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TORRE EROS

Il mito americano nella produzione cinematografica statunitense del secondo dopoguerra (1945-1963)

Tutto quello che veniva dallAmerica, paese sognato, diventava immediatamente favoloso; tutto quello che succedeva in America sembrava succedere in maniera avvincente Il mito dellAmerica, oltre che dai grandi scrittori, nato proprio dal cinema: tu vedevi i film di Hollywood e volevi essere americano, magari continuando ad abitare a Rimini. (Federico Fellini) LAmerica non soltanto una parte del mondo. LAmerica uno stato danimo, una passione. E qualunque europeo pu, da un momento allaltro, ammalarsi dAmerica, ribellarsi allEuropa e diventare americano. (Mario Soldati)

Gli Stati Uniti nel dopoguerra La fine del secondo conflitto bellico vide emergere una societ statunitense completamente rinnovata nella struttura interna, indiscutibilmente pi solida a livello economico e protagonista consapevole del nuovo scenario internazionale. Lingente sforzo produttivo attuato a sostegno delle operazioni belliche permise agli Stati Uniti di lasciarsi definitivamente alle spalle la crisi del 1929 e la grande depressione e di prendere coscienza delle proprie risorse e delle proprie capacit, rendendo evidente la supremazia su un continente europeo profondamente lacerato e devastato dalle operazioni militari. Leconomia di guerra produsse un inatteso e diffuso benessere, tanto pi straordinario alla luce di una politica sociale che aument la tassazione prevalentemente per i redditi pi alti e di una politica di stabilizzazione dei prezzi che si assestarono ad un livello di crescita inferiore a quello dei salari, determinando una redistribuzione del reddito della quale beneficiarono in misura maggiore le classi meno abbienti1 . Diminu, quindi, la percentuale di reddito detenuta dai cittadini pi facoltosi e crebbe quella detenuta dai pi poveri, ma, soprattutto, aument il numero ed il peso relativo dei redditi medi e, conseguentemente, lestensione di una middle class destinata a costituire il propulsore principale della nuova societ dei consumi. La nascita del consumismo rappresenta una delle principali rivoluzioni sociali del periodo postbellico, dal momento che modific le abitudini comportamentali, e per certi versi anche culturali, della popolazione e provoc un espansione senza precedenti delle dimensioni del mercato interno, mostrando, per la prima volta, limmenso potenziale economico della middle class. Il potere dacquisto delle classi medie contribu a fare entrare gli USA in una sorta di et delloro e si concretizz in un esplosione di acquisti di beni materiali e, principalmente, in un cambiamento della qualit dei consumi. La redistribuzione del reddito, unita al clima di grande fiducia nel
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GIUSEPPE MAMMARELLA, Storia degli Stati Uniti dal 1945 ad oggi, Bari, Laterza, 1992, pp. 26-27.

futuro e al perfezionamento di nuove tecnologia, favor la diffusione di una grande variet di automobili, elettrodomestici, generi di abbigliamento e alimentari e, inoltre, determin il ritorno ad una dimensione ludica della vita sociale, favorita anche dalleuforia postbellica e dalla comparsa di un nuovo soggetto sociale, e soprattutto economico, quello dei teenagers, veri protagonisti di questa prima ondata di consumismo. In un simile contesto i pubblicitari iniziarono a trasmettere insistentemente la filosofia del consumo e del divertimento come unico e principale obiettivo, puntando il mirino, appunto, sulla emergente classe giovanile che, priva di problemi immediati e dotata di una disponibilit economica superiore al passato, si dimostrava molto ricettiva alle novit introdotte nel mercato e favoriva un costante incremento della domanda di beni di consumo2 . Quindi, secondo la logica commerciale e capitalistica descritta da Iain Chambers: Occorreva riorganizzare lindustria secondo una logica consumistica che comportava la necessit di presentare continue novit e di far decadere stili, modelli e mode del giorno prima in quanto i giovani ora pi che mai nel festival del consumismo hanno rilevanza centrale3. Fu proprio la ricerca (o, in un certo senso, la necessit) del superfluo a caratterizzare la societ americana del secondo dopoguerra; latto iniziale della societ contemporanea si pu sintetizzare in questo bisogno di ci che non serve, nel tentativo di conquistare la felicit attraverso lacquisto di ci che non esiste, sia esso uno stile o un modello, per distinguersi dal mondo degli adulti e, al contempo, identificarsi ed essere accettati nel microcosmo giovanile. Ma lopulenta societ statunitense dovette, in questo periodo, confrontarsi con alcune tensioni interne e con ben pi gravi tensioni internazionali; in politica interna, la fine della guerra, la morte di Roosevelt e il diffuso benessere comportarono linizio del declino della coalizione del New Deal ed un riallineamento degli orientamenti politici in unottica pi conservatrice4 . Sullo scacchiere mondiale, la fine dellisolazionismo americano e la crisi nei rapporti con lUnione Sovietica obbligarono gli Stati Uniti a riconsiderare il proprio ruolo internazionale e ad impegnarsi in un confronto globale, sia a livello militare che culturale, con lURSS. La strategia imperiale elaborata dal governo americano per rinsaldare i rapporti con lEuropa occidentale e per creare una fitta rete di interdipendenza economica e politica fu estremamente capillare e non trascur nessun aspetto significativo. La prima preoccupazione fu quella di porre rimedio alla drammatica situazione economica dei paesi dellEuropa dellovest, in primis Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Italia e Germania, dal momento che questi paesi costituivano il principale sbocco delle esportazioni statunitensi e rappresentavano un mercato potenzialmente illimitato. Nel 1946 Washington decise che non era opportuno indugiare ulteriormente, poich lattivit dei partiti comunisti europei, specialmente in Francia e in Italia, poteva risultare fortemente dannosa per gli interessi americani, e predispose un ampio programma di aiuti tecnici ed economici, noto come Piano Marshall o European Recovery Program, che contribu in misura determinante a risollevare gli
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THOMAS DOHERTY, Teenagers and teenpics: the juvenilization of american movies in the 1950s, Winchester, Unwin Hyman, 1988. 3 IAIN CHAMBERS, Ritmi urbani: pop music e cultura di massa, Genova, Costa&Nolan, 1996, p. 19. 4 GIUSEPPE MAMMARELLA, op. cit., p. 28.

indici di produzione e a rivitalizzare il commercio estero. Il piano Marshall fu inoltre uno strumento importante di coordinamento delle strategie economiche europee e rappresent il primo passo di ispirazione americana verso una integrazione politica del continente, integrazione che il governo americano considerava necessaria per la costituzione di un blocco compatto in opposizione a quello sovietico nellambito della strategia del contenimento5 . Il progetto imperiale fu quindi fondato su basi economiche e, seppur con minori risultati, politiche, e fu poi completato dalla stipulazione del Patto Atlantico che garantiva unintesa militare in funzione antisovietica. Mentre venivano poste le basi di una strategia imperiale ad ampio respiro, gli Stati Uniti compresero che il confronto con i sovietici poteva essere vinto anche da un punto di vista culturale. In fondo quelli che si opponevano non erano solo due immensi imperi economici e militari, ma anche, e soprattutto, ad un livello ideologico, due visioni antitetiche della storia e della politica e due stili di vita differenti e conflittuali. Lindustria culturale e pubblicitaria statunitense rielabor e metabolizz, allinterno prima ancora che allestero, limmagine idilliaca del proprio paese, patria della democrazia, della libert, dei diritti, della giustizia e delle opportunit. Essa cerc di rinnovare e commercializzare il mito americano, gi ampiamente diffuso in Europa, e in particolare in Italia, nel periodo prebellico, dellAmerica come terra promessa. La massiccia ondata di emigrazione avvenuta a cavallo dei due secoli, linflusso culturale sugli intellettuali europei dellepoca e, pi di ogni altra cosa, la raffigurazione esibita da una cinematografia molto popolare a partire dagli anni Trenta, contribuirono enormemente alla diffusione di unimmagine epica6 . I caratteri culturali di questa operazione logistica di diffusione e propagazione di unimmagine fantastica della societ americana furono per, in questa occasione, accompagnati da una altrettanto incisiva penetrazione commerciale che agevol la percezione estasiata del way of life statunitense. La popolazione europea, sconvolta, indigente e reduce dalla dominazione nazifascista (con lovvia eccezione della Gran Bretagna, che tuttavia ebbe, per altri motivi, un canale privilegiato e pi diretto di penetrazione culturale), non poteva che rimanere fortemente ammaliata dalla rappresentazione di una societ spensierata e opulenta, dalla quale provenivano moltissimi prodotti nuovi e sconosciuti, cos come era rimasta strabiliata gi in occasione delle operazioni belliche operate dallesercito alleato, quando furono i soldati in prima persona a portare grandi quantit di beni di prima necessit (ma anche sigarette, chewing-gum, cioccolata, Coca Cola e altri prodotti analoghi) e a farsi interpreti viventi di quello stile di vita differente presentandosi al ritmo di swing e boogie-woogie. Fu la stessa industria statunitense a diffondere in seguito, anche nel vecchio continente, lanalogia simbolica tra acquisto di beni di consumo e adesione al modello americano; uno slogan adottato nel 1945 dallindustria americana pi famosa al mondo, e che per prima ha compreso il potenziale dellesportazione del modello USA allestero, recita: Whenever you hear Have a

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GIUSEPPE MAMMARELLA, op. cit., p. 86. DANIELA ROSSINI, Il mito americano nellItalia della Grande Guerra, Roma-Bari, Laterza, 2000.

Coke, you hear the voice of America7 . Questa formula esprime in maniera lampante lo spirito che pervadeva la comunicazione propagandistica postbellica e costituisce al contempo un ottimo esempio per comprendere come il prodotto serializzato avesse ormai personificato lessenza stessa della filosofia e della voce degli USA, e come la strategia imperialista stesse per conquistare il mercato europeo attraverso mezzi e canali di comunicazione alternativi e non canonici. Ritengo che proprio in questa capacit di promuovere un modello culturale anche attraverso una funzione pubblicitaria applicata alla produzione mercantile risieda la principale differenza tra il meccanismo di costruzione del mito statunitense e quello operato dagli altri stati. Non si deve infatti dimenticare che anche in URSS e nelle potenze europee fu messo in moto, nellambito di un pi ampio processo di ricostruzione, un tentativo propagandistico di costruzione di una nuova immagine e di diffusione del proprio patrimonio storico-culturale. Sebbene non sia facile, in questa sede, distinguere i meriti e gli obiettivi attribuibili al governo da quelli ascrivibili alliniziativa imprenditoriale privata, si pu dire che gli Stati Uniti riuscirono ad esportare e ad imporre il proprio modello culturale in tre fasi temporalmente distinte e attraverso canali di accesso differenti: nel periodo precedente la seconda guerra mondiale fu indubbiamente il cinema il mezzo privilegiato con il quale veniva propagata lideologia e limmagine di unAmerica libera che incarnava tutti i valori positivi. Limpatto visivo ed espressivo dei film hollywoodiani contribu in maniera rilevante allaffermazione di una visione (termine che sottolinea appunto la percezione figurativa) fantastica della societ statunitense in tutta lEuropa degli anni Trenta, fatta eccezione per quegli stati in cui la censura fu pi rigida. Nella fase immediatamente successiva alla guerra il mito americano fu sostenuto grazie allazione delle truppe di liberazione e, come abbiamo anticipato, grazie agli ingenti aiuti economici a sostegno delle economie e delle popolazioni europee. Inoltre fu proprio in questo contesto che si inser il primo tentativo organico di penetrazione commerciale da parte delle industrie americane, che agevol decisamente la diffusione del mito americano nella vita quotidiana. Dalla seconda met degli anni Cinquanta, infine, allinterno di una situazione economica decisamente migliore in tutta lEuropa occidentale, il mito americano si afferm in maniera compiuta sugli strati popolari attraverso limmagine televisiva e grazie alla grande popolarit conseguita da cantanti ed attori statunitensi. Lesplosione del rocknroll si dimostr essenziale per la conquista del mercato giovanile europeo. A ulteriore dimostrazione dellinfluenza del cinema sulla cultura popolare va sottolineato il fatto che il rocknroll fu lanciato e reso celebre dal film Il seme della violenza (Blackboard jungle, 1955), nel quale fu inserita la celebre Rock around the clock di Bill Haley, gi pubblicata lanno precedente senza particolare fortuna, che divenne il primo inno generazionale della storia della musica8 . Tra le lites intellettuali emerse invece un sentimento contrastante: da un lato, infatti, esse ammiravano la grande vivacit culturale di quellepoca, dallaltro, tuttavia, esse non
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MARK PENDERGRAST, For God, Country & Coca-Cola: the definitive history of the great american soft drink and the company that makes it, New York, Basic Books, 2000 (2 ed.), p. 589. 8 JIM DAWSON, Rock around the clock: the record that started the rock revolution, San Francisco, Backbeat Books, 2005.

potevano che disprezzare il clima di terrore e persecuzione affermatosi nel periodo della caccia alle streghe maccartista (clima prodotto dalla azione inquisitoria della House on Un-American Activities Committee (HUAC), la Commissione per le attivit antiamericane), che fece clamorosamente emergere tutte le contraddizioni della societ americana.

Lindustria cinematografica Tali contraddizioni emergono anche dallanalisi della produzione cinematografica statunitense postbellica, nella quale convivono elementi di valorizzazione e propaganda del mito americano, nel segno di una continuit ideologica con la Hollywood degli anni Venti e Trenta, e nella quale si manifestano, non per la prima volta, ma in misura decisamente superiore al passato e non trascurabile, opere di rottura con la tradizione e forme di pensiero critiche verso lAmerican dream. Per tutti gli anni Trenta i segni di incrinatura del mito appaiono solo marginalmente e in via eccezionale in alcune opere (si pensi per esempio ai primi gangster movies o ai film di Frank Capra della seconda met degli anni Trenta, che allinterno di una visione ottimista e fiabesca della vita celano una profonda critica al sistema politico americano) che si distaccano, per linguaggio e contenuti, dallo standard prevalente dellepoca, pervaso di visioni utopiche e, appunto, celebrative9 . Nelle parole di Brunetta: Lo sforzo pi evidente che sottende la produzione cinematografica, anche nei momenti di maggiore messa in discussione dei fondamenti del mito americano, quello di riuscire, malgr tout, a mantenere il senso di un modello unitario in cui tutti i valori positivi si manifestino e tutte le individualit si annullino, e gli elementi denunciati appaiano come escrescenze malate, circoscritte, in un corpo fondamentalmente sano10. La grande depressione che travolge la struttura sociale non incide profondamente sulla rappresentazione filmica e, anzi, appare frequentemente come un incidente di percorso che non intacca la grandezza della nazione americana. E questo il retroterra culturale in cui si sviluppa la cinematografia prebellica, alla quale, peraltro, non sono attribuiti meri compiti espressivi e di intrattenimento, ma al quale vengono invece affidate responsabilit e funzioni ben pi vaste, allo scopo di influenzare ed orientare lopinione pubblica secondo predeterminate esigenze politiche e sociali. Dal 1933, infatti, diventa molto rigorosa lapplicazione del Codice Hays, un documento in forma di decalogo che instaura un sistema di (auto)censura cinematografica composto da principi e indicazioni, che limita fortemente la libert espressiva dei registi fin dalla fase di elaborazione del progetto. Il Codice Hays, in vigore sino allinizio degli anni Sessanta, fu gestito dalla Motion Picture Producer Distributor Association (MPPDA) in piena autonomia, ma nel completo e rigoroso rispetto

GIAN PIERO BRUNETTA, Parabola del mito americano: Hollywood 1930-1960, in SAVERIA CHEMOTTI (a cura di), Il mito americano: origine e crisi di un modello culturale, Padova, CLUEP, 1980, pp. 19-34. 10 Ibidem, p. 21.

degli interessi nazionali e della esigenza propagandistica delle autorit governative11 . Tale esigenza propagandistica e, per certi versi, pedagogica si afferma compiutamente, e in maniera ancor pi organica ed omogenea, in occasione dellintervento americano nel secondo conflitto mondiale in un clima di unit nazionale e grande patriottismo12 . Per comprendere i mutamenti tematici e linguistici avvenuti allinterno della produzione cinematografica statunitense bisogna necessariamente considerare le trasformazioni occorse nel cinema a livello comunicativo e rappresentativo nel corso della guerra: negli anni Trenta e Quaranta la proiezione cinematografica rappresenta la primaria fonte di rappresentazione e percezione visiva di eventi reali (o pseudo-reali); il cinema il medium che offre per primo unidea immediata (ma, tuttavia, esplicitamente mediata) di alcuni avvenimenti, tra i quali, per esempio, lo svolgimento delle operazioni belliche, portando alle estreme conseguenze le formule espressive gi affermate in ambito radiofonico. Per provare ad immaginare gli effetti suggestivi delle visioni cinematografiche, e mi permetto di reiterare lutilizzo del termine visione poich esso racchiude lessenza stessa della percezione filmica, soprattutto in unepoca in cui scarsamente diffusa la capacit di analisi critica del linguaggio cinematografico, si pu fare riferimento al celebre scherzo radiofonico (o forse, ma a parere di chi scrive poco plausibilmente, celebre malinteso) orchestrato da Orson Welles nel 1938, che gett nel panico lintero paese terrorizzato dallinvasione aliena descritta ne La guerra dei mondi di H. G. Wells13 . La narrazione di tale evento catastrofico, peraltro priva dellimpatto visivo del cinematografo, incise e colp a tal punto la memoria collettiva, che quando, nel 1941, venne annunciato lattacco giapponese a Pearl Harbour, molti americani pensarono immediatamente ad un nuovo scherzo14 . Questi due esempi servono ad illustrare in maniera chiara il ruolo svolto dai media (e in particolare dal cinema) in quegli anni e forniscono unidea sufficientemente precisa della vaga distinzione esistente tra evento reale, raffigurazione dellevento e percezione collettiva della realt. Il potere evocativo del cinema, infatti, infinitamente superiore a quello della radio, dal momento che include lo spettatore nellesperienza visuale, astraendolo al contempo dalla realt circostante15. Dalla fine del conflitto, tuttavia, il cinema inizia rapidamente a smarrire questa funzione descrittiva a causa della rapida diffusione domestica della televisione (da 250.000 apparecchi nel 1947 a 3,9 milioni nel 1950 e, infine, a 30,7 milioni nel 1955)16 , e d inizio ad una nuova era della rappresentazione filmica, incentrata su una ricerca stilistica e tematica pi autonoma e personale e meno vincolata alle strutture narrative tradizionali. Inoltre, a partire dal 1946, anno in cui si raggiunge il pi alto numero di presenze nelle sale, inizia un inesorabile e rapido declino della frequenza di spettatori,
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GIULIANA MUSCIO, Lera di Will Hays. La censura nel cinema americano, in GIAN PIERO BRUNETTA (a cura di), Storia del cinema mondiale. Gli Stati Uniti, Vol.2, Torino, Einaudi, 2000, pp. 525.549. 12 Ibidem, p. 20 13 ORSON WELLES, FERNANDA PIVANO (a cura di), La guerra dei mondi, Bologna, Baskerville, 1990. 14 ANDR BAZIN, Orson Welles, Milano, Il Formichiere, 1980. 15 A questo proposito si veda, ad esempio, FRANCESCO CASETTI, Dentro lo sguardo: il film e il suo spettatore, Milano, Bompiani, 1986. 16 MICHELLE PAUTZ, The decline in average weekly cinema attendance: 1930-2000, in Issues in political economy, 11 (2002), pp. 1-18.

dovuto, in primo luogo, proprio alle opportunit offerte dal nuovo medium e alla moltiplicazione dei luoghi di svago (da 90 milioni di spettatori alla settimana nel 1946 a 46 milioni e mezzo nel 1956)17, e molte sale sono costrette a chiudere i battenti. Ma non cambia solo il volume del pubblico; dal momento che la fine delle guerra vede sorgere una nuova generazione di spettatori attratti dal grande schermo e dalla possibilit di socializzare in un ambiente circoscritto, si ha, a partire dal 1945, un profondo mutamento del tessuto sociale dellutenza cinematografica. Le sale assumono con frequenza sempre maggiore il carattere di contenitore entro cui si osserva la finzione e si svolge la vita reale18 . Si pu dire che proprio a partire dal dopoguerra, seppure in una prospettiva di lungo periodo, che il cinema cessa di essere esperienza e diventa semplice fruizione. Questa alterazione percettiva, unita alla riduzione del pubblico, provoca anche una modificazione dei luoghi di proiezione e delle strutture di proiezione: proprio in questi anni si diffonde su larga scala il drive-in theater, che incide profondamente sulle abitudini del pubblico americano. Il drive-in, brevettato da Richard Hollingshead gi nel 1933, unisce le due pi grandi passioni dellintera popolazione, il cinema e lautomobile, rendendo la visione degli spettacoli pi informale e pratica, adatta, quindi, ad un pubblico composto prevalentemente da ragazzi. Difatti, la fascia di pubblico dei teen-agers non sembra accusare, almeno in questa prima fase postbellica, un significativo calo nel numero di presenze19. Fino al 1939 la diffusione dei drive-in theaters piuttosto limitata, in parte per la forte propaganda negativa organizzata dai proprietari di sale tradizionali, in parte a causa delle numerose battaglie legali per lo sfruttamento del brevetto tra Hollingshead e i proprietari degli impianti. Tuttavia le mutate condizioni sociali postbelliche provocano un vero e proprio boom che porta il numero dei drive-in da diciotto nel 1939 a centocinquanta nel 1946 e a ottocentoventi nel 1948, per giungere, infine, agli oltre quattromila impianti attivi, peraltro di dimensioni decisamente pi ampie dei precedenti, nel 1958, lanno di maggiore espansione del fenomeno20. Proprio nel periodo in cui numerose sale sono costrette a chiudere per la defezione di larghi settori di pubblico, i drive-in si diffondono quasi con lo stesso ritmo, a dimostrazione di un progressivo ringiovanimento dei fruitori dellindustria cinematografica. Dalla fine della guerra al 1963, lultimo anno considerato in questa analisi, la condizione della cinematografia americana muta in maniera sostanziale il proprio rapporto con il cittadino-spettatore. Esaminer in seguito le differenti modalit con cui questo rapporto si manifesta nella realt sociale europea e le diverse implicazioni sulla percezione del mito americano sulle opposte sponde delloceano.

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THOMAS W. BOHN, RICHARD L. STROMGREN, Light and shadows: a history of motion pictures, Mountain View, Mayfield Publishing, 1975. 18 GIAN PIERO BRUNETTA, Buio in sala: centanni di passione dello spettatore cinematografico, Venezia, Marsilio Editori, 1989, p. 253. 19 KERRY SEGRAVE, Drive-in theaters: a history from their inception in 1933, Jefferson, McFarland & Company, 1992. 20 DON SANDERS, SUSAN SANDERS, The american drive-in movie theater, Osceola, Motorbook International, 1997.

I generi e il mito Come anticipato, la produzione cinematografica postbellica si presta ad uninterpretazione ambivalente: persistono in alcuni generi, il musical su tutti, ma anche la fantascienza e, in linea generale il film di guerra, alcuni elementi favolistici e utopici che rilanciano e tentano di riaffermare il sogno americano, mentre altri generi si distaccano dai modelli narrativi preesistenti e dalle rappresentazioni simboliche condivise e introducono fattori innovativi che capovolgono il tradizionale sistema di valori su cui si fonda il mito e la stessa concezione della societ americana21 . E anche allinterno di lungometraggi che non si discostano dagli archetipi narrativi di Hollywood e che rispettano le caratteristiche strutturali del genere di riferimento, si registra un progressivo rigetto della raffigurazione ideale della societ e una critica del way of life a stelle e strisce. E opinione diffusa, ad ogni modo, che i miti e i valori che alimentavano la visione della vita americana abbiano iniziato a vacillare, nel cinema, a partire dal 1945 22 , proprio nel momento in cui, attraverso altre vie ed altri mezzi, lidea dellamerican dream cominciava ad affermarsi positivamente in tutta Europa. Un esame comparativo dei generi permette di evidenziare levoluzione del mito americano nel periodo di riferimento e di coglierne i caratteri salienti e comuni. Il musical, come detto, il genere che per eccellenza propugna lideale fiabesco della felicit, della spensieratezza e che termina sempre con lo scontato happy end, e che, proprio tra gli anni Quaranta e Cinquanta, attraversa una stagione estremamente produttiva e propizia, grazie a celebri produzioni MGM come Un americano a Parigi (An American in Paris, 1951), Cantando sotto la pioggia (Singing in the rain, 1952) e Sette spose per sette fratelli (Seven brides for seven brothers, 1954). Nelle parole di Roberto Campari: il musical essenzialmente evasione in un mondo colorato di sogno, serenit e gioia; in qualche misura, esso costituisce la pi pura realizzazione della poetica dellentertainment, del divertimento, che poi quella primaria nel cinema di Hollywood23. Questo genere rappresenta la perfetta sintesi dellimmagine caldeggiata dalle autorit americane nel Codice Hays: limmagine di un paese solare (filmato spesso in Technicolor) e spensierato in cui si pu raggiungere laffermazione personale unitamente allaffermazione collettiva, un paese nel quale il beneficio individuale, solitamente il coronamento di un amore contrastato, si realizza nellinteresse e nel rispetto dellintera societ24 . Il musical anche il genere nel quale meglio si esplicano i valori coesivi e conservativi che caratterizzano gli USA negli anni Cinquanta; un elogio dellimmobilismo (in un contesto, tuttavia, dinamico) e della restaurazione, dellazione che torna su se stessa senza mutare latmosfera onirica dei luoghi (o non-luoghi, o) in cui essa si dipana. La frenesia delle scene musicali, che costituisce il mezzo attraverso il quale si superano le difficolt e vengono risolti i problemi, , in questo senso,
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GIAN PIERO BRUNETTA, Parabola del mito americano cit., pp. 29-30. Ibidem, p. 30. ROBERTO CAMPARI, Cinema: generi, tecniche, autori, Milano, Mondatori Universit, 2002, p. 61. Ibidem, p. 61.

inefficace, poich riconduce la narrazione al punto iniziale, alla riaffermazione dellordine sociale precostituito. Anche nella struttura tematica il musical torna su se stesso, poich sembra non emanciparsi dalle costrizioni retoriche adottate negli anni Trenta; il genere non riesce a rinnovare gli elementi narrativi n riesce ad attualizzare i linguaggi espressivi ad unepoca di profondo mutamento e ci provocher il rapido declino del genere negli anni Sessanta25 . Le pellicole ribadiscono costantemente la visione ottimistica ed utopica del mito americano, proprio nella stessa maniera in cui Judy Garland ripete, alla fine del Mago di Oz (The Wizard of Oz, 1939), la frase Theres no place like home. Come sottolinea Brunetta a proposito del musical degli anni Trenta e Quaranta, ma il concetto si adatta perfettamente anche alle pellicole del decennio successivo: Questi film spingono con ogni probabilit al limite estremo di tolleranza il senso di rappresentazione dei caratteri dellall-american. La fantascienza (o science fiction) , incece, il genere che meglio incarna lo spirito conflittuale della guerra fredda e rappresenta in maniera inequivocabile il mito dellinvincibilit americana e del trionfo delle forze positive su quelle negative. Essa non costituisce certo una novit nel panorama cinematografico, basti pensare, tra gli altri, a Dalla terra alla luna (Le voyage dans la lune, 1902) di Gorge Mlis, Il mondo perduto (The lost world, 1925) di Harry Hoyt, Metropolis (1927) di Fritz Lang, Frankenstein (1931) e Luomo invisibile (The invisibile man, 1933) di James Whale, King Kong (1933) di Ernest Schoedsack e Merian Cooper e Flash Gordon (1936) di Frederick Stephani, tuttavia proprio a partire dal secondo dopoguerra che avviene la codificazione del genere, che inizia ad affermarsi compiutamente come filone autonomo distaccato da quello avventuroso26. Va precisato che questi film non godono, n negli USA n, tantomeno, in Europa, di un successo e di un seguito paragonabili ad altri generi, tuttavia consentono unagevole analisi dei linguaggi propagandistici nel cinema. Le tematiche fantascientifiche racchiudono lintero spettro dei sentimenti prevalenti tra la popolazione americana negli anni successivi al secondo conflitto mondiale: la fede nel progresso della scienza e della tecnica, la visione ottimistica del futuro, la volont imperialistica e conquistatrice (opposta allisolazionismo predominante tra le due guerre), la concezione tradizionale dellatto eroico, ma anche la paura dellignoto e delle popolazioni straniere, il timore di contagio comunista, la preoccupazione per una societ sempre pi automatizzata e lo spauracchio della guerra atomica. comunque la tematica anticomunista quella che pi frequentemente ricorre nelle pellicole degli anni Cinquanta, nei film pi esplicitamente contrari al regime sovietico come I 27 giorni del pianeta Sigma (The 27th day, 1957) di William Asher, nel quale un ordigno alieno progettato per sterminare esclusivamente i nemici della pace e della libert produce una catastrofe nella sola Unione Sovietica, e nei film che contengono metafore e riferimenti simbolici pi velati come Linvasione degli Ultracorpi (Invasion of the body snatchers, 1956) di Don Siegel, che denuncia i pericoli del comunismo (omologazione e spersonalizzazione), ma critica, al contempo, i metodi investigativi e le persecuzioni
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Ibidem, p. 60. CLAUDIA MONGINI, GIOVANNI MONGINI, Storia del cinema di fantascienza (11 volumi), Roma, Fanucci Editore, 2000, Vol.1.

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maccartiste, o Blob Il fluido che uccide (The Blob, 1958) di Irwin Yeaworth Jr., che rimanda implicitamente alla paura di un lenta invasione dellideologia comunista, o, ancora La cosa da un altro mondo (The thing from another world, 1951) di Howard Hawks e Christian Nyby e Ultimatum alla Terra (The day the Earth stood still, 1951) di Robert Wise, che contiene un invito alla pace e alla fratellanza universale27. Messa da parte la elementare analogia tra civilt aliena e Unione Sovietica, ci che emerge la pura esaltazione del sistema americano, sempre in grado di organizzare una efficace risposta ai pericoli extraterrestri e culturalmente pi evoluto di ogni potenziale invasore. Anche la figura delleroe, che in altri generi inizia a mostrare gravi segni di cedimento, ancora saldamente ancorata agli stereotipi del mito americano: come ha notato Roy Menarini il classico gruppo dei buoni composto da un militare di professione di gradevole aspetto e sprezzante del pericolo, uno scienziato progressista che piega il proprio sapere alle esigenze della nazione e una donna dolce e desiderabile destinata allamore delleroe di turno28 . la sintesi di uno stato ideale caratterizzato dalla supremazia militare, scientifica e civile, in grado di affrontare e superare ogni difficolt. perfino troppo banale, infine, sottolineare il fatto che la produzione cinematografica statunitense di quegli anni, ma poco cambiato anche in tempi recenti, presenti sempre la nazione americana come portavoce dellintera umanit e responsabile della sicurezza mondiale rinforzando, sia allinterno che allesterno, la convinzione dellesistenza di una missione americana e imponendo la visione dellAmerica come centro del mondo, dopo secoli di prevalenza di un punto di vista eurocentrico. Attraverso la fantascienza si afferma cos la superiorit del modello americano su tutte le altre civilt. Il cinema a sfondo bellico muta profondamente tra la fine della guerra mondiale e linizio della guerra fredda, rinverdendo la tradizionale tensione tra tendenze propagandistiche e tendenze pacifiste. La guerra , nel cinema prebellico, esperienza formativa, totalizzante e, naturalmente, metaforica; un percorso di avvicinamento alla piena consapevolezza di s e dellaltro. Lindividuo (lessenza del mito americano) accetta di spersonalizzarsi per un obiettivo superiore e per il bene nazionale e riacquista la propria indipendenza nel momento della vittoria, dopo il superamento di pericoli e prove glorificanti29. Nella fase immediatamente successiva allarmistizio prevale decisamente il sentimento di esaltazione e celebrazione della vittoria e delleroismo dei soldati nelle operazioni contro il Giappone come in Iwo Jima, deserto di fuoco (Sands of Iwo Jima, 1949) di Dwan, o in Europa come in Bastogne (Battleground, 1949) di Wellmann, mentre in una fase seguente la prospettiva muta radicalmente. La figura delleroe attenuata e i soldati non posseggono pi unaurea di onnipotenza, inoltre essi iniziano a rendersi conto di essere delle pedine inanimate in uno scenario pi ampio e non influenzabile dalla loro azione diretta; si veda ad esempio I forzati della gloria (The story of G.I. Joe, 1945) di Wellmann, che mostra un cambiamento visibile gi nella fase finale del conflitto o il celebre e forse pi significativo Orizzonti di gloria (Paths of
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Ibidem, pp. 56-62. ROY MENARINI, Il cinema degli alieni, Alessandria, Falsopiano, 1999, p. 48. GIAN PIERO BRUNETTA, Parabola del mito americano cit., p. 29.

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glory, 1959) di Kubrick. Negli anni Cinquanta la guerra non pi un motivo di autocelebrazione, ma diventa progressivamente occasione di riflessione sul significato dei conflitti e sulla logica del sistema militare, in unottica interpretativa decisamente antieroica30 . Viene esplicitamente criticato e messo in discussione il sistema gerarchico di valori dellesercito e, nel sottotesto, il sistema di valori americano. Attraverso un percorso piuttosto lineare la cinematografia bellica prepara il campo allesplosione della contestazione cinematografica che si verificher in occasione della guerra del Vietnam e che colpir a morte la rappresentazione del mito americano. I film degli anni Cinquanta, come Di qui alleternit (From here to eternity, 1953) di Zinnemann, Uomini in guerra (Men in war, 1957) di Mann e Prima linea (Attack, 1956) di Aldrich sono concettualmente pi vicini alla prolifica produzione degli anni Sessanta relativa alla guerra del Vietnam, che non a quella celebrativa degli anni Quaranta. Non vi , per, un cambiamento di genere, ma un cambiamento nel genere; la struttura tematica e narrativa, cio, non varia molto, ma cambia lapproccio individuale nella costruzione della storia e la visione della societ americana. La stessa trasformazione nel genere avviene, forse in maniera ancora pi marcata, nel western. Negli anni Trenta questo il regno delleroismo e dellindividualismo inserito nella comunit, della giustizia e della libert, illustrata visivamente anche dagli spazi sterminati della frontiera. , soprattutto, lambiente in cui meglio si evidenzia lideale distinzione tra bene e male, tra giusto e sbagliato. In sostanza un ulteriore non-luogo, uno spazio ideale. Scrive Enrico Grezzi: Il western il Mito, molto pi che sostanziarsi di miti. Il Mito del Senso della Storia, della reperibilit di uno spazio in cui proiettare la Storia e narrare le storie al cinema31. Il western , quindi, il genere cinematografico in cui pi compiutamente si afferma il mito dellAmerica delle opportunit infinite, lAmerica libera e giusta, dove leroe solitario trionfa sempre e dove il codice donore pi importante della legge scritta. Il far west esso stesso mito, in quanto invenzione letteraria: esso nasce come rappresentazione mitica di un evento storico, la progressiva conquista dei territori dellOvest e, pi in generale, il graduale consolidarsi degli Stati Uniti, ma diventa poi simbolicamente lepica forse lunica del Novecento del rapporto con una natura e una civilt ancora selvagge32 . In quanto luogo immaginario immediatamente riconoscibile; ancora Ghezzi: cinematograficamente, partendo da qualche studio o/e da poche vallate, la produzione di uno spazio infinito eppure determinato geograficamente e storicamente, riconoscibile, pieno di segnali33 . Il western , inoltre, il genere americano per eccellenza e costituisce il fondamento storico-letterario della societ statunitense. Nelle parole di Brunetta: il western il luogo privilegiato della memoria della nazione americana e la forma di monumentalizzazione della propria storia che ha dato i migliori risultati nel corso del tempo. Nel west il pioniere perde il contatto con le sue radici europee e la sua storia anteriore e rinasce come uomo all-american. Nel west il destino
30 31 32 33

Ibidem, p.30. ENRICO GHEZZI, Paura e desiderio: cose (mai) viste, Milano, Bompiani, 2000, p. 70. ROBERTO CAMPARI, Cinema: generi, tecniche, autori, Milano, Mondadori Universit, 2002, p. 70. ENRICO GHEZZI, op.cit., p. 70.

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del singolo fonda quello della nazione34 . Non stupisce che, almeno fino agli anni Quaranta, esso abbia fornito la pi fulgida esemplificazione del mito americano, che soprattutto mito dellindividualismo, della frontiera, del movimento (la mobilit della manodopera che diventa metafora della mobilit sociale una costante della cultura USA), delle opportunit, tutti elementi ampiamente compresi nellimmaginario del vecchio west. Anche i western come i film bellici, con i quali condividono una certa linea evolutiva e tematica, subiscono un profondo mutamento di significato tra la fine degli anni Quaranta e linizio degli anni Cinquanta. Si fanno pi indistinti i confini, tradizionalmente ben definiti, tra buoni e cattivi e tra difensori della legge e banditi (ad esempio in Ultima notte a Warlock Warlock, di Dmytryck del 1959), si affermano eroi tormentati che non costituiscono pi saldi esempi morali (come il John Wayne di Luomo che uccise Liberty Valance The man who shot Liberty Valance, del 1962, o, amcora, del meraviglioso e complesso Sentieri selvaggi The searchers, del 1956, entrambi diretti da Ford), si sfalda il rapporto tra individuo e comunit tipico del western classico (si pensi a Mezzogiorno di fuoco High noon, di Zinnemann del 1952)35 . Proprio Mezzogiorno di fuoco costituisce, a mio avviso, lantitetica raffigurazione del western prebellico pi celebre: Ombre rosse (Stagecoach, 1939) di John Ford. A parte lo scontato confronto tra gli spazi sterminati e i ritmi frenetici del film di Ford con gli ambienti claustrofobici e limmobilismo di quello di Zinnemann, quello che balza agli occhi il cambiamento nella relazione tra individuo (eroe) e comunit (citt/villaggio). Quando la diligenza di Ombre Rosse raggiunge, dopo innumerevoli difficolt, lagognata meta, tutti i protagonisti vedono compiersi i loro destini secondo una sorta di nemesi, di giustizia divina superiore a quella terrena; la citt luogo ideale e diventa metafora del sogno e dello Stato americano36. In Mezzogiorno di fuoco, invece, proprio la citt-comunit a negare laiuto e il sostegno allo sceriffo (elemento interno, quindi, alla stessa comunit) e a decretarne, sostanzialmente, lespulsione (seppur volontaria) e il rifiuto; la citt non pi luogo ideale di giustizia e cooperazione, ma si caratterizza per un estremo individualismo che finisce per porre fine ai valori comunitari e alle istituzioni su cui essa stessa si fonda 37. Il far west diventa, quindi, occasione per una pi profonda riflessione sulle grandi problematiche dellesistenza umana e sui valori americani, che non sembrano pi essere condivisi universalmente, cessando di rappresentare il per eccellenza del mito americano. Esistono altri generi in cui la celebrazione del sogno americano non , di fatto, quasi mai iniziata e nei quali celato un sentimento di inquietudine e disagio verso la societ e le istituzioni. Latmosfera ombrosa del noir e la frenesia violenta dei gangster movie, due generi affermatisi tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta, offrono limmagine di unAmerica ben diversa da quella onirica dei musical o quella virtuosa dei film bellici e fantascientifici. Il noir, una sorta di versione goticheggiante ed evoluta della detective story classica, esprime al livello pi estremi i contrasti (espressi anche visivamente da
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GIAN PIERO BRUNETTA, Il Western, in GIAN PIERO BRUNETTA (a cura di), Storia del cinema mondiale. Gli Stati Uniti, Vol.1, Torino Einaudi, 2000, p. 768. 35 GIAN PIERO BRUNETTA, Parabola del mito americano, cit., p. 25. 36 EDWARD BUSCOMBE, Ombre rosse, Genova, Le Mani Editore, 1999. 37 GIAN PIERO BRUNETTA, Parabola del mito americano, cit., p. 27.

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una fotografia dal violento impatto cromatico) e le ambiguit dellapparato ideologico statunitense. Queste pellicole mettono in opera la demolizione sistematica di tutte le costruzioni sintattiche del cinema hollywoodiano e dei punti di riferimento convenzionalmente determinati: il noir un genere (ma per alcuni pi che altro uno stile, dal momento che non facile identificarne una chiara linea di sviluppo38) rivoluzionario che innova la percezione dello spettatore puntando al disorientamento e al capovolgimento dei valori affermati. La profonda critica alla societ condotta, naturalmente per via metaforica (negli anni Trenta ancora rigorosa lapplicazione del Codice Hays di autocensura), attraverso la confusione e la sovrapposizione di elementi contrapposti. Nel film noir (e, quindi, nella realt americana) nulla ci che sembra: la polizia e il sistema giudiziario sono corrotti e spesso inefficienti, il confine tra crimine e giustizia estremamente labile, la verit e la menzogna sono facce della stessa medaglia e persino la logica che determina le azioni spesso incoerente. Lapplicazione di ogni elemento narrativo estranea alla tradizione filmica americana ed in questottica diventa naturale la occasionale rinuncia allhappy end39. La novit pi evidente, e che pi efficacemente colpisce al cuore la rappresentazione del mito, riguarda il ruolo e le caratteristiche delleroe e del suo corrispettivo femminile. Leroe ideale del noir lopposto di John Wayne. Psicologicamente passivo, masochista, morbosamente curioso40 . lantieroe per eccellenza, lantitesi del protagonista hollywoodiano classico, quello, per esempio, dei film western o di fantascienza; anchesso un individuo solitario, ma non ha caratteristiche eroiche o virtuose, n si distingue dal resto del mondo, integrandosi perfettamente nel meccanismo della violenza e del tradimento. il volto dellAmerica ambigua, instabile e, appunto, nera. Anche la protagonista femminile quanto di pi distante si possa immaginare dagli archetipi dolci e solari prevalenti in altri generi. Incarna tutte le caratteristiche proprie della femme fatale: attraente, fredda, doppiogiochista, disperata e pericolosa. Anchella rappresenta lopposto della eroina hollywoodiana e la degenerazione della visione femminile degli anni Cinquanta41. I film noir tratteggiano un sistema sociale caratterizzato dal tradimento, dallambiguit, dalla violenza e dalla corruzione; un mondo cupo, in ombra, privo di valori, di morale e di coscienza. Se il musical il genere dellastrazione e dellutopia, il noir viaggia su binari opposti e non lascia spazio a sentimenti nobili o ideali. Il musical descrive la societ dei sogni (lAmerican dream) mentre il noir descrive gli incubi della societ, dando corpo a tutte le paure e le contraddizioni di un paese appena uscito da una lunga guerra tradizionale, in cui erano ben identificati i nemici, ed immerso in una guerra atipica, che, a breve, far venire alla luce ossessioni ataviche ed ancestrali. Il gangster movie, precursore, per certi versi, del noir, ne anticipa le tematiche e i caratteri salienti, mantenendo, tuttavia, una pi chiara separazione tra giustizia e crimine. Il genere ha il suo momento di gloria tra il 1930 e il 1932, quando escono i tre
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ROBERT SKLAR, Il cinema americano, 1945-1960, in GIAN PIERO BRUNETTA (a cura di), Storia del cinema mondiale. Gli Stati Uniti, Vol.2, Torino, Einaudi, 2000, p. 1094. 39 JAMES NAREMORE, Il noir, in GIAN PIERO BRUNETTA (a cura di), Storia del cinema mondiale. Gli Stati Uniti, Vol.2, Torino, Einaudi, 2000, pp. 1213-1237. 40 Ibidem, p. 1224. 41 Ibidem, p. 1224.

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capolavori che dettano le regole narrative e impongono il filone al grande pubblico: Piccolo Cesare (Little Caesar, 1930) di Mervyn LeRoy, Nemico pubblico (The public enemy, 1931) di William Wellman e Scarface (1932) di Howard Hawks42 . Nel dopoguerra i gangster movie continuano a ricalcare la struttura tematica di questi modelli almeno fino al 1972, quando Francis Ford Coppola presenta al mondo Il padrino (The godfather, 1972) che assurge a nuovo modello del genere. Queste pellicole presentano sempre lascesa e la caduta tragica del gangster, che , generalmente, lunico indiscusso protagonista. Egli rappresenta un nuovo tipo di eroe americano, un eroe senza dubbio negativo che, tuttavia, possiede le virt tipiche del mito americano: il dinamismo, lindividualismo, la tenacia e la leadership43 . Il gangster cinematografico lestremizzazione simbolica, pi tragica che non espressamente negativa, del sogno americano e appare come una metafora deviata del self-made man; limmagine critica di un sistema sociale fondato sullindividualismo e sulla competitivit sfrenata, che finisce per distruggere la sfera morale. Il gangster , in definitiva, una vittima del sistema che attraverso la morte violenta o il fallimento mette in guardia dai pericoli derivanti dalladesione incondizionata ai valori americani. Il noir e il gangster movie sono i generi che in maniera pi evidente si oppongono, fin dalla loro comparsa, alla visione utopistica e celebrativa degli Stati Uniti, proponendo una raffigurazione critica e quasi espressionista della societ postbellica. Va detto, per, che la maggior parte di queste pellicole non gode di un vasto successi immediato a livello mondiale e che riveste, quindi, pi unimportanza accademica, nellambito della riflessione critica sulle influenze culturali dei diversi generi cinematografici, che non sociologica.

Vecchi eroi e nuovi divi: lincarnazione del mito Nella produzione cinematografica degli anni Cinquanta, o meglio nellindustria cinematografica degli anni Cinquanta, emerge una caratteristica inedita che rivestir un ruolo fondamentale nella trasmissione e nella diffusione del mito americano anche nei decenni successivi. Si tratta di un fenomeno tipicamente giovanile che non colpisce solo il cinema, ma anche, e negli anni Sessanta, soprattutto, la scena musicale. Sto parlando della venerazione e dellidentificazione divistica che contribuisce a diffondere, per emulazione, limmagine e i valori della societ statunitense. Questo fenomeno costituisce, in realt, una degenerazione della fruizione cinematografica e una conseguenza diretta, a mio avviso, di due fattori: la comparsa del conflitto generazionale tra genitori e figli, con la conseguente necessit di creare un universo condiviso di stili, simboli, feticci e valori (di cui lindustria ha prontamente colto e sfruttato il potenziale commerciale), attraverso la quale compiere una sorta di ricerca di identit collettiva, e la maggiore dotazione di denaro e tempo libero di cui i giovani
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RENATO VENTURELLI, Gangster e detective. Il cinema criminale, in GIAN PIERO BRUNETTA (a cura di), Storia del cinema mondiale. Gli Stati Uniti, Vol.2, Torino, Einaudi, 2000, pp. 1187-1188. 43 Ibidem, p. 1189

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potevano usufruire. La pubblicit, il consumismo e la cultura popolare trasformano gli eroi della produzione in eroi del consumo: lattore, il cantante, il divo diventano, appunto, consumption heroes, espressione che intende sottolineare la funzione passiva del soggetto44 . I consumption heroes lasciano che la propria immagine sia acquistata e utilizzata dal pubblico e attivano un processo di trasfigurazione della propria opera in unimmagine di consumo. Questi nuovi divi si differenziano dai personaggi della Hollywood prebellica proprio per il potere figurativo e limpatto stilistico che riescono ad imporre; del resto la massificazione dello stile e della moda sono conseguenze del sistema di produzione e promozione degli anni Cinquanta45. Lavvento su larga scala della pubblicit provoca un capovolgimento delle abitudini di consumo, poich altera la successione logica del sistema produttivo: essa adegua i bisogni alla produzione attraverso la modellizzazione e stilizzazione dei gruppi sociale e approfitta in maniera significativa dellimmagine cinematografica e, in seguito, televisiva adattando la cultura popolare alle esigenze produttive46. I nuovi idoli giovanili ( in questepoca che si afferma il concetto di teen idol, anche se in precedenza fenomeni di idolatria pressoch analoghi, ma di minore intensit, si erano manifestati nei confronti di Rodolfo Valentino, negli anni Venti, e Frank Sinatra, negli anni Quaranta) diventano incarnazioni viventi del mito americano, sono essi stessi sogno. Limmagine degli USA negli anni Cinquanta non pi veicolata esclusivamente dal messaggio cinematografico, ma viaggia anche attraverso liconografia hollywoodiana. I consumption heroes entrano prepotentemente a far parte della propaganda cinematografica e cambiano la natura della relazione tra pubblico e personaggio: il pubblico cerca di appropriarsi del suo idolo, o almeno della sua immagine, e in subordine cerca di imitarne lo stile e le pose. Ci e tanto pi valido in Europa dove mancano gli eroi (di celluloide) da ammirare e nei quali identificarsi: John Lennon, allapice della carriera, ha fornito una descrizione inequivocabile della realt giovanile britannica del dopoguerra (ma il ragionamento pu essere applicato, senza particolari distinzioni, a tutte le democrazie occidentali): Before Elvis, there was nothing47 . Allargando il concetto da Elvis Presley (che resta, comunque, il pi eclatante caso di consumption hero) alle icone cinematografiche americane, come Marlon Brando, James Dean, Natalie Wood e Marilyn Monroe, si pu tranquillamente affermare che prima della comparsa del divismo americano, non solo non esistevano modelli da imitare, ma non esisteva neppure un germe di cultura popolare, tanto meno in una classe giovanile che andava affermando la propria identit proprio attraverso ladozione di simboli americani e attraverso limitazione della giovent americana48. Il mito americano stato fino agli anni Cinquanta un complesso di caratteristiche e valori cui aspirare, un modello sociale irraggiungibile
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EUGENE E. JENNINGS, An anatomy of leadership: princes, heroes, and superman, New York, McGraw-Hill Publishers, 1960. 45 NICOLA WHITE, IAN GRIFFITHS, The fashion business: theory, practice, image, Oxford-New York, Berg Publishers, 2000. 46 RAYMOND WILLIAMS, The long revolution (1961), Harmondsworth, Penguin Books, 1965. 47 GLENN C. ALTSCHULER, All shook up: how rocknroll changed America, New York, Oxford University Press, 2003. 48 PAOLA COLAIACONO, VITTORIA C. CARATOZZOLO, La Londra dei Beatles, Roam, Editori Riuniti, 1996, pp. 91-94.

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eppure potenzialmente a portata di mano; dopo la guerra, invece, esso diventato un mezzo di propaganda (unarma culturale da impiegare nella guerra fredda), e un bene da esportare. proprio in questa prospettiva che va considerata lanalogia tra divi e merci: i nuovi divi, come la bottiglia di Coca Cola del 1945, contribuiscono a diffondere la voce dellAmerica e consentono di acquistare, al prezzo di un biglietto o di un feticcio, un pezzo del mito americano. importante notare come nel dopoguerra, oltre alla trasformazione allinterno dei generi, avviene anche un mutamento della concezione e della raffigurazione delleroe. Gli attori sopra citati, indubbiamente tra i pi celebri nella storia del cinema e, comunque, i pi vicini alluniverso giovanile, sono accomunati dallinterpretazione di personaggi fragili e incompresi, che hanno profondamente influito sullevoluzione culturale dei giovani americani ed europei. Sembra quasi che il mito americano degli anni Cinquanta sia rappresentato, nel cinema, da personaggi emarginati, perdenti, deviati, in una parola: tragici. A differenza delleroe classico, sicuro e vincente, il nuovo modello tormentato e irresoluto, metafora vivente della incertezza interna e internazionale. La tragicit e lo splendore esteriore sono elementi fondanti della popolarit e dellappeal di questi modelli giovanili: Jim Stark in Giovent bruciata (Rebel without a cause, 1955) e Cal Trask in La valle dellEden (East of Eden, 1955) entrambi impersonati da James Dean, oppure Stanley Kowalski in Un tram che si chiama desiderio (A streetcar named desire, 1953) e Terry Malloy in Fronte del porto (On the waterfront, 1953), interpretati da Marlon Brando, sono individui reietti, sconfitti, sgradevoli, incompresi, ma terribilmente affascinanti per una generazione in cerca di icone da ammirare e non interessata allimmagine ripulita (e, quindi, pi conformata allet adulta) degli attori classici49 . Laspetto essenziale della superiore capacit di veicolare lo stile di vita americano da parte della nuova generazione di attori, risiede proprio in questa distinzione (immediatamente e visivamente percepibile a partire dallabbigliamento e dallaspetto fisico) dallomologata e conformista societ adulta. Cos, i capelli appiattiti sulla fronte di Brando o quelli raccolti in un ciuffo di Dean o, ancora, quelli artificiosamente biondi di Marilyn Monroe diventano un segno di distinzione e di aggregazione e sono rapidamente imitati in tutto il mondo; cos come, ben presto, entrano nel guardaroba di ogni americano il giubbotto di pelle del Selvaggio (The wild one, 1953) la giacca rossa di Giovent bruciata, o il vestito bianco di Quando la moglie in vacanza (The seven year itch, 1955). Non va dimenticato che in questo periodo lindustria cinematografica assiste ad un graduale rinverdimento del pubblico che comporta ladozione di differenti tecniche e linguaggi ed una destrutturazione della mitologia classica, che viene riadattata alle mutate esigenze intergenerazionali50. Leroismo (sullo schermo) cede il passo al divismo (fuori dallo schermo) e ci determina il mutamento di significato del mito e dei suoi veicoli di trasmissione. In questo modo il cinema impone il sogno americano attraverso la diffusione dellimmagine e dello stile dei suoi nuovi attori, che non hanno eguali in nessuna parte
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THOMAS DOHERTY, op. cit. JAMES NAREMORE, Lo Star System dopo la seconda guerra mondiale, in GIAN PIERO BRUNETTA (a cura di), Storia del cinema mondiale. Gli Stati Uniti, Vol.2, Torino, Einaudi, 2000, p. 1163.

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del mondo, e non pi attraverso la struttura narrativa delle opere, che, come abbiamo visto, in questo periodo tendono invece a demolire le fondamenta ideologiche di tale visione utopistica. E non rilevante, in questa prospettiva, sottolineare il fatto che i personaggi imitati siano negativi o privi di valori poich, in quanto emanazioni di icone viventi, sono dotati di una forte carica simbolica che ne trascende la caratterizzazione cinematografica e li pone alla portata (consumo) di tutti, facendo prevalere la raffigurazione sulla significazione. La personificazione del mito appare pi evidente in Marilyn Monroe e in James Dean, i quali, a distanza di decenni dalla morte, continuano a rappresentare lemblema del sogno americano in tutto il mondo. Limmagine di Marilyn Monroe, deceduta nel 1962 in circostanze misteriose, viene serializzata da Andy Warhol e diventa, a soli quattro mesi dalla morte, unicona artistica, un simbolo della cultura popolare americana al pari di Elvis, e una metafora della massificazione visiva e culturale al pari della bottiglia di Coca Cola e della confezione di zuppa Campbell. Al di l di ogni tentazione interpretativa, assolutamente fuori luogo in questo contesto, va detto che limmagine seriale di Mrilyn Monroe, personaggio tanto popolare da rappresentare quasi una bellezza stereotipata, anche nelle innumerevoli variazioni cromatiche che non ne diminuiscono la riconoscibilit, sembra concettualmente confermare lidea del consumption hero, vale a dire del personaggio proposto e venduto dallindustria hollywoodiana, secondo logiche tipicamente commerciali, ad un pubblico avido di feticci. Nella seconda met degli anni Cinquanta, ma sarebbe forse pi corretto dire a partire dalla seconda met degli anni Cinquanta, Hollywood vende soprattutto immagini e simboli, secondo logiche industriali. James Dean, poi, rappresenta la sintesi e lapoteosi di questa concezione del mito americano. Grazie ad una morte premature e violenta, egli diventato la prima icona funebre della fine della modernit51 e il primo martire dello show business: una sorta di Peter Pan congelato nella sua giovinezza e quindi immortalit. Meglio di ogni altro collega ha saputo interpretare il disagio, lo smarrimento e la ribellione di una intera generazione, una generazione allo sbaraglio, in rivolta per trovare unidentit e uno spazio; una generazione di ribelli senza un motivo, come echeggia il titolo del suo film pi celebre (Rebel without a cause di Nicholas Ray), di figli della guerra, di diversi. La giovent europea , in questo, perfettamente analoga a quella americana, poich vuole solo emanciparsi e distinguersi dalla societ adulta ed molto ricettiva agli stimoli proposti dallindustria cinematografica, e ci spiega la popolarit di James Dean nei due continenti. In due delle tre pellicole in cui recita da protagonista interpreta un ragazzo in conflitto con la famiglia e con gli ideali della societ, fornendo un modello di ribellione a tutti i giovani del mondo. Limmagine e la vita di Dean sono cos universali e adatti allo stato danimo della giovent degli anni Cinquanta che sembrano costruiti a tavolino. Ma come ha affermato lo scultore Kenneth Kandall, James Dean era un americano originale, era il simbolo vivente del sogno americano, del self-made man moderno e

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MAURIZIO CABONA, James Dean, la leggenda che ispir decine di cloni, in Il Giornale, 8 novembre 2005, p. 34.

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indipendente52. Il potere simbolico ed evocativo della sua immagine deriva proprio da questa incarnazione di tutti i valori americani tradizionali (lindividualismo, la dinamicit, il carisma, lautonomia) e dalla contestuale raffigurazione di eroe contestatore dellordine sociale precostituito. Martin Sheen, che si far interprete dei disturbi di unaltra generazione di teenagers, quella di inizio anni Settanta turbata dalla guerra in Vietnam, nello splendido Badlands, la rabbia giovane (Badlands, 1973) di Terrence Malick, ha sottolineato il potenziale evocativo e sovversivo della figura di James Dean, paragonabile, a mio avviso, solo a quella di Elvis Presley, e linfluenza sul sistema di valori della giovent americana: If Marlon Brando changed the way people acted, then James Dean changed the way people lived. Questa nuova categoria di divi accompagna la metamorfosi del mito americano e ne attualizza il significato. La visione onirica e allegorica degli Stati Uniti , infatti, fortemente connessa alla congiuntura storica ed alle condizioni sociali nelle quali si manifesta e muta la propria essenza in relazione allo scorrere del tempo. La raffigurazione del mito americano dei primi del novecento ben diversa da quella degli anni Trenta, cos come questultima difficilmente sovrapponibile a quella del dopoguerra, poich il contesto sociale e il sistema di valori varia progressivamente plasmando la percezione e lespressione di tale mito. A partire dagli anni Cinquanta il sogno americano fondato soprattutto su un desiderio di assimilazione dellestetica e dello stile (di vita) statunitense e non pi (o, almeno, non pi in via principale) sugli ideali di libert e giustizia di inizia secolo. La produzione cinematografica statunitense del dopoguerra ha contribuito ad affermare questo nuovo tipo di mitologia allinterno della societ americana, ma anche, e soprattutto, allinterno di quella europea. Pierre Sorlin afferma che in Europa il decennio successivo alla seconda guerra mondiale rappresenta una sorta di et delloro per le sale cinematografiche53, che non subiscono il calo di pubblico che colpisce gli esercenti doltreoceano. Negli Stati Uniti la frequenza di spettatori diminuisce gi a partire dal 1947 e anche in Gran Bretagna il declino inizia precocemente nel 1948, ma nellEuropa continentale il pubblico cinematografico aumenta per tutto il decennio, fino al 1955, trasformando una passione collettiva in una vera e propria abitudine sociale54. Allinizio il cinema prevalentemente unesperienza familiare, ma ben presto emerge anche in questo contesto la ricerca di autonomia e libert da parte dei teenagers; si determina cos una frattura nelle modalit di fruizione dello spettacolo: i giovani, da un lato, frequentano in gruppo le sale, pi volte a settimana e solitamente di sera, allo scopo di socializzare e acquisire maggiore indipendenza, gli adulti, invece, si recano alle proiezioni con la famiglia in una sorta di celebrazione di un rito pagano55. Il cinema diventa un fattore sociale e culturale significativo. Ancora Sorlin: Prima della guerra, la stampa locale non dedicava molto spazio ai film e le riviste specializzate si occupavano pi delle star che dei film stessi. Negli anni Cinquanta la stampa in generale dovette fare
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MARCO GIOVANNINI, James dean: il mito della giovent bruciata tra storia e leggenda, Milano, Mondadori, 2005. 53 PIERRE SORLIN, Cinema e identit europea: percorsi nel secondo novecento, Milano, La Nuova Italia, 2001, p. 87. 54 Ibidem, p. 87. 55 Ibidem, p. 89.

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i conti con il cinema e gli riserv uno spazio importante. Al di l delle riviste dedicate alle star, ne nacquero altre per discutere dei film, [...]. Limportanza di questa stampa, [...], indica che lanalisi e il dibattito erano diventati unabitudine anche per gli spettatori meno assidui56. Il cinema diventa un fattore determinante di influenza collettiva e un elemento di costruzione della cultura popolare. E in questo processo di costruzione culturale, protagonista assoluta lindustria americana, che fornisce mediamente circa il 40% dellofferta cinematografica in tutti gli stati europei (in Inghilterra la quota di mercato addirittura superiore al 50%). Prima dello scoppio della guerra i governi europei avevano tentato di limitare linfluenza americana fissando delle quote di distribuzione per i film americani, ma dopo il 1945 le limitazioni risultano antieconomiche perch impediscono di coprire le esigenze di programmazione e vengono, quindi, eliminate 57, concedendo via libera alle pellicole (e alle ideologie) statunitensi, che invaderanno con sempre maggiore insistenza il mercato europeo. Da questa analisi risulta evidente che la produzione cinematografica statunitense ha contribuito significativamente alla diffusione in Europa del mito americano (si pensi, a titolo esemplificativo, al film di Steno Un americano a Roma del 1954) e, ad un secondo livello, alla creazione di quel complesso di forme, immagini, credenze e valori che possiamo definire culture popolare. Quella che a partire dagli anni Sessanta sar correntemente chiamata cultura pop (un ossimoro a livello teorico e concettuale) , in questa prospettiva, un prodotto tipicamente americano. Nel corso degli anni Cinquanta il mito americano, nato dalla commistione di interpretazioni colte e testimonianze individuali, ha dato origine alla cultura pop e ne diventato lespressione dominante; proprio nella fase storica in cui la maggioranza degli intellettuali, anche allinterno del tormentato mondo cinematografico, sembrata disconoscere la superiorit del modello USA e la magnificenza del sogno americano, esso ha definitivamente conquistato le classi popolari e, soprattutto, il ceto medio, diventando patrimonio culturale condiviso universalmente ed elemento fondante della societ occidentale contemporanea. Ci che emerge in maniera lampante da questo esame della raffigurazione mitologica degli Stati Uniti nelle pellicole del secondo dopoguerra , in definitiva, un sentimento di grande tensione che attraversa la societ civile, stretta tra la volont di cambiamento delle fasce giovanili (elemento dinamico) e limmobilismo e conservatorismo della popolazione adulta (elemento statico), e la frustrazione di una generazione di registi che sembra intuire e anticipare, in qualche modo, le grandi contestazioni degli anni Sessanta. I grandi cineasti non dipingono pi il proprio paese come un luogo ideale di giustizia e libert, ma ne evidenziano prevalentemente le contraddizioni e le ansie, in un clima generale che sembra rappresentare una sorta di perdita dellinnocenza. Tale perdita di innocenza pu essere fatta coincidere con lomicidio di John F. Kennedy del 22 novembre 1963, che chiude simbolicamente unera improntata allottimismo e introduce gli Stati Uniti in uno dei decenni pi travagliati della loro storia recente. Il cinema degli anni Cinquanta percepisce le tensioni interne ed internazionali meglio della spensierata industria musicale e si fa carico di illustrare un
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Ibidem, p. 91. Ibidem, pp. 98-99.

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paese inserito nella storia e non pi nel mito, un paese intrappolato in una guerra totale e globale, un paese che deve fronteggiare le proprie responsabilit politiche e storiche. laffresco di unAmerica (quella colta) che si guarda allo specchio e non riesce pi ad ammirarsi con compiacimento; lo stesso sentimento che emerger, amplificato, in occasione della guerra in Vietnam e che lattore e regista Dennis Hopper riuscir a sintetizzare nello sfogo di un amareggiato Jack Nicholson: You know, this used to be a hell of a good country. I can't understand what's gone wrong with it (Easy rider, 1969).

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