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POSITIVISMO, REALISMO, NATURALISMO, VERISMO La parabola creativa della cultura romantico-idealistica volse al tramonto attorno agli anni '40-'50,

progressivamente sostituita dalla cultura positivista che recuper gli aspetti progressisti del pensiero illuminista del Settecento, quali la fede nella ragione e nella natura umana, e li ricicl alla luce delle imponenti scoperte scientifiche del secondo Ottocento e della nuova realt storica. Questo profondo cambiamento della cultura, dagli anni Cinquanta in poi, avvenne sotto la spinta di due grandi fenomeni: l'uno fu l'ascesa vertiginosa della borghesia liberale, con la sua ottimistica fiducia nel progresso e con il suo bisogno di instaurare un nuovo assetto sociale, politico, economico; l'altro fu laffermarsi della scienza che apr grandiosi orizzonti allo sviluppo e alla possibilit dell'uomo di dominare la natura, di vincere le malattie e la fame. Il progresso materiale e il benessere apparvero allora prospettive possibili, se collegate allo sviluppo della scienza e ai suoi metodi di conoscenza. E quell'insieme di esperienze, filosofiche e pi generalmente culturali, che in quegli anni si richiam alla realt materiale e ai metodi e alle conquiste della scienza, fu il Positivismo: non dunque solo una filosofia, ma un modo di pensare generalizzato, una mentalit scientifica che perme le strutture mentali e concettuali di unepoca. Il Positivismo fu il rifiuto di ogni ideale astratto, di ogni retorica, di ogni elemento metafisico, di ogni forma di attivit e di pensiero che non si richiamasse alla scienza e ad una immediata utilit sociale. All'esaltazione degli ideali e delle grandi utopie che avevano permeato la mentalit romantica, subentr nel secondo Ottocento l'esigenza del reale, del dato di fatto, del positivo. Questa la dimensione progressista della nuova cultura, che, invece, mostr i suoi limiti l dove ai vecchi schemi ne sostitu dei nuovi non meno astratti e, soprattutto, l dove si trasform in ideologia per l'egemonia borghese. Sul piano strettamente filosofico, il Positivismo fu una teoria della conoscenza della realt, che, utilizzando i metodi della scienza, li applic poi all'uomo e al suo mondo spirituale, favorendo la nascita di nuove discipline quali la psicologia, la biologia e lantropologia, e li applic alla societ, favorendo la nascita della sociologia. La filosofia del Positivismo, dunque, esalta a dismisura la scienza, vera religione dei tempi moderni, con una fiducia nella liberazione dell'uomo da tutti i suoi mali, nella sua infinita possibilit d progredire e migliorare. In effetti, la seconda met dell'Ottocento un trionfo della scienza e della tecnica che alla fine del secolo assumer un ritmo ancor pi sostenuto. formulare continuamente ipotesi e verificarle con l'esperienza fino alla scoperta della legge; solo cos la medicina potr guarire la malattia. Con queste nuove idee, divulgate in libri, riviste, lezioni universitarie, e in un linguaggio accessibile anche al grande pubblico, si incontra pure lo scrittore Emile Zola che nel suo Romanzo sperimentale si rif direttamente all'opera del medico, sostituendo alla parola medicina la parola romanzo. Il romanzo diventa allora una scienza, costruito non pi con l'immaginazione ma con gli stessi strumenti della scienza, applicando il metodo dell'ipotesi e dellesperienza alla realt che dovr poi costituire la materia del romanzo stesso. (La risposta degli artisti e dei letterati) La cultura positivistica inform di s tutto un periodo e le sue strutture mentali; ma la risposta degli intellettuali alla nuova dimensione storica e culturale fu quanto mai differenziata e complessa. Il fallimento delle rivoluzioni del '48 segn profondamente artisti e letterati, e il nuovo modello di societ borghese-capitalistica diede loro il senso di uno scacco storico, di una impotenza irreversibile. L'intellettuale romantico non aveva mai rinunciato alla lotta contro la societ, conosceva il suo pubblico, e il suo ruolo era quello di prospettare e divulgare, in termini ideali, le idee e i principi morali di quel pubblico. Ma dopo il '48 l'intellettuale, l'artista, il letterato avvert, oltre al vuoto di valori, di aver perso il suo abituale ruolo di guida spirituale: di qui la sua risposta in termini di conformismo o di ribellione. La scelta conformista signific avallare la morale appiattita e ipocrita del nuovo assetto sociale, i miti del denaro e del progresso, per meglio farli passare e accettare. La scelta della ribellione, invece, vide alcuni rispondere allarroganza e alla pretenziosit borghese con atteggiamenti anarchico-scapigliati, con un ribellismo moralistico, ma senza riuscire a conquistare uno spazio ideologico e culturale produttivo. Altri, fallito ogni ideale e caduta ogni utopia, si limitarono, pur con varianti da autore ad autore, a registrare con impersonalit i nudi fatti cos come appaiono, anche negli aspetti pi deteriori. Fu questa la risposta del Realismo-Naturalismo in pittura e in letteratura: da Flaubert, ai Goncourt, a Zola e per certi aspetti a Verga, tutti autori che, pur diversamente orientati in politica, tennero un atteggiamento non conformista e di certo non furono alleati della borghesia dominante. Infine, altri artisti e intellettuali, di fronte alla falsit dei nuovi miti progressivi, fuggirono nell'arte per l'arte: una fuga dalla realt e un isolamento elegante quanto sterile nel raffinato mondo dell'arte, nel suo culto fine a se stesso e quindi estraneo ad ogni interesse civile e politico. In tutti ci fu disprezzo e odio per il borghese, provocatoria derisione della sua ipocrisia e dei suoi valori: religione della scienza, denaro, progresso. Ma spesso proprio l'ostentazione esasperata dell'atteggiamento provocatorio (di un Baudelaire o di un Rimbaud, ad esempio) mascherava l'impotenza e l'alienazione dell'artista, la sua sconfitta. Nel 1857 in Francia uscivano due opere, testimonianza dei due indirizzi emergenti della letteratura del secondo Ottocento: Madame Bovary di Gustave Flaubert, per il Realismo-Naturalismo, e Les fleurs du mal di Charles Baudelaire, da cui prenderanno l'avvio tutti i rappresentanti del Simbolismo europeo.

(Realismo e Naturalismo in Francia) Attorno agli anni Cinquanta le grandi utopie nazionali e sociali subiscono un profondo ridimensionamento. Cadono generose speranze; subentra un'epoca di relazioni diplomatiche e di guerre, autoritaria e realistica. Alla fiducia nelle forze ideali subentra la necessit di un'effettiva attenzione alla realt delle cose, agli aspetti concreti della natura e della vita, alle reali possibilit di azione. Al socialismo utopistico si sostituisce il socialismo scientifico; alla filosofia e alla cultura idealistica del primo Ottocento si sostituisce la filosofia e la cultura positivistica, tesa ad esaltare i fatti contro le idee, le leggi fisiche e biologiche contro le costruzioni filosofiche, le scienze sperimentali contro quelle teoriche. Anche sul piano letterario, dopo tanti sogni e tante elegie, che avevano alimentato gran parte della produzione del primo Ottocento, si avverte sempre pi l'urgenza di un tuffo nel realismo dei tempi. In tutta Europa, e soprattutto in Francia e in Italia, si tende ad una rappresentazione oggettiva della realt, a studiare il cuore umano e i diversi aspetti della vita sociale, ad applicare i criteri delle scienze esatte alla rappresentazione artistica della realt. il Realismo nell'arte, di cui il Naturalismo in Francia rappresenta il punto conclusivo e di massima radicalit nell'aderenza al reale. (Un precursore: Honor de Balzac) Nella letteratura francese il passaggio dallideale al reale aperto da un grande narratore romantico, Honor de Balzac, che trae gli strumenti, per leggere in modo nuovo il reale, dalla scienza e, specificatamente, dalle teorie del biologo Geoffroy de Saint-Hilaire, il quale sostiene che le differenze tra le varie specie animali sono causate dai condizionamenti dell'ambiente in cui essi vivono. Nella prefazione alla Comdie humaine, ossia l'insieme delle sue opere narrative dove protagonista la moderna societ francese, Balzac si rif a questa teoria e la applica alla societ umana: La societ non fa forse dell'uomo, a seconda dei luoghi dove si svolge la sua azione, tanti uomini diversi quante sono le specie della zoologia? L'individuo dunque esiste solo in rapporto alla societ. Diversamente per dagli animali nella natura, l'uomo ha la possibilit di mutamento sociale, di passare da un ruolo ad un altro, cosi come i costumi cambiano a seconda della civilt e del loro succedersi nel corso della storia. Quali le cause di questi mutamenti sociali? Balzac le individua nei rapporti economici, nell'economia capitalistica, causa profonda, seppur mascherata, di tutti i conflitti, del bene e del male degli uomini. Il romanziere allora deve trasformarsi in un sociologo che fa appello non pi al destino o alla Provvidenza ma alla causalit economica (denari, affari, banche, speculatori, ecc.) per spiegare i rapporti tra gli uomini; il romanzo non pi direzionato ad individuare astratti ed assoluti valori, ma a ritrarre la societ in tutti i suoi aspetti, in tutte le sue classi dalle pi umili alle pi elevate. La strada verso il Realismo-Naturalismo cos aperta. (La scuola realista) L'operazione culturale di Balzac produce i suoi primi effetti con la scuola realista, che si afferma in Francia tra gli anni Cinquanta e Sessanta circa. Ad essa appartengono alcuni scrittori che si impegnano in una chiassosa, spregiudicata e scapigliata polemica contro ogni tradizione, contro il Romanticismo e i suoi valori ideali, contro lo spirito borghese con il suo perbenismo e le sue ipocrisie. Questi scrittori per non riescono ad elaborare una teoria del Realismo, in parte vanificando la grande lezione di Balzac, che viene ripresa ed approfondita da Gustave Flaubert e da Edmond e Jules de Goncourt. Flaubert, nelle cui opere confluiscono ancora Romanticismo e Realismo, vuole un romanzo realisticamente particolareggiato ed esatto, dove sono presenti solo elementi oggettivi, ambientali e sociali e dove i comportamenti e l'agire dei personaggi sono condizionati e determinati dalle circostanze. Ipotizza uno scrittore che anatomizzi e intervenga sui personaggi con la stessa impersonalit con cui il medico interviene sul corpo dei pazienti. La grande arte - afferma Flaubert - impassibile e impersonale; lo scrittore deve essere assente dall'opera e dal personaggio affinch essi vivano di una loro totale autonomia. I Goncourt aprono la letteratura al proletariato, alle classi dimenticate dalla storia, seppur spinti pi da curiosit intellettuale per un mondo sconosciuto che da interessi sociali e politici. Nella loro opera si avverte la volont di un rigoroso studio di ambienti (accanto ad ambienti popolari, il mondo dei letterati, degli artisti, dell'alta borghesia, della grande citt), e soprattutto di casi patologici. (Zola e il Naturalismo) Procedendo sulla linea segnata da Balzac, da Flaubert e dai Goncourt, Emile Zola elabora le sue idee sullarte soprattutto sotto linfluenza della filosofia di Taine e della fisiologia di Bernard. Le ricerche biologiche, fisiologiche e pi generalmente mediche, servono a Zola per smontare e rimontare pezzo a pezzo la macchina umana, analizzare scientificamente la vita psichica sottoposta a leggi deterministiche e immutabili. Completamente abbandonati gli ideali e lanima romantica, luomo ridotto alla stessa struttura biopsichica dellanimale; tanto che l'amore diviene un puro soddisfacimento di un bisogno, il rimorso un semplice disordine organico, una reazione al sistema nervoso troppo teso. Solo nell'80 nasce ufficialmente la Scuola naturalista, allorquando un gruppo di amici, tra i quali lo stesso Zola, Maupassant e Huysmans, pubblica Serate di Mdan, una raccolta di cinque racconti in cui vengono satireggiati i costumi borghesi e militari dell'epoca attraverso scene di violenza, di abbruttimento, di sopraffazione. In quello stesso anno Zola si incarica col Romanzo sperimentale di dettare la base teorica della scuola. La visione scientifica portata all'estremo; il Naturalismo diventa lapplicazione del metodo sperimentale alla letteratura. Come lo scienziato, il romanziere moderno

deve essere un osservatore e uno sperimentatore: deve cio guardare con rigore scientifico i fatti, il documento umano, la realt tutta; deve poi studiare il meccanismo dei fatti agendo su di essi attraverso la modificazione delle circostanze e degli ambienti senza mai allontanarsi dalle leggi di natura. (Il romanzo naturalista come mimesi della realt) Lo scrittore naturalista imbevuto di cultura positivista e scientifica della cui validit non ha alcun dubbio. Essa lo conferma in una visione del mondo stabile su alcuni principi e categorie conoscitive indiscusse. La dimensione del dubbio assente da questo scrittore; c' in lui la fiducia in un ordinamento reale fondato su una verit. I concetti di spazio e tempo sono dati positivi, assoluti, certi, lineari e misurabili. Tra fenomeno, ossia ci che appare, e noumeno, ossia essenza della realt, non ha dubbi: il dato assoluto e indiscutibile il fenomeno, mentre le essenze, i dati metafisici sono rifiutati. Non pi il destino, il caso, la Provvidenza a spiegare i fatti e le vicende, bens il rigoroso principio di causa-effetto, spesso deterministicamente concepito. Tutto ci d allo scrittore l'incondizionata fiducia di poter cogliere e riprodurre il reale, di poterlo trascrivere oggettivamente e scientificamente. In questa ottica il romanzo diviene la riproduzione della realt, la sua trascrizione mimetica e deve di necessit obbedire a precise scelte tematiche e linguisticostilistiche, a un particolare modo di costruire l'intreccio e il personaggio, di concepire il tempo e lo spazio narrativi. Per costruire il romanzo naturalista , quindi, indispensabile prendere i materiali dalla realt e da tutte le sue classi sociali, anche da quelle inferiori: lentrata del quarto stato nella letteratura. Occorre partire, inoltre, non dalle teorie, bens dai fatti nella loro positivit, dai documenti umani. Se il romanziere romantico prendeva lo spunto dalla storia, dalla realt, ma per divenire ben presto un inventore ispirato di intrecci, ambienti, situazioni, destini, il romanziere naturalista, invece, un ricercatore, documentato e preciso, dei fatti naturali che anche di persona vuole osservare e annotare. Dal romanzo deve essere esclusa qualsiasi presenza dello scrittore. Le sue idee, i suoi sentimenti, le sue emozioni personali non devono in alcun modo essere prestate ai personaggi; i fatti devono essere solo osservati e descritti, senza essere sottoposti al alcuna valutazione e ad alcun intervento critico. Allo scrittore richiesto lo stesso atteggiamento freddo, impassibile, impersonale, del medico, del biologo, del sociologo; il suo punto di vista sar esterno ai personaggi, ed egli tender ad eclissarsi dietro essi, limitandosi a registrare, come un apparecchio fotografico, ci che sente e vede. Il personaggio del romanzo naturalista non pi il personaggio romantico di tanta narrativa del primo Ottocento, con i suoi sublimi ideali patriottici, etici, affettivi, i suoi sogni, la sua tensione evasiva dalla realt. All'uomo-personaggio con l'anima, si sostituisce l'uomo-personaggio naturale, fisiologico, sottomesso a leggi fisico-chimiche, positivisticamente determinato da tare ereditarie e da fattori socioambientali. Esso verr colto non in astratto ma nel suo agire, nei suoi temperamenti, nelle sue tare ereditarie; sar fisiologicamente estratto dalla sua carne e dal suo sangue. L'intreccio, che diviene molto importante nella costruzione del romanzo, deve obbedire rigorosamente alla linearit cronologica e logica; scarso pertanto l'uso del flash-back, cio l'inserimento di sequenze retrospettive. L'intreccio deve rispettare i rapporti di causa-effetto, di determinismo socio-ambientale, di ereditariet. Anche Verga preferiva non dare ritratti del personaggio ma voleva che i suoi attori si fossero affermati colla loro azione. Lo stile del romanzo naturalista varia da scrittore a scrittore: dall'ossessione espressiva di Flaubert al racconto dialogato di Verga. Gli unici dati generalizzanti sono da ricercarsi nello stile incolore che deve rispettare l'impersonalit dello scrittore e registrare freddamente i fatti e la realt. Tale stile si concretizza in una sintassi che tende alla brevit, alla secchezza, e nell'uso di una parola che, spoglia di contenuti affettivi, cerca di disegnare immediatamente le cose. Solo nel Novecento, quando la visione positiva e scientifica del mondo entrer in crisi sotto la spinta di nuovi modelli conoscitivi, quando, ad esempio, spazio e tempo diverranno dati relativi e non pi lineari e assoluti e quando ancora il principio di causa-effetto e il fenomeno e il fatto verranno messi in discussione, non essendo pi credibili come dati assoluti, solo allora lo scrittore rivedr il proprio modo di concepire il romanzo e le sue strutture. Il romanzo novecentesco metter in crisi tutte le certezze positive, relativizzando i fatti (Pirandello), il tempo-spazio (Proust, Svevo, ecc.), con una visione sfaccettata e polivalente del reale. (Realismo in Italia. Dall'arcadia romantica alla Scapigliatura. L'Italia post-unitaria.) L'insuccesso della prima guerra d'indipendenza bruciava trent'anni di speranze e di entusiasmi. Alle grandi illusioni, mazziniana e neoguelfa, subentrava il clima opaco e deluso della sconfitta. Si avvertiva il bisogno di una maggiore concretezza, di un sano realismo che si muovesse nella logica delle possibilit effettive, e la politica cavouriana negli anni '50-'60 rappresentava questa esigenza. Quando poi si concludeva, anche se parzialmente, la rivoluzione nazionale con la proclamazione del Regno d'Italia (1861), un nodo di gravi problemi si imponeva all'attenzione di politici, intellettuali, scrittori: dai difficili rapporti con la Chiesa ai problemi di politica estera; dalla riorganizzazione amministrativa alle grandi sacche di sottosviluppo e di miseria, all'analfabetismo, da una forzata industrializzazione al Nord, con conseguente nevrotica urbanizzazione, ad una sempre pi esplosiva questione meridionale. cos complessa la problematica amministrativa, economica, politica, sociale dellItalia post-unitaria, che si avverte una profonda scollatura tra paese reale e paese ufficiale: nonostante l'unit, l'Italia rimasta una somma di regioni,

ognuna con i suoi gravi ed urgenti problemi. Riesce pertanto difficile trovare in quegli anni una capitale culturale o dei riferimenti per una letteratura nazionale-unitaria; esiste piuttosto una letteratura regionale, legata alle varie istanze geografiche e locali. D'altra parte la cultura si muove tra gravi ritardi e qualche balenante anticipazione rispetto a quella europea e alla nuova situazione storico-nazionale. in questo quadro che viene maturando, seppur lentamente, la crisi della civilt romantica, la tendenza al reale, infine l'affermarsi del Verismo. (Dal romanzo storico alla narrativa campagnola) Il romanzo storico del primo Ottocento aveva gi in s una componente realistica e una tensione ideologico-politica a cogliere il vero e la realt anche del mondo umile: basti pensare alla grande lezione manzoniana; ma tutto era piegato ad una veridica strutturazione di tempi passati e, al massimo, usato come lezione e metafora della contemporaneit: basti pensare al Seicento ne I promessi sposi. Negli anni '50-'60, dietro le sollecitazioni del mutato quadro storico, lo scrittore avverte la necessit di rappresentare con maggiore immediatezza le istanze della contemporaneit, una contemporaneit che non ha un profilo nazionale, e di cogliere esperienze legate alla provincia, l dove i fenomeni sociali sono pi immediatamente leggibili. Nasce la cosiddetta narrativa campagnola, modesta nei suoi esiti artistici, ma significativa in quanto momento di passaggio tra romanzo storico e romanzo verista. Questa narrativa non presenta novit formali di rilievo; ancora la formula romanzesca di Manzoni, schematizzata, ridotta e opportunamente riadattata. Nuova, per, l'ambientazione campagnola: nuovi i protagonisti umili, polemicamente contrapposti al cinismo borghese, nuova soprattutto l'attualizzazione del narrare e l'apertura linguistica. (La Scapigliatura) La crisi della civilt romantica e l'apertura verso moderni sviluppi della letteratura trovano negli Scapigliati artisti pi disponibili. La Scapigliatura, infatti, la risposta, tra gli anni Sessanta e Settanta, di un giovane e avvertito gruppo di intellettuali, specialmente di Milano e Torino, al crescente fenomeno dell'industrializzazione e al clima nevrotico della citt. La loro inquietudine morale nasce nel vuoto di ideali che si crea intorno al Sessanta, tra il chiudersi ormai prossimo del ciclo storico del Risorgimento e il delinearsi, sempre pi netto, del fallimento di una rivoluzione che, partita dalla frazione pi avanzata della classe intellettuale, era slittata, sul piano inclinato degli eventi, a guerra d'indipendenza manovrata dalle cancellerie. in questo clima che si muove la rabbiosa contestazione degli Scapigliati, ribelli nella vita come nell'arte: contro lo spirito borghese e quella che Verga chiamer la civilt delle Banche e delle Imprese industriali, contro la retorica patriottica del Risorgimento e la letteratura intrisa di conformismo, di manzonismo cristianeggiante, di romanticismo devitalizzato. Tale ribellismo, per, non sorretto da una chiara coscienza politica, resta irrisolto in una ambivalenza di fondo tra reale e ideale, tra la realt gretta e meschina e la tensione al sogno e all'evasione, tra smarrimento spirituale e sentimento di una fine ineluttabile. Anche nella produzione artistico-letteraria, gli Scapigliati portano il senso di un dualismo inconciliabile: tra rappresentazioni realistiche esasperate fino al macabro e all'orrido e l'evasione verso il sogno, la dimensione fiabesca; tra volont di denuncia morale e sociale e sfogo individuale. Alluno e all'altro polo di questa ambivalenza si rifaranno il Verismo e il Decadentismo. Senza voler fare dei ribelli di Milano una vera e propria avanguardia contestativa, n degli anticipatori a tutti i costi del Verismo, pure evidente che la loro ribellione impegnata a muoversi verso un ideale di vero polemicamente antiromantico e antiborghese. Va poi iscritto a loro merito il tentativo di svecchiare e sprovincializzare sia la nostra letteratura sia il gusto del pubblico, facendo filtrare nella cultura italiana le pi importanti esperienze poetiche della contemporanea letteratura straniera, da Victor Hugo, a Edgar Allan Poe, a Charles Baudelaire. (Il Verismo. La realt regionale.) Il Verismo, la cui poetica si viene elaborando tra il '70 e l'80, il modo, maturo e consapevole, da un lato di adeguarsi alle nuove esperienze del Realismo-Naturalismo francese e pi in generale della cultura positivistica; dall'altro di rispondere alla delusione storica del Risorgimento e alle contraddizioni del nuovo Stato italiano. cos che gli scrittori veristi, per mantenere un contatto pi autentico con la realt sociale italiana, si volgono a cogliere le realt locali, paesane, provinciali e regionali: Giovanni Verga e Luigi Capuana ritraggono la Sicilia, Grazia Deledda la Sardegna, Salvatore Di Giacomo e Matilde Serao Napoli, Cesare Pascarella Roma. Ritagliare ambienti, personaggi e situazioni locali risponde all'esigenza di ricercare, oltre la retorica dell'unit, i connotati dell'Italia reale, emarginata, dispersa, che non fa storia, ma di certo pi autentica dell'Italia ufficiale immersa nel malgoverno e negli scandali bancari. Risponde anche all'esigenza di cogliere gli strati pi bassi, per rendere un autentico spaccato, come afferma Verga, della fisionomia italiana moderna nelle sue stratificazioni sociali, e per interrogare, secondo le parole di Capuana, creature rozze, quasi primitive, non ancora intaccate dalla civilt. (La cultura positivistico-naturalistica e il Verismo) Per non mitizzare ambiguamente l'universo regionale, con la sua miseria e i suoi umili, per rappresentare fedelmente la fisionomia italiana, occorrono strumenti capaci di leggere quella realt senza compiacimenti, senza alcuna intrusione soggettiva da parte dello scrittore, n di sentimenti n di ideologie. I veristi ricorrono allora agli elementi della riflessione scientifica, si procurano, come dir Capuana nel saggio su Zola, il microscopio e operano impassibilmente con il bisturino dell'anatomista e del disseccatore.

la cultura del Realismo-Naturalismo francese ad offrire modelli e strumenti ai nostri veristi. Da Balzac viene l'invito a tener conto dei condizionamenti dellambiente, soprattutto delle cause economiche che muovono i rapporti sociali. Da Flaubert l'invito alla impassibilit, all'impersonalit, ad avvicinarsi al reale bruciando ogni residuo di idealismo e di soggettivismo sentimentale. Dai Goncourt quello di guardare le classi inferiori e le miserie dei piccoli. Da Zola, infine, l'invito allo scrittore a farsi scienziato, osservatore e sperimentatore spregiudicato dei fatti naturali. Anche la cultura positivistica offre non pochi motivi al Verismo, col suo continuo richiamo alla contemporaneit e ai metodi delle scienze moderne: Comte e il concetto di relativo, Taine e la biologia dell'arte, Darwin e la selezione naturale e la lotta per l'esistenza, da Verga richiamata nella prefazione ai Malavoglia. Il nostro Verismo non accetta acriticamente queste influenze culturali, ma le ripensa e le adegua alle condizioni storico-sociali della realt italiana. Il Verismo, cio, non la ripresa automatica della grande cultura straniera contemporanea, soprattutto francese, ma l'arduo tentativo, come afferm Capuana, di ridurre a materia d'arte la vita italiana moderna, ritraendola direttamente dal vero. D'altra parte, il Verismo, pur fondandosi su una concezione positivistica della realt e pur trasferendo nell'arte il metodo della scienza, presenta profonde differenze dal Naturalismo francese. Il Naturalismo opera in un contesto sociale decisamente urbanizzato e industrializzato; portato quindi a registrare di quel contesto le devastazioni e le escrescenze patologiche, i costi alienanti, l'emarginazione, la criminalit, la prostituzione, la nevrosi, fin nelle basse sfere. Il Verismo, invece, opera in un contesto di gran lunga pi arretrato e ancora sostanzialmente contadino, per cui tende a cogliere realt sociali ancora sconosciute, ossia le classi umili, piuttosto che il fango della realt urbana. Il Naturalismo spesso curvato all'analisi scientifica di casi patologici, ritratti dall'ottica di un esasperato scientismo e della legge dell'ereditariet; il Verismo invece non accetta il concetto, peraltro reazionario, di ereditariet n lo scientismo esasperato di Zola. Il difficile - dir Capuana - sta nel mantenere la giustezza delle proporzioni tra gli elementi della scienza e quelli della fantasia. Pur accettando il canone dell'impersonalit, per il Verismo la letteratura non pu essere un fatto di pura registrazione fotografica o stereoscopica; l'arte non sar mai la fotografia (Capuana), perch preso lo spunto dal fatto vero occorre sempre l'autonoma rielaborazione dell'artista. La letteratura zoliana animata da una precisa volont di inchiesta e si rif ad una realt sociale storicamente ben definita. Ai veristi italiani, invece, manca una precisa volont di denuncia politica e le intenzioni di inchiesta sociale spesso si risolvono in recupero nostalgico dell'universo popolare. La stessa Sicilia dei Malavoglia riesce ben poco fedele alla realt: , infatti, troppo schematizzata e semplificata, e lascia il sospetto di presenze memoriali e di residui lirici. In Zola vi una fede progressista e, quando lo scrittore evidenzia i condizionamenti economici ed istintivi della realt, lo fa nella convinzione di potersene liberare anche con l'aiuto della scienza. Verga, per prendere l'esempio pi illustre, tende invece alla rassegnazione; il determinismo spesso diviene fatalismo, senza prospettare alternative che non siano regressive. Nonostante tutto ci, il Verismo italiano ha avuto grossi meriti nel ricercare, nell'Italia post-unitaria, un romanzo nuovo che si rivolgesse al presente, al raccontar contemporaneo, superando il romanzo storico. C' nel Verismo una volont di trovare un linguaggio e una strumentazione formale moderna aderente alla materia trattata e all'universo espressivo dei personaggi. Infine c' una denuncia, anche se involontaria, di un universo sconosciuto nella sua emarginazione e nella sua secolare sofferenza: quello delle plebi meridionali.

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