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dei punti di particolare interesse e attinenti alla ricerca comune quando mette a confronto l'attivit psichica di Achille, di Telemaco e di Odisseo, nei rapporti con l'ira, la passione, e il linguaggio. Sulla natura e sulla capacit di quest'ultimo il commentatore si dilunga: dapprima lo connette con il pensiero poi tematizza il suo luogo d'insediamento nel cervello. Tale dottrina getta ombra sulla consolidata attribuzione del testo all'ambiente culturale stoico; chiaramente l'autore la propone come ripresa di una posizione platonica, ma come tale, e proprio con l'intreccio pensiero (nos) ' voce / discorso (phon/lgos) ' cervello (enkphalos), essa compare nella lunga polemica tessuta da Galeno contro gli Stoici. Se l'influenza di Galeno fosse cos accertata, s'imporrebbe il problema di datare un secolo dopo la composizione dell'opera e di ricontestualizzare in un ambiente culturale diverso la stessa polemica con Platone. Intendendo rivedere interamente l'apparato lessicale alla luce di una sua revisione per stabilirne la nuova datazione secondo categorie stilometriche, si intende approntare un opportuno corredo di ricorrenze per i termini pi qualificanti la comune ricerca, a partire da allegora, metaphor, smbolon, semano, aintto, philosopho, philosopha, phusiologo, aphilosphetos, eusbeia, asbeia, hierophanto, alethourgs, phsis, phusiks, snesis, dinoia, lgos, logisms, thums, kephal, phrnesis, phrnema, nos, nosis, athren. Unit 3. Si intende mettere a confronto i testi tradotti, annotati e commentati di Cicerone e di Posidonio relativamente alla traduzione e al commento del Timeo platonico rilevando tutti i problemi lessicali che sorgono dal tradurre un classico della letteratura filosofica platonica nel melieu linguistico latino. La prospettiva etico-politica del Timaeus ciceroniano non costituisce di per s una novit, se teniamo conto delle implicazioni etiche e delle simbologie politiche rintracciabili anche nel testo dell'omonimo dialogo platonico; eppure un aspetto di novit potrebbe risultare quando si considerano le modalit messe in atto da Cicerone al fine di privilegiare l'elemento "antropologico" a scapito di quello cosmogonico e cosmologico. A partire dalla proposta di tradurre e interpretare i daimones con i lares prende corpo, infatti, l'impressione che l'arpinate, eliminando un collegamento diretto con la demonologia, cerchi volutamente di velare l'aspetto divino e creatore assegnato da Timeo agli dei creati, sulla base di una possibile influenza posidoniana Tra le voci con grafia greca reperibili all'interno del testo del Timaeus ciceroniano, con i quali si intende inaugurare un'indagine lessicale su Cicerone filosofo, troviamo, come sesto ed ultimo esempio, l'accusativo plurale del sostantivo damon che traduce, nella costruzione latina della frase, il genitivo plurale del corrispondente passo platonico (Plat. Tim. 40d); a precedere questo caso sono i termini analogha (Tim., 4, 13), sphairoids (Tim. 6, 17), mestes (Tim. 7, 23), armona (Tim. 8, 27) e ksmos (Tim. 10, 36), che, in luoghi diversi dell'opera, svolgono, un'analoga funzione in linea con le finalit ultime del vertere ciceroniano. Le ragioni di una simile contaminatio, chiarite dallo stesso autore, risiedono, infatti, nella volont di superare il semplice reddere per porre le basi di un vocabolario filosofico-latino. Lo dimostra il fatto che, accanto ai vocaboli greci, Cicerone pone una sua personale proposta di traduzione che, nel progetto lessicale dell'Arpinate, potr, sulla base dell'autorit platonica, ricevere dignit e fondamento scientifico. Eppure, la preminenza della valenza linguistica delle equivalenze terminologiche presenti nel Timaeus, non "funziona" per la coppia finale damonas/lares il cui scopo sembra essere altro rispetto a quello di creare e giustificare l'esistenza di un adeguato corrispondente latino di un nome greco. I "demoni" di Platone sono gli dei creati, intermediari tra la divinit ed il mondo mortale, il cui compito quello di creare le tre stirpi di mortali; essi, pur non essendo indissolubili, godono di un destino privo di morte e partecipano del divino nella misura in cui, creando, imitano la dynamis del demiurgo. I Lari di Cicerone (da lar, laris nome privo di connessioni e corrispondenze fuori d'Italia derivato probabilmente dall'etrusco dove veniva usato come nome di persona) sono gli spiriti dei defunti (quindi spiriti di mortali) protettori del focolare, dei campi, della casa e dei suoi abitanti il cui culto antico, tutto latino, pu essere fatto risalire addirittura ad un'et anteriore al VI sec. a. C. Se con Platone ci troviamo, infatti, all'interno di una coerente descrizione cosmologica, con Cicerone passiamo dal piano cosmologico-astronomico a quello etico-religioso romano. L'impressione che l'arpinate, eliminando un collegamento diretto con la demonologia, cerchi volutamente di velare l'elemento divino e creatore assegnato agli dei creati, dando vita ad una sorta di laicizzazione finalizzata ad una reinterpretazione del discorso di Timeo. Del resto una simile "umanizzazione" della teoria demonologia potrebbe trovare un autorevole antecedente nel Per eron ka daimnon posidoniano opera in cui l'autore, secondo le testimonianze, delineava un'etimologia "ignea" dei damones ed ipotizzava la possibilit di individuare nei demoni gli spiriti di uomini che, dopo la trasformazione in eroi, partecipavano della divinit. Il filosofo di Apamea avrebbe quindi potuto avere una parte rilevante nella "desacralizzazione" operata su questo punto da Cicerone che, accogliendo i suggerimenti posidoniani, ricorre ai Lari ed alle loro caratteristiche "umanizzando" e latinizzando il contesto e sottolineando anche il riferimento all'elemento igneo: il fuoco sempre vivo segno dell' ordine nel privato 2
(focolare domestico) e nel pubblico (sacro fuoco di Vesta) ed il simbolo dello stesso Stato Romano. Unit 4. Questa fase della ricerca si occuper di alcuni aspetti di quel complesso di problematiche che ruotano attorno alla dottrina plotiniana dell'anima; in particolare, si esaminer (1) il ruolo e la natura delle diverse funzioni psichiche in riferimento alla costituzione organica dei singoli esseri viventi; (2) si esamineranno le diverse facolt conoscitive dell'anima nel contesto della dottrina plotiniana del sapere. (1) Per quanto concerne il primo punto, l'intento principale della ricerca quello di avviare un'analisi puntuale delle fonti filosofiche della dottrina plotiniana dell'anima; a questo scopo, si proceder ad un esame della discussione che, sin dai primi trattati delle Enneadi, viene condotta con la psicologia degli Stoici e con la dottrina aristotelica, in special modo con quella interpretazione "organicistica" della teoria ilemorfica di Aristotele che, in aperta polemica con il dualismo platonico, si era andata affermando in seno alla scuola aristotelica ' interpretazione che era stata ripresa e, per certi versi, radicalizzata da Galeno, per poi essere sviluppata in modo sistematico nel De anima di Alessandro di Afrodisia. Dall'altro lato, si cercher di esaminare in che misura e sotto quali aspetti Plotino, sulla base dei presupposti di fondo del proprio sistema filosofico, abbia trasformato la concezione dell'anima elaborata dalla precedente tradizione platonica, come emerge, ad esempio, dalla peculiare interpretazione che egli offre di Tim. 35 a, del passo platonico, cio, che, per Plotino, come per i precedenti esegeti medioplatonici, costituisce il punto di riferimento essenziale per la comprensione della costituzione ontologica e della funzione dell'anima. (2) Il secondo momento della ricerca si occuper della dottrina plotiniana della conoscenza e si articoler nelle seguenti tappe: a) una analisi della concezione plotiniana della aisthesis, con paticolare riferimento al problema del ruolo svolto dal medium corporeo nella trasmissione dell'affezione sensoriale e alla questione dell'unit della percezione, nel contesto della discussione che, su tali problematiche, Plotino conduce con la tradizione precedente; b) un esame della dottrina plotiniana della phantasia, con la duplice funzione ' "empirica" e "trascendentale", secondo la felice definizione di J. Dillon ' che le viene attribuita, tenendo conto anche degli sviluppi che, sotto questo aspetto, essa ha conosciuto nella successiva tradizione neoplatonica; c) il ruolo svolto dal pensiero discorsivo o concettuale dell'anima razionale ed il suo rapporto con il Nous; in questo contesto, una specifica attenzione dovr essere riservata alla questione dei nessi tra la concezione plotiniana e l'interpretazione della noetica di Aristotele sviluppata nell'ambito della scuola peripatetica, in modo particolare per ci che concerne il rapporto tra nous poietiks e nous pathetiks. Classificazione MIUR Scientifico-Disciplinare 11 - Scienze Storiche, Filosofiche, Pedagogiche e Psicologiche STORIA DELLA FILOSOFIA STORIA DELLA FILOSOFIA ANTICA Tipologia del progetto di ricerca: Modello B