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GESTIRE LE DIFFERENZE INDIVIDUALI: learningpaths.org Psicopedagogie.it psicopedagogie.it form@re Blog Archive Osservazione in classe e videoriprese come strumenti per lo sviluppo professionale dei docenti e la ricerca didattica. Note di metodo su unesperienza in corso nella Provincia di Bolzano formare.erickson.it

Archive All Download Newest GESTIRE LE DIFFERENZE INDIVIDUALI: learningpaths.org GESTIRE LE DIFFERENZE INDIVIDUALI:VERSO UNA PLURALITA' DI INTERVENTI Lingua e Nuova Didattica, Anno XXXII, No. 2, Aprile 2003 Luciano Mariani La gestione delle differenze individuali implica un'interazione costante tra stili di apprendimento, strategie e "compiti", nel

quadro di un clima di classe centrato sulla mediazione e la condivisione. Premessa E' parte dell'esperienza quotidiana di ogni insegnante, o di chiunque sia impegnato in un lavoro di formazione con gruppi di persone, percepire la sensazione della difficolt di gestire l'eterogeneit, ossia la presenza di differenze individuali all'interno di una classe o di un gruppo. "Io sono una/uno, e loro sono trenta" un'affermazione ricorrente alla fine (o anche all'inizio) di incontri di discussione, lavori di gruppo, seminari di aggiornamento tra insegnanti. Dietro questa constatazione, banale quanto significativa, si percepiscono spesso la preoccupazione, il disagio, l'insoddisfazione derivanti da uno dei dilemmi forse pi acuti

che pu vivere un insegnante, pari forse soltanto a quello, altrettanto "sofferto", relativo alla valutazione degli alunni. Il dilemma si riassume facilmente nel desiderio, da parte degli insegnanti pi sensibili, di "individualizzare" quanto pi l'insegnamento (o, in termini pi attuali, l"offerta formativa"), contrapposto alla difficolt di far fronte, con le esigue risorse personali e istituzionali disponibili, ad un impegno cos gravoso. Il risultato di affrontare "di petto" un dilemma simile si traduce spesso in un senso di impotenza, che genera frustrazione e pessimismo sulla possibilit di intervento (si vedano le parallele osservazioni di Graziella Pozzo sul tema della valutazione, in Pozzo 2001).

Un dilemma nasce sempre da una visione rigidamente biunivoca della realt, una visione in cui tutto bianco oppure nero, in cui non esistono sfumature intermedie, e che porta pertanto ad una filosofia di azione del tipo "tutto e subito, oppure niente mai pi". La convinzione sottesa a molte affermazioni sulla gestione della variabilit individuale (comprese molte "indicazioni didattiche" di stampo pi o meno ufficiale) che l"individualizzazione" di obiettivi, contenuti, metodologie, strumenti, criteri di valutazione, o qualunque combinazione di questi e altri fattori, sia l'unica strada percorribile. Se questa "individualizzazione" deve implicare automaticamente e

inevitabilmente la stesura di un "curricolo personale" o di un "piano personalizzato" per ogni singolo alunno, comprensibile la diffidenza e lo scetticismo con cui vengono accolte molte proposte in merito.

Ma porsi un problema non significa necessariamente risolverlo subito e una volta per tutte. Accanto ad un'abilit di problemsolving, e di fronte alla complessit di molte situazioni, forse necessario sviluppare oggi abilit di problemposing, cio di analisi e comprensione del problema, finalizzate in primo luogo alla gestione flessibile del problema nel quotidiano, cio nelle situazioni di classe continuamente

mutevoli. Questo significa adottare una visione almeno in parte alternativa a quella del "dilemma secco", esplorando invece tutta la zona intermedia tra il "tutto" e il "nulla", e (ri)ponendosi alcune domande-chiave, come, ad esempio:

in quali sensi le persone sono diverse quando imparano? come queste diversit condizionano i processi di apprendimento e di insegnamento? che cosa implica riconoscere e valorizzare le diversit?

opportuno "individualizzare"? In che senso? Entro dei limiti? quale gamma di opportunit di intervento possibile ipotizzare per gestire nel quotidiano la variabilit delle persone?

Il presente contributo intende fornire alcuni elementi di riflessione e di discussione su queste domande-chiave. (Per una trattazione pi sistematica ed esauriente, si veda il recente volume della Collana LEND, Mariani-Pozzo 2002.) Differenze in classe: chi diverso rispetto a chi?

Differenze individuali, individualizzazione, piani personalizzati ... le parole chiave di questa tematica sembrano essere centrate tutte sulla dimensione personale e privata del singolo studente alle prese, quasi tra s e s, con i suoi compiti di apprendimento. Ma l'apprendimento di cui vogliamo occuparci in questa sede si realizza in classe, cio in una dimensione sociale e culturalmene condizionata, in cui la particolarit del singolo si incontra o si scontra con le particolarit di molti altri individui, e, per di pi, entro una cornice di lavoro che, persino nella lezione frontale pi unidirezionale, non pu non assumere le connotazioni di "impresa di gruppo", con le dinamiche relazionali e i "climi" che tutto questo comporta.

Dunque quando si parla di differenze individuali ci si deve riferire a individui che, dovendo necessariamente interagire tra loro, sviluppano dinamiche di confronto, di contrapposizione, o, in una prospettiva pi positiva, di mediazione e negoziazione. Gli individui in classe non sono solo gli studenti, ovviamente, ma anche gli insegnanti: entrambi sono impegnati nella gestione di un compito di apprendimento (intendendo qui per "compito" qualunque attivit finalizzata ad un apprendimento, dal pi semplice esercizio di pratica di forme verbali al progetto complesso). Gli sforzi "strategici" dell'insegnante, con i quali cerca di facilitare l'esecuzione del compito, si intersecano con

gli sforzi "strategici" dello studente, e dalla qualit ed efficacia di questa reciproca interazione dipende in definitiva la buona riuscita del lavoro (Fig. 1); senza dimenticare che il contesto della classe parte di un contesto pi ampio, di scuola e societ, con cui intrattiene rapporti reciproci continui, come simbolizzato dalle frecce esterne nella figura.

Figura 1: Il "compito" tra insegnamento e apprendimento Se adottiamo questa ottica "di sistema", non possibile considerare le differenze individuali esclusivamente come "problema

privato" di chi impara: si dimenticherebbe che anche chi insegna portatore di differenze individuali. Ad esempio, gli stili di apprendimento, su cui ci soffermeremo tra breve, sono uno dei fattori di variabilit individuale, e come tale sono riferibili sia allo studente che all'insegnante. Anzi, il proprio personale stile di apprendimento spesso uno dei condizionamenti pi vistosi del proprio stile di insegnamento: la scelta e la gestione dei compiti viene quasi sempre effettuata dall'insegnante, che non pu non riflettervi le proprie personali preferenze. Ha senso dunque trattare della gestione degli stili di apprendimento solo in un contesto complessivo, di "clima di classe", in cui la dinamica tra gli stili altrettanto importante dei singoli profili individuali. Parafrasando

il titolo della celebre saga Star Wars si cos potuto parlare di "style wars", di "guerre di stili", per indicare come nell'incontro/scontro tra stili diversi si possa identificare una delle possibile cause, e non tra le secondarie, dei fallimenti e degli insuccessi scolastici. Differenze in classe: rispetto a che cosa? La diversit pu essere declinata secondo molti parametri: si diversi per et, sesso, provenienza etnica e socio-culturale, personalit, attitudini, "intelligenze", stili di apprendimento, motivazioni, convinzioni e atteggiamenti ... ma in questo contributo ci limiteremo a considerare una delle variabili

pi importanti per i contesti di apprendimento/insegnamento, e cio gli stili di apprendimento, senza dimenticare che ogni "astrazione" di un parametro dalla realt complessiva della persona un'operazione artificiosa, provvisoria e arbitraria, che deve perci essere bilanciata continuamente dalla consapevolezza che la persona che apprende sempre, e in primo luogo, persona nella sua globalit cognitiva, socio-affettiva e culturale.

Una definizione data da Keefe (1979) pu costituire un utile punto di partenza, soprattutto perch contiene chiari riferimenti alle caratteristiche basilari, ma anche

problematiche, di questo concetto: Gli stili di apprendimento sono caratteristici comportamenti cognitivi, affettivi e fisiologici che funzionano come indicatori relativamente stabili di come i discenti percepiscono l'ambiente di apprendimento, interagiscono con esso e vi reagiscono. Sono qui delineate alcune idee-chiave, su cui torneremo a diverse riprese:

la dimensione comportamentale: lo stile di apprendimento non solo un costrutto teorico, ma, in quanto si manifesta in concreti comportamenti, funziona come

indicatore, cio come un segnale, di caratteristiche pi "nascoste" della persona; la globalit del concetto: nonostante l'enfasi talvolta posta sugli aspetti cognitivi dell'apprendimento, uno stile un tipico modo di manifestare la propria individualit anche fisica e socio-affettiva; la relativa stabilit: trattandosi del riflesso della propria personalit negli atti di apprendimento, lo stile stabile tanto quanto la personalit che esprime: soggetto dunque a cambiamenti ed evoluzioni, e particolarmente in et evolutiva, ma con una base, anche genetica e fisiologica, che parte costitutiva dell'individualit della persona;

la funzione di "filtro" : lo stile, insieme a fattori quali convinzioni, atteggiamenti e motivazioni, dai quali difficilmente separabile, agisce come "filtro" rispetto a come viene percepito l'ambiente di apprendimento: i "compiti" a cui abbiamo accennato, ad esempio, una volta scelti dall'insegnante, vengono reinterpretati, quanto a scopi, richieste, procedure, da ciascuno studente in modo diverso a seconda degli "occhiali interpretativi" costituiti, tra l'altro, dal suo stile; l'interazione e la reazione con l'ambiente: lo stile condiziona anche il modo in cui la persona si rapporta all'ambiente di apprendimento, che comprende tutti i fattori del relativo contesto

(dall'insegnante ai compagni, dai libri di testo alle procedure didattiche, dagli strumenti utilizzati alle modalit di valutazione ...): una riconferma di quanto abbiamo gi osservato, e cio che le differenze individuali non possono essere considerate se non all'interno di un quadro socio-culturale nei confronti del quale le persone sviluppano reazioni, pi o meno efficaci e produttive, di adattamento ed evoluzione continui. In altre parole, gli "stili" sono socialmente, culturalmente e istituzionalmente connotati. Aree di stili Come illustrato nella Figura 2, gli stili di apprendimento possono essere identificati e

discussi prendendo di volta in volta in considerazione aree di fattori diversi (Per una panoramica esauriente ed aggiornata, si vedano, ad esempio, Reid 1995 e Leaver 1997.).

Figura 2: Aree di stili di apprendimento Le preferenze ambientali si riferiscono sia al "dove" e al "quando" si studia meglio (ad esempio, all'aperto/al chiuso; a scuola/a casa; in salotto/in cucina; di sera/di mattina; con pause pi o meno.frequenti ..), sia a fattori fisici quali la luce, la temperatura, i suoni presenti nell'ambiente (ad esempio, la tolleranza o l'intolleranza o la necessit di

musica o rumori di sottofondo ...); ai consumi personali (cibi e bevande prima, durante, dopo lo studio ...); alla postura e alla mobilit; e, pi in generale, ai bioritmi personali (i ritmi ciclici, positivi e negativi, che scandiscono la nostra efficienza fisica, emotiva, intellettuale ...).

Le modalit sensoriali si riferiscono alle preferenze individuali nell'utilizzo dei sensi. Tradizionalmente, si prendono in considerazione soprattutto le modalit visiva, uditiva e cinestetica, intendendo con quest'ultimo termine non soltanto la preferenza per o la necessit di movimento

fisico, ma anche, pi in generale, la predilezione per attivit concrete, per l'esperienza diretta, per il coinvolgimento costante nell'azione. E 'interessante notare, specialmente in questi tempi di "bombardamenti multimediali", che una preferenza visiva pu articolarsi in un orientamento visivo-verbale (la preferenza per la lingua scritta) e un orientamento visivo-non verbale (la preferenza per i linguaggi non-verbali: grafico-iconici, gestuali...); cos come una preferenza uditiva potrebbe comportare una correlazione, oltre che con la parola parlata, anche con la valenza di disturbo, ma anche di supporto alla comunicazione, della musica, dei suoni, dei rumori.

Complementari alle modalit sensoriali, che si riferiscono principalmente, anche se non esclusivamente, ai meccanismi di percezione delle informazioni in ingresso, sono gli stili cognitivi, che riguardano pi direttamentre i modi tipici di ogni individuo di sottoporre ad elaborazione quelle informazioni (ad esempio, acquisendole in memoria tramite procedure di associazione e classificazione; elaborandole; recuperandole dalla memoria). Gli stili cognitivi sono stati studiati con una molteplicit di approcci ed elaborando un'altrettanto vasta gamma di possibili descrittori, ognuno dei quali focalizza aspetti particolari dei meccanismi di attivazione delle funzioni cognitive (per

molti versiancora sconosciuti).

I modelli di stili cognitivi pi noti fanno generalmente riferimento a scale bipolari (Fig. 3), ossia ad un continuum tra estremi opposti ideali, su cui ogni persona concretamente si situa.

Figura 3: Esempi di scale bipolari di stili cognitivi e di tratti socio-affettivi I descrittori, ossia i termini utilizzati per identificare gli stili, sono dunque da considerare in termini relativi, ossia come

indicatori di tendenze, non di valori assoluti. La stessa considerazione vale per i tratti socio-affettivi: lo scopo nell'utilizzo di descrittori non certamente quello di trovare i modi pi sbrigativi di "incasellare" una persona, cristallizzandola come "tipo" astratto (un'operazione evidentemente inutile, oltre che pericolosa), ma piuttosto quello di disporre di una gamma articolata di possibilit di definire un profilo personale. Pi che "etichettare" una persona come "introverso" o "estroverso", ad esempio, sar utile, una volta evidenziata un'eventuale tendenza in un senso o nell'altro, arricchire questa (auto)osservazione specificando in che senso agisce questa tendenza: in quali contesti appare, rispetto a quali "compiti" di apprendimento, con quali condizionamenti

sull'esecuzione dei compiti stessi, e cos via - senza dimenticare la natura sempre provvisoria di queste osservazioni, particolarmente significativa quando si tratta di persone in et evolutiva. I profili personali, dunque, sono dinamici, nel senso che vanno continuamente aggiornati per tener conto dell'evoluzione nel tempo delle preferenze individuali (Figg. 4 e 5) (Per esempi di strumenti di rilevazione di tratti distintivi degli stili di apprendimento e di insegnamento, si veda il sito dell'Autore di questo contributo: www.learningpaths.org). Figura 4: La relativit dei descrittori Figura 5: La dinamicit dei profili

Invitiamo ora il lettore a riflettere in modo pi analitico sulle caratteristiche degli stili di apprendimento. Per farlo, coerentemente con il tema di questo contributo (e come esempio, sia pure elementare, di "differenziazione"), gli offriamo una possibilit di scelta. Nella Figura 6 compaiono 11 esempi di persone "classificate" come tipi ideali. Il compito che proponiamo di abbinare ciascuna di queste figure ad uno degli elenchi di caratteristiche proposti nella Tabella 1. Tuttavia, se il lettore, in base alle sue preferenze personali (ed anche al contesto spazio-temporale in cui sta leggendo questo contributo!) preferisce leggere subito gli

abbinamenti, li trover nell'Appendice 1.

Figura 6: Esempi di "stili" (da Mariani 2000) Tabella 1 A quale delle 11 persone raffigurate nella Figura 6 potrebbe riferirsi ciascuno di questi "profili"? Adattare i compiti ai discenti: una didattica variegata Nell'ottica che abbiamo illustrato all'inizio di questo contributo, l'inevitabile eterogeneit di un gruppo in situazione di apprendimento istituzionale (e che, ricordiamolo, comprende dunque a tutti gli effetti anche l'insegnante) comporta in primo luogo la necessit di un adattamento e di una mediazione: in fondo, la situazione di classe esemplifica il pi generale principio secondo cui l'individuo si evolve in un

incessante rapporto con l'ambiente in cui vive.

Da una parte, perci, un punto di partenza inequivocabile consiste nel riconoscere e assecondare le differenze individuali, andando incontro alle diverse esigenze dei membri del gruppo-classe. Per la prassi didattica quotidiana, questo comporta una didattica il pi possibile variegata, cio un'alternanza di stimoli visivi, uditivi, cinestetici; di approcci analitici-riflessivisistematici e globali-impulsivi-intuitivi; di attivit individuali, di coppia, di gruppo e a classe intera. Questa alternanza potr cos assicurare che a ciascuno sia garantito un

parziale adattamento al proprio personale stile di apprendimento: nell'ambito di un "segmento" di apprendimento, sia esso di tipo temporale (una lezione, una settimana ...) o di tipo strutturale (un'unit, un modulo ...), ogni studente potr cos sfruttare i suoi punti di forza proprio perchl'insegnante adatta i compiti ai discenti.

E' interessante a questo proposito fare due osservazioni.

La prima osservazione che questo adattamento pu riguardare svariati settori di differenziazione: contenuti, obiettivi,

supporti, dispositivi, aiuti e guide, metodi ... (secondo la casistica proposta dal progetto LEND - vedi Puren 2001). In particolare, riteniamo che sia opportuno distinguere tra una variet di compiti e una variet di approcci. La variet dei compiti presuppone un'alternanza di attivit (attivit comunicative ricettive e produttive, scritte e orali; ma anche attivit centrate sul sistema linguistico - grammatica, lessico, fonetica - e di riflessione sulle lingue e sulle culture) all'interno del segmento di apprendimento preso in esame; la variet degli approcci presuppone che la stessa attivit venga proposta con modalit variate. Ad esempio, il trattamento della grammatica pu giovarsi di

approcci deduttivi (studio delle "regole" e loro applicazione in esercizi manipolativi: a vantaggio, ad esempio, di "stili" sistematici, convergenti) e approcci induttivi ("scoperta delle regole" attraverso l'osservazione sistematica, la formulazione e la verifica di ipotesi: a vantaggio di "stili" pi intuitivi e divergenti); focalizzazione sulle "forme" e sulla loro correttezza (a vantaggio di "stili" analitici e riflessivi) e focalizzazione anche sui significati e gli scopi comunicativi (a vantaggio di "stili" pi globali e intuitivi); lavori individuali (ad esempio, con la

possibilit di controllare le chiavi degli esercizi in fondo al libro di testo o su schede: a vantaggio di "stili" indipendenti) e lavori a gruppi (ad esempio, con una correzione degli esercizi in coppia: a vantaggio di "stili" pi dipendenti); attivit dagli esiti ben definiti (come esercitazioni "chiuse": a vantaggio di "stili" cauti e poco disponibili al rischio) e attivit dai contorni volutamente pi incerti (dal dialogo su traccia ai giochi di ruolo: a vantaggio di "stili" meno ansiosi, pi tolleranti dell'ambiguit); ... e, naturalmente, tutte le possibili combinazioni di queste opzioni.

La seconda osservazione che l'adattamento dei compiti ai discenti pu realizzarsi in maniera sequenziale (tutti gli studenti eseguono in sequenza gli stessi compiti, variati in modo tale che, "a turno", ciascuno trovi uno o pi compiti che si adattano al suo "stile") o in maniera simultanea (la classe si divide in gruppi, che nello stesso arco temporale eseguono compiti diversi "diversi" per uno o pi dei fattori di differenziazione sopra citati). In questo secondo caso si parla pi propriamente di "pedagogia differenziata". Adattare i discenti ai compiti: una didattica strategica e metacognitiva

Adattare i compiti ai discenti non significa ovviamente concepire e realizzare un "curricolo" personale per ogni studente. Non siamo di fronte ad una individualizzazione assoluta, di cui si gi considerata la difficolt o l'impraticabilit (anche se oggi le nuove tecnologie e l'apprendimento a distanza sembrerebbero rendere questa opzione meno irrealistica di un tempo), ma ad un primo livello di intervento, che va comunque nella direzione di gestire le differenze individuali nel quotidiano.

La domanda a questo punto : fino a che punto pu o deve giungere questo "accomodamento" al singolo studente?

Un'offerta didattica variegata, mentre consente a tutti o a molti di sfruttare i propri punti di forza, non automaticamente permette anche di compensare e potenziare i punti di debolezza. I compiti di apprendimento (e i compiti che attendono gli studenti nella loro vita personale e professionale oltre la scuola) non possono sempre essere adattati al proprio "profilo" individuale, ma, al contrario, esigono spesso flessibilit e negoziazione. Le competenze di azione comunicativa e interculturale, che sono al centro dei curricoli linguistici cos come delineati dal Quadro Comune Europeo di Riferimento (2002), ad esempio, implicano, come carattere distintivo e non secondario, una capacit di negoziare scopi e significati in contesti socio-culturali estremamente

variabili, e dunque una grande flessibilit sia di ricezione che di produzione di messaggi. Una capacit di questo tipo richiede la messa in opera di comportamenti, verbali e non verbali, che rimandano a "stili" diversi a seconda delle esigenze dei contesti: uno stile riflessivo potr dunque risultare utile per valutare con cognizione di causa i contenuti di una pagina web, ma uno stile impulsivo potr risultare pi adatto per gestire in tempo reale e con decisioni "all'istante" momenti di stallo o di incomprensione durante un'interazione tra interlocutori di culture diverse.

Dunque lo sforzo di flessibilit

dell'insegnante, che cerca di adattare i compiti alle differenze individuali dei propri studenti, dovr essere compensato da uno sforzo di flessibilit degli studenti, che dovranno imparare a adattare le proprie differenze individuali ai compiti che l'insegnante e il curricolo via via propongono. Per gli studenti, questo significa in pratica sopperire alle eventuali carenze del proprio profilo personale attrezzandosi con opportune strategie, che li aiutino ad affrontare quei compiti che pi sono per loro rischiosi in quanto mettono allo scoperto i propri punti di debolezza. Anche la persona introversa, riflessiva, sistematica, ad esempio, deve poter sviluppare una competenza di azione comunicativa in tempo reale, ma per farlo avr probabilmente

bisogno di un'educazione strategica di supporto, che sar forse meno utile o addirittura inutile ad una persona estroversa, impulsiva, intuitiva. D'altronde, quest'ultima potr trovarsi in difficolt a scrivere una sintesi organizzata e coerente di un testo argomentativo, e dunque, a sua volta, potr giovarsi di adeguate strategie di supporto.

Adattare i discenti ai compiticosituisce dunque un secondo livello di intervento nella gestione delle differenze individuali. Significa, per l'insegnante, contribuire al potenziamento strategico degli studenti tramite una didattica centrata sulle strategie di apprendimento che pi risultano utili ai

singoli profili individuali. Non tutti hanno bisogno delle stesse strategie, ma, d'altro canto, in ultima analisi il singolo studente che deve scoprire, nel vivo dei compiti quotidiani, quali strategie possono meglio "attrezzarlo". Questo pone un limite e una sfida ad una didattica strategica: il limite l'impossibilit (e l'inutilit, ma potremmo anche dire la pericolosit) da parte dell'insegnante di scegliere ci che ritiene sia pi opportuno per ciascuno studente; la sfida fornire occasioni di incontro con strategie diversificate, perch ciascuno studente possa crescere nella consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza, e delle relative strategie di compensazione e supporto.

La sfida della didattica strategica perci una sfida metacognitiva. Uno degli obiettivi pi ambiziosi, ma nello stesso tempo irrinunciabili, di un curricolo di fornire gli spazi, i tempi e le risorse perch ogni studente possa, da una parte, affinare sempre pi la conoscenza del proprio profilo dinamico personale, e dall'altra parte, diventare consapevole di come i compiti di apprendimento (con i loro obiettivi, prerequisiti, richieste e procedure) si incontrano/scontrano con il proprio profilo, in modo da sviluppare quell'adattamento flessibile e strategico che oggi forse l'unica chiave di interpretazione di (e sopravvivenza in) un mondo complesso e in

continuo mutamento. Esempi di due approcci metacognitivi Le Tabelle 2 e 3 (da Mariani e O'Malley 2003) forniscono due esempi di didattica strategica e metacognitiva, basati su due approcci diversi anche se complementari (e applicati a due compiti tipici degli esami di certificazione esterna). Nel primo esempio (Tabella 2), le strategie vengono proposte direttamente dall'insegnante, tramite il supporto di questa scheda, e lo studente viene invitato a sperimentarle di persona e a valutarne l'efficacia al termine del compito: si tratta di un approccio basato sull'insegnamento diretto di strategie, che per mantiene la caratteristica fondamentale

di fare riferimento al singolo studente per la valutazione e la personalizzazione delle strategie stesse. Nel secondo esempio (Tabella 3), invece, il punto di partenza l'esperienza pregressa degli studenti, che vengono sollecitati, in via preliminare, ad esplicitare i modi in cui hanno sinora affrontato il compito, ma non vengono esplicitamente invitati ad utilizzare nessuna specifica strategia. Al termine del compito, l'insegnante invita gli studenti, tramite una breve discussione (che "rispecchia" quella preliminare) a considerare, verbalizzare e socializzare le difficolt incontrate e le strategie effettivamente utilizzate. Questo secondo approccio dunque basato sulla "scoperta" di strategie, anche se questa scoperta sostenuta da un preciso itinerario

di lavoro. Tabella 2 (Il compito a cui fa riferimento questa scheda, che qui non viene riportato per ragioni di spazio, un esercizio di comprensione di un testo scritto basato su domande a risposta multipla.) Prima dell'esercizio: Considera attentamente queste strategie.

Durante l'esercizio: Cerca di mettere in pratica le strategie. Dopo l'esercizio: Rileggi le strategie, segna con

quelle che hai effettivamente usato e dai un tuo giudizio sulle strategie usate: *** = molto utile; ** = abbastanza utile; * = inutile. Confronta il tuo lavoro con i compagni. Tabella 3 (Il compito a cui fa riferimento questa scheda, che qui non viene riportato per ragioni di spazio, un esercizio di completamento di spazi vuoti in un testo scritto; per ogni spazio sono proposte quattro alternative di parole tra cui scegliere.) Prima dell'esercizio: trascrivi le strategie che senti citare nella discussione di gruppo: Dopo l'esercizio:

Quali spazi vuoti hai trovato particolarmente difficili da riempire?

Come hai cercato di far fronte a queste difficolt? Hai usato qualcuna tra le strategie di cui abbiamo parlato all'inizio?

Quali informazioni hai usato per scegliere le parole? Hai per esempio considerato

Puoi scrivere, nella colonna sulla destra, uno o due esempi di parole scelte in base alle

informazioni che hai usato? Conclusione In questo contributo si partiti dalla constatazione che le differenze individuali in un gruppo di apprendimento sono inevitabili, tanto quanto ne inevitabile la presa in carico in un curricolo che voglia porre il discente al centro dell'apprendimento. Al di l dell'individualizzazione assoluta dei percorsi, ritenuta una strada difficilmente perseguibile, ci si chiesti che cosa significhi tener conto delle diversit e di come queste possano essere gestite nel quotidiano di situazioni di classe. Nella gamma di opzioni possibili si sono messe a fuoco due "didattiche" complementari: una

didattica variegata, centrata sull'adattare i compiti agli studenti, e una didattica strategica e metacognitiva, centrata sull'adattare gli studenti ai compiti. Quest'ultima implica non solo il potenziamento degli studenti tramite opportune strategie, ma anche la loro progressiva presa di coscienza del proprio profilo dinamico personale.

Questi diversi interventi didattici si giustificano anche nel quadro di un'educazione alla complessit che rifugge da semplificazioni e scorciatoie metodologiche - un'educazione il cui principio ispiratore cos ben sintetizzato da

Morin (2001): Si dovrebbero insegnare i principi di strategia che permettano di affrontare i rischi, l'inatteso e l'incerto, e di modificarne l'evoluzione grazie alle informazioni acquisite nel corso dell'azione. Bisogna apprendere a navigare in un oceano d'incertezze attraverso arcipelaghi di certezza. Appendice 1 Gli abbinamenti proposti sono i seguenti: 1. cinestetico; 2. analitico; 3. estroverso; 4. impulsivo; 5. uditivo; 6. sistematico; 7. introverso; 8. intuitivo; 9. visivo; 10. globale; 11. riflessivo. Si noti tuttavia, che, particolarmente per gli stili cognitivi, alcuni descrittori dei profili possono sovrapporsi

ed essere ragionevolmente applicati in molti casi a pi di un profilo: a ulteriore conferma che le classificazioni possono aiutarci a comprendere una tematica complessa, ma non possono essere rigidamente utilizzate per descrivere la ricchezza di ogni stile di apprendimento individuale. Bibliografia AA.VV. 2002. Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione. Firenze: La Nuova Italia/Oxford University Press. Keefe, J.W. 1979. Student learning styles. Reston, VA: National Association of Secondary School Principals.Leaver,

B.L.1997. Teaching the whole class. Thousand Oaks (CA): Corwin Press. Mariani, L.2000. Portfolio. Strumenti per documentare e valutare cosa si impara e come si impara. Bologna: Zanichelli. Mariani, L. e O'Malley, K. 2003. On Target. Course Book 2. Bologna: Zanichelli. Mariani, L. e Pozzo, G. 2002. Stili, strategie e strumenti nell'apprendimento linguistico. Imparare a imparare. Insegnare a imparare. Firenze: La Nuova Italia, Collana LEND. Morin, E. 2001. I sette saperi necessari all'educazione del futuro. Milano: Raffello Cortina Editore.

Pozzo, G. 2001. "Il continuum della valutazione: la valutazione formativa e i suoi strumenti" in Gattullo, F. La valutazione degli apprendimenti linguistici. Firenze: La Nuova Italia, Collana LEND. Puren, C. 2001. Formarsi alla pedagogia differenziata in didattica delle lingue. Programma di Cooperazione Europea n. 39686-CP-3-99-1-BE - Lingua A. Reid, J.M.1995. Learning styles in the ESL/EFL classroom. Boston: Newbury House.

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La classe difficile L'incredibile chance di adulti e bambini di ap

"Per fortuna non insegno in quella classe..." d maestra che passa davanti "a quella classe", d sente vociare, litigare e gridare. Ogni scuola fanno a gara per "non iscrivere l" i propri fig addice a loro... Quello che invece non si sa si apprende di pi. Essa quella in cui il mag dalla complessit dell'apprendimento.

L'apprendimento coinvolge la mente dell'esse intellettivi e cognitivi sono caratterizzati dalla processi mentali, delle variabili personali nel delle potenzialit cognitive, della pluralit di alla cultura, ai contesti e alle specifiche situa qualitativa, possibile e reticolare ( " Didattic Giaconi). Apprendere e conoscere sono due m ma avvengono integrando le emozioni, il cont pluralistiche dell'intelligenza, le teorie degli s poliedrica della personalit si inseriscono in agli occhi uno scenario complesso e plurale c

che segue.

Il ruolo della pedagogista in questo contesto alle richieste emotive di contenimento e di att nei bambini. Qui sotto ecco la lista dei metod il processo di apprendimento di tutto il grupp

L'intervento sul gruppo classe, sul gruppo ins

Osservazione delle dinamiche in classe e c

Compilazione con i bambini stessi di un lor competenze, nel quale vengono raccolti testi s i compagni, i docenti e le loro valutazioni su alle competenze cognitive

Supervisione al team insegnante per affront colloqui singoli di sostegno pedagogico

Sostegno al gruppo insegnante con metodi c la dinamica di gruppo

Sostegno al gruppo insegnante ed introduzio modello proposto da Catia Giaconi

Partecipazione a due riunioni con i genitori nell'introdurre i genitori alla fase di sviluppo trovavano i loro bambini e nel sostenere la lo emotivi di difficile gestione degli alunni. Gli obbiettivi degli interventi sono:

rinforzare l'autonomia e l'autocontrollo dei cui sono stati coinvolti nel corso dell'anno sc

rinforzare un clima di confronto e cooperaz docente;

rinforzare la capacit di osservazione e di g

aumentare le competenze didattiche degli in

sostenere un rapporto di dialogo tra genitor gestire ed educare emozionalmente i bambini.

Questi interventi possono venire condotti attra

L'osservazione in classe viene condotta dal gruppo": durante l'osservazione si registrano intercorrono nella classe. Quindi si elabora u bambini. I nomi dei bambini vengono disposti si sceglie un colore diverso per le emozioni p cooperazione ed amicizia.

ovvio che i bambini stessi si sentono a di classe. opportuno far verbalizzare loro il di quale possono esprimersi su ci che gli procu

cartellini di colore diverso i bambini scrivon esse hanno procurato loro rabbia, paura, vogl altri. Da questo lavoro con la rabbia e la paur serie di regole che devono valere per tutti e d sono garanti. Ecco un esempio: la prima attiv difficile di cui sopra riguarda la differenza tra sessione la conduce la pedagogista insieme al condotta dalle insegnanti dell'area logico-mat Su cartoncini rossi ogni bambino scrive cosa in classe, come reagisce quando si arrabbia e degli altri. Il cartoncino rosso con le informaz parte. Due giorni dopo le altre insegnanti ripr da cosa d fastidio ai bambini, consegnano lo scrivere cosa ognuno di loro vuole fare per m giallo serve a dimostrare l'energia con cui la stare meglio assieme. importante che la ped sappia ritornare dietro le quinte per non deleg rivalit con loro

Per accogliere e rispondere alle espression cooperazione dei bambini si introduce e comi personale delle competenze dei bambini. I ba protocollo, con la consegna di decorarlo con seconda consegna: i bambini possono se vogl ma se non lo desiderano, possono tenerlo anc con gli insegnanti. importante aiutare l'inseg di prendere il coraggio di parlarle, per confid personale o delle aspettative (molto spesso re

I colloqui singoli tra la pedagogista e le ins team ci siano dinamiche di agiti dei singoli ch della singola insegnante con la classe oppure i rapporti delle insegnanti tra loro. Servono a insieme dinamiche distruttive e ansiogene di c

La supervisione a tutto il gruppo insegnanti riunione di mediazione, tra chi coinvolto in cooperazione in team. Qui importante che la

consenso comune di tutto il team docente sulla leadership educativa composta da accoglienz dell'individualit del singolo docente, con i s professionale etc...

Successivamente per aiutare le figure inse situazione particolarmente difficile si lavora esamina le seguenti variabili: Bambino/Evento/Cosa penso/Cosa sento/Com due sedute e viene eseguito in gruppo su casi chiare a tutti le/gli insegnanti la dinamica che questione e fa scoprire loro anche le diversit allargando cos il loro orizzonte emozionale s mettendo in luce aspetti del suo carattere non rasserenando oppure rendendo pi complessa valorizzando lo sforzo autentico di tutto il tea impegnato nella costituzione di una relazione

educativa emozionalmente autentica ed acce

alcuni alunni in situazioni emotive critiche.

Si procede quindi ad un'ulteriore incontro c classe e si propone ai bambini di compilare s prestazioni nelle aree logico-matematica, ling Si chiede ai bambini in parole semplici una v emozionale con gli/le insegnanti. A seguito di possono avere brevi colloqui a tu per tu con l poi le insegnanti sono pi coinvolte in un dial relazione reciproca con diversi singoli. Lo sc intensifica ed il team si consiglia. Le insegnan propria scelta una diario di classe, nel quale difficolt con singoli alunni. Di ora in ora tutt avviene nella classe e accoglie la classe, con classe collabora attivamente a queste session desiderio di cambiare qualcosa nel modo di s tipo di intervento sta nell'apertura dell'adulto assecondandolo, ma ascoltandolo e risponden dicendo anche quello che come insegnante eg

realizzare o accettare dal bambino, ponendo q bambino possa riconoscere.

Presentazione di un questionario di indagin sulle attivit di apprendimento predilette dai una valutazione degli stili cognitivi predomin supportare i bambini ,che esprimono chiaram alcune attivit. Durante le lezioni poi le inseg segnalare ai bambini che l'attivit che segue r capacit, rinforzando i singoli nella propria m quando si troveranno davanti compiti in cui v

Partecipazione alle riunioni con i genitori c emozionale vissuto in classe e richiesta di co contenere forti emozioni di eventuale rabbia o

Questo il lavoro realizzato in "una classe diff

L'esperienza ci ha mostrato che questo modo collassare del gruppo classe in demotivazione questo percorso ha significato un anno di cres insegnanti. Le insegnanti hanno riflesso ai gen ai bisogni dei loro figli, cosa che ha suscitato e ripensamenti in adulti abituati a vedere la sc riuscita della propria educazione. Alcuni sile addirittura trasparire stupore per lo sviluppo ed insegnanti). psicopedagogie.it

form@re Blog Archive Osservazione in classe e videoriprese come strumenti per lo sviluppo professionale dei docenti e la ricerca didattica. Note di metodo su unesperienza in corso nella Provincia di Bolzano formare.erickson.it I/le formatori/trici della formazione professionale in lingua italiana della Provincia Autonoma di Bolzano che, dopo alcuni anni di servizio, vengono ammessi al corso che li abilita allinsegnamento sono abituati alla pratica della visita in aula da parte di una commissione di valutazione, composta dal dirigente della scuola

professionale in cui operano e da due docenti esperti. Il fatto per che questa visita assuma una valenza valutativa rischia di ridurne le potenzialit in ordine al miglioramento professionale. In realt, la visita in aula pu costituire unimportante occasione di riflessione, utile per il miglioramento e lo sviluppo professionale dei docenti, ma anche per la ricerca didattica. Il presente contributo illustra limpianto metodologico di un progetto di ricerca-intervento, che chi scrive ha condotto con un gruppo di docenti della formazione professionale della Provincia. Avviato come supporto formativo ai 26 docenti che stavano seguendo il corso abilitante nellanno scolastico 2010-11, il progetto si sviluppato contemporaneamente

anche nel senso della ricerca, con il ricorso al metodo della videoripresa di pratiche didattiche (Rook e MacDonald, 2011; Goldman et al., 2009) e dellanalisi di racconti di pratica professionale (Tacconi, 2011). La visita in aula per losservazione di una lezione, la videoripresa di una lezione e la costruzione di ulteriori narrazioni di tale evento sono infatti dispositivi che possono ben coniugare le istanze della formazione e della ricerca. Per i docenti lanalisi della videoregistrazione di una lezione, singolarmente o in gruppo, pu rappresentare una preziosa esperienza formativa: il video permette di vedersi e di ascoltarsi, anche ripetutamente, di osservare latmosfera complessiva della classe e le reazioni degli allievi alle proprie azioni di insegnamento;

analizzando sul video le dinamiche dei singoli e della classe, un insegnante pu riflettere sulla propria pratica e identificare le strategie e le tecniche che meglio hanno funzionato e quelle che invece hanno bisogno di essere riviste o modificate. Losservazione in aula e la videoripresa possono costituire anche utili tecniche di raccolta dati per la ricerca sullinsegnamento, non solo quella di approccio sperimentale, basata sulluso di modelli e griglie di osservazione, ma anche quella di taglio qualitativo, fondata sullapproccio dellanalisi di pratiche (Laneve, 2005; Damiano, 2006; Mortari, 2010; Tacconi, 2011), che intenda mettere in parola il sapere sullinsegnamento che gli insegnanti sviluppano nella loro esperienza e

il senso che essi stessi danno a tale pratica. proprio in questa cornice epistemologica che si inserisce il progetto di cui qui di seguito viene descritta larticolazione metodologica. Per rendere la visita in aula unesperienza significativa per i docenti e facilitare la riflessione, era innanzitutto necessario costruire un clima di reciproca fiducia. stato dunque importante poter innestare il progetto di ricerca nellambito del corso abilitante. Era nostro intento collocare la visita in aula allinterno di un percorso che facesse acquisire familiarit con le narrazioni di pratica e facesse diventare proprio la visita un momento importante per la costruzione di narrazioni dense dellevento didattico. Per questo, abbiamo

dedicato alcuni moduli formativi a illustrare e a sperimentare in aula un approccio narrativo alla ricerca didattica. In un primo modulo, della durata di otto ore, sono stati presentati ai docenti alcuni brani tratti da testi di insegnanti scrittori (Starnone, 1995; Fiori, 2003; McCourth, 2006), accompagnati da uno stimolo riflessivo che guidasse ad analizzare il brano stesso e a creare un racconto libero di episodi analoghi, tratti dalla propria esperienza. In questo primo incontro non si trattava di raccogliere dati, ma di costruire un clima di fiducia e di presentare lapproccio facendone gustare una prima diretta esperienza. Durante il secondo modulo, si sono innanzitutto proposti ai docenti alcuni esempi di buone narrazioni di pratica, anche qui con linvito

ad analizzare i testi e a evidenziarne le principali caratteristiche (concretezza, ricchezza di dettagli, frequente ricorso al discorso diretto, intensit emotiva, ecc.). La costruzione di un racconto personale avvenuta poi in risposta alla seguente consegna: Racconta un episodio in cui hai avuto anche tu la percezione che una tua pratica didattica avesse concretamente contribuito a far cadere lopaco dagli occhi dei tuoi allievi. Ciascun docente veniva in un primo momento invitato a generare un abbozzo scritto del proprio racconto. In un secondo momento, chi desiderava poteva raccontare agli altri il proprio racconto e precisarlo, anche sollecitato dalle loro domande. Solo dopo la conclusione del modulo, i docenti venivano invitati a

riscrivere il proprio racconto e a inviarlo al ricercatore. Nel terzo modulo, dopo una condivisione sullesperienza della scrittura, stato presentato ai docenti un testo con la raccolta di tutti i racconti generati nella fase precedente. La consegna, questa volta era di individuare, attraverso un processo di analisi dei testi, gli elementi che hanno inciso sulla qualit delle azioni didattiche e che, nelle situazioni narrate, hanno fatto la differenza. In seguito, si attivato un confronto tra gli elementi emersi nellanalisi, dal basso, e la griglia di indicatori utilizzata in Provincia nelle procedure di valutazione dei docenti basate sulla visita in aula. Ne emersa la raccolta di indicatori che riportiamo nella tabella seguente. La lezione si aggancia a ci che stato

appreso prima; Le informazioni vengono presentate in modo strutturato; Il docente si esprime in modo chiaro e comprensibile; I termini tecnici vengono definiti; Le consegne di lavoro sono formulate in modo preciso e agli allievi risulta chiaro cosa loro chiesto di fare; Il tempo a disposizione per le varie attivit adeguato. 2. Orientamento agli obiettivi La lezione si orienta a obiettivi indicati nel progetto del corso; Gli obiettivi a cui si tende vengono formulati in modo chiaro; Il docente fa emergere le connessioni

interne allarea disciplinare e quelle esistenti con altri campi di esperienza; La lezione consente di operare connessioni tra i saperi e lambito professionale. Il docente sa agganciare lorizzonte di esperienza e/o gli interessi degli allievi; Il docente riesce a rendere gli allievi consapevoli del senso che la lezione pu avere; Le consegne di lavoro sono articolate e chiare; Il docente rinforza i progressi individuali con un corretto utilizzo della lode e con interventi incoraggianti; Il docente si dimostra egli/ella stesso/a interessato/a agli obiettivi indicati e ai temi trattati.

4. Variabilit delle modalit didattiche Vengono utilizzate diverse metodologie (ad esempio, lezione dialogata, lavoro per progetti, lavoro libero); I metodi di insegnamento variano a seconda degli obiettivi; Si utilizzano anche con attenzione allet degli allievi modalit di lavoro specifiche per la disciplina; Nelle fasi di lavoro cooperativo, gli allievi apprendono gli uni dagli altri. 5. Apprendimento autonomo Gli allievi hanno l'opportunit di sviluppare (o di esercitarsi in) competenze disciplinari e/o metodologiche; Gli allievi hanno l'opportunit di sviluppare (o di esercitarsi in) competenze personali e/o sociali;

Gli allievi ricevono stimoli per riflettere su e migliorare le proprie strategie di apprendimento; Gli allievi hanno lopportunit di sviluppare (o di esercitarsi in) competenze nellutilizzo di tecnologie digitali. 6. Supporto individualizzato Il docente offre un aiuto a quegli allievi che non capiscono o non riescono a fare quanto richiesto; Il docente non guarda solo i risultati di apprendimento ma anche i progressi e le difficolt che gli allievi manifestano; Il docente formula consegne di lavoro differenti in base alle potenzialit e/o agli interessi degli allievi; Gli errori degli allievi vengono utilizzati

costruttivamente per favorire apprendimento. La lezione si basa su un sistema di regole negoziate, che aiuta a bloccare sul nascere eventuali comportamenti disturbanti; Il docente si preoccupa di utilizzare in modo effettivo il tempo (puntualit, assenza di tempi morti); Il docente fa riferimento a una chiara pianificazione, ma riesce a essere flessibile in base agli spunti che vengono dagli allievi o dalla situazione. Il docente assume e promuove un atteggiamento positivo nei confronti dellapprendimento e delle cose da fare; Le relazioni tra docente e allievi sono serene e non denotate da paura; Gli allievi si rapportano tra di loro con

reciproco rispetto; Il modo di parlare del docente amichevole e valorizzante; Tutti gli allievi vengono coinvolti nellattivit didattica. 9. Verifica e controllo dell'apprendimento Le consegne di lavoro si pongono a un adeguato livello di richiesta (n troppo alto n troppo basso); Gli allievi imparano ad applicare il loro sapere a diversi campi; La lezione prevede dei momenti di esercitazione; La lezione prevede momenti in cui gli allievi producono e presentano delle sintesi di quanto fatto; Viene verificato il raggiungimento degli

obiettivi specifici di apprendimento; I compiti per casa (se presenti) vengono controllati e discussi. Dopo la fase di preparazione e di pianificazione, siamo passati alla fase di realizzazione delle visite stesse, in un periodo che va da novembre 2010 a gennaio 2011. Lincontro con il/la docente che sarebbe stato osservato avveniva alcuni minuti prima della visita in aula e serviva a mettere il/la docente a proprio agio. Nella maggior parte dei casi, abbiamo collocato la videocamera su un cavalletto fisso, posto sul fondo dellaula, rivolta al docente, con gli allievi ripresi di spalle. Le diverse tipologie di lezione o i vari momenti in cui era articolata una lezione hanno orientato a discostarsi da questa collocazione della

videocamera ogni volta che lo si ritenuto opportuno per meglio afferrare la dinamica attivata dal docente. Allinizio, la telecamera generava spesso un po di imbarazzo nel docente, meno frequentemente negli allievi, ma questa fase veniva presto superata e lattenzione si concentrava sullazione di insegnamento. Losservatore, sempre accompagnato dal tecnico, dopo una breve presentazione agli allievi, assicurava in aula una presenza discreta, collocandosi in un angolo che gli facesse guadagnare una visuale completa sul gruppo. Libero dalla preoccupazione di seguire gli aspetti tecnici della videoripresa, poteva concentrarsi sulla stesura di vere e proprie note di campo. Si proceduto disegnando innanzitutto una pianta dellaula con lindicazione dei banchi,

riportando, in corrispondenza dei posti, i nomi degli/delle allievi/e, via via che venivano pronunciati dal docente, che li interpellava, o dai/dalle compagni/e. Ai nostri appunti aggiungevamo qualche notazione sul contesto fisico (disposizione degli arredi nello spazio, attrezzature, pareti ecc.). Inoltre, cercavamo di annotare con cura e ricchezza di dettagli le azioni del docente (la focalizzazione della ricerca era proprio su questo) e degli allievi, gli accadimenti imprevisti e alcuni frammenti dellinterazione tra docente e allievi/e o degli/delle allievi/e tra loro. Lobiettivo era di avere a disposizione del materiale ricco da utilizzare nel colloquio con il singolo docente, che avrebbe seguito immediatamente la visita, ma anche delle

note attraverso le quali poter poi costruire una descrizione densa dellevento didattico. Luso di due penne, di colore diverso, ci consentiva di distinguere le notazioni descrittive da eventuali note riflessive e commenti del ricercatore. Ciascuna visita in aula da parte di un esperto stata seguita da un colloquio con il docente, della durata di circa unora, per riflettere a caldo sulla lezione. Il colloquio prendeva avvio da una condivisione di impressioni generali rispetto allandamento della lezione: Come ti sembra sia andata la lezione? Che cosa andato bene? Che cosa andato meno bene?. A questo primo scambio, seguiva levidenziazione da parte dellesperto dei punti di forza della lezione, di quegli elementi cio che avevano

funzionato, che erano risultati efficaci, nel senso che, ad esempio, avevano attivato lattenzione degli allievi e il loro coinvolgimento. Spesso era proprio lo sguardo dellesperto che aiutava i singoli docenti a identificare i punti di miglioramento possibile, ma anche i punti di forza, riducendo la tendenza di diversi di loro a essere ipercritici con se stessi. Per lo scambio, lesperto poteva attingere alle sue note. Una particolare attenzione stata dedicata allutilizzo di un registro descrittivo, (ad esempio: Ho notato che quando hai fatto questo, quel ragazzo si girato e ha rivolto lo sguardo verso di te,) e non valutativo. Spesso il colloquio individuale con il docente offriva indicazioni rispetto alla situazione specifica

di alcuni/e allievi/e o a eventi pregressi, oppure consentiva di far luce su aspetti non immediatamente visibili (emozioni e processi di pensiero del docente) durante la visita. Per questo lesperto continuava, durante il colloquio, ad annotare sul proprio quaderno tali elementi e le sue riflessioni. Una prima forma di analisi che abbiamo suggerito era quella che poteva essere condotta a partire dalla griglia di indicatori di qualit dellazione didattica che avevamo elaborato insieme nelle fasi precedenti del percorso (si veda la Tabella 1) o di altre griglie strutturate che avevamo fornito (Gross Davis, 2009). La riflessione a partire da griglie, cio da un modello di azione didattica che guidi nellanalisi, di per s congruente con approcci di ricerca di tipo

sperimentale, stata qui proposta in una prospettiva di formazione, pi che in una prospettiva di ricerca. Risultava infatti utile stimolare negli insegnanti una riflessione sul proprio agire che fosse compatibile con i tempi ristretti normalmente a disposizione e fornisse loro strumenti per prepararsi alla visita da parte della commissione di valutazione. Abbiamo poi suggerito di focalizzare lanalisi su alcuni aspetti specifici o singoli elementi della griglia: la struttura o articolazione complessiva della lezione, il clima nella classe, il modo di presentare i contenuti, il modo di porre domande e il tipo di domande poste, le risposte alle domande degli allievi o i commenti ai loro interventi, gli aspetti non verbali della comunicazione (da cogliere

magari provando ad analizzare il video senza laudio) ecc. In particolare abbiamo suggerito di soffermarsi nellanalisi di ci che avevano fatto bene. I video possono essere utilizzati anche come spunto di partenza per un confronto intersoggettivo. A questo sono stati dedicati i moduli successivi alla visita in aula, svoltisi tra gennaio e maggio 2011. Un primo modulo stato impostato come riflessione sullesperienza della visita (sensazioni, emozioni, pensieri, guadagni conoscitivi ecc.), a partire da una condivisione dei materiali elaborati. In quella sede sono stati analizzati anche i canovacci delle lezioni, individuandone punti di forza e punti di debolezza e generando, a partire da essi, un repertorio di modalit e formati, pi o meno

strutturati, per gestire la progettazione di una lezione. Un secondo modulo stato dedicato a focalizzare la riflessione sulle dinamiche di gestione del gruppo classe, a partire dallanalisi condivisa di alcuni spezzoni di video. Nel terzo modulo la riflessione stata orientata sulle consegne di lavoro e i compiti di apprendimento, sempre a partire dallanalisi di alcuni spezzoni di video. Nel quarto modulo abbiamo portato lattenzione dei docenti sul dare e ricevere feedback, nella prospettiva di stimolare il ricorso a visite reciproche (reciprocal review), anche al di l del corso di abilitazione. Di ogni video abbiamo proiettato in aula i primi dieci minuti, stimolando i partecipanti a formulare un feedback al/alla collega e ragionando poi, attraverso una meta-

riflessione, sulle regole del dare e ricevere feedback. Un ultimo modulo stato dedicato a una ricostruzione cognitiva di tutto il percorso, a una prima restituzione complessiva dei risultati che andavano emergendo e a una valutazione condivisa sul significato che lesperienza aveva assunto per ciascuno. A questo punto avevamo a disposizione tre fonti relative a uno stesso evento: il racconto del docente, il racconto del ricercatore e il video della lezione. Anche la videoripresa rappresenta infatti una narrazione, assume un punto di vista, coglie alcuni aspetti e ne lascia in ombra altri. A partire da questi materiali, procedendo un po come fanno gli storici, che si trovano a intrecciare tra loro diverse fonti, abbiamo costruito un ulteriore

racconto, attraverso successivi aggiustamenti e integrazioni, tenendo sempre gli occhi aperti sulla storia e cercando di seguirne la trama (plot) con sensibilit ermeneutica. Ci soffermavamo in particolare su quegli elementi rispetto ai quali le ricostruzioni narrative divergevano. In questi casi, il ricorso al video, come ulteriore versione del racconto, ci consentiva di integrare i vari punti di vista. Rivedere pi volte il materiale girato ci permetteva inoltre di cogliere la rilevanza di aspetti che, a una prima visione, ci erano sembrati poco interessanti e trascurabili. Tali racconti, ancora in fase di ultima redazione, verranno presto inviati ai docenti per essere da loro validati e integrati in un lavoro che si configura come un vero e proprio esercizio

di co-writing. Saranno proprio questi i testi da cui partire per unulteriore analisi delle pratiche che della pratica didattica porti a costruire una teoria dal basso (grouded). Sul versante della formazione, possiamo affermare che il percorso ha prodotto nei docenti un aumento di riflessivit e di consapevolezza rispetto alle varie dimensioni implicate nella pratica e una crescita del repertorio di strategie e strumenti a disposizione della comunit professionale. Lo attestano in particolare i feedback dei docenti e la qualit delle scritture riflessive inserite nel portfolio. Un incontro con i dirigenti e i membri delle commissioni di valutazione ha permesso poi di cogliere anche un miglioramento del clima complessivo allinterno delle singole realt

scolastiche di provenienza, legato soprattutto dallaumento di fiducia reciproca che la condivisione di storie e il coinvolgimento in processi di visita reciproca richiedono e insieme generano. Anche sul versante della ricerca, nonostante la criticit costituita dalla difficolt di governare un processo cos complesso e di armonizzare i tempi richiesti dalla ricerca con i tempi stabiliti del percorso formativo, i guadagni sono stati e si prospettano essere piuttosto consistenti. Un primo significativo prodotto costituito dai racconti stessi, nella loro pluralit di versioni, espressione di una molteplicit di sguardi e possibili fonti di riflessioni ulteriori proprio a partire dalla loro diversit. Lanalisi fenomenologica dei testi ancora da completare e ai docenti che

hanno partecipato alla ricerca va ancora restituita una narrazione complessiva che attinga ai racconti co-costruiti nel processo e da essi si lasci legittimare. Un tema da approfondire sar per quello delleffettiva possibilit di andare oltre la raccolta di singoli casi, per quanto emblematici e organizzabili in categorie, e generare una teoria didattica che, pur consapevole della propria parzialit, possa dirsi utile e significativa anche per altri soggetti, oltre a quelli coinvolti. formare.erickson.it

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