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(Bose cavucciane...
I^DLJOS'.
S'
'
G.
B.
PARAVIA
&
C.
LUIGI
Recanati
AL CORTESE LETTORE,
Neil'
io
davo
alle
stampe
per
tipi
:
dell' editore
Parma
il
un volumetto dal
quale,
titolo
in altro
paese
mi
amarezza
mondo
; e fruttata,
forse,
una Cattedra
universitaria.
invece,
se
un lungo
secolo
studio sulla
met del
Solo,
XVIII
a farne menzione
almeno
eh' io
sappia
fu
Giu-
pretese imitazioni
carducciane,
il
il
ri-
cercare
le
un
vent'
anni
fa, in
pi, reperibile,
ma
con industria
il
sottile
grandissima verso
nostro
servili.
Poeta, e senza
pi lontano
ac-
cenno a derivazioni
Dopo
il
da molti
altri
soltanto dopo
la
un movimeito inconsulto
morte del Carducci, cio quando alla sua apoteosi, che degener
in feticismo, segu quxisi per reazione
di
neo-critici .
lo
mando
la bella
mano, onde
fama
s'
V andar
degli anni.
* * *
lettere
scrittemi dal
Car-
quali fan
e
nuova
e bella
testimonianza
della
nobilt
animo suo;
*,
Qa-
Ira
che
giovani
e vecchi
LA
LIRICA
Nei
DEL
SECDLO
LEVIA GRAVIA
nei
''
lUVENILIA
Quantunque i Levia Gravia e i luvenilia rigurgitino reminescenze leopardiane (tanto che il numero di queste supera, per avventura, la somma totale delle reminescenze degli altri classici), tuttavia il Carducci non deriva da Giacomo Leopardi. E mal a proposito, cred' io, si compiacque lo stesso Carducci, in una nota ai Decennalia, d'aver saputo opportunamente e abilmente innestare a una sua poesia un verso leopardiano. Ben altre compiacenze, pi superbe e invidiabili, pu concedere meritamente a se stesso l'illustre uomo {sume superbiam quaesitam meritis); e pu facilmente gettare, da gran signore, questa misera che io ardisco negargli. Perch i molti versi ed emistichj leopardiani, che si trovano sparsi pei Levia Gravia e pei luvenilia, vi stanno evidentemente come sovrapposizioni eterogenee, anche quando, o Y argomento lugubre (come nei versi In memoria di Domenico Carducci mortosi di ferro), o il generoso sdegno per la presente umilt della patria (come neir ode AgV Italiani, e altrove) sembrerebbero dover avvicinare il Carducci al Leopardi. I versi del grande di Recanati, in mezzo a quelli del Carducci, m' hanno V aria di estatici Eremiti della Tehaide fatti partecipare con dolce violenza a un giocondo e tempestoso convivio di legionarj romani; ovvero mi ricordano Fra Cristoforo assistente al lieto, clamoroso pranzo di don Rodrigo e del conte Attilio, e partecipante al generoso
di
vino e alla
mondana
discussione
della
brigata.
cosi
versi
i
di-
della vita dei due poeti. N bast a ravvicinar due nature discordanti la conformit degli studj e degli entusiasmi classici, n quella educazione greco-romana, da cui il Leopardi specialmente nell' et matura altro non prese che la forma. Ma qui sorge spontanea una domanda Come si spiega la esuberante abbondanza di reminescenze leopardiane nei Levia Gravia e nei luvenilia ? Le reminescenze di un poeta, specialmente quando sono in cos ostinata continuit, indicano necessariamente il lungo studio e il gravide amore rivolto dall'imitatore al poeta imitato. Or, questo lungo studio e questo grande amo^e indicano quasi sempre una certa affinit e somiglianza tra l'ingegno dello imitatore e quello dell' imitato. Ecco io credo che il Carducci, giovinetto, immerso fino agli occhi nei classici greci e latini, leggendo per la prima volta il Leopardi, e specialmente i canti nei quali il Recanatese riprodusse divinamente le forme e gli eterei fantasmi della poesia greco-romana, dovesse necessariamente ammirare, adorando, il sommo ingegno che seppe riprodurre da maestro ci che era il suo sogno principale. Di qui, l'amore del Carducci per il Leopardi amore che, come ognun vede, fu indiretto e riflesso. Egli am nel Recanatese le divine forme e i fantasmi dei poeti greci e latini pur ammirando e adorando quelle, ricalcitr sempre alle malinconie e alla tetra disperazione che formano il substrato e l'essenza dell' ingegno leopardiano. Come i primi Cristiani anche di nazione e di lingua diversi si chiamavano fratelli in Cristo, e s' amavano tra loro solamente per Cristo ; cosi il Carducci, non ostante la diversit d'ingegno e di natura, am ardentemente il Leopardi soltanto per la comunione
degli
studj e degli
entusiasmi classici.
ci
servir a
identit di locuzioni;
in
una semplice
il
classici
Car-
Assai
poesia di
;
dalla
nelle
due ingegni siasmo per i fantasmi eterei della greca poesia, e dal comune punto di partenza. Perocch a me pare che il punto di partenza della grande opera lirica del Carducci
conformit immagini, la profonda somiglianza dei somiglianza accresciuta dal comune entu-
(come per quella del Foscolo) la lirica classica della seconda met del secolo decimottavo. Per essa, e con essa, risali il Carducci agli esemplari latini dei poeti di quel periodo, Tibullo e Ovidio; specialmente al modello principale, Orazio. E ci tanto vero che, quando gli avviene d'imitar passi oraziani (come gli accade spessissimo nei Levia Gravia e nei Iuvenilia\ lo fa talora con le stesse
sia
parole e frasi
adoperate,
nella imitazione
dei
medesimi
Fantoni e dagli
altri di
quel tempo.
Dico talora, perch il pi delle volte il Carducci sa rendere da vero e grande poeta (anche nelle cose sue pi giovanili) la voce di Orazio laddove i lirici del settecento ne danno spesso un' eco indistinta, fioca, talora anche falsa. Ci potranno giudicare da se stessi i lettori, scorrendo i raffronti che troveranno appresso; nei quali, dopo aver indicato i versi del Carducci derivati da Orazio, aggiungo non poche imitazioni, o traduzioni, che degli
;
lirici
del settecento.
Anche
di
il
pensiero
imitare
dallo studio
tratt in
il
prima
lui,
ninno
Italia
tanto
abilmente
due abilissimi maneggianon bisognerebbe trascurare le Primavere elleniche^ che trovansi nel volume delle Nuove Poesie, n l' ode Al Targioni e quella A Giulio, le quali si trovano nei luvenilia. E se il Carducci (come mostrer pi sotto) tenne sempre un po' massime nei Levia Gravia e nei luvenilia - dei lirici del settecento
le
esempj e
norme
di questi
tori dei
metri oraziani. In
tal caso,
in generale,
anche pi degli
si
altri egli
ricorda talora
sin
Barbare.
Cito,
ode Nella
le
moli
Che
il
questi
del
Fantoni {Al
l'alte torri
(1):
di quel Fantoni,
che pu
precursore di Giosu
le
Carducci. Che
se,
come ho
il
derivazioni da Orazio,
medesime
spesso ci
gli
questo luogo
d'
Alcaei minaces
Camenae,
il
Carducci scrive
Ed
al cantor lesbiaco
Carducci sort da natura ingegno pi profondo e vasto del Fantoni e V ingegno naturale rafforz e temper col lungo studio e con la molta dottrina cosa che il Fantoni, dissipato per indole e travolto continuamente nelle brighe creategli dalla sua scapataggine, non fece. N il Fantoni pot sempre animar la sua lirica
Certo,
il
;
(come
ai di
nostri fu dato
al
Carducci) di quegli
-
spiriti
di libert e di giustizia,
che noi
rivoluzioni^
dall' Alfieri
respiriamo
nell'aria;
n pot
il
apprendere
Carducci) la fierezza
fremito di nobili sdegni; n da il convulso Vincenzo Monti lo splendore e l'impeto sonante dell'immaginoso verso; n pot arricchirsi (come il Carducci)
tacitiana e
delle squisitezze stilistiche e dei felici ardimenti
di
Ugo
la
Foscolo
di
condensazione e
immagini,
lo
splendore
con le stesse eleganze prima ancora di Vittorio Alfieri del Venosino imitate poi dal Carducci, pu dirsi, a buon
vero precursore di lui. solamente dal Fantoni, si bene da tutti i lirici seconda met del secolo decimottavo, tolse spesso della Iiweniliaj concetti, il Carducci, nei Leiria Gravia e nei immagini, locuzioni.
diritto,
il
Ma non
Facciamo alcuni
raff'ronti.
il
con crescente splendore d' immagini e impeto di suoni, eh' egli consacra il suo canto alla virt, alla patria, alla libert; e dopo aver aggiunto:
Adulator di trepidi
Liberti e vili sofi io
non
sar,
soggiunge
Che
Precipitar co
vulgo anch'
io
dovr,
Immaturo com.pongami
Del fratel generoso entro V ave
La Madre.
Parimente,
il
Cerretti, nell'ode
La
Filosofia morale,
dopo avere
scritto:
Schifo d'aduator suono mendace, Se aver dee nobil meta al canto mio,
Sien lunghi
giorni miei,
soggiunge
:
10
Ma
se,
me
infido,
Dando
al sentier
de
la virt le
spalle,
Prima su
Componga,
'l
fato
membri sovra
rogo oscuro.
L'ode A Febo Apolline - che , forse, la men bella di quante ne abbia mai scritte il Carducci, ma che pu offrir materia a uno studio curioso - ribocca di reminiscenze dei lirici del settecento. Il concetto fondamentale dell'ode una preghiera fatta dal poeta al sole affinch tramonti presto, perch attendono esso poeta, al cader della notte, gli amplessi della sua fanciulla. Ugualissimo il concetto dell' ode del Mazza, La notte, in cui il poeta prega la notte a discender presto per affrettare i sospirati gaudj del talamo. Cito con ragione V ode del Mazza, perch questi - al pari del Carducci - si dilunga molto nella preghiera, facendone quasi il concetto fondamentale della sua ode, come della sua fa il Carducci. Ma brevi e fuggitivi accenni a cotal desiderio e voto trovansi frequente-
mente nei lirici del settecento e nei poeti latini imitati da quelli. Il Parini, che pur fiori nella seconda met del secolo, scrive nell' ode Le Nozze :
Quando
il
sole in
il
mar
si
declina,
:
Palpitare
cor
sente
quali
versi
ebbe,
forse,
l'occhio
il
il
Anche
Cerretti, nell'
a nozze Lucchesi
Gi d'Esper nel ciel brilla la luce: Qual mai d'Esper v'ha luce pi bella, Che le fanciulle a' talami conduce?;
imitati o tradotti
da Catullo
{Carm. LXII):
11
Hespere qui caelo lucet iucundior ignis ? Qui natam possis complexu avellere matris, Et iuveni ardenti possis donare puellam Quid datur a Divis felici optatius bora ?
:
come ancora Tibullo e Ovidio (imitati frequentemente dai Lirici del settecento) gi
lo
stesso
Catullo
avevano
per
Piramo e Tisbe la storia dei quali amanti toccata molto opportunamente dal Carducci nella stessa ode, avendo l'occhio evidentemente a Ovidio (2) - dice che il giorno, precedente il convegno notturno di quei due amanti, sembrava loro molto pigro
esempio, l dove parla
e lento a tramontare {Mei. IV)
:
E
LXII)
:
In
fatti,
anche
il
E
i
Gridando
due
notte.
versi
degli
Amori
Savioli
il
quale,
al
la
De
e
sposa a
lui cara,
desiderando
per
poter
correre
l'alba affretto^ e
il
ai
talami
Gridando
sol precedo.
Del rimanente, nella detta ode A Febo Apolline, il Carducci imita assai spesso gli Amori del Savioli. Dice, per esempio, il Carducci
:
Ah
12
La
e
il
Savioli,
pur
in via di
paragone
(//
Passeggi):
Forse
fatte in Caria
Immagine)
Salmace, ardita naiade, L nel paterno rivo, Non strinse a sen piti candido
Il
giovin freddo
schivo.
Scrive
il
Carducci
Clizia,
Oceania vergine,
te
Per
conversa in
fiore,
il
affannosa Driade,
fior
In croceo
cangiata,
Il
concetto,
i
in
ambedue
sott'
ma
il
tener
occhio solamente
:
il
Savioli in questa
remini-
contemporaneamente al libricciuolo del medesimo apr anche le Metamorfosi d' Ovidio, da cui
mitologica
il Savioli. Ond' che, sebbene il condue versi sia del tutto identico, cosi nella strofe del Carducci come in quella del Savioli, tuttavia, nella locuzione, il Carducci anche pi strettamente fedele
i
scenza
deriv
suoi versi
ultimi
cetto
degli
a Ovidio,
il
13
E ancor mutata
Il
serbati
Il
superi
A me
Tutto
di
grazia avari.
ci, s'intende,
Savioli
{Le Fortune):
a Venere
I voti
quali
abbracciati altari
questo luogo del Carducci, la ricordano anche molti luoghi dei poeti
e,
in
e greci;
(v.
51647):
aitarla circum
....
et
presso
poi
i
Greci,
ben noto che, presso gli antichi e specialmente V abbracciare era un'azione concomitante
sempre
si
le domande e le preghiere dei supplicanti. Quando facevano direttamente a una persona viva, si abbracciavano i suoi ginocchi. I poemi d'Omero rigurgitano di
tali
abbracciamenti
di
ginocchi.
Anche
Latini hanno
quando non
ciavano
le
genua
al Dio,
14
il
che
:
si
Parini,
nella
Caduta
Abbracciando
Degl' imi che
le
porte
ai
comandano
potenti.
Il
dal
del settecento,
abbracciar
ha nei Sepolcri:
V urne
E
Dice
il
interrogarle.
Carducci
In su
e
il
le
rosee gote;
Accesi in te fissarsi.
Il
Carducci, ardendo
d'
Spingi
destrier celesti
Le
iierti
Ore sollecita,
ecc.
il
(La notte)
Deh, come pigre avanzano Per mio supplizio l' Ore! Ah, scorrerian pi rapide Se le pungesse Amore Numi, al desio che m'agita Soverchio indugio morte Deh, per piet, ecc.
!
Il
Carducci scrive
Oh, sperar lungo e timido, Oh, d' angosciose notti False quieti, oh torbidi Sogni dal pianto rotti/;
15
il
Savioli,
(Il
cos
come
il
Car-
ducci
furore):
E indarno
[1
fug'g'itivo
sonno
E un
qui
potrei
s'
recar un migliajo
lirici
di
raffronti
di
;
simili
e,
lamenti, che
incontrano nei
;
del settecento
spe-
ma
con
tutto
che
s fatti
lamenti
delle locuzioni
lirici
sa, in
latini e greci.
mi troppo
per
dall'
g' Italiani,
il
argomento principale, ricorder solamente, Petrarca, che lamenta spesso, per cagion
i
d'amore,
le
latini,
Tibullo, che fa
;
cagione
e,
per
conoscono
la
famosa odicina:
che
lo
lam pulchra quidem Diana, lam Pleiades occiderunt, lam nox media est, et bora lam praeterit ipsa vero
:
come sono divinamente anche nel dolore, anche nel lamento, quando chi si lamenta una femmina! Il misella, e le altre frasche dello Stefano, non si trovano nel testo, il cui lamento consiste nella semplicissima esposizione
Greci
della cosa stessa dolorosa
:
io
dormo
sola
!)
16
eh' io ricordi
ex
lirico
e erotico Gherardo
De
Rossi
quale finse di
angosciose
Ecco
il
sonetto
Amore
sogni.
Qual premio avr dell' opra mia ? Dicea Cupido al re delle tartaree soglie Per me rapisti la vezzosa Dea, Per me tu al bruno sen la stringi moglie.
:
Pluto rispose
La magion
leta
Tacque Cupido,
:
All' arbitrio
ridotti
Fra
le
tenebre voglio
sogni erranti.
condotti
afflitti
!
d' allor
;
Da Amore
Sogni
e aveste,
amanti,
Tornando
dell'
al
mio proposito,
oltre
i
raffronti gi detti,
versi
carducciani
Febo Apolline, e i versi degli Amori del Savioli se non che, temendo d' annojare i lettori, registrer solamente qualche altra notabile coincidenza di
ode
:
locuzioni.
il
Carducci:
Ed
Il
Savioli:
Entro
:
furtivi talami.
lamento perfida La mia fanciulla; escluso Non io e il Savioli Che me la perfida Per novo amante escluda? Il Carducci scrive: Le vigili piume stancando invano; e il Savioli: Stanca le piume incomode, e via
ecc.
;
discorrendo.
raffrontar
di
altri
altri
passi
della
lirici
del
settecento.
17
ecc.^
il
gi Ovidio (Anu
III,
2,
7)
equorum;
e altrove [Trist.
II,
385):
Scrive
il
Carducci
E
Al
e
il
in cor
fido error
Cerretti
{AW
Ancella)
Se
me dovea
commettere
committere noeti.
{Am.
I,
12, 21):
Anche
il
fido
:
in Ovidio,
il
quale
Nox,
ait,
Scrive
il
Carducci:
e vuole
I nostri
amor congiungere,
Il
r ode
Glicera
Ma uniamo
Amor,
intanto
facili
2
18
il
il
amori
nam
Il
anzich di
ri.
un terzo che congiunga due amanti, amanti stessi che congiungano i proprj amocarducciani,
terzo
il
soggetto
gli
della
proposizione,
quel
il
che congiunge
amori,
Amore
stesso. Forse,
poeta
maremmano
non
si
a cagione
di
avvide
questa
del
che
il
altrimenti
:
l'avrebbe evitata.
Ecco,
tutto
passo
che tutto supera, che tutto piega, Vuol, mite Iddio, commetterla Nelle mie mani, e vuole
I nostri
Amor Amor
amor
cong-iungere,
Te
declinato, o sole.
Amor Amor
se,
nel
concetto, ricordano
:
alcuni
vincit
luoghi di
Ovidio e
di
Omnia
Amor
et
nos cedamus
Amo?n, Ed.
il
X), nel
Amor Amor
Parlando
guita
il
tutto.
sa.
d'
Dal vago pie calcato L' arco divino argenteo In abbandon sul prato...
19
il
Rezzonico, parlando
di
a togliere
al
nume
Piede talor
Pi
sotto, scrive
il
Carducci
Ke
del voluhil
anno;
:
il
Del rimanente, il Fantoni prese a sua volta l'epiteto di volubile da Ovidio, che V usa in questo senso, ripetendo in due luoghi il medesimo distico {Met. X, 519. - Am, 1,
8,49):
Labitur occulte fallitque volubilis aetas Et nihil est annis velocius.
(Apollo,
come
il
:
tutti
il
Similmente,
Ad
aver detto
mio periglio
:
!,
che ricorda
il
verso carducciano
!,
soggiunge
Me
Seguita
il
20
Carducci:
Tu
Co
La
dotta voce e
il
verso.
il
innamorato (Ti-
bullo a
nozze Lucchesi)
Oh, quante volte osaro i carmi suoi, Onde chiedea la sua perduta pace, Con muggito importuu rompere i buoi
risal,
Ma, per mezzo del Fantoni e del Cerretti, il Carducci in questi due luoghi, air autor primo di tali immaa Tibullo.
quelli
gini
di
greggi a pascere
Pur
ti
ritenne Admeto.
Te
I
solitari attesero
la
cura nova
si
giova.
orride
Tu
amor gemi, ed
'1
Co
muggito diverso
le
Rompon
La
vacche tessale
il
dotta voce e
verso.
Tibullo
(II,
3):
Nec
Pavit et Admeti tauros formosus Apollo. potuit curas sanare salubribus herbis
artis
Amor.
alta,
!
quoties ausae, caneret cum valle sub Rumpere nmgitu carmina docta boves
Delos ubi nunc, Phoebe, tua est ? Ubi Delphica Pitho Venit et e templis irrita turba domum.
21
Anche
Hei mihi, quod nuUis amor est medicabilis herbis! Nec prosunt domino, quae prosunt omnibus, artes
Del rimanente, un altro lunghissimo brano della quarta Elegia del libro III di Tibullo traduce letteralmente il Carducci in questa stessa ode. Stimo opportuno farne qui parola, perch forse l' illustre uomo fu guidato a questa
imitazione, o traduzione, dal Fantoni,
il
mente la stessa elegia di Tibullo nella sua ode II sogno (A Clemente Bondi). Non trascrivo l'ode del Fantoni, perch soverchiamente lunga, e anche perch i lettori potranno trovarla facilmente nelF edizione Barbra dei Lirici del secolo XVIII, curata dal Carducci medesimo. Ma credo necessario, giacch ho fatto parola di questa imitazione
carducciana, di metterne a confronto
di Tibullo.
i
versi
con quelli
Scrive
il
Carducci
Ma
Intonsi
crin fluire
Vide e
stillar la
mirtea
assire.
Chioma rugiade
Qual de la luna in placido Sereno era il candore Era nel corpo niveo Di porpora il colore.
:
Come
al
settembre tingonsi
fanciulle intrecciano
Come
I gigli alli
Soffri, dicesti:
amaranti. ad Albio
:
Serbata pur Neera Tendi le braccia a' superi Con molta prece, e spera.
22
Tibullo:
Nec me sopierat, menti deus utilis aegrae, Somnus sollicitas deficit ante domos. Tandem, quum summo Phoebus prospexit ab
;
ortu,
lumina sera quies. Hic, iuvenis casta redimitus tempora lauru Est visus nostra ponere sede pedem.
Pressit languentis
Spirabat Syrio myrtea rore coma. Candor erat qualem praefert latonia luna, Et color in niveo corpore purpureus Ut quum contexunt amarantis alba puellae Lilia : ut autumno candida mala rubent.
:
modo
Diversas
(4)
Nec gaudet casta nupta Neaera domo. Sed flecti poterit mens est mutabilis illis; Tu modo cura multa brachia tende prece. Hoc libi coniugium promittit Delius ipse.
;
d'Admeto, scrive
figlia
fra le dita
ti
ambrosie
splendea la lira. ? r avena rustica Dal labbro tuo risona, O figlio dell' Egioco,
fig-lio
Pi che
di
Latona?
lo questi versi
iocum.
in
quegli
E
Ovidio, accennando
23
amori
d'
pur
egli a quegli
Apollo
(Mei. ri)
lUud erat tempus quo te pastoria pellis Texit onusque fuit dextrae silvestris oliva
:
Sempre
Febo ^7)o//m<?, ha
il
Carducci:
usando V inaugurata nel significato di inauspicata^ come avea scritto da prima, cio male auspicala. Or, questa voce, in questo significato, non si trova nel Vocabolario della Crusca, n in quello del Manuzzi n io ricordo d' averla mai veduta nei classici nostri anteriori alla seconda met del secolo decimottavo. Qualora occorre a essi di significar questa idea, usano sempre la locuzione male augurato, o malaugurato. Il Passavanti, per esempio, dice in un luogo dello Specchio di t?era penitenza : Conciossiacosach sieno d infausti e 7ual augurati ; e il Sannazaro {Are, pros. 8) Ricordami avere non poche volte riso della mal augurata cornice Se non erro, l'uso di questa voce, in questo senso, fu introdotto primamente dai lirici del settecento i quali, del
;
,
Il
che furono spesso bene accolte dal Foscolo e dal Carducci. Cerretti, neir Ode / Hmorsi :
Ove
Il
a'
miei
lai
eongiungano
gufo
solitario,
Il flebile
alcon.
il
r empie germane
intiero
verso carduc-
Z/'
inaugurata sposa.
24
il
Foscolo nei
Oramai,
si
della lingua,
dei
luvenilia (secondo
Quando nel petto e per le vene ardenti A lei si come nembo amor scendea
;
quali,
ultimi
disi
meglio che imitati, son due versi della seguente {Al Conte Ancini) :
Qual ne
Tale a
i
copiati a dirittura
strofe di
dagli
Giovanni Para-
campi
il
dell'
arida Cirene
la valle ocnea,
Austro, e
Po gonfio per
le
me
in petto e per
accese vene
Delio scendea.
Del
resto, pi d'
una volta
s'
incontrano in Giovanni
vibrate, alcuni
luoghi
Per
le
nozze d Pietro
:
Ferrari,
il
fremere de'
il
litui
bellici
regio fulgor di
porpore
il
piacer,
Non
usa un giorno
d'
te pregassi,
quand'
numeri
D'Alceo cingea
di fregi, ecc.^
pi sotto
Non ei, languendo nei molli talami, Fra i casi augusti del suolo italico Invan di Marte udito Avria r invito e il generoso suon
Ma come
Sceso sarebbe tra 1' aste indomite Pronto a rapir la palma ad offrir 1' alma alla sua patria in don.
25
Singolarmente nei Iiivenilia e nei Levia Gravia si trovano molti luoghi simili, per intonazione e colorito, ai
versi sopra scritti.
Ma
raffronti.
ha
il
ombre sante
nostri amori.
Proteggerebbe un lauro
Non
di
ricordo,
sul
momento,
il
anteriori al settecento
ricoprire
se
d' aver incontrato nei poeti verbo proteggere nel senso latino anche vi si trova, dev' esser certa-
anch' esso
lirici
vati
con la
docil'
ombra
Palladio ulivo.
il
Foscolo, che
dai
come
del
il
Carducci
tante
nuove
lo-
cuzioni prese
volte questo
lirici
settecento,
accolse parecchie
{Inno
I)
un
fatidico laureto,
la vite,
In cui
La protegge
e,
tempio
voi palme e cipressi, che le nuore Piantan di Priamo, e crescerete, ahi presto, Di vedovili lacrime inafati. Proteggete i miei padri.
Ma
quanto
il
nei concetti,
!
nelle im-
dai
lirici
Poveri
i
lirici
del settecento
:
applicare ad essi
versi vergiliani
26
Neil'
ode Pe?'
la
B.
il
Car-
ducci
splende.
il
titolo
Impero uni-
r alma vergine
Ch' oggi va
lieta di votivo onore.
il
Carducci
di glorie
La fronte Depone
;
pruove
Duca
di
Sudermania
il
riposa
fianco
Per gran
vittorie stanco.
Negli
detto
:
sciolti
Maggio
Novembre,
il
la riva,
Amorosa
fanciulla, e
fior de'
il
molto
La
Per
florida Ciprigna
il
e gi presente
Annunzi
nume un
odorata
fremito diffuso
(5),
la selva
soggiunge
Essa
la diva
Con
le
pianto
la quale bellissima
immagine
tolta di
peso dagli
Amori
Venere):
Te
Quando a
quiete
languidi
togliea.
Begli occhi
Amor
21
E
soggiunge
:
tetti
aurei celesti,
E mentre
Solevi
il
udir propizia
Del resto, questa immagine, bench non si trovi, propriamente, nella bellissima ode di Saffo, che comincia:
di
Venere
;
precedenti
del
Savioli,
la si
tradotta quasi letteralmente. Per non far troppo lunghe citazioni greche (certo, ispide e selvagge ai bei giorni che corrono), cito una sola strofe
trova
"ApiJ.'
7iosu|aoa,
xxXo
'ys
'a7t'
'you
Oxs$ oTpou^ot
Ilyxu ^tuyvTS?
nella quale
i
TTSpt
|j.oXatua5,
TTTsp
questa strofetta
Il
Lieve traea
di passeri
lo
non
ai passe-
Anche
Ma
or n Cipri
l
all'
Su'
immagini.
Paphon
;
e altrove (IV,
1)
:
28
te
Parlando pure
di Saffo,
il
Ansar
man
Le fanciulle
e specialmente
il
man
il
:
su
le
N quando
al coro intento
Per
le
midolle fervide
;
Amoroso velen
N quando
lo interrotto
sen.
Metto pegno che il batter forte della man su le corde deve la sua origine a questa percossa, che il Parini applica alla celer. Nel
Canto di Primavera,
il
Carducci,
soggiunge
Onde
il
E
E
Rezzonico.
Cesare nipote;
i
Onde
tu,
liti
tolti
di
peso dal
Anche
il
29
due versi
tolti
di
peso
dal Carducci.
Il
Amore
al fier sabe-llico
soggiunge
Onde
Che superar
Romolo
i
In pace e in guerra
voti.
Nel sonetto I.^ del libro III dei luvenilia (edizione Barparlando del Parini come poeta, e bra), il Carducci dicendo, modestamente, eh' egli non potr mai raggiungere scrive metaforicamente r inarrivabil volo di lui
tu precorso
dall' Alfieri,
come ognun
sa,
David, che
trovasi
nella
scena quarta
meta-
foricamente, dice
inarrivabil volo
ei
aquila altera
stende
Le reverende
risuonanti penne.
Nel
Achille
Omero, descrivendo
d'
mura
Carducci:
e
Dopo
come mura
Intorno, egli il divin corpo d' Ettorre Tre volte orribilmente istracicasse Entro r iliaca polve
;
e, singolarmente, la squisitezza avverbio dopo, usato come preposizione in vece di dietro (come facevano i latini di post) richiamano una
simile
30
medesimo
nozze
d'
un
Laureando)
Trascinar dopo
le
sanguinose rote
Lo spento
Ettorre.
Pi
innanzi,
il
d' Achille,
parlando
sempre
Achille
ftio,
sangue
di
Giove
il
ad Achille
commisto Sangue di
ai
numi
Ftia.
il
Carducci
ride la donzella
L' attese, ed
all'
ardito
tolti
il
di
Agostino Paradisi,
La
nuzial facella
all'
Piacque
ardito,
rise la donzella
in parte,
due
tua visse, e
aureo laccio
Premi
1'
antiche pene.
(Fra parentesi
soggetto,
recchio).
nella strofe
del
Carducci,
quel Lei
trattandosi
qui
di
il
Carducci
31
Con
gli
altri,
Luigi Lamberti,
Fuggono
e col rapidi,
in fine
gli
anni
di
verso,
i
il
Parini (Nozze)
Fuggono
giorni rapidi
;
il Parini cominciano ambedue dando con essi V intonazione al r ode con questi versi, loro canto. Del resto, anche Orazio incomincia col medesimo lamento la sua ode a Postumo (IL 14):
tanto pi che
il
Carducci e
Postume,
Carducci:
I
da
nessun
lirico
italiano
(6).
Il
primo a usarla
fu
Agostino
romane
arduo tempio.
At quem
Deum
summa
sonitu concutit.
E Varrone
{De lingua latina, VI, 11): Hinc poetae : Aeterna tempia caeli . E, in altro luogo, recando altri esempi di cotal locuzione, ne dichiara le ragioni e 1' oriIncipiam hinc
Unus
erit
quem
tu tolles
7i
caerula caeli
Tempia.
32
modis dicitur: ab natura, ab auspiciendo, ab similitudine. Natura in caelo ab auspiciis in terra ab similitudine sub terra. In caelo templum dicitur, ut in
Templum
tribus
Hecuba
O magna
Commixta
tempia caelitiim
stellis
spleudidis
il
Paradisi
il
all'
arduo tempio.
il
Nel sonetto
Carducci
E
e
il
argomento di riso altrui si addita Uoin che per s del vulgo esce e s' affranca
d'
il
Arcadia)
Preti
:
Lungo argomento
da
locuzione anche
il
Leopardi,
il
trastullo
Libro IV
il
Cedi
al sacro desio,
dell'
amatore
\
Va
consigli e inviti
che
si
lirici
del set-
Il
Cerretti,
:
medesime parole usate dal Carducci. per esempio, nell' ode Tibullo a nozze Luc-
chesi
cedi,
t'
affretta
;
altrove, con immagine anche pi somigliante a quella carducciana (Talia a nozze Lucchesi):
33
Sorgi dunque
a che stai
Le ardenti braccia
:
arrenda
il
tuo pudor
lirici
del settecento
imitarono dai
latini,
e specialmente da
Catullo.
Aggiungo una osservazione curiosa. noto a tutti quante innumerabili volte nella lirica di questo secolo, e singolarmente in quella del Carducci, si accenni ai due troppo simpatici lirici di Lesbo Alceo e Saffo. Oramai, alludere ad Alceo e Saffo in poesia divenuto luogo comune. Or, i primi a citare, a ogni pie sospinto, Alceo e Saffo i primi a creare questo nuovo luogo comune^ furono i lirici del settecento, che son pieni zeppi di Alcei e di Saffi, e usano spesso immagini e passaggi che arieggiano molto alcuni luoghi del Carducci.
Ma
eterni
per
raffronti
lettori
con questi
qui
la
del
settecento, tronco
interminabile.
D' altra parte, certe derivazioni e somiglianze piuttosto si sentono intimamente, di quel che si possano esattamente mostrare, anche per via di accurati raffronti. A
rivederci, dunque, in
compagnia
di Orazio,
modello princi-
massime
nei Levia
Gravia e nei
luvenilia.
34
NOTE
Del Fantoni e degli altri lirici del settecento, del resto, si il Carducci cos nelle Odi Barbare, come nelle Nuove Poesie. Sebbene il mio proposito sia, qui, di rilevar solamente le reminiscenze che si trovano nei Levia Gravia e nei lumnilia, pur tuttavia non sar inutile registrare fin d' ora qualche raffronto, che mi torna a memoria sul momento. Neil' ode A Giuseppe Garibaldi, scrive il Carducci
(1)
Tu
ascendi, o divino
i
di morte
Lunge
Sopra
silenzi
il
Te
rifulgiante
le altezze,
i
A
De
numi
mutatis mutandis
;
tro-
viamo immagini e pensieri di Agostino Paradisi In morte della marchesa Hercolani, scrive
:
il
Lunge,
ella dice,
il
pianto
i
Da
la
mia tomba e
il
lugubri
Fregi ed
flebil
canto.
lo spirito
...
Agii vol tra
i
numi.
il
Anche Orazio
accennando
Paradisi e
(II.
il
Carducci
20)
non ego, quem vocas Dilecte Maecenas obibo, Nec stygia cohibebor unda
Absint inani funere neniae Luctusque turpes et querimoniae
;
Mors^ dice
il
Carducci
Quando a le nostre case la diva severa discende, de lungi il rombo de la volante s' ode, e l'ombra de V ala che gelida gelida avauza ecc..
35
e pi sotto
Invecchiai! ivi ne
1'
ombra
superstiti,
'l
rombo
de
le
squallid' ale
XF/// curata da
il
lui
medesimo.
Carducci:
lev la tenue
Fra
le floride
anella
;
Che a r
i
quali ultimi due versi, specialmente con queir epiteto incante, cordano subito questi dal Fantoni (A Maurizio Solferini) :
ri-
Gi da r eburneo collo, ove scendono Tjc brune trecce del crine incanto.
Anche
alla
suddetta edizione,
del verso
questa un' aggiunta riprodotta dal Carducci nelle note e questa aggiunta segue immediatamente
:
una variante
La
che ricorda gli
altri
anella scendenti pe
Scendea su
'1
collo
eburneo
Ad
Neil' ode In
arte inanellato.
il
una
Carducci
vederti, o Lidia,
Danzando cingere
i
1'
Quam
....,
36
e,
specialmente, questa
Congiunte in cerchio, danzin cantando dell' ara intorno. La casta Venere lieti invocando
Donzelle e giovani,
Madre
del giorno.
E, forse, non sono lontanissimi da alcuni luoghi delle Odi Barbare questi altri versi del
Allor che
afflitte
Le man
Vero che il Manfredi fiori e mor nella prima met del secolo. Ma tronchiamo questi raffronti, che son fuori del proposito
questo studio.
Infatti,
il
di
(2)
Carducci,
per
1'
ora
appunto,
nel
testo
Praecipitatur aquis,
ecc.,
Ovidio aggiunge molti altri accenni all' impazienza di Piramo e Tisbe, ispirando, senza dubbio, al Carducci il verso
:
era
vietato
dai
parenti
vedersi
favellarsi
che,
trovandosi
da una sola parete, potean soltanto per mezzo di una invisibile screpolatura del muro dirsi raramente qualche dolce parola di nascosto, Ovidio soggiunge
divisi
:
Quantum erat ut sineres nos toto corpore lungi Aut hoc si nimium, vel ad oscula danda pateres
37
il
e specialmente
Ed
mente.
ecco qui
qualche altro
raffronto
ovidiano, che mi
torna a
il
Carducci
alta
marina
ecc.,
Ara
dove
la
1'
insonne Atlantico
alta
locuzione arare
marina
di Ovidio.
12):
Non
il
Maggio
Novembre, scrive
e Anfitrite
il
capo
E
dove, sebbene
il
le
braccia porgendo
discosta molto da
questa d'Ovidio
Met.
I)
AinpJiitrite.
Febo Apolline, descrivendo il Carducci l'impazienza quando faceano indugio ad Apollo gli amplessi
:
Leucotee, dice
Te
pur, dell'
ugna
il
indocile
Stancando
balzo eco,
Chiamaro
Nitriti
in
van
ne' vigili
Eto e Piroo.
l'
impazienza dei cavalli del sole il figliuolo Fetonte tutto tristo per dal funesto desiderio di guidare l'eterea quadriga lugubri presagi, indugia la partenza del cocchio, per dar almeno qualche consiglio all' inesperto* auriga, dice (Met. II)
Parimente Ovidio
descrivendo
far recedere
Intanto
Amor gemeane,
;
38
praesagaque luctus
Pectore sollecito repetens suspiria.
Pur
il
Carducci
Amor
si
mostra,
Madrigna, a
ine la niega.
.... pur
Pur debbo Su questo
compiesi
alfine io stringerla
petto
mio!
passo
non
te
custodia caro
Non
patris asperitas,
facile,
non
Dique mihi
Venit ecce
Luxque
Sempre
iugalis adest, ut
il
iam mea
fiat
lanthe
Carducci scrive
bella
Quando
la
Orcamide
Tanto in queAllude, qui, agli amori di Apollo con Leucotee. dove si fa allusione alla irregolaquanto nella strofe precedente rit con cui Apollo, perduto in quegli amori, conduce il giorno alla terra si scorge chiaramente che il Carducci ebbe sott'occhio Ovidio; il quale, parlando pure di quegli amori d' Apollo con Leucotee, accenna anch' esso alla irregolarit del giorno (sebbene in modo inverso), e usa parecchie immagini e locuzioni di cui si veggono le tracce nella strofe sopra scritta dal Carducci. Dice Ovidio (Met. IV);
sta,
Temperius caelo
(quando primamente
amori,
s' s'
innamor
39
Rexit Achemenias urbes pater Orchamus... (halamos deus intrat amaios At virgo, quamvis inopino territa visii,
Vida
est.
ha per
:
titolo:
Nel
XX anniversario dell' 8
i
agosto
1848,
il
Carducci scrive
Pallido ei rise, e su
cubiti
ritto,
Salut
il
il
sole, ecc.,
ma
il
Aggiungo, tanto per variare, non una reminiscenza ovidiana, contrario, cio un errore di memoria, che ha qualche relazione
con Ovidio. Nella bellissima ode All' Aurora, ritesse il Carducci, con rifulgenti immagini, la storia di Cefalo, attratto dal bacio la quale storia, come ognun sa, oltre che da altri dell' Aurora poeti greci e latini, fu narrata distesamente da Ovidio nelle Metamorfosi. Scrive il Carducci
;
Non
tu scendesti, o dea
1'
ma
salia per
Cadde
il
1'
fido'
aure lieve, bello come un bel dio. arco su 1' erbe e Lelapo immobil con erto arguto muso, mira salire il sire.
;
alla favola, Lelapo ci sta proprio come i merenda; perch, quando Cefalo fu rapito dall'Aurora, Lelapo era ancora in mente Dei ; o, meglio, in mente Danae. Lelapo fu donato da Diana a Procri (moglie di Cefalo), e da questa a Cefalo, molto tempo dopo che Cefalo era stato rapito e rilasciato dalla non corrisposta Aurora. (Si vegga Ovidio, Metamorfosi, lib. VII, verso
Or
cavoli a
la
fine).
(3)
aditi
Mentem sacerdotum
incola Pythius.
(4)
Carducci.
Questo diversas curas corrisponde al varia d' amori Giacch parlo di Tibullo, mi fermo a qualche altro
del
raf-
fronto tra
romano
Scrive
40
tauri.
il
Glicera
altri
possegga
provvegga.
Febo,
dice
il
Di molti
aviti iugeri
Negli Carducci
:
scritti
Maggio
Novembre^
parlando a
eterna
La giovinezza
avesti.
Tibullo
(1,4)
Pi
scrive
:
sotto,
Apollo,
il
Carducci
la
Chioma stupor
Tibullo
(II,
3)
capillos
Quos admirata
cio la matrigna
est
Giunone
(5)
di
Venere a Enea,
Questi ultimi versi ricordano, del rimanente, 1' apparizione in mezzo a una selva odorata, descritta da Vergilio
:
Cui mater media sese tulit obvia silva .... et avertens rosea cervice refulsit,
vertice
odorem
1'
occhio anche
il
Non
ambrosia, indizio del tuo nume, Fra queste piante, ov'io siedo e sospiro Il mio tetto materno. E tu venivi E sorridevi a lui sotto quel tiglio Ch' or con dimesse frondi va fremendo, ecc.
Spirar
1'
41
Anche
altre volte
il
dell'
Carducci si ricorda di Vergilio. Per citar un ode Per la morte del Principe Napoleone :
figlio
d'
Non Non
ricordano
il
questo, o fosco
Ortensia,
principio
haec, o
divine
querele
di
Evandro
Non
Palla,
(6) Ho detto pensatamente da nessun lrico ; perch, a dir vero, prima del settecento, trovasi cotal locuzione due volte nel poema
il
quale, in
un luogo,
del
vincer loro
un
Luci
il
incontrano
non
f^'
Levia Gravia
Nel forte e nobile sonetto a N.
risposta ad
altro
F. P.,
al
sonetto indirizzato
comincia
Chi mi rimembra la speranza altera, Che giacque fulminata entro il mio core Te ragguard con mite occhio d' amore, Su 'l nascer tuo, Melpomene severa,
e oppor-
tuna
di
Quem
Del resto, questi due versi d' Orazio ebbero anch' essi buona fortuna nel settecento, perch tentarono e sedussero, tra gli altri, il Rezzonico il quale, coronazione di Gorilla Olimpica, scrive
;
nell'
:
ode Per la
Che
Lo spera
in van, se volgere
Le placide pupille
Non
si
Quando
La
d'
intimo
nelle
prime quattro
strofe. L'
ode del
(I,
31):
dore di locuzioni e
d'
brama
solamente
turpe. Cosi
l'
sua ode, seguita enumerando una lunga serie di beni materiali, rifiutandoli tutti, con imitazione evidentissima delle immagini e dello svolgimento dell' ode oraziana. La quale, del resto, diede le mosse anche a un' ode del Fantoni {A Glicera\ che comincia Sudando infaticabile, ecc. In questa ode del Carducci, / Voti, leggiamo pi
:
sotto
il
coniugis
immemor
1).
che hanno per titolo Maggio e Novembre, la descrizione d' Apollo tolta evidentemente da Orazio. Scrive il Carducci
Negli stupendi
sciolti,
:
patarei
Dumeti
quando
la
in core
Amor
prendeati di tuffar
nella pudica
bionda
Chioma
onda
castalia.
Orazio
(III,
4):
Qui rore puro Castaliae lavit Crines solutos, qui Lyciae tenet
Dumeta
Patareus Apollo.
Pi sopra,
poi,
re
il
44
~
:
Carducci
Agieo
il
tuffar
la
bionda
Chioma entro
bel Xanto.
Anche Orazio
(IV, 6):
versi oraziani,
in
Manfredini
i
lucidi capegli
Del rimanente,
anche Orazio
tolse a
immagine dell'eco
:
del
il
Carducci
'1
nome gi per
lui dal
aer cieco
eco.
Cupo rendeva a
vaticano
1'
Vertice
Orazio
(I,
20):
iocosa
Redderet laudes
tibi
Vaticani
Montis imago
(sapranno
meglio di me i lettori che, con la perifrasi iocosa imago, i Latini significavano semplicemente V eco).
d'
Alceo, leggiamo
tu gli animi
;
Evo, Lieo
Apri, e la
il il
speme accendi
Tu spem
altro,
reducis
mentibus
anxiis
(III,
21)
e,
in
un
che
Lieo
45
Ed
al
cautor lesbiaco,
;
quali versi
potrebbero
sembrar
imitati
pur da Orazio
(IV, 9):
et Alcaei
minaces
Cameuae.
Ma
la verit
forse inconsapevolmente,
a sua volta, lo
(Al principe di
Carducci scrisse qui a dirittura, un verso del Fantoni il quale, deriv dalle parole sopra scritte d' Orazio
che
il
;
Cowper)
E
Nella
titolo
/ Poeti di parte
per significare
zio
(I,
2):
nel redeas^
il
:
compreso anche
nell'ode
il
Ugualmente
Fantoni,
Al
Orazio, scrive
....
esigilo
Tardi ritorni.
Del rimanente,
zioni
simili, trovasi
lo
secolo decimoterzo.
che hanno per titolo Alla meC. mortosi di ferro, accennando al truce e fermo proposito del morituro, il Carducci ha questo verso
Negli
sciolti mirabili,
moria di D.
risoluta di uccidersi, scrive
Deliberata
al
46
37):
morte ferocior,
il
Leopardi, l
:
dove parla
pur risoluto
Fermo gi
di uccidersi
di morir.
il
Qual fu a vederlo con ardor virile Ruotare in breve giro agii destriero, E disserrarlo per l'aperto campo!,
soggiunge
Lasso !, negra,
il
ma
in
groppa
gli
sedea
la
cura
qual
verso tradotto
opportunamente da Orazio
(III,
1):
il
e in
un
altro
(II,
16)
Scandit
aeratas
vitiosa
naves
relinquit.
A
la
Con noi
cura torbida
le
s' asside.
nozze
d* Isidoro
Del
Lungo,
Povera e sola alla magion felice Ecco ne vengo, ove m'invidi un pio Amor che mi restava, o incantatrice.
Questi versi
personificata, a
una
novella, che, nelle prime ebbrezze matrimoniali, occupa interamente 1' animo del giovane e colto marito, escludendone momentaneamente anche V amor delle letsono una imitazione, come tutti tere e della poesia
sposa
47
Musa
Tutto
il
mio D'Adda?
ecc.
Ma
la frase
invidiare
ficato di togliere
usata
poi
da
Foscolo
trasse
sua origine da Orazio (figuris et verbis felicissime audax) ; il quale, parlando del poeta Pindaro, dice che, col canto, alzava agli astri e invidiava all' orco giovini morti gloriosamente fra V armi (IV, 2) i
primamente
la
Plorat et vires
Aureos deducit
Invidet Orco.
Nel sonetto
versi
P. E. in morte di
Maria
sita moglie^
i
Ma le donne gentili oneste e belle Che un solingo arse in terra unico amore
poich Orazio, favellando parimente
d'
14)
rise
la donzella
48
JuvenlUa.
Nel singhiozzante e fremente sonetto, che comincia:
S
flagello,
opportunamente da Orazio una bellissima immagine. Il Carducci dice che, stanco dei tanti disinganni della vita, pensa di finirla, e abbassa V occhio a te^ra^ quasi cercando il sepolcro ma vedendosi innanzi l'aspetto della madre, o della moglie, che, atteggiata di speranza e di dolore, pur in lui guarda lagrimando, e solamente per lui mostra aver caro V avvenire, egli depone, sebbene a malincuore e fremendo, il fiero proposito. Cosi Orazio, descrivendo Attilio Regolo, fermo nel proposito di voler morire per la patria, e resistente alle preghiere e alle lagrime della moglie, erompe cantando divinamente
; :
Parvosque natos,
ut capitis minor,
Ab
se removisse, et virilem
Toruiis
immagine
dell'
abbas-
sare
il
volto
a terraf
in atto
d fremente
irremovibilit
Ma
un puro dubbio.
Un' altra
V emistichio
:
minuzia.
Il
Nel
sonetto
Pietro
l'
MetastasiOy
oraziano Catonis
nobile letum.
Nel sonetto Vincenzo Monti, il paragone che il poeta Monti con V impeto di un fiume, preso da Orazio, il quale paragona similmente a impetuoso e spumante fiume il canto di Pindaro. Scrive il Carducci
fa del canto del
:
T'usciva
il
Come
dell'
E
Orazio:
Fervet,
49
quali versi
oraziani
imit, al solito,
il
anche
il
Fantoni,
la ripa erbosa.
(E qui prego
la
lettori di
usitato
;
poesia. So
benissimo che
proverbiale
il
paragone dell' eloquenza con un fiume ma non credo sia molto frequente nei classici il paragone della poesia con un fiume).
Il
neri....,
imitazione felicissima
della
fine
di
un' ode
oraziana.
Dice Orazio che nessuna dolcezza, nessun bene terreno, uguaglia di pregio la sua donna,
Dum
Cervicem.
il
Carducci
Cosa
di cielo la
Che
la rosea cervice e
ai
Declina
:
mia donna allora il vago riso baci e quei d' ambrosia irrora.
Le parole e quei d' ambrosia irrora, traducono il fragrantia d' Orazio ma assai pi bello il detorquet che il declina (vero che la lingua italiana non concedeva al Carducci di render bene il deto^quet scultorio della lingua latina). L'epiteto di rosea dato a cer^vice, parimente roba d'Orazio:
;
Cum
50
Del resto, anche Vergilio, nel lib. I della Eneide, parlando di Venere, dice rosea cervice refuUit. Nello stesso sonetto, parlando sempre della sua donna, scrive il Car:
ducci
La
i
immagini espresse
da Orazio nell'ode
eripi.
Da
il
verso
mora
!,
che rende
il
tecum obeam
al
secondo libro dei luvenilia, il pi rigurMa essendo anche riboccante di reminiscenze di altri classici latini e italiani, credo utile ripetere che il mio assunto di rilevar solamente le reminiscenze oraziane perci, salter a pie
gitante di reminiscenze oraziane.
:
Passiamo
pari
quelle
di
d'
altri
classici,
salvo
quando
verso,
o
coincidano
passo,
del
Orazio
nello
stesso
La prima ode di questo libro, indirizzata a Ottaviano Targioni Tozzetti, tutta modellata esattamente sulla pri-
ma
ode d' Orazio Maecenas atavis edite regibus. Dopo aver enumerato e descritto i diversi studj umani e le
:
dice
unicamente alla poesia. E tanto Orazio, quanto il Carducci, invocano il favore della musa argiva. Tanto Orazio, non quanto il Carducci, accennano, ma modestamente per mezzo di una superba affermazione, ma di un pio
voto e desiderio
Dice
il
Carducci
51
se un tenue spirto 1' argiva Cainena infondami !, se a me ne' lieti Fantasmi eterei de' suoi poeti
Ed oh
Grecia riviva
Orazio:
si
neque
tibias
Lesboum
Quod
si
me
primi due versi, poi, della strofe sopra scritta del Carson
ducci
traduzione letterale
:
di
un
altro
luogo dello
stesso Orazio
qual luogo
Giorgio
oraziano Viani:
imit
anche
il
Fantoni
nell'
ode
Lo
A me
Del resto, anche il Fantoni (certo, meno opportunamente del Carducci) allude pi volte al favore dell'eolia
musa
il
qual ver-
Io tsco e
memore
dell'
are atte
cio,
toscano di patria,
ma
me
di
mutua fede
costretto
Orazio, che
52
et
bene mutuis
Dice anche
il
le
Carducci
Qui fra
Sapranno i lettori che, fra i tanti altri nomi, Bacco aveva anche quello di BassareOy nome forse derivato da Bassara, luogo della Lidia dove si facevano vesti talari simili a quella indossata da Bacco, per testimonianza di Tibullo
:
(Inno
I),
chiama Bacco
col
Chiam un
invan d' oltre 1' Eufrate Bassareo giovine dio ingentilir di pampini le balze.
.
.
di
Del resto, anche Tibullo d pi volte V epiteto di candido a Bacco. Infatti, dice in un luogo Candide Libe?^ ades ; e in un altro Candidior seniper, candidiorque veni. Parlando, poi, degli studj del guerriero, il Carducci
:
:
dice
il
qual
participio
divisa,
Dumque
Diespiter
Anche
il
Tonando,
il
Seguita
naviganti
:
il
Carducci,
parlando
di
mercanti
di
53
Con
fame dell'oro
tu vedi.
altri vig-ile
La prora ascendere
il
immagine
della
Dice Orazio
Cura
e altrove
(III,
1):
neque
Decedit aerata triremi atra cura
. .
.
la qual
immagine
fu imitata
:
da
Il
Leo-
Ahi, ahi,
s'
;
asside
Su r
e
il
alte
Fantoni, nell'ode
Giorgio Viani
Sale la nave,
Con noi
la cura torbida
s'
asside.
Pi
sotto, dice
il
Carducci:
flutti
cavalca,
Parlando da ultimo
Vinca
io
di s,
il
Carducci scrive
l'
invidia.
un luogo Invidiaque maior urbes relinquam; e altrove: Et iam dente minus mo^deor invido. Sopra questo concettuzzo si svolge tutta r ode minuscola del Fantoni Ad alcuni critici. Finalmente, chiude il Carducci la sua ode, dicendo
Orazio, parlando
dice
in
:
Anche
lunge
il
servile
Gregge profano
!,
la
di
54
quale esclamazione e le quali parole sono reminiscenza parecchi luoghi d'Orazio, che, nell'ode P del libro III,
:
scrive
lib.
servum pecus,
etc.
Altrove, poi: Et
concetto che,
lirici nostri,
masdi
medesime parole
A Neera, che
come avverte il Carducci nelle noie traduzione o imitazione del Basium II di Giovanni secondo, e per non
contiene roba di Orazio, salvo
Le tenue fronte su
il
verso
la dotta cetra,
fronte, preso
;
da Orazio
al
poeta,
roba d'Ora-
1):
frontium
il
Omero
Non che
il
prisco Israele,
il
dotto
passiamo alla terza ode A Febo Apolline; la quale, meglio che poesia, pu dirsi una burla, una dotta burla, del genere dell' Inio a Nettuno del Leopardi (i lettori ricorderanno che l'inno del Leopardi tutto composto con versi ed emistichi presi sparsamente da varj poeti greci); poich dei duecentododici versi di cui si compone, i versi originali del Carducci son tanto pochi, che si possono quasi contar sulle dita. un mosaico, fatto con brani di poeti latini tradotti (di Tibullo vi sono due lunghissimi brani) e
55
con versi di poeti nostri, massime di Ludovico Savioli e di Vincenzo Monti. Ma tutto ci non entra nel mio assunto, che solamente di rilevar le reminiscenze oraziane. Sicch, restringendomi a rilevar queste, salter a pie pari tutte
le altre.
Seguitiamo,
dunque,
raffronti
oraziani.
Scrive
il
Carducci
Ed
Questi
versi
non son
propriamente parlando, una reminiscenza; ma ricordano certamente al lettore ci che Orazio dice degli amanti in genere:
.
.
.
amantem
imo
et
languor et silentium
Argiiit, et latere
Petit US
spiritiis.
Seguita
il
Carducci
immagine, applicata a una amante, potrebbe cordare ci che di s, amante, dice Orazio
qual
:
ri-
Manat
Cosi pure
gli altri
strofe carducciana:
In su
potrebbero ricordare
verso
d'
Orazio
Palleat omnis
amans
Ma
di
ricordar Orazio
seri-
o Ovidio,
vendo questi
co
Savioli,
versi,
56
AmoH
di
una
strofe degli
Ludovi-
dal
come
all'
amante
Mettiamo a confronto
il
due
strofe.
Dice della
sua amante
Carducci:
Dolce fiaTimeggian V umide Luci nel vano immote : Siede pallor lievissimo In su le rosee gote ;
e
il
E
Seguita
Accesi in te fissarsi.
il
Carducci:
le dolenti
Ma
immagini
mare
una reminiscenza
tristitiam et
di
metus
Tradam
protervis in
mare
Portare ventis.
il
Solferini:
...
le torbide
cure
si
spingano
Pi sotto, ha
il
Carducci:
presser
fati,
Quando immaturi
L' egra Sulpizia
i
dove
il
Tam
Similmente
il
te
nell'ode
Al Ferretti
t><
interminabil notte
Ci preme.
Continua
il
Carducci
dipingendo
bianchezza del
corpo d'Apollo:
Qual della luna in placido Sereno, era il candore
;
quali versi
reminiscenza
di questi similissimi
Luna mari
come pure
sia
gli altri
due versi
potrebbero sembrar una reminiscenza evidente del verso di Ovidio (Med. Ili):
...
et in
tanto pi che qui Ovidio, favellando di Narciso, ne fa un paragone con quello stesso Apolline di cui parla il Carducci; e tanto pi che molte altre immagini di quel paragone ovidiano combinano perfettamente con ci che dice il Carducci nella strofe precedente. Tuttavia, n di Orazio, n di Ovidio, si ricord certamente il Carducci scrivendo questi versi perch e questi e venti altri appresso son tradotti letteralmente da Tibullo (III, 4)
;
:
Candor
erat
qualeni praefert
latonia
luna
E
II
qui mi perdonino
lettori d'
aver accennato
di sfuggita
una immagine
sola,
mi ha trascinato per un
istante
58
Veniamo, adesso,
questo
libro.
al
Incontriamo subito una figura retorica, troppo retorica, Il Carducci, dopa aver
Ridan
La madre
degli Enead
d'
Orazio,
? o
me
ti
sento.
Or,
improvvisa, dopo
il
esclama improvvisamente:
Auditis ? an me ludit amabilis Insania? Audire et videor, ecc.
Anche
cato
il
Fantoni,
nell'
le
parole
d'
Sogno,
?
!
Le porte schiudonsi
le
Muse
io
veggio
Del
in
mo una
anche nell' emistichio Fiacco, io ti sentOy troviareminiscenza oraziana nel verbo sentire usato questo senso nelle Epistole (II, I)
resto,
,
:
praesentia
numina
i
sentit.
Pi
sotto,
il
Carducci ha
io
seguenti versi
vuoto.
59
Sacro a' sapienti il numero Dei nappi tre; ma nove A noi ne ehieg-gon l'impari Figliuole ascree di Giove.
seguenti
d'
Orazio
tribus aut
novem
Miscentur cyathis pocula commodis. Qui Musas amat impares, Ternos ter cvathos attonitus petet Vates. Tres prohibet supra, Rixarum metiiens, tangere Gratia
sic
1'
occhio
il
il
Carducci scrivendo
numero
Seguita
il
Carducci:
tu discordi, o Libero,
roman
ferro prese.
d'
Orazio, e
segnata-
mente questo
(III...)
maggior parte degl' interpetri credono che Orazio alludesse a Catone Uticense, come il Carducci nei versi sopra scritti. Il prisci avrebbe il significato di uomo di
la
dove
prisca virt. Anche noi diciamo spesso air antica; egli un uomo antico.
Egli
un uomo
60
Veniamo, adesso, all'ode per la B. Diana Gintini, che rigurgita di reminiscenze oraziane. Il Carducci ha questi versi
:
splende.
spande per le vie festosa Turba e s' allegra. Disciolto il bove mormora un muggito Esulta il gregge nell' erboso piano,
di
un passo
dell'
ode oraziana
A Fauno:
tener pieno cadit hoedus anno,
Fumat
odore.
Ludit herboso pecus omne campo, Festus in pratis vacat otioso Cum bove pagus.
Del resto, pur traducendo da Orazio, il Carducci ebbe r occhio anche ad altri classici. Per esempio, quando
scrive
:
...
si
spande per
le vie
festosa
Turba
imita
i
e s'allegra,
Tutta vestita a festa La giovent del loco Lascia le case, e per le vie si spande; E mira ed mirata, e in cor s'allegra.
Seguita
il
Carducci
te s'
adorna, ed
Gigli
i
sommette e
rose, ecc.
mentovata d'Orazio:
Sylva frondes:
Continua
il
61
Carducci
Se nostra
dirti,
o buona, anco
ti
giova.
Eoma
Scrive
il
si
etc.
Carducci
Odi
le caste vergini
il
lamento
Siderum regina
bicornis, audi,
Luna, puellas,
seguita cosi:
Dii, probos
mores
docili iuventae,
etc.
Da
il
Manzoni,
Tempra
Il
confidente ingegno,
la canizie
liete voglie sante.
Adorna
Di
il
Carducci
Orazio, poi
perpeti,
ruit per vetitum nefas.
Carducci
Ragguarda, o buona^
,
.
a' figli
ti
madre
al
popol tuo
mostra
e Orazio
(I,
62
2)
neglectum genus
et iiepotes
Respicis auctor.
Il
e Orazio, nel
carme gi
detto
Da
ultimo,
il
Te duce
e Orazio chiude
1'
nostra;
ode seconda
in questo
inultos,
modo
Neu
sinas
Medos equitare
Te
duce, Caesar.
Passiamo, ora, all'ode A Giulio. Qui, incontriamo una ventina di versi, tradotti pi che imitati da Orazio. Scrive il Carducci
:
verna, ne assidue Nubi si addensano, pioggie si versano Malinconicamente Sovra il piano squallente Non sempre 1' arida chioma alle roveri I torbid' impeti d' Euro affaticano, N dura artico ghiaccio
:
Ma
tu, o
Face su 1' ampio del ciel silenzio, fugga al sol d' avanti Mal gradito agli amanti, Tu sempre in flebili modi elegiaci Lamenti, o Giulio, la cara vergine, ecc. Oh non continue querele e gemiti Commise a' dorici metri Simonide N ogn' or gem, ecc. Deh, se pur premeti desio di piangere, Mira la patria, ecc.
!
Valgio
:
63
dell'
ode oraziana
A
si
non
pu credere neppure che il Carducci la possa aver fatta a memoria^ come accade in simiglianti casi quasi forza credere che egli, scrivendo, abbia tenuto aperto innanzi
:
a s
il
niibibus
. . .
hispidos
iners
Manant in agros nec stat glacies Menses per omnes aut aquilonibus
Querceta Gargani laborant, Et foliis viduantur orni. Tu semper urges flebilibus modis Mysten adeptum nec tibi vespero Surgente decedunt amores,
:
Nee rapiduni fugiente solem. At non ter aevo functus amabilem Ploravit omnes Antilochum senex Annos nec .... Prygiae sorores Flevere semper. Desine mollium Tandem querelarum et potius nova Cantemus Augusti trophaea, ecc.
: :
Anche
il
Fantoni,
del
resto,
questo passo
oraziano
nell'
ode
Non sempre ai sguardi del nocchier la stella D' Orlon nomboso minacciosa appare, N d' Adria inquieto l' inegual procella Agita il mare. Non sempre, o Fresie, inerte ghiaccio il monte Copre d' Alvernia, o il ciel di Flora fosco, Ne sempre incurva la ramosa fronte
Il folto
bosco.
Tu sempre
mesto
:
o te gentil circonde
ex^c.
Stuolo di ninfe
o,
certo,
Carducci
altri classici.
il
64
ricordano
versi
querele e gemiti
Commise
a' dorici
metri Simonide,
rammentano
Orazio
commissi calores
Aeoliae fidibus puellae.
Seguita
il
Carducci
anch' oggi splendidi gli sdegni vivono Ne' tardi secoli, spirano i fremiti Delle genti latine,
Nelle armonie divine
i
;
memoria
questi altri
oraziani
spirai
adhuc amor,
Anche
il
principe di Coivjcr
Vivono
numeri
Che
alle tremanti
Scrive
il
Carducci
tri vii
d' urli e
domestico
domestico Marte, per significare le guerre interne della patria, derivato felicemente dai domestica facta d' 0razio (De arte poetica, v. 287).
Passiamo, adesso,
Scrive
al
Carducci
Gli
si
65
Necessit
Dell'
legami
altra
i
1'
chiovi
Su
gran Titano.
d'
Orazio
il
quale,
un luogo, dice
Te semper anteit saeva Necessitas Clavos trabales et cuneos manu Gestans ahena, ecc.;
e in un altro
:
Si figit
adamantinos
verticibus dira Necessitas
ecc.-
Summis
Clavos,
Del
resto,
anche
:
il
d'
Orazio
Preme
il
Necessit
infermi
ecc.
Schiavi di morte,
manu
Continua
il
Carducci
Orfeo mosse
Citareggiando e
le foreste aurite ;
e Orazio
insecutae
Orphea sylvae
Blandum
DiLcere quercus.
66
Veniamo
altro
Il
Carducci,
di-
stipato
da una
densa
un
Addensato
cogli
vulgo
omeri attendea.
da una densa
folla di ascoltatori
Densum humeris
Seguita'
il
Carducci splendidamente
la ionia
hi vista ardea
onda famosa
i
biancheggiavan lunge
d'
traci monti.
immagine
et
Hebrum
Thracen.
prospiciens
nive
candidam
Pi
sotto,
il
Carducci ha
e
ire
Commise
E, adesso, all'altro
il
Carducci,
metaforicamente
e crollar truce la
morte
Le immani
torri.
Phthius Achilles
il
il
Cerretti
neir ode
Giovanni Ansanti
E
le torri di
67
scotea
1'
Dardano
Truce co
asta.
il
Cerretti,
quanto
d'
il
Carducci, resero
Orazio.
infamati
:
sassi
ermi
al tirreno,
scopiilos Acroceraunia.
Veniamo, finalmente,
intonazione
odi di Orazio
all'
solenne e profetica
ode
AgV
si
il
Italiani, che
per
Ad Romanos.
Scrive
Carducci:
Spernit
humum
Qui bench fuori del proposito del presente scritto non posso non osservare (giacch T osservazione cade appunto nei versi raffrontati ad Orazio) che piume non rima con alluma. Non si pu credere che piume sia errore di stampa perch anche fuggenti in plurale perch la bella edizione Barbra non ha neppur un solo errore di stampa; e perch quest' errore di rima trovasi anche nell' ultima edizione definitiva dello Zanichelli. D'altra parte, non parmi verosimile che il Carducci, oculatissi-
mo
trascorrere inavvertentemente cotal errore. Crederei piuttosto che il Caj-ducci avesse scritto da principio con fuggente piuma, tenendosi pi strettamente fedele al fugiente penna d' Orazio ma che, in progresso, sentendo che questo singolare, nella nostra lingua, era un po' aspro, e
;
parte non potendo mutar la rima senza sacrificare qualche bella immagine o pensiero, impazientito, lasciasse correre con fuggenti piume. E chi vuol gridare.
d' altra
forse
gridi pure
!
-
68
Anche
il
Tasso imit
Gerusalemme
i
62)
piacer
ciel
frali
Seguita, poi,
il
vi-
tempi migliori
Durar nel
Vegliar
ferro
il
Anche
giovinetto
Orazio, alludendo
alla
educazione
virile
del
:
romano
romano
2.* e 5.*
(vedi,
).
Il
Scrive, inoltre,
il
ecc.
Questo du7^e fortune bellissima traduzione del dura ! Orazio, l dove parla d' Alceo narrante le dure fortune delle guerre da lui guerreggiate (II )
mala
navis,
belli.
Continua
il
Carducci
E
Sogni su
'1
le
paure
Ci
lissima,
riproduce
fedelmente,
alcune
splendide
69
Infatti,
efftti
il
come
il
Carducci, degli
di quella virile
:
cantando
Eheu, ne rudis agminum Sponsus lacessat regiiis asperum Tactu leonem, quem cruenta Per medias rapit ira caedes.
Suspret
:
A questi splendidi
che pi
di
il
Carducci an-
sotto, allorch,
contemplazione
torna
il
della
austera
fulgida
Carducci a mirare e piangere la corruzione e vilt presente. E comincia, come Orazio, dalla corruzione del sesso debole, e, specialmente, delle
giovinette:
Vile ed infame chi annebbi
il
pudico
g-erme antico
Cos Orazio:
Motus doceri gaudet ionicos Matura virgo, et fingitur artubus lam nunc, et incestos amores
De
Continua
il
Carducci:
e air
alma ed
alla
mente
Esca porgete.
E
Orazio:
70
il
Carducci
proceda 1' erudita e bella Vostra Lucrezia agi' itali mariti, Puri accrescendo ai sacri rami aviti
Fronda novella
cio,
alle
corna gi fabbricate
1'
dalla
madre
Mox
Dopo
ci,
il
Ma non
Premea
antico
Te, Federico
Non
Da
fatti
della
virt
immortale dei padri, con la corruzione e vilt presente, sorge improvviso al Carducci un disperato consiglio: - partire tutti, lasciar tutti per sempre questo suolo glorioso di cui siamo indegni, lasciarlo tutti in una solenne e divina solitudine
:
di cor
peregrina e di favella
a'
E E
numi
agli avi
Sgombra
di te la
sacra terra,
ecc.
71
Tutto ci tolto da Orazio; il quale, dopo aver pianto, Romani a fremendo, la spenta virt degli avi, consiglia partire tutti, a fuggire tutti in altre terre, errando per gl'infiniti oceani; e, prima di partire, a giurare di non tornar mai pi alle sponde latine (Epod.) :
i
ecc.
Da
questo passo
d'
Orazio
tolse
anche
:
il
Leopardi
la
Guasto legnagg-io,
Che
stai ?
Levati e parti.
si conviene a s corrotta usanza Questa d' animi eccelsi altrice e scola Se di codardi stanza, Meglio r rimaner vedova e sola
!
Non
Da
ultimo,
il
lirico,
chiude:
Rompa
mare
e d' oltre
monte
!
Barbarie nova Frughi n degli avi nelle tombe sante Con le spade ne' figli insanguinate, E calpestin le sacre al vento date
Ossa
di
Dante
il
quale, nella
:
72
NOTE
(1^
ziane che
il
In questo studio, io ho rilevato solamente le reminiscenze orasi trovano nei Levia Gravia e nei luvenilia. Tuttavia, come
d'
poesie,
fronti,
non sar male far tra Orazio e che mi vengono ora a memoria.
Per
L'
Neil' ode
Roma, che
tro-
Carducci
Se
al
Campidoglio non pi
il
la
vergine
pontefice,
di
un luogo
d'
Orazio
(III; 30)
barbare, scrive
il
le
Nuove Odi
sole,
senza celer
placide ombre...;
V ode
Cerretti, rivolto
:
la
agii vecchiezza,
N senza
cetra.
il
Neir ode In una chiesa gotica, parlando della sua amante Lidia, Carducci esclama
:
vederti, o Lidia,
Vorrei fra un candido coro di vergini Danzando cingere 1' ara di Apolline.
73
(II, 12)
;
Quam
nec ferre
pedem dedecuit
ehoris,
Lndentem
Dianne
(il
Celebris die
il
nitidis
Per
il
le
nalia, scrive
Carducci
Oh, divisi dal mondo Sussurri degli amanti, Che r aura pia diffonde
Tra r ombre e
tra le fronde.
Orazio
(I,
9)
anche Omero accenna, in uno o due luoghi, alla sudei sussurri. E Ovidio, maestro in tutti i gaudj pi squisiti d' amore, ne parla pi volte con delizioso fremito. Neil' ode All' Aurora, il Carducci scrive
Del
resto,
prema dolcezza
gagliardi
mugghi
vaUe
Siona,
dove
Allora sorse
Tidide,
-
Omero
dice
Allora sorse
Ma
qui
cata questa locuzione propriamente ai cani, e per l' immagine contenuta nel pentametro - vien preferibilmente a memoria un luogo
dell'
Epodo VI
d'
Orazio
nel quale
il
i
Cassio Severo a
un cane (chiamando
vie pastoribus,
Nam
soggiunge
Amica
:
etc.
il
Carducci
e la forte
Etruria crebbe,
crebbe,
nel
senso di prosper,
:
derivato dai
e,
et Italiae
14:
il
Carducci
minacele
gl'itali penali
Annibal
diro.
che
epiteto di
REMINISCENZE
(Aggiunta alle mie
L.
CLASSICHE
DI
GIOSU CARDUCCI
pubblicate da
Battei di
I.
(Ediz. Zanichelli).
voi, se fia
guerre
:
Da'
lor mariti
l'
imminente
fato.
Nel luogo qui sopra citato, il verbo deprecare adoperato dal Carducci er idoneamente : infatti, egli V usa nel senso di ottene^e che si allontani o si ritardi >.
Ma
esso significa
7ntardi
>.
!
non pu avere, questo senso < pregare che si alloitani o si soltanto tra pregare e ottenere corre una bella
e
:
differenza
luvenilia. Libro IL
Dove
il
Ove
il
di
me
parte.
il
sentiero.
incestare
(Inno ai Patriarchi)
76
ecco di sangue
Gli avari colti e di fraterno scempio
Furor novello
incesta.
* * *
. . .
.
raccogliendo
:
il
molle crine.
crin che
gronda
Non
io
prorompo a invadere
petto.
col
brando
Cognato
vincitor calpesta.
* *
t'
arriva
Anche
il
**
Ora
Preme
Bruto mino^e
* *
di
mano
e d' ingegno,
mano
o d' ingegno.
, .
77
dice
luvenilia
>
d'
ingegno o
di
mano
* * *
il
pregio agogna.
'1
ciel distende.
dire pi volte
* * *
Infestus Orion
Si
dell'
d'
alcuni
Amor
Aminta
Il
dirittura.
* * *
pur compiesi
Il
dolce e
fier desio.
Chiamare
pensato,
il
fier
osato,
il
quale
pur favellando
amore, scrisse
Brama
raccorsi in porto
Gemeva
Frasi trite e
ritrite
egli le vigili
Piume stancando
!
in vano.
:
Il
Savioli
Stanca
le
piume incommode.
Un
Frammenti
piume invan.
di Saffo
anche
il
Leopardi
io doloroso, in veglia,
Premea
le
piume.
78
?,
santa
Natura,
ecc.
* * *
Zefiro senza
mutamento
spira.
Le tosche
terre.
attivo,
ricorda
il
nell'
Inno a Maria
tutte le genti
Mi chiameran beata.
*
Odio e furore
torvi animi
avvampa
le
nozze
avvampa
* * *
d'
grave
Il
obbrobrio
nome
italo mira.
:
il
79
*
* *
pioggie si versano Malinconicamente Sovra il piano squallente.
Malinconicamente e
* * *
Ed
secondo
il
Il
di
questi
tal
quale
dal
Fan toni,
quale dice
luvenilia.
Libro IV.
battea l'estremo
Irrevocabil palpito d' amore.
battea
Palpiti della
morte e
* * *
dell'
amore.
addio
Anche questa
roba leopardiana
Amor,
di nostra vita
ultimo inganno^
T' abbandonava.
* * *
cara a
Sarai
me ne
gli
anni
memoria ed onorata,
49 50)
lamque dies (ni fallorj adest, quem semper acerbum, Semper honoratum (sic D voluistis) habebo
;
80
e questi altri delle
Ricordanze
e
del Leopardi
fia
compagna
di tutti
miei teneri sensi, i tristi e cari Moti del cor, la rimembranza acerba.
* * *
su
'1
Il verbo viaggiare, appropriato alla Luna, ricorda un verso del Leopardi {Canto notturno di un pastore errante dell' Asia) :
il
Questo latinismo di clade per strage tolto dal Leopardi quale, credo almeno, per il primo, os introdurlo nella lingua italiana poetica {Per un vincitore nel pallone):
;
e la
matura
Su
Sparga
le
'1
care chiome.
le
nozze di Paolina)
Su
'1
e presente
Annunzi
Per
il
nume un
fremito diffuso
la selva odorata,
non sento
Spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume,
YvB.
queste piante
l.
/),
gi da
me
ricordato.
81
* * *
Qui abbiamo un bellissimo sproposito di grammatica. e, per, bisoSaffo era una femmina, non un maschio gnava dire le apparava, non gli apparava. Del resto, questi versi ricordano un luogo dei Sepolcri:
; :
Venne
e all'ombre cant
i
E guidava
nepoti, e
1'
Apprendeva lamento
*
ai giovinetti.
Qui
la virile et
1'
ardir prepari.
La
che, in
una
di
E
il
le cavalle
ed
il
furor prepara;
(Od.,
1,
15):
.... lam galeam Pallas et aegida Currusque et rabiem parai.
* * *
E
Il
Immagini
e locuzioni tolte
da Orazio
(II,
1)
auditumque Medis
Hesperiae sonitum ruinae;
onde anche
il
Leopardi:
Poi che divelta nella tracia polve Giacque, mina immensa,
L' italica virtute, ecc.
Tempo
il
82
ricordano da vicino un luogo del Leopardi {Per
citore
,
un
vin-
ecc.)
Ore
il
danno misura e
* * *
il
flutto ascolta.
Spesso
il
Carducci,
a^
imitazione
del
Leopardi,
chiama
matrigna
Di
lei eh'
al gener nostro
empia madrigna.
il
Leopardi
Tu madre
in parto ed in voler
madrigna.
tutta
quanta
volo
al
una
Per
di
il
monumento
qualche
Dante.
Io
mi star pago
di
notar
Il
poeta dice
sangue
tu
ti
volga o guati
il
le glorie
tuo passo.
il
Leopardi
in cui s'
aduna
Quantunque
del
buon seme
:
a'
tempi nostri.
in te s'
aduna
Quantunque
in creatura di bontate.
il
il
E
Il
te
a la bella schiera
fortissimo
amor
fece consorte
s
Che oprando
nove guise.
Tua
virt si lev.
83
D'amor, d'iroso
Amor vampo su 1' alta impresa il core. Come cred' io che al ciglio lacrimoso, E a r occhio ardente ed a 1' ansar del petto
Si
parebbe
il
magnanimo
furore
E
Tutto
ecc.
ci tolto e con
scolasticamente,
con rozzezza da
mani da villano, alla sopra detta canzone del Leopardi; dove il poeta, volgendosi agli artisti che attendevano a lavorare il monumento, dice:
campanaio
Beli'
opra hai tolta, e di che amor ti rende. Schiera prode e cortese. Qualunque petto amor d' Italia accende.
Amor Amor
Voi Chi Del Chi Chi
d'Italia, o cari,
di
questa misera
1'
vi sproni, ecc.
spirer
dir
1'
altissimo subbietto.
il
onda e
turbo
immenso
affetto ?
....
1 sensi e le virtudi
Davanti
al busto
deW Alfieri,
il
Carducci grida:
!,
Lunge, lunge
scimmiottando
il
monumento
di
lunge, lunge,
Alma profana
*
e lui, reudente
parmi imitazione
di
un luogo
dei Sepolcri.
84
* * *
per lo gran deserto
Dilaceravo
i
lupi.
:
Quel dilaceraro
tolto dal
Leopardi
;
Dilacerar le belve
il
insepulta
membra
differeiit lupi.
Il
diff'erre corrisponde
interamente
*
* *
e a
/
'
al
dilacerare.
esultante
Per
li
templi de
1'
Per r aere
il
* * *
traduzione
:
di
un verso
di
Virgilio,
che parmi
fini-
sca cos
et
Ariosto
(e. 18."^
151):
Un
il
sangue oppresse
horror
Membra
quatit.]
Ma
Si
Il
primo
di questi
85
Del resto, anche il concetto espresso dal distico carducciano identico a quello espresso dal Leopardi nel luogo citato delle Ricordanze.
*
Muto correa
Il
sole
almo e
infinito
la luce
"
Per r
1j'
oceano, e del
mondo
Questa descrizione della terra, nei primordj del genere umano, quando una solitudine immensa esplorava il sole nel suo muto viaggio, assai simile a una descrizione che il Leopardi fa della stessa epoca neir Inno a' Patinar chi
:
Quando
gli
ameni
di cittadi
romorose, ignota
Pace regnava, e gV inarati colli Solo e muto ascendea l'aprico raggio Di Febo
*
Quando
Leopardi
Furo e
co' forti
combatteano...
Omero, nel L
Eran
forti e
combattean
* *
co' forti.
e regni
V invernai Dodona.
-
attivo,
;
con r accusativo espresso, un uso elegante dei poeti e, specialmente, dei lirici. Il Foscolo
:
86
Citer
da Orazio:
regnante
beati
).
il
Leopardi
quando
gli
ameni
di cittadi
romorose, ignota
Pace regnava.
*
I corridor fumanti.
Ermengarda)
***
al
lungo odio
civil
pregando
fine.
Spirto gentil ):
pregan
fine.
* * *
E
gentil
*).
una ruina
involve.
Spirto
* *
Clie
urne
interrogarle.
di favella.
:
87
Una
Di memorie,
sangue, di cor.
* * *
Poi che
il
sacro verso
tutto
r universo
.
Descrisse fondo
* * e
'1
Te mise dentro
Copia
di
un
altro verso di
Dante
Mi mise dentro a
le secrete cose.
* *
lice.
simile a questi
due versi
della Silvia
del
Morte de
la
di
sua vista.
Il
di
uccidersi, e
:
Ugualmente
mette
in
il
d' uccidersi,
bocca
Bello
il
88
* *
tinto e bianco
morte futura.
* *
Questa
desiderio
d'uccidersi,
Quando
gl'infausti giorni
Virile
alma
* * *
ricusa.
....
ricorda,
un
emistichio
del
Leopardi
e pi
benigno etere
* * *
spiri.
Ode a Giulio
estranee
Reminiscenza del seguente verso d' Orazio (IV, Quod regum tumidas contuderit niinas.
* * *
3)
Levia Gravia.
Alla
memoHa
Orazio
di D. C.
d'
(i,
37)
[Confronta anche
il
Fermo gi
89
volti arguti
il
Di lacrimette ed
1'
altre
fanno
semplici e quete, ed
*
Parenzo
Il
og-g-i
alla
onesta
Tua legge
affida, o
amore,
'1
prode ingegno e
core.
La
frase
il
prode
ingegno
tolta
dal
Leopardi
Han
la tenaria
* *
Carducci.
/ Poeti di
esilio
Parte Bianca,
le dolci soglie
e Congedo.
Con r
mutar
primo
di questi
letterale di
un
511.):
* *
S' inchin
il
poeta,
tristi,
Nostra fortuna
richiede
7 tempo.
di Tibullo, o di
Properzio
Nec tantum ingenio quantum servire dolori Cogor et aetatis tempora dura quaeri.
Del resto, anche la dedica al TrissinOj che il Leopardi prepose alla sua canzone Al Mai, non altro che una parae, forse, il Carducci ebbe frasi di questi versi di Tibullo
;
90
* *
fede
Non
tieii
la
lingua
all'
abbondante core.
Ex Traduzione del motto biblico abundantia cordis OS loquitur ; se non che il Carducci nega quel che la
:
Bibbia afferma.
*
E'
1
L'
Nelle tue
man commetto,
In
manus
domine,
commendo
spiritum
* *
meum
>
Come ha
gi da vicin
1'
ultime strida.
Verso copiato letteralmente dal Petrarca {Canzone alla Vergine. Vergine bella che di sol vestila ).*
Ed ho omai da
* * *
di pria
Traduzione
di
un verso
Che
se durasse
il
mio
vitale inganno,
Di pensier in
peisier^
monte
in moite*):
Che
se
1'
non chieggio.
91
Come da
Verso molto Leopardi
:
simile
un luogo
dell'
Aspasia
del
musicali accordi,
elisi
Tu, mio
Mio
Versi assai simili
sospiro
dolor, cadesti!
Leopardi
passasti, eterno
!
*
e tu lenta languisti
Tu misera
* * *
cadesti.
la costa
verde
A
Anche
di Virgilio gi
cui la
muta con
l'esilio e perde.
il
verso
innanzi citato
primi inganni
al
tempo e
al vero.
Petrarca
e dal
Leopardi.
92
*
Perdesi l' inno mio nel vuoto, quale Per gli silenzi della notte arcana Canto di peregrin che s' allontana.
Versi
imitati dalla
fine
del canto
leopardiano
La sera
Un
canto che s' udia per li sentieri Lontanando morire a poco a poco.
*
in su le fronti
De'
g-uerrieri abbronzate.
:
Ricorda
il
Musa,
il
me
che vale?
La
me
Dimmi,
Al pastor
luna
a che vale
la sua vita?
di
questa
Italia,
Vedova
trista, eh'
ognor pi dimagra
di buoni e di ben.
dimagra.
* * *
93
* * *
E nom da
nella bella
quel eh'
io
sono.
di
Dante
nell'
In
rio,
Verso tolto da un luogo di Dante. (Vedi, nel Purgatoil canto dove parla di Matelda,
che
si
gi
Cantando ed iscegliendo
fior
da
fiore).
COMMENTO STORICO-LETTERARIO AL
di
"
"
(A
IRA
GIOSU CARDUCCI
Ai giovanetti
italiani, perch,
Giosu Carducci dava fuori, in elegante edizione, coi tipi del Sommaruga, un libretto che sul frontespizio, portava e, conteneva dodici sonetti questo titolo: Qa ira. Settembre 1792 . Ai dodici sonetti andava innanzi un' epigrafe in lingua tedesca, che suona cosi ... Diesma sagte ich: Von hier und heute geht cine neue Epoche de Weltgeschichte aus, und ihr hnnt sa gen, ihr seyd da bei gewesen . Queste parole sono di Wolfango Goethe, il quale si trov presente al cos detto cannoneggiamento di Valmij il 20 settembre del 1792; e, la sera stessa, dopo la battaglia, le ripet ad alcuni suoi commilitoni (1). 11 Goethe aveva ragione: una nuova ra si dischiudeva per la Francia: la Repubblica nasceva in quel momento^ e gi poteva dirsi incrollabile. Ma, disgraziatamente, certi scrittori confondono una cosa con l' altra fanno, cio, tutt' uno dei Francesi che si battono contro gli eserciti confederati d' Europa, e di quelli che, entro le mura di Parigi, appiccano i fornaj ai lampioni, sgozzando i prigionieri senza
Nell'anno
1883,
; ;
difesa.
Giosu Carducci tra questi. In una nota, posta in libro, cosi scrive: Oggi vezzo, non saprei se teorico, voler abbassare e rimpiccolire la rivoluzione francese: con tutto ci, il settembre del 1792 resta pur sempre il momnto pi epico della storia moderna. Impossibile mettere in versi quella storia, se non a brevi
fine del
tratti:
perci
si
elesse la
ne' secoli
XII e
XIV
fu
anche
strofe
(1)
Eccone
la traduzione letterale
da questo
nella storia
.
7
98
Anzi
scrittore
tutto,
me
lo
consenta V illustre
e
Uomo, nessuno
d'
di
abbassare, o
gli
tutti
storici
han salutato
m,
il
e salutano nella
medesima V aurora
Il
del proVilliauil
Mignet,
il
Thiers,
il
Luigi
Blanc,
il
i
Q,uinet,
Buchez, il Francesi:
Michelet,
il
Carlyle,
il
De
ri,
Sybel,
Papi,
il
Tivaroni,
il
han riconosciuto che il grande movimento politico-sociale non solamente una ineluttabile necessit, ma una giusta rivendicazione dei diritti popolari, concul-
Carducci pubblic il {Ja Ira, il Cappelletti francamente e liberamente il parer loro: un anno dopo, cio nel 1884, il Carducci, mettendo fuori la terza serie delle sue Confessioni e Battaglie, in una monografia, scritta col solito magico stile, rispondeva a coloro che avevano criticato il suo (Ja Ira, In alcuni punti le risposte dell' illustre Poeta furono
il
Quando
e altri dissero
vittoriose;
il
ma, in molti altri, lasciarono, come suol dirsi, tempo che aveano trovato. La difesa eh' egli volle fare
Lamballe, non convinse nessuno: si vide troppo chiaro - valoroso maneggiatore cos della prosa come del cercava di sorvolare sulla questione, ricorrendo verso
di
eh' egli
-
anche a
dilettevoli digresil
proprio
convincimento.
Il
Carducci diede
parigina,
ai suoi
dodici sonetti
alle
il
titolo di
Qa
prima volta, non conteneva gli strani versi aggiunti dopo. Per esempio, quelli che dicono: Les aristocrates on les landra, Les aristocrates la lanterne^ non si leggevano nella edizione del 1790; che vi furono incastrati soltanto nel 1792. Anzi, nella canzone del '90, erano alcuni versi in
vero che,
rapine e alle
fu scritto la
99
lui
Ma,
nel '92,
quando
il
dalla Francia, e
suo
bocca dei Giacobini, i versi sopra detti furon soppressi, e ne vennero sostituiti altri, che, significando odio alle classi privilegiate, erano, per conseguenza, una eccitazione alle rapine e al sangue.
Carducci che i vincitori di Valmy il ^a Ira come inno di guerra? Neanche per sogno! I soldati francesi, che combattevano contro gli Austriaci e i Prussiani, cantavano la Marsigliese. Il Qa Ira era cantato invece 'dagli uomini del 10 agosto, e del 2, 3 e4 settembre; sicch l'Inno di guerra di Ruget de V Isle non va confuso con la ribalda canzone, che preludeva allo sgozzamento di uomini inermi, di donne
Crede, sul serio,
il
e di
Jemmapes
cantassero
e di fanciulli.
*
Il
commento da me
Poeta toscano, , pi che altro, un commento storico, per uso della giovent; la quale - diciamo francamente - conosce pochissimo, per non dir niente affatto, la storia della grande rivoluzione di Francia. Questo periodo memorando,
in s
ma
anche rispetto
gli
effetti
al
mondo
intiero.
Guardiamolo
d'affermarne
cause terribili che li produssero. Lo storico coscienzioso e imparziale narra, com' suo stretto dovere, il bene e il
male; ma le conclusioni, ch'egli trae dalla sua narrazione, devono essere in armonia con i risultati che V odierna civilt ha ottenuto mediante questo maraviglioso rivolgi-
mento
politico -sociale.
Noi ammiriamo
la
100
Francese, perch
le
Rivoluzione
andiamo
godiamo
oggid.
una buona ragione perch si deva giustificare certi atti d' aberrazione che accompagnarono quel solenne avvenimento. Ripeter qui ci che ho detto
questa, per,
Non
sopra:
sono pi
'
che veri; ma i mezzi, con i quali si ottenero, non tutti degni di ammirazione e di encomio. Un illustre scrittore francese non si nascondeva le difficolt, che si affacciano allo storico, il quale voglia raccontare l' origine e le vicende della Rivoluzione dell' 89. La Revolution - egli dice - user autant d' historiens, qu' elle a dvor de politiques (1). E, di vero, non ostante il lungo spazio di circa un secolo, essa ancora cosi vicina a noi, cosi vivente, che diffidi cosa portare, sopra di essa, un giudizio compiuto, imparziale. Questo movimento cosi ricco e maraviglioso, da nascondere tutti gli elementi del mondo moderno, stato esplorato da cima a fondo. Ma si tratta, pi che altro, di sforzi individuali, rimangono sparsi qua e l, senza legame e senza i quali coesione alcuna. La sintesi della Rivoluzione non stata
ancora definitivamente fatta. Forse, per questa principale ragione, pochissimi, specialmente in Italia, conoscono a fondo la storia della non Rivoluzione Francese. Eppure, tutti ne discorrono dicendo, e esclusi i ragazzi che fischiano i professori stampando nei giornali, spropositi a josa. Quando, nell' 83, venner fuori i dodici sonetti del Carducci, non furono molti quelli che li capirono; perch la maggior parte, digiuna affatto di studj storici, ignorava le brevi allusioni che il Poeta faceva agli avvenimenti del secolo passato,
e anche a quelli
altri.
ripeto
(1)
la Revolution Frangaise..
Charpcntior,
1870
101
* * *
Il
Qa Ira ha
rivelato
sempre pi
:
aveva gi
i
sonetti
com'ebbe fa noi siamo anni varj ammiratori critico suo a dire un sinceri di alcune tra le Odi barbare di Enotrie Romano, non tutte ci dilettano o ci commuovono; forse, perch quei
posto.
primo
Sebbene
metri asclepiadei e alcaici, quei pentametri ed esametri, sembrano creati solamente per la poesia greca e per la
latina.
Nel nostro idioma, questi metri non arriveranno mai a uguagliare la bellezza della lirica greca e romana. La rima figlia primogenita dell'italica poesia; e lo stesso Enotrie, proprio nel momento in cui st^iva per abbandonarla, la
salutava cosi:
Ave,
felice
bella
imperatrice,
Del
latin
metro reina
ti
Un
ribelle
saluta
Combattuta,
E
Ma,
spesso e
a te libero
s'
inchina.
volentieri,
il
Francia.
102
Lieto su
colli
di
Borgogna splende
le
E
Il
in vai di
Marna a
vendemmie
il
sole:
che V inviti a nuova prole. Y uve iroso scende Come una scure, e par che sangue cle: Nel rosso vespro 1' arator protende L' occhio vago a le terre inculte e sole, Ed. il pungolo vibra in su i mugghianti Quasi che 1' asta palleggiasse, e afferra
L' aratro
Ma
il
falcetto su
La
stiva urlando:
Avanti, Francia,
avanti!
Fuma:
1'
guerra
(1).
(1)
Il
ci
mostra
il
contadino
francese,
madido
avvicinavano alla Francia per invaderla e manometterla, lavorando nei campi e nei vigneti di BorgogMia e di Piccardia, pensava alla sua patria minacciata dallo straniero; e gi meditava, in cuor suo, di posare gli arnesi rurali, di brandire
derate
si
di sudore,
una
un fucile. - Si noti la evidenza maradue ultime terzine. I montanti fantasimi che cercano la guerra sono - come dice lo stesso Carducci nelle Confessioni e Battaglie (Serie III, pag-. 209) sciabola o d' imbracciare
vigliosa delle
E, su questo proposito,
critico, il quale avea frainteso, ricordandogli quel brano dell' Eneide (lib. VI., vv. 756 e segg.) in cui Anchise, prenunziando, accenna ad Enea le anime che saranno cittadini e capitani gloriosi di Roma . La narrazione del padre Anchise comincia cosi
il
un suo
lo
secoli futuri
;
La Da
E quante del mio sangue anime illustri Sorgeranno in Italia. Indi, a te conte Le tue fortune e i tuoi fati saranno.
{Trad. di Annibal Caro)
103
Prima di por termine a questa nota, ci sia concesso manifestare una nostra opinione, la quale, del rimanente, avvalorata da tutti gli storici della Rivoluzione. Noi non crediamo, come crede il Carducci, che
eserciti
i
della
contadini francesi corressero tutti ad arruolarsi neg'li Repubblica. Anche dopo la pubblicazione della stu-
penda prosa sul CJa Ira, continuiamo a trovarci d' accordo col sig. M. T., il quale ebbe a dir giustamente: I villani, tormentati nel oro campo dagli spiriti eroici, non erano, o ben radi, fra g-li azzurri
:
correvano altrove a formare le falangi de' bianchi e sono gi molti anni che la storia ha cancellato le leggende dell'entusiastico accor;
rere
il
vessillo tricolore
104
II.
figli
ideali cime,
vermigli
esprime
(1).
tu
(2);
sublime (3). dovere e dona Altrui la gloria (4), e V onda procellosa Di Murat che s' abbatte a una corona (5); Marceau che a la morte radiosa
il
perigli
Puro
abbandona
(6).
Come
le
braccia
d'
arridente sposa
(1) Durante la famosa campagna del 1792-93 venner fuori oscuri uomini del popolo, semplici soldati, che 1' amore di patria seppe estrarre (esprimere, come dice poeticamente il Carducci) dall' umile condizione nella quale erano nati. (2) Giovan Battista Klber nacque a Strasburgo nel 1753. Era figlio di un povero muratore. Prima, si diede a studiare 1' architettura e, poi, abbracci il mestiere delle armi. Entr al servizio della Casa d' Austria ma, disperando andar avanti nei gradi, torn in Francia nel 1783. Per campare la vita, chiese e ottenne un umile posto d' Ispettore dei fabbricati a Belfort. Nel 1792, si arrol in un battaglione di volontarj. In breve volger di tempo, sal ai pi alti gradi della milizia. Innanzi tutto, ,si segnal nell' assedio di Magonza, e, poi, in Vandea, dove, con 4000 uomini, tenne testa a 20.000 Vandeani, e decise la vittoria di Cholet. Nel 1794, nominato generale di divisione, contribu grandemente alla vittoria di Fleurus. Si segnal eziandio nelle campagne del 1795 e del 1796. Bonaparte lo condusse con s in Egitto e, quando torn in Francia, lasci a Klber il comando supremo dell' esercito. Il 19 marzo del 1800 sconfisse a Eliopoli un esercito turco quattro volte maggiore del suo, e sottomise di nuovo 1' Egitto, che si era quasi interamente ribellato. Occupavasi di consolidar una tale conquista, quando fu assassinato al Cairo, da un Turco fanatico. (3) Allorch scoppi la rivoluzione (1789), trovavasi nelle guardie francesi un giovine serg-ente di circa 22 anni, a nome Lazzaro Hoche. Era nato a Versailles il 1768. La sua intelligenza e la sua
; ; ;
bravura
In
fatti,
105
di generale.
il
gli fecero
comando
;
;
supremo dell' esercito della Mosella. Attacc subito gli Austriaci e, non ostante una prima sconfitta, li batt sotto Wissemburgo s' impadroni di Germesheim, Spira e Worms, e cacci i nemici da tutta r Alsazia (1793-94). Neil' agosto del '94, fu inviato con un esercito nella Vandea. Guerriero intrepido - scrive un suo biografo ma al tempo stesso uomo di cuore, seppe conciliare il dovere con r umanit il 21 luglio del '95 batt gli Emigrati nlla penisola disfece poscia gli eserciti dei due capi Vandeani, di Quiberon ristabil da per tutto la tranquillit, e merit Stofflet e Charrette Vandea . Si segnal eziandio il titolo glorioso di pacificatore delia ma, sul pi nelle campagne del '96 e del '97 contro gii Austriaci
:
bello
delle sue vittorie, mori, per breve e fiera malattia d' intestini,
Su questa morte immatura corsero voci di avvelenamento: non se n'ebbe, per, mai la prova. (4) In poche parole il Carducci scolpisce mirabilmente il carettere nobile e disinteressato del Desaix. Questi era nato nel 1768,
neir Auvergne, da una nobile famiglia. Quando Luigi XVI convoc il Desaix era luogotenente nel reggimento di Brettagna. Abbracci
di
i
nominato ajutante
campo del generale De Brogiie, si segnal nei combattimenti di Wissemburgo e di Lauenburgo, e fu promosso generale di divisione,
mentre avea appena 26 anni. Nel 1796, s fece notare nell'esercito del Reno, e difese con raro coraggio il forte di Kehl. Nel '98, accompagn Bonaparte in Egitto si rese padrone dell' Alto Egitto, e vi esercit il potere militare con tanta moderazione, che i Mussulmani stessi lo chiamarono il Sultano giusto. Tornato in Francia, contribu potentemente nel 18()0, fu inviato all' esercito d' Italia alla vittoria di Marengo, ma vi perdette la vita. Senza il Desaix, che, con la sua riserva, ristabiliva il combattimento, la battaglia sarebbe stata perduta. Napoleone essendo chiamato, per antonomasia, il vincitore di Marengo, il Carducci, alludendo a ci, disse che il De elegge a s il dovere e dona altrui la gloria . saix era figlio di un albergatore, (5). Gioacchino Murat (1771-1815)
; :
che abitava vicino a Cahors. Si segnal in tutte le guerre della Rivoluzione. Pel suo coraggio fu chiamato l' Achille della Francia. Spos Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone il quale, divenuto e, due imperatore, lo cre granduca di Berg e di Clves (1803) anni dopo, re di Napoli. Prese parte alla campagna di Russia, dove comand la cavalleria, e si segnal nella battaglia della Moscova.
;
Dopo
la battaglia di Lipsia,
prevedendo
la sorte di
Napoleone
(1814),
ciare contro
purch desse un contingente di truppe per marEgli annu, e si mosse per andar a combattere in Italia il principe Eugenio Beauharnais. Ma avendo saputo che Napoleone era fuggito dall' Elba e rientrava trionfante in Parigi,
la Francia.
106
si
invase
Si
1'
alta e la
media
nel
Italia, e assal
gli Austriaci.
1815,
perde in un
istante
l'
trono.
rifugi,
Francia,
poi, in Corsica: di l,
sbarco in Calabria allo scopo di riconquistare il regno. Arrestato dalle guardie urbane di re Ferdinando, fu consegnato a una Commissione
militare, che lo
Pizzo
il
bile intrepidezza.
prode Marceau, nato a Chartres nel 1769, fu nominato, a raccomandazione del Klber, generale in capo delnella sanguinosa batl' esercito dell' Ovest, e sconfisse i Vandeani taglia del Mans (12 dicembre 1793). Nel 1794, fece parte dell'esercito della Sambra e Mosa, e contribu potentemente alla vittoria di Fleurus. Nel '96, protesse la ritirata dell' esercito del Jourdan. Aveva gi respinto parecchie volte il nemico, allorch fu ferito mortalmente nelle vicinanze di Attenkirchen. Contava appena 27 anni. Gli Austriaci si unirono ai Francesi per rendergli gli estremi onori.
(6).
Il
24 anni, sulla
107
III.
Da
le
(1)
i
Ove Luigi
preti,
a'
Tra r afosa
caligin vespertina
atti
Sorge con
tristi
n
alta
lieti
pianeti.
fila
fila
fila.
Tutte sere
Al lume de la luna e de le stelle La vecchia fila, e non si stanca mai (3). Brunswick appressa, e in fronte a le^ sue schiere La forca (4); e ad impiccar questa ribelle Genia di Francia ci vuol corda assai (5).
(1)
Il
palazzo delle
-
Tuileries
dei so-
vrani di Francia
mog-lie di Enrico
1564.
Il
madre
di Carlo
IX
di
Enrico
III,
1'
anno
perch da questo castello partirono ordini di stragi e di supplizj contro g'ii amici della libert. - Il 24 maggio 1871, le Tuieries furono incendiate dagli ul-
Carducci d
alle Tuieries
V epiteto
di ree,
Comune.
Nei tre ultimi versi di questa quartina, il Carducci allude a Luigi XVI, il quale si confessava e si comunicava segretamente dai cio, da quelli ciie non avevano voluto prestare il preti refrattarj giuramento civico e allude eziandio alla regina Maria Antonietta, la quale, nel famoso giorno della Federazione (14 luglio 1790), ricevendo alle Tuieries i Federati delle diverse provincie, fu amabile con tutti, e, specialmente, coi fedeli Bretoni. La regina - son parole di Louis Blanc - non cerc di dissimulare dinanzi ai nuovi venuti la tristezza da cui era invasa 1' anima sua; o facesse ci per
;
;
innata fierezza, o per disegno segreto di risvegliare intorno a s una cavalleresca piet . Un Confederato lorenese, il quale fu, in quel
d memorando, presentato al Re e alla Regina, scrisse queste parole, che servono meglio a spiegare i versi sopra detti ... Quelle poche parole della Regina, quello sguardo, che niun potr mai dimenticare, ci avevano tutti quanti commossi in modo tale che noi ci sentivamo pronti ad eseguire tutto ci che quei due sventurati (il Re e la Regina) ci avessero in quel momento ordinato
:
108
(3) Questa vecchia, che fila continuamente la notte, non , come ma si un fantasma che, nella qualcuno interpret, la Parca imma<>inazione del popolo di Parigi, e secondo una vecchia leggenda, mostravasi in qualche parte del palazzo delle Tuileries quando sventura o morte incombesse . (Cauducci, Confessioni e
;
pag. 246).
Carlo Guglielmo Ferdinando, duca di Brunswick-Lunebourg (1735-1805), fu uno dei pi illustri capitani del suo tempo. Egli
trovavasi al servizio della Prussia, quando fu scelto come generalissimo degli eserciti alleati contro la Francia (1792). Il 25 luglio di questo medesimo anno, pubblic un manifesto altero e insultante,
col quale
intiera.
minacciava Parigi, 1' Assemblea Legislativa e la Francia Questo manifesto, compilato da un certo marchese di Limon, e approvato dai principali capi dell'emigrazione, fu firmato a malincuore dal duca di Brunswick, il quale, sulle prime, voleva perfino stracciarlo. Ma, non osando resistere alla volont dell' Imperatore e del re di Prussia, lo firm. Esso ebbe per risultato la caduta della
monarchia.
Il
Carducci
il
In
fatti,
scrive che la forca precedeva le schiere di Brunswick. manifesto diceva, tra le altre cose: Che gli abitanti, i
difendersi,
quali
osassero
sarebbero
puniti
immediatamente come
il
ribelli, e le loro
castello delle
i
Principi ne prenderebbero una vendetta esemplare e per sempre memorabile, abbandonando Parigi a una esecuzione militare, a un sovvertimeli to
famiglia reale
insultata,
totale .
(5) Questo s' ingannavano i Principi confederati e i caporioni dell'emigrazione francese! Gli eserciti della Rivoluzione dimostrarono loro, per mezzo di splendide vittorie, che non si pu, ne si deve, impunemente insultare una grande nazione e che, per impic;
come argutanente
dice
il
Carducci
ci
109
IV.
L'
mssi di sventura UN DOPO r altro Piovon come dal ciel. Longwy cadea. E 1 fuggitivi da la resa oscura
i
S' affollai!
polverosi a V Assemblea.
mura: pena ogni due pezzi un uomo s' avea Lavergne dispar ne la paura: L'armi fallan. Che pi far si*potea? risponde V Assemblea seduta. Morir Goccian per que' riarsi volti strane
dispersi in su le
Eravamo
la fronte bassa.
Grande
in ciel V
campane:
(1)
avr la spiegazione di questo bellissimo sonetto Nella seconda met di agosto del che segue. 1792, la Francia si trovava quasi suU' orlo dell' abisso. La condizione delle cose era estremamente pericolosa dagli uomini di poca fede, si sarebbe detta del tutto disperata. La fortuna pubblica annientata una carta-moneta che, di giorno in giorno, minacciava di
(1) Il
lettore
nella narrazione
scomparire
la
:
guerra
al di fuori
la discordia al di
dentro
le fron-
quale stato si trovava la Francia dopo la caduta della monarchia. Giammai nazione alcuna - scrive il Blanc con una pi prodi(t. VII, p. 131) - si senti cosi vicina a morire,
tiere sguarnite
ecco in
la notizia
che
la piccola
citt di
Longwy, piazza
duca
di
Brunswick
e dal generale austriaco Clairfayt, si era arresa con tutta la guarnigione di circa 1800 uomini. Questa sinistra novella, che sembrava presagirne delle pii triste ancora, suscit grande indignazione nell' Assemblea e nel popolo. Si grid al tradimento. In pari tempo, invasa da tetro entusiasmo, r Assemblea decret che ogni cittadino, il quale, in una piazza assediata, parlasse di arrendersi, sarebbe punito di morte. Quindi, vot una leva straordinaria di 39.000 uomini, presi nel dipartimento della Senna e nei dipartimenti vicini e pubblic un proclama, che, nel suo laconismo eloquente, diceva: Cittadini! La piazza di Longwy si arresa, o stata consegnata allo straniero. I nemici si avanzano. Forse si lusingano di trovar da per tutto dei vili o dei traditori essi s' ingannano... La patria vi chiama... Partite
;
:
!
no
porto
Nella seduta del 20 ag'osto, fu letto in piena Assemblea un rapdeg-li ufficiali, sottufficiali e soldati del terzo battaglione delle
in cui si
Ardenne,
i
esponevano
all'
Longwy. Questo rapporto terminava con intecrogazione: Che cosa dunque potevamo noi fare?
difensori di
la
Morire
comandante
di
la
piazza di
Longwy
era
il
tenente-colonnello
Lavergne-Champleurier. Egli - secondo narrano alcuni storici - si arrese, senza aver prima esaurito tutti i mezzi di difesa. 11 Blanc (t. VII, p. 115) riproduce una lettera diretta al Lavergne da un certo Allebrade, nella quale questi consigliava di consegnare la piazza al nemico. Anche il Michelet (t. Ili, p. 320) crede al tradimento del colonnello Lavergne. Il De Sybel, invece, dice che il comandante Lavergne era stato costretto a capitolare dalla borghesia spaventata; o - secondo un rapporto presentato il 14 fiorile al Consiglio dei Cinquecenio - dall' opinione quasi unanime dei suoi ufficiali . Per un intiero anno, egli chiese invano di esser sottoposto a un Consiglio di guerra ma i suoi nemici preferirono condurlo dinanzi al tribunale rivoluzionario. Quantunque fosse gragravemente infermo, fu giudicato e condannato a morte 1' 11 germile, ann. II (31 marzo 1791). La sua giovine sposa volle morire con lui.
Luigi Francesco
;
Ili
V.
Udite, udite, o cittadini. Ieri Verdun a l'inimico apri le porte: Le ignobili sue donne a i re stranieri Dan fiori, fanno ad Artois la corte,
propinando i vin bianchi e leggeri Ballano con gli ulani e con le scorte: Verdun, vile citt di confettieri. Dopo l'onta su te caschi la morte !(l)
Ma
Beaurepaire il vivere rifiuta Oltre r onore, e gitta ultima sfida , L' anima a i fati a 1' avvenire e a noi La raccolgon dal ciel gli antichi eroi, E la non nata ancor gente ci grida:
popolo
di
(2).
rinomata per fu occupata dai Prussiani, comandati dal duca di Brunswick. Questa occupazione fu agevolata da un forte partito monarchico, predominante nella citt. Quando gli stranieri vi entrarono, furono accolti con entusiasmo dalle signore realiste, le quali offrirono loro rinfreschi molte di esse ballarono con V ufficialit. Anche in Italia, del resto, dopo il '49, le signore ballarono con gli assassini di Ugo Bassi (2) Il comandante Beaurepaire, a cui era affidata la difesa di Verdun, quando vide che il Consiglio Municipale e il Comitato di difesa insistevano minacciosi presso di lui perch consegnasse la piazza ai Prussiani, disse loro: Signori, io ho giurato di non arrendermi che morto. Sopravvivete alla vostra vergogna, giacch lo potete: io, fedele ai miei giuramenti, muojo libero e onorato I Pochi minuti dopo, si bruci le cervella. Aveva 52 anni. Questo tratto d' eroismo veramente degno dell' antichit. L' Assemblea Nazionale^ nella seduta del 14 settembre, ordin che le sue ceneri fosser collocate nel Pantheon. (3) In quest' ultima terzina, si sente come uno squillo di epica tromba. E la tne del canto funebre per la morte dell' eroe
(1)
Il
2 settembre del
Verdun
le
112
VI.
Su r
Indietro
il
dice al sole ed a V
amore
Romba
fiero,
minuto ammonitore. Gruppo d' antiche statue severo Sotto i nunzi incalzantisi con Tore Sembra il popolo in tutti uno il pensiero Perch viva la Patria, oggi si muore. In conspetto a Danton, pallido enorme, Furie di donne sfilano, cacciando
:
Di minuto
Gli scalzi
figli
sol di
rabbia armati.
Marat vede ne V aria oscura torme D' uomini con pugnali erti passando, E piove sangue donde son passati. (1)
non parliamo della forma non ci mai Questo sonetto un inno alle stragi del settembre. Pu darsi, per, che noi ci s' inganni. Nel caso, poi, probabile, che noi non s' abbia ben capito, la colpa sar per met nostra, e per met del Poeta. Egli stesso, del resto, ha confessato lealmente - sul proposito del sonetto VII - che avendo voluto comprendere troppo in parole, ha nociuto alla chiarezza . Cominciamo, dunque, dai primi otto versi. Il cannone romba waWiv mattina del 2 settembre. Cet appel de guerre , dice il Blanc, les lamentations du tocsin, le bruit de la generale font tressaillir tout Paris. Chacun prend ou cherche une pe . Ma quali nemici si devono combattere? Essi non sono a Parigi: sono a Verdun. Vi son, per, quelli che han chiamato lo straniero in Francia, quelli che ci minacciano della sua vittoria, quelli di cui essa deve assicurare la vendetta e ristabilire la dominazione insolente. Ora, ci la(1)
piaciuto. Esso
sceremo noi questa gente alle spalle, perch, se noi moriamo, essi possano liberamente sgozzare le nostre mogli e i nostri figli? Uccidiamoli prima di partire: corriamo alle prigioni! - Cosi ragiona il buon popolo di Parigi. E lo stesso Blanc, lo storico giacobino, sebbene veda una certa spontaneit in questi propositi sanguinarj, feroci, non pu approvare che si parli un simile linguaggio nella
citt dei
nobili
.
pensieri,
nella
sede
si
delle
arti,
scibile
umano
il
Non
del
ostante
questi epiteti
sublimi, pi o
meno
meritati,
I
disonorer dinanzi alla storia. suoi cittadini armati sgozzeranno moltissime persone inermi nelle
cervello
mondo
113
prigioni del Carmine, della Forza, dell' Abbadia, della Conciergerie,
Il cannone ammonitore, che tuona di minuto in minuto, un segnale di strag-e. Oh, che stupenda epopea Nella seconda quartina, il Poeta dice che in tutti i Parigini uno il pensiero, cio di morire affinch viva la Patria . Questo
e via discorrendo.
ma non pu in nessun modo riferirsi agli sgozbene a coloro che, incorporati negli eserciti della Repubblica, combattono contro i nemici della Francia; i quali nemici son armati, disciplinati, numerosi e valenti. In vece gli eroi, che una ingiustificata ferocia spinge alla strage, scannano uomini, donne, confondendo i volgari malfattori con i prigionieri vecchi, fanciulli politici, i rei con g' innocenti. Vuol sapere il Carducci - se pure non sa molto meglio di me - quante persone furono barbaramente scannate dal 2 al 6 settembre? Glielo dico subito. Furono trucidate 172 persone all'Abbadia, 179 alla Forza, 223 al grande Chtelet, 328 alle Conciergerie, 73 ai Bernardini, 120 al Carmine, 73 a San Firmino, 170 a Bictre, 35 alla Salpetrire. Si uccisero 250 preti, un arcivescovo, due vescovi, parecchi ufficiali generali, diversi magistrati, un ex-ministro, una principessa del sangue d' altra parte, morirono anche assassinati uomini e donne del popolo, borsajoli, fu, in somma, una strage generale in forzati, vecchi mendicanti piena regola. Il pallido enorme Danton e il cittadino Marat, che vede nelr aria oscura torme d'uomini con pugnali erti passando , fecero,
pensiero altissimo;
zatori parigini
;
si
ciascuno,
il
nome
Comitato
di Sorveglianza^ scrisse
una
circolare destinata a
si
partire questa circolare sotto la protezione del Ministero della Giudel quale
era
il
capo.
scannati parecchi gentiluomini, i quali venivano da dovevano esser condotti a Parigi, per ordine espresso della Comune, eh' erasi messa d' accordo con Danton. Gli assassini erano partiti apposta da Parigi, per compiere questa hella^ questa
furono
e
Orlans,
della Giustizia,
onorati dalla
Comune,
il
festeggiati e abbracciati
in
Carducci ha
scritto
un
cosi bel
sonetto
114
VII.
Una hieca
8u
druidica visione
cala e
d'
gli spiriti
gli
Da
le torri papali
tormenta: Avignone,
(1)
Turbine
De
Il
gli
(3).
Ecco la pena e il tribunale orrendo Che d' ombra immane il secol novo impronta!
Oh, sei la Francia
tu,
(4).
bianca ragazza,
Che su
'1
Mano
(1)
sangue de'
tuoi
da piena tazza?
(5)
Druidi erano
Pretendevano
dell'
immortalit
anima
metempsicosi. Le loro pratiche religiose erano tutte quante riempite di superstizione e di terrore sacrificavano perfino vittime
:
umane.
visione,
Il
Poeta
almeno
cosi credo
le
li
immagina che una tetra menti dei Galli antichi, gravi spinga alla strage dei nemici
d'
della patria.
(2)
Nel
novembre
del
1791, la
citt
Avignone
fu
funestata
da, terribili
avvenimenti. Appunto in quel tempo, con tutto il contado Venesino, fu riunita alla Francia. Ma, certo, alle stragi del '91
il
Carducci. Egli vuole, in vece, significare che, dalla o di Caaa Mayoi\ attigua all' antico palagio dei Pontefici (in fondo alla quale trovasi la terribile Ghiacciaja d'infausta memoria), soffia un nero turbine di furore, vindice delle passate
torre di Tourrias,
ingiustizie.
Chi non ricorda la terrida Innocenzo III al principiare del XIII secolo? Quanto nobili vite non furono annientate dal furore religioso? Dopo pi di tre secoli, la Francia e 1' Europa inorridite assistettero all' eccidio degli Ugonotti, nella tremenda notte di San Bartolomeo. (4) I tribunali di sangue, istituiti dal feroce Maillard all' Abbadia, e nelle altre prigioni di Parigi, sarebbero forse - secondo il
(3)
Carducci
della
115
la quale, se(5) Il Poeta allude alla signorina di Sombreuil condo una tradizione oggi riconosciuta falsissima, per salvare il proprio genitore dalla morte, bevve un bicchiere colmo di sangue aristocratico. Perci, il Carducci paragona la Francia che, per e, con la vita, la libert, beve il salvare la vita ai proprj tgli sangue dei suoi nemici - alla nobile donzella, la quale, piuttosto che veder morire 1' adorato genitore, beve il sangue dei nobili, trucidati nel vestibolo dell' Abbadia. Non dispiacer, ai miei giovani lettori se, in poche parole, nar.
commovente episodio
settembre,
il
di
La mattina
del 3
stava per
trucidato dai
cos
Sombreuil combatteva nelle file degli emigrati e questa era una il povero vecchio. La bella signorina di Sombreuil avea voluto seguire suo padre in prigione e, quando egli fu chiamato dinanzi al feroce tribunale, la giovinetta gli si attacc al collo, fermamente risoluta di contrastarne il possesso ai carnefici, o di morire con lui. Il dolore di quella fanciulla, le sue lagrime, la sua bellezza, commossero il cuore di quei manigoldi. Vedendola quasi svenuta, uno di essi, preso da subitanea commozione, corse a oflFrirle un bicchier d' acqua, nel quale cadde, mentr' ella lo avvicinava alle labbra, una goccia di sangue proveniente dalle mani dello sgozzatore. Questa, 1' origine della favola - creduta, del resto, da alcuni storici della Rivoluzione - nella quale ci mostrata la signorina di Sombreuil costretta, come condizione della salvezza di suo padre, a bere un bicchiere pieno di sangue. (Veggasi Louis Blanc, Hist. de la Ru. Frane; tom. VII, pag. 185; e Fouknier, L'Esprit dans l'histoire; Paris, 1883, pagg. 397 98.).
;
116
Vili.
Gemono
rivi e
mormorano
venti
Signora
giacque, tra
Ignudo corpo in mezzo de la via; E un parrucchier le membra anco tepenti Con sanguinose mani allarga e spia. Come tenera e bianca e come fina! Un giglio il collo e tra mughetti pare Garofano la bocca piccolina. 8u, co' begli occhi del color del mare. Su, ricciutella, al Tempio! A la regina Il buon di della morte andiamo a dare! (1)
parve a taluno - e forse non a torto - befidea del Poeta era molto diversa dal modo tuttavia 1' impressione che se ne col quale egli volle manifestarla
(1)
Questo sonetto
l'
non
certo
gradita.
Il
Carducci (Confessioni
Battaglie^
III,
pag. 228 e
accuse
mossegli, su tale proposito, dal Bonghi, dal signor M. T., dal Can-
cogni e dal Cappelletti. Devo, per, confessare che il suo sistema di difesa non mi persuade. Il signor M. T. ha ragione - almeno per
chiamare questo sonetto il colmo dell'aberrazione... un muse; e dicendo muse - egli soggiunge - non intendo le mitiche figlie della Memoria, ma quanto vi ha di pi
me,
di
umana
Ma
lasciamo, per
il
un momento,
di
storicamente
sonetto.
La principessa vedova
di Sa-
43 anni nel 1792, allorch fu uccisa. Dopo il 10 agosto, quando Luigi XVI e la sua famiglia furon chiusi nella torre del Tempio, la
essi la prigionia;
mese, fu strappata dalle braccia della Regina, e condotta alla prigione della Forza. Ivi stette lino al 3 settembre; e, durante quel breve periodo di tempo, si trov in preda alle pi terribili
Il
angosce.
2 settembre cominciarono le stragi dei prigionieri nelle diverse
carceri di Parigi.
La mattina
117
Lainballe ricevette
fcarono che stava
la visita di
le quali le sig'ni-
per esser trasferita all' Abbadia. Sulle prime, ella rifiut di discendere, protestando che non aveva alcuna voglia di cambiar di prigione; ma, dopo le insistenze di un certo Truchon, il quale le disse che si trattava della vita, si vest alla meglio e discese. Quando la misera donna si trov in presenza di quei giudici di nuova specie, impallid e svenne. Appena tornata in s, cominci r interrogatorio. Dopo poche domande, alle (juali ella rispose con calma e dig*nit, il Presidente le disse: Giurate dunque di amare la libert e 1' uguaglianza, e di odiare il Re, la Regina e la monar Far il primo di questi due giuramenti - essa rispose chia . il secondo non posso farlo, perch non nel mio cuore . Giurate, o siete perduta , le sussurr all'orecchio il Truchon, il quale la sosteneva durante l' interrogatorio. Ma 1' infelice donna non udiva, non vedeva pi nulla. Il Presidente pronunzi la formula Sia messa al largo la signora . Ella usc, sempre sostenuta dal Truchon, il quale forse aveva in animo di salvarla. Un tale - che alcuni asseriscono fosse un parrucchiere - volle levarle la cuffia con la punta di una picca. Essendo costui mezzo briaco, la colp nella fronte; e il sangue cominci a colarle per il volto. Fu questo il segnale della strage. La atten-arono a colpi di sciabola il suo bel corpo fu dilaniato da quelle belve feroci, che lo oltreggiarono, de-
turparono, e se ne divisero
del cadavere di
lei,
brani.
La
testa,
il
infilzati sulle
come
Parigi.
il
rispetto
quale non
si
il
saputo mai
il
cuore della principessa di Lamballe, e morderlo di quando in quando. Bisogna gridavano quei cannibali - far vedere la testa della Lamballe alla sua amica ! E corsero furibondi verso il Tempio, per dare il buon
d della
nome)
tali
di
18
'
IX.
di salutanti
ebbe un drappello!
(1).
La
Ivi su
medio evo
1'
il
secolare
il
Bello,
ultimo Templare scende de Su r ultimo Capete oggi 1' appello Ecco mugge l'orribile corteo:
(2).
La
E Da
batte a le finestre
(3).
Ed
il
re prono
le finestre
de la
trista reggia
Guarda
il
popolo, e
a Dio chiede
(4).
perdono
De
(1)
la notte di
San Bartolommeo
Il
Poeta
paragona la folla, che grida, schiamazza, ingiuria della Torre del Tempio, dov' rinchiusa la Famiglia
dei cortigiani, che, nei bei
finestre
mera
Il
reale al
XIIL Lo circondavano
alte
muraglie, guarnite di merli. Nel bel mezzo, si elevava una groSvSa fortezza, composta di una torre quadrata, di altre quattro torri rotonde, di un grosso muro sormontato da due sui lati e, verso il nord,
;
formava una specie di un leggiero pergolato ornato di fiori rampicanti. Dall' esterno, si giungev^a all' edificio per mezzo di una porta assai grande, che si apriva sopra una corte spaziosa. A destra, lungo un muro altissimo, contro il quale addossavasi la fortezza, era un piccolo giardino. (Vedi Georges Duval, Souvenirs de
torricelle. Il
tramezzo
di
queste torricelle
'92,
terrazza, in cui
vedevasi, nel
Blanc,
Hist. de la JRv.
Frane;
tom. VII, pag. 105). (2) L' ordine dei Templari fu distrutto da Filippo
Francia,
il
il
Bello, re di
quale voleva appropriarsi le loro immense ricchezze. I Templari furono accusati di rinnegare la divinit di G. C, di adorare, in sua vece, un idolo, e di darsi in preda ad abominevoli
dissoluttezze.
Ma
queste accuse non furono mai luminosamente pro1307, tutti i Templari, che si trovavano in
119
Dopo un simulacro di processo, sottoposti maggior parte di essi per tra le fiamme. Finalmente, Papa Clemente V, dominato da Filippo il Bello, soppresse 1' ordine
Francia, furono arrestati.
alla tortura, la
nell'anno 1312. L' ultimo Templare cosi il Poeta chiama 1' ultimo dei Capetingi. E qui io trovo davvero quella Nemesi storica, che, con buona pace del Carducci, non son riuscito a trovare nei due ultimi versi del sonetto. Cercher di spiegarmi con la maggMor brevit e chiarezza possibili. Un antenato di Luigi XVI mise la mano sui Templari, li tortur, li distrusse. Cinque secoli dopo, lo stesso Luigi XVI fu chiuso nella torre di quel grandioso palazzo, phe, un tempo, fu reggia dei Templari. Ivi egli pure fu torturato, e, poi, condotto al supplizio. Ecco la Nemesi storica, che per simili reazioni vendica il pervertimento provocato dall'alto in basso . Ma Luigi XVI, che chiede perdono a Dio de la notte di San Bartolommeo , non mi persuade in nessun modo. L'illustre Professore - il quale, in.fatto di storia, pu esser a noi tutti maestro e donno, sa benissimo che il minor colpevole, nella strage degli Ugonotti, fu appunto Carlo IX. Il Duruy, nella sua Histoire de France (tom. II, pag. 35 e segg.), narra gli sforzi del duca d' Angi, del Guisa, di Tavannes e di tutti gli
:
altri signori cattolici, coadjuvati possentemente dalla regina madre, per indurre il giovine monarca, che non voleva affatto saperne, ad acconsentire all' eccidio dei protestanti. Ci volle del buono e del bello per estorcergli questo consenso. Caterina dei Medici giunse perfino al punto di accusare suo figlio di vilt. Ella aveva gi calcolato r effetto di questa parola sopra un uomo di carattere violento,
qual era
miraglio
ucciderli
il
re.
di
Coligny e
tutti,
Poich volete uccidere 1' amfate per in modo di affinch ninno ne resti per farmene dopo rimpro
gli altri
protestanti,
vero
avvenne nella notte dal 23 al 24 agosto del 1572. l' opera di sangue di quella notte - come ben osserva il sig. M. T. - fu compiuta in bonissimo accordo col popolo di Parigi, che era, nel secolo XVI, cattolico furioso e veramente ultra quindi, sarebbe asssurdo che questo buon popolo ne facesse
.
la strage
re-
poeta
(3)
Verso
le
due pomeridiane
racconta
finestre
nelle
XVI
il
popolaccio, recante
del
Tempio, mandando posta in cima a una picca, fu alzata sino alla finestra del primo piano, dove il Clry e conjugi Tison, carcerieri del Tempio, stavano pranzando. Il Clry, inorridito, corse subito all' appartamento, dove trovavasi
della
Lamballe, and
sotto le
grida e imprecazioni.
La
la famiglia reale. Il Re, nel vederlo cos pallido, gliene chiese la ca-
gione,
il Clry rispose che sentivasi alquanto indisposto. In questo mentre, entr un municipale, seguito da quattro uomini d' aspetto
sinistro, deputati
120
reale
si
del
popolo,
Uno
i
:
perch
prigionieri
municipali
si
opposero.
Allora,
quel-
Vi vogliono nascondere la testa alla Regina della Lamballe. Io vi consiglio in vece di mostrarvi al balcone, se non volete che il popolo salga qui . A questa minaccia, la Regina svenne. (4) Il Re non si affacci mai alla finestra per godere quel soave e delizioso spettacolo Questa inesattezza storica, del resto, consentita al Poeta, giusta il detto oraziano
!
r uomo disse
poetis
aequa potestas.
121
X.
Al calpesto
Ne r avel si svegli dunque Baiardo? E su le dolci orleanesi valli La Pulcella rileva il suo stendardo?
Da
r Alta Sona e dal ventoso Gardo Chi vien cantando a i mal costrutti valli
Sbarrati di tronchi alberi? il gagliardo Vercingetorix co' suoi rossi Galli? (1)
No: Dumouriez,
Il
cuor riscuote genio di Cond (2): sopra la carta Militare uno sguardo acceso lancia,
la spia, nel
fila
Ed una
di colline ignote
di
dice, o
nuova Sparta,
(3).
Francia
(1)
pochi versi
le
il
pur sempre
il Poeta pu Questa vera epopea Io canto in g-lorie della Francia nel settembre del 1792, che resta momento pi epico della storia moderna . Non sono
:
pi gli assassini, gli sgozzatori, i cannibali, ai quali il Carducci consacra i suoi splendidi versi; bens i prodi soldati, che, anche soffrendo la fame, il freddo, i pi crudeli stenti, vedono ritirarsi
dinanzi a loro
le
falangi
morande giornate di Valmy e di Jemmapes. Ben a proposito, il Poeta evoca i ricotdi della vecchia Francia: da Vercingetorige a Giovanna d' Arco, e da questa al cavai ier Bajardo
!
(2)
Lasciamo andare se
:
la
parola spia
1'
sia o
no appropriata a
Dumouriez
settembre del '92, egli non aveva ancora tradito il proprio paese, e per il Carducci lo paragona giustamente al vincitore di Rocroi.
Contemporaneamente,
loro
Rivoluzione conseguivano
dice r
primi
felici
successi,
come
le
se
Hamel
sue
un nemico
nioni, e d'
incantesimo
odj di parte cessarono come per dimenticarono le gare personali, le diversit d'opialtro non si ricordarono se non d' esser Francesi.
tutti
122
(3) Questi ultimi cinque versi sono una sintesi mirabile di quanto narrano, in lung-he loquenti pagine, i maggiori storici della Rivoluzione. Le riassumer qui in poche parole. Dumouriez trovavasi a Sedan. Egli non intendeva seguire il timido consiglio, che al(
cuni gli avevano dato, di ripassare la Marna; e, con l'indice sulla carta, diceva ai suoi ufficiali: Vedete voi questa foresta? Qui sono
Termopoli della Francia . Era la foresta dell' Argonne e, chiamandola in quel modo, diceva il vero. Que:?ta foresta si prolunga una ramificazione delle Ardenne, tra Sedan e Sainte-Menehould la quale si estende in una lunghezza di tredici leghe sopra una larghezza iiiuguale. Tagliata da montagne, da riviere, da stagni e da paludi, la foresta dell' Argonne non presenta d' accessibile al pasquelli saggio di un esercito che cinque aperture, o meglio, radori
le
;
: :
lade e delle
Isleffes.
Col,
Dumouriez
si
determin ad arrestare
il
123
XI.
Su
colli
de
le
Argonne alza
il
mattino
"
Sta,
Bramoso, accidioso e lutolento. Il tricolor bagnato in su '1 mulino Di Valmy chiede in vano il sole e il vento. sta, bianco mugnaio. Oggi il destino Per r avvenire macina V evento,
cittadino
la ruota
il
movimento
(1).
Viva
la patria
Kellermann, levata
i
La spada
La marsigliese
in tra
cannonata
Le profonde
foreste de le
Argonne
(3).
Queste son davvero due quartine meravigliose. La mat20 settembre 1792, i Prussiani assalirono la divisione comandata dal generale Kellermann, che avea preso posizione sulle a ture di Yalmy. In mezzo a una nebbia foltissima, il Kellermann fece subito mettere in batteria i propri cannoni. Egli non ne aveva nemici ne possedevano il doppio. Da una che quaranta, mentre parte e dall' altra cominci un cannoneggiare furioso. Verso le uni dici, essendosi dissipata la nebbia, i due eserciti si scoprirono Prussiani s' erano formati in colonne d' attacco. Era la famosa fan(1)
tina del
teria del
cesi, si
gran Federigo. Sotto il fuoco vinolento degli artiglieri franavanzavano con quell'ordine, onde vanno rinomate le truppe prussiane. Era - come disse un ufficiale russo - uno spettacolo suIl
i
blime e grandioso.
verso
ET esercito
scalzo cittadino
dipinge
-
egregiamente
per
le infor-
mazioni avute dagli emigrati - che le truppe francesi, composte di ciabattini, di sarti, di falegnami si sarebbero sbandate al primo colpo di cannone. Era, vero, la prima volta che i soldati francesi si trovavano in una seria mischia, in un campo di battaglia, fra tante mig-liaja di uomini e sul punto d'incrociare lebajonette! Non conoscevano ancora se medesimi e il nemico: si guardavano con inquietudine. Ma il Kellermann entra subito nelle trincee: dispone i suoi soldati per colonne di un battag-lone di fronte; ordina loro, appena avranno i Prussiani a una certa distanza, di non rimanere
124
ad
aspettarli,
ma
!
(Thiers, Histoire de la Revolution Francaise, toin. I, lib. Vili). Il prode generale Kellermann, messo il suo cap(2) Veritssimo
adorno della coccaida tricolore, sulla punta della spada, grid: Viva la Nazione! Questo grido, ripetuto da un capo all' altro delle linee francesi, rese stupefatti i Prussiani, i quali aveano gi - come scrisse il Goethe, che trovavasi presente - ammirato le truppe franpello,
cesi
schierate in anfiteatro,
in
quillit
imperturbabili
(Goethe,
delle sue Opere). Quest'ultima terzina una delle pi belle chiuse di sonetti, Tra il cannoneggiamento, odesi, a interche io abbia mai letto valli, il canto patriottico della Marsigliese, la quale, annunziando un' et novella, sorvola le profonde foreste dell' Argonne . I FranIl duca di Brunswick, arrivato sul campo di batcesi hanno vinto taglia, giudic V operazione mancata, e fece retrocedere i suoi battaglioni alquanto scossi. Solo il cannoneggiare continu fino a sera. i Francesi, circa I Prussiani perdettero appena duecento uomini trecento.- La giornata, per, fu favorevole a questi ultimi; e il suc(3)
!
tomo
XXX
cannoneggiamento di Valmy, forza morale alle truppe francesi e produssse sulla pubblica opinione di Francia 1' effetto della pi compiuta vittoria. Sul proposito di questo sonetto, il signor Cancogni, critico del Chi non vede attragiornale La lAhert, scriveva queste parole verso le ruote del mulino di Valmy, in quel sangue cittadino che d a queste il movimento, la speranza onde il Carducci incorag gi il bianco mugnaio, la speranza, dico, di un vvenire dema gogico? Io", con buona pace del signor Cancogni, non vedo tutta quella roba che vede lui. Egli confonde una cosa con l'altra: il sangue delle persone scannate nelle prigioni, col sangue versato sui campi di battaglia in servizio delle patria. Fra una cosa e l'altra, c' di mezzo un abisso. Ma sentiamo come, argutamente, gli risponde Si risponde... o meglio, al signor Cancogni, che vede il Carducci: un avvenire demagogico nella liberazione del territorio della patria dall' invasione straniera e nel trionfo della Rivoluzione Francese,
cesso, quasi insignificante del cosi detto
:
diede una
<<
cio dell'eguaglianza civile, della libert del pensiero, del progresi rimanda alle dimento economico, alla fine non si risponde decime dell' abbate, al servizio del marchese, si rimanda al Sant' Uffizio e al bastone austriaco, o meglio si raccomanda a un nietodo igienico e dietetico che conferisca allo svolgimento del fosforo .
:
125
XII.
vermigli
Vanni Ingombra
'1
danza de '1 valore apria (1). di paura e di scompigli re di Prussia de 1 tornar la via
gli
il
(2);
Ricaccia
emigrati a
vili esigli
(3).
La fame
Guizza
il
freddo e la dissenteria
colli d'
un modesto
(4).
da un gruppo d' oscuri esce Volfango Goethe dicendo: A '1 mondo oggi da questo
Luogo incomincia
In questa
la novella storia
(5).
(1)
bellissima quartina,
la
il
Poeta
si
rivolge al
il
vinci-
tore di
Valmy. Fu
il
prima
preludio
di tante altre
dere attonito
(2)
11
mondo.
;
e,
giorno dopo Valmy, la Convenzione Nazionale si riuniva abolendo per sempre la monarchia in Francia, proclamava la Re-
il re di Prussia, sollecitato dal duca Brunswick, addiveniva a pi pacifici sentimenti. Il gran Capitano rappresent vivamente a Federigo Guglielmo quanto fosse dannoso penetrare nel cuor della Francia, lasciando dietro un esercito cos
pubblica. Contemporaneamente,
di
era,
secondo
lui,
e,
duta del 26 settembre, il ministro Lebrun annunzi alla Convenzione la proposta del re di Prussia di entrar in trattative con la Francia, e la risposta datagli dal Consiglio esecutivo provvisorio. La risposta era la seguente, degna - come ben dice il Duruy dell' antico Senato di Roma La Repubblica Francese non pu intendere alcuna proposta, prima che le truppe prussiane abbiano totalmente evacuato il territorio francese . La sera del 30 settembre, i Prussiani eseguirono la ritirata. Le truppe francesi rientrarono in Verdun e in Longwy e il nemico, dopo aver traversato
:
le
Ardenne
(3)
il
Lussemburgo, verso
due
versi
il
Reno
a Coblenza.
Questi
emigrati. Essi avevano non
son troppo crudeli all' indirizzo degli pochi torti ma non si deve dimenti;
126
Rivoluzione avea incendiato
care
che
la
loro castelli,
distrutti
aveano sinceramente abbracciata la g-uerra civile in Vandea, parecchi gentiluomini soffrirono il freddo e la fame, combatterono valorosamente e caddero da forti sul campo di battaglia. Anche se una causa cattiva, non bisogna mai disprezzare coloro, i quali danno, per essa, tutto quel che posseggono, non esclusa la vita. E l'illustre Poeta non ignora che, durante il periodo
sul patibolo
rivoluzionario, moltissimi nobili afiTermarono eroicamente la loro fede e mirarono, con occhio impassibile, tanto la mannaja
;
i moschetti dei soldati repubblicani Terzina di una bellezza inarrivabile! In poche parole, il Carducci fa una descrizione degna del pennello di Tiziano. quest' ultima terzina la seguente. La (5) La spiegazione di sera del 20 settembre 1792, Wolfango Goethe, il quale, come ognun sa, aveva accompagnato il duca di Weimar, suo signore, nella guerra
!
contro la Francia, stando seduto vicino al fuoco del bivacco, disse In questo ai suoi compagni d' arme le seguenti memorabili parole
:
storia
fui!
.
Umanit;
e voi avrete
il
vanto di dire:
alla storia
pure
vi
In
il
fatti, la
battaglia di
Valmy diede
il
un nuovo indirizzo:
del secolo XVIII.
20 settembre 1792 fu
giorno pi
memorando
"
COMMENTO
AL
"
CA-IRA
Il ch.mo prof. Camillo Antona-Traversi ha pubblicato un importante e utilissimo opuscolo di circa 60 pagine. un commento storico-letterario dei dodici sonetti che Giosu Carducci dava alla luce, il 1887, inneggiando alla Repubblica Francese; e che intitolava Qa, Ira , da quel canto civico e demagogico che intonava la canaglia parigina quando correva alle rapine e alle stragi. In tale lavoro V egregio commentatore, con sobriet di note, con seriet di studj storici e chiarezza maravigliosa, dichiara il contenuto di ciascun sonetto storicamente, non omettendo di tanto in tanto qualche osservazione letteraria ed estetica, sebbene con troppa parsimonia. Il pregio del commento, secondo me, sta nel non essersi perduto T Antona-Traversi in lunghe chiose, in facile erudizione, in pararelli insulsi, in accademiche escla-
mazioni.
Egli, fiso r occhio allo scopo pel quale scrisse quelle
va diritto, con sicurt e coscienza, dichiarando non pure il singolo contenuto di ciascun sonetto, ma sintetizzando e restaurando quei quadri, o episodj, nel gran fatto
note,
per questo
lato, e
per
la bella
il
modo
come
solo,
lo fece,
il
prof.
ma
dai
cultori
la
e in
special
modo
della
giovent per
dedicato.
Anche
il
128
colto
;
amoroso interprete dei suoi sonetti i quali, a dir il vero, passavano un po' trascurati per le non poche oscurit che
s'incontrano in
poetica, e per
sodj,
essi,
il
veramente
non molto
grande epopea
rivoluzionaria
dell' 89.
Ideo D. M. C.
(dal giornale
Ferruccio
).
DI
GIOSU CARDUCCI
A ME DIRETTE
Articolo di
ETTORE IANNI
vanno adunando delle lettere di Giosu Carducci quanto pu essere pubblicato a questi giorni sien grazie per la cura che si danno e per la complessa fatica che durano e per il dono che discreti, ma non lievi, non ci offrono e pei rimproveri sgradevoli che non sono personali, non perci meno
ci
loro mancati.
S'
rabili quisquilie
quando
si
occupano
d'
un glorioso morto,
d' insignificante
alla
fama
dello scrittore?
il
che non giusto far colpa a codesti critici delle loro d' aborrimento quando vengono alla luce le lettere con cui uno scrittore ringrazia per un dono di beccaccini, o i versucoli con cui un poeta si fece una sera estemporanee beffe d' un amico o d'un nemico. Ma perch ci giusto, non pu esser ingiusto sostenere che per altri o, meglio, siffatte raccolte postume abbiano diverso valore rispondano a un diverso desiderio e a una curiosit non
dichiarazioni
;
puramente
letteraria.
Parliamo,
in
particolare,
di
quelle lettere
del
Car-
non verso il poeta anche qualche i raccoglitori naturalmente, ma verso che hanno esse a vecritico maestro di garbate ironie dere con le Odi barbare, coi Saggi e coi Discorsi di letteratura ? Nulla, senza dubbio o ben poco. Ma questa conclusione non basta a condannare V opera e V intenzione dei raccoglitori. Essi non intendono aggiungere alla fama
ducci, per le quali stato
severo
del Carducci,
l'
132
maggiore conoscenza
del-
ma
servire alla
oltre lo scrittore, e pi
sentimento di simpatia, il che lega di l dalla morte, e pi anzi dopo la morte, il maestro ai discepoli lontani, r interprete agli spiriti che si sentirono in lui. E gran povera cosa sarebbe in verit la nostra opinione, come il nostro sentimento, sul!' opera e sulla vita d' un grande
cercato quanto pi profondo
quasi
devota
amicizia,
scrittore, se
le
lettere in cui
egli
uomo
quotidiano,
con bisogni, debolezze, errori, scatti di quotidiana tenuit, dovessero turbare quel sentimento e raggiungere V altezza e scuotere la solidit di quella opinione formata su molti e nobili volumi. L'ode Alle fonti del Clitumno non tema pericoli di questa sorta. Ma come d' un luogo cui desiderammo giungere e che ci divenne domestico e che
ra
appartiene ora alla storia della nostra vita intima (1' oped' un poeta caro non sopra tutto una nostra indimen-
ticabile avventura?),
e sapere
ogni particolare, e non possiamo tenerci soltanto alla grande quercia tra le cui fronde suol cantare un usignuolo, e al belvedere da cui si discopre pi di paese e si gode pi grazia di orizzonte cos dell' anima d' uno scrittore
;
che
amammo
le
amiamo con
le
i
difetti,
anzi con
piace
conoscere quanti episodii sia possibile trovare fra le sue pagine minime. vero che un maligno contraddittore potrebbe credere opportuno ricordarci: Non v'ha granMa noi gli risponderemo d' uomo per il suo cameriere
!
ci,
anime
di
camerieri.
d' altra
pure un istante che il grand' uomo ha toccato le vette della poesia, sol perch ce lo vediamo dinanzi in pantofole, o con l' occhio un po' acceso dal convito, o
stizzito e
prorompente
(dal
(dalla
Tribuna
di
Roma,
1"
Ecco un mazzetto
di lettere
ancora inedite
di
Giosu
signifi-
tempo
iniziale della
A
tiva.
diradare
il
Giacch opinione diffusa che nell' evoluzione del Carducci verso la monarchia, entrasse come elemento preponderante la sua simpatia cavalleresca per una regina
buona
amante
delle arti
che r estensione di un gentile scuotimento, degno di un romantico trovatore provenzale, ma inconcepibile, specie assunto a tanta importanza, in un uomo della quadrata
onest politica del Carducci.
Fu
Il
invece,
come
la nostra lettera
entusiasmo
poeta classico e
canti
come
schietta
ema-
rinnovamento, alla sua analisi riposata e alla riprova dei successivi avvenimenti, si scomponeva nei suoi fattori veri, che non furono di natura democratica,
aspirazione
di
n principalmente repubblicana.
134
Nella tranquillit della impresa attuata, egli non
senti intorno
si
che
i
il
come
si
migliori della
sua fede e
della
vilt
sua ge-
prima e poi i disastri lo persuasero che la democrazia italiana non era affatto rinata a quella sicura grandezza ch'egli sognava, sulle tracce delle antiche glorie delle democrazie greche e del popolo di Roma. Come egli ebbe a dire, in una famosa lettera ad Alnerazione,
Le
berto Mario,
si
sent
politici; si
senti violentemente
e letteraria.
Voleva un popolo di forti, una aristocrazia di popolo, aveva invece attorno il fango che sale . In questa
condizione di cose, egli reput suo dovere cercare la base storica e politica della sua operosit nella Monarchia, e
n il tempo, che ha messo fuor di valore la tradizione repubblicana e ha mostrato la perniciosit del confusionismo socialista, ha dato torto al suo discernimento. In poche righe, la nostra lettera traccia questo profondo dramma della sua fede. Siamo certi che i nostri lettori ci saranno grati di
cosi fece
;
di conoscerla.
I.
<?
Pregiatissimi Signori,
sito di
il coraggio di dir no anche a loro. Feci il proponon concorrere pi a simili pubblicazioni, che io non approvo e non posso venir meno al mio proposito. Sono di loro, con perfetta stima
Ho
Giosu Carducci
(1)
Sul proposito di un
Nninoro unico
da pubblicarsi a Na-
135
IL
La
altri
fatti,
intelligente e
pi nobili
mi annunzia futuro. La lodo della operosit animosa che Ella spende intorno alle cose della vita (poich non e' una repubblica
fa assai
Ella,
bene, con
molto
fa utilmente.
Non
il
suo pi di
IIL
Caro
sig.
Camillo,
La
le
ringrazio della
di
e la prego
buona memoria che tiene di me serbarmela anche per questo nuovo anno
e felice.
che
auguro fausto
*.
Madesimo su
sig.
lo
Caro
Camillo,
Seppi con dolore delle sue disgrazie, e credei e credo eh' Ella sia stata vittima dell' altrui nequit. Ma
Ella,
difetto d'
abban-
donarsi
me
la libert
136
Conosco da un pezzo, e ho
Lei, le
tutte,
di
pubblicazioni
sue
leopardiane,
quali
che avr da scrivere del Leopardi, e certamente ricorder grato e giusto ci che si deve a Lei. Creda bene Ella, e lo dica a quei signori francesi, che nel ritorno mio alla Monarchia italiana della quale non dissi mai male, la Regina pu averci avuto la parte bella ed esteriore della bont, ma la ragione fu che la
faccio
gran
conto per ci
accordo e senza pi come rovinerebbe e guasterebbe, volentieri, aiutandosi pur dei socialisti che la odiano e disprezzano, la unit, che fu ed V amore, la fede e la religione della mia vita. Mi scusi, scrivo in gran fretta, su '1 partire.
d'
ingegno,
menava a
rovinare, guastava,
La
saluto cordialmente.
Suo
Giosu Carducci
Boi. 1
maggio 1881.
Caro signore,
Da una sua lettera, che ricevo questa mattina, vedo che Ella ebbe il gentil pensiero di mandarmi una copia
Ne La
Landa e da lei tradotta. pur troppo non ebbi, certo per un de' soliti danni postali, il libro. Ebbi il foglio NapoliCasamicciola, e anche ne La ringrazio.
della Vita del Boccaccio del
ringrazio,
ma
Giosu Carducci
Al
sig.
>.-
Camillo Antona-Traversi
NAPOLI
Boi.
29 apr. 86
La
foscoliani
dietro.
che Ella
si
tutti
Per ora mi manca il tempo e V agio a vederli bene ma prima o poi spero giovarmene per qualche stu;
dio speciale.
Dev. suo
Giosu Carducci
Al
sig.
ROMA
138
La ringrazio
lo
(1) la cui bizza non mi tange. Vedr con piacere ci che Ella vorr scrivere su il Consalvo: circa il quale Ella potr aver ragione su tutto; dubito possa averne, quando non movesse da documenti, su '1 tempo in che il Consalvo fu scritto. Mi furono carissime che a me aple Rime dell' adolescenza di Ugo Foscolo paiono delle pi importanti come testimonianza di studi
ni
contro
zoppo,
d'
La
saluto cordialmente.
ROMA
(1)
Ieri,
professore Lignana,
dinanzi
ai
suoi
discepoli e ad
Consalvo e della lettura che il Carducci tenne ultimamente alla Palombella su GiaufrRudel. 10 credevo, e speravo, di assistere a una lezione - pi o meno meno originale - sul Consalvo leopardiano e le sue fonti. dotta, pi
Era la prima volta che mi auguravo non poco Pur troppo, provai mai occorse. Non avevo dinanzi
udivo parlare
il
Lignana dalla
cattedra, e
una
delle pi
a me un dotto orientalista, ma un volgare declamatare contro certi pretesi strafalcioni del Carducci. Non ho mai udito un professore parlare di un suo collega con tal mancanza di misura come questa volta; e, confesso, ne uscii nauseato. Quanto al merito intrinseco della conferenza del professore di sanscrito, ecco il modesto avviso mio. assai meglio a non aprir bocca in 11 Lignana avrebbe fatto
questione.
non
il
Mestica,
granchio.
Ha
Consalvo non fu scritto nel 1821 (come ha preso un grosso sostenuto, invece, la data del 30-33, e con argomenil
ma
il
canati,
se avesse
scritto
il
straniera
man
139
* * *
Le espansioni contro
chetto, e delle quali
il
ciarono
le
ha ricevute:
Uoma, 26
aprile 1888.
Il prof. Cortese, che invece di rispondermi scrivendo ha preferito di venirmi a vedere questa mattina in casa, mi ha detto che Ella V autore dell' articolo, che, per eufemismo, dir poco benevolo al prof. Lignana per la conferenza sul Consalvo di Leopardi. Io non voglio tener conto delle ingiurie, ma mi
preme sopra
estetica o
tutto
di
studiare per
sia.
amore
della verit
morale che
Ora,
il
prof. Cortese
mi ha
occhi;
si
bene
la
mano paterna
o materna.
Come
se ogni allievo di
in
terza liceale
con i suoi genitori. Ha, poi, cercato di provare che il Leopardi ha dovuto ispirarsi, al concetto, anzich a un poeta medioevale, alla fonte classicfl, cio, che i greci e i latini avevano di quelle due cose non dissociabili che sono Amore e Morte. Senza pensare che un passo di Longo Sofista - dal Leopardi ben conosciuto - ci d la fonte genuina del Consalvo. Inoltre, con acre e mordente parola, ha biasimato il Carducci di aver visto nel canto leopardiano ?m certo luccichio di romanticismo senza accorgersi che, se non al romanticismo medievale, a quello moderno certo il Leopardi ha dovuto - non ostante la fonte
lotta disperata, continua, accanita
; ;
classica
ispirarsi
un
po'.
contro il giudizio estetico che Carducci ha dato del Consalvo, giudizio sempre tale da accogliere con amore e studio; e ci dopo d'aver detto che il Carducci, per la nessuna conoscenza che ha del tedesco e del provenzale, e per gli spropositi in cui cadde traducendo V Uhland, meriterebbe di non sedere pi nel Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.
il
Da
Folchetto
di
Roma).
140
detto pure che Ella studi!
il
ed incomparabile poeta.
Io la pregherei di volermi indicare il titolo della sua pubblicazione per potermela procurare e studiare senza alcun risentimento per ci che Ella ha detto di me.
Desidero sopra tutto di imparare. Ho conosciuto a Torino e per molti anni il padre di Lei, e mi ricordo ancora dei nostri colloquii quotidiani, e sarei molto fortunato di conoscere il figliuolo professore che studia e scrive di Leopardi. Essendo io, ora sono alcuni anni, al Consiglio Superiore ho avuto occasione di esaminare una sua
,
ben mi ricordo,
il
non
contro
Mi creda
dev.mo suo
Giacomo Lignana
Roma^ 28
aprile 1888,
...
Ma
voglio rispondere
subito a
un appunto. Io
sono amico del prof. Carducci e sono stato suo collega per tre anni al Consiglio Superiore, e a un dipresso
abbiamo sempre
ga,
come ho
detto
nella
conferenza, che
siamo due
anticlericali convinti.
me
Posso adunque essere stato vivo in qualche punto ne rincresce; ma fu piuttosto scherzando, se ben
mi
il
ricordo.
Ad
Carducci ha
di
del
Ma
come
si
dice,
il
nuocere, e da un equivoco
me
la
fortunata
occasione di conoscere
un
dotto professore e
141
* * *
Caro signore,
ringrazio delle pubblicazioni leopardiane, che
si
La
compiacque mandarmi in questi ultimi mesi, e che io vedo con molto piacere. Che dice Ella dell'assegnare che fa il Mestica al 1821 il Consalvo? Vorrebbe accertarmi se il Consalvo nella edizione fiorentina 1831 dei Canti, che non posso ritrovare? Del rispondermi presto
Le sar molto
obbligato.
vero che
il
Torraca pubblic
ROMA
Boi.
26 marzo 1888.
Caro signore,
ringrazio delle notizie precise e sollecite. Quanto
di
La
al
composizione del ConsalvOj io inclino a credere fosse poco dopo il 1830. Ma presto vedr l'opinione
saluto cordialmente.
tempo
mia pubblicata. La
prof. Camillo
Antona-Traversi
Militare
-
nel
Collegio
ROMA
Caro professore,
ringrazio delle pubblicazioni
La
mandatemi
in dono,
conoscevo gran parte; ma pi sono usabili cos riunite. Se non che, troppo Leopardi. Tutte quelle rimerie di Monaldo! A cui Dio perdoni, che io non posso. Suo Giosu Carducci .
delle quali gi
Al
eh. sig.
ROMA
142
Boi. 22
marzo 1892.
Caro signore,
Avran veduto
Ella e
il
27.
Mi rallegro
(1).
della
buona
riuscita
della
Commedia
sua
Aff.
Giosu Carducci
ROMA
(1)
Le
Rozeno
DI
GIUSEPPE GARIBALDI
Roma
crazia
detta
Lega
della
Demo-
Giosu Carducci che, in quei giorni, aveva visitato una sera, calda ancora V impressione di quella r Eroe nel Caff' Morteo - sopra un foglio di carta, visita, scrisse le scultorie parole che tutti potranno leggere qui riprodotte. Fra i presenti era Attilio Sarfatti, il compianto raffinato poeta della Laguna: a lui, e alla grande cortesia di mio fratello Giannino, che s' ebbe dal Sarfatti V improvvisato scritto del Carducci, io vado debitore di poter offrire al Risveglio Italiano una delle pi belle pagine, ancora inedite, dell' autore dell' Inno a Satana sull' Eroe dei
;
due Mondi.
Parigi, 1 luglio 1907.
le
mani
rattratte
dall' artrite,
leone,
quando
:
si
posa,
una imagine
il
inferiore.
l'
editto consolare
tuono delocchio, che vibra fisso, acuto ed tempeste delle terre selvagge
;
di
calma olimpica,
la serenit
vedemmo premere
aureliane;
in fuga
gli stranieri
delle
mura
ancora lui,
quale
lo
144
vedemmo
vedemmo
monte
nire
bello
della
come un Dio!
Gli occhi
si
ideale
lo
ma non si vuol piangere davanti Garibaldi: guardiamo, lo amiamo, lo ammiriamo con la nuova, con r antica, con 1' eterna affezione di Italiani e di uomini. Noi non ci vergogniamo d' inginocchiarci davanti quest' uomo; per che quest' uomo ci rappresenti l' ideale pi bello della nazione italiana. In LUI la grandezza della storia di Livio; in lui la gentilezza epica degli eroi di Virgilio lo slancio avvenvivo e vero;
;
la fede dei
cavalieri del
egli
inaugura oggi
la libert .
Giosu Carducci.
CARDUCCI
LA
FRANCIA
Parigi
5,
gennajo 1918.
un bellissimo articolo di Pietro de conservatore del Castello di Versagiia Nolhac nel quale si rende piena giustizia a quegli Italiani, che, vent' anni fa, prepararono, merc sforzi e lotte troppo dimenticate, il rinnovamento onde noi, oggi, ammiriamo
sottocchio
Ho
r opera molteplice.
L' insigne studioso del Petrarca,
il
di un Carducci, di a differenza del pi piccolo scriba un Comparetti pressoch ignorato nelle Universit frangermanico cesi, ne fa ricadere la colpa suU' Italia, la quale si germanizz prima ancora della Francia. Dei molti scrittori italiani, forse, soltanto il Carducci nei suoi poemi, nei suoi discorsi, secondo il de Nolhac nei suoi lavori storici e critici, .s' ispir al pi puro fonte
nome
di
della latinit
ri-
mase
intatta.
di
poeta e
di erudito
ne fa luminosa
idea informatrice di tutta V opera Carducci parla sua, per veder fino a qual segno egli si era penetrato della letteratura e della storia della Francia, e come si com-
piacque arricchirne
il
proprio genio.
Senza dubbio,
le
gli
contradi-
zione francese, quella del XVIII secolo filosofico; senza dubbio, da buon repubblicano, condannava in blocco 1' an-
tica
146
monarchia francese, sulla fede ingenua del Michelet senza dubbio, vedeva fatti e gli uomini della grande Rivoluzione a traverso il mistico velo del Quinet e del Lamartine. Ma come sapeva amar fortemente tutto quello che in Francia gli pareva degno di esser amato; e come
i
sapeva rimproverare
della
ai
pedanti e
ai
politicanti
di
esal-
l'ammirazione e l'imitazione
Germania
Nel 1872, quando si scatenarono in Italia assalti furibondi contro i Francesi, il Carducci non esit a combattere anche uomini come il Mazzini, e ad annunziare arditamente che la Francia sarebbe risorta.
E, pi
tardi, al
tempo
della
crisi
Tunisina
egli
Che Dante
lo
diceva
detestasse
io
Francesi, o
meglio
di
la famiglia reale di
Francia,
intendo: un nipote
San Luigi
li li
aveva disturbato
nel
chiavelli
Alfieri
odiasse, capisco
si
anche meglio;
ma
che
noialtri,
dopo
il
1859,
deva
far del
i
misogallismo
una
distin-
mente un
territorio
che
ci fu offerto e
non mi vien
i
suoi
nazione sorella subirono una depressione passeggera. Alcune campagne della stampa parigina contro l' Italia lo aveano vivamente sdegnato. Moveva rimprovero ai Francesi di
non pi interessarsi
alla
letteratura
antica e redegli
cente
d' Italia.
la tradizione
Italianizzanti
Ozanam,
che avean guidato le sue prime ricerche sopra Dante. Ma non cess per questo di sperare, di credere, nella unione intellettuale e politica dei due popoli. E, certo, il vecchio Poeta, sarebbe stalo oggi felice di assistere a una fratellanza d' armi pari a quella da lui sognata nella sua balda giovinezza.
(Dall'Om
di
University of Toronto
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