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Lo Stato moderno: origini e degenerazioni

1. Introduzione
Il minimo comune denominatore di ogni studio e di ogni ricerca nell ambito della storia la periodizzazione. Di conseguenza prima di accingerci allanalisi della materia storica in questione, ossia la storia dello Stato moderno, necessario quanto utile stabilire i limiti cronologici entro i quali si pone il suddetto fenomeno storico. E consideriamo, dunque, come termine a quo la fine del Medioevo e come termine ad quem let contemporanea. Stabilito ci , inoltre, necessario definire anche i limiti spaziali della nostra indagine storica: lo Stato moderno si sviluppa nella sua interezza storica in tre grandi aree geografiche europee, ossia in Inghilterra, Francia e Germania. La storia dello Stato moderno la storia di due tensioni, ossia la concentrazione del potere e la partecipazione del potere, la storia delle classi dominanti, la storia della repressione, la storia della civilt europea. Servendoci di una citazione di Ernst-Wolfang Bckenforde, lo Stato moderno non un concetto universale, bens indica una forma di ordinamento politico sorta in Europa a partire dal XIII secolo fino alla fine del XVIII secolo e agli inizi del XIX secolo, che si poi diffuso come modello a livello mondiale. Lelemento che caratterizza lo Stato moderno il progressivo accentramento del potere, fondato sul principio di territorialit e sulla impersonalit del comando politico, a cui si arriva in seguito allevoluzione del concetto di officium. Max Weber ha tradotto il carattere dellaccentramento del potere nel suo aspetto pi spiccatamente politologico, quello del monopolio della forza legittima. Tale definizione evidenzia il valore politico del superamento del policentrismo del potere in favore di una concentrazione del medesimo. E come esistono forze storiche che hanno favorito la formazione dello Stato moderno, esistono anche forze storiche opposte ad esso: La prima la concezione universalistica della res publica christiana che, enunciata dal potere papale, si attua storicamente attraverso la lotta per le investiture; La seconda, strettamente legata alla prima, rappresenta il proclama del Primato dello spirituale sul politico, sempre da parte dellautorit papale. E con tale proclamo pontificio, il Papa riconosce, implicitamente, il grande potenziale della politica.

Tale riconoscimento prepar il terreno per i nuovi interessi temporali che scaturivano dai nuovi rapporti economici e sociali. Sicch lincontro delle varie forze politiche e storiche che contribuirono alla formazione dello Stato moderno avvenne su due piani: uno spaziale, riguardante il territorio, laltro istituzionale, riguardante il passaggio signore-sovrano. In tal modo lo Stato moderno da intendersi come il passaggio dalla signoria terriera alla sovranit territoriale, attraverso la signoria territoriale. Il passaggio dalla signoria terriera alla sovranit territoriale non fu indolore: i privilegi feudali e il prevalere della religione sulla politica furono i principali ostacoli. Storicamente questultimo ostacolo, ossia il prevalere della religione sulla politica, fu superato in seguito alle guerre di religione in Francia, dopo le quali prevalse una visione tecnica del potere: la religione cessa di esser parte integrante della politica. Cos con la

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fondazione politica del potere, lo Stato acquisisce una valenza moderna e, dopo le lotte di religione, si definiscono i suoi tre attributi: mondanit, razionalit e finalit. Obbiettivo principale dello Stato diviene la pacificazione interna e leliminazione del conflitto sociale, mediante il monopolio della forza legittima. Ci diventa possibile allinterno di una nuova visione del mondo, allinterno della quale ad un ordine di valori immutabili estesi alluniverso si sostituisce un ordine pi ristretto di valori mondani e, quindi, pi attinenti alluomo. Lordine statale, che inizia simbolicamente con il contratto sociale, diventa cos funzionale in primis alla sopravvivenza delluomo e poi al suo benessere crescente.

2. Le origini dello Stato moderno: crollo del sistema feudale e nascita dellAntica societ per ceti
Il periodo che va dal XII al XVI secolo, noto come Basso Medioevo, rappresenta la grande fase di transizione che porta dal sistema feudale allo Stato moderno: questa lepoca in cui si prepara la grande costruzione dello Stato. Attraverso lo sfacelo e il crollo dellimponente struttura a base imperial-religiosa, crolla anche il sistema feudale e sorge la forma pi arcaica dello Stato moderno, ossia la societ per ceti. Tale passaggio si verifica in seguito alla conversione del feudo in signoria e con il sorgere delle nuove attivit produttive e commerciali. Minimo comune denominatore di entrambi questi processi la pretesa dellautogestione: alla soluzione dei problemi relativi a ciascun ambito (istituzionale e comunitario). Prima di definire la societ per ceti sar meglio dire che cosa si intende per ceto. Il ceto linsieme delle persone che godono, per la comune condizione in cui si trovano, della medesima posizione in ordine ai diritti e ai doveri politici e che elaborano e praticano forme di gestione della loro posizione rappresentativa. Da ci scaturisce che nella societ per ceti il rapporto della societ con il potere non pi personale ma necessariamente collettivo. Cos il superamento della base personale e, di conseguenza, prevalentemente giuridica del potere e il mutamento della struttura economica rappresentano le caratteristiche della societ per ceti, ossia di quella forma di organizzazione del potere propria di una fase di transizione quale quella descritta allinizio. Tuttavia la societ per ceti presenta elementi diversi e quasi contraddittori rispetto al modello ideale dello Stato moderno: nello Stato moderno, infatti, pubblico e privato costituiscono due categorie politiche distinte tra loro e il rapporto Stato-Societ un rapporto-contrapposizione; inoltre quel che manca alla societ per ceti e ne costituisce la differenza di fondo e, allo stesso tempo, il carattere eminente rispetto allo Stato moderno proprio ci che Max Weber considerava lessenza stessa dello Stato: il monopolio della forza legittima. Di conseguenza, pi corretto che la societ per ceti, la quale presenta una unione diretta tra sfera pubblica e sfera privata e un policentrismo del potere, venga chiamata Antica societ per ceti, in quanto una societ che contemporaneamente Stato e societ: societas civilis sive status. Tra il Seicento e il Settecento, lAntica societ per ceti conobbe la sua fine: la societ comincia a diventare ormai interlocutrice dello Stato, fino ad assumere, con il sorgere del nuovo modo di produzione capitalistico, la sua forma di moderna societ civile, costituita da classi.

3. Lo Stato Assoluto

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Dopo aver analizzato brevemente le origini storiche dello Stato momento, giunto il momento di parlare di quelli che sono stati i volti dello Stato moderno nel corso della storia. E il primo di questi volti che analizzeremo costituito dallo Stato Assoluto, che rappresenta una componente essenziale della storia dello Stato moderno, in quanto ha contribuito a due suoi principi fondamentali, ossia alla secolarizzazione e alla razionalizzazione della politica e del potere, nellarco di tempo che va dal XVI al XVIII secolo. Sorto forse nel Settecento, diffusosi nella prima met dellOttocento, il termine Assolutismo aveva la funzione di indicare, nei circoli liberali, gli aspetti negativi dellillimitatezza e della pienezza del potere monarchico. Il termine Assolutismo, carico di forza polemica, diffondendosi nei linguaggi tecnici europei, ha assunto le sembianze di un fenomeno conveniente se non addirittura necessario per il buon funzionamento di ununit politica moderna, basata su un sistema monocratico ed accentrato. Tuttavia la forza polemica del termine stata spesso la causa di una generalizzazione del concetto, spesso identificato con quello di potere arbitrario ed illimitato. Tali generalizzazione, che possono mostrarsi utili e funzionali ad un dibattito politico, sono da considerarsi sterili ai fini della ricerca storica. Da una prospettiva storico-costituzionale, lAssolutismo da concepirsi come una forma specifica di organizzazione del potere, distinta dal despotismo cesaro-papista orientale (differenza storica) e dalla feudale societ per ceti (differenza istituzionale). LAssolutismo una forma di governo in cui il detentore del potere esercita questultimo senza dipendenze o controlli da parte di altre istanze. Lo Stato Assoluto, il cui principio di fondo legato alla formula legibus solutus, implica unautonomia del principe rispetto a qualsiasi limite legale esterno, tranne che alle leggi naturali e divine o alle leggi fondamentali del regno: si tratta di una assolutezza relativa, che ci consente di affermare che lAssolutismo non tirannide. I limiti suddetti, tuttavia, svolgono un ruolo negativo nella definizione dell Assolutismo, che si configura come un regime politico-costituzionale (nel senso che il suo funzionamento comunque sottoposto a limiti e regole prestabilite), non arbitrario (il potere del monarca non illimitato), di matrice secolare e profana. Perci lo Stato assoluto tuttaltra cosa dal despotismo cesaro-papista, che si identifica in elementi sacrali, religiosi e magici. Aspetto giuridico-costituzionale dellAssolutismo. LAssolutismo si presenta come la conclusione di una lunga vicenda, che attraversa lindispensabile mediazione della dottrina cristiana e della Chiesa romana come istituzione e che, partendo dal principio di legittimazione monarchica tramite investitura, passa da una giustificazione consapevolmente religiosa del potere ad una prevalentemente giuridica e razionale rispetto allo scopo, ossia al principio monarchico costituzionale dellOttocento. Il concetto di legibus solutus scaturisce in seguito allo scontro tra la Chiesa e lImperatore e il Principe, ossia consequenzialmente allo scontro di due concezioni del diritto: se da una parte vi era il semplice ed indimostrato richiamo a Dio e al diritto esistente da tempo immemorabile, trovato dal sacerdote-principe della Chiesa, da unaltra parte vi il principio quod principi placuit legis habet vigorem, secondo il quale il potere di un principe si basa sul suo diritto di creare leggi concrete, in relazione ai bisogni del tempo e in base alle tecniche pi aggiornate, alle quali solo il principe pu sottrarsi. Aspetto politico-razionale dellAssolutismo. Analizzando sotto un profilo

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politico-razionale il fenomeno dellAssolutismo, legato strettamente al fenomeno della secolarizzazione del potere, duopo citare, in maniera diacronica, il pensiero di illustri studiosi, cominciando da Niccol Machiavelli. Machiavelli, non parlando ancora di Assolutismo, contrapponeva lordine assoluto a quello civile. Nonostante lordine assoluto fosse per Machiavelli sinonimo di tirannia, egli propugnava la figura di un Principe in Italia che potesse incarnare tal ordine in maniera temporanea, affinch unificasse il paese. Un ruolo decisivo nel rafforzamento del potere dei principi fu giocato dalla Riforma Protestante. E le teorie riformate e machiavelliane confluirono nel pensiero politico tra il XVI e il XVIII secolo. La riflessione sullAssolutismo si amplifica con lavvento dei politiques e del loro massimo esponente Jean Bodin. Con la sua opera I Sei libri dello Stato, Stato e politica risultano incarnate nel principe e portate ad ununica teoria, nel principio di legittimazione della sovranit summa legibusque soluta potestas, secondo cui il principe ha come solo limite la legge naturale e divina, in quanto pu dare le leggi ai sudditi e cancellarle, dal momento in cui non soggetto ad esse. Neanche le leggi fondamentali del regno costituiscono un limite per il potere del principe, secondo Bodin, in quanto sono strettamente legate alla corona. Ultimo, ma non per questo meno importante, autore da citare Thomas Hobbes. Nellelaborazione del suo pensiero, Hobbes batte lunica strada disponibile per riallacciare il legame spezzato tra sovranit (rivendicata dalla monarchia Stuart) e diritto (rivendicato dalla gentry): lassunzione di un sistema giuridico riconosciuto universalmente. Lo Stato diventa un automa, un uomo artificiale con una forza naturale maggiore, il cui scopo quello di proteggere e difendere (dal Leviatano). Lo Stato, fatto a somiglianza delluomo, ma quasi-dio, concepisce le passioni delluomo come peccato, mediante listituzione delle leggi e diventa cos lo strumento razionale con cui luomo salva la propria concretezza, ossia la vita. Nello Stato luomo si salva, non si perde. Conclusione. LAssolutismo politico, in ultima analisi, ha come risultato finale la garanzia della libert umana. Un Assolutismo che, riassumendosi nel dualismo autorit-suddito, in cui vigono dei limiti sia per luno che per laltro, si distingue dal totalitarismo, il quale presuppone il raccoglimento di tutto il potere nelle mani di un unico corpo politico, senza che i diritti degli uomini vengano garantiti.

4. Lo Stato di polizia
Il termine polizia, probabilmente derivante dal termine greco , rappresenta unespressione coniata dalla storiografia per indicare un preciso fenomeno storico. Pi precisamente il termine fu coniato nel corso dellOttocento quando alcuni storici tedeschi, spinti da un ideale politico liberal-borghese, corrispondente allidea di Stato di Diritto, vollero contrapporlo a questultimo. In particolar modo, con lespressione Stato di poliziasi intende una forma di organizzazione del potere, antitetica allo Stato di Diritto, storicamente realizzatosi in Prussia nel corso del XVII secolo. Il termine police, tuttavia, veniva gi utilizzato nella Francia del 500 ed aveva un significato prevalentemente teorico, indicando quelapparato che aveva come scopo il consolidamento e la difesa della sovranit del monarca. La polizia intesa come momento centrale nella formazione di uno Stato, invece, trov la

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sua realizzazione nel processo di costituzione dello Stato territoriale tedesco. Nel passaggio da una struttura costituzionale tipicamente per ceti, come quella imperiale del XVI secolo, ad unorganizzazione accentrata del potere nei singoli Stati territoriali, quale si verific in alcuni territori tedeschi nel corso del XVII secolo, facile comprendere come il problema centrale consistesse nella necessit per il principe territoriale di crearsi un proprio spazio autonomo, una propria sfera sovrana. Il principale strumento col quale il principe riusc a realizzare il proprio disegno accentratore fu la Policey, intesa come linsieme degli interventi e delle affermazioni di cui il principe si serv per consolidare il suo potere. Il tentativo del principe era storicamente facilitato e consentito dalla debolezza della figura dellImperatore. Oramai alla fine del 600 la polizia si afferm nello stato territoriale tedesco come lintero ordinamento interno dello Stato e di conseguenza lapparato di potere destinato a garantire questultimo. Questultimo concetto e quello secondo cui polizia ed ordine sono sinonimi costituiscono le basi dello Stato di Polizia, storicamente rea3lizzatosi in Prussia con lo Stato di Federico il Grande e, in generale, con i principi prussiani della Casa di Hohenzollern. Qui il benessere dei sudditi, inteso come felicit materiale, non solo un fine da raggiungere per la realizzazione dello Stato ideale, ma un mezzo importante per far funzionare lo Stato nella sua concretezza storica. Tale benessere pu essere raggiunto soltanto se viene perseguita una rigida e rigorosa politica fiscale e amministrativa. Una politica che, come nel caso della Prussia degli Hohenzollern, deve essere politica di potenza e benessere.

5. La concezione liberale dello Stato e linizio della sua crisi


Con il sorgere della moderna societ civile, gi citata precedentemente, si attu la messa in crisi della legittimazione esclusiva del principe. Ad essere contestata non fu la struttura dello Stato assoluto, ma la figura del monarca, a causa del valore che aveva assunto nel corso degli eventi storici. Gli obbiettivi di fondo dello Stato, ossia linstaurazione e il mantenimento dellordine, non mutarono. Con la nascita e la diffusione di nove tendenze politiche, come quelle giusnaturaliste, i valori dellindividuo riempiono lordine statale che, continuando a presentarsi mondano, razionale e tecnico, perde il significato prevalentemente neutrale di difesa dal conflitto sociale e di garanzia della libert soggettiva, per acquisire connotati di realizzazione e di sviluppo di interessi pi specifici. Ci che segn unulteriore fase dello Stato moderno fu il passaggio dalla sfera della legittimit a quella della legalit, in quanto il nuovo fondamento dello Stato non doveva pi essere il potere ma la legge. Il nuovo modello di Stato che si stava delineando era lo Stato di Diritto, fondato sulla libert politica e sulluguaglianza di partecipazione politica dei cittadini, oramai non pi sudditi. Con lo Stato di Diritto, sostenuto dalla borghesia, assistiamo alla formulazione di temi cari alla dottrina democratica, come il parlamentarismo e il partito di massa. Tuttavia le emergenti classi subalterne alla borghesia, divenuta oramai la classe dominate, vedono violati i propri diritti. In seguito a tali prese di coscienza, le classi subalterne alla borghesia, nel proporre un ritorno allo Stato, formularono le basi dello Stato sociale, storicamente sfociato nel totalitarismo. In seguito a questultimo passaggio, la macchina burocratica, che aveva assunto un ruolo marginale nello Stato di Diritto, riacquist forza, esercitando il ruolo insostituibile di tramite tra societ e Stato. Tuttavia gli sbocchi autoritari che lo Stato sociale ebbe in alcuni paesi, tra cui anche il nostro, destarono forti preoccupazioni e dubbi in insigni studiosi, come Tocqueville e Weber.

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6. Degenerazione di un concetto: da Schmitt alla concezione cibernetica dello Stato


Filosofo tedesco del diritto, allievo di Max Weber docente universitario sia presso Bonn che Berlino, Carl Schmitt fu tra i primi a constatare la crisi dei criteri tradizionali di legittimit del potere. Lessenza della sovranit dello Stato risiede per Schmitt nella decisione politica, ossia in quel potere decisionale, nellenergia politica che scaturisce del conflitto politico amicus-hostis, che sfocia nella Costituzione e da essa viene regolata. Con lavvento del nazionalsocialismo Schmitt rivisit le sue teorie: sostenendo sempre la finzione dello Stato di diritto, ritenendo che questultimo non fosse altro che la maschera dietro la quale si celavano i meri interessi borghesi post-rivoluzionari, arriv alla conclusione che il parlamento non rappresenta la volont popolare, ma soltanto quella dei partiti che dominano la politica. Essendo lo Stato di diritto nientaltro che una finzione, esistono solo tre verit: la famiglia, il popolo, lesercito. La democrazia diretta o pura, lo stato di giustizia che si fonda sul plebiscito, solo capace di esprimere la volont popolare, rappresentano il nuovo nucleo della teoria schmittiana, tutta a sostegno del partito unico, che viene posto in contrapposizione alla dialettica dei partiti. Schmitt afferma quel principio della dittatura basato sulleguaglianza di stirpe e sulla reciproca fedelt tra capo e seguito, che lespressione politica del razzismo. Il pensiero schmittiano rappresenta il tentativo di superare la forma statale in favore di una nuova realt, poi ripresa dal dibattito politico della fine del XX secolo. Lo stato moderno , infatti, almeno sul piano teorico, in crisi, in quanto in crisi il monolite, la colonna portante di tale forma di organizzazione del potere, ossia la sovranit. Come aveva gi iniziato a dire Schmitt, oramai lautorit dello Stato, del singolo Stato, riconosciuta dal suo interno e non dallesterno, ossia dagli altri Stati. Seguendo lanalisi schmittiana, le varie posizioni realiste del 900 hanno sostenuto lo sbocco delle relazioni politiche, non pi controllabili entro il quadro sinottico dello Stato moderno da una parte e del sistema degli Stati europei dallaltra. La planetarizzazione dei rapporti umani sembra rappresentare per i macrorealisti, sostenitori della conversione dei rapporti costituitisi nella realt statale in rapporti economico- internazionali equivalenti, in favore di una mentalit liberista e capitalistica, la futura realt mondiale. Per Schmitt tale realt ha come suo risultato una guerra civile planetaria, non pi regolamentata e controllata dagli Stati. Una guerra tecnica intesa come terrorismo macro-internazionale. Analisi che portano alle estreme conseguenze il dibattito sulla crisi dello Stato moderno sono quelle di alcuni sostenitori di un neo-corporativismo, secondo i quali i diversi gruppi umani organizzati si possono presentare come interlocutori diretti dello Stato in unatmosfera pattizia oscillante tra lo stato di natura di hobbesiana memoria e la cibernetica e autoregolantesi e autogiustificantesi entropia del sistema. Conclusione personale. Tale ipotesi, sorta in contrapposizione al funzionante modello di democrazia americana, che con il suo pragmatismo costituzionale non conosce problemi di legittimit a livello nazionale quanto a livello internazionale, , a parer mio, irrealistica. La concezione cibernetica dello Stato, inteso come insieme di uomini, capaci di autoregolamentarsi senza unautorit a loro superiore, viene negata dallimpossibilit, da parte di tutti gli uomini, di razionalizzare totalmente il proprio

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libero arbitrio. Gli esseri umani sono, difatti, diversamente dalle macchine, dotati di una volont che non consente loro di comportarsi sempre secondo ragione. La concezione cibernetica dello Stato, portata avanti per lo pi da alcuni pensatori marxisti -come afferma Pierangelo Schiera- il cui modello statale prediletto, quello comunista, si rivelato una fallimento, in quanto, col suo tentativo di livellare la societ ha azzerato il progresso costituzionale, da ritenersi unipotesi utopistica, che molto difficilmente si verificher in futuro.

Bibliografia Lo Stato moderno. Origini e degenerazioni di Pierangelo Schiera, 2004, CLUEB LEnciclopedia (enciclopedia generale), 2003, UTET, voll. 18-19 La Storia (enciclopedia storica), 2004, UTET, vol. 7- La nascita del mondo moderno LUNIVERSALE. Atlante storico (le garzantine), 2004, Garzanti LUNIVERSALE. Filosofia (le garzantine), 2004, Garzanti

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