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1.2 La struttura economica del bisogno. Agns Heller.

Prima di cercare di esplorare le diverse articolazioni secondo cui il bisogno esplica la propria struttura come istanza oggettiva, nel senso di unistanza il cui ambito essenzialmente quello della prassi, e di una prassi che, in quanto tale, si d secondo strategie e forme di realizzazione tali da porsi necessariamente come oggettivit apparente in un contesto che non pi quello dellintimit del soggetto, forse il caso di ricapitolare alcune delle differenze che sono emerse, e che possono essere, a questo punto, organizzate come definizioni. Definizioni che dovranno essere costantemente sollecitate nel corso degli sviluppi successivi, ma che per il momento offrono, se non altro, il vantaggio di evitare, o per lo meno di ridurre, il rischio di fraintendimenti. Si tratta di una serie di descrizioni contrastive, che non pretendono di cogliere lessenza di ci a cui si riferiscono, ma che marcano dei differenziali pragmatici tra i diversi elementi, allo scopo di rintracciarne i percorsi attraverso i loro intrecci. Secondo questo approccio metodologico, il bisogno viene distinto dallangoscia perch esso ha sempre un correlato oggettivo determinato, dalla percezione semplice perch il suo contenuto intenzionale posto come mancante e dalle modificazioni della percezione, come la ritenzione e la protensione anticipatrice, perch questa mancanza non di ordine intuitivo ma pratico: in altre parole, ci di cui si ha bisogno un che di mancante per il superamento della cui mancanza ci si adopera direttamente. La struttura di questa prassi marca la differenza costitutiva con il desiderio, giacch il bisogno ha una strutturale connotazione economica: la determinatezza del suo oggetto si esplica nella definizione di una prassi per conseguirlo, orientata secondo un rapporto misurabile tra mezzi e fini, mentre al desiderio strutturale lappartenenza allintimit del soggetto, e dunque un residuo, pi o meno rilevante, di incommensurabilit. Infine, questa connotazione economica marca la differenza anche rispetto alla necessit: in questo caso, infatti, si parla di una condizione direttamente riferita alloggettivit del soggetto, e non della posizione di una finalit economica. A queste condizioni, uninvestigazione pi approfondita del bisogno porta direttamente a declinare la sua forma economica nella dimensione sociale; secondo la linea di sviluppo che si scelto di seguire, gi stato possibile ritrovare, nella struttura teleologica del bisogno, per lo meno le forme preliminari del lavoro, del valore e dello scambio; ma tutte queste istanze, che si sono viste nella loro valenza costitutiva, hanno senso soltanto in una prospettiva intersoggettiva e sociale, nella quale le strategie economiche si diano in forma riproducibile e direttamente articolabile nellanalisi e nella direzione della prassi. Questa costituzione sociale si d nella forma di una serie di articolazioni che, se partono dalla forma iniziale dellEtwas fehlt, dal suo qui e ora che definisce un oggetto immediato, organizzano una prassi che non pi riconducibile allalveo della sua origine. Del resto, la forma teleologica del bisogno si d proprio in questa apertura programmatica e si riproduce come continua emergenza di nuovi

bisogni, ed proprio qui, allora, che la prassi sociale orientata alla soddisfazione dei bisogni si d come produzione, in un duplice senso: da un lato, produzione dei beni destinati alla soddisfazione diretta dei bisogni stessi, dallaltro produzione di nuovi bisogni. A sua volta, questa produzione di bisogni agisce in due sensi fondamentali: da un lato, si affermano i cosiddetti bisogni riproduttivi, quelli legati al funzionamento del sistema economico in quanto tale; rientrano in questo campo tutte le attivit, che costituiscono la gran parte della produzione in una societ sviluppata, che non producono direttamente i beni destinati a soddisfare questi bisogni, ma che sono fondamentali per il mantenimento e lo sviluppo delle attivit produttive e dei loro dispositivi sociali. Dallaltra parte, il soddisfacimento di un bisogno porta allaffermazione di nuovi bisogni, secondo una dinamica descritta in un celebre passaggio dellIdeologia tedesca che identifica proprio in questa dinamica linizio della storia: [] il primo bisogno soddisfatto, lazione del soddisfarlo e lo strumento gi acquistato di questo soddisfacimento portano a nuovi bisogni: e questa produzione di nuovi bisogni la prima azione storica. Ci pu sembrare semplicemente un dato fattuale, la descrizione della storia secondo una linea, forse persino troppo ingenuamente progressiva, di un aumento del benessere e dunque della complessit sociale e culturale. Se questo aspetto descrittivo non va sottovalutato, esso non per lessenziale: questa stessa progressivit, infatti, prodotta da quello che si potrebbe definire come una strutturale eccedenza di finalit, per la quale la struttura del bisogno, se indica un oggetto determinato, pone con ci stesso anche unattivit che, rendendosi autonoma, deborda dalla sua funzionalit originaria. questo stesso processo di sviluppo, allora, a portare allo sviluppo di nuovi bisogni, in quanto trasforma le condizioni in cui si svolge lesistenza e le modalit di coscienza secondo le quali essa viene appresa. In questo senso, allora, la storicit del bisogno deriva dalla sua forma economica, vale a dire dal suo orientamento alla prassi, in cui lemergenza di nuovi bisogni determinati il portato diretto della struttura, necessariamente eccedente, della prassi stessa rispetto alla sua determinazione iniziale. Si pu comprendere meglio, allora, in che senso i bisogni si distinguano dalle necessit naturali, e quanto sarebbe fuorviante insistere sui cosiddetti bisogni primari, che sono poi quelli legati al mero sostentamento, come la base materiale di partenza di questa struttura economica: se certo che bisogna pur sempre mangiare, va ricordato, per citare un passo dei Grundrisse, che la fame che si soddisfa con coltello e forchetta diversa da quella soddisfatta dalla carne cruda. In altre parole, una volta che si dispiegata la forma economica del bisogno, si gi sempre in un contesto storico e sociale, tale che lo statuto dei diversi bisogni determinato non dal loro contenuto effettivo o dalla loro necessit alla sussistenza, ma essenzialmente dallo statuto sociale delle attivit storicamente necessarie al loro soddisfacimento e, dunque, anche dalle consuetudini storiche e culturali; sempre per citare i Grunriddsse,

Il volume dei cosiddetti bisogni necessari, come pure il modo di soddisfarli, anchesso un prodotto della storia, e dipende in gran parte dal grado di incivilimento di un paese e quindi anche dalle abitudini e dalle esigenze fra le quali e con le quali si formata la classe dei liberi lavoratori. In questo senso, dunque, la classificazione dei bisogni avviene su un piano sociale e ne costituisce la pi diretta ed efficace manifestazione: le strategie in opera nella produzione, nella distribuzione e nel mantenimento delle strutture orientate al soddisfacimento dei bisogni descrivono la soglia del lecito e dellillecito e formano i percorsi della giustizia distributiva; in questo senso i valori etici sono valori economici, con buona pace della tradizione di separazione dellutile e del buono. Questa funzione definitoria della rete dei bisogni rispetto alle istanze di riferimento rivela, forse pi di ogni altra cosa, il senso di questo sistema come prassi determinante, per cui ci si rifaceva, in precedenza, alle nozioni classiche di struttura e sovrastruttura, pur con lavvertenza di intenderle in un senso fortemente modificato: pi che di struttura sarebbe, infatti, il caso di parlare di infrastruttura. Ci indica che non si tratta della posizione di uno stato determinante rispetto ad altri che si radicano in esso, come la sostanza rispetto agli attributi della metafisica classica, ma di una rete di funzioni che determina, nel suo articolarsi, le direttrici e le forme di ci che si svolge sui loro assi portanti. Un esempio di come questa modalit interpretativa possa funzionare fornito da come viene elaborato, in Marx, il tema delle classi sociali. Si tratta di una questione di importanza fondamentale, dato che la definizione delle classi, nelleconomia del sistema marxiano, costituisce la diretta attualizzazione, sul piano sociale, di tutta la teoria economica: dare conto delle modalit secondo cui si formano le classi sociali equivarrebbe pertanto a portare a compimento lopera, specie per quanto riguarda il problema del nesso tra forme produttive e forme sociali, ossia di quello che si potrebbe definire il problema centrale della filosofia della storia marxiana. La questione viene affrontata nel cinquantaduesimo, e ultimo, capitolo del terzo libro del Capitale, e il capitolo si interrompe dopo poche righe, praticamente fermandosi alla definizione iniziale: I proprietari della semplice forza-lavoro, i proprietari del capitale e i proprietari fondiari, le cui rispettive fonti di reddito sono salario, profitto e rendita fondiaria, in altre parole, gli operai salariati, i capitalisti e i proprietari fondiari costituiscono le tre grandi classi della societ moderna, fondata sul modo di produzione capitalistico. Ci si trova, insomma, di fronte a una tautologia: le classi sono definite in funzione della loro forma di partecipazione al modo di produzione capitalistico, il che a sua volta rimette capo al concetto, continuamente criticato in tutta lopera marxiana per la sua astrazione e unilateralit, di propriet, mentre nulla si dice su come questa divisione si fondi sullinfrastruttura del tutto concreta e vivente dei bisogni. Qui pu tornare utile la riflessione di Agns Heller, che proprio a partire dal problema dei bisogni cerca di rileggere lintero impianto teorico marxiano, integrandone le lacune (Marx solito

definire attraverso il concetto di bisogno, ma non definisce il concetto di bisogno). A questo proposito, Heller richiama lattenzione su un passaggio del secondo libro del Capitale, in cui i bisogni necessari e quelli di lusso vengono distinti sulla sola base della reperibilit dei loro mezzi di soddisfacimento: i primi sono ordinariamente disponibili per tutti, i secondi lo sono solo in cambio dellesborso di plusvalore, ossia rientrano in una fascia di prezzo al di l della portata dei redditi da lavoro. Se ci unovviet fin troppo banale, lacquisizione che ne deriva che lo statuto dei bisogni definito dallinsieme delle relazioni sociali ed economiche, a loro volta radicate nella struttura primaria del bisogno. Lo statuto dei bisogni soddisfacibili pertanto definito dalle forme sociali storicamente sviluppate, e ci non solo nel senso di cosa sia disponibile per chi in un dato contesto: ad essere definite sono le forme stesse dei bisogni, che riproducono i rapporti sociali. La divisione in classi si esplica in una sostanziale alienazione dello statuto dei bisogni, che non arrivano mai ad essere bisogni propriamente umani; la logica del rapporto tra mezzi e fini pervade lintero ambito esistenziale, fino a rendere necessariamente gli uni mezzi per gli altri. La logica dei bisogni nella societ divisa in classi fa pertanto sempre riferimento a bisogni impoveriti dallestraniazione, in cui non possibile nemmeno porre il bisogno umano per eccellenza, vale a dire quello che ha per oggetto laltro uomo, che considera lumanit come fine e non come mezzo. Questo il senso in cui si parla delluomo ricco di bisogni come di una condizione impossibile da raggiungere allinterno della societ attuale, e di questa ricchezza come di ci che caratterizzerebbe luomo nuovo della societ comunista: a cambiare dunque, attraverso lo sviluppo storico costruito a partire dalle strategie economiche, la stessa natura umana. Se cambia in questo modo il contenuto delbisgono, e se a essere trasformato , con essa, il rapporto dellindividuo stesso con i propri bisogni, se, anzi, soltanto a queste condizioni possibile parlare di individui con bisogni propri, e non pi di oggettivazioni dipendenti, si trasforma anche il senso del lavoro, vale a dire della prassi rivolta al soddisfacimento dei bisogni. Un lavoro non pi orientato a bisogni alienati, in quanto definiti dalla struttura di classe in cui si esprimono, esso stesso, in quanto conseguimento del proprio fine, fine di per s, tanto che si afferma, nellorizzonte di questa storia, il lavoro stesso come bisogno. A questo punto, se si supera la frattura tra il bisogno e la prassi orientata a soddisfarlo, si supera anche la cesura tra bisogno e desiderio: leconomico, come mediazione delleterogeneit dei mezzi e dei fini, viene riassorbito nellorizzonte di una libera prassi del soggetto, per cui la soggettivit del desiderio non deve pi oggettivarsi nella forma estrinseca e alienata di una prassi esterna. La prospettiva che si cerca di elaborare, sulla scorta di queste analisi, quella del superamento di quella dialettica tra lapertura utopica posta dalla struttura del bisogno e la conservazione unilaterale dei dispositivi che si organizzano a partire da questa struttura, e che costituiscono una forma di alienazione

delleconomico da se stesso, fino a determinare la societ come un contesto nel quale lindividuo si trova sempre in una condizione di estraneit, rispetto agli altri, ai dispositivi sociali e a se stesso. in questi termini che si compie la saldatura tra leconomico e letico: la finalit nellaltro uomo la finalit etica per eccellenza, ma soltanto nella sua declinazione economica che essa pu farsi storia, tradursi in quella prassi senza la quale letica priva di senso e di sostanza. Proprio per questa ragione, la posizione del bisogno strategica nella prospettiva di Heller, che quella di ripensare il sistema teorico marxiano, e soprattutto la prassi storica comunista, a partire da una dimensione etica: il punto di massima espressione di questa linea si trova nella categoria dei bisogni radicali, che nascono nel qui e ora della societ attuale (quella capitalistica, ma certamente anche lorizzonte del socialismo reale), ma il cui soddisfacimento non pu aver luogo nel loro contesto di origine. Questo continuo superamento del punto originario nella direzione di una finalit che ne deborda e che si esprime come finalit autonoma , come abbiamo visto, la struttura portante del bisogno, la sua inesauribile carica utopica; e proprio in questo senso, come rilevavano Bloch e Adorno nella conversazione il cui titolo cos carico di assonanze in questo corso, lutopia fuori corso, nel modello capitalista, in quello socialista e in ogni modello che vuole conservare se stesso.

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