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Economica Laterza

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Dello stesso autore in altre nostre collane:

Guida al giornalino di classe


Universale Laterza

Se i bambini dicono: adesso basta!


i Robinson/Letture

Francesco Tonucci

La citt dei bambini


Un modo nuovo di pensare la citt

Editori Laterza

1996, 1997, 2005, Gius. Laterza & Figli Nella Economica Laterza Prima edizione 2005 Edizioni precedenti: Nei Robinson Prima edizione 1996 Seconda edizione, con una Prefazione di Norberto Bobbio, 1997

Propriet letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel gennaio 2005 Poligrafico Dehoniano Stabilimento di Bari per conto della Gius. Laterza & Figli Spa CL 20-7551-2 ISBN 88-420-7551-5

vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia lecita solo per uso personale purch non danneggi lautore. Quindi ogni fotocopia che eviti lacquisto di un libro illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.

A Federico, mio nipotino, e a tutti i nipoti perch sono loro il nostro futuro. A tutti noi nonni, perch sappiamo dedicare la parte pi libera e disinteressata della nostra vita a costruire il futuro dei nostri nipoti

Presentazione

La citt dei bambini esce alla fine del 1996 presentando una nuova filosofia di governo della citt, assumendo i bambini come parametro e portando come modello i primi sei anni dellesperienza di Fano. Nei primi sei anni il libro ha avuto sette edizioni, stato tradotto in spagnolo e catalano ed ha avuto unedizione argentina. Lautore ha tenuto pi di cento conferenze in citt diverse in Italia, Spagna e Argentina. Hanno aderito al progetto decine di citt italiane, spagnole e argentine. In queste citt si sono avviate esperienze, si data la parola ai bambini, si sono realizzati progetti elaborati da loro. Nel 2002 si ritenuto doveroso dar conto delle nuove idee, delle nuove esperienze, e si valutato che non fosse sufficiente una riedizione ampliata del primo libro. Esce cos Se i bambini dicono: Adesso basta!. Questo secondo libro vuole essere il seguito e laggiornamento di La citt dei bambini, ma invece di raccontare le varie esperienze delle diverse citt preferisce dare la parola ai bambini. 26 frasi, proposte o proteste di bambini diventano i 26 capitoli del libro. In ogni capitolo lautore risponde a due domande: Perch un bambino dice questo? Cosa si potrebbe fare ascoltando i bambini? Ne nasce cos unampia analisi della condizione infantile di oggi e un vasto repertorio delle iniziative, attivit ed esperienze realizzate dalle citt in questi anni ed altre possibili per dare concrete risposte alle attese dei bambini. Lesperienza nata nel
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1991 a Fano diventa unesperienza internazionale e nel 2001 Roma aderisce e ne diventa la citt capofila. La citt dei bambini, che ora arriva nella Economica Laterza, rimane il testo della proposta, dellinvito agli amministratori a rompere gli schemi che hanno provocato il degrado delle citt e reso problematico il loro futuro; Se i bambini dicono: Adesso basta! un libro che arricchisce le proposte e le esperienze ma che allarga anche il campo dei destinatari: diretto agli amministratori e ai tecnici delle citt, ai progettisti, agli insegnanti, agli studenti, ai genitori e anche ai bambini. Francesco Tonucci settembre 2004

Prefazione

Caro Frato, mi ha fatto molto piacere ricevere le bozze del tuo libro. Le ho lette subito perch tu scrivi in modo semplice, chiaro, scorrevole, da persona educata e gentile che ama i suoi lettori e li aiuta a capire senza sforzo il testo, con ragionamenti corretti, con parole piane del linguaggio comune, con esempi che tutti possono comprendere e i casi citati fanno parte delle esperienze di ognuno di noi. Mi ha subito attratto la bella trovata, che si legge allinizio, dove la citt di oggi diventa per i bambini il bosco delle favole. Una volta, non moltissimo tempo fa i bambini avevano paura del bosco, dove sincontravano i lupi e le streghe cattive, mentre si sentivano al sicuro in citt. Ora le parti si sono rovesciate, perch la citt diventata ostile: grigia, aggressiva, pericolosa, mostruosa. Il libro un continuo elogio della fantasia, della creativit, della libert, dellintelligenza, della spontaneit, della straordinaria ricchezza di idee e di sentimenti, del mondo dei bambini. Anche per me, non solo per i bambini, la citt un inferno. Ma io mi difendo uscendo sempre meno di casa. Ormai la mia vita pu svolgersi tra le quattro pareti del mio studio senza troppi inconvenienti. Ma non ho dimenticato la mia vita di bambino. Anzi, riappare sempre pi nitida alla mia memoria. I pi bei ricordi della mia infanzia sono quelli delle vacanze in campagna, quando giocavamo senza alcun pericolo allaperto e vagabondavamo
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per le stradette dei campi, dove passava di tanto in tanto solo qualche carro trainato da buoi. Ma anche la mia citt era completamente diversa. Abitavamo a Torino in un quartiere di recente costruzione, in una casa, come si diceva allora, signorile, allangolo di una strada morta, che finiva poco oltre il nostro portone. Si chiamava via Gasometro (oggi ha cambiato nome), perch il quartiere era stato costruito dove era il vecchio edificio, ormai distrutto, che dispensava calore e luce alla citt (i fanali delle strade quando ero bambino erano ancora a gas). Bastava scendere le scale per raggiungere la nostra sala giochi. Non cera alcun pericolo. Scendevamo da soli. Non giocavamo sulla strada, perch era acciottolata. Giocavamo sul marciapiede. I nostri giochi erano giochi da marciapiedi. Che ora, in citt, sono scomparsi. Tra questi, la trottola, che i pi bravi prendevano in mano, mentre girava, e scagliavano contro la trottola dellavversario per abbatterla; le palline (o biglie) che si facevano correre spingendole con uno scatto del pollice e dellindice; la settimana, gioco pi femminile, a dire il vero, che consisteva nel saltare con una gamba sola su una figura tracciata col gesso a forma di rettangolo, ove ogni casella rappresentava un giorno e vinceva chi arrivava alla domenica senza cadere; le plance, come si chiamavano le figurine staccate dalle scatole di cerini che, ammucchiate luna sullaltra fino a farne una torretta, venivano colpite a distanza con una pietra piatta e che si faceva scorrere sul marciapiede e vinceva chi ne abbatteva di pi. Qualche anno pi tardi, quando eravamo al liceo, tornando da scuola in cinque o sei che abitavamo tutti dalle stesse parti, percorrevamo una lunga via dritta e deserta (ora diventata quasi impercorribile, tante sono le macchine posteggiate da una parte e dallaltra, anche in doppia fila), cos deserta che avanzavamo dando calci a una palla, come se fossimo degli attaccanti di una squadra di calcio sino al punto in cui ci scioglievamo e ognuno andava
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a casa per la sua strada. A questo punto cera il portone di una chiesa sempre chiusa che faceva da porta per i nostri ultimi tiri. Si giocava anche nei cortili. Passavo ore sul balcone della cucina a guardare i bambini dei caseggiati contigui, che giocavano a rimpiattino, a rincorrersi, ai quattro cantoni, ai ladri e carabinieri. Era un po come giocassi anchio con loro: imparavo giochi nuovi, che rifacevo coi miei amici nel piccolo cortile di casa nostra, dove sovrano era il figlio della portinaia molto pi bravo di me in tutti i giochi. Ora anche nei cortili lo spazio sempre pi ristretto. Ristretto da che cosa? Ancora una volta dalle automobili, che hanno indotto gli abitanti delle case a costruirsi, ciascuno il proprio garage. I miei figli non hanno mai giocato in cortile. E poi i grandi hanno cominciato a lamentarsi del chiasso che fanno i bambini coi loro schiamazzi e hanno loro proibito di giocare nelle ore post-meridiane quando tornano da scuola. Non si lamentano per del brontolio che fanno le macchine uscendo dalla rimessa al mattino e rientrandovi alla sera. vero: i bambini sono scomparsi dalla citt. Si incontrano soltanto nei giardinetti dove i loro giochi sono obbligati: lo scivolo e il girotondo. Io abito in una lunga strada con portici, dove i bambini potrebbero scendere per giocare senza pericolo. Ma si vede che si persa labitudine. I portici sono stati progettati, non per far giocare i bambini, ma per favorire i negozianti. I portici sono, come le aree pedonali, uno spazio per i negozi e, se mai, per i grandi che possono passeggiare pi liberamente, guardando le vetrine. Di queste interessano ai bambini solo quelle dei giocattoli o qualche raro negozio di animali da salotto, come ce n uno sotto casa mia, fermata obbligata dei miei nipotini, quando vengono a trovare il nonno. Non so perch ti ho raccontato queste cose. stato un modo per esprimerti la mia simpatia per la tua citt ideale. Norberto Bobbio
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Premessa

I cittadini soffrono i mali della citt, ma sembra non chiedano, almeno in forma esplicita, che la citt cambi. Pensano che questo non sia pi possibile, sono rassegnati. Chiedono allora che ci si possa almeno vivere un po meglio, che vengano alleviati i disagi. Chiedono cos pi servizi per sopportare meglio il malessere della citt. Sanno che chi soffre di pi sono i bambini, non sanno come aiutarli e allora, sempre pi spesso, decidono di averne meno o di non averne pi: Come si fa ad avere bambini in queste condizioni?. Chi ha pi consapevolezza, chi ha pi mezzi, lascia invece la citt e va a vivere nei piccoli centri o in campagna: Si vive una sola volta!. Due modi di fuggire e di manifestare impotenza e disperazione. Atteggiamenti questi che lasciano la citt pi sola e pi debole. Ma oggi nella citt c una persona importante, il sindaco; importante perch i suoi concittadini, e non il suo partito, gli hanno consegnato il governo della citt. Probabilmente i voti per essere rieletto un sindaco li pu guadagnare anche dando migliori servizi, rendendo pi sopportabile la citt, in modo che alla fine del mandato i suoi elettori possano dire Per oggi si sta meglio di quattro anni fa e decidere di rieleggerlo. Ma se un sindaco pi che alla sua rielezione pensa al futuro della sua citt, ai figli e
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ai nipoti dei suoi concittadini, allora deve mettere in moto la speranza. Deve partecipare ad un sogno: credere che la sua citt domani possa tornare ad essere bella, sana, sicura; possa tornare ad avere i bambini che giocano per strada. Deve quindi iniziare a lavorare con la sua squadra, con il Consiglio, con tutti i suoi colleghi adulti, per fare in modo che presto valga di nuovo la pena di essere bambini. In questi ultimi anni molti sindaci italiani e stranieri, interpretando un bisogno dei loro concittadini e delle loro citt, hanno manifestato interesse al progetto che presento in queste pagine. Nella accoglienza delle proposte, alcune di senso comune, altre ardite, altre provocatorie, ho sentito lurgenza di una soluzione che le formule ragionevoli della politica e delleconomia sembra non possano dare. In risposta a questa urgenza il libro nasce in fretta. Dopo le tante conferenze pubbliche, i tanti seminari di Giunta, i tanti colloqui, mi sembrato necessario uno strumento per continuare un dibattito sulle idee e un confronto sulle iniziative. Si perdoni quindi la forma diretta e colloquiale, le possibili ripetizioni o le eccessive sottolineature. un materiale di lavoro che vuol crescere e migliorarsi grazie al contributo di tutti coloro che lo vorranno riconoscere ed utilizzare. Francesco Tonucci

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La citt dei bambini

AVVERTENZA E RINGRAZIAMENTI

Le Indicazioni bibliografiche, le interviste delle schede 20, 21, 22 e 23 della parte terza e i dati della scheda 9 sono stati curati da Antonella Rissotto, collaboratrice dellIstituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR. Ringrazio i colleghi Vito Consoli e Antonella Rissotto per aver letto e corretto le varie versioni di questo libro. Ringrazio i sindaci di Fano e gli assessori che hanno voluto e difeso il Laboratorio, Beatrice Della Santa e Gabriella Peroni che hanno dato forma e realt alle idee elaborate insieme; Paola Stolfa, Giovanna Mancini e Ippolito Lamedica, che da architetti e urbanisti hanno fatto crescere le idee del Laboratorio, animando i gruppi dei bambini progettisti; Alfredo Pacassoni che ha condiviso la nascita del progetto e i suoi primi passi. Ringrazio il sindaco e la Giunta di Palermo che credono in questo progetto e lo vogliono portare come sfida per il futuro della loro citt. Ringrazio Fiorenzo Alfieri, Raymond Lorenzo, Dario Manuetti e Carlo Pagliarini per le interviste. Ringrazio infine tutti coloro che, volontariamente o involontariamente, hanno suggerito a me, incompetente in molti dei temi trattati, idee e proposte che, senza eccessivi scrupoli e senza poterli citare, ho copiato e utilizzato.

Parte prima

Il progetto

Analisi di un malessere

Antefatto: una volta avevamo paura del bosco


Una volta avevamo paura del bosco. Era il bosco del lupo, dellorco, del buio. Era il luogo dove ci si poteva perdere. Quando i nonni ci raccontavano le fiabe, il bosco era il luogo preferito per nascondere nemici, trappole, ansie. Da quando il personaggio entrava nel bosco noi cominciavamo ad avere paura, sapevamo che poteva succedere qualcosa, che sarebbe successo qualcosa. Il racconto si faceva pi lento, la voce pi grave, ci si stringeva gli uni con gli altri e si aspettava il peggio. Il bosco metteva paura, con le sue ombre, i suoi rumori sinistri, il canto lugubre del cuculo, i rami che ti acchiappavano allimprovviso. Ci si sentiva invece sicuri fra le case, in citt, nel vicinato. Era questo il luogo dove ci si cercava fra compagni, ci si trovava per giocare insieme. Erano l i nostri posti, quelli per nascondersi, quelli per organizzare la banda, per giocare a mamma, per sotterrare il tesoro. Erano i posti dove si costruivano i giocattoli, secondo modalit e abilit rubate agli adulti e approfittando delle risorse che lambiente offriva. Era il nostro mondo. Nel giro di pochi decenni cambiato tutto. C stata una trasformazione tremenda, rapida, totale, come mai ne aveva viste la nostra societ, almeno a memoria di storia documentata.
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Da una parte la citt ha perso le sue caratteristiche, diventata pericolosa e infida; dallaltra sono sorti i verdi, gli ambientalisti, gli animalisti a predicare il verde, il bosco. Il bosco diventato bello, luminoso, oggetto di sogno e di desiderio; la citt diventata brutta, grigia, aggressiva, pericolosa, mostruosa.

La citt
Negli ultimi decenni e in modo clamoroso negli ultimi cinquanta anni, la citt, nata come luogo di incontro e di scambio, ha scoperto il valore commerciale dello spazio e ha stravolto tutti i concetti di equilibrio, di benessere e di stare insieme, per seguire solo programmi di profitto, di interesse. Si venduta. Fino a poche decine di anni fa i poveri e i ricchi vivevano gli uni vicini agli altri. Le loro case erano ovviamente diverse, le une da poveri e le altre da ricchi, ma sorgevano negli stessi quartieri. Poi si dato un valore diverso al terreno a seconda della sua vicinanza al centro della citt e questo ha stravolto tutto. I poveri non hanno potuto restaurare le loro casette malsane e senza servizi, hanno preferito venderle per potersi trasferire in periferia, in case tutte uguali e uguali a quelle presentate dalla televisione. I centri storici sono diventati uffici, banche, fast food, sedi di rappresentanza, alloggi ricchi e sofisticati. Col calar della sera il centro della citt si svuota e diventa pericoloso, la gente ha paura di andarci da sola, ci sono i drogati, i ladri, i malfattori. I centri storici, cos diversi e ricchi perch nati da secoli di storia e di cultura, dal piacere delle cose belle e non solo utili, hanno perso la cura, la preoccupazione dei residenti. I luoghi pi belli del nostro paese
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sono negati al gioco e alla esperienza dei bambini, al passeggio e al ricordo dei vecchi. Le periferie sono invece nate in pochi anni, senza piazze, senza verde, senza monumenti. Le periferie sono uguali in tutto il mondo, gli stessi casermoni, le stesse strade grandi e dritte, lo stesso abbandono, perch non sono nate dalla lenta e costante preoccupazione degli uomini di avere luoghi di vita adatti e confortevoli per s e per i propri successori, ma solo grazie alla spinta prepotente della speculazione. La citt non ha pi abitanti, non ha pi persone che vivono le sue strade, i suoi spazi: il centro luogo di lavoro, di compere, di rappresentanza non di vita; la periferia il luogo dove non si vive, ma si dorme soltanto... La citt ha perso la sua vita. La citt diventata come il bosco delle nostre fiabe. Il castello medioevale era grande, forte, ricco e poco abitato, circondato dalle casupole, dai tuguri del borgo, dove abitavano i contadini e gli artigiani che vivevano del lavoro e della protezione offerti dal signore del castello. Quando nascono le citt si rompe questo rapporto gerarchico e i cittadini si incontrano in un territorio comune e, pur mantenendo ceti e condizioni diverse, condividono lo spazio. La piazza diventa il simbolo della citt e sulla piazza si affacciano il palazzo del governo, la cattedrale, la caserma della guarnigione e il mercato. La citt il luogo in cui i cittadini si incontrano per vendere e comprare, per difendersi, per pregare, per amministrare la giustizia. Oggi sembra quasi che la citt sia tornata al modello medioevale: il centro storico ricco e poco abitato, circondato da una periferia povera e a volte misera, che dipende, per la sua sopravvivenza, dal centro ricco. La citt ha rinunciato ad essere luogo di incontro e di scambio e ha scelto come nuovi criteri di sviluppo la se7

parazione e la specializzazione. Separazione e specializzazione degli spazi e delle competenze: posti diversi per persone diverse, posti diversi per funzioni diverse. Il centro storico per le banche, i negozi di lusso, il divertimento; la periferia per dormire. Poi ci sono i luoghi dei bambini: lasilo nido, il parco giochi, la ludoteca; i luoghi dei vecchi: lospizio, il centro anziani; i luoghi della conoscenza: dalla scuola dellinfanzia allUniversit; i luoghi specializzati per le compere: il supermercato, il centro commerciale. Poi c lospedale, il luogo della malattia.

Un esempio: la famiglia, la casa Una volta andare allospedale era un evento del tutto eccezionale, legato a gravi malattie o a gravi traumi. La malattia era una esperienza domestica. Oggi si va in ospedale per qualsiasi esame, per una visita, per un controllo: si nasce, si vive la malattia e si muore quasi sempre fuori casa, in luoghi separati e specializzati. La famiglia ha perso la capacit di sopportare esperienze cos ricche e cos forti, che nella gioia e nel dolore la mettevano alla prova, le chiedevano continui adattamenti, la rinsaldavano. noto che la nascita in ospedale ha significato la vita per tante donne e per tanti bambini, ma ora le condizioni economiche, igieniche e sociali, permetterebbero alla stragrande maggioranza delle famiglie di vivere nella propria casa lesperienza straordinaria del parto. Questo cambiamento, che gi sta avvenendo in molti paesi del nord Europa, garantirebbe un risparmio economico e darebbe la possibilit di nascere dentro la famiglia, fra le braccia del pap, vicino ai fratelli1. Lo stesso si pu dire per la maggioran1 Mumford (1945), che definisce gli ospedali magazzini delle malattie, riferendosi alla situazione americana, parlava gi allora della necessit di evitare il parto in ospedale (vedi Appendice 3).

za degli stati di malattia e per la grande esperienza della morte. Che cosa rimane allora come esperienza familiare? Solo la routine, quello che si ripete senza emozioni e senza variazioni ogni giorno. Si parla molto di crisi della famiglia, bisognerebbe aiutarla a vivere esperienze importanti come queste per rimetterla in piedi, per darle forza. Certo ci vorrebbe una chiara volont e disponibilit al cambiamento, ad andare avanti in un modo nuovo, tenendo presenti le nuove condizioni. E insieme alla famiglia si trasformata anche la casa, rispondendo a queste nuove necessit. una casa senza bambini, senza anziani. Si sviluppata in altezza rispondendo alla speculazione sulle aree urbane e senza pensare a come potr scendere a giocare con gli amici un bambino di quattro, cinque anni, n a come potr viverci senza impazzire un vecchio che non pu pi vedere i suoi luoghi abituali, passeggiare, incontrare un amico. una casa che non sa pi prevedere e sopportare il chiasso dei bambini che giocano, mentre si adattata bene al rumore terribile delle sirene, a quello sgradevole dei clacson. Eppure da sempre le scale sono state un luogo privilegiato di gioco, cos come lo sono stati gli androni e i cortili; cos come da sempre gli adulti hanno saputo accettare e tollerare quel chiasso sano, seppur fastidioso, dei bambini che giocano. Per questi piccoli e vecchi prigionieri, hanno inventato i balconi, di nuovo spazi separati, lontani, fittizi.

Un altro esempio: il centro commerciale La citt come ambiente unitario, come ecosistema, direbbe oggi un ambientalista, sta scomparendo e sta diventando sempre di pi la somma di luoghi specializzati, autonomi ed autosufficienti, ciascuno con il proprio parcheggio, il proprio posto di ristoro, il bancomat, la guar9

dia giurata... Insomma ogni luogo tende ad essere una piccola citt. Una volta comprare significava compiere un percorso, entrare in posti diversi, incontrare varie persone, ogni giorno le stesse, tanto da poter riprendere da un giorno allaltro una confidenza, un racconto o scambiarsi lultima notizia. Oggi per comprare si effettua un trasferimento in unaltra zona della citt, dove si pu comprare tutto, magari una volta al mese. Un esempio tipico quello del centro commerciale, che sta sorgendo ai margini della citt proponendosi come citt piccola, autonoma, efficiente e godibile. Citt senza macchine, con strade e piazzette, sicura per i bambini, per i quali sono spesso pensati spazi dedicati e assistiti; dove si pu mangiare, fare operazioni bancarie, andare dal parrucchiere e naturalmente comprare, comprare di tutto. Un bel posto, per molte famiglie, dove darsi un appuntamento per passare insieme il sabato. Il degrado rende la citt invivibile e noi ci difendiamo costruendo luoghi sicuri, protetti, dove passare tranquilli il nostro tempo libero. Questa una tendenza costante nella citt di oggi, coerente con la logica della separazione e della specializzazione: creare servizi, strutture sempre pi indipendenti e autosufficienti. Questo avviene per lospedale, per lo stadio, per i grandi musei, per il campus universitario.

Lequivoco dei servizi


La separazione produce certamente disagio, malessere, crea nelle persone lacerazioni con la propria storia, con i propri affetti, ostacola la comunicazione, lincontro, la solidariet. Gli amministratori della citt, responsabili di questa perversa trasformazione delle caratteristiche della vita urbana, debbono in qualche modo recuperare il consenso
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dei loro cittadini e prima di tutto dei loro elettori, pena la perdita del loro potere. In alcuni casi, non rari, gli amministratori hanno preferito non farsi carico del disagio dei cittadini e hanno catturato il loro consenso con forme ignobili di accordi clientelari, ma questi non interessano il nostro discorso. In altri casi gli amministratori si sono invece fatti carico del malessere dei concittadini e hanno sviluppato, a compensazione dei disagi e a garanzia del consenso, la politica dei servizi. I servizi pubblici sono diventati il simbolo e il vanto della buona amministrazione: Sei costretto a vivere lontano dal centro urbano, lontano dagli uffici, dai luoghi di divertimento e di cultura? Non ti preoccupare, ti metto a disposizione mezzi di trasporto pubblico sempre pi rapidi, sempre pi efficienti2; Non sai come fare con i tuoi bambini, non hai possibilit e tempo per poterli educare? Non ti preoccupare, ti apro nidi di infanzia, centri di incontro, ludoteche...; Non sai come assistere i tuoi vecchi, nel tuo piccolo appartamentino, al dodicesimo piano, con i tuoi orari di lavoro? Non ti preoccupare, ti offro centri anziani, viaggi, vacanze e ospizi per i vecchi. La specializzazione qualifica il servizio e compensa la separazione. Ai bambini e ai vecchi non si permette o si rende difficile vivere nella propria famiglia, nella propria casa, nella propria citt, ma si offre loro il meglio che possono assicurare la moderna psicologia, pedagogia, pediatria, dietetica, geriatria. Meglio di come potrebbe fare la famiglia. Limportante che il cittadino che vota sia soddisfatto e lo sia nel tempo breve del mandato elettorale. I tempi dei politici sono brevi, debbono superare gli esami
2 Ho incontrato in aeroporto un signore che rientrava da un viaggio in Giappone, dove aveva partecipato ad una mostra commerciale. Lo avevano alloggiato in un albergo che distava 150 chilometri dal luogo della mostra e ogni mattina veniva sparato da un treno in appena mezzora dal suo albergo ai locali della mostra, lo stesso tempo che io impiego per percorrere a Roma la distanza da casa allIstituto. Un servizio estremamente efficiente, che rende per naturale far risiedere una persona a 150 chilometri dalla citt dove lavora!

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ogni quattro anni; i progetti a lunga scadenza non pagano, non portano voti. In tutta questa operazione, che pu sembrare ragionevole e forse anche meritoria, c qualcosa di preoccupante, di diabolico: la perdita della speranza, la rassegnazione. La citt la si d ormai per persa, i servizi, i migliori servizi, aiutano a sopportarla, senza sperare di cambiarla: il costo del progresso, Indietro non si pu tornare. Sembra che il progresso sia un pacchetto tutto compreso: lautomobile e la lavatrice, insieme ai vantaggi, portano necessariamente linquinamento, la droga, la violenza, la paura. Tutto insieme, prendere o lasciare.

Un accordo fra adulti


In questa situazione, difficile per tutti, il bambino soffre di pi. Con lui la compensazione, la monetizzazione del danno, non funziona. I servizi, pensati per ladulto, non sono buoni per il bambino. Se a lui togliamo il piccolo spazio per giocare sotto casa e glielo ridiamo magari cento volte pi ricco e pi grande a un chilometro di distanza, secondo la logica della separazione e della specializzazione, di fatto glielo abbiamo tolto e basta: nel parco lontano pu andare solo se un adulto lo accompagna, quindi accettando gli orari delladulto; pu andare solo se si cambia, altrimenti c da vergognarsi a portarlo fuori, ma se si cambia non si pu sporcare e se non si pu sporcare non pu giocare; chi lo accompagna lo deve aspettare e mentre lo aspetta lo sorveglia e sotto sorveglianza non si pu giocare. I parchi gioco sono un interessante esempio di come i servizi siano pensati dagli adulti per gli adulti e non per i bambini, anche se questi ne sono i destinatari dichiarati. Questi spazi per bambini sono tutti uguali, in tutto il mon12

do, almeno in quello occidentale, rigorosamente livellati, spesso recintati e sempre dotati di scivoli, altalene e giostrine. Il primo strumento che entra in azione per la realizzazione di un giardinetto, di un parco per bambini la ruspa. Sembra quasi che, secondo gli adulti, ai bambini piaccia giocare nel piano e invece lo spazio orizzontale impedisce loro di nascondersi che certamente una parte importante del giocare e garantisce invece solo una facile sorveglianza. Il bambino deve giocare vigilato! Noi adulti abbiamo rapidamente dimenticato che il gioco legato al piacere e il piacere si coniuga male con il controllo e la vigilanza (proviamo a pensare alle nostre esperienze di piacere da adulti!). Un secondo aspetto preoccupante che sono gli adulti ad indicare quali giochi i bambini debbono fare in questi spazi. Le attrezzature sono pensate per attivit ripetitive, banali, come dondolare, scivolare e girare, quasi che il bambino assomigli pi ad un criceto3 che ad un esploratore, ad un ricercatore, ad un inventore. Sono giocattoli per giochi specifici, che debbono essere usati cos come gli adulti li hanno pensati e siccome rapidamente i bambini si stancano, per farli diventare diversi e nuovi, cercano di utilizzarli in maniera non ortodossa e allora diventano anche pericolosi: saltare dalla giostrina in corsa, scendere gi dallo scivolo di testa, dondolare appesi ad una sola corda dellaltalena come i corsari allarrembaggio o appesi alle due corde a testa in gi. I parchi gioco sono tutti uguali perch rappresentano uno stereotipo: la presenza di scivoli, altalene e giostrine garantiscono che ladulto genitore si renda facilmente conto che ladulto amministratore ha utilizzato il denaro
3 Girare nella ruota, che tradizionalmente arreda la loro gabbietta, non piace neppure ai criceti, che nella loro vita in natura, in Medio Oriente, possono vivere esperienze certamente pi interessanti e pi avventurose.

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pubblico per realizzare un servizio per suo figlio. Che poi ai bambini non piacciano cosa di poco conto. Anche gli altri servizi per linfanzia sono pensati per gli adulti e non per i bambini. Vogliamo i nidi per le madri lavoratrici, si diceva negli anni 70. In citt dove alto limpiego di manodopera femminile i nidi possono restare aperti anche 10-12 ore al giorno, perch questa la domanda sociale dei lavoratori. Ma quale la domanda dei bambini? Certamente quella di non restare da soli in casa, di avere occasioni di scambio con i loro piccoli amici, ma pu un bambino di uno, due anni resistere 8-10 ore in un ambiente cos grande, esposto ad una socializzazione forzata, al chiasso, a stimoli continui, senza possibilit di nascondersi, di scappare? Questo non ce lo siamo domandato, e s che gli adulti, gli operatori del nido, per garantire il servizio cambiano tre turni, perch si ritiene che non possano sopportare un carico di lavoro maggiore delle quattro, cinque ore al giorno! Un altro esempio, pi quotidiano, e per questo pi inquietante. Quando si aperto un conflitto fra gli orari di lavoro degli adulti e gli orari dei bambini per esempio gli adulti debbono timbrare il cartellino alle otto e i bambini debbono entrare a scuola alle otto e mezza come abbiamo reagito? Senza alcuna esitazione, in tutte le citt, abbiamo chiesto ai Comuni di creare un nuovo servizio, la pre-scuola, che accogliesse i bambini dalle sette e mezzo: abbiamo caricato sulle spalle dei nostri figli unora in pi di lavoro. Avremmo potuto pensare soluzioni diverse, avremmo dovuto comunque evitare che a pagare fossero i pi piccoli. Avremmo potuto chiedere ai nostri sindacati di modificare i contratti di lavoro in modo che, se in una famiglia c un bambino che va a scuola, uno dei genitori possa rendere flessibile il suo orario di lavoro ed entrare dopo linizio della scuola. Non so se sarebbe possibile ottenere questo, ma mi preoccupa che non ci abbiamo provato e nemmeno pensato.
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E allora che fare?

La citt diventata ostile per i suoi stessi cittadini, priva di solidariet e di accoglienza. Padrona della citt ormai lautomobile che produce pericolo, inquinamento acustico e dellaria, vibrazioni, occupazione del suolo pubblico. Le strade sono pericolose, ma in questa citt dobbiamo vivere e, specialmente chi ha figli, sente la necessit e lurgenza di trovare una soluzione.

La soluzione privata della difesa


La soluzione che la nostra societ fortemente sponsorizza attraverso i suoi mezzi di comunicazione, la produzione commerciale, i suoi tecnici (psicologi, educatori, consulenti familiari) quella individualistica, privata. quella che giustifica la situazione attuale come necessaria conseguenza e costo del progresso e che avanza raccomandazioni come: I genitori debbono stare di pi con i loro figli; Nessuno pu stare con i bambini come il loro pap e la loro mamma; Bisogna giocare di pi con il proprio figlio. Questi inviti creano naturalmente uno stridente contrasto con la vita di corsa, con le ore di spostamenti, con la voglia, quando si arriva a casa, di rilassarsi un po. Sviluppano cocenti sensi di colpa. Mettono gli adulti nelle condizioni migliori per approfittare, con riconoscenza,
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dei tanti prodotti commerciali. Di qui il doppio consiglio che la nostra societ oggi manda ai suoi cittadini: difendetevi e comprate. Innanzi tutto quindi la strada della difesa. La casa pensata come rifugio antiatomico: fuori il pericolo, i malvagi, il traffico, la droga, la violenza, il bosco oscuro e minaccioso; dentro la sicurezza, lautonomia, la tranquillit, la casetta sicura dei tre porcellini, o, se si preferisce, il castello medioevale, cintato di mura e con il ponte levatoio sollevato. Le porte vengono blindate, con locchiolino per vedere senza essere visti; si mettono videocitofoni, sistemi di allarme; norme condominiali impediscono lentrata agli estranei. Si insegna al bambino a non aprire a nessuno, a non fermarsi con nessuno, a non accettare niente da nessuno1. E poi comprare di pi dato che per fortuna la produzione commerciale sensibile alle necessit delluomo moderno. Dentro casa c tutto quello che serve a stare bene e tranquilli, da soli, anche per molto tempo: televisore, videoregistratore, videogame, e giocattoli, giocattoli a non finire. Nelle nostre case si percepisce una strana sensazione, una specie di orgoglio per averle rese capaci di resistere ad oltranza di fronte ad un imprecisato pericolo che potrebbe presentarsi: gli ambienti sono ordinati, confortevoli, rilassanti, per quanto lesterno caotico, stressante e angosciante; il congelatore pieno di cibi che possono durare per mesi, la collezione di cassette video ci permette di avere i film a noi pi cari in casa nostra. Nelle nostre case staremo bene qualsiasi cosa possa succedere l fuori! lesasperata chiusura nel privato. Una volta si investiva quasi tutto nella citt, nel pubblico. La casa era modesta, serviva per lo stretto indispen1 E poi a scuola, ma anche nelle famiglie democratiche, si pretende di educare i figli alla tolleranza, alla solidariet, alla pace, alla multiculturalit, che dovrebbero voler dire aprirsi agli altri, credere negli altri ed essere convinti che gli altri hanno qualcosa di importante da darci!

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sabile. La vera abitazione era la citt che doveva essere bella, accogliente, adatta per il passeggio, per lincontro, per la spesa, per il gioco. Oggi si invertita la tendenza, si investe tutto nel privato, nella casa, che diventa sempre pi rifugio e fortezza. Difendersi, risolvere ciascuno i problemi da solo, chiudersi in casa, significa abbandonare la citt. La citt abbandonata si fa ancor pi pericolosa, aggressiva, disumana. Allora occorre aumentare gli strumenti e gli atteggiamenti di difesa. Ma questi produrranno maggiore isolamento e abbandono e a loro volta determineranno un aumento del pericolo ambientale. Si sviluppa cos una spirale perversa, senza futuro. Di questo processo abbiamo ormai vari segnali nella nostra e nelle altre societ pi sviluppate. Negli ultimi anni nelle nostre citt c stata una rapida e progressiva militarizzazione: si sono armati i vigili urbani, sono comparsi sempre pi numerosi i vigilantes privati davanti alle banche, agli enti pubblici e privati. Sono anche aumentati i controlli personali, i metal detector, per entrare in aeroporto, in banca, ma ci sono controlli elettronici anche alluscita di alcuni negozi, librerie, supermercati. Ci sono vetri blindati che proteggono le biglietterie delle stazioni, e per fare un biglietto dobbiamo parlare attraverso microfoni, proprio come nei parlatori delle carceri di massima sicurezza. Siamo arrivati allassurdo: usano le sirene per il trasporto dei valori postali: continue paure, soprassalti, per dei soldi! E di tutto questo non ci stupiamo pi, ci sembrano difese adeguate e legittime. Negli Stati Uniti, dopo aver blindato le porte, si sono armati i singoli cittadini e in uno dei suoi Stati si permesso agli studenti di andare a scuola armati. Queste notizie per fortuna ci sembrano aberranti2, ci scandalizzano
2 Oggi, in questo paese, sono otto milioni gli addetti alla difesa delle persone, pi dei metalmeccanici!

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ancora, ma sono solo la coerente conseguenza della spirale perversa della difesa e della violenza.

La soluzione sociale della partecipazione


Esiste una seconda strada, una seconda soluzione, contraria alla difesa. quella che rifiuta la rassegnazione e denuncia questo progresso voluto da pochi, in fretta, per interessi che nulla hanno a che vedere con il bene pubblico, la felicit dei cittadini, la qualit della vita. quella che considera il problema non individuale e personale, ma sociale e politico. la soluzione che chiede che la tendenza cambi, che la citt cambi; che non vuole tornare indietro, ma che vuole andare avanti in un modo diverso, nuovo, adeguato alla complessit e alla ricchezza del mondo di oggi, ma senza rinunciare alla socialit, alla solidariet, alla felicit.

Il cittadino medio Finora e con una forte accentuazione negli ultimi decenni, la citt stata pensata, progettata e valutata assumendo come parametro un cittadino medio con le caratteristiche di adulto, maschio e lavoratore, e che corrisponde allelettore forte. In questo modo la citt si persa i cittadini non adulti, non maschi e non lavoratori, cittadini di seconda categoria, con meno o senza diritti. Per prendere lautobus o il treno bisogna essere in buona forma fisica, essere bene allenati, perch occorre superare un dislivello iniziale di quasi mezzo metro. Un bambino, una persona anziana o anche semplicemente una donna con la gonna stretta non riuscirebbero nellimpresa. I nuovi popolosi e brutti quartieri delle periferie vengo18

no chiamati quartieri dormitorio. Ma per chi sono dormitorio? Solo per gli adulti lavoratori che al mattino se ne vanno e tornano la sera. I loro bambini, i loro vecchi, spesso anche le loro mogli, ci vivono, per loro quei quartieri non sono dormitorio ma residenziali. E allora non ha senso caratterizzarli con quel nome quasi a giustificare lassenza di luoghi sociali, di incontro e di svago perch tanto ci si dorme soltanto.

Il bambino come parametro Di qui la proposta: sostituire il cittadino medio, adulto, maschio e lavoratore con il bambino. Non si tratta di realizzare iniziative, opportunit, strutture nuove per i bambini, di difendere i diritti di una componente sociale debole. Non si tratta quindi di modificare, aggiornare, migliorare i servizi per linfanzia, che rimane naturalmente un dovere importante della pubblica amministrazione. Si tratta invece di abbassare lottica della amministrazione fino allaltezza del bambino, per non perdere nessuno. Si tratta di accettare la diversit che il bambino porta con s a garanzia di tutte le diversit. Lobiezione quindi di chi nota che non ci sono solo i bambini non pertinente, perch si tratta di assumere una ottica nuova, una filosofia nuova nel valutare, programmare, progettare e modificare la citt. Chi capace di tener conto dei bisogni e dei desideri dei bambini non avr difficolt a tener conto della necessit dellanziano, dellhandicappato, dellextracomunitario. Perch il problema fondamentale imparare ad accettare la diversit, e il bambino un diverso, anzi, probabilmente, un bambino pi diverso da suo padre di quanto un adulto bianco sia diverso da un adulto nero.
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Si presume che quando la citt sar pi adatta ai bambini, sar pi adatta per tutti. una proposta concreta, che nasce da una esperienza iniziata nel 1991 dal Comune di Fano e che oggi trova linteresse e ladesione di molte citt italiane e straniere. una proposta che ha nel sindaco il suo referente naturale e che il sindaco garantisce e mette alla base delle scelte della sua politica di amministrazione della citt3. una scelta che la Giunta condivide, considerandola una verifica continua e un impegno trasversale che contamina lattivit di tutti gli assessorati e di tutte le scelte amministrative, da quelle urbanistiche a quelle sanitarie, da quelle del tempo libero a quelle commerciali.

3 La nuova legge elettorale italiana, che permette lelezione diretta del sindaco da parte dei cittadini, in maniera abbastanza autonoma dalla sua collocazione partitica e che gli d il potere di nominare una propria squadra di governo della citt, con un proprio programma e la possibilit di durata per lintera legislatura, ne fa il vero rappresentante democratico della citt. In questi primi anni di esperienza e in un momento cos difficile per la politica italiana, sembra che siano proprio i sindaci le persone che stanno proponendo un nuovo modo di fare politica in Italia.

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Perch proprio il bambino?

Perch assumere il bambino come parametro? La scelta non vuol essere n provocatoria n paradossale, ha precise motivazioni psicologiche e sociologiche, importanti precedenti storici, un alto significato morale, e anche, mi sembra, un forte peso politico.

Linfanzia nella storia delluomo: il primato del gioco


Non vero che il bambino non sa nulla, che una lavagna pulita su cui tutto deve essere scritto e che saranno della scuola la responsabilit e il merito dei primi e fondamentali apprendimenti. vero invece il contrario. Nella descrizione che dello sviluppo fa la ricerca scientifica proprio nei primi giorni, nei primi mesi e nei primi anni che lo sviluppo pi rapido, l, subito alla nascita che avviene lesplosione, non intorno ai sei anni con linizio della cosiddetta et della ragione. Prima che un bambino entri per la prima volta in una aula scolastica, le cose pi importanti sono gi successe: gli apprendimenti pi importanti, quelli sui quali tutta la conoscenza successiva dovr costruirsi o sono gi acquisiti o difficilmente potranno essere recuperati. Ma come si pu spiegare un fenomeno cos sconcertante? Nei primi anni di vita non ci sono insegnanti, non si
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usano materiali didattici e non si fanno programmi, e allora a cosa possiamo attribuire il merito di una crescita cos importante? Mi pare che non abbiamo alternativa dal doverlo attribuire alla pi significativa attivit di questi primi anni: il gioco. Perch questa attivit infantile ha un potere cos grande? Il bambino vive nel gioco una esperienza rara nella vita delluomo, quella di confrontarsi da solo con la complessit del mondo. Lui, con tutte le sue curiosit, con tutto quello che sa e che sa fare, e con tutto quello che non sa e che desidera sapere, di fronte al mondo con tutti i suoi stimoli, le sue novit, il suo fascino. E giocare significa ritagliarsi ogni volta un pezzetto di questo mondo: un pezzetto che comprender un amico, degli oggetti, delle regole, uno spazio da occupare, un tempo da amministrare, dei rischi da correre. Con una libert totale, perch quello che non si pu fare si pu inventare. proprio grazie a questa complessit che nei primi anni si realizzano gli apprendimenti di gran lunga pi importanti di tutta la vita delluomo. E nessun adulto potr prevedere o misurare la quantit di apprendimento di un bambino che gioca e questa sar sempre superiore a quello che noi potremo immaginare. Nessuno potr programmare o accelerare questo processo, pena impedirlo o impoverirlo. Forse sarebbe pi utile per i bambini che queste conoscenze rimanessero nascoste perch, conoscendole, potrebbe venire in mente agli adulti di aiutarli, di sostenerli con opportuni insegnamenti e materiali didattici. Verrebbe a mancare cos la condizione principale di questo prodigio e cio che gli adulti lascino fare, lascino giocare i bambini. Il giocare del bambino, prima e fuori della scuola, perdere tempo, perdersi nel tempo, incontrarsi con il mondo in un rapporto eccitante, pieno di mistero, di rischio, di avventura. E il motore il pi potente che luomo conosca: il piacere. per questo che un bambino per giocare pu anche dimenticarsi di mangiare. Il gioco libero e spontaneo del bambino assomiglia alle esperienze pi alte e straordinarie
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delladulto come quelle della ricerca scientifica, della esplorazione, dellarte, della mistica; le esperienze appunto di quando luomo si trova di fronte alla complessit, di quando trova di nuovo la possibilit di lasciarsi trasportare dal grande motore del piacere. Le proposte educative, pure necessarie, si muovono invece ad un livello pi basso, meno stimolante e per questo meno produttivo1. Nella proposta educativa lallievo viene privato delleccitante incontro con la complessit e del brivido di ritagliarsene autonomamente una parte. ladulto che propone allallievo una porzione di quel mondo complesso, tale che lattivit richiesta produca con sicurezza e nei tempi previsti gli apprendimenti voluti. Quel pezzo di mondo perde tutto il fascino e il mistero, diventa incomprensibile, cos staccato da tutto il resto, e serve solo per imparare a scuola. Per essere pi sicuri del risultato gli educatori spesso sostituiscono la complessit del mondo reale con quella pi controllabile della proposta didattica, dellesercizio, del libro di testo. Il controllo cos assoluto, ma in genere il risultato povero, quasi sempre inferiore alle aspettative e contraddittorio: mentre impara lallievo rifiuta quello che gli insegnano, non lo fa suo, non si modifica grazie a quello. Nasce un apprendimento parallelo, che serve solo a scuola, fino allultimo tema in classe, fino allultimo concorso e poi basta. A scuola per esempio tutti sappiamo che rispetto alla terra il sole che sta fermo e la terra gira, ma nella vita quotidiana tutti continuiamo a dire, e probabilmente continuiamo a pensare, che il sole sorge e che tramonta, quindi si muove. Questo lo dice tutti i giorni anche la televisione! La scuola, con questa sua semplificazione, con la sicurezza della sua programmazione, ha perso completamen1 Che pedagoghi eravamo, quando non ci curavamo della pedagogia! scrive Pennac (1992) riferendosi allesperienza affascinante della lettura fatta con il bambino nei primi anni a confronto della imposizione della lettura che propone la scuola.

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te il rapporto con il piacere e deve ricorrere ad un motore molto meno potente ed efficace, quello del dovere.

Le citt si sono dimenticate dei bambini


Leditoriale del primo numero della rivista italiana Urbanistica del 1945, scritto da Lewis Mumford2, esamina come la citt si sia dimenticata dei suoi cittadini a partire dai bambini. E Mumford inizia questo saggio citando gli scritti di Joseph K. Hart che nel 1925 sosteneva gli stessi concetti. La tesi dei due autori, ben precedenti al disastro urbanistico avvenuto nel mondo occidentale con la grande speculazione edilizia degli anni 60-70, si fonda sulla considerazione che le citt, nel loro recente sviluppo, si sono dimenticate della maggior parte dei cittadini, dei bambini appunto, ma anche delle donne, dei giovani e degli anziani. Sono state pensate solo per la categoria pi forte dei cittadini, quella adulta e produttiva. Di qui la proposta di ripensare la citt riflettendo sulle esigenze delle varie et della vita. Alcune delle soluzioni indicate da Mumford sono ingenue o, a volte, poco condivisibili, ma interessante che decenni fa fosse presente nel mondo della architettura e della progettazione urbanistica una cos chiara consapevolezza degli errori fatti ed una cos avanzata e multidisciplinare sensibilit progettuale. Nel suo articolo Mumford fa una puntuale critica della separazione fra le generazioni e fra le funzioni che la citt moderna ha provocato. Critica luso generalizzato dellospedale e auspica il ritorno al parto a domicilio o in piccole case-clinica di quartiere. Indica la necessit di creare luoghi di gioco per
2 Si veda larticolo La pianificazione per le diverse fasi della vita, riprodotto in Appendice 3.

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i bambini, non convenzionali e stereotipati, ma ricchi di variet di elementi e di nascondigli. Propone limpegno degli adolescenti in una forma di servizio civile per la manutenzione degli spazi comuni in risposta alle prevedibili difficolt economiche degli enti locali per la cura di giardini e parchi. Denuncia il pericolo dellisolazionismo della grande citt e rivendica, di contro, il diritto alla solitudine e al raccoglimento. Suggerisce luso sociale delle scuole in orario extrascolastico. Raccomanda linserimento degli anziani nella vita sociale, evitando la separazione e listituzionalizzazione. La programmazione urbana deve insomma garantire il ritorno alla scala umana: una combinazione costantemente variabile di una moltitudine di attivit associative, variabili in intensit e durata ed in continuo sviluppo, attraverso il ciclo della vita, dalla nascita alla morte. Tutto questo nel 1945! anche significativo che la rivista Urbanistica, nel suo primo numero del 1945, appena terminata la guerra, abbia scelto di pubblicare questo scritto. Per uscire dalla miseria, dalle macerie, dalla distruzione morale e materiale del nostro paese, si parlava dei bambini e non delle scelte economiche o della speculazione sulle aree urbane. Questo rende ancora pi grave la responsabilit di chi, nei decenni successivi, non solo non ne ha tenuto conto, ma ha accentuato con il massimo impegno la negazione dei diritti dei cittadini pi deboli per perseguire in modo spregiudicato e colpevole il puro e spesso personale profitto.

Il bambino solo
Questo secolo, insieme a tanti altri meriti e limitatamente alloccidente ricco, pu a ben diritto essere considerato il secolo del bambino. Mai come oggi i diritti fondamentali
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del minore vengono riconosciuti e difesi. Il progresso della medicina ha ormai quasi annullato il rischio di morte e di gravi traumi neonatali: i pochi bambini che nascono hanno unalta probabilit di diventare grandi. Nel recente passato molti bambini non sopravvivevano alla nascita, molti subivano traumi irreversibili a causa di pratiche ostetriche e neonatali inadeguate. Nelle classi sociali meno abbienti, e cio nella stragrande maggioranza della popolazione, crescevano in famiglie numerose e nella pi totale promiscuit. Non tutti iniziavano la scuola elementare e quasi tutti la abbandonavano dopo pochi anni, con varie bocciature e sostanzialmente analfabeti. Per la maggior parte di loro, prima dei dieci anni iniziava lesperienza di lavoro, come garzoni, come aiutanti. Un lavoro pesante, un orario lungo che poco tempo lasciava ai giochi infantili, spesso senza retribuzione, in cambio dellapprendistato. Il rapporto dei genitori con il bambino, specialmente del padre e del datore di lavoro, era duro, spesso violento. Una condizione quindi difficile, certo non privilegiata. Oggi viene affermato con forza il diritto del bambino alla sua infanzia, a giocare, a frequentare la scuola, a non essere utilizzato per il lavoro. Neppure il genitore pu violare questi diritti, pena la perdita della patria potest. Il bambino non pu essere offeso, non pu essere picchiato, non pu essere discriminato. Anche il bambino diverso, di unaltra cultura, di unaltra religione o handicappato, gode dei diritti di tutti, entra nella scuola di tutti, deve essere adeguatamente inserito. Tutto questo solo mezzo secolo fa era impensabile. Da vari decenni la ricerca psicologica si occupa in modo quasi ossessivo del mondo del bambino, delle sue pulsioni, del suo pensiero, della sua logica, della sua lingua. Si raccolgono le sue prime frasi, si studiano le sue conoscenze spontanee, si analizzano i suoi scarabocchi. I ri26

cercatori cercano nel bambino le radici, le spiegazioni delluomo. Vengono pubblicati libri composti di pensieri, di scritti, di disegni dei bambini. Vengono girati film che illustrano la vita del bambino, vengono messe in onda trasmissioni televisive che hanno come unici protagonisti i bambini, con le loro risposte spesso imprevedibili, alle difficili domande degli adulti. Vengono dedicati al bambino congressi nazionali e internazionali, nel 1989 stata approvata dalle Nazioni Unite la Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo e lUnesco ha dedicato quellanno al bambino. Ma proprio in questo periodo storico il bambino colpito da una sofferenza nuova sconosciuta ai suoi piccoli predecessori: la solitudine. La solitudine possiamo considerarla come un dono del vertiginoso progresso e del crescente benessere o, se si preferisce, un costo sociale che compensa le comodit della nostra vita di occidentali ricchi. Il bambino solo perch sempre pi spesso figlio unico. Essere figlio unico non solo priva il bambino della compagnia dei pari allinterno della famiglia, ma lo priva anche di modelli intermedi fra se stesso e gli adulti, modelli che rendono meno ansiosi i confronti e pi facili gli apprendimenti. Essere figlio unico vuol dire far fronte da solo a tutte le aspettative di due adulti, senza sconti, senza aiuti; significa essere oggetto di un investimento eccessivo da parte dei genitori, che con maggiore difficolt riconosceranno al proprio figlio la sua autonomia, il suo bisogno e diritto di andarsene, di separarsi da loro ogni giorno di pi. Prigioniero nella sua casa-fortezza. La mancanza di compagnia in casa resa pi grave dalla impossibilit di andarsela a cercare allesterno: fuori ci sono i pericoli, che
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spingono gli adulti, non senza ragione, a proteggere il bambino impedendogli di uscire. Allora si assume latteggiamento di difesa di cui si parlava sopra, si arma la casa e vi si chiude il figlio, insegnandogli la sfiducia e il sospetto verso tutto e verso tutti. Cosa significa nascere e diventare grandi in una casa-fortezza nella pi totale sfiducia degli altri e nel terrore di quello che ci circonda? Affidato ad una moderna ed efficiente baby-sitter: la televisione. Questo moderno e sempre pi perfetto elettrodomestico un corollario della solitudine del bambino. uno dei migliori collaboratori del genitore. Comincia a creare qualche problema pi tardi, quando il bambino va a scuola, perch rischia di rubare tempo ai compiti, al lavoro, ma nei primi anni un grande aiuto, una vera, economica ed efficiente baby-sitter. Ma cosa succede in questo rapporto cos intimo che il bambino vive con la televisione lontano dal controllo del genitore? difficile sapere esattamente quali meccanismi conoscitivi, affettivi, sociali e fisici la costante e prolungata visione di programmi televisivi produce nei bambini. Da una parte produce certamente conoscenza. La televisione capace di offrire servizi, programmi, documentari sempre pi belli, ricchi di informazione e di fascino. Certamente oggi i nostri bambini imparano pi nozioni dalla televisione che dalla scuola. Sono sempre per nozioni e conoscenze udite e viste. Le mani servono sempre di meno, il bambino non impara a fare, quindi solo nella sua immobilit. Insieme alle trasmissioni migliori il bambino assorbe per tanti programmi di basso livello, cartoni animati violenti, mal fatti, realizzati senza scrupoli come puri prodotti commerciali, costruiti in serie, usando in maniera povera sistemi informatizzati. E poi assiste a tutte le trasmissioni pensate per gli adulti con la violenza dello spettacolo e la crudelt della informazione.
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Sono quasi sempre programmi a cui il bambino assiste da solo, senza possibilit di dialogo, di confronto di distrazione: il bambino solo con il televisore. Le paure entrano dentro, non possono essere esorcizzate e poi saltano fuori nel mezzo della notte, con un brutto sogno, un incubo... In questo dialogo intimo e intenso (si provi ad osservare lo sguardo rapito di un bambino davanti al televisore) avviene una manipolazione molto preoccupante dei nostri bambini, della quale anche lente televisivo di Stato si rende complice: negli spazi dedicati ai bambini vengono trasmessi spot pubblicitari direttamente indirizzati a loro perch essi si facciano persuasori di consumi presso i loro genitori. La manipolazione grave perch suscita nel bambino bisogni inutili, che modificheranno negativamente la sua personalit, nella continua ricerca di cose nuove, perdendo progressivamente la capacit di apprezzarle e usarle ed entrando nella logica perversa dellusa e getta. grave poi perch il bambino viene trasformato in un potente postulante presso i genitori, potendo far leva sul loro senso di colpa per essere cos poco presenti nella vita del figlio. I genitori comprano senza rendersi conto dellorigine di quella richiesta, che viene spesso interpretata come una spontanea idea del bambino, alla quale quindi non si pu dire di no. Si stanno anche studiando i danni fisici che una prolungata esposizione ai programmi televisivi produce nel bambino: danni emotivi per le forti sensazioni, rischio di obesit per il continuo mangiucchiare, ecc.

Il bambino minore
Il bambino vive oggi una condizione molto delicata e preoccupante. Sempre pi raro allinterno della famiglia, il bambino viene ipervalutato, vezzeggiato, protetto e per
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questo sempre pi separato, emarginato dal mondo degli adulti. Il bambino viene comunemente chiamato minore, cos definito nelle leggi, nei discorsi dei tecnici e dei politici, nei programmi delle formazioni politiche. Noi tutti siamo minori o maggiori di qualcuno, dipende dal punto di vista o dal parametro preso in considerazione, ma il bambino minore sempre, per definizione. Questo significa che non gli viene riconosciuto un diritto fondamentale, il diritto al presente, alloggi. Il bambino vale per quello che sar, per quello che diventer, non per quello che , ha diritto solo al futuro. il futuro cittadino, non un cittadino. La carriera scolastica una precisa conferma di questo atteggiamento: ogni livello scolastico preparatorio di quello successivo, ogni insegnante preoccupato che gli allievi siano preparati per le esigenze del livello che segue, che siano apprezzati dai colleghi che verranno. La scuola prepara al domani, prepara alla scuola, nonostante le leggi, nonostante le teorie. Non prepara invece alloggi, alla vita; non fa tesoro del passato. Se il bambino un minore allora sempre a rischio e per questo va protetto e difeso. Si sta sviluppando una pericolosa politica del soccorso ai bambini, dei telefoni colorati di aiuto. Una politica che si fonda sullenfasi della cronaca nera, del pericolo, della probabilit della violenza. Dati sempre pi allarmanti, spesso non correttamente elaborati o utilizzati, vengono confermati ed enfatizzati dai pochi, ma clamorosi casi di cui parlano giornali e televisione. Questa probabilit giustifica la paura, la vigilanza continua, la segregazione dei figli da parte dei genitori. Diminuisce le autonomie, impedisce lo sviluppo di autodifese. I bambini non vanno protetti, ma armati. Dotati cio di strumenti, di abilit, di autonomia. Con questo non si vuol proporre di rinunciare agli strumenti di difesa di fronte alla macroviolenza che purtroppo esiste, ma di renderli efficaci: decentrati nei Comuni e quindi capaci di intervento immediato. Si vuol proporre di
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non sostenere questi strumenti con propagande allarmistiche, perch la sicurezza dei nostri bambini sar funzione della fiducia che gli adulti sapranno riconoscere ai loro figli e non della paura e della difesa. La violenza verso i minori quasi sempre frutto della stessa logica della chiusura, della segregazione, della difesa. Avviene nel privato, dentro le case, nei luoghi della sicurezza. E se avviene fuori di casa approfitta dellabbandono, del disinteresse. Proviamo a parlare meno di violenza, a favorire di pi il benessere, la partecipazione, la condivisione e la violenza diminuir. Impegnamoci tutti a non usare pi questo brutto aggettivo minori e a chiamare i bambini bambini.

Il bambino pi forte
Vale la pena scommettere sul bambino perch il bambino invece paradossalmente pi forte. La proposta che si sta illustrando in questo libro molto vicina alla proposta ambientalista: si vuole promuovere una inversione di tendenza nelle scelte politiche e negli atteggiamenti individuali per fare in modo che le nostre citt siano pi vivibili; per garantire un mondo migliore a chi verr dopo di noi, uno sviluppo sostenibile. Il problema della proposta ambientalista la sua difficolt ad essere compresa. Non sono molti quelli che possono capire cosa significa ambiente riconoscendogli tutto il suo spessore multidisciplinare, interdisciplinare e la sua complessit. Se poi si banalizza il concetto di ambiente in quello di piante e animali, o lo si associa solo allinquinamento e ai rifiuti, allora diventa poco credibile e di scarso effetto: la gente purtroppo non rinuncia a qualche comoda abitudine e non modifica comportamenti ormai consolidati per salvare le piante o per tenere pulita la citt.
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Proporre invece di modificare i nostri atteggiamenti e le nostre abitudini per qualcosa di concreto, comprensibile, vicino e importante come i nostri figli, i nostri nipoti, credo abbia una forza maggiore. Non so se sar sufficiente, ma penso che sia la carta pi alta che abbiamo da giocare. Il bambino il nostro passato, un passato spesso troppo rapidamente dimenticato, ma che ci aiuter a vivere meglio con i nostri figli e a commettere meno errori se riusciremo a tenerlo vivo in noi. Il bambino il nostro presente, perch a lui finalizzata la maggior parte dei nostri sforzi e dei nostri sacrifici. Il bambino il nostro futuro, la societ di domani, quello che potr continuare o tradire le nostre scelte e le nostre aspettative. Per queste ragioni il bambino forte, anche se oggi nascono meno bambini, anche se sembra che di loro gli adulti abbiano timore, o forse anche per questo. La posizione dellanziano diversa e se anche gli anziani sono sempre di pi abbiamo pi difficolt ad identificarci con loro. Nessuno gi stato anziano e probabilmente nessuno desidera diventarlo. Per questo, forse, anche gli interventi che nascono con le intenzioni migliori, a favore degli anziani, finiscono per risultare assistenziali ed emarginanti. Il bambino pi forte per unultima e importante ragione: non facilmente corruttibile. E questo non perch non si possano manipolare facilmente i bambini, lo sappiamo bene noi genitori che da tanto tempo usiamo i giocattoli, i premi e i castighi per convincere i bambini a fare quello che crediamo giusto; lo sa bene la pubblicit che punta sui bambini per costringere noi adulti a comprare. Il bambino non corruttibile sulle scelte della citt perch lui non ha partecipato al suo degrado, perch le soluzioni finora adottate per adattarsi al malessere descritto allinizio non hanno mai tenuto conto delle sue esigenze, sono sempre state, come abbiamo gi visto, soluzioni di compromesso fra adulti e per adulti, e quindi lui, il bambino,
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non ne ha beneficiato. Se quindi sceglieremo il bambino come nuovo parametro del cambiamento dovremo affrontare un cammino completamente nuovo, per il quale i vecchi equilibri, i vecchi compromessi non varranno pi.

Se non diventerete come i bambini...


Infine non possiamo dimenticare la frase, pronunciata duemila anni fa da Ges di Nazaret, che rimane una delle espressioni pi misteriose, pi sconcertanti e pi affascinanti del Vangelo: Se non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli (Matteo 18, 3). Dice Ges che occorre diventare, non tornare ad essere, come bambini. Anche in questo caso quindi non un invito a tornare indietro, ma un progetto rivoluzionario per andare avanti. Occorre diventare bambini per essere degni del regno dei cieli. Occorre quindi diventare piccoli per ottenere il massimo, la promessa, lobiettivo della venuta del Cristo. Questo invito ad assumere i piccoli come parametro viene rafforzato dallindicazione dei poveri come modello: Beati i poveri.... Due categorie senza potere, senza valore, presso la societ ebraica, diventano parametro di salvezza. Non solo in senso escatologico, e cio riferito ad una vita futura, ma parametro di santit, e quindi della scelta giusta oggi, la via storica verso la felicit. Essere bambini ed essere poveri significa sapersi accontentare, saper desiderare, essere liberi. Condizioni necessarie per la felicit umana.

Ma qualcosa sta cambiando


Fino a pochi anni fa, quando era massima la fiducia nelle soluzioni economiche e consumistiche, nelle indicazioni
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specialistiche e particolarmente in quelle tecnologiche, una affermazione come questa, che si potesse, che si dovesse ripartire dai bambini, avrebbe suscitato sorrisi di commiserazione e la patente di visionario o pazzo per chi la proponeva. Oggi proposte radicali come questa suscitano lattenzione di molti cittadini, di non pochi sindaci e di tutti i bambini. Si comincia ad essere stanchi della prepotenza della citt, si comincia a non credere pi alle sole soluzioni ragionevoli. Si comincia a non poterne pi. Si deve anche notare che, pur in maniera incoerente e incostante, compaiono da un lato segnali di rifiuto dei principi di sviluppo della societ come la separazione e la specializzazione e dallaltro segnali di riconoscimento della necessit di sfide a livelli pi alti, che trovano quasi sempre i bambini come testimoni e punti di riferimento. Da anni le forze produttive denunciano una formazione scolastica troppo settoriale, specializzata e quindi rigida di fronte ai frequenti cambiamenti delle tecnologie e delle procedure produttive, e chiedono una formazione pi creativa, pi aperta, pi duttile. Anche nelle modalit della produzione industriale, quella produzione che in qualche modo invent la specializzazione pi esasperata fino alla catena di montaggio, stanno apparendo segnali di revisione critica. Una grande fabbrica motociclistica italiana sta sperimentando laffidamento dellintero ciclo di montaggio di un ciclomotore ad un solo operaio. Un operaio che quindi si sentir autore del prodotto, in qualche modo artigiano, con un grande vantaggio delle motivazioni e della soddisfazione. Passando alle cose nuove, che riguardano direttamente i bambini, occorre ricordare che allo studio del Parlamento una legge quadro per un Piano dazione nazionale per linfanzia, che prevede la costituzione di una Commissione parlamentare e di un Osservatorio nazionale e che presso il Ministero dellAmbiente esiste una delega dal
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titolo La citt sostenibile a misura dei bambini e delle bambine. Per terminare, lAssociazione italiana dei giudici minorili ha inviato nel 1996 una lettera ai sindaci per chiedere loro Un governo delle citt che, non solo a parole, sia pensato a misura delle bambine e dei bambini.

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Parte seconda

Le proposte

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Un laboratorio la citt dei bambini

Per la realizzazione di questo progetto, di questa nuova filosofia di governo della citt, si possono seguire strade diverse. Pu essere il sindaco che direttamente informa di questo spirito il suo programma, possono essere invece i cittadini, attraverso movimenti o associazioni che dal basso lo propongono e lo sostengono. Qui si descrive e in qualche modo si privilegia la prima via, seguita a Fano sin dal 19911 e che oggi si ripropone nelle varie citt che stanno aderendo a questo progetto: quella che vede il sindaco come referente privilegiato e che prevede lapertura di un Laboratorio dedicato alla elaborazione e allo sviluppo del progetto La citt dei bambini. Il Comune che apre un tale servizio, che gli dedica personale e risorse, apre di fatto al suo interno una contraddizione forte, ma appassionante. Il Laboratorio dovr assumere una funzione prioritaria di grillo parlante, di coscienza del sindaco e della Giunta, contestandoli ogni volta che la promessa data verr tradita; e siccome questo avverr frequentemente, la presenza del Laboratorio diventer scomoda. Aprire il Laboratorio vuol dire quindi accettare un conflitto permanente perch il contrasto fra il bambino e ladulto non terminer mai, si sposter sempre un po pi avanti.
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Si veda la scheda n 1: Fano: La citt dei bambini.

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Un conflitto per appassionante, stimolo di grande ricchezza e di un dibattito politico di alto livello, perch reale, concreto, lontano dal politichese televisivo. Vuol dire considerare la citt come un laboratorio, un luogo di ricerca, dove si disposti a modificare profondamente lottica, le prospettive, gli obiettivi. Il Laboratorio avr una funzione educativa nei confronti degli amministratori e dei cittadini: dovr mettere, o ri-mettere, il bambino nella loro testa. Dovr cio aiutare gli adulti a riconoscere i bambini, i loro bisogni, i loro diritti; ad ascoltarli e a capirli. Impresa tuttaltro che semplice, che ha bisogno di preparazione e di grande libert intellettuale. Il Laboratorio rappresenter per lamministrazione comunale anche un costo, ma un costo relativo. Dovr avere un bilancio leggero, che gli permetta di operare, se possibile senza ricorso alle sponsorizzazioni, con una certa autonomia e indipendenza, con personale e in locali comunali; di garantire le sue attivit con i bambini, di far conoscere le varie iniziative, di poter avere qualche consulenza, se necessaria. Per il resto, per gli interventi di cambiamento della citt, non dovr avere risorse proprie, ma dovr contagiare i vari assessorati perch si spendano i fondi del bilancio ordinario in un modo diverso, non per cose nuove, ma per realizzare quelle gi previste, con unottica nuova. Quindi non spendere di pi, ma spendere meglio. Compito del Laboratorio non diventare una struttura che opera in forma autonoma, ma sviluppare dentro lamministrazione e con lamministrazione una nuova filosofia di governo della citt. Il pericolo che corre questa proposta di essere accolta con grande entusiasmo, ma dallo stesso entusiasmo essere emarginata e vanificata. Un segnale preoccupante in questo senso il frequente voto unanime con cui i Consigli comunali approvano delibere che riguardano queste
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iniziative legate ai bambini. Se tutti sono daccordo si pu presumere che ritengano che non sia una scelta coraggiosa, che intende produrre cambiamenti radicali; che non si rendano conto che tutto quello che dovremo restituire ai bambini (agli anziani, agli handicappati) dovremo toglierlo a chi finora lha avuto come privilegio. Che non pensino che votare ladesione al progetto La citt dei bambini voglia dire rallentare il traffico, ridare spazio ai pedoni, alle biciclette, ridare le piazze alla gente. E allora il timore forte che di fronte ad una proposta a favore dei bambini non si possa dire di no, ma poi, concessa questa soddisfazione ai piccoli, si riprenda il discorso serio, quello economico, quello del mercato, della competizione, quello dei grandi, l dove lo si era lasciato.

La parola ai bambini
La prima e pi importante scelta da farsi quella di dare ai bambini un ruolo da protagonisti, dare loro la parola, permettere loro di esprimere pareri e metterci, noi adulti, nellatteggiamento di ascolto, di desiderio di capire e di volont di tener conto di quello che i bambini dicono. Naturalmente quello che si propone per i bambini vale per tutti i cittadini, per gli anziani, per gli handicappati, per gli extracomunitari. Di nuovo il bambino apripista e garante per tutti. Nessuno pu rappresentare i bambini senza preoccuparsi di consultarli, di coinvolgerli, di ascoltarli. Far parlare i bambini non significa chiedere loro di risolvere i problemi della citt, creati da noi, significa invece imparare a tener conto delle loro idee e delle loro proposte. Non facile dare la parola ai bambini, n comprendere quello che dicono. Gianni Rodari parlava di un orecchio acerbo che
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gli adulti dovrebbero avere per saper ascoltare i bambini2. Occorre molta curiosit, attenzione, sensibilit, semplicit. Occorre essere convinti che i bambini abbiano qualcosa da dirci e da darci, che questo qualcosa sia diverso da quello che sappiamo e sappiamo fare noi adulti e che quindi valga la pena metterli in condizione di esprimere quello che pensano davvero. Per fare questo bisogna aiutare i bambini a liberarsi dagli stereotipi, dalle risposte ovvie e banali che la televisione e il cattivo esempio degli adulti, a casa, a scuola, nella citt, hanno stampato dentro i loro occhi coprendo i loro desideri, la loro creativit. Bisogna riportare i bambini ad osare, a desiderare, ad inventare e allora salteranno fuori le idee, le proposte, i contributi. Poi bisogna saper capire i bambini, andando oltre lapparente semplicit delle loro proposte. Allora queste idee ci permetteranno non solo di tener conto delle esigenze dei bambini, ma di rendere migliore la citt di tutti3. Perch questo sia possibile il Laboratorio dovr formare nuovi operatori capaci di animare gruppi di bambini e di ragazzi nelle varie forme di partecipazione democratica alla vita della citt. A titolo di esempio qui citiamo due esperienze che verranno poi documentate nelle schede della parte terza di questo libro.
2 Un giorno sul diretto Capranica-Viterbo / vidi salire un uomo con un orecchio acerbo. / Non era tanto giovane, anzi, era maturato / tutto, tranne lorecchio, che acerbo era restato. / Cambiai subito posto per essergli vicino / e potermi studiare il fenomeno per benino. / Signore, gli dissi dunque, lei ha una certa et, / di quellorecchio verde che cosa se ne fa? / Rispose gentilmente: Dica pure che sono vecchio, / di giovane m rimasto soltanto questorecchio. / un orecchio bambino, mi serve per capire / le voci che i grandi non stanno mai a sentire: / ascolto quello che dicono gli alberi, gli uccelli, / le nuvole che passano, i sassi, i ruscelli, / capisco anche i bambini quando dicono cose / che ad un orecchio maturo sembrano misteriose.../ Cos disse il signore con un orecchio acerbo / quel giorno, sul diretto Capranica-Viterbo (Rodari, 1979). 3 A Ginevra, negli anni Ottanta, si realizzato un programma di ristrutturazione di spazi gioco per i bambini cercando di evitare le soluzioni stereotipe e di rispondere alle reali esigenze ludiche infantili. Si osservato che tali spazi rispondevano anche alle esigenze dei cittadini adulti e in particolare degli anziani, che volentieri li utilizzavano (Guichard, Ader, 1991).

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Il Consiglio dei bambini Il Laboratorio chiama un gruppo di bambini a collaborare per garantirsi il punto di vista infantile. Non si tratta di offrire ai bambini il gioco di imitare i comportamenti degli adulti in un Consiglio comunale in miniatura4, o una seria proposta di educazione civica, che pure sono nobili obiettivi, ma quello di dare alla citt la scioccante opportunit di confrontarsi con un punto di vista e con un pensiero altro, diverso, come quello infantile. Un Consiglio dei bambini quindi per cambiare la citt e non per far contenti i bambini. Gli operatori del Laboratorio dovranno, da un lato garantire che i bambini possano esprimersi in forma libera e autentica e dallaltro trovare le forme adeguate per dare forza ai pensieri dei bambini, in modo che sindaco e assessori debbano sempre di pi ascoltarli e tenerne conto5. I bambini progettisti Un secondo modo di partecipazione alla vita della citt il contributo progettuale che i bambini possono dare offrendo le loro idee, le loro proposte alla soluzione dei diversi problemi urbanistici che via via si presentano. Tempo fa il presidente dellordine degli architetti di una provincia italiana contest il ruolo di progettisti che il Laboratorio di Fano affida ai bambini, considerandolo improprio. La polemica non era banale e rozza, ma mirata ad approfondire una novit che stupisce e forse lascia perplesso il tecnico
4 Limitazione dei comportamenti degli adulti sempre stata una delle basi fondamentali del gioco infantile (dalla guerra al dottore, da mamma e pap al negoziante) e quindi sono sicuro che quei bambini che vivono lesperienza del Consiglio comunale infantile vivono una bella esperienza. Dubito invece che incidano in maniera diretta e forte nella vita della citt, nella attivit degli amministratori adulti. Questa era ed invece lunico obiettivo del progetto di cui stiamo parlando e per questo, finora, si preferita questa forma di partecipazione dei bambini alle scelte della citt. 5 Si veda la scheda n 2: Il Consiglio dei bambini.

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che istituzionalmente titolare della progettazione. Questo confronto fu anche per noi motivo di riflessione e di chiarimento. Invitare i bambini a progettare spazi e strutture vere della citt, con la collaborazione di tecnici come urbanisti, architetti, psicologi, ecc., non significa delegare ai bambini il compito della progettazione, che sar sempre e comunque legato ad un titolo abilitante, che render un adulto autore e responsabile del lavoro realizzato (non potremo denunciare un bambino per non aver previsto il drenaggio nella progettazione di un giardinetto). Significa invece aprire anche ai bambini la possibilit del contributo e della partecipazione. Oggi frequente lesperienza della architettura partecipata e cio della partecipazione degli utenti alla definizione delle caratteristiche dellopera commissionata al tecnico. Larchitetto incaricato di realizzare un nuovo insediamento abitativo pu ricevere dal Comune, suo committente, lindicazione di consultare i destinatari della sua opera, il Consiglio di quartiere, le associazioni della zona, per conoscere le loro esigenze ed eventuali loro idee e proposte. Queste consultazioni avvengono con incontri, dibattiti, questionari. Ma se volessimo allargare ai bambini questa forma di partecipazione, come potremmo fare? Come si fa a conoscere i bisogni e le idee dei bambini? Certo non con questionari e con dibattiti, ma, per esempio, attraverso il disegno e lattivit pratica. Il progettare una buona tecnica per conoscere quello che pensano i bambini. Attraverso il progetto, liberandosi dagli stereotipi, lasciando libera la creativit, i bambini mettono a confronto la realt, i loro bisogni, i loro desideri e le possibili soluzioni. La progettazione, fino alla realizzazione concreta di un plastico, chiede ai bambini, oltre alle importanti fasi della discussione e della progettazione grafica, anche operazioni concrete come il manipolare, colorare, incollare,
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nelle quali tutti i bambini sono competenti. Questo significa che la progettazione riesce a non selezionare i bambini bravi nella espressione verbale, scritta e grafica, come spesso succede per le attivit scolastiche, e questo deve farla considerare una proposta particolarmente significativa. Anche il progetto pi fantasioso pu aiutare un adulto attento e interessato a conoscere il pensiero infantile e attraverso questo a trovare soluzioni nuove, pi belle e pi giuste. Per far questo dobbiamo formare nuovi operatori capaci di lavorare con i bambini. Potranno essere architetti, urbanisti, psicologi, pedagogisti, naturalisti, sociologi, o altro che, rinunciando ciascuno alle proprie specifiche competenze, diventino bravi a fare cose nuove: aiutare i bambini ad osservare dentro di loro le insoddisfazioni e i desideri, permettere loro di liberarsi dagli stereotipi, sollecitare una voglia nuova di osare di pi, di chiedere di pi, liberare la creativit, la fantasia in un dialogo sempre possibile, ma mai avvilente, con la realt, con i costi, con le leggi. Alla fine conosceremo i bisogni e i desideri dei bambini, che probabilmente non potranno tradursi in pratica cos come loro li hanno espressi, ma potranno essere delle preziose indicazioni da dare al progettista che sar incaricato di realizzare il progetto. Possiamo star certi che se i bambini potranno partecipare alla progettazione della citt, essi la sentiranno, sia oggi, da bambini, sia domani da adulti, come loro, la citt da curare e da difendere, come facciamo tutti con la nostra casa6. Aprire ai bambini lesperienza della progettazione non significa solo garantirsi le loro idee e il loro contributo, significa anche compromettersi con scelte nuove, con modifiche anche profonde nelle abitudini di una amministrazione. Mi riferisco per esempio ai tempi della burocrazia,
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Si veda la scheda n 4: I bambini progettisti.

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che la consuetudine fa spesso considerare necessari ed oggettivi, ma che sono in genere frutto di inerzia e di cattiva organizzazione dei servizi. Se il progetto dei bambini viene approvato dovrebbe voler dire che questi possono vederlo realizzato mentre sono ancora bambini, non quindi dopo tre, quattro anni, ma dopo alcuni mesi. Se ci sono delle difficolt occorre informare i bambini, aiutarli a capire e a seguire liter. Negli anni dellinfanzia il tempo conta molto, si cambia rapidamente, si modificano le aspettative, i bisogni, i gusti. Se passa troppo tempo i bambini perdono interesse e si formano la convinzione che i grandi sono sempre gli stessi, disponibili e rapidi a promettere e lenti a mantenere. Questo si deve evitare perch altrimenti otteniamo il risultato opposto. Meglio allora non prendere impegni: se si pensa che non potr cambiare nulla, nelle pratiche, nelle abitudini, nei tempi, allora si riconosca con onest che la citt non pu diventare dei bambini. Credo che sia chiaro che quanto qui si detto per i bambini, vale n pi n meno per tutti i cittadini. I cittadini perdono il senso della citt, dei progetti, delle promesse nel complicato itinerario burocratico, nel continuo rinvio delle responsabilit, nel prolungarsi incomprensibile dei tempi.

Il bambino nella testa degli adulti


Perch il bambino possa essere veramente protagonista importante aiutare gli adulti a sviluppare una nuova sensibilit: il sindaco, la Giunta, il Consiglio comunale, i dirigenti e i tecnici del Comune debbono essere aiutati a considerare la realt dei bambini, le loro richieste e le lacune della citt rispetto alle loro esigenze. Vale la pena lavora46

re con i vigili urbani, con gli anziani, con i medici dellospedale pediatrico, con i commercianti, con tutti quegli operatori, quelle categorie sociali che possono avere un ruolo importante per aiutare i bambini a ritrovare una loro autonomia. importante lavorare con gli insegnanti perch la scuola diventi sempre pi una scuola adatta ai bambini, che i bambini possano riconoscere e amare, di cui possano essere fieri. Tutti gli sforzi dovranno naturalmente mirare a fare in modo che si modifichi latteggiamento di tutti gli adulti e specialmente dei genitori, per rispettare le esigenze dei bambini. Questo sar un compito importante del Laboratorio, da realizzarsi non tanto attraverso conferenze, pubblicazioni, ma attraverso iniziative concrete, proposte, attivit7.
7 Si vedano le schede n 6: I seminari di Giunta e n 7: Il vigile amico dei bambini.

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Che i bambini possano uscire da soli di casa

Torniamo alla proposta: assumere il bambino come parametro per la trasformazione delle nostre citt. Volendo procedere da questa affermazione generale in senso operativo occorre fare una importante precisazione. La condizione dellinfanzia nel mondo fortemente differenziata e oscilla fra due estremi. Da un lato la condizione dei bambini occidentali, ricchi, metropolitani o comunque cittadini, che quella descritta sopra e che arriva alla situazione patologica della solitudine. Dallaltro la condizione di abbandono dei bambini delle societ povere, del sud del mondo, delle grandi metropoli del Sudamerica. Una condizione che porta i bambini a vivere da soli, subendo violenze da parte degli adulti che vedono in loro un pericolo o anche solo un disturbo. Una situazione di debolezza e di impotenza che porta i bambini ad essere sfruttati per lavori inadatti, per manovalanza non punibile dalla delinquenza organizzata, per traffici sessuali e perfino per lespianto di organi. Le due condizioni hanno in comune lo svantaggio del bambino nelle rispettive societ e confermano la correttezza della proposta di ripartire proprio dal bambino per ricostruire societ pi giuste, pi umane, pi adatte per tutti. Ma certamente le due situazioni richiedono valutazioni e soluzioni radicalmente diverse. Non si azzardano in queste pagine possibili soluzioni applicabili nei paesi del sud del mondo, che richiedono co49

noscenze e competenze sconosciute a chi scrive. Si spera che altri riprendano questo stimolo studiandone adeguate applicazioni a quelle condizioni1. Si prosegue invece descrivendo le concrete possibili applicazioni della proposta nelle nostre citt del mondo occidentale, ricche e consumistiche. Va per detto che anche questa condizione privilegiata contiene una grande variabilit di condizioni che va dal paese e dalla piccola citt dove gli effetti della paura sono ancora poco presenti, alla grande citt dove la solitudine dei bambini quasi totale, alle grandi periferie pi degradate dove anche nel nostro occidente si trovano situazioni simili a quelle del terzo mondo, con bambini che vivono in strada in situazione di abbandono2. Quale verifica di una corretta applicazione di questa nuova filosofia del governo della citt si indica un obiettivo concreto, apparentemente piccolo e semplice: che i bambini possano uscire da soli di casa.

Perch cos importante uscire di casa?


Per persone come chi scrive, che hanno avuto la possibilit, probabilmente la fortuna, di vivere la propria infanzia prevalentemente fuori casa, fra le macerie delle case bombardate dalla guerra, nei vicoli della citt, nelle capanne
1 In pi occasioni, e in particolare durante la sessione del Tribunale internazionale dei popoli, tenuta a Napoli nel 1995, e in conferenze tenute negli ultimi anni in Sudamerica, ho avuto lopportunit di verificare lattenta accoglienza del progetto generale che qui si propone, e cio di assumere il bambino come parametro di cambiamento, da parte di rappresentanti di paesi del sud del mondo, anche se occorre lavorare per trarre da quello applicazioni volta per volta adeguate alle specifiche necessit di ogni realt sociale. 2 In questo libro si affrontato il tema, limitatamente alla realt italiana e in particolare a quella dei bambini di strada del centro storico di Palermo. Si veda il paragrafo della parte seconda: La strada, un luogo di tutti e la scheda n 19: Un giardino di pietra.

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degli attrezzi agricoli dei nonni, forte la tentazione di dire: che i bambini possano di nuovo uscire da soli di casa. Siamo invece consapevoli di quanto questo atteggiamento nostalgico sia scorretto. Le condizioni in cui crescono oggi i nostri bambini sono assolutamente inedite, senza possibili confronti con quelle della nostra infanzia. E non sono nuove solo perch si perso il senso di vicinato, la solidariet, la sicurezza, ma principalmente perch le relazioni sociali sono diventate enormemente pi complesse, le distanze pi ampie. difficile conoscersi, difficile scendere dagli appartamenti dei piani pi alti, pericoloso attraversare le strade, ecc. La citt, tuttavia, diventata anche pi ricca, pi articolata e, se vogliamo, pi affascinante. Daltra parte uscire di casa, percorrere le strade da solo, conoscere il suo ambiente una esigenza importante nella crescita non solo sociale, ma anche cognitiva, del bambino. Andare a piedi, passeggiare per noi adulti un piacere, un regalo che ogni tanto ci facciamo, ma per i bambini una necessit. I nostri spostamenti sono sempre pi spesso dei trasferimenti, passaggi da punto a punto, finalizzati ad un obiettivo, quindi proiettati al futuro, legati ad una funzione. Distratti da queste preoccupazioni cerchiamo di raggiungere nel tempo pi breve possibile il luogo di destinazione3. I bambini si comportano in maniera completamente diversa. Essi vivono i loro spostamenti come una successione di momenti presenti, ciascuno importante di per s, ciascuno degno di una sosta, di una meraviglia, di un contatto. E allora i tempi si allungano, le tasche dei bambini si riempiono di sassi, di foglie, di carte e la mente si riempie di immagini, di domande, di nuove scoperte. E tutto sta insieme, il bello, il nuovo, il ge3 Un esempio efficace di questi spostamenti adulti la metropolitana: un tubo nero fra due stazioni. Il tragitto, il percorso, scomparso, rimangono solo un punto di partenza e un punto di arrivo. Il tempo di trasferimento tempo perso e quindi deve essere il pi breve possibile.

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nerale e il particolare. E questo spesso causa di incomprensione con i grandi che raccomandano stupidamente: Non ti fermare ogni momento!, Non perdere tempo! senza rendersi conto che proprio nel tempo perso che si diventa grandi4. Il guaio che la possibilit di uscire dei bambini, la loro autonomia inversamente proporzionale alla nostra: pi noi adulti ci muoviamo in macchina, pi allarghiamo il nostro raggio di movimento e pi creiamo pericolo, intasiamo spazi, inquiniamo laria, aumentando le difficolt di autonomia dei nostri figli. E quando i bambini si muovono, sempre pi frequentemente si muovono con noi, dentro la nostra macchina, nel sedile posteriore. Questo significa che il bambino non riesce a vedere la citt, non riesce a notare le sue caratteristiche, passa velocemente, non pu rispondere ai continui bisogni di presente, di curiosit, di sosta. trascinato da noi in un innaturale spostamento finalizzato ad una meta. In questo strano modo di muoversi non riesce a fissare niente, a organizzare il suo spazio, a costruirsi la sua citt. Spesso i bambini di oggi crescono con problemi di organizzazione spaziale e con una bassissima conoscenza della loro citt, del loro quartiere, della loro zona. Vivere esperienze proprie Gi si detto della importanza del gioco libero nello sviluppo delluomo. E gioco libero implica autonomia, ritro4 In una bella esperienza sulla organizzazione spaziale dei bambini pi piccoli, gli educatori di un nido di Reggio Emilia uscivano uno per volta, con un bambino per mano, e si facevano guidare a casa. Una educatrice mi raccontava che un bambino, arrivato ad un incrocio, aveva girato a sinistra e lei gli aveva chiesto di spiegarle come faceva a sapere che era ora di girare. Il bambino con un certo stupore e dopo averci pensato un po rispose indicando la strada: Non vedi che c quel pezzo di carta?. Questo significa che il bambino sapeva dove girare, ma non aveva dei punti di riferimento, probabilmente utilizzava un insieme di informazioni che sommate dicevano: ora di girare. Di fronte alla domanda delladulto, non potendo spiegare tutto questo, ha preferito dare una risposta corrispondente allattesa, utilizzando il primo indizio che gli capitava davanti.

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varsi da soli, liberi da controlli, con la possibilit di rischiare in proprio, per provare la soddisfazione dei problemi risolti, delle difficolt superate. Una volta il tempo dei bambini era diviso chiaramente fra quello formale, del dovere, che era quello della scuola, dei compiti, del catechismo; e quello informale, del piacere, che era quello del gioco: il tempo libero. Questo tempo era amministrato in modo autonomo dal bambino e, se non violava alcune regole sociali, poteva allontanarsi da casa, incontrarsi con chi voleva, per fare i giochi che preferiva. Era il tempo delle esperienze personali, quelle che portavano le bambine e soprattutto i bambini ad esplorare lambiente circostante, a conoscerne i segreti, spiando la vita degli animali e delle piante, sperimentando i diversi climi, le caratteristiche dei diversi materiali naturali. Oggi il tempo libero dei bambini scomparso. I pericoli in agguato fuori della porta di casa sconsigliano di lasciare che i bambini escano da soli e le migliori condizioni economiche permettono di regalare ai figli liscrizione alle tante scuole pomeridiane: la piscina, la chitarra, linglese, la danza, la palestra... Dovresti essere riconoscente, oggi tu puoi conoscere tante cose che noi da piccoli non sognavamo nemmeno! diciamo ai nostri figli. Naturalmente i genitori pi aperti fanno scegliere ai figli quali scuole pomeridiane frequentare, cos leventuale successiva stanchezza o volont di smettere, possono essere contestate, oltre che dai motivi economici, anche dai nobili motivi dellimpegno e della coerenza: Lhai scelto tu. Praticamente un ricatto. Se sommiamo i due rientri pomeridiani a scuola previsti dai moduli, la probabile lezione di catechismo, due o tre attivit volontarie e i compiti, i pomeriggi del bambino sono tutti compromessi. Rimane una fascia di unoretta prima di cena e questa di solito se la prende la televisione. Contemporaneamente le madri si sono trasformate in taxiste e passano il loro pomeriggio accompagnando i fi53

gli e aspettandoli fuori della palestra, della piscina, della parrocchia. E nella citt della incomunicabilit si formano i nuovi microgruppi sociali delle madri che aspettano; cos come per i mariti si forma il gruppo di quelli che portano fuori il cane la mattina presto o la sera tardi. Una riflessione curiosa e preoccupante: se lorganizzazione del lavoro proseguir con le tendenze attuali, gli orari di lavoro tenderanno a diminuire sempre di pi. I nostri bambini di oggi saranno domani lavoratori con molto pi tempo libero rispetto a quanto ne abbiamo noi oggi, ma saranno stati bambini senza tempo libero e quindi probabilmente incapaci di utilizzarlo, di approfittarne. Temo che questa potr diventare una ennesima chance in mano alla produzione commerciale che offrir idee, strumenti, manuali, animatori per il tempo libero, cos come oggi ne offre per il gioco dei bambini per i loro compleanni, per le vacanze della famiglia... La scuola, almeno cos indicavano i buoni pedagogisti e i buoni maestri, doveva essere il luogo dove le esperienze personali degli allievi si confrontavano, si elaboravano fino a giungere insieme, allievi e insegnanti, a nuove conoscenze. Questo il significato di esperienze didattiche importanti come il testo libero e il testo collettivo5.
5 Ci si riferisce alla proposta del testo libero di Celestin Freinet portata in Italia dal Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) e del testo collettivo. Per testo libero si intende la redazione assolutamente volontaria di un breve testo che documenti un evento, una esperienza che lallievo ha vissuto fuori della scuola e che ritiene possa interessare i suoi compagni. Ogni giorno, in classe, si riserva un tempo per la lettura, la discussione e la elaborazione collettiva dei testi liberi, i migliori dei quali entrano poi nel giornalino scolastico. Vale la pena notare la profonda differenza di questa proposta rispetto a quella, purtroppo non ancora scomparsa, dei pensierini. In questo caso si chiede agli allievi di scrivere non importa cosa (per esempio dieci pensierini sulla primavera, sulla mamma o addirittura a piacere), per nessuno (sarebbe assurdo leggere in classe 200-250 frasi banali), purch corretto; esattamente contro ogni principio della comunicazione. Per testo collettivo si intende la somma dei contributi personali per raggiungere collettivamente un risultato pi alto e pi complesso che non pi di qualcuno, ma di tutti. Cos nasce Lettera a una professoressa

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Queste opinioni, assolutamente minoritarie ai tempi degli autori di queste proposte, sono state oggi quasi completamente assorbite dalla nostra scuola, almeno a livello ufficiale, essendo state inserite nei nuovi programmi. Ma se i bambini vivono solo esperienze collettive, organizzate e controllate da adulti, nelle tante scuole che frequentano e se il restante tempo viene assorbito dalla televisione, su quali esperienze pu lavorare la scuola? A partire da quali conoscenze personali potr muovere lattivit scolastica? Spesso la scuola, consapevole di questa deficienza, propone essa stessa delle esperienze, come visite esterne, attivit pratiche, per poterci poi lavorare. Ma forte il sospetto che si crei solo un circolo vizioso. Si sente dire spesso che i bambini di oggi non raccontano niente. Forse perch non hanno niente da raccontare, perch gli adulti che li accompagnano e li vigilano perennemente sanno gi tutto! importante allora che il bambino, fin dai primi anni, possa uscire da solo, assumendosi il rischio e il piacere di abbandonare le sicurezze domestiche; scendere in strada, cercare un compagno, giocare con lui accordandosi sul gioco e sulle regole, o sperimentando con lui la natura, gli oggetti, facendo i conti con i comportamenti dei grandi; correre insieme rischi proporzionati alle proprie forze, superando ostacoli, affrontando e risolvendo conflitti; tornare a casa stanchi, forse sporchi, eccitati, con una gran voglia di raccontare quello che i genitori non possono sapere. Questa esperienza, di cui non sfuggir la complessit da tutti i punti di vista, che dovrebbe essere vissuta da tutti i nostri bambini a partire dai tre, quattro anni, oggi possibile, forse per un bambino dopo i dieci anni e per una bambina ancora pi tardi, quando il periodo della grande crescita cogniti(Scuola di Barbiana, 1967) e vari lavori allinterno del MCE, per esempio La mongolfiera, romanzo scritto in due anni dalla classe di scuola elementare di Mario Lodi (1972).

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va e sociale abbondantemente concluso. Che conseguenze porter questo ritardo nel bambino?

Gli incidenti domestici Unaltra drammatica contraddizione quella degli incidenti. Noi chiudiamo i nostri figli in casa per difenderli, eppure la casa il luogo di gran lunga pi pericoloso per loro. Per incidenti domestici muoiono pi persone che per incidenti stradali. E chi ne soffre di pi sono gli anziani e i bambini. Eppure le case di oggi sono pi sicure di quelle di ieri e ogni anno aumentano le garanzie, le norme di sicurezza, gli obblighi per i costruttori. Una volta i fili elettrici erano esterni, si bolliva lacqua spesso e in grandi quantit, anche per lavare e lavarsi, i pavimenti erano spesso sconnessi, le scale ripide, ecc. Oggi questi pericoli non ci sono pi, ma gli incidenti aumentano. Il fatto che una volta si stava in casa lo stretto indispensabile, per mangiare, dormire, fare i compiti, a volte per dare una mano alla mamma e i rischi, semmai, li si andava a cercare fuori. Oggi si rimane troppo tempo a casa. Il bambino deve restarci anche quando non ha pi nulla da fare, allora si annoia e un bambino annoiato un bambino a rischio! Non c sicurezza che tenga di fronte al bisogno di scoprire, di fare, di giocare. Per ridare un po di interesse alle solite stanze dove passa troppo tempo non potr resistere alla tentazione di infilare due pezzetti di fil di ferro dentro i due affascinanti buchini della presa della corrente o di smontare la presa, o di mettere in moto il tritatutto o di aprire il rubinetto del gas. Se metteremo alcolici, detersivi e medicine fuori dalla portata dei bambini, come sempre ci raccomandano, e li metteremo ad esempio pi in alto, otterremo due risultati negativi:
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primo che noi vivremo pi scomodamente e secondo che il bambino dovr sommare al pericolo dei prodotti quello dellarrampicarsi su una seggiola messa sopra il tavolino; perch alle bottiglie ci arriver comunque. E sono sempre pericoli subdoli, incontrollabili. Daltra parte il giorno che un bambino smetter di cercare e di rischiare sar per lui un gran brutto giorno! Oggi si stanno promuovendo, anche a livello internazionale, programmi di studio sulla sicurezza domestica. Mi dichiaro in assoluto contrasto con tali progetti, se servono a dare a noi adulti la tranquillit di poter lasciare i nostri bambini da soli in casa anche per tempi maggiori. E daltra parte pi la casa sar sicura e pi sar pericolosa, perch il pericolo non sar n previsto, n prevedibile e quindi non sar controllabile. Se vogliamo veramente bene ai nostri figli dovremo cominciare a difenderli dalle case! Bisogna far in modo che i bambini non siano costretti a stare in casa pi del necessario, che possano uscire, che possano rischiare per imparare a difendersi dai pericoli. Il rischio una componente necessaria dello sviluppo: sbucciarsi un ginocchio, sfuggire ad un agguato degli amici, correre, saltare, arrampicarsi, ma anche fare attenzione ad unauto che arriva imparando a valutare il rapporto fra velocit e distanza, sono rischi sani, che un bambino pu controllare, che lo aiutano a crescere. Di fronte allossessiva protezione nei confronti del bambino, sorge un dubbio drammatico: che tutti i rischi di cui il bambino aveva via via bisogno e che non ha potuto correre, in qualche modo si sommino, fino a diventare una urgenza insopportabile, che esplode nelladolescenza, quando il ragazzo pu decidere da solo, e allora gioca con la morte. Potrebbe essere questa una interpretazione dei giochi suicidi dei giovani, come la roulette russa, lattraversamento degli incroci in velocit, lo stendersi di notte sulla linea di mezzeria delle strade...
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Linsolubile conflitto con la televisione Tutti sono convinti che troppa televisione faccia male e nessuno sa come fare in modo che i bambini non ne abusino. La strada pi battuta quella della regolamentazione rigida tipo: Solo unora al giorno, Solo un cartone e una trasmissione, Se la vedi adesso dopo non puoi vedere la tua trasmissione preferita e cos via. Sono regole sagge, ma che i bambini non possono capire, perch spesso debbono spegnere la televisione per non fare nulla. Significa vivere un continuo conflitto con i propri figli e questo i genitori preferiscono evitarlo per non compromettere il poco tempo che passano con loro. Abbiamo unaltra soluzione, molto pi semplice, molto meno conflittuale, che ci suggeriscono gli stessi bambini. Da tutte le ricerche anche recentissime sia straniere che italiane risulta che la stragrande maggioranza dei bambini pone al primo posto dei propri desideri il giocare con gli amici. La televisione viene in genere al secondo posto, con grandissimo distacco6. Basta quindi accontentarli anche in questo caso, come facciamo tanto spesso per i loro capricci pi sciocchi e diseducativi. sufficiente fare in modo che i bambini possano uscire, incontrarsi e giocare insieme e avremmo risolto anche questo grave problema educativo. Anche per la televisione, come per la casa, si fa un gran parlare di nuove soluzioni per una migliore programmazione per i bambini. Di nuovo e con forza confermo il mio dissenso. Non voglio una televisione migliore se questo potr autorizzare i genitori a lasciare ancora pi tempo i propri figli in braccio a questa comoda baby sitter, essendo sicuri che vedranno solo buoni programmi. Facciamo in modo invece che i bambini possano trascorrere il loro
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Oliverio Ferraris (1995).

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tempo libero giocando con i loro amici fuori di casa e allora s che ci sar concorrenza e varr la pena lavorare per una buona televisione per ragazzi. Che possa succedere che fra amici che stanno giocando liberamente si dica: Oggi gioved, sono le cinque, torniamo a casa a vedere quella trasmissione, perch ne vale la pena!.

Bambine e bambini Per ragioni assolutamente non di principio, ma semplicemente pratiche e di consolidata abitudine, quando scrivo non riesco ad utilizzare le due forme maschile e femminile, quindi bambina e bambino, oppure il terribile bambina/o. Ho sempre avuto la sensazione che sia estremamente scomodo leggere un testo cos scritto, mentre lo trovo accettabile in documenti, manifesti, testi di legge. Spero non sia unultima resistenza maschilista. Ho anche pensato di ricorrere a forme neutre come infanzia o creatura, ma sono sempre tornato, senza grandi sensi di colpa, al termine bambino cos concreto e familiare, rifiutando invece sempre il termine fanciullo che tanto piace, o per lo meno piaceva, al nostro Ministero della Pubblica Istruzione7. Detto questo non per scusarmi, ma almeno a titolo di chiarimento, debbo per riconoscere e mettere in eviden7 Quando disegno (firmandomi come FRATO), se debbo inventare un marchio nel quale compaiano i miei personaggi e per ragioni di sintesi, di rappresentazione emblematica, non posso rappresentare un bambino e una bambina, spesso ho optato per una bambina. Una bambina figura per esempio nel marchio del Reparto di Psicopedagogia del CNR, una bambina nel marchio del Laboratorio Fano la citt dei bambini, in quello di Palermo e in altri ancora. Questa libert consentita dal linguaggio grafico (mai nessuno mi ha chiesto Come mai c solo una bambina e non un bambino?), ma non dal linguaggio verbale e ancora meno da quello scritto. Se avessi intitolato il libro La citt delle bambine tutti avrebbero pensato ad una proposta specifica per i bambini di sesso femminile e non per tutti.

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za che il problema esiste e non di facile soluzione. Quando diciamo che i bambini debbono poter uscire da soli di casa dobbiamo essere ben consapevoli che intendiamo le bambine e i bambini, e che quando saremo riusciti a far passare il principio che importante e giusto che i bambini escano, non ancora certo che questo sia accettato anche per le bambine. Occorre molta vigilanza, proposte adeguate e spesso creative. Il Consiglio dei bambini del Laboratorio di Fano, per esempio, formato in maniera rigorosamente paritetica dovendo ogni scuola esprimere due rappresentanti, una bambina e un bambino. Ma evidentemente queste sono le cose pi facili da ottenere, pi difficile garantire una effettiva uguale autonomia ai bambini dei due sessi. Fare in modo che un genitore possa nello stesso modo, e con la stessa fiducia, permettere alla figlia o al figlio di uscire di casa per incontrarsi con gli amici.

Il bambino come indicatore ambientale


Gli ambientalisti utilizzano gli indicatori ambientali, cio quei fenomeni, quegli organismi, che ci aiutano a verificare la salute o il degrado del nostro ambiente. I licheni per esempio modificano le loro caratteristiche se lambiente si inquina, le lucciole non tornano, cos pure le rondini, e cos via. Per la citt il bambino pu essere considerato come un sensibile indicatore ambientale: se nella citt si incontrano bambini, che giocano, che passeggiano, da soli, significa che la citt sana; se nella citt non si incontrano bambini significa che la citt malata. Una citt dove i bambini stanno per strada una citt sicura, non solo per loro, ma anche per gli anziani, per gli handicappati e per tutti i cittadini. La loro presenza rap60

presenta un incoraggiamento agli altri bambini a scendere e un deterrente per le macchine e per gli altri pericoli esterni. La strada deserta invece pericolosa per il bambino che la attraversa, perch lautomobilista non se lo aspetta, non lo prevede; pericolosa per tutti perch invita al crimine e lo rende sicuro. Ma perch sia possibile ai bambini uscire da soli di casa occorre cambiare la citt, completamente, anche se gradualmente. La citt, cresciuta adottando selvaggiamente la scelta della difesa, deve essere capace di fare scelte alternative, di apertura alla vita, di apertura al futuro. Occorre quindi operare su vari livelli e in varie direzioni.

Rinegoziare il rapporto di potere fra lauto e il cittadino


In molti paesi del nord Europa e del nord America si stanno spendendo notevoli quantit di denaro in favore dei rospi. S, proprio dei rospi. Le autostrade sono delle barriere insormontabili che dividono fatalmente i loro territori. Cos i poveri rospi non possono pi passare dagli ambienti acquatici della riproduzione a quelli umidi della loro vita abituale, oppure, se le maglie delle reti di recinzione permettono di passare, sono costretti ad attraversare le autostrade con una percentuale bassissima di successo. Allora si levato un grido di protesta e le societ che costruivano o gestivano le autostrade sono state costrette ad aprire dei tunnel di collegamento fra i due lati dellautostrada ogni tanti metri. Naturalmente questo ha un costo molto elevato, ma salva la vita a tanti rospi e permette loro di percorrere il territorio. Sono solidale con i rospi e sono totalmente daccordo con questi interventi a loro tutela. Vor61

rei solo che la stessa attenzione e la stessa sensibilit venissero dedicate anche ai bambini. Anche il loro territorio tagliato da strade sulle quali i diritti delle automobili sono dominanti. Attraversarle pericoloso, i genitori sono preoccupati e impediscono ai loro bambini di percorrerle da soli. Cos i bambini non possono raggiungere i loro amici e insieme con loro i posti dove giocare: il cortile, il campetto, lo stradone. La barriera fisica diventa una barriera psicologica e cognitiva, limita il campo del bambino, ne limita lo sviluppo spaziale ed affettivo. un po come se al bambino venisse tolta una met dei suoi giocattoli, oscurata una met del televisore, strappata una met del libro di testo8. Nella citt di oggi un percorso a piedi una avventura: marciapiedi occupati da auto in sosta o da esercizi commerciali, traffico caotico, non rispetto della precedenza dei pedoni sulle strisce pedonali. Se per tutti difficile lo ancora di pi per i cittadini pi deboli come gli anziani, gli handicappati, i bambini. In queste condizioni luso della macchina, considerata un guscio di protezione, quasi un atto di autodifesa, con le conseguenze note: congestione del traffico, trasformazione del suolo pubblico in spazio privato, inquinamento dellaria, inquinamento acustico, vibrazioni che mettono in pericolo i monumenti. Consideriamo alcune macchine in sosta ai due lati di una strada e poniamo che la macchina A sia parcheggiata a sinistra in seconda fila, mentre la macchina B sia parcheggiata a destra, di traverso, salendo sul marciapiedi, fino a rendere difficile o impossibile il passaggio dei pedoni. Se arriva lautogr della polizia municipale la probabilit di gran lunga pi alta che si porti via la macchina A
8 Interessante lo studio delle ricadute sullo sviluppo socio-cognitivo dei bambini provocate dalle barriere urbanistiche costituite dagli attraversamenti pericolosi (Bonanomi, 1994).

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e non escluso che la macchina B possa cavarsela senza neppure una multa. Cosa significa questo? Che si interviene con decisione e mano pesante se la sosta disturba il movimento delle auto, che si tolleranti se ad essere danneggiati sono i pedoni, quindi i pi deboli. Eppure una persona disabile che si muove in carrozzella o una mamma che spinge la carrozzina, potrebbero non poter proseguire il loro percorso; un bambino o un anziano potrebbero essere costretti a scendere dal marciapiedi correndo inutili pericoli. Le auto sono di fatto le nuove padrone della citt, per loro che si studiano rimedi e facilitazioni, in loro favore si effettuano gli interventi pi radicali e pi costosi. Si pensi ai piani di nuovi parcheggi nelle grandi citt. a loro che i vigili urbani dedicano la gran parte del loro tempo e delle loro energie. Le multe effettuate sono per la grande maggioranza multe per divieto di sosta, per un reato cio che danneggia principalmente il movimento delle auto stesse e relativamente poco le persone. Le auto, in movimento o in sosta, occupano permanentemente una rilevante percentuale del suolo pubblico, trasformandolo in spazio privato: sono diventate parcheggi quasi tutte le strade e le piazze. Quando si propone di restituire ai cittadini uno spazio pubblico la risposta pi frequente : Prima si risolva il problema del parcheggio e dopo pensiamo ad un uso sociale della piazza. Mi sembra un ragionamento scorretto. Avere spazio per appoggiare la propria auto certamente una necessit ma non credo si possa considerare un diritto: quando un cittadino acquista una macchina il sindaco non si impegna con lui a riservargli unarea di spazio pubblico sulla quale farla muovere o parcheggiarla. Potersi muovere serenamente a piedi e utilizzare lo spazio pubblico invece certamente un diritto di tutti i cittadini. Restituire a tutti la possibilit di muoversi liberamente a piedi quindi un dovere prioritario dellam63

ministratore ed un modo corretto e serio di preparare il futuro della citt. Un futuro in cui il potere delle auto finisca l dove cominciano i diritti del pedone, un futuro in cui la citt sia pi pulita, meno occupata, dove ci si possa muovere, dove ci si possa incontrare, dove insomma si possa vivere meglio, dove quindi sia possibile per un bambino uscire di casa da solo e giocare con i suoi amici. Quindi la piazza va subito restituita ai cittadini, poi si cercher, per quanto possibile, di risolvere il problema del parcheggio delle auto. Fatte salve le isole pedonali, che dovranno essere potenziate, rispettate9 e introdotte anche nelle zone residenziali periferiche, occorrer distinguere e trattare in modo diverso, sia nella progettazione che nelluso, le strade delle macchine (quelle di grande scorrimento, nelle quali i pedoni debbono accettare le condizioni delle macchine) dalle strade dei pedoni (alle quali le macchine possono accedere, ma alle condizioni dei pedoni). Questo ripensamento urbanistico, gi in atto in molte citt del centro e nord Europa, dovr mirare non tanto a creare nuovi e pi rigorosi divieti, ma a rendere impossibile la velocit e il pericolo. Il genitore infatti non vincer la sua paura perch stato abbassato il limite di velocit da 50 a 30 chilometri orari, perch potr sempre e giustamente pensare alla possibile violazione delle norme e quindi rifiutarsi di riconoscere autonomia a suo figlio. Ma se la carreggiata della strada verr ristretta e resa tortuosa o attraversata da ostacoli, allora la velocit sar impossibile e gli adulti potranno essere pi sereni e pi permissivi. Un buon esempio di intervento strutturale a favore dei pedoni il marciapiede che attraversa la strada: un pas-

9 Sarebbe auspicabile che anche gli amministratori, i vigili urbani, la polizia rispettassero lisola pedonale (almeno nelle citt piccole e medie), muovendosi a piedi o in bicicletta, inviando cos un messaggio coerente agli altri cittadini.

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saggio pedonale che mantiene sia il livello che la pavimentazione del marciapiede. Mentre di solito il pedone che scende dal marciapiede, abbandonando il suo territorio sicuro ed entra in quello pericoloso delle auto, in questo caso il pedone resta nel suo territorio ed la macchina che, per mezzo di una rampa, sale sul passaggio pedonale, invadendo unarea non sua e quindi dovendosi preoccupare di eventuali passanti. Se la velocit impedita la strada pi sicura, non solo perch diminuisce il pericolo del traffico ma perch diventa pi difficile anche delinquere: difficile scappare, c pi gente in giro, c pi controllo sociale.

Aiutare gli adulti a capire che i bambini hanno bisogno di uscire


Gli adulti hanno paura, hanno giustamente paura, ma, come si diceva sopra, la via della difesa senza speranza e senza futuro. Chiudere i bambini in casa significa esporli al pericolo degli incidenti domestici, affidarli alla televisione e privarli di esperienze fondamentali. Ma superare la paura difficile e non lo si fa solo ragionandoci sopra. Gli amministratori debbono farsene carico e aiutare i loro concittadini. Bisogna lavorare su diversi piani: innanzi tutto aiutare i genitori a capire che i bambini hanno bisogno di tempo libero, da amministrare da soli, rischiando in proprio, pi che fare tante cose ed essere impegnati nelle tante scuole pomeridiane; aiutarli a recuperare fiducia nelle capacit dei propri figli che sono sicuramente maggiori di quelle che essi immaginano. Occorre aiutare i genitori ad uscire dallottica individualistica e difensiva, pensando che tutti i bambini debbano ritrovarsi insieme fuori di casa e che tutti gli adulti debbano essere un punto di ri65

ferimento e di sicurezza per i bambini. necessario comunque ridurre il pericolo ambientale rallentando il traffico, favorendo gli spostamenti pedonali e ciclabili, applicando con fermezza quelle norme che puniscono coloro che non rispettano i diritti dei pedoni. Occorre aiutare gli adulti a capire che un buon genitore non quello che rinuncia ad una propria vita perch i figli possano avere tutto e possano essere accompagnati alle diverse scuole del mattino e del pomeriggio. La prima caratteristica di un buon genitore dovrebbe essere quella di diventare ogni giorno meno necessario al proprio figlio. Quando un bambino nasce, il momento forse pi importante e significativo della profonda trasformazione che avviene nel giro di pochi minuti, il taglio del cordone ombelicale. Da quel momento il bambino si separa dalla madre e pu iniziare la sua relazione con lei e, attraverso lei, la sua relazione con il mondo: la grande avventura della autonomia. Ogni giorno la separazione pu essere confermata e consolidata, oppure negata; possiamo diventare meno necessari ai nostri figli e quindi aiutarli ad allontanarsi da noi, o fare lopposto e annodare nuovi cordoni ombelicali. Una seconda caratteristica del buon genitore credo sia quella di essere un buon modello di adulto, un adulto che faccia pensare al bambino che vale la pena di diventare grande per essere come lui o per incontrare persone come lui. Un adulto quindi sereno, impegnato, felice. Che cerca di realizzare le sue aspirazioni, di coltivare le sue passioni, di vivere bene la sua sessualit, di vivere con impegno, con forza e con coerenza la sua professione, i suoi ideali, le sue fedi. Questo non vale solo nel rapporto fra genitori e figli, ma anche fra insegnanti e allievi e in generale fra adulti e bambini. Mi sembra questa una prospettiva gratificante, che ci invita alla serenit e allimpegno, anche per avere bambini pi felici. Un adulto sereno e realizzato sapr capire il bisogno
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di autonomia di suo figlio e sar disposto a superare qualche difficolt, qualche preoccupazione per potergliela garantire.

Trovare nuovi alleati dei bambini


Una volta, poche decine di anni fa, i bambini erano di tutti. Il vicinato fungeva da grande controllo sociale. Un bambino che giocava fuori di casa, quando aveva bisogno di qualche cosa, trovava nei vicini un occhio curioso, attento e preoccupato. Ricordo che se, giocando con gli amici, facevo qualcosa che non avrei dovuto fare (una lite, un danno, una caduta...), quando tornavo a casa trovavo il rimprovero o la punizione prima ancora di poter raccontare laccaduto. Non avevamo il telefono, ma evidentemente la notizia era gi stata premurosamente portata! Questo valeva nel piccolo paese dove tutti si conoscevano, ma valeva anche nella grande citt dove il quartiere viveva una frequentazione quotidiana dei suoi abitanti, per lavoro, per la spesa, per la scuola, sempre vicini allabitazione. Ma il criterio di assunzione di responsabilit sociale nei confronti del bambino era pi largo ancora del conoscersi o dellessere vicini di casa: un bambino fuori casa, specie se da solo, era controllato e protetto dagli adulti che incontrava. Pi che vicini di casa si potrebbe dire vicini al bambino. E questo vicinato cresceva con let, si allargava man mano che si sviluppava lautonomia del bambino e gli permetteva spedizioni pi ardite in territori nuovi, inesplorati. Anche l trovava adulti interessati e preoccupati. Questo naturalmente favoriva la crescita, la scoperta di spazi nuovi, la possibilit di avventure nuove che costruivano e consolidavano nuove conoscenze. Ora questa solidariet sociale sembra perduta. La scel67

ta della difesa ha inibito linteresse verso gli altri, o per lo meno lo ha nascosto, mascherato. La tentazione immediata quella di chiudersi in luoghi sicuri, la casa, la scuola, le varie scuole pomeridiane. E crescono le richieste di altri spazi, forse pi liberi, ma sempre protetti e tutelati come ludoteche, laboratori, giardinetti con cancellate e ingressi vigilati10. La perdita dellautonomia produce rassegnazione, ma anche scontentezza e malessere. Un desiderio e una disponibilit alla solidariet sopravvivono, lo si vede dalle reazioni interessate a proposte come questa: occorre tirarle fuori, permettere loro di diventare esperienze. Non possiamo per aspettare che si ricostruisca questa diffusa solidariet per avviare le esperienze di cui stiamo parlando: i bambini hanno fretta, sono bambini per pochi anni. Occorre quindi identificare e formare subito nuovi alleati dei bambini.

I vigili urbani Le citt hanno un piccolo esercito che esaurisce le sue energie nellessere quasi esclusivamente a servizio delle auto. Questo conferma il potere dellauto nella nostra societ e, nella attuale carenza di sensibilit sociale e di solidariet, sembra uno spreco eccessivo e anche uno svilimento di una presenza che potrebbe essere molto pi significativa e qualificata. Si propone che i vigili urbani diventino anche, forse prioritariamente, gli amici dei bambini. Quando un bambino si trova in qualche situazione di necessit o di disagio, se vede un vigile, dovrebbe tranquillizzarsi perch sicuro che quel signore in divisa risolver il suo problema. Quali necessit, quali disagi pu in10 A questo proposito interessante lanalisi delle differenze fra gli spazi urbani play ground e sandbox (Bozzo, 1995).

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contrare un bambino? Pu aver bisogno di fare pip e vergognarsi di entrare in un bar per chiederlo, pu avere sete, pu aver fatto tardi e avere necessit di telefonare a casa e non avere denaro, pu essere molestato da qualche adulto, pu aver litigato con un amichetto, pu essersi perso, pu essersi sbucciato un ginocchio cadendo, pu aver perso il biglietto dellautobus per tornare a casa. Ognuna di queste situazioni rappresenta una sofferenza, una sofferenza grande come quasi sempre sono quelle dei bambini. Il vigile urbano dovrebbe avere come suo compito istituzionale quello di non lasciare mai un bambino in stato di disagio e di angoscia. Dovr risolvere il suo problema, accompagnandolo in un bar perch possa bere, fare la pip, telefonare, oppure offrendogli il biglietto dellautobus. Sarebbe importante che questo ruolo sociale dei vigili venisse pubblicamente dichiarato e pubblicizzato in modo che lo conoscano tanto i bambini che i loro genitori. Se vogliamo veramente che le autonomie dei bambini aumentino dobbiamo far diminuire le paure dei loro genitori e di tutti gli adulti. Come ormai pi volte si detto, vigili amici dei bambini significa anche punti di riferimento per gli anziani, per gli handicappati, per la signora che torna carica di borse dalla spesa. Amici dei bambini significa insomma amici dei cittadini. Per questa nuova e importante funzione sociale i vigili vanno preparati, aprendo momenti di formazione e di dibattito per definire nuovi obiettivi e comportamenti11. Si potrebbe pensare di allargare questa funzione sociale di amici dei bambini a tutti coloro che indossano una divisa e che per questo diventano facilmente riconoscibili. Il sindaco potrebbe invitare poliziotti e carabinieri, vigilantes e vigili del fuoco, ma anche gli autisti dei mezzi pubblici o i netturbini, ad assumere questo nuovo ruolo per
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Su questo punto si veda la scheda n 7: Il vigile amico dei bambini.

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aiutare la citt a diventare pi adatta ai cittadini a partire dai bambini. Per questo dovranno essere organizzati momenti di sensibilizzazione e di formazione.

Gli anziani Oggi la nostra societ ricca sta invecchiando, ha pochi bambini e la vita si allunga, nasce cos lallarme anziani. Secondo le ultime statistiche ci sono tre nonni per ogni nipote, troppi pensionati rispetto al numero dei lavoratori, ci sono insomma troppi vecchi e non si sa dove metterli, cosa farne, come custodirli. In una societ consumistica come la nostra ogni bisogno produce appositi prodotti. Nascono cos i prodotti della terza et, reclamizzati negli spot televisivi, dai pannoloni alla pasta adesiva per la dentiera. In una citt fondata sulla divisione e sulla specializzazione, ogni necessit, ogni disagio, suggerisce adeguati servizi. Nascono allora i centri anziani, le universit della terza et, le gite organizzate, gli ospizi per vecchi. Di nuovo risposte pensate non per i loro destinatari naturali, ma per i cittadini adulti, per quelli che i vecchi debbono custodirli, per i cittadini forti. Allanziano non piace stare con gli anziani. Lanziano ha il suo patrimonio pi importante nella sua storia, nel suo passato, nella sua memoria, ha quindi un grande desiderio di raccontare12. Non invece interessato ad ascoltare e ad apprendere perch sa di non avere un futuro su cui investire. Mettere dieci anziani insieme creare una situazione paradossale, contro natura: tutti vorrebbero raccontare, ma nessuno interessato ad ascoltare. Un anziano ha senso in mezzo alle altre generazioni, fra i bambini e i giovani che hanno voglia di ascoltare e di imparare. Dieci anziani insieme pos12 Un africano diceva: Per noi i vecchi sono molto importanti, perch sono come biblioteche ambulanti.

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sono parlare solo della morte che si avvicina. Sono patetici quei viaggi turistici per soli vecchi, quei pullman che li scaricano dinverno lungo spiagge deserte (dicono che ai vecchi fa bene laria di mare specialmente dinverno!), fra alberghi sprangati, con i capelli bianchi al vento, scene felliniane senza senso, con dentro tanta tristezza. Esistono sindacati, associazioni sportive, culturali, ricreative, persino universit per anziani. Non sono daccordo, non credo sia giusto. Di nuovo la separazione e la specializzazione: lanziano come realt speciale, con suoi problemi che richiedono risposte specialistiche come le rivendicazioni pensionistiche, la ginnastica, il ballo, le conferenze, sempre per anziani. Un club di ciclisti della domenica dovrebbe essere aperto a uomini e donne, bambini, adulti e anziani. E quando lanziano non se la sentir pi di pedalare con gli altri, potr insegnare a curare la bicicletta, dare consigli ai pi giovani, far sognare i bambini raccontando le sue imprese. E non organizzare il club degli ex ciclisti che si piangono addosso o che fanno giretti in triciclo. Limportante essere vecchi insieme a quelli che non lo sono, per avere ancora senso. Anche agli uomini piace stare con le donne e anche ai bambini con i grandi! Dobbiamo imparare a pensare che quello che consideriamo come allarme anziani, possa diventare la risorsa anziani. Lanziano vive un periodo molto particolare della vita: sono finite le aspettative, la voglia di emergere, il bisogno di competere. Un periodo che potrebbe essere sereno, disinteressato, libero, se non si costringesse lanziano a specchiarsi tristemente negli altri anziani o a perdersi nel suo futuro di morte in solitudine. La serenit, la felicit dellanziano legata alla possibilit che la sua esperienza possa servire a qualcuno, che egli possa ancora essere utile a qualcosa, che tutto il tempo che ha possa essere importante come quello che passato. Ecco quindi lanziano, il nonno, come alleato privilegiato dei bambini.
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Si obietter che spesso gli anziani sono irascibili, non hanno nessuna voglia di star dietro ai bambini; vero e ne hanno diritto, ma ne abbiamo talmente tanti che certamente ce ne saranno a sufficienza di buoni e di collaborativi. Daltra parte non credo si possa e si debba chiedere agli anziani di assumere ruoli o responsabilit particolari. Credo che si debba chiedere loro di rifiutare lisolamento in casa, di uscire, di esserci. Di essere presenti nei giardini, nei luoghi di ritrovo aperti, nelle strade, di vivere il quartiere, di condividerlo con gli altri cittadini e in particolare con i bambini, con gli handicappati, perch sia pi vivibile e pi sicuro per tutti. La loro presenza garantir i bambini. Si tratta di scelte sociali di fondo, la casa, la strada, i giardini, il quartiere invece del centro anziani, dellospizio. Scelte che dovrebbero fare lo Stato, gli enti locali, le associazioni. Significa investire energie perch lanziano possa rimanere nel suo ambiente, con i suoi familiari, con i suoi vicini, con i bambini, anzich investirle in costose strutture di custodia e di emarginazione. Se gli anziani si sentiranno accettati, utili, necessari, staranno meglio, saranno pi autonomi, garantiranno la citt. Sar un grande risparmio economico e sar una doverosa manifestazione di affetto e di riconoscenza verso chi venuto prima di noi.

I negozianti I commercianti, gli artigiani, i negozianti, non sono necessariamente buoni, pazienti e disponibili nei confronti dei bambini. Per ricevere la licenza non hanno dovuto dimostrare particolari qualit didattiche o educative, ma condividono una condizione molto particolare e importante per il nostro discorso: stanno sulla strada. E men72

tre il vigile urbano e lanziano in certi momenti potrebbero non essere a portata di bambino, i negozi restano sempre l e possono rappresentare una sicurezza. Rispetto a quanto si diceva sopra sulle nuove insicurezze e paure, i negozianti possono ricostruire una rete di riferimento e di sicurezza. Possono offrire una risposta semplice alla domanda preoccupata: Ma se a mio figlio succede qualcosa, a chi pu rivolgersi?. Se tutti i negozianti, gli artigiani, ma anche le sedi di banca o gli uffici postali, che si dichiarano disponibili a dare una mano per lautonomia dei bambini mettessero un apposito adesivo sulla loro vetrina, bambini e genitori potrebbero stare pi tranquilli perch saprebbero che, in caso di necessit, ci sono dei punti di riferimento13. Il commerciante dar unocchiata al bambino che passa. Al negoziante il bambino potr chiedere di poter chiamare per telefono a casa senza pagare, di fare la pip, di avere un bicchiere dacqua, di essere consolato se gli successo qualcosa. Si accennato ad alcuni possibili alleati dei bambini, ma dobbiamo insegnare ai bambini che ogni adulto un loro potenziale amico. Dovremmo smetterla con le raccomandazioni terroristiche: Non ti fermare con nessuno, Non chiedere niente a nessuno ed insegnare invece che quando hanno bisogno di qualcosa fermino un adulto e chiedano aiuto. Sar un piccolo contributo per educare i bambini a stare nel mondo e cercare di starci bene, ma sar anche un forte richiamo per gli adulti, intorpiditi ormai nel generale disinteresse ed egoismo.

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Su questo punto si veda la scheda n 9: A scuola ci andiamo da soli.

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Una citt adatta ai bambini

Che i bambini possano uscire da soli di casa un obiettivo importante, anche perch clamorosamente compromesso dallo sviluppo disordinato e irrispettoso della citt, ma non esaurisce la necessit di cambiamento che oggi la citt richiede. La citt, cresciuta quasi contro i bisogni dei suoi abitanti, specialmente di quelli pi deboli, deve rivedere tutte le sue strutture e le sue articolazioni per diventare adatta per tutti. Per questo vale la pena proseguire nella sfida, nella provocazione di assumere il bambino come parametro, continuando a pensare che quando la citt sar pi adatta ai bambini sar pi adatta per tutti. Non potendo qui esaminare analiticamente tutte le sfaccettature di una citt, si daranno solo degli esempi. Nella parte terza del libro, attraverso le schede, si cercher di entrare pi operativamente nelle proposte, nelle attivit, nelle iniziative.

La citt bella1
LItalia famosa nel mondo per le sue citt. I nostri antenati hanno dedicato energie, risorse, ingegno e creativit per fare in modo che i luoghi della loro vita, del loro lavoro, dove allevavano i loro figli, si amavano, passavano
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Larchitetto Cervellati mi perdoner se prendo a prestito il titolo del suo

libro.

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la loro vecchiaia, dove morivano, fossero belli2. Che siano tanto belle lo dice il fatto che il nostro paese possiede pi del 60% delle opere darte di tutto il mondo e che si muovono dai paesi pi lontani per visitarle, passeggiando nelle loro strade. veramente sostenibile lapparente sospetto contemporaneo che tutto questo sia avvenuto perch i nostri antenati non avevano niente di pi importante da fare? O non pi credibile che noi stiamo perdendo il senso della vita? Noi corriamo, certamente facciamo pi cose e pi rapidamente dei nostri predecessori, ma poi abbiamo diritto (non solo bisogno) alle ferie, manteniamo un esercito di psicologi, consumiamo quantit spaventose di psicofarmaci. Le nostre citt sono piene di chiese, di monumenti, di palazzi, di fontane, di edicole sacre, di pavimentazioni differenziate, di giochi di luce, di prospettive. Percorrendole si sempre esposti alla sorpresa, alla meraviglia. Invitati alla sosta per ammirare, per pregare, per incontrare qualcuno. Insomma le citt sono dei percorsi. facilmente prevedibile che il bambino che percorre queste vie si arricchisca anche a livello cognitivo. Erano citt pensate per essere percorse a piedi. Perch solo camminando si possono apprezzare quei particolari, quelle preziosit. E oggi, noi cittadini privilegiati di questi splendori, cosa facciamo? Se possibile cerchiamo di passare sotto, sotto queste meraviglie: il sogno del cittadino contemporaneo la metropolitana. Se non possibile, allora cerchiamo di passare sopra a queste meraviglie o comunque passare veloci. Nascono cos le sopraelevate, le tangenziali, le strade di percorrenza veloce. Se comunque anche queste soluzioni preferenziali non sono possibili perch la citt resi2 utile riflettere sul senso del bello che avevano i nostri vecchi, certamente meno istruiti di noi e destinati ad una vita pi dura della nostra. Tornivano, intagliavano e decoravano le impugnature dei loro strumenti di lavoro, dipingevano con fiori e scene esotiche i carri su cui avrebbero passato una vita di lavoro pesante.

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ste con le sue stupide stradine strette e tortuose e con i suoi anacronistici monumenti, allora cerchiamo di muoverci dentro una scatola a motore che ci impedisca di fermarci, di ammirare, di sorprenderci. Il fatto che lautomobile sia la nuova padrona della citt, porta una serie di conseguenze, anche culturali, importanti. Andando in macchina le bellezze della citt perdono di importanza, perch non si notano, non si vedono. Correndo a cinquanta chilometri allora e dovendo stare attenti al traffico non si possono notare gli scorci, le prospettive, i particolari che grandi artisti hanno realizzato anche per noi nei secoli passati. Ma non solo questo. Le automobili hanno una loro idea di citt, una loro estetica e la stanno imponendo. una estetica profondamente diversa dalla nostra, quella dei garage (individuali o collettivi, sotterranei o aerei, a silos, multipiani...), delle stazioni di servizio (sempre luminosissime, grandissime e tutte uguali); dei segnali stradali, dei cartelloni pubblicitari (semplici e grandi per essere visti in corsa); quella dellasfalto (meno rumoroso dellacciottolato), del guardrail (pi sicuro); quella dei clacson e delle sirene antifurto (anche se svegliano i bambini e mettono paura); quella dei depositi di carcasse di macchine, che stanno costruendo un ultimo anello cimiteriale intorno alle nostre belle citt e alle nostre brutte periferie. Quando si evidenziato un conflitto fra la sicurezza dellautomobilista e il diritto di continuare a vivere di alberi e viali anche di grande importanza estetica, paesaggistica e per la salute delle citt, non si avuto nessun dubbio, non si sono esplorate soluzioni alternative come la deviazione delle strade o il rallentamento della velocit, si sono semplicemente abbattuti gli alberi. E che lestetica delle automobili sia in aperto conflitto con quella delluomo, almeno cos come i nostri antenati lhanno espressa, dimostrato dal fatto che in questi ultimi cinquantanni le automobili hanno danneggiato, con linquinamento e con le vibrazioni, i monumenti delle citt
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pi di quanto fossero stati capaci di fare incendi, guerre e terremoti nei secoli e nei millenni precedenti. Per ultima va segnalata la prepotente voglia di protagonismo dellautomobile. praticamente impossibile vedere o fotografare uno scorcio delle nostre citt senza una macchina in campo. Non c isola pedonale o ferragosto che tenga: unautomobile, magari quella dei vigili urbani o dellonorevole o del diplomatico, impedir di vedere una via o solo un monumento cos come stato pensato e realizzato dal suo progettista. Nessuno vuol rinunciare allautomobile. Credo saggio e doveroso per rinegoziare il suo e il nostro rapporto con la citt. La citt torner ad essere bella solo se sar di nuovo possibile percorrerla a piedi. Oggi gli spostamenti sono dei trasferimenti da punto a punto, pi in fretta possibile. Dobbiamo tornare a provare il piacere dei percorsi3.
3 Nel 1995 si tenuto a Firenze un convegno nazionale sulla lentezza intitolato: Il mondo ha tempo da perdere organizzato dalla COOP. Nel mio intervento Chi ha ancora voglia di perdere tempo con i bambini? esordivo con queste riflessioni: per andare da Roma a Firenze si pu percorrere la Cassia. Questo non rappresenta solo un trasferimento, ma significa passare per paesi e cittadine, attraversare paesaggi diversi, vedere, incontrare. Significa fermarsi, rallentare e accelerare, stupirsi e arrabbiarsi. Questo richiede tempo, ma quel tempo non perso. In quel viaggio c qualcosa di pi dello spostarsi, c il piacere. Occorre rallentare nei paesi, raccoglierne le immagini, i rumori, le abitudini; fermarsi a mangiare i prodotti e i piatti tipici. possibile mangiare la finocchiona, le pappardelle alla lepre, i fagioli bianchi, accompagnarli con il Rosso di Montalcino o con il vino Nobile di Montepulciano. Significa avvicinarsi e allontanarsi rispetto ad un paesaggio che cambia, seguendo gli strani ghirigori della strada, pensata pi per far incontrare che per fare in fretta, salendo e scendendo seguendo le morbide rotondit delle colline toscane. Oppure, sempre per andare da Roma a Firenze, si pu invece passare sullautostrada del Sole e allora sar una esperienza totalmente diversa. Scopo principale dellautostrada lo spostamento da punto a punto, da casello a casello, con il minor numero possibile di distrazioni e di impedimenti; abbattere i tempi, permettere la velocit. Le autostrade sono tutte uguali, le stazioni di servizio sono tutte uguali e tutte ugualmente efficienti e rapide; cos come sono uguali i posti di ristoro: si pu mangiare un panino fattoria in tutte le localit italiane. Di fronte ad un ostacolo naturale lautostrada preferisce passare sotto terra o per aria anzich seguire le diversit del terreno: non bisogna distrarsi, non bisogna ridurre la velocit, non bisogna perdere tempo. Effettivamente il tempo ridotto, ma tempo perso. Per quanto breve serve solo a spostarsi. Una sensazione simile la provo quando scelgo laereo invece del treno per

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Se noi adulti non abbiamo il tempo per queste frivolezze, peggio per noi, ma non priviamo di questo piacere, di questa necessit, i nostri bambini, i nostri vecchi e tutti quegli adulti stranieri che vengono a visitare le nostre citt. Se si torner a percorrere la citt allora i nostri urbanisti, i nostri architetti, i nostri artisti, dovranno di nuovo preoccuparsi di sorprendere, di gratificare, di accompagnare i concittadini per le strade. Allora sar importante restituire spazio al passeggio, curare la pavimentazione dei marciapiedi, restringere le strade, creare aree di sosta, di incontro, restituire le piazze alla gente e al gioco dei bambini. Insomma ci sar tanto da lavorare per rifare belle le citt. C chi pensa che questi progetti sono lussi che non possiamo permetterci. Questo sarebbe vero se fossimo cos cinici da rinunciare al nostro patrimonio artistico. Se cos fosse effettivamente potremmo lasciare marcire i nostri monumenti e accogliere senza rimpianti la nuova citt delle auto, della velocit, del rumore, dello smog. Ma purtroppo non lo siamo, non siamo capaci di fare a meno delle nostre opere darte e allora investiamo capitali enormi nei sempre pi frequenti, costosi e disperati interventi di restauro. Se cercassimo di eliminare le cause di questo degrado, faremmo una scelta non solo culturalmente doverosa, ma anche economicamente vantaggiosa. C poi il grande problema delle periferie, che belle non sono e che non possiamo abbattere. Ma se crescer questa consapevolezza dei diritti dei cittadini, a partire dai pi piccoli e dai pi deboli, se verr riconosciuto il diritto di vivere la citt, di percorrerla, di incontrarsi e divertirsi, si dovr cominciare a pensare che anche le nostre periferie
esempio sul percorso Roma-Milano. Il tempo di volo ovviamente molto pi breve, ma il viaggio complessivo varia di poco, dalle tre ore, tre ore e mezza per il viaggio in aereo alle quattro ore in treno. Ma le ore in aereo sono perse, spezzettate in tanti brevi percorsi diversi, in tante procedure; mentre le ore di treno sono tutte buone, per leggere, per scrivere, per disegnare.

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hanno il diritto di essere belle. una bella sfida che gli amministratori debbono lanciare ai progettisti, agli urbanisti, partendo dalla consapevolezza che spesso le periferie hanno buone potenzialit per diventare adatte ai bambini, con i loro spazi irrisolti, con i loro pezzi di natura dimenticati dalla cieca urbanizzazione. Si dovranno utilizzare tutti gli spazi non ancora costruiti per restituirli alluso sociale. Si dovranno creare aree pedonali periferiche; liberare le piazze, se ci sono, e restituirle ai cittadini; inventare piazze dove non sono state previste. Si potranno risanare le vecchie strutture di archeologia industriale (fabbriche, fornaci, magazzini) e renderle spazi di uso pubblico. Si dovr pensare ai marciapiedi, ai monumenti, alle fontane. Avviare insomma un grande progetto di risanamento sociale ed estetico delle periferie. In questo grande progetto i bambini hanno molto da dire e da dare, perch le scelte ragionevoli non bastano pi, occorre osare, inventare, cercare idee nuove che ai bambini certo non mancano.

Il Piano Regolatore Generale


Limpegno di revisione e di trasformazione della citt a partire dal bambino potr toccare sia gli interventi su grande scala come il Piano Regolatore Generale (PRG) o il Piano Urbano del Traffico (PUT), sia piccoli progetti legati alle occasioni di gioco per i bambini, di passeggio, di incontro e di sosta per gli adulti intorno alle loro case. Assumendo lottica del bambino molti dei grandi problemi della citt si vedono pi chiaramente ed escono dalle ambiguit del dibattito adulto attualmente in corso. Naturalmente qui non si presume di trattare questi argomenti tecnici con la competenza dellurbanista, del pianificatore. Si vuol solo proseguire coerentemente ad applicare questa ottica bambina nellanalisi della citt e nella proposta del cambiamento. Preparare un nuovo PRG
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significa ridisegnare la citt. Se la citt riconosce il diritto di cittadinanza a tutti i suoi cittadini il PRG dovr essere specchio di questa scelta4. Disegnare una citt pi adatta ai bambini significa disegnarla pi bella, pi vivibile e quindi pi adatta per tutti.

Una citt a dimensione di bambini Negli ultimi decenni le citt hanno enormemente aumentato la loro grandezza, in tempi troppo rapidi e quindi senza uno sviluppo riflettuto e programmato, guidato da ragioni prevalentemente speculative e quindi senza preoccupazioni n estetiche n sociali. La citt diventata enorme e pericolosa senza riuscire a creare nuove identit, nuove appartenenze. Innanzi tutto occorre ridare al cittadino, a partire dai bambini, la possibilit di riconoscere la propria citt e di riconoscersi in essa. Occorre ridare alle citt una dimensione compatibile con le capacit di conoscenza e di controllo dei cittadini e soprattutto dei bambini. Da questo punto di vista diventa corretta e improrogabile ladozione del progetto di Area Metropolitana che suddivide la metropoli in vari Comuni che non superino i cento, centocinquantamila abitanti, che potrebbero corrispondere alle attuali circoscrizioni. Ogni municipio dovr avere le caratteristiche proprie di un ente locale. Autonomia. Un Comune, con un suo nome, una sua sede, un suo gonfalone, un suo sindaco, un suo Consiglio
4 Quando incontrai per la prima volta il sindaco di Palermo, che mi chiedeva di assumere un incarico di consulenza per il progetto La citt dei bambini nella sua citt, mi chiese di lavorare insieme allarchitetto Cervellati, che sta preparando il nuovo PRG di Palermo, perch gi dal PRG e dalle scelte ad esso connesse si potesse capire che la citt aveva scelto i bambini. Mi sembra una bella sfida culturale e una grande scommessa sulle potenzialit di questa nuova filosofia di governo.

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comunale. Titolare di tutti i diritti che i Comuni attualmente hanno e, speriamo presto, di tutti quei trasferimenti fiscali e di poteri di governo che lo Stato passer alle citt, la sede pi adeguata, almeno nella nostra cultura e rispetto alla nostra storia, di un autentico decentramento. Si dovr poi inventare come amministrare la metropoli, associando i vari municipi per tutti gli interessi comuni o per tutti i progetti sovracomunali. Ci sono esperienze straniere da studiare e ci sono le nostre esperienze di gestione per esempio della viabilit, che passa da competenze comunali a quelle provinciali a quelle statali a seconda dei territori e degli enti interessati. Riconoscibilit. In ognuno dei Comuni metropolitani si dovranno effettuare delle scelte urbanistiche ed architettoniche tali da favorire un senso di identit della popolazione: ricreare un centro cittadino, delle piazze, le sedi degli uffici pubblici, i monumenti; luoghi di incontro, di esposizione, di spettacolo. Naturalmente sar importante che gli amministratori chiamati a queste operazioni tengano nella massima considerazione le tradizioni, le naturali aggregazioni dei luoghi e valorizzino i loro monumenti, da quelli pi aulici e noti dei centri storici, alle aree di archeologia industriale delle periferie, legate alla storia sociale dei quartieri e della citt. Vale la pena sottolineare ancora la difficolt di sviluppo di una adeguata organizzazione spaziale nei bambini che sono cresciuti nelle periferie anonime e prive di forti indicatori ambientali, rispetto ai loro compagni cresciuti nei centri storici5. Questo significa che la citt brutta provoca anche patologie cognitive (oltre che sociali) e che, se questo avviene nei bambini, le popolazioni delle periferie costruiranno di conseguenza il loro futuro anche su queste limitazioni, sommando difficolt a difficolt.
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Lynch, 1960; Bonnes, Rullo, 1995.

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Percorribilit. Va affermato un importante principio di democrazia: che tutti i cittadini possano raggiungere i luoghi di loro competenza e di loro interesse da soli. Questo rende il cittadino autonomo e libero. In particolare importante garantire ai bambini una loro autonomia nelluscire da casa, recarsi a giocare con gli amici e andare a scuola a piedi da soli; garantire ai portatori di handicap percorsi senza barriere e senza soluzione di continuit; garantire agli anziani passaggi pedonali e attraversamenti sicuri per incontrarsi fra loro, per andare a ritirare la pensione, a fare la spesa, al cinema, in chiesa, ecc. importante assicurare a tutti i cittadini una reale possibilit di movimento, di andare a scuola, al lavoro, a divertirsi con mezzi diversi dallauto privata e in primo luogo a piedi e in bicicletta.

Un piano urbano della mobilit Se la citt deve essere pi percorribile allora non possiamo impegnarci in un PUT, perch in questo caso siamo gi dentro unautomobile e tutti i problemi finiremo per leggerli e per affrontarli dal punto di vista dellautomobilista. Obiettivo dichiarato dei PUT in genere la fluidificazione e la velocizzazione del traffico (anche la lingua delle macchine lascia a desiderare). Suoi strumenti abituali sono lallargamento delle strade, il loro raddrizzamento, linstallazione di semafori intelligenti, ladozione di sensi unici, ecc. Sono tutti interventi che di solito non ottengono il risultato desiderato, e che rendono pi difficile la vita di tutti quelli che non usano la macchina propria. Non ottengono il risultato previsto perch nelle nostre citt circola in media meno della met delle macchine possedute dai cittadini. Una met rimane nei garage, nei parcheggi, perch muoverle non vale la pena: traffico troppo
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lento, pochi parcheggi, rischio di multe. Nelle citt esiste quindi un esercito di riserva che attende che le condizioni diventino pi favorevoli per potersi mettere in movimento. Se quindi si procede rendendo pi fluido il movimento delle auto, pi facile il parcheggio, anche se a pagamento, lesercito di riserva si muover. Dopo le modifiche si avranno alcuni giorni di miglioramento del traffico e poi laumento delle auto in movimento vanificher i benefici. Avremo di nuovo un collasso della circolazione, ma con una percentuale di auto molto pi alta e allora le soluzioni diventeranno pi difficili e forse impossibili. E in tutta questa operazione la condizione dei pedoni e dei ciclisti, che non mai stata presa in considerazione, subir un grave peggioramento. Questa non la previsione catastrofica di un pessimista, la verifica effettuata in molti paesi che hanno poi abbandonato queste politiche suicide. Dovremo invece pensare ad un piano urbano della mobilit, partendo dal diritto che tutti i cittadini hanno di muoversi liberamente e senza pericoli nel loro spazio urbano che il suolo pubblico. La citt va restituita ai cittadini, anche quelli che, come i bambini, gli anziani, gli handicappati e molte casalinghe, sono solo pedoni. A loro non servono leggi pi severe, ma una citt fatta in modo diverso, con marciapiedi in tutte le strade, rigorosamente liberi dalle macchine, dalle merci dei negozianti e dai segnali stradali, dai quali scendere senza gradini. Strade che si possano attraversare senza difficolt e senza pericolo. Zone pedonali anche nei quartieri periferici. Se poi desideriamo veramente che le nostre citt diventino pi leggere, dovremo privilegiare sistemi di mobilit alternativa a quella a motore. Una cura particolare si dovr dedicare agli spostamenti in bicicletta, almeno tutte le volte che le caratteristiche della citt lo consentono. Le piste ciclabili non possono limitarsi a strisce di strada separate da righe gialle o cordoli dalla carreggiata delle macchine, perch non sono sicure, perch sono insa84

lubri essendo esposte ai gas di scarico (non si rinuncer mai alla macchina se questa pi sana e sicura della bicicletta). N vanno pensate prioritariamente come occasione di attivit sportiva, ma come vere alternative alle auto nella mobilit urbana per andare a scuola, al lavoro, a fare spesa. Va quindi disegnata una rete di piste ciclabili togliendo alcune strade alle macchine, passando nei parchi, sulle sponde dei fiumi, a ridosso delle ferrovie. Strade riservate, protette, sicure, brevi (i percorsi pi lunghi alle auto che faticano meno) e il pi possibile pulite. Se siamo veramente una societ democratica il piano urbano della mobilit dovr tener conto di una gerarchia di bisogni a partire da quelli dei pi deboli, quindi prima i pedoni, poi i ciclisti, poi i mezzi di trasporto pubblico e infine i mezzi privati. Senza ostracismi, ma con una chiara scelta delle precedenze. Se la mobilit diventa lobiettivo principale, gli strumenti per realizzarla dovranno essere quelli di seguito indicati: Rallentare il traffico automobilistico tutte le volte che questo insiste su zone residenziali. Non sono sufficienti i limiti legali, occorre creare condizioni strutturali che impediscano una maggiore velocit come restringimento massimo delle carreggiate, lasciare il doppio senso di marcia, evitare rettilinei che inducono ad aumentare la velocit. Privilegiare i percorsi pedonali. Quando sorgono conflitti e incompatibilit fra i diritti dei pedoni e quelli delle macchine si garantiscono sempre, prioritariamente, quelli dei pedoni. Strettamente connesso con questo punto il progetto A scuola andiamo da soli che vuol essere un approccio educativo per una modalit diversa di pensare la mobilit nelle future generazioni. Privilegiare i percorsi ciclabili destinando con coraggio alcune strade al solo traffico ciclistico. Lapparente danno alla circolazione delle auto sar compensato dal mi85

nor numero di auto circolanti se un numero sempre maggiore di cittadini si convertir a questo tipo di trasporto. Il progetto A scuola ci andiamo da soli per la scuola media dovrebbe puntare principalmente proprio sulluso della bicicletta. Ridurre e decentrare i parcheggi. Se si vuole aumentare la qualit del centro storico, o comunque delle zone residenziali, occorre impedire il passaggio di auto. Perch questo obiettivo si riveli realizzabile occorre ripensare criticamente la collocazione dei parcheggi in centro perch la loro presenza attira le auto, e decentrarli educando la gente ad arrivare al centro solo con mezzi pubblici, in bicicletta o a piedi. Rendere competitivi i mezzi pubblici. In questo nuovo scenario di citt pi leggera, pi pulita e pi silenziosa va ripensato il problema dei mezzi pubblici. Mezzi pubblici anchessi adatti a tutti i cittadini e quindi di facile accesso, con entrate a livello del marciapiedi, silenziosi, ecologici, puntuali e con percorsi riservati. Dovr insomma essere di gran lunga pi veloce, comodo ed economico muoversi con mezzi alternativi allauto privata. Il cittadino non stupido e sceglie sempre seguendo criteri di economia. Se potr muoversi facilmente con mezzi alternativi, lascer volentieri la sua auto in garage. Dare il buon esempio. Sar infine importante che anche i vigili e la polizia impegnati in area urbana si muovano o a piedi o in bicicletta. I nostri amministratori sono oggi chiamati ad una scelta importante e coraggiosa. Debbono operare le loro scelte con la convinzione che favorendo la mobilit leggera, dei pedoni e delle biciclette, e quella pubblica, luso dei mezzi privati tender lentamente ma regolarmente a diminuire. Questo significa non investire risorse per la fluidificazione del traffico, per lallargamento delle carreggiate, per linstallazione dei semafori intelligenti. Significa
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invece investire in marciapiedi, in attraversamenti sicuri, in piste ciclabili, nel rallentamento del traffico. Questo stanno facendo da alcuni anni molti paesi del centro e del nord Europa ottenendo significativi risultati6.

Ripopolare il centro storico Il centro storico delle citt un luogo dove i bambini potrebbero vivere bene, grazie alle zone pedonali, alle piazze e piazzette, ai giardini, ai monumenti, alle fontane e alla stessa struttura urbana che ben si presta allo spostamento pedonale e al gioco. Daltra parte oggi difficile per le giovani coppie sposarsi e aver figli anche per la carenza di alloggi. Si potrebbe assumere un preciso impegno per recuperare il maggior numero di aree e fabbricati di propriet pubblica del centro storico, degradati, inutilizzati o male utilizzati e destinarli alla edilizia popolare per assegnare gli appartamenti preferibilmente a giovani coppie. Riportare i bambini al centro delle citt sar una operazione di grande valore civico, vi riporter la vita, il chiasso dei giochi. Unaltra categoria che potrebbe essere favorita da tale impegno quella degli anziani che nel centro potrebbero ritrovare una propria autonomia, che nei quartieri periferici fatalmente perdono per la lontananza, laltezza dei fabbricati e la mancanza di stimoli. Vecchi e bambini sono fatti apposta per stare insieme e il centro di una citt il posto migliore per il loro incontro, per la loro complicit.

6 A Copenaghen si sta sperimentando il prestito gratuito di migliaia di biciclette in decine di stazioni di sosta. Il cittadino pu prendersi una bicicletta in una stazione e, dopo averla usata, lasciarla in unaltra stazione, quella a lui pi comoda.

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Rinunciare agli spazi gioco per bambini Gli spazi gioco per bambini, separati e specializzati, sono rigorosamente uguali in tutte le nostre citt e in tutto il mondo, e il loro obiettivo, come si diceva sopra, non di soddisfare le esigenze di gioco dei bambini, ma di rispondere alle preoccupazioni degli adulti. Per fare questo il progettista non solo definisce larea ma indica anche presuntuosamente i tipi e le modalit dei giochi che un bambino vi potr fare. Se proviamo a ricordare quali erano i luoghi migliori per i nostri giochi da bambini7, noteremo con sorpresa che erano quelli che non servivano agli adulti. Penso alle scale, al sottoscala, al marciapiedi, alle case bombardate in citt; alla capanna degli attrezzi, alla scarpata fra la strada e il campo in campagna. Erano anche, quasi sempre, luoghi proibiti, dove si andava a rischiare per divertirsi e per diventare grandi. Tutto questo vale anche oggi, cos come dimostrano numerosi studi e ricerche: ai bambini non piacciono gli spazi rigidamente definiti, separati, dedicati. Preferiscono gli spazi duttili, utilizzabili in maniere diverse a seconda delle esigenze del gioco8. Spesso preferiscono condividere gli spazi degli adulti, inventandosi modalit e usi nuovi e creativi. Si pensi ad esempio come i bambini che hanno la fortuna di avere la loro cameretta fin dai primi anni (ancora uno spazio separato e specializzato), rifiutino sistematicamente di utilizzarla come spazio di gioco e preferiscano invece giocare nella cucina dove sfaccenda la mamma, magari inventandosi fantastici ambienti sotto il tavolo o intorno al lavello.
7 Ho pi volte ricordato che non corretto riandare al passato perch lesperienza che si offre ai nostri bambini assolutamente nuova e richiede proposte e soluzioni nuove, ma se vero che i bambini hanno oggi perduto molte delle loro possibilit di gioco allora, almeno per ritrovare la strada, pu essere utile esaminare le condizioni e le caratteristiche del gioco della nostra infanzia. 8 Si vedano i riferimenti bibliografici su Il gioco e lambiente urbano.

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Il problema vero che noi adulti non siamo capaci di progettare spazi per il gioco dei bambini, e se veramente vogliamo rispondere ai loro bisogni, invece che dedicare, disegnare spazi per loro, dovremmo imparare a lasciare loro degli spazi. Lasciare spazi non significa rinunciare a progettare, significa invece progettare diversamente, con pi umilt, con pi generosit, con pi creativit, pensando che, il come giocare, a che cosa e con cosa, lo sanno i bambini. Lasciare spazi significa regalare. Questo vuol dire che nel disegno della citt dovranno scomparire gli spazi dedicati ai bambini, ed essere invece previsti spazi ricchi, frequenti, vicini, originali, aperti a tutti, adatti ai bambini e agli anziani, a chi vuol leggere il giornale e agli innamorati. Spazi ricchi significa articolati, mossi, con ostacoli, cespugli, muretti, alberi, materiali diversi. Spazi dove ciascuno possa fare ci che vuole, perch non sono mono-uso, non sono dedicati ma sono appunto spazi lasciati. Mi sembra questa una bella sfida per i progettisti, un invito a rinunciare al primato del disegno, al primato del punto di vista dellautore, per dare spazio ad altre ottiche, ad altre prospettive. Scoprire che uno spazio pu essere bello e funzionale anche se non sembra neppure progettato. E per fare questo il contributo dei bambini potr essere importante, forse indispensabile. Il progettista della nuova citt sar un professionista che avr imparato a parlare con i bambini, ad ascoltarli, a capirli, a lavorare con loro e a progettare con loro. Chi sapr tener conto del punto di vista dei bambini trover poi naturale preoccuparsi di quello degli anziani, degli handicappati, dei poveri.

La strada, un luogo di tutti


Ragazzo di strada, donna di strada o il pi recente bambini di strada, sono espressioni che indicano riprovazione, condanna, rifiuto. La strada, simbolo di degrado eco89

nomico e morale, il luogo del massimo inquinamento atmosferico, del chiasso, del pericolo provocato dal traffico; il luogo dei furti, degli scippi, dello spaccio; il luogo dei drogati, dei barboni, degli zingari, dei mendicanti. Di fronte a questo degrado la citt risponde, come gi si detto, difendendosi. La strada nemica e va tagliata fuori, isolata, abbandonata. Il cittadino per bene si chiude in casa, si garantisce nei confronti dellesterno e percorre la strada solo al sicuro della sua auto e, se possiede un cane, la usa come luogo dove portarlo per soddisfare i suoi bisogni. In modo parallelo le persone che sono costrette a vivere nella strada vedono peggiorare le loro condizioni e si allontanano progressivamente da quelli che vivono chiusi in casa. Da un lato i bambini reclusi, soli e affidati alla televisione e dallaltro i bambini di strada, che giocano in mezzo alle immondizie, si inselvatichiscono, diventano aggressivi e pericolosi per garantirsi il necessario per vivere. I reclusi delle case cominciano a temere gli abitanti delle strade, li evitano, li denunciano, arrivano perfino a chiederne la soppressione, fino a pagare sicari, squadroni della morte. Non sto accennando ad una possibile trama di un romanzo di fantascienza, ma a quello che purtroppo sta avvenendo in parte in molte delle nostre citt europee e fino alla terrificante ma coerente conclusione, nelle grandi metropoli sudamericane. Assumere il bambino come parametro di cambiamento significa anche, o forse prioritariamente, ridare alle nostre strade il ruolo sociale, di luogo pubblico, dellincontro, del passeggio e del gioco che hanno avuto e che debbono recuperare. Le strade non diventeranno sicure quando saranno piantonate dalla polizia, dallesercito o dalle ronde volontarie, ma quando verranno conquistate dai bambini, dagli anziani, dai cittadini. La strada frequentata torner ad essere pulita, ad avere i marciapiedi a disposizio90

ne dei pedoni, torner ad essere bella, invitante per il passeggio, per la sosta. Il desiderio pi o meno espresso degli amministratori, delle istituzioni, di poter rimettere dentro i bambini perduti, abbandonati, di strada. Per i casi pi gravi si pensa anche alla reclusione in carcere o in istituto, ma pi comunemente si pensa alla scuola. Lidea comune che se si riuscir a riportarli a scuola, nel luogo di sicurezza dei nostri figli, saranno recuperati. Questo non assolutamente vero, a meno che la scuola non si renda disponibile ad una profonda e radicale conversione. Nella scuola attuale, dove hanno successo gli allievi che sopportano pazientemente cinque ore di immobilit, che sanno leggere e scrivere bene, che sono disposti a studiare anche cose del tutto inutili o comunque difficilmente comprensibili, questi bambini entreranno sempre da perdenti, per essere presto sconfitti. Quando non reggeranno pi lumiliazione di non capire, di non riuscire, reagiranno, nasceranno conflitti insuperabili e torneranno nella strada. Che sia la scuola a rifiutarli o loro a rifiutare la scuola, non cambia nulla. La scuola avr fallito e sar responsabile di un danno maggiore: rimandarli nella strada umiliati e quindi nelle migliori condizioni per accettare il riscatto di chi vorr credere in loro mettendo nelle loro mani una dose di droga o una pistola. Allora mi sembra pi convincente e ricca di prospettiva una soluzione alternativa: riqualifichiamo la strada, liberiamola dalle immondizie, facciamo in modo che il territorio abituale e sicuro di questi bambini, pi liberi e pi svantaggiati, sia bello e sano. Lo sia tanto da invitare i nostri figli, quelli chiusi in casa, a scendere per giocare con loro approfittando delle loro sicurezze e delle loro abilit. Forse poi, tutti insieme, verr loro voglia di andare anche da qualche parte, forse anche a scuola9.
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Si veda la scheda n 19: Un giardino di pietra.

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I bambini che aspettano


Spesso i bambini aspettano, anche per tempi lunghi, mentre i loro genitori fanno la fila, aspettano il treno, visitano un museo. Gli adulti sanno aspettare, sanno perch aspettano, sanno come passare il tempo, o per lo meno sanno rassegnarsi a questa necessit, ma per i bambini pi difficile. Per loro non ha senso stare buoni, in fila, senza fare nulla. Allora manifestano il loro malessere diventando insopportabili, facendo capricci, rendendo cos ancora pi difficile la situazione dei loro genitori e degli altri adulti. Spesso si considerano cattivi i bambini, altre volte imprevidenti i loro genitori. La verit che molto spesso i genitori non hanno alternative al portarsi dietro i figli e quando i bambini sono cattivi vuol dire che stanno vivendo male, che sono maltrattati. La citt dovrebbe farsi carico di questo disagio dei pi piccoli offrendo iniziative e strutture adeguate. Negli uffici pubblici come lanagrafe, le circoscrizioni, le sedi USL, nei musei, nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti, insomma in tutti i luoghi dove le persone aspettano e dei bambini potrebbero dover aspettare con loro, si dovrebbero aprire locali dove i bambini possano giocare tra loro, trovare dei giocattoli, leggere un libro, disegnare, ecc. In alcuni casi una persona li accoglier, li aiuter a passare bene il tempo, mentre i genitori faranno la loro coda. Con un po di ingegno le varie sedi potrebbero offrire, per il gioco dei bambini, attivit pertinenti alle loro caratteristiche, diventando cos una proposta significativa ed originale. Lufficio postale per esempio potrebbe avere una piccola sala nella quale i bambini possano giocare allufficio postale, con timbri, bilancia, vecchi francobolli, lettere da scrivere, ecc. Sono iniziative che certamente hanno un loro costo, ma anche il malessere dei cittadini ha un suo costo. Oggi abbiamo meno bambini e quindi abbiamo docenti in esu92

bero. Invece di inventare mille trucchi per aumentare gli insegnanti e ridurre gli alunni in ogni classe, una parte degli insegnanti potrebbe, se lo desiderano, assumere questi nuovi ruoli di animatori di attivit per i bambini nella citt. La proposta non coerente con la denuncia pi volte sottolineata dei luoghi separati e specializzati, ma, in attesa di una citt pi adatta ai bambini, sembra un necessario male minore. Questi sarebbero piccoli atti di affetto della citt verso i cittadini pi piccoli, particolarmente apprezzati dagli adulti. Il sindaco dovrebbe per primo affrontare questo problema nei luoghi di sua competenza come lanagrafe, le circoscrizioni, gli uffici tributari, per affermare nella pratica la sua scelta nei confronti dei bambini, per dare il buon esempio. Potrebbe poi invitare tutti gli enti pubblici e privati, perch anche loro pensino ai bambini, e mettere a loro disposizione la consulenza e laiuto del Laboratorio La citt dei bambini.

Le strutture alberghiere e di ristorazione


Sempre pi spesso capita che i bambini accompagnino i genitori in ristoranti ed alberghi. Dovrebbero essere per loro esperienze nuove, eccitanti, desiderate, cos come lo sono in genere per gli adulti, e invece sono spesso esperienze stancanti e frustranti. In particolare i bambini mal sopportano i ritmi e i tempi degli adulti. Gli adulti prendono laperitivo e parlano, dopo mangiato prendono il caff e parlano; i bambini aspettano. Agli adulti piace passare molto tempo a tavola, perch una buona occasione per stare insieme, per scambiare opinioni e informazioni. Il bambino spesso solo, comunque escluso da questi discorsi, che toccano ar93

gomenti che non conosce o non lo interessano, come le confidenze sui vari conoscenti o le discussioni sui temi della politica. Col bambino gli adulti risolvono il problema della sua presenza e del suo coinvolgimento chiedendo alcune informazioni sulla sua scuola: sembra che il mondo dei bambini cominci e finisca dentro laula scolastica. Poi c il problema del piatto pieno e la convinzione degli adulti che un bambino non sia in grado di valutare n la qualit, n la quantit del cibo. Per gli adulti mangiare un piacere, per i bambini un dovere. Naturalmente questo tende a creare un rifiuto da parte dei bambini e quindi il quotidiano conflitto su quello che piace e quello che fa bene. Per lalbergo c infine il problema della libert. Questo posto speciale, dove c qualcuno che pulisce, che rif i letti e dove i grandi si sentono particolarmente liberi, per i bambini spesso un luogo di maggiori difficolt e limitazioni. I bambini sono consapevoli di tutto questo e hanno idee chiare nel formulare proposte, come si potr vedere nella esperienza di Fano10. Sono proposte semplici, realizzabili, che forse avremmo potuto pensare anche noi adulti. I bambini chiedono di mangiare fra loro, di servirsi da soli, di avere pi autonomia, di poter amministrare il loro tempo. Chiedono insomma per loro quello che noi adulti pretendiamo per noi.

Lospedale pediatrico
Anche lospedale dovrebbe diventare adatto al bambino, riconoscendo i suoi diritti, le sue caratteristiche, i suoi bi10 Si veda lesperienza che si sta sviluppando a Fano riferita nella scheda n 14: Un marchio di qualit bambini per alberghi e ristoranti.

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sogni; senza dimenticare mai che prima di essere un paziente un bambino. Il bambino non dovrebbe mai andare in ospedale, se questo non assolutamente indispensabile; dovrebbe essere lospedale ad andare da lui, con i suoi medici, con i suoi infermieri, se necessario con unit mobili. Un tale funzionamento dellospedale dovrebbe essere pi economico e meno traumatico per i piccoli pazienti, che potrebbero evitare il distacco dalle proprie case, dagli affetti, dalle sicurezze. Quando necessario che vada in ospedale importante che non ci dorma. Il momento del sonno quello che crea pi disagi affettivi al bambino. Anche a casa, daltronde, vissuto come un distacco e per questo si creano i complessi rituali dellaccompagnamento, della fiaba, del bacio della buona notte. Se deve dormire in ospedale, ci debbono essere due letti, uno per il bambino e uno per il genitore, in un ambiente accogliente e che possa essere personalizzato con i giocattoli, le cose a cui legato affettivamente. Questo, che oggi potrebbe sembrare un lusso, in un ospedale che ricovera solo eccezionalmente, potr diventare possibile. Il bambino ricoverato deve stare a letto il meno possibile, se questo compatibile con le sue condizioni. Bisogna rompere questa strana abitudine ospedaliera che identifica il paziente con il suo letto, che lo priva di tutti i simboli della sua identit, perfino dei vestiti, impedendogli ogni via duscita, facendolo sentire in trappola. Naturalmente se il piccolo paziente pu stare fuori dal letto, deve avere luoghi diversi in cui passare il tempo, in modo interessante e produttivo, insieme agli altri bambini ricoverati e ai suoi amici che lo vengono a trovare. Luoghi di gioco, materiali per giocare, per dipingere, per manipolare, per costruire. Questi luoghi possono essere al chiuso e allaperto. opportuno che ci sia un luogo pi raccolto dove leggere, studiare, scrivere, disegnare, dota95

to di una buona biblioteca, del computer, dei vari materiali. Un luogo dove vedere la televisione, forse meglio a circuito chiuso e con una buona videoteca, piuttosto che non collegata ai programmi di rete che farebbero il bambino di nuovo schiavo dei cartoni di basso livello e della pubblicit. Naturalmente queste risorse saranno a disposizione anche dei bambini che non possono lasciare il letto, con adeguati supporti (tavolinetti, piani mobili, televisore nelle stanze, biblioteca mobile). Si dovranno anche studiare adeguate soluzioni per quando i bambini si trovano in particolari condizioni materiali (per esempio quando non possono utilizzare una mano per la flebo) o psicologiche (per esempio quando perdono i capelli per le terapie oncologiche). Una cura particolare si dovr porre nella preparazione dei bambini agli interventi pi traumatici, dalla iniezione allintervento chirurgico. Per questo pu essere importante avere angoli di gioco dove i bambini possano giocare al dottore, usando mascherine per lanestesia, siringhe, bende, ecc. molto bello che alcuni ospedali chiamino dei clown per far compagnia ai piccoli pazienti. Anche in questo caso un bravo clown dottore (e in genere sono bravi) pu fare molto per esorcizzare la paura dei bambini. Compatibilmente con le sue condizioni di salute dovr essere garantito il massimo collegamento del bambino con il mondo esterno e in particolare con i suoi amici, sia per il gioco che per la scuola. Bisogna stare attenti a non considerare la scuola come unico interesse del bambino e come unico aggancio al mondo esterno. Sarebbe opportuno che gli amici potessero venire nelle ore che desiderano, senza eccessive limitazioni. Se capiteranno durante la visita o le piccole medicazioni, potr essere per loro una utile esperienza e potranno, con la loro presenza, incoraggiare i piccoli pazienti. Il bambino in ospedale non dovrebbe modificare i suoi orari abituali. Non facile capire perch una persona che
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sta male, che deve lasciare il suo ambiente abituale, che deve prepararsi ad esperienze preoccupanti e spesso dolorose, debba anche modificare radicalmente le sue abitudini: essere svegliato allalba per misurare la temperatura, pranzare a mezzogiorno e cenare alle sei, per poi affrontare lunghissime serate senza sapere come passare il tempo. La spiegazione che sempre mi stata data che questi orari sono funzionali ai turni del personale paramedico. Ma siamo matti? possibile che un servizio cos delicato venga offerto alle condizioni di chi lo fornisce e non di chi lo riceve? Le abitudini debbono quindi essere rispettate e allora, per esempio, la sveglia con la colazione sar alle otto, il pranzo alle tredici e la cena alle venti. Tenendo conto di questi orari il personale decider in tutta libert e autonomia come organizzare i turni. Dovranno essere attentamente evitate le immagini e le suggestioni paurose, le pareti rigorosamente bianche, i lettini da ospedale, i camici bianchi, i ferri chirurgici bene in vista e tintinnanti nel carrello anche se si deve solo cambiare una fasciatura o misurare la temperatura. Sarebbe bene che i bambini che debbono trascorrere lunghi periodi in ospedale possano essere ascoltati, essere consultati. Potrebbe esserci un Consiglio dei bambini che esprime i suoi pareri, che discute con i medici, che realizza suoi messaggi, suoi manifesti, in spazi riservati. Questa esperienza di partecipazione dovrebbe essere seguita da un adulto che possa garantirne la continuit. Potrebbe essere un medico o un infermiere, che abbiano desiderio e capacit di allargare il loro settore di intervento. Piccole cose che per farebbero sentire i piccoli malati meno estranei e pi partecipi. Il reparto pediatrico dovr scegliere e poi formare i suoi operatori, medici e paramedici, anche per la loro capacit di stare con i bambini. Si pensi che il Comune di Reggio Emilia per le sue scuole dellinfanzia ha assunto un burattinaio. Un ospedale pediatrico potrebbe a ben ragione
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avere un animatore, un clown, ecc. Alcune di queste figure saranno certamente reperibili fra il personale in servizio, altre potrebbero essere fornite da appositi accordi con il Provveditorato agli studi e con il Comune. Anche in questo caso credo si comprenda immediatamente luso strumentale dei bambini. Se lospedale pediatrico cambiasse si potrebbe poi chiedere allospedale per gli adulti di cambiare, perch tutto quello che si detto sopra per i bambini credo possa valere esattamente anche per i grandi. Non scrivo questi appunti sullospedale solo per una coerente applicazione dei principi generali del progetto, ma perch ho vissuto vicino ad un bambino di sette anni gli ultimi suoi cinque mesi di vita. Questo bambino stato per me un grande maestro. Era malato di tumore al cervello, era sereno, desideroso di giocare. stato cinque mesi a letto, spesso senza reale necessit, tanto che alcuni suoi compagni di sventura facevano le terapie in day hospital. Per la maggior parte del tempo aveva un braccio immobilizzato dalle flebo. La mamma ha passato cinque mesi su una seggiola, potendo allungare una sdraia la notte, solo per la tolleranza del personale. Pur essendo curato con tutta lattenzione necessaria e anche con molto affetto da tutto il personale, questo bambino ha passato gli ultimi cinque mesi di vita senza che nessuno, tranne la madre e noi suoi amici, si preoccupasse del suo bisogno di giocare. Ho vissuto questa esperienza, cos dura e cos ricca, come una grande ingiustizia. Non si pu togliere ad un bambino la possibilit di giocare. Non possono passare cos i suoi ultimi mesi di vita.

Una scuola adatta ai bambini


Ho lavorato con la scuola e nella scuola, come ricercatore, per trenta anni. Ho partecipato attivamente a varie
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proposte di innovamento metodologico e pedagogico e continuo ad occuparmi di educazione scolastica ed extrascolastica. Ma fino a che non mi sono occupato della citt, fino a che non mi sembrato assurdo che i bambini non avessero nella citt n voce n potere, pur essendo cittadini, fintanto che non abbiamo cominciato a realizzare forme concrete di partecipazione dei bambini alla modifica e alla progettazione della citt (dal Consiglio dei bambini ai bambini progettisti), fino ad allora non mi ero reso conto che nella scuola i bambini non contano niente. Nessuno si preoccupa di conoscere il loro parere. Gli organi collegiali riconoscono la rappresentanza studentesca solo nelle scuole medie superiori. come se i bambini di tre, di otto, di dodici anni non avessero idee, opinioni, preferenze. Daltra parte non stupisce nessuno, n gli insegnanti, n i genitori e men che meno gli stessi bambini, che gli alunni non amino la loro scuola, che ci vadano malvolentieri, che desiderino larrivo dellintervallo, della domenica, delle vacanze. Per la citt cominciamo a pensare di non poter prescindere dal contributo dei bambini, eppure la citt non fatta solo per loro. Per la scuola continuiamo ad ignorarli pur essendo fatta solo e appositamente per loro. Per la citt abbiamo creato un Consiglio dei bambini11, chiedendo ad ogni scuola della citt di inviare due rappresentanti, ma le scuole della citt fino ad ora non hanno pensato di darsi anche loro, al loro interno e per il loro funzionamento, una organizzazione democratica.

Una esperienza di democrazia La scuola di tutti i livelli dedica tempo alla educazione civica. Intende cio insegnare le basi della democrazia, ma
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Si veda la scheda n 2: Il Consiglio dei bambini.

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la democrazia non si pu insegnare, occorre viverla. Questo potrebbe essere un primo e importante impegno che la scuola assume facendo propria la filosofia di questo progetto: creare occasioni di reale partecipazione democratica alla sua gestione da parte degli allievi di ogni livello. Questa proposta potrebbe realizzarsi dando il valore pi alto allassemblea di classe, che potrebbe esprimere due rappresentanti, un maschio e una femmina, per formare il Consiglio di scuola dei bambini. I rappresentanti potrebbero incontrarsi periodicamente fra loro per discutere i problemi della scuola e le proposte da avanzare. Potrebbero incontrarsi da soli o insieme ad un insegnante delegato a seguire i lavori del Consiglio. Il dirigente scolastico potrebbe chiedere la convocazione del Consiglio per discutere con i rappresentanti degli allievi alcuni punti della organizzazione scolastica. Il Consiglio, in alcune occasioni particolari, potrebbe incontrarsi con il Consiglio di circolo o di istituto, o con il Collegio dei docenti, per comunicare proposte e proteste, esattamente come avviene fra il Consiglio dei bambini e il Consiglio comunale nel Comune di Fano e come avverr presto negli altri Comuni interessati al progetto. Sarebbe auspicabile che il Consiglio di scuola avesse uno spazio dove incontrarsi, da arredare liberamente. Potrebbe avere delle risorse economiche, magari raccolte con iniziative degli stessi studenti, da amministrare; uno spazio murale libero e riservato per la comunicazione con i compagni di scuola. Potrebbe avere un monte ore da usare secondo le proprie indicazioni. Gli studenti delle scuole superiori mandano da alcuni anni segnali precisi con le loro esperienze di autogestione. Sarebbe diverso se tutti gli studenti, a partire dai primi anni di scolarit, avessero spazi e tempi propri, per esprimersi, per protestare ma anche per proporre e per organizzare. Naturalmente questo non significa affermare che la scuola debba essere organizzata come vogliono gli allievi:
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vuol dire che non ha senso pensare, amministrare, organizzare la scuola, a prescindere da quello che gli allievi pensano. Vuol dire tenerne conto. Ma vuol dire anche porre in essere una esperienza di democrazia, a volte diretta, a volte delegata, che potr valere certamente molto di pi di tante lezioni di educazione civica. Quando la citt organizza un suo Laboratorio La citt dei bambini e apre un Consiglio dei bambini allora saranno i Consigli di scuola dei bambini che esprimeranno due loro delegati, sempre un maschio e una femmina, per rappresentare la scuola. I delegati non si sentiranno soli, avranno la possibilit di riferire attraverso il Consiglio di scuola e le assemblee di classe i risultati delle riunioni del Consiglio dei bambini a tutti i compagni e di raccogliere le loro proposte per lincontro successivo.

Una esperienza di educazione ambientale: progettare la propria citt Oggi si parla molto di educazione ambientale e spesso la scuola si impegna in progetti di educazione ambientale, ma quasi sempre si tratta di argomenti naturalistici o di rifiuti solidi urbani. Si studiano il bosco, il fiume, linquinamento, il riciclaggio o la raccolta differenziata dei rifiuti. La prima preoccupazione delleducazione ambientale dovrebbe essere invece quella di aiutare gli allievi a conoscere e a controllare lambiente dove vivono. Conoscere lambiente sperimentandolo, percorrendolo, vivendolo e poi studiarlo operativamente per comprenderne la storia, le caratteristiche, i limiti, le risorse, in vista di un intervento operativo, reale, in collaborazione o in conflitto con gli amministratori, per garantire alla propria citt un futuro migliore, uno sviluppo sostenibile. La scuola diventerebbe cos un laboratorio di studi am101

bientali e di intervento territoriale, attraverso lanalisi dei problemi e la progettazione partecipata di spazi urbani e di soluzioni ai problemi incontrati. Per fare questo cercher la collaborazione degli uffici pubblici (dal catasto ai lavori pubblici, dai vigili urbani allassessorato allurbanistica) e di professionisti esperti nei settori indagati (architetti, urbanisti, sociologi, economisti, ecc.)12. La scuola potrebbe cos diventare una istituzione capace di compromettersi, di portare il suo impegno fuori delle sue mura, confrontandosi con la realt, con la gente, con le autorit, prendendo posizione, protestando. Insomma la scuola potr scrivere sulla sua porta quella parola cos impegnativa che don Milani scrisse sulla porta della sua scuola, nella canonica di Barbiana: I care13.

Una esperienza di educazione stradale: percorrere la citt La scuola svolge programmi di educazione stradale e i Comuni mettono a disposizione delle scuole materiali come video, libretti, manifesti e spesso anche la disponibilit dei vigili urbani che vanno nelle classi a trattare questo argomento. Questi materiali hanno costi notevoli e servono a ottenere risultati banali. Nella maggior parte dei casi si tratta di lezioni di educazione stradale, di presentazione dei segnali stradali o delle norme del codice. Si tratta ancora della scuola che i nostri bambini rifiutano e che quindi non riesce ad incidere su di loro. Se al maestro si sostituisce il vigile il risultato non migliora, perch questo signore cerca ugualmente di fare lezione e non ne capa12 Su questi argomenti si vedano le schede n 11: Io e la mia citt e n 4: I bambini progettisti. 13 I care, verbo inglese, significa mi interessa, mi preoccupa, mi faccio carico. il contrario di I dont care che traduce il Me ne frego fascista. La scritta ancora visibile a Barbiana, sulla porta della scuola.

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ce. Quindi togliamo dei professionisti importanti dalle nostre piazze, dalle strade, e li mettiamo a far cose che non sanno fare. Le nozioni che si trasmettono non modificano in nulla il comportamento reale e non servono assolutamente a formare un cittadino pi indipendente e consapevole dei suoi diritti e dei suoi doveri. La scuola potrebbe invece sostenere con le famiglie la necessit che i bambini, fin dalla prima elementare, vengano a scuola da soli, a piedi, mettendosi daccordo con i compagni pi grandi, ritrovando un minimo di autonomia e sperimentando praticamente i loro diritti e i loro doveri come pedoni. Su questa nuova esperienza si pu discutere, si possono organizzare iniziative. Si possono effettuare sopralluoghi per verificare i vari percorsi, per identificare i passaggi di maggiore pericolo e studiare insieme le modalit migliori per evitare i pericoli. In questo caso il vigile pu essere prezioso per confortare con la sua esperienza e conoscenza del codice della strada insegnanti e bambini14. Il progetto La citt dei bambini destinato alla citt e non alla scuola. Questa non il luogo privilegiato per la sua realizzazione, ma certamente un luogo molto importante per i bambini, che vi passano gran parte della loro infanzia, fanciullezza e giovent. La scuola pu quindi fare molto per laffermazione di questa idea. Pu aiutare le famiglie a capire, ad apprezzare il valore della proposta, e daltra parte pu ricevere molto facendo propria la filosofia del progetto, sostenendone le iniziative, partecipando alle sue attivit e principalmente riconoscendo un ruolo di protagonisti agli allievi. Diventando insomma una scuola dei bambini.

14 Si vedano le schede n 9: A scuola ci andiamo da soli e n 10: Una patente da pedone, da ciclista e da motorinista.

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I condomini: il diritto al gioco


I regolamenti della maggior parte dei nostri condomini sono illegali, illegittimi, perch violano una legge dello Stato: la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, approvata dalle Nazioni Unite nel 1989 e fatta propria dallo Stato italiano nel 199115. In particolare larticolo 31 sancisce il diritto dei bambini al gioco. Nei regolamenti dei condomini questo diritto spesso ostacolato e non di rado totalmente impedito. Quasi sempre proibito giocare sulle scale, negli androni e perfino nei cortili in certe ore del giorno, in genere dopo pranzo, quando si presume che gli adulti possano aver voglia di riposare. Non ho trovato nel testo dei diritti delluomo un articolo che difende il diritto al riposino pomeridiano degli adulti, mentre ben chiaro quello che difende il diritto di gioco dei bambini. Daltra parte le scale sono sempre state un luogo privilegiato di gioco, per la loro struttura articolata, che permette di nascondersi, di rincorrersi, ma anche di sedere e di chiacchierare o di disporre giocattoli e oggi, con gli ascensori, praticamente non servono pi a nessuno. Si obbietta giustamente che i bambini fanno chiasso, disturbano. Ma non disturbano forse il traffico urbano, luso smodato dei clacson, luso ormai generalizzato delle sirene di allarme? Nessuno ha mai chiesto di proibire luso del clacson, delle sirene e larresto del traffico dalle 14 alle 16. E allora cosa sta succedendo a noi adulti? Ci stiamo adattando al rumore terribile delle sirene, a quello sgradevole dei clacson e a quello esasperante del traffico urbano e non sappiamo pi sopportare il chiasso, certamente fastidioso, ma sano e necessario, dei bambini che giocano? Quale societ stiamo preparando per i nostri figli, per i nostri nipoti?16
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Si veda il testo della Convenzione riportato nella Appendice 1. Il comandante dei vigili urbani di Torino notava che venti anni fa riceve-

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Nella attuale situazione di pericolo ambientale, che rende difficile anche la pi piccola libert dei bambini, il cortile condominiale potrebbe e dovrebbe essere il luogo ottimale per il gioco autonomo dei bambini anche molto piccoli17. Noi adulti abbiamo invece ritenuto pi comodo proibire questo spazio al gioco dei bambini (oltre alle proibizioni orarie quasi sempre proibito giocare con la palla) destinandolo al parcheggio delle nostre auto. In questo modo uno spazio comune e quindi pubblico si privatizzato, diventando ingombro, brutto e sporco (anche ligiene delle macchine lascia a desiderare). I sindaci sono i rappresentanti dei cittadini e dovrebbero esserlo in modo speciale per i cittadini pi piccoli. Sarebbe giusto quindi che invitassero i consigli condominiali a rivedere i loro regolamenti per renderli rispettosi delle leggi dello Stato e quindi dei diritti dei bambini; a ripensare luso dei cortili condominiali e a comunicare al sindaco o al Laboratorio le eventuali modifiche o ristrutturazioni. Sarebbe doveroso che i consigli condominiali discutessero la modifica dei loro regolamenti e un uso prioritariamente sociale dei loro cortili. Questi potranno diventare un luogo di incontro, di socializzazione e di svago per i bambini, per gli anziani, per tutti i condomini e per questo essere adeguatamente ristrutturati e arredati, risolvendo diversamente i problemi privati del parcheggio. Se sar pi facile per i bambini uscire di casa e scendere da soli in cortile anche gli adulti saranno pi sereni e pi liberi. Questo invito del sindaco, con un adeguato appoggio della stampa locale, potrebbe essere una importante ocva ogni giorno molte richieste di intervento per fastidi provocati dai bambini. Oggi non ne riceve pi. 17 Si veda lesperienza di Manfred Drum, che a Monaco ha realizzato una rete di spazi per la mobilit pedonale e il gioco collegando fra loro decine di cortili condominiali, allinterno di un lavoro di progettazione partecipata (Drum, 1995).

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casione per aprire nella citt un dibattito sui bambini, sulla loro difficile condizione di cittadini, sui loro bisogni, sui loro diritti.

Il voto ai bambini
Qualche tempo fa un giornalista mi chiese un parere sullabbassamento della et del voto proposto in Germania. Gli risposi che io invece avrei preferito che tutti i cittadini avessero diritto di voto, fin dalla nascita, in modo che tutti possano contare e pesare sulle scelte. Questo significherebbe che in una famiglia di padre, madre e tre bambini arrivano cinque certificati elettorali. Naturalmente fintanto che il bambino non raggiunge la maggior et saranno i suoi tutori legali ad esercitare il diritto di voto. La prima obiezione che con il voto non si scherza, che non lo si delega a nessuno, che i genitori userebbero il voto dei figli per favorire i propri partiti. Di nuovo limmagine truculenta delladulto mangia-bambini: lautomobilista che non vede lora di schiacciare il bambino che attraversa, il passante che user quasi certamente violenza sul bambino non accompagnato, il genitore che ruba il voto del figlio. Eppure gli adulti siamo noi, siamo noi che andiamo in macchina, che incontriamo i bambini soli, che dovremmo utilizzare il loro voto. Ma a parte questo i genitori gi scelgono per i loro figli in campi molto pi delicati ed importanti di quanto non possa essere un voto elettorale e non potrebbero evitare di farlo. Scelgono se battezzare o non battezzare il bambino: qualsiasi sia la scelta compromette e condiziona fortemente il bambino. Scelgono se, quando e dove mandarlo a scuola, orientano le sue scelte future. Decidono se e in che misura concedere autonomia, con le conseguenze indicate nella parte prima di que106

sto libro. Danno un riferimento culturale, ideologico, politico, morale, di solito molto chiaro, sperando che il bambino non tradisca questi loro ideali. Una seconda obiezione che si rischia di scatenare campagne di propaganda pi o meno esplicita per condizionare i bambini perch a loro volta condizionino le scelte politiche dei genitori. Ma non esattamente quello che succede ogni giorno, a tutte le ore, specialmente nelle trasmissioni e nei giornaletti per i bambini, con la pubblicit dei prodotti? Ma chiaramente in una societ ancora ideologica ma profondamente consumistica come la nostra tutto quello che legato ai consumi ci sembra normale e quasi doveroso, non si pu invece scherzare con la politica! Una tale proposta che pu apparire solamente provocatoria e di cui sono evidenti le difficolt applicative, non ultima una incompatibilit costituzionale con la legge italiana18, mi sembra contenga alcuni interessanti aspetti positivi. Il bambino, attualmente irrilevante, quasi trasparente nella nostra societ, acquisterebbe un peso e una rilevanza. I genitori, dovendo votare anche a nome dei figli, potrebbero cominciare a porsi il problema di quanto i loro partiti si stiano interessando dei problemi e dei bisogni dei bambini. Daltra parte i partiti si preoccuperanno rapidamente di inserire queste problematiche, attualmente quasi ignorate, nei loro programmi, per guadagnare il consenso dei genitori. Infine, man mano che i bambini cresceranno, cominceranno a chiedere ai loro genitori come intendono utilizzare il loro voto, a voler capire o discutere le scelte. Beh, mi sembra che sarebbe un bel modo di parlare di politica dentro le nostre case, invece che tifare con luno o con
18 Sarebbe comunque interessante se un sindaco trovasse il modo per far esprimere i bambini della sua citt anche con qualche forma di voto.

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laltro dei politici partecipanti alla tribuna politica nel pi totale disinteresse dei ragazzi. Forse i ragazzi odierebbero meno la politica, ci aiuterebbero a capirla meglio e aiuterebbero i politici a praticarla in modo pi credibile.

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Ripensare la citt

Ripensare la citt, volerla in un modo diverso, adatta a tutti fino ai bambini, una necessit urgente, non per tornare indietro, non per sperare in un ritorno al clima romantico del paesello o del vicinato di quaranta, cinquanta anni fa, ma per prepararsi ad un futuro diverso, non controllato esclusivamente dalla produzione commerciale, non dominato dalle automobili e neppure dominato da un inarrestabile sviluppo dei servizi. Si tratta di pensare ad una citt pi leggera, pi semplice, nella quale tutti i cittadini contino di pi. La citt di oggi una citt che si lascia travolgere dalle auto, dal loro rumore, dal loro fumo, dalle loro vibrazioni, che si consegna impotente nelle mani della microcriminalit e della criminalit organizzata, che hanno trasformato il suolo pubblico in terra bruciata, rendendolo impraticabile per i cittadini onesti. Questi si chiudono in casa, si muovono in macchina, sognano la citt cablata, gli uffici virtuali. Non sar pi necessario uscire, spostarsi, potremo lavorare dalle nostre case, usando i nostri computer in reti telematiche. Allora, dicono alcuni che si presentano come esperti, il problema del traffico sar risolto, affolleremo solo le autostrade informatiche. In tal caso per dovremo fare i conti con nuovi problemi che gli informatici non considerano, come la esasperata coabitazione fra i membri della famiglia, la definitiva separazione fisica dagli altri e dalla citt.
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Sto utilizzando il computer, la posta elettronica, Internet, come strumenti importanti e appassionanti di lavoro e di comunicazione, ma vorrei continuare ad incontrarmi con gli amici e vorrei potermi muovere di pi e meglio in una citt che sappia essere una bella citt. Se la citt fosse un ecosistema naturale morirebbe in pochissimo tempo: ha trasformato la sua complessit nella semplificazione della separazione e della specializzazione; ha accettato la progressiva passivizzazione dei suoi cittadini offrendo loro continui rimedi, sussidi, assistenza sotto forma di servizi; il suo equilibrio, la sua sussistenza dipendono sempre meno dalle sue risorse e sempre pi da fattori esterni che non controlla e che non pu garantire. Ripensare la citt significa avere un progetto di futuro, preparare, come dicono gli ambientalisti, uno sviluppo sostenibile. Uno sviluppo non assistito, non egoista, che trovi in se stesso la forza e lenergia sufficiente per garantire il futuro suo e delle prossime generazioni. Il bambino il garante naturale dello sviluppo sostenibile: lui deve diventare grande, capace di risolvere problemi e non potr mai farlo se non gli garantiremo autonomia, possibilit di rischio e di crescita, possibilit di relazioni spontanee e di gioco. Nello stesso modo i cittadini debbono ritrovare la capacit di risolvere i problemi attraverso laccordo, la solidariet, il contributo e non aspettando lintervento dellautorit delegata. Ripensare la citt vuol dire preparare un futuro nel quale ci sia voglia e possibilit di pensare al benessere e alla qualit della vita. Un futuro nel quale i giovani sentano ancora il brivido, lemozione, il desiderio di mettere al mondo dei bambini. Nel ripensare la citt dobbiamo per fare attenzione che il bambino non venga collocato in una specie di riserva indiana, allinterno della quale tutto permesso o addirittura auspicabile, ma nettamente separato dal mon110

do vero, da quello degli adulti. In questa riserva si potrebbe concedere che i bambini si esprimano, che esprimano i loro bisogni, che realizzino anche loro forme di democrazia, che presentino loro progetti e che questi progetti possano essere realizzati. Ma un Consiglio dei bambini, un giardino o un monumento progettato dai bambini, non significa che la citt si metta in discussione e voglia cambiare. Il rischio che fuori della riserva la citt proceda come sempre e che gli adulti, una volta accontentati i bambini, assolti dai loro complessi di colpa possano dire: allora dove eravamo rimasti? e proseguano nei loro discorsi seri di politica e di economia. Per questo sento il bisogno di confermare ancora, a costo di essere ripetitivo, che La citt dei bambini non un progetto per i bambini, ma per la citt. E quello che il bambino pu rappresentare per la citt, le citt possono rappresentare per il nostro paese: la politica, la buona amministrazione, la partecipazione e il controllo democratico cominciano dalle citt cos come dalle citt comincia la accoglienza, la solidariet. In un momento di cos grande e grave degrado sociale e morale i bambini potranno salvare le nostre citt e le nostre citt il nostro paese. Mi si contesta spesso che questa una utopia, una follia, sono daccordo. Ma molto pi utopico e folle procedere nel cammino senza futuro che le nostre citt hanno imboccato. Quella della citt dei bambini una utopia concreta, una utopia sostenibile. Un progetto difficile da realizzare come tutte le utopie. A questo proposito ricordo la frase di una signora di Viareggio che mi ha molto colpito. Al termine della mia presentazione del progetto un signore aveva chiesto la parola dicendo che gli piaceva molto, lo considerava giusto e auspicabile ma che, secondo lui, non sarebbe stato mai
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realizzato, tenendo conto delle lentezze amministrative, delle difficolt burocratiche, degli interessi che metteva in discussione. La signora rispose: Io non lo so se si potr mai realizzare, per sono sicura che noi, comunque, ci stiamo gi guadagnando. La signora diceva insomma che se nel nostro dibattito politico riusciamo ad inserire il bambino, se di bambini riusciamo a parlare con i sindaci, con i vigili urbani, con i ragionieri capi, con gli ingegneri capi dei Comuni, con i medici dellospedale, con i ristoratori, con gli insegnanti e i genitori, beh, ci stiamo gi guadagnando! certamente un risultato minimale, ma un modo per cominciare a costruire il futuro. Alla fine di queste pagine mi si permetta una riflessione personale. Scrivendo questo libro, facendo un po di bilanci, mi sono reso conto che ho cominciato a lavorare al progetto La citt dei bambini dopo che sono diventato nonno. Non credo che questa coincidenza sia casuale. I genitori sono giovani, desiderosi di riuscire nella vita, hanno bisogno di affermazione e per questo finiscono per accettare tanti compromessi. Non penso ai compromessi morali, ma quegli accordi con lamministrazione di cui si parlava allinizio del libro: servizi, aiuti, assistenza per sopportare una citt ostile, perch questa la strada pi breve, pi sicura e quando si giovani non c tempo da perdere, non si pu rischiare troppo. Allora la ricerca di un posto al nido, magari cambiando la residenza1, la ricerca della scuola materna con lorario pi lungo, il tempo pieno, sono necessit che non possono tenere conto dei bisogni del bambino. I genitori hanno fretta, cercano le soluzioni pi funzionali. I nonni hanno invece il tempo di
1 Ci sono persino giovani donne che non si sposano subito, per avere un punteggio pi alto, come ragazze madri, per garantirsi un posto al nido per il loro bambino.

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chi non ha pi una carriera da fare, ambizioni da realizzare. E allora possono permettersi di diventare radicali nelle scelte, non accettare pi i compromessi e cercare prospettive nuove, un futuro possibile per i loro nipoti e per i bambini che verranno.

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Parte terza

Le esperienze

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Le schede

Questa parte terza presenta attivit, iniziative, progetti, nati in gran parte nella esperienza del Laboratorio di Fano e che non vanno considerati come una proposta organica, n come un percorso obbligato o anche solo suggerito. Vogliono essere una testimonianza modesta, ma ottimistica, sulla possibilit di realizzazione del progetto, presentato nella parte prima di questo libro. Si dice spesso che a Fano troppo facile, difficile sar proporlo nelle grandi citt. Credo che ci sia del vero e del falso in tutte e due le affermazioni. vero che esperienze radicali come queste nascono pi facilmente in citt piccole o medie. Penso alla esperienza dei servizi per linfanzia comunali di Reggio Emilia o di Pistoia, penso alla esperienza educativa di Mario Lodi a Piadena, penso ovviamente alla esperienza di don Milani a Barbiana. Certamente la piccola citt pi sana, ha saputo difendere meglio la sua identit e l sono pi facili i rapporti sociali, la partecipazione, la solidariet. Ma completamente errato pensare che questo renda facile la realizzazione di un progetto come questo. La piccola citt partecipa ormai, anche grazie alleffetto globalizzante della televisione, a tutti i fenomeni sociali e culturali del paese, condividendo con le grandi citt anche le esperienze peggiori, dalla droga al razzismo, dalla paura alla separazione, dal potere dei partiti alla richiesta di assistenzialismo nei confronti dellente locale. Questo fa s che ogni proposta di cambia117

mento, specie se cos radicale, incontra una ferma resistenza. Lesperienza di Fano stata sempre e continua ad essere conflittuale. Ho sempre protestato, con i tre sindaci che si sono succeduti dallapertura del Laboratorio, per la loro tiepida adesione alle nostre proposte, per il poco coraggio ad osare di pi. Ma questo non mi ha mai fatto dimenticare che gli amministratori di Fano il Laboratorio La citt dei bambini lhanno voluto e lhanno difeso, pur sapendo che sarebbe stato per loro una spina nel fianco. Sono altrettanto convinto che nessuna citt tanto grande e devastata da aver perso ogni desiderio e disponibilit di pensare al suo futuro con speranza e voglia di cambiamento. Questo mi dicono le risposte di citt come Roma e Palermo, o come Rosario in Argentina, che certo non possono essere considerate realt piccole e facili, dove questo progetto sta trovando prime forme di accoglienza e di realizzazione.

1.

FANO LA CITT DEI BAMBINI

Un Laboratorio comunale per lo studio, la progettazione e la sperimentazione di modifiche nella citt assumendo il bambino come parametro

Il Comune di Fano, gi impegnato nello sviluppo di una politica di servizi per linfanzia, nel 1991 ha aperto un Laboratorio chiamato La citt dei bambini1 che da un lato vuol essere un punto di riferimento per i cittadini, per le associazioni, per i bambini e dallaltro un pungolo per il sindaco, per gli assessori, per i tecnici, perch non di1 Per contatti o richieste di materiale: Laboratorio La citt dei bambini, corso Matteotti, 66, 61032 Fano, tel. 0721-887374, fax 803273. Per il coordinamento nazionale vedi scheda n. 24 Una rete nazionale e oltre.

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mentichino limpegno preso di assumere il bambino come parametro per lo sviluppo della citt. Il Laboratorio una scommessa, una sfida: una citt che cresciuta secondo le esigenze, le richieste degli adulti, sceglie di cambiare ottica e quindi si espone ad una continua contraddizione. Fano non la citt dei bambini. per una citt che ha accettato questa sfida e si data una struttura interna che denuncia la contraddizione e propone il cambiamento. A onor del vero Fano ha fatto anche qualcosa che sempre pi si sente e si vede e di cui va dato atto: ha inserito nella sua pianta organica il Laboratorio come unit organizzativa, con una sua sede dotata di moderne strutture di elaborazione e comunicazione informatica, con personale dedicato a tempo pieno alle sue attivit; ha chiesto allo scrivente di assumerne la direzione scientifica. Recentemente si costituito un comitato tecnico interassessorile formato dai rappresentanti dei vari assessorati, per seguire le attivit del Laboratorio, garantendo la sua trasversalit. La delega per il Laboratorio attualmente assegnata allassessore alle politiche educative. Oltre a questo il Comune di Fano ha riconosciuto e sostenuto le varie iniziative che il Laboratorio ha lanciato in questi anni e che verranno presentate in queste schede. Per altri aspetti invece il Comune non riesce a tenere il passo del Laboratorio e dei bambini: in ritardo sulle realizzazioni promesse, non sempre coerente nelle iniziative, spesso resiste agli stimoli. Insomma un rapporto di grande interesse, nel quale il conflitto rivela insieme adesione e difficolt. Il Laboratorio stato riconosciuto dal Ministero dellAmbiente come Laboratorio Territoriale di Educazione Ambientale2 e come tale stato finanziato nellambito del Programma Triennale dellAmbiente.
2 Negli ultimi anni si sta realizzando un piano nazionale per leducazione ambientale con il concorso dei Ministeri dellAmbiente e della Pubblica Istruzio-

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Fin dallinizio Fano si data degli obiettivi di attivit allinterno della citt e degli obiettivi pi ampi rispetto alla promozione del progetto presso altri Comuni italiani. in rapporto con movimenti e associazioni nazionali e internazionali come Las ciutades educadoras, Unicef, Comunit Europea, ANCI, Arciragazzi, CGD, La citt possibile, Legambiente, INU, WWF3.

Fano, Laboratorio La citt dei bambini.

ne, che hanno firmato un accordo di programma. Il piano nazionale prevede lapertura di Laboratori Territoriali, di norma fuori della scuola, aperti allincontro, allo scambio e al sostegno di tutti coloro che, a qualsiasi titolo, si interessano di educazione ambientale. anche convinzione di questo progetto che leducazione ambientale non vada considerata solo o prevalentemente una preoccupazione naturalistica, ma che debba privilegiare un recupero della relazione del cittadino con il suo ambiente di vita in vista di uno sviluppo sostenibile. Per questo il Laboratorio di Fano viene considerato a pieno titolo di educazione ambientale. 3 ANCI: Associazione Nazionale Comuni Italiani; CGD: Coordinamento Genitori Democratici; INU: Istituto Nazionale di Urbanistica; WWF: World Wildlife Fund.

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2.

IL CONSIGLIO DEI BAMBINI

La garanzia del punto di vista infantile

Nella esperienza di Fano, fin dal primo anno si pensato che i bambini dovevano essere protagonisti del progetto e che quindi si dovevano dare loro adeguate opportunit per esprimersi e per proporre. Si aperto un Consiglio dei bambini, sentito come una necessit di presenza infantile in questa piccola-grande rivoluzione che si proponeva agli amministratori. Non si , almeno finora, presa in considerazione lidea di dare a questo Consiglio le funzioni di un Consiglio comunale dei bambini, con i partiti, la campagna elettorale, il piccolo sindaco, gli assessori, ecc., idea che peraltro ha una lunga tradizione in Francia e da alcuni anni presente anche in Italia. Certamente per i bambini che partecipano a tali iniziative una bella e utile esperienza, ma spesso la loro attivit si limita ad elaborare progetti propri e a seguirli fino alla realizzazione, chiedendo agli adulti nuove disponibilit e aperture, ma non necessariamente di modificare il loro progetto di governo della citt. Nel caso fanese lobiettivo invece, come pi volte ricordato, esattamente questo: cambiare la citt, cambiare la cultura degli adulti a partire dal pensiero infantile. Lo scopo del Consiglio dei bambini quindi quello di organo consultivo del Laboratorio, quello che garantisce agli operatori adulti il punto di vista dei bambini, non tanto o non solo sui problemi di stretto interesse infantile, ma su tutti i temi della citt che il Laboratorio via via affronta.

Struttura e funzionamento
Il Consiglio formato da un bambino e da una bambina per ognuna delle scuole elementari per un totale di una trentina di consiglieri. Finora non si sono date norme pre121

cise per la scelta dei consiglieri e ogni scuola si comporta in modi differenti: autocandidatura da parte dei bambini, elezione diretta e forse altri. I bambini ricevono un incarico biennale e si suggerisce che inizino il loro mandato in quarta elementare per terminare con la quinta. Essendo un consigliere di quarta e uno di quinta per ogni scuola, ogni anno il Consiglio viene rinnovato per met dei suoi membri, garantendo cos una continuit nel funzionamento e il passaggio di competenze da bambino a bambino. Il biennio ci sembra necessario perch i bambini possano entrare nel ruolo di rappresentanti e interpretarlo in maniera consapevole. La rappresentativit si impara e in genere i bambini pi piccoli o allinizio del mandato intervengono prevalentemente per comunicare il loro pensiero personale, difficilmente si sentono rappresentanti dei loro compagni, raramente prendono appunti per riferire correttamente o insistono con gli insegnanti per avere tempo e possibilit di confrontarsi con gli altri della classe e delle altre classi. Noi rispettiamo questa gradualit, senza eccessive sollecitazioni. In pochi mesi i piccoli consiglieri entrano nel ruolo e alla fine ne sono convinti sostenitori, sufficientemente agguerriti e convinti da arrabbiarsi con gli insegnanti che non concedono loro il tempo necessario, da contestare a volte la mia conduzione del Consiglio, da scrivere lettere al sindaco o ai giornali, anche assumendo posizioni non condivise da noi adulti. Ricordo a titolo di esempio quello che diceva un bambino consigliere: La maestra non ci fa fare lassemblea per discutere con i compagni delle altre classi e preparare il Consiglio perch dice che non c tempo, e poi per facciamo educazione civica!. Si suggerito di iniziare con la quarta perch i bambini hanno gi un buon controllo degli strumenti di comunicazione e perch cos possono concludere il mandato con il termine della scuola elementare. In genere i bambini vivono questa esperienza con grande interesse e parte122

cipazione, raro che qualcuno abbandoni prima del termine e spesso gli ex ci chiedono di poter continuare con qualche analoga iniziativa1. Il Consiglio si riunisce una volta al mese nella sede del Laboratorio, viene condotto dal direttore scientifico e viene redatto un verbale della discussione. I bambini vengono di solito accompagnati dai genitori, ma gli adulti non possono partecipare se non in casi particolari. Oltre agli operatori del Laboratorio possono assistere al Consiglio gli amministratori o occasionali visitatori che lo chiedano, ma ci accade raramente e, di solito, solo per ascoltare. Il Consiglio viene convocato con lettera personale contenente lordine del giorno. Affronta i vari problemi di cui si sta occupando il Laboratorio, come il traffico, lospedale pediatrico, gli spazi di gioco, il rapporto con gli anziani, landare a scuola da soli, la ristrutturazione di ristoranti e alberghi, oppure gli argomenti proposti dagli stessi bambini. Quando vari temi sono allesame del Consiglio si formano gruppi di lavoro che vengono convocati anche con frequenza quindicinale. Una volta allanno, i membri del Consiglio dei bambini partecipano ad una seduta straordinaria del Consiglio comunale, con diritto di parola, in rappresentanza di tutti i bambini fanesi.

3.
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IL CONSIGLIO COMUNALE APERTO AI BAMBINI

Fin dal 1991 il sindaco di Fano ha aderito alliniziativa dellUnicef Italia Il sindaco difensore dellinfanzia che prevede di dedicare ogni anno una seduta straordinaria del
Si veda la scheda n 16: Il Club CdB.

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Consiglio comunale ai bambini. Dopo una prima esperienza nel 91, in cui una seduta stata dedicata alle problematiche dellinfanzia, con linvito di esperti, si scelto di aprire il Consiglio ai bambini e di dare loro la parola. I bambini del Consiglio discutono per alcune settimane, nelle rispettive scuole, dei problemi che incontrano nella citt, delle cose che non funzionano e preparano delle proposte. Queste vengono discusse insieme in una sessione del Consiglio dei bambini e sono presentate da alcuni piccoli consiglieri durante il Consiglio comunale. Si preferisce che non siano pi di sette, otto, quelli che riferiscono, perch possano spiegare adeguatamente i punti posti in discussione e rispondere alle eventuali richieste di chiarimento degli adulti. Alla seduta assistono anche alcune classi, fino al completamento della tribuna del pubblico della sala del Consiglio comunale.

Le proposte
Quelle che seguono sono alcune delle proposte che in questi anni sono state avanzate dai bambini e che in qualche modo sono state recepite dal Consiglio: Quando decidete qualcosa sulla citt ci dovrebbe essere anche qualcuno che conosce i bambini (1992). La Giunta deliber che tutti i progetti di modifica della citt venissero inviati al Laboratorio che avrebbe potuto esprimere un parere che riflettesse il punto di vista dei bambini. Le macchine occupano troppo posto e ce lo levano per giocare (1993). Lassessore al Traffico promise di chiudere per un giorno, ogni anno, tutta la citt alle macchine perch i bam124

bini potessero giocare nelle strade. Sono tre anni che questa tradizione si ripete1. Un giorno una guardia mi ha preso la palla perch giocavo in piazza. Se uno vuole andare a giocare in un campo sportivo deve essere abbonato o senn deve pagare il biglietto. Noi vogliamo andare a scuola da soli ma le macchine non rispettano le strisce pedonali e vengono parcheggiate sui marciapiedi e cos dobbiamo passare nella strada (1996). Il Consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno per discutere e votare tre delibere, una sul diritto dei bambini di giocare come vogliono in tutte le piazze della citt; la seconda sulla revisione dei contratti di cessione delle aree alle associazioni sportive perch si garantisca una fascia oraria di uso libero e gratuito degli impianti e la terza di applicazione rigorosa di quelle norme che difendono e tutelano i pedoni e in particolare i bambini: la precedenza sulle strisce pedonali e la inviolabilit dello spazio dei marciapiedi. Per le varie delibere si chiesto che abbiano una adeguata pubblicizzazione perch contribuiscano alla sensibilizzazione della popolazione.

Gli adulti
Per il primo Consiglio aperto ai bambini, quando ancora non esisteva il Consiglio dei bambini, non si erano date particolari indicazioni e gli alunni avevano preparato le loro richieste nelle rispettive scuole. Con nostro grande stupore i bambini parlarono solo delle loro classi e delle loro scuole: della pericolosit, della rumorosit, dellassenza di tende, della insufficiente manutenzione e pulizia. Ci stup
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Si veda la scheda n 13: Una giornata senza auto.

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linteressamento dei bambini per la loro scuola, ma poi si cap che le proteste e le proposte erano state suggerite dagli insegnanti. Da allora una lettera inviata alle scuole avverte che le proposte dei bambini dovranno riguardare il rapporto del bambino con la citt, le sue autonomie, le sue possibilit di giocare e non potranno riguardare la scuola che, se lo ritiene necessario, sapr trovare altre occasioni per esprimere le sue necessit. La preparazione del Consiglio comunale avviene allinterno del Consiglio dei bambini dove si confrontano e si coordinano le proposte che emergono dalle discussioni che avvengono nelle classi. Se non facile per gli insegnanti rispettare la libert degli alunni, neanche per gli amministratori facile trovare un comportamento adeguato di fronte alle richieste dei bambini. Una tentazione, evidente nelle prime edizioni del Consiglio aperto, era quella di utilizzare lincontro per fare la paternale ai bambini. Questi protestavano, per esempio, per lo sporco nei giardini e gli amministratori rispondevano raccomandandosi che i bambini fossero i primi a non gettare cartacce e lattine in giro. Unaltra tentazione, ancora in parte presente, quella difensiva, di dire sempre che le cose si stanno gi facendo, senza cercare di capire esattamente cosa questi cittadini strani e diversi, che sono i bambini, stanno chiedendo. Ancora un segno di disagio degli adulti la loro difficolt a dialogare con i bambini, a chiedere loro di spiegare meglio, di approfondire. Questa difficolt nasconde la sfiducia nelle reali capacit dei bambini, pensati sempre pi piccoli di quanto in realt non siano. Va detto, a difesa degli adulti, che non facile capire i bambini, occorre buona volont, curiosit, ma anche competenza che deriva dallo studio e dalla esperienza. Un esempio. In uno dei primi Consigli comunali aperti ai bambini uno di loro, che abitava in una frazione, disse: Vorrei venire in citt in bicicletta, ma la mamma ha pau126

ra. La interpretazione pi facile era: ci sta chiedendo una pista ciclabile e quindi mandiamo una squadra a disegnare una riga gialla che separi la pista delle biciclette da quella delle auto. Lassessore al Traffico avrebbe dimostrato buona volont, ma non avrebbe dato una risposta al bambino. La madre infatti avrebbe continuato, giustamente, ad avere paura di eventuali autisti imprudenti o ubriachi che avrebbero potuto non rispettare la riga gialla e avrebbe continuato a non permettere luso della bicicletta. Lamministratore attento avrebbe invece dovuto chiamare un tecnico e dirgli: Prepara un progetto di un percorso per biciclette tale che le mamme dei bambini non abbiano paura. Allora si poteva proporre una barriera invalicabile o, meglio, luso di altre strade di campagna quale percorso ciclabile. Se fossero stati consultati i bambini loro avrebbero sicuramente saputo come aiutare il tecnico. Aiutare gli adulti ad ascoltare e capire i bambini e saper dialogare con loro forse il compito pi importante del Laboratorio, prima ancora della costruzione dei marciapiedi e della organizzazione e realizzazione delle varie iniziative.

4.

I BAMBINI PROGETTISTI

Una forma nuova di architettura partecipata

Dal 1992 a Fano si aperta una esperienza di progettazione di spazi e di arredi urbani da parte dei bambini della scuola dellinfanzia e della scuola dellobbligo. Lesperienza coinvolge, con ruolo di esperti e di animatori, giovani architetti che lavorano con i gruppi di bambini. Il primo anno i nostri tecnici lavorarono come collaboratori di
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un animatore-architetto1 di grande esperienza; dal secondo anno furono i responsabili di questo settore per la citt di Fano ed ora offrono la loro competenza anche ad altre citt interessate al progetto.

Il metodo
I gruppi di progettazione lavorano spesso in orario e in locali scolastici e coincidono con le classi, ma queste condizioni possono modificarsi. Per esempio possono costituirsi gruppi eterogenei per livello di et; lavorare anche in orari pomeridiani e riunirsi anche in locali diversi da quelli scolastici. Nella nostra esperienza abbiamo osservato che quando questi cambiamenti si rendono possibili la partecipazione pi alta e motivata. Nei quattro anni di attivit si sono proposti vari temi alla progettazione dei bambini, seguendo la programmazione del progetto Io e la mia citt2. Sono comunque spazi veri, liberi, per i quali una ristrutturazione, una proposta legittima, possibile, anche se non ci sono garanzie che i progetti vengano accettati e realizzati. Questo crea una condizione nuova nel rapporto fra allievi, scuola e citt, perch gli studenti vengono invitati ad intervenire su spazi reali con proposte concrete, che saranno poi presentate non ai genitori o al direttore, ma al sindaco e agli assessori competenti. Ma qual lobiettivo? Quello di far conoscere agli amministratori i punti di vista, le esigenze e le proposte dei bambini, perch quando que1 Sulla attivit di Raymond Lorenzo, larchitetto che ha realizzato questa prima esperienza a Fano, si veda la scheda n 20: Altre esperienze: la progettazione partecipata ai bambini. 2 Si veda la scheda n 11: Io e la mia citt.

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gli spazi da loro progettati saranno affidati ad un professionista per la progettazione e realizzazione, questi debba tenerne conto. Se poi questo tecnico sar capace di coinvolgere, anche in fase di progetto esecutivo e di realizzazione, i bambini che hanno lavorato al progetto, dar un importante contributo alla formazione di nuovi cittadini interessati e partecipativi. Il problema pi delicato nel lavoro progettuale con i bambini di riuscire a farli esprimere con la loro autentica creativit e fantasia, senza far dire loro quello che noi desideriamo che dicano. Da un lato quindi i bambini vanno aiutati a liberarsi degli stereotipi, dallaltro rispettati nelle loro idee. Se chiediamo ad un gruppo di bambini di dirci come vorrebbero attrezzare un loro spazio giochi probabile che rispondano riproponendo gli stessi stereotipi varie volte denunciati in queste pagine: con scivoli, altalene e giostrine. Per permettere ai bambini di esprimersi pi liberamente ci sono diverse strade. Una lanalisi dei giochi che preferiscono, dei luoghi per loro pi suggestivi e, a partire da questi, scoprirne le caratteristiche e cercare di ricrearle nello spazio da progettare. Unaltra lesame di proposte avanzate da altri bambini in altre citt e in altri paesi. Si tratta comunque di portare i bambini alla consapevolezza che si pu osare di pi, che non ci sono limiti alla fantasia, anche se poi si dovr fare i conti con la realt, coi materiali, con le leggi della fisica, con i costi. Dopo la fase di studio e di ideazione importante arrivare alla realizzazione di un progetto e, se possibile, di un plastico. Ai bambini, ai ragazzi, piace vedere, toccare le loro idee. Il loro plastico diventa il loro quaderno, il loro libro, con il quale comunicano e difendono le loro idee.

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Le proposte dei bambini


Dopo quattro anni e varie decine di progetti che cosa possiamo osservare nelle proposte dei bambini? Abbiamo impegnato i bambini su temi diversi come piazze e monumenti, recupero degli spazi abbandonati, rapporto con le automobili. Riguardo al gioco i bambini manifestano un chiaro antagonismo rispetto alle proposte tradizionali: a loro piace nascondersi, entrare sotto o arrampicarsi sopra; avere a disposizione lacqua, la terra, lerba, le piante; poter utilizzare materiali vari per fare quello che sul momento si avr voglia di fare. Nei loro giardini ci sono quindi frequenti dislivelli, grotte, torri; capanne, fortini; laghetti, stagni, fontane, canaletti; legni, sassi, sabbia. Insomma come se ci dicessero, voi grandi dateci uno spazio ricco, articolato, non banale, non strutturato e poi sapremo noi come utilizzarlo. Rispetto alle piazze e ai monumenti c un chiarissimo rifiuto della presenza delle automobili in questi spazi pubblici: le piazze debbono tornare ai cittadini, per incontrarsi, per sedersi, per giocare. I bambini le difendono con barriere, con muretti, con canaletti dacqua e le dotano di panchine, di chioschi, di alberi. Per i monumenti viene dai bambini una proposta interessante e molto vicina alle proposte pi moderne: un monumento da usare, da praticare, da giocare. In quegli stessi anni a Barcellona sorgevano dei monumenti fra i quali quelli che raffigurano la scatola di fiammiferi o le lettere dellalfabeto, che sono anche dei grandi giocattoli. Rispetto al rapporto strada-automobili e al desiderio di muoversi da soli, la proposta dei bambini duplice: da un lato i percorsi debbono essere protetti, dallaltro interessanti e belli. I bambini immaginano percorsi riservati per i pedoni, separati dalla strada delle macchine da muri o paletti, a volte addirittura chiusi in tunnel trasparenti di plexi130

glas. Le strade vengono attraversate grazie a ponti o sottopassaggi per evitare ogni pericoloso incontro con il nemico-automobile. Su questa prima proposta, anche se una importante denuncia nei confronti dello strapotere delle automobili, e limitatamente a come emerge dai progetti, non sono per niente daccordo con i bambini. Come pi volte ho detto la scommessa del Laboratorio che il bambino scenda in strada per salvarla. Il bambino, con la sua presenza, con la tacita esibizione dei diritti suoi e di tutti i pedoni, costringer le macchine ad essere pi rispettose e meno numerose, a ritirarsi in spazi pi adeguati e meno invasivi. Daltra parte quella che propongono i bambini di nuovo la via della separazione e della difesa, e si visto che non efficace3. Valga per tutti proprio lesempio dei cavalcavia pedonali o dei sottopassaggi, apparentemente le soluzioni pi sicure per lattraversamento di strade pericolose. Di fatto, e specialmente da parte dei bambini, questi passaggi non vengono utilizzati, perch il sottopassaggio in genere preoccupante e maleodorante, il cavalcavia rappresenta invece un percorso lungo e faticoso. Allora si preferisce attraversare la strada e si creano le situazioni di maggiore pericolo: lautomobilista che vede il cavalcavia andr tranquillo, pensando che chi vuole attraversare lo utilizzi, senza quindi prepararsi alleventuale passante che attraversa. Meglio allora un semaforo a chiamata. Meglio non separare, ma far incontrare e convivere, chiedendo reciproco rispetto. Sulla seconda proposta, sul fatto cio che i percorsi debbano essere interessanti, curati, belli, sento invece una forte sintonia con i bambini. I bambini, che sono neces3 Non neppure corretto pensare che questa idea di timore, fino allestrema separazione, corrisponda al pensiero infantile. per esempio in contrasto con i risultati dei questionari delliniziativa A scuola ci andiamo da soli, nei quali i bambini si mostrano meno timorosi, verso i pericoli del traffico, rispetto ai genitori. E in questo caso si tratta di una esperienza realmente vissuta! (si veda la scheda n 9: A scuola ci andiamo da soli).

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sariamente pedoni, interpretano bene il desiderio del cittadino pedone: vorrebbero le strade con grandi marciapiedi, con aree di sosta, luoghi di gioco, alberi, arredi nuovi e originali.

Progetto dei bambini di quinta elementare della scuola Montessori di Fano presentato nel 1993, approvato dalla Giunta e finanziato nel 1995 per la sua realizzazione. Larchitetto che sta attualmente realizzando il progetto definitivo ha ripreso i contatti con i ragazzi che avevano realizzato il primo progetto, che potranno cos seguirne la realizzazione.

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5.

LE PICCOLE GUIDE

Un altro modo per conoscere e amare la citt

Proseguendo nellobiettivo di dare ai bambini un ruolo attivo e di protagonisti nella vita della citt, perch siano (e non diventino) cittadini consapevoli, abbiamo invitato i cittadini adulti e anziani, che conoscono bene e amano la citt di Fano, a regalare un po del loro tempo ai bambini. Abbiamo chiesto loro di prendere per mano un gruppo di bambini e di accompagnarli a osservare e toccare la citt, perch possano conoscerla in modo non scolastico, ma diretto e vivo, per poterla poi raccontare e spiegare ai loro compagni. Ognuno di questi maestri di strada ha proposto un percorso e ha vissuto con i suoi allievi di scuola elementare e media una esperienza di una decina di incontri itineranti. Di ogni gruppo faceva parte anche un insegnante o un operatore del Laboratorio. Alcuni hanno proposto la citt romana, altri quella medioevale e rinascimentale, altri quella popolare dei vicoli, altri una lettura urbanistica. Obiettivo della iniziativa era formare delle piccole guide capaci di accompagnare alla conoscenza della citt i bambini che ogni anno vengono a Fano in primavera a conclusione della campagna Io e la mia citt e gli adulti che il Laboratorio invita per le varie iniziative. La Azienda di Promozione Turistica ha valorizzato questa iniziativa invitando in varie occasioni le piccole guide ad accompagnare gruppi di adulti in visita alla citt. Una esperienza vera, vissuta dai bambini con grande impegno e competenza. Anche questa una esperienza semplice, che costa quasi niente e che offre ai bambini lopportunit di conoscere ed amare la propria citt.
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La difficolt che abbiamo incontrato la scarsa disponibilit degli adulti, dei pensionati colti, a regalare un po del loro tempo ai bambini. Per questo siamo riusciti a realizzare solo due volte questa esperienza: il lavoro del Laboratorio per mettere il bambino nella testa degli adulti ancora lungo. Dovremo riuscire a far capire ai nostri concittadini che quello che chiediamo loro non un piacere, non un regalo, ma un dovere. Chi ha avuto la fortuna di conoscere, di studiare, di amare la sua citt ha il dovere di consegnare questa ricchezza ai bambini perch sappiano essere a loro volta cittadini curiosi, interessati e affettuosi verso la loro citt.

6.

I SEMINARI DI GIUNTA

Il bambino nella testa degli adulti

Se la citt vuole scegliere il bambino come parametro, se vuol accettare questa sfida rivoluzionaria, i suoi amministratori debbono mettersi nellatteggiamento di chi non sa e vuol entrare nel mondo sconosciuto dellinfanzia. Se manca questo atteggiamento, ladesione al progetto solo apparente e strumentale. Nella esperienza fanese ogni anno si tiene un seminario di Giunta a cui partecipano il sindaco, gli assessori e i dirigenti comunali. Il seminario, organizzato e coordinato dal Laboratorio, prevede momenti di studio e di approfondimento sulle tematiche infantili e momenti di programmazione delle attivit per lanno che sta iniziando. Si svolge presso un convento fuori citt e dura una intera giornata. Si vuole cos evitare il disturbo del telefono e garantire un periodo sufficiente di lavoro utile. Specialmen134

te nei primi anni si aveva il timore della reazione dei politici e specialmente dei dirigenti comunali che avrebbero potuto considerare questa iniziativa una perdita di tempo, ma questo non mai successo e c invece stata sempre la richiesta di ripetere il seminario pi frequentemente. Durante lanno poi il Laboratorio pi volte chiamato ad incontri di Giunta e ha pi volte richiesto e ottenuto delle conferenze di servizio per affrontare e risolvere problemi organizzativi sulle singole iniziative con la partecipazione di tutti gli assessorati e uffici interessati. La necessit di tanti contatti con lamministrazione, oltre alla collaborazione costante con lassessore che ha la delega per il Laboratorio, conferma la complessit e la difficolt del progetto. La normativa e pi ancora la tradizione amministrativa non sono favorevoli ai bambini. Lattuale tendenza degli adulti quella di proteggere i bambini pi che quella di favorire la loro autonomia e per questo occorre molta buona volont e un po di creativit per muoversi dentro leggi, circolari e regolamenti, che certo non sono pensati per loro.

7.

IL VIGILE AMICO DEI BAMBINI

Negli ultimi due anni lAssessorato al Traffico ha aperto un corso di aggiornamento e formazione per tutti i vigili urbani del Comune di Fano, tenuto dal Laboratorio La citt dei bambini e intitolato Il vigile amico dei bambini. Durante gli incontri si esaminato innanzi tutto il ruolo che attualmente il vigile esercita, sostanzialmente finalizzato al controllo del traffico e della sosta delle auto. Il vigile vede svilita la sua funzione e non ama essere consi135

derato con ostilit dai suoi concittadini. Si quindi esaminata la possibilit che il vigile urbano possa assumere un ruolo di garante, in una nuova ottica di maggiore mobilit urbana, da parte dei pedoni e dei ciclisti, a partire dai bambini. La proposta ha riscosso interesse e si stanno valutando nuovi compiti e nuove modalit di presenza e di intervento. Per esempio liniziativa A scuola ci andiamo da soli suggerisce che il vigile non debba pi presidiare e controllare lingresso delle scuole, liberato dallassedio e dal pericolo delle macchine dei genitori che accompagnano i figli. Dovrebbe essere presente invece nel quartiere, girando nelle strade per stimolare gli automobilisti a tener conto dei diritti di mobilit dei bambini anche punendoli se non rispettano la precedenza sulle strisce pedonali o parcheggiano sui marciapiedi riducendo lautonomia dei pedoni. Dopo il primo anno delliniziativa A scuola ci andiamo da soli, in uno dei due quartieri coinvolti i cittadini hanno chiesto il vigile di quartiere, quale intervento di tutela dellautonomia dei bambini. Questa richiesta stata accolta dallamministrazione ed attualmente in fase di sperimentazione. Nei prossimi incontri si dovr proseguire nella elaborazione di questo nuovo ruolo e dei nuovi atteggiamenti che i vigili potranno assumere, per favorire le autonomie dei cittadini e partecipare cos da protagonisti alla realizzazione della nuova citt che si sta progettando.

8.
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LA MULTA DEI BAMBINI

I bambini del Consiglio e, attraverso loro, tutti i loro compagni di scuola possono utilizzare la multa morale qui ri-

prodotta in dimensioni ridotte. I bambini sanno che debbono usarla non per rilevare una infrazione qualsiasi del codice della strada, perch questo compito dei vigili, ma solo quando il comportamento dellautomobilista crea difficolt alla libert e autonomia del pedone. In particolare viene utilizzata nei casi in cui le macchine vengono parcheggiate sul marciapiedi costringendo cos i bambini allinutile pericolo di passare nella strada. La multa stata realizzata in collaborazione con lAssessorato al Traffico e sembra che abbia una certa efficacia. I bambini dicono che gli adulti si vergognano quando trovano questo rimprovero infantile sul parabrezza delle loro auto e di solito non ripetono questa infrazione.

Se si vuol far usare questa multa ai propri figli o ai propri alunni, la si pu fotocopiare, ripulire del nome ed et col bianchetto, ingrandire e farne tante copie. Si pu consigliare ai bambini di colorare la scritta grande.

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Al di l della efficacia mi sembra importante consegnare ai bambini armi civili con le quali manifestare il proprio dissenso e rivendicare i propri diritti. Luso della multa credo valga pi di tante lezioni di educazione stradale.

9.

A SCUOLA CI ANDIAMO DA SOLI

Una prima, piccola esperienza di autonomia

Il laboratorio Fano la citt dei bambini ha avviato nellanno scolastico 1994-95 una esperienza chiamata A scuola ci andiamo da soli. Si tratta di permettere ai bambini della scuola elementare di andare a scuola e di tornare a casa da soli, a piedi. una esperienza piccola rispetto allobiettivo generale di dare ai bambini la possibilit di uscire da soli di casa, ma un modo per aprire un varco nel protezionismo esasperato delle famiglie e nella sfiducia sociale purtroppo ormai generalizzata. una esperienza possibile perch prevede un percorso definito, sempre uguale, per un tempo limitato e con la contemporanea partecipazione di molti bambini delle diverse et. Pur essendo Fano una piccola citt si lavorato per vari mesi, prima di poter dare il via a questa proposta. Il problema principale la sfiducia che i genitori hanno nei confronti dei loro colleghi adulti e dei loro bambini. Per aiutarli a superare la loro paura occorreva limitare linvadenza e la prepotenza delle macchine e ricucire una rete di accoglienza e di solidariet sociale che rendesse questa esperienza possibile, coinvolgendo i diversi protagonisti della vita del quartiere.
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I bambini. Pensiamo che questa iniziativa possa produrre vari effetti positivi: offrire ai bambini una piccola occasione di autonomia affrontando da soli i problemi del percorso e qualche rischio da loro facilmente controllabile; suggerire loro comportamenti di cooperazione e solidariet passando a prendere i compagni pi piccoli, handicappati o isolati, rompendo la rigida esperienza fra coetanei proposta dalla scuola. Sapevamo di poter contare sullinteresse e lentusiasmo dei bambini, gi verificato nel Consiglio dei bambini. Gli insegnanti. Si discusso a lungo con direttori e insegnanti, sicuri che la scuola potesse fare molto per appoggiare e valorizzare liniziativa, anche se non interferisce con le sue competenze e non compromette le sue responsabilit. Questo sia per la significativa possibilit che offre agli alunni, sia per gli interessanti risvolti educativi. una proposta semplice e corretta di educazione ambientale, perch invita i bambini a conoscere in modo diretto il proprio quartiere, percorrendolo ogni giorno, nelle varie stagioni, fino a conoscerne i dettagli, le attivit, i cambiamenti, le persone. Piccole esperienze personali che, portate a scuola e sommate, possono costituire una base interessante per lavori di apprendimento e di progettazione. Costituisce inoltre una concreta e seria esperienza di educazione stradale, partendo anche in questo caso dalle quotidiane esperienze individuali, per studiare insieme i percorsi migliori e i comportamenti pi corretti sia dei bambini che degli automobilisti1. Abbiamo chiesto agli insegnanti di valutare la possibilit di diminuire il peso dello zaino studiando modali1 Si veda la scheda n 10: Una patente da pedone, da ciclista e da motorinista.

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t diverse per lo studio in classe e per i compiti a casa, per esempio facendo lasciare alcuni libri a scuola, altri a casa. I genitori. Ci sembra importante dare ai genitori la possibilit di scoprire le capacit di autocontrollo e di responsabilit dei propri figli, certamente maggiore di quella che loro stessi immaginano e recuperare essi stessi una maggiore autonomia, pi tempo, meno vincoli, liberandosi dallobbligo dellaccompagnamento quotidiano. Con loro si avuto naturalmente il confronto pi difficile, rispetto a quello che consideravano un grave pericolo per i loro figli. Si convenuto per che il pericolo pi grande rappresentato proprio dalle loro auto, che, in quelle ore, sono responsabili della stragrande maggioranza del traffico intorno alle scuole. Si ragionato insieme sulla necessit che i bambini ritrovino forme di solidariet (cercarsi, passarsi a prendere, accompagnarsi) e una maggiore autonomia. Che possano sperimentare le diverse stagioni dellanno senza paura per la pioggia o per la neve (sempre considerati eventi piacevoli nella nostra infanzia). Si infine concordato, naturalmente senza poterlo rendere obbligatorio, che i bambini venissero lasciati andare a scuola e tornare a casa da soli entro unarea definita2, in modo che chi abitava lontano li accompagnasse fino a questo limite e non fino a scuola. Molti genitori chiedevano che prima di iniziare lesperienza venissero effettuati alcuni interventi urbanistici che rendessero pi sicuri i punti pi critici dei due quartieri, ma abbiamo convenuto che in questo lavvio dellesperienza avrebbe richiesto un tempo eccessivamente lungo e a2 Questa area corrisponde al bacino di utenza della scuola o almeno alla sua parte pi rilevante e non supera i 500-700 metri di raggio, e quindi di distanza massima dalla scuola per ciascun allievo.

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vremmo invece avuto pi forza nei confronti della amministrazione se avessimo chiesto gli interventi a esperienza avviata, con i bambini nelle strade e dopo aver verificato le reali esigenze e priorit. Naturalmente non tutti si convinsero. Gli anziani. Abbiamo incontrato le associazioni degli anziani, non per chiedere di assumere ruoli particolari di vigilanza o di assistenza, ma, come si diceva sopra, per chiedere loro di esserci, di uscire in quelle fasce orarie, di passeggiare, di andarsi a leggere il giornale in una panchina, di andare a fare la spesa, insomma di dare unocchiata e di essere i nonni di tutti i bambini. I commercianti. Questa categoria ha una caratteristica che la rende preziosa per questa esperienza: il commerciante sta sulla strada, per questo pu dare unocchiata ai bambini ed sempre l e pu costituire un punto di riferimento. Abbiamo chiesto ai negozianti dei due quartieri di partecipare allliniziativa e quelli che hanno aderito (quasi tutti) hanno esposto sulle loro vetrine un adesivo del Laboratorio. I bambini conoscono il simbolo e sanno che, dove appare, loro possono entrare e chiedere: di telefonare a casa senza pagare la chiamata, bere, fare la pip, ricomporre una lite. Questa risorsa stata utilizzata pochissimo sia perch effettivamente il percorso non presentava difficolt, sia perch i bambini ci tengono a dimostrare la loro autonomia. Quando ne hanno avuto bisogno lhanno utilizzata con piena soddisfazione loro e degli stessi negozianti. Gli adolescenti. Abbiamo poi incontrato gli studenti delle scuole superiori vicine alle scuole elementari. I genitori avevano manifestato timori per i motorini degli studenti e
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per le eventuali molestie che da questi sarebbero potute venire. Abbiamo invece trovato molta attenzione e disponibilit a collaborare per favorire questa piccola, ma importante impresa, dei loro compagni pi piccoli. LAssessorato al Traffico. Liniziativa stata avviata in collaborazione con lAssessorato al traffico, che ha fatto realizzare dei cartelli stradali sperimentali, per avvisare gli automobilisti che nella zona i bambini vanno a scuola da soli. LAssessorato al Traffico ha anche promosso un corso di aggiornamento per i vigili urbani intitolato Il vigile amico dei bambini. Gli automobilisti. Attraverso lapposita segnaletica stradale si sono informati gli automobilisti delliniziativa, offrendo loro una bella opportunit di educazione al rispetto dei diritti dei pedoni. Il quartiere. Liniziativa, oltre ad offrire ai bambini una occasione di autonomia, vuole restituire al quartiere lesperienza dei bambini per strada. Una esperienza che non intende sollecitare romantici ricordi, ma preparare un futuro sostenibile, con meno smog, meno rumore, con pi sicurezza e pi gente per strada.

Alcuni dati
Liniziativa A scuola ci andiamo da soli stata preceduta o si associata ad attivit di ricerca che avevano lobiettivo di raccogliere informazioni o di valutare i primi risultati dellesperienza. A Fano lindagine stata condotta
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Cartello stradale realizzato dallAssessorato al Traffico per delimitare le zone sperimentali.

alla fine del primo anno di avvio della iniziativa, mentre a Palermo e a Roma ne precede linizio.

Fano Prima della fine dellanno scolastico, dopo quattro mesi dallavvio delliniziativa, stato proposto un questionario agli alunni e ai genitori delle due scuole coinvolte, per conoscere se era cambiato il modo di recarsi a scuola, se erano soddisfatti dellesperienza e quali difficolt e proposte potevano segnalare. Hanno risposto 385 alunni (intervistati a scuola) e 316 genitori. Le loro risposte sono sostanzialmente omogenee
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per cui si riferisce una media fra le due, volendo qui solo dare elementi di valutazione dellattivit. Prima delliniziativa andavano a scuola accompagnati in auto il 68% degli alunni, accompagnati a piedi da adulti il 12% e da soli a piedi il 20%. Naturalmente queste percentuali variano nei diversi livelli scolastici, arrivando in quinta elementare al 50% di alunni che andavano a scuola da soli. Dopo lavvio delliniziativa continuano ad andare a scuola in macchina solo il 20% degli alunni, mentre il 76% vanno a scuola da soli. Naturalmente le condizioni climatiche incidono notevolmente sullautonomia dei bambini e solo il 33% di loro va a scuola da solo anche quando piove. La grande maggioranza degli intervistati, il 95% dei bambini e l87% dei genitori, d una valutazione positiva della esperienza. Le motivazioni prevalenti di questa soddisfazione sono nellordine: laumento di autonomia, la possibilit di conoscere, il piacere di incontrarsi con gli amici (citata specialmente dai bambini). Le motivazioni pi citate a giustificare le risposte negative sono: la pericolosit, la scomodit (citata dai bambini), il peso degli zaini. Le proposte per una maggiore sicurezza del percorso casa-scuola sono nellordine: maggiore sorveglianza da parte dei vigili, maggiori garanzie (separazione dalle macchine) sui percorsi pedonali e ciclabili. Queste proposte di maggiore difesa e separazione sono pi frequenti nei genitori, mentre i bambini sono pi interessati ad un maggiore rispetto dei loro diritti da parte degli adulti e in particolare degli automobilisti.

Palermo A Palermo lindagine si svolta nei due quartieri scelti per lavvio della iniziativa, uno di periferia e uno di centro, e
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ha coinvolto 3.550 genitori e 3.550 studenti della scuola elementare e della scuola media. I questionari intendevano conoscere le modalit in cui viene effettuato il percorso casa-scuola, la valutazione della proposta di andare a piedi da soli e le eventuali difficolt e proposte. I questionari sono stati distribuiti a scuola e compilati a casa, sia da parte dei genitori che degli allievi, con una percentuale di restituzione di circa il 50% (la bassa percentuale dipende sia dalle modalit di distribuzione del questionario sia dalla assenza di qualsiasi forma di precedente sensibilizzazione alliniziativa). Vanno a scuola accompagnati in auto il 40% degli studenti; la percentuale sale al 58% nei giorni di pioggia. Vengono accompagnati a piedi il 16%. Vanno a scuola a piedi, da soli il 37% e in autobus il 7% degli allievi. Nella scuola elementare le percentuali si modificano. Vanno a scuola accompagnati in auto il 44% e a piedi da adulti il 40% dei bambini. Vanno a scuola a piedi, da soli il 16%. Il 66% dei bambini e il 54% dei genitori si dichiarano favorevoli alla iniziativa e citano come motivazione prevalente la necessit di una maggiore autonomia. Il 34% dei bambini e il 46% dei genitori si dichiarano invece contrari citando come motivazioni prevalenti la pericolosit del traffico e i rischi sociali, la lontananza della scuola e il peso degli zaini. Roma A Roma il progetto stato raccolto dalla V Circoscrizione e applicato in alcuni suoi quartieri con il nome Il quartiere dei bambini. La ricerca stata condotta in due quar145

tieri nei quali si vorrebbe avviare liniziativa Alla scuola ci andiamo da soli. Rispetto alle altre citt lindagine di Roma stata condotta con un forte impianto scientifico e utilizzando un questionario complesso e articolato somministrato con la formula dellintervista da parte di una quipe di ricerca3. Le interviste hanno interessato un campione sperimentale di 400 bambini delle ultime classi della scuola elementare e della scuola media. Le domande contenute nel questionario riguardavano diversi temi fra i quali la mobilit infantile per il percorso casa-scuola. I dati raccolti indicano che: il 68% degli allievi va a scuola accompagnato in auto o a piedi dagli adulti; il 13% dei bambini va sempre a scuola da solo; il 18% ha avuto solo occasionalmente lopportunit di fare il percorso senza essere accompagnato. I bambini ritengono di essere accompagnati perch i genitori hanno paura (67,2%) e in misura minore perch sono piccoli (18,8%). La maggioranza dei bambini che sono accompagnati si dichiara disponibile ad andare a scuola da solo (76,2%). La maggiore difficolt che i bambini citano rispetto a questa loro esperienza di autonomia la loro paura delle persone pericolose, che identificano con le frange di emarginazione sociale: barboni, zingari, drogati, ladri, rapitori. Meno preoccupanti per loro i pericoli derivanti dal traffico, che invece considerano come paura prevalente dei genitori.

3 La ricerca romana stata condotta dalla dottoressa Vittoria Giuliani, ricercatrice dellIstituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR, esperta di psicologia ambientale.

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Conclusioni
Come dimostrano i dati di Palermo e Roma, la maggioranza dei bambini desidera una maggiore autonomia, si considera capace di affrontare la prova dellandare a scuola senza laccompagnamento degli adulti. interessante e preoccupante la forte presenza di paure legate ai pericoli sociali dellambiente, certamente condizionate dalle raccomandazioni degli adulti e dalle informazioni dei mezzi di comunicazione, ma che in parte rispecchiano anche la situazione di degrado delle periferie. Meno preoccupati sono i bambini dei pericoli di traffico. Di fronte a questa situazione sembra ancora pi urgente lavvio di una tale iniziativa, che aiuter bambini e genitori a costruirsi un quadro del quartiere pi sereno e a dare un contributo perch la pericolosit, che comunque pu esistere, si riduca a livelli controllati e accettabili. Lesperienza di Fano, che dal marzo 1995 continua con una sostanziale risposta positiva da parte delle famiglie e dei bambini, dimostra che le paure si possono esorcizzare solo con lesperienza. Anche a Fano i genitori avevano paura sia dei pericoli del traffico che di quelli sociali, ma una volta avviata liniziativa la quasi totalit di adulti e bambini si dichiara contenta. I bambini in particolare dichiarano di andare a scuola pi volentieri e, secondo la testimonianza di uno dei due direttori didattici, quando vengono a scuola da soli sono pi puntuali. Due effetti che non sembrano marginali. Va invece sottolineata la fragilit di esperienze come questa che richiedono modifiche non indifferenti nelle abitudini delle famiglie. Il Comune che chiede ai bambini di andare a scuola da soli, chiede ai genitori non solo di avere fiducia nei loro figli, ma anche nel comportamento degli altri adulti automobilisti, passanti, negozianti. Naturalmente se un Comune chiede questo deve comprometter147

si e fare tutto quello che in suo potere per garantire la maggiore sicurezza dei bambini. Le famiglie contano su questa disponibilit e chiedono interventi che aumentino le sicurezze. Se questi interventi non vengono realizzati, specie se gi promessi, la fiducia verso lamministrazione viene meno e i figli tornano a scuola in auto. Questo in qualche modo sta succedendo a Fano con una diminuzione della partecipazione a questa iniziativa, nel secondo anno, proprio per i ritardi nella realizzazione delle opere richieste dai cittadini e promesse dallamministrazione. Di nuovo il problema dei tempi, di nuovo la necessit di considerare il progetto come una trasformazione profonda non solo nelle cose da fare ma anche nelle sensibilit che si riflettono nelle procedure.

10.

UNA PATENTE DA PEDONE, DA CICLISTA E DA MOTORINISTA

Una proposta di educazione stradale

I Comuni hanno competenze sulleducazione stradale e destinano fondi allacquisto di materiali come libretti, manifesti, video. Materiali che permettono agli insegnanti di fare le solite lezioni magari con qualche immagine in pi, ma resta inalterato lo scopo di questo sforzo economico e organizzativo: portare il pi precocemente possibile gli alunni a conoscere i segnali stradali e i principali articoli del codice della strada. Per rendere pi credibile e pi efficace questa operazione sempre pi spesso si invitano i vigili urbani dentro le classi, in modo che siano loro ad insegnare segnaletica e codice, anche se non hanno nessuna esperienza di bambini e di didattica. Queste attivit sono destinate ad un sostanziale insuccesso per varie ragioni: innanzi tutto privo di ragionevolezza insegnare a
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bambini di otto, dieci anni, che ancora per molti anni non guideranno una macchina, i segnali stradali e il codice, poi non assolutamente vero che laumento di informazioni e di conoscenze garantisca il cambiamento dei comportamenti (i giovani ad esempio continuano a fumare anche se conoscono tutte le statistiche del rischio che stanno correndo). A scuola quindi si studia come ci si dovrebbe comportare in strada mentre in strada gli adulti si comportano come se non fossero mai andati a scuola e i bambini continuano a muoversi dentro le auto condotte da questi adulti analfabeti. Di qui la proposta del Laboratorio di una vera esperienza di educazione stradale, vissuta dai bambini nelle strade della citt e legata alla soddisfazione, anche se parziale, di una loro esigenza di autonomia: liniziativa A scuola ci andiamo da soli. A sostegno di questa esperienza si propone alle scuole listituzione di corsi di patente per Pedoni nella scuola elementare, per Ciclisti nella scuola media inferiore e per Motorinisti nella scuola superiore. Lidea semplicemente quella di rafforzare lattenzione e limpegno dei bambini e dei ragazzi e di coinvolgere sempre di pi la citt in questa operazione di risanamento dei comportamenti e delle abitudini.

La patente da pedoni Nella scuola elementare si potrebbero attivare dei veri corsi di patente da pedoni che prevedano lo studio dei percorsi da casa a scuola con sopralluoghi; lesame delle migliori soluzioni in rapporto al tempo e alla sicurezza; losservazione del comportamento degli automobilisti riguardo alla velocit, al rispetto delle strisce pedonali, al parcheggio sui marciapiedi; lidentificazione dei punti di mag149

giore rischio. Dopo questi rilievi, che potranno essere effettuati dai bambini anche nel pomeriggio, si dovranno elaborare strategie di proposta e, se necessario, di protesta, attraverso luso delle multe morali1 e la richiesta al Comune di interventi punitivi o strutturali come modifiche di attraversamenti, installazione di semafori a chiamata, ecc. Si possono approfondire la conoscenza della attivit di deambulazione, la migliore postura, le caratteristiche delle scarpe. Si esamineranno le caratteristiche delle diverse stagioni e le modalit migliori per proteggersi dalla pioggia, dal caldo, dalla neve, potendosi muovere con libert. I bambini possono assumere a turno il ruolo di vigile urbano per verificare il comportamento dei compagni e degli adulti allesterno della scuola, prendendo nota dei comportamenti non adeguati. Di questi si parler in classe e in caso di rilievi gravi nei confronti degli automobilisti si potr anche decidere di fare segnalazioni al comando dei vigili urbani. Naturalmente lobiettivo non quello di riproporre una sorta di capoclasse, ma di offrire un punto di vista diverso, che permetta ai bambini di leggere la loro esigenza di autonomia correlata con il rispetto delle norme. La turnazione sistematica e non meritocratica, in questo gioco dei ruoli, sar quindi necessaria. Alla fine del corso si potrebbe fare una grande festa, un percorso ad ostacoli nella piazza del quartiere e far consegnare dallassessore al Traffico le patenti da pedoni con foto, bolli e marche. Poi sar importante che lamministrazione organizzi iniziative per i piccoli patentati, per esempio passeggiate il sabato o la domenica per raggiungere localit interessanti da un punto di vista naturalistico o artistico e fare insieme una merenda. Durante le vacanze si potranno anche organizzare lunghi viaggi a piedi su percorsi interessanti, secondo le modalit del trekking.
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Si veda la scheda n 8: La multa dei bambini.

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La patente da ciclisti Nelle citt dove luso della bicicletta possibile, in tutte le scuole medie si potrebbe aprire un laboratorio della bicicletta (questa proposta in alcune situazioni ambientali favorevoli potrebbe interessare anche le ultime classi della scuola elementare). Un luogo dove si possa smontarla, pulirla, aggiustarla, studiarla, conoscerla bene. importante che la scuola solleciti negli allievi la passione per la bicicletta, perch le nostre citt hanno bisogno di formare cittadini che scelgano di lasciare a casa la macchina e si muovano senza rumore e senza occupare molto posto, senza consumare inutilmente risorse non rinnovabili come il carburante, senza inquinare laria e danneggiare le opere darte. Per il resto il corso di patente da ciclisti dovrebbe procedere come quello da pedoni, con lo studio del territorio, dei percorsi, con richieste di maggiori attenzioni da parte della amministrazione, come pi volte accennato nelle altre parti del libro. Dopo la festa della consegna delle patenti, per i patentati lAssessorato al Traffico e lAssessorato allo Sport potranno organizzare gite, gare di regolarit, visite a localit interessanti del territorio circostante e, nelle vacanze, anche veri lunghi viaggi in bicicletta a tappe.

La patente da motorinisti Il motorino certamente uno dei miti dei nostri adolescenti, la ragione di grandi lotte con i genitori, la causa di difficolt non irrilevanti nella circolazione stradale urbana, responsabile di forte aumento dellinquinamento acustico ed purtroppo la causa di tanti, troppi traumi cerebrali che ogni giorno uccidono o lasciano paralizzati adolescenti e giovani. Questo sia per la prepotenza degli au151

tomobilisti sia per le cattive abitudini dei giovani stessi che, oltre a guidare in maniera spericolata, usano spesso in due il motorino o circolano senza il casco. Queste cattive e pericolose abitudini sono in modo incomprensibile e colpevole tollerate dalle autorit di tutela del traffico. Se per il motorino fosse usato in modo corretto si avrebbero notevoli benefici per la citt, dato che lo spazio che occupa cinque o sei volte inferiore a quello che richiede una automobile. Si propone lapertura di un laboratorio del motorino in tutte le scuole superiori (mi piace pensare un tale laboratorio nei nostri licei classici). Sarebbe un luogo dove finalmente si troverebbero a loro agio gli studenti che hanno pi problemi in greco e in algebra, ma sarebbe anche il laboratorio dove si potrebbe fare tecnologia, fisica, chimica, ecc. Si dovrebbe studiare la viabilit della citt, proporre soluzioni soddisfacenti per percorsi sicuri e la realizzazione di appositi parcheggi. Si dovrebbero studiare i rischi e i pericoli per giungere insieme al riconoscimento della necessit di una guida corretta, delluso del casco e alla impossibilit di viaggiare in due su un motorino. E via di questo passo fino alla patente e alle successive iniziative sociali che potranno diventare luoghi di amicizie e occasioni di rafforzamento di corretti comportamenti sulla strada. Sarebbe importante che i giovani capissero che quando sono in motorino debbono rispettare i diritti dei pi deboli, e quindi dei ciclisti e dei pedoni, cos come si chiede che gli automobilisti facciano con loro. Questa scheda stata scritta in gran parte al condizionale perch la proposta ancora allo studio delle scuole e si attende una loro decisione per partire con la partecipazione, insieme al Laboratorio, degli Assessorati al Traffico, allo Sport, allEducazione e delle associazioni sportive e ambientalistiche.
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1 1.

IO E LA MIA CITT

Una proposta di educazione ambientale

Nel 1993 il Laboratorio di Fano La citt dei bambini ha lanciato a tutte le scuole italiane la proposta di dedicare la loro attenzione al rapporto sempre pi difficile fra il bambino e la citt, con il progetto Io e la mia citt. Il piano pluriennale invita ogni anno gli studenti italiani delle scuole di ogni livello ad analizzare un aspetto, un pezzo della loro citt e su questo ad incontrarsi a Fano per conoscersi e confrontare il lavoro svolto. Nel 2000 si prevede un grande convegno internazionale nel quale, ricomposti i pezzi esaminati nei vari anni, si ponga in discussione la citt secondo le ottiche, le aspettative e le proposte dei bambini e dei ragazzi. nostra opinione che questa iniziativa sia un buon programma di educazione ambientale, specie per la sua parte di conoscenza del territorio, di progettazione e di prospettiva verso il futuro. Daltra parte la citt il luogo del massimo degrado, del pi urgente intervento. l che si realizzano gli attentati pi grandi allambiente, da l che una rinascita ambientale pu iniziare. Per questo il Ministero dellAmbiente ha riconosciuto il Laboratorio di Fano come Laboratorio Territoriale di Educazione Ambientale e per questo il Ministero della Pubblica Istruzione, fin dal primo anno, ha fatto suo e ha divulgato nelle scuole con sua circolare il progetto Io e la mia citt. In questo e in simili casi c un valore in pi da tenere in conto. I bambini progettano spazi veri della citt, li propongono agli adulti e gli adulti dovranno sempre pi tenerne conto, modificando i tradizionali parametri di progettazione delle citt basati solo su criteri economici e comunque di interesse e rilevanza per i soli adulti. Queste propo153

ste diventano quindi, attraverso i bambini, anche efficaci iniziative di sensibilizzazione ambientale per gli adulti.

I temi Il tema proposto nellanno scolastico 1993-94 era Le piazze e i monumenti. Gli allievi erano invitati a rispondere alle domande A cosa serve una piazza?, Come dovrebbe essere fatta, attrezzata, arredata una piazza?, Dove si potrebbe realizzare una piazza come quella desiderata?, Cosa significa un monumento?, A chi lo fareste e come?. Il tema del 1994-95 era Fuori il verde. Linvito era quello di cercare quei ritagli di citt, quei prati incolti di cui sono ricche le periferie, che non si sa di chi sono e che spesso diventano piccole discariche; per conoscerli e restituirli ad un uso pubblico attraverso una adeguata progettazione. Il tema del 1995-96 era Le strade e le macchine: a scuola ci andiamo da soli per studiare le difficolt della mobilit urbana per i cittadini pi deboli e le possibili soluzioni per aumentare la loro autonomia e contrastare lo strapotere delle automobili. I rifiuti largomento di lavoro per lanno 1996-97 e temi dei prossimi anni potranno essere: La scuola come piace a noi; Il restauro e il riuso urbano; I cortili; Il tempo libero o altri.

Il metodo Le scuole interessate al progetto inviano una scheda di adesione al Laboratorio di Fano. Questo risponde alle classi con un documento metodologico, preparato appo154

sitamente ogni anno, che suggerisce alcune attivit sul tema proposto. Si ritiene che le scuole debbano sviluppare largomento, nella piena libert, delle forme e dei linguaggi espressivi. Si propone di iniziare il lavoro con esperienze concrete, reali: lindividuazione di uno spazio del quartiere, oppure lidentificazione di un problema da superare. Di qui si parte per raccogliere informazioni, conoscere la propriet dellarea, formulare delle ipotesi di trasformazione. Nella elaborazione di un progetto si suggerisce di utilizzare la consulenza e la collaborazione di tecnici esterni alla scuola che aiutino gli allievi a tener conto delle norme, delle caratteristiche dei materiali, delle soluzioni possibili. Potranno essere i tecnici del Comune o architetti, urbanisti, naturalisti, ecc. Sar importante, sia per gli aspetti educativi, sia per la maggiore realizzabilit dellopera, che la classe studi anche i materiali necessari, i costi necessari e valuti quale contributo operativo possono dare gli allievi stessi, i genitori, i nonni, tanto per la realizzazione che per la manutenzione. Il lavoro svolto terminer con la preparazione di un progetto concreto e se possibile con un modellino o un plastico che verr presentato agli assessori competenti1.

La settimana di Fano Durante il mese di aprile si tiene a Fano una settimana di chiusura della iniziativa Io e la mia citt, dedicata ai bambini, durante la quale le classi o i gruppi (per esempio di associazioni) che hanno aderito inviano o portano i loro progetti. Levento principale la grande mostra dei progetti, dei
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Si veda anche la scheda n 4: I bambini progettisti.

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modelli, dei plastici, prodotti dai bambini delle varie citt sul tema dellanno. Una seconda mostra quella dei migliori manifesti realizzati dai bambini di Fano per il concorso per il manifesto dellanno2. A queste si uniscono altre mostre curate dal Laboratorio, da associazioni nazionali o locali o dagli anziani della citt. Nei sei anni della manifestazione, fra le altre, sono state presentate a Fano la mostra delle scuole dellinfanzia di Reggio Emilia I cento linguaggi dei bambini e la mostra curata da Mario Lodi sul disegno infantile. Tutti i giorni della settimana gruppi teatrali per bambini o di bambini, locali o di altre citt, realizzano spettacoli, di mattina nelle scuole e di pomeriggio nelle piazze, piazzette e teatri della citt. Durante la settimana si tengono anche alcuni incontriconvegno. Uno, forse il pi rappresentativo, quello dei bambini progettisti, durante il quale gli autori illustrano ai compagni delle varie citt e agli adulti il loro lavoro esposto nella mostra. Questo incontro viene coordinato e diretto dai bambini del Consiglio di Fano con un rispetto dei tempi previsti che stupisce sempre gli adulti. Si sta comunque pensando di modificare in futuro questa presentazione che rischia di scimmiottare troppo i convegni degli adulti e di incontrare poco interesse da parte dei bambini che assistono, specie di quelli che ancora debbono intervenire, realizzando la mostra dei progetti in uno spazio molto pi grande e invitando i gruppi di lavoro ad illustrare in alcune ore del giorno il loro lavoro. Un secondo convegno che si sempre tenuto quello degli amministratori, sul tema dellanno, le sue implicazioni educative ed urbanistiche. Quello con gli amministratori un appuntamento importante che permette uno scambio di esperienze fra le citt interessate o gi impe2

Si veda la scheda n 12: Io e la mia citt: il manifesto.

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gnate in questo progetto. Negli ultimi anni allincontro di aprile si aggiunto un incontro-seminario di approfondimento a dicembre. Si sono anche tenuti incontri con gli insegnanti sui temi pi vicini alla metodologia della proposta (dalla educazione ambientale alla collaborazione con tecnici esterni alla scuola) e con gli architetti sui vari aspetti della architettura partecipata ai bambini. Per una settimana molti spazi importanti e prestigiosi della citt vengono lasciati ai bambini, ai loro incontri, ai loro spettacoli, alle loro mostre. I negozi espongono i loro manifesti, la radio e la stampa locale si occupano di loro. Per una settimana la citt diventa un po di pi una citt dei bambini. La domenica la citt, chiusa al traffico3, si offre ai bambini come Una citt da giocare. Nei vari anni si sono proposti ai bambini i vari spazi urbani come occasioni di gioco: le piazzette e i vicoli del centro come sorprendenti ambientazioni di spettacoli teatrali; la sabbia dellarenile come materiale per i tanti giochi, dal vulcano al castello, dal trabocchetto alla pista per le bilie; i ciottoli della spiaggia sassosa come materiali per originali composizioni o pitture o per ricerche del sasso pi rotondo; le mura o i bastioni della citt come grandi giocattoli. Negli ultimi anni, dopo che i bambini hanno ottenuto la chiusura della citt alle macchine, il luogo del gioco diventato la strada, simbolo dellimpegno di riappropriazione della citt da parte di tutti i cittadini a partire dai bambini. Alcuni dati La partecipazione alla settimana stata variabile, fortemente condizionata dai tempi in cui la circolare ministe3

Si veda la scheda n 13: Una giornata senza auto.

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riale arrivata alle scuole e dalla coincidenza della settimana di aprile con le elezioni politiche o amministrative (purtroppo una costante negli ultimi tre anni). Nonostante queste difficolt hanno inviato progetti a Fano una cinquantina di scuole (in media) e varie amministrazioni comunali hanno inviato i loro rappresentanti. Erano sempre rappresentate pi di dieci regioni italiane e alcune delegazioni straniere. costantemente aumentato il numero dei plastici inviati a Fano, rispetto ai cartelloni tradizionali, che costituivano il materiale prevalente dei primi anni. Questo significa che le scuole stanno accettando le indicazioni di lavoro proposte dalla circolare ministeriale e il documento metodologico inviato dal Laboratorio di Fano: intervento operativo sul territorio, collaborazione con tecnici esterni alla scuola, uso di nuove tecnologie, come appunto la realizzazione di plastici. Lalta partecipazione di progetti, bambini, insegnanti e amministratori, nonostante che lonere finanziario fosse a carico dei partecipanti e le citate difficolt politiche degli ultimi anni, dimostra il riconoscimento dellimportanza non solo per la proposta metodologica, ma anche per loccasione dincontro reale di bambini e di adulti sia intorno ai lavori esposti sia per giocare insieme la citt.

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IO E LA MIA CITT: IL MANIFESTO

Da tre anni il manifesto della iniziativa nazionale Io e la mia citt nasce da un concorso bandito fra i bambini e i ragazzi delle scuole di Fano. Il Laboratorio distribuisce nelle scuole un manifesto bianco di 100 x 70 cm, con il solo simbolo grafico della iniziativa e i titoli. I bambini dipingono in tutta libert il manifesto, per rappresentare il te158

Manifesto scelto come simbolo delliniziativa per lanno 1996, realizzato da Michela, 3 anni, dellasilo nido Arcobaleno di Fano.

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ma dellanno, scegliendo la tecnica che preferiscono, lavorando a scuola o a casa, individualmente o in gruppo. Tutti i manifesti preparati, sempre pi di cento, vengono esaminati da una commissione, formata da professori dellIstituto dArte e del Liceo Pedagogico, da un grafico e dal direttore scientifico del Laboratorio, che seleziona quelli che verranno esposti in una mostra durante la settimana di aprile e sceglie quello che le sembra il pi adatto a rappresentare il tema dellanno. Questo viene stampato e diventa il simbolo della manifestazione: il premio per il piccolo autore. Tutti i manifesti non utilizzati per la mostra vengono esposti nelle vetrine dei negozi.

1 3.

UNA GIORNATA SENZA AUTO

Come si ricordato nella scheda Il Consiglio comunale aperto ai bambini durante il Consiglio straordinario del 1993 i bambini avevano chiesto che le macchine fossero meno prepotenti, togliessero meno spazio al gioco dei bambini, e lassessore al Traffico, in uno slancio di generosit, promise che per un giorno avrebbe chiuso tutta la citt alle auto. Le difficolt le incontr successivamente, perch non si trattava di chiudere una strada o una piazza, ma una citt attraversata da strade importanti e trafficate come lAdriatica e la Flaminia. Ormai per la promessa era fatta e il Laboratorio fu fermo nel chiedere che venisse rispettata. La promessa fu mantenuta, fu richiesta lautorizzazione alla Prefettura, furono predisposte le necessarie deviazioni e le strade furono regalate ai bambini per giocare. Nel Consiglio straordinario del 1994 i bambini hanno chiesto di aumentare le giornate di chiusura alle macchine. Lassessore questa volta non ha fatto rischiose pro160

messe, ma non ha neppure potuto recedere rispetto allimpegno dellanno precedente e cos la giornata di chiusura stata confermata negli ultimi tre anni e costituisce ormai una bella consuetudine. Da allora, la domenica di chiusura della iniziativa Io e la mia citt1, i bambini, ma anche gli adulti, si riappropriano delle strade che, da luoghi proibiti e pericolosi, diventano spazi privilegiati di gioco. inusuale, ma carico di significato, osservare bambini e adulti camminare in fila lungo la linea di mezzeria della carreggiata, alla scoperta di una libert nuova. La strada diventa il luogo dei vari giochi tradizionali, del teatro, dei trampoli. Gruppi di animatori e di studentesse del Liceo Pedagogico aiutano i bambini a scoprire vecchi giochi di strada o propongono nuove attivit. La strada diventa una grande lavagna, lunga come una citt, dove disegnare percorsi, spazi di gioco o dipingere come i madonnari. Gli automobilisti che hanno la fortuna di transitare in questo giorno a Fano, quando incontrano la strada interrotta e vengono obbligati ad una certamente poco gradita deviazione, trovano un cartello che dice: OGGI LE STRADE DI FANO SONO CHIUSE ALLE MACCHINE PERCH SONO STATE REGALATE AI BAMBINI PER GIOCARE. La nostra speranza che questi automobilisti, insieme alla legittima rabbia per lallungamento del viaggio, possano portarsi dietro, quali stimoli alla riflessione, pensieri del tipo: Per che strani questi fanesi, giocare nelle strade... per anchio da piccolo... e perch no anche per mio figlio?.... Chiudere le strade per un giorno certamente solo un simbolo, un segnale, ma anche i segnali sono importanti
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Si veda la scheda n 11: Io e la mia citt.

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perch aiutano a credere alle cose nuove. Sono piccole carezze che aiutano a sperare. Aiutano i bambini a crescere con questi desideri, aiutano gli adulti a rompere le abitudini che spesso si confondono con necessit.

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UN MARCHIO DI QUALIT BAMBINI PER ALBERGHI E RISTORANTI

Ristoranti ed alberghi a misura anche dei bambini

Il progetto, come pi volte ricordato, interessa trasversalmente la citt, tutti i suoi aspetti, tutte le sue strutture, da sottomettere ad una revisione critica, a partire dalle esigenze dei bambini. Fano una citt di turismo balneare frequentata specialmente dalle famiglie. Per questo lAzienda di Promozione Turistica (APT) ha visto fin dallinizio con interesse il sorgere del Laboratorio, lo ha appoggiato e ha manifestato curiosit e disponibilit di fronte allidea di proporre agli esercenti di ristoranti, alberghi e camping una serie di suggerimenti per rendere le loro strutture pi adatte ai bambini. Dopo alcune riunioni con sindaco, assessori competenti, APT ed esercenti, la proposta ha preso forma in alcune riunioni del Consiglio dei bambini.

Le proposte dei bambini


Le proposte che seguono sono emerse direttamente e senza interventi degli adulti in una seduta del Consiglio dei bambini del Laboratorio dopo che i consiglieri avevano raccolto le idee nelle rispettive scuole.
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Perch un ristorante sia adatto ai bambini Lucia: Vetri mobili che destate si tolgono e dinverno si mettono, con il self-service in modo che i bambini si possono servire. Beatrice: 30 bambini su 90 vorrebbero cibi buoni che piacciono a loro, 14 parco e sala giochi, 13 giardino, 12 tavoli bassi e larghi, 10 divieto di fumo, 6 un servizio rapido, personale gentile e con i bagni puliti. M. Vittoria: Vicino al ristorante una stanzetta per i bambini cos non devono stare a tavola e aspettare i grandi ed annoiarsi; vestirsi in maniera non seria; le pareti dipinte con murales. Massimo: Preparare il men e cucinare; decidere la quantit di cibo che si vuole. Nicola: Sala da pranzo solo per i bambini con panche fissate al muro e al pavimento per evitare le cadute. Francesca: Piatti di plastica dura e lavabile con disegni dei cartoni animati. Chiara: Sala per i fumatori perch a noi bambini il fumo d molto fastidio e fa male; dopo il pranzo una sala tutta per noi per poter giocare e dolci gratis ai bambini. Dennis: Servitori gentili con battute divertenti, piccola palestra con porte piccole da calcio.

Perch un albergo sia adatto ai bambini Lucia: Struttura a forma di giocattolo con dentro tanti giocattoli. Elena: Vorrei pi controllo nel giardino, sale adibite a televisione, giochi gratis, self-service, mini biblioteca. Baby sitter perch i genitori che vogliono andare in qualche posto e i bambini non sanno dove metterli, allora ci potrebbe essere una baby sitter.
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Giorgia: Vorremmo dei parchi con giochi tipo altalene e altri generi, piscine e sale giochi, poi cartelloni da poter disegnare. Beatrice: La televisione in camera con cartoni per i bambini, con mobili non infiammabili e soprammobili infrangibili. M. Vittoria: Camere grandi e colorate e con giocattoli non pericolosi e tenere anche le cose un po in disordine. Letti resistenti dove si pu anche saltare. Costi pi bassi di quelli attuali perch ci si andrebbe di pi. Club per i bambini con passatempi come ballare e andare in spiaggia. Massimo: Orari non rigidi. Scegliere attivit silenziose invece di riposare, come leggere disegnare travestirsi truccarsi preparare il men e cucinare. Chiavi ad uso personale. Maniglie, docce, interruttori, specchi ad altezza di bambino. Sala film, computer creativi con immagini tridimensionali, poter far musica con strumenti, momenti di lettura a voce alta. Nicola: Spazi gioco con tavoli e sedie senza spigoli, grande schermo televisivo, computer, pareti lavabili, con pennelli per dipingere. Letti con protezione per eventuali cadute, mensole con giochi e pareti con isolamento acustico (per strillare). Bagni igienizzati. Giardino con giochi, capannine e uno spazio per i pi piccoli. Tappeti, ascensori per handicappati. Margherita: Ci potrebbe essere un piccolo cinema con ogni due ore un cartone e una sala con giornalini. Francesca: Guardaroba di vestiti per feste, gite guidate per i bambini a piedi e con pulmino. Plastico con i monumenti pi belli della citt. Manila: Strutture per animali dei clienti. Dennis: Giardino con persone che pensano a noi. Giacomo: Albergo di lusso con dietro un bosco e un piccolo zoo, un piccolo bar, parco giochi.
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Proposte del Laboratorio


A partire dalle proposte dei bambini, che evidenziano le modifiche principali che possono trasformare questi servizi in luoghi piacevoli anche per loro, il Laboratorio ha formulato agli operatori turistici e allAPT di Fano una serie di proposte perch si possano discutere e arricchire insieme1. Se si riuscir a compilare un elenco di condizioni alle quali debbano rispondere un ristorante e un albergo per essere adatti ai bambini, si potr proporre un Marchio di Qualit Bambini del quale possano fregiarsi i locali che lo meritano. Il marchio potr essere assegnato da una commissione composta da rappresentanti dellAPT, del Laboratorio e dei bambini del Consiglio. Se liniziativa potr concretizzarsi sperimentalmente a Fano si potr poi valutare se proporla a livello regionale o pi ampio. La richiesta che emerge con pi chiarezza dalle proposte dei bambini di maggiore autonomia: nelluso dei servizi, nello svago e rispetto agli adulti. Ristorante I bambini conoscono meglio il ristorante che lalbergo e per questo le proposte risultano pi complete e soddisfacenti. Una sala da pranzo separata, o un angolo autonomo nella comune sala da pranzo con tavoli bassi, di misura adeguata ai bambini e larghi (forse per stare in tanti intorno). Naturalmente nella sala bambini o nel loro settore sar rigorosamente vietato fumare2.
1 Le proposte dei bambini meriterebbero unanalisi ben pi approfondita, distinguendo quelle banali da alcune fortemente innovative. Qui ci si limitati ad ordinarle per renderle una proposta credibile e accettabile dagli esercenti. 2 La disponibilit di uno spazio separato non deve essere letta come un obbligo o un suggerimento a non mangiare insieme adulti e bambini, ma solo co-

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Servizio self-service in modo che possano servirsi da soli, decidendo la qualit e quantit di cibo. Si potrebbe pensare ad un tavolo di presentazione dei cibi, a buffet, in modo che i bambini possano vedere, scegliere e servirsi. Cibi adatti ai bambini, ma buoni, preparati nelle maniere a loro pi gradite. I bambini, per esempio, spesso rifiutano la fettina di carne o la bistecca, ma gradiscono le polpette o lhamburger. Un tale modo di presentare i cibi potrebbe migliorare la qualit, escludendo bevande e cibi poco adatti: dalle bibite gassate ai cibi troppo piccanti. Potrebbe essere proposto un prezzo forfetario in modo che bambini e genitori non debbano preoccuparsi di questo aspetto. Personale gentile, con battute divertenti. Questo significa che vorrebbero qualcuno, fra il personale, che sappia stare con loro: personale allegro, capace di scherzare, tollerante. Un locale di svago dove aspettare i grandi che continuano a chiacchierare, senza annoiarsi. Il locale potr essere allaperto nella stagione estiva e al coperto nella stagione invernale. Potersi vestire in maniera non seria, quindi non formale, non troppo curata. Arredi vivaci e piacevoli, in modo che i bambini si sentano a loro agio. Si potrebbero usare disegni e sculture dei bambini, forniti agli esercenti dalle scuole infantili, in cambio di materiali didattici. Servizi igienici, attaccapanni, maniglie, ecc. a misura dei bambini. Albergo Sala della televisione riservata, con videocassette che piacciono ai bambini. Ci sembra importante che il televisore
me risorsa in pi. Quando abbiamo piacere di stare insieme con i figli e loro con noi, facciamo bene a starci, quando dobbiamo parlare con i nostri amici trascurando i bambini, meglio che questi stiano bene con i loro coetanei.

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non sia abilitato alle reti televisive, ma funzioni solo con videocassette. Si eviterebbero cos spettacoli non adatti o semplicemente brutti e la esposizione agli spot pubblicitari. I piccoli utenti potranno cos scegliere autonomamente. Il televisore potrebbe essere disponibile per alcuni spazi orari in modo da evitare un eccesso di fruizione. Sala giochi e biblioteca. Un angolo della sala pu ospitare una piccola biblioteca. I libri dovranno essere preferibilmente di letteratura infantile (dai libri solo illustrati per i pi piccoli ai primi veri romanzi) che i bambini possano leggere da soli o farsi leggere dagli adulti. I libri potranno essere consultati o presi in prestito, con il minimo di formalit possibile (per esempio con la compilazione di una semplice schedina). La sala giochi e la biblioteca possono anche condividere lo stesso spazio della TV, approfittando di orari diversi o di diversi angoli. Orari non rigidi. Lalbergo, che per gli adulti il luogo delle libert, spesso non modifica invece le abitudini dei bambini o le rende ancora pi rigide: per esempio lobbligo del riposino pomeridiano. La possibilit di usare propri spazi potrebbe rendere pi liberi gli orari e le abitudini dei bambini. Rispetto alle stanze si propone che tengano conto delle caratteristiche e dei bisogni dei bambini: maniglie, interruttori, docce, specchi ad altezza di bambino; lampada vicino al letto; letti resistenti per poterci anche saltare. Lalbergo dovrebbe curare il suo arredo interno in modo che i bambini si sentano accettati, previsti, un poco a casa loro. Insieme ai quadri, agli elementi decorativi scelti pensando al pubblico adulto si pensi anche ad arredi vicini al mondo dei bambini (come gi detto per il ristorante). Prevedere un servizio di baby sitter in modo che i genitori possano essere liberi di uscire la sera. Un servizio di assistenza bambini potrebbe essere organizzato anche collettivamente, utilizzando gli spazi comuni. Potranno essere pensati e organizzati, in collaborazio167

ne con il Laboratorio, animazioni e spettacoli itineranti fra i vari alberghi (burattini, animazioni, teatro, visite guidate in citt, ecc.). In collaborazione fra Assessorati al Turismo e allEducazione, lAPT, i gestori degli alberghi e il Laboratorio si dovrebbero organizzare alcune aree balneari di gioco e attivit per i bambini, in alternativa e appoggio alle attivit di spiaggia3.

15.

UNA SPIAGGIA PER I BAMBINI

Il bambino in spiaggia spesso si annoia. Vorrebbe andare continuamente in acqua, ma gli adulti non lo permettono, si stanca della sabbia, si stanca del sole, non sa cosa fare. Chiede suggerimenti e aiuti ai genitori interessati invece a prendersi tutto il sole possibile o a proseguire le chiacchiere e i giochi fra adulti sotto lombrellone. Sarebbe importante che gli stabilimenti balneari dedicassero attenzione ai bisogni dei bambini, rispetterebbero cos il diritto di gioco e di divertimento dei piccoli e aumenterebbero il benessere dei grandi. In particolare, il Laboratorio di Fano sta avanzando da alcuni anni, agli esercenti, allAPT e allAssessorato al Turismo, le proposte che seguono e che mirano a fare della spiaggia un luogo adatto ai bambini. I servizi che seguono dovrebbero essere previsti come obbligatori nei contratti di concessione degli arenili. Il loro numero dovr essere stabilito in relazione alle cabine o ai bagnanti. Cabina neonati. Dovrebbero essere messe a disposizione delle famiglie delle cabine per neonati, dotate di vasca
3

Si veda la scheda n 15: Una spiaggia per i bambini.

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per il bagnetto, di fasciatoio, di pannolini, di scalda biberon e di frigorifero. Cabina giochi. Cabine che ospitano giornalini, libri, materiali da disegno e giocattoli, da consegnare in prestito ai bambini in spiaggia. Le dotazioni di queste cabine potrebbero essere studiate in collaborazione con lAssessorato alle Politiche educative. Cabine e bagni handicap. Cabine e bagni con porte di grandi dimensioni e maniglie per facilitare il movimento alle persone in carrozzina, per rendere agevole il cambio e luso dei servizi. Discesa a mare per carrozzine. Almeno per ogni arenile dovrebbe essere costruita una pedana che permetta la discesa a mare dei portatori di handicap con apposita carrozzina e con la necessaria assistenza. Aree attrezzate per bambini. Oltre a questi servizi direttamente gestiti dai bagnini abbiamo proposto di dotare la spiaggia (ogni spiaggia) di unarea attrezzata per bambini. Si tratta di zone, organizzate e controllate da animatori, che permettono ai bambini di liberarsi dal sole, dalla sabbia e dagli adulti per il tempo che desiderano, dedicandosi liberamente a varie attivit. Larea potr ospitare un settore biblioteca, un angolo giochi, attivit espressive di pittura e manipolazione, spazi liberi per piccoli spettacoli teatrali e di burattini che periodicamente potranno essere offerti ai piccoli bagnanti. Potrebbero anche essere ospitate esperienze di artigianato tipiche della citt. Nel caso di Fano si possono per esempio proporre: attivit della carta pesta e della maschera guidata dai maestri carristi della locale Societ Carnevalesca; tessitura di reti sotto la guida dei vecchi marinai; costruzione di cesti di canna, di ceramiche tipiche, ecc.
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I bambini hanno elaborato, per due di queste aree, progetti che aspettano lapprovazione e la realizzazione dellUfficio tecnico del Comune. Sono progetti creativi, che utilizzano bene lo spazio disponibile adattandone luso alle caratteristiche ambientali.

16.

IL CLUB CDB

In questi anni la citt di Fano si arricchita di un numero crescente di bambini e di ex bambini, che, avendo partecipato attivamente alle iniziative de La citt dei bambini, hanno sviluppato uno speciale rapporto con la citt e una buona consapevolezza dei diritti dei cittadini, anche se piccoli. il caso degli ex consiglieri, degli ex progettisti, delle ex piccole guide. Si tratta di qualche centinaio di ragazzi che stanno frequentando le scuole medie inferiori e superiori e che rischiano di perdere linteresse e lentusiasmo che avevano acquisito. Riteniamo che questo sia un lusso che una citt non si possa permettere, perch questi ragazzi saranno presto genitori e potrebbero essere i futuri amministratori. Se perdiamo i contatti con loro sar facile ritrovarceli come genitori ansiosi e dimentichi delle necessit dei bambini o amministratori disattenti. Spesso questi ragazzi tornano al Laboratorio per sapere se stiamo organizzando qualcosa per loro o se possono aiutare a fare qualcosa. Abbiamo allora pensato di aprire un Club CdB (Citt dei Bambini) che abbia una sua organizzazione e una sua sede autonoma e fra le sue finalit quella di fornire al Laboratorio una collaborazione e un sostegno volontario. Gli aderenti al Club potrebbero essere una task force di appoggio per le nostre battaglie,
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che opera dentro le scuole medie inferiori e superiori; i nostri supporter nellorganizzazione della settimana di aprile e dei convegni dei sindaci; gli alleati privilegiati dei bambini pi piccoli nelle varie esperienze di autonomia dallandare a scuola da soli al gioco libero pomeridiano. Il CdB potrebbe anche amministrare la vendita di prodotti legati a La citt dei bambini (magliette, quaderni, manifesti, adesivi), per sostenere le iniziative e ottenere un piccolo fondo da amministrare autonomamente. Avere una sede dove incontrarsi e sufficiente autonomia per organizzarsi, coordinati da un adulto ma senza controlli e condizionamenti, credo siano le condizioni necessarie perch i nostri giovani possano sentirsi ancora cittadini e protagonisti delle nostre citt. Questo progetto attualmente allo studio del Laboratorio e dellAssessorato alle Politiche sociali.

17.

CASA ARCHILEI

Un orto restituito alla citt

La storia economica e culturale di Fano legata al porto e agli orti. Mentre il porto ha continuato ad avere una certa importanza ed ora in fase di rilancio, gli orti, per la loro sfortunata collocazione a ridosso della citt, sono diventati appetibili lotti di terreni fabbricabili e stanno gradualmente scomparendo. Casa Archilei era appunto uno di questi orti, di un ettaro, rimasto inutilizzato e circondato dalla urbanizzazione. Di propriet comunale era stato destinato nel Piano Regolatore ad area di edilizia civile.
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Poteva essere quindi una interessante fonte di reddito per lente locale. Quando nacque il Laboratorio La citt dei bambini Casa Archilei era stata assegnata ad alcune associazioni naturalistiche perch lo utilizzassero come sede di attivit didattiche in attesa della sua vendita come area edificabile. Le associazioni e il Laboratorio fecero pressione sulla amministrazione perch lorto venisse salvato dalla urbanizzazione e venisse destinato ai bambini e alleducazione. Dopo lunghe discussioni e varie battaglie nel Consiglio comunale, si ottenne la variazione di destinazione duso da terreno edificabile a verde pubblico. Un risultato importante, in totale controtendenza: lente locale ha saputo rinunciare ad un sicuro interesse economico per dare alla citt una risorsa educativa. La scelta indica anche una linea di sviluppo che dovrebbero adottare tutte le citt: tutti gli spazi dimenticati dalla selvaggia urbanizzazione degli ultimi decenni dovrebbero essere vincolati e destinati ad usi sociali come piazze e giardini, con opportune revisioni dei Piani Regolatori Generali. Oggi Casa Archilei un centro di educazione naturalistica e ambientale a disposizione dei bambini. Sono stati ricostruiti vari ecosistemi naturali come lo stagno, il prato, il bosco (con alberi piantati e curati dai bambini), la vegetazione delle diverse zone della regione e unarea coltivata ad orto. Lantica casa colonica ospita locali per il lavoro con le classi, per lattivit degli educatori e un piccolo museo contadino. A Casa Archilei lavorano operatori volontari delle associazioni ambientalistiche e alcuni giovani in servizio sostitutivo civile (obiettori di coscienza). Il Centro offre visite guidate e giornate di lavoro scientifico e naturalistico alle classi delle scuole dei vari livelli, di Fano e della Regione Marche. Viene frequentato da pi di mille studenti ogni anno.
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18.

UN POMERIGGIO LIBERO PER I BAMBINI

Come pi volte si detto lobiettivo operativo del progetto La citt dei bambini che i bambini possano uscire da soli di casa. La proposta di andare a scuola da soli un primo passo, quello pi controllabile e pi facile per aprire una falla nel guscio coriaceo della paura, della sfiducia, che producono egoismo e isolamento. Mentre dobbiamo premere perch si generalizzi rapidamente lesperienza di andare a scuola da soli, occorre avanzare proposte per il tempo libero dei bambini, per ampliarlo e renderlo veramente libero. Un modo per avviare e sperimentare questo pi importante fronte pu essere quello di regalare un pomeriggio ogni settimana ai bambini, in modo che possano utilizzarlo in completa autonomia. Perch questo sia possibile si deve realizzare una specie di patto sociale fra gli adulti. Se per esempio il pomeriggio scelto fosse il mercoled, per quel pomeriggio le famiglie non dovranno iscrivere i figli ai vari corsi, le scuole non dare compiti, le parrocchie non avere corsi di catechismo. Naturalmente anche il Laboratorio si dovr astenere da ogni attivit organizzata, di animazione o di gioco, perch altrimenti torneremmo a trasformare il tempo libero in tempo organizzato. Si dovr invece chiedere alla citt di essere disponibile e accogliente nei confronti dei bambini, accettandoli nei suoi spazi pubblici e dando loro unocchiata. Dovrebbero quindi valere quelle attenzioni degli anziani, dei ragazzi pi grandi, dei vigili urbani e dei negozianti cos come sono state concordate per lesperienza A scuola ci andiamo da soli. In questo pomeriggio, almeno a livello sperimentale, si potrebbero dare passaggi gratuiti o scontati ai bambini sui mezzi pubblici, per favorirne luso e per sollecitare la conoscenza delle varie parti della citt.
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Sar interessante verificare se, in questo pomeriggio, i bambini approfitteranno della proposta abbandonando il televisore. Se cos sar, i bambini ci confermeranno, senza pi ombra di dubbio, quale pu essere larma efficace e corretta contro lo strapotere di questo invadente elettrodomestico.

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UN GIARDINO DI PIETRA

Anche senza verde

Mi successo spesso di ascoltare preoccupazioni del tipo: Il problema per il bambino non solo quello di uscire di casa, ma anche quello di dove andare a giocare: il giardino o il prato pi vicino a pi di mezzora di strada e non ci pu andare da solo. Non so se per effetto delle giuste battaglie ecologiche o di nuovo per lo strano effetto del precoce oblio con cui gli adulti dimenticano le esperienze infantili si affermata questa strana idea che per giocare occorra lerba. Ma i bambini non sono caprette e sanno giocare in qualsiasi ambiente purch si lasci loro un po di libert, un po di tempo e un po di spazio. A cosa giocare, con cosa e come, lo sanno loro, non deve essere preoccupazione degli adulti. Si gioca bene in strada, nelle piazze, intorno ai monumenti, cos come si gioca nei giardini e nei parchi. Si gioca dovunque, ovviamente in modi diversi. Ricordo spesso di avere avuto la fortuna di essere stato bambino nellimmediato dopoguerra e di aver avuto, come luoghi privilegiati di gioco, proprio le case bombardate. Le rovine sono luoghi abbandonati dai grandi e per questo diventano luoghi magici per il gioco dei bambini.
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Sono luoghi che perdono le loro caratteristiche iniziali e possono diventare per la fantasia infantile fortini, foreste, case... Sono luoghi lasciati. Palermo una citt che ha saputo conservare le rovine della guerra fino ad oggi nel suo centro storico. Certo non stata una scelta degli adulti a favore dei bambini, n la citt intende mantenere questa preoccupante eredit. Ma nel mio recente ruolo di consulente del sindaco di questa affascinante citt, per il progetto La citt dei bambini, ho proposto di regalare ai bambini del centro una o alcune di queste rovine, facendole diventare dei giardini di pietra e insieme un ricordo di una tragedia che importante non dimenticare. Si tratta di portare le mura diroccate ad una altezza compatibile con la sicurezza, di risanarle rendendole praticabili, di creare insomma una specie di labirinto di mura, porte, finestre, dove inventare ambienti, scenari, giochi. Fra le mura possono alternarsi pavimentazioni, gradini, zone erbose, panchine, piante. Un luogo degradato potr essere reso degno e restituito al gioco creativo dei bambini, alla sosta tranquilla degli anziani, allincontro degli innamorati.

Palermo: Laboratorio La citt dei bambini.

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questo oggi il regno incontrastato dei bambini di strada, potrebbe restare il terreno della loro libert, ma diventare anche il luogo dellincontro con gli altri bambini, quelli che oggi vivono reclusi nei loro appartamenti borghesi. Come si diceva nella parte seconda, dovremmo tentare, prima di cercare di portare i bambini di strada a scuola o in altre strutture istituzionali per loro estranee e spesso ostili, di risanare il loro ambiente abituale, favorire in quello lincontro con gli altri bambini, perch poi, partendo da una situazione di sicurezza e di privilegio per i pi problematici, si abbia voglia di andare insieme anche in ambienti organizzati per vivere anche esperienze educative e scolastiche.

20.

ALTRE ESPERIENZE: LA PROGETTAZIONE PARTECIPATA AI BAMBINI

Intervista a Raymond Lorenzo1 Come nasce lidea di coinvolgere i cittadini, in particolare i bambini, nella elaborazione di progetti per la citt? Prima di iniziare il nostro discorso utile precisare che io conosco soprattutto la situazione statunitense ed a questa che mi riferir prevalentemente. Negli Stati Uniti le prime esperienze di progettazione partecipata risalgono agli anni Sessanta ed erano realizzate da movimenti di cittadini, coordinati e supportati da docenti universitari delle
1 City planner, coordinatore tecnico della campagna del WWF Riconquistiamo la citt, consulente dellIstituto degli Innocenti per il progetto Il bambino urbano, associated member del Childrens Environment Research Group di New York.

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facolt di architettura e di urbanistica. In genere nascevano nei quartieri degradati, in risposta a piani di intervento sulla citt proposti dal governo centrale e non prevedevano la partecipazione dei bambini. In molti casi i tecnici e i cittadini si sono organizzati in comitati o in cooperative di autosviluppo, e grazie a finanziamenti del governo centrale sono sorte delle strutture permanenti, le Comunity Desiner Centers, che ancora oggi svolgono questo tipo di attivit. Parallelamente, diverse ricerche riguardanti linfanzia e lambiente urbano avevano come obiettivo lo studio delle esigenze dei bambini nelle citt e la comunicazione dei risultati di queste ricerche agli urbanisti e agli amministratori. Quando compare lidea del coinvolgimento dei bambini nelle attivit di progettazione dellambiente urbano? Bisogna aspettare linizio degli anni Settanta, quando in Inghilterra e negli Stati Uniti compaiono i Parchi Robinson, degli spazi auto-costruiti, progettati insieme ai bambini e ai ragazzi. Robin Moore2, ed altre persone, cercavano di riportare in questi parchi lavventura, la natura e il gioco attivo che mancavano o non potevano pi essere realizzati nellambiente urbano. Nello stesso periodo insieme a Florence Ladd3 e a Mark Francis4 ho partecipato allapertura di laboratori, nelle zone pi povere della citt di Boston, dove sperimentavamo metodologie che permettessero ai bambini di studiare lambiente urbano e di partecipare allelaborazione di progetti.
2 Robin Moore docente di Architettura del paesaggio e presidente dellIPA (International Player Association). 3 Florence Ladd si occupa di psicologia dellambiente. 4 Mark Francis docente di Architettura del paesaggio alla Davis University dello Stato della California.

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Si possono individuare degli eventi particolarmente significativi per laffermarsi della progettazione partecipata? Il convegno Children Nature and the Urban Environment, che risale al 1975, in cui si sono incontrate quasi tutte le persone che svolgevano attivit di ricerca in questo campo, rappresenta sicuramente un momento molto importante. Roger Hart5, uno degli organizzatori, mi ha chiesto di coordinare, insieme a Mark Francis e Simon Nicholson6, la partecipazione dei bambini al convegno e questo era un evento rivoluzionario. I bambini hanno studiato la citt e noi abbiamo preparato un rapporto sulla loro concezione dellambiente urbano per presentarlo al convegno. Nello stesso tempo abbiamo aperto un laboratorio dove lavoravano i bambini per garantire uno scambio fra questi e i ricercatori. Dal convegno uscito un segnale molto forte sullimportanza del coinvolgimento dei bambini per la stesura di progetti di trasformazione della citt. Nel 1976, durante la prima Conferenza dellHabitat, emerso un orientamento governativo che riconosceva limportanza del coinvolgimento dei cittadini nella progettazione e pianificazione della citt. Il valore del contributo offerto dai bambini non riusc ad affermarsi, per negli anni successivi sono state realizzate una serie di esperienze, che rivelavano la consapevolezza della necessit di coinvolgere i bambini nella progettazione. In quali nazioni si affermato maggiormente lapproccio della progettazione partecipata? Diversi paesi come lInghilterra, lAustria e la Francia sono impegnati in questo tipo di attivit. Manfred Drum, a Monaco, con lassociazione Urbanes Wohnen, ha realizRoger Hart, editor della rivista Childrens Environment. Simon Nicholson, scomparso nel 1990, era docente di tecnologia presso la Open University di Oxford. Le sue pubblicazioni How not to Cheat Children: The Theory of Loose Parts e Children as Planners rappresentano ancora oggi un importante riferimento teorico per le attivit di progettazione partecipata.
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zato il numero pi elevato di interventi nati da progetti di architettura e urbanistica partecipata di tutta lEuropa. Negli Stati Uniti ci sono dei laboratori molto pragmatici che, in collaborazione con luniversit, e coinvolgendo a volte anche i bambini, elaborano proposte per la trasformazione di specifici spazi urbani. Cosa pu dirmi della situazione italiana? Anche in Italia si realizzano delle esperienze interessanti. A febbraio ho partecipato ad una conferenza dellUnicef e ho presentato alcune iniziative italiane. Ho capito che lItalia considerata allavanguardia per la diffusione culturale e politica della progettazione partecipata. Molti Comuni, come Fano, sono coinvolti in esperienze di questo tipo, diverse associazioni tra cui il WWF, la Legambiente e lArciragazzi sono impegnate in diversi progetti che producono la diffusione dellidea della partecipazione. Rispetto al contesto internazionale per, c un ritardo nella trasformazione delle proposte in interventi concreti. Oggi in Italia come nasce unesperienza di progettazione partecipata? Ci sono modalit diverse. C un approccio diciamo pi di tipo culturale che quello del WWF, Legambiente, Arciragazzi, che partendo da una posizione quasi di antagonisti prima elaborano dei progetti con i bambini, coinvolgendo la cittadinanza e poi cercano le vie per realizzarli. In altri casi, come quello de La citt possibile, di Ecopolis o del progetto Il bambino urbano, sono le amministrazioni che adottano lidea della progettazione partecipata e chiedono lintervento di specifiche professionalit. Quanto incide la realizzazione dei progetti sulle attivit che coinvolgono i bambini? Indubbiamente la realizzazione delle proposte un elemento importante, ma credo che per i bambini lesperienza della partecipazione sia valida comunque. La par179

tecipazione offre dei contributi allo sviluppo individuale dei bambini perch gli permette di sentirsi protagonisti, di dialogare con gli altri cittadini, di acquisire una conoscenza pi duratura della loro citt e tutto questo indipendente dalla concretizzazione dei progetti. Con i bambini si parla anche della fattibilit delle loro proposte e in questo modo diventano consapevoli delle difficolt della realizzazione. I progetti elaborati inoltre sono sempre stati comunicati agli amministratori e ai tecnici della citt per consentire loro di capire quali sono le esigenze dei bambini. La progettazione partecipata ha delle ricadute positive anche per altri soggetti? I bambini possono insegnare molte cose agli adulti sulla gestione dellambiente, soprattutto nellottica dello sviluppo sostenibile. I loro progetti propongono interventi che non richiedono grandi finanziamenti, gli elementi naturali hanno un notevole rilievo, prevedono il recupero di strutture gi esistenti, e tra i materiali prediligono quelli naturali. Tutti questi elementi che sono i principi di base della progettazione ecologica sono presenti anche nei lavori dei bambini grazie sia alla loro visione dellambiente sia al nostro approccio metodologico. Quali elementi rappresentano un ostacolo per le attivit di progettazione partecipata? Una delle difficolt la partecipazione dei genitori. Il loro timore per il coinvolgimento dei bambini nellelaborazione di proposte che poi non verranno realizzate in parte motivato. La caduta di una Giunta comunale, per esempio, pu mettere in pericolo lattuazione di un progetto approvato. Oggi, per, la sfiducia dei cittadini verso lamministrazione mi sembra eccessiva. Un altro ostacolo il tempo richiesto per la realizzazione dei progetti perch decisamente troppo lungo. La proposta approvata, inoltre, pu essere modificata quando viene definito il progetto esecutivo e di conseguenza lintervento realizzato
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pu riflettere solo in parte le indicazioni dei bambini. Un altro punto critico quello delle professionalit. In Italia, diversamente dagli Stati Uniti, dove le Comunity Desiner Centers da circa venti anni svolgono anche attivit di formazione, mancano le professionalit di tipo interdisciplinare necessarie alla elaborazione, ma anche quelle artigianali indispensabili alla realizzazione degli interventi. Possiamo concludere il nostro discorso cercando di individuare quali prospettive ci sono per questo tipo di esperienze? Le prospettive sono sicuramente positive. La progettazione partecipata non pi lapproccio tipico ed esclusivo degli esperti dellinfanzia. Gli amministratori mostrano interesse per le proposte elaborate dai bambini, lIstituto Nazionale di Urbanistica si sta muovendo nella stessa direzione. Lentamente si sta diffondendo lidea che per trasformare lambiente urbano sono necessarie altre figure oltre agli architetti e agli urbanisti.

2 1.

ALTRE ESPERIENZE: I DIRITTI DEI PEDONI

Intervista a Dario Manuetti1 Una politica di gestione della citt che tenga conto dei diritti dei pedoni pu contribuire al processo di trasformazione dellambiente urbano?
1 Dario Manuetti si dedica da ventanni ai problemi dellorganizzazione della cultura, delleducazione permanente, della formazione degli operatori culturali ed educativi, in qualit di militante associativo, amministratore comunale e di enti pubblici, consulente presso Comuni e Regioni. Fa parte del direttivo dellAssociazione europea per il progresso sociale e culturale ed membro del Consiglio regionale sui Problemi dei minori. Svolge la sua attivit professionale presso la Regione Piemonte, dove si occupa di orientamento e inserimento sociale e professionale.

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La politica della mobilit oggi si pu dire che coincida con la politica della citt. Un tempo, invece, le preoccupazioni di chi disegnava le citt tenevano conto principalmente delle funzioni residenziale e produttiva. La moderazione della circolazione offre delle soluzioni concrete ai problemi della mobilit nel tempo della motorizzazione di massa. Il principio fondamentale quello della democratizzazione dello spazio pubblico, quello delle vie e delle piazze, della coesistenza pacifica tra automobili e pedoni. Quale tipo di interventi sono previsti dalla moderazione della circolazione? I pareri di esperti a livello europeo, ma anche il numero elevato di incidenti, indicano che il condizionamento psicologico e lazione educativa sui comportamenti degli automobilisti non sono sufficienti per garantire la sicurezza e la mobilit di tutti gli utenti dello spazio pubblico. Occorre creare le condizioni fisiche perch le automobili si spostino a velocit compatibili con le caratteristiche dellambiente urbano. Lapplicazione pi visibile della moderazione della circolazione quello di abbattere tutte le barriere architettoniche per i pedoni e di crearle invece per le automobili. Nelle vie dove la funzione abitativa prevale, si suggerisce di restringere la carreggiata per ampliare lo spazio del marciapiede, di rendere tortuosi i percorsi delle automobili, mettendo degli ostacoli su entrambi i lati della strada. Un altro elemento importante lo sganciamento verticale: far salire e discendere le automobili sugli attraversamenti pedonali, mentre i pedoni si muovono sempre sullo stesso livello. Questo ottenuto, per esempio, mediante la realizzazione di attraversamenti pedonali sopraelevati di alcuni centimetri rispetto al fondo stradale. Nelle strade residenziali, dove sono applicate tutte le norme della moderazione, le caratteristiche dellarredo urbano e della pavimentazione, aumenta la gradevolezza del182

lambiente, ma si modificano anche i comportamenti degli automobilisti. La strada diventa uno spazio diverso, dove prevista non solo la presenza degli automobilisti, ma anche quella dei bambini, degli anziani, dei portatori di handicap. Come nasce lidea della moderazione della circolazione? La moderazione della circolazione ha unorigine storica riconosciuta nella citt di Delft in Olanda. Negli anni Settanta un movimento di cittadini appoggiato da un Ufficio tecnico che aveva una reale disponibilit a ricercare soluzioni innovative ai problemi connessi alla mobilit e alla sicurezza dei pedoni ha realizzato unesperienza estremamente interessante. Invece di disseminare la citt di semafori, cartelli stradali e vigili urbani, di chiedere interventi repressivi pi attenti e diffusi, si introdussero cambiamenti fino ad allora impensabili nella struttura fisica della strada e si stimolarono anche dei cambiamenti nella cultura e negli atteggiamenti degli automobilisti. Questi genitori, cittadini e responsabili degli Uffici tecnici, andando al di l delle norme del codice allepoca in vigore in Olanda, attuarono una serie di interventi che oggi rappresentano i principi fondamentali della filosofia della moderazione della circolazione. Nel 1976 il codice della strada olandese ha fatto sue le regole fondamentali della moderazione della circolazione. Quali paesi europei sono impegnati in questo tipo di interventi? Dopo lOlanda, la seconda nazione che ha affrontato il problema della mobilit e quindi dei diritti dei pedoni in modo abbastanza diffuso e rapido la Germania. Altri paesi europei come la Danimarca, lAustria, la Francia e la Svizzera sono coinvolti nella realizzazione di esperienze molto interessanti.
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Come si colloca lItalia nel panorama europeo? Il nostro paese, rispetto al contesto europeo, ha un ritardo di circa venticinque anni e questo, in parte, causato anche da una ritardata motorizzazione di massa. In Olanda, Francia, Germania una motorizzazione molto diffusa si realizzata negli anni Cinquanta, quindi hanno avuto il tempo di metabolizzare la novit dellautomobile. In questi paesi si sviluppata una politica di ricerca e, grazie anche a dei finanziamenti di societ di assicurazioni, sono stati realizzati degli studi molto interessanti sul rapporto tra il bambino e lautomobile, sulle possibili relazioni tra comportamenti aggressivi e opportunistici e luso dellautomobile o sul rapporto tra il bambino e la strada. In Italia, siamo agli inizi, alle prime denunce dellintollerabilit della situazione e solo negli ultimi anni cominciamo a porci il problema di usare lautomobile in un modo intelligente. Oltre a La citt possibile che propone una serie di azioni ad ampio raggio, quali associazioni affrontano il problema della mobilit? Diverse associazioni ambientaliste, al di l delle loro capacit di approfondimento e della continuit delle loro azioni, sono impegnate in progetti che riguardano i temi della moderazione. Si tratta di esperienze che hanno una certa diffusione, come esempi si possono ricordare il programma Lavori in corso della Legambiente e il progetto La riconquista della citt del WWF. Altre associazioni, invece, lavorano su singoli temi della mobilit o della tutela del pedone come lAssociazione dei genitori dei bambini incidentati, lAssopedone o Strada amica, che ormai una federazione di quattro o cinque organizzazioni a livello nazionale e lavora principalmente sul problema degli incidenti stradali. Un altro aspetto che caratterizza attualmente il versante delle associazioni lesigenza di raccordarsi in una rete comune, dove
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collocare la propria esperienza e avere la possibilit di confrontarsi in ambito nazionale e internazionale. La citt possibile sta lavorando proprio in questa direzione. Quali elementi ostacolano la diffusione delle tecniche della moderazione? La principale difficolt la mancanza di formazione. Per cambiare la citt non basta informare e attivare la domanda di qualit urbana dei cittadini, bisogna anche aumentare la capacit di risposta degli amministratori e dei tecnici. In Italia c un ritardo considerevole rispetto agli altri paesi europei perch le universit non formano professionisti alle tecniche della moderazione, e gli ordini professionali, a loro volta, non hanno sviluppato una prassi di aggiornamento diffuso dei tecnici. Un altro ostacolo rappresentato dal comportamento degli automobilisti. Oggi le automobili consentono velocit sempre pi alte e che possono essere raggiunte in tempi brevi, quindi anche nel tessuto urbano.

22.

ALTRE ESPERIENZE: LA DEMOCRAZIA IN ERBA

Intervista a Carlo Pagliarini1 Come nascono in Italia i Consigli comunali dei ragazzi? Le prime esperienze risalgono al dopoguerra e avevano lobiettivo di consentire lorganizzazione democratica delle colonie di vacanza.
1 Carlo Pagliarini, fondatore ed ex presidente dellArciragazzi, fondatore dellassociazione Democrazia in erba, ci ha lasciati nel 1997. Anche a lui, che tanto ha fatto per i bambini, dedicato questo libro.

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Negli anni Sessanta in molti Comuni sono stati istituiti dei Consigli dei ragazzi ma queste iniziative fallirono regolarmente. La maggior parte delle esperienze dellattuale periodo storico sono correlate alliniziativa dellUnicef Italia Il sindaco difensore dei bambini; alcuni degli amministratori che hanno aderito hanno avviato dei Consigli comunali dei ragazzi. Molti di questi sono totalmente privi di riferimenti culturali e quindi riproducono il solo modello che conoscono cio quello adulto, altri invece rappresentano esperienze di elevata qualit. In entrambi i casi, tuttavia, i ragazzi esprimono le loro potenzialit e le loro competenze. Dove stato istituito il primo Consiglio dei ragazzi? A Morrovalle e opera ancora oggi. Per, secondo me, uniniziativa che si realizzata solo a met. La convinzione che ho maturato anche sulla base dellesperienza francese, che il Consiglio comunale dei ragazzi deve nascere nella scuola, in rapporto anche ai programmi didattici, come elemento di consapevolizzazione forte di un ruolo di cittadinanza attiva, poi per deve esercitare la sua attivit nel Comune attraverso delle negoziazioni con gli adulti. A Morrovalle il Consiglio rimasto dentro la scuola. Quali sono le esperienze pi significative? In genere la presenza e lefficacia dei Consigli legata alla natura delle amministrazioni. Quando le Giunte sono formate da persone che non vengono direttamente dal mondo della politica c unapertura mentale straordinaria verso queste iniziative. Secondo lei, il nuovo ruolo del sindaco ha prodotto un incremento nella costituzione dei Consigli comunali dei ragazzi? Finora non abbiamo registrazioni di questo fenomeno per186

ch troppo recente, per penso di s. Alcuni sindaci, per esempio, nel loro programma elettorale hanno previsto listituzione di un Consiglio dei ragazzi. Quali sono le esperienze pi significative nel panorama internazionale? La Francia il paese europeo in cui si diffusa maggiormente lesperienza dei Consigli comunali dei ragazzi. Il fenomeno nato e si sviluppato in una fase di amministrazione di sinistra ed continuato anche quando la gestione dei Comuni passata a coalizioni di destra. Questo dimostra la validit dellesperienza che in crescita continua: erano ottocento un anno fa, oggi sono ottocentosessanta. I Consigli comunali dei ragazzi francesi sono comparsi una decina di anni fa per iniziativa di alcuni sindaci adulti. Dopo questa prima esperienza spontanea, alcune organizzazioni educative e un gruppo di amministratori di piccole e grandi citt hanno costituito unassociazione, lAnacej (Association Nationale des Conseils dEnfants et de Jeunes) che oggi supportata da diversi ministeri e istituzioni. Inizialmente sono stati istituiti soprattutto i Consigli dei ragazzi, formati cio da bambini, di recente si stanno organizzando dei Consigli dei giovani a cui partecipano gli adolescenti. Queste esperienze, inoltre, nascono preferibilmente in piccoli Comuni dove i ragazzi sono facilmente visibili e a loro volta possono individuare facilmente il territorio. Solo una grande citt della Francia ha un Consiglio comunale dei ragazzi. Pensando alle grandi citt, quale estensione dovrebbe avere il territorio su cui opera un Consiglio dei ragazzi? La dimensione ideale, secondo me, corrisponde al bacino di utenza di un gruppo di due o tre scuole. Deve essere
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unarea che i ragazzi conoscono e su cui possono intervenire con forme di progettazione e rivendicazione del loro ruolo. Solo in questo caso il Consiglio comunale valido altrimenti una forma di partecipazione passiva, simbolica, pensata per gli adulti non per i ragazzi. Quali peculiarit ha la vostra proposta, quella di Democrazia in erba? Cosa la distingue per esempio da quella francese? Prima di tutto devo ricordare la sproporzione enorme nel numero dei Consigli e nelle tradizioni, perch in Francia c un tessuto laico educativo straordinario che noi non abbiamo. In Italia poi manca del tutto un livello nazionale e istituzionale di supporto che invece caratterizza la situazione francese. Noi siamo partiti controcorrente, e siamo stati in qualche misura costretti ad avere unapplicazione pi immaginifica. Se devo individuare delle differenze tra i due modelli, forse quelle principali sono limportanza che noi attribuiamo al momento ludico e lorganizzazione di assemblee comuni, dove adulti e ragazzi discutono insieme su un tema specifico. Si possono definire delle regole che possano garantire lefficacia di un Consiglio dei ragazzi? Non si possono dare delle indicazioni restrittive perch listituzione dei Consigli un fenomeno recente, per si possono precisare alcuni aspetti. La nascita di queste esperienze dovrebbe essere preceduta da due atti formali: ladozione della Convenzione dei diritti dei bambini e una delibera del Consiglio comunale dove si afferma che i bambini sono cittadini come gli altri e quindi gli si conferisce del potere. I Consigli dei ragazzi devono disporre di un budget, per misurarsi con forme di disponibilit di potere. Le risorse
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saranno utilizzate in parte per il funzionamento del Consiglio, per esempio per viaggiare, conoscere altre esperienze o acquisire competenze, in parte per la realizzazione di piccoli interventi scelti dai ragazzi stessi. Democrazia in erba prevede anche la formazione di un comitato di pilotaggio che, come avviene in Francia, promuova la nascita del Consiglio e ne faciliti le attivit? Certo. Secondo Democrazia in erba nel comitato di pilotaggio ci devono essere almeno tre figure, un insegnante, che sia rappresentativo della scuola o delle scuole di quel territorio, un anziano, che possibilmente abbia unesperienza di gestione comunale e che faccia da mediatore tra i bambini e il Consiglio e un animatore. Si possono ipotizzare delle situazioni in cui Consigli dei ragazzi riescono ad operare sul territorio realizzando degli interventi molto circoscritti ma in realt non hanno la possibilit di incidere sul processo di trasformazione della citt? Questo si verifica ma va bene cos. Lesperienza dei Consigli ci suggerisce che necessaria unidea utopistica, straordinaria, ma per realizzarla bisogna compiere dei passi piccolissimi, ognuno dei quali deve essere un successo e le proposte dei ragazzi, in genere, sono accolte perch sono puntuali, precise, concrete, applicabili. I piccoli passi muovono verso un traguardo lontanissimo. I due piani, lintervento localizzato e un progetto molto pi ampio di riferimento, sono conciliabili e ugualmente importanti. Il piccolo intervento locale dimostra ai ragazzi che si pu avanzare una proposta, gestirla con laiuto pubblico, con il suo contributo e quello dei suoi genitori. In questo modo i ragazzi acquisiscono un esercizio di cittadinanza che gli d la possibilit di pensare che le idee pi grandi si possono realizzare.
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Secondo lei quali sono le ricadute pi significative di queste esperienze? Se escludiamo i ragazzi, una delle ricadute pi importanti riguarda limmaginario degli adulti. Genitori, amministratori, tecnici, insegnanti, con grande stupore, scoprono che i ragazzi sono totalmente diversi rispetto agli stereotipi della cultura egemone che li considera deboli, incapaci, pericolosi e da tutelare. Lesperienza dei Consigli mette in discussione questa cultura. Credo che un altro aspetto particolarmente significativo sia la speranza di un rapporto nuovo tra le generazioni, che si ricostruisce in termini di futuro, e questo particolarmente importante perch nellepoca del massimo di denatalit si affermata lidea che gli adulti siano eterni.

23.

ALTRE ESPERIENZE: LE CITT EDUCATIVE

Intervista a Fiorenzo Alfieri1 Da quali esperienze e con quali obiettivi nasce il progetto Le citt educative? Il primo congresso internazionale delle Citt educative fu organizzato dalla citt di Barcellona nel novembre del 1990. Questo evento venne preparato per oltre un anno da un comitato scientifico di cui facevo parte. La mia presenza era motivata dal fatto che la filosofia su cui si fondava il congresso era molto simile a quella che a Torino, la mia citt, avevamo pionieristicamente cercato di impostare dal 1975 in poi. Si tratta di un modo di pensare che si fonda sulla convinzione che vi sia oggi un grande biso1

Assessore al sistema educativo del Comune di Torino.

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gno di educazione e che questo non possa essere soddisfatto soltanto mediante i servizi scolastici. Nel primo periodo di attivit amministrativa della Giunta comunale di Torino tra il 1975 e il 1980, cercammo di mettere a disposizione delle scuole una grande quantit di risorse educative reperite nel contesto urbano. La citt deve costruirsi una relazione educativa diretta che, per altro, non riguardi solo i bambini, ma i cittadini di ogni et. Da questa convinzione siamo partiti per la costruzione di una pratica pi ampia e diversificata che riguardi tutto il sistema educativo e non solo la scuola. Il sistema educativo comprende anche la famiglia, il territorio urbano, i mezzi di informazione, i gruppi formali e informali, le strutture produttive, le forze politiche, le amministrazioni. Tutte queste diverse componenti possono contribuire allo sviluppo integrato di unampia azione educativa che ricada positivamente su ognuna di esse. Ovviamente il pensare e loperare in questo modo pi difficile e impegnativo che il solo mettere a disposizione della scuola risorse territoriali da utilizzare nei modi ritenuti pi opportuni. Per questo motivo sono numerosissime le esperienze di rapporto tra scuola e territorio mentre sono pi rare e qualche volta pi sfuggenti le esperienze concrete che siano in grado di dimostrare la capacit di una citt di occuparsi concretamente della crescita educativa dei suoi cittadini. Quali sono stati gli appuntamenti internazionali? Il convegno di Barcellona voleva lanciare a livello internazionale un appello alle grandi citt affinch valutassero correttamente limportanza strategica delleducazione nel mondo di oggi, si mettessero in rete e si scambiassero le esperienze concrete sia in occasione dei congressi internazionali da tenere ogni due anni, sia attraverso la creazione di unapposita banca dati. Si detto fin dallinizio, nel modo pi chiaro, che una citt educativa non solo
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una citt dotata di buoni servizi scolastici e che gli amministratori coinvolti non sono solo gli assessori allistruzione. Il sindaco di Barcellona si spese in prima persona e le relazioni di apertura vennero affidate a urbanisti, economisti, imprenditori e ad un solo pedagogista (il sottoscritto). Anche il volume preparatorio del congresso dedicava lo spazio maggiore ad analisi di carattere filosofico, politico, sociologico ed economico. Il secondo congresso internazionale si tenne a Gteborg nel 1992 sul tema della formazione e del lavoro. Il terzo si celebr a Bologna nel 1994 sul tema dellinterculturalit e il quarto si terr a Chicago nel settembre di questanno su un tema molto bello: Le arti e le attivit umanistiche come agenti di cambio sociale nelle citt. I diversi congressi costituiscono un percorso intorno al concetto generale di Citt educativa. Si tratta di un concetto complesso che bene analizzare da diversi punti di vista senza per perdere il senso complessivo dellintuizione originaria che mal sopporta, per sua natura, di essere vivisezionata oltre un certo limite. Quali attivit specifiche caratterizzano le citt aderenti? Le oltre trecento citt che hanno firmato la Carta delle citt educative si sono ufficialmente impegnate a seguirne i principi e pi concretamente a considerare in modo esplicito, in occasione di ogni decisione e di ogni iniziativa, la possibile ricaduta sui modi di capire, di pensare, di agire e di convivere dei cittadini. Credo che al fondo di questa esperienza non ci debba stare tanto un certo numero di specifici atti amministrativi quanto un modo particolare di guardare alla citt e alla vita dei cittadini. probabilmente molto pi produttivo quel certo modo di guardare piuttosto che una serie di investimenti anche consistenti ma operati senza prospettiva e senza anima. Le citt firmatarie della Carta si dovrebbero sforzare
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innanzi tutto di raccontare a tutte le altre in che modo hanno declinato il paradigma della Citt educativa. Gli obiettivi in questo modo si costruiranno poco a poco in sintonia con le esperienze concrete. Si tratta di una specie di grande cooperazione educativa come la pensava Celestin Freinet. Egli era convinto che nessuno sappia davvero come si debba concretamente agire per fare bene scuola. Cominciamo allora a scambiarci regolarmente le esperienze, mettiamo a disposizione di tutti quel poco che ognuno riesce a fare e vedremo che un po per volta prender forma un modo di pensare e di operare sorprendentemente ricco e produttivo, frutto della ricerca comune. Quale la risposta italiana al progetto? Per quanto riguarda lItalia si sta cercando proprio in questi tempi di rilanciare e di dare maggiore significato alla adesione delle nostre citt allAICE (Associazione Internazionale delle Citt Educative) che nel frattempo si costituita a livello internazionale e che sotto osservazione da parte dellONU e dellUNESCO. Nel gennaio 1996 un folto gruppo di amministratori si incontrato a Torino per riscoprire il senso della Carta, aumentare il numero delle citt aderenti e organizzare la partecipazione a Chicago. In questo momento si sta affermando anche in seno dellANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) lidea di considerare il concetto di Citt educativa come un punto di riferimento per le politiche socio-educativo-culturali delle citt in riferimento allinfanzia, ai giovani, alla famiglia. In Italia il livello di sensibilit e di cultura su questi argomenti molto diversificato. difficile confrontarlo con quello di altri paesi. La sensazione che in alcune nostre citt si svolgano esperienze molto raffinate e avanzate che possono reggere il confronto con quelle di altri paesi europei. Mi pare anche di poter dire che stiamo attraver193

sando un buon momento nelle amministrazioni locali per quanto riguarda queste tematiche. Anche nel Sud sono entrati in scena amministratori molto motivati e creativi. Sono numerosissimi gli incontri tra amministratori e non dovrebbe essere difficile la moltiplicazione delle esperienze pi azzeccate e fattibili. Soprattutto mi pare si stia affermando la consapevolezza che questa tematica non abbia solo una valenza specificamente psicopedagogica ma che miri al cuore di un interesse primario della collettivit. Quali prospettive si possono individuare per il futuro del progetto? Si sta avvertendo un bisogno straordinario, talvolta drammatico, di educazione. A prescindere dal fatto, per altro gravissimo, che il nostro paese si colloca allultimo posto in Europa per numero di diplomati e di laureati, non c aspetto della vita sociale per cui non si affermi che oltre a esigenze di carattere strutturale sono prioritari interventi di natura educativa. Si tratti di difesa dellambiente, di traffico, di consumi energetici, di occupazione, di sicurezza, di ordine pubblico, di solidariet, di tossicodipendenza, di rapporti tra i sessi, di maternit e paternit... lo slogan sempre lo stesso: non basta costruire manufatti e fornire servizi, bisogna agire sui modi di pensare. Bisogna educare. Ma chi ha questa responsabilit? E in quali modi metterla in atto con qualche probabilit di riuscita? Se non ci poniamo seriamente questi interrogativi il richiamo alla priorit educativa, che ormai caratterizza qualsiasi presa di posizione (dei politici come degli imprenditori, degli urbanisti come degli economisti), rischia di diventare una sorta di rumore di fondo senza alcuna ricaduta concreta. Il movimento delle Citt educative dovrebbe diventare lambiente pi attrezzato per rispondere a queste semplici terribili domande.
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UNA RETE NAZIONALE E OLTRE

Il 17 dicembre 1994 i sindaci di venti citt si sono incontrati a Fano per conoscere lesperienza del Laboratorio La citt dei bambini, e per valutare lopportunit di portare questo progetto nei propri Comuni e di far nascere una rete nazionale che permetta di coordinare le varie esperienze in atto su questo argomento. Al termine della giornata stato approvato il documento che segue:
La citt ha rinunciato al suo ruolo storico di essere il luogo dellincontro e dello scambio e ha perduto i suoi cittadini, avendo scelto, specialmente negli ultimi decenni, le strategie della separazione e della specializzazione, motivate quasi esclusivamente da interessi economici. I cittadini sono stati allontanati dal centro della citt, si sono creati posti diversi per funzioni e per categorie diverse: per dormire, per divertirsi, per comprare, per curarsi, per studiare; per anziani, per bambini, per handicappati, ecc. Il danno cos provocato nei cittadini stato compensato dai servizi: trasporti, servizi per linfanzia, ipermercati, giardini pubblici, ecc. per sopportare una vita sempre pi alienata. Questo accordo stato tacitamente stabilito fra gli amministratori e gli elettori forti: la citt stata progettata e verificata assumendo come parametro il cittadino medio che in genere ha le caratteristiche di adulto, maschio e lavoratore. In questo modo la citt si persa i cittadini non adulti, non maschi e non lavoratori. I sindaci propongono: di spostare la propria attenzione dal cittadino medio al bambino: di abbassare lottica della amministrazione fino allaltezza del bambino, per non perdere nessuno dei cittadini che rappresenta; di imparare ad ascoltare e a capire le bambine e i bambini, nella loro diversit, per essere capaci di capire e rappresentare tutti i diversi.

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Non si tratta di difendere i diritti di una componente sociale debole fra le altre. Non si tratta di realizzare iniziative, opportunit, strutture nuove per i bambini, non si tratta di modificare, aggiornare, migliorare i servizi per linfanzia (che pure rimane un impegno delle amministrazioni comunali). Si tratta invece di assumere una filosofia nuova nel valutare, programmare, progettare e modificare la citt. Una filosofia della quale il sindaco si fa garante e che diventa anima del programma della Giunta. In particolare intendono sottoporre alle rispettive amministrazioni apposito atto deliberativo che le impegni a: 1. aprire nella propria citt un Laboratorio su La citt delle bambine e dei bambini che costituisca un punto di elaborazione e di collegamento fra i vari assessorati e con le altre citt impegnate; 2. trovare le forme adeguate per coinvolgere direttamente le bambine e i bambini in questa operazione, sia chiedendo loro un contributo di idee, sia offrendo loro spazi per esprimere agli amministratori le loro richieste e proposte; 3. avviare una rete di collegamento e di confronto fra le citt aderenti al progetto (...); 4. invitare tutti i loro colleghi sindaci eletti, ad aderire a questo progetto a difesa non tanto dei bambini ma dei cittadini tutti e delle stesse citt. Questo documento istitutivo, firmato dai rappresentanti di ventiquattro citt e sottoscritto dalle maggiori associazioni nazionali.

Dal 1994 altri Comuni hanno conosciuto il progetto, hanno aderito o stanno valutando questa possibilit. Negli ultimi anni il progetto stato presentato anche in Spagna e in Argentina con notevole interesse da parte di educatori e di amministratori. In Argentina si sta valutando la opportunit di organizzare un coordinamento nazionale per i Municipi interessati, ad opera dellUnicef Argentina e della Facolt Latino-americana di Scienze Sociali (Flacso). Per dare risposta allinteresse crescente dimostrato da
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diverse citt, nel 1996, presso lIstituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR di Roma, si costituito un gruppo di ricerca per lo sviluppo del progetto La citt dei bambini che si occuper in particolare: di approfondire e sviluppare il progetto attraverso la ricerca e la verifica delle esperienze in corso; di diffondere il progetto presso le amministrazioni comunali; di dare ai Comuni che lo vorranno un supporto per lavvio e lo sviluppo del progetto, mirando alla crescita di competenze locali; di documentare e far conoscere le esperienze in corso. Alcune di queste funzioni potranno essere assorbite dalle iniziative istituzionali previste dai Ministeri dellAmbiente e della Solidariet Sociale. Il gruppo di ricerca pu essere contattato al seguente indirizzo: Progetto internazionale La citt dei bambini Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR via U. Aldrovandi, 18, 00197 Roma tel. 06 - 3221198; Fax 06 - 3217090 E-mail laboratorio@lacittadeibambini.org www.lacittadeibambini.org

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PER COMINCIARE

Quelli che seguono sono consigli, possibili proposte di lavoro. Ciascuna citt interessata al progetto pu pensare ad una strada propria e indipendente. Qui si indicano alcuni passaggi verificati nella esperienza di Fano. 1. Verifica da parte del sindaco e della sua Giunta che questo progetto possa e debba diventare una nuova filosofia della politica del governo della citt tenendo conto che:
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attualmente i cittadini, che pure soffrono i mali della citt, non chiedono, almeno in forma esplicita, una tale riforma radicale e quindi un progetto come questo non costituisce un obbligo per gli amministratori, ma solo una scelta; difficile cambiare una citt rispondendo alle necessit e alle aspettative dei bambini perch bisogna scontentare i grandi e chiedere loro di rinunciare a privilegi che sembrano ormai dei diritti; una volta aderito al progetto non lo si pu tradire perch un impegno preso con i bambini e ai bambini non si pu mentire, non si debbono ingannare; una grande scelta per il futuro della citt, che risponde ad un bisogno profondo della gente, anche se non espresso, di una speranza di futuro che oggi le citt stanno perdendo. 2. Rendere pubblica la scelta con una delibera del Consiglio, aderendo alla rete nazionale che si creata a Roma presso il CNR, sensibilizzando le forze attive della citt (associazioni, scuole, ecc.) e comunicandola alla popolazione con le iniziative che si valuteranno opportune. 3. Aprire un Laboratorio comunale de La citt dei bambini, dotandolo del personale, dei locali e della strumentazione necessaria in modo che: costituisca lo stimolo continuo verso i governanti della citt per una sempre pi coerente attuazione del progetto; diventi un punto di riferimento per bambini e adulti della citt sul rapporto citt-bambini; elabori un programma delle iniziative da realizzare; tenga i contatti con il gruppo di lavoro di Roma, fornendo i materiali che documentano le decisioni e le attivit progettate e realizzate. 4. Se il progetto si applica in una grande citt occorre identificare un quartiere nel quale si possano avviare le attivit concrete. importante che anche la dimensio198

ne dellarea di attuazione del progetto sia a misura di bambino. Nellarea scelta dovr essere identificata una sede, che per gli abitanti diventi un punto di riferimento, e un gruppo di lavoro locale che attui il programma. Il Laboratorio comunale dovr rendere possibile il lavoro decentrato e garantirne la documentazione in modo che possa, appena possibile, essere applicato a zone pi ampie della citt. 5. Attivazione di iniziative che mirano a dare la parola ai bambini, a permettere loro di contribuire direttamente al rinnovamento della citt sia esprimendo proprie opinioni, sia sviluppando negli adulti atteggiamenti di attenzione e di ascolto. Alcune possibili attivit possono essere: a. Il Consiglio dei bambini: i rappresentanti (maschio e femmina) delle scuole elementari della citt o del quartiere si riuniscono periodicamente nei locali del Laboratorio per discutere con gli operatori le varie proposte di modifica della citt, garantendo il punto di vista dei bambini. b. I bambini progettisti: gruppi di bambini e di ragazzi, che, dentro o fuori della scuola, lavorano insieme a tecnici della citt (architetti, urbanisti, sociologi, psicologi, educatori) per la progettazione di spazi e servizi urbani. 6. Convocazione di almeno un Consiglio comunale allanno aperto ai bambini, durante il quale i bambini (possono essere i consiglieri di cui al punto 5a) abbiano diritto di parola per esprimere proposte e proteste e gli adulti abbiano il dovere di ascoltare, capire e dare risposte. Sarebbe opportuno dedicare ogni anno un secondo Consiglio alla valutazione del progetto e alle sue prospettive future. 7. Le citt che aderiscono alla iniziativa possono partecipare agli incontri nazionali e internazionali che si organizzano e di cui riceveranno adeguata informazione. Possono anche aderire alle campagne nazionali e internazionali, per esempio la proposta Io e la mia citt che da alcuni anni viene promossa dalla citt di Fano.
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Appendice

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1. Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo1

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1 Questa convenzione si occupa dei diritti di tutti coloro che ancora non hanno compiuto 18 anni. 2 Tutti gli stati devono rispettare i diritti del bambino, senza distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica del bambino o della sua famiglia. 3 Gli interessi del bambino devono essere considerati per primi in tutte le decisioni che lo riguardano. Il bambino ha il diritto di ricevere la protezione e le cure necessarie al suo benessere. 5 Sono i genitori o chi li sostituisce a doversi prendere cura del bambino. 6 1. Il bambino ha il diritto alla vita.
1 Promulgata dalle Nazioni Unite a New York nel 1989 e ratificata dal Parlamento italiano con la legge n. 176 del 1991. La versione qui pubblicata stata riscritta per i bambini, in forma semplificata e ridotta, da P. Benevene, F. Ippolito e F. Tonucci per la Fondazione Basso.

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2. Il bambino ha il diritto di sviluppare in modo completo la propria personalit.


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9 Il bambino ha il diritto di mantenere i contatti con i suoi genitori, anche se questi sono separati o divorziati. 10 Il bambino ha il diritto di riunirsi ai suoi genitori o di restare in contatto con loro se questi vivono allestero. 11 I bambini non devono essere portati via dal loro paese in modo illegale. 12 Il bambino ha diritto ad esprimere la sua opinione e ad essere ascoltato ogni volta che si prendono decisioni che lo riguardano. 13 Il bambino ha il diritto di poter dire ci che pensa, con i mezzi che preferisce. 14 1. Il bambino ha il diritto di libert di pensiero, di coscienza, di religione. 2. I genitori hanno il diritto e il dovere di guidare i figli e in tale compito devono essere lasciati liberi di seguire le idee in cui credono. 15 Il bambino ha il diritto di stare assieme agli altri. 17 I giornali, i programmi radiofonici e televisivi sono importanti per il bambino; per questo motivo importante che ce ne siano di adatti a lui.

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18 Se un bambino non ha i genitori, ci deve essere qualcuno che si occupa di lui. Se i genitori di un bambino lavorano, qualcuno deve prendersi cura del bambino mentre loro sono al lavoro. 19 Nessuno pu trascurare, abbandonare, maltrattare, sfruttare un bambino o fare violenza su di lui. 20 Se un bambino non pu rimanere con la sua famiglia, deve andare a vivere con qualcuno che si occupi di lui. 21 Il bambino ha il diritto di essere adottato, se la sua famiglia non si pu occupare di lui. Non si pu fare commercio con le adozioni. 22 1. Il bambino rifugiato ha il diritto di essere protetto. 2. Il bambino rifugiato deve essere aiutato a riunirsi alla sua famiglia. 23 1. Il bambino che ha problemi mentali o fisici ha diritto di vivere come gli altri bambini e assieme a loro. 2. Il bambino che ha problemi mentali o fisici ha il diritto di essere curato. 3. Il bambino che ha problemi fisici o mentali ha il diritto di andare a scuola, di prepararsi per il lavoro, di divertirsi. 24 Il bambino ha il diritto di raggiungere il massimo livello di salute fisica e mentale e di essere curato bene quando ne ha bisogno.
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27 Il bambino ha il diritto di crescere bene fisicamente, mentalmente, spiritualmente e socialmente. 28 Il bambino ha il diritto allistruzione. La scuola deve essere obbligatoria e gratuita per tutti. 29 Il bambino ha il diritto di ricevere uneducazione che sviluppa le sue capacit e che gli insegni la pace, lamicizia, luguaglianza e il rispetto per lambiente naturale. 30 Il bambino che appartiene ad una minoranza ha il diritto di usare la sua lingua e di vivere secondo la sua cultura e la sua religione. 31 Il bambino ha il diritto al gioco, al riposo, al divertimento e di dedicarsi alle attivit che pi gli piacciono. 32 Nessun bambino deve essere sfruttato. Nessun bambino deve fare lavori che possano essere pericolosi o che gli impediscano di crescere bene o di studiare. 33 Il bambino deve essere protetto dalla droga. 34 Nessun bambino deve subire violenza sessuale o essere sfruttato sessualmente. 35 Nessun bambino deve essere rapito, comprato o venduto.

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37 Nessun bambino pu essere torturato o condannato a morte o allergastolo. Nessun bambino pu essere privato della sua libert in modo illegale o arbitrario. 38 Nessun bambino al di sotto dei 15 anni deve essere arruolato in un esercito, n combattere in una guerra. 39 Il bambino che stato trascurato, sfruttato e maltrattato ha il diritto di essere aiutato a recuperare la sua salute e la sua serenit. 40 Il bambino che accusato di un reato deve essere ritenuto innocente fino a quando non sia riconosciuto colpevole, dopo un processo giusto. Comunque, anche quando riconosciuto colpevole, ha il diritto di ricevere un trattamento adatto alla sua et, che lo aiuti a tornare a vivere con gli altri. 41 A questi diritti ogni stato pu aggiungerne degli altri, che migliorino la situazione del bambino. 42 Bisogna far conoscere a tutti, adulti e bambini, quello che dice questa Convenzione.

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2. Invito alla collaborazione: lettera aperta ai cittadini fanesi

Il Comune di Fano ha istituito Fano la citt dei bambini, un Laboratorio regionale per la progettazione e la sperimentazione di proposte che migliorino il difficile rapporto che oggi esiste fra citt e bambino. I bambini vivono spesso da soli, non possono incontrarsi spontaneamente per giocare, non hanno spazi loro, non hanno tempi loro, le strade sono occupate dalle macchine, la citt pericolosa. Lavorare perch la citt diventi adatta ai bambini significa lavorare perch la citt sia pi adatta a tutti. Pensiamo di invitare a Fano amministratori di altre citt per confrontarsi tra loro e con noi su questi problemi, pensiamo di invitare a Fano i bambini delle altre citt per offrire loro la nostra amicizia, le nostre idee. Ci piacerebbe che Fano diventasse un punto di riferimento su questo tema delicato. Ma se la citt deve cambiare questo non pu essere affidato, delegato alla sola amministrazione. La delega generalizzata e latteggiamento assistenziale che ne deriva sono state probabilmente cause del degrado delle nostre citt. Se la citt deve cambiare tutti possono e debbono fare qualcosa. Questa lettera un invito personale perch tutti quelli che hanno un ruolo attivo nei diversi settori produttivi, di servizio o culturali della nostra citt si pongano la doman208

da: Io che cosa posso fare per i bambini della mia citt?, Cosa posso inventare per far s che il bambino possa approfittare delle mie competenze?, Quali occasioni posso proporre, suggerire?. C posto per la creativit, anzi, siamo convinti che solo inventando cose nuove possiamo sperare di ottenere qualcosa di buono. Una fabbrica, un museo, un ufficio, una bottega artigianale, un esercizio commerciale, una caserma, una barca... nascondono certamente qualcosa, qualche iniziativa, qualche itinerario che pu interessare ad un bambino o pu migliorare la sua vita di piccolo cittadino. Se ognuno far qualcosa, magari solo pensandoci un po, anche non riuscendo a farsi venire in mente niente, Fano gi comincer a cambiare. Potrete rivolgervi alla sede del Laboratorio per proporre, offrire, chiedere chiarimenti o collaborazione. A nome dei bambini e del gruppo di lavoro vi ringraziamo per lattenzione sperando di rivedervi presso il Laboratorio.
Fano, dicembre 1991

Il direttore del Laboratorio Francesco Tonucci

Il sindaco di Fano Francesco Baldarelli

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3. Lewis Mumford, La pianificazione per le diverse fasi della vita1

Circa una generazione fa, in un numero di Survey Graphic (maggio 1925) il Dr. Joseph K. Hart puntualizzava il fatto che la pianificazione urbana fosse essenzialmente concepita nei termini di una singola fase della vita: quella degli adulti privi di responsabilit familiari. E rilevava il significato dellantico detto che la folla dei boulevard non invecchia mai, che il boulevard cio, a cagione della sua funzione e della sua conformazione, attira a s sempre lo stesso gruppo di et, che mosso dagli stessi interessi e persegue gli stessi fini. Malgrado tale avvertimento, lurbanista non ancora giunto a realizzare per intero la natura del suo compito, che quello di provvedere un ambiente adatto ad ogni fase della vita, dallinfanzia alla senilit. Lattivit urbanistica finora stata quasi esclusivamente concentrata intorno alla vita degli adulti e per di pi intorno a certi aspetti soltanto della vita degli adulti, quali gli affari, lindustria, lamministrazione, il traffico, i trasporti. Anche occupandosi degli adulti lurbanistica omette importanti sfere di attivit. Scopo del presente studio di esplorare brevemente il campo aperto dal Dr. Hart. Tenendo presenti le diverse fasi della vita lurbanistica potr modificare il suo atteg-

Tratto dalla rivista Urbanistica, 1 (1945).

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giamento sia nei riguardi del metodo che in quello degli scopi della pianificazione e magari esser condotto a riesaminare i progetti di certi complessi, quali ad esempio i campi da gioco, dove la comodit amministrativa ha prodotto la ripetizione di determinati schemi il cui ordine esterno riflette una interiore sterilit. Se la coscienza del ciclo della vita umana non servisse ad altro, potrebbe almeno essere utile come lista di controllo delle necessit, per scoprire i punti deboli in un piano apparentemente ammirevole.

La prima fase: linfanzia


Si tratta di vedere quel che fa la pianificazione per il bambino dalla nascita fino allet di entrare a scuola. Innanzi tutto vi la questione delle abitazioni: mentre infatti in ogni paese durante lultima generazione vi stato un deciso orientamento verso le nascite in ospedale, ora si incomincia a sospettare che non sia questa la condizione migliore per un parto normale e per i primi giorni di vita del neonato. Dalle esperienze di numerosi centri sanitari, pare che i vantaggi siano maggiori, e dal lato psicologico decisamente preponderanti, in caso di puerperio a domicilio: pure, anche l dove le condizioni di abitazione sono le pi adatte, il parto porta scompiglio nellandamento normale della casa e causa temporaneo affollamento. Qui lurbanista dovrebbe trovare una soluzione intermedia, fra lospedale costoso, ma provvisto di tutta linstallazione necessaria nei casi di emergenza, e la casa che non offre lo spazio necessario alla nascita del bambino. La soluzione potrebbe essere una piccola casa di cura, che fosse parte integrante di una unit di circa 250-500 famiglie e magari dipendente da una clinica locale, in modo da
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poter disporre delle possibilit di questa. In tal modo la madre potrebbe essere vicina agli altri bambini, visitata facilmente dal marito e assistita dai familiari: tale soluzione ristabilirebbe lelemento umano, che si va perdendo in quelli che sono stati definiti magazzini delle malattie. Per quanto riguarda linfanzia, la pianificazione deve porre la maggior cura al fatto che la madre possa aver pace e riposo dalla pressione quotidiana dei doveri di casa; lassenza di tensione infatti la condizione migliore perch i rapporti tra madre e bambini siano sereni e affettuosi. Ma daltra parte il mnage non dovr in nessun caso essere una unit rinchiusa in se stessa; si ha bisogno dei vicini non solo nei casi di emergenza, ma anche nella routine quotidiana. Anche nelle zone di abitazione pi estensive, dove vi sono trenta famiglie per ettaro, anzi proprio in queste, manca sovente un luogo di ritrovo per le madri con i lori piccoli, dove esse possano lavorare chiacchierando e sorvegliare i giochi dei bimbi. Forse la parte migliore del piano di Charles Reilly per villaggi giardino era quella che prevedeva tali attivit, come i progettisti di Sunnyside, Stein e Wright, hanno fatto sin dal 1924. In questo ordine didee la pianificazione deve trovare qualcosa di intimo, caldo e protettivo. I piccoli, fino allet di dieci anni circa, hanno bisogno di spazi limitati, di nascondigli: muri e cespugli, se non grotte e buche, assolvono a questo compito. I piccoli al disotto dei sei anni devono sentire il contatto col loro ambiente, devono avere sabbia, ciottoli, pietre, assi e rami per i loro giochi, e, per impedir loro di diventare dei piccoli vandali, il tipo pi elementare di campo da gioco dovrebbe essere sistemato in una depressione sabbiosa, ben asciutta, circondata da un sentiero lastricato, intorno al quale le madri possano sedere e sorvegliare: questarea dovrebbe essere isolata dal resto del recinto
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con un muro e un cancello, che non possano essere superati dai piccoli, e nel centro vi dovrebbe essere una grossa pietra, o meglio ancora grotte e nascondigli. Chi ama i giardini tende in generale a privare i bambini della libert di cui hanno bisogno per scavare e fare le loro costruzioni: trovando invece il modo di rendere collettivi i giochi dei piccoli e di riunire le madri si darebbe maggior libert ai bambini e si avvierebbero le madri verso altre forme di cooperazione.

Seconda fase: lo scolaro


Il trapasso dalla casa alla scuola un momento critico per il bambino, e sovente si minimizza con disinvoltura lo choc e il trauma psichico che deriva non solo dal fatto di lasciare la sorveglianza protettiva della madre, ma anche dalla diversit di scala e di proporzioni, col passaggio dallabitazione singola a ci che sovente per il bimbo un complesso gigantesco di costruzioni, spaventoso nella sua immensit impersonale. In talune citt anche grandi, come San Francisco, la scuola elementare mantenuta relativamente piccola, e nelle scuole pi recenti la classe ha unarea di gioco propria e non assorbita dallintera struttura delledificio. Forse il modo migliore di effettuare la transizione per mezzo di un giardino dinfanzia nellunit della neighborhood. In esse per la sorveglianza si potrebbe rinunciare a personale di professione specializzato, in favore dellassistenza fornita da madri addestrate a questo compito. Bench la pianificazione non possa anticipare nuove sistemazioni sociali, pu per, secondo loccasione, suggerirle ed indicare la sistemazione appropriata. A Zurigo, pare che
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si sia giunti a questa collaborazione da parte delle madri in alcuni giardini dinfanzia. La passeggiata del bambino da casa a scuola deve essere resa divertente ed educativa a sua insaputa. A volte il bambino sa trarre tesori insospettati da un mucchio di detriti e una pozzanghera pu diventare un lago; ma dove la zonizzazione estremamente rigida e la zona residenziale suburbana spietatamente ordinata e pulita non c pi sfogo per la sua immaginazione. Perch un bambino abbia veramente il senso del mondo nel quale vive, sarebbe necessario che la passeggiata quotidiana lo mettesse a contatto diretto con la natura, come nelle zone rurali, o con il lavoro delluomo nelle officine o nei mercati. Le attivit che servono una neighborhood non dovrebbero essere segregate troppo severamente ed il bambino potrebbe avere fra le sue attivit le piccole commissioni e acquisti. Questa necessit meno sentita in Europa che in America, dove i canoni di rispettabilit delle classi medie e luso dellautomobile hanno creato una separazione estrema fra le zone commerciali e quelle residenziali. Nel nostro sforzo per provvedere lo spazio necessario ai giochi dei ragazzi, abbiamo spesso dimenticato, specialmente nelle nuove comunit, il fascino che ha il gioco spontaneo nella loro vita. Sui campi asfaltati la fantasia del ragazzo si spegne, mentre per esempio nelle zone bombardate di Londra sono sorte per loro possibilit meravigliose. Lautore ricorda nella propria giovinezza i lotti aperti, alla periferia di New York, con superfici rocciose dove si arrostivano mele e patate. Si potrebbero usare cespugli e parapetti per nascondere alla vista questi luoghi che devono rimanere piuttosto disordinati, devono essere lequivalente urbano di quei posti selvaggi che tanto piacciono ai ragazzi. Il miglior contributo a queste zone sarebbe di costruirle piuttosto in profondit, in modo da creare artificialmente le possibilit di avventura.
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Terza fase: ladolescenza


Con ladolescenza la neighborhood non pi il solo centro di attivit del giovane. Alla scuola secondaria sincontrano ragazzi di altre comunit, si fanno giochi organizzati, n ci si muove pi solo per andare e venire dalla citt, ma si fanno gite nei dintorni. Ad un certo momento della nostra civilizzazione, lidea che andata maturando nel cervello di filosofi ed educatori, da Fourier a Goethe da Schreber a William James, lidea dellesercito del lavoro, finir per trovar posto nel nostro sistema educativo. Non sar facile farla accettare, ma il sistema migliore sar la pratica e come si ottengono genitori che hanno il senso della responsabilit della famiglia solo affidando loro i figli, cos si creeranno buoni cittadini affidando ai giovani alcuni compiti nella comunit. Ora, il miglior modo per cominciare il compito costruttivo dellesercito del lavoro sar la cura e la manutenzione dei beni comuni. Se potremo permetterci i parchi, le zone alberate ed i giardini, che prevediamo nel nuovo tipo di pianificazione aperta, troveremo proibitivo il costo della loro manutenzione, a meno che ne facciamo un servizio civile: volontario se possibile, obbligatorio se necessario. La manutenzione delle zone aperte, la cura delle piante e dei fiori potrebbero essere il compito delle future generazioni di adolescenti: uno dei molti equivalenti morali di una guerra, che una generazione pacifista deve affrontare. In un certo qual modo sarebbe questo un compito preparatorio, poich i beneficiari ne sarebbero i giovani stessi nella fase seguente della loro vita: quella delle prime relazioni amorose. Il periodo della tarda adolescenza, quando le energie sessuali sono prepotenti e gli sbocchi relativamente pochi, un momento difficile e pericoloso per ragazzi e ragazze; sovente un momento di sconvolgimen215

to interno, il cui tumulto dovrebbe essere equilibrato dalla contemplazione della bellezza circostante. Se il prolungare linfanzia stato il primo segno dellascesa delluomo, il prolungare il periodo sentimentale con le sue sensibili conseguenze in arte, musica, letteratura e religione, rappresenta uno stadio ancor pi avanzato. Questa elaborazione dellimpulso erotico lo intensifica, ma dando significato e colore emotivo alle manifestazioni puramente istintive. Nellaperta campagna le coppie non hanno difficolt nel trovare i luoghi solitari adatti al loro stato danimo, ma nelle nostre citt il corteggiamento diventa troppo breve o furtivo, oppresso e ostacolato fino allesasperazione. Il Labirinto, tema favorito dagli urbanisti barocchi, serviva certo allo scopo e F. Law Olmsted, progettando il Central Park a New York, ha costruito il Ramble (il giro) che con la sua topografia irregolare un posto dove ci si pu perdere, col risultato ammirevole che questo forse lunico posto in New York adatto per fare allamore. Se gli urbanisti tenessero presenti le diverse fasi della vita, non sarebbero cos insensibili alla necessit della tarda adolescenza, che vuole luoghi di solitaria bellezza che accentuino ed espandano, pur temperandoli, i loro impulsi amorosi e li arricchiscano con immagini visuali, che diano nutrimento al loro felice stato danimo.

Maturit: la fase di lavoro


Di pari passo con la crescente divisione della mano dopera si verifica nei tempi moderni un altro processo: lintensificazione e la segregazione del lavoro. Sia il contadino che lartigiano, nei tempi passati, lavoravano per un numero di ore assai maggiore dei lavoratori moderni, ma il loro lavoro si svolgeva in un ambiente che aveva altri
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aspetti ed usi: esso si svolgeva nellambito familiare e spesso con la cooperazione di parte o di tutti i suoi membri. Non esistevano muri, visuali o funzionali, fra il lavoro, lambiente domestico e leducazione. Lera della specializzazione, concentrandosi unicamente sulla efficienza meccanica, ha privato la vita del lavoro di alcune sue dimensioni estetiche e umane. Anche in questo campo, nelle citt moderne, si dovr tentare di ricollegare questi diversi aspetti della vita che separati creano, quasi automaticamente, divisioni e disarmonie nella personalit. Anche qui per non si potr tornare alle forme primitive, ma bisogner trovare nuove forme altrettanto lontane dal laboratorio artigiano, quanto dalle truci fabbriche vittoriane. Gli scrittori di Communitas suggeriscono che case e fabbriche siano riunite attorno a piazze urbane. Secondo la descrizione di Philip e Percival Goodman, pare che si formi cos volontariamente un modello arcaico di stretta associazione, mentre invece si tratta di trovarne uno moderno equivalente. Personalmente lautore suggerisce di introdurre nelle zone industriali, sia in quelle che si rinnovano, che in quelle di nuova creazione, le funzioni sociali e domestiche appropriate ai giorni lavorativi: per esempio campi di gioco accessibili nelle ore dei pasti o in altri intervalli, diverse sale da pranzo, invece del refettorio; sale di ritrovo e di riunione per comitati, a disposizione non solo di una zona, ma dellintera unit, per svolgere le relazioni politiche dei direttivi e dei lavoratori; edifici scolastici e musei. Vi sono singoli impianti industriali, dove tali funzioni sono state incorporate nella struttura industriale: necessario ora organizzare interi quartieri industriali sugli stessi principi, con concezioni funzionali e spaziali anche pi progredite. Lo stesso principio vale per i quartieri degli affari. Mentre in America il primo segno di progresso in una
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citt labbattere gli alberi nella strada principale, a Parigi il grande contributo di Haussmann ai nuovi boulevard fu di rendere in essi possibile la funzione degli affari, della ricreazione e dei trattenimenti sociali; in nessun altro luogo forse, come nel cuore di Parigi, le funzioni delladulto sono state mantenute cos strettamente raggruppate. La segregazione delle funzioni, praticata nel solo interesse dellefficienza meccanica, non produce una vita sociale interessante n una personalit pienamente animata.

Maturit: la fase domestica


Quando una giovane coppia di sposi ha una casa con un giardinetto situata fra migliaia di altre case simili, la societ pensa che si sia fatto il massimo per la vita di famiglia, e in realt gi molto. Quando si pu avere una casa simile senza assorbire troppo dellentrata annua, si fa un gran passo verso la riabilitazione della vita familiare. A questo proposito si potrebbero fare considerazioni sulla vita familiare delle classi medie nel periodo vittoriano, quando tutti i comfort che si potevano avere nellintimit familiare facevano s che i membri della famiglia non avessero alcun desiderio di trascorrere fuori casa le ore non strettamente necessarie al lavoro. Ma nemmeno questa intimit familiare sarebbe sufficiente, perch la famiglia tenderebbe a diventare isolazionista, assorbita in se stessa, ostile allo sviluppo ulteriore dei suoi membri. Qualcosa di pi perci necessario al successo della vita familiare: la socievolezza e gli interessi al di fuori della casa, prima da parte dei coniugi, poi, nei limiti delle loro possibilit, anche da parte dei pi giovani membri della famiglia. Qui linventiva dellurbanista deve esercitarsi a trovare il modo di raggiungere sul piano della vita sociale ed economica ci che
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in privato contornava la vita familiare borghese di tre generazioni fa. Il Peckham Health Center ha al suo attivo, tra laltro, il vantaggio di offrire alle famiglie della propria zona la possibilit di luoghi di ritrovo al di fuori dei confini domestici, dove i vari gruppi di et, ora separati dalla diversit e intensit degli interessi individuali, possano di nuovo divenire uniti o almeno frequentare lavoro e divertimenti, senza essere persi di vista dagli altri membri della famiglia. Proprio il fatto di non esser persi di vista uno degli attributi che tendono a unire le comunit e che troppo sovente sono stati trascurati nella pianificazione moderna. Forse la definizione pi elementare di una comunit questa: un raggruppamento di persone che vivono senza perdersi di vista. Anche in una zona sperduta, il fatto di poter vedere una luce nella capanna del vicino d un senso di sicurezza e di socievolezza. Non affatto consigliabile che i genitori siano i compagni costanti dei loro figli, ma le relazioni risulteranno migliori se ciascuno avr unidea di ci che stanno facendo gli altri, invece di avere le rispettive attivit cos lontane da vivere in mondi diversi. Per reazione contro le tremende condizioni di affollamento di disorganizzazione spaziale, i pianificatori moderni sono portati ad una uniformit di dispersione, che pu minare il senso sociale tanto quanto la congestione brutale. A questo proposito si pu dire di un centro di negozi compatto che a somiglianza delle piazze del mercato medioevali ed in contrapposto alle interminabili strade disseminate di negozi, esso concentra e moltiplica le occasioni di incontri, di scambi e di saluti e cio di quelle minime attivit sociali che tendono a rinnovare i buoni rapporti di vicinanza e di amicizia. Meglio rischiare un po di affollamento in una zona ristretta che il progettare il centro cos spazioso da poter agevolmente contenere il massimo carico concepibile, col
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risultato di renderlo socialmente gelido nelle occasioni normali e poco pratico per la conseguente perdita di tempo. Le Settlement House, i Centri di Comunit ed i Centri sanitari sono ragguardevoli tentativi di creare punti focali per speciali attivit esterne allambiente domestico. In America vi ora la tendenza a situare i luoghi di riunione per le attivit extra-domestiche nelle stesse scuole delle neighborhoods perch la maggior parte di queste attivit degli adulti si svolge in quelle ore nelle quali la scuola non in funzione, e cos auditori, piscine, laboratori, ecc. non rimangono inviolabili e ad esclusivo uso scolastico, purch essi siano rimessi nellordine primitivo quando i ragazzi devono usarli. Ma alla vita degli adulti occorre una forma anche pi semplice di luogo di ritrovo: un locale capace di contenere una cinquantina di persone sedute, dove possano aver luogo le discussioni e le eventuali feste per le quali la casa privata sia troppo ristretta. Una delle idee pi felici nel rapporto di Patrik Geddes su Dunfermline quella di riservare una bella casa storica da poter lasciare temporaneamente in affitto a quelle famiglie che volessero farne uso per ricevimenti e grandi riunioni. In una comunit di cinquemila persone occorrerebbero almeno cinque sale con cucina e servizi.

Maturit: la base dei rapporti sociali


Questa fase dovrebbe propriamente essere denominata quella civica, intendendo con questo termine lattitudine a vivere insieme in una citt. Una citt che svolga pienamente la sua funzione rappresenta la vita del mondo intero e comesso contiene una variet di prodotti, persone, organizzazioni, associazioni e
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credenze che non si trovano ordinariamente in altre comunit di carattere specializzato. Mentre nel villaggio si accentuano le somiglianze e le affinit (e la stessa cosa avviene nelle neighborhoods della citt), la citt deve accentuare e riconciliare le variet, le differenze e anche gli antagonismi. Una buona pianificazione moltiplicher le occasioni dirette ad amalgamare e fondere le diverse tendenze. Oggigiorno due forze frenano lattrazione reciproca dei cittadini come tali: una costituita dai mezzi di trasporto veloci, dalla radio e dalle altre invenzioni meccaniche, che tendono a disperdere i membri della comunit su zone sempre pi vaste. Laltra la tendenza alla segregazione specialmente sentita nei grandi aggregati urbani ed accentuata dalla progressiva zonizzazione, funzione che, almeno negli Stati Uniti, sovente separa le classi e i gruppi secondo le rispettive entrate e le diverse razze in quartieri notoriamente identificabili, in modo che non vi siano rapporti fra strati superiori e inferiori. In tal modo ogni gruppo, o classe o caste, vive in un mondo tale da negare nella sistemazione architettonica sociale la cooperazione multipla di tutte le comunit umane. Negli Stati Uniti la espansione suburbana tende verso una tale vastit di proporzioni che, malgrado il brulicare di veicoli, il vivere in comune reso sempre pi difficile, col risultato di un isolazionismo sociale che aumenta in proporzione dellarea e della popolazione.

Pianificazione per le diverse fasi della vita


Dal punto di vista dei rapporti tra cittadini il compito della pianificazione deve essere quello di incrementare al massimo gli strumenti di cooperazione positiva e negati221

va. Un buon piano moltiplicher le occasioni di carattere accidentale ed imprevisto, quali si verificano in un mercato o in luoghi di ristoro pubblici. Il magazzino di Welwyn City ad esempio ormai su di una scala sproporzionata con la comunit, ma con la sua grande sala da pranzo fornisce un indispensabile punto focale per la vita della comunit. Secondo questi concetti il pianificatore moltiplicher gli spazi interni della citt, dove il pubblico possa incontrarsi per diversi scopi. Un piano che non abbia il fine di spingere sempre pi oltre una quotidiana fusione di persone, di classi, di attivit, lavora contro i migliori interessi della et matura.

Maturit: la fase individuale


Con questa analisi si dimostra la necessit di sviluppare in forma pubblica certe attivit che sono gi state attuate privatamente da persone oculate e possidenti: si vuole cio distribuire tali attivit in tutta la comunit. Gi Emerson aveva posto il problema della trasformazione pubblica di certe prerogative personali, quando dichiarava di avere bisogno dei libri, ma di non voler diventare un libraio e di amare i quadri senza voler diventare un conservatore di museo. La regola vale tanto per le funzioni che devono essere socializzate quanto per quelle che devono essere desocializzate: per esempio la solitudine. Uno dei segni della maturit il bisogno di solitudine e la citt non deve solo riunire gli uomini, ma deve anche permettere a ognuno di avere a portata di mano facilmente accessibili i luoghi necessari allisolamento e alla pace. La funzione del ritiro spirituale non pi quella che richiedeva il chiostro medioevale, ma deve essere considerata una necessit quotidiana. Il fascino del quartiere di Westminster sta nel
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suo labirinto di stradine dove il passeggiatore solitario pu perdersi a breve distanza dal centro pi affollato. Nelle nuove comunit, su scala minore e con minor densit, si dovr avere larte di raggiungere gli stessi risultati. Nei parchi che collegano le neighborhoods, per esempio, si potranno lasciare viali pi vasti allesterno, mentre la zona interna sar solcata da sentieri, cosicch non sia necessario dover varcare i confini della comunit per trovare dei luoghi solitari dove passare qualche minuto o qualche ora. Troppa parte del nostro pensiero in architettura e in urbanistica stata finora rivolta alle attivit esteriori, il che ottimo per i rapporti sociali e pubblici, ma distruttivo per i momenti di raccoglimento, di intimit spirituale e di solitudine che devono essere secondati dallambiente e per i quali devono essere predisposti spazi ed occasioni nel progetto di un piano collettivo di citt.

Fase finale: la senilit


Forse nessuna fase della vita stata tanto negletta dalla nostra civilt e anche dallurbanistica, quanto la vecchiaia. Nel corso di mezzo secolo, nel mondo occidentale, la famiglia a tre generazioni stata ridotta a due. Segno di questa evoluzione laumento del numero di mnages separati, anche quando la proporzione delle nascite sia decisamente in regresso. Ma, mentre il numero dei vecchi aumenta in ogni paese progredito grazie ai miglioramenti delligiene e delle cure mediche, non si vede alcuno sforzo notevole per la loro sistemazione. Le pensioni non sono un compenso sufficiente per la loro destituzione sociale sempre crescente. Nelle piccole case private la loro presenza indesiderabile anche nei casi migliori, cosicch il prolungarsi della loro esistenza diventa una amara ironia,
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perch progressivamente si trova ad essere ridotta e priva di significato. Nella ricostruzione armonica della vita familiare che uno degli scopi della pianificazione urbanistica, uno degli scopi principali sar quello di ridare agli anziani una posizione dignitosa e fruttuosa. Se non sar possibile ripristinare la famiglia di tre generazioni si dovr per provvedere a formare una comunit di tre generazioni: la mescolanza dei gruppi di et essenziale ad una vita equilibrata quanto la mescolanza delle classi sociali ed economiche. Vi sono molte importanti funzioni sociali che gli anziani possono compiere fintanto che le loro attivit mentali non siano minorate; le donne possono partecipare al governo della casa, i vecchi, bench sovente troppo lenti nel loro ritmo per guadagnarsi il salario di una intera giornata di lavoro, possono pur sempre essere degli ottimi giardinieri, fare riparazioni, custodia e sorveglianza. La comunit non dovrebbe considerarsi ben progettata se non provvede a una particolare sistemazione dei vecchi, proprio per la grande utilit che da essi pu derivare. Una piccola unit di abitazioni ad un solo piano, non segregata dal resto delle abitazioni e che possa comprendere una decina di coppie o una ventina di individui, sar un ottimo provvedimento per gli anziani finch non abbisognano delle cure e sorveglianza continue di una casa di ricovero. Tali unit dovrebbero essere situate in prossimit di scuole o mercati o campi di gioco, perch i vecchi hanno bisogno della sensazione rassicurante della vita in azione per superare la loro solitudine e il crescente senso di alienazione e umiliazione che let porta con s. Le abitazioni per gli anziani dovrebbero sempre essere a pianterreno, non dovrebbero guardare su cortili interni, bens avere la visuale di ci che avviene allesterno per dar loro interesse alla vita. I vari gruppi di anziani dovrebbero
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esser sistemati abbastanza vicino alle loro famiglie per mantenere contatti e poter dare il loro aiuto nella sorveglianza e assistenza, partecipando, senza avere la sensazione di essere un inutile fardello, alla vita dei loro figli o dei loro vicini. Il solo progetto ammissibile nella sistemazione dei vecchi sar quello che eviter loro la segregazione e listituzionalizzazione: anche qui il principio di essere a portata di mano o sottocchio sar il pi importante per ristabilire le basi di quelle piccole intimit, avventure, stimoli che anche i pi splendidi quartieri di abitazione, se troppo segregati o di proporzioni troppo grandiose, non possono procurare. Una organica concezione di pianificazione urbana, che abbracci tutte le fasi della vita tanto quanto tutte le funzioni della comunit, deve suggerire soluzioni finora ignorate da un punto di vista pi tecnicista e pi specializzato. Nel ripristinare lequilibrio allinterno della comunit cittadina, si deve pensare a ristabilire lequilibrio nel tempo per mezzo di relazioni reciproche fra le diverse fasi della vita; perch ogni gradino della nostra esistenza ha le sue esigenze particolari che possono essere soddisfatte solo quando le necessit coordinate di altri gruppi di et siano prese in considerazione. Ci che forse pi necessario nel formulare un canone per un progetto su queste basi il ritorno alla scala umana: alle unit di dimensione pi maneggevole, ad un ordine visibile ad occhio nudo, ad una concezione della comunit, che non sia un labirinto di grandi organizzazioni collettive, ma una combinazione costantemente variabile di una moltitudine di attivit associative, variabili in intensit e durata, ed in continuo sviluppo attraverso il ciclo della vita, dalla nascita alla morte.

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Indice

237

238

IX XI XV

Presentazione Prefazione di Norberto Bobbio Premessa Parte prima Il progetto

Analisi di un malessere
Antefatto: una volta avevamo paura del bosco, p. 5 La citt, p. 6
Un esempio: la famiglia, la casa, p. 8 - Un altro esempio: il centro commerciale, p. 9

Lequivoco dei servizi, p. 10 Un accordo fra adulti, p. 12

15

E allora che fare?


La soluzione privata della difesa, p. 15 La soluzione sociale della partecipazione, p. 18
Il cittadino medio, p. 18 - Il bambino come parametro, p. 19

21

Perch proprio il bambino?


Linfanzia nella storia delluomo: il primato del gioco, p. 21 Le citt si sono dimenticate dei bambini, p. 24

239

Il bambino solo, p. 25 Il bambino minore, p. 29 Il bambino pi forte, p. 31 Se non diventerete come i bambini..., p. 33 Ma qualcosa sta cambiando, p. 33

Parte seconda Le proposte 39 Un laboratorio la citt dei bambini


La parola ai bambini, p. 41
Il Consiglio dei bambini, p. 42 - I bambini progettisti, p. 43

Il bambino nella testa degli adulti, p. 46

49

Che i bambini possano uscire da soli di casa


Perch cos importante uscire di casa?, p. 50
Vivere esperienze proprie, p. 52 - Gli incidenti domestici, p. 56 - Linsolubile conflitto con la televisione, p. 58 - Bambine e bambini, p. 590

Il bambino come indicatore ambientale, p. 60 Rinegoziare il rapporto di potere fra lauto e il cittadino, p. 61 Aiutare gli adulti a capire che i bambini hanno bisogno di uscire, p. 65 Trovare nuovi alleati dei bambini, p. 67
I vigili urbani, p. 68 - Gli anziani, p. 70 - I negozianti, p. 72

75

Una citt adatta ai bambini


La citt bella, p. 75 Il Piano Regolatore Generale, p. 80
Una citt a dimensione di bambini, p. 81 - Un piano urbano della mobilit, p. 83 - Ripopolare il centro storico, p. 87 - Rinunciare agli spazi gioco per bambini, p. 88

La strada, un luogo di tutti, p. 89

240

I bambini che aspettano, p. 92 Le strutture alberghiere e di ristorazione, p. 93 Lospedale pediatrico, p. 94 Una scuola adatta ai bambini, p. 98
Una esperienza di democrazia, p. 99 - Una esperienza di educazione ambientale: progettare la propria citt, p. 101 - Una esperienza di educazione stradale: percorrere la citt, p. 102

I condomini: il diritto al gioco, p. 104 Il voto ai bambini, p. 106

109 Ripensare la citt

Parte terza Le esperienze 117 Le schede


1. Fano La citt dei bambini, p. 118 2. Il Consiglio dei bambini, p. 121 3. Il Consiglio comunale aperto ai bambini, p. 123 4. I bambini progettisti, p. 127 5. Le piccole guide, p. 133 6. I seminari di Giunta, p. 134 7. Il vigile amico dei bambini, p. 135 8. La multa dei bambini, p. 136 9. A scuola ci andiamo da soli, p. 138 10. Una patente da pedone, da ciclista e da motorini sta, p. 148 11. Io e la mia citt, p. 153 12. Io e la mia citt: il manifesto, p. 158 13. Una giornata senza auto, p. 160 14. Un marchio di qualit bambini per alberghi e risto ranti, p. 162 15. Una spiaggia per i bambini, p. 168

241

16. Il Club CdB, p. 170 17. Casa Archilei, p. 171 18. Un pomeriggio libero per i bambini, p. 173 19. Un giardino di pietra, p. 174 20. Altre esperienze: la progettazione partecipata ai bambini, p. 176 21. Altre esperienze: i diritti dei pedoni, p. 181 22. Altre esperienze: la democrazia in erba, p. 185 23. Altre esperienze: le citt educative, p. 190 24. Una rete nazionale e oltre, p. 195 25. Per cominciare, p. 197

Appendice
1. La Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, p. 203 2. Invito alla collaborazione: lettera aperta ai cittadini fanesi, p. 208 3. Lewis Mumford, La pianificazione per le diverse fasi della vita, p. 210

227 Indicazioni bibliografiche

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