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Vittime del vittimismo?

Recensione di Giulio Cesare Giacobbe, Come smettere di fare la vittima e non diventare carnefice, Oscar Mondadori, Milano 2008

di Claudio Tugnoli

1. Libro tanto intelligente quanto poco conformista, divertente ma a tratti acuto e sempre istruttivo, come del resto tutti i libri di Giacobbe, Come smettere di fare la vittima affronta argomenti di rilevanza cruciale gi a partire dal titolo. Visitando luoghi classici, ma anche situazioni della vita quotidiana, Giacobbe formula alcune conclusioni che servono da monito e da insegnamento a tutti coloro che, giudicando insopportabile e inaccettabile la condizione di vittima e carnefice, aspirano a non rivestire nessuno dei due ruoli. Una prima considerazione che chiunque pu diventare vittima o carnefice, a turno, in situazioni diverse; e persino nella stessa situazione, chi appare come vittima spesso carnefice di fatto e viceversa. Una conclusione, questa, che si raggiunge mediante unanalisi approfondita, ad esempio del rapporto di coppia, che vada oltre il modo in cui la presunta vittima spesso rappresenta la relazione che si instaurata e il sopruso che lei stessa lamenta di subire. Inoltre non si vittime, ma si fa la vittima. La condizione di vittima non eterna: chiunque si trovi in una condizione oggettivamente di vittima ci rimane solo se vuole, se non fa nulla per mutare la propria condizione, se non si ribella, se non fugge. Ecco perch secondo Giacobbe ogni vittima lo per un istante, ma poi, se continua ad esserlo, allora vuol dire che rimane vittima per sua responsabilit, perch non fa nulla per sottrarsi. Quindi si pu dire con Giacobbe che non pi vittima, e fa la vittima. La vittima pu smettere di fare la vittima in qualsiasi momento, spiega Giacobbe, se solo lo vuole. Il fatto che chi fa la vittima, protraendo artificialmente il ruolo di vittima, lo fa perch convinta che quello di vittima sia un ruolo permanente e definitivo (p. 42). Nella realt in qualsiasi momento si pu passare dalla condizione di vittima a quella di carnefice e viceversa.

Se ripercorriamo a ritroso i passaggi che conducono allevento vittimario, in cui qualcuno risulta essere vittima, vediamo con Giacobbe quanto sia difficile individuare il carnefice originario, artefice della vittimizzazione. La sua osservazione che il carnefice vero sempre uno sconosciuto e che il carnefice identificato come tale sempre un falso carnefice. Giacobbe riporta a titolo di esempio la sequenza: A un semaforo unauto frena di colpo davanti a un autobus, che la tampona. T u sei sullautobus e a causa della frenata la vecchietta dietro di te ti infilza con lombrello. Tu le strappi lombrello di mano e glielo rompi sulla testa. Ce ne sono abbastanza, qui, di vittime e di carnefici, per i tuoi gusti? (p. 49). Se si esamina con attenzione la serie di eventi, si vede subito che la condizione di vittima la conseguenza di errori commessi da chi vittima. E di solito questi errori dipendono dal fatto che la persona che li commette non ha pi contatto con la realt; quindi la vittima innanzi tutto vittima di se stessa. Anche la sofferenza per qualcosa che disapproviamo, ad esempio per fatto che la nostra amica esce con un altro, non affatto giustificata e dipende solo dalla condizione nevrotica in cui si diventa vittime di se stessi. La nevrosi la perdita di contatto con il mondo, dove la realt sostituita dalle nostre aspettative. Ammonisce Giacobbe: Se tu soffri per quello che fanno gli altri della loro vita la colpa non degli altri ma tua che ti crei aspettative fuori della realt cio nevrotiche e quindi sei una falsa vittima, perch sei soltanto vittima di te stesso (p. 58). La legge psicologica fondamentale recita che nessuno pu fare soffrire nessuno; quindi non si capisce perch qualcuno accetti di rimanere vittima di qualcosa che subisce e non preferisca andarsene, togliere le tende, riprendersi la propria vita, riguadagnare la propria libert, se non, appunto, perch preferisce continuare a fare la vittima. Perci nessuno realmente vittima troppo a lungo, ma dopo un istante in cui vittima, fa la vittima e a uno sguardo attento si scopre vittima di stesso. Anche nella vita di coppia si pu agevolmente verificare che, al di l delle apparenze e al di l delle accuse reciproche, i coniugi sono vittime e carnefici insieme. Spesso linfedelt sessuale provoca sofferenza nel coniuge che si sente tradito, anche se il rapporto continua a funzionare, proprio perch la vittima non ha un rapporto sano con la realt. E la realt ci dice che la fedelt sessuale non esiste. La promessa fatta allatto del matrimonio non riguarda la fedelt sessuale, secondo Giacobbe, ma lassistenza reciproca. Giacobbe dimentica che per la Chiesa la sessualit finalizzata alla procreazione e quindi la sessualit fuori del matrimonio non giustificata e rappresenta comunque un tradimento delle attese del coniuge e una mancanza di rispetto. Altra cosa vedere se chi tradisce lo

faccia perch a sua volta subisce uno stato di insoddisfazione e di sofferenza di cui responsabile laltro partner. Secondo Giacobbe, una donna matura e responsabile non considera tradimento linfedelt sessuale. La donna che vive il tradimento sessuale come tradimento affettivo di fatto un bambino. Seguendo il ragionamento di Giacobbe, si dovrebbe considerare il divenire adulti come lemancipazione dal legame tra sessualit e affettivit. Ladulto vive quindi come normale la scissione tra sessualit e affettivit. Ma anche questo discutibile: davvero lesperienza erotica con unaltra donna sarebbe solo sessuale? Di fatto sappiamo che non pu esserlo, neppure tra due sconosciuti che provino unattrazione reciproca immediata e irresistibile. Se essere adulto significa vivere una sorta di cinismo schizofrenico di questo tipo, allora molto meglio rimanere bambini e ingannarsi, per cos dire, mantenendosi fedeli allidea che sessualit e affettivit si implicano reciprocamente. La conquista della maturit passa attraverso la separazione e la scissione dellaffettivit dalla sessualit? Laffettivit sarebbe ci che rimane dopo che lattrazione sessuale divenuta cos debole da scomparire del tutto a causa dellassuefazione? 2. Giacobbe spiega che i ruoli di vittima e carnefice sono intercambiabili. La vittima pu diventare carnefice quando suscita negli altri un senso di colpa per una colpa inesistente. Indurre un senso di colpa per una colpa inesistente significa agire al solo scopo di dominare colui che, di conseguenza, diventa vittima reale. La colpa esiste solo quando si commette del male intenzionalmente. Molte donne agiscono in questo modo nei confronti dei loro mariti o partner: per averne il controllo assumono la veste della vittima e vittimizzano il povero compagno. Ergendosi a vittime con accuse prive di senso, cessano di essere vittime e diventano carnefici, carnefici mascherate da vittime. Il ruolo di vittima interpretato spesso anche fuori del rapporto di coppia, come nel mobbing. Anche qui non bisogna dimenticare che ogni nostro accadimento una conseguenza dei nostri atti, secondo la legge del karma (p. 93). Il mobbizzato non pu adottare dei comportamenti che hanno come conseguenza la sua emarginazione, cos come una donna non pu pretendere di andare in giro con una minigonna vertiginosa e poi indignarsi o ribellarsi agli sguardi bavosi dei maschi. Bisogna saper vivere e saper prevedere le conseguenze dei nostri comportamenti. Infatti le persone intelligenti si adattano al mondo. I pazzi pretendono che il mondo si adatti a loro (p. 95). Troppo spesso si verifica che i mobbizzati siano

false vittime, giacch con il loro comportamento hanno provocato la situazione in cui si trovano. La vera vittima quella in cui il carnefice sconosciuto. Ma per lo pi le persone sono vittime di se stesse. Non hanno autostima, non si sentono amati, vorrebbero farla finita, ogni loro pensiero evoca una colpa o una sconfitta o un inganno subito. Ma lamore e la stima di se stessi si possono conquistare solo diventando adulti e cio: imparando a procurarsi il cibo da soli. A difendersi dai pericoli da soli. A superare le difficolt da soli. Senza laiuto di nessuno. Solo cos, ci si libera dallangoscia della solitudine. Solo cos, ci si libera dalla paura di vivere. Dal sentirsi vittima. Dal fare, la vittima. Lamore e la stima di te stesso sono la chiave che apre la porta della cella nella quale sei rinchiuso. La cella di quella prigione dedicata a una categoria speciale di delinquenti. Le vittime di se stessi (p. 106). Ci sono varie specie di vittimismo. Lipocondriaco, il salutista, il lamentoso (che si lamenta di tutto). Un'altra figura del vittimismo lincontentabile. Giacobbe scherzosamente immagina che Ipocondriaco e Salutista si sposino e abbiano dei figli: Lamentoso e Incontentabile. Salutista e Ipocondriaco hanno una figlia, Crocerossina che sposa Lamentoso. Crocerossina sta sveglia tutta la notte ad aspettare che Lamentoso si svegli per consolarlo e non debba lamentarsi di aver paura di essere solo (p. 135). Dopo sofferenze e umiliazioni di ogni sorta, dopo ripetuti tentativi per superare limpotenza di Lamentoso, Crocerossina rimane incinta. Finalmente partorisce quattro gemelli: Pauroso, Tappettino, Tradita e Catastrofica (p. 138). Pauroso nasce con la paura di tutto, anche di respirare; Tappettino nasce con il rimpianto di non avere avuto la prontezza di strozzarsi con il cordone ombelicale. Tappettino chiede scusa a tutti, anche al vigile che lo multa o al ladro che gli ruba il portafogli. Tradita quella che al suo matrimonio la sola a presentarsi. La Catastrofica allarga il vittimismo allintero universo, predicendo catastrofi al mondo, allumanit, tipo la fine nucleare o limpatto di un meteorite gigantesco. Tappettino e Tradita, prima che lei finisca in prigione e lui si impicchi, fanno un figlio, Imputato, che si sente accusato di tutto, anche se nessuno gli dice niente (p. 153). Catastrofica sposa Pauroso e fanno un figlio: Atlante, quello che porta il mondo sulle spalle e che, quando lo incontri, sembra distrutto (p. 155). Ma la famiglia vittimismi si allarga ai nipoti e pronipoti, come Insicuro, Terrorizzato, Ansioso, Depresso, Sospettoso, Infelice, Angosciato, Diffidente, Smarrita, Confusa, Indecisa, Derelitta, ecc. ecc. I vittimisti sono tutti dei bambini, spiega Giacobbe, affetti da nevrosi infantile. Ognuno di noi vittima di se stesso, se vittima. Infatti ogni

nostra azione prodotta dalla nostra autoimmagine. E finch non cresciamo, finch non diventiamo adulti, sempre quel bambino piccolo debole e indifeso dentro di noi, che reagisce e interagisce con il mondo. E lui ipocondriaco, lamentoso, incontentabile, pauroso, servile, catastrofico, insicuro, terrorizzato, ansioso, depresso, sospettoso, infelice, angosciato (p. 160). Quindi per smettere di fare la vittima bisogna crescere, diventare adulti. A questo punto per, una volta diventato adulto, si deve evitare di diventare carnefici. Il carnefice odiosissimo e provoca una sola risposta: fargliela pagare. Occhio per occhio, dente per dente. cos che il carnefice un ex-vittima, uno che da bambino ha fatto la vittima, e quindi da adulto far il carnefice. I bambini che sono stati vittime diventano carnefici, per vendicarsi di essere stati maltrattati da piccoli o magari anche da grandi. cos che appaiono i pedofili, stupratori, maniaci, deviati, rapinatori, e delinquenti vari. Ma la ex vittima sa benissimo che diventare carnefice una bruttura oscena. Deve allora smetterla di vendicarsi e di voler dominare, dopo essere stato violentato e dominato. Deve diventare genitore, smetterla di esser bambino nelle due modalit opposte (vittima/carnefice) e imparare ad amare. Il ragionamento di Giacobbe per cui chi vittima in fondo fa la vittima, essendo vittima di se stesso, pu funzionare se riferito a persone adulte; ma i bambini indifesi vittime di violenze non fanno le vittime e non sono vittime di se stessi. Come fa il bambino ad essere vittima di se stesso senza aver subito alcuna violenza esterna? vero invece che chi stato vittima dovr poi compensare la violenza subita diventando a sua volta carnefice. Si apre dunque uno spazio di azione per l analista terapeuta e leducatore: aiutare i bambini che sono stati davvero vittime a superare la coazione a ripetere la violenza nel ruolo attivo. Come? Insegnando loro ad amare e a perdonare i loro persecutori. Il perdono cristiano va nella stessa direzione, poich consiste nel riconoscimento della necessit di disattivare il meccanismo della ritorsione ritardata che avvelena le coscienze, ostacolando il raggiungimento della maturit di adulto. Perdoniamo quindi certe semplificazioni e fallacie dellargomentazione di Giacobbe, tenendo conto del fatto che il suo obiettivo quello di accendere la vigilanza critica delle persone vittime in primo luogo del loro vittimismo per suscitare in loro il desiderio di emanciparsi dalla schiavit di se stesse, conquistando la libert e lautonomia di adulti consapevoli. 10 giugno 2010

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