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Alleanze strategiche territoriali: la costruzione collettiva di percorsi di resistenza neo-contadina

Giaime Berti

Introduzione

Sviluppo rurale, ricontadinizzazione e la trasformazione dellimprenditorialit per la resistenza in un'area montana


La ruralit europea chiamata a traghettare in una societ sempre pi disarticolata una reciprocit equilibrata, base della coesione sociale del mondo rurale e della co-evoluzione uomo-natura (Iacoponi, 1997; p. 84).

Nelle aree montane la questione della sopravvivenza e quindi della resistenza alla marginalizzazione rurale e al conseguente abbandono ancora un tema di fervente attualit. In questo capitolo, si racconta la storia della resistenza contadina degli allevatori del Comune di Zeri che sono riusciti a determinare una deviazione rispetto al processo di marginalizzazione tipico delle aree montane, attraverso il perseguimento di un nuovo progetto imprenditoriale volto alla valorizzazione della Zerasca, la razza ovina autoctona. Come sottolinea Van Der Ploeg (2009; p. 357), la resistenza non deve essere intesa come una forma di reazione ma una forma di produzione e azione, basata sullinnovazione e la cooperazione autonoma tra i soggetti produttori, la resistenza deve essere concepita come la capacit di sviluppare nuove e costitutive potenzialit. Cos a Zeri, quello che stato definito un piccolo miracolo (Pellegrini, 2004), emerge in virt della spinta soggettiva che si oppone alle determinanti strutturali che costringono le realt rurali di montagna allab-

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bandono, in quanto non allineabili al modello produttivista dominante. Ma come si reso possibile questo piccolo miracolo? In estrema sintesi possibile affermare che ci si realizzato attraverso la definizione di un progetto aziendale e collettivo-territoriale che si muove lungo le direttrici del paradigma dello sviluppo rurale sostenibile. Un progetto fondato sullazione collettiva (co-produzione sociale) e sul riallineamento tra la produzione agricola e la natura vivente (co-produzione uomo e natura). Il concetto di sviluppo rurale emerge con il riconoscimento della diversit quale caratteristica fondante della campagna. In alternativa al c.d. regime della modernizzazione agricola o paradigma produttivista (Lowe et al, 1993), il cui lobiettivo quello della standardizzazione e omologazione dei territori e dei metodi di produzione, il paradigma dello sviluppo rurale sostenibile (Marsden, 2003). ha come elemento costitutivo il riconoscimento del valore della diversit e della specificit degli stili aziendali e dei fattori produttivi in relazione alla loro localizzazione, provenienza e storia (Milone, 2009). Definendo il concetto di territorialit come il rapporto dinamico tra componenti sociali (economia, cultura, istituzioni, poteri) e ci che di materiale e immateriale proprio dei territori dove si abita, si vive, si produce (Milone, 2009; p.9), possibile affermare che la modernizzazione produce un processo di de-territoiralizzazione dellagricoltura, una dissociazione tra impresa agricola e territorio (nella sua duplice accezione di ambiente naturale e di ambiente sociale). Come sottolinea Iacoponi (2002; p. 65), con la modernizzazione si passati dalla propriet contadina della montagna alpina, dalla cascina lombarda, dal podere emiliano-romagnolo, dalla fattoria toscana, dalla masseria barese, dal latifondo siciliano, alla costruzione dimpresa agraria senza connotati territoriali. Nel quadro del regime della modernizzazione agricola (Van der Ploeg 2009) le aziende agricole contadine sono ristrutturate attraverso lomologazione al modello degli altri settori, in cui, per dirla con le parole di Becattini, limpresa
viene concepita come impresa singola, che si accresce fondamentalmente per vie interne (accumulazione ed economie di scala) []

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Il processo produttivo vero e proprio si consuma interamente dentro limpresa: i suoi risultati dipendono da come organizza i fattori specifici della produzione, chi, imprenditore o manager, gestisce il tutto (Becattini, 2000; p. 13).

Il perseguimento di questo modello di impresa implica anche una ridefinizione dei rapporti tra uomo e natura e la rincorsa della capacit produttiva porta con se tecniche e tecnologie finalizzate a superare quelli che sono considerati i limiti della natura. Secondo questo modello, limpresa agricola definisce il proprio spazio economico (Brunori, 1994) allinterno della filiera verticale dellagroindustria, che oggi assume i connotati della filiera agroindustriale globale o impero del cibo (Murdoch, 2000). In contrapposizione al modello produttivista, nel quadro del paradigma dello sviluppo rurale1, lazienda agricola definita invece come cellula del tessuto territoriale, che unisce le attivit antropiche e naturali e come cellula del tessuto sociale, che unisce le istanze sociali ed economiche e collega lazienda al sistema locale allinterno del quale inserita. Nellambito del paradigma dello sviluppo rurale il modo di essere dellazienda agricola, che possiamo chiamare azienda agricola rurale, si struttura attraverso un processo di territorializzazione che si articola in una duplice dinamica di co-produzione: da un lato, come impresa territoriale, ovvero, come luogo della co-produzione tra uomo e natura, lazienda quindi una combinazione elementare di fattori della produzione, parte dei quali vincolati al territorio rurale e co-prodotti da tutte le aziende ivi operanti (Iacoponi, 1997; p. 64). Dallaltro, come impresa distrettuale, ovvero, come luogo della co-produzione sociale, in tal senso azienda agricola rurale una

Iacoponi definisce il moderno sviluppo rurale come: un processo di cambiamento conservativo, che migliora la qualit della vita della comunit rurale (e della societ cui essa appartiene) con azioni sostenibili, endogene e locali di animazione, riproduzione, integrazione e crescita delleconomia del territorio rurale, progettate, intraprese e controllate da una comunit locale in una logica di attivazione o di auto sviluppo (o di non dipendenza) e al tempo stesso di interdipendenza tra sviluppo locale e sviluppo globale, in un sistema mondiale multi dimensionale, (Iacoponi, 1997; p. 21).

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attivit economica organizzata e gestita per la produzione e lo scambio di beni e servizi, ottenuti con la coltivazione del fondo, la selvicoltura, lallevamento del bestiame e le attivit connesse, da un imprenditore agrario che per organizzare e gestire lazienda si avvale di conoscenze, regole, capacit professionali e valori sociali, parte dei quali vincolati al contesto rurale e co-prodotti da tutte le attivit socioeconomiche ivi presenti (Iacoponi, 1997; p. 64).

Con riferimento a questultimo aspetto lo spazio organizzativo della singola azienda si apre per vie orizzontali verso il contesto locale ed in tal senso, nella tradizione degli studi sullo sviluppo territoriale si parla di capability imprenditoriale collettiva di Johannisson Johannisson (2002) e di intelligenza collettiva di Rullani Rullani (2002), oppure il concetto di apprendimento collettivo (Camagni e Capello, 2002; Capello, 1999). Il progetto di azienda agricola rurale ha tratti di corrispondenza rilevanti con il nuovo modello contadino proposto da Van der Ploeg Van der Ploeg (2009), per il quale lo sviluppo rurale la caratterizzazione tipicamente europea di un processo di ricontadinizzazione che si manifesta attraverso proprie specificit territoriali ma con coerenza a livello globale. Per Van der Ploeg la ricontadinizzazione lespressione moderna della lotta per lautonomia e la sopravvivenza in un contesto di privazione e dipendenza. Una forma di resistenza contadina orientata alla creazione e allo sviluppo di una base di risorse autocontrollata e autogestita che a sua volta ammetta quelle forme di coproduzione tra uomo e natura che interagiscono con il mercato. La ricontadinizzazione tiene conto della sopravvivenza e delle prospettive future, oltre a rifornire e rafforzare la base di risorse, migliorare il processo di coproduzione, allargare leconomia e, quindi, ridurre la dipendenza (Van der Ploeg 2009; p. 41). Co-produzione e cooperazione sono due caratteristiche fondanti del modello contadino in cui: da un lato, sia le risorse sociali che quelle naturali sono costantemente modellate e rimodellate, generando cos continuamente nuovi livelli di coproduzione (Van der Ploeg 2009; p. 42). Dallaltro, si evidenzia come le forme cooperazione siano (quasi) sempre necessiere. In relazione a questultimo aspetto, occorre sottolineare come lazione collettiva sia un elemento centrale del paradigma dello sviluppo rurale e quindi del nuovo modello

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contadino in quanto permette ai piccoli imprenditori agricoli di mobilizzare relazioni sociali capaci di rafforzare la propria performance economica e di creare nuove opportunit di crescita. Come evidenziano Brunori e Rossi (2000; p. 409) i casi di successo di sviluppo rurale dimostrano che lazione collettiva produce un contesto locale in cui ambiente, istituzioni, simboli e pratiche costruiti socialmente facilitano lattivit delle piccole aziende offrendo loro la possibilit di accesso a risorse che non sarebbero accessibili individualmente. La storia degli allevatori di Zeri racconta la storia di un riscatto generato da un modo di fare agricoltura fondato sulla valorizzazione della diversit territoriale. In tal senso, la traiettoria di sviluppo intrapreso dalle aziende locali stato determinato dalla loro ri-organizzazione secondo il modello del nuovo allevamento contadino o dellazienda agricola rurale che non emerge come progetto individuale ma come progetto territoriale, dove per territorio intendiamo linsieme delle conoscenze, competenze e regole che condizionano loperare dellimpresa, e dove centrale la relazione tra luomo e lambiente (agro) naturale locale (Garofoli, 2002; p. 10).

Zeri: la marginalit economico sociale di un territorio montano


Il comune di Zeri si estende lungo quattro valli (la vallata di Adelano, quella di Rossano, di Codolo e la valle di Zeri) nella parte nella zona pi remota della Lunigiana, quella terra dove non pi Liguria n Emilia Romagna e non ancora Toscana (Rumiz, 2006). La superficie comunale di 73,59 Kmq con una densit abitativa di neppure 18 abitanti per kmq. La parte inferiore delle vallate inabitata e inutilizzata, mentre nella parte mediana e medio-alta (tra i 600 e 1.400 m s.l.m.) vivono 682 famiglie, 1.314 Zeraschi2. Zeri non un unico borgo rurale, non la si trova in un agglomerato abitativo unico, oppure in un centro a cui sono legate delle frazioni, non lo si trova dentro le mura di uno dei tanti borghi medievali diffusi nel territorio lunigianese, al contrario, Zeri un nome collettivo di numerose localit sparse nelle quattro vallate. Metaforicamente, potrebbe esse2 Istituto Studi e Ricerche, Rapporto Economia Lunigiana 2005, Camera di Commercio di Massa-Carrara, 2005, http://www.ms.camcom.it

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re rappresentata come una ragnatela di rapporti intricati (Calvino, 1999; p. 76): lintreccio di relazioni che unisce tutte le diverse localit che lo compongono, una ragnatela territorializzata di fili relazionali tracciati dagli attori che si muovono lungo lestensione spaziale che lo definisce. In quello spazio di reti relazionali si sviluppa un sistema di ordinamento localizzato inerente a specifiche pratiche sociali ed economiche ed a tradizioni culturali che fa sentire le persone come Zerasche, appartenenti a Zeri, anche se Zeri non riconducibile ad unit. A causa della debolezza della struttura economica, della perifericit geografica e del conseguente isolamento (da intendere in termini di carenza infrastrutturale e di rarefazione delle relazioni economiche e sociali con gli altri centri della Lunigiana e ancor di pi con quelli delle aree di costa), Zeri sta ancora soffrendo un intenso processo di migrazione. Se si considerano altri indicatori come lindice di vecchiaia, il tasso di disoccupazione e loccupazione in agricoltura, Zeri deve essere considerato come uno dei comuni rurali pi marginali della Lunigiana (tabella 1), con il reddito medio (al 2001) dei suoi abitanti pi basso della Regione (Angella, 2001).
Tabella 1 La marginalit rurale di Zeri Indice di vecchiaia Tasso di disoccupazione Occupazione in agricoltura Variazione popolazione residente (1982-2001) Zeri 651,81% 9,48% 16,2% -22,96% Lunigiana 283,23% 9% 4,27 % -7,57% Toscana 192,30% 6,87% 3,93% - 2,37%

Fonte: dati ISTAT, 1982, 1991, 2000, 2001 e Camera di Commercio di Massa-Carrara, ISR, 2005

Come la maggior parte dei territori montani, leconomia locale sopravvive in un fragile equilibrio costantemente a rischio e i dati statistici portano evidenza di un declino economico di lunga durata. Mentre in Lunigiana, negli ultimi quindici anni, si registrata una certa vitalit economia che, ad esempio, si riflettuta nella crescita del numero di imprese (+ 32%), nel comune di Zeri il numero di imprese si ridotto del - 14,66%, accompagnato da una riduzione degli occupati del - 9,97% dal 1991 al 2001 (nostra elaborazione su dati Istituto Studi e Ricerche del 2005 e ISTAT del 2001).

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Leconomia di Zeri essenzialmente agricola. Il settore secondario, se si escludono le uniche due imprese agro-industriali registrate dallISTAT nel 2001, completamente assente e il turismo, sia naturalistico-rurale sia legato alla stazione sciistica Zum Zeri, ancora unopportunit lontana pi che un reale punto di forza reale delleconomia locale. Esso, infatti, cos come per la Lunigiana nel suo insieme, fondamentalmente legato alle seconde case (Istituto Studi e Ricerche, 2005) e quindi di poco impatto sulleconomia locale. Lagricoltura il settore dominante in termini di numero di imprese e di occupazione. In un territorio di 1.134 abitanti possibile trovare 192 imprese agricole, una ogni 6 abitanti e il tasso di occupazione del 16,2%, quattro volte superiore rispetto alla media della Lunigiana. Secondo i dati del Comune di Zeri, il numero di occupati, o meglio i coinvolti in agricoltura sono 300, questo significa che almeno il 40% della popolazione3 coinvolto in agricoltura. A causa della polverizzazione della propriet, lagricoltura Zerasca strutturata in piccole e micro aziende a conduzione familiare4, la maggior parte part-time, dove lagricoltura considerata una attivit in grado di fornire una integrazione al reddito familiare. Delle 192 aziende agricole, infatti, meno della met (solo 90) sono registrate presso la Camera di Commercio (Istituto Studi e Ricerche, 2005) e
le aziende agricole in grado di produrre e portare sul mercato i loro prodotti in quantit sufficiente a dar luogo ad un reddito di natura primaria, cio non bisognoso di integrazioni o sostegni di attivit di diversa natura, non sono pi di trenta. Le altre si reggono come attivit secondarie rispetto al reddito prodotto da uno o pi componenti del nucleo familiare che esercitano attivit non agricole. Non infrequente il caso della stessa persona che esercita pi attivit o usufruisce di redditi di natura diversa che, sommandosi, ne formano uno di sufficiente consistenza5.

La percentuale calcolata rapportando il numero di coinvolti in agricoltura alla popolazione locale, ad esclusione degli abitanti con et superiore a 74 anni, i bambini tra 0-6 anni e i giovani in et scolare tra 6-19 anni. Delle 192 aziende censite dallISTAT nel 2000 a Zeri, ben 191 sono aziende con sola manodopera appartenente al nucleo familiare. Comune di Zeri, http://www.comune.zeri.ms.it/

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La specificit dellagricoltura Zerasca la specializzazione nellallevamento bovino e ovino (tabella 2).


Tabella 2 La specializzazione nellallevamento bovino-ovino dellagricoltura Zerasca Zeri Aziende con allevamento bovino in valori % 50,54 % Aziende con allevamento ovino in valori % 45,65% Fonte: ISTAT, 2000 Lunigiana 22,40% 9,72% Toscana 9,98% 9,31%

Nonostante lagricoltura rappresenti per il territorio di Zeri lattivit economica principale, essa soffre di una crisi di lungo periodo. Nellintervallo relativo 1982-2000 labbandono dellagricoltura, il c.d. esodo agricolo, ha determinato una vertiginosa riduzione della SAT (-52,70%) e del numero delle imprese (- 57%). (tabella 3).
Tab. 3 Evoluzione del numero di aziende agricole e superficie territoriale dal 1982 al 2001, variazioni in percentuali ANNI DI CENSIMENTO Zeri SEL 1 Lunigiana Toscana 1982- 1991 aziende SAT -42,86% -12,32% -19,74% -34,14% -9,39% -4,90% 1991- 2000 Aziende SAT -56,77% -35,94% -14,76% -7,06% -22,76% -9,16% 1982- 2000 aziende SAT -123,96% -52,70% -37,41% -17,11% -64,66% -14,51%

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT 1982, 1991, 2000

Di questa crisi generale ha sofferto anche lallevamento. Nel ventennio considerato, lallevamento bovino ha registrato una riduzione drammatica sia del numero delle aziende (-53%) che del numero dei capi (-46%) (nostra elaborazione su dati ISTAT). Anche lallevamento ovino ha registrato una consistente perdita di aziende (-38%), tuttavia nello stesso intervallo di tempo il numero di capi cresciuto in modo esponenziale (+70%)(nostra elaborazione su dati ISTAT). In questultimo pu essere condensata la storia di quel piccolo miracolo che originato agli inizi degli anni novanta, grazie ad una nuova generazione di allevatori che hanno attivato un percorso imprenditoriale innovativo basato sulla valorizzazione della razza autoctona Zerasca.

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Levoluzione storica dellallevamento ovino a Zeri: una proposta di periodizzazione


Lallevamento della pecora Zerasca ha radici profonde nella storia di Zeri e le prime notizie tecniche risalgono al 1845, quando lagronomo Antonelli6, accenna ad unottima razza ovina presente a Zeri, rinomata per la produzione di agnelli. La storia pi recente dellallevamento ovino a Zeri pu essere suddivisa in tre macro fasi che si susseguono temporalmente: -- Lallevamento contadino tradizionale (fino agli anni cinquanta-sessanta) si inserisce nel contesto di una agricoltura contadina tradizionale orientata allautoconsumo e alla sussistenza. Lallevamento ovino, finalizzato essenzialmente alla produzione di carne per lautoconsumo o ad un mercato informale su base locale, era condotto come attivit integrativa rispetto allallevamento bovino ed anche la ridottissima produzione casearia casalinga era destinata esclusivamente allautoconsumo. -- La modernizzazione agricola (dagli anni cinquanta-sessanta alla fine degli anni ottanta). Questa fase caratterizzata dal tentativo di implementare il modello di agricoltura produttivista finalizzato allincremento della capacit produttiva sia della carne che del latte. Il fallimento di questo tentativo ha condotto al progressivo ma inesorabile abbandono dellallevamento della Zerasca relegandola nel tempo allo stato di razza reliquia (Hodges e FAO, 1992). Il declino dellallevamento ovino, tuttavia, deve essere considerato anche alla luce del pi generale processo di esodo rurale ed esodo agricolo. Labbandono, quindi, dipeso dalla convergenza parallela di un duplice processo: da un lato, dal mancato allineamento al modello di agricoltura produttivista e, dallaltro, dal drammatico esodo rurale e agricolo che sta ancora agendo sul territorio di Zeri. -- Il nuovo modello contadino (dagli anni novanta in poi). Un inizio di ripresa della pastorizia si avvia durante gli anni
6 A. Antonelli, Consistenza e descrizione dei capi suini e ovicaprini nella provincia di Massa Carrara, Massa, Consorzio Agrario Apuano, 1845.

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ottanta, tuttavia la vera e propria renaissance dellallevamento della razza Zerasca prende avvio solo allinizio degli anni novanta e si dispiega in due fasi: una prima fase di ri-scoperta della razza (che ha spinto verso il riconoscimento ufficiale di razza autoctona) e di purificazione a cui seguita una seconda fase di vera e propria valorizzazione della razza, sostenuta da una nuova generazione di pastori che hanno ri-strutturato la pastorizia locale secondo il nuovo modello contadino. In opposizione al paradigma della modernizzazione il processo di nuova contadinizzazione deve essere considerato come il passaggio dal modello tradizionale di agricoltura contadina orientato alla sussistenza, ad un nuovo modello di agricoltura fondato sulla valorizzazione e controllo delle risorse locali nel quadro di una prospettiva di ricongiungimento tra uomo e natura ma, allo stesso tempo, orientato al mercato ed in questo caso specifico, alla costruzione di un nuovo mercato. La periodizzazione proposta, non deve essere intesa in termini assoluti, si tratta piuttosto di una semplificazione introdotta al fine di una maggiore chiarezza espositiva. Anche la classificazione delle tipologie di allevamento deve essere compresa in termini relativi. Le macro fasi, infatti, non devono essere considerate come dei gradini di un processo evolutivo, in cui laffermarsi di un determinato tipo di allevamento determina il superamento delle altre pratiche e ladesione al nuovo modello da parte della totalit delle aziende presenti sul territorio. Pi che un processo evolutivo unilineare forse maggiormente corretto pensare ad un processo continuo di differenziazione e compresenza (Deleuze, 1996; Foucault, 2008). In tal senso, il modello di agricoltura contadino tradizionale continua ad esistere in modo consistente durante il periodo della modernizzazione, anzi, durante il periodo della modernizzazione sono poche le aziende che perseguono tale strada, mentre la maggioranza persistono nellallevamento tradizionale. Il tentativo di introduzione del modello produttivista, dal canto suo, non deve essere considerato fallimentare in toto: portato a successo nelle aziende agricole pi grandi e ancora oggi rappresenta un modello organizzativo in vi-

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gore. Inoltre, il nuovo modello contadino di allevamento sicuramente un modello che si sta progressivamente espandendo e che sta ottenendo risultati positivi fortemente visibili, tuttavia non solo non trova la totale adesione da parte della totalit delle aziende ma vede anche la presenza di alcune forze di opposizione allinterno del territorio Zerasco stesso. Infine, ancora oggi possibile trovare sul territorio moltissime aziende, o meglio famiglie contadine, organizzate secondo il modello tradizionale. Nel proporre questa periodizzazione non ci si pone lobiettivo di tracciare la curva lenta di unevoluzione, ma piuttosto ci serve per ritrovare la singolarit degli eventi, la proliferazione degli eventi attraverso i quali (grazie ai quali, contro ai quali) (Foucault, 2001; p. 43 e p. 48) si prodotto il movimento di nuova contadinizzazione che, in quella realt, ha rappresentato, come tutti i processi innovativi, un cambiamento nel modo di interpretare e svolgere lattivit imprenditoriale in agricoltura.

La pastorizia tradizionale a Zeri: lo stile aziendale come co-produzione uomo e natura


Nel quadro della periodizzazione sopra proposta possiamo affermare che il modello di agricoltura contadina tradizionale era organizzato in piccolissime aziende familiari pluriattive orientate alla sussistenza e allautosufficienza. A sottolineare la strutturazione dellagricoltura locale in termini di autosufficienza il detto popolare tuttora diffuso per cui: Zeri mangia il proprio pane e veste del suo pelo7. La famiglia contadina tradizionale sempre stata pluriattiva, il che non in contraddizione con un certo livello di specializzazione nellallevamento bovino e ovino. La pluriattivit in questo caso significa che, a fronte di una certa specializzazione

A questo detto popolare, che ancora oggi gli allevatori Zeraschi ricordano con orgoglio, fanno riferimento documenti storici. A riguardo, il Repetti nel suo Dizionario Geografico fisico storico della Toscana scriveva: Il territorio, che quasi interamente posseduto dagli abitanti, provvede pressoch ad ogni loro necessit, talch per indicare ch'essi non hanno gran fatto bisogno di ci che non produce il loro paese, sono soliti dire con orgoglio che Zeri mangia il proprio pane e veste del suo pelo [] in E. Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, Firenze, 1833-1845.

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nellallevamento bovino e ovino, la famiglia contadina tradizionale, in quanto orientata allautoconsumo e autosufficienza, diversificata in plurime coltivazioni e diversi allevamenti in quantit tali da soddisfare il bisogno familiare. In secondo luogo, ci significa che i componenti della famiglia agricola svolgono anche altre attivit oltre a quella agricola, al fine di garantire fonti diverse di sostegno al reddito. Andando ad analizzare la strutturazione dellazienda agricola contadina tradizionale emerge con evidenza come lazienda e lo stile aziendale8 dellallevamento ovino siano connotati territorialmente nella duplice accezione del contesto naturale cos come delle forme di organizzazione sociale. Lazione ambientale della montagna ha giocato un ruolo determinante nella strutturazione della pastorizia locale. In primo luogo, esiste una relazione stretta tra il territorio e la razza ovina locale. Il territorio ha agito sugli animali attraverso lazione dellisolamento. Come sottolineato dallARSIA (www. arsia.it): La Zerasca la razza ovina del territorio di Zeri e la sua formazione stata favorita dall'isolamento geografico della zona. Inoltre, lazione ambientale ha influito nel definire le caratteristiche fisiche della pecora stessa: ladattamento ad un ambiente fisico impervio hanno favorito, infatti, lo sviluppo di una spiccata rusticit (Verit et al., 2001) ed infine, la qualit delle carni fortemente influenzata dalle caratteristiche del pascolo:
la grande qualit delle carni deriva sia dalla particolarit della razza, che sa utilizzare al massimo le risorse del territorio, sia dal grande pregio di queste risorse: prati, pascoli e cespugli, crescono in un am-

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Lo stile aziendale definito da Ventura come ununit di comportamenti coerenti caratterizzati dai seguenti elementi: esistenza di un set specifico di informazioni strategiche, valori e capacit condivise da un particolare gruppo di agricoltori riguardo a come debba essere organizzata l'attivit agricola; un modo specifico e coerente di strutturare la pratica agricola che corrisponde al disegno strategico o al "repertorio culturale" che viene usato da questi agricoltori; uno specifico set di relazioni tra l'azienda agricola da una parte ed i mercati circostanti, sia degli input sia degli output, gli attori che in questi operano, le istituzioni politiche e sociali e lo sviluppo tecnologico. Queste interrelazioni vengono strutturate in modo tale che la specifica pratica agricola pu essere riprodotta nel tempo. (Ventura, 2001; p. 27).

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biente incontaminato rendendo disponibili specie foraggere fresche, di grande appetibilit e di valore nutritivo elevato9.

La razza Zerasca caratterizzata da una spiccata attitudine alla produzione di carne. Il latte, prodotto in piccole quantit e ricco di elevati valori nutrizionali, (come evidenziato da SlowFood (www. presidislowfood.it) il contenuto di proteine in particolare superiore ad ogni altra razza ovina) sempre stato utilizzato per lalimentazione degli agnelli. La produzione di formaggio, sia di pecora sia misto percora-mucca, sempre stata una tradizione locale. Tuttavia, vista la scarsa quantit di latte prodotto dalla singola pecora a cui si deve aggiungere il numero ridotto di capi per famiglia, il formaggio sempre stato prodotto esclusivamente per lautoconsumo. Per la produzione casearia casalinga stato adottato un metodo di stagionatura tipico della localit: le forme sono appoggiate su assi di legno che dona al formaggio un sapore particolare. In virt della propensione alla produzione di carne e della ridotta produzione di latte, lallevamento ovino locale stato condotto esclusivamente per la produzione di carne adottando pratiche estensive e semiestensive favorite dalla rusticit della razza stessa che garantiscono, ad esempio, la possibilit di non mungere la pecora per un lungo intervallo di tempo. Lallevamento ovino, nonostante la sua diffusione del territorio, non mai stato lattivit primaria delle famiglie contadine: le pecore, una volta allevate in piccoli gruppi poderali mediamente di 10-20 soggetti, completavano il reddito ottenuto principalmente con i bovini (Verit et al, 2001; p. 29). La rusticit della razza, infatti, non ha mai richiesto grandi cure e pertanto lallevamento in piccole quantit ha potuto diffondersi in tutto il territorio Zerasco. Anche in questo caso la co-produzione sociale emerge dalla relazione biunivoca tra natura e organizzazione umana. Come abbiamo gi sottolineato, lallevamento ovino stato condotto per lautoconsumo. Sullo sviluppo del settore, ha avuto una forte influenza la polverizzazione delle propriet, condizione tipica di tutto il territorio lunigianese che ha origini storiche lontanissime

Comunit Montana della Lunigiana, www.lunigiana.ms.it

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rintracciabili nel periodo Medievale10. Guardando, oggi, al numero di aziende per classe di superficie SAU, si rileva che l84 % delle aziende ha una dimensione inferiore ai 10 ha. A questo limite la collettivit locale ha storicamente sopperito grazie agli usi civici. Gli usi civici sono beni gestiti in forma collettiva indivisa, sono terre che appartengono ab origine alle comunit locali e che sono state utilizzate per soddisfare i bisogni essenziali attraverso una gestione collettiva. Se si considera che nel comune di Zeri si trovano 1.680 ha di prati permanenti e pascoli di cui buona parte di propriet comunale (1.200 ha) (Verit et al, 2001; p. 50), si evince facilmente come la presenza degli usi civici sia stata fondamentale nel passato per la sopravvivenza della pastorizia locale ed oggi per il suo ulteriore sviluppo. Nella brochure di presentazione dellagnello di Zeri curata dal Consorzio, esplicitamente evidenziato il ruolo degli usi civici per lo sviluppo della pastorizia locale: Qui dal tempo dei Liguri-Apuani, ancora si perpetuano gli usi civici con la gestione dei pascoli. Ed in virt di questo che possibile la produzione dellAgnello di Zeri. Lallevamento tradizionale della razza Zerasca, quindi, si organizzato in piccole e micro aziende familiari, unit separate le une dalle altre, il cui unico momento di organizzazione collettiva dato dalla gestione degli usi civici. Dato che lallevamento ovino sempre stato supplementare rispetto allallevamento bovino non si mai creato un mercato ufficiale dellagnello di Zeri. La macellazione sempre stata svolta allinterno dellazienda, legando lanimale ad un palo o ad un albero e quindi al di fuori di quelle che si sono progressivamente affermate come regole sanitarie(Brunori et al; 2005; p. 29). La commercializzazione si sempre realizzata attraverso un mercato informale costituito fondamentalmente da consumatori della zona, spesso parenti od amici. Solo pochissime realt aziendali si sono mosse allinterno di dinamiche di mercato, che comprendevano due o tre macellerie della zona oppure realt e, che comunque, rimanevano allinterno di un raggio di portata non

10 La famiglia Malaspina, che dominava sul territorio della Lunigiana, aveva adottato il diritto longobardo secondo cui le terre non erano ereditate solo dal primogenito maschio ma erano suddivise tra tutti i figli, determinando cos una frammentazione progressiva e crescente della proprie.

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superiore a quello provinciale. Lagnello di Zeri venduto come un agnello qualsiasi, non ha mai ottenuto una remunerazione legata al valore simbolico di razza autoctona. Questo piccolo mercato informale sempre esistito in quanto ad un prezzo conveniente corrispondeva in ogni caso una riconosciuta qualit delle carni, come ricordato gi dallagronomo Antonelli sul finire del XIX secolo.

Il mancato allineamento al paradigma della modernizzazione agricola e il declino dellallevamento ovino della razza autoctona
A partire dagli anni cinquanta, ma sopratutto durante gli anni sessanta e settanta, Zeri ha sperimentato quello che possiamo chiamare il declino della Modernizzazione rappresentato da un processo duplice ed interconnesso: da un lato, il vertiginoso esodo rurale e agricolo e, dallaltro, il mancato allineamento da parte dellagricoltura locale al paradigma della modernizzazione agricola ha significato il progressivo abbandono dellallevamento della pecora Zerasca. Il processo di esodo rurale, ovvero la migrazione dalla campagna verso i centri urbani che caratterizza ancora le dinamiche demografiche del territorio Zerasco, pu essere suddiviso in due fasi: una prima fase di grande migrazione che va dagli anni cinquanta alla fine degli anni settanta ed una seconda fase di esodo intenso ma pi moderato dagli anni ottanta in poi. Dal 1951 al 1971 il processo di migrazione ha determinato una riduzione della popolazione prossima alla met (- 44%) da 3.367 a 1.867 abitanti, mentre dal 1971 al 2001 la riduzione di popolazione stata considerevole ma con un tasso meno elevato (-25 %) e con tendenza ad un ulteriore rallentamento (dal 1991 al 2001 la riduzione dell11%). In parallelo con lesodo rurale si sviluppa lesodo agricolo che si manifesta attraverso il progressivo abbandono dellagricoltura. Questo processo affligge tuttora il territorio del Comune di Zeri e negli ultimi ventanni si ulteriormente intensificato: la superficie agricola totale ha registrato una riduzione del 52,70% a cui si affianca un tracollo del numero di aziende agricole pari al 55%. A partire dagli anni sessanta, nei paesi a capitalismo avanzato, si sviluppa quello che potremmo definire il dispositivo (Agamben,

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2006; Deleuze, 2007), o regime della modernizzazione agricola (Van der Ploeg, 2009). Si tratta di un progetto generale di trasformazione dellagricoltura che definisce unagenda strategica formalizzata su diversi livelli: nei discorsi scientifici, nelle politiche e nelle pratiche. Tale agenda strategica si pone lobiettivo di ri-definire il rapporto uomo-natura e di ri-strutturare lagricoltura attraverso una ri-configurazione degli specifici stili aziendali e pratiche locali secondo i dettami produttivisti considerati come universalmente validi a prescindere dalle specificit locali. In tale agenda si attua un programma di de-territorializzazione delle produzioni agricole ovvero la riduzione del legame dei processi produttivi e dei prodotti con i contesti territoriali (Brunori et al, 2006; p. 98). Tale agenda strategica generale stata tradotta a livello locale e nello specifico nellallevamento ovino, in tentativi di incrocio della razza Zerasca con razze di altre zone al fine di aumentare i livelli produttivi sia di latte che di carne. Liniezione dallalto del modello della modernizzazione agricola stata favorita dallazione di filtro delle istituzioni locali come ad esempio lAssociazione Provinciale degli Allevatori: in passato quando io ero una bambina (avevo 7-8 anni) mio pap nel branco aveva il montone grigio dato dallAPA, sicuramente era della razza massese. Come sottolineato da Verit:
Negli anni '60-'70 stato fatto un ampio ricorso ad arieti di razza Massese allo scopo di aumentare la quantit di latte prodotto. Questa pratica ha portato ad una riduzione della rusticit, e quindi delle capacit di sfruttamento da parte degli animali di un ambiente non facile sia dal punto di vista climatico che di reperimento delle fonti alimentari [] Comunque, gli incroci non hanno raggiunto lo scopo voluto: se da un lato si ottenevano agnelli di maggiore peso e precocit, dall'altra aumentavano i problemi di patologia mammaria e la produzione lattea si modificava solo di poco, per cui questa pratica stata abbandonata [] Sono stati tentati anche incroci con la razza Bergamasca, poi abbandonati in quanto la resa alla macellazione degli agnelli risultava inferiore a quella dei soggetti non incrociati (Verit et al, 2001; p. 35-36).

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Tuttavia, questa imposizione dallalto (seppur mediata dalle istituzioni locali) ha generato conflittualit tra le pratiche dellallevamento contadino tradizionale con la nuova agenda strategica dellallevamento modernizzato. Tale conflittualit ha prodotto un rifiuto del nuovo modello di allevamento da parte degli attori umani e degli attori non umani, che si manifestato attraverso una disarticolazione plurima delle relazioni tra allevatori, le pecore e il territorio. Da parte degli animali la resistenza allagenda della modernizzazione duplice: si manifesta con lo svilupparsi di mastiti nel caso degli incroci finalizzati allaumento della produzione di latte e, nel caso degli incroci promossi per lincremento della produzione di carne, attraverso una resa inferiore rispetto alla razza Zerasca pura. Questa resistenza alla nuova agenda locale produttivista non determinata solo dalle pecore, ma anche dai pastori stessi. Il generarsi di mastiti, infatti, non deve essere considerato come la semplice reazione della pecora agli incroci, essa combinata alle pratiche di allevamento tradizionali dei pastori locali che mal si addicevano alle mutate caratteristiche delle pecore incrociate: La mastite qui arrivata quando si portato il montone Massese, perch gli allevatori non hanno cambiato il suo modo di allevare, ha preteso che la pecora Massese si adeguasse al suo modo di lavorare. Quando tu fai lo stato brado o semibrado significa che la pecora la vedi e non la vedi per dei giorni e quindi se devi mungerla e non la mungi quella pecora ti fa la mastite molto facilmente [] la tua pecora che asciugava in 15-20 giorni oppure in una settimana era abituata a quei ritmi li ma la pecora Massese no e se non la mungi ti fa la mastite. Inoltre, le nuove caratteristiche delle pecore incrociate non si combinano con le caratteristiche del territorio. La razza Zerasca, oltre alla rusticit che le permette di far fronte alle avverse condizioni della montagna, pi alta rispetto alle due razze con cui si tentato lincrocio. Ci le permette di pascolare indenne in un pascolo caratterizzato dalla presenza di cespugli la nostra razza ha la mammella alta e quindi abituata a pascolare anche in luoghi impervi, poco puliti, mentre quella Massese ha la mammella bassa e questo creava problemi. Al contrario le pecore incrociate si producevano numerose ferite. Gli incroci, pertanto, determinano una rottura del legame pecora-territorio.

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Lazienda agricola, quindi non riesce ad allinearsi allimplementazione dellagenda della modernizzazione e lopposizione ha preso la forma del generale abbandono dellallevamento ovino della razza Zerasca. Guardando ai dati statistici possibile osservare che nel decennio dal 1971 al 1982 il numero dei capi si dimezza, passando da 3.445 a 1.755 (ISTAT, 1982) (Cortesi, 1977). Lallevamento ovino da pratica diffusa in tutto il territorio come integrazione allallevamento bovino si riduce a poche aziende, alcune che continuano la pratica di allevamento tradizionale ed altre che, grazie alla maggiore solidit strutturale, sono state in grado di industrializzare lallevamento, abbandonando la razza zerasca. Il declino dellallevamento durante il periodo della modernizzazione non riguarda esclusivamente gli ovini ma incide profondamente anche sullallevamento bovino (orientato alla produzione di latte) che nel decennio 1971-1982 registra una riduzione del numero delle imprese del 36% ( da 264 a 169) e del numero dei capi da 1589 a 955 (-40%). Anche in questo caso possibile spiegare il declino come effetto congiunto di un duplice processo che riguarda non solo Zeri ma la Lunigiana nel suo insieme: da un lato come effetto dellesodo rurale e agricolo che si combina, dallaltro lato, con il mancato allineamento al paradigma della modernizzazione. Come sottolinea Cortesi (1977) in primo luogo, in Lunigiana non si ha lallargamento della scala, al contrario tra il 1951 e il 1971 la dimensione media aziendale si riduce. Inoltre per far fronte al nanismo delle aziende agricole furono promossi tentavi da parte delle istituzioni locali di costruzioni di cooperative per la raccolta, lavorazione e distribuzione del latte, che per fallirono.

Il piccolo miracolo dellagnello di Zeri


Oggi Zeri non pi solo un puntino sperduto tra i monti della Lunigiana: qualcosa che resiste, qualcosa che esiste11

A Zeri, durante gli anni ottanta e poi con maggiore intensit nel decennio successivo, lallevamento bovino continua il suo inesora11 C. Riconda, I pi ricercati sono gli agnelli delle donne di Zeri, 2004, http://content.slowfood.it

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bile declino (tabella 4). Come sottolineato da Brunori et al., (2005; p. 22) e Verit et. al., (2001; p. 29), i fattori determinanti sono di diversa natura, ma possono essere principalmente rintracciati nelle continue difficolt che lallevatore incontra nel portare avanti una forma di allevamento molto impegnativa, soprattutto in riferimento alla necessit di mungiture quotidiane e associata ad una sempre crescente et media dellallevatore stesso e alla mancanza di un adeguato ricambio generazionale. A questo va aggiunto il crollo del prezzo del latte al produttore ed, infine, la difficolt di trasporto dovute alle carenze infrastrutturali.
Tabella 4. Allevamento bovino e ovino nel Comune di Zeri Anni 1982 1990 2000 1982-1990 1990-2001 1982-2001 Aziende 199 138 93 -30,7% -32,6% -53,3% Numero di capi (bovini) 955 574 510 -39,9% -11,1% -46,6% Aziende 137 139 84 1,5% -39,6% -38,7% Numero di capi (ovini) 1.755 2.687 2.982 53,1 % 11,0% 69,9% N medio capi per azienda 12,8 19,3 34,3 33,7% 43,7% 62,7%

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, 1982; 1991; 2001

Per quanto riguarda lallevamento ovino, invece, alla riduzione del numero delle aziende (-38%) si affianca una vertiginosa crescita del numero dei capi pari al +70 %12. Nellultimo ventennio lallevamento ovino cambia radicalmente la propria struttura rafforzando progressivamente il suo posizionamento economico e sociale nellarea. Il numero delle imprese continua a ridursi, ma, alla scomparsa delle aziende di pi piccole dimensione e di quelle che hanno sofferto il mancato ricambio generazionale, si affianca il consolidamento di altre imprese, quelle che, grazie al ricambio generazionale ed un nuovo indirizzo imprendito12 I dati ISTAT riescono a descrivere solo in parte la trasformazione che si manifestata a Zeri. Il numero dei capi, infatti, riguarda linsieme degli ovini, quelli di razza Zerasca, quelli di razza incrociata e quelli di altre razze. Nel 2004 (fonte: Piano di Sviluppo Rurale della Regione Toscana) sono stati contabilizzati 3.110 capi di pura razza Zerasca il che mette ancora pi in evidenza la crescita generata sul territorio.

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riale, hanno aumentato il numero di capi. Tra il 1982 e il 2001 il numero medio di capi per azienda aumenta quasi del triplo passando da 12,8 a 34,3. Questo processo non determinato dal rafforzamento delle imprese che erano riuscite precedentemente nel processo di modernizzazione n ha significato che a livello territoriale si sia determinata una nuova ristrutturazione delle aziende a conduzione contadina tradizionale secondo i dettami produttivisti ma, al contrario, si tratta di un processo nuovo, di aziende che, proprio in contrapposizione allindirizzo produttivista, hanno riorganizzato la propria attivit imprenditoriale in linea con il c.d. paradigma dello sviluppo rurale. Si tratta di aziende condotte per la maggior parte da giovani e donne che attraverso la ri-scoperta, protezione e valorizzazione della razza Zerasca sono riusciti a produrre una deviazione rispetto al declino della modernizzazione. La storia del piccolo miracolo pu essere suddivisa in due fasi: una prima fase di ri-scoperta della razza Zerasca a cui segue la fase di vera e propria valorizzazione.

La riscoperta della razza e lelaborazione di un nuovo progetto di sviluppo


La ri-scoperta della razza Zerasca non nasce da uniniziativa imprenditoriale ma piuttosto dalle istituzioni locali sospinte da un contesto regionale ed internazionale. La ri-scoperta si realizza attraverso due azioni strettamente congiunte: da un lato, il riconoscimento della razza e, dallaltro, lattivit di purificazione. Nel 1992, lAPA avvia la compilazione del Registro anagrafico degli ovini, finalizzata alla registrazione delle genealogie per il miglioramento della popolazione ovina. Liniziativa si rafforza lanno successivo grazie ad un contributo importante della Comunit Montana della Lunigiana, che ha permesso di inserire nelle attivit legate al registro anche un programma di miglioramento sanitario e ci ha reso possibile il coinvolgimento di un numero sempre crescente di allevatori Cortesi (1977). Inoltre, lazione dellAPA, trova ulteriore sostengo in un progetto di ricerca dellUniversit di Pisa13
13 Si trattava di un programma di ricerca del Dipartimento di Produzioni animali

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che aveva il duplice scopo di definire le caratteristiche geografiche e botaniche del territorio di Zeri e di studiare le caratteristiche morfologiche, produttive, e riproduttive degli ovini locali. Gli studi condotti dal Dipartimento di Produzioni Animali, destinati alla raccolta di informazioni relative alle misure biometriche, alle prove di accrescimento e alle rese alla macellazione, hanno permesso di definire lo standard di razza (nel riquadro le caratteristiche della razza Zerasca) ed il dossier prodotto dallUniversit ha consentito allAPA e alla Regione Toscana di agire per il riconoscimento dello status di razza autoctona, rispettivamente a livello nazionale ed Europeo. Per quanto riguarda la purificazione della razza, liniziativa del Registro anagrafico stata fondamentale. Nel 1993 erano stati registrati 1.049 soggetti suddivisi in 23 allevamenti e gi allinizio del 1994 era stato possibile registrare i primi soggetti (che presentavano le caratteristiche tipiche della razza Zerasca) destinati alla rimonta. Alla fine dello stesso anno il numero di soggetti che presentavano la morfologia tipica della popolazione Zerasca erano ben 1.939 (Verit et al, 2001; p. 47). Il percorso di ri-scoperta (riconoscimento e purificazione), stato possibile grazie alle istituzioni locali ma riuscito ad assumere una valenza decisiva anche nella fase successiva di vera e propria valorizzazione, solo grazie ad un contesto favorevole a livello internazionale e soprattutto regionale. Negli anni 90, infatti, a partire dal documento delle Nazioni Unite, noto come Rapporto Brundtland (United Nations, 1987), inizia ad assumere una valenza politica ed istituzionale un nuovo modello di sviluppo, cosiddetto sostenibile, che indica una concezione dello sviluppo che trascende la semplice crescita economica e si estende alla sfera sociale e ambientale. Questa cornice generale assume una doppia specifica caratterizzazione: -- La salvaguardia della biodiversit; -- Lo sviluppo socio-economico legato alla valorizzazione delle specificit locali. Per quanto riguarda il primo aspetto, nel maggio del 1992 la FAO adotta la Convenzione sulla Diversit Biologica e a livello comudellUniversit di Pisa, che era parte del progetto nazionale Ricerche Avanzate Per Innovazioni nel Sistema Agricolo (RAISA) promosso dal Consiglio Nazionale delle Ricerche nel periodo 1990-1996.

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nitario si definiscono progressivamente strategie e interventi finanziari a sostegno della biodiversit nellottica della multifunzionalit dellagricoltura14. Nellambito di questo quadro internazionale nel 1994 la Regione Toscana ratifica e d esecuzione alla Convenzione sulla Diversit Biologica (L.R. n. 124 del 14 febbraio del 1994) ed la prima Regione a dotarsi di una specifica Legge Regionale di Tutela delle risorse genetiche autoctone (L.R. n. 50 del 16 luglio 1997) e di uno specifico Piano per la tutela delle razze autoctone nella cui attuazione lARSIA il soggetto protagonista, che fornir un indispensabile supporto agli allevatori di Zeri. Accanto al tema della salvaguardia della biodiversit, con il Futuro del mondo rurale [COM(88) 5012 def.] sono tracciati i principi del modello di sviluppo rurale europeo che sostiene la necessit di politiche capaci di riflettere i fabbisogni e le iniziative locali ed in grado di privilegiare e valorizzare il potenziale endogeno. La valorizzazione delle specificit locali, quindi diviene lasse portante della politica di sviluppo rurale europea e nellambito del Piano di Sviluppo Rurale e dellIniziativa comunitaria LEADER saranno finanziate importanti iniziative degli agricoltori zeraschi come i caseifici aziendali. Il contesto internazionale (e regionale) ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo dellallevamento della pecora Zerasca non solo per il sostegno diretto in termini di risorse finanziare ma anche perch definisce un nuovo discorso sullidea di sviluppo rurale che sar trasmesso al territorio grazie alle istituzioni locali e sar progressivamente recepito da parte dagli allevatori. In particolare, verso gli inizi degli anni 90 un ricambio generazionale porta un discreto numero di giovani allevatori a subentrare nella gestione delle aziende ai propri genitori o nonni (Brunori et al, 2005; p. 55). Sar questa nuova generazione di allevatori, la cui sensibilit e maggiore dotazione di capitale umano li porter a recepire i contenuti definiti in termini generali e a tradurli in nuove agende strategiche aziendali e
14 Solo per citare i primi interventi basti ricordare che nel 1992, lUnione Europea emana il Regolamento 2078/92 (recepito a livello nazionale nel 1993) che prevedeva incentivi volti alla diffusione di tecniche di coltivazione e di allevamento "eco-compatibili" tra i quali lallevamento di razze in pericolo di estinzione (D2) e con Decisione 93/626/ CEE del Consiglio, la Comunit europea approva la Convenzione sulla diversit biologica. Gli anni successivi saranno segnati da un impegno dellUe si a in termini di contributi che di strategie e programmi.

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collettive ed in nuove pratiche imprenditoriali e stili aziendali. Ma quale questo nuovo modello di sviluppo? Nel quadro del paradigma della modernizzazione, la competitivit anonima, una competitivit di prezzo e quindi legata esclusivamente alla capacit produttiva. La specificit della razza Zerasca, quindi, non poteva avere alcun valore di per s, ma era valutata solo in termini produttivi. Lincrocio, e quindi la trasformazione in unanonima razza ma in grado di aumentare il potenziale produttivo sia di carne che di latte, era pertanto considerato la ricetta per rendere pi competitivo lallevamento. La strategia della modernizzazione si dispiega, quindi, attraverso la de-territorializzazione della produzione, attraverso una riconfigurazione del rapporto allevatore-animale-territorio che prescinde dalla specificit del luogo. Il nuovo modello di sviluppo invece implica il cambiamento da una logica di competitivit di prezzo ad una prospettiva di competitivit fondata sulla qualit e sulla specialit radicata del prodotto, stimolata dal cambiamento dei modelli di consumo che si sviluppano, appunto, nella duplice direzione del c.d. quality turn (Goodma, 2003; Goodman e Du Puis, 2002), legata alla domanda di alimenti sicuri e naturali, e dalla crescente rilevanza assunta dai valori culturali del cibo legati alle specifiche tradizioni dei luoghi di produzione (Bessiere, 1999; Miele e Murdoch, 2002). Come sottolineano Brunori et al., Brunori et al., (2006; p. 98) le dinamiche di rilocalizzazione dei circuiti di produzione e consumo dei beni alimentari rispondono ai cambiamenti intervenuti nella percezione del cibo e dallemergere di una domanda sempre pi interessata ad alimenti sicuri e naturali, attenta ai contenuti culturali del cibo, determinati da specifiche tradizioni produttive che si manifestano come espressione di culture locali ed infine volenterosa di esprimere anche attraverso le scelte alimentari il senso di appartenenza ad un dato contesto socio culturale.. In tal senso il ritorno alla razza Zerasca indica un movimento in direzione della qualit (determinata dalle propriet organolettiche della razza e dalla qualit del pascolo) ed in direzione della specificit e diversit in quanto razza autoctona ed infine in direzione della sostenibilit in quanto salvaguardia di una razza in via di estinzione. Dallagenda della modernizzazione volta ad uniformare sulla base di parametri produttivi quantitativi ed indifferente agli impatti ambientali, il nuovo modello si orienta alla valorizzazione

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della diversit sulla base di differenze qualitative, determinate dalle specificit autoctone a cui intrinsecamente legato il valore della tutela della diversit biologica. Il nuovo modello di sviluppo si traduce operativamente in pratiche aziendali differenti rispetto al paradigma della modernizzazione, la prima ovviamente la stessa purificazione della razza che si muove in direzione opposta alla pratica dellincrocio adottata nellottica produttivista. Come vedremo nel dettaglio in seguito, il nuovo modello di sviluppo implicher il ripristino ed il rinnovamento dello stile aziendale di allevamento tradizionale. In questo quadro, la purificazione il primo passo di quel processo pi ampio di ri-territorializzazione della produzione che si dispiegher con pi forza e coerenza nella successiva fase di valorizzazione. Contrariamente a quanto avvenuto nel periodo della modernizzazione, la nuova traiettoria di sviluppo, che inizia a definirsi con la fase di purificazione, trova ladesione da parte delle aziende locali che si rendono nel tempo sempre pi parte attiva. Il successivo processo di valorizzazione sar determinato proprio dal protagonismo degli allevatori che prenderanno le redini delliniziativa nelle proprie mani. Attraverso il loro entusiasmo e il loro impegno sar costruito giorno dopo giorno il piccolo miracolo la cui storia, come abbiamo sottolineato, suddivisa nelle due fasi di ri-scoperta (riconoscimento e purificazione) e valorizzazione.

Dalla riscoperta alla valorizzazione


Il processo di ri-territorializzazione anche un processo di differenziazione: in primo luogo in quanto, come sostengono Brunori et al., Brunori et al., (2006; p. 99), i processi di rilocalizzazione si realizzano attraverso forme organizzative accomunate dalla volont di costruire circuiti alternativi rispetto ai circuiti convenzionali di produzione e consumo, che si realizzano attraverso processi di alleanze e aggregazioni di attori attorno a valori, simboli e significati ambientali, culturali ed etici distanti e diversi dalle logiche puramente economiche dei mercati tradizionali. Le dinamiche di ri-territorializzazione, tipiche del nuovo modello contadino sono quindi in grado di generare autonomia e lo sviluppo di una base di risorse

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autocontrollata e autogestita. In tal senso, la seconda ragione per cui ri-territorializzazione differenziazione si riscontra su di una diversa concezione delle risorse su cui far leva per la competitivit. Queste iniziative spostano lattenzione sulle risorse endogene, sui repertori locali, definiti da Ray (1999) come la somma delle risorse e caratteristiche associate ad un territorio (Ray e Jenkins, 2000). La territorializzazione si produce attraverso un processo di valorizzazione del prodotto che hai suoi fondamenti nel riconoscimento da parte del consumatore della sua diversit e unicit legata al contesto locale in cui prodotto. Un prodotto legato ad un contesto territoriale, un prodotto tipico, pu essere definito come un prodotto che attributi di qualit unici, che sono espressione delle specificit di un particolare contesto in cui si realizza il processo produttivo (Belletti et al, 2006; p. 176). In tal senso un prodotto territorializzato presenta tre caratteristiche : -- Le specificit delle risorse locali impegnate nel processo produttivo siano esse derivanti dallambiente fisico, in particolare dallambiente pedo-climatico e dalle risorse genetiche, sia dalla cultura e dalla tradizione storica locale. -- Le specificit delle tradizioni produttive, sono infatti le conoscenze tacite che si evolvono e si perfezionano nel tempo a definire i processi e le tradizioni di co-produzione di tali prodotti. -- Il legame identitario tra prodotto e comunit locale. Ecco allora che la valorizzazione, intesa in termini economici come attivit volta ad aumentare valore del bene, nel caso di un prodotto territorializzato si espande e pu essere definita come un processo attivato dagli attori locali e teso allaumento di valore del prodotto, inteso nella sua accezione pi ampia di valore totale, in una prospettiva di equit e di sostenibilit delluso delle risorse (Belletti et al, 2006; p. 181). Laumento del valore si produce attraverso i processi di mobilizzazione dei repertori locali che caratterizzano il prodotto stesso e la qualificazione (progettazione, specificazione e modulazione degli attributi di qualit del prodotto al fine di precisarne lidentit) che sono processi necessariamente collettivi. A partire da met degli anni novanta inizia a consolidarsi il processo di riscoperta della razza Zerasca attraverso lattivit di purificazione da parte degli allevatori, tuttavia la vera e propria fase di

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valorizzazione prende avvio sul finire degli anni novanta quando lassociazione Slow Food lancia liniziativa dei Presidi e si adopera per la costruzione del Presidio dellAgnello di Zeri. La valorizzazione sar un processo non solo e non tanto individuale quanto un percorso collettivo che coinvolger gli allevatori ma anche le istituzioni comunali le altre istituzioni locali e la cui capacit dinamica e di progresso sar determinata dal rafforzamento di un progetto territoriale condiviso dallintera comunit locale e dal grado di connettivit con lesterno. Fino alla fine degli anni 90 la valorizzazione della pecora Zerasca come strategia di rilancio delle aziende agricole locali e come possibile fattore di sviluppo del territorio era rimasta un discorso frammentato e di scarso peso a livello territoriale, chiuso tra pochi allevatori, lAPA e le istituzioni extra comunali ed ancora non si era diffuso nella comunit locale. Inoltre, al di l dellattivit di purificazione le aziende non avevano introdotto cambiamenti decisivi nellambito dellorganizzazione aziendale. Vi era stata qualche iniziativa di promozione come la partecipazione alla trasmissione televisiva La Vecchia fattoria (DEART, 2005; p. 23; Brunori et al., 2005; pp. 33-34), ma tali iniziative non avevano un disegno definito e non presentavano un carattere di sistematicit. Soprattutto a livello locale, da parte della comunit locale, la pecora Zerasca non era considerata ancora risorsa endogena in grado di determinare una nuova prospettiva di sviluppo del territorio e quindi una risorsa su cui investire. Un esempio significativo di questa condizione ricordato da Cinzia Angiolini, oggi presidente del Consorzio, che nel 1999 entra, in veste di vice-sindaco del Comune di Zeri, nel Comitato cittadino di organizzazione della Festa dellAgricoltura (che successivamente si trasformer nella Rassegna della Pecora Zerasca). Nel comitato cittadino, lidea che lagnello di Zeri potesse essere un valore aggiunto in grado di rafforzare la capacit di attrazione di visitatori era lungi dallessere condivisa:
con la prima sagra la difficolt stata quella di entrare in un gruppo che non era cos aperto ai cambiamenti, io mi ricordo le riunioni che si sono fatte allinizio anche solo per decidere il men. Litigare per il menu tu dici, beh si per me, ad esempio, era importante che le persone che venivano alla sagra mangiassero lagnello, mangiare

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qualcosa di tipico, qualcosa di particolare, per le persone che fino ad allora avevano organizzato la festa era invece importante che le persone venissero comunque a mangiare, la pastasciutta piuttosto che il testarolo, che la salsiccia [].

La svolta del Salone del Gusto


A partire da ottobre del 1999, Slow Food entra in contatto con gli allevatori di Zeri tramite la Provincia di Massa-Carrara, infatti la Provincia che si rivolge agli allevatori e li stimola ad organizzarsi per partecipare al Salone del Gusto del 2000. Come sottolineato dagli allevatori stessi, Slow Food ha giocato un ruolo fondamentale nellavvio del processo di valorizzazione e altrettanto cruciale stato il ruolo guida e di supporto svolto dalle istituzioni locali e dalle associazioni di categoria, in primis la Provincia di Massa-Carrara che ha accompagnato gli allevatori nella partecipazione al Salone del Gusto. Il 1999-2001 un biennio molto intenso: -- Dal 1999 allottobre del 2000 il periodo di preparazione alla partecipazione al Salone del Gusto di Torino; -- e dal 2000 al 2001, dopo il rientro dal Salone periodo in cui gli allevatori istituzionalizzano la rete che si era creata nel periodo precedente attraverso la costituzione del Consorzio per la valorizzazione e la tutela della pecora e dell'agnello di Zeri. A cavallo tra il 1999 e il 2000, sulla spinta della Provincia di Massa-Carrara e con la collaborazione del Comune di Zeri (il vice-Sindaco Cinzia Angiolini che poi diventer Presidente del Consorzio) lAPA e la Coldiretti, inizia a costruirsi la rete degli allevatori locali. Si crea il Presidio Slow Food dellAgnello di Zeri: tra il 1999 e il 2000 diventiamo presidio Slowfood, e lo diventiamo per laiuto dellamministrazione provinciale, del comune e di Slowfood. In questo periodo, inoltre, anche a livello della comunit locale cambia latteggiamento verso lagnello di Zeri e il Comitato cittadino per lorganizzazione della festa comunale, diventa lambito attraverso cui si lavora in preparazione del Salone del Gusto ed addirittura assume il nome di Comitato della Pecora Zerasca. Nonostante i notevoli progressi e le numerose riunioni organiz-

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zate per la creazione del Presidio, il livello organizzativo ancora scarso, tanto che al Salone di Torino, non parteciper una delegazione di allevatori ma prenderanno parte ben 20 allevatori, tutti quelli che erano stati coinvolti nella fase preparatoria. La partecipazione al Salone del Gusto, che si realizzata grazie al supporto delle istituzioni locali e soprattutto della Provincia, ha rappresentato levento pi rilevante nel processo di valorizzazione dellagnello di Zeri in quanto costituisce il punto di cerniera a partire dal quale esiste un prima ed un dopo. Durante levento del Salone del Gusto gli allevatori iniziano ad identificare con chiarezza quelli che sono gli orientamenti strategici che dovranno essere perseguiti nella ridefinizione gestione aziendale necessaria alla valorizzazione della razza Zerasca. Limportanza di tale esperienza risiede in cinque aspetti: -- gli allevatori divennero pienamente consapevoli della qualit del loro prodotto; -- gli allevatori consolidarono la loro rete relazionale (interna) e intuiscono la necessit di rafforzare la capacit organizzativa e definire un progetto collettivo; -- il prodotto ha iniziato ad essere conosciuto ed apprezzato e promosso su scala nazionale e gli allevatori diventano consapevoli della centralit della comunicazione, -- gli allevatori iniziano a creare una rete di conoscenza con realt simili, -- e, soprattutto, si intravede con chiarezza la possibilit della costruzione di un mercato formale attraverso lattivazione dei primi canali commerciali con realt extra regionali. Il concetto di risorsa fa riferimento alla sfera relazionale, affinch qualcosa possa essere considerata una risorsa necessario che sia valutata da qualcuno come potenzialmente utile e capace al fine di perseguire uno o pi obiettivi. Durante il Salone di Torino, grazie alle risposte estremamente positive da parte dei visitatori, dei ristoranti che avevano preso parte alliniziativa e soprattutto attraverso il confronto con altre carni di razze diverse, gli allevatori hanno personalmente verificato e realizzato che il loro agnello ha una di carne di qualit superiore. La consapevolezza del valore della proprio risorsa porta a definire il primo indirizzo di una nuova agenda strategica aziendale e collettiva, ovvero la valorizzazione della

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qualit e tipicit (la razza autoctona) che si orienta in direzione esattamente contraria rispetto allagenda strategica della modernizzazione agricola. Secondariamente gli allevatori ebbero loccasione di consolidare le relazioni che si erano delineate nella fase preparatoria alla partecipazione al Salone:
[] Quello che ha funzionato lass stato il gruppo, tanti ragazzi giovani attorno ad uno stand, le nostre magliette fatte al computer da Walter, con il campanile lagnello e il paesino di montagna. Ad un certo punto non ci chiamavano pi per nome dicevano arrivato lagnello di Zeri.

Il secondo elemento che definisce la costruzione della nuova agenda strategica la costruzione di un progetto collettivo. Nonostante durante la fase preparatoria si fossero stabilite delle relazioni, gli allevatori agivano e pensavano ancora individualmente, tanto che al Salone del Gusto parteciparono in venti a dimostrazione del fatto che queste relazioni non si erano consolidate in una rappresentanza. Durante il Salone del Gusto, attraverso la convivenza che ha rafforzato lo spirito di gruppo, laver agito come gruppo, lessere stati identificati indistintamente come lagnello di Zeri, gli allevatori hanno iniziato ad agire nellinterazione con gli altri partecipanti non pi come singoli agenti bens come attore collettivo. Anche in questo caso la definizione della nuova agenda strategica si muove in direzione opposta rispetto alle precedenti e perfettamente in linea con il modello di sviluppo rurale sostenibile che implica la riorganizzazione dei singoli attori in unazione collettiva. Specialmente nelle aree marginali dove lazione individuale limitata dallisolamento e dalla carenza di risorse materiali e immateriali, lazione collettiva rappresenta lunico modo per i singoli attori di attivare la propria capacit di agire e di attivare conoscenza e risorse relazionali in grado di mobilizzare le risorse locali. Il terzo elemento di cruciale importanza stata luscita dallanonimato. Grazie a Slow Food ed al Salone del Gusto gli allevatori hanno avuto loccasione di far conoscere lallora sconosciuto agnello di

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Zeri non solo ai partecipanti ma anche su scala mediatica nazionale, si pensi agli articoli di giornale che misero in evidenza loriginalit della iniziativa che vedeva come protagoniste giovani donne delle montagne della Lunigiana. A partire da quella esperienza il portato simbolico delliniziativa assumer un ruolo determinante nello sviluppo delliniziativa stessa e la valorizzazione del prodotto sar fortemente legata al capitale simbolico ed allo sforzo comunicativo costruito attorno allagnello di Zeri che si articola in tre direzioni: -- la qualit del prodotto; -- la sopravvivenza come salvaguardia della biodiversit e la resistenza contadina in aree marginali; -- giovani allevatori ma soprattutto in quanto donne, da cui il famoso articolo dal titolo Le signore degli agnelli scritto nel 2002 su Il Sole 24 ore da Davide Paolini, uno dei pi importanti ed apprezzati esperti eno-gastronomi. Infine, la partecipazione al Salone ha permesso agli allevatori di mettersi in contatto con altre esperienze simili e sono state attivate delle relazioni con altri presidi, esigenza questa che nasceva dal confronto con realt con una maggiore esperienza organizzativa alle spalle, da cui era possibile apprendere:
inizia questo rapporto di voler scambiare, non ci siamo solo noi che alleviamo a Zeri ma ci sono anche questi ragazzi che allevano sullAlpago su questo altipiano, andiamo a vedere cos che fanno loro.

La costruzione di una rete di collegamento con altri territori stata molto importante per lo sviluppo delliniziativa di valorizzazione dellagnello di Zeri e rappresenta un elemento fondamentale del nuovo modello di sviluppo intrapreso dalla nuova generazione di allevatori. Il networking, uno strumento importante di trasferimento di buone pratiche, di disseminazione di innovazione e di costruzione sulla base di lezioni apprese da altri luoghi. Inoltre, il networking costruisce legami tra persone, progetti e territori che fondamentale per superare lisolamento che tipico delle aree rurali. A partire dallesperienza del Salone di Torino, il networking diventer uno degli assi dazione nella nuova agenda strategica per gli allevatori di Zeri.

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A Torino, gli allevatori iniziano ad intessere le prime relazioni afferenti alla sfera commerciale: [] abbiamo preso dei contatti con dei ristoranti che erano interessati alla nostra carne, tutti di fuori []. I primi contatti con dei ristoranti di Roma (tra cui il ristorante Il San Teodoro con cui si consolider un vero e proprio rapporto commerciale) ed anche delle macellerie, hanno rappresentato un elemento di svolta nel percorso di valorizzazione. Per far fronte alle richieste dei ristoratori, gli allevatori si sono resi conto della necessit di ri-organizzare o meglio di ri-costruire la filiera della carne (allevamento-macellazione-commercializzazione) secondo un modello organizzativo nuovo. Il sistema, infatti, era ancora costituito da una produzione per la vendita da parte degli allevatori singoli attraverso canali informali su di un mercato locale, mentre il rapporto con i ristoranti della capitale o macellerie necessitava di passaggi formali e di unorganizzazione e di mezzi tali da riuscire a far fronte ad una domanda che non era possibile soddisfare individualmente.

La costruzione sociale del nuovo modello di allevamento contadino


Tornati da Torino i venti allevatori si trovano a fare i conti con quella esperienza:
Quando torniamo capiamo che bisogna lavorare per costituire un gruppo di lavoro. La prima cosa che ci viene da affrontare che, chi ha assaggiato la carne questa carne la vuole e dallaltra parte ho gli allevatori che dicono io ho lagnello ce lho, come si fa a gestire questa cosa?

Da un lato c la domanda e dallaltra lofferta, ma il mercato, seppur di nicchia, deve essere ancora costruito ed il passaggio dal modello contadino tradizionale al nuovo modello contadino consister proprio nella costruzione di un nuovo spazio economico dellazienda agricola, che legato allevoluzione da uneconomia di sussistenza o comunque da uneconomia fondamentalmente informale, ad uneconomia di mercato. La ri-definizione dello spazio economico della singola azienda agricola, lungi dallessere legato

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alla sola prospettiva strategica e di azione individuale, necessiter al contrario di una ri-organizzazione delle modalit di produzione e di commercializzazione su base collettiva e pi ampiamente territoriale sia nella sfera del disegno del progetto di sviluppo (aziendale e territoriale) sia nella sfera pratica. In una realt economica marginale come quella di Zeri i singoli attori economici (le aziende agricole) non hanno una dotazione di risorse che permette loro di rispondere individualmente agli stimoli della domanda. La possibilit di essere attivi sul mercato determinata dalla cooperazione tra gli stessi operatori economici e dalle relazioni tra gli operatori economici molti altri attori del territorio. In tal senso, la capacit di stabilire alleanze strategiche tra gli allevatori e gli altri soggetti del territorio (sulla base di un progetto territoriale di sviluppo condiviso), ma anche con soggetti extra-territoriali, diviene cruciale al perseguimento degli obiettivi delle singole aziende agricole. La prima sfida quella di riuscire a far fronte alle richieste del ristorante e della macelleria di Roma incontrati durante il Salone del Gusto a cui si aggiunge da subito il ristorante di Paracucchi (ad Ameglia in Provincia di La Spezia). Unopportunit impensabile fino ad allora, che tuttavia mette a nudo i limiti il sistema organizzativo dellallevamento ovino Zerasco:
non eravamo organizzati e fino ad allora, guardando i grafici delle macellazioni a Pontremoli, ti rendi conto che la pecora Zerasca era una pecora di compagnia come dice lASL [Azienda Sanitaria Locale], perch per me ci macellavano quei due o tre macellai che raccoglievano il prodotto sottopagandolo, dando agli allevatori il meno possibile.

La commercializzazione era ancora prevalentemente organizzata per un mercato locale informale, sia per i privati, sia per i commercianti (prima cerano un paio di commercianti, i macellai prendevano tutto quello che trovavano, pagavano allallevatore un po quello che volevano perch erano loro che raccoglievano, altrimenti gli allevatori avevano i loro clienti []) sia per la ristorazione locale, con cui i rapporti erano sporadici e legati soprattutto alle feste natalizie e di Pasqua: prima il rapporto con i ristoranti locali era

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cos, a Pasqua e Natale ti venivano a chiedere 4 o 5 agnelli. Questo significava una macellazione casalinga che non si poteva allineare con le nuove prospettive di commercializzazione:
io il ristoratore [si riferisce al ristorante di Roma] mica ho la confidenza da dire lagnello me lo macello a casa, dallaltra parte non so cosa mi risponde, poi ovviamente il fatto che devo mettere un agnello senza una marchiatura, senza un certificato di macellazione in mezzo ad altre carni in un frigorifero, visto anche che i ristoranti che si erano avvicinati erano ristoranti di un certo livello, non potevi dire che macellavi lagnello a casa.

Lallineamento tra gli allevatori (offerta) e i ristoranti (domanda), passa attraverso la macellazione ma il macello comunale di Pontremoli non adeguato. A Zeri, non c nessun macello, lunico macello presente nella zona collocato a Pontremoli che dista circa 20 km da Zeri, ma la strada, che li congiunge una strada di montagna e questo si traduce in un tempo di percorrenza. Il macello di Pontremoli non era in grado di soddisfare le nuove esigenze sia in termini quantitativi:
a Pontremoli non erano preparati neanche a vederci arrivare, perch gli agnelli sono sempre stati macellati a casa e quando noi siamo arrivati abbiamo posto un problema che loro prima non avevano

sia in termini qualitativi:


ci facciamo consegnare gli agnelli per fare le prime degustazioni [] e l tocchiamo con mano che la ditta che macella non lo fa in maniera giusta, forse non rispetta i tempi, c tutto un discorso sulla qualit delle carni che inizia a cambiare e allora capisco che devo tirare il freno.

Il problema della commercializzazione della carne di ciascuna azienda non un problema individuale, non dipende esclusivamente dalla capacit produttiva o distributiva della singola azienda ma riguarda piuttosto la capacit del sistema locale di rispondere alle mutate esigenze. Lo spazio economico individuale, quindi, non rinchiuso nei confini aziendali ma si espande verso il sistema locale

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e nel caso specifico la costruzione del mercato include la partecipazione diretta del macello comunale. Di fronte a questi nuovi orizzonti ed alle problematiche emerse, gli allevatori individuano nellazione collettiva una possibilit di risposta e cos si orientano verso la costituzione di un Consorzio:
allinizio c il problema della macellazione e si dice: ragazzi qui se vogliamo andare avanti c da affrontare il toro per le corna, se vogliamo continuare il progetto di valorizzazione della carne c da costituire un Consorzio per valorizzare quel prodotto ma anche per risolvere i problemi.

Limportanza primaria della dimensione collettiva e della costruzione sociale dellazione economica legata alla produzione e vendita dellagnello di razza Zerasca non si limita solamente al potenziamento della capacit di commercializzazione attraverso un miglioramento della macellazione. Essa ha un respiro molto pi ampio e pi profondo ed legato alle dinamiche di territorializzazione-differenziazione del nuovo modello di allevamento contadino, la cui ragione fondante costituita dalla ricostituzione e valorizzazione della nicchia biologico-sociale che lallevamento della razza Zerasca costruisce attraverso i concatenamenti stabiliti tra gli attori locali: territorio, ovini e allevatori e le connessioni con lesterno. La nuova traiettoria imprenditoriale, la nuova agenda strategica delle aziende non sar il frutto di una elaborazione individuale ma piuttosto di una elaborazione collettiva che emerger dalle numerosissime riunioni organizzate durante il 2001 tra gli allevatori, APA, Provincia di Massa-Carrara e Coldiretti, per la costituzione del Consorzio per la valorizzazione e la tutela della pecora e dell'agnello di Zeri. Sar in quella sede che gli allevatori, insieme alle istituzioni locali e alle rappresentanze elaboreranno il nuovo modello contadino di allevamento le cui caratteristiche saranno in parte formalizzate attraverso la definizione del disciplinare di produzione del Consorzio, che avr una incidenza molto profonda nellagire delle singole aziende in quanto definir le regole di allevamento da seguire per poter essere parte del Consorzio. Attraverso questo processo collettivo sono scambiati valori, visioni, significati, conoscenze in uno

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scambio reciproco volto a definire un progetto collettivo da tradurre in pratiche individuali. Le caratteristiche che definiscono il nuovo allevamento contadino possono essere cos sintetizzate: -- Nel passaggio dallazione individuale allazione collettiva che formalizzata con la creazione del Consorzio stesso; -- Nel passaggio dalla produzione di carne anonima alla valorizzazione e tutela della razza ovina autoctona; -- Nelladottare la tradizionale pratica di allevamento estensivo in contrapposizione ad ogni ipotesi produttivista; -- Nella definizione di un legame stretto tra prodotto e territorio attraverso una perimetrazione aperta della zona di produzione; -- Nel passaggio da una macellazione casalinga informale ad una macellazione secondo le regole igenico-sanitarie attraverso la costruzione di un macello a Zeri; -- Nel passaggio dallallevamento finalizzato alla sola produzione di carne alla valorizzazione di tutta la filiera, compresi il latte e la lana; -- Nel collegamento tra lallevamento e il capitale territoriale attraverso la promozione della cultura e dellarte del fare locale; -- Nella costruzione di relazioni che collegano la realt Zerasca ad altre realt e altri network esterni. Nel realizzare concretamente il nuovo modello di allevamento contadino, sia nellazione individuale sia nellazione collettiva espressa dallattivit svolta dal Consorzio, gli allevatori dovranno attivare di volta in volta le risorse (materiali e immateriali) necessarie al perseguimento di specifici obiettivi. Tali risorse non sono sempre e totalmente a loro disposizione e quindi necessiteranno dellapporto di altri attori con i quali si devono tessere delle relazioni di scambio e alleanze. In tal senso, il piccolo miracolo dato dalla costruzione, espansione e consolidamento di quello che possiamo chiamare il network dellagnello di Zeri, una rete di relazioni a livello locale ed extralocale di scambio di risorse materiali e immateriali e di organizzazione territoriale attraverso la definizione di alleanze.

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Il Consorzio dellAgnello di Zeri: listituzionalizzazione dellazione collettiva


Listituzione del Consorzio per la valorizzazione e la tutela della pecora e dell'agnello di Zeri, che deve essere considerata come listituzionalizzazione di un modo di agire collettivo, la pi importante forma di innovazione generata dallimprenditorialit locale, sulla base della quale si incentra lintero processo di valorizzazione. La struttura consortile costituita dai soci produttori che prestano la loro opera, in forma gratuita. Sono soci del Consorzio gli allevatori del territorio, la maggior parte dei quali giovani con et inferiore ai 40 anni, per met rappresentati da donne ma aderiscono anche la Coldiretti provinciale e una macelleria di Zeri. Lobiettivo del Consorzio :
la tutela, la valorizzazione, la promozione, lallevamento, la lavorazione e la commercializzazione della pecora e dellagnello di razza Zerasca o Zerana e di tutti i prodotti derivati e collegati. Il consorzio promuove altres la cultura rurale e larte del fare del comprensorio Zerasco.

Per il perseguimento di tale obiettivo le principali attivit che il consorzio svolge sono le seguenti: -- La commercializzazione della carne: in particolare opera attraverso un servizio di raccolta, trasporto alla struttura di macellazione, macellazione e vendita degli agnelli dei soci conferenti; -- La promozione del prodotto e del territorio: una promozione esterna partecipando ad eventi organizzati fuori dal contesto locale ed una promozione interna con lorganizzazione della Rassegna della Pecora Zerasca; -- Il recupero e la valorizzazione del capitale culturale locale; -- Lattivit di collegamento con lesterno; -- Rappresentanza politica degli interessi degli allevatori presso le istituzioni locali e regionali. Come sottolinea Van der Ploeg (2009; pp. 55-56), per affrontare un ambiente ostile sono quasi sempre necessarie forme di coope-

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razione. Un aspetto interessante che nelle forme di istituzionalizzazione della cooperazione prodotte dai processi di ricontadinizzazione esiste unattenzione allequilibrio tra individuo e collettivit. La cooperazione non implica la soppressione della dimensione individuale/aziendale, al contrario attraverso la cooperazione che possibile difendere le prospettive e gli interessi individuali.

Dallagnello di razza Zerasca allAgnello di Zeri e le pratiche di allevamento fondate sulla preservazione della nicchia biologico-sociale locale
La traiettoria di territorializzazione-differenziazione perseguita dal nuovo modello di allevamento contadino ha nel passaggio dalla produzione di carne anonima alla produzione di carne di razza Zerasca il suo asse fondante. Il prodotto territorializzato o prodotto tipico una costruzione sociale, con cui si intende il modo con cui le persone forniscono a loro stesse, ad un luogo, ad un oggetto o ad unidea, una identit attribuendone particolari caratteristiche sociali, culturali, estetiche ed ideologiche. Una costruzione sociale esiste solo in quanto le persone immaginano che esista (Woods, 2005; p. 11). Al di l delle propriet organolettiche il prodotto territorializzato o prodotto tipico definito dai significati che esso ingloba che emergono dalla interazione tra produttore e consumatore, dal valore simbolico che il produttore esprime e dalla riconoscimento che il consumatore accorda. Tuttavia, il valore simbolico del prodotto scaturisce dai significati identitari della societ (umana e naturale) locale allinterno della quale prodotto e come tale un prodotto collettivo. La costruzione sociale a Zeri determinata attraverso la denominazione del prodotto che stata stabilita dagli allevatori e formalizzata con la stesura dello statuto e del disciplinare di produzione del Consorzio, per cui lagnello da carne di razza Zerasca assumer il nome di Agnello di Zeri (art. 1 Disciplinare di Produzione). Lutilizzazione della denominazione riservata esclusivamente alla presenza di un prodotto che soddisfi determinate condizioni: -- Gli ovini devono presentare determinate caratteristiche che definiscono lo standard di razza (art. 2);

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-- Gli ovini devono essere allevati in un determinato ambito geografico (art. 3); -- Gli ovini devono essere allevati secondo specifiche pratiche (art. 4); LAgnello di Zeri, quindi, una co-costruzione (umana e non umana) sociale la cui specificit (che si traduce nella qualit della sua carne) non effetto delle sole caratteristiche fisiologiche della razza, ma dato dallinterrelazione tra quelle caratteristiche con la specificit del territorio, le pratiche di allevamento a cui va aggiunta lazione di codifica e istituzionalizzazione degli allevatori operata attraverso il Consorzio che determina il passaggio dallagnello di carne di razza Zerasca allAgnello di Zeri. Per quanto riguarda la caratteristiche morfologiche il disciplinare definisce lAgnello di Zeri a partire dallo standard di razza stabilito dallUniversit di Pisa (vedere riquadro a p. 24). Tali caratteristiche che contraddistinguono la pecora Zerasca si sono definite nel tempo grazie allambiente naturale in cui stata da sempre allevata e, si sono mantenute, grazie allisolamento geografico del territorio (Disciplinare di produzione). In tal senso le caratteristiche dellAgnello di Zeri sono determinate dallesistenza di una nicchia biologica in cui la pecora si trova in buon equilibrio (Disciplinare di produzione). Come abbiamo gi sottolineato la qualit della carne determinata anche dalle fonti alimentari e pertanto stabilita una zona di produzione al fine di garantire la corretta alimentazione. La zona di produzione non limitata al territorio del Comune di Zeri ma rientrano nellareale di produzione anche le zone limitrofe il Comune di Zeri, ricadenti nei Comuni di Pontremoli Mulazzo e Filattiera in Provincia di Massa-Carrara (Disciplinare di produzione) a cui stata aggiunto recentemente (nellambito della modifica dello Statuto del Consorzio avvenuto nel 2005) il territorio del Comune di Bagnone. La zona di produzione quindi una perimetrazione aperta che non frutto di logiche localistiche, ma al contrario definisce un approccio in cui locale ben si distingue da localismo. stabilito, tuttavia, un vincolo stringente la zona di produzione dellAgnello di Zeri deve trovarsi ad una quota altimetrica uguale

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o superiore a 500 mt s.l.m (Disciplinare di produzione) al fine di garantire quella specifica alimentazione che influisce direttamente sulla qualit e gusto della carne. Il Disciplinare di produzione, infine, definisce le pratiche di allevamento delle pecore di razza Zerasca destinate al produrre lAgnello di Zeri. La tecnica di allevamento si orienta ad un modello diametralmente opposto al modello della modernizzazione ed cos caratterizzata: -- prevalentemente allo stato semibrado nei pascoli presenti allinterno della zona di produzione al fine di garantire la necessaria variet di essenze selvatiche utili alla sana alimentazione di questa razza ovina dalle spiccate caratteristiche di rusticit. Nel caso di condizioni sfavorevoli pu essere praticata una integrazione ma con specifici prodotti di provenienza locale: nei periodi dellanno pi sfavorevoli, dal punto di vista meteorologico, lalimentazione pu essere integrata con fieno, con frasche conservate di castagno e quercia, o con prodotti derivanti dalla lavorazione delle castagne di provenienza locale; -- lAgnello di Zeri deve essere alimentato con latte materno fino alla macellazione, deve essere portato al pascolo con la madre e la sua dieta a latte pu essere integrata con gli stessi alimenti della madre; -- nellintero ciclo di produzione dellAgnello di Zeri vietato luso di organismi geneticamente modificati (O.G.M.) o di prodotti da essi derivati; -- i locali per il ricovero degli animali devono garantire il benessere degli stessi; -- per i trattamenti terapeutici vietato luso di sostanze androgene o esterogene, anabolizzanti od ormonosimili, tireostatiche o simili. Al di l del disciplinare, nella pratica gli allevatori locali sono andati oltre e grazie ad un progetto di ricerca svolto in collaborazione con la Facolt di Veterinaria dellUniversit di Pisa stata sperimentata la cura con medicine omeopatiche. Il progetto ha avuto un discreto successo ed oggi, ad esempio, Patrizia Figa-

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roli, vice-presidente del Consorzio, ed unaltra allevatrice, Valentina Merletti, curano i propri animali esclusivamente con prodotti omeopatici. Nel 2008 lUniversit di Pisa ha ottenuto un ulteriore finanziamento da parte dellARSIA per proseguire ed estendere il progetto di ricerca. -- LAgnello destinato alla macellazione e avente diritto al marchio deve possedere i seguenti requisiti: et da 60 a 75 giorni. Peso da 22 a 30 kg.

La natura identitaria del prodotto: il restauro della cultura locale


Il Presidente del Consorzio, Cinzia Angiolini, stata anche Assessore alla Cultura del Comune di Zeri e in questa duplice veste si impegna da subito, con la collaborazione di altri membri del Consorzio, nella ricerca di un patrimonio culturale di cui a livello locale rimanevano solo fievoli echi lontani. A dire il vero, questa traiettoria intrapresa gi durante la fase di preparazione al Salone del Gusto, dove la promozione dellagnello si sposa con il recupero del vestito tradizionale contadino e quindi con la tradizione della mezzalana: Fin dal primo dpliant dellagnello che noi portiamo a Torino c il mio disegno della donna in costume15, tutto legato, una cosa che avevamo gi legato perch era importante parlare di tante cose, non solo dellagnello. Il recupero del capitale culturale locale si concretizza durante gli anni in diversi percorsi che seguivano la filosofia del restauro che significa
un mondo di cultura e tradizioni a custodia del territorio [che stato il titolo della 7a Rassegna della Pecora Zerasca (2003)] perch tutto insieme che il sistema funziona, non solamente la pecora senza il costume o senza il canto senza gli altri prodotti senza il metodo tradizionale di cottura, le case [].

15 Cinzia Angiolini, laureata allAccademia di Belle Arti di Carrara, ha svolto lattivit di restauratrice fino a quando una allergia ai solventi chimici lha costretta ad abbandonare il lavoro. Cinzia ritornata a Zeri ed ha iniziato lattivit di allevatrice proseguendo cos una tradizione di famiglia.

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Il processo di valorizzazione dellagnello di Zeri significa


ricostruire un mondo, una tradizione che invece se ne stava andando, per alcuni versi andata perduta in qualche cosa ma c ancora molto da salvare, da trasmettere da ricostruire e siamo partiti con il canto del maggio, la pastorella, che era un canto natalizio, il serrar la vecchia.

Il Consorzio stabilisce delle relazioni con gli abitanti del territorio, soprattutto le persone pi anziane che sono a conoscenza delle antiche tradizioni. Con loro ha ricostituito il gruppo dei cantori del maggio (andando a recuperare versetto per versetto il canto del maggio tipico di Zeri) e partecipano alla Rassegna interregionale del cantamaggio di Montereggio un paesino del Comune di Mulazzo famoso per la sua tradizione libraria. Inoltre, grazie al lavoro svolto con le persone del luogo, gli allevatori riescono a recuperare la scenetta tetrale Serrar la vecchia (una scenetta molto antica che parla della fine dellinverno, una allegoria che veniva rappresentata durante la quaresima in quanto non si poteva pi ballare perch ci si avvicinava a Pasqua e quindi alla Passione di Cristo). Con lassociazione culturale locale Zerinsieme recuperano il cappelmontale, il vestito tradizionale di carnevale e organizzano tre circoli di studio: uno sulla lana uno sulla maschera di serrar la vecchia e uno sui balli giva e la piva a cui hanno partecipato numerosi giovani. Il circolo culturale sui balli stato reso possibile grazie alla collaborazione del Consorzio con i Tarandandan un gruppo folklorisitico di La Spezia che ha codificato i passi dei due balli. Il Consorzio collabora con il Coro "Al Sass" di Pontremoli per il recupero del Canto della pastorella e partecipa alla manifestazione Dormi dormi al Teatro della Rosa di Pontremoli, dove il Canto della pastorella musicato dal maestro Bettinelli. Infine, il Consorzio collabora in tutte le sue ricerche con il Museo Etnografico di La Spezia. Durante le varie edizioni della Rassegna della Pecora Zerasca il Consorzio ha sempre invitato vari gruppi folkloristici provenienti da altri territori. Il Consorzio, infine, ha dato vita al Circolo ACLI Don Adriano con lobiettivo di dare continuit allattivit di promozione della cultura rurale locale: perch avevamo il

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bisogno di creare un circolo culturale per dare un seguito a questi progetti, il canto, il ballo, il costume, il serrar la vecchia lo studio sui liguri-apuani e sui siti storici. Nel suo Dizionario Topografico dei Comuni compresi entro i confini naturali dellItalia, Zuccagni-Orlandini (1864; p. 1066) ricorda che Zeri mangia del proprio pane (di polenta) e veste del suo pelo, cio le sue donne tessono i panni di mezza lana delle proprie pecore. Nei territori dellalta Lunigiana la filatura della mezzalana, una stoffa realizzata incrociando un ordito di canapa con una trama in lana per la realizzazione di vestiario ed altro, ha origini lontanissime nel tempo. Gi nel quattrocento al telaio veniva tessuta non solo la canapa (utilizzata in via primaria per lottima resa, perch aveva la caratteristica di crescere ovunque, di aver bisogno di poche cure ed infine di essere molto resistente) ma anche la lana e spesso questa e la canapa venivano lavorate insieme per creare un tessuto detto mezzalana usato soprattutto per confezionare capi di vestiario utili per i freddi inverni (Bertoncini, 1996; pp. 128-129). La filatura della mezzalana a Zeri stata praticata e si tramandata fino al secolo scorso ma, a partire dal dopo guerra, stata abbandonata e se ne progressivamente quasi persa memoria. Nella ricerca finalizzata a ricostruire il costume tradizionale contadino Zerasco Cinzia incontra la mezzalana: io in Comune sono come Assessore alla cultura e voglio ricostruire il costume che non c e l scopro che fatto di mezzalana, lana e canapa. Questo percorso di ricostruzione della cultura locale comunque condiviso anche da altri membri del Consorzio:
dal 2000 in poi noi andiamo alla ricerca di tutto quello che parla di pastorizia, vado al museo etnografico di La Spezia o mi confronto con un gruppo che magari non sono tutti e venti ma con qualcuno come la Patrizia e la Valentina, le persone che ho pi vicino e che fortunatamente magari parlano la mia stessa lingua, che hanno del materiale che io non ho, Patrizia ad esempio ha ancora delle coperte di mezzalana che io non ho, ne parliamo ci confrontiamo, cerchiamo di capire come salvare anche quellaspetto li, quello della nostra cultura.

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Non solo carne: percorsi innovativi nella traiettoria di valorizzazione della razza Zerasca
La capacit innovativa alla base di qualsiasi processo di sviluppo e a Zeri i processi innovativi che si sono generati definiscono importanti orizzonti per il rafforzamento e lo sviluppo del nuovo modello di allevamento contadino. Lungi dallessere forme di acquisizione e trasformazione di capitale tecnologico esterno, a Zeri si sono generate quelle che possiamo definire come retro-innovazioni. Una retro-innovazione lo sviluppo di conoscenza e competenza che combina elementi e pratiche dal passato (da leggere prima del dominio del regime della modernizzazione) con il presente e configura questi elementi per nuovi e futuri propositi e si basa fondamentalmente sulla conoscenza contestuale (Stuiver, 2006; p. 150). A partire dal percorso di valorizzazione legato restauro della cultura locale, grazie al supporto dellARSIA e della Regione Toscana, il Consorzio ha avviato un percorso di valorizzazione della lana con lo scopo di trasformare quello che era considerato un elemento di scarto in una ulteriore risorsa:
lo scopo era quello di non buttarla pi via, perch non pi di interesse per nessuno, per quelli che facevano i materassi per quelli che la tosano, mi costa solo e allora la butto nel canale. E allora nella nostra testa c venuto in mente di farla diventare una risorsa in mezzo a quel paniere di prodotti che la Zerasca ti dava. Una lana ordinaria, perch noi con la Regione andiamo a vedere la qualit e di certo non ci faccio una maglia di cachemire, ci faccio il tappeto.

Il primo passo stato la partecipazione al "Progetto sviluppo economico e valorizzazione del territorio e dei prodotti naturali" promosso nellambito nelliniziativa Filo e artificio sostenuta dalla Regione Toscana. Questo progetto pilota aveva lo scopo di riassumere i vari aspetti della filiera tessile che, partendo dalla produzione delle fibre tessili di origine animale e vegetale, attraverso la tintura, la tessitura e la sartoria, giungesse alle creazione di tessuti, manufatti e capi di abbigliamento. Il progetto Mezzalana termina con la rea-

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lizzazione da parte della Filanda Giannini localizzata a Cutgliano, un Comune della montagna pistoiese, di alcuni vestiti tradizionali e qualche gadget. Un altro stimolo importante per la valorizzazione della lana la partecipazione al progetto La Tela di Aracne, iniziato nel giugno 2004, il progetto coordinato dal capofila Regione Toscana ha visto la partecipazione di 13 partner da 6 paesi affacciati sul mediterraneo (Italia, Spagna, Francia, Grecia, Marocco e Tunisia) impegnati nella sperimentazione di azioni a sostegno dell'imprenditoria femminile nel settore tessile. Per le allevatrici di Zeri, limportanza del progetto ha trasceso la reale prospettiva economica della commercializzazione dei prodotti finiti ottenibili dalla lana, assumendo un significato importante in termini di riscoperta e mobilizzazione del patrimonio (capitale) culturale locale:
partecipo al progetto la Tela di Aracne, un progetto della Regione che costruisce con imprenditori di diverse realt produttive. L incontro tutta una serie di realt che si occupano di lana, di come lavorarla, di tutta una serie di cose che mi diventano estremamente utili, come estremamente utile mi diventa il contatto con il mondo, lesterno []

A partire dalla esperienza accumulata nei due progetti Filo e artificio e La Tela di Aracne, alle nuove conoscenze acquisite (ad esempio la realizzazione di oggetti in feltro) e alle relazioni consolidate con realt esterne al territorio come la Filanda Giannini, il Consorzio, oggi, riesce a raccogliere e trasformare la lana dalla quasi totalit degli allevatori locali (consorziati e non consorziati). I prodotti finiti: matassine di lana grezza (bianca o grigia), oggetti arredo per la casa in lana, tappeti, prodotti in feltro, e gadget (realizzati dalle donne anziane delle diverse frazioni) sono venduti dal Consorzio durante le manifestazioni promozionali ed il ricavato utilizzato dal Consorzio per lo sviluppo di progetti ed iniziative. Nonostante il processo di valorizzazione della lana non abbia portato ad oggi ad un vero e proprio sbocco commerciale e quindi alla creazione di un mercato dei prodotti finiti (dato che loggettistica ha pi una funzione di marketing del prodotto) lobiettivo principale del Consorzio stato raggiunto: la lana non pi abbandonata dagli allevatori nel terreno. La costruzione di un mercato per i prodotti derivati dalla

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lana rimane comunque una prospettiva aperta per il Consorzio e in tal senso, in cooperazione con gli allevatori dellAlpago, si aperto un dialogo con Slow Food per la realizzazione e vendita di oggettistica realizzata con la lana delle due razze: Ho fatto una proposta allo Slow Food per utilizzare le nostre lane e quelle dellAlpago per fare loggettistica da vendere. Per quanto riguarda lobiettivo prioritario del Consorzio, occorre ricordare che la lana un prodotto di scarto altamente inquinante che richiede procedure per lo smaltimento abbastanza macchinose (procedure burocratiche) e costose, per questa ragione non sono mai state attivate dagli allevatori di Zeri che, contrariamente ad altre realt, non hanno il sostegno delle istituzioni locali: Smaltire non lo fa nessuno, allAlpago la Comunit Montana smaltisce con fior fior di milioni. Oggi, grazie alliniziativa promossa dal Consorzio, la lana non pi abbandonata sul territorio con un impatto negativo sullambiente:
per lallevatore gi una prospettiva non buttare via la lana, perch io come allevatore sarebbe gi tanto quando ho salvato il 90% della lana e il 10% di scarto lo sotterro o laccantono allalbero. Per lasciare il 90% della lana di 200 pecore sul terreno o buttarlo in un fosso un danno che io faccio allambiente, al territorio. Gi se mi tolgo questo onere .

Accanto alla produzione di carne e al recupero della lana, il processo di valorizzazione della razza Zerasca ha portato alla costruzione di un altro mercato: quello del formaggio. Il formaggio di pecora o misto di mucca e pecora sempre stato prodotto a livello locale ma, come abbiamo gi sottolineato, solo per un consumo casalingo. Il latte delle pecore, prodotto in scarsa quantit, utilizzato per lallevamento degli agnelli e quindi la quantit in surplus per la trasformazione non mai stata in quantit sufficiente in una prospettiva di mercato. Con il nuovo ricambio generazionale e la nuova centralit assunta dalla pecora Zerasca si produce una ristrutturazione delle aziende a livello locale. Il numero delle aziende si riduce ma si determina un rafforzamento delle aziende attraverso un aumento del numero dei capi. Nel modello contadino tradizionale la pecora Zerasca era allevata come integrazione allattivit principale

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dellallevamento bovino, mentre con la riscoperta e con lattivit di valorizzazione promossa dal Consorzio lallevamento della Zerasca assume un ruolo dominante sia a livello aziendale che a livello territoriale. Questo permette di aumentare la produzione di latte e quindi di aprire la prospettiva della trasformazione, ed infatti, ad aprire un piccolo caseificio aziendale sono solo le aziende con un numero di capi che supera i 100. Ad oggi sono solo tre i caseifici aziendali aperti nel territorio, tuttavia rappresentano una prospettiva che, come sottolinea Valentina, era inimmaginabile prima dellavvio del percorso di valorizzazione: Io questanno sto aprendo un caseificio che era una cosa impensabile qualche anno fa lidea di un caseificio a Zeri. Nel 2007 stata introdotta una ulteriore novit, che stata presentata durante la Fiera della Pecora Zerasca ed ha ottenuto un enorme successo: il salume di pecora. Lidea nasce dalla collaborazione con i ragazzi della Cornella Bianca due veterinari dellAzienda USL di Reggio Emilia che svolgono la propria attivit nella zona montana della Provincia emiliana a confine con la Lunigiana e da tempo lavorano per la valorizzazione di questa pecora, anchessa in via destinzione. I salumi sono prodotti con la carne delle pecore a fine carriera:
lanno scorso abbiamo provato anche noi, per evitare di buttare, poi non che le butti, le pecore a fine carriera sono pecore che non puoi pi mettere in produzione allora vengono i camion qua e le vengono a ritirare le portano via e portano via le pecore per 5 euro, per 10 euro e non produttivo per lallevatore.

Si tratta di un salume che composto da 60% di carne di pecora e 40% di carne di maiale. I salumi sono stati prodotti a Valesta in Provincia di Reggio-Emilia, perch a livello locale non cerano le conoscenze necessarie alla realizzazione. Nel 2008, per, la collaborazione per la produzione del salume di pecora si spostata a Pisa con unazienda biologica, in quanto il maiale utilizzato a Valestra sembrato agli allevatori Zeraschi troppo industriale:
La cosa che mi ha lasciato un po perplessa che a Valestra il salume lo lavorano in un laboratorio che a me sembrato poco artigianale e molto industriale, che a me questa cosa della quantit non piaceva

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molto, con un maiale che hanno messo loro perch il salume 60 di pecora e 40 di maiale, la pancetta del maiale, per se io non so come allevato il maiale, magari butto il mio 60 di pecora in un maiale che poi allevato come negli stabilimenti, e quindi questanno abbiamo preso in considerazione di provare a farlo con un ragazzo che ha preso la Zerasca in provincia di Pisa.

Le tre retro-innovazioni di prodotto, generate nel quadro del nuovo modello di allevamento contadino, hanno definito un ampliamento del paniere di offerta dellagnello di Zeri, mettendo in evidenza due aspetti fondamentali nel caratterizzare le traiettorie di imprenditorialit: il primo riguarda, ancora una volta, la natura collettiva e di costruzione sociale dei processi innovativi. Il secondo, fa riferimento alla natura ibrida della tipicit. La retro-innovazione del salume di pecora nasce attraverso un processo di socializzazione della conoscenza, in cui vi un passaggio di saperi, una condivisione ed unelaborazione collettiva tra attori locali ed extra-locali. In egual modo i manufatti in lana, di feltro e in mezzalana emergono dalla combinazione della ricerca storica con limmissione di flussi di conoscenza provenienti da realt di altri paesi. In tutti e due i casi, poi, lo stesso processo produttivo si realizza non localmente ma attraverso la competenza di soggetti extra-locali. Le c.d. retro-innovazioni non sono prodotte allinterno della singola azienda ma si sono realizzate grazie ad un processo collettivo di elaborazione che si reso possibile solo attraverso la costruzione di reti di conoscenza che gli attori locali sono riusciti a stabilire tra di loro e con lesterno. Questa combinazione ibrida di locale ed extralocale, tradizione e innovazione una caratteristica fondante del nuovo paniere di tipicit legato allagnello di Zeri. Si tratta di prodotti che rinnovano la tradizione locale, sono venduti come prodotti del territorio ma sono stati pensati attraverso la fusione di conoscenze e tradizioni locali ed extralocali, sono realizzati a partire dalla ibridazione della carne e lana della razza Zerasca con elementi extralocali e sono prodotti attraverso competenze e processi che si realizzano al di fuori del territorio. Il tema dellinnovazione, nel caso dei prodotti tipici strettamente legata al binomio tradizione-identit che non pu essere inteso in termini statici e museali di preservazione, ma che esigenze

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di produzione e soprattutto commerciali non devono stravolgere. La tradizione un valore dinamico che deve essere reinterpretata e negoziata allinterno della comunit dei produttori e della societ locale16. Gli allevatori locali hanno sempre avuto una particolare attenzione alla tradizione locale:
Per quanto riguarda i prodotti secondari (lana e formaggio) abbiamo seguito il filone della tradizione, ci hanno chiesto di fare il formaggio in fossa ma non lo facciamo perch non fa parte della nostra tradizione, la nostra tradizione quella di far stagionare il formaggio sulle tavole di legno, per prendere il gusto il sapore della cantina e della tavola [] Non volevamo fare solo un prodotto commerciale per venderlo volevamo anche parlare delle nostre tradizioni, del nostro modo di vivere questo mestiere (che duro come si capisce guardando alle vite di Valentina e Patrizia le cui aziende sono aziende di solo allevamento)

La forza degli allevatori risiede nella capacit di autonomia e di controllo dei processi economici. Inoltre, non hanno mai agito in autonomia rispetto alla comunit locale che sempre stata coinvolta nel processo di valorizzazione della razza Zerasca ed il cui legame stato indispensabile nella riscoperta delle tradizioni locali. In questo processo di trasmissione di conoscenza tra la comunit locale e gli allevatori ha avuto un ruolo importante la Rassegna della Pecora Zerasca, che ha sempre rappresentato una think tank, un momento di confronto e di scambio di idee e conoscenze.

La Rassegna della Pecora Zerasca: promozione, interazione, riflessione e ri-costruzione dellidentit locale
Una tradizione di Zeri era la Festa dellAgricoltura che si svolgeva intorno al 13 giugno, giorno di SantAntonio. La Festa era incentrata sulla sfilata e la benedizione dei mezzi meccanici agricoli e degli animali. A partire dalla met degli anni 90 allinterno della Festa si inizia ad organizzare la Mostra della Pecora Zerasca. Sono

16 Belletti G. et. al. (2006), Il processo di valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche,cit., p. 177.

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gli anni della riscoperta della razza Zerasca in cui lAPA e le altre istituzioni locali avviano il processo di riconoscimento e purificazione e, pertanto, la mostra diventa unoccasione per promuovere linziativa di salvaguardia: cera il discorso che lAPA, che voleva salvaguardare questa razza, questa fiera diventava loccasione per premiare qualche allevatore. La Festa era organizzata da un Comitato cittadino coordinato dal Comune in cui confluivano volontari e la Pro loco di Zeri. Come abbiamo gi sottolineato, con la partecipazione al Salone del Gusto e con la creazione del Consorzio dellagnello di Zeri, la Festa progressivamente egemonizzata dagli allevatori. Se nel 2001 si parla ancora di 11a Festa dellAgricoltura e 5a Mostra della Pecora Zerasca, nel 2002 la Festa si trasforma in 6a Mostra della Pecora Zerasca (scompare la Festa dellAgricoltura) ed organizzata non pi in un giorno ma in due. Il primo giorno interamente dedicato alla pecora Zerasca mentre nel secondo giorno mantenuta la tradizione della benedizione. Il Comitato organizzatore della festa prende il nome di Comitato per la valorizzazzione dellagnello e della pecora Zerasca. La 7a Mostra (2003) prevedeva ancora la benedizione, che scomparir a partire dall8a edizione in cui si cambier il nome in 8a Rassegna della Pecora Zerasca. Anche la data sar spostata a fine giugno per avere maggiori garanzie di bel tempo e quindi si sgancer definitivamente dalla tradizionale Festa dellAgricoltura legata al culto di SantAntonio. Levoluzione della Festa rappresenta la progressiva affermazione dellallevamento della pecora Zerasca e del suo posizionamento allinterno del contesto locale: da un ruolo marginale, si arriva alla prima fase di valorizzazione ( organizzata la Mostra della Pecora Zerasca allinterno della Festa) fino a diventare lelemento centrale (la Festa perde completamente i suoi contenuti e diventa la Rassegna della Pecora Zerasca). In tal senso si realizza a pieno il connubio prodottoidentit, impresacomunit localeterritorio che definisce i processi di territorializzazione-differenziazione ed il risultato di un processo di costruzione sociale. Attraverso il processo di valorizzazione attivato dagli allevatori ed al coinvolgimento della comunit locale e delle istituzioni, la pecora Zerasca divenuta progressivamente la componente egemone nella definizione della identit locale. Per gli allevatori la festa diventa loccasione di promozione dellagnello di Zeri allinterno del territorio ed al contempo di promozio-

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ne del territorio attraverso il prodotto. con la festa che il Consorzio riesce a saldare e vendere il binomio prodotto-territorio ed soprattutto grazie alla festa che costruita la nuova immagine del territorio stesso: da luogo marginale nascosto nelle montagne della Lunigiana, Zeri diventa lemblema della resistenza contadina che ha i volti dei giovani allevatori e soprattutto delle giovani allevatrici ed ha nella pecora Zerasca (che rappresenta il recupero dell'equilibrio tra uomo e natura) la sua ragione di diversit rispetto allimpero del cibo. Nellimmaginario dei visitatori territorio e agnello diventano cos un unicum indistinguibile. La Rassegna non solo promozione commerciale del prodotto, anche molto altro ed proprio in questa plurima funzionalit che essa gioca un ruolo fondamentale nel processo di valorizzazione dellagnello e di sviluppo del territorio. Le diverse funzioni che la festa svolge sono le seguenti: -- promozione del prodotto; -- promozione del territorio; -- momento di integrazione tra la comunit locale e gli allevatori, senza laiuto dei numerosissimi giovani e meno giovani volontari non sarebbe possibile organizzare la festa, -- momento di ri-definizione dellidentit locale; -- think tank: la festa loccasione per promuovere dibattiti a cui partecipano attori del mondo universitario, politico e di confronto tra gli allevatori e la comunit locale; -- vetrina della progettualit promossa e a cui il Consorzio partecipa; -- momento di scambio con altre realt della pastorizia italiana che sono invitate a partecipare ai dibattiti ed a portare il contributo della propria esperienza; -- manifestazione della cultura tradizionale contadina locale e di scambio con tradizioni culturali di altre localit.

Convergenze e conflittualit a livello locale: traiettorie imprenditoriali e la costruzione di un progetto territoriale


Nella costruzione della nuova filiera della carne, la macellazione, che rappresenta lanello di congiunzione tra allevamento e

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commercializzazione, si caratterizzata fin dagli inizi come lanello debole. Pertanto, gli allevatori che si sono organizzati in Consorzio, cercano di coinvolgere fin da subito le istituzioni locali (Comune di Zeri, Comune di Pontremoli, Provincia di Massa-Carrara, APA, Coldiretti e ASL) con lobiettivo di trovare una soluzione in direzione del miglioramento delle condizioni del macello di Pontremoli: i primi anni non abbiamo chiesto il macello a Zeri, abbiamo chiesto al macello di Pontremoli di adeguarsi. Tuttavia, con le prime richieste relative ad una stalla di sosta e ad un miglioramento della qualit delle pratiche di macellazione, si determinano i primi fattori di disarticolazione tra gli allevatori e gli altri soggetti coinvolti. Le richieste da parte degli allevatori vengono soddisfatte solo in parte con un compromesso, che tuttavia non risolutivo del problema: il Sindaco ci risponde sempre di si, lunica cosa che ci consente quella di andare a macellare noi al posto della ditta. Tuttavia, il compromesso ha delle conseguenze positive, il Consorzio che gestisce la commercializzazione della carne, riesce a garantire una certa qualit di macellazione che permette di mantenere i rapporti commerciali. Gli allevatori, comunque, si rendono conto che la soluzione fortemente limitativa rispetto alle potenzialit di mercato in quanto implica costi monetari e organizzativi (che incidono fortemente sul prezzo) crescenti allaumento della domanda: oltre ai costi di trasporto, ci sono costi organizzativi relativi allattivazione della squadra di macellazione, stress elevato per gli agnelli trasportati; disagi in termini di tempo e fatica per lallevatore che trasporta i capi autonomamente; tempi di macellazione poco efficienti, il macello consegna gli animali macellati solo allinterno del territorio provinciale ed infine manca la possibilit di poter sezionare lagnello e di confezionare sottovuoto le parti per poter essere spedite a clienti che si trovano fuori provincia. Il Consorzio, quindi, cerca di aggirare lostacolo e cambia strategia, lobiettivo non pi il miglioramento della struttura del macello di Pontremoli ma la costruzione di un macello a Zeri oppure la costruzione di micro-macelli aziendali. Questa idea nasce dalla relazione instaurata con i ragazzi dellAlpago. Dopo aver visitato la realt dellAlpago, che presenta caratteristiche molti simili al contesto Zerasco, il Consorzio ha cercato di convincere le istituzioni locali che la strada del macello a Zeri potesse essere una soluzione

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praticabile. Il primo passo stato quello di invitare tutte le istituzioni del territorio, compresa lASL, a verificare direttamente la percorribilit della soluzione con una visita alle strutture di macellazione utilizzate dagli allevatori dellagnello dellAlpago (Il Tirreno, 2004). Durante la visita lASL dellAlpago spiega allASL di Massa-Carrara il funzionamento di quella realt. Lobiettivo del Consorzio, ovvero replicare a Zeri la soluzione adottata in Alpago, non direttamente perseguibile dagli allevatori, ma necessita il coinvolgimento di diversi attori: c la necessit di risorse finanziare, le concessioni edilizie comunali, lavvallo dellASL sul rispetto delle norme igenico-sanitarie e cos via. Ci implica lallineamento delle agende dei diversi attori che devono trovare un minimo comun denominatore nella realizzazione dellopera. Al contrario si realizza una disarticolazione delle relazioni:
chiediamo di fare una soluzione come lAlpago, di fare il micro macello aziendale e a quel punto c lASL che si impunta e poi arriva la nuova amministrazione che non solo non ci consente un ragionamento del genere ma picchia duro sul Consorzio.

La Provincia e la Comunit Montana, APA, Coldiretti appoggiano la proposta del Consorzio mentre lASL, il Comune di Zeri (il cui governo, nel frattempo, cambia di colore politico) si contrappongono e la Regione (settore agricoltura) non interviene in quanto sostiene che la realt non ha le quantit necessarie per investire: dice che qua non ci sono i numeri. Ancora una volta il mancato allineamento tra gli attori del territorio si traduce in un ostacolo allo sviluppo delliniziativa di valorizzazione dellagnello di Zeri. Tuttavia, i giovani allevatori non demordono, si informano su possibili soluzioni alternative e mentre ancora si discute sulla possibilit dei micro-macelli a Zeri, il Consorzio con la Provincia, APA e Comunit Montana vanno a Roma a visitare unazienda che produce macelli mobili
Ci siamo informati, siamo andati prima a Roma con Giannetti [funzionario della Provincia di Massa-Carrara], con lAPA con Guastalli, con Paolo Grassi [Assessore allAgricoltura della Comunit Montana della Lunigiana], l eravamo ancora a met tra una soluzione e unal-

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tra soluzione, siamo arrivati alla Fadda cercando la possibilit di saltare tutti i passaggi che mi legavano allamministrazione, alle concessioni edilizie, allASL.

La soluzione del macello itinerante trova lavvallo dellASL, ma lopposizione del Comune:
Allora abbiamo deciso di indirizzare la nostra scelta su un macello itinerante, su quei macelli mobili, siamo andati a Roma apposta, il sindaco ci ha risposto che era una struttura fatiscente, io la struttura lho vista, non bellissima ma una struttura completa, piaciuta alla nostra ASL che tutto un dire.

La situazione di stallo si sblocca nel 2006. Cade la giunta comunale e nel frattempo il Consorzio, grazie alla partecipazione al progetto Tela di Aracne entra in contatto con il settore innovazione della Regione Toscana. Il dirigente responsabile del settore Politiche regionali dell'innovazione e del trasferimento tecnologico (Simone Sorbi) si fa portavoce con lAssessore alle Attivit Produttive della Regione (Ambrogio Brenna) dei problemi del Consorzio e della nuova opportunit del macello mobile, una soluzione che sarebbe potuta rientrare nel quadro delle politiche dellinnovazione:
Sorbi si fa portatore dei nostri problemi ad Ambrogio e gli parla un po di questo progetto che noi abbiamo del macello itinerante che uninnovazione, un container per la macellazione che tra laltro usato dalle comunit islamiche, e noi siamo un po i primi che ci arrivano.

Finalmente tra il 2007 e il 2008 il Consorzio ottiene il finanziamento da parte della Regione per il macello mobile che cofinanziato dalla Provincia di Massa-Carrara e dalla Comunit Montana. Tuttavia, a fine ottobre del 2010, gli allevatori del Consorzio non hanno ancora a disposizione il macello. Ancora una volta si creato un disallineamento a causa del Comune che (per ragioni di pressioni politiche e di ricerca del consenso) ha ricevuto le risorse ma non ha realizzato quanto previsto per rendere operativo il Macello (Luparia, 2010) per cui gli allevatori, hanno dovuto tirare fuori

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di tasca loro ben 60.000 euro per non farsi portare via il mattatoio dal (la parte rimanente delle risorse. In aggiunta il Comune non ha pi concesso al Consorzio lo spazio (di propriet comunale) dove collocare il macello e dove il Consorzio avrebbe dovuto costruire lo spaccio carni. I problemi di disarticolazione tra gli allevatori e gli altri soggetti locali nel processo di valorizzazione non si generano solo con la macellazione ma anche con riferimento alla commercializzazione. Dopo la partecipazione al Salone del Gusto, grazie al supporto delle istituzioni locali, il Consorzio ha partecipato a fiere ed eventi promozionali e mediatici che hanno permesso di stabilire rapporti commerciali con realt e consumatori extra-territoriali, inoltre la spinta mediatica e la promozione interna, attivata soprattutto attraverso la Rassegna della Pecora Zerasca, ha determinato un aumento della domanda locale del prodotto, soprattutto da parte di ristoranti, agriturismi, macellerie, commercianti e consumatori privati. Tuttavia, lo sviluppo delle reti di commercializzazione su base locale ha avuto un forte ritardo generato dallopposizione da parte di alcuni degli attori locali. Questo, ovviamente, ha avuto forti ripercussioni sulla traiettoria di sviluppo delliniziativa, dato che gli allevatori hanno puntato fin dallinizio ad una politica di ri-territorializzazione non solo della produzione ma anche della commercializzazione
[] poter vendere le nostre carni, pur rimanendo nel territorio e promuovendo il territorio. Perch questa razza una razza in via di estinzione, non abbiamo molti capi quindi pensare di affrontare un mercato che vada al di fuori significava arrendersi subito, arrendersi di fronte a dei prodotti che invece sono in grado di coprire fette di mercato molto pi vaste [] Far si che questa carne rimanesse allinterno del territorio che significa: Zeri, Lunigiana, Massa-Carrara.

Lopportunit della domanda soprattutto esterna e laumento del prezzo allallevatore generato dal processo di valorizzazione condotto dal Consorzio hanno favorito la progressiva adesione da parte degli allevatori locali, il numero dei soci aumentato da 15 nel 2001 a 26 nel 2009. Tuttavia, lattivit del Consorzio ha trovato anche una forte opposizione da parte di allevatori (ma anche di ristoratori)

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che preferiscono rimanere nellambito dello scambio informale. Gli stessi allevatori, si oppongono alla prospettiva del macello a Zeri in quanto spingerebbe indirettamente anche i non consorziati a muoversi nellambito di dinamiche formali. Il processo di valorizzazione condotto dal Consorzio ha prodotto, inoltre, un mancato allineamento tra il nuovo modello dellofferta e parte della domanda locale. Lattivit condotta dal Consorzio ha portato, come abbiamo menzionato allaumento del prezzo allallevatore: Nel 2000 costava 20.000 lire al kg pulito, con il consorzio passa adesso a 11 euro che vuol dire 22.000 lire, parlo del morto, il vivo veniva pagato 5.000 lire il kg allallevatore mentre io glielo pago 10.000 perch glielo pago 4,65 euro. Questo ha provocato laumento del prezzo del prodotto al vivo anche da parte dei non consorziati che, qualora il consumatore (sia esso privato o la macelleria o il ristorante o il commerciante) proponesse un prezzo inferiore a quello che riceverebbe dal Consorzio non venderebbe pi il proprio agnello direttamente, ma attraverso la mediazione del Consorzio stesso. Laumento del prezzo ha suscitato un disallineamento tra il Consorizio e alcuni attori locali, soprattutto con i ristoratori: nel Comune di Zeri solo un ristorante acquista lagnello dal Consorzio. Questa disarticolazione sul prezzo una manifestazione di una diversit strategica degli attori. Se da un lato il Consorzio punta ad aumentare il valore del prodotto (che si traduce in un aumento del prezzo), dallaltro questi ristoratori hanno una visione diversa dello sviluppo del territorio legata ancora a dinamiche di prezzo. Inoltre, su tre macellerie private che sono operanti sul territorio Zerasco solo una si rifornisce dal Consorzio. Al di l dellaumento del prezzo le ragioni di questo scarso allineamento tra il Consorzio e i ristoratori locali sono riconducibili ad una scarsa capacit da parte degli attori locali di promuovere integrazione. Sono, infatti, solo 4 i ristoranti degli altri Comuni della Lunigiana che si riforniscono dal Consorzio mentre 5 sono i ristoranti fuori provincia e regione. Gi nel 2001 gli allevatori, tramite il Consorzio, in collaborazione con la Coldiretti provinciale e gli operatori turistici della zona, avevano lavorato alla formazione di un circuito dell'agnello di Zeri, ovvero l'affiliazione di alcuni ristoranti che inserissero come secondo piatto tipico, la degustazione dell'agnello (Il Tirreno, 2001) tuttavia, questa iniziativa non si mai realizzata.

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Conclusioni: imprenditorialit collettiva ed alleanze strategiche territoriali per la resistenza in aree rurali di montagna
Valentina Merletti, allevatrice di 30 anni ed una dei membri pi attivi del Consorzio dellAgnello di Zeri, racconta:
Ai tempi dei miei nonni e prima di loro a Zeri non cera scelta si nasceva per diventare contadini, e in particolare allevatori. Mia madre e mia zia come tutti di quella generazione e successive hanno abbandonato Zeri per andare nelle citt. [] Mi sono sposata a Zeri, sono venuta a vivere a Zeri, per lavoravo a Pontremoli in un ufficio, finch i miei nonni hanno deciso di vendere quello che avevano, 20 pecore ed una mucca, e a quel punto io non me la sono pi sentita di lavorare laggi, ho deciso di abbandonare il lavoro. Nel 2001 ho preso quei pochi animali che avevano i miei nonni perch erano gi pensionati e adesso ho 100 pecore e una decina di mucche. Cerco di portare avanti quello che facevano i miei nonni adeguandomi ai tempi, perch non puoi fare come facevano una volta in tutto e per tutto[]. Io questanno sto aprendo un caseificio che era una cosa impensabile qualche anno fa, lidea di un caseificio a Zeri. I nonni facevano formaggio, poi mancata una generazione a Zeri, che non c stata quella dei miei genitori, saranno rimaste due o tre persone a fare questo lavoro e quei due o tre allevatori che sono rimasti a Zeri non hanno fatto questo lavoro cercando di ripristinare quello che era, hanno trasformato lallevamento in allevamento intensivo, hanno cambiato radicalmente il modello di allevamento. Io cerco di fare come nella tradizione, aprendo un caseificio familiare, producendo in piccole quantit, sempre come facevano i nonni ma in regola. Io vendo la nostra storia, le persone che vengono in azienda sono interessate s al prodotto ma soprattutto alla storia che c dietro, a visitare lazienda, al contatto, alle leggende, alle passeggiate, a quello che appunto il territorio.

Questa la storia del piccolo miracolo che si realizzata attraverso un processo di transizione aziendale promossa dai giovani allevatori locali, soprattutto giovani donne, orientata alla territorializzazione/differenziazione: come co-produzione tra uomo e natura e come co-produzione sociale. Dal punto di vista della relazione uomo-natura, la nuova gene-

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razione di allevatori riscopre e valorizza la razza ovina autoctona e conduce lattivit agricola riattivando stili aziendali contadini (locali/territorializzati) attraverso processi di retro-innovazione (ricontadinizzazione) in cui lallevamento si fonda sul rispetto e la salvaguardia della componente naturale. Gli allevatori che aderiscono al Consorzio definiscono un disciplinare di produzione che formalizza modalit di allevamento estensivo, promuove il benessere animale, esclude OGM e lutilizzo di sostanze androgene anabolizzanti per la cura degli animali. Gli stili aziendali retro-innovativi, quindi, determinano concatenamenti tra spazio geografico, impresa e ovini atti a ri-costruire e perpetuare in modo sostenibile la nicchia biologico-sociale locale. La nuova pratica imprenditoriale implica delle attivit che trascendono il solo allevamento e macellazione dellagnello: la trasformazione del latte, il recupero e la trasformazione della lana, lo sviluppo di nuovi prodotti (salumi), lorganizzazione della Festa della Pecora Zerasca, la comunicazione, etc. Attivit che implicano nuovi orientamenti, nuove capacit e nuove conoscenze individuali ma soprattutto mettono in evidenza come il nuovo modello contadino sia riconducibile ad una co-produzione sociale, piuttosto che ad una avventura individuale del singolo allevatore. Per quanto riguarda limportanza dellimmissione di nuova conoscenza, molto interessante evidenziare come la transizione dallallevamento tradizionale al nuovo allevamento contadino sia stata possibile grazie ad una leadership forte rappresentata sopratutto da tre giovani allevatrici (due delle quali diverranno presidente e vicepresidente del Consorzio) le quali avevano condotto gli studi fuori dal territorio per poi ritornare, per ragioni diverse, allallevamento. Benvenuti et al Benvenuti et. al (2005; pp. 8-11) hanno realizzato uno studio sul ruolo dellimprenditorialit femminile nello sviluppo delliniziativa di valorizzazione della razza Zerasca e sottolineano limportanza determinante della componente femminile: appare fondamentale il ruolo della donna che, con la sua considerevole presenza, riuscita a limitare il progressivo abbandono di quelle zone che risultano svantaggiate per la loro situazione orografica e ha saputo orientare la propria impresa verso la polifunzionalit, la sostenibilit e la tutela del patrimonio agro-zootecnico locale (Benvenuti et. al, 2005;

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pp. 8-11). La dimensione carismatica di questi nuovi imprenditori, non legata tanto alla competenza tecnica nellallevamento, quanto alla dotazione di capitale umano che si traduce in: capacit di visione, progettazione e azione strategica, capacit di costruire reti di relazione, capacit comunicative; capacit di retro-innovazione (saranno le tre giovani imprenditrici che introdurranno il caseificio aziendale), capacit organizzative. Si tratta di competenze che sono fondamentali nel nuovo modello imprenditoriale che non si fonda sulla capacit produttiva ma piuttosto sulla valorizzazione del prodotto. In relazione alla co-produzione sociale, il nuovo corso dellimprenditorialit locale, nasce prima di tutto come costruzione culturale fortemente supportata dalle istituzioni locali e regionali. La traiettoria aziendale di nuova contadinizzazione non generata dalliniziativa individuale di alcuni imprenditori pionieri che sono seguiti da altri allevatori locali secondo dinamiche di imitazione e che sono nel loro agire dalle istituzioni e dagli altri attori locali. La transizione aziendale si realizza in attuazione di un progetto territoriale elaborato collettivamente e non solo dagli allevatori ma grazie allaiuto e sostegno delle istituzioni locali, regionali ma anche attori nazionali come Slow Food. Sulla base di questa elaborazione collettiva alcuni imprenditori leader, grazie alla propria dotazione di capitale umano, hanno apportato cambiamenti nellorganizzazione aziendale maggiormente di frontiera rispetto agli altri e hanno stimolato la transizione. Inoltre, limportanza della co-produzione sociale legata alle difficolt strutturali delle aziende locali, che non sono in grado di perseguire i propri obiettivi singolarmente. Gli allevatori locali possono intraprendere una nuova traittoria aziendale solo grazie ad unazione collettiva che si genera con la creazione del Consorzio e grazie al supporto delle amministrazioni regionali, locali e di altri attori. Il collegamento tra la singola azienda e le altre aziende e il collegamento tra gli allevatori e gli altri attori nasce dalla condivisione di un progetto di sviluppo territoriale e si muove (in alterne vicende) a supporto dei singoli percorsi aziendali. Lesperienza del piccolo miracolo di Zeri, dimostra con chiarezza come limprenditorialit sia un fenomeno collettivo, dove la nozione di collettivo ha per Johannisson Johannison (1998; 2004), una particolare accezione e fa riferimento alla nozione Gemein-

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schaft elaborata da Tnnies (comunit nel senso di un insieme di individui orientati alla dimensione associazionale tanto quanto, se non di pi, del singolo interesse individuale) e alle idee del filosofo russo Krapotkin di solidariet e mutuo aiuto. Rispetto allimmagine delleroe individuale, legata ad un approccio funzionalista, Johannisson suggerisce un approccio social-costruttivista che permette di guardare allimprenditore come ad un costruttore sociale e allimprenditorialit come processo che si attiva solo attraverso linterazione sociale. Limprenditorialit, intesa come processo organizzativo (Johannison, 2009; p. 1108), riguarda sicuramente propriet individuali, ma solo attraverso il dialogo con le forze collettive queste caratteristiche personali possono trasformarsi in imprenditorialit attiva. Anche Are (2008)., che focalizza la propria attenzione sullimprenditorialit come apprendimento, evidenzia la natura collettiva del processo di apprendimento che condizionata dal contesto sociale in cui lapprendimento stesso si realizza. Il collettivo lambiente attraverso cui si genera lapprendimento imprenditoriale. Nellesperienza dellallevamento neo-contadino di Zeri, la dimensione collettiva dellimprenditorialit ha fondamenta in una pluralit di aspetti che sono alla base del successo delliniziativa: in primo luogo, nellidentificazione di una nuova strategia di sviluppo a cui legata la ri-organizzazione aziendale. Il nuovo progetto aziendale, che emerge dall impulso imprenditoriale primordiale quando limprenditore decide il proprio spazio economico costruendo lorganizzazione aziendale (Iacoponi, 1997; p. 63) non un atto di individualit isolata ma, al contrario, frutto della definizione di un orizzonte strategico di traiettoria economica che emerge da una elaborazione collettiva. La spinta imprenditoriale di ri-organizzare aziendale verso lallevamento della razza autoctona non emerge dallimpresa eroica individuale, come intuizione del singolo imprenditore, ma da un nuovo clima culturale e da una nuova visione dello sviluppo che frutto di unelaborazione collettiva proveniente dallazione congiunta di diversi attori: istituzioni extralocali e locali, associazioni di categoria, Slow Food etc... Secondariamente, la dimensione di collettivit si esprime in quello che per lesperienza dellimprenditorialit di Zeri rappresenta laspetto centrale, ovvero, si realizza nei processi cognitivi che sono operati attraverso un confronto tra gli allevatori e tra gli allevatori e gli altri soggetti locali ed

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extralocali. Terzo, il collettivo si concretizza nella costruzione del Consorzio, che opera come soggetto collettivo in relazione a varie funzioni non attivabili dalle singole imprese: commercializzazione della carne, promozione del prodotto e del territorio, recupero e la valorizzazione del capitale culturale locale, attivit di collegamento con lesterno e rappresentanza politica degli interessi degli allevatori presso le istituzioni locali e regionali. Nella costituzione del Consorzio, si ha la mise en uvre di quelle idee di Gemeinschaft, solidariet e mutuo aiuto che legano le aziende locali attraverso la condivisione di un progetto di sviluppo collettivo che trascende la sola spinta economica ma riguarda la sopravvivenza di una comunit attraverso la sua resistenza a processi di marginalizzazione tipici della ruralit montana. Il collettivo, nel caso dellesperienza di Zeri, non riguarda solo le imprese ma anche la comunit locale. Limprenditorialit collettiva che caratterizza lesperienza di Zeri rimanda alla seconda dimensione del nuovo modello contadino, legata alla co-produzione sociale, da intendere come rottura dei confini aziendale e apertura dello spazio organizzativo dellazienda al territorio ma anche alla dimensione extralocale. Linterazione tra quella che abbiamo definito limpresa agricola rurale e il territorio si sviluppa in una duplice direzione: da un lato i confini organizzativi della singola impresa si fondono con quelli delle altre imprese operanti nel contesto locale, in tal senso il territorio assume, esso stesso, una valenza organizzativa (Garofoli, 2002; p. 16). Dallaltra, linsieme delle imprese locali che costituisco il sistema produttivo locale, sono strettamente connesse con il sistema socioistituzionale in un processo osmotico di muta influenza. La co-produzione sociale, tuttavia non legata solo alla dimensione locale, ma anche a relazioni extra-locali, si pensi alla retro-innovazione del salame di pecora che emerge da una relazione con localit extraregionali. Da questo punto di vista lesperienza di Zeri permette di osservare limportanza del potere organizzativo inteso come lallineamento di progetti e interessi individuali e di gruppo (Lever, 2005; p. 916) nelle dinamiche di sviluppo. Il concetto di network, cos come elaborato da Colin Hay: modes of coordination of collective action characterised and constituted through the mutual

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recognition of common or complementary strategic agendas. Networks, within such an account, are strategic alliances forged around a common strategic agenda (however contested, however dynamic) of mutual advantage through collective action (Hay, 2000; p. 38), risulta quanto mai efficace nel definire il processo di costruttivo del piccolo miracolo cos strettamente legato alle dinamiche organizzative. La capacit di definire alleanze strategiche e allineamenti sia tra gli attori locali sia con attori e realt extra-locali un aspetto che emerge con forza dalla lettura dellesperienza zerasca. La resistenza alla marginalizzazione condotta dagli allevatori di Zeri si realizzata attraverso la strutturazione di quello che possiamo chiamare il network dellAgnello di Zeri, con cui indichiamo linsieme delle interrelazioni, interazioni, scambi e mutue esternalit che sono tracciate tra gli allevatori e gli attori del territorio ed extra-territoriali nel processo di valorizzazione dellagnello. Questi concatenamenti che collegano attivit, processi, persone, pecore, conoscenze, risorse materiali, allevatori, manufatti, consumatori, istituzioni, simboli, etc., hanno determinato una trasformazione della realt imprenditoriali locale. Hanno portato ad una ri-configurazione ed una contro-strutturazione della realt socio-economica di Zeri in cui lallevamento della pecora Zerasca da attivit complementare allallevamento ovino, afferma progressivamente la propria posizione egemone allinterno del contesto locale e collega il territorio con lesterno, attraverso flussi materiali e immateriali di risorse e attori. Il processo di valorizzazione dellagnello di Zeri guidato e rafforzato soprattutto dalla capacit di tessere relazioni e generare allineamenti, potremmo dire dalla capacit di generare alleanze strategiche territoriali, tra gli stessi allevatori, tra gli allevatori e le istituzioni locali, tra gli allevatori e la comunit locale, tra gli allevatori e i ristoratori locali etc. Ma anche le relazioni con gli attori esterni: la relazione con Slow Food che genera il Presidio dellAgnello di Zeri e la partecipazione al Salone del Gusto, la relazione con realt come la valorizzazione della Cornella Bianca che determina una nuova prospettiva commerciale con la produzione di salumi con le pecore a fine carriera, la relazione con vari attori extra locali che hanno permesso la ri-costruzione e mobilizzazione del capitale culturale. Il processo di allineamento duplice: da una parte tra gli attori locali,

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attraverso una integrazione delle specifiche agende strategiche in una pi generale agenda strategica comune, che sia continuamente ri-definita e rinegoziata dagli attori stessi. Dallaltra tra gli attori locali e quelli esterni si deve creare un allineamento inteso come punto di convergenza tra agende strategiche separate. Il network quindi lo strumento di ordinamento che deve essere in grado di produrre coerenza a livello territoriale. Il processo di valorizzazione, invece, rallentato quando si determinano delle disarticolazioni o non si producono gli allineamenti, cos come nel caso del macello di Pontremoli prima ed infine il conflitto tra Comune di Zeri e Consorzio che ha rallentato lipotesi della realizzazione del macello a Zeri. Un altro esempio il mancato allineamento tra il Consorzio e i ristoratori locali. Nel suo procedere con elementi di progresso e di regresso, il processo di valorizzazione che si dispiega attraverso la strutturazione del network, ha permesso allallevamento della pecora Zerasca di affermare la propria posizione egemone allinterno del territorio, come sottolinea Vincenzo Tongiani, presidente di Coldiretti, una valutazione economica non pu bastare: Prima di tutto c da affermare a livello politico limportanza del prodotto agnello di Zeri per i produttori e loccupazione, per le vallate di Zeri e leconomia agricola lunigianese e per il valore promozionale di un prodotto cult riconosciuto in tutto il mondo (Il Tirreno, 2006).

I miei ringraziamenti pi affettuosi a Cinzia Angiolini, Presidente del Consorzio dellAgnello di Zeri, che mi ha accompagnato alla scoperta di questa storia entusiasmante

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