miei zii? Che alcuni criollos, forse lui stesso, avevano ammazzato mia madre e mia sorella? Non eravamo pari. Semplicemente eravamo in attesa della prossima mossa. Lungo la strada che usciva dalla citt mi fermai alla miglior locanda, un ostello famoso per avere tavoli dove si facevano forti puntate. Lasciai un semplice messaggio per Luis: Taxco. Con o senza soldi, una volta in citt sarebbe inevitabilmente finito alla locanda a giocare a carte.

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Parte Ventiduesima
Guerra all'arma bianca

Capitolo 105
La citt mineraria di Taxco si trovava a tre giorni di viaggio dalla capitale. Arrivai alla periferia in meno di due giorni. Taxco non era controllata dai ribelli. La citt era ricca, per via dell'abbondante presenza di argento, e il vicer aveva fatto di tutto perch rimanesse nelle mani della Corona. Inoltre, la sua vicinanza con la regione rurale, i cui villaggi e cittadine fino alla costa del Pacifico erano nelle mani dei ribelli, aveva costretto l'esercito a sottoporre gli stranieri, qui pi che altrove, ad accurate perquisizioni. Dovevo aggirare i posti di blocco dei soldati sulle principali vie di accesso a Taxco. Come a Citt del Messico, di tanto in tanto i militari prelevavano qualcuno dalla strada, soprattutto tra quelli che sembravano affaccendati e che suscitavano il loro interesse, per interrogarlo. Giunto nella capitale, decisi che la compagnia era il miglior camuffamento. Mi avvicinai a un conducente di muli che tirava una carovana di animali da soma, e gli chiesi com'era la sicurezza delle strade in quell'area. I mulattieri amano raccontare la fatica e i pericoli insiti nel proprio mestiere. Questo consegnava attrezzature minerarie a una bottega sulla strada che portava alle cave principali dall'altra parte della citt. Gli chiesi se si fosse mai occupato di polvere nera. No, l'emporio la vende, ma trasportarla molto pericoloso. Inoltre, essendo molto ambita dai ribelli, bisogna sempre farla scortare da una
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compagnia di soldados, e spesso una intera non basta. Facemmo il nostro ingresso nel centro abitato, camminando lentamente vicino ai soldati e comportandoci come se fossimo compari. Ora ero in citt, e non sapevo bene come muovermi. Non potevo perlustrare le pulqueras, chiedere di Guerrero e svelare il mio vecchio nome da battaglia: ostentare la mia fama di alchimista sarebbe stato un suicidio. Cercare Guerrero in quel modo era un rischio. Era probabile che i poliziotti avrebbero finito per tirar gi a calci la porta della mia stanza e che io mi sarei trovato in breve a fissare i muri scuri e umidi di una cella da interrogatorio. La mia priorit era scovare e proteggere Mara. Qualora fossi stato certo che la mia amata era salva, mi sarei concentrato sulla consegna del messaggio di Iturbide a Guerrero. Come portavoce dei ribelli, lei avrebbe saputo come trovare il generale. Le indiscrezioni sulla posizione dei capi della guerrilla cambiavano di giorno in giorno, ma io ero certo che non si sarebbero allontanati troppo dalla strada principale che collegava Acapulco alla capitale. Attraverso questa pista sconnessa che attraversava la giungla e superava le montagne, passavano beni preziosi provenienti da Manila e carovane di muli carichi d'argento in uscita da Taxco. Taxco si trovava su un altopiano alle pendici di una montagna, circondata da dirupi scoscesi e declivi montani. Come Guanajuato, era una citt compatta, percorsa da strade di acciottolato che si inerpicavano sulle salite. Sulla piccola piazza centrale la cattedrale era affiancata da due svettanti campanili e una cupola. Il mulattiere si rivel un amante della poesia e del teatro. Mi disse che un famoso letterato, Juan Ruiz de Alarcn, un gobbo rachitico vissuto duecento anni prima, era nato l. Finsi interesse, anche se non mi importava niente degli scrittori morti. I mulattieri si consideravano i cavalieri delle strade e sapevano molto gli uni degli altri, non solo perch percorrevano le stesse vie, ma perch spesso si contendevano i carichi. Chiesi al mio amico quando fosse previsto l'arrivo a Taxco della squadra di muli dal magazzino reale della capitale. Mi disse che gli sembrava di aver capito che era in programma tre giorni dopo, ma non era sicuro. Questa incertezza non era sufficiente; dovevo recarmi all'emporio a cui
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la merce era destinata. Ma fare troppe domande era rischioso. Un azteco che si informa sul rifornimento di inchiostro avrebbe sollevato sospetti, per non parlare della gran quantit di spie alla ricerca dell'autrice dei libelli. Tuttavia, non vedevo altre opzioni. Individuai la bottega, ma quando fui sul punto di entrare intravidi un fantasma: Gomez, il bastardo che aveva tradito Mara a Chapala. Per la miseria... ma non l'avevo ammazzato a Chapala? Evidentemente, non del tutto. La spia di Madero era tornata: senza dubbio per cercare Mara. E il suo inchiostro. Mi addossai a un muro. Con la barba di tre giorni, il cappello calato sugli occhi per schermare il viso dal sole e un cigarillo penzolante dalle labbra, potevo sperare di mescolarmi tra gli altri sfaccendati che bighellonavano di fronte all'emporio. Diedi un'occhiata a Gomez mentre passeggiava con una puta. Ges! Aveva un terzo occhio: una cicatrice rotonda sulla fronte nel punto in cui gli avevo sparato. Troppo preso a impressionare la puta, non si accorse della mia presenza, ma salut due uomini seduti sul marciapiede davanti a un barbiere dall'altra parte della strada. E quelli ricambiarono il saluto. Bene. Ora sapevo che aspetto avevano le tre spie di Madero... e che l'inchiostro non era arrivato. Sapevo anche che Mara avrebbe subito un trattamento brutale nel caso fosse stata acciuffata. Gomez non avrebbe perso tempo, nel prendersi la sua vendetta. Aveva la camicia e i pantaloni sporchi e trasandati, il cappello di paglia lurido e a brandelli, il viso segnato e tirato, gli occhi spenti e pesti. Era evidente che stava cedendo il passo all'alcol, agli stravizi e alle orrende malattie prese dalle putas. Non erano speculazioni infondate: era appena uscito da una pulquera dove ai peones venivano servite birre azteche da poco, e non birra o vino spagnolo. E aveva chiesto i servigi di una prostituta da quattro soldi. Non aveva l'aspetto di uno a cui Madero avrebbe rischiato di affidare un compito importante. Probabilmente gli aveva assegnato l'incarico di identificare Mara. E, per quel lavoro, lo aveva tirato fuori dalle fogne. L'umiliazione e la punizione da parte di Madero per aver fallito la cattura mia e di Mara doveva essere stata tremenda. Gli sguardi che il suo occhio centrale inevitabilmente attiravano dovevano essere un continuo
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monito al fatto che era un traditore della propria gente e che la sua carriera di doppiogiochista era fallita. Avrebbe ricordato Mara e me come le cause principali della sua rovina. Per Madero doveva aver inviato altri uomini, oltre a quei tre. E forse aveva anche mandato in rinforzo soldati e poliziotti. Dovevo piantonare la bottega per individuarne altri. Entrare e chiedere notizie del carico di inchiostro era comunque impossibile. Con poche presse per stampa nella zona, non ci sarebbero stati che sporadici carichi di inchiostro speciale, cos la mia domanda si sarebbe trasformata in un'ammissione di colpevolezza alle orecchie dei poliziotti. Se il mulattiere aveva ragione sul fatto che il carico non sarebbe arrivato che fra tre giorni, almeno avevo un po' di tempo per prepararmi. Uccidere Gomez, che poteva riconoscermi mentre mi aggiravo per le strade e che poteva fare del male a Mara, in caso l'avesse trovata, divent prioritario nei miei programmi. Erano quasi le sei. La bottega sarebbe rimasta aperta per un'altra ora. Osservando i due uomini di fronte al barbiere, mi resi conto che il loro atteggiamento rilassato non era una posa. Perci, l'inchiostro non era arrivato. Gomez non sarebbe andato a letto con una puttana se ci fosse stata la possibilit che l'acquirente dell'inchiostro avesse fatto la sua comparsa all'emporio. Caspita... ancora una volta nella mia vita avevo bisogno di un piano. Anzi, meglio, di due. Uccidere Gomez voleva dire liberarsi di un serpente, ma dopo di lui avrei dovuto affrontarne un nido pieno. Starsene l fuori, al centro della piazza cittadina con una pistola in ogni mano, avrebbe avuto un unico esito: una morte rapida per me e per Mara. Avevo bisogno di qualcosa che mi dotasse della potenza combattiva di dodici uomini. Qualcosa che conoscevo meglio di quanto non conoscessi le donne. Il mulattiere mi aveva parlato di un posto sulla strada per le miniere che vendeva quello di cui avevo bisogno.

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Capitolo 106
Prima di lasciare la citt, comprai un po' di zucchero, qualche contenitore di metallo e alcuni secchi. Non avevo intenzione di cuocere una torta, ma solo di mescolare i vari componenti. Quindi mi diressi verso la bottega della miniera e acquistai barattoli di mercurio, polvere nera, salnitro e micce. Sulla strada di ritorno, cercai un posto per il mio laboratorio. Lo individuai un po' defilato rispetto alla via che portava in citt: una casa malmessa con un fabbricato distaccato, una semplice struttura a ferro di cavallo, il cui lato aperto era rivolto verso la parte opposta alla strada. Un carro stazionava vicino a un recinto all'interno del quale si aggirava un malinconico burro. Avevo anche bisogno di un po' della paglia dell'animale da soma. Non ero un amante dei burros. Come i muli, erano figli di un asino e di una cavalla, ma le somiglianze finivano qui. Pur avendo fama di testardi, i muli erano intelligenti, vivevano dei prodotti della terra ed erano affidabili bestie da lavoro. I burros invece erano incostanti. I bastardi un momento leccavano la mano che li nutriva... e il momento dopo colpivano con un calcio nei cojones i loro benefattori. Comunque, il burro avrebbe rivestito un ruolo di secondo piano in quello che avevo in mente, a meno che non avessi dovuto lottare, oltre che contro la squadra di assassini di Madero, anche contro l'animale. Nella casa c'era una donna, vedova di un mestizo. Non doveva avere pi di vent'anni. La lunga treccia di capelli neri che le arrivava alla schiena, il naso diritto da spagnola e gli alti zigomi rosei da azteca la rendevano insolitamente attraente. S, seor, non ho un uomo. Sono due anni che non ho un uomo. morto nelle miniere, lasciandomi questa piccola dimora. Vivo sola nella mia umile casa. Se davvero volete avere un po' di riservatezza, potrei stare da mia sorella e dalla sua famiglia. Quando le dissi che era proprio quello che cercavo, mi fiss con occhi tristi di disappunto e con fare sottilmente seduttivo. Comunque, fu felice di accettare il mio denaro e di affittarmi il casolare, il carro e il burro. La pagai per una settimana, anche se avevo intenzione di andarmene molto prima.
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Preparai due tipi di bombe, iniziando da quella fumogena. La polvere nera non fumava abbastanza. Aggiungendo zucchero e un po' della segatura che avevo trovato sulla catasta di legno, feci bruciare il salnitro pi lentamente, producendo cos una foschia biancastra pi fitta e sporca. Avrei dovuto sperimentare varie miscele prima di arrivare alle nubi dalle volute di fumo denso e impenetrabile che volevo ottenere. Avevo anche bisogno di qualcosa che producesse uno scoppio e un danno maggiori di una bomba fumogena. Aggiungendo salnitro alla polvere da sparo l'avrei fatta bruciare pi velocemente e intensamente. Se la polvere fosse stata compressa ben bene, sarebbe esplosa al momento dell'accensione... e qui sarebbero entrati in gioco i barattoli al mercurio. Erano un eccellente contenitore da bomba. Il re aveva il monopolio sul mercurio, sostanza fondamentale per la separazione dell'argento dagli elementi base della roccia metallifera, che veniva imbottigliato in barattoli di metallo, disponibili perci in gran quantit. Non era la prima volta che delle bombe a barattolo venivano usate in uno scontro coloniale: nel 1810 l'esercito azteco di padre Hidalgo attacc il granaio fortificato nella miniera di argento della citt di Guanajuato. Durante l'assedio, i difensori spagnoli lanciarono sul nemico indio barattoli di mercurio con polvere da sparo accesi con micce corte. Io progettai di lanciarli con un risultato ancora pi dirompente.

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Capitolo 107
Trascorsi due giorni a preparare miscele. Di tanto in tanto controllavo Gomez, i suoi compari e la bottega. Ed ero proprio vicino all'emporio quando una carrozza con a bordo un facoltoso generale spagnolo, famoso per le sue gesta militari, arriv in citt. Il generale Luis Benito Juarez de Santa Barbara de la Sierra Madre mi rivolse un caldo saluto con il suo cappello dall'ampia tesa. Tu, bricconcello azteco! tuon, con il viso attraversato da un sorriso che brillava di malizia. Ho proprio bisogno di un indio ignorante che guidi la carrozza. Il suo postiglione, una specie di pendaglio da forca che il generale aveva prelevato da una nave-prigione, si era catapultato in una pulquera non appena il calesse si era fermato. Dove hai preso la carrozza? La domanda, naturalmente, era retorica. Sapevo dove Luis l'aveva presa, nello stesso posto in cui aveva acquisito il rango di generale... lo stesso da cui provenivano tutti i suoi titoli. L'ho vinta al gioco. Hai vinto davvero, questa volta? Parlo di un tipo diverso di gioco d'azzardo. Il mio avversario era convinto di potermi sconfiggere sul campo dell'onore, un duello con le pistole... dopo avermi accusato di barare al gioco. Un'accusa ridicola. Avevo segnato solo met del mazzo. la carrozza di un uomo morto? la mia carrozza. Sono venuto qui dalla capitale di corsa dopo aver ricevuto il tuo messaggio. E sulla strada ho comprato dei muli freschi. Deduco che il proprietario della carrozza, l'ultimo proprietario, avesse una scorta di dinero a bordo. Luis sorrise. Sufficiente per permettermi i muli e le carte e le donne, per ora sono al verde. Ma, dimmi, cosa facciamo a Taxco? C' per caso una zecca che dobbiamo rapinare? Una ricca vedova che desidera una lettura di tarocchi? Mara. Temevo questa risposta. Si trova con l'esercito ribelle o in prigione?
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Seduti sulla sua carrozza, fumammo e bevemmo mentre lo aggiornavo su Iturbide e Mara. E sugli agenti di Madero. Ahhh, un uomo che ha ingannato la morte disse di Gomez. Non per molto ancora. Ho osservato lui e i due uomini che ho riconosciuto come agenti di Madero. Gli stanno lontani. un paria, probabilmente a causa della fuga mia e di Mara. Passa il tempo a bere e fottere. Il momento migliore per attaccare un uomo quando ha le braghe calate, eh, amigo? Ma sarebbe sacrilego ucciderlo quando con la sua pula. Il galateo consiglia di aspettare fino a quando ha finito e ha pagato la ragazza. Sono d'accordo che la cosa migliore sia prenderlo quando ha le braghe calate, ma non ho intenzione di mandarlo all'inferno col sorriso sulla faccia. Ho un altro piano.

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Capitolo 108
Attesi fuori dalla pulquera mentre Gomez si rimpinzava di frijoles, tortillas e peperoncini, innaffiando il tutto con il pulque. Si abbuff per ore. Prima o poi la natura avrebbe dovuto fare il suo corso. Non riuscivo a credere che a questo bastardo ci volesse cos tanto per arrivare al gabinetto esterno dietro la pulquera. Da quello zozzone che era non si premur neppure di chiudere la porta. Si cal i pantaloni, mise il suo culo nudo sopra il buco e fece un disgustoso rutto rilasciando dall'altra estremit molli frijoles. Quando si accorse di me, sul suo volto si disegn una strana espressione. Mi fermai accanto a lui, mi chinai e toccai un punto l vicino con il mio cigaro, mentre quello ancora cercava di mettermi a fuoco. Quando vide che mi allontanavo, url: Cosa diavolo state facendo?. Mormorai qualcosa. Cosa? Attesi di essere all'angolo dell'edificio prima di girarmi e gridargli: Saluta il tuo culo, brutto figlio di puttana. Hai la miccia di una bomba accesa sotto il tuo didietro. Feci un passo dietro l'angolo e il gabinetto esplose.

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Capitolo 109
Un pessimo piano comment Luis. Ma almeno salviamo il tuo amore. Che giustizia ci sar nell'impiccarmi per qualcosa di nobile e non per la mia splendida vita peccaminosa? Chissa, forse Dio lo considerer un giusto risarcimento suggerii. Mi sono nascosto da Dio per la maggior parte della mia vita. Attirare la sua attenzione sarebbe un errore di strategia. Camminava al mio fianco. Fermai il carro con l'asino vicino alla cattedrale. La sera stava calando, la citt si era fermata per assistere a una funzione che commemorava la morte del proprietario di una miniera. Poco prima era arrivata la carovana di muli con le provviste per l'emporio che era ancora aperto, senza dubbio su insistenza degli uomini di Madero. Erano in attesa. Avrebbero chiesto notizie dell'inchiostro a chiunque si fosse fermato. Ora sapevo che erano in sei... due sul davanti, due all'interno della bottega e due sul retro. Anche la strana carrozza del generale Luis stava aspettando nei pressi dell'emporio principale, parcheggiata dall'altra parte della strada. Due noi. Sei loro... e Mara presa tra due fuochi. Accidenti... non proprio un bel quadretto. Pensavo di eliminare un altro paio di uomini (Gomez non era l'unico ad avere esigenze fisiologiche) ma la cosa avrebbe potuto destare sospetti. Si erano gi sparse le voci sulla morte di Gomez, ucciso dall'esplosione di gas mefitici. Una spiegazione elementare per gli uomini di Madero, che senza dubbio ritenevano imbarazzante quel derelitto tre-occhi. Mi trovavo sulla strada vicino alla cattedrale quando vidi un giovane e aggraziato cavaliere su un mulo diretto alla bottega. Un camuffamento riuscito. Se non avessi viaggiato con Mara e non l'avessi trasformata io stesso in ragazzo non l'avrei riconosciuta. Feci il segnale convenuto a Luis e mi diressi verso la carrozza. Il giovane cavalc fino alla bottega e leg le briglie del mulo all'anello di un palo l di fronte. Nel momento in cui lei entr nell'emporio, udii un fischio: gli uomini di Madero sul davanti che segnalavano che il sospetto era arrivato.
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Accesi la miccia della carrozza e corsi verso il retro della bottega. La detonazione sembr scuotere il mondo intero. Accidenti... forse avevo messo troppa polvere da sparo. Il boato del carro che Luis aveva parcheggiato vicino alla chiesa si perse nell'esplosione pi grande. Luis avrebbe voluto lasciare che gli animali saltassero in aria insieme al resto, ma io avevo insistito che fossero lasciati liberi prima del grande spettacolo. Le bombe che avevo preparato erano pi lacrimogene che esplosive. L'idea era quella di far convogliare centinaia di persone dalla cattedrale alla strada piena di fumo. Luis stava per lanciare due bombe a mano... ma facendo attenzione, in modo da non ferire nessuno. In altre parole, stava creando un panico di massa, distraendo i due sul davanti. Il primo uomo che mi si avvicin spar un colpo nella mia direzione, ma il proiettile si conficc in terra. Uccisi prima lui, poi il suo amico. La pistola di quest'ultimo fece fuoco, e gli sfugg di mano. Luis si sarebbe occupato dei due sul davanti, che avevano lasciato un'altra coppia di compari dentro l'emporio. Con Mara. E io non avevo tempo per ricaricare. Sentii le sue urla. Irruppi all'interno con il mio machete. Mara stava gi affrontando i due uomini di Madero. Accidenti... ecco perch Dio ha dato i coltelli agli indios. Appena uno dei sicari si gir per guardarmi gli infilai in pancia la lunga lama, sbudellandolo. Mi fiss sorpreso e ormai agonizzante. Nella lotta contro Mara non si era preoccupato di tirare fuori la pistola. Ora lo feci io, e usando lui come scudo ficcai una pallottola in mezzo al petto del suo amigo. Avevo mirato al cuore, ma l'arma non era precisa. Mentre scappavamo dal retro, Mara si rivolse a me con parole gentili. Bastardo, era ora che tornassi! Luis stava aspettando con i cavalli. Dopo che fummo montati in groppa, lanci una bomba barattolo nel retro della bottega. Solo per tenerli occupati disse. L'enorme quantit di fumo diede alla gente l'impressione che l'intera citt stesse ardendo tra le fiamme. Senza dubbio la paura era alimentata dal
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fatto che quasi tutti gli edifici erano di legno vecchio. Cavalcammo fino a fuori citt, lasciandoci dietro cittadini esagitati che cercavano di combattere la furia delle fiamme mentre la milizia si riversava nel centro per soccorrere. Nessuno si accorse che tre pericolosi rivoluzionari criminali si stavano dando alla fuga.

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Capitolo 110
Ci congedammo da Luis. Aveva in programma di tornare nella capitale a cavallo: ricche vedove e giochi d'azzardo lo aspettavano. Per non parlare dell'acquisto di una nuova carrozza e di un altro titolo. E io avevo certi impegni. Il primo con Mara. Non parlammo fino a quando non fummo a pochi chilometri dalla citt. Ci fermammo e smontammo da cavallo per far riposare le bestie. Mi fiss, esaminandomi come se stesse guardando un estraneo. Sul suo viso vidi domande, rabbia... e alla fine sollievo. Mara dissi, ti amo. Davvero? chiese lei, la bocca alterata dal disprezzo. E allora perch sei sparito per cos tanto tempo? Mara, ho attraversato il mondo intero per tornare da te. E non ho mai smesso di pensarti. Credevi che ti avrei aspettato? Che avrei respinto altri uomini mentre tu eri disperso chiss dove, sperando che un giorno saresti tornato? Be'... no, non... io. Ti ho aspettato perch ti amo pi della mia stessa vita. Si fece vicina e, alzandosi sulla punta dei piedi, mi baci. Ci stringemmo come amanti a lungo separati, travolti dall'amore e dalla passione.

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Parte Ventitreesima
Indio nero

Capitolo 111
Il generale Vicente Guerrero si accovacci dietro una scarpata sulla cima di una collina pietrosa. Come al solito, le forze della guerrilla erano in minoranza numerica e peggio armate. La sua unica possibilit era pensare pi velocemente dell'avversario, il tenente colonnello Moya, che con il suo reggimento di fanteria forte di quattrocento uomini avrebbe percorso la stretta discesa della vallata prima di lui. Il reggimento di Moya era sul punto di ricongiungersi con l'Esercito del Sud e con il suo nuovo comandante, il colonnello Iturbide. Guerrero doveva superarli in furbizia. Non poteva contare su nient'altro. Perci, era fondamentale avere una prospettiva migliore del campo di battaglia. Era sopravvissuto a quasi dieci anni di conflitti, met dei quali in veste di comandante dell'ultima grande forza in grado di portare avanti la rivoluzione, e questo grazie a una conoscenza del territorio superiore rispetto a quella del nemico. Il suo avversario, il tenente colonnello Moya, non aveva misteri per lui. Nemico tenace, Guerrero lo aveva gi affrontato in passato, e anche se non aveva sfidato il suo reggimento in battaglia la cosa non lo preoccupava particolarmente. In campo aperto la guerrilla non prevaleva mai. I cittadini irregolari avevano la meglio sulle truppe regolari non in battaglie
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organizzate, ma con una strategia bellica di lenta conquista del territorio, fatta di toccate e fughe, razzia dei rifornimenti, interruzione delle comunicazioni con la cattura dei corrieri e uccisione mirata degli ufficiali. La parola guerrilla era entrata in uso quando il coraggioso popolo spagnolo, combattendo e alla fine sconfggendo un nemico infinitamente superiore e indicibilmente spietato, Napoleone e il suo immenso esercito, aveva cambiato per sempre l'Arte della Guerra. In quel frangente si era sviluppata una nuova tattica, quella di sparare un singolo colpo di moschetto, quindi infilzare e darsi alla fuga... Quella strategia era frutto della necessit. La guerrilla poteva dare a ogni combattente uno o due proiettili di piombo, non palle di moschetto extra, cos non aveva scelta. Il bisogno aguzzava ancora di pi l'ingegno e si era rivelato un metodo percorribile. Aveva spianato la strada verso la vittoria definitiva: poich l'altro metteva in campo una forza enormemente superiore (aveva molte pi palle da moschetto e, rispetto alla guerrilla, era quasi sempre superiore di numero) resistere e lottare era stupido e da suicidio. Bene, almeno l'esercito spagnolo che stava aspettando non lo avrebbe colto alla sprovvista: l'effetto sorpresa era la sua arma segreta. La forza degli spagnoli era costituita da 40 soldati di cavalleria e 360 di fanteria. Guerrero organizz l'imboscata di modo che le truppe di ricognizione non incappassero nei suoi uomini. Inoltre, mise la maggior parte dei suoi alle calcagna della lunga retroguardia delle milizie spagnole. Una squadra pi piccola, nascosta in anfratti rocciosi, sarebbe venuta fuori e avrebbe fatto fuoco sul fronte della colonna, per poi ritirarsi alla svelta. Quando le truppe che salivano sarebbero scattate avanti per prenderli, la guerrilla le avrebbe attaccate sulle retrovie. Osservando il campo di battaglia, Guerrero pens al suo eroe e mentore Javier Mina, il leader della guerrilla che, pi di ogni altro, aveva fatto uso di quella strategia grazie alla quale era riuscito a cacciare i francesi e a guidare l'insurrezione che per un certo periodo era parsa prevalere sugli spagnoli quasi scacciandoli dalla Nuova Spagna. Con immenso e inconsolabile dispiacere di Guerrero, Mina era morto lottando per la causa ribelle nella colonia. Nel 1808 Napoleone dominava la Spagna. Mina, non ancora diciannovenne, aveva lasciato gli studi di legge, e con il benestare dello zio era diventato un leader della guerrilla, il movimento nato allo scopo di
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ricacciare i francesi al di l dei Pirenei. Catturato dai francesi nel 1810, egli aveva poi trascorso quattro anni in prigione. Rilasciato, si era unito al movimento che si opponeva alla rielezione al trono di re Ferdinando. Mina era poi andato in Inghilterra e negli Stati Uniti dove aveva organizzato un esercito di trecento uomini in appoggio al movimento indipendentista della Nuova Spagna. Dopo aver vinto diverse battaglie, in un caso contro una forza spagnola sei volte pi grande della sua squadra, era stato catturato e fucilato sommariamente. Nonostante al momento della morte avesse solo ventotto anni, Mina aveva avuto pi esperienza di vita della maggior parte delle persone vissute tre volte tanto. Anche il trentottenne Vicente Guerrero aveva capito di essere passato attraverso la cruna di un ago. Da indio nero - la madre era india e il padre aveva sangue africano e spagnolo -, con trascorsi da mulattiere, era infatti diventato un capo ribelle. A differenza dei leader della rivolta che lo avevano preceduto, e cio padre Hidalgo e padre Morelos, con alle spalle studi ed esperienza di mondo, Guerrero era analfabeta. Ma aveva ovviato a questa mancanza di istruzione con un grande istinto per le tattiche militari. E infatti, dopo pi di dieci anni di lotta, poteva tranquillamente affermare di aver perso solo alcune battaglie, non la guerra. Consapevole della propria debolezza, aveva capito che parte del suo successo dipendeva dalla conoscenza del territorio e degli abitanti, retaggio delle sue radici indiane e africane. Teneva sotto il proprio controllo la maggior parte di quell'aspra regione rurale che da Taxco arrivava alle spiagge di Acapulco, ma era abbastanza scaltro da non avventurarsi in un combattimento in campo aperto per cercare di conquistare grandi citt. Iturbide, il nuovo comandante dell'Esercito del Sud, poteva contare su una forza di duemilacinquecento uomini, tra cui quattrocento soldati molto leali provenienti dal suo vecchio reggimento di Celaya. Le squadre di Guerrero erano la met, ma molto pi forti. Da sola, bastava questa cosa a creare uno stallo. Se infatti Guerrero avesse tentato di prevalere in modo definitivo, il vicer avrebbe potuto riversare in battaglia migliaia di truppe. Guerrero aveva dimostrato molte cose, circa la forza dei peones della
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colonia, compreso il fatto che gli uomini e le donne di colore e di sangue misto erano coraggiosi e intelligenti come qualunque altro spagnolo, che il concetto di purezza di sangue che determinava il posto nella vita di ciascuno era una menzogna e una perversione. Egli si era battuto affinch tutti i popoli avessero diritti economici, politici e sociali a prescindere dal loro sangue. Con la nascita del movimento indipendentista, padre Hidalgo aveva chiamato i patrioti all'azione contro i gachupnes. Il padre di Vicente, Pedro, appoggiava la parte spagnola, convinto che l'emancipazione razziale potesse essere raggiunta pacificamente. Quando Vicente gli aveva annunciato che stava per unirsi all'insurrezione, padre e figlio avevano avuto un'accesa discussione politica mentre il ragazzo era intento a caricare il proprio mulo per il viaggio a Bajo dove Hidalgo stava radunando l'esercito. All'inizio Pedro aveva implorato Vicente, il suo unico figlio, e poi lo aveva ripudiato dichiarando che nessun membro della famiglia avrebbe pi dovuto rivolgergli la parola. Vicente si era cos diretto verso Acapulco, sulla costa del Pacifico, per unirsi alla rivolta, raccogliendo altre forze lungo la strada. Anche padre Jos Morelos, il prete ribelle dalla pelle scura, aveva sangue misto. Nonostante fosse un ministro di Dio, come Hidalgo, i due avevano storie molto diverse. Al pari di Vicente, Morelos aveva fatto il mulattiere nella regione di Acapulco. Suo padre era un falegname. Per evitare le rigide leggi discriminatorie contro le persone di sangue misto, alla nascita era stato registrato come spagnolo purosangue, ma la madre aveva radici indiane e africane. Prima di frequentare il seminario, Morelos aveva lavorato per anni. Nel periodo degli studi era praticamente morto di fame. Al contrario, i genitori di Hidalgo erano criollos di sangue puro e haciendados. Mentre Hidalgo aveva messo insieme una marmaglia che per spirito e obiettivi assomigliava pi alla Crociata dei Bambini che a un'unit militare, Morelos aveva imparato a combattere alla maniera degli iberici, cio con la guerriglia. Promosso generale da Hidalgo, era poi tornato nell'accidentata regione di Acapulco da dove aveva lanciato una rivoluzione popolare, mentre l'esercito di Hidalgo incontrava gli spagnoli che alla fine lo avevano sconfitto.
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Morelos aveva assegnato al ventisettenne Guerrero il compito di servire sotto l'ufficiale Hermenegildo Galeana, discendente di un marinaio che aveva abbandonato una nave pirata inglese e si era sistemato a San Jernimo, a un giorno di cammino dalla costa di Acapulco. Padre Hidalgo aveva affrontato il plotone d'esecuzione nel 1811. Morelos, trinceratosi nella regione di Acapulco, aveva continuato la sua battaglia fino a quando non fu catturato e fucilato nel 1815. Nei cinque anni passati dalla morte di Morelos, Guerrero non aveva mai smesso di tenere accesa la fiamma della rivolta...

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Capitolo 112
Alla fine la truppa del tenente colonnello Moya cadde nella trappola tesa da Guerrero. Quando l'avanguardia della cavalleria e della fanteria spagnola si trov sotto il tiro dei moschetti, Guerrero diede l'ordine di aprire il fuoco. Poi, dopo una prima raffica, ordin la ritirata. Nello scorgere le schiene dei ribelli, la cavalleria che era in testa si mise al loro inseguimento, allontanandosi rapidamente e separandosi dalla milizia di fanteria. A quel punto, Guerrero alz la mano e sussurr: Ora, amigos. Il suo trombettiere suon il segnale e la sua seconda squadra attacc la retroguardia della colonna, infliggendo perdite e impossessandosi di animali da soma. Mentre le truppe che salivano facevano dietrofront per recarsi sulle retrovie, dieci uomini sbucarono da un'altra roccia, spararono e si ritirarono in modo da ritardare il salvataggio. Il loro scopo non era annientare l'avversario. Lo scontro con il reggimento di Moya era stato violento. Un ribelle ferito - contro i quattro soldati del re uccisi e molti altri feriti, e la perdita di otto muli che portavano rifornimenti - era gi una vittoria significativa per Guerrero. Uno dei muli trasportava una botte di raffinato brandy spagnolo destinato al nuovo comandante dell'Esercito del Sud. Quella notte, davanti a una cena sul fuoco da campo, Guerrero fece un sarcastico brindisi al generale Iturbide, il quale, pur non essendo naturalmente presente, oltre ad averli omaggiati di siffatto ben di Dio, aveva sofferto un'altra piccola perdita per mano di uno squadrone di guerriglieri. Muchas gracias, General.

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Parte Ventiquattresima
Il cambio della guardia

Capitolo 113
Accidenti... seor alchimista, la modestia per le vedove e le signorine disse Mara, dopo che avevo rifiutato l'incarico di colonnello nell'esercito rivoluzionario. Avevo accettato il ruolo di responsabile degli armamenti della guerrilla, ma non volevo indossare un'uniforme n sottostare al bench minimo addestramento militare praticato dai ribelli. Mara mi accus di non volere vestire l'uniforme per riuscire a scappare dalle truppe del re con pi facilit in caso di bisogno... Come potevo controbattere? Quella donna leggeva nella mente. Avendo fatto esperienza di un mondo di canaglie che andavano da selvaggi mangiatori di uomini ad avidi sultani a re pirati, ero cinico su tutto eccetto che sul mio amore per Mara e sul desiderio di conficcare un paletto nel cuore dei gachupnes. Non avevo lottato e non mi ero fatto strada nel mondo per tornare a essere l'umile indio su cui i gachupnes si potevano pulire i loro stivali infangati. Prima di organizzare un'area delle munizioni dove riparare le armi e lavorare alla polvere da sparo, accettai l'incarico del generale Guerrero di portare il messaggio di risposta a Iturbide, e Mara mi accompagn. All'alba, ci dirigemmo verso Chilpancingo, il luogo delle vespe. Risalente a duecento anni prima, la cittadina sorgeva nella Sierra Madre del Sud lungo il fiume Huacapa. I ribelli la consideravano importante per essere stata la sede del primo congresso rivoluzionario organizzato da
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padre Morelos e luogo di battaglie contro i seguaci del re. Mara mi raccont che Iturbide teneva quella zona sotto continua sorveglianza, non solo perch aveva una posizione strategica sulla Via della Porcellana, ma anche perch in passato era stata occupata dai ribelli. Parlammo un po' anche delle nostre vite. Nonostante fosse a conoscenza della mia precedente attivit a favore della rivoluzione sembrava ancora scettica sul mio coinvolgimento nella causa. Il fatto che avessi tenuto nascosti i miei rifornimenti di polvere e pistole ai ribelli la rendeva furiosa. Pensava che l'avessi tradita. Non sapeva che l'avevo fatto per proteggere lei e la causa. Sapevo gi che non avrei potuto spuntarla con questa donna. Poi fu il mio turno di esprimerle alcune perplessit sulle sue scelte. Sentivo che si stava mettendo in una posizione sempre pi pericolosa, lasciando trapelare cos tante emozioni nei suoi libelli. Avrebbe dovuto immaginare che la sua trasferta a Taxco per l'inchiostro sarebbe stata controllata. A un certo punto del nostro viaggio, tuttavia, passai il limite. La guerra affare da uomini proclamai in tono categorico. Ancora una volta, ebbi la sensazione di essere travolto da un'onda di tsunami alta trenta metri. Mi descrisse in dettaglio tutte le eroine della rivoluzione, tra cui la donna che Iturbide aveva ordinato di uccidere. Tuon: Manuela Medina, Mara Fernanda Creek, Mara Luisa Martnez, Gertrudis Bocanegra, tutte morte combattendo. Antonia Nava era un generale che vinse molte battaglie. E ci furono La Corregidora, doa Josefa che innesc la rivoluzione mandando ad avvisare Hidalgo e Allende sul loro arresto imminente. Mara Tomasa Estvez, assieme ad altre donne e uomini, affront il plotone d'esecuzione ordinato da Iturbide senza processo. E Gertrudis Bocanegra Mendoza non fu da meno nell'affrontare il plotone, lei che aveva creato una rete sotterranea di donne che combattevano per la libert. Fu fatta prigioniera, torturata per estorcerle i nomi dei cospiratori, che lei non fece mai, e poi uccisa. Aveva cinquantadue anni e quattro figli adulti, tutti reclutati nella rivoluzione. Prima di morire, suo marito, suo figlio e suo genero erano caduti in battaglia. La mia vita pi importante di quella di queste donne coraggiose? chiese Mara.
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Lo per me dissi io. Lei ripag il mio amore con uno sguardo cos tagliente da incidere un diamante. Mi arresi a quell'occhiata austera. Avevo capito che il disprezzo di una donna poteva essere pi letale della pistola di un uomo.

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Capitolo 114
Il generale Guerrero mi aveva chiesto di valutare la proposta di Iturbide. Nel caso avesse avuto un piano per l'indipendenza che io avessi ritenuto ragionevole e soddisfacente, dovevo riferirgli che Vicente avrebbe acconsentito a incontrarlo vicino alla citt di Acatempan. Il luogo esatto dell'appuntamento non sarebbe stato fissato fino a quando la guerriglia non si fosse accertata che i seguaci del re non stessero preparando una trappola. Raggiungemmo Chilpancingo, dove dovevo parlare con Iturbide. Dissi a Mara di tenersi pronta a darsi alla macchia se non avessi fatto ritorno. Le dissi anche che ero convinto che Iturbide, essendo non un gachupn ma un mollo stufo di essere comandato da uomini nati in Spagna, volesse davvero unirsi alle forze di Guerrero. Quello che desidera Iturbide la vera indipendenza dalla Spagna dissi a Mara. un trabocchetto per intrappolarci e ucciderci ribatt lei. No, un miracolo. La rivoluzione andata avanti per undici anni. Sono morte centinaia di migliaia di persone, e non ci sono stati vincitori. Sono sorpresa che Vicente abbia accettato l'invito di Iturbide disse Mara. troppo furbo per finire in una trappola. Ha accettato perch ha visto l'opportunit di porre fine a questa situazione di stallo. Iturbide mi salut come un vecchio compagno, ma solo perch avevo qualcosa che gli interessava. Arriv subito al punto. Ci allontanammo da orecchie indiscrete e mi illustr la proposta: un'unificazione delle forze sotto il comando congiunto suo e di Guerrero e una marcia su Citt del Messico per scacciare i gachupnes. Ora Madrid troppo debole per sostenere il vicer. Deve ottenere il sostegno dei capi mollo nelle colonie. Questo sostegno verr meno quando i miei compagni criollos vedranno che io e il generale Guerrero stiamo portando pace e prosperit alla colonia. Si ferm e mi guard. Ho gi un piano da mettere in atto dopo la fuga dei gachupnes
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prosegu, un piano che render la colonia una nazione indipendente.

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Capitolo 115
Acatempan, febbraio 1821 Guerrero fu fedele alla parola data. Quando organizzai l'incontro serale con Iturbide in una radura fuori Acatempan in una fredda notte di febbraio, il generale ribelle arriv puntuale sul suo destriero preferito: un grande roano dalla groppa larga. Indossava informali abiti neri, un liso cappello di feltro in tinta a tesa larga sulla cui base bassa c'era una banda nera di cuoio abbellita con conchos d'argento, e stivali da cavallo di cuoio color ebano con gli speroni a rotelle. Iturbide invece vestiva con un'uniforme scura disegnata da lui e un cappello corto e cilindrico da generale. Il risvolto della divisa era carico di medaglie. L'abbigliamento delle rispettive guardie d'onore rifletteva quello dei loro superiori: gli irregolari di Guerrero erano in tenute da combattimento, gli uomini di Iturbide indossavano uniformi spagnole. I due uomini smontarono da cavallo e si studiarono in uno strano silenzio, rimanendo a qualche passo di distanza l'uno dall'altro. Per pi di un decennio si erano combattuti come nemici giurati, provando a eliminarsi con ogni mezzo possibile. Ogni volta che si erano incontrati era finita nel sangue. Anche adesso, ognuno portava una bandoliera sul petto. Per un momento mi chiesi se fossero passati alle armi. Il primo a parlare fu Iturbide, con un tono amichevole ma pomposo. Sono onorato di incontrare un patriota che come me ha a cuore il sogno di indipendenza e di libert. Siamo entrambi sopravvissuti a spaventosi versamenti di sangue e disastri, e nonostante tutto siamo riusciti a tener viva la sacra fiamma e il sogno di libert... un sogno la cui realizzazione credo sinceramente sia alla nostra portata. E io, seor, sono felice che il mio paese riacquisti un figlio il cui valore e le cui capacit tanto si sono adoperati per mantenerlo integro replic Guerrero. Con mio profondo sbigottimento gli occhi di Iturbide si riempirono di lacrime. Poi Guerrero gli diede un abrazo.
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Si accordarono con strabiliante rapidit. Iturbide e Guerrero avrebbero fatto pubblicare un piano congiunto che avrebbe reso la colonia indipendente dalla Spagna. Il Messico Indipendente avrebbe dovuto sottostare a tre condizioni fondamentali: la creazione di una monarchia dai poteri limitati (il trono sarebbe stato offerto a un principe spagnolo); il cattolicesimo come religione di Stato, e l'eguaglianza razziale. Le forze di Guerrero e Iturbide si sarebbero unite per formare l'Esercito delle Tre Garanzie. Realizzai che il piano era stato studiato in maniera intelligente: creava una monarchia che accontentava la Chiesa e i conservatori e proclamava l'indipendenza che tanto stava a cuore ai ribelli. Ma sapevo troppo bene che le parole sulla carta non sempre si riflettono nelle azioni di chi le ha pronunciate, e che ci che stava accadendo in quella radura della colonia aveva pi a che fare con eventi della lontana madrepatria che con quelli della Nuova Spagna. La Penisola iberica era alle prese con un caos politico e militare. Dopo che Ferdinando VII aveva tradito i guerriglieri che avevano salvato il paese dai francesi, i liberali spagnoli avevano messo alle strette quel re impopolare, costringendolo a concessioni politiche. Queste concessioni terrorizzavano i criollos della Nuova Spagna. Nonostante disprezzassero il ruolo dei gachupnes della madrepatria, erano rimasti i soli a godere della loro vasta ricchezza. E non si preoccupavano della Chiesa. La maggior parte dei beni del paese era in mano ai conservatori, criollos proprietari terrieri e Chiesa. Queste due fazioni ricche e potenti si erano rese conto che nel momento in cui in madrepatria i liberali avessero avuto libert d'azione, nella colonia il potere sarebbe andato al movimento rivoluzionario. Di fronte all'inevitabile, i ricchi criollos e la Chiesa avevano stretto una strana e segreta alleanza per liberare la colonia dalla dominazione spagnola: avevano deciso di interrompere la guerra ai rivoluzionari e di rendere la colonia indipendente dalla Spagna, ma conservando il pi possibile lo status quo. Iturbide aveva combattuto contro Hidalgo, Morelos, Guerrero e la maggior parte dei capi ribelli per pi di un decennio: ora, dopo quasi undici anni di confronto sanguinoso, i comandanti degli eserciti nemici avrebbero unito le forze e lottato per l'indipendenza del Messico. Questa coalizione avrebbe avuto la prima opportunit di successo da
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quando Corts si era impossessato dell'Impero azteco. Iturbide disse che bisognava stampare e distribuire un centinaio di copie del piano per assicurarsi che i suoi soldati e i criollos lo appoggiassero. Guerrero cambi la formulazione proposta da Iturbide: la terza clausola, quella sull'eguaglianza razziale, era troppo vaga. La fece riscrivere facendo specificare che tutti gli uomini, inclusi i neri, gli indios e i sangue misto, avevano diritti civili. I due nemici di lungo corso si abbracciarono ancora come vecchi amici... La gente ricorder questa notte per sempre bisbigli Mara. Cosa? Questo abrazo di Acatempan. L'abbraccio di Acatempan. Il giorno in cui tutti i messicani diventarono liberi ed eguali. molto triste che tanti patrioti non siano vissuti abbastanza per assistere a questo momento. Mentre ci allontanavamo dai due capi, Mara disse: Ha acquisito alto rango e ricchezza con il sangue. Chi? Iturbide. Ha ucciso migliaia di persone. Alzai le spalle. Anche Guerrero. Non c' paragone. Vicente Guerrero lottava per la libert di tutti. Lottava contro despoti e tiranni. Iturbide serviva coloro che desideravano renderci schiavi e sfruttarci. Sapevo che aveva ragione, lo sapevo perch conoscevo Iturbide: il concetto di democrazia era totalmente estraneo a quell'uomo. Ora per era il tempo della speranza, non dei dubbi. Lei rimase in silenzio per un momento e poi mi chiese: Pu una persona che ha lottato brutalmente contro l'emancipazione cambiare improvvisamente pelle ed esprimere un desiderio di libert e di eguaglianza?. Lo scopriremo presto. Nella tipografia segreta della vicina cittadina di Iguala, Mara stamp la dichiarazione che racchiudeva la clausola con la libert e l'eguaglianza per tutti i peones: neri, indios, mestizos e mulatti. Pianse di gioia nel rileggerla. Poi per mi confess le sue perplessit su Iturbide, cos tronfio e pieno di autocompiacimento. Continuo a chiedermi, Juan disse, se ci libereremo di un tiranno per... un altro.
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Mentre stavo portando il materiale stampato a Iturbide, una vecchia conoscenza usc ridendo dalla tenda del generale: Madero, il capo della Polizia segreta del vicer. Vi servir bene, generale. Il mio palo da tortura lavorer senza sosta per tenervi informato. Girai l'angolo della tenda cos che non mi potessero vedere. Non riuscivo a credere alle mie orecchie! Quel maledetto bastardo torturatore ora era il capo della polizia di Iturbide. Prendi le tue cose. Ce ne andiamo dissi a Mara. Dove? Hai ragione. Malgrado le dichiarazioni, Iturbide si alleato con quell'assassino di Madero. Guerrero non pu fidarsi di Iturbide. Avr bisogno di un alleato forte. Chi? Guadalupe Victoria.

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Parte Venticinquesima

L'arte della guerra l'arte dell'inganno. Sun Tzu

Capitolo 116
Giungla, regione di Veracruz L'uomo scalzo e mezzo nudo fissava il grappolo di tortillas che pendeva da un albero. Gli ricordava quel pollo vivo che aveva visto agganciare dai cacciatori a un ramo per attirare il giaguaro, il re della giungla. Se non fosse stato affamato - consumato da pi di due anni di fughe e di espedienti, durante i quali aveva mangiato qualunque cosa avesse trovato o gli fosse riuscito di catturare a mani nude - non si sarebbe neppure fermato a fissare quelle tortillas. Era stato lontano dalla compagnia degli uomini, dal cibo cucinato, dalla musica e dalla conversazione cos a lungo che bastava un pugno di tortillas a fargli rivivere la sensazione dei giorni pi felici, dei momenti pi sereni. Non era sempre stato un pallido selvaggio nudo che si nascondeva nell'intricata e soffocante giungla con nient'altro addosso che una coperta sfilacciata sulle spalle. Un tempo aveva cavalcato a testa alta alla guida di
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un esercito. Si chiamava Guadalupe Victoria, anche se questo non era il suo vero nome. Era stato l'uomo pi ricercato della colonia. Il fatto che le truppe non perlustrassero pi i cespugli per stanarlo non indicava disinteresse, ma solo che tutti lo credevano morto. Per coloro che volevano impedire la trasformazione della colonia in una repubblica fondata sulla libert e sull'eguaglianza, era l'uomo pi pericoloso di tutti... ... Quel miserabile escapado si chiamava don Jos Fernndez y Flix ed era nato nel 1786 da una rispettata famiglia di criollos. Aveva adottato il nome di battaglia Guadalupe Victoria - la vittoria di Guadalupe - come tributo alla rivoluzione e al santo patrono della Nuova Spagna. Come Mina, aveva abbandonato gli studi di legge per lottare nella rivoluzione, unendosi all'esercito di Morelos nel 1812, dopo la caduta e la morte di Hidalgo. Durante l'assedio di Cuautla - quando Morelos e gli altri insorti erano fuggiti dalla citt dopo un assedio lungo e sanguinoso e il perfido generale spagnolo Calleja (che sconfisse Hidalgo nella battaglia finale) aveva massacrato selvaggiamente gli abitanti era stato ferito gravemente alla gamba. All'interno dell'esercito di Morelos, Guadalupe aveva bruciato le tappe. Nel 1814 Morelos lo aveva promosso colonnello , mandandolo ad assistere il generale ribelle che controllava l'area di Veracruz. I punti di forza della Spagna erano Veracruz sull 'Atlantico e Acapulco sul Pacifico, anche se Veracruz era di gran lunga pi importante. Se fossero riusciti a controllare la strada Veracruz Jalapa i ribelli avrebbero potuto strangolare economicamente gli interessi spagnoli. Victoria era di corporatura minuta, riccio di capelli e con un carattere amabile e gentile . Il comandante della regione di Veracruz dichiar subito che era troppo debole e incompetente per quel ruolo. Si sbagliava. Victoria era non solo brillante, ma anche coraggioso e intelligente. un eccellente tattico. Galoppava da una linea di difesa all 'altra. Era sempre il primo ad attaccare il nemico e l'ultimo a ritirarsi.
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I locali vedevano di buon occhio la ribellione , ma non si fidavano degli insorti perch molti di loro erano poco pi che banditi e assassini. Victoria, invece, trattava i prigionieri con rispetto, non li torturava n li uccideva in modo crudele come facevano gli altri generali. La gente lo ripagava con una lealt che non riservava agli altri capi ribelli . I suoi uomini lo chiamavano Don Guadalupe, mentre altri capi ne ridicolizzavano il soprannome. Alcuni detrattori lo liquidavano come un esempio di vanit romantica. Dopo la morte di Morelos nel 1815, il governo spagnolo offr l'indulto a coloro che desideravano deporre le armi . Molti capi e soldati comuni accettarono, lasciando i due leader a lottare nelle principali riserve economiche della colonia: Guerrero nella regione di Acapulco e Victoria a Veracruz. Mentre la resistenza nelle altre aree si stemperava, gli spagnoli concentrarono il loro sforzo sulla cattura di Victoria, il quale non era importante solo per Veracruz, ma, insieme a Guerrero, era il simbolo della vitalit incessante del movimento di indipendenza. Ed era un criollo. Per venti volte, l'organo ufficiale del vicer, la Gazzetta Messicana, aveva annunciato che Victoria era stato ucciso; poi quello all'improvviso riappariva alla testa di un gruppo di guerriglieri, lanciava un attacco e spariva di nuovo... Gli spagnoli adottarono una nuova tattica nell 'area di Veracruz: ogni villaggio sospettato di dare aiuto ai ribelli venne bruciato, le sue terre confiscate e i suoi abitanti arrestati e spesso ridotti in schiavit. Usando forze soverchianti e metodi brutali, l'esercito della Corona sconfisse le truppe di Victoria. Egli, profondamente consapevole della disperazione e della paura non solo dei suoi uomini, ma anche della gente comune, il cui appoggio era fondamentale, non volendo n arrendersi n chiedere il perdono, decise di nascondersi nella giungla in attesa degli eventi. Scomparve nella selva alla fine del 1818, sfuggendo a ricerche massicce e alle intimidazioni rivolte a coloro che appoggiavano la causa. Fin per vivere come un eremita, mangiando i frutti della terra e spostandosi di continuo . Aveva i capelli incolti e lunghi e gli abiti stracciati. Era emaciato e scalzo, la pelle e i
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piedi massacrati dalle spine. I lividi e i tagli suppuravano in infezioni e si riempivano di parassiti, e spesso veniva colpito dalla febbre. Alla fine, dopo che fu ritrovato un corpo che venne identificato come quello di Victoria, la caccia fin. Due anni e mezzo dopo, nel febbraio 1821, il movimento d'indipendenza torn alla ribalta con Iturbide e il Piano di Iguala. Quando a Veracruz giunse voce del Piano di Iguala, due seguaci cercarono speranzosi di rintracciare Victoria vivo. Trovarono l'impronta di quelle che un tempo erano state delle scarpe e riconobbero che appartenevano a un uomo bianco. Uno degli indios leg le tortillas a un ramo bene in vista. Molti giorni pi tardi, Victoria trov le tortillas e scorse gli uomini, che per scapparono alla vista di quello strano essere, fermandosi solo quando Victoria url il proprio nome. Emaciato, aveva barba e capelli lunghi e unghie ormai trasformatesi in artigli. A coprire la sua nudit solo la coperta sbrindellata. Fu condotto dai messaggeri di Guerrero che avevano dato inizio alla sua ricerca. Don Guadalupe disse Juan, la vostra gente ha bisogno di voi.

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Capitolo 117
Dopo aver salvato Guadalupe Victoria da morte certa, io e Mara tornammo dal generale Guerrero che aveva un'altra missione per noi. Ci mise a parte che due eserciti si stavano muovendo lentamente verso Citt del Messico, ma che Iturbide aveva bisogno di ottenere l'appoggio dei suoi criollos di Bajo prima di tentare di prendere la capitale. Prima di attaccare la citt, ci sono da fare un paio di cosette per la rivoluzione disse Guerrero. Una delle cosette era distribuire la dichiarazione sul piano del governo che i leader avevano sottoscritto. Non un piano perfetto ci spieg Guerrero, ma accontenta tutte le classi sociali, anche la Chiesa. Dobbiamo farlo conoscere alla gente in modo che non continuino ad appoggiare il vicer per paura di perdere i loro possedimenti. Solo i gachupnes possono temere una perdita. Voleva che stampassimo e distribuissimo migliaia di libelli nella capitale, sperando di non essere arrestati. Possiamo stamparli qui e portarli in citt? chiesi a Mara. No. Le guardie cittadine potrebbero scoprirli facilmente durante un controllo. Nella capitale giunta voce che la rivolta si estesa e che l'intera colonia in subbuglio. I carichi che prima passavano inosservati ora verranno ispezionati. Ci sono tre tipografie, nella capitale disse Guerrero, voi dovrete accedere con discrezione a una di esse per il tempo sufficiente a stampare il libello. I tipografi preparano libelli per alcuni scrittori intervenne Mara, e affittano il loro equipaggiamento ad altri perch stampino ci che desiderano. Ma stanno attenti a non lasciare che le loro presse vengano usate per scopi sovversivi. Forse conosco qualcuno che ha accesso a una pressa dissi, pensando a quel verme di Lizardi. Credo che potrei convincerlo a sostenere la causa. La seconda cosetta era valutare la preparazione del vicer nella difesa della citt. Prendete quattro validi uomini ci ordin Guerrero, e date loro muli
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resistenti. Usateli per farmi pervenire le vostre osservazioni. Rigorosamente a voce. Non mettete niente per iscritto. Partii per la capitale con Mara e quattro membri della guerriglia. Avevo caricato i muli con cimeli religiosi prodotti nell'area, nella speranza che, se fossimo stati fermati e perquisiti dalle forze del re, non avrebbero tartassato dei poveri pellegrini. Caricai pistole, moschetti e munizioni. Questa volta anche denaro e cibo. Avevo imparato a non affidare a Mara niente di pratico.

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Capitolo 118
Citt del Messico Dopo aver affittato una casetta con annessa la stalla affinch non mi prendessero per un simpatizzante dei rivoltosi, io e Mara andammo a trovare Lizardi. Quel topo di biblioteca era ancora pieno di uno zelo rivoluzionario proporzionale al fatto che non doveva combattere e versare il proprio sangue. E, stranamente, non era restio all'idea di aiutarci. Ammirava Iturbide cos tanto che chiese: Perch un principe dei criollos come Iturbide dovrebbe allearsi con indios e bandidos come voi e quel mascalzone di Guerrero?. Non mi ci volle molto per perdere la pazienza. Premendogli il coltello contro la gola, dissi: Non ho dimenticato ci che avete fatto, Lizardi. Lo sbattei contro un muro, gli tenni ferma la trachea con un avambraccio e con l'altro gli punzecchiai la carotide con la lama. Possa Dio perdonarmi per avervi ingannato, amigo implor lui piagnucolando, annaspando alla ricerca d'aria. Avete messo i poliziotti del vicer alle calcagna di Mara dicendo loro di seguire l'inchiostro. Non stato gentile, da parte vostra, considerando che le avevate anche rubato ci che aveva scritto. Gli titillai la gola con forza sufficiente a far uscire un po' di sangue prima di allentare la pressione e lasciarlo respirare. Qualche volta di notte stampo cose mie disse. Forse potrei farvi le copie di cui avete bisogno. O, ancora meglio, voi due potreste stamparvele da soli, mentre io sono all'Opera sotto gli occhi di dozzine di testimoni. Voi avete paura dissi, sorridendo maliziosamente. Mi piace, ma almeno significa che starete attento. Ricordatevi solo che io sono un avversario da temere. Se mi costringerete a tornare da voi una seconda volta, non sar cos clemente. Vi far ingoiare i vostri cojones dopo averli annaffiati con il miglior brandy de Jerez. Dopo aver preso accordi con quel verme ed essermene andato, dissi a Mara: Non tutti vorranno seguire il generale Guerrero e Iturbide. Met delle persone si fida di Guerrero e odia Iturbide. L'altra met la pensa in maniera diametralmente opposta. Ma quasi tutti i criollos si tengono ben
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stretto il loro oro, temendo che possa essergli strappato dai revolucionarios. Arriv nuovamente la piccola serpe. Io e Mara stampammo i libelli e li facemmo distribuire di nascosto ai nostri amici della guerrilla.

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Capitolo 119
Nel frattempo, cercai di raccogliere informazioni sui piani del vicer per la difesa della citt. Avevo sempre pensato che i posti migliori per ottenere ragguagli fossero le pulqueras e le locande dove i soldati bevevano, giocavano... e parlavano. Durante i miei giri, m'imbattei in un vecchio amico che aveva sacrificato i proventi di una truffa ai danni di una vedova alla Santa Trinit: Donne, Vino e Carte. Quindi era tornato a truffare, e i suoi compagni lo avevano appena beccato a barare e a farli perdere. Lo intercettai proprio mentre quelle teste calde erano sul punto di aprirlo dalla gola ai testicoli con un coltello da macellaio uncinato. L vicino c'era un sacco aperto pieno di salgemma. Avevano davvero intenzione di scuoiarlo e di salare e mettere in salamoia la sua carcassa come un cervo. Dios mio, entro breve la situazione sarebbe precipitata. Feci volare una sedia contro il muro - giusto per attirare l'attenzione - ed estrassi le mie pistole. Nessuno si azzardi a uccidere o a mutilare quell'uomo! gridai con enfasi. Ci trovavamo decisamente in minoranza, ma la mia scenata aveva permesso a Luis di svincolarsi dalla loro presa e di appoggiarsi con la schiena contro di me. Uccisi un uomo che mi aveva puntato una pistola in faccia e un altro che aveva introdotto un coltello nella sparatoria. Usai la pistola per lo pi a mo' di mazza. Riuscimmo a fuggire, arrivando alla casetta che avevo affittato con Mara. Ah, amigo disse Luis elettrizzato, sono davvero contento che tu mi abbia trovato. Mi hai di nuovo salvato da un destino peggiore della morte, peggiore che essere beccato a barare. Ero cos disperato per la mancanza di dinero, che stavo realmente considerando l'ipotesi di cercarmi un lavoro. Ma se non sei neanche capace di portare un secchio di sentina! Ehi, pensavo a qualcosa peggiore di questo. Cosa ci potrebbe essere di peggiore? Sono cos al verde che avevo pensato di lavorare per il vicer alla cava
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di polvere nera. Chapultepec? chiesi. Esatto. Chapultepec, che i miei antenati aztechi chiamavano la Collina delle Cavallette, era una montagnetta vicino alla citt. Alta circa sessanta metri, ospitava il palazzo d'estate del vicer, in realt un forte costruito come rifugio in caso di necessit. Il vicer aveva anche una grande cava sul fianco della collina trasformata in un deposito di polvere da sparo. Ero sicuro che quando l'esercito di Iturbide avesse raggiunto la citt, il vicer avrebbe distribuito la polvere da sparo alle forze di difesa, che proprio quel giorno stavano arrivando in gran numero. Un ufficiale della guardia disse Luis, dopo aver scoperto la mia abilit nel maneggiare la polvere da sparo mi ha offerto un lavoro. E, vista la mia profonda disperazione, l'avrei accettato, anche se pericoloso come il diavolo e se penso che Guerrero ha preso di mira tutta quella polvere e vuole impadronirsene o farla saltare. In quel momento mi resi conto che dopotutto avevamo qualche speranza di successo...

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Capitolo 120
Io e Luis osservammo di nascosto il movimento della polvere da sparo fuori e dentro la cava. Constatammo anche che i cannoni e le palle erano stati radunati nel cortile all'aperto. I muli trasportavano i cannoni su carri a due ruote. Qualche volta passavano altri barrocci carichi di palle. L'apertura della cava era stata rifinita con la malta e attrezzata con pesanti porte di legno spesse sessanta centimetri. Un muro compatto in adobe alto un metro e mezzo recintava l'area. Una volta arrivati alla postazione di guardia, che era l'unica via d'accesso, i vagoni che trasportavano la polvere da sparo venivano ispezionati con cura, cos come venivano perquisiti i carichi di palle di cannone. Solo i cannoni passavano praticamente inosservati. Il trasporto della polvere da sparo mi era familiare perch l'avevo fatto anch'io. Sapevo che la polvere finita poteva essere immagazzinata solo in barilotti di rame e trasportata in borse di pelle sigillate. Il fondo del vagone doveva essere rivestito di cuoio e se possibile, per evitare di produrre scintille, nei vagoni non si doveva usare n metallo n assi di legno. La polvere da sparo veniva trainata fino al recinto in barilotti di legno simili a piccoli otri da vino. La cosa rendeva pi facile farli esplodere, ma l'obiettivo non era far saltare in aria un carro. Volevo far esplodere l'intera cava. Per fare ci, pensai di mandare un barilotto nella cava con un doppio fondo contenente una miccia accesa. Non fattibile sottoline Luis. Se la miccia nascosta si spegner per mancanza d'ossigeno. Se faremo dei fori per l'aria la vedranno, la udiranno e ne sentiranno l'odore... o pi probabilmente, acceso il barilotto, il vagone pieno di polvere da sparo ci far saltare in aria prima di raggiungere la cava o il recinto. La negativit di Luis era alimentata dalla sua scarsa affezione per la causa. Egli preferiva l'azione di un tavolo da gioco, convinto com'era di essere pure incredibilmente fortunato. Lo misi a conoscenza del fatto che avevo escogitato un piano sicuro. Faremo esplodere la cava colpendola con una cannonata. Luis mi fiss allibito. Non l'avevo mai visto restare senza parole,
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neanche durante un tifone, ma ora mi guardava incredulo. Tu sei loco en la cabeza bisbigli infine.

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Capitolo 121
Mara non rimase impressionata dal mio piano. un suicidio fu il suo commento lapidario. Forse. E anche se riuscisse tu finiresti ridotto a pezzettini. Probabile. Il mio piano si basava sul fatto che le guardie ai cancelli del recinto non ispezionavano i cannoni... non c'era ragione di farlo, perch lo scopo del controllo era di assicurarsi che i ribelli non si nascondessero tra i vagoni. Un cannone un cannone dissi loro. Le guardie non si accorgeranno se ne introdurremo uno con un vagone come se fosse destinato all'arsenale. E cosa ci facciamo con questo cannone... sempre che ne troviamo uno alla pi vicina pulquera? Lo caricheremo con una palla e della polvere. Non si pu capire se un cannone carico se non si accende un fiammifero e si guarda nella bocca di fuoco e quello ti esplode in faccia. Il mio piano era di caricare il cannone e tenerlo pronto alla detonazione, poi portarlo nel recinto. Una volta dentro, durante le manovre per posizionarlo lo avremmo puntato contro la porta della cava di polvere, lo avremmo acceso e avremmo spedito una palla nella cava. Anche nel caso non ci sia polvere da far entrare o uscire, di giorno la porta della cava viene lasciata aperta per mantenere secco il deposito. In caso di deflagrazione sarebbe stato un miracolo se qualcuno all'interno del recinto fosse sopravvissuto. Possiamo aiutarci rinforzando il fondo del carro che traina il cannone dissi. Accendiamo la miccia, saltiamo sul carro e preghiamo di non finire all'inferno. Funzioner? chiese Mara. Probabilmente no risposi. Mara disse che ci sarebbe stata anche lei. No. Non se ne parlava nemmeno. Dissi a Luis che non poteva sottrarsi all'azione. Non aver paura, amigo. Sto entrando nello spirito di sacrificarmi per
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una buona causa invece che per i miei peccati. Comunque, non credo che tu abbia un po' di brandy qui e qualche amico tra i ribelli a cui piacerebbe fare una partitella che non sia quella a dadi con il boia del vicer, vero?

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Capitolo 122
Ora tutto quello che dovevo fare era arrivare l con un cannone. Dovevo rubarne uno, compito sfortunatamente non facile. La soluzione migliore sarebbe stata comprarlo da qualcuno che, a sua volta, l'aveva rubato. Grazie al cielo la corruzione regnava sovrana, nel governo coloniale, per via delle tassazioni in sostegno della guerra e degli altri problemi del re in Europa. Questo rendeva i pubblici ufficiali sempre pi sfrontati nell'accettare mazzette in modo da sostenere le proprie famiglie. Un sergente addetto alle vettovaglie disse Luis, spiegandomi chi aveva accesso ai cannoni. meno probabile che un addetto all'artiglieria, cio uno che lavora con le armi, venda un cannone. Non sarebbe in grado di giustificarne l'assenza. Al contrario, gli addetti alle vettovaglie trascorrono l'intera carriera militare comprando, vendendo, commerciando e barattando beni... naturalmente tenendosi per la loro pensione una percentuale di ogni transazione. Gli unici pezzi di artiglieria che riuscivo a vedere erano i cannoni difettosi in attesa di essere aggiustati. L'ultima cosa che volevo era che esplodessero piuttosto che sparare nel modo corretto. I cannoni difettosi venivano rimandati in Spagna per essere riparati perch la colonia mancava di artigiani in grado di rimetterli in sesto. Pur avendo la capacit di aggiustare un cannone, non possedevo gli strumenti n il tempo. Ma non avevo altro che le mie risorse. Alla fine ci procurammo un cannone da un volonteroso addetto alle vettovaglie che Luis aveva conosciuto a una partita di carte. L'uomo si era dimostrato pi desideroso di vendere la sua anima dopo che aveva perso il dinero del reggimento portato con s nella capitale, con il quale avrebbe dovuto acquistare un paio di stivali. Poteva sviare senza problemi un cannone in attesa di essere mandato in riparazione. Gli raccontammo che avevamo bisogno del metallo per forgiare degli aratri. Il versamento di una mordida chiuse l'affare. Quel vecchio metodo non falliva mai. Nell'officina di un fabbro compiacente feci alcune rapide riparazioni. Il lavoro non era poi cos oneroso. Non avevo bisogno di un'arma da
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battaglia che lanciasse una palla a un chilometro o pi, solo di una che potesse sparare velocemente e a distanza ravvicinata, anche se non era perfetta. Inoltre, grazie alla mia conoscenza dell'arte arcana delle polveri forgiai qualche altra cosa.

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Capitolo 123
Il mattino in cui quel piano doveva essere messo in atto salutai Mara, pregandola per l'ennesima volta di tenersi lontana dal recinto. Le sue lacrime mi stupirono. Erano il risultato di amore e passione, per me e per la rivolta. Non solo aveva paura per la mia vita, ma voleva anche contribuire a sferrare un colpo contro il vicer. Io e Luis guidammo il carro trainato da muli con l'affusto di cannone attaccato. Quando raggiungemmo il cancello del recinto, fummo sottoposti solo a una breve, ma attenta, ispezione del vagone, volta a controllare che non ci fossero nascosti da qualche parte all'interno o sotto il carro ribelli o esplosivo. Poich la guardia parve esitare, dissi che il cannone non veniva dal campo ma dal palazzo del vicer; nel momento in cui ud la parola vicer scatt sull'attenti e ci fece segno di entrare nel recinto. Una volta dentro, tuttavia, le cose si misero male. Fummo mandati in un punto lontano dalla nostra ipotetica linea di fuoco verso l'apertura della cava. Disobbedendo al comando, girammo il cannone in modo che il muso fosse puntato proprio verso l'entrata. Un ufficiale si fece avanti urlando: Mettete il cannone dove vi stato detto. Sorridendo e annuendo, feci finta di non riuscire a far muovere i muli. L'ufficiale allora tir fuori la pistola e me la punt alla testa: Metti il cannone dove ti ho detto o ti pianto una pallottola nel cranio. Non carino disse Luis, sorridendogli. Cambiamento di piano informai quel prepotente. Luis estrasse una pistola da sotto il cappotto e spar in testa all'ufficiale. Ora dovevo accendere il cannone... pi facile a dirsi che a farsi. Non solo era inaffidabile, ma probabilmente anche difettoso. L'avevo caricato con una palla incendiaria, avvolta in un panno infiammabile imbevuto di pece e pieno di polvere da sparo. Dare fuoco alle polveri a questa distanza sarebbe potuto risultare fatale se la culatta fosse stata scaraventata fuori, cos nella fucina del fabbro avevo forgiato un paio di proiettili di ferro: avrebbero acceso la scintilla
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colpendo il meccanismo a pietra focaia. Presi la pistola dalla fondina sulla spalla e sparai un proiettile di ferro centrando il foro della polvere del cannone. Le scintille provocate dal proiettile, unite al calore, innescarono il meccanismo del cannone, mandando la palla verso la cava. Io e Luis ci buttammo a terra mentre la miniera esplodeva. L'onda d'urto mi colp togliendomi il respiro, come se il mondo fosse diventato ancora pi nero, violento e caotico di quando eravamo stati scagliati in mare da un tifone. Il carro vol insieme ai muli, che scalciavano e ragliavano; e il cannone si abbatt al suolo proprio vicino alla mia testa. Mi trovavo a met sotto il carro, terrorizzato fino al midollo e stordito, quando sentii degli zoccoli vicino al mio cranio e una voce familiare nelle orecchie. Un carro a due ruote tirato da un solo cavallo con Mara alla guida si era catapultato all'interno del recinto. Salt gi e aiut sia me sia Luis a salire. Uscimmo di corsa da quella zona, lasciandoci dietro le urla dei feriti, il silenzio dei morti e un buon numero di soldati barcollanti che cercavano di capire perch il loro mondo fosse improvvisamente esploso. Noi due eravamo cos ammaccati e ricoperti di fumo che nessuno tent di fermarci o di arrestarci. Ci confondevamo con gli altri, istupiditi, frastornati, ricoperti di polvere e sanguinanti.

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Capitolo 124
Mara ci port alla casetta, dove medic le nostre ferite. Pi tardi, quando mi disse che sarebbe andata alla tipografia per comporre un libello sul trionfo dei ribelli alla cava, la pregai di non farlo. Il vicer sar di pessimo umore le dissi, ha subito un colpo pesante e sguinzaglier ogni soldato e poliziotto della citt alle calcagna di ribelli da impiccare. Dare ordini a Mara era come dire al vento da quale parte soffiare. Faceva di testa sua e obbediva solo alle sue passioni. Era uscita da due ore quando arriv uno degli uomini di Guerrero, che ci diede la notizia che la tipografa era stata sequestrata dai poliziotti. E Mara prelevata insieme alla pressa. Non mi ci volle molto a immaginare come Madero fosse riuscito a trovarla: Lizardi l'aveva tradita. Con l'improvvisa apparizione nella capitale di infiammati libelli, Madero aveva senza dubbio riunito tutti gli scrittori che avevano avuto guai in passato, tra cui il mio amico Lizardi. Non aveva dovuto essere difficile ottenere informazioni da quel piccolo ratto squittente. Quando dissi a Luis che lo avrei fatto a pezzettini, lui mi diede un buon consiglio. Se ha un po' di cervello, sar gi scappato dalla citt, se non ce l'ha, sar nelle prigioni del vicer con l'accusa di aver aiutato i ribelli. E noi abbiamo qualcosa di pi importante di cui occuparci. Dobbiamo trovarla e portarla in salvo. Non potei che trovarmi d'accordo. Scoprir cosa le successo disse. Tu stai lontano dalle strade. Ora che l'hanno presa, si aspetteranno il tuo intervento. La metteranno in mostra, un po' come le tue tortillas per attirare Guadalupe Victoria. Luis and in perlustrazione della citt, dove us l'argento per ungere le persone e scoprire cosa le era successo. Era stata portata nelle carceri dell'Inquisizione. A Citt del Messico, il quartier generale dell'Inquisizione era un luogo tristemente noto. Luis non avrebbe impiegato molto a scoprire dove fosse
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finita. Si dice che si trovi in un palazzo di fronte all'edificio dei domenicani che la gente chiama semplicemente "il convento". In passato i devoti erano guidati dai frati. Poi arriv quel diavolo dell'arcivescovo Torquemada che inizi ad ardere gli infedeli nei roghi. Convento si riferiva a uno spazio in cui vivevano sia monaci sia monache. Al pianterreno, insieme alle segrete c' anche una chiesa spieg Luis. Il Sant'Uffizio, come mi aveva raccontato il mio zio-frate, non si occupava solo di eresie e di altri crimini capitali, ma puniva infrazioni minori come la stregoneria, la magia, la bigamia, la poligamia, la sodomia e il possesso di libri pornografici o proibiti. Dopo che Luis se n'era andato a dare un'occhiata alle propriet dell'Inquisizione, il padrone della casa che avevamo affittato, un simpatizzante della causa dei ribelli, mi disse che conosceva il luogo in cui l'Inquisizione teneva i suoi interrogatori segreti, accompagnati spesso e volentieri dalle torture. Il cortile piantumato di fronte alla chiesa ha una grande pietra piatta con un buco quadrato al centro. L dove le vittime venivano legate al palo per essere frustate e poi bruciate negli autodaf disse. Autodaf significava atto di fede. Un atto della Chiesa, che si preoccupava di mandare al rogo in modo terrificante uomini e donne che avevano osato negare la sua autorit o il suo monopolio sulla prodigalit del Signore. La sede del Sant'Uffizio si trovava dalla parte opposta della piazza quadrata. Si dice che ci siano celle sotterranee in cui i prigionieri affogano quando l'acqua si alza. Piuttosto che usare il buon senso e ammettere che ogni buco nella citt prima o poi si riempir di acqua, questi preti demoniaci predicano che l'affogamento un atto di Dio. Lo interruppi quando inizi a descrivermi i metodi degli interrogatori dell'Inquisizione. Ne avevo gi sentito parlare. Quelle torture brutali erano famigerate in tutta la colonia. Una consisteva nell'attaccare la vittima a una rastrelliera, spingerle un imbuto in gola e versarle nello stomaco brocche intere di acqua. Ho sentito sopravvissuti riferire che la tortura dell'acqua era cos dolorosa da risultare quasi insopportabile. I miei zii credevano che una delle pi lucrose iniziative dell'Inquisizione
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fosse la persecuzione di ricche vedove ebree che dichiaravano di essersi convertite al cristianesimo. Le vedove erano vulnerabili ed era pi probabile che, per rispetto ai loro mariti, non riuscissero a far credere di essersi veramente convertite. Quelle donne venivano torturate fino a quando confessavano immaginari crimini satanici, che davano all'Inquisizione il diritto di confiscare le loro propriet. In genere, un terzo del bottino andava alla Corona, un terzo alla Chiesa e un terzo all'Inquisizione. Sapevo che quest'ultima era sempre stata dura con le donne. Il mio ziofrate era stato chiaro in merito. Accusando le donne di mettere in pratica atti sessuali che esulavano dalla semplice procreazione, le torturavano in modo crudele, giustificando il loro comportamento alla luce di una presunta difesa della moralit. Gli inquisitori cercavano di estorcere, in ogni maniera, confessioni di sesso orale, anale e satanico, incontri lesbici, promiscuit, bestialit e bigamia. Tali confessioni erano evidentemente inaffidabili. Dal punto di vista femminile, l'esperienza dell'Inquisizione era qualcosa che andava al di l del sadismo sessuale, del voyeurismo pornografico e della razzia finanziaria nascosta sotto i cappucci neri dei frati e i paramenti religiosi. Le parole pornografia sadica sembravano al mio zio-frate particolarmente appropriate: come descrivere altrimenti una scena in cui degli uomini, dietro il paravento della rispettabilit istituzionale, fissavano da vicino il corpo nudo di una donna piegato e contorto, ascoltando e registrando su carta i lamenti, le urla e le invocazioni di piet? E che dire della stretta graduale di quelle funi, di quei corpi martoriati, di quelle bocche in cui venivano versate intere brocche d'acqua? In alcuni casi, l'accusata era tenuta a testa in gi e con i piedi in aria mentre il torturatore, riempiendole la bocca d'acqua, simulava l'affogamento. Grazie al mio zio-frate, sapevo quello che stava subendo Mara in quel momento. I preti la stavano torturando per estorcerle informazioni sui suoi compagni d'armi. Anche se condannata a morte dal vicer, sapevo che non avrebbe detto loro una parola. Cos era fatta Mara.
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Quando Luis torn, avevo gi deciso il modo in cui avremmo attaccato la prigione dell'Inquisizione per salvarla. E non vedevo l'ora di iniziare. Possiamo usare la stessa cortina fumogena che ho usato a... Luis scosse la testa con enfasi. Mi sono recato sul posto con la carrozza di una vedova che smaniava all'idea che le leggessi il futuro amoroso con i tarocchi. Ti puoi scordare un assalto diretto per salvare Mara. Non posso permettere loro di... Loro le hanno gi fatto quello che volevano. Ma decreterai la sua morte se cercherai di liberarla... e fallirai.

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Parte Ventiseiesima

Tenochtitln, 1520 Per la strada avanzava una grande moltitudine di squadroni , fra grande strepito e molta polvere. Da lontano risplendevano le armi, suscitando grande paura in chi li vedeva. E infondevano grande paura anche quei mastini che si portavano appresso , i quali erano grossi, tenevano le bocche aperte, con la lingua fuori, e marciavano ansimando. Grande era il timore in chiunque li vedesse. Descrizione azteca dell'esercito di Corts, registrata da Bernardino de Sahagn in Historia general de las cosas de Nueva Espaa La Noche Triste Migliaia di aztechi furono uccisi per mano di Alvarado a cui era stata affidata la citt mentre Corts era lontano. Quando tornammo, Alvarado disse a Corts che aveva attaccato la popolazione mentre si celebrava una festa allo scopo di coglierla di sorpresa, perch temeva che stesse progettando un attacco contro le forze spagnole. La rabbia aveva pervaso l'anima del suo popolo e Montezuma aveva cercato di calmare la gente, ma i suoi stessi uomini si erano rivoltati contro di lui e lo avevano colpito con le pietre. Ho gi parlato della tristezza che provammo quando ci accorgemmo che Montezuma era morto. Quando anche gli aztechi si accorsero che era morto, li vedemmo
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versare un mare di lacrime e udimmo chiaramente le urla e i pianti di disperazione, ma, nonostante questo, non interruppero il feroce attacco contro di noi, e quindi tornarono ad attaccarci con rinnovata forza e furia e ci dissero: Ora pagherete per la morte del nostro Re e Signore e per aver disonorato i nostri di. Quando Corts ud tutto ci, disse che saremmo dovuti uscire dalla citt attraverso la strada sopraelevata e che i cavalieri avrebbero dovuto far breccia tra gli squadroni aztechi e infilzarli con le loro lance o buttarli in acqua. Corts ordin al suo secondo di prendere tutto l'oro e i gioielli e l'argento. Pi di ottanta tlaxcalani amici e otto cavalli furono caricati di oro e molto altro rimase impilato nell'edificio. Quando si accorsero che scappavamo per la strada sopraelevata, i sacerdoti aztechi fecero rullare i tamburi dalla sommit della grande piramide. Migliaia di guerrieri si diressero verso di noi dalle plazas e sulle canoe e ci battemmo cercando di guadagnare la strada. Sulla strada sopraelevata incontrammo molti aztechi armati di lunghe lance. Corts, e i capitani e i soldati che erano passati a cavallo per primi per salvarsi e raggiungere la terraferma, si affrettarono lungo la strada e riuscirono nel loro obiettivo, e anche i cavalli e i tlaxcalani carichi d'oro riuscirono a mettersi in salvo. Cos termin la Noche Triste, la notte del dolore. Diario di Bernal Diaz del Castillo, Conquistador

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Capitolo 125
Citt del Messico, 1821 Mi feci largo lungo le vie affollate verso la piazza centrale, vestito con la tradizionale uniforme azteca di guerra, quella del Guerriero Giaguaro. Mi ero soffermato a riflettere un po' sul nome dato alla ritirata spagnola dalla citt dopo l'attacco a sorpresa e il massacro degli indios: la Noche Triste. Corts era riuscito a fuggire con la maggior parte dei suoi uomini e delle riserve di oro rubato e a vivere un altro giorno per sconfiggere i nostri indios con le sue armi e la sua conoscenza della guerra. La festa nelle strade faceva parte di una celebrazione annuale che ricordava la notte di trecento anni prima, quando Corts e la sua banda avevano abbandonato Tenochtitln, oggi Citt del Messico, a causa del massacro indiscriminato degli indios del suo luogotenente Alvarado. Dopo il massacro, gli aztechi-mexica avevano spinto gli spagnoli e gli alleati fuori dalla citt e gli avevano dato la caccia in una notte scura e piovosa, passata alla storia con il nome di Noche Triste, il 30 giugno 1520. La sola ragione per cui era stata chiamata notte triste risiede nel fatto che la storia viene sempre scritta dai vincitori. Trecento anni pi tardi i miei compatrioti indios erano ancora incalzati e spronati dagli speroni affilati dei gachupnes. Ma quel giorno i guerrieri aztechi come me potevano indossare i paramenti, mentre le truppe della Regia Milizia marciavano stupendamente abbigliate, i ricchi e le loro mogli guardavano dai balconi e le strade erano affollate di masse eccitate, venditori di cibo, e lperos mezzi mendicanti, mezzi ladri. Nel frattempo, altri guerrieri aztechi scivolavano sul lago e approdavano sulle rive con le barche... Il cuore del potere e del privilegio cittadino era incarnato da Plaza Mayor. Affiancata da una maestosa cattedrale e dal palazzo dove dimor il conquistatore Corts, per secoli aveva ospitato i vicer della Nuova Spagna. Sul lato settentrionale della grande piazza c'era la colossale cattedrale, e su quello orientale il palazzo del vicer. A dominare il centro, la statua equestre di Carlo IV, l'incompetente re di Spagna morto due anni
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prima. Mi aggirai tra la folla senza dare nell'occhio, un indio fra i tanti in tenuta da guerriero. Salii qualche gradino e mi addossai al muro di un edificio cos da poter scrutare la massa. Vidi il vicer che si avvicinava al padiglione montato per l'occasione, per permettergli di assistere alla festa. Nonostante fossi camuffato, temetti di essere riconosciuto e mi irrigidii. Era una missione pericolosa. Se fossi stato individuato dagli agenti segreti del vicer avrei potuto essere ucciso seduta stante. Mi spostai comunque. Presa dallo spirito del momento e dalla celebrazione, la folla brulicante degli aztechi mi ricordava quanto lontano era arrivato il mio popolo, e quanto fossimo vicini al sogno di libert che padre Hidalgo aveva proclamato undici anni prima. Avevamo progettato di rovesciare il mondo. Solo il Dio cristiano e Quetzalcoatl sapevano quanti morti ci sarebbero ancora stati prima della fine... e che inferno fosse sul punto di scatenarsi. Notai un viso familiare tra la folla, un vecchio nemico. Tra tutte le persone al mondo, Madero si stava dirigendo verso di me. Grazie al mio costume indio non mi riconobbe, e mi super come se non esistessi neppure. Non accorgersi della presenza degli indios una cosa di cui i gachupnes si compiacciono. Dovetti trattenermi per non ucciderlo. Ma era troppo presto per farlo fuori. Avevo qualcosa di pi importante da portare a termine.

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Capitolo 126
Oggi non si celebrava solo una festa religiosa. Era prevista anche un'esecuzione: il vicer stava per impiccare quattro ribelli. Tre di loro erano veri sediziosi, bandidos assassini che meritavano di essere appesi. La quarta era invece la mia bellissima, angelica e amata Mara. I prigionieri erano rinchiusi in gabbie di ferro su carri allineati vicino al patibolo. Mara era la prima della lista. Da dove mi trovavo non riuscivo a vederla, ma sapevo che era l, intrappolata come un animale, spaventata, terrorizzata. Il vicer voleva usarla come esempio. Dopotutto, i precedenti non mancavano: Iturbide e altri comandanti erano famosi per non tirarsi indietro quando si trattava di impiccare delle donne. Nella capitale si era gi sparsa la voce che Iturbide era diventato un rinnegato e si era unito ai ribelli. E che stava marciando sulla citt. Era bastato questo a far crollare il sostegno nei confronti del vicer. I criollos ricchi che costituivano le basi del potere del re, man mano che si rendevano conto che i liberali a Madrid avrebbero potuto annullare i privilegi nella colonia si sottraevano all'influenza dei gachupnes. Il vicer aveva organizzato un'esibizione spettacolare per gli abitanti della citt: non certo per amore del popolo, ma per intimidirlo e lanciare un messaggio esplicito, sfoggiando la potenza, la maest e il potere dei loro padroni gachupnes. I suoi soldati, in uniforme e pesantemente armati, avevano gi marciato in massa fino a Plaza Mayor per controllare e sorvegliare la manifestazione, per farci vedere che eravamo ancora sotto i tacchi e gli speroni dei padroni. Il vicer sedeva insieme ai suoi fidati collaboratori d'alto rango in un padiglione eretto per l'occasione vicino al centro di Plaza Mayor da cui aveva una visuale a trecentosessanta gradi della festa e della parata. Quest'ultima era gi in pieno svolgimento. Le donne passavano in lunghe file, gettando centinaia di grandi mazzi di fiori ai piedi del padiglione in onore del vicer. Altri fasci di fiori erano stati sistemati sotto la statua di Carlo IV. Faceva parte del rapporto insano con i nostri governanti immortalare
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sotto forma di statua anche i personaggi meno amati, meno venerati e pi stupidi. Salii sullo scalone laterale di un edificio dietro il quale avevo legato il mio cavallo. Presi con me due moschetti e una certa quantit di corda nascosta in una coperta arrotolata, e mi misi in posizione. Mascherato da ufficiale di guardia, Luis si port rapidamente di fronte al padiglione del vicer a cavallo. Non riuscii a reprimere un sorriso quando egli onor il solenne raduno del vicer con un esagerato e ampio movimento del suo cappello da capitano. A quella distanza non riuscivo a sentire le sue parole, ma sapevo cosa stava dicendo: stava spiegando al vicer che, se non avesse obbedito ai suoi ordini, avrebbe mandato lui e la crema della societ dei gachupnes e dei criollos a bruciare all'inferno... Vostra Eccellenza... Vidi l'espressione esterrefatta sul viso del vicer mentre gli veniva detto che era seduto su un barilotto di polvere. Gli ufficiali intorno a lui avevano gi le mani sulle armi. Devo dare atto al vicer di essere un uomo con una certa rapidit di reazione. Sparare a Luis non avrebbe risolto il problema della polveriera su cui era appoggiato. E la bella uniforme, il cavallo di Luis e l'esercito ribelle che avanzava erano troppo per credere che fosse una minaccia senza fondamento. Il vicer si alz di scatto dalla sedia e diede l'ordine ai soldati di stare seduti. Luis aveva detto al vicer che gli avrebbe dato una dimostrazione della seriet della sua minaccia. Avevo gi appoggiato il mio moschetto su un piccolo supporto di legno, quando Luis fece oscillare il suo cappello una seconda volta. Premendo il grilletto, il mio proiettile colp il mazzo di fiori sotto la statua di quell'imbecille di Carlo IV. Il grande mazzo in realt nascondeva una borsa imbevuta di pece e piena di polvere da sparo. Quando il sacchetto e il rivestimento di pece presero fuoco, il mazzo esplose, mandando in pezzi Carlo IV e il suo cavallo. Cambiai il moschetto scarico con quello carico. Mentre la gente, presa dal panico, si agitava confusamente, Luis rimase impassibile davanti al vicer, e con estremo coraggio punt alle ghirlande di fiori che circondavano tutti i lati del padiglione. Sorrisi sardonicamente sapendo che la prossima mossa di Luis sarebbe
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stata indicare al vicer che il padiglione era una piccola isola in mezzo a un mare di polvere da sparo. Il vicer doveva d'improvviso essersi reso conto che il padiglione era accerchiato da centinaia di guerrieri giaguari aztechi dallo sguardo fiero. Guerrieri vestiti di tutto punto che avevano perso l'iniziale sensazione di panico e avevano capito che stava succedendo qualcosa di mai visto prima: il pi venerato gachupn della colonia, un uomo con il potere di un re e tutti i lacch e i bastardi della sua corte terrorizzati da un solo ribelle. Ancora una volta, osservai il vicer urlare degli ordini. Da ci che segu dedussi che era stato nuovamente ordinato ai soldati di stare fermi. Luis parl ancora. Sapevo che stava dicendo al vicer che voleva solo Mara, che lui poteva impiccare gli altri due volte, se voleva. Erano criminali violenti che non si meritavano niente di pi di una botola, un nodo scorsoio e un addio tipo Possa Dio aver piet della tua anima. Annuendo in segno di assenso, il vicer fiss Luis in un silenzio attonito, mentre quello trottava con il suo cavallo verso Mara e ordinava a un poliziotto di aprire la gabbia. Un sacerdote con il simbolo dell'Inquisizione sulla tunica si frappose tra la gabbia e il cavallo di Luis. Non riuscii a sentire quello che disse, ma Luis parve non apprezzare il commento perch gli si scagli addosso dalla sella. Il mio cuore batt all'impazzata quando lo vidi sporgersi verso il basso e aiutare Mara a montare a cavallo dietro di lui. Mi sforzai di non guardarla, per non vedere che cosa le avevano fatto, ma mi voltai e ripresi a osservare il vicer. Dall'espressione del suo viso e dal modo concitato in cui gli si rivolgevano quelli che aveva intorno sapevo che il vicer era in procinto di ordinare alle truppe di aprire il fuoco, dichiarando che era tutta una messinscena. I soldati avevano gi cominciato a togliere i mazzi di fiori dal padiglione. Luis alz di nuovo il cappello... Premendo il grilletto, sparai al mazzo di fiori imbottiti di polvere posti in cima alle aste di sostegno delle bandiere del re, dei nobili e della Chiesa. Una sequenza di detonazioni fece esplodere gli altri bouquet manomessi. La base esplose e la foresta delle aste con le bandiere si rovesci. L'espressione dipinta sulla faccia del vicer era eloquente: dopo un suo
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urlo, le guardie si risedettero. Appena Luis e Mara furono fuori dalla portata dei moschetti, sparai a un mazzo di fiori del padiglione. La polvere esplose, attivando una serie di scoppi. Pur non uccidendo nessuno, il fumo e il fuoco generarono il panico. Ci furono pi feriti tra coloro che si precipitarono fuori dal padiglione che per l'esplosione. Avrei voluto uccidere il vicer, ma un messaggero di Guerrero ci aveva ricordato che fargli del male avrebbe fatto apparire i ribelli come spietati assassini e ci avrebbe alienato i favori dei cittadini pi in vista. Ma fu un crescendo spettacolare verso la Noche Triste, la notte del dolore. Abbandonando i miei moschetti, corsi verso il retro dell'edificio e buttai gi la corda in modo da poter scendere. Mi immaginavo che a breve i poliziotti sarebbero saliti per la scala laterale che mi aveva condotto al tetto. Caddi a terra, mi voltai e mi accorsi che il mio cavallo era scomparso. Qualcuno mi aveva rubato il cavallo? Fu il mio primo pensiero. Un uomo usc dalla porta. Era il colonnello Madero. Mi punt la pistola al petto. Aveva cambiato fazione cos tante volte che mi chiesi se avesse problemi a ricordarsi da quale parte stava ora. Ora siamo solo noi due, azteco. Voi siete la sola macchia nei miei anni passati a fare rispettare la legge del re. Dovreste essere dalla nostra parte. Madero fece spallucce. Io sono dalla parte di chiunque fino a quando non uscita l'ultima carta. Ma questa cosa un affare personale tra voi e me. Io vi uccider, a prescindere dagli ordini a cui obbedir domani. Mettete le mani dietro la testa. Come mi avete trovato? Gli informatori sono dovunque disse con un sorriso. Non qui replicai io, guardandomi intorno. Non vedo anima viva, almeno nessuno dei vostri. Non ho mai detto di avere qualcuno. Di nuovo sorrise, un orrendo ghigno che non raggiunse mai i suoi occhi spenti. Non c' nessuno qui? chiesi ancora una volta, guardandomi attorno.
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Sono un egoista. Voglio la vostra morte tutta per me. Sparare a un uomo disarmato senza nessuna possibilit di difendersi non onorevole. Ma forse a voi non importa niente dell'onore. Di nuovo quel sorriso spaventoso. Retrocedendo di un metro e mezzo, alz la pistola verso il cielo. Avete una pistola alla cinta. Prendetela disse. Avevo ancora le mani dietro la schiena. Non c'era modo di abbassarle fino alla cintura, togliere la sicura, premere il grilletto e ucciderlo prima che mirasse al mio petto... e ci facesse un buco grande abbastanza da farci passare Corts con il suo esercito. Non avevo nessuna dannata speranza di prendere quella pistola. E lui lo sapeva. Ma ci che non sapeva era che la mia mano non stava stringendo la nuca ma un pugnale di trenta centimetri nel fodero sulla schiena. Feci volare il pugnale e caddi all'indietro. La pistola di Madero fece fuoco. Afferrai la pistola che tenevo sopra la tasca posteriore, ma mi fermai. Nonostante fosse rimasto in piedi, il suo corpo era improvvisamente in preda a convulsioni. La pistola gli cadde di mano. Dalla sua gola infilzata dal mio pugnale usc un fiotto di sangue. Madre de Dios! riusc a mormorare. Y el diablo aggiunsi. Madero cadde sulle ginocchia, afferrando con le mani il coltello, ma incapace di controllare le proprie convulsioni. Gli sparai tra gli occhi. Non per non farlo soffrire, ma per essere sicuro che andasse al suo appuntamento con il diavolo. Trovai il mio cavallo legato a un albero dietro l'angolo. Sguainai la sua sciabola dal fodero e la attaccai al mio cavallo. Montando in groppa, tolsi la sicura alla pistola. Potevo averne bisogno. Cavalcai verso la strada sopraelevata. I soldati stavano scappando per mettersi in salvo, colti dal panico, in piena disfatta, mentre la folla li insultava e li prendeva a sassate. Le forze combinate di Iturbide e Guerrero stavano entrando in citt. Questa volta la lotta per l'indipendenza da coloro che indossavano gli speroni avrebbe avuto successo. Mara e il mio amigo mi stavano aspettando dall'altra parte della strada sopraelevata. Alla vista delle insegne, delle bandiere dei ribelli e dei
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vessilli dell'avanguardia che si avvicinavano alla citt, a Mara vennero le lacrime agli occhi. Anche gli occhi di Luis erano lucidi, ma lui non avrebbe mai osato mostrarlo. Quando mi tortureranno, la prossima volta disse, salvami pi velocemente, seor Alchimista. Mentre ci abbracciavamo, mi chiesi cosa voleva dire con la prossima volta. La rivoluzione aveva vinto. La Nuova Spagna sarebbe stata indipendente. Noi aztechi saremmo stati liberi ed eguali ai criollos. O no? Accidenti... sapevo che non era ancora tempo per riporre le mie pistole.

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Ringraziamenti
Molte persone hanno aiutato a portare a compimento questo libro. In particolare, desidero ringraziare Tom Doherty, Linda Quinton, Christine Jaeger, Sessalee Hensley, Eric Raab, Melissa Frain, Elizabeth Winick, Hildegard Krische, Maribel Baltazar-Gutierrez, Jane Liddle e Nancy Wiesenfeld.

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