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IL MARE DELLA NONSENSERIA. HORCYNUS ORCA DI STEFANO DARRIGO.

La lingua del romanzo Horcynus Orca, lingua di iperbolica ricchezza e densit semanticolessicale, il prodotto del genio insistentemente deformante, come notava I. Baldelli, e del gusto derivativo ed etimologico1 di un autore, Stefano DArrigo, il quale come si sa stato assorbito da un lavoro eroico e ossessivo di elaborazione e riscrittura del testo durato almeno ventanni: dal 56 al 75, e oltre2. una lingua iperletteraria (pur fondata su base in gran parte dialettale)3, e fitta di formazioni lessicali analoghe al neologismo nonsenseria che ho riportato nel titolo del mio intervento. Nonsenseria: parola composta da nonsenso ed -era. Il suffisso -era, molto frequente in Horcynus Orca, in questo caso non si limita ad aggiungere al vocabolo un connotato spregiativo4, ma addirittura gli conferisce una pi ampia e vibratile5 indeterminatezza: vibratilit che attraverso un processo di rimotivazione che percorre tutto il libro rende infine la parola disponibile al rovesciamento ironico-tragico, in mare della Nonsenseria6, del celebre verso dantesco. Baldelli aveva da subito riconosciuto e mirabilmente illustrato i meccanismi neoformativi, e perfino neoplastici7 della lingua horcyniana, osservando lungo tutta lopera, una festa sfrenata di denominali, di deverbali, di parasinteti verbali, di parole composte e ripetute8. una esuberanza lessicale, metamorfica, che lo scrittore almeno in parte grammaticalizza (uso il termine continiano)9 attraverso literazione, lassociazione etimologica o paraetimologica, le combinazioni, le riprese, le meta-glosse10, e soprattutto attraverso una perfetta adesione, o reciproco rispecchiamento, tra le dinamiche dellelaborazione linguistica e le linee di sviluppo dellazione narrata; e sono i contesti, di cui i termini conservano memoria nelle successive occorrenze11, a ridefinire il pi delle volte, di sequenza in sequenza, i significati lessicali, in particolare dei neologismi.
I. Baldelli, Dalla fera allorca, in Critica letteraria, a. III, n. 7, 1975, pp. 287-310 (ora in Id., Conti, glosse e riscritture, da secolo XI al secolo XX , Morano, Napoli, 1988, p. 269). 2 S. DArrigo, Horcynus Orca, Mondadori, Milano, 1975 (da cui cito, di qui in avanti). Gi per la ristampa del 1982 lautore aveva preparato nuovi interventi sul testo, che non vennero accolti dalleditore. Le varianti sono state inserite nella riedizione del libro curata da W. Pedull, per Rizzoli, nel 2003. Per la gestazione e per le vicende redazionali del romanzo, fino al 75, cfr. gli apparati del volume da me curato insieme a S. Sgavicchia S. DArrigo, I fatti della fera, Introduzione di W. Pedull, Rizzoli, Milano 2000, e il notevole studio di Sgavicchia, Il folle volo, Ponte Sisto, Roma, 2005. Per le ristampe e le riedizioni, oltre al capitolo ad esse dedicato da Sgavicchia, cfr. i Riferimenti bibliografici in fondo a questo mio testo. 3 Dichiara DArrigo, in unintervista pubblicata su Il Giorno, 12 gennaio 1966: Il mio linguaggio non n dialetto n italiano letterario, lingua per me daccatto. come se io avessi inventato una mia lingua, diversa sia dal dialetto sia dallitaliano. Certo, se facessi leggere il mio libro ai pescatori siciliani dello Stretto, questi riconoscerebbero la lingua come propria, ma nello stesso tempo penserebbero che non proprio quella loro. Si tratta di una lingua fortemente intrisa di termini dialettali, in grado di rappresentare situazioni ed emozioni: un italiano rinvigorito dal dialetto, pur senza essere una fusione fra i due linguaggi. Sulla componente dialettale e sulla raffinata [...], estrema letterariet della lingua darrighiana, si veda, tra gli altri, I. Baldelli, cit., pp. 285 e ss. 4 Si veda il glossario horcyniano pubblicato da G. Alvino in Onomaturgia darrighiana, su Studi linguistici italiani, XXII, pp. 74-88 e pp. 235-269 (ora in Id., Tra linguistica e letteratura. Scritti su Stefano DArrigo, Consolo, Bufalino, in Quaderni pizzutiani, 4-5, 1999, p. 34): il termine tradotto da Alvino, genericamente, astruseria. 5 Uso il termine nel senso evocato da S. Agosti in Je dis: une fleur!. Lidea della natura e dellarte in Mallarm, in Il piccolo Hans, 34, aprile-giugno 1982 (ora in Id., Critica della testualit, Il Mulino, Bologna, 1994). 6 Lespressione compare per la prima volta, nel romanzo, a p. 1125 (come vedremo). 7 I. Baldelli, cit., p. 295. 8 Ivi, p. 269. 9 G. Contini, Schedario di scrittori italiani moderni e contemporanei, Sansoni, Firenze, 1978, p. 61. 10 S. Lanuzza (Scille Cariddi. Luoghi di Horcynus Orca, Lunarionuovo, Acireale, 1985, p. 55. 11 Cfr. F. Gatta, La rigenerazione del lessico: lingua comune e neologia in Horcynus Orca, in Il mare di sangue pestato, a cura di F. Gatta, Rubbettino, Catanzaro, 2002 (in particolare, la p.150).
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Si tratta di procedimenti dinvenzione lessicale e dorganizzazione sintattico-semantica ampiamente studiati in DArrigo, anche di recente12, sui quali in generale non vorrei qui soffermarmi. Vorrei piuttosto evidenziare come la tensione tra caos e forma, a livello sia linguistico sia diegetico, o per dirla in altro modo, tra forze centrifughe e centripete, nel romanzo, si risolva a vantaggio delle prime, col prevalere dellescrescenza sul sistema, della nonsenseria sulla grammatica. Intendo dire che la lingua di Horcynus Orca , s, un organismo unitario13, una coerente e poderosa macchina di significazione, come scrive F. Gatta, il cui sistema di riferimento tutto interno e coincide con quello della comunit14 (mitico-linguistica) dei pescatori, o pellisquadre, di Cariddi15; , s, una lingua che incalza le cose, e non per unistanza mimetica ma per rifondare la realt nella scrittura16. E senza dubbio, il testo horcyniano secondo le intenzioni dichiarate dello stesso DArrigo la realizzazione di una totalit lessicale, sintattica e semantica; un sistema espressivo completo e assoluto17. Lo , certo; ma la lingua horcynusa18, proprio nel suo funzionamento, come lingua oggettivata e messa in scena nel romanzo, rivela in s quella matrice neoplastica individuata da Baldelli: non solo, ma ne trasmette il codice alterato allintera compagine testuale. Horcynus Orca, insomma, un organismo che concentra e mostra le tensioni di un doppio processo: di generazione e di autodistruzione. Se da un lato, infatti, lopera dello scrittore siciliano pu essere considerata in Italia la pi potente rappresentazione letteraria realistica e simbolico-visionaria del disastro bellico e delle sue immani conseguenze, dallaltro i segni della catastrofe, storica e individuale, limmane sconvolgimento di tutte le leggi e di ogni ordine, delle vite degli uomini e degli equilibri della natura, si diffondono come per osmosi, o per metastasi, dal mondo narrato alla lingua della narrazione, e viceversa. questo il metodo poetico di DArrigo: al rigoroso calcolo sintattico-strutturale, egli contrappone grado a grado, nel romanzo, il gene del disordine; alla costruzione del discorso, e del testo, la distruzione e lo scompaginarsi dogni norma comunicativa, dogni trama regolata deventi e di pensieri. La lingua e le cose (i luoghi, le azioni, i personaggi) appaiono generati, nella sua scrittura, da una medesima pulsione di morte. E la polisemia plastica della parola horcynusa si converte, per tutto il racconto, in ambiguit ed enimma: nellemergere della sostanziale inconoscibilit del reale. Metamorfosi, corrosione, neoplasia. Horcynus Orca traduce e rovescia, sul piano del linguaggio, il paradisiaco, tomistico gran mar dellessere nellinfernale, nembrottiano e babelico Mare della nonsenseria; ne lemblema la piaga, la contagiosa infezione o cancrena dellorca: orca, orcagna, orcarogna, carcassorca19, che occupa e svuota le acque strette e oceaniche dello scillecariddi.

Da F. Gatta, G. Alfano, S. Sgavicchia, e da I. Baldelli, G. Contini, S. Lanuzza, W. Pedull, G. Alvino, prima di loro: cfr. i Riferimenti bibliografici in fondo a questo testo. 13 E anzi, nella discussione tra plurilinguisti e monolinguisti darrighiani, io mi schiererei con questultimo partito, che per es. quello di G. Alfano (Gli effetti della guerra. Su Horcynus Orca di Stefano DArrigo, Sassella, Roma, 2000, cap. 1). 14 F. Gatta, Horcynus Orca: un romanzo e la sua lingua, in Atelier, n. 43, settembre 2006, p. 38. 15 Questa coincidenza talvolta violata, producendo una sorta deffetto di parallessi: per es. quando Ndrja quasi psicanalizza i propri sogni, con modalit che lasciano piuttosto intravedere, nelle sue parole, una prospettiva autoriale. 16 E dunque, anche ogni tensione o questione, nel romanzo, sempre questione e tensione linguistica (si pensi al nodo chiave fera vs. delfino, su cui mi soffermo tra poco): cfr. F. Gatta, La rigenerazione del lessico, p. 152. 17 Dallintervista a DArrigo, pubblicata da Lanuzza nel volume sopra citato, pp. 134-135. 18 Nel romanzo, orcinuso vuole dire, forse lo sentiste, che animale mortifero, il pi mortifero che si pu immaginare (p. 798). Horcynuso, in un biglietto autografo darrighiano, aggettivo attribuito in generale al testo del romanzo. 19 Questa modalit neoformativa (agglutinazioni, parole valigia) ampiamente presente nellopera horcynusa.

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E allora, cominciamo con losservare che la lingua di Cariddi, nel romanzo, una lingua demente: lo rispetto allitaliano, alla lingua per es. del guardiamarina Monanin20, che solo dautorit riesce a imporre ai pellisquadre la parola delfino al posto della fera che loro hanno sempre conosciuto (come parola e come creatura bestina)21:
Lei non se la deve pigliare per offesa, ma a noi delfino non ci dice niente di niente, nella nostra lingua... Nella vostra lingua? [...] Ma cosa sta lingua che dici, cosa sta lingua che parli, la lingua forse che ha in bocca quella vostra fera l? Quella, se quella, vostra, hai ragione, quella solo, voi la parlate la lingua di quella l, e voi soli la parlate e voi soli la intendete... [...] Voi non avete una lingua, non avete nessuna lingua, voi, hai capito?.22

Ma, oltre che demente, quella horcynusa (la lingua del romanzo) molto spesso una lingua poeticamente, metodicamente folle e insensata, allo stesso modo di certi giochi linguistici anche letterari (tipici, ad es. del filone nonsensical) che attaccano e rovesciano nel disordine dellanalogia fonico-ritmica la logica e lordine formale, la razionalit e lefficienza discorsiva della lingua (e con essa, delle modellizzazioni canoniche della realt). Giochi linguistici del tipo di quelli che G. Dossena ha descritto e catalogato, per es., in L. Carroll23, alcuni dei quali potremmo ritrovare nei procedimenti neoformativi di Horcynus Orca: le parole-valigia (con la fera e con lorca, oltre che con la barca; un es: nuovoliando24); i giochi di scarto/aggiunta (come con barca-bara-arca); la falsa etimologia. Altra frequente patologia, o demenza, del linguaggio horcynuso: lecolalia; pi avanti ne esaminer qualcuna, dalle pagine di barca-baraarca, in cui configura una sorta di ipnotica e funerea afasia. Ma qui, subito, una precisazione (che svilupper col procedere del mio intervento): mentre il puro nonsense sconvolge allegramente le forme della logica, della lingua e della letteratura tradizionale, la nonsenseria con le sue permutazioni e vibratilit semantiche utilizzata in DArrigo, lo vedremo, come forma della negativit assoluta; come nonsenso solo apparente, eppure ben pi radicale, che attinge al livello pi profondo di un guasto immenso, indicibile; del pi irreparabile sconvolgimento dellessere. Le modalit del gioco distruttivo, nel nonsense e nella nonsenseria, possono dunque sembrare simili; ma sono del tutto diversi il tono, la prospettiva, gli esiti. Giochi linguistici, dicevo, come i giochi bambineschi (o pseudoinfantili) della letteratura nonsensical. Ci sono bambini, muccusi che giocano in Horcynus Orca. Ma i loro giochi sono spesso dichiarati, negativamente, nonsenserie. Forse perch non sono mai giochi innocenti; n mai davvero divertenti: fanno, s, venire le vertigini; sono cio giochi dellilinx (cos li classificherebbe Caillois)25, in questo davvero analoghi a quelli del nonsense (che disorientano
E prima di lui, dellEccellenza fascista che in mare, nel 1935, minacciandoli col moschetto, impone ai pellisquadre di liberare la fera cui loro stanno imponendo una lunga agonia allo scopo di terrorizzare le altre (che hanno fatto strage di reti e di pescispada nello stretto): li chiama massacratori di delfini innocenti, e alle loro rimostranze risponde, sempre mano al moschetto, elencando e facendogli ripetere e compitare, oltre al nome corretto le belle qualit del delfino: fanciullo... divertente... elegante... bello... vergine... martire (per poi prenderlo di mira e ucciderlo lui stesso). Il casobello feradelfino (pp. 181-218) richiama quindi questaltro, pi recente, alla memoria diNdrja: a bordo della corvetta su cui il protagonista imbarcato, il guardiamarina ha imposto a lui e a un suo commilitone siciliano di chiamare col vero nome una giovane fera che s messa sulla scia della nave: perch fera significa bestia feroce, mentre quello, secondo Monanin, un animale gentile, innocente e amico degli uomini (pp. 219-262). 21 E la parola fera suscita in Monanin soltanto a ripeterla, leffetto di una nonsenseria strabiliante, p. 230. 22 Horcynus Orca, p. 239. 23 Cfr. G. Dossena, Il sorriso del gatto, due conferenze per la Biblioteca Chelliana di Grosseto, Biblioteca Comunale Chelliana, Grosseto, 2001. 24 Su nuovoliare cfr. le parole di DArrigo riportate da C. Marabini in Lettura di DArrigo, Mondadori, Milano, 1978, p. 22. 25 R. Caillois, I giochi e gli uomini, Bompiani, Milano, 2004.
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coi capogiri della logica)26; provocano, s, in chi li pratica, un senso di ebbrezza e di spossessamento; ma si tratta infine di perturbazioni che evocano o fanno affiorare langoscia di una perdita di s, gi come segno della quasi demartiniana crisi della presenza che il tema centrale della narrazione. Alcuni esempi, qui di seguito. Il gioco cui ripensa Ndrja nella cuccetta della nave da guerra, di sera, dopo la discussione fera/delfino con Monanin, pensando al delfino come fera ingentilita:
Quel pensiero andava e veniva dalla sua mente, cos, senza senso e senza scopo, come una pietrabambina gettata a mare: si sentiva stanco, col corpo travagliato che si riposava nella branda e la mente che si sboriava in quel pensiero bambinesco, non diverso in niente dal gesto di pigliare e tirare pietrebambine. Se aveva un senso, quel pensiero curioso, era proprio questo: un senso bambinesco e sfantasiato, il senso che ha gettare a mare delle pietrebambine e vedere i cerchi d'acqua che s'ingrandiscono, s'ingrandiscono e intanto che s'ingrandiscono, svaniscono; il senso poi, che nel nome stesso, nella natura stessa e nella stessa vista di confetto, suscita alla mente la pietrabambina, per cui anche un uomo fatto, anche un pellesquadra, se istintivamente la piglia e la getta a mare, fa una figura bambinesca; e per cui anche il mare dove si getta, anche se un mare scabroso e vecchio col pelo bianco, come il mare dello scill'e cariddi, fa una figura bambinesca. [...] Era come stare sulla spiaggetta della 'Ricchia, con la mente imbambolata e la mano, quasi da sola, che cerca, riconosce, piglia e getta pietrebambine in quello specchietto d'acque, riparate e nascoste, fra gli scogli renosi e la grotta. L e allora: alla Ricchia, e in un tempo lontano lontano, il tempo bambinesco dei giochi che di padre in figlio, muccusi e muccuselli, passavano in quel luogo ....27

Ma i giochi di allora, del padre muccuso Caitanello e dei suoi compagni, serano interrotti con luccisione della feruzza addomesticata, la Mezzogiornara28, colpita a fucilate e ridotta a
... un orrendo essere informe, avvolto nel suo sangue, qualcosa che allora e per lungo tempo ancora non seppero mai definirsi e che poi, avanti negli anni, andarono definendosi, per via di paragone, come un grosso, spaventevole feto, uno sbozzo di grumi sanguosi, che scaricava il suo cieco istinto di vita.29

E ancora, sempre l alla spiaggetta, i giochi di iniziazione sessuale i giochi e i camuffamenti delle sirene e dei naviganti naufraghi:
Ognuna allora simpadroniva del suo pesce con la barba, afferrando il navigante per la caviglia e trainandoselo dietro: in uno strano silenzio, che era venuto improvviso col naufragio, il corteo scompariva allora nell'apertura nera della Ricchia. Di laddntro, veniva poi uno sciacquo come di corpi che si arruffavano facendo la lotta, e poi un rifiatare basso, affannoso, un vento occuposo di sospiri, e poi pi nulla. La Ricchia allora tornava di colpo, dentro e fuori, silenziosa e deserta, e quella apparente solitudine spandeva subito intorno come una oscura paura, un misterioso senso di allarme e di sterminata, accorante malinconia. Se qualcuno di loro era rimasto fuori, perch essendo disparo, non era potuto entrare nel gioco, al vedersi solo veniva pigliato immancabilmente da una specie di sgomento: era come se il gioco fosse diventato tutto vero, la farsa finita a tragedia, come se i suoi amici non sarebbero mai pi ricomparsi fuori dalla grotta. E lo assaliva l'impulso di gridare, e qualcuno a volte gridava veramente, chiamando i suoi compagni uno per uno per nome, e a furia di chiamare e non avere risposta, c'era chi scoppiava in lagrime e questo succedeva infallibilmente quando fuori restava qualcuno dei pi muccusi, Enzo o Salvatore, ad esempio. Pareva allora che quel muccusello piangesse per la triste sorte di quei naviganti forestieri e questo, a ripensarci, rendeva tutto straordinariamente veritiero nella loro immaginazione.30
Cfr. P. Albani, La stupidit in azione, ovvero il comico demenziale performativo, intervento al dibattito su Demenziale-concettuale nellattivit performativa, svoltosi al Caff Giubbe Rosse nellambito dell8 Festival internazionale di poesia in azione a+voci, Firenze, 11 marzo 2006. 27 Horcynus Orca, pp. 263-64. 28 Lepisodio alle pp. 265-295 del romanzo. 29 Horcynus Orca, p. 266. 30 Ivi, p. 667.
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Ed unanticipazione del destino del reduce Ndrja Cambria. Il nonsense, in Horcynus Orca, insomma convertito in nonsenseria; e nel gioco senza senso del muccuso sembra gi inscritta la demenza allultimo grado del nonnavo, del pellesquadra ormai troppo vecchio, ormai ridotto a mummione di sale31: come ad esempio quei compagni di barca, o chiumma, dellantico patriarca di Cariddi, don Ferdinando Curr32, i quali adesso in tempo di carestia di mare e di guerra decidono di togliersi di mezzo rigiocando al vecchio gioco della caccia allorca, e vanno a perdersi con lui in mare a bordo della borietta, lultima barca rimasta a Cariddi33. Allora era stata la nonsenseria di voler arpionare e dare la morte allorca, o ferone, che la morte stessa fatta animale, colei che d la morte essendo, lei invece, immortale34:
Lanimalone arrancava, ma arrancava come poteva arrancare lui, potentissimamente: arrancava, si vedeva, con la potenza del suo fatale destino, in una agghiacciante, sconfinata solitudine. [...] ...poi Ferdinando Curr aveva detto che gli dispiaceva di averli messi in quel mare di guai, ma qualcuno della chiumma gli rispose che non si doveva dispiacere per loro perch a loro, al contrario, piacere gli aveva fatto, lo stesso piacere che gli aveva fatto a lui. Ci pigliammo una libert, gli fecero. Eh, don Ferdinando? per una volta nella vita ci pigliammo una libert, vagabondammo maremare, per nostro capriccio, per soddisfare una nostra curiosit. Per una volta nella nostra vita ci pigliammo un lusso. Per, ne valse la pena, dato che si tratt del ferone. Chiunque lo sente: faceste bene, ci dice.35

E ora, appunto, fatti mummioni per guerra e per vecchiaia, rigiocano quellantica nonsenseria (non per lorca, stavolta, ma per non togliere pi il pane di bocca ai muccusi):
Con la loro, sappurava contempo la scomparsa della Borietta, una lancitta d'antica data, che serviva pi ai muccusi per spassarsi a lanzare aguglie, che per altro, e che era l'ultimo avanzo della stirpe infelice delle loro barche [...] Dei parenti dei quattro nonnavi, nessuno si gettava alle grida, nemmeno Catina e Anselmo per don Ferdinando, perch pi grande del dolore che provavano, era lo sbalordimento che gli dava quella pensata dell'altromondo, che avevano messo in atto quei quattro vecchioni.36

Varare per morte: un motivo ricorrente (che quaglia nellimmagine della barcabara), lungo la dorsale simbolica del testo37. Nonsenseria, dicevo, non vale semplicemente nonsenso. La parola ricorre 22 volte nel testo. Vediamone, nel pi breve spazio possibile, qualche campione. Il termine compare per la prima volta gi allinizio del romanzo, quando Ndrja viene apostrofato da uno spiaggiatore che bazzica ormai pi per morte che per vita38:
Ehi, a voi, sentite... A voi... A voi... l'apostrof, prima cos, diretto, al personale, e poi gli aggiunse per come se parlasse d'un altro: Eh, ma che ci fa un marinaro per questi piedipiedi, eh? Che ci fa un

Come quei vecchi pellisquadre, messi alla sedia davanti alla porta la mattina e ritirati la sera, p. 162. Il quale, durante il terribile terremaremoto del 28 dicembre 1908, sera prodigato per la salvezza dalle onde di muccusi e muccuselli, appendendoli ai rami degli alberi come tanti passerelli stracquati (p. 530). Per questo era amato e rispettato come un padre, come un capostipite. 33 Essendo state distrutte o requisite, per guerra, tutte le barche dello stretto. 34 Era l'Orca, quella che d morte, mentre lei passa come immortale: lei, la Morte marina, sarebbe a dire la Morte, in una parola, p. 721. 35 Ivi, pp. 743, 745. 36 Ivi, p. 537. 37 Al centro della quale considererei il famoso traghettamento notturno di Ndrja sulla barca nera e misteriosa di Ciccina Circ, nella parte finale della prima sezione. 38 Gli spiaggiatori sono la razza misteriosa di quelli che si vedevano passare per la marina di Cariddi, maitino o serotino, cercando con un ramo fra rigetti, lordure e corpi estranei del mare (p. 101).
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marinaro per queste bande deserte e solinghe? Ma come? Bianchi e neri fanno la guerra lasspra e voi quasstto non la fate n coi bianchi n coi neri? Eh, com'? E questa nonsenseria era stata il preambolo del vecchio occhiuto e linguto.39

Nella sua prima occorrenza, la nonsenseria ha un valore ambiguo: lindeterminatezza del deittico (questa) fa s che il termine sia ugualmente riferibile alle parole del vecchio (secondo la prospettiva del protagonista) e alla situazione di Ndrja (secondo la prospettiva ironicoautoriale)40. Questi sembra infatti stupito dello stupore del vecchio: non pare accorgersi, vale a dire, che nonsenseria la sua stessa presenza, l, di marinaio via dalla guerra, fuori posto; il suo essere straviato41, come un morto tra i vivi42. Ma prima ancora, nonsenseria il suo essersi fatto, da pellesquadra, marinaio; da cacciatore di fere, delfinaro, come vedremo. Sono gli effetti della guerra43; ma anche di un trauma pi remoto, sbito rimosso44. E il narratore, proprio attraverso lambivalenza grammaticale, libera ora, nelle parole dello spiaggiatore45, il senso ulteriore che quello sostanziale dellapostrofe. La sorpresa del vecchio al cospetto del marinaro fa dunque intravedere il significato, qui, della nonsenseria (ovvero lassurdo della presenza di Ndrja in quelle bande, nel mondo dei vivi): quel significato, o contenuto rimosso, che le autocensure e gli occultamenti difensivi messi in atto dal personaggio lasciano affiorare soltanto nei sogni46, o per segni e indizi che, disseminati nel racconto, sin quasi alla fine (con lepifania barca-bara-arca) restano per lui indecifrabili. Affioramenti, nello spazio della rverie, come quello in cui Ndrja, a distanza di molte pagine da questepisodio, nella sequenza notturna che sopra citavo, si mette a ripensare nella sua branda, mentre cercava di pigliare sonno47 alla fera ingentilita in delfino, e ha cos la prima percezione seppure attenuata, o meglio, eufemizzata del proprio straviamento:
Non era una stranezza di mente? Non era anche questa una nonsenseria? Perch [] a rifletterci, poteva pure essere un primo segno di risentimento di delfino dentro di lui: perch [] non era come farli un poco reali, i delfini, come ammettere che esistevano, non solo di nome, ma anche di fatto, di fatto ovverossia da soli, indipendentemente dal fatto, dallunico e vero fatto che erano fere camuffate, camuffate per avere maggiore agio? S, poteva essere, ma [] che cera di strano se gli faceva piacere pensare a questo? Forse non doveva fargli piacere perch si trattava d'un delfino? Ma nemmeno ci badava che era un delfino, anche se con questo non voleva dire che si rimangiava la fera. ...

Ed ecco librido, leffetto polisemico della neoplasia horcynusa:


... In quel momento, per lui, non era n delfino n fera, o era delfino ed era fera, come fosse un nuovo animale chiamato delffera: e questo animale, come doveva dire? lo riposava, lo attirava lontano dal luogo e dal tempo in cui si trovava.48
Ibid. Il corsivo mio, come lo sono tutti gli altri nelle citazioni dal testo darrighiano. Con ci evidenziando uno sdoppiamento di voce e di prospettiva tra narratore e protagonista che la scrittura horciniana tende invece per norma a coprire. 41 Straviato come lo sono, per prime, le femminote che egli incontra allinizio del romanzo: straviate dal loro verso e senso abituali [] come gabbiani, rondini marine e quaglie, quando sono fuori tempo e fuori luogo, e allora sono sempre avvisaglia di qualche novit, e novit sempre dispiacente, se si sa smorfiarla (p. 13). 42 Per tutte le prime due parti del romanzo, i personaggi si rivolgono al protagonista quasi come a un revenant: dalle femminote straviate, che lo apostrofano marinaio ntartarato, agli spiaggiatori, via via fino al padre Caitanello, col suo prolungato rito di riconoscimento. 43 Rimando ovviamente al titolo del volume, sopra citato, di G. Alfano (forse il pi acuto e assiduo fra i lettori darrighiani di questi ultimi anni), dove tali effetti sono analizzati nel loro proiettarsi entro la coscienza e la lingua (e la struttura testuale) horcynuse. 44 La morte dellAcitana e le sue conseguenze, come vedremo. 45 Che pare, con i suoi discorsi, con la sua strana carnevalesca divisa, lemblema stesso della nonsenseria. 46 Come quello del cimitero delle fere-delfino, e di lui delfinaro (pp. 164-184). 47 Ivi, p. 263. 48 Ibid..
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Il nonsense della parola composta (parola valigia) si materializza nella nonsenseria del mostro delfifera49. Questi addensamenti di materiale onirico-linguistico sono un fenomeno ricorrente in Horcynus Orca50. La nonsenseria, dicevo come indecifrabilit degli eventi , gi nella situazione che ha prodotto il trauma infantile, allorigine della perdita della presenza. Ndrja muccuso ascoltava lamoroso ciuciulio di nomi tra i genitori, Caitanello e lAcitana, invocanti lun laltra con nomi esotici e segreti:
Solo questo, sempre questo: Aci mio... Aci reale mio... lei, e: Galatea... Gala a te... lui, ed era come si passassero e ripassassero, sempre uno stesso garofano lei a lui, sempre una stessa rosa lui a lei [] Allora, a senso suo, al senso di quel muccusello, quella gli pareva una nonsenseria. La prima volta laveva pigliata addirittura per opera di pazzia: che sintendono di essere, ora? si era domandato. Si rimbambirono? Uscirono di senno? Gli erano parsi anche un poco ridicoli e vergognosi come tornassero a fare zito con zita, come se parlassero con la lingua fra i denti e senza sapere perch51.

Quasi un altro gioco dellilinx, bambinesco e perturbante:


Una nonsenseria, questo gli pareva allora, ma contempo, allora, era come lo capisse che se gli pareva una nonsenseria era perch non se ne capacitava. Non era cosa che lui potesse decifrare coi suoi soli mezzi, era cosa troppo intima, segreta fra lui e lei.52

E poi, levento traumatico, che sembra svelare ma invece rende ancora pi angoscioso lenimma:
La morte di sua madre scopr un fianco a quellenimma, proprio come lasci un posto vuoto a letto: e una notte, per un caso, fu quasi sul punto, per quel varco, di trovarsi dentro allenimma, nel mezzo, fra Galatea e Aci. Per un caso, diceva: per un azzardo, doveva dire, per un vero azzardo, un azzardo di quelli che incoscentemente pu fare solo un muccuso. Era successo una notte che sua madre era morta da alcuni mesi e da pochi giorni suo padre gli aveva detto di venirsene a dormire al posto di lei. ...53

Nel sonno Caitanello aveva continuato a invocare Galatea; finch Ndrja sera azzardato a rispondere Aci al posto dellassente. Ne era seguita una nottata darruffamento fra padre e figlio, che forse avrebbe potuto aiutare il muccuso a chiarire e a farsi adulto; a diventare pellesquadra. Invece, subentrato il silenzio; lenimma non s sciolto, e adesso, passato per guerra, e tornato, egli ritrova il padre ancora preso nella nonsenseria di Aci e Galatea; e si rivede, ancora, perenne muccuso. Nella terza parte del romanzo lorca affiora e occupa le acque dello stretto, deserte di barche54. I pellisquadre, gi stremati dagli orrori della guerra, dallinvasione delle fere55,
Si potrebbe ipotizzare (ci sto lavorando in questi mesi) una possibile suddivisione della teratologia fantastica horcynusa in mostri-chimera, come questo, e in mostri-feto, come la Mezzogiornara (e come, a un certo punto, lorca). I primi, e specie la delfifera, rimandano allusivamente (come nel sogno delfinaro) anche a unincertezza didentit sessuale. 50 Si veda per es. la sequenza onirica in cui la parola delfino, che il protagonista vede tracciata sulla sabbia, si trasforma in figura e poi in corpo vivo: pp. 175-178. 51 Ivi, pp. 453-454. 52 Ivi, p. 455. 53 Ivi, pp. 455-456. 54 Cfr. sopra, n. 33. 55 Mai forse si era visto prima un cos impressionante spostamento di quei geni e genie di pescibestini, n forse si sarebbe mai pi visto dopo. Era unapparizione che metteva ansia e disorientamento, e faceva paurosamente
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dallimpossibilit di uscire a pesca, ne sono come stregati, e annichiliti; come impestati dalla sua piaga in cancrena. Per qualche ora, poi, lanimalone sembra aver preso il largo, e i cariddoti se ne sentono rinfrancati. Ecco allora la nonsenseria del loro rianimarsi: la ripetizione meticolosa, ma in folle, dei gesti (e delle parole esatte) del mestieruzzo, quasi come sonnambuli:
I pellisquadre, come se fosse stata solo la presenza dell'orcaferone a impedirgli di varare sino allora, dopo mesi tornarono a trafficare, come per simbolo di bonaugurio, con il loro mestieruzzo. Per prima cosa, avevano tirato fuori e sbrogliato la palamitara, la mutulara, l'acciara e la sciabica; Luigi Orioles aveva sfoderato il ferro della traffinera e don Mim le reste di ami sui sugheri delle lenze del conzo. Quelli si erano allungati in fila nel mezzo delle case, stirando le reti secche secche e controllandole ognuna, maglia a maglia, quasi fossero fresche di mare e ci sgocciolasse acqua; Luigi Orioles, con le boccettine della vasellina, le boatte di grasso e le pezze di lana, disposte sulla sedia davanti, oleava, lustrava e provava il delicato congegno del ferro; don Mim, da parte sua, torn a ranunchiarsi nella sua gistra, con le labbra zeppe di ami, e quella sua vista dette ancora, a vederlo, quella stessa strana impressione di sempre, di essere contempo pesce ed esca. Ed era don Mim, perlappunto, a personificare meglio la nonsenseria di quello che facevano: e facevano come sonnambuli, che dormendo a occhi aperti, si alzano la notte a fare quello che fecero al giorno, un giorno, e un lontano giorno56

La realt del lavoro convertita in simulazione (cos anticipando la messinscena della parola barca fatta da Ndrja anche lui come sonnambulo sullo sperone):
si fingevano rientrati dalla prima uscita, e ora andavano rimediando smagliature e strappi, riguardando galleggianti, piombi, romanello e ami, ed esche di pesci e di lana, e ferri e aste di traffinere, come dovessero varare ancora, appena calato il sole, e varare armando con ogni tipo darmamento, con ontro, feluca e traffinera, con palamitara e con mutulara, con acciara e con sciabica, con rete insomma a maglia larga e a maglia stretta, rete per pesce grosso e pesce fino, per pesce di passa e pesce allogato, per pesce di fondo e pesce di scoglio.57

Il mestieruzzo, senza la barca, allucinazione teatro nonsenseria. E veniamo, dunque, alla barca. Le pagine del discorso sullo sperone (che formano linserto aggiunto da DArrigo in bozze solo dopo il 72)58, e specie quelle di barca-bara-arca, costituiscono lacme, e forse come a posteriori, a spiegare i lunghi ripensamenti di DArrigo sul romanzo in forma di enigma59 (nodi che proprio nel 72 si vanno sciogliendo) possono considerarsi il nucleo generatore del sistema linguistico-narrativo horcyniano. Vi troviamo molti dei fenomeni descritti da Baldelli: procedimenti gi attivi nelle altre parti del romanzo, ma qui protratti sino alla follia analogica60 e al gioco a s, che produce svuotamento di senso. Literazione isola e corrode la parola, fino a ridurla a puro fantasma sonoro (vi rimando alla
nascere in testa il pensiero di qualcosa d'oscuro e minaccioso che veniva con quel mare di fere [] E questa la fine del mondo, la fine nostra.... / Ndrja lo sapeva, come lo sapevano tutti, [] e la loro fine, la fine del loro mondo, se doveva venire, era dal mare che sarebbe venuta, e la loro fine, la fine del mondo di terraferma, sarebbe stata il principio del mondo dell'acqua salata, il principio del mondo della fera, pp. 503-504. 56 Ivi, p. 815. 57 Ibid. 58 Cfr. S. Sgavicchia, cit. 59 Cfr. la lettera di DArrigo allamico C. Zipelli (da me riportata, insieme ad altre, in I fatti della fera nelle lettere di DArrigo a un amico, in S. DArrigo, I Fatti della fera, a cura di A. Cedola e S. Sgavicchia, Introduzione di W. Pedull, Rizzoli, Milano, 2000, pp. XXXVII-XLV): Tutti i giorni spero di trovare la chiave, la soluzione dellenigma (perch tale per me , un quesito della Sfinge [...]). Tutti i giorni spero di trovare il filo della matassa in cui mi pare dessermi legato colle mie stesse mani. Mi dispero sino alle lagrime ma mi pare miracoloso che ritenti, mi pare il solo buon segno che forse ci riuscir. (8 novembre 1958). 60 S. Sgavicchia, cit., p. 69.

pagina commentata da Alvino, con literazione della parola daffare)61. Cosicch la grammatica decade a sillabazione:
Si ... sife ... sife ... sife ... fecelo ... celon ... lon ... lonta ... naaana... come se lo stesso sforzo che gli era costato alzare la testa mezza in luce, lo dovesse fare ora per spingere fuori alla luce, sillaba a sillaba, 62 le parole.

Davvero si fece lontana la barca. Sillaba a sillaba: sillabare un termine fondamentale delle metamorfosi horcynuse; le sue funzioni significanti si prolungano, si trasmettono e si complicano negli intrecci e nelle interferenze con altre formazioni: sillabare, slabbrare, sillabbrare, sdillabbrare63; sbaviarsi, sillasbaviarsi, sdillabaviarsi64. La parola sdillabrata, come la piaga dellorca65; sdillabrata in grumi sonori, scomposta e ricombinata secondo linee di pura suggestione fonico-analogica: echi, allitterazioni e paronomasie; associazioni, dissociazioni, rigeminazioni neoplastiche. Un pullulare che dalla piaga mostruosa dellorca, o dal fondo dellilinx e della memoria, si estende, dicevo, al mare stesso, allo scillecariddi, che diviene mare della nonsenseria, azzeramento della mera possibilit di riconoscere, prima che un senso, un orientamento, o lessere, nelle parole e nelle cose. Per inventare la scrittura del romanzo, DArrigo si orientato sullosservazione filologica e ci tiene a rimarcarlo:
Io vi ho lavorato basandomi su precisi dati filologici. Nel libro ci sono tutte le isolette linguistiche che prese insieme formano lisola Sicilia [] tendevo a ricostruire, strato dopo strato, la lingua di Scilla e Cariddi.66

Opera da filologo67, ma perviene a un esito in ogni caso antimimetico68; e a un flusso monologico in cui la ipervalorizzazione dellelemento significante culmina, a tratti, con lo svuotamento di senso dellecolalia. Linserto dello sperone di circa 200 pagine. I Cariddoti, dallalto della roccia protesa sullo stretto, osservano incantati e inquieti lagonia dellorca, in un mare di sangue, orrendamente piagata nel fianco, poi colpita dalle bomboatte69 dei pescatori di frodo, e infine scodata a morsi dalle fere. Lo scodamento un altro gioco molto in voga nello scillecariddi: il divertimanto pi crudele e gratuito delle fere. Di solito cincappa il pescecane; stavolta toccato al ferone. Il mostro infine ridotto a unorcarogna, e i pellisquadre cominciano a cogitarci sopra. Una tale massa di carne, se sarenasse, li salverebbe dalla fame, per molto tempo. Ma le correnti potrebbero tenerla lontana, o ferma l a impestare il mare. Ndrja allora interviene: un maltese, mister Manici, factotumo del comandante militare di Messina, gli aveva offerto mille lire per partecipare a una regata fra equipaggi inglesi e italiani. Lui dapprima aveva rifiutato, ma ora essendo giunto mister Manici, con un barcone da guerra britannico, a rinnovargli la

G. Alvino, cit.,pp.5-7. Horcynus Orca, p. 1114. 63 Labbra e slabbrare, con eco-allusione ai denti della fera. 64 Labbra e bava, rinvianti a una sorta di regressione (infantile-ipnotica). 65 ...il sole, facendo svaporare il sale, gli aveva asciugato quel massacro di piagona sdillabbrata e conseguentemente, fatto inselvaggire il fetore, p. 785. 66 Le parole di DArrigo riportate da S. Sgavicchia nello studio sopra citato, p. 58 (cui rimando per i riferimenti) comparivano in un comunicato stampa del 1975. 67 Uno scrupolo documentale che lo scrittore usa in ogni momento della sua opera: ne testimoniano per es., oltre ai risultati, le pubblicazioni oceanografiche presenti nella sua biblioteca a Roma, e il carteggio con Zipelli (per cui rimando al mio studio sopra citato). 68 Ancora DArrigo, nel comunicato del 75: ...a me non interessano i differenti dialetti ma ricreare una lingua compiuta e globale. 69 Su questa formazione, cfr. Baldelli, cit., p. 276.
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proposta finir per accettare: in cambio della vogata, si far tirare a riva lorca (ormai morta). Lo scagnozzo del maltese sbarcato a Cariddi con le mille lire in mano; ma proprio i suoi modi ambigui e volgari scatenano lincazzatoria del protagonista: Ndrja comprende che il recupero della carogna trasciner i pellisquadre allestremo degrado (cibarsi di carne bestina, carne morta per di pi), causando la fine insieme ad ogni norma etica del loro mondo. Tenta di arginare la crisi facendo balenare nelle menti ormai straviate dei compagni lidea dellantico mestieruzzo: le mille lire potrebbero bastare come anticipo per una barca nuova. Per ricominciare a pescare. Ma i cariddoti non pensano che allorca. Anche il loro capo carismatico, Luigi Orioles (alter ego paterno-utopico di Ndrja)70, sembra aver rinunciato a qualsiasi resistenza: Si fece lontana la barca, Ndrja71. La frase pronunciata da don Luigi ma oreocchiata72 dal protagonista sulle labbra di un vecchio spiaggiatore (il cannadastendere). La voce alterata, irriconoscibile; le parole sono spezzate: Si... sife... sife... sife... fecelo... celon... lon... lonta... naaana...73 Con linserto dello sperone, DArrigo fa passare la morte dellorca per il mare stretto, per limbuto, o gorgo, della parola sdillabrata. Nei Fatti della fera il compiersi dellagonia giungeva pressoch inavvertito: il ferone pareva gi morto quando era ancora vivo, e sembrava ancora vivo quando era ormai unorcarogna. Lo scrittore inserisce il nuovo blocco narrativo proprio in quel mezzo: Ndrja, fra i cariddoti, contempla la fine dellanimale marino, e allo stesso tempo, per cos dire, la verbalizza nel suo monologo interiore, oreocchiando le parole di Luigi Orioles. E mentre nei Fatti della fera ad essere sdillabbrata era soltanto la piaga dellorca, qui lo sar la parola stessa: confusione, ibrido mostruoso tra corpo fisico e segno74. La neoplasia, infatti, produce sullarticolazione del linguaggio, sulle parole oreocchiate da Ndrja, come stiamo per vedere, la stessa azione dilaniante e trasfiguratrice cui sottoposta la carne dellorca. Allo stesso modo vi era stato sottoposto, alcune pagine prima, il corpo di quellaffogato smangiato e scorciato in forma di pesce75 col quale Ndrja per un attimo, oscuramente, sera identificato76. Adesso quel sovrapporsi di identit e di sorte, come un dubbio irrisolto riaffiora, e sallarga, dal corpo naufrago allorca dilaniata a Ndrja. Dunque, proprio con le pagine dellinserto in quella voce come daffogato, come il sospiro di chi muore per acqua il destino del reduce protagonista si chiarifica identificandosi con quello dellorca, e con quello dei tanti che non torneranno pi a casa (e che, persi in mare, ormai fantasmi, invocano sepoltura), in una medesima sconfitta e rovina.

Un vero e proprio idolo per lui, col suo stile netto, specchiato, solare, [] il comportamento dellanimo, statuario, statuario marmorino (p. 976). 71 Horcynus Orca, p. 1081. 72 A Ndrja pare cio di leggerla e udirla sulle labbra dello spiaggiatore (p. 1080 e ss.): cos avverr anche in seguito, durante lepifania. 73 Horcynus Orca, p. 1107. 74 Cos come avveniva nel sogno della parola delfino (cfr. sopra, n. 51). 75 ... lo vedettero bene, sin troppo magari, come se lo erano lavorato sarde e compagnia bella: [...] gli avevano accorciato e affilato le braccia, spuntandogliele come pinne; delle gambe, se non era stata qualche cannonata o qualche bomba a portargliela via di netto a netto, gliene avevano lasciato una sola, e a quella, avevano sfrangiato le dita del piede, in modo tale che oscillavano a pelo dacqua come la frangia di una coda; e poi, gli avevano smangiato il cranio, squadrandoglielo e appiattendoglielo, e fatto scomparire naso e orecchie, e l, ai due lati, ora, i buchi degli orecchi avevano qualcosa di somigliante agli occhi da cieco dun pesce degli abissi: e poi, per finire, gli avevano slargato la bocca, ammascellandogliela in dentro, come gliela modellassero su quella, a becco, della fera. Forse, lo avevano fatto da sole le sarde, quel travaglietto, sarde, sardelle, sardine, tutta la gran famiglia vomitosa, o forse la guerra aveva fatto il grosso ed esse lo avevano rifinito, ricamando quello sventurato coi loro dentuzzi a punta dago, p. 901. 76 Ti ricord qualcuno, eh, Ndrja?/ Ma lo vedesti? gli fece lui. E ti pare che pu ricordare qualcuno quello l? Ma lo vedesti, lo vedesti bene?/ Si sentiva dalla voce che gli era venuto un po di nervino perch quella figura sfigurata a testa e coda di pesce, gli ricordava veramente qualcuno, uno che fu qualcuno per lui, e lui non capiva come glielo potesse ricordare..., p. 903.

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La voce di Luigi Orioles, sillabando incide la frase (Si fece lontana la barca, Ndrja), scheggiandola, cavandone la parola Barca... Barca...77; che poi continua a ripetere, come unecolalia78: un nonsenso che investe, minandola nel profondo, la coscienza di s e del mondo del pellesquadra-marinaio Ndrja Cambra, che ascolta: Barca... Barca... ...come se non si dovesse fermare mai pi.79 Ed ecco lo sdillabbrare:
A un certo punto, quella voce come di mare, come di schiuma d'alghe e rena in bocca, quella voce, a flusso e riflusso, ebbe come un arresto, un sussulto, fece risucchio, sfiat, ebbe come un risentimento umano, dette insomma segno di vita, anche se quello era segno di vita che se ne andava per sempre, e difatti pigli a farsi faglio, sgarr, sdillabbr: Bar... cabar... cabar... abar... cabar... a... [] trattenendo il fiato e rifiatando in continuazione dentro quella parola, ... cominci a perdere colpi, a defagliare, sdillabaviarsi, sdillabbrarsi ... sdillabbrava, per sempre a un punto della barca, il punto dove smangiava e allascava, come fosse un'asca della stessa barca, sempre la stessa lettera, la c: Bar... cabar... abar... a... [] dal fasciame, sfasciame di quella sbavatura di barca era venuta fuori la bara.80

La parola sdillabbrata, insomma, rivela la bara nella barca. un gioco di parole, il culmine dellorrore horcyniano. Ndrja osserva don Luigi, oreocchiando la sua voce, e ne perturbato, come da un impronunciabile enimma:
Bar ... cabar ... abar ... cabar ... abar ... cabar ... a Faceva senso, faceva specie [] lui, uno come lui, per il quale non esistette mai mare dil, ma solo mare di qua, e ora faceva, si poteva dire, faceva carte false, si sdillabbrava tutto, con quella voce affogata, quella bocca schiumeschiume, come avesse il duemari nella strozza, baviandosi con quella sua barabarca, per imbarcarsi, ancora a occhi aperti, verso quello che per lui fu sempre il mare della Nonsenseria. Bar ... cabar ... abar ... cabar ... abar ... cabar ... a.81

Il mare della Nonsenseria. Nelle parole di Luigi Orioles, sdegettato a quel grado di immalinconimento, a quella degradazione di scafarsi la bara nella barca; nello spettacolo impressionante di quella ricchezza ridotta a questa miseria82, Ndrja contempla infine il proprio naufragio83 e la sparizione di Cariddi come approdo del nostos: la guerra aveva lasciato le sue intacche [...] E in conseguenza di queste intacche, Ndrja trovava al suo ritorno il mondo sottosopra84. il finimondorioles: un immalinconimento all'ultimo grado, limmalinconimento che gli piglia alluomo quando ormai lo bazzica la morte85. Non c pi Cariddi, non c via di salvezza, se non imbarcarsi per morte come hanno fatto don Ferdinando Curr e la sua chiumma di mummioni , ancora a occhi aperti. Si va sciogliendo lenimma:
Ivi, p. 1112. E. De Martino, ne Il mondo magico, Bollati Boringhieri, Torino, 1973, parla dellecolalia come una delle manifestazioni, da lui descritte, di quella singolare condizione psichica ... chiamata olon: questa condizione relativa a un senso di perdita o di attenuazione della propria realt personale. In tali fenomeni, come noto, De Martino individua lorigine del dramma storico del mondo magico, ma riconosce che quella perdita della realt riscontrabile anche nelluomo moderno, nellangoscia esistenziale rispetto a gravi crisi come un profondo dolore, una malattia, una guerra. Ed quanto sta avvenendo a Cariddi. Larenamento del ferone rappresenta infatti una minaccia grave allidentit cariddota (gi indebolita dalla fame e dalla guerra). 79 Horcynu Orca, pp. 1112-1113. 80 Ivi, pp. 1113-1114. 81 Ivi, p. 1125. 82 Ivi, p. 1114. In diverse occorrenze la nonsenseria il contrario del ragionamento chiaro e morale, caratteristico di Luigi Orioles. 83 era come se la sua vita si smagasse di tutto, tutta in una volta, e nell'attimo stesso, per il fatto stesso che si smagava, la perdeva, p. 1123. 84 Ivi, p. 913. 85 Ivi, p. 1114.
78 77

Ndrja come Luigi Orioles, come questo don Luigi immalinconito. Come don Ferdinando: un pellesquadra fatto ormai mummione non pi o non tanto per vecchiaia, ma come i pi, presentemente, per guerra.86 Cos, dalla bara la voce sdillabbra, ancora, larca:
ripigliando la c che prima aveva allascato dalla barca per scafarsi la bara, la barca ora la spruava, spuntandola di netto a netto della b, sicch dalla barca non si scafava pi la bara, ma si scatasciava tutta, ordinate e traversine, murate e masconi, operamorta fuori, a vista, a summo, come l'operaviva natante o meglio, galleggiante, si scatasciava la cosa che meno si sarebbe potuto immaginare, l'arca nientemeno: Barca. Barca fece, e poi subito, subitissimo: Barca, arca... arca... arca.87

Un nuovo gioco di parole: larca nella barca. Anchesso effetto della guerra; dello straviamento. La nonsenseria di trovare salvezza nella morte: arca cio, non perch gli salvava la vita, ma proprio per il contrario, perch li salvava dalla vita, da quel miserabile residuo di vita88. Ndrja ha sperimentato in s lorigine del cataclisma horcynuso, del finimondorioles; lo straviamento del mondo cui tornato il suo stesso straviamento. Lha capito, adesso: lui il naufrago rimasto solo, senza compagni, sulla spiaggetta della Ricchia (e l, in quel gran silenzio, ora, lasspra sullo sperone)89. Ecco perch si sentiva lanimo senza dolore n conforto, come se questo che succedeva, fosse gi successo per lui90. Era gi tutto successo, ma Ndrja aveva continuato ad annaspare, come lorca scodata, come se fosse ancora vivo (mentre era gi come morto, quando al termine del suo viaggio di ritorno saffacciava alle acque dello scille cariddi)91. Solo attraverso lepifania, nelle tre parolette oreocchiate sulle labbra del cannadastendere barca, bara, arca , egli pu in fine decifrare il senso dellenimma: il marinaio, nocchiero semplice Ndrja Cambrja un fantasma, un cervello scodato che continua a vibrare, funereo e insensato. La sua presenza nel mondo dei vivi ormai fuori luogo (aveva visto giusto, il vecchio spiaggiatore); una nonsenseria. Ndrja e lorca: col loro arrivo al duemari si compie la distruzione del cosmo Cariddi. Lorca perde la proverbiale immortalit, e Ndrja, facendosi arenare la carogna dagli inglesi (per cui davvero c confusione, ormai, tra corpi vivi e corpi morti, tra cibo cristiano e bestino), conduce il proprio villaggio-mondo alla rovina, rovinando lui stesso. La morte dellorca cui egli si lega, come scrive Contini, per necessit simbolica92 la sua morte, gi prima di morire davvero, ed il disgregarsi della lingua che lha generato; il dissolversi di tutto nel mare della nonsenseria. La barca si fece lontana, quella che Ndrja avrebbe voluto far costruire al maestro dascia don Armandino Raciti, troppo lontana per i pellisquadre decaduti a mummioni. Ora tocca a lui decidere. Separare il proprio destino da quello di Cariddi. E ha gi deciso: mi pare che mi fa come un groppo in gola e mi soffoca se non la dico, se non la sputo, subito, subitissimo, ecco: orca, orca, orca, orcarca93. lo scioglimento. Da qui lazione volge rapidamente al termine: Ndrja va incontro alla pallottola della sentinella inglese, che lo ripiomber nella notte, dentro, pi dentro, dove il mare mare94.

86 87

Ivi, p. 1136. Ivi, p. 1130. 88 Ivi, p. 1140. 89 Ivi, p. 1143. 90 Ivi, p. 1083,1 91 Cfr. licipit del romanzo. 92 G. Contini, cit., p. 61. 93 Horcynu Orca, p. 1144. 94 Sono le ultime parole del romanzo.

La nonsenseria dunque un nonsense funereo (formulo questa proposta dallargamento, giacch qui discutiamo anche di confini di genere); il segno di un negativo ontologico. Ed un nonsenso che DArrigo mette in scena nello spazio del romanzo, fino a quellultima parola impossibile, orcarca, pronunciata dal suo protagonista; vale a dire, non un nonsense lirico, dautore, ma la rappresentazione oggettiva (come quella dei giochi di muccusi e nonnavi) della nonsenseria che ha invaso e intaccato la lingua e lidentit, e lesistenza di Cariddi (quale luogo immaginario del racconto), dei suoi abitanti, dei loro discorsi, della coscienza e memoria del personaggio Ndrja il cui sguardo fa da filtro alla narrazione. evidente e non mi sogno di formulare ipotesi diverse che DArrigo il contrario esatto di uno scrittore nonsensico (e tanto pi, di uno scrittore giocoso o umorista). Non un dadaista, n un surrealista; e nemmeno uno sperimentale95 o avanguardista. Si considerava, anzi, un realista classico. Direi che stato un visionario scrittore di cose. Inventore di una linguamondo di sorprendente coesione e autonomia96, e allo stesso tempo di precisa evidenza realistica e congruenza storica, DArrigo ha fatto propri i materiali pi diversi, alti e bassi, grezzi o formati; li ha ogni volta riplasmati, combinati e ricodificati secondo il principio interno, fortemente modellizzante (lingua-mondo), del suo interminabile work in progress; e tra questi, ha dato grande rilievo significante a certe patologie del linguaggio cui mi riferivo allinizio dellintervento che nella storia della letteratura, convertite in giochi linguistici (non solo come puro nonsense), sono state adottate in funzione trasgressiva, antitradizionale, carnevalesca, se non addirittura come elementi di distruzione del linguaggio97. DArrigo ha insomma oggettivato quegli elementi distruttivi, ricodificandone la funzione a scopo narrativo. E dunque: i giochi linguistici horcyniani giochi di iterazione, metamorfosi, neoformazione sembrano denotare la medesima incoerenza dei sogni; sennonch, il narratore e gli stessi personaggi protagonisti della vicenda tendono continuamente a interpretarli, a cercare in essi nei giochi di parole come nei sogni e visionamenti un significato utile, o almeno lindizio, la traccia di un senso. Ogni produzione onirica, ogni escrescenza fonomorfologica dunque seguita e accerchiata dalla sua spiegazione, diretta, allegorica o simbolica. una disposizione che accomuna, dicevo, personaggi e narratore, per i quali i fatti si svolgono come una catena (o meglio, come una trama) denigmi, il cui scioglimento sempre questione di vita o di morte98. Il procedimento evidente, allinterno del romanzo, nella scena dello sperone: oreocchiando quasi in stato ipnotico la metamorfosi della barca nella bara e nellarca, fino alla nonsenseria dellorcarca, Ndrja allo stesso tempo (con un accanimento analitico ossessivo) sinterroga sul senso di ci che gli accade, per darsene una spiegazione. Che alla fine trova, e sulla quale ordina le proprie scelte, facendo procedere lazione: dallarenamento dellorca al viaggio a Messina, fino al proiettile cui sembra andare incontro. Allo stesso modo, in diverse parti del romanzo Ndrja ha sognato (anche a occhi aperti)99 e ha poi subito analizzato i propri sogni e visioni, piegandoli ed essi si sono ben lasciati piegare a uninterpretazione e a una
Cfr. la lettera di DArrigo a Zipelli: Insomma io ho detto s a Mondadori perch il Menab mi sembra abbia un carattere sperimentalistico [] e tale carattere limiterebbe mi pare il mio libro... (24 giugno 1959). 96 DArrigo, come noto, si sempre mostrato contrario alle proposte di affiancare un glossario al romanzo (sono peraltro interessanti quelli approntati da S. Lanuzza e da G. Alvino, nei rispettivi volumi sopra citati), e cos scriveva a Zipelli, mentre correggeva le bozze per il Menab: Torno, trovo un espresso del Menab, dentro lelenco dei vocaboli tradotti non so da chi stupefacente no? e inviatomi perch lo visionassi. Com non importa (il meglio possibile ho pensato persino che labbia fatto Guttuso ma non da me) importa che io non lo volevo (20 luglio 1960). 97 Di distruzione del linguaggio a proposito del nonsense parla ad esempio Dossena, nello studio che ho citato. 98 Ma questa anche lintenzione espressivo-comunicativa su cui DArrigo dichiara di fondare la lingua di Horcynus Orca: ogni volta che ho adoperato neologismi o semantiche inedite mi sono preoccupato di fornire immediatamente il corrispettivo metaforico, di scrivere, riscrivere, rifondare il periodo e mirare il vocabolo finch non giudicavo davere raggiunto la certezza che il risultato ottenuto fosse quello giusto e definitivo, che la totalit lessicale, sintattica e semantica fosse realizzata, che, sulla pagina finita, la scrittura parlasse(cfr. sopra, n. 17). 99 il vistocongliocchi della mente, che ricorre spesso nel romanzo, in opposizione al sentitodire e al visto con gli occhi.
95

funzione allegorico-simbolica che risultata determinante per la struttura e per lo sviluppo della narrazione: si pensi al sogno della fera-delfino, nella prima parte del romanzo. Il fatto che le dinamiche metalinguistiche e metadiscorsive, in Horcynus Orca, oltre a produrre, di volta in volta, un effetto derealizzante di parallessi, come dicevo100, risultano sostanzialmente non esaurienti rispetto ai fenomeni che le innescano; girano in folle, causando un ulteriore svuotamento di significato. Ma esattamente questa la funzione del nonsenso in Horcynus Orca: esso acquista, per corrosione o sdillabramento dei nessi e della materia linguistica, il ruolo estremo (postumo) di produrre sulla pagina la manifestazione epifanica della Nonsenseria la piaga e il disordine, la negativit essenziale dellessere nello spazio dei personaggi.

100

Cfr. sopra, n. 15.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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