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La riflessione di Hannah Arendt e il concetto di biopolitica: intuizioni e anticipazioni.

0. Introduzione Scopo del presente lavoro descrivere e analizzare alcuni aspetti del pensiero di Hannah Arendt che possono essere ascritti a quellambito del pensiero politico contemporaneo noto come biopolitica. Dopo una breve definizione di ci che comunemente si intende nel dibattito attuale con questo termine, mi dedicher alla descrizione approfondita di due temi in particolare del pensiero arendtiano che mi sono sembrati a tal proposito estremamente significativi: in primo luogo la discussione arendtiana sulla natura del Sociale; in secondo luogo, le riflessioni inerenti lapolidicit e la natura dei diritti umani, che toccano direttamente anche alcuni aspetti della riflessione storica sulle origini del totalitarismo e sul fenomeno dei campi di concentramento nazisti e della Shoah .Successivamente, analizzer alcuni ambiti del pensiero di due dei pi importanti teorici della biopolitica, Michel Foucault ( che pu esserne considerato se non il fondatore, indubbiamente la voce pi nota) e Giorgio Agamben, per ritrovarvi ripresi esplicitamente o implicitamente i temi arendtiani su menzionati e dimostrarne cos lindu bbia influenza.Terminer questo breve scritto una discussione sulla peculiare prospettiva arendtiana nel suo rapporto con le sfide politiche della contemporaneit. 1. Biopolitica: una definizione Il testo che per primo fa uso del termine biopolitica Biopolitcs.An essay on the physiology, pathology and politics of social and somatic organism , pubblicato dallinglese Morley Roberts nel 19381 , ma concetti simili si ritrovano gi nella filosofia positivista di August Comte, che usa Biocratie per indicare la peculiare capacit animale di aderire spontaneamente al proprio fine vitale2. Lingresso del termine nel dibattito filosofico contemporaneo si deve per al lavoro di Michel Foucault, che ne fa loggetto di due dei suoi corsi al College de France 3.Attualmente con biopolitica si intende quellinsieme di fenomeni politici che chiamano in causa direttamente la vita biologicamente intesa: il dibattito parlamentare sui trattamenti di fine vita, laborto e leutanasia, il dramma dei migranti e la peculiare gestione politica del fenomeno, le grandi campagne sanitarie contro lobesit, il crescente rilievo che la vita privata dei leader politici acquista nellarena istituzionale, la questione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso sono solo alcuni dei fenomeni di strettissima attualit in cui evidente la stretta connessione tra politica, etica, diritto e vita biologica. Connessione che mette in dubbio alcuni paradigmi

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Cfr. L. Bazzicalupo, Biopolitica.Una mappa concettuale, Carocci, Roma, 2012, pp. 25-26. L. Bazzicalupo, Biopolitica.Una mappa concettuale, cit., p. 24. 3 In particolare quelli tenuti negli anni 1977-78 e 1978-79.

consolidati delle teorie politiche e delle tradizioni giuridiche, spingendo soprattutto queste ultime a urgenti ammodernamenti e modificazioni. Ebbene, di questi tratti peculiari della politica contemporanea Hannah Arendt seppe mettere in luce con notevole anticipo alcuni aspetti fondamentali che non solo contribuiscono a chiarirne lorigine storica, ma ci forniscono anche una visione peculiare sul fenomeno nel suo complesso che ne denuncia i rischi per ci che la filosofa tedesca definiva politica in senso stretto e che anzi ne hanno causato in massima parte la presente decadenza. 2. Aspetti biopolitici del pensiero di Hannah Arendt Mi sembra doveroso cominciare questo paragrafo con una precisazione di natura metodologica.I punti del pensiero arendtiano che mi accingo qui a trattare non sono stati estrapolati arbitrariamente da un sistema filosofico in s conchiuso e rigido.E anzi la stessa natura frammentaria e a-sistematica del filosofare dellautrice, che si occupata di molteplici argomenti senza soluzione di continuit, a permettere di identificarne alcuni temi specifici senza snaturarli decontestualizzandoli da un sistema che, come detto, di fatto non esiste. Per altro, questa mancanza di sistematicit tuttaltro che casuale, ma deriva in Arendt innanzitutto da un rifiuto duraturo di identificarsi come filosofa, vedendo ella nella filosofia una disciplina che, rifiutando il duro contatto con il reale, le sue contraddizioni e le sue brucianti idiosincrasie, si da sempre configurata come sapere a-storico, astratto, potenzialmente pericoloso per la politica umana stessa.Distanziandosi da questa peculiare visione della filosofia, Arendt prefer per tutta la sua vita una scrittura a stretto contatto con la realt ( lavor per altro come giornalista) e per questo motivo la sua produzione risulta estremamente eterogenea nelle tematiche affrontate e, soprattutto, profondamente storica: uno dei motivi per cui risulta ancora cos attuale e stimolante. Tornando agli spunti biopolitici del pensiero arendtiano, ho identificato come gi detto due nuclei tematici sviluppati dalla pensatrice in opere diverse: la sua discussione sulla natura del concetto di Sociale e le sue riflessioni sui diritti umani. 2.1. Nascita del sociale Per il primo tema mi baso soprattutto sui primi due capitoli dellopera The Human Condition, pubblicata nel 19584. Per Arendt, una delle pi grandi tragedie della modernit aver confuso la sfera privata e la sfera pubblica, mediante la creazione di una sfera ibrida che definisce appunto come il sociale.Questultima ha disarticolato la veneranda distinzione, di origine greca ed
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Edizione italiana: Hannah Arendt, Vita Activa.La condizione umana, Bompiani, Milano, 2008, pp. 7-57.

esplicitamente descritta da Aristotele, tra Zo e Bios, dove la prima indica la vita privata, la vita familiare in cui gli uomini badano alla loro sussistenza biologica (nutrizione, riproduzione ecc.), e la seconda invece indica la vita propriamente politica, dove ogni cosa meramente necessaria o utile rigorosamente esclusa5, dove trovano posto le attivit che Aristotele defin specificamente politiche, ovvero azione (praxis) e discorso (lexis). Listituzione della vita politica, di una dimensione comune della vita, dot letteralmente i greci di due ordini di esistenza: una vita privata, idion, e una vita pubblica, koinon.Aristotele coglie nella riflessione teoretica niente pi che un reale fatto storico: listituzione della polis avviene infatti quando i singoli individui, mettendo da parte i legami privati di sangue, decidono di stabilire una dimensione ulteriore in cui regolare i rapporti della comunit, che nasce appunto come unione delle varie famiglie singole.La radicale differenza tra le due sfere si afferra semplicemente considerando che nella neonata sfera politica i conflitti possono essere regolati esclusivamente tramite il discorso e non trovano posto la violenza e la forza in genere, come invece accade in un ambito privato.Non a caso Trasimaco, nel noto passo della Repubblica, pone in dubbio la stessa possibilit dellordine politico come immaginato da Platone proprio con una visione disillusa della stessa politica per cui a regnare sempre il pi forte. La crisi di questa struttura comincia molto presto, secondo Arendt: Sono infatti gi i romani che, traducendo polis con societas (termine esclusivamente latino che non trova corrispettivo in greco), provocano una prima confusione delle parole che si and approfondendo per tutto il medioevo e let moderna, soprattutto a casua del cristianesimo.E indicativo considerare a tal proposito che Tommaso DAquino paragoni il governo politico allordine familiare,e il re al pater familias.Ma cosa provoca questo venir meno della divisione tra pubblico e privato? Provo qui a schematizzare i processi descritti da Arendt come effetti della socializzazione della politica: A) Nascita delleconomia politica: leconomico, che per i greci era tutto ci che, riguardando loikos, la casa, era faccenda strettamente privata ( la sussistenza della famiglia, la sua riproduzione ecc.), fa il suo prepotente ingresso nel politico, diventando anzi sempre pi la preoccupazione principale dei governi.La redistribuzione della ricchezza, la gestione delle risorse alimentari, il controllo demografico diventano gi durante let imperiale romana questioni politiche fondamentali, e ci che appartenente al regno delle pure necessit biologiche spodesta cos tutto ci che, prescindendo da queste ultime, propriamente politico in quanto presuppone una dimensione di libert (dalle necessit vitali) per poter esistere.

H. Arendt, Vita Activa.La condizione umana, cit, p. 19.

Einteressante considerare poi almeno un fenomeno connesso alla nascita delleconomia politica, ovvero la nascita della statistica, suo principale strumento tecnico6.Questa, in quanto analisi matematica dei grandi numeri, in cui la media conta pi delleccezione, il comportamento regolare pi dellazione isolata, la disciplina che pi di altre ha permesso alleconomia di rivendicare uno statuto di scientificit: ma al di l di questa parvenza di neutralit, luso della statistica economica illumina molti lati fondamentali delleconomia stessa e della sua concezione del mondo e delluomo.Infatti essa presuppone, per poter essere utilizzata, di concepire luomo come essere sociale che segue determinati modelli comportamentali necessari, la deviazione dai quali da considerarsi a-normale, al limite patologica: "in nessun modo si pu dire che l'uniformit statistica sia un innocuo ideale scientifico; essa il dichiarato ideale politico di una societ che, interamente sommersa nella routine della vita quotidiana, accetta la prospettiva scientifica insita nella sua esistenza"7. B) Burocratizzazione dello stato Quando la sfera domestica, privata dell'esistenza degli individui diventa la preoccupazione principale della politica, quest'ultima viene trasportata in un universo in cui regna la pura necessit biologica e il suo soddisfacimento.In questa paurosa degenerazione del politico Arendt vede, con notevole acutezza, la catastrofe insita nell'avvento del regno del sociale.La politica infatti, dapprima regno della libert, dell'emancipazione dalla dimensione biologica dell'esistenza, diviene ora la scienza dell'organizzazione economica delle risorse e delle popolazioni.L'azione del cittadino della polis, che con coraggio si distingue in assemblea, sostituita dal comportamento meccanico scientificamente determinabile del cittadino moderno, e al leader carismatico o all'assemblea si sostuituisce la burocrazia, intesa da Arendt come l'aspetto meccanicistico, come la gestione scientifica del potere.A subire una vergognosa degradazione, per tramite di questo processo, la vita umana stessa: la perdita della dimensione politica equivale per Arendt a un'amputazione "delle pi alte possibilit dell'esistenza umana"8, che si estrinsecano nell'azione libera, "la sola attivit che metta in rapporto diretto gli uomini senza la mediazione di cose materiali"9.Il moderno componente della societ, per cos dire, rimane sempre in un'unica dimensione dell'esistenza, in cui il suo spazio privato stato eroso fino a scomparire quasi del tutto per essere sostituito da un ambito ibrido in cui non c' il minimo spazio per azioni che esulino dalla norma dei comportamenti socialmente accettati e previsti. C) Organizzazione totale della vita biologica

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Ivi, p.31. Ivi, p.32. 8 Ivi, p.47. 9 Ivi, p.7.

Il risultato di questo epocale processo storico, che Arendt coglie in quanto cifra costitutiva delle moderne organizzazioni politiche, lingresso della vita biologica, della nuda vita in quanto tale nei calcoli della politica.Questa straordinaria diagnosi costituisce l'esito pi propriamente biopolitico del suo pensiero: "Sin dall'avvento della societ,[...] l'irresistibile tendenza a crescere, a facogitare tanto i pi vecchi domini del politico e del privato quanto la sfera pi recente dell'interiorit, stata una delle pi spiccate caratteristiche del nuovo dominio.Questa crescita costante [...] deriva la sua forza dal fatto che attraversola societ lo stesso processo della vita che in una forma o in un' altra, stato incanalato nel dominio pubblico"10.Effetto pi visibile di questo fenomeno stato la trasformazione delle comunit di cittadini in societ di lavoratori, dove il lavoro costituisce la base stessa della vita in comune e "solo il fatto della mutua dipendenza in nome della vita ( e solo di questa) assume un significato pubblico"11.Le conseguenze di questo nuovo ordine sociale sono state incalcolabili: il lavoro, sottratto alla sfera puramente privata dove si configurava come processo stazionario, circolare e ricorrente, volto alla pura sussistenza, una volta entrato nella sfera pubblica sviluppa le sue potenzialit in un modo tanto amplio da cambiare letteralmente "l'intero mondo abitato"12. Penso che queste considerazioni possano bastare per quanto riguarda questo aspetto del pensiero arendtiano.In esse risultano evidenti alcuni aspetti fondamentali di quello che successivamente venne chiamata "biopolitica", e per questo motivo, come vedremo, hanno ispirato molti filosofi posteriori che si sono occupati del tema.Passiamo ora a considerare il secondo tema che ho scelto di approfondire, la riflessione arendtiana sui diritti umani. 2.2. La riflessione sui diritti umani e sull'apolidicit. Per questo aspetto del pensiero di Arendt mi baso soprattutto sul IX capitolo del suo The origins of totalitarianism del 194813. Nel contesto della sua indagine sulle origini storiche del fenomeno tipicamente novecentesco del totalitarismo, Arendt ne individua una causa scatenante in quel che lei definisce tramonto dello Stato nazionale: la prima guerra mondiale, e gli stravolgimenti nei confini europei successivi al trattato di Versailles, avevano creato masse di popoli che, esclusi dal paese ospitante d'origine dove costituivano delle minoranze etniche, non solo non trovarono nessun paese disposto ad ospitarli, ma nemmeno un territorio disponibile in cui stabilirsi.E' il caso, ad esempio, degli armeni e in special modo degli ebrei.La creazione di queste masse di apolidi fu la prova lampante di come il principio dello stato nazionale era andato incontro a una crisi irreversibile:"la trasformazione dello stato da uno strumento giuridico in uno strumento
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Ivi, p.34, corsivo mio. Ivi, p.35. 12 Ivi, p. 35. 13 Edizione italiana: H. Arendt, Le origini del totalitarismo, Einaudi, Torino, 2009, pp.372-419.

nazionale era un fatto compiuto."La nazione aveva conquistato lo stato", gli interessi nazionali avevano preso il sopravvento sul diritto"14.In questo prevalere dell'omogeneit etnica rispetto al diritto civile, dove la prima diviene il presupposto per la possibili del secondo, notiamo un altro aspetto riconducibile all'ambito della biopolitica che Arendt seppe mettere in luce con chiarezza.Il fenomeno storico dellapolidicit, e in particolare la tragedia dellOlocausto, sono per altres la prova dellinefficacia di quei diritti che erano stati considerati tanto fondamentali da prescindere da qualunque tipo di autorit, essendo fondati unicamente sul fatto di essere uomini: i diritti umani.La dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino del 1789 costitu, insieme alla dichiarazione dindipendenza americana del 1776, una svolta nella giurisprudenza e nella teoria politica moderna.Per la prima volta la sovranit non veniva fatta discendere da un trascendente principio astratto quale la divinit o lautorit regia, ma luomo preso di per s stesso, al di l di ogni sua altra determinazione, veniva considerato fonte del diritto.Arendt coglie per in questi nuovi diritti un paradosso che ne mina irrimediabilmente la validit : Il paradosso *+ consisteva nel prendere in considerazione un uomo astratto, che non esisteva in nessun luogo *+. La questione dei diritti umani si intrecci ben presto inestricabilmente con quella dellemancipazione nazionale; solo la sovranit del popolo *+ sembr capace di garantirli15. E in questa contraddizione che Arendt pone una delle cause dellapolidicit o meglio, della tragicit di detta condizione e soprattutto degli stermini etnici perpetrati durante il secondo conflitto mondiale.Pur essendo particolarmente toccata dalla straordinariet dellevento in quanto ebrea, Arendt dimostr sempre una certa freddezza e o biettivit nellanalizzare il fenomeno della shoah, tanto da venire criticata dallo stesso establishment sionista per il suo testo La banalit del male.La teorica tedesca si prodigata insomma per buona parte della sua carriera nel tentativo di spiegare le sofferenze subite dal suo popolo in termini storici, politici, filosofici.Ed proprio linefficacia della legislazione internazionale, sovrastatale, una delle cause primarie del massacro.Una volta persa la cittadinanza, quindi lappartenenza ad un pop olo, ad una comunit, nessun diritto umano tutel i deportati, per il semplice fatto che lappartenza alla comunit a donare loro validit giuridica, e non il contrario.I deportati divenivano semplice nuda vita, esemplari della specie umana che per questo motivo potevano essere uccisi senza causare nessun torto, senza commettere nessun reato: Il loro distacco dal mondo, la loro estraneit sono come un invito allomicidio, in quanto che la morte di uomini esclusi da ogni rapporto di natura giuridica, sociale e politica, rimane priva di qualsiasi conseguenza per i sopravviventi.Se li si uccide, come se a nessuno fosse causato un torto o una sofferenza 16; essi appartengono alla razza umana allo stesso modo che degli animali a una determinata

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H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 383. Ivi, pp. 403-404. 16 Ivi, p. 418.

specie animale17.In quanto esseri posti fuori da qualunque tipo di giurisdizione, i deportati divenivano intrattabili per i governi nazionali, e non solo per i regimi totalitari 18.La gestione di questo permanente stato di eccezione venne pertanto affidata allarbitrio delle polizie, le quali, e lesempio della Gestapo fin troppo noto, si macchiarono dei crimini pi orrendi.Ma la cosa che qui mi interessa sottolineare non tanto la palese disparit di trattamento dei prigionieri dei campi profughi dei paesi democratici (Olanda, Inghilterra ecc.) rispetto ai deportati dei campi di sterminio nazisti, quanto il il peculiare tipo di rapporto politico e giuridico che si venne a creare nel contesto dei campi tra polizia e internati: la nuda vita, la pura esistenza umana si trovava alla merc della discrezionalit dei rappresentanti pi immediati del diritto.Un esito indubbiamente tragico della storia dellOccidente, e uno dei lati pi drammatici dellinsieme dei fenomeni in cui vita biologica e politica entrano in contatto diretto. Con lapprofondimento di queste due aree tematiche del pensiero di Hannah Arendt ho voluto mettere in luce alcuni concetti che ineriscono direttamente il legame tra vita e politica, che la pensatrice tedesca seppe descrivere con obiettivit e rigore.Nella prossima sezione mi dedicher ad analizzare alcune riprese posteriori di questi concetti ad opera di due importanti esponenti dellattuale dibattito sulla biopolitica, Michel Foucault e Giorgo Agamben: Il mio scopo mostrare la duratura influeza in questo ambito di studi delle intuizioni arendtiane, riprese sia in modo esplicito sia implicitamente dagli autori citati. 3. Linfluenza di Hannah Arendt negli studi di Foucault e Agamben Che la ricerca della Arendt sia rimasta praticamente senza seguito e che Foucault abbia potuto aprire i suoi cantieri sulla biopolitica senzalcun riferimento ad essa, testimonia delle difficolt e delle resistenze che il pensiero doveva scontare in questo ambito19, scrive Agamben in uno dei suoi testi pi famosi.Nella produzione di Foucault inerente allambito di cui ci stiamo occupando non ci sono particolari riferimenti ad Arendt: ci nonostante facile notare alcune concordanze delle loro teorie che testimoniano della lungimiranza delle idee di questultima e della sostanziale consonanza tra le sue idee e quelle del filosofo. Nel pensiero di Michel Foucault il concetto di biopolitica diviene loggetto di una ricerca genealogica volta a scoprirne le origini e che il filosofo francese, come gi detto, conduce soprattutto nei due corsi tenuti al college de france nei bienni 1977-78 e 1978-7920, ma anche nel precedente studio La volont di sapere.

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Ivi, p. 418. Cfr. ivi, pp. 399-401. 19 G. Agamben, Homo Sacer, Einaudi, Torino, 2005, p. 6. 20 Edizioni italiane: Michel Foucault, Sicurezza territorio popolazione.Corso al Collge de France 1977-78, Feltrinelli, Milano 2005; Michel Foucault, Nascita della biopolitica.Corso al college de france 1978-79, Feltrinelli, Milano 2005.

In linea con limpianto generale del suo pensiero , Foucault vede la biopolitica come un fenomeno storico ben preciso, che egli analizza secondo il metodo genealogico, dove le verit sono indagate nella persistenza e discontinuit delle pratiche storiche e nei loro effetti21.Senza dilungarci oltre sulla metodologia filosofica foucaultiana, che ci porterebbe totalmente fuori tema, vediamo alcuni punti salienti delle ricerche di Foucault in merito, senza alcuna pretesa di esaustivit. Uno degli eventi fondamentali che hanno portato allattuale conformazione biopolitica del potere individuato da Foucault nella nascita delleconomia politica: lingresso della vita nella storia coincide con lesordio delleconomia politica, quando cio loikonomia,governo della casa, e la politica, governo della polis, si integrano22.La biopolitica intesa qui da Foucault essenzialmente come uninsieme di rapporti, dinamiche e forze che legano governo, popolazione ed economia in ununit fino ad allora inedita e che costituiscono un processo che, cominciato nel XVIII secolo, ancora non terminato.Essa estende il campo economico allintero campo materiale e complesso dove entrano in gioco le risorse naturali, i prodotti del lavoro, la loro circolazione, [...] ma anche le condizioni di vita (habitat, alimentazione ecc.), il numero degli abitanti,[...] la loro attitudine al lavoro23. Foucault in questo contesto inquadra la biopolitica nel concetto pi comprensivo di governamentalit, dove governo identifica larte precisamente di esercitare il potere nella forma e secondo il modello delleconomia24; non si governa mai uno stato, n un territorio, n una struttura politica.Si governano persone, individui o collettivit25. Condizione necessaria per la nascita delleconomia politica , ovviamente, la nascita e lo sviluppo del capitalismo in quanto superamento d i uneconomia di sussistenza, legata ad una dimensione familiare e domestica.Solo grazie allimmenso sviluppo capitalistico, che in tre secoli ha radicalmente cambiato il volto del pianeta, leco nomia diventa oggetto privilegiato del potere politico. Se difficile non trovare uneco delle tesi arendtiane in queste teorie, quasi impossibile quando si considera il fatto che Foucault individua, in linea con Arendt, nella statistica uno degli strumenti privilegiati delleconomia politica e dunque della biopolitica: il nuovo corpo cui la biopolitica si riferisce la popolazione, sul quale possibile esercitare stime statistiche, misure globali, *...+ che *...+ ricollocano i corpi nella genericit della specie26;La statistica fa vedere che la popolazione produce degli effetti economici specifici in virt dei suoi spostamenti, del suo comportamento, della sua attivit.Permette di quantificare i fenomeni propri della
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L. Bazzicalupo, Biopolitica.Una mappa concettuale, cit., p. 34. Ivi, p. 49. 23 Ivi, p.49. 24 M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione.Corso al Collge de France 1977-78, Feltrinelli, Milano, 2005, p. 98, citato in L. Bazzicalupo, Biopolitica.Una mappa concettuale, cit., p.48. 25 M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione.Corso al Collge de France 1977-78,cit., p.98. 26 L. Bazzicalupo, Biopolitica.Una mappa concettuale, cit., p.44.

popolazione27.Come si vede, la statistica assume importanza fondamentale in quanto permette lanalisi della popolazione, questo nuovo modo di concepire il corpo sociale in cui la media dei comportamenti ha pi importanza delle eccezioni dei singoli, delle azioni individuali, di ci che secondo Arendt sostanzia la nostra vita politica in senso proprio.Considerare la massa dei cittadini come popolazione funzionale allorganizzazione globale del lavoro, al controllo demografico e a tutti quei fattori economici che sono entrati, come abbiamo visto, prepotentemente nellambito del politico. Infine, Foucault concorda sostanzialmente con Arendt nella tesi della vittoria assoluta della nazione sullo stato che abbiamo visto precedentemente: la nazione -protagonista dei grandi eventi rivoluzionari dell 89 e di quellambigua commistione di vita e forma che la dichiarazione dei diritti delluomo e dei cittadino, che sovrappone la specie biologica alla identificazione politica e giuridica- assume nel Novecento un deciso profilo naturalizzato che testimonia la piena assunzione della vita biologica direttamente come fattore politico28.In quanto luomo moderno un animale nella cui politica in questione la sua vita di essere vivente29, gli stermini etnici perpetrati dai totalitarismi novecenteschi acquistano un senso preciso, e luccisione di membri che inquinano la purezza razziale diventa un fatto politico giustificabile, stante questa sovrapposizione di biologico e politico, razza e popolo che si manifest con agghiacciante limpidezza nel nazismo hitleriano. A differenza di Foucault, Agamben riprende esplicitamente linsegnamento arendtiano. Le sue indagini nellambito della biopolitica presentano un punto di vista decisamente pi teoretico del taglio storico, seppure peculiare, che abbiamo visto in Foucault. In particolare, Agamben approfondisce il tema della nota divisione tra zo e bios che Arendt pone come costituiva della politica classica, vedendo in essa la coppia categoriale fondamentale della politica occidentale30.Vediamo in che senso. Come abbiamo visto, lingresso nella sfera del bios, nella sfera della politica, avviene per Aristotele grazie allastrazione dalla semplice esistenza biologica, familiare, dalla nuda vita di esseri umani (zo).Agamben, riflettendo su questa tesi, giunge a teorizzare la radicale tesi che il potere politico nella sua essenza, la sovranit in quanto tale, si fondi sulla sua cattura della nuda vita nella peculiare modalit delleccezione, dellesclusione inclusiva: si pu anzi dire che creando la sfera della politica in quanto separata dalla zo che il potere crea della nuda vita, di cui ha bisogno in quanto presupposto della sua stessa nascita.Al di qua, per cos dire, della

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M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione.Corso al Collge de France 1977-78,cit., p. 85. L. Bazzicalupo, Biopolitica.Una mappa concettuale, cit., p.43. 29 M. Foucault, Volont di sapere, Feltrinelli, Milano 1999, p.127. 30 G. Agamben, Homo Sacer, cit., p. 11.

divisione aristotelica, giace una originaria zona di indistinzione in cui la distinzione cade e troviamo un bios che solo la sua zo. La straordinaria intuizione agambeniana che la biopolitica sia dunque il fondamento originario del potere: Si pu dire, anzi, che la produzione di un corpo biopolitico sia la prestazione originale del potere sovrano31, in quanto la politica implica nella sua definizione il suo distinguersi dalla nuda esistenza umana. La portata storica e filosofica dellancestrale evento della nascita della politica per Agamben di straordinaria rilevanza, in quanto la politica si presenta allora come la struttura in senso proprio fondamentale della metafisica occidentale, in quanto occupa la soglia in cui si compie e larticolazione fra il vivente e il logos32. Sebbene ci che Agamben descrive come un semplice integrazione delle richerche foucaltiane sia in realt una decisa correzione di rotta33, in quanto, come abbiamo visto, il rapporto tra vita e politica costitutivo della relazione di potere in quanto tal e fin dalla sua origine, lautore non nega che vi sia stato un radicale cambiamento nelle strutture di potere, cambiamento che abbiamo gi descritto sia con le parole di Arendt ( la vittoria del sociale sul politico) che con quelle di Foucault (nascita della biopolitica).Egli per lo reinterpreta come il fatto che, *...+lo spazio della nuda vita, situato allorigine al margine dellordinamento, viene progressivamente a coincidere con lo spazio politico34: la zo, che nella politica classica, nella polis, era presupposta nella sfera del bios come ci da cui il bios stesso necessita di differenziarsi per esistere ( implicata dunque nel politico nella forma delleccezione, dellesclusione), progressivamente occupa lo spazio della politica propriamente detta e vi si installa come preoccupazione fondamentale.E uno dei momenti fondamentali in questo processo anche da Agamben individuato nelle dichiarazioni dei diritti delluomo, poich con essi per la prima volta la nuda vita diviene la fonte ultima della sovranit, costituendo un fondamento della struttura statale stessa.Anche qui Agamben riprende esplicitamente le tesi arendtiane contenute nel suo studio sul totalitarismo e poco pi avanti concorda con le opinioni della pensatrice riguardo ai rifugiati, che per il filosofo italiano acquistano notevole rilevanza poich esibendo alla luce lo scarto fra nascita e nazione, il rifugiato fa apparire per un attimo sulla scena politica quella nuda vita che ne costituisce il segreto presupposto35. Infine, lultimo punto che vorrei brevemente citare in cui troviamo ulteriori concordanze tra i pensieri dei due filosofi la questione dei campi di sterminio.
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Ivi, p. 9 (corsivo dellautore). Ivi, p.11. 33 L. Bazzicalupo, Biopolitica.Una mappa concettuale, cit., p.81. 34 G. Agamben, Homo Sacer, cit., p.12. 35 Ivi, p.145.

Anche qui Agamben si basa sulle analisi di Arendt, e vede il deportato come quel puro esemplare della specie umana che, in quanto spogliato di ogni diritto compreso il diritto ad averne diventa liberamente uccidibile in quanto il suo assassinio non pu costituire un fatto sanzionabile dal diritto.In quanto diretto fronteggiarsi di nuda vita e potere sovrano, per Agamben nel campo non va vista unanomalia del moderno, quanto la matrice nascosta, *...+ dello spazio politico in cui ancora viviamo36.Sempre basandosi, qui in modo particolarmente evidente, sulle riflessioni di Arendt, e condividendone lobiettivit interpretativa di fronte allimmane tragedia dello sterminio nazista., egli scrive: pi onesto e soprattutto pi utile sarebbe indagare attentamente attraverso quali procedure giuridiche e quali dispositivi politici degli esseri umani abbiano potuto essere cos integralmente privati dei loro diritti e delle loro prerogative, fino a che commettere nei loro confronti qualsiasi atto non apparisse pi come un delitto ( a questo punto, infatti, tutto era veramente diventato possibile)37. Come si vede, dunque, la filosofia di Hannah Arendt costituisce un presupposto e una fonte di ispirazione importantissima per la particolare concezione della biopolitica che abbiamo appena visto.La ripresa dei temi arendtiani da parte di queste due importanti voci del dibattito inerente la bioplitica ne dimostra, a mio parere, lintrinseca validit e la lungimiranza. Vorrei ora concludere la mia esposizione con alcune note personali sulle opinioni che possiamo definire propriamente arendtiane rispetto al rapporto tra esistenza biologica e politica, cercando di stabilirne lattualit e le prospettive che esse, ancora oggi, svelano. 4. Il pensiero di Hannah Arendt e le sfide dellattualit. Ogni tentativo di ripensare lo spazio politico delloccidente deve esordire dalla chiara consapevolezza che della distinzione classica fra zo e bios, fra vita privata ed esistenza politica,[...] noi non sappiamo pi nulla.Per questo la restaurazione delle categorie politiche classiche proposta da Leo Strauss e, in un senso diverso, da Hannah Arendt, non pu avere altro senso che critico38, scrive acutamente Agamben al termine del suo studio. Effettivamente, di fronte allo stravolgimento delle categorie politiche che abbiamo compiutamente descritto, Arendt mostra un certo rimpianto della politica classicamente intesa, vedendo essenzialmente nei fenomeni biopolitici dei disastrosi fattori di spoliticizzazione.Il pensiero di Arendt in merito dunque tutto giocato nel rapporto tra Politica propriamente detta e i vari fenomeni che ne hanno trasformato completamente la natura.

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Ivi, p. 185. Ivi, p. 191, corsivo mio. Si noti la citazione della nota di Arendt secondo cui nei campi di sterminio diviene evidente uno dei principi pi importanti del totalitarismo, secondo cui appunto in esso tutto diventa possibile. 38 Ivi, pp. 209-210.

Lurgenza e linarrestabile diffusione dei vari fenomeni biopolitici pone per una questione fondamentale alle tesi arendtiane.E possibile, di fronte allampiezza dei primi, rivendicare ancora una politica che se ne separi, tornando in qualche modo ad essere la pura sfera dellagire umano e astraendo quindi da essi? Ha senso deplorare, come fa Arendt, la spoliticizzazione che ne deriva? Possono essere estromessi dallagenda politica temi biologici, economici, privati, sui quali la domanda avvertita oggi, come, appunto, vitale?39 Di fronte alla gigantesca mole dei processi economici, alla pervasivit delle norme sulla vita privata e sui suoi aspetti pi evidentemente biologici- dallaborto alleutanasia, al trapianto di organi-, di fronte insomma alla struttura politica e giuridica che condividono ormai tutti gli stati del globo, alla vittoria su scala mondiale delleconomia politica, rivendicare lidillica separazione classica tra lambito politico e lambito privato purtroppo, a mio parere, un vuoto rimpianto senza senso.Non questo linsegnamento ancora attuale che possiamo trarre dalla grande riflessione arendtiana. Piuttosto, essa assume ancora una pregnanza essenziale se presa come voce critica e scomoda della contemporaneit.Il suo denunciare la degenerazione di ci che oggi chiamiamo politica, e connesso con questo la speranza che si ristabilisca finalmente un primato dellagire sul meccanico comportamento, costituiscono ora pi che mai uno sprone a ripensare radicalmente la politica nel suo complesso: Arendt ci ricorda come non solo la decadenza del politico, ma la decadenza dellumano che costituisce la cifra del nostro tempo.Ed allora essenziale ripensare la nostra vita in comune in una maniera che ristabilisca il primat o dellumanit, intesa per non come una semplice media astratta dei singoli, ma piuttosto come linsieme di queste irriducibili singolarit che solo agendo si mostrano per quel che sono, per quel che sono propriamente, in maniera differente da chiunque altro. Il grande merito della riflessione di Hannah Arendt allora nientaltro che renderci consapevoli di tutto ci, delle possibilit che rimangono latenti nellattuale condizione umana e che potrebbero essere liberate, ridandoci la nostra dimensione propria nel mondo e nella natura.Un merito tanto pi importante ora, in unepoca in cui si tende a descrivere il presente come a storico, dato una volta per tutte, immemore delle sue origini e insuscettibile di cambiamento.Arendt ci ricorda invece non solo le cause storiche e politiche delle attuali conformazioni politiche e condizioni dellesistenza umana, ma anche la capacit delluomo di agire nel mondo per trasformarlo, di cambiare la storia anche e soprattutto quandessa sembra muoversi con il meccanismo regolare di una macchina.

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L. Bazzicalupo, Biopolitica.Una mappa concettuale, cit., p.23.

5. Bibliografia

L. Bazzicalupo, Biopolitica.Una mappa concettuale, Carocci, Roma, 2012 H.Arendt, Vita Activa.La condizione umana, Bompiani, Milano, 2008 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, Einaudi, Torino, 2009 G. Agamben, Homo Sacer, Einaudi, Torino, 2005 M.Foucault, Sicurezza territorio popolazione.Corso al Collge de France 1977-78, Feltrinelli, Milano 2005 M. Foucault, Nascita della biopolitica.Corso al college de france 1978-79, Feltrinelli, Milano 2005 M. Foucault, Volont di sapere, Feltrinelli, Milano 1999 Andrea Di Gesu

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