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IL PENSIERO DI LUCIANO Troppo spesso presentato semplicemente come esponente della Seconda Sofistica o come narratore di romanzi esilaranti,

in Luciano si raramente ravvisato un ingegno filosofico non di secondordine, ancorch egli si serva della filosofia per liquidare la filosofia stessa: questa al suo sguardo lungimirante pecca di astrattezza e di dogmatismo, giacch anzich, se non risolvere, almeno affrontare le tematiche che travagliano luomo di tutti i giorni si arroccata dietro rigidi sistemi infinitamente lontani dalla realt e implicanti una sorta di fede in cose mai esperite. Ci , in definitiva, quel che accomuna filosofia e religione (Luciano ha soprattutto in mente quella cristiana), immancabilmente tendenti a cristallizzarsi in dogmi e, in forza di ci, a tacitare la voce della ragione: con lespediente del riso demolitore, Luciano mette sapientemente in evidenza come quelli che vengono acclamati come "filosofi" altro non sono se non ciarlatani e mistificatori che sciorinano il loro presunto sapere in sistemi risolventisi in cumuli di fandonie. Di qui il ruolo preminentemente distruttivo che assume il filosofare di Luciano: egli filosofa per distruggere i filosofi cosa in cui si rivela abilissimo -, ma quando poi si tratta di edificare sistemi alternativi a quelli aborriti, egli tace, rivelando in ci una totale incapacit di proporre alternative valide. Gi il patriarca Fozio aveva pienamente colto questo bifrontismo del pensiero lucianeo, in virt del quale il filosofo di Samosata demolisce i sistemi di pensiero altrui senza per proporne di troppi: in tal senso, non sorprende il fatto che Fozio esprima un giudizio incontrovertibilmente negativo su di lui, giudicandolo un uomo senza rispetto di nulla e abile solo a contestare col suo riso beffardo le opinioni altrui ma incapace di proporne una e di prenderla veramente sul serio, "a meno che non si voglia dire che la sua opinione quella di non avere opinioni" (e, in effetti, parecchi sono gli indizi di una sostanziale adesione di Luciano allo Scetticismo). La filosofia come viene intesa da Luciano pare allora configurarsi come uninstancabile attivit di demistificazione e di abbattimento dei pregiudizi (religiosi e filosofici) che affollano le menti degli uomini: tale sar, del resto, il compito che Nietzsche stesso attribuir a se stesso in quanto filosofo in Ecce homo. Ma forse possibile far tabula rasa di pregiudizi e opinioni senza poi introdurne di nuovi? Eliminate le opinioni, si dovr dunque vivere senza di esse, come quel Pirrone di Elide che, liberatosi delle opinioni, si lasciava cadere nei precipizi e investire dai carri nellimpossibilit di opinare se ci fosse un bene o un male? Qui risiede, francamente, il lato debole della prospettiva lucianea, pur cos lucida nel ridicolizzare gli insensati luoghi comuni che ci accompagnano nellagire senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo. Ladesione di Luciano agli ammaestramenti epicurei e a quelli cinici (in particolare lentusiasmo per la figura di Menippo) devessere a tal proposito intesa come un momentaneo traviamento del suo spirito troppo corrosivo per adagiarsi sui dogmi dei sistemi filosofici. Oltrech dallavversione verso il dogmatismo in s, la polemica di Luciano nei confronti della filosofia trae origine anche dalla

constatazione della sua sostanziale inutilit: di tutti i quesiti che essa ha sollevato nel corso dei secoli, a quanti ha definitivamente trovato una risposta? A nessuno, risponde ironicamente Luciano; al che gli si potrebbe obiettare con Bobbio - che forse lufficio della filosofia consiste appunto nel mettere a fuoco i problemi, non nelleliminarli. Se Aristotele ( Protrettico; Metafisica, I) non si stanca mai di esaltare la superiorit della filosofia facendo leva sulla sua inutilit (proprio dalla constatazione chessa non serva a nulla se ne deduce che la suprema delle scienze, poich sciolta dal vincolo di servit), Luciano la condanna in quanto inutile: per quanto ricca di una secolare esperienza, non riuscita a fornire risposte chiare ed esaurienti, ma ha solo generato ulteriore confusione e ha partorito i tanti imbroglioni che si vendono per filosofi, senza in realt essere addivenuti ad alcuna risposta concreta. Eppure Luciano consapevole o no nel momento in cui mette al muro la filosofia, sta filosofando, avvalorando lassunto aristotelico dellimpossibilit di non fare filosofia (se si fa filosofia, si filosofa; e se si dimostra che non si deve far filosofia, si filosofa ugualmente). In maniera sotterranea, dietro ai riflessi abbaglianti delle sue molteplici opere (tutte orbitanti intorno agli stessi concetti di fondo: ripudio del dogmatismo, della religione, della filosofia, ecc ), Luciano ci sta suggerendo che se la filosofia mai addivenuta a risultati convincenti, ci dovuto alla connaturata debolezza della nostra ragione (a Luciano sono debitori Montaigne e il "pensiero debole" di Vattimo), incapace di far presa su una realt magmatica e sfuggente, caotica e inafferrabile, per sua natura renitente a farsi disciplinare dallattivit ordinatrice della ragione. Ne segue cos pare dirci Luciano che una vita trascorsa in meditazioni una vita non vissuta: sicch, al lavoro intellettuale ed inconcludente dei filosofi, Luciano contrappone lesistere delluomo comune (nel Menippo), che cavalca londa degli accadimenti mondani vivendo fino in fondo la vita e accettandola per quella che , anche nei suoi aspetti pi paradossali (un viaggio sulla luna o nella pancia di una balena, ad esempio): di qui laccettazione seppur parziale e momentanea dellepicureismo. Sempre nellambito della "distruttivit" del filosofare lucianeo va annoverata la denuncia delle storture dilaganti allepoca: in particolare (nei Saturnali) linvettiva contro le disuguaglianze sociali che andavano sempre pi inasprendosi; ancora una volta, per, Luciano diagnostica il male ma non sa proporre la cura: sicch la sua e resta una filosofia demolitrice ma non propositiva, venata da un certo pessimismo che impedisce allautore di spingersi al di l della semplice constatazione dellingiustizia imperante nel mondo; dopo aver interpretato e criticato la realt, egli non si rivela in grado di trasformarla, anche perch non provvisto di un disegno alternativo su cui modellarla. Sarebbe del resto da stolti ribellarsi ad un mondo in cui la volont umana e, con essa, ogni singolo avvenimento dipendono direttamente da quella capricciosa e imperscrutabile entit che la : nel Menippo, Luciano ci esibisce unicastica raffigurazione di ci, descrivendo la vita umana come un corteo di maschere

guidato dalla , che prima attribuisce a caso ai partecipanti certe qualifiche e i relativi abbigliamenti (da re, da schiavo, da nobile) e poi si diverte a scambiare di tanto in tanto e senza ragione il costume che essa stessa ha dato loro, trasformando improvvisamente chi re in uno schiavo o viceversa. Solo la morte e non loperare delluomo potr appianare le disuguaglianze sociali che lacerano il mondo, distribuendo quella dose di giustizia e di parit che sulla terra manca. Gli dei stessi sono il frutto, oltre che della superstizione e del dogmatismo, dellasservimento a cui luomo condannato: avvezzo alle disuguaglianze nella societ, egli non ha fatto che potenziarle e renderle insite alla natura stessa inventandosi gli dei come entit consustanzialmente superiori, di fronte ai quali luomo tenuto a chinare il capo e a mostrare rispetto. E proprio contro gli abitanti dellOlimpo Luciano scaglia i suoi dardi pi velenosi: nello Zeus confutato il padre degli dei non riesce a reggere al fuoco della confutazione di chi gli fa notare linutilit degli dei e nel Concilio degli dei si arriva addirittura a sostenere che Zeus un abusivo. Ha acutamente notato Karl Marx che " la storia radicale e attraversa parecchie fasi quando vuole seppellire una vecchia forma sociale. Lultima fase di una forma storica la commedia. Gli dei della Grecia, tragicamente feriti a morte nel Prometeo incatenato di Eschilo, dovettero subire una seconda morte, la morte comica nei Dialoghi di Luciano...perch lumanit si separi serenamente dal suo passato" (Per la critica della filosofia del diritto di Hegel).

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