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Seconda Asia centrale Celjabinsk
(I tre Turkestan) Novosibirsk Krasnojarsk Cita
IL NUOVO GRANDE GIOCO IN ASIA CENTRALE
Irkutsk Ulan-Ude
Astana
55°
120
°
K A Z A K I S T A N Ulan-Bator
T U R K E S TA N O C C I D E N TA L E M O N G O L I A
Baku
UZBEKISTAN Kuytun
Almaty Pechino
Urümqui
TURKMENISTAN Tashkent Bishkek X I N J I A N G
KIRKIZISTAN
Dushanbe RIENTALE
Ashgabat TAN O
Teheran KES
TUR
TAGIKISTAN C I N A Shanghai
I R A N HINDUKUSH
Xi’an
Kabul
Kerman AFGHANISTAN
Islamabad Chengdu
Quetta
Ganzhou
30°
PAKISTAN
Delhi
Kathmandu
I N D I A
IL MARCHIO GIALLO
5. Mosca gode non solo dei vantaggi già accennati, cioè dell’andamento sud-
nord delle infrastrutture di trasporto, ma anche della presenza di milioni di cittadi-
ni slavi, di cui si atteggia a protettrice, e della presenza capillare dell’Fsb in tutte le
repubbliche centrasiatiche. Il Cremlino è inoltre in grado di far forte pressione sul-
la Georgia, chiave geopolitica dell’accesso dell’Occidente in Asia centrale.
Le debolezze russe rispetto alla Cina sono invece soprattutto finanziarie, ma
anche economiche e tecnologiche. Inoltre, è in atto in tutta l’Asia centrale un de-
flusso delle popolazioni slave, e la crescita di un sentimento antirusso soprattutto in
Uzbekistan, Kazakistan e Kirghizistan. Con l’apertura del grande gasdotto poi, che
porterà in Xinjiang il gas turkmeno e uzbeko e con il potenziamento dell’oleodotto
che unisce il Kazakistan alla Cina, nonché con la ricordata costruzione dei sei assi
strada-rotaia fra la Cina e l’Asia centrale, la presenza cinese si accrescerà. I prodotti
manifatturieri a basso costo cinesi inonderanno i mercati centrasiatici. E con i lega-
mi economici si intensificherà inevitabilmente anche l’influenza politica di Pechino.
6. Per la Cina, dunque, l’Asia centrale è importante non solo per soddisfare il
crescente bisogno di energia, diversificandolo e, quindi, aumentando la propria si-
curezza energetica, ma anche per disporre di linee di comunicazione terrestri, su
cui incanalare l’import di materie prime e il commercio con l’Europa. Con la pro-
gressiva internazionalizzazione della sua economia, l’inserimento nella globalizza-
zione e l’accresciuta domanda di materie prime, a cui si è aggiunta quella di pro-
dotti alimentari, la Cina da continente praticamente autarchico si è trasformata in
un’isola interdipendente con il resto del mondo. Un’isola nel senso che tutte le sue
frontiere (eccetto nell’Estremo Oriente in corrispondenza della Manciuria e della
Corea del Nord), confinano con zone di difficile transito e prive di vie di comuni-
cazione: dalle giungle birmane alla catena dell’Himalaya fino al Pamir e ai deserti
della Mongolia. Esse costituiscono oggi barriere difficili da superare per il traffico
pesante. È essenziale per la Cina rompere tale isolamento che pone il suo benesse-
re, la stabilità interna e, forse, anche la sua unità alla mercé delle marine degli Usa
e dei suoi alleati. La Cina, però, non può sfidare Washington oltre certi limiti, per-
ché ne teme non solo la possibile reazione aeronavale, ma soprattutto quella eco-
nomica. Può invece farlo senza rischi nei confronti della Russia, verso la quale nu-
tre un sentimento di rivalsa per le umiliazioni subite nel XIX secolo, per il senso di
superiorità che i russi provano tuttora nei confronti dei cinesi e per il risentimento
di quello che a Pechino viene ancora oggi considerato un vero e proprio tradimen-
to: Stalin avrebbe indotto la Cina a intervenire alla fine del 1950 in Corea del Nord,
senza mantenere poi la promessa di attaccare in Europa, lasciando i cinesi da soli a
fronteggiare la potenza americana. 265
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10. Le risorse energetiche e di metalli non ferrosi dell’intera regione sono no-
tevoli. Gli alti prezzi degli idrocarburi aumentano l’entità di quelli effettivamente
utilizzabili (cioè delle risorse che sono trasformate in riserve). L’entità esatta delle
risorse esistenti è ancora incerta. Vaste aree della regione non sono state ancora
esplorate. Tutti gli Stati hanno posto notevoli limiti alle attività di ricerca delle
majors occidentali e agiscono soprattutto con compagnie nazionali. I giacimenti
potrebbero anche essere maggiori di quanto si pensi. Come ad esempio in Turk-
menistan dove si pensava che esistessero riserve per 1,2 miliardi di barili, contro i
4 miliardi recentemente stimati.
12. Con i suoi progetti, la Cina sta tagliando la Russia fuori dalla sezione sud
dell’Asia centrale, rafforzando anche la sua presenza in Kazakistan. Le importazio-
ni energetiche consentiranno a Pechino di aumentare notevolmente la capacità de-
gli Stati della regione di acquistare i suoi prodotti manifatturieri a basso costo. Ciò
modificherà di fatto, a favore della Cina, l’equilibrio di potenza esistente in Asia
centrale. Economicamente, la Cina non può essere considerata un alleato della
Russia, come talvolta la retorica diplomatica indulge ad affermare specie nei co-
municati ufficiali diramati dopo le riunioni della Sco.
Nella competizione per il gas centrasiatico, la Russia si trova in condizioni di
inferiorità nei confronti della Cina. Se il confronto dovesse inasprirsi, ne risultereb-
be rafforzato l’unipolarismo americano, contrariamente a quanto sostenuto dalle
dichiarazioni antiegemoniche di Pechino e di Mosca. La prima, a ogni buon conto,
non può rompere con gli Usa. Infatti, la sua economia non potrebbe più registrare
la crescita necessaria per la stabilità sociale e forse anche per l’unità del paese e il
potere del Partito comunista. Qualora la pressione di Pechino si accrescesse in
Asia centrale (e in Estremo Oriente), Mosca sarebbe necessariamente portata ad
appoggiarsi a Bruxelles e a Washington. In questo caso, l’attuale ordine mondiale,
centrato sugli Stati Uniti, ne uscirebbe rafforzato. L’elemento determinante a ri-
guardo è rappresentato dalle infrastrutture: a breve termine, da oleodotti e gasdotti
e, a più lungo termine, da ferrovie e strade. Solo queste ultime potrebbero svilup-
268 pare i legami commerciali e gli scambi di prodotti manifatturieri, rendendo i rap-
IL MARCHIO GIALLO
porti più saldi e duraturi di quanto possano esserlo quelli centrati sulle sole espor-
tazioni di commodities.
Oggi, degli undici collegamenti dell’Asia centrale con il mondo esterno, solo
quello dal Turkmenistan all’Iran e quello dal Kazakistan alla Cina non transitano per
il territorio russo. I programmi in corso tendono a far uscire l’Asia centrale dall’orbi-
ta di Mosca e di legarla all’Europa, tramite il sistema Mar Nero-Caucaso da un lato, e
Cina, dall’altro, superando gli ostacoli del Pamir e della catena dello Tientsin.
13. Per taluni studiosi, la Sco sarebbe un’alleanza organica non solo economi-
ca ma anche strategica, stretta fra la Russia e la Cina per contrastare l’egemonia
globale americana. Esso costituirebbe il cuore di una specie di blocco continentale
asiatico. Alle sue ultime riunioni sono stati invitati come osservatori l’India, l’Iran, il
Pakistan e la Mongolia. Per altri, invece, la Sco sarebbe un’alleanza già morta, do-
po essere egregiamente servita per risolvere, o meglio per congelare, il contenzio-
so territoriale fra la Cina e i paesi ex Urss. Per altri ancora, continuerebbe a svolge-
re un’utile funzione. Alla Russia, la Sco permette di far parte di un’organizzazione
in cui svolge un ruolo paritario con la Cina e di aver un foro permanente di dialo-
go con Pechino. Alla Cina consente di sviluppare un’influenza istituzionalizzata in
Asia centrale. Infine, la Sco concede agli Stati centrasiatici di sedere in un foro in
cui le potenziali rivalità russo-cinesi consentono loro una certa flessibilità negozia-
le con Pechino e con Mosca.
La massima debolezza della Sco consiste nella contrapposizione esistente fra
Mosca e Pechino per accrescere il proprio controllo sulla regione. Mentre la strate-
gia cinese è sufficientemente chiara, quella di Mosca lo è meno. È dominata dalla
tattica e dalla contingenza, più che essere diretta da una visione e da obiettivi stra-
tegici ben definiti, necessariamente a lungo termine. Si limita a reagire, anziché es-
sere pro-attiva. Non si vede come Mosca possa utilizzare la Sco per rallentare l’au-
mento della presenza cinese e, soprattutto, per diminuire il sospetto dei dirigenti
centrasiatici che ogni iniziativa di Mosca sia finalizzata a riprendere il controllo im-
periale sulla regione e a sfruttarne le risorse.
La strategia cinese consiste nell’espandere i suoi legami economici, lasciando
che Usa e Russia si occupino di politica e di sicurezza. Nei confronti dei regimi
esistenti, a differenza degli americani, né russi né cinesi sono critici e non inten-
dono promuovere democrazia e rispetto dei diritti umani. In particolare, il Cremli-
no ha adottato la dottrina detta democrazia sovrana (peraltro criticata dal nuovo
presidente Medvedev), la cui essenza consiste nel diffidare le altre potenze dal-
l’immischiarsi negli affari interni russi e della regione, che Mosca considera di suo
esclusivo interesse.
cacciata dalla base aerea uzbeka di Khanabad, decisa a causa delle critiche rivolte
dagli Usa al presidente Islam Karimov per gli eccidi che avevano seguito la rivolta
nella cittadina di Andizhan, nella valle di Fergana, all’inizio del 2005.
Interessante è notare come recentemente siano giunte dall’Uzbekistan apertu-
re verso la Nato e gli Usa per una nuova concessione della base, forse anche per la
frustrazione dell’Uzbekistan di non veder completamente sostenute da Mosca le
sue ambizioni egemoniche regionali. La Russia tende infatti a privilegiare i rapporti
con il Kazakistan considerato dai russi un paese eurasiatico e non dell’Asia centra-
le, data anche la sua considerevole percentuale di popolazione slava e l’assenza di
movimenti fondamentalisti che lo caratterizza come zona cuscinetto per la prote-
zione del ventre molle dell’immensa Federazione. È per questo che gli sforzi cinesi
si stanno esercitando soprattutto nei riguardi del Kazakistan. Le decisioni che ver-
ranno prese ad Astana determineranno il futuro geopolitico dell’Asia centrale. De-
mografia ed economia fanno pensare che la Cina estenderà la sua influenza sull’in-
tero Turkestan occidentale, forse anche con il sostegno degli americani, preoccu-
pati dal crescente autoritarismo di Mosca e dal revival del suo nazionalismo.
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