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ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.

16/01/2000
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Roberto Bisceglia


ESERCITAZIONI
di
LABORATORIO CHIMICO

67 esercitazioni commentate











GENOVA - gennaio 2000



ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
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Introduzione

La motivazione di questo lavoro stata di poter disporre di uno strumento agile per le attivit di esercitazioni
dimostrative laboratorio chimico; per questo, ho ritenuto di dover raccogliere un numero sufficiente di schede di lavoro
concernenti esperienze dimostrative, eseguite. cio dal docente, tale da coprire tutto il programma didattico.

Le esperienze proposte coprono, infatti, molti degli argomenti di chimica generale, di chimica-fisica, di chimica
inorganica e di chimica organica, sono di semplice esecuzione, non richiedono particolare abilit o strumentazioni
complicate e sono, in ultimo, prive di elementi di particolare pericolosit.

Le schede non sono state rilegate n numerate sequenzialmente in modo da poterle disporre a piacere, a seconda del
programma didattico scelto e sono, per la quasi totalit, indipendenti l'una dall'altra.

In ogni scheda sono riportati i materiali occorrenti, un breve richiamo teorico quando ritenuto necessario, e le
procedure di esecuzione.

Vediamo nei particolari l'impianto del lavoro:

Materiali occorrenti: sono elencati reagenti, materiali e strumenti necessari all'esperienza. I reagenti utilizzati sono del
tipo per analisi ( p.a. ), anche se possibile utilizzarne anche di meno puri. La quantit di essi , quando necessario,
stechiometricamente corretta. Gli strumenti sono di normale dotazione dei laboratori chimici e fisici e possono,
ovviamente, essere sostituiti da equivalenti.

Richiami teorici: quando lo ho ritenuto necessario ho inserito alcuni richiami teorici riguardo la materia trattata; questi
non vogliono certo sostituirsi ai libri di testo, ma sono da considerarsi solo brevi note introduttive.

Esecuzione delle esperienze: le procedure sono indicate passo a passo, eventuali " trucchi " atti ad una migliore
riuscita dell'esperimento sono descritti chiaramente, cos come eventuali problemi di sicurezza. Per quanto riguarda
quest'ultima si rimanda alle normative esistenti e alle consuetudini di laboratorio.
Le esperienze proposte sono tra quelle che mostrano significative modificazioni visive dei reagenti con formazione di
evidenti prodotti di reazione (es. sviluppo di gas, precipitazione, etc.) o con modifiche cromatiche, variazioni stato
fisico o di pH.

Grafici e tabelle: quando necessario, a compendio di alcune schede, sono state riportate tabelle illustrative o
riepilogative o grafici riportanti i risultati di esperienze-tipo. Tali grafici sono stati tutti effettuati al computer utilizzando
dei fogli elettronici.

Questo lavoro arriva alla quarta revisione, migliorata sotto il profilo grafico, rivista in molte parti e con l'aggiunta di
nuove esperienze. In attesa di una pi completa revisione ed aggiornamento con nueve esperienze, ho ritenuto utile
tradurre il lavoro in HTML al fine di poterlo pubblicare nel Web. Questo straordinario medium ha fatto s che migliaia di
interessati hanno potuto consultare ed utilizzare queste pagine.

Tutte le esperienze sono state ulteriormente testate durante gli anni scolastici 1994/1995 e seguenti nel corso di
chimica del biennio geometri dell'Istituto tecnico statale commerciale e per geometri In memoria dei morti per la
patria di Chiavari, oltre che da Colleghi in altre scuole.

Ritengo, tuttavia, che questo lavoro abbia ancora lacune e sar grato a coloro che vorranno segnalarmele: provveder
alle necessarie correzioni nelle prossime stesure.

Desidero esprimere un particolare ringraziamento al prof. Augusto Biasotti, titolare di chimica nel nostro Istituto, per
gli autorevoli ed amichevoli consigli, per le idee che mi hanno permesso di formulare molte esperienze e per la
segnalazione di alcune imprecisioni presenti nelle prime stesure; identico ringraziamento va alla prof. Maria Grazia
Revelli, docente di chimica al liceo Delpino, con la quale ho potuto scambiare innumerevoli opinioni durante i nostri
quotidiani viaggi in auto tra Genova e Chiavari.

Soddisfazione per questo lavoro mi giunta dai discenti che hanno apprezzato, con il loro interesse, la possibilit di
verificare sperimentalmente molte delle cose apprese nel corso teorico.



Genova, dicembre 1999 Roberto Bisceglia







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Sommario
1 - Le misure fisiche
1 - Gli stati di aggregazione della materia ed i passaggi di stato
1 - La materia: metodi di separazione delle fasi
1 - Studio della fusione e della solidificazione di una sostanza
1 - Determinazione della massa molecolare di un gas in base alla velocit di diffusione
1 - I miscugli ed i composti
1 - Verifica sperimentale della legge di Lavoisier
1 - L'esperienza di Crookes
1 - La spettroscopia
1 - I saggi alla fiamma
1 - La nomenclatura chimica: gli elementi
1 - La nomenclatura chimica: i composti
1 - Misura della pressione atmosferica: il barometro di Torricelli
1 - La legge isoterma dei gas ( legge di Boyle )
1 - La legge isobara dei gas ( legge di Gay-Lussac )
1 - La legge isocora dei gas ( legge di Charles )
1 - Classificazione di alcuni minerali secondo i sette sistemi cristallini
1 - Il legame chimico
1 - Legame ionico e covalente negli alogenuri d'argento
1 - Le soluzioni titolate
1 - Determinazione dell'entalpia in una reazione
1 - Studio della velocit di reazione
1 - Modifiche dell'equilibrio chimico
1 - Verifica dell'equilibrio chimico in una reazione
1 - L'idrolisi salina
1 - La titolazione acido-base
1 - Determinazione della curva di titolazione nella reazione NaOH + HCl
1 - Titolazione di una soluzione di aceto
1 - Determinazione dell'acidit nel succo di limone
1 - Le reazioni chimiche
1 - Le reazioni di complessazione
1 - Reazioni di ossidoriduzione in becker
1 - Le reazioni di ossidoriduzione
1 - Ossidazione e riduzione dell'oro
1 - Il processo alluminotermico
1 - La pila di Daniell
1 - La pila di Leclanch
1 - L'accumulatore al piombo
1 - L'elettrolisi dell'acqua
1 - L'elettrolisi di una soluzione di ioduro di potassio
1 - L'elettrolisi di un sale fuso
1 - La galvanostegia
1 - La conducibilit elettrica
1 - Influenza della concentrazione di alcuni ioni nella conducibilit di soluzioni
1 - Preparazione dell'ossigeno
1 - Preparazione dell'idrogeno da alluminio in ambiente acido e basico
1 - Preparazione dell'ammoniaca
1 - Preparazione dell'acido cloridrico
1 - Preparazione dell'acido nitrico
1 - Preparazione del carbonato di potassio dalla cenere di legno
1 - Preparazione dell'anidride solforosa e dell'acido solforoso
1 - Preparazione dell'anidride solforica
1 - Preparazione del cloro
1 - Preparazione dell'idrossido di sodio per " caustificazione del carbonato "
1 - Saggi alla perla
1 - Gli alcani
1 - Gli alcheni
1 - Gli alchini
1 - Gli idrocarburi aromatici
1 - Gli alcooli
1 - Gli acidi carbossilici
1 - Le aldeidi ed i chetoni
1 - Gli esteri
1 - Determinazione dell'acidit dell'olio di oliva
1 - I carboidrati
1 - Le proteine

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Le misure fisiche


Materiali occorrenti:
Riga millimetrata - Calibro a nonio - Calibro di Palmer - Bilancia analitica - Bilancia tecnica - Pesiera -
Burette da 50 mL - Palloni tarati - Cilindri graduati - Sferetta in acciaio 0.5 cm circa - Cilindretti di zinco o
di altro metallo - Sale da cucina.



Richiami teorici:
1 - Le misure:
Misurare una grandezza significa attribuire ad essa un valore numerico. Le misurazioni sono di due tipi:

1.1 - Misurazioni dirette:
Quelle nelle quali si confronta la grandezza di un oggetto con una appropriata unit di misura. Sono di
questo tipo, ad esempio, le misure di lunghezza effettuate con un metro e le misure di massa effettuate su
una bilancia tecnica a due piatti e bracci eguali, utilizzando delle masse campioni.
La precisione dipende dalla rappresentativit del campione e dall'accuratezza delle esecuzioni.

1.2 - Misurazioni indirette:
Quelle nelle quali la misura di una grandezza si ricava da misure di altre grandezze. E' di questo tipo, ad
esempio, la misura della densit che si ricava dal rapporto tra la misura della massa e la misura del volume
( d = m / V ).


2 - Gli strumenti:
Le misurazioni possono essere effettuate utilizzando due tipi di strumenti: gli strumenti tarati e gli strumenti
graduati.

2.1 - Strumenti tarati:
Sono, per lo pi, vasi in vetro per misure di capacit dei liquidi ; riportano una o due tacche rappresentanti i
limiti di riempimento del liquido per avere ad una data temperatura, di solito 20 C, una quantit precisa
dello stesso, pari a quella riportata sullo strumento stesso. A causa della dilatazione del vetro questi
strumenti, come tutti gli altri dello stesso materiale ( vedere oltre ) garantiscono precisione elevata solo alla
temperatura indicata. Sono strumenti tarati le pipette e i palloni tarati.

2.2 - Strumenti graduati:
Vasi, per lo pi in vetro o materiale plastico, a forma regolare riportanti una scala graduata suddivisa in
sottomultipli dell'unit di misura. Questa scala permette letture intermedie molto precise. Si utilizzano per le
misure dei volumi dei liquidi pipette, cilindri o bicchieri graduati, nei quali sono riportati come unit di misura
il cm
3
( o il mL ) ed i suoi sottomultipli ( o multipli ).
Anche il termometro, utilizzato per misurare la temperatura di un corpo, o le aste graduate ed i metri per le
misure di lunghezza sono strumenti graduati.


3 - Gli errori:
Effettuando misurazioni fisiche praticamente impossibile non commettere errori. Questi debbono essere
considerati da chi esegue la misura. Gli errori sono di due tipi:

3.1 - Errori accidentali:
Errori variabili, attribuibili all'esecutore, quali le errate letture di uno strumento. Si tratta di errori eliminabili
con una maggiore attenzione.

3.2 - Errori sistematici:
Errori non eliminabili anche dal pi attento esecutore, in quanto sono dovuti alla imprecisione delle scale
degli strumenti o al modo di usarli. Questi errori devono essere, tuttavia, considerati e valutati. Per questo
necessario ripetere pi volte la misura, annotando i valori trovati e considerando come misura attendibile la
media dei valori trovati.


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Si debba, ad esempio, trovare la massa ( m ) di un campione utilizzando una bilancia tecnica a due piatti e
masse campione. Si effettuano n pesate trovando n valori chiamati m
1
, m
2
, m
3
, .... , m
n
. Si ha:

m =
m m m .... m
n
1 2 3 n
+ + + +


Per errore assoluto ( e
a
) si indica la semi differenza tra il valore massimo ( M ) ed il valore minimo ( m )
ottenuti:
e
M n
2
a
=



Per errore relativo si intende il rapporto percentuale esistente tra l'errore assoluto e la grandezza misurata.

Nel caso di misurazioni indirette bisogna tener conto degli errori di ogni singola misurazione.


4 - L'approssimazione:
Nei calcoli delle misure necessario avere un corretto criterio di approssimazione specie se si utilizza una
calcolatrice. Tale criterio pu essere, ad esempio, quello che impone la riduzione del numero delle cifre a
quelle dette " cifre significative ".

Ad esempio, dovendo misurare la densit di un corpo avente m = 6.6 g. e v = 0.9 cm
3
si ottiene un valore
di 7.3333333 . E' evidente che il quoziente non pu essere pi preciso di dividendo e divisore, per cui
sufficiente indicare la prima cifra decimale con le regole di approssimazione. Il risultato sar pertanto =7.3
e sar detto " a 2 cifre significative ".

Con il Sistema Internazionale ( S.I. ) sono stati introdotti dei prefissi corrispondenti a multipli e sottomultipli,
applicabili a tutte le unit di misura. Per ogni pi precisa trattazione si rimanda ad un qualsiasi testo di
fisica.


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: le misure di lunghezza:
La lunghezza una grandezza fisica fondamentale del Sistema Internazionale ( S.I. ), la cui unit di misura
il metro ( m ). E' una propriet estensiva della materia, dipendente, cio, dalla quantit di quest'ultima e,
correntemente, intesa come la dimensione orizzontale pi estesa di un corpo.

Si procede alla misura della lunghezza di alcuni oggetti d'uso comune, utilizzando prima la riga
millimetrata ed annotando i risultati; con tale metodo l'accuratezza delle misure di circa 1 mm.

Disponendo di calibri possibile effettuare letture pi accurate di oggetti piccoli.
Il calibro a nonio o ventesimale costituito da un'asta graduata con un'estremit piegata a becco e da un
corsoio, recante anch'esso un becco. Il corsoio pu essere bloccato nella sua corsa da un sistema a
pressione. L'asta presenta una scala millimetrata lunga, di solito 20 cm; il corsoio porta un nonio
ventesimale, ovvero con 20 divisioni per un totale di 19 mm . L'oggetto da misurare si pone tra i due becchi
che vengono stretti senza sforzo; la dimensione si legge sulla scala millimetrata dell'asta, in corrispondenza
del riferimento posto sulla parte superiore del corsoio. Se la divisione dell'asta non corrisponde
perfettamente al riferimento, si osserva sul nonio quale divisione ventesimale sia perfettamente collimata
con una divisione dell'asta e tale valore, in ventesimi di mm, si aggiunge alla misura principale.

Supponiamo, ad esempio, di voler misurare il diametro di una sferetta di acciaio e di leggere sull'asta una
dimensione di 22 mm; tale valore non , per, perfettamente coincidente con il riferimento. Sul nonio si
osserva perfetta coincidenza tra la quarta divisione ed uno dei valori segnati sull'asta: per questo si
aggiungono ai 22 mm 4/20 di mm ( ovvero 0.2 mm ). La dimensione esatta dell'oggetto , quindi di 22.2
mm.

Il micrometro di Palmer ( detto anche palmer ) pu effettuare misure di lunghezza con precisione del
centesimo di millimetro. Lo strumento formato da una parte fissa a forma di U, detta arco e da una
mobile cilindrica con una filettatura che si avvita all'arco. La parte mobile presenta una vite micrometrica ed
un tamburo graduato ad essa solidale. La vite micrometrica riporta incisa una scala di 50 divisioni; sulla

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parte mobile riportata la scala principale di riferimento con suddivisioni di 0.5 mm ed una linea detta
" linea di fede ".

Si misura, ad esempio, il diametro della sferetta in acciaio ponendola all'interno dell'arco e la si comprende
con la parte mobile, senza schiacciarla, agendo sull'apposita frizione; si rileva la misura in millimetri sulla
scala di riferimento, 22 mm; si procede, quindi, alla lettura micrometrica osservando quale divisione della
vite micrometrica collima con la linea di fede.
Se, ad esempio, il valore di 24, questo va addizionato al valore di 22, per un totale di 37.24 mm.

Parte seconda: Misure di volumi:
Il volume una grandezza fisica derivata ed indica lo spazio occupato da un corpo. E' anch'essa una
propriet estensiva e la sua unit di misura nel S.I. il metro cubo ( m
3
). Per i fluidi possibile utilizzare
una unit non S.I., il litro ( L ) che corrisponde ad 1 decimetro cubo ( 1 L = 1 dm
3
) ed i suoi sottomultipli, il
centilitro ( cL , 1 cL = 10 cm
3
) e, soprattutto, il millilitro ( mL, 1 mL = 1 cm
3
).

Per oggetti rappresentanti dei solidi geometricamente regolari possibile la misura del volume utilizzando le
relative formule, partendo dalla misurazione di uno dei parametri ( es. lato, diametro, etc. ).

Per i liquidi si utilizzano recipienti tarati ( cilindri, palloni, pipette, burette, etc. ) tenendo conto delle
norme per un corretto rilevamento dei valori ( collimazione, temperatura d'uso, tolleranza ).

Per solidi geometricamente irregolari si pu procedere all'immersione degli stessi, se la loro costituzione lo
permette, in idonei cilindri graduati, nei quali sia stata versata acqua fino ad un livello intermedio, di solito
una tacca indicante una decina di mL osservando l'incremento del livello del liquido e sottraendo a questo la
quantit iniziale dell'acqua.

Si prende un cilindro graduato da 100 mL e lo si riempie di acqua fino alla tacca di 50 mL; si immerge con
cura l'oggetto da misurare, una piccola pietra, e si osserva che il livello salito fino a 75 mL: questo
significa che il volume della pietra di 25 cm
3
( 75 - 50 = 25 ; 1 mL di acqua = 1 cm
3
!! ).

Parte terza: Misure di masse:
Giova ricordare i concetti di massa e peso.
Per massa si intende la quantit di materia; per questo da considerarsi una propriet estensiva della
materia. L'unit di misura SI il kilogrammo ( kg ). La massa misurata con bilance attraverso il
riferimento a masse campioni.
Per peso si intende la forza con la quale un corpo attratto dalla terra; l'unit di misura del sistema SI il
newton ( N ), ovvero la forza che imprime ad un corpo avente la massa di 1kg l'accelerazione di 1m/s
2
.
La forza peso ha la direzione dell'accelerazione di caduta ( o di gravit g ) ed diretta verso il centro della
terra. Essa direttamente proporzionale alla massa del corpo e la costante di proporzionalit
l'accelerazione di gravit ( g ) che, in un dato luogo, la stessa per tutti i corpi.
L'espressione della forza peso , pertanto, F = m g ed il valore dell'accelerazione g = 9.8 m/s
2
.

La misura delle masse pu essere effettuata con un dinamometro. Gli allungamenti della molla,
considerando costante g, risultano proporzionali alle masse.
La massa si ottiene, per via analitica, con l'espressione m = F / g .

La massatura di un oggetto pu essere pi semplicemente effettuata utilizzando bilance tecniche a due
piatti, ponendolo in un piatto, solitamente il sinistro, e ponendo nell'altro masse campioni fino al
raggiungimento dell'equilibrio. La sensibilit di tali misure pu arrivare ad 1 mg.
Attualmente nella pratica di laboratorio chimico si utilizzano bilance analitiche monopiatto con metodo a
sostituzione ed indicatore ottico o digitale. La sensibilit di tali bilance arriva a 0.01 mg.

Si procede alla massatura, utilizzando la bilancia tecnica o la bilancia analitica della pietra di cui sopra di
cui sopra, si riportano sul quaderno di esercitazione i valori ottenuti nelle due modalit confrontandoli in
modo da evidenziare le diverse sensibilit degli strumenti.


Parte quarta: Misure di densit:
Per densit ( ) si intende il rapporto tra la massa ( m ) ed il volume ( V ) ; si tratta di una propriet
intensiva, non dipendente cio dalla quantit di materia, ed caratteristica di ogni sostanza.

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La misurazione della densit di un corpo solido pu essere facilmente effettuata, come gi accennato, per
via indiretta; si misura il volume per via geometrica o per immersione in un recipiente graduato contenente
un liquido e la massa con una adeguata bilancia. Unit di misura della densit nel S.I. il kg / m
3
.

4.1 - Misura della densit di campioni di un metallo:
Si vuole misurare la densit di tre cilindretti di metallo. Si riempie di acqua una buretta da 50 mL fino ad
una tacca intermedia ( ad es. 30 mL ) e si immerge, con cautela, il cilindretto di metallo pi piccolo; si
annota l'incremento del livello del liquido, incremento che, espresso in cm
3
e decimi , corrisponde al volume
del cilindretto.

Si procede allo stesso modo per gli altri due cilindretti annotando i rispettivi valori.

Si asciugano i tre cilindretti e si passa alla loro massatura su bilancia analitica o tecnica, mantenendo
l'accuratezza non inferiore al milligrammo.

Con i valori rilevati si ricavano le densit dei singoli cilindretti metallici, secondo la formula d = m / V .

I valori trovati devono essere quasi identici, nei limiti dell'errore sperimentale, a dimostrazione che si
trattava di un unico metallo, lo zinco, e che la densit una propriet costante per ogni tipo di materia.

4.2 - Misura della densit di un liquido:
La densit dei liquidi pu essere misurata con i densimetri o areometri , apparecchi in vetro formati da un
galleggiante zavorrato da pallini di piombo, da un asta graduata per la densit e da un termometro. I
densimetri si basano sul principio di Archimede, poich immersi in un liquido ricevono una spinta dal basso
all'alto proporzionale al volume della parte immersa e alla densit del liquido, ovvero alla massa del liquido
spostato. Questi apparecchi sono tarati per operare a temperature che devono essere rispettate, a meno di
non operare le relative correzioni.
La scala delle densit pu essere espressa in g / cm
3
oppure in altre unit come, ad esempio, i gradi
Baum ( B ). La scala Baum parte dal valore = 0 corrispondente alla densit dell'acqua distillata.

Si riempie un cilindro di vetro da 1000 mL fino a 5 cm dal bordo con dell'acqua distillata; si immerge il
densimetro e si osserva a che valore della sua scala graduata corrisponde il livello dell'acqua;

Si ritira lo strumento e si versano nell'acqua 200 g circa di sale da cucina ( cloruro di sodio ) agitando con
una bacchetta fino a completa soluzione. Si immerge il densimetro e si osserva la variazione di densit del
liquido.

Misure pi accurate di densit possono essere effettuate con strumenti specifici molto precisi, ma di uso
senza dubbio pi complicato. Sono di questo tipo, ad esempio, i picnometri e la bilancia idrostatica di
Mohr-Westphal.




Bilancia analitica monopiatto Calibro ventesimale





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Gli stati di aggregazione della materia ed i passaggi di stato



Materiali occorrenti:
Iodio bisublimato - Sodio - Alcool etilico - Ghiaccio - Pompa per vuoto ad acqua - Beuta da vuoto - Tubo in
gomma da vuoto - Vetreria.


Richiami teorici:
Ogni elemento chimico pu esistere allo stato gassoso, allo stato liquido e in quello solido. Il passaggio da
uno all'altro di questi stati detto passaggio di stato.
La maggior parte degli elementi, in condizioni ambientali, si trova allo stato solido. Fanno eccezione
mercurio e bromo che sono allo stato liquido e neon, elio, argon, kripton, xenon, radon, idrogeno, azoto,
ossigeno, fluoro, cloro che sono allo stato gassoso.

Variando la temperatura oppure la pressione ( o entrambe ) , ogni elemento pu mutare il suo stato
fondamentale. Aumentando la temperatura e diminuendo la pressione si ottiene, di regola, un passaggio
solido liquido gassoso. Ovviamente il percorso inverso lo si ottiene diminuendo la
temperatura ed aumentando la pressione.

Stato solido: le particelle costituenti la materia sono strettamente unite una all'altra in modo pi o meno
geometricamente ordinato. Dette particelle sono dotate di energia propria ed oscillano intorno al proprio
punto di applicazione; da questo non possono, per, muoversi in quanto sono circondate da altre particelle.

Stato liquido: le particelle hanno una energia cinetica maggiore di quella dello stato solido, possono
muoversi disordinatamente ed urtarsi tra loro. Minori rispetto allo stato solido sono le forze coesive, tanto
che nell'interfaccia un certo numero di particelle, pu sottrarsi del tutto all'attrazione delle altre, passando
allo stato gassoso. I liquidi, infatti, esistono sempre in presenza del loro gas.

Stato gassoso: le particelle si muovono in maniera caotica e le forze di coesione sono del tutto
trascurabili.

Esiste un quarto stato di aggregazione, il plasma, che si ha portando un gas a temperature superiori a
5000 C. In tale situazione uno o pi elettroni esterni si staccano formando uno ione; il plasma , quindi,
formato da cationi e da elettroni in equilibrio tra loro. Le stelle sono, ad esempio, allo stato di plasma cos
come lo la materia presente nei " tubi al neon ".


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: fusione del ghiaccio:
Si pone in un becker un cubetto di ghiaccio e si osserva il passaggio ad acqua liquida che avviene a
temperatura ambiente ( fusione ). Si sottopone poi il becker a moderato riscaldamento coprendolo con un
vetro da orologio; si nota la vaporizzazione dell'acqua. Il vapore d'acqua subito condensa sul fondo del
vetro da orologio a causa della temperatura pi bassa di questo trasformandosi, nuovamente in acqua allo
stato liquido. La solidificazione a ghiaccio implica una ulteriore sottrazione di calore che pu essere
effettuata solo in un freezer.

Parte seconda: sublimazione dello iodio:
In un becker perfettamente asciutto si pongono alcuni cristalli di iodio, si copre con un vetro da orologio su
cui posto, come refrigerante, un cubetto di ghiaccio; si sottopone il becker a moderato riscaldamento sul
bunsen e si osserva uno svolgimento di vapori rossastri, senza la formazione di liquido ( sublimazione ).
Sul fondo del vetro da orologio, a causa della sua temperatura pi bassa, si pu osservare, dopo pochi
secondi, il riformarsi di cristalli grigiastri di iodio, senza passaggio all'intermedio liquido ( brinamento ).

Lo iodio brinato sul fondo del vetro da orologio pu essere eventualmente riconosciuto con trattamento con
un solvente apolare, ad esempio tetracloruro di carbonio che lo scioglier facilmente con il tipico colore
rosso-viola.


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Parte terza: fusione del sodio:
In una provetta si pone un pezzettino di sodio, circa 2-3 grammi, avendo cura di asciugarlo perfettamente
dal petrolio della conserva. Si porta la provetta al bunsen fino a completa fusione del metallo, fusione che
avviene a circa 98 C. La vaporizzazione del metallo molto pi difficile da ottenere in quanto richiede un
riscaldamento a circa 890 C.

Parte quarta: influenza della pressione sulla temperatura di ebollizione:
Modificando la pressione in cui si opera cambia il punto di ebollizione di un liquido.
Nel caso dell'alcool etilico a pressione ambiente, circa 760 mm di Hg, la temperatura di ebollizione, ovvero
di passaggio allo stato gassoso, di circa 78 C; se si abbassa drasticamente la pressione, utilizzando una
beuta da vuoto collegata ad una pompa ad acqua, possibile causare il passaggio allo stato gassoso col
solo calore della mano posta sul fondo della beuta.

Si versano nella beuta da vuoto 100 mL circa di alcool etilico commerciale, la si tappa e la si collega tramite
un tubo da vuoto alla pompa ad acqua. La pompa deve essere collegata ad un rubinetto di portata
adeguata. Facendo defluire l'acqua la pompa inizia a creare una depressione all'interno della beuta; quando
la pressione diviene almeno 1/10 di quella ambientale, il solo calore della mano posta sul fondo della beuta
risulta sufficiente a portare l'alcool etilico all'ebollizione.


Tav. 1 - I passaggi di stato










































Solido

Liquido Gassoso
Fusione
Solidificazione
Evaporazione
Condensazione
Sublimazione
Brinamento
Temperatura ed energia crescenti

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La materia: metodi di separazione delle fasi

Materiali occorrenti:
Iodio bisublimato - Solfato di rame pentaidrato - Idrossido di bario sol. 0.1 M - Bicromato di potassio - Acido
solforico diluito - Tetracloruro di carbonio - Pallone codato - Refrigerante - Termometro con scala 0-200 C -
Imbuto separatore - Filtri - Tubi in gomma rossa - Bunsen - Vetreria e sostegni.


Richiami teorici:
La materia tutto ci che possiede una massa ( quantit di materia ). un volume ( spazio occupato ) ed una
energia ( resistenza al cambiamento dello stato di quiete o di moto ). Particolari porzioni di materia
uniforme, che sia possibile isolare dall'ambiente circostante sono detti sistemi; dal punto di vista tecnico i
sistemi possono essere definiti materiali.
Una porzione del sistema che sia possibile limitare e che mantenga in ogni suo punto identiche propriet
fisiche della fase.
Dal punto di vista fisico un sistema costituito da una sola fase detto sistema omogeneo; se costituito da
due o pi fasi definito sistema eterogeneo. Le fasi possono essere, allo stesso tempo, chimicamente
uguali e fisicamente diverse, come nel caso del miscuglio acqua-ghiaccio; al contrario un sistema pu
essere fisicamente omogeneo e chimicamente eterogeneo ( es. le soluzioni ).

Porzioni di materia che abbiano composizione chimica costante sono dette sostanze pure; sono sostanze
pure gli elementi chimici ed i composti.

Mescolanze di sostanze pure diverse formano i miscugli ( miscele ); le sostanze formanti i miscugli
possono trovarsi nello stesso stato di aggregazione o in stati di aggregazione diversi. Si distinguono
miscugli eterogenei e miscugli omogenei.
I miscugli eterogenei presentano i componenti distinguibili in due o pi fasi, in rapporti massali altamente
variabili e che mantengono le caratteristiche originarie. I miscugli eterogenei formati da solidi e da liquidi
sono detti sospensioni ( es. latte, acqua-fango ); quelli costituiti da liquidi non miscibili si chiamano
emulsioni ( es. acqua-olio, acqua-benzina ).
I miscugli omogenei, comunemente detti soluzioni, hanno i componenti non pi distinguibili, in quanto
mescolati anche su scala atomica, che pur mantengono inalterate molte delle propriet originarie.

La separazione dei componenti molto pi semplice nel caso dei miscugli eterogenei, per i quali sono
sufficienti metodi semplici quali la decantazione, la filtrazione o la centrifugazione basati sulla diversa
dimensione, stato fisico e densit dei componenti.

Nel caso dei miscugli omogenei necessario utilizzare metodiche pi impegnative quali l'evaporazione
del solvente, la distillazione, entrambe basate sulla differente volatilit dei componenti, l'estrazione con
solvente, basata sulla maggiore affinit di quest'ultimo con un componente della miscela, o la
cromatografia, basata sulla differente velocit con cui un solvente trasporta, per azione capillare attraverso
un strato di materiale inerte, i vari componenti della miscela.

Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: cristallizzazione di un sale:
In un becker da 250 mL si versano 100 mL circa di acqua distillata; in essa si mettono 60 g di solfato di
rame pentaidrato commerciale, CuSO
4
5H
2
O, ridotto in minuti cristalli in un mortaio. Si agita con una
bacchetta di vetro per favorire la solubilizzazione e si pone il becker su un treppiede con reticella ceramica
sotto il quale si accende un bunsen. Si riscalda blandamente fino a circa 60 C con continua agitazione e
fino a totale solubilizzazione del sale; si continua, quindi, il riscaldamento, a temperatura non superiore ad
80 C, fino a riduzione del volume ad 1/3. Si toglie il becker dal fuoco e lo si ripone in luogo tranquillo; dopo
circa 15 minuti di raffreddamento si nota il depositarsi di cristalli azzurri sul fondo. Si toglie, quindi, con
cautela la soluzione eccedente e si lascia essiccare per 24 ore. Dopo l'essiccazione si potr osservare la
perfetta struttura dei cristalli.

In alternativa, o a complemento, possibile coltivare nella soluzione soprasatura preparata un germe
cristallino; all'uopo si lega un cristallo regolare di circa 1.5 cm di dimensioni con un filo sottile e lo si
sospende ad una bacchetta di vetro, posta trasversalmente alla bocca del becker, in modo che sia immerso

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
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nella soluzione senza toccare n fondo n pareti. In poche ore il germe si accrescer secondo la sua
struttura cristallina.

Parte seconda: separazione meccanica di un solido da un liquido:
La separazione meccanica di un solido da un liquido, ad esempio di un precipitato in acqua, pu essere
effettuata in vari modi. I pi consueti sono la decantazione, la filtrazione e la centrifugazione.
In tutte le metodiche si pu usare un precipitato preparato, ad es. con la reazione:

Ba(OH)
2
+ H
2
SO
4
BaSO
4
+ 2H
2
O .

Si versano in 2 provette ed in una provetta da centrifuga 5 mL circa di idrossido di bario sol. 0.1M ed a
ciascuna si aggiungono 5 o 6 gocce di acido solforico diluito; immediatamente si forma il precipitato
biancastro di solfato di bario.

Decantazione: si pone una delle due provetta in un portaprovette e dopo pochi minuti pu osservarsi il
deposito per gravit del precipitato sul fondo e lo schiarimento dell'acqua. Il sopranatante pu essere
rimosso aspirandolo con una pipetta.

Filtrazione: si prepara un filtro rotondo piegandolo i quattro e lo si dispone in un imbutino; si bagna la carta
facendola aderire perfettamente alle pareti dell'imbuto e si mette quest'ultimo su idoneo sostegno, sotto il
quale posto un beckerino. Si agita la seconda delle provette per rimescolare il precipitato e l'acqua e si
versa il tutto nell'imbuto; in pochi minuti la filtrazione ha termine, per cui si rimuove il filtro, lo si apre e lo si
pone ad essiccare in stufa o in luogo riparato ed asciutto. Al termine di questa operazione si recupera il
precipitato di solfato di bario perfettamente asciutto.
E' possibile, eventualmente, effettuare l'operazione utilizzando un filtro a pieghe che ha il vantaggio di una
maggior rapidit di filtrazione.

Centrifugazione: si prende la provetta da centrifuga, la si agita per mescolare il precipitato alla fase
acquosa e la si pone in uno dei fori della centrifuga; nel foro opposto si pone una provetta con acqua per
bilanciare il cestello. Si accende l'apparecchio e lo si fa girare per circa 20 secondi; lo si spegne, si attende
che il cestello si fermi e si estrae la provetta. Si osserva il precipitato ben depositato sul fondo.


Parte terza: estrazione con solvente:
In 50 mL di acqua distillata, versati in un becker, si fanno sciogliere pochi cristalli di iodio, fino a formazione
di una soluzione debolmente gialla. Si versa la soluzione, trattenendo eventuali cristalli non sciolti, in un
imbuto separatore da 250 mL, col rubinetto chiuso, e si aggiungono 30/40 mL di tetracloruro di carbonio . Si
tappa l'imbuto, si agita con vigore per alcuni secondi e si pone l'apparecchio su idoneo sostegno. Subito si
nota che il tetracloruro di carbonio si colora di viola, mentre l'acqua tende a schiarirsi. Il CCl
4
, infatti, un
solvente selettivo per lo iodio per cui lo sequestra all'acqua. A causa della immiscibilit dei due liquidi e
della maggior densit del tetracloruro ( d=1.59 ), le due fasi risulteranno ben distinte, lo strato inferiore il
tetracloruro e quello superiore l'acqua. Si lascia riposare per alcuni minuti e si procede, quindi, al
gocciolamento del tetracloruro di carbonio attraverso il rubinetto inferiore. L'estrazione dovrebbe essere
ripetuta pi volte con solvente fresco.


Nota operativa: in mancanza di tetracloruro di carbonio si pu utilizzare del benzene o, al limite, della benzina, con
l'avvertenza che per la loro minore densit le fasi risulteranno invertite.


Parte quarta: distillazione:
Si monta il sistema di distillazione collegando il pallone codato al refrigerante in modo opportuno. Si fissa il
tutto a due supporti con pinze e si pone il pallone sul treppiede del bunsen, avendo cura di interporre una
reticella amiantata. Si collega al beccuccio inferiore del refrigerante il tubo di carico dell'acqua ed a quello
superiore il tubo di scarico; si connettono detti tubi al sistema idrico del laboratorio facendo scorrere un
piccolo flusso d'acqua fredda. Si verifica la stabilit dell'impianto.

Si pongono nel pallone, utilizzando un imbuto adeguato, circa 200 mL di acqua nella quale stata
precedentemente sciolta una punta di spatola di bicromato di potassio. Si aggiungono alla soluzione una
decina di palline di vetro per favorire il rimescolamento durante l'ebollizione.


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Dopo questa operazione si tappa il foro del pallone con un tappo in gomma nel quale stato inserito il
termometro, avendo cura di far giungere il bulbo dello stesso all'altezza della codatura.

Si pone una beuta all'uscita del refrigerante per raccogliere il distillato e si colloca il bunsen sotto il
treppiede, accendendo la fiamma.

Dopo alcuni minuti la soluzione giunge al punto di ebollizione; possibile leggere sul termometro un valore
di temperatura di 100 C ( 1 C ).
Il vapor d'acqua inizia a condensarsi sul refrigerante e, quindi a cadere nella beuta, sotto forma di acqua
distillata del tutto incolore.

La distillazione ha provocato la separazione del soluto K
2
Cr
2
O
7
dal solvente acqua.

Continuando nella distillazione si osserva un progressivo inscurimento della soluzione ancora da distillare
per l'ovvio aumento di concentrazione del soluto.

Portando ad estreme conseguenze l'operazione con la distillazione di tutto il solvente acqua, nel pallone
non resteranno che cristalli di bicromato di potassio.











Nota operativa: in luogo del bicromato di potassio pu essere utilizzato un qualsiasi sale che dia soluzione colorata
( es. sali di rame, sali di ferro II ). Si sconsiglia l'uso del permanganato di potassio in quanto i suoi residui possono
incrostare il pallone e sono difficili da eliminare.















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13
Studio della fusione e della solidificazione di una sostanza



Materiali occorrenti:
Tiosolfato di sodio - Termometro 0-100 C, div. 0.1 C - Cronometro - Bunsen - Sostegni - Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Scopo dell'esperienza lo studio analitico della fusione e della solidificazione di una sostanza e la
graficazione dei risultati ottenuti. Si utilizza il tiosolfato di sodio ( Na
2
S
2
O
3
5H
2
O ) per il suo basso punto di
fusione, 47.5 C.

Parte prima: fusione:
Si riempe a met un provettone con il tiosolfato di sodio e nel sale si immerge completamente il bulbo del
termometro; si fissa il termometro con un sostegno, in modo che il bulbo non possa toccare le pareti del
provettone, si immerge questo in un becker da 800 mL pieno di acqua, sospendendolo con altro idoneo
sostegno. Si pone il tutto su un treppiede con reticella amiantata posto sopra un bunsen, si accende questo
con fiamma bassa, portando il sale alla temperatura di 40 C. Giunti a questo valore si fa partire il
cronometro, si agita costantemente l'acqua con una bacchetta e si rileva la temperatura ad intervalli di 30
secondi, annotandola sul foglio di esercitazione. Arrivati ad una temperatura di 60 C si spegne il bunsen e
si procede alla seconda parte dell'esperienza.

Parte seconda: solidificazione:
Si procede esattamente come nella prima parte, facendo partire il cronometro quando il termometro indica
che il tiosolfato fuso ha una temperatura di 60 C, ed effettuando rilevazioni ogni 30 secondi, fino a che la
massa del sale non avr raggiunto una temperatura di circa 30-35 C. Si annotano anche questi valori sul
foglio di esercitazione.

Parte terza: graficazione dei risultati:
Si prendono i risultati dell'esperienza di fusione e si riportano nelle ascisse di un grafico cartesiano i valori
del tempo trascorso e nelle ordinate i valori delle temperature raggiunte dal sale. Si osserva che nel
grafico la temperatura sale rapidamente, ma presenta una sosta, con appiattimento del grafico, in
corrispondenza del valore di 47.5 C ; in questo punto, infatti, pur continuando a somministrare calore, la
temperatura resta costante. Infatti coesistono ancora gli stati solido e liquido e l'energia fornita serve a
rompere le forze che formano il reticolo cristallino del sale; questa parte del grafico corrisponde alla sosta
termica. Non appena tutto il tiosolfato di sodio si liquefatto, la temperatura riprende a salire e con essa la
curva del grafico.

Si prendono, infine, i valori dell'esperienza di solidificazione e si trattano in modo eguale; il grafico risultante
esattamemte il contrario del precedente, o, meglio, ne l'immagine speculare; anche questo grafico
presenta, al valore di 47.5 C la sosta termica durante la quale l'energia termica ceduta dal sale fuso serve
per riorganizzare il reticolo cristallino.




Nota operativa: per una buona riuscita dell'esperienza necessario che termometro, provettone e becker siano
assicurati in modo tale da non venire direttamente a contatto, che il riscaldamento sia lento e costante e che le letture
siano tempestive e precise. Al posto del bunsen si pu utilizzare una piastra riscaldante elettrica.












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Determinazione della massa molecolare di un gas in base alla velocit di diffusione


Materiali occorrenti:
Tubo in vetro 10 mm. lungh. 50 cm. ca. - Acido cloridrico sol. 37 % - Idrossido di ammonio sol. 25 % -
Cotone - Tappi in gomma - Riga millimetrata - Cronometro.

Richiami teorici:
Intorno al 1850 Thomas Graham enunci la seguente legge " Le velocit di diffusione di due gas, ad
identiche condizioni di temperatura e pressione, sono inversamente proporzionali alle radici quadrate delle
loro densit ":

v : v = :
1 2

2 2 1 1
ove v
1
= velocit gas n.1, v
2
= velocit gas n.2

1
= densit gas n.1 ,
2
= densit gas n.2

Dalla legge di Avogadro si deduce, poi, che le densit dei gas sono in rapporti identici a quelli delle masse
molecolari relative ( m.m.r. ), per cui si ha:


v : v = m.m.r : m.m.r
1 2 2 1
(1)

Poich v = d/t ( d = distanza, t = tempo ), conoscendo le distanze percorse dai gas ed il tempo impiegato si
pu facilmente ricavare detta velocit di diffusione.
Conoscendo, poi, la m.m.r. di uno dei gas impiegati si pu ricavare la m.m.r. del secondo.

Nel caso in esperimento si vuole determinare la m.m.r. dell'ammoniaca, data come incognita, misurando la
sua velocit di diffusione e ponendola in rapporto con quella dell'acido cloridrico data per nota
( m.m.r.
HCl
= 36.46 ).

Esecuzione dell'esperienza:

Si monta in orrizzontale, su idoneo supporto, il tubo di vetro, aperto alle due estremit; si imbevono
completamente due batuffoli di ovatta di cotone, uno con acido cloridrico sol. 37 %, l'altro con idrossido di
ammonio sol. 25 % .
Con l'aiuto di due pinzette si inseriscono contemporaneamente i batuffoli uno per estremit, tappando
velocemente; allo stesso tempo un'altra persona fa partire il cronometro.

I gas dalle soluzioni diffondono verso il centro del tubo e quando giungono a contatto reagiscono formando
un anello biancastro, ben visibile sulla parete, di cloruro di ammonio, secondo la reazione:

NH
3
H
2
O + HCl NH
4
Cl + H
2
O ;

a questo punto si ferma il cronometro, si annota il tempo in secondi trascorso e si misurano le distanze in
centimetri tra l'anello e le due estremit del tubo.

Siano, ad esempio, trascorsi 180 secondi per la formazione dell'anello, la distanza percorsa dall'acido
cloridrico sia di 19.1 cm e quella percorsa dall'ammoniaca sia di 27.5 cm.

Ricaviamo le velocit ( v = d/t ): v
HCl
= 0.106 cm/s v
NH3
= 0.155 cm/s .

Applichiamo la (1): 0.106 : 0.155 = x : 36.46 ovvero, estraendo le radici :
0.106 : 0.155 = x : 6.03
x = 4.123, da cui : x
2
= 16.99 m.m.r. di NH
3


Nei limiti dell'errore sperimentale il valore rilevato pu considerarsi corretto, la m.m.r. dell'ammoniaca
infatti = 17.03.



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15
I miscugli ed i composti



Materiali occorrenti:
Zolfo in polvere - Ferro limatura - Acido cloridrico sol. 1:3 - Solfuro di carbonio - Calamita - Mortaio -
Vetreria.



Richiami teorici:
Per miscuglio si intende un insieme di sostanze che mantengono inalterate le loro caratteristiche originarie
e che sono separabili con mezzi fisici semplici.

Per composto si intende una sostanza con caratteristiche proprie che differiscono da quelle delle sostanze
che lo hanno originato. Le sostanze originarie, elementi, sono sempre in rapporto costante. E' possibile
ricavare gli elementi da un composto solo utilizzando dei sistemi chimico-fisici complessi ( es. elettrolisi ).


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: analisi dei comportamenti chimico-fisici dei reagenti:
Si dispone su un vetro da orologio una piccola quantit di limatura di ferro. Su un secondo vetro da orologio
se ne dispone una di polvere di zolfo. Si osservano i diversi colori delle sostanze.

Avvicinando una calamita alle due sostanze si osserva che il ferro risente del campo magnetico essendo
attratto dalla calamita. Diversamente lo zolfo non attratto e, quindi, non risente della vicinanza di un
campo magnetico.

Si recupera il ferro che aderisce alla calamita ponendolo in una provetta. In una seconda provetta si mette
una piccola spatolata di polvere di zolfo. Si aggiungono ad entrambe 2 mL circa di acido cloridrico sol. 1:3.

Si osserva che il ferro si consuma rapidamente con formazione di una soluzione di colore grigiastro, e
sviluppo imponente di gas, secondo la reazione:

Fe + 2HCl FeCl
2
+ H
2


Nella seconda provetta si nota, invece, che lo zolfo non si sciolto e che una parte galleggia alla
superficie: non avvenuta, infatti, alcuna reazione.

In altre due provette si pongono un paio di mL di solfuro di carbonio; si pone una punta di spatola di
polvere di ferro in una delle due provette e nella seconda una simile quantit di zolfo ; si osserva che il ferro
non d alcuna reazione con il solfuro di carbonio, mentre lo zolfo rapidamente si solubilizza, dando una
soluzione debolmente gialla.


Parte seconda : formazione del miscuglio ed analisi del suo comportamento:
Si pesano 5.6 g. di limatura di ferro e 3.2 g. di polvere di zolfo; si pongono i due elementi in un piccolo
mortaio o in un crogiolo mescolando e pestando la massa, fino ad ottenere una polvere uniforme di colore
grigio chiaro; si suddivide il tutto in tre parti. Si osserva il colore assunto dal miscuglio comparandolo a
quello degli elementi.

Si prende la prima ponendola su un vetro da orologio avvicinando ad essa una calamita. Si osserva la
separazione della polvere di ferro che aderisce alla calamita risentendo del campo magnetico; nel vetro
resta solo la polvere di zolfo.

Si prende la seconda parte di polvere e la si pone in una provetta aggiungendo 2 mL circa di acido cloridrico
sol. 1:3. Si nota che il ferro reagisce colorando la soluzione di giallo-bruno, mentre lo zolfo resta inalterato,
tendendo a disporsi alla superficie.



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16
La reazione che avviene pu essere cos descritta:

(Fe + S) + 2HCl FeCl
2
+ H
2
+ S

Infine, si pone la terza aliquota in una provetta contenente 1 o 2 mL di solfuro di carbonio. Si nota che lo
zolfo si scioglie completamente, ingiallendo la soluzione, mentre il ferro non d alcuna reazione,
depositandosi sul fondo.

Le prove sopra effettuate indicano chiaramente che ci troviamo di fronte ad un miscuglio.


Parte terza: formazione del composto ed analisi del suo comportamento:
Si prepara un miscuglio come nella fase precedente, avendo l'accortezza di aggiungere un eccesso di zolfo,
circa 1 o 2 g ( vedere nota operativa ) e lo si pone in un tubo da saggio asciutto. Si avvicina il tubo alla
fiamma di un bunsen, tenendolo con una pinza, e lo si arroventa gradualmente; dopo di ci si lascia
raffreddare il tutto per alcuni istanti e si rompe il vetro recuperando la massa di colore scuro che si
formata. Si osserva laspetto ed il colore, comparandoli a quelli degli elementi originari.

Si raccoglie la stessa nel mortaio, la si riduce in polvere e la si suddivide in tre parti.

Si pone la prima parte su un vetro da orologio, avvicinando la calamita; non si nota alcuna influenza del
campo magnetico.

Si pone la seconda parte in una provetta e la si fa reagire con l'acido cloridrico; si verifica una reazione
chimica con produzione di un gas dall'odore di uova marce, l'acido solfidrico ed il progressivo inscurimento
della soluzione, secondo la reazione:

FeS + 2HCl FeCl
2
+ H
2
S

Si pone, per ultimo, la restante parte in una provetta contenente 1 o 2 mL di solfuro di carbonio, osservando
che nessun fenomeno chimico-fisico ha luogo.

Questi fatti indicano chiaramente un comportamento chimico diverso da quello degli elementi di origine e,
quindi, l'avvenuta formazione di un composto, il solfuro di ferro II, secondo la reazione:


T

Fe + S FeS
















Nota operativa: la formazione del solfuro di ferro, affinch esso abbia le descritte caratteristiche, deve avvenire con un
completo arroventamento. Poich lo zolfo tende a fondere e ad evaporare necessario operare con eccesso dello
stesso. In caso contrario parte del ferro non reagisce conferendo al composto una relativa capacit a risentire del
magnetismo.

Prestare molta attenzione nell'uso del solfuro di carbonio, evitando di avvicinarlo a fiamme; se possibile operare sotto
cappa.




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Verifica sperimentale della legge di Lavoisier


Materiali occorrenti:
Cloruro di bario - Solfato di sodio Carbonato di calcio in polvere - Acido cloridrico sol. 37 % - Bilancia
analitica - Tappi in gomma - Vetreria.


Richiami teorici:
Nel 1775 Antoine Lavoisier con i suoi esperimenti osserv che " in una reazione chimica che avvenga in
un sistema chiuso la massa delle sostanze reagenti uguale alla massa dei prodotti di reazione ". Quanto
enunciato detta, appunto, legge di Lavoisier o legge della conservazione della massa.

Per verificare sperimentalmente quanto sopra sono proposte due semplici reazioni chimiche, una con
formazione di un precipitato ed una con sviluppo di un gas; per ottenere risultati confortanti necessario
procedere a massature su bilancia analitica avente accuratezza di almeno 0.01 g .


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: reazione di formazione di un precipitato:
Si preparano due provette ben pulite ed asciutte; in una si pone una punta di spatola di cloruro di bario
( BaCl
2
) e nell'altra altrettanto solfato di sodio ( Na
2
SO
4
). A ciascuna, con l'aiuto di una pipetta, si
aggiungono 5 mL di acqua distillata; si agitano le provette fino a completa solubilizzazione e le si
dispongono in un becker da 400 mL perfettamente pulito ed asciutto. Si porta il sistema sul piatto della
bilancia e si procede a massatura, con accuratezza di almeno 0.01 g, annotando il valore ottenuto.
Si ritira il tutto dalla bilancia e con cura, evitando ogni possibile fuoriuscita di liquidi, si versa il contenuto di
una provetta nell'altra; subito si forma un precipitato bianco, secondo la reazione:

BaCl
2
+ Na
2
SO
4
2NaCl + BaSO
4
;

a questo punto si dispone nuovamente il becker con le due provette sul piatto della bilancia e si procede a
nuova massatura.

Se si agito correttamente la massa dei prodotti di reazione risulta, nei limiti dell'errore sperimentale,
eguale a quella dei reagenti, in accordo con la legge di Lavoisier.

Parte seconda: reazione con sviluppo di un gas in ambiente aperto:

In un becker da 250 mL si pone una spatolata di carbonato di calcio in polvere fine; si aggiungono 10 o 20
mL di acque distillata. In una provetta asciutta si pongono 5 o 6 mL di HCl sol. 37% e si sistema la provetta
nel becker.

Si porta il sistema sul piatto della bilancia e si procede ad accurata massatura, annotando il valore ottenuto.

Si ritira, quindi, il becker dalla bilancia con cura si versa al suo interno il contenuto della provetta; lacido a
contatto con il CaCO
3
dar la reazione:

CaCO
3
+ 2HCl CaCl
2
+ CO
2
+ H
2
O .

L'anidride carbonica che si sviluppa si disperder nellambiente, per cui, sottoponendo il tutto a nuova
massatura, si ottiene un valore minore a quello iniziale.

In questo caso la Legge di Lavoisier non rispettata, trattandosi di reazione con prodotto gassoso in
ambiente aperto.







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Parte terza: reazione con sviluppo di un gas in ambiente chiuso:

In una beuta da 400 mL si pone 1 g di carbonato di calcio in polvere; si prende una provetta che possa
essere completamente contenuta nella beuta, ad es. una provetta da centrifuga, e si versa in essa acido
cloridrico sol. 37 % fino ad un cm dal bordo. Con l'aiuto di una pinzetta si dispone la provetta in piedi
all'interno della beuta e si tappa quest'ultima con idoneo tappo in gomma munito di rubinetto di sicurezza;
se disponibile si sigilla con un pezzetto di " parafilm " per garantire la totale ermeticit.

Si porta il sistema sul piatto della bilancia e si procede ad accurata massatura, annotando il valore ottenuto.
Si ritira, quindi, la beuta dalla bilancia e la si inclina in modo da far uscire l'acido dalla provetta ed entrare in
contatto con il CaCO
3
; la reazione che avviene , ovviamente, quella descritta nella parte seconda.

In questo caso, per, l'anidride carbonica che si sviluppa resta nel sistema chiuso, per cui, sottoponendo
il tutto a nuova massatura, si ottiene un valore eguale, nei limiti dell'errore sperimentale, a quello iniziale.

In questo caso la massa dei reagenti uguale a quella dei prodotti di reazione.







Nota operativa: le reazioni scelte sono indicative e possono essere sostituite da analoghe. Nella parte terza non
superare la quantit indicata di carbonato di calcio, ricordando che 1 g nella reazione indicata produce 0.24 L circa di
anidride carbonica; superando tali quantit il tappo della beuta pu fuoriuscire per la pressione del gas e ci pu
risultare pericoloso.






































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L'esperienza di Crookes

Materiali occorrenti:
Tubo di Crookes con croce di Malta - Tubo di Crookes a mulinello - Tubo di Crookes con fenditura e
schermo - Rocchetto di Ruhmkorff con alimentatore c.c. - Cavi di collegamento - Magnete.


Richiami teorici:
Il tubo di Crookes formato da un tubo di vetro contenente un gas rarefatto (pressione 10
-5
atmosfere);
alle sue pareti interne sono saldati due elettrodi metallici collegati ad un elevatore di tensione ( 15000 v ).
Le esperienze hanno dimostrato che i raggi che partono dal catodo ( polo negativo ) e vanno verso
l'anodo ( polo positivo ) detti raggi catodici sono costituiti da:

1)- piccolissime particelle viaggianti in linea retta ( i corpi interposti danno ombra ).
2)- possiedono una certa massa ( sono capaci di muovere un mulinello a pale ).
3)- hanno carica elettrica negativa ( sono attratte dal polo positivo di un campo elettrico ).
4)- non dipendono n dal tipo di metallo costituente il catodo, n dal tipo di gas contenuto nel tubo
( variando questo le particelle esistono, comunque ).

Nel 1897 Thompson riusc a determinare il rapporto carica/massa di dette particelle, che risulta essere
r = c/m = 1.759 10
8
coulomb/grammi.

Considerando che queste particelle:
1)- possono provenire o dagli atomi costituenti il catodo o dalle molecole del gas contenuto nel tubo;
2)- non dipendono dal particolare tipo di catodo o di gas impiegati;
3)- possiedono tutte lo stesso rapporto carica / massa;
si pu concludere che esse sono tutte uguali tra loro e sono presenti in tutti gli atomi.
A queste particelle stato dato il nome di elettroni.

La carica, determinata in seguito nel 1906 da Millikan, risulta uguale a 1.602 10
-19
coulomb.
Conoscendo r ed il valore della carica si pu ricavare la massa che risulta uguale a 9.11 10
-28
grammi.

Esecuzione dell'esperienza:
Si monta il rocchetto ad induzione; si collegano le punte dello spinterometro, tramite due cavi, al tubo con
croce di Malta, con il polo negativo all'elettrodo posteriore ed il polo positivo all'elettrodo anteriore. Si chiude
l'interruttore dell'alimentatore e si osserva il comparire di una luminescenza verdastra con la croce che
forma un'ombra sul fondo del tubo. Quanto osservato depone per un andamento rettilineo, dal catodo
all'anodo, della radiazione.

Si collega, quindi, il tubo con mulinello; si chiude l'interruttore e si osserva che le pale iniziano a ruotare
secondo il verso della radiazione. Questo indica, chiaramente, una natura corpuscolare della radiazione le
cui particelle, per poter muovere le pale del mulinello, devono essere dotate di una certa massa.

Si collega, infine, il tubo con schermo e fenditura; attraverso questa pu passare la radiazione catodica che
evidente come un sottile fascio luminoso sullo schermo. Avvicinando ad esso il polo positivo di un
magnete si nota una deflessione della radiazione, che viene attirata. Avvicinando il polo negativo si nota
anche in questo caso una deflessione ma con repulsione. L'esperienza indica che le particelle della
radiazione catodica hanno carica elettrica e che questa di segno negativo.

Tubi catodici di Crookes



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La spettroscopia

Materiali occorrenti:
Spettroscopio a reticolo - Spettroscopio tascabile a prisma - Spettroscopio di Kirchoff-Bunsen - Tubi di
Plucher - Lampade spettrali di alcuni elementi (es. Na, H
2
, Hg, He, Ar, CO
2
, Ne) - Alimentatore AT per tubi
di Plucher (rocchetto ad induzione) - Alimentatore per lampade spettrali - Sostegni portalampada - Cavi.


Richiami teorici:
Si ritiene necessario una breve trattazione sulla natura della luce:

Le onde:
Sono perturbazioni che si propagano in modo periodico nello spazio vuoto od occupato da materia. A
seconda del vettore di spostamento si distinguono onde longitudinali ed onde trasversali.

Le onde periodiche sono caratterizzate dalle seguenti grandezze:
Periodo ( T ): pi piccolo intervallo di tempo nel quale un'onda compie un'oscillazione completa ( ciclo ).

Frequenza ( ): numero di cicli per secondo. L'unit SI l'hertz ( Hz ) = 1 ciclo/secondo. La sua
espressione = 1/T .

Lunghezza d'onda ( ): distanza percorsa da un'onda in un periodo, ovvero la distanza tra due picchi
d'onda. La sua espressione = T. L'unit di misura SI il metro ( m ) con i suoi sottomultipli.

Ampiezza: massimo spostamento che rispetto alla posizione di riposo subisce un punto qualsiasi dell'onda.

Onde elettromagnetiche:
Onde trasversali che si propagano in un campo elettromagnetico; il campo elettrico ed il campo magnetico
sono ortogonali tra di loro e perpendicolari alla direzione di propagazione dell'onda.

La luce come fenomeno ondulatorio:
La luce una radiazione elettromagnetica di natura ondulatoria; pu essere considerata anche come
energia elettromagnetica, trasferita attraverso lo spazio o la materia per mezzo di onde.
La velocit della radiazione elettromagnetica una costante detta velocit della luce, C = 3.00 10
8
m/s,
data dal prodotto della lunghezza d'onda per la frequenza: c = , da cui deriva anche = c / . Tutte
le radiazioni elettromagnetiche viaggiano nel vuoto a velocit = c.

Spettro elettromagnetico:
La radiazione elettromagnetica comprende una vasta gamma di frequenze che costituiscono lo spettro
elettromagnetico che costituto da diversi tipi di radiazioni, certe a frequenza molto bassa come le onde
radio ( = 10
4
10
11
Hz ) e le microonde ( = 10
8
10
12
Hz ), altre a frequenza molto alta come i raggi X
o i raggi gamma ( < 10
17
Hz ). Solo una piccola parte dello spettro, compresa tra 4.3 10
14
e 7 10
14
Hz
pu essere percepita dall'occhio umano; questa radiazione detta spettro visibile ed costituita dalla serie
dei colori che, dalla frequenza pi bassa, sono il rosso, l' arancio, il giallo, il verde, il blu ed il violetto.
L'insieme dei colori forma la luce bianca. Le frequenze prima del rosso, con = 3 10
14
Hz costituiscono
l'infrarosso; quelle oltre il violetto, con = 10 10
14
Hz sono dette ultravioletto.

Considerata la relazione = c / facile comprendere che le lunghezze d'onda diminuiscono all'aumentare
delle frequenze. Le lunghezze d'onda dello spettro visibile sono: rosso = 700 nm, arancio = 620 nm,
giallo = 580 nm, verde = 530 nm, blu = 470 nm, violetto = 420 nm ( 1 nm = 1 10
-9
m ).

La luce come fenomeno corpuscolare:
Max Planck con la meccanica quantistica aggiunge al concetto ondulatorio quello di radiazione
elettromagnetica intesa come un flusso di particelle dette fotoni. I fotoni sono dei quanti di energia che
viaggiano alla velocit della luce e possiedono una frequenza . L'energia di una radiazione proporzionale
alla frequenza: E = h , ove h una costante ( costante di Planck ) = 6.63 10
-34
Js.


Spettri atomici:

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Sono l'insieme delle radiazioni elettromagnetiche emesse da una sostanza; si dividono in:

Spettri di emissione continui o discreti: sono emessi da una sorgente luminosa; presentano tutti i colori
dal rosso al violetto sfumati l'uno nell'altro. Sono emessi da corpi incandescenti, solidi, liquidi o gassosi,
fortemente compressi; sono esempi lo spettro solare e quello emesso da una lampada ad incandescenza.

Spettri di emissione a righe: presentano righe colorate su sfondo nero; sono emessi da sostanze gassose
o rese gassose a bassa pressione. Ogni spettro caratteristico di ogni sostanza.

Spettri di assorbimento: se un gas o una sostanza resa gassosa che si trova a temperatura inferiore a
quella di una sorgente di luce bianca, interposto tra detta sorgente ed uno spettroscopio si ottiene uno
spettro di assorbimento; esso caratterizzato da uno sfondo colorato continuo e dalle righe di
assorbimento. Per una stessa sostanza le righe di assorbimento sono sovrapponibili, ovvero hanno la
stessa lunghezza d'onda delle righe colorate dello spettro di emissione.

Le frequenze della radiazione che pu emettere un'atomo di un elemento quando viene eccitato sono
uniche per cui ogni elemento possiede uno spettro caratteristico formato da ben definite righe; in altre
parole per ogni atomo sono possibili solo caratteristiche variazioni di energia.

La spettroscopia:
Applicando una tensione elevata ad un tubo di scarica contenente un gas rarefatto oppure vapori di metalli,
si ha una emissione di energia radiante percepita dall'occhio umano sotto forma di una luce con colore
caratteristico.
All'esame spettroscopico si pu scomporre tale luce nel corrispondente spettro di emissione.

Ad esempio, sottoponendo alla scarica un tubo o una lampada contenente idrogeno rarefatto, un gran
numero di atomi viene eccitato. L'elettrone di ogni atomo prima dell'eccitazione si trovava allo stato
fondamentale ( o livello energetico ) n=1, ovvero in posizione pi vicina al nucleo; in seguito alla
somministrazione di energia l'elettrone passa a un livello energetico superiore. La lettera n indica il numero
quantico principale che definisce, appunto, il livello energetico ove si trova l'elettrone.
In non tutti i casi, per, l'elettrone passa allo stesso livello energetico superiore: in molti salta a n=2, in altri
salta a n=3 e cos via.

Al termine dell'eccitazione l'elettrone ritorna allo stato fondamentale n=1 restituendo l'energia che gli era
stata fornita sotto forma di radiazione luminosa.
Poich i percorsi di ritorno dagli stati eccitati ( n=2, n=3, etc.) hanno percorsi diversi, si ha una
contemporanea emissione di diverse frequenze.
L'insieme di queste frequenze formano lo spettro di emissione caratteristico dell'atomo di idrogeno
( atomo di Bohr ).

Il modello di Bohr riusciva a spiegare abbastanza bene lo spettro di emissione dell'idrogeno; per atomi con
pi di un elettrone si osservavano delle righe formate da " multipletti " ovvero righe secondarie molto vicine
tra loro. La differenza di frequenza tra le righe secondarie molto piccola per cui possibile che, ad
esempio, tra lo stato fondamentale e lo stato eccitato n = 2 siano possibili diverse transizioni rilevabili dalle
righe secondarie dello spettro.

Sommerfeld propose allora una teoria in cui sostituiva le orbite circolari di Bohr, definite solo dal parametro
raggio, con orbite ellittiche definite da due parametri, ad es. gli assi, di cui il nucleo occupa uno dei fuochi.
Anche questo sistema, al pari di quello di Bohr, quantizzato, per cui Sommerfeld defin un secondo
numero quantico, il numero quantico angolare ( l ) che determina la " quantizzazione dell'eccentricit
dell'ellisse " che l'elettrone pu percorrere nei suoi stati stazionari. In altre parole il numero quantico
angolare definisce la forma dell'orbitale ; esso pu assumere, per ogni valore di n i valori interi compresi tra
0 e n-1. Di conseguenza ogni livello energetico formato da pi sottolivelli che differiscono per piccole
quantit di energia. In questo modo aumentano i salti energetici possibili per gli elettroni.

Ad es. per un elettrone in cui n=2 l pu assumere i valori di 0 e 1 e a questi valori corrispondono due
orbite: n=2 e l=0 e n=2 e l=1. Queste orbite sono lievemente differenti per forma e valori di energia.






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In questo modo possibile interpretare i raggruppamenti di linee vicine negli spettri:

n = 2 E
n = 1 E
1
2
l = 1 E
E
E
2,1
l = 0
n = 2
2,0
1
n = 1


Per certi gruppi di righe quanto sopra esposto , per, insufficiente, come ad es. per spettri di atomi eccitati
e sottoposti a campi magnetici esterni ( effetto Zeeman ).

Per questo motivo si ipotizz che un elettrone percorrendo la sua orbita generasse un campo magnetico,
per cui fu introdotto il numero quantico magnetico ( m ) che pu assumere i valori di 0, 1, 2, 3, ...., l.
In ultimo, altri particolari sdoppiamenti delle righe spettrali fecero pensare che l'elettrone nella sua
orbita ruotasse anche sul proprio asse, in senso orario ed antiorario, generando un altro campo magnetico.
Perci fu introdotto il numero quantico magnetico di spin ( m
s
), che pu assumere valori di + e - .

In assenza di campo magnetico esterno solo i valori di n e l determinano i valori energetici degli elettroni
dell'atomo.
In presenza di un campo magnetico esterno anche i numeri quantici m e m
s
influenzano relativamente i
valori delle energie, causando gli sdoppiamenti delle righe.

Il modello di Bohr - Sommerfeld non riesce per a spiegare molti fenomeni fisici, tra i quali gli spettri a righe
di elementi con pi elettroni per cui lo stesso superato dal modello ad orbitali introdotto dalla meccanica
quantistica. Per una trattazione di questo si rimanda ai vari testi di chimica e chimica-fisica.


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: osservazione di tubi di Plucher con spettroscopio a reticolo:
Si pone un tubo di Plucher con sodio nell'apposito sostegno, si collegano i due poli con l'alimentatore AT e
si dispone il tubo davanti alla fenditura dello spettroscopio.
Si oscura l'aula e si accende l'alimentatore; dopo pochi secondi di riscaldamento si procede all'osservazione
dello spettro attraverso il reticolo di rifrazione. Detto reticolo montato su un cursore scorrevole lungo il
banco ottico. Si dovrebbero osservare due righe gialle sullo schermo ai due lati della fenditura; queste righe
servono per la taratura dello strumento: infatti, spostando in avanti o indietro il reticolo possibile
posizionare le righe sui valori relativi indicati sulla scala e corrispondenti al simbolo Na ( ca.5800 )
Dopo la taratura si procede all'osservazione delle radiazioni emesse da altri tubi e all'analisi degli spettri
delle sostanze in essi contenuti.

Parte seconda: osservazione di lampade spettrali con spettroscopio di Kirchoff-Bunsen:
Si monta lo spettroscopio davanti al supporto per le lampade spettrali, ovviamente collegando lo stesso al
relativo alimentatore. Si pone un proiettore diottrico di fronte al tubo per la scala graduata. Anche in questo
caso preferibile, al fine di operare una buona taratura dello strumento, procedere all'osservazione della
lampada al sodio.
Si oscura l'aula, si accendono gli alimentatori, si lascia riscaldare la lampada per alcuni secondi. Si pone, a
questo punto, l'occhio sull'oculare muovendolo fino a che non sia visibile uno spettro. A questo punto si
adatta il cannocchiale al proprio visus e si regola la fenditura posta sul collimatore fino a che non siano
evidenti due righe gialle molto ravvicinate ( doppietto ).
Si chiude il prisma mobile per la scala graduata e si muove l'oculare fino a posizionare le righe gialle su una
lunghezza d'onda pari a ca. 5800 .
Lo strumento tarato ed possibile procedere all'osservazione degli spettri emessi dalle lampade
disponibili.








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Parte terza: osservazione dello spettro continuo della luce solare:
Si utilizza lo spettroscopio tascabile a prisma. Si apre convenientemente la fenditura dello spettroscopio, si
adatta l'oculare al proprio visus e si punta verso la luce solare.
Quando la luce solare passa attraverso il prisma si scompone nello spettro continuo formato dalle radiazioni
colorate che vanno dal viola ( ca.4000 ) al rosso ( ca.7500 ) evidenziando i colori principali.

Questo spettro detto continuo in quanto non presenta zone d'ombra.
Uno spettro continuo pu essere anche osservato da una lampada ad incandescenza.




Nota: data la presenza di alimentatori ad alta tensione, si richiede la massima cautela nel montare le apparecchiature
e nell'esecuzione delle esperienze. Gli spettri evidenti risultano quelli emessi da lampade contenenti gas nobili.

























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I saggi alla fiamma



Materiali occorrenti:
Sali, possibilmente cloruri, di litio, potassio, sodio, calcio, stronzio, bario, rame - Fili al nickel-cromo montati
- Acido cloridrico sol. 1:3 - Vetri blu al cobalto - Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Si prelevano con una spatola piccole quantit dei sali in analisi, disponendole su un foglio di carta. Si
versano in un vetro da orologio alcuni mL di acido cloridrico sol. 1:3.

Si prende un filo al Ni-Cr e si provvede alla sua pulizia inumidendolo con l'acido e portandolo nella fiamma
ossidante ( zona di fusione ) di un bunsen. Tale operazione completata quando la fiamma appare
incolore.

Si inumidisce nuovamente il filo al Ni-Cr con l'acido, si raccolgono sulla punta alcuni cristalli del primo sale
in analisi e si osservano il colore ed i caratteri della fiamma.

L'acido cloridrico ha la funzione di permettere l'adesione al filo dei cristalli del sale e di trasformare lo
stesso, qualora gi non lo fosse, in un cloruro, sale particolarmente volatile. I sali cos trattati, ricevendo
energia termica dalla fiamma, emettono una radiazione, caratteristica per ogni catione, che viene percepita
dall'occhio umano come luce colorata. La radiazione emessa pu essere, ovviamente, scomposta da uno
spettroscopio nelle righe spettrali in modo da permettere un sicuro riconoscimento del catione.

Si ripete l'esperienza con tutti i sali disponibili, avendo cura di sostituire il filo al Ni-Cr ogni volta, o di pulirlo
accuratamente.

E' opportuno annotare, per ogni catione, la colorazione ed i caratteri della fiamma.


I colori dei principali cationi sono:

Litio: rosso cardinale Calcio: rosso mattone
Sodio: giallo intenso Potassio: violetto
Stronzio: rosso a sprazzi Bario: verde pisello
Rame: verde-azzurro elettrico Piombo: grigio-azzurro pallido


Il sodio molto persistente e facilmente maschera la presenza di altri cationi, quali, ad esempio, il potassio.
La sua radiazione gialla , per, assorbita dai vetri al cobalto blu per cui, osservando la fiamma attraverso
uno o due di questi, possibile riconoscere perfettamente il catione mascherato.





Nota operativa: i fili al nickel-cromo sostituiscono ottimamente quelli classici, e molto pi costosi, in platino. La loro
resistenza alle ossidazioni , per, molto limitata; si consiglia, per questo, di cambiare il filo dopo due o tre analisi. Per
facilitare le operazioni si consiglia di usare piccoli pezzi di filo trattenuti da unastina portafili o una pinzetta, in luogo di
quelli montati su bacchette in vetro.



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La nomenclatura chimica: gli elementi


Materiali occorrenti:
Campioni di: Zinco, Piombo, Rame, Sodio, Alluminio, Mercurio, Fosforo rosso, Grafite, Iodio, Zolfo -
Alimentatore c.c. 6/12 volts - Lampadina con collegamenti - Vetreria .


Esecuzione dell'esperienza:
Lo scopo quello si evidenziare alcuni caratteri fisici di una serie di elementi, al fine di operare una
differenziazione tra metalli e nonmetalli.
I caratteri presi in esame sono: aspetto, lucentezza, conducibilit elettrica, conducibilit termica,
lavorabilit.
Gli elementi disponibili dovranno essere sottoposti ai seguenti esami:

Aspetto e lucentezza: si osservano i campioni nel loro aspetto, descrivendone i colori e la presenza di
eventuale lucentezza metallica. I campioni, specie quelli di sodio e calcio, dovranno essere ben puliti al
fine di rimuovere ogni patina superficiale.

Conducibilit elettrica: si predispone un circuito elettrico con l'alimentatore c.c. a 6/12 volts ed una
lampadina adeguata; si interpone al circuito, interrompendo uno dei fili, il campione in osservazione,
annotando se esso conduce o no la corrente, in base all'accensione, o meno, della lampadina.

Conducibilit termica: si riscaldano brevemente alcuni campioni alla fiamma di un bunsen, rilevando con
la mano l'eventuale conducibilit termica.
Da questo esame sono da escludersi i campioni di sodio, calcio, mercurio, iodio e fosforo.

Lavorabilit: disponendo di lamine o fili di alcuni degli elementi si evidenziano i caratteri di duttilit
( lavorabilit in fili ) e di malleabilit ( lavorabilit in lamine ) propri dei metalli ed assenti nei nonmetalli.

Dalle prove effettuate possibile ricavare questa tavola sinottica:


RAME metallico lucente rosso elevata elevata duttile / malleabile
ZINCO metallico lucente grigio chiaro buona elevata duttile / malleabile
ALLUMINIO metallico lucente grigio chiarissimo buona elevata duttile / malleabile
SODIO metallico ossidato grigio buona elevata morbido / pastoso
PIOMBO metallico opaco grigio scuro buona elevata duttile / malleabile
MERCURIO metallico liquido grigio chiarissimo elevata elevata liquido
IODIO cristallino grigio scuro assente scarsa nessuna
FOSFORO pulverulento rosso scuro assente scarsa nessuna
ZOLFO cristallino giallo assente scarsa nessuna
GRAFITE opaco nero elevata discreta buona
ELEMENTO
ASPETTO COLORE CONDUCIBILITA'
ELETTRICA
CONDUCIBILITA'
TERMICA
LAVORABILITA'





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La nomenclatura chimica: i composti



Materiali occorrenti:
Magnesio - Calcio - Sodio - Zolfo - Zinco - Anidride fosforica - Ossido di calcio - Ossido di mercurio -
Idrossido di sodio sol. 0.1 M - Idrossido di bario soluzione 1 % - Acido solforico sol. 1:5 - Acido cloridrico
sol. 1:3 e 0.1 M - Acido nitrico sol. 1:3 - Acido ortofosforico sol. 1:2 - Cartine all'indicatore universale -
Fenolftaleina sol. 1 % - Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Le procedure di esecuzione sono descritte per ogni reazione. Ove non indicato si devono utilizzare quantit
minime di reagenti.

Parte prima: ossidi, idrossidi ed acidi:
1.1 - Formazione di ossido e di idrossido di magnesio a partire dal metallo
Porre del magnesio in lastrina o in polvere su una fiamma di bunsen fino a che non bruci con la
caratteristica fiamma luminosa. La polvere bianca che si forma ossido di magnesio, secondo la
reazione:

calore

2Mg + O
2
2MgO

Si raccoglie l'ossido cos prodotto e lo si pone in una provetta con alcuni mL di acqua. Lentamente, in
quanto il composto poco solubile, si forma l' idrossido di magnesio, secondo la reazione:

MgO + H
2
O Mg(OH)
2


L' idrossido cos formato riconoscibile per aggiunta di alcune gocce di fenolftaleina, che vireranno al viola
per l'ambiente basico.

1.2 - Formazione di idrossido di calcio a partire dal metallo
Porre in una provetta alcuni granuli di calcio ed aggiungere alcuni mL di acqua distillata. Si forma
l' idrossido di calcio e si sviluppa idrogeno con la reazione:

Ca + 2H
2
O Ca(OH)
2
+ H
2


L' idrossido riconoscibile per aggiunta di alcune gocce di fenolftaleina, mentre l'idrogeno sviluppatosi pu
essere riconosciuto per combustione, accendendolo con un fiammifero.

1.3 - Formazione di idrossido di calcio a partire dall'ossido
Porre una punta di spatola di ossido di calcio in un becker ed agitare fino alla formazione di una soluzione
lattiginosa. La reazione che avviene la seguente:

CaO + 2H
2
O Ca(OH)
2


L'idrossido riconoscibile aggiungendo alcune gocce di fenolftaleina.


1.4- Formazione dell'idrossido di sodio a partire dal metallo
Porre un pezzo molto piccolo di sodio in un becker da 250 mL colmo di acqua e ricoprire rapidamente con
una reticella. La reazione che avviene molto esotermica e pu portare all'esplosione dell'idrogeno
formatosi:

2Na + 2H
2
O 2NaOH + H
2


Come noto, l'idrossido riconoscibile per aggiunta di alcune gocce di fenolftaleina.




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1.5- Formazione dell'anidride solforosa e dell'acido solforoso
Si bruciano alcuni grammi di zolfo in polvere posti in un crogiolo o su una spatola metallica. Il gas
biancastro con odore pungente che si forma l' anidride solforosa ( biossido di zolfo ):

S + O
2
SO
2


Se si pone sopra lo sviluppo di SO
2
un vetro da orologio, nel cui incavo attaccata una cartina all'indicatore
universale inumidita, si vedr la stessa colorarsi in rosso, ad indicare la formazione dell' acido solforoso,
secondo la reazione:

SO
2
+ H
2
O H
2
SO
3


1.6 - Formazione dell'acido ortofosforico a partire dall'anidride
In una provetta si pone una punta di spatola di anidride fosforica aggiungendo alcuni mL di acqua. La
reazione esotermica ed abbastanza violenta:

P
2
O
5
+ 3H
2
O 2H
3
PO
4


L'acido ortofosforico formatosi riconoscibile per mezzo di una cartina all'indicatore universale che,
ovviamente, si colorer in rosso.

1.7 - Dissociazione dell'ossido di mercurio II
Si pone una piccola quantit di ossido di mercurio II in un tubicino da saggio; si riscalda intensamente al
bunsen. Si notano, dopo pochi secondi, un cambiamento di colore dell' ossido dal rosso al nero e la
formazione, sulle pareti superiori del tubicino, di un anello di goccioline di mercurio, secondo la reazione:

calore

2HgO 2Hg + O
2


Il mercurio, dopo essersi vaporizzato, si condensa sulle pareti del tubo che sono a temperatura pi bassa,
mentre non evidenziabile lo scarso sviluppo di ossigeno.


Parte seconda: i sali:
2.1 - Reazione di salificazione tra zinco ed acido cloridrico

Zn + 2HCl ZnCl
2
+ H
2


Si pone un po' di zinco in una provetta e ad esso si aggiungono 2 o 3 mL di acido cloridrico sol. 1:3. Si
sviluppa subito idrogeno, riconoscibile nel modo gi descritto, mentre il cloruro di zinco resta in
soluzione.


2.2 - Reazione di salificazione tra magnesio ed acido ortofosforico

3Mg + 2H
3
PO
4
Mg
3
(PO
4
)
2
+ 3H
2


Si pone un pezzettino di nastro di magnesio in una provetta e si aggiungono 1 o 2 mL di acido ortofosforico
sol. 1:2. Si sviluppa idrogeno e si osserva il contemporaneo formarsi dell' ortofosfato di magnesio
insolubile che d un precipitato bianco.

2.3 - Reazione di salificazione tra calcio ed acido solforico

Ca + H
2
SO
4
CaSO
4
+ H
2



Si pongono alcuni granuli di calcio in una provetta facendoli reagire con 1 o 2 mL di acido solforico sol. 1:5
circa. Si ha sviluppo di idrogeno e formazione del solfato di calcio, sale poco solubile che d un
precipitato bianco.





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2.4 - Reazione di salificazione tra un acido ed un ossido basico

2HNO
3
+ CaO Ca(NO
3
)
2
+ H
2
O


In una provetta si pone una mezza spatolata di ossido di calcio e ad esso si aggiungono 3 o 4 mL di acido
nitrico sol. 1:3. L' ossido di calcio si dissolve rapidamente formando il nitrato di calcio che resta dissociato
in una soluzione incolore.

2.5 - Reazione di salificazione tra l'idrossido di bario e l'acido solforico

Ba(OH)
2
+ H
2
SO
4
BaSO
4
+ 2H
2
O

In una provetta si fanno reagire 1 mL di idrossido di bario sol. 1 % ed 1 mL di acido solforico sol. 1:5. Si
forma immediatamente un precipitato bianco caseoso di solfato di bario, sale pochissimo solubile.

2.6 - Reazione di salificazione tra l'idrossido di sodio e l'acido cloridrico

NaOH + HCl NaCl + H
2
O

In una provetta si fanno reagire 1 mL di idrossido di sodio sol. 0.1 M e 1 mL di acido cloridrico sol. 0.1 M.
Al completamento della reazione si ha come prodotto il cloruro di sodio, sale completamente dissociato in
acqua.

2.7 - Reazione di salificazione tra un idrossido e un ossido acido

Ba(OH)
2
+ CO
2
BaCO
3
+ H
2
O

In un becker si versano circa 5 mL di idrossido di bario sol. 1 %, aggiungendo 30 o 40 mL di acqua
distillata. Con una pipetta si soffia lentamente nella soluzione.
L'anidride carbonica ( biossido di carbonio ) emessa con l'espirazione reagisce con l' idrossido formando il
carbonato di bario, sale insolubile che precipita con colore bianco.




























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Misura della pressione atmosferica: il barometro di Torricelli


Materiali occorrenti:
Tubo di Torricelli in vetro - Sostegno con pinza a ragno - Bacinella per mercurio - Mercurio (1000 g ca.) -
Metro a nastro - Vetreria.


Richiami teorici:
Nel 1643 Evangelista Torricelli ide un sistema per la misurazione della pressione atmosferica: il
barometro a mercurio.

Questo formato da un tubo in vetro alto circa 850 mm, chiuso ad una estremit e che deve essere
accuratamente riempito di mercurio. L'apparecchio deve essere rovesciato in posizione verticale con
l'estremit aperta immersa in una bacinella contenente anch'essa mercurio, badando a non far entrare aria.

Nello spazio che si forma sopra la colonna di mercurio sono, perci, presenti solo vapori di Hg, la cui
pressione pu essere, a condizioni standard di temperatura, considerata insignificante.

Applicando la legge di Stevino ( variazione di pressione di un fluido in quiete ) la cui equazione :
p = p
0
+ g h si ha:

p
0
=
Hg
g h ove p
0
= pressione atmosferica

Hg
= densit mercurio = 13.595 g/cm
3
( a 0 C )
g = accelerazione di gravit = 980.66 cm/s
2

h = altezza colonna di Hg = 76 cm

per cui: p
0
= 13.595 980.66 76 = 1.013 10
5
N/m
2
( o pa pascal )

Tale valore si chiama atmosfera ( 1 atm ). Ne deriva che, a 0 C, 1 cm Hg corrisponde a 1333 N/m
2
o pa
( 1.013 10
5
/ 76 = 1333 ).


Esecuzione dell'esperienza:
Preliminarmente si versa nella bacinella del mercurio fino a raggiungere un'altezza di circa 3 cm. Si
procede, quindi, al riempimento del tubo di Torricelli utilizzando un idoneo imbuto, fino a che il menisco del
mercurio non raggiunga l'estremit aperta. Si chiude fermamente l'apertura con un dito e si rovescia
l'apparecchio immergendone l'estremit nel mercurio posto nella bacinella.
E' necessario operare con la massima cautela al fine di evitare ingresso di bolle d'aria o, peggio, la rottura
del tubo.
Si toglie il dito dall'apertura, si fissa l'apparecchio ad un supporto con pinza a ragno e si osserva ci che
accade.



ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
30
Si nota che all'estremit chiusa del tubo si formato uno spazio vuoto ( vuoto torricelliano ), privo d'aria e
con p 0.

Utilizzando un metro a nastro si rileva l'altezza della colonna del mercurio, partendo dalla superficie del
mercurio della bacinella, fino al menisco che esso forma nel tubo. Per quanto sopra esposto, a livello del
mare, la colonna ha una lunghezza di circa 76 cm.

Dall'esatto valore rilevato, utilizzando l'equazione si ricava la pressione atmosferica p
0
esistente al
momento dell'esperienza. Tale valore , come detto, espresso in N/m
2
( pascal ).

Al termine dell'esercitazione si svuota accuratamente il tubo nella bacinella e si ripone il mercurio nel suo
contenitore.

Nota operativa: al fine di evitare formazione di amalgama opportuno operare privi di oggetti d'oro, quali anelli,
orologi, bracciali, etc.





















































ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
31
La legge isoterma dei gas ( legge di Boyle )



Materiali occorrenti:

Apparecchio per la legge di Boyle - Mercurio ( ca. 1 kg ) - Barometro.


Richiami teorici:

Nel 1662 con i suoi esperimenti Robert Boyle determin che " per ogni quantit di gas, a temperatura
costante, il prodotto dei valori della pressione e del volume una costante ( p v = k ) ".
In base a questa legge, ogni variazione della pressione provoca una variazione del volume, e viceversa.


Esecuzione dell'esperienza:

Si dispone sul banco l'apparecchio e si regolano i due tubi in plexiglas alla stessa altezza, il pi in basso
possibile; si apre il rubinetto posto nel tubo di sinistra. Con l'aiuto di un imbutino si versa il mercurio nel tubo
di destra fino a che i livelli nei due tubi siano visibili. Agendo sui cursori dei due tubi si portano detti livelli a
corrispondere allo zero della scala centrale; si chiude la valvola del tubo di sinistra in modo da imprigionare
un volume d'aria, che potr essere misurato ( v = r
2
h ).

Si rileva la pressione atmosferica in mm di Hg utilizzando un barometro e si annota tale valore
considerandolo costante per tutta la durata dell'esperienza.

Si trascrive il valore in ml. del volume del cilindro d'aria sulla tabella di lavoro come prima lettura, facendo
corrispondere ad esso il dislivello corrispondente tra i due menischi di mercurio che , come detto, = 0.
La pressione che insiste sulla massa d'aria imprigionata , pertanto, solo quella atmosferica.

Si procede alle letture successive, almeno 5 o 6, alzando a diversi livelli il tubo di destra e registrando, ogni
volta, il dislivello tra i due menischi, in mm, che dovr essere sommato alla pressione atmosferica, e il
volume dell'aria imprigionata.

Al termine delle letture sar possibile verificare che i prodotti p v, nei limiti dell'errore sperimentale, sono
costanti.

In matematica due grandezze x e y si dicono inversamente proporzionali quando il loro prodotto una
costante ( x y = k ).
L'equazione y=k/x rappresenta una iperbole equilatera.

Per quanto sopra espresso, sar, ad esempio, possibile riportare in un piano cartesiano i valori di volume
nel ramo delle ascisse e quelli di pressione nelle ordinate, tracciando il grafico risultante che sar, appunto,
un ramo di iperbole equilatera.





Nota operativa: il volume della massa d'aria imprigionata pu essere determinato indirettamente misurando il volume
del tubo cilindrico che la contiene, attraverso la formula geometrica:
area della base x altezza.








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Grafico sperimentale della legge isoterma dei gas


Volumi del gas in mL
P
r
e
s
s
i
o
n
i

d
e
l

g
a
s

i
n

m
m

H
g
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,5 1 1,5 2








1 1,638 0 750 750 1228,5
2 1,446 93 750 843 1218,9
3 1,283 187 750 937 1202,1
4 1,173 283 750 1033 1211,7
5 1,064 379 750 1129 1201,3
6 0,982 476 750 1226 1203,9
7 0,928 574 750 1324 1228,6
8 0,873 660 750 1410 1230,9
Tavola dei valori sperimentali
Letture Volume dell'aria
in mL
Dislivello
in mm Hg
Press.atmosferica
in mm Hg
Pressione del gas
in mm Hg
Prodotto
p x v





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La legge isobara dei gas ( legge di Gay-Lussac )


Materiali occorrenti:
Apparecchio per la legge di Gay-Lussac - Glicerina - Becker da 800 mL - Termometro - Piastra riscaldante
elettrica - Vetreria.


Richiami teorici:
Alla fine del XVIII secolo Joseph Gay-Lussac, sulla base dei suoi esperimenti, enunci una legge che dice
" riscaldando un gas a pressione costante si provoca un aumento del suo volume e tale aumento, per ogni
C, di 1/273 del volume occupato dal gas a 0 C ", ovvero:

V
o
=V
t
(1+
t
) ove V
o
= volume a 0 C, V
t
= volume a t C, =1/273.


Esecuzione dell'esperienza:
Si pone l'apparecchio nel becker da 800 mL versando nello stesso acqua fredda, possibilmente con alcuni
cubetti di ghiaccio, controllando che il palloncino sia completamente immerso. Si lascia riposare per 1 o 2
minuti. Di detto palloncino deve essere noto il volume, espresso in mL. La pressione, per la struttura
dell'apparecchio, risulta costante in ogni fase.

Lasciando aperto il rubinetto centrale, utilizzando uno dei tubi laterali ed un imbutino, si versa
nell'apparecchio della glicerina, o altro liquido denso, fino a livello dello zero della scala in mL segnata sul
tubo centrale.

Si chiude il rubinetto, si immerge il termometro, con il bulbo all'altezza del palloncino, e si registra la
temperatura.

Il valore rilevato deve essere riportato sulla tabella di esercitazione come prima lettura, alla quale da
attribuirsi, ovviamente, un incremento del volume = 0 , per cui il volume del gas dato dal solo valore del
volume del palloncino.

Si provvede, a questo punto, al riscaldamento della massa d'acqua e, di conseguenza, anche dell'aria
contenuta nel palloncino, agitando in modo da avere omogeneit in tutti i punti.
Ad intervalli regolari di temperatura, ad esempio ogni 5 C, si rilevano gli incrementi di volume sul tubo
centrale, riportando detti valori sulla tabella di esercitazione.

Per ogni valore di temperatura detto incremento di volume deve essere sommato al volume del palloncino.
Al fine di limitare possibili errori sperimentali conviene effettuare almeno 8/10 letture.

Al termine della rilevazione dei dati, dopo aver spento l'elemento riscaldante, si proceder alla graficazione
cartesiana di tali valori.

In un piano cartesiano, scelto di adeguate dimensioni, si pongono le temperature in C nell'asse delle
ascisse ed i valori in mL dei volumi nell'asse delle ordinate.

Il risultato sar il grafico di una funzione del tipo y=a+bx , ovvero una retta che interseca l'asse delle
ordinate in un punto a .

Con i valori rilevati nell'esperienza anche possibile estrapolare lo zero assoluto ( -273.16 C ), punto
limite ove il volume teoricamente si annulla.









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Grafico sperimentale della legge isobara dei gas


Temper at ur e i n C
V
o
l
u
m
i

d
e
l

g
a
s

i
n

m
L
0
5
1 0
1 5
2 0
2 5
3 0
3 5
4 0
4 5
5 0
0 5 1 0 1 5 2 0 2 5 3 0 3 5 4 0 4 5 5 0 5 5 6 0 6 5 7 0





1 5 0 31,4 31,4
2 10 0,6 31,4 32
3 15 1,2 31,4 32,6
4 20 1,9 31,4 33,3
5 25 2,5 31,4 33,9
6 30 3,1 31,4 34,5
7 35 3,8 31,4 35,2
8 40 4,4 31,4 35,8
9 45 5,1 31,4 36,5
10 50 5,8 31,4 37,2
Tavola dei valori sperimentali
Temperature
in C
Incremento volume
in mL
Volume pallone in
mL
Volume totale del
gas in mL
Letture











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La legge isocora dei gas ( legge di Charles )

Materiali occorrenti:
Apparecchio per la legge di Charles - Mercurio 500 g. - Becker da 800 mL - Termometro - Piastra
riscaldante elettrica - Barometro - Vetreria.


Richiami teorici:
Jacques Charles nel 1787, dopo aver effettuato numerosi esperimenti, dichiar che " riscaldando un gas a
volume costante si provoca un aumento della pressione; per ogni grado centigrado di temperatura la
pressione aumenta di 1/273 della pressione che il gas esercitava a 0 C " ovvero:

P
0
= P
t
(1+ t ) ove P
0
= pressione a 0 C, P
t
= pressione a t C, =1/273.


Esecuzione dell'esperienza:
Si rileva preliminarmente la pressione atmosferica, utilizzando il barometro, e se ne trascrive il valore nella
tavola di esercitazione, considerandola costante per tutte le letture.

Si versa nel becker acqua fredda, possibilmente con alcuni cubetti di ghiaccio, fino a 3-4 cm dal bordo e si
immerge l'apparecchio, fissandolo con il sostegno a pinza e controllando che tutto il pallone in vetro risulti
immerso. Il volume dell'aria imprigionata nel pallone viene considerata costante in ogni fase.

Si pone l'apparecchio sull'elemento riscaldante ancora spento e si versa il mercurio, con l'aiuto di un
imbutino, nel ramo di destra del tubo ad U, fino a che il livello non raggiunga, perfettamente, lo zero della
scala.

A questo punto si chiude il ramo di sinistra con un tappino, si immergono il termometro e l'agitatore
attraverso i due fori posti sulla base e si inizia a rilevare i valori di temperatura.

Il primo valore rilevato serve per la prima lettura, alla quale si assegna un dislivello = 0 e, quindi, una
pressione sull'aria contenuta nel palloncino, pari alla sola pressione atmosferica. Si trascrive il valore sulla
tabella dei dati.

Si inizia il riscaldamento della massa d'acqua e, di conseguenza, anche dell'aria contenuta nel palloncino,
agitando in modo da avere omogeneit in tutti i punti. Ad intervalli regolari di temperatura, ad esempio ogni
5 C, si rilevano i dislivelli esistenti tra i menischi dei due rami del tubo ad U, indicanti l'aumento della
pressione, riportando tali valori sulla tabella di esercitazione. Al fine di limitare possibili errori sperimentali
si effettuano, in totale, 8/10 letture.

Al termine della rilevazione dei dati, dopo aver spento l'elemento riscaldante, si proceder alla graficazione
cartesiana di tali valori.

In un piano cartesiano, di dimensioni adeguate, si pongono le temperature in C nell'asse delle ascisse e i
valori delle pressioni in mm di Hg nell'asse delle ordinate.
Il risultato sar il grafico di una funzione del tipo y=a+bx , ovvero una retta che interseca l'asse delle
ordinate in un punto a .

Con i valori rilevati nell'esperienza anche possibile estrapolare lo zero assoluto ( -273.16 C ), punto
limite ove la pressione teoricamente si annulla.











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Grafico sperimentale della legge isocora dei gas

Temperature in C
P
r
e
s
s
i
o
n
i

d
e
l

g
a
s

i
n

m
m

H
g
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
550
600
650
700
750
800
850
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70


1 5 0 748 748
2 10 11 748 759
3 15 23 748 771
4 20 33 748 781
5 25 44 748 792
6 30 55 748 803
7 35 65 748 813
8 40 75 748 823
9 45 87 748 835
10 50 97 748 845
Tavola dei valori sperimentali
Temperature
in C
Dislivello (dv)
in mm Hg
Press.amosferica
(pa) in mm Hg
Pressione aria
in mm Hg (dv+pa)
Letture







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37
Classificazione di alcuni minerali secondo i sette sistemi cristallini


Materiali occorrenti:
Campioni di minerali - Lente.


Esecuzione dell'esperienza:
Si osservano attentamente i caratteri morfologici dei minerali, classificandoli secondo i sette sistemi
cristallini.

Di seguito sono descritti detti sistemi cristallini ed alcuni campioni di minerali tra i pi comuni e significativi.


Sistema cubico:
Tutti e 3 gli assi della croce assiale hanno uguale lunghezza e si incrociano tra loro ad angolo retto. Si
considera cubico un cristallo che abbia almeno 2 assi di simmetria ternari.

a = b = c = = = = = 90

Pirite: FeS
2
, cubo e piritroedo, pi raramente ottaedro,a facce striate; lucente, colore bruno o nero, poco
sfaldabile, frattura concoide, durezza 66.5, densit 4.95.1. E' il solfuro pi diffuso. Si altera abbastanza
facilmente per l'azione di agenti atmosferici in ossidi ed idrossidi di ferro ( es. in limonite FeO(OH) ).

Galena: PbS, cubo od ottaedro, a volte geminato; lucente, colore grigio piombo, sfaldatura perfetta, frattura
subconcoide, durezza 2.52.75, densit 7.47.6. E' il pi importante minerale di piombo.

Salgemma ( Alite ): NaCl, cubo, raramente ottaedro, lucentezza vitrea, incolore, sfaldatura facile secondo
le facce del cubo, durezza 2, densit 2.17.

Fluorite: CaF
2
, cubo, raramente ottaedro o altre forme pi complesse, lucentezza vitrea, incolore o
colorata per impurezze (es. azzurro-viola), sfaldatura facile, frattura concoide, durezza 4, densit 3.18.


Sistema tetragonale:
2 assi della croce assiale hanno uguale lunghezza, il terzo pi lungo o pi corto. Tutti e 3 gli angoli che
formano sono retti.
Un cristallo si considera tetragonale se ha un solo asse di simmetria quaternario.

a = b c = = = = = 90

Calcopirite: CuFeS
2
, tetraedro a volte geminato e con facce striate, lucente, colore giallo ottone, sfaldatura
imperfetta, frattura concoide, durezza 3.54, densit 4.14.3. E' il pi diffuso minerale del rame ( ne
contiene fino al 35 % ).

Cassiterite: SnO
2
, prisma, spesso geminato o fibroso, lucente, di colore bruno scuro o nero, sfaldatura
perfetta, frattura subconcoide, durezza 67, densit 7. E' praticamente l'unico minerale di stagno sfruttato
industrialmente.

Pirolusite: MnO
2
, di solito compatto, a volte raggiato o fibroso, lucente, di colore grigio-nero, durezza 26,
densit 45. E' il minerale pi comune del manganese.


Sistema esagonale:
Impiega una croce assiale a 4 assi. 3 assi di uguale lunghezza giacciono sul piano orizzontale facendo un
angolo di 120 l'uno con l'altro. Il quarto asse pi lungo o pi corto ed disposto perpendicolarmente al
piano degli altri tre. E' considerato esagonale un cristallo avente un asse senario.

a = b = c d = = = = = 120 ; = 90

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38
Grafite: C, cristalli appiattiti e deformati, spesso a scaglie; lucente, di colore grigio-nero, sfaldatura perfetta,
frattura assente, durezza 1, densit 2.2. Appare untuosa al tatto. Conduce la corrente elettrica.

Apatite: nome generico dato a fosfati di calcio contenenti fluoro ( fluoroapatite, Ca
5
[(F)(PO
4
)
3
],
idrossiapatite Ca
5
[(OH)(PO
4
)
3
] , cloroapatite Ca
5
[(Cl)(PO
4
)
3
] ). Prisma o bipiramide, spesso compatti o
complessi, lucentezza vitrea, colore variabile (bianco latteo, grigio, blu, giallo-verde etc.), sfaldatura scarsa,
frattura concoide, durezza 5, densit 2.93.2 .


Sistema trigonale o romboedrico:
Croce assiale a quattro assi. 3 assi di uguale lunghezza giacciono su un piano orizzontale facendo un
angolo di 120 l'uno con l'altro. Il quarto asse pi lungo o pi corto degli altri ed perpendicolare al loro
piano orizzontale. Un cristallo trigonale se ha un asse ternario.

a = b = c d = = = = = 120 ; = 90

Calcite: CaCO
3
, romboedro, scalenoedro, spesso geminato o fibroso, lucentezza vitrea, incolore o di colore
bianco, sfaldatura perfetta, frattura concoide, durezza 3, densit 2.72. E' uno dei minerali pi diffusi nella
superficie terrestre. La variet spato d'Irlanda limpida ed incolore e presenta il fenomeno ottico della
birifrangenza.

Dolomite: CaMg(CO
3
)
2
, romboedro con facce a volte ricurve ( d. selliforme ), sfaldatura perfetta, incolore
o grigia-biacastra o scura, lucentezza vitreo-madreperlacea, durezza 3.54, densit 2.82.9. Insolubile in
HCl diluito a freddo. In massa compatta microcristallina il costituente principale della dolomia.

Quarzo: SiO
2
, trapezoedro (simula una bipiramide esagonale), spesso geminato o irregolare, lucentezza
vitrea, incolore o colorato per impurezze, sfaldatura assente, frattura concoide, durezza 7, densit 2.65. E'
uno dei pi comuni minerali della litosfera. Moltissime variet: quarzo ialino ( cristallo di rocca ), ametista,
q.affumicato, q.rosa, q.giallo, q.occhio di gatto.


Ematite: Fe
2
O
3
, romboedro lamellare, a volte granulare, fibroso e reniforme, lucente. Il colore delle masse
compatte a cristalli spessi nero metallico; nei cristalli e frammenti sottili e nelle variet terrose rosso
ocra ( rose di ferro ). Sfaldatura assente, frattura subconcoide, durezza 56, densit 5.3. E' uno dei
minerali di ferro pi comuni e diffuso in moltissime rocce.


Magnesite: MgCO
3
, scalenoedro compatto, a volte fibroso o granulare, lucentezza vitrea, colore
solitamente biancastro, sfaldatura facile, frattura concoide, durezza 44.5, densit 2.93.1. E' il pi
importante minerale del magnesio ed molto utilizzato dall'industria.


Sistema ortorombico:
I 3 assi della croce assiale hanno lunghezza differente e formano tra loro 3 angoli retti. Si considera
ortorombico un cristallo che presenta solo assi binari e/o 2 piani di riflessione insieme.

a b c = = = = = 90

Zolfo (fase ): S, bipiramide rombica, spesso regolare e compatto, lucentezza resinosa, colore giallo,
sfaldatura scarsa, frattura concoide, durezza 2, densit 2.07.

Barite ( baritina ): BaSO
4
, bipiramide rombica, spesso a tabulato, lamelle o granuli, lucentezza vitrea,
colore vario ( incolore, bianco, giallo, etc. ), sfaldatura perfetta, frattura ruvida, durezza 33.5, densit 4.5.

Celestina: SrSO
4
, bipiramide rombica, cristalli grandi, a volte fibrosi, lucentezza vitrea, incolore o azzurra,
sfaldatura buona, frattura concoide non perfetta, durezza 33.5, densit 3.95. Da essa si estrae lo stronzio.







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39
Sistema monoclino:
I 3 assi della croce assiale sono di diversa lunghezza. 2 assi formano tra loro angoli di 90; il terzo forma
con il loro piano un angolo >90. Si definisce monoclino un cristallo avente un solo asse binario ed un
solo piano di simmetria.

a b c = = = 90 ; > 90

Muscovite ( mica bianca ): KAl
2
[(OH,F)
2
|AlSi
3
O
10
] fillosilicato, lamine flessibili e squamose, lucentezza
madreperlacea, incolore o biancastra, sfaldatura ottima, durezza 22.5, densit 2.763. E' una delle miche
pi diffuse.

Biotite ( mica nera ): K(Mg,Fe)
3
[(OH,F)
2
|AlSi
3
O
10
] fillosilicato, lamine elastiche irregolari o in scaglie,
lucentezza vitrea, colore nero o verde scuro, sfaldatura ottima, durezza 2.53, densit 2.83.2. Diffusa in
moltissime rocce.

Ortoclasio: K[AlSi
3
O
8
], prismi allungati, spesso geminati e granulati, lucentezza vitrea, incolore o
biancastro, sfaldatura perfetta, frattura concoide o ruvida, durezza 66.5, densit 2.552.63. Componente di
molte rocce, appartiene alla famiglia dei feldspati.

Talco: Mg
3
[(OH)
2
|Si
4
O
10
], fillosilicato, lamine pseudoesagonali a rosetta, lucentezza perlacea, colore
bianco-grigio, sfaldatura perfetta, durezza 1, densit 2.582.83.


Sistema triclino:
I 3 assi della croce assiale sono di differente lunghezza e formano tra loro angoli diversi da 90. Il cristallo
triclino non deve presentare n assi di simmetria n piani di riflessione.

a b c 90

Microclino: K[AlSi
3
O
8
], prismi compatti, spesso geminati, lucentezza vitrea, colore biancastro o grigio,
sfaldatura perfetta, frattura concoide o ruvida, durezza 6, densit 2.56.

Cianite: Al
2
[O|SiO
4
], subnesosilicato di alluminio, prismi colonnari allungati, spesso geminati o a lamine,
lucentezza vitrea, colore azzurro-grigio, sfaldatura buona, durezza 4.5 (7 perpendicolarmente), densit
3.563.68. Utilizzata nell'industria delle porcellane.



ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
40
Il legame chimico


Materiali occorrenti:
Benzene - Tetracloruro di carbonio - Alcool etilico - Acetone - Paraffina - Glucosio Cloruro di sodio - Iodio -
Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: polarit dei liquidi:
Si pone in una buretta del benzene; in una seconda buretta si pone dell'acqua distillata. Si montano
entrambe le burette su un apposito sostegno.
Si prende una bacchetta di plastica e la si strofina con uno straccio di lana per elettrizzarla, caricandola
negativamente. Si apre il rubinetto della buretta contenente l'acqua avvicinando al sottile getto la bacchetta;
si nota una deflessione del getto molto evidente. Si compie la stessa operazione con la buretta contente il
benzene: non si nota alcuna deflessione.
In base a tali osservazioni possibile classificare l'acqua come un solvente polare e il benzene come
solvente apolare.

La molecola dell'acqua , infatti, un dipolo con una zona ad addensamento di carica positiva dalla parte dei
due atomi di idrogeno, ed una ad addensamento di carica negativa dalla parte dell'atomo di ossigeno; a
causa di questa configurazione essa risente della presenza di un campo magnetico ( vedere fig. 1 ).

La molecola del benzene non dipolare. Infatti, pur essendo il legame CH del tipo covalente polare, la
struttura regolare della molecola fa s che il baricentro delle cariche si trovi al centro geometrico della
struttura, annullando l'effetto di tali cariche ( vedere fig. 2 ).


Parte seconda: prove comparative di miscibilit:
Si effettuano prove comparative della miscibilit dei liquidi di cui si dispone, traendone le dovute
conclusioni.

Acqua + Benzene: si prelevano 2 mL circa di benzene versandoli in una provetta contenente alcuni mL di
acqua; si agita e si osserva, in breve, lo stratificarsi del benzene ( d=0.88 ) sull'acqua ad indicare una
assenza evidente di miscibilit.

Acqua + Tetracloruro di carbonio: si opera come nell'esempio precedente; si osserva il depositarsi del
tetracloruro di carbonio ( d=1.59 ) sul fondo della provetta, ad indicare una evidente non miscibilit con
l'acqua. Il tetracloruro di carbonio pur presentando legami di tipo covalente polare, ha una struttura
molecolare regolare a forma di tetraedro, per cui il baricentro delle cariche si trova nel centro geometrico
della struttura, annullando, come nel caso del benzene, l'effetto dei dipoli ( vedere fig. 3 ).

Benzene + Tetracloruro di carbonio: si prelevano 2 mL di benzene ponendoli in una provetta contenente
altrettanto tetracloruro di carbonio ; si agita e si osserva una completa miscibilit tra i due solventi. Ci
conferma quanto emerso nelle prove della prima parte che avevano evidenziato un comune carattere non-
polare.

Acqua + Alcool etilico: si aggiungono 2 o 3 mL di alcool etilico ad una provetta contenente alcuni mL di
acqua; si osserva, in breve, una completa miscibilit. Ci evidenzia un comportamento polare dell'alcool
etilico.

Benzene + Alcool etilico: ad una provetta contenente 2 o 3 mL di alcool etilico si aggiungono 2 mL di
benzene. Si agita e si osserva una quasi completa miscibilit. Questo, al contrario della prova precedente,
evidenzia un comportamento non-polare dell'alcool etilico. Esso presenta, infatti, nella sua molecola un
gruppo -OH che consente una attivit di solvente polare ed una parte idrocarburica CH
3
-CH
2
- che ne
conferisce attivit anche di solvente non-polare ( vedere fig. 4 ).

Acqua + Acetone: si versano in una provetta contente alcuni mL di acqua simile quantit di acetone; si
agita e si osserva una completa miscibilit. L'acetone appare, quindi, un solvente polare.

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
41
Benzene + Acetone: si pongono in una provetta 2 mL di benzene e ad essi si aggiunge altrettanto
acetone; si agita e si vede una completa miscibilit. Da questa prova si evince che l'acetone presenta
anche un comportamento non-polare. Esso presenta, infatti, un legame covalente polare C=O ,
responsabile dell'aspetto di solvente polare ed una parte di molecola di origine idrocarburica CH
3
-C-
CH
3
,dalla quale deriva l'attivit di solvente non-polare ( vedere fig. 5 ).

Nota operativa: nelle prove descritte il benzene pu essere sostituito da altro solvente non-polare, quale la benzina
per smacchiare che costituita per la maggior parte da esano.


Parte terza: solubilit di solidi nei liquidi polari e non-polari:
Si preparano quattro provette contenenti, ciascuna, 2 o 3 mL di benzene; analoga operazione per quattro
provette contenenti acqua e per quattro contenenti alcool etilico.

3.1 - Solubilit nel benzene:
Si prendono le provette contenenti il benzene e si aggiunge in una un pezzettino di paraffina, in una
seconda alcuni cristalli di glucosio, nella terza alcuni cristalli di iodio ed, infine, nella quarta una punta di
spatola di cloruro di sodio.

Nella prima provetta si osserva la completa solubilizzazione della paraffina; infatti la stessa un
idrocarburo saturo e, pertanto, a molecola del tutto apolare; infatti le molecole del benzene, pi piccole,
possono inserirsi tra quelle della paraffina solvatandole. I legami che si formano tra solvente e soluto sono
molto deboli ed il processo di solubilizzazione molto pi lento di quello che avviene tra solventi e soluti
polari.

Nella seconda si non si osserva una apprezzabile solubilizzazione del glucosio; esso presenta una polarit
abbastanza accentuata dovuta ad addensamenti di cariche sui gruppi -O-H , mentre parte della molecola
ha caratteristiche apolari di grado decisamente minore ( vedere fig. 6 ).

Nella terza provetta si evidenzia un'ottima solubilizzazione dello iodio tale da conferire al solvente un
colore viola intenso. Lo iodio infatti una sostanza covalente molecolare, per cui preminente il carattere
apolare. Le forze di Van der Waals del solvente e del soluto sono dello stesso tipo, per cui si ha completa
solubilit.

Nella quarta provetta si nota una quasi totale non solubilit del cloruro di sodio; questo , come noto, un
composto ionico e, quindi, fortemente polare.

3.2 - Solubilit in acqua:
Si passa all'osservazione della serie di provette contenenti acqua.

Si osserva una completa solubilizzazione del cloruro di sodio, solido ionico; si ha che ogni catione ( + )
attira e lega a s, con legame ione-dipolo, l'atomo di ossigeno ( a parziale carica negativa ) di alcune
molecole d'acqua. Allo stesso modo l'anione ( - ) attira e lega a s gli atomi di idrogeno ( a parziale carica
positiva ) di altre molecole di acqua. Questo processo detto solvatazione.
L'energia dei legami che si formano maggiore di quella dei legami rotti; l'energia totale, perci,
diminuisce.

Anche nel caso del glucosio si verifica una completa solubilizzazione, ma con meccanismi diversi. Nello
zucchero, infatti, le molecole sono tra di loro legate da legami ad idrogeno. L'acqua presenta, come noto,
uguali legami per cui molecole di essa possono legarsi a molecole superficiali dei cristalli, rompendo i
legami del solido. Le molecole di quest'ultimo vanno progressivamente in soluzione. Questo processo
avviene solo quando le molecole del solvente e quelle del soluto sono abbastanza piccole e dotate di
elevata energia cinetica. Questa , tuttavia, una forma di solubilit meccanica.

Per quanto riguarda lo iodio, la solubilizzazione limitata in quanto esso un solido covalente apolare;
pertanto le molecole dell'acqua determinano la formazione nel solido di un dipolo indotto con conseguente
parziale solvatazione.

Infine, nel caso della paraffina non si verifica una evidente solubilizzazione in quanto le particelle di questa
sono fortemente apolari per cui l'acqua non in grado di indurre, se non in minima parte, la formazione di
dipoli.

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
42
In generale i composti organici per essere solubili in acqua devono contenere nella loro molecola gruppi
ionici ( ad es. -COO
-
, -NH
3

, -S
-
) o gruppi in grado di formare legami ad idrogeno ( ad es. -OH
-
,

N
2
,
=NH, =CO ); questi gruppi sono detti idrofili.

I gruppi non idrofili sono detti idrofobi o lipofili ( ad es. -CH
3
, -(CH
2
)
n
CH
3
, -C
6
H
5
).

Per quanto visto un composto organico che non contiene gruppi idrofili risulta insolubile in acqua; se
contiene gruppi idrofili e gruppi idrofobi insieme il grado di solubilit dipende dal prevalere del carattere
idrofilo.

La serie delle provette con l'alcool etilico presenta un comportamento intermedio, dovuto alla gi
considerata struttura della sua molecola. La paraffina sar sciolta solo in piccola parte, il glucosio in modo
quasi completo, lo iodio in modo evidente ed il cloruro di sodio in quantit minore. Anche in questo caso
valgono le considerazioni precedenti.

Per sciogliere un solido in un solvente necessario rompere i legami esistenti tra le particelle che formano
il solido stesso ed i legami delle molecole del solvente, per potervi "inserire" dette particelle. Per fare questo
occorre energia.

Se le particelle del solido da sciogliere formano con le molecole del solvente legami pi forti di quelli che
devono rompere, il bilancio energetico positivo: nel processo il sistema consuma energia per rompere i
legami esistenti, ma ne libera una quantit maggiore formando legami pi forti e/o pi numerosi. Per questo
la soluzione ha energia minore rispetto al sistema soluto + solvente.






Tav.1 - Formule di struttura




H H
O
Cl Cl
Cl Cl
C


+ +
+ +
+ +
+ +
+ +
+ +



H
C
C
C
C
C
C
H
H
H
H
H
+ +
+ +
+ +
+ +







ACQUA
TETRACLORURO
DI CARBONIO
BENZENE
H C C O H
H H
H H

ALCOOL ETILICO
H C C C
H
H
H
H O
+ +
ACETONE
O
H
O
O
O
O
O
C
C
C
C
C
C
H
H
H H
H H
H H
H
H
H
- +
- +
- +
- +
- +
+ -
D - GLUCOSIO
Fig.1-
Fig. 2-
Fig.4-
Fig.3 -
Fig.5-
Fig.6-
H






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43
Legame ionico e covalente negli alogenuri d'argento

Materiali occorrenti:
Nitrato d'argento sol. 0.1 M - Cloruro di sodio crist. - Ioduro di potassio crist. - Bromuro di potassio crist. -
Fluoruro di calcio crist. - Vetreria.


Richiami teorici:
Il carattere covalente di un legame aumenta, come noto, con il diminuire della differenza di
elettronegativit. Aumentando il carattere covalente l'anione alogenuro diviene pi polarizzabile.

Polarizzazione: se consideriamo un anione monoatomico vicino ad un catione possiamo osservare che
l'attrazione operata dalla carica positiva del catione produce una deformazione della nube elettronica
dell'anione, dovuta alla tendenza di un doppietto elettronico a portarsi verso il catione ( zona tra i due
nuclei ). Maggiore la deformazione, maggiore sar il carattere covalente del legame.


Catione Anione


Questa capacit da parte dei cationi di produrre le deformazioni degli anioni detta potere polarizzante.
I cationi con maggior potere polarizzante sono quelli pi piccoli e dotati di carica elevata ( es. Al
3+
).
Gli anioni che facilmente subiscono la deformazione sono detti " polarizzabili "; tra gli anioni pi polarizzabili
vi sono quelli a grande dimensione ( es. I
-
) in quanto il nucleo esercita una minore influenza sugli elettroni
pi esterni.
Per questo i composti formati da cationi piccoli ad elevata carica ed anioni grandi presentano legami ad
elevato carattere covalente.

Prendiamo in esame gli alogenuri dell'argento, osservando la loro elettronegativit ( ), il loro raggio
ionico ( r.i. ) ed il loro comportamento.

Fluoruro di argento ( AgF ) : Ag
+
: r.i. = 1.26 , = 1.4 . F
-
: r.i. = 1.36 , = 4.1 .
Come si nota il catione Ag
+
non molto piccolo e non dotato di carica molto elevata ( +1 ); l'anione F
-
non
molto grande e, quindi, risulta difficilmente polarizzabile. Ne consegue la formazione di un composto a
prevalente carattere ionico. Anche l'esame della differenza di elettronegativit (

= 4.1 -1.4 = 2.7 )


conferma quanto sopra; il carattere del legame ionico per circa il 84 % e covalente per il 16 %.

Cloruro di argento ( AgCl ) : Ag
+
: r.i. = 1.26 , = 1.4 . Cl
-
: r.i. = 1.81 , = 2.9 .
In questo caso l'anione Cl
-
di dimensioni maggiori e quindi pi facilmente polarizzabile. Anche l'esame
della differenza di elettronegativit (

= 2.9 -1.4 = 1.5 ) ci porta a concludere che il legame ha un carattere


ionico del 48 % ed uno covalente del 52 %.

Bromuro di argento ( AgBr ): Ag
+
: r.i. = 1.26 , = 1.4 . Br
-
: r.i. = 1.95 , = 2.8 .
Aumentano le dimensioni dell'anione che diviene ancor pi polarizzabile; anche la differenza di
elettronegativit (

= 2.8 -1.4 = 1.4 ) ci dimostra una percentuale di legame ionico del 40 % circa ed uno
covalente del 60 % circa.

Ioduro di argento ( AgI ) : Ag
+
: r.i. = 1.26 , = 1.4 . I
-
: r.i. = 2.16 , = 2.2 .
Le dimensioni dell'anione aumentano ancora, per cui lo stesso risulta ancor pi polarizzabile; anche la
differenza di elettronegativit (

= 2.2 -1.4 = 0.8 ) diminuisce e ci indica una percentuale di legame


ionico di circa il 15 % ed una di legame covalente del 85 % ca. .

Conseguenza dell'aumento di polarizzazione e, quindi, del carattere covalente del legame negli alogenuri di
argento, partendo da AgF, poi ad AgCl, ad AgI e fino ad AgBr, la diminuzione della solubilit in acqua dei
composti stessi.

L'esperienza pone in evidenza detta differente solubilit.




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44
Esecuzione dell'esperienza:

Si preparano 8 provette contenenti 4 o 5 mL di acqua distillata. Si pongono le stesse in un portaprovette; si
aggiunge a 4 provette 1 mL circa di nitrato di argento sol. 0.1M ciascuna, si fa sciogliere restanti provette
una punta di spatola dei quattro alogenuri, ovviamente uno per provetta. Si agita con una bacchetta fino a
completa soluzione e, quindi, si versano le soluzioni degli alogenuri nelle 4 provette contenenti il nitrato di
argento.

Avvengono le seguenti reazioni di doppio scambio:

Provetta n.1 : 2AgNO
3
+ CaF
2
Ca(NO
3
)
2
+ 2AgF ( nessun precipitato )

Provetta n.2 : AgNO
3
+ NaCl NaNO
3
+ AgCl ( precipitato bianco fioccoso )

Provetta n.3 : AgNO
3
+ KBr KNO
3
+ AgBr ( precipitato giallo pallido )

Provetta n.4 : AgNO
3
+ KI KNO
3
+ AgI ( precipitato giallo intenso )

Come si pu osservare il composto AgF risulta molto solubile, mentre nei tre casi successivi si osserva la
formazione di precipitati gradualmente pi intensi e colorati, in relazione all'aumento del carattere covalente
del legame.










































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45
Le soluzioni titolate


Materiali occorrenti:
Acido cloridrico sol. 37 % - Acido solforico sol. 96 % - Acido acetico glaciale - Acido nitrico sol. 65 % -
Idrossido di sodio sol. 32 % - Idrossido di ammonio sol. 25 % - Acido ossalico cristallino - Permanganato di
potassio cristallino - Vetreria tarata.


Richiami teorici:
Nell'attivit di laboratorio chimico sono molto spesso usate soluzioni concentrazioni ben definite.

La concentrazione o titolo definisce la quantit di soluto in un certo solvente. Il solvente usato , quasi
sempre, l'acqua.

Esistono molti modi per definire le concentrazioni delle soluzioni; e pi usati sono:

Molarit ( M ): indica il numero di moli di soluto presenti in 1 litro ( 1 L ) di soluzione.

M = n
moli
/ V
L
n
moli
= M V
L
e, quindi, n
moli
= m / PM

Molalit ( m ): indica il numero di moli di soluto presenti in 1 kilogrammo ( 1 Kg ) di solvente.

Normalit ( N ): indica il numero di equivalenti di soluto in 1 litro ( 1 L ) di soluzione.

N = n
eq
/ V
L
n
eq
= N V e, quindi, n
eq
= g / PE

Il peso equivalente ( PE ) si calcola in modo diverso a seconda del composto e del tipo di reazione nel
quale esso impegnato; si rimanda ai testi di chimica teorica per una pi approfondita trattazione.

Percento in massa ( %
m
): indica il numero di grammi di soluto presenti in 100 g di
soluzione.

Percento in volume ( %
V
): indica il numero di grammi di soluto presenti in 100 mL di soluzione.

Grammi per litro ( g/L ): indica il numero di grammi di soluto presenti in 1 litro ( 1 L ) di
soluzione. E' uguale ad 1/10 di quella in percento in volume.

In pratica le concentrazioni pi usate sono quelle in molarit e in percento in massa.

E' possibile passare da un sistema ad un altro utilizzando delle formule di trasformazione; le pi importanti
sono:

%
V
= %
m
d ; %
m
= %
V
/ d ; g/L = 10 %
V
; %
V
= g/L / 10 ; M = g/L / PM ; g/L = M PM .

Utilizzando vari passaggi possibile trasformare un sistema in un altro;
si voglia, ad esempio, calcolare la molarit di una soluzione 32 %
m
di NaOH ( d = 1.35, PM = 40 ).

1)- Si trasforma il valore in %
V
( %
V
= %
m
d ): 32 1.35 = 43.2 %V
2)- Si passa alla concentrazione g/L ( g/L = 10 %
V
): 10 43.2 = 432 g/L
3)- Si ricava la molarit ( M = g/L / PM ): 432 / 40 = 10.8 M

Le soluzioni commerciali, se non titolate in molarit o normalit sono sempre in percento in massa
( rif. catalogo reagenti Merck o Carlo Erba ).







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46
Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: preparazione di soluzioni diluite da soluzioni concentrate:
Disponendo di soluzioni concentrate il procedimento pratico pu essere cos descritto:
si riempie a met un pallone tarato da 1 litro, si preparano 1 pipetta tarata da 50 mL, una da 10 mL, una
pipetta graduata da 10 mL ed una da 2 mL ( 1/100) ben pulite ed asciutte; si preleva con queste ,utilizzando
un aspirapipette e con successive operazioni ( ad es. 50 + 10 + x mL ), la quantit richiesta e la si versa,
con cura, nel pallone. Completata questa fase si riempie fino quasi alla tacca di riferimento, si chiude con il
tappo e si agita con cautela. Si pone, poi, il pallone su un piano lasciando riposare la soluzione; dopo alcuni
minuti , utilizzando una spruzzetta, si porta il livello della soluzione a coincidere perfettamente con la tacca.
Nel versare la soluzione concentrata nell'acqua si osservi la massima cautela, in quanto l'operazione, con
acidi e basi forti, provoca un forte sviluppo di calore.

1.1 - Preparazione di una soluzione 1 M di acido cloridrico:
Si dispone di acido cloridrico ( HCl ) in sol. 37 %
m
( d = 1.19, PM = 36.46 ):

1 litro = 1190 g ( m = V d ); in 1190 g ( e in 1 L ) presente il 37 % di HCl,
ovvero ( 1190 37 / 100 ) 440.3 g.

Il n
moli
( m / PM ): 440.3 / 36.46 = 12.07. La soluzione , perci, 12.07 M.

Si ricava la quantit di HCl 12.07 M che contiene 1 mole:
12.07 : 1000 = 1 : x x = 82.85 . Il valore pu essere arrotondato a 82.8.

Si devono prelevare, quindi, 82.8 mL di HCl concentrato e portare ad 1 litro.


1.2 - Preparazione di una soluzione 0.5 M di idrossido di sodio:
Si dispone di idrossido di sodio ( NaOH ) in sol. 32 %
m
( d = 1.35, PM = 40 ):

1 litro = 1350 g ( m = V d ); in 1350 g ( e in 1 L ) presente il 32 % di NaOH,
ovvero ( 1350 32 / 100 ) 432 g.

Il n
moli
( m / PM ): 432 / 40 = 10.8. La soluzione , perci, 10.8 M.

Si ricava la quantit di NaOH 10.8 M che contiene 0.5 moli:
10.8 : 1000 = 0.5 : x x = 46.29. Il valore pu essere arrotondato a 46.3.

Si devono prelevare, quindi, 46.3 mL di NaOH concentrato e portare ad 1 litro.


1.3 - Preparazione di una soluzione 0.2 M di acido solforico:
Si dispone di acido solforico ( H
2
SO
4
) in sol. 96 %
m
( d = 1.84, PM = 98.08 ):

1 litro = 1840 g ( m = V d ); in 1840 g ( e in 1 L ) presente il 96 % di H
2
SO
4
,
ovvero ( 1840 96 / 100 ) 1766.4 g.

Il n
moli
( m / PM ): 1766.4 / 98.08 = 18. La soluzione , perci, 18 M.

Si ricava la quantit di H
2
SO
4
18 M che contiene 0.2 moli:
18 : 1000 = 0.2 : x x = 11.11. Il valore pu essere arrotondato a 11.1.

Si devono prelevare, quindi, 11.1 mL di H
2
SO
4
concentrato e portare ad 1 litro.










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47
1.4 - Preparazione di una soluzione 0.1 M di acido nitrico:
Si dispone di acido nitrico ( HNO
3
) in sol. 65 %
m
( d = 1.40, PM = 63.01 ):

1 litro = 1400 g ( m = V d ); in 1400 g. ( e in 1 L ) presente il 65 % di HNO
3
,
ovvero ( 1400 65 / 100 ) 910 g.

Il n
moli
( m / PM ): 910 / 63.01 = 14.44. La soluzione , perci, 14.44 M.

Si ricava la quantit di HNO
3
14.44 M che contiene 0.1 moli:
14.44 : 1000 = 0.1 : x x = 6.92. Il valore pu essere arrotondato a 6.9.

Si devono prelevare, quindi, 6.9 mL di HNO
3
concentrato e portare a 1 litro.



Parte seconda: preparazioni di soluzioni molari da soluti solidi:
Disponendo di soluti solidi e puri possibile ottenere facilmente soluzioni in varie molarit; si pesa la
quantit necessaria del soluto, ricavandola dal PM, sciogliendola completamente in circa 500/600 mL di
acqua posta nel pallone tarato. Si riempie con altra acqua fino quasi alla tacca di riferimento, si agita per
mescolare completamente, si lascia riposare ed, infine, si porta il livello fino alla perfetta corrispondenza
della tacca.
E' necessario che il soluto sia perfettamente puro e che la pesata sia molto accurata. Nel caso di sostanze
igroscopiche si deve provvedere a disidratazione in stufa. Nel caso di composti idratati necessario tenere
conto, nella formulazione del PM del numero di molecole d'acqua.

2.1 - Preparazione di una soluzione 0.1 M di permanganato di potassio:
Si dispone di permanganato di potassio ( KMnO
4
) cristallino anidro ( PM = 158.04 ).

1 litro di soluzione 1 M deve contenere una mole, ovvero 158.04 g di sale; una soluzione 0.1 M deve
contenere 0.1 M, ovvero 15.804 g.

Si pesano su bilancia analitica, utilizzando un becker, 15.804 g di KMnO4; si aggiunge acqua fino a
completa solubilizzazione e si versa il tutto nel pallone tarato, lavando il becker con una spruzzetta in modo
da far defluire completamente la soluzione. Si aggiunge acqua fino quasi alla tacca, si agita e si lascia
riposare; dopo alcuni minuti si perfeziona il riempimento.

2.2 - Preparazione di una soluzione 0.5 M di acido ossalico:
Si dispone di acido ossalico diidrato cristallino [ (COOH)
2
2H
2
O ] ( PM = 126.07 ).

1 litro di soluzione 1 M deve contenere una mole, ovvero 126.07 g di acido; una soluzione 0.5 M deve
contenere 0.5 M, ovvero 63.05 g.

Si pesano su bilancia analitica 63.05 g di (COOH)
2
H
2
O e si procede nel modo descritto.


Legenda dei simboli:

M = molarit; V
L
= volume in litri; n
moli
= numero di moli; m = massa in grammi;
PM = peso molecolare ( massa formula ); n
eq
= numero equivalenti; %
m
= percento in massa;
%
V
= percento in volume; g/L = grammi/litro; d = densit.


Molarit delle principali soluzioni commerciali espresse in %m

HCl 37 %
m
= 12.07 M; HCl 32 %
m
= 10.44 M; HCl 25 %
m
= 8.15 M;

H
2
SO
4
96 %
m
= 18 M; H
2
SO
4
30 %
m
= 5.62 M; HNO
3
65 %
m
= 14.44 M;

H
3
PO
4
85 %
m
= 14.83 M; HF 40 %
m
= 22.58 M; CH
3
COOH 100 %
m
= 17.48 M;

NaOH 32 %
m
= 10.8 M; NH
4
OH 25 %
m
= 13.35 M.



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48
Determinazione dell'entalpia in una reazione


Materiali occorrenti:
Idrossido di sodio in gocce e sol. 1 M - Acido cloridrico sol. 1 M - Calorimetro - Termometro digitale 0 -100
C, d = 0.1 C - Vetreria.


Richiami teorici:
Dal punto di vista termodinamico le reazioni chimiche possono essere classificate in esoergoniche quando
viene liberata energia ed endoergoniche quando ne assorbono.

L'energia l'attitudine a compiere un lavoro o a fornire calore. L'energia pu essere compresa in un
sistema in due forme: energia cinetica ( E
c
) ed energia potenziale ( E
p
).

L'energia cinetica ( E
c
) legata alla velocit ed alla massa secondo l'equazione E
c
= 1/2 mv
2
. Unit SI
dell'energia il joule ( J ); 1J = N m e, essendo 1N = 1m Kg s
2
, 1J = 1Kg m
2
s
2
.

Una unit
non-SI molto usata la caloria ( cal ) che corrisponde alla quantit di energia necessaria ad aumentare di 1
C 1 g di acqua; 1 cal = 4.184 J.
In un sistema costituito da particelle l'E
c
data dalle somme delle energie dei moti di traslazione,
vibrazione e rotazione delle molecole ed legata alla temperatura assoluta del sistema ed il suo valor
medio anche detto energia termica.

L'energia potenziale ( E
p
) l'energia che pu essere contenuta in un sistema. In una molecola dovuta
alle interazioni esistenti tra il nucleo e gli elettroni e tra elettrone ed elettrone; in un sistema costituito da pi
particelle oltre che dalla precedente data dalle interazioni esistenti tra le molecole ( es. forze di Van Der
Waals ) ed anche detta energia chimica.

Per energia interna si intende la somma di tutte le energie: E = (E
p
+ E
c
).

Se in un sistema i parametri temperatura, composizione chimica, volume e pressione restano costanti, il
sistema in equilibrio; la modifica di uno dei parametri perturba questo equilibrio.

In una reazione chimica la differenza tra le energie di legame dei prodotti di reazione e di quelle dei
reagenti detta E : E = E
prodotti
- E
reagenti
.

Per sistema termodinamico si intende l'insieme dei corpi coinvolti nello scambio di calore di una reazione.
Un vaso di Dewar ( calorimetro ) pu essere considerato un sistema chiuso in quanto non permette, se non
in quantit trascurabile, scambi di calore con l'ambiente. Questi scambi avvengono quindi tra i reagenti,
l'acqua ( se c' !! ), e le pareti del calorimetro.

In una reazione chimica pu essere prodotta od assorbita una quantit di calore di reazione ( Q ). Il segno
del calore positivo ( +Q ) se la reazione esotermica, cio se rilascia calore all'ambiente o negativo ( -Q )
se la reazione endotermica, ovvero se riceve calore dall'esterno.

Per calore specifico ( c ) di una sostanza si intende la quantit di calore necessaria a far aumentare di 1 K
la temperatura di 1 Kg della sostanza stessa. Nel SI viene espresso in J/( Kg K ). Comunemente vengono
utilizzate altre due unit non-SI, la Kcal/Kg C e il KJ/Kg C. Da queste deriva che la quantit di calore
necessaria ad aumentare di 1 C 1 g di sostanza espressa in cal/g C o in J/g C.

Per capacit termica di un corpo ( C ) si intende la quantit di calore necessaria ad aumentare la
temperatura di quel corpo di 1 C, ovvero C = c m ( m = massa ).

Se la trasformazione avviene a pressione costante si pu usare la funzione entalpia ( H ) che esprime il
contenuto termico totale del sistema, ovvero il valore totale dell'energia, ovvero il calore di reazione.

L'espressione dell'entalpia H = E + PV e la sua variazione H = E + PV; se la trasformazione
avviene a pressione costante si ha H = E + P V.


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49
La prima legge della termodinamica o della conservazione dell'energia dice:

Q = E + L ove Q = energia termica ( calore ), E = E
finale
- E
iniziale
e L = lavoro compiuto;
se nel sistema coinvolto un gas si ha L = PV, per cui Q = E + PV e, a pressione costante,
Q = E + P V. Da questo deriva H = Q ; perci il calore Q scambiato in una reazione a pressione
costante esprime la variazione di energia H tra le entalpie dei prodotti e quelle dei reagenti:

H = H
prodotti
- H
reagenti
= Q .

L'entalpia dei reagenti o quella dei prodotti non misurabile n calcolabile: infatti l'entalpia totale dipende
sia da E
c
che da E
p
, valori che non possono essere definiti. Si pu per dire che

in una reazione esotermica: H
prodotti
< H
reagenti
H < 0
in una reazione endotermica: H
prodotti
> H
reagenti
H > 0

Il H proporzionale alla quantit di sostanza che entra nella reazione e resta invariato sia che la reazione
avvenga in un unico stadio sia che avvenga in pi stadi ( legge di Hess ).

Lo scopo dell'esperienza quello di misurare la variazione dell'entalpia ( H ) in un sistema aperto a
pressione costante e senza apprezzabili variazioni di volume, la misurazione avviene in modo indiretto
misurando il calore di reazione ( Q ) che, come detto, uguale a H.

La formula applicabile Q = m c ( T
2
- T
1
) ove m = massa in g dei reagenti, c = calore specifico,
T
1
e T
2
= temperature iniziale e finale dei reagenti.

Si divide l'esperienza in tre fasi: nella prima si misura il calore di soluzione dell'idrossido di sodio in acqua,
poi il calore di neutralizzazione della reazione tra idrossido di sodio ed acido cloridrico. Per ultimo si verifica
la legge di Hess facendo sciogliere l'idrossido di sodio direttamente nell'acido cloridrico ( reazione in unico
stadio ) e si verifica se esistono differenze tra il risultato ottenuto e la somma delle energie misurate nelle
prime due fasi ( reazione in due stadi ).

Il calore di reazione viene calcolato in KJ/mol o in Kcal/mol; la capacit termica del calorimetro trascurata.


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: Calore di soluzione di NaOH in acqua:
Si misurano con un cilindro o con un palloncino 100 mL esatti di acqua distillata e li si versano con cura nel
calorimetro. Si inserisce nel calorimetro la sonda termometrica; quando il valore indicato dal display si
stabilizzato se ne prende nota, indicandolo come T
1
.
Si pesano alla bilancia analitica 4 g esatti di idrossido di sodio in gocce e si trasferiscono nel calorimetro; si
mescola utilizzando o la sonda termometrica o una bacchetta di vetro fino all'equilibrio termico. Si rileva
tale valore e lo si indica con T
2
.

Trattandosi di una soluzione viene considerato solo il calore specifico ( c ) dell'acqua, ovvero 4.18 J (K g).

Ad esempio siano T
1
= 19.5 C ( 292.6 K ) e T
2
= 29.6 C ( 302.7 K ), applicando la formula
Q = m c ( T
2
- T
1
) si ha Q = 102 10.1 4.18 = 4306.2 J , ovvero 4.306 KJ.

Poich 4 g di idrossido di sodio corrispondono a 0.1 mol, si registra una variazione di entalpia pari a
4.306 / 0.1 = 43.1 KJ/mol.


Parte seconda: calore di neutralizzazione della reazione NaOH + HCl:
Si misurano con un cilindro od un pallone 50 mL esatti di idrossido di sodio sol. 1 M e si versano nel
calorimetro; si immerge la sonda termometrica, si muove la soluzione e si attende lo stabilizzarsi della
temperatura. Si rileva il valore e lo si annota come T
1
. Si risciacqua il cilindro e si misurano esattamente
50 mL di acido cloridrico sol. 1 M; si versa l'acido nel calorimetro agitando la soluzione risultante con la
sonda termometrica o con una bacchetta in vetro.
Si attende lo stabilizzarsi della temperatura e si annota il valore ottenuto, indicandolo come T
2
.

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
50
Siano, ad esempio T
1
= 19.5 C ( 292.6 K ) e T
2
= 26.1 C ( 299.2 K ), applicando la formula
Q = m c ( T
2
- T
1
) si ha Q = 100 7.5 4.18 = 3135 J , ovvero 3.13 KJ.

Poich 50 mL di acido cloridrico 0.1 M e 50 mL di idrossido di sodio 0.1 M corrispondono a 0.05 mol
ciascuno, si ha una variazione di entalpia di 3.13 / 0.05 = 62.6 KJ/mol.


Parte terza: calore di soluzione e calore di neutralizzazione ( stadio unico ):
Si tratta di una reazione in stadio unico che somma delle reazioni delle parti precedenti.
Si misurano, nel modo consueto, 100 mL di acido cloridrico sol. 1 M e si versano nel calorimetro; si
immerge la sonda termometrica e si rileva la temperatura stabile T
1
. Si pesano, come gi descritto, 4 g di
idrossido di sodio in gocce e li si pongono nella soluzione acida agitando con la sonda termometrica o con
una bacchetta in vetro. All'equilibrio termico si rileva il valore T
2
.

Siano, ad esempio T
1
= 19.5 C ( 292.6 K ) e T
2
= 44.2 C ( 317.3 K ), applicando la formula
Q = m c ( T
2
- T
1
) si ha Q = 102 24.7 4.18 = 10531 J , ovvero 10.53 KJ.

Poich 4 g di idrossido di sodio e 100 mL di acido cloridrico 1 M corrispondono ciascuno a 0.1 mol
si ha una variazione di entalpia pari a 10.53 / 0.1 = 105.3 KJ/mol.

Come si vede il valore della variazione dell'entalpia della reazione ad uno stadio ( H = 105.3 KJ/mol ) ,
nei limiti dell'errore sperimentale, uguale alla somma delle variazioni delle entalpie delle reazioni
considerate come singoli stadi ( H = 43.1 + 62.6 = 105.7 KJ/mol ).

Per trasformare i valori espressi in J in calorie sufficiente moltiplicare per 4.18 ( 1 cal = 4.184 J ).






































ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
51
Studio della velocit di reazione




Materiali occorrenti:
Permanganato di potassio sol.0.02 M - Acido ossalico sol.0.1 M - Acido solforico 95 % - Cloruro di
manganese cristallino - Carbonato di calcio in polvere - Marmo - Acido cloridrico sol.1:3 - Agitatore
magnetico - Vetreria.


Esecuzione delle esperienze:
In quattro beckers da 100 mL si pongono, utilizzando una pipetta, 10 mL di sol.0.02 M di permanganato di
potassio ( KMnO
4
); in altri quattro beckers si versano, utilizzando altra pipetta, 10 mL di acido ossalico
[ (COOH)
2
] sol.0.1 M. Nei beckers della seconda serie si aggiungono, con cautela, 2 mL di acido solforico
95 % . La reazione che avviene :

2KMnO
4
+ 5(COOH)
2
+ 3H
2
SO
4
K
2
SO
4
+ 2MnSO
4
+ 10CO
2
+ 8H
2
O ,

ovvero, in termini di ossidoriduzione:

5(COOH)
2
10CO
2
+ 10H
+
+ 10e
2MnO
4

+ 10e + 16H
+
2Mn
2+
+ 8H
2
O

5(COOH)
2
+ 2MnO
4

+ 6H
+
10CO
2
+2Mn
2+
+ H
2
O

Il carbonio si ossida passando da n.o. +3 a +4, mentre il manganese si riduce passando da n.o. +7 a +2.

Nota operativa: Al fine di avere una omogenea agitazione nel corso delle varie fasi, se disponibile, si raccomanda
l'uso di un agitatore magnetico. Pertanto si immergono nei 4 beckers contenenti la soluzione di permanganato di
potassio 4 ancorette magnetiche in modo da averle pronte al momento della reazione; contemporaneamente si
predispone l'agitatore magnetico sul tavolo di esercitazione. Qualora l'apparecchiatura non fosse disponibile possibile
procedere manualmente con l'uso di una bacchetta in vetro, anche se ci risulter abbastanza noioso.


Parte prima: influenza della concentrazione:
Si prende uno dei beckers contenente acido ossalico ed acido solforico e lo si versa in uno di quelli
contenenti il permanganato di potassio e l'ancoretta magnetica e si pone il tutto sull'agitatore, facendo
partire un cronometro. Alla completa decolorazione si annota il tempo di reazione impiegato, indicandolo
con " T
1
".

Si prendono altri due beckers delle due serie e ad essi si aggiungono, a ciascuno, 10 mL di acqua distillata.
Le due soluzioni divengono, cos, pi diluite, esattamente a titolo 0.01 M il permanganato di potassio e a
titolo 0.05 M l'acido ossalico. Si procede come nel primo esperimento versando l'acido ossalico e l'acido
solforico nel becker con il permanganato di potassio e l'ancoretta magnetica, ponendo il sistema
sull'agitatore e facendo partire il cronometro fino al compimento della reazione. Il tempo impiegato si indica
con " T
2
".

Si confrontano i tempi delle due reazioni e si osserva che T
1
< T
2
; questo indica una influenza delle
concentrazioni dei reagenti sulla velocit di reazione.

Infatti le reazioni avvengono quando le particelle vengono a collisione; pi grande il numero di urti
nell'unit di tempo, pi alto sar il numero di particelle che si trasformano; di conseguenza, la velocit di
reazione sar pi elevata. In altre parole, si pu dire che in una soluzione pi concentrata maggiore il
numero delle particelle per unit di volume per cui maggiori sono anche le collisioni tra le stesse nell'unit di
tempo e maggiore la velocit.





ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
52
Guldberg e Waage stabilirono che la velocit di reazione proporzionale al prodotto delle concentrazioni,
espresso in moli, delle sostanze che reagiscono.

V = k [A] [B] ove V = velocit, k = costante di velocit, A e B i reagenti .

La costante di velocit tiene conto dei fattori che possono influire, quali la natura dei legami, la temperatura,
la presenza di catalizzatori; essa ha un valore caratteristico ed uguale per una certa reazione che si svolga
in identiche condizioni.


Parte seconda: influenza della temperatura:
Si sottopongono a riscaldamento un becker della prima serie ed uno della seconda, fino ad una temperatura
di circa 50 C; si procede, quindi, nel modo consueto annotando il tempo di reazione, che sar quasi
istantaneo, tanto da non dover neppure porre il becker sull'agitatore. Il tempo rilevato si indica con " T
3
";
confrontandolo con " T
1
" (uguali concentrazioni dei reagenti) si osserva che T
3
< T
1
, ovvero una notevole
influenza della temperatura sulla velocit di reazione.

Ad ulteriore conferma di ci pu essere effettuata una prova con le soluzioni portate a temperatura di circa
5/10 C; si osserva, in questo caso, un aumento del tempo di reazione, per cui risulta T
3
> T
1
.


Parte terza: presenza di un catalizzatore:
Si prende una coppia di beckers e in quello contenente l'acido ossalico si scioglie una punta di spatola di
cloruro di manganese ( MnCl
2
); si versa poi il contenuto nel becker con il permanganato nel quale
immersa l'ancoretta magnetica, lo si pone sull'agitatore e si e si rileva il tempo di reazione; questo viene
indicato con " T
4
". Rapportando questo valore con quello del primo esperimento (uguali concentrazioni dei
reagenti ed uguale temperatura) si osserva che T
4
< T
1
a dimostrare l'attivit di un catalizzatore positivo
che ha favorito la reazione.

I catalizzatori sono sostanze capaci di influire sulla velocit di reazione senza partecipare alla direttamente
alla stessa. Possono essere classificati in:

Catalizzatori omogenei: quando si trovano nello stesso stato fisico dei reagenti.
Catalizzatori eterogenei: quando si trovano in uno stato fisico diverso da quello dei reagenti (es. spugne
di platino in reazioni in soluzione)


Parte quarta: area della superficie dei reagenti:
Si prende un pezzo di marmo e sulla sua superficie ruvida si gocciola della soluzione 1:3 di acido cloridrico;
si osserva una effervescenza dovuta allo sviluppo di biossido di carbonio, secondo la reazione:

CaCO
3
+ 2HCl CaCl
2
+ CO
2
+ H
2
O

Si pone poi una spatolata di carbonato di calcio in polvere fine su un vetro da orologio aggiungendo alcune
gocce di acido cloridrico; si nota lo sviluppo di biossido di carbonio ma la reazione appare decisamente
pi veloce.

Questo significa che una maggiore area della superficie di reazione favorisce la velocit della stessa.


Nella generalit sono lente le reazioni in cui i reagenti devono rompere legami covalenti e formarne degli
altri. Sono veloci le reazioni tra ioni di cariche opposte, quando non vi sia luogo a redox. Sono medie le
reazioni tra composti polari.



Nota operativa: disponendo di soluzione 1 N di permanganato di potassio, corrispondente a 0.2 M , si pu diluire in
rapporto 1:9 per ottenere la soluzione richiesta. Disponendo di soluzione 1 N, corrispondente a 0.5 M, di acido ossalico
si pu diluire in rapporto 2:8 al fine di ottenere la soluzione indicata.




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53
Modifiche dell'equilibrio chimico


Materiali occorrenti:
Rame trucioli - Cromato di Potassio - Bicromato di Potassio - Acido cloridrico sol. 0.1 M - Idrossido di sodio
sol. 0.1 M - Acido nitrico sol. 65 % - Metilarancio sol. 0.1 % - Cloruro di bario sol. 5 % - Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: spostamenti d'equilibrio al variare della temperatura:
Si pongono dei trucioli di rame in una provetta e si fanno reagire con 1 o 2 mL di acido nitrico sol. 65 % ; si
chiude velocemente la provetta con un tappo munito di tubo di sviluppo e si raccoglie il gas prodotto, di
colore bruno, in un palloncino, chiudendolo immediatamente con un tappo in gomma.

Il gas che si formato il biossido di azoto ( NO
2
) derivante dalla reazione:

3Cu + 6HNO
3
+ 2HNO
3
3Cu(NO
3
)
2
+ 4H
2
O + 2NO

cui segue la:
2NO + O
2

(dall'aria)
2NO
2


Si pone quindi il palloncino in un freezer e lo si lascia raffreddare per almeno 15 minuti. Dopo il
raffreddamento lo si estrae e si osservano la scomparsa del gas di colore bruno e la formazione di cristalli
azzurri di tetraossido di diazoto ( N
2
O
4
). Con il ritorno alla temperatura ambiente - sufficiente tenere il
palloncino tra le mani - detti cristalli evaporeranno dissociandosi nel gas biossido di azoto ( NO
2
).

Quanto osservato dimostra che si stabilito un equilibrio dinamico ed una reattivit del sistema tendente a
neutralizzare lo stimolo esterno.
L'equilibrio dissociazione-sintesi pu essere cos descritto:


calore + N
2
O
4

( dissociazione )
( sintesi )
2NO
2
- calore H = +13.7 Kcal/mol.


Parte seconda: spostamenti d'equilibrio al variare delle concentrazioni:
Si sciolgono in due provette contenenti 4 o 5 mL di acqua distillata alcuni cristallini di cromato di potassio
( K
2
CrO
4
); in altre due provette si sciolgono alcuni cristallini di bicromato di potassio ( K
2
Cr
2
O
7
). La
soluzione di ioni cromato assume colore giallo, mentre quella di ioni bicromato risulta di colore arancio.

Si prende una delle provette contenente ioni cromato e ad essa si aggiungono poche gocce di acido
cloridrico sol. 0.1 M osservando il viraggio del giallo all'arancio. Si aggiungono, quindi, alcune gocce di
idrossido di sodio sol. 0.1 M verificando che il sistema regredisce al colore giallo di partenza.

Si prende, a questo punto, una delle provette contenente ioni bicromato e ad essa si aggiungono alcune
gocce di idrossido di sodio sol. 0.1 M osservando il viraggio dell'arancio al giallo paglierino. Aggiungendo
alcune gocce di acido cloridrico sol. 0.1 M il sistema regredisce al colore arancio originario.

Le altre due provette servono come confronto dei colori originali.

Quanto accaduto dimostra che si sono stabiliti due equilibri analoghi dovuti uno all'attivit degli ioni H
+
e
l'altro a quella degli ioni OH
-
.

Nel primo caso si ha: 2CrO
4
2
+ 2H
+
Cr O
2
7
2
+ H
2
O
giallo arancio



Nel secondo caso si ha: Cr O
2
7
2
+ 2OH
-
2CrO
4
2
+ H
2
O
arancio giallo

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
54
Ulteriore conferma di quanto avvenuto la si pu avere trattando le due soluzioni con alcune gocce di
cloruro di bario sol. 5% ; si osserva la formazione di un precipitato giallo di cromato di bario
( BaCrO
4
) solo nella provetta contenente ioni cromato; nessun precipitato si forma nella provetta
contenente gli ioni bicromato.

Si pu dedurre che, aumentando la concentrazione di uno dei fattori di equilibrio ( H
+
e OH
-
), il sistema
opera per farla diminuire; al contrario, diminuendo la concentrazione di uno dei fattori predetti, il sistema
agisce per ripristinarla ai valori originari.


Analoga esperienza si pu effettuare utilizzando l'indicatore metilarancio.
Questo in condizioni d i pH <3 rosso mentre a pH >3 diviene giallo, secondo la reazione di equilibrio:

MetSO
3
H + H
2
O H
3
O
+
+ MetSO
3
-

rosso giallo

















































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55
Verifica dell'equilibrio chimico in una reazione

Materiali occorrenti:
Cloruro di stagno II - Cloruro di ferro III - Acido cloridrico sol. 1:3 e sol. 37 % - Idrossido di sodio sol. 1 M -
Idrossido di ammonio sol. 25 % - Tiocianato di potassio - Ferricianuro di potassio - Solfuro di ferro -
Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
L'esperienza deve verificare la presenza, in una soluzione di tutte le specie chimiche coinvolte nella
reazione ossidoriduttiva di equilibrio:
HCl
SnCl
2
+ 2FeCl
3
SnCl
4
+ 2FeCl
2
.

In due beckers da 200 mL si pongono 50 mL di acqua distillata ed 2-3 mL di acido cloridrico sol. 1:3; in uno
dei due becker si scioglie una punta di spatola di cloruro di stagno II ( SnCl
2
), nell'altro altrettanto cloruro di
ferro III ( FeCl
3
); si versa quindi il contenuto di un becker nell'altro, agitando la soluzione risultante.
Si prendono, infine, quattro provette ed in ciascuna si versano 5 o 10 ml della soluzione procedendo
all'analisi qualitativa:

Parte prima: ricerca dello ione Sn
2+
:
Si prende una delle provette ed alla soluzione si aggiungono alcune gocce di idrossido di sodio sol. 1 M. Si
osserva il formarsi di un precipitato bianco gelatinoso di idrossido di stagno II ( Sn(OH)
2
), secondo la
reazione:

SnCl
2
+ 2NaOH Sn(OH)
2
+ 2NaCl .

Aggiungendo alcune gocce di idrossido di ammonio sol. 25 % si nota che il precipitato non si scioglie.

Parte seconda: ricerca dello ione Sn
4+
:
Si prepara dell'acido solfidrico ( H
2
S ): si pongono in una beuta 2 pezzetti di solfuro di ferro ( FeS ), si
aggiungono 10 o 20 mL di acqua distillata e 20 / 30 mL di acido cloridrico sol. 37 %; si chiude con un
tappino munito di tubo di sviluppo e si fa gorgogliare il gas cos prodotto nella seconda provetta. In pochi
secondi si osserva il formarsi di un precipitato giallo chiaro di solfuro di stagno ( SnS
2
), secondo la
reazione:

SnCl
4
+ 2H
2
S SnS
2
+ 4 HCl .

Nota operativa: Poich l'ambiente acido per HCl non pu formarsi un precipitato bruno di solfuro stannoso ( SnS );
qualora ci dovesse avvenire, aggiungere ancora qualche goccia di acido cloridrico sol. 1:3.


Parte terza: ricerca dello ione Fe
2+
:
Si prende la terza provetta contenente la soluzione in esame e ad essa si aggiunge una punta di spatolina
di ferricianuro di potassio ( K
3
Fe(CN)
6
) ; si agita ed in breve si osserva la formazione di un precipitato blu-
azzurro di ferricianuro di ferro II ( Fe
3
[Fe(CN)
6
]
2
,

detto azzurro di Turnbull ), secondo la reazione:

2K
3
Fe(CN)
6
+ 3FeCl
2
Fe
3
[Fe(CN)
6
]
2
+ 6 KCl .

Aggiungendo alcune gocce di acido cloridrico sol. 1:3 si osserva che il precipitato non solubile.

Parte quarta: ricerca dello ione Fe
3+
:
Si prende l'ultima provetta e alla soluzione si aggiunge una punta di spatolina di tiocianato di potassio
( KCNS ); si agita e si osserva il formarsi di un precipitato color rosso-sangue di tiocianato di ferro III
( Fe(CNS)
3
), secondo la reazione:

3KCNS + FeCl
3
Fe(CNS)
3
+ 3KCl .

La contemporanea presenza degli ioni ricercati dimostra che la reazione una reazione in equilibrio.


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56
Idrolisi salina


Materiali occorrenti:
Ammonio cloruro - Ammonio acetato -Sodio cloruro - Sodio acetato - Rame solfato - Sodio carbonato -
Potassio nitrato - Cartine all'indicatore universale - Vetreria.


Richiami teorici:
Per idrolisi salina si intende una riassociazione completa o parziale di ioni di un sale in molecole che
avviene quando detto sale deriva da una base e da un acido di differente forza o da una base e da un acido
entrambi deboli.


Esecuzione dell'esperienza:
In tutte le quattro fasi si scioglie una spatolata del sale in 20/30 mL di acqua distillata posti in un becker; si
immerge una cartina all'indicatore universale e si misura il pH.

Parte prima: sale da acido forte e base debole: soluzione di NH
4
Cl:
Nella soluzione sono presenti: molecole di H
2
O indissociate e gli ioni: NH
4
+
, Cl
-
, H
3
O
+
, OH
-
.
Gli ioni H
3
O
+
e Cl
-
non sono in grado di riassociarsi per dare una molecola di HCl in quanto trattasi di acido
forte e, quindi, completamente dissociato ( K
a
= 110
7
mol/L ).
Tra gli ioni NH
4
+
e OH
-
possibile la reazione, in quanto NH
4
OH una base debole e, quindi poco
dissociata ( K
b
= 1.8 10
-5
mol/L ); per questo si ha l'equilibrio:

NH
4
+
+ OH
-
NH
3
H
2
O.

Questa reazione consuma OH
-
e poich [H
3
O
+
][OH
-
] = 110
-14
, delle molecole di H
2
O si dissociano in
H
3
O
+
e OH
-
fino a portare la K
w
= 1 10-14.

Gli equilibri sono due:
NH
4
+
+ OH
-
NH
3
H
2
O e
2H
2
O H
3
O
+
+ OH
-


Si ha pH <7 per eccesso di ioni H
3
O
+
rispetto agli ioni OH
-
.

In alternativa o a complemento possibile effettuare un'idrolisi di questo tipo utilizzando del solfato di rame II.
In questo caso, nella soluzione sono presenti: molecole di H
2
O indissociate e gli ioni: Cu
2+
, SO
4
2
, H
3
O
+
,
OH
-
. Tra gli ioni H
3
O
+
e OH
-
non c' possibilit di riassociazione in quanto H
2
SO
4
un acido forte
( K
a
= 1 10
3
moli/L ) e, quindi, completamente dissociato.

Tra gli ioni Cu
2+
e OH
-
possibile la reazione, in quanto Cu(OH)
2
una base debole per cui si ha
l'equilibrio:
Cu
2+
+ 2OH
-
Cu(OH)
2
.

Anche qui molecole di H
2
O si dissociano per portare la Kw = 110
-14
; esse non sono, tuttavia, sufficienti a
ripristinare del tutto la neutralit, per cui si ha un pH <7.











ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
57
Parte seconda: sale da acido debole e base forte: soluzione di CH
3
COONa:
Nella soluzione sono presenti: molecole di H
2
O indissociate e gli ioni: Na
+
, CH
3
COO
-
, H
3
O
+
, OH
-
.
Tra gli ioni Na
+
e OH
-
non c' possibilit di riassociazione in quanto NaOH una base forte
( K
b
= 5 mol/L ) e quindi completamente dissociata.

Tra CH
3
COO
-
e H
3
O
+
si ha l'equilibrio:

CH
3
COO
-
+ H
3
O
+
CH
3
COOH + H
2
O.

Questa reazione fa diminuire il numero di H
3
O
+
in soluzione, per cui si ha:

2H
2
O H
3
O
+
+ OH
-


Il pH >7 per eccesso di OH
-
rispetto H
3
O
+
.

In alternativa o a complemento possibile effettuare un'idrolisi di questo tipo utilizzando carbonato di sodio.
Nella soluzione sono presenti molecole di H
2
O indissociate e gli ioni: Na
+
, CO
3
2
, H
3
O
+
, OH
-
.
Tra gli ioni Na
+
e OH
-
non possibile una riassociazione in quanto NaOH una base forte ( K
b
= 5 moli/L ) e
quindi completamente dissociata.

Tra CO
3
2
e H
3
O
+
si ha l'equilibrio:
CO
3
2
+ 2H
3
O
+
H
2
CO
3
+ 2H
2
O.

Anche questa reazione fa diminuire il numero di H
3
O
+
in soluzione, per cui si dissociano molecole di
acqua per cercare di riportare la K
w
= 110-14; questo non , tuttavia, sufficiente, per cui si ha un pH <7.


Parte terza: sale da acido forte e base forte: soluzione di NaCl:
Nella soluzione sono presenti: molecole di H
2
O indissociate e gli ioni: Na
+
, Cl
-
, H
3
O
+
, OH
-
.
Non possibile alcuna riassociazione in quanto NaOH e HCl sono rispettivamente base ed acido forti e,
quindi, completamente dissociati.

Il pH resta quindi neutro ( =7 ).

In alternativa o a complemento possibile effettuare un'idrolisi di questo tipo utilizzando nitrato di potassio.


Parte quarta: sale da acido debole e base debole: Soluzione di CH
3
COONH
4
:
Nella soluzione sono presenti: molecole di H
2
O indissociate e gli ioni: CH
3
COO
-
, NH
4
+
, H
3
O
+
, OH
-
.
L'acetato di ammonio in soluzione reagisce con H
2
O e per retrocessione ionica d un po' di CH
3
COOH e
un po' di NH
4
OH indissociati. Questi sono elettroliti deboli.

La reazione :
CH
3
COONH
4
CH
3
COO
-
+ NH
4
+
+ H
+
+ OH
-



CH
3
COOH NH
4
OH


In generale si pu dire che un sale proveniente da una base debole e da un acido debole in soluzione
acquosa si idrolizza e la soluzione reagisce acida, neutra o basica a seconda che l'acido sia meno debole,
ugualmente debole o pi debole della base.








ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
58
Titolazione acido-base



Materiali occorrenti:
Buretta da 25 mL - Pipetta tarata da 10 mL - Idrossido di sodio sol. 0.1 M ( titolo esatto ) - Acido cloridrico
sol. circa 0.05 M ( oppure ad altro titolo ) - Fenolftaleina sol. alcoolica 1 % .


Richiami teorici:
Una titolazione acido-base ha lo scopo di determinare il titolo, ovvero la concentrazione di una soluzione
di un acido (o di una base) misurando la quantit in volume di una base (o di un acido) a titolo noto che
reagisce in modo completo con un volume noto della soluzione da titolare. In altre parole tale quantit di
titolante si dice stechiometricamente equivalente. Il raggiungimento dell'equivalenza stechiometrica si
evidenzia con il viraggio di un opportuno indicatore.

Prendiamo ad esempio un acido ed una base entrambi monoprotici, considerando V
1
il volume della
soluzione di molarit nota M impiegato per titolare un volume V
2
di soluzione a molarit incognita M
x
, si
ha:

V
1
M = V
2
M
x
da cui M
x
= V
1
M / V
2
.

Quanto sopra ovviamente valido anche nel caso di acido e base entrambi diprotici o triprotici. In caso
di discordanza tra acido e base necessario operare la necessaria correzione.

E' anche possibile riferirsi solo alle quantit di soluzioni utilizzate e, quindi, al numero di moli in esse
presenti per mezzo della formula:

n
moli
= M V
L
( V
L
= volume in litri ).

Tale valore , come detto, uguale in entrambe le quantit di soluzioni per cui si pu risalire alla molarit del
titolato con una semplice proporzione.



Esecuzione dell'esperienza:
Per motivi didattici e per facilitare i calcoli, si ritiene opportuno operare con soluzioni aventi titoli non troppo
diversi. Nell'esempio descritto, appunto, si utilizza un acido avente concentrazione circa la met della base
titolante. Questa deve essere, ovviamente, a titolo preciso e non deteriorata.

Si prelevano 10 mL di acido cloridrico utilizzando la pipetta tarata versandoli in una beuta da 250 mL Alla
soluzione si aggiungono circa 100 mL di acqua distillata e 3 o 4 gocce di soluzione di fenolftaleina. La
soluzione appare del tutto incolore.

Si riempie con cura la buretta con la soluzione di idrossido di sodio 0.1 M e si inizia a farla defluire, goccia
a goccia, nella beuta. Si agita quest'ultima per favorire un corretto mescolamento; al viraggio dell'indicatore
al rosa si arresta il deflusso, rilevando la quantit di soluzione utilizzata.

La reazione una neutralizzazione:

NaOH + HCl NaCl + H
2
O

Al punto finale di titolazione il numero di moli deve essere numericamente uguale in entrambe le soluzioni,
ovviamente in riferimento ai volumi.







ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
59
Se, ad es. sono stati consumati 5 mL di NaOH sol. 0.1 M per neutralizzare i 10 mL di HCl, il titolo di
quest'ultimo dato dalla uguaglianza:

V
1
M = V
2
M
x
;
nel caso in esame si ha, quindi:

5 0.1 = 10 x da cui x = 5 0.1 / 10

M
x
= 0.05


La soluzione di acido cloridrico ha, pertanto, titolo 0.05 M.




Per una migliore comprensione del numero di moli che entrato in equilibrio, possibile riferirsi alle
quantit di soluzioni utilizzate, per mezzo della gi citata formula:

n
moli
= M V
L



Con questa si ha: n
moli
= 0.1 0.005 n
moli
= 0.0005

Questo valore corrisponde al numero di moli presenti nella quantit di soluzione di NaOH usata , uguale al
numero di moli presente nei 10 mL di HCl.

Perci possibile risalire alla sua concentrazione molare attraverso la proporzione:

0.0005 : 10 = x : 1000 x = 1000 0.0005 / 10

x = 0.05

La concentrazione dell'acido cloridrico quindi confermata come 0.05 M.





























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60
Determinazione della curva di titolazione della reazione NaOH + HCl


Materiali occorrenti:
pHmetro digitale - Buretta da 25 mL - Acido cloridrico sol.0.1 M - Idrossido di sodio sol. 0.1 M - Vetreria.


Richiami teorici:
L'esperienza riguarda una reazione di neutralizzazione di un acido forte con una base forte ed ha lo scopo
di determinare la curva di titolazione, ovvero il grafico che rappresenta la variazione del pH della soluzione
acida all'aggiunta di ioni OH
-
.
Intorno al punto di equivalenza ( p.e. ) si verifica una notevole variazione del pH ( salto di pH ) in
quanto, vicino alla neutralit, ove si ha [OH
-
] [H
3
O
+
] 10
-7
M, anche un piccolo eccesso di base o di acido
provoca notevoli variazioni della concentrazione degli stessi ioni e, di conseguenza, del pH. L'eccesso di
base o di acido ha, ovviamente, effetti tanto meno evidenti sul pH quanto maggiore il valore di [OH
-
] o di
[H
3
O
+
] che si trovano in soluzione.


Esecuzione dell'esperienza:
Si predispone il pHmetro, opportunamente tarato con le soluzioni tampone, con le sonde lavate con acqua
distillata. Si prelevano, con pipetta tarata, 10 mL di acido cloridrico sol. 0.1 M, facendoli sgocciolare
accuratamente in un becker da 250 mL; ad essi si aggiungono 90 mL di acqua distillata. Nei 100 mL di
soluzione cos preparata si trovano 0.001 moli di HCl.

Si riempe con cura, fino alla tacca zero, una buretta da 25 mL con la soluzione di idrossido di sodio 0.1 M e
la si pone sul suo sostegno. Si mette il becker con l'acido sotto la buretta, si immergono le sonde del
pHmetro, si attende un minuto circa al fine di compensare la temperatura e si rileva il valore del pH. Poich
la soluzione preparata una soluzione 0.01 M di acido cloridrico, il valore di pH dovr essere, nei limiti
degli errori sperimentali, = 2 .

Si registra sul foglio di lavoro il valore reale di pH e si procede quindi allo sgocciolamento della soluzione
basica, un mL alla volta, registrando ogni volta il valore di pH raggiunto. Per una ottimale misurazione, ad
ogni intervallo, si agita per alcuni secondi la soluzione nel becker con un bacchetta ed attendere almeno 30
secondi per stabilizzare la lettura. Ovviamente le letture della buretta devono essere molto precise.

Da 9 ad 11 mL di NaOH sgocciolati consigliabile effettuare letture ogni 0.2 / 0.3 mL al fine di poter
cogliere precisamente il punto di equivalenza ( pH = 7 ). Dopo si continua l'operazione, di mL in mL, fino
alla quantit di 20 mL

Se le soluzioni sono a titolo preciso il p.e. si ritrova, ovviamente, molto vicino al valore di 10 mL

Al termine dell'operazione si risciacquano ed asciugano le sonde del pHmetro e si ripone l'apparecchio.

Con i dati registrati possibile ricavare il grafico dell'andamento della titolazione; in un foglio di carta
millimetrata si disegnano i due assi cartesiani, ponendo nelle ascisse i mL di NaOH sol. 0.1 M sgocciolati e
nelle ordinate i valori di pH rilevati. Si collegano i punti con la miglior retta possibile e, se tutto andato
correttamente, si pu osservare un grafico simile a quello di seguito rappresentato.

Disponendo di un computer, possibile elaborare i dati attraverso l'uso di un foglio elettronico
( spreadsheet ), quale Lotus 123, Microsoft Excel 5.

Nella colonna A si dispongono le quantit di idrossido di sodio in mL, da 0 a 20, e nella colonna B i
corrispondenti valori di pH; si stampa il foglio su carta. Con gli opportuni comandi si sceglie il grafico di tipo
XY e si dichiarano i valori della colonna A come valori di X e quelli della colonna B come valori di Y; si
aggiungono eventuali legende, si visualizza e si stampa il grafico ottenuto.


Nota operativa: la titolazione pu essere, ovviamente effettuata, all'inverso, titolando l'idrossido di sodio 0.1 M con
l'acido cloridrico 0.1 M. Qualora le soluzioni non fossero precise necessario inserire i relativi fattori di correzione.


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61
Grafico della curva di titolazione della reazione NaOH + HCl

ml NaOH pH
0 1,97
1 2,04
2 2,11
3 2,20
4 2,29
5 2,43
6 2,58
7 2,83
8 3,28
9 4,55
10 6,96
11 9,57
12 10,85
13 11,30
14 11,54
15 11,68
16 11,82
17 11,91
18 11,98
19 12,03
20 12,10
0,00
2,00
4,00
6,00
8,00
10,00
12,00
14,00
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18
ml di NaOH 0.1M aggiunti
v
a
l
o
r
i

d
i

p
H
punto di equivalenza




































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62
Titolazione di una soluzione di aceto



Materiali occorrenti:
Buretta da 50 mL - Aceto commerciale - Idrossido di sodio sol. 0.1 M - Fenolftaleina sol. 1 % - Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Si preleva, mediante pipetta tarata, un campione di 3 mL di aceto da titolare, versandolo nella beuta e
diluendolo con ca. 100 mL di acqua distillata.
Si aggiungono 3 o 4 gocce di fenolftaleina sol. 1 % quale indicatore; la soluzione resta, come noto,
incolore.

Si riempie la buretta con la soluzione 0.1 M di idrossido di sodio; si procede alla titolazione, facendo defluire
la soluzione goccia a goccia, agitando la beuta con cura.

Al punto di viraggio dell'indicatore si chiude il rubinetto della buretta e si annota la quantit di soluzione
titolante consumata.

Tutto l'acido acetico presente nell'aceto di vino stato, a quel punto, neutralizzato dall'idrossido di sodio
secondo la reazione:

CH
3
COOH + NaOH CH
3
COONa + H
2
O


Secondo tale reazione una mole di CH
3
COOH viene neutralizzata da una mole di NaOH : al punto di
equivalenza, segnalato dal viraggio dell'indicatore, il numero di moli presenti nella quantit di idrossido di
sodio gocciolato uguale al numero di moli di acido acetico presente nei 3 mL di aceto commerciale.

Supponiamo di aver impiegato 30 mL di NaOH sol. 0.1 M per titolare il campione di 3 mL di soluzione di
acido acetico ( aceto commerciale ). Calcoliamo le moli presenti:

Con la formula n
moli
= M V
L
, ove V
L
= volume in litri , si ha:

n
moli
= 0.1 0.030 n
moli
= 0.003

Ovvero, con la proporzione V
1
: M
1
= V
2
: M
x
si ha:

1000 : 0.1 = 30 : x x = 30 0.1 / 1000 x = 0.003 moli

Tale valore corrisponde al numero di moli di NaOH nei 30 mL di soluzione 0.1 M ed al numero di moli di
CH
3
COOH presenti nei 3 mL di aceto in analisi.

Da questo valore si pu risalire al titolo molare dell'acido acetico, con la proporzione:

3 : 0.003 = 1000 : x x = 1000 0.003 / 3 x = 1 M

La soluzione di acido acetico ha titolo 1 M.

E' possibile, poi, trasformare il valore molare in concentrazione in g/L moltiplicando il numero delle moli per
la massa molecolare relativa dell'acido acetico ( ca. 60):

1 60 = 60 g/l

Nel caso specifico, essendo la densit di CH
3
COOH ca. = 1, la concentrazione in volume del 60 ,
ovvero del 6 % .




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63
Determinazione dell'acidit del succo di limone

Materiali occorrenti:
Limone - Idrossido di sodio sol. 0.1 M - Fenolftaleina sol. 1% - Buretta da 50 mL - Filtri in carta - Vetreria.

Esecuzione dell'esperienza:
Si spreme completamente un limone in un becker da 100 mL. Si filtra il succo utilizzando un filtro rapido in
carta ( ad es. filtro a banda nera o filtro Wathman 113 o 91 ), se ne prelevano, con pipetta tarata o graduata,
2 mL versandoli in una beuta da 250 mL; si aggiungono 100 mL circa di acqua distillata e 3 o 4 gocce di
fenolftaleina sol. 1% quale indicatore; la soluzione rimane, ovviamente, incolore.

Si riempie la buretta con 50 mL di idrossido di sodio sol. 0.1 M, si pone la beuta sotto il rubinetto e si
procede alla titolazione, gocciolando lentamente il titolante ed agitando la beuta.

Al punto di viraggio al rosa-violetto dell'indicatore si chiude il rubinetto della buretta e si annota la quantit
di idrossido di sodio sol. 0.1 M consumata.

A questo punto tutto l'acido citrico presente nel succo di limone stato neutralizzato dall' idrossido di sodio
con la reazione:

CH
2
- COOH CH
3
- COONa
| |
H - O - C - COOH + 3NaOH H - O - C - COONa + 3H
2
O
| |
CH
2
- COOH CH
3
- COONa

acido citrico citrato di sodio

Come si vede per neutralizzare una mole di acido citrico, idrossiacido alifatico tricarbossilico, sono
necessarie 3 moli di idrossido di sodio, per cui il numero di moli presenti nella quantit di idrossido di sodio
gocciolata 3 volte il numero di moli di acido citrico presenti nei 2 mL di succo di limone.

Si sono utilizzati 20 mL di NaOH sol. 0.1 M per titolare 2 mL di succo di limone; calcoliamo le moli presenti:

Con la formula: n
moli
= M V
L
si ha n
moli
= 0.1 0.02 per cui, n
moli
= 0.002

ovvero, con la proporzione V
1
: M
1
= V
2
: M
x
si ha:

1000 : 0.1 = 20 : x x = 20 0.1 / 1000 x = 0.002

Il valore ricavato corrisponde al numero di moli presenti nei 20 mL di idrossido di sodio sol. 0.1 M, per cui il
numero di moli di acido citrico presenti in 2 mL di succo di limone 1/3 di tale valore, cio n
moli
= 0.00066.

Da questo valore si pu risalire al titolo molare dell'acido citrico del succo di limone con la proporzione:

0.00066 : 2 = x : 1000 x = 1000 0.00066 / 2 x = 0.33 M

Il succo di limone , quindi, una soluzione 0.33 M di acido citrico.

E' possibile, poi, trasformare il valore molare in concentrazione g/L moltiplicando il numero di moli per la
massa molecolare relativa dell'acido citrico ( = 192.13 ):

0.33 192.13 = 63.40 g/L ovvero circa il 6 %.

Infatti il succo di limone contiene circa il 6 % di acido citrico e presenta una concentrazione idrogenionica
circa 2 10
-3
M che determina un pH = 2.8.




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64
Le Reazioni chimiche



Materiali occorrenti:
Gli elementi ed i sali previsti nelle reazioni - Acido cloridrico sol. 1:3 - Acido solforico sol. 1:5 - Idrossido di
sodio sol. 1 M e 8 M - Idrossido di ammonio sol. 25 % - Provetta con tubo di sviluppo (o microgeneratore di
gas sec. Scarano) - Cartine indicatrici - Vetreria.


Esecuzione dell' esperienza:
Tutte le soluzioni dei sali possono essere preparate al momento sciogliendo una punta di spatola in 2 o 3
mL di acqua distillata posta in una provetta.
Si fanno reagire alcuni mL delle soluzioni dei sali specificati nelle reazioni con i reagenti indicati e si
osserva ci che avviene.

Parte prima: reazioni di doppio scambio ( metatesi ) con precipitazione:

1.1) - AgNO
3
+ NaCl AgCl + NaNO
3
( precipitato bianco )

1.2) - AgNO
3
+ KI AgI + KNO
3
( precipitato bianco )

1.3) - BaCl
2
+ Na
2
SO
4
BaSO
4
+ 2NaCl ( precipitato bianco cristallino )

1.4) - FeCl
3
+ 3NH
4
OH Fe(OH)
3
+ 3NH
4
Cl ( precipitato rosso mattone )

1.5) - FeSO
4
+ 2NaOH Fe(OH)
2
+ Na
2
SO
4
( precipitato verde )

1.6) - Fe
2
(SO
4
)
3
+ 6NaOH 2Fe(OH)
3
+ 3Na
2
SO
4
( precipitato rosso mattone )

1.7) - Al
2
(SO
4
)
3
+ 6NH
4
OH 3(NH
4
)
2
SO
4
+ 2Al(OH)
3
( precipitato bianco gelatinoso )

1.8) - 3CaCl
2
+ 2Na
3
PO
4
Ca
3
(PO
4
)
2
+ 6NaCl ( precipitato bianco )

1.9) - Pb(NO
3
)
2
+ 2KI PbI
2
+ 2KNO
3
( precipitato giallo )

1.10) - Pb(NO
3
)
2
+ K
2
Cr
2
O
7
PbCr
2
O
7
+ 2KNO
3
( precipitato arancio )

1.11) - Pb(NO
3
)
2
+ K
2
CrO
4
PbCrO
4
+ KNO
3
( precipitato giallo )

1.12) - Cu(NO
3
)
2
+ Na
2
S CuS + 2NaNO
3
( precipitato nero )

1.13) - CdSO
4
+ Na
2
S CdS + Na
2
SO
4
( precipitato giallo )

1.14) - CuSO4 + Na
2
S ----> CuS + Na
2
SO
4
( precipitato nero )

1.15) - Na
2
CO
3
+ CaCl
2
2NaCl + CaCO
3
( precipitato bianco )

1.16) - (CH
3
COO)
2
Pb + H
2
S 2CH
3
COOH + PbS ( precipitato nero )


Nota operativa: in luogo del solfuro di sodio per precipitare i solfuri insolubili possibile utilizzare l'acido solfidrico
( H
2
S ) prodotto, con la reazione 2.1 che segue, in una provetta o in un microgeneratore di gas di Scarano e fatto
gorgogliare tramite un tubo di sviluppo nella soluzione che deve reagire.







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65
Parte seconda: reazioni di doppio scambio ( metatesi ) con sviluppo di gas:

2.1) - FeS + 2HCl FeCl
2
+ H
2
S

2.2) - FeS + H
2
SO
4
FeSO
4
+ H
2
S

L'acido solfidrico ( H
2
S ) si riconosce dal caratteristico odore d'uovo marcio ed in quanto annerisce la
cartina all'acetato di piombo [ (CH3COO)2Pb ], secondo la reazione 1.16.

2.3) - NaCl + H
2
SO
4
NaHSO
4
+ HCl


Parte terza: reazione di scambio semplice ( di spostamento ):

3.1) - Zn + 2HCl ZnCl
2
+ H
2


3.2) - Ca + H
2
SO
4
CaSO
4
+ H
2
( precipitato bianco )

L' idrogeno si riconosce per combustione, infiammandolo con un fiammifero.

3.3) - Zn + FeSO
4
ZnSO
4
+ Fe


Parte quarta: reazione di sintesi:

4.1) - CaO + H
2
O Ca(OH)
2


La formazione dell' idrossido di calcio si verifica osservando il suo comportamento basico con un qualsiasi
indicatore (es. fenolftaleina, cartine, etc.)


Parte quinta: reazioni di decomposizione:

T

5.1) - CaCO
3
CaO + CO
2
( CaO colore bianco )

T

5.2) - CuCO
3
CuO + CO
2
( CuO colore nero )

Le reazioni avvengono a temperatura elevata, circa 900 C.

T

5.3) - 2HgO 2Hg + O
2


Operare con minima quantit di ossido in un tubicino da saggio; il mercurio condensa sulle pareti dello
stesso.

T

5.4) - NH
4
Cl NH
3
+ HCl

Porre una spatolata di cloruro di ammonio ( NH
4
Cl ) in una provetta, inumidire due pezzetti di cartina
all'indicatore universale e farli aderire alla parete della provetta uno in basso e l'atro pi in alto ed in
posizione opposta. Riscaldare la provetta al bunsen tenedola orizzontale; si osserver la cartina posta in
alto e verso il fondo divenire rossa per lo sviluppo di acido cloridrico ( HCl ) e quella posta in basso e
verso l'imbocco azzurra per lo sviluppo di ammoniaca ( NH
3
).











ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
66
Le Reazioni di complessazione


Materiali occorrenti:
Rame solfato II - Alluminio solfato - Argento nitrato sol. 0.1 M - Sodio cloruro - Ammoniaca sol. 1:3 -
Idrossido di sodio sol. 4 M - Vetreria.


Richiami teorici:
Per composti di coordinazione si intendono molecole (o ioni) in cui ad un atomo coordinatore sono legati
dei gruppi atomici detti ligandi, in numero superiore al numero di ossidazione dell'atomo coordinatore. Tra
l'atomo coordinatore e i ligandi si stabiliscono legami di tipo dativo detti legami di coordinazione.

I coordinatori sono acidi di Lewis in quanto accettano " lone pairs " essendo, ad es. per i metalli di
transizione, incompleti negli orbitali d e poich tendono a raggiungere la configurazione pi stabile. I pi
importanti sono, appunto, i metalli di transizione, ma anche elementi dei gruppi A (es. B, Al, Pb)
I ligandi sono donatori dei " lone pairs " e quindi sono basi di Lewis; possono essere ioni o molecole in
grado di donare uno o pi doppietti: H
2
O, NH
3
, CO, Cl
-
, OH
-
, CN
-
.

Per i pi noti si utilizzano i nomi tradizionali:
H
2
O = aquo- NH
3
= ammino- OH
-
= idrossi- CN
-
= ciano-

Per ioni complessi si intendono ioni nei quali un catione coordina ligandi neutri (es. H
2
O, NH
3
) od
anionici ( es. Cl
-
, OH
-
).

Particolare la nomenclatura dei complessi. In caso di complessi con ligandi neutri, ad ogni ligando si
attribuisce un prefisso indicante il numero:
Es. Cu(NH )
3 4
2+
: tetra-ammino-rame Ni(H O)
2 6
2+
: esa-aquo-nichelio.

In caso di complessi con ligandi anionici si attribuisce al coordinatore il suffisso -ato se poliatomico od -uro
se monoatomico, e lo si fa precedere dal nome e dal numero dei ligandi:
Es. [Ag(NH
3
)
2
]Cl di-ammino-argento cloruro K
3
[Fe(CN)
6
] potassio esa-ciano-ferrato III
Na[Al(OH)
4
] sodio tetra-idrossi-alluminato.


Esecuzione dell'esperienza:
1)- Cu
2+
SO
4
2-
+ 4NH
3
H
2
O [Cu(NH
3
)
4
]
2+
+ SO
4
2-
ione cuprotetrammino
azzurro blu
Usare una soluzione diluita di CuSO
4
ed una soluzione 1:3 di NH
3
H
2
O.


2)- Ag
+
Cl
-
+ 2NH
3
H
2
O [Ag(NH
3
)
2
] + Cl
-
ione diamminoargento
insolubile solubile .
La soluzione di NH
3
H
2
O deve essere concentrata 1:3.


3)- Al(OH)
3
+ NaOH [Al(OH)
4
]
-
+ Na
+
ione tetraidrossialluminato
insolubile solubile
L'idrossido di sodio deve essere in soluzione 4 o 8 M, il solfato di alluminio in soluzione diluita e
l'ammoniaca in soluzione 1:3.


Nota operativa: il cloruro di argento ( AgCl ) se non disponibile pu essere preparato con la reazione:
NaCl + AgNO
3
NaNO
3
+ AgCl .

l'idrossido di alluminio [ Al(OH)
3
]se non disponibile pu essere preparato con la reazione:
Al
2
(SO
4
)
3
+ 6NH
3
H
2
O 2Al(OH)
3
+ 3(NH
4
)
2
SO
4 .




ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
67
Reazioni di Ossidoriduzione in beckers



Materiali occorrenti:
N.16 beckers da 100 mL - 1 lastrina di argento - 4 lastrine di rame, 4 di piombo, 4 di zinco - Nitrati di
argento, rame II, piombo, zinco - Acido cloridrico sol. 37 % - Vetreria.



Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: redox in beckers:
Disporre i beckers in quattro file. Porre nei quattro beckers della prima fila alcuni mL di soluzione di nitrato
d'argento sol. 0.1M ( oppure alcuni cristalli del sale ) e diluire con 40/50 mL di acqua distillata.

Preparare, nel modo descritto, soluzioni degli altri sali, ponendo nella seconda fila il nitrato di rame II, nella
terza il nitrato di piombo, e nella quarta fila il nitrato di zinco ( vedere fig. 1 ).

1.1 - Beckers con nitrato d'argento:
Si prende una laminetta di ciascun metallo e la si immerge nei beckers contenenti la soluzione di AgNO
3
e
si osserva ci che accade.

La lamina di argento non d segni di alcuna reazione.

La lamina di rame, immersa nel secondo becker, si ricopre subito di una polvere nerastra, mentre
lentamente si consuma. La soluzione, nel contempo, diviene azzurrina.
Questo indica chiaramente che il rame si ossidato a Cu
2+
mentre Ag
+
si ridotto ad argento metallico,
secondo la reazione:

2AgNO
3
+ Cu Cu(NO
3
)
2
+ 2Ag

In forma ionica:
ossidazione Cu Cu
2+
+ 2e
riduzione 2Ag
+
+2e 2Ag

Cu + 2Ag
+
Cu
2+
+ 2Ag

La lamina di piombo, immersa nel terzo becker si ricopre anch'essa di polvere nerastra, consumandosi
lentamente. Il piombo si ossidato a Pb
2+
mentre l'Ag
+
si ridotto ad argento secondo la reazione:

2AgNO
3
+ Pb Pb(NO
3
)
2
+ 2Ag

In forma ionica:
ossidazione Pb Pb
2+
+ 2e
riduzione 2Ag
+
+ 2e 2Ag

Pb + 2Ag
+
Pb
2+
+ 2Ag

Nel quarto becker si immerge la lamina di zinco che ha un identico comportamento. Infatti lo zinco si
ossidato a Zn
2+
mentre lo ione Ag
+
si ridotto ad argento elementare, secondo la reazione

2AgNO
3
+ Zn Zn(NO
3
)
2
+ 2Ag

In forma ionica:
ossidazione Zn Zn
2+
+ 2e
riduzione 2Ag
+
+ 2e 2Ag

Zn + 2Ag
+
Zn
2+
+ 2Ag


ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
68
1.2 - Beckers con nitrato di rame:
Si prende una laminetta per ciascun metallo e la si immerge nei beckers della seconda fila.

Si nota subito che le lamine di argento e di rame non danno luogo ad alcuna reazione ossidoriduttiva.

La lamina di piombo, immersa nel terzo becker si ricopre di una polvere scura, mentre la soluzione azzurra,
lentamente, si scolora: il piombo si ossidato a Pb
2+
mentre Cu
2+
si ridotto a rame, secondo la reazione:

Cu(NO
3
)
2
+ Pb Pb(NO
3
)
2
+ Cu

In forma ionica:
ossidazione Pb Pb
2+
+ 2e
riduzione Cu
2+
+ 2e Cu

Pb + Cu
2+
Pb
2+
+ Cu

La lamina di zinco immersa nel quarto becker, si ricopre velocemente di polvere scura, mentre la soluzione
azzurra, lentamente, si scolora: lo zinco si ossidato a Zn
2+
mentre Cu
2+
si ridotto a rame metallico,
secondo la reazione:

Cu(NO
3
)
2
+ Zn Zn(NO
3
)
2
+ Cu

In forma ionica:
ossidazione Zn Zn
2+
+ 2e
riduzione Cu
2+
+ 2e Cu

Zn + Cu
2+
Zn
2+
+ Cu



1.3 - Beckers con nitrato di piombo:
Si prende una laminetta per ciascun metallo immergendola nei beckers della terza fila:

Si pu subito notare che le lamine di argento, rame e piombo non subiscono alcun processo ossidoriduttivo.

La lamina di zinco, invece, si ricopre di una polvere nerastra, mentre lentamente si consuma: lo zinco si
ossidato a Zn
2+
mentre Pb
2+
si ridotto a piombo metallico, secondo la reazione:

Pb(NO
3
)
2
+ Zn Zn(NO
3
)
2
+ Pb

In forma ionica:
ossidazione Zn Zn
2+
+ 2e
riduzione Pb
2+
+ 2e Pb

Zn + Pb
2+
Zn
2+
+ Pb


1.4 - Beckers con nitrato di zinco:
Si prende una laminetta per ciascun metallo e la si immerge nei beckers della quarta fila:

Si nota che tutte le lamine non mostrano alcuna reattivit con la soluzione, a significare che alcun processo
ossidoriduttivo in atto.

Dalle esperienze possibile costruire una scala della tendenza di un elemento ad ossidarsi:


Zn > Pb > Cu > Ag
e, ovviamente, una scala della tendenza di un elemento a ridursi:


Zn
2+
< Pb
2+
< Cu
2+
< Ag
+
.

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
69
Parte seconda: reattivit dell'idrogeno:
E' possibile determinare il livello di reattivit dell' idrogeno nei confronti dei metalli precedenti.

A tale scopo si prendono 4 lastrine dei metalli e le si immergono, in successione, in una soluzione di acido
cloridrico 37 %, osservando ci che avviene ( figura n.2 ).

Le lastrine di argento e di rame restano inalterate, a significare che nessun processo ossidoriduttivo
avvenuto.

La lastrina di piombo, opportunamente pulita con cartavetro, reagisce lentamente consumandosi e
sviluppando sulla superficie bollicine di gas; il piombo si ossida a Pb
2+
mentre H
+
si ridotto ad idrogeno
elementare, con formazione immediata di una molecola di H
2
, con la reazione:

Pb + 2HCl PbCl
2
+ H
2


In forma ionica:
ossidazione Pb Pb
2+
+ 2e
riduzione 2H
+
+ 2e H
2


Pb + 2H
+
Pb
2+
+ H
2



La lastrina di zinco subisce un processo analogo, ma pi veloce, con evidente sviluppo di gas e rapido
consumarsi del metallo; in questo caso lo zinco si ossidato a Zn
2+
mentre H
+
si ridotto ad idrogeno
elementare, con formazione subitanea di una molecola di H
2
, secondo la reazione:

Zn + 2HCl ZnCl
2
+ H
2


In forma ionica:
ossidazione Zn Zn
2+
+ 2e
riduzione 2H
+
+ 2e H
2


Zn + 2H
+
Zn
2+
+ H
2




Dai dati sperimentali ottenuti possibile inserire l'idrogeno nella scala della tendenza ad ossidarsi:

Zn > Pb > H
2
> Cu > Ag

ed in quella della tendenza a ridursi:

Zn
2+
< Pb
2+
< H
+
< Cu
2+
< Ag
+
.


Per conferma possibile far gorgogliare dell' idrogeno prodotto dalla reazione dello zinco con HCl in una
provetta con tubo di sviluppo, nei beckers contenenti le quattro soluzioni degli ioni argento, rame, piombo e
zinco ( figura n.3 ); si osserva che Ag
+
e Cu
2+
si riducono precipitando sotto forma di polvere metallica di
argento e rame, con contemporanea ossidazione di H
+
ad idrogeno elementare, secondo la reazione gi
vista, mentre Zn e Pb non si riducono affatto.












ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
70
Figura 1




Ag
Cu Pb Zn
Zn
2+
Ag
+
Cu
2+
2+
Pb




Figura 2


Figura 3





ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
71
Le reazioni di ossidoriduzione



Materiali occorrenti:
Elementi e composti previsti dalle esperienze - Acido nitrico sol. 65 % e 1:3 - Acido cloridrico sol. 1:3 -
Idrossido di sodio sol. 4 M - Acqua ossigenata sol. 20/30 % - Salda d'amido - Fenolftaleina sol. 1 % -
Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Le soluzioni dei sali utilizzati sono, quando indicato, a titolo indicativo e possono anche essere preparate al
momento, sciogliendo una punta di spatola di sale in una provetta con acqua distillata.


1) - Reazione tra l'acido nitrico diluito ed il rame:

3Cu + 6HNO
3
+ 2HNO
3
3Cu(NO
3
)
2
+ 2NO + 4H
2
O

ovvero, in forma ionica:
3Cu 3Cu
2+
+ 6e
2NO
3

+ 8H
+
+6e 2NO + 4H
2
O

3Cu + 8H
+
3Cu
2+
+ 2NO + 4H
2
O

Si tratta una piccola quantit di rame ( Cu ) con alcuni mL di acido nitrico ( HNO
3
) sol. 1:3. Si osserva lo
sviluppo di un gas di colore bruno, il biossido di azoto ( NO
2
),dovuto alla immediata reazione dell'ossido
di azoto ( NO ) con l'O
2
dell'aria ( 2NO + O
2
2NO
2
); contemporaneamente si forma una
soluzione azzurra di nitrato di rame II [ Cu(NO
3
)
2
] .


2) - Reazione tra l'acido nitrico concentrato ed il rame:

Cu + 2HNO
3
+

2HNO
3
Cu(NO
3
)
2
+2NO
2
+ 2H
2
O

ovvero, in forma ionica:
Cu Cu
2+
+ 2e
2NO
3

+ 4H
+
+6e 2NO
2
+ 2H
2
O

Cu + 2NO
3

+ 4H
+
Cu
2+
+ 2NO
2
+ 2H
2
O

Si opera come nell'esperienza precedente, utilizzando acido nitrico ( HNO
3
) sol. 65 %. Si ha sviluppo di
biossido di azoto ( NO
2
) e formazione di una soluzione azzurra di nitrato di rame II [ Cu(NO
3
)
2
] .


3) - Ossidazione del Ferro II a Ferro III da parte dell'acido nitrico:

3FeSO
4
+ 3HNO
3
+ HNO
3
Fe
2
(SO
4
)
3
+ Fe(NO
3
)
3
+NO + 2H
2
O

ovvero, in forma ionica:
3Fe
2+
3Fe
3+
+ 3e
HNO
3
+ 3H
+ +
3e NO +2H
2
O

3Fe
2+
+ NO
3

+ 4H
+
NO + 2H
2
O



ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
72
Si preparano due provette contenenti ciascuna una punta di spatola di solfato di ferro II ( FeSO
4
) e 2 o 3
mL di acqua distillata; si prepara anche una provetta contenente una punta di spatola di solfato di ferro III
[ Fe
2
(SO
4
)
3
] e 2 o 3 mL di acqua distillata.
Una delle provette con la soluzione di ioni Fe
2+
e quella con gli ioni Fe
3+
servono da " bianco " e si
riconoscono precipitando i rispettivi idrossidi con NaOH sol. 4 M; l'idrossido di ferro II [ Fe(OH)
2
] presenta il
caratteristico color verde mela mentre l'idrossido di ferro III [ Fe(OH)
3
] un color rosso mattone.

Si procede alla reazione di ossidoriduzione ponendo nella restante provetta con la soluzione di solfato di
ferro II 1 o 2 mL di acido nitrico sol. 1:2 e si riscalda con attenzione.
A reazione avvenuta si evidenzia l'avvenuta ossidazione di Fe
2+
a Fe
3+
precipitando con NaOH 4 M
l'idrossido di ferro III che presenta, come visto nel " bianco " un colore rosso mattone.

Per le reazioni di precipitazione descritte vedere la scheda " Le reazioni chimiche ".


4) - Ossidazione dello zinco ad opera dell'acido cloridrico:

Zn + 2HCl ZnCl
2
+ H
2


ovvero, in forma ionica:
Zn Zn
2+
+ 2e
2H
+
+ 2e H
2


Zn + 2H
+
Zn
2+
+ H
2


Si pone poco zinco ( Zn ) in una provetta e lo si fa reagire con alcuni mL di acido cloridrico ( HCl ) sol. 1:2 .
Si evidenzia un imponente sviluppo di idrogeno ( H
2
), che possibile riconoscere per la sua elevata
infiammabilit, avvicinando, con cautela, un fiammifero alla bocca della provetta. Al termine della reazione
rester una soluzione acquosa di cloruro di zinco ( ZnCl
2
).


5) - Riduzione del manganese VII a manganese II ad opera dell'acido cloridrico:

2KMnO
4
+ 6HCl + 10HCl 2MnCl
2
+ 2KCl + 5Cl
2
+ 8H
2
O

ovvero, in forma ionica:

10Cl
-
5Cl
2
+ 10e
2MnO
4

+ 10e + 16H
+
2Mn
2+
+ 8H
2
O

10Cl
-
+ 2MnO
4

+ 16H
+
5Cl
2
+ 2Mn
2+
+ 8H
2
O

Si pongono 2 o 3 mL di soluzione diluita, ad es. 0.01 M, di permanganato di potassio ( KMnO
4
) in una
provetta; a questi si aggiunge 1 mL circa di acido cloridrico ( HCl ) sol. 1:2 e si agita con cautela. Dopo
pochi secondi la soluzione viola , caratteristica del manganese VII scolorir fino a divenire quasi incolore o
debolmente rosa, indicando la riduzione a manganese II. La contemporanea ossidazione di Cl
-
a cloro
( Cl
2
) elementare sar, per contro, difficilmente evidenziabile se non per l'odore tipico del gas.


6) - Reazione tra il solfato di rame e lo ioduro di potassio:

2CuSO
4
+ 2KI +2KI 2CuI + 2K
2
SO
4
+ I
2


ovvero, in forma ionica:

2I
-
I
2
+ 2e
2Cu
2+
+2e 2Cu
+


2I
-
+ 2Cu
2+
I
2
+ 2Cu
+




ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
73
Si fanno reagire alcuni mL delle due soluzioni, ad esempio a titolo 0.1 M, in una provetta. Si nota subito il
formarsi di un precipitato bruno di CuI, ioduro di rame II per riduzione del Cu
2+
a Cu
+
. Lo iodio
elementare che si forma nella contemporanea ossidazione da I
-
resta in soluzione. La presenza dello
stesso sar facilmente evidenziabile aggiungendo alcune gocce di salda d'amido ed agitando
energicamente la provetta: in breve apparir la tipica colorazione bluastra, indicante la presenza di iodio .


7) - Reazione tra ioduro di potassio e bromo in soluzione:

2KI + Br
2
2KBr + I
2
ovvero, in forma ionica:
2I
-
I
2
+ 2e
Br
2
+ 2e 2Br
-


2I
-
+ Br
2
I
2
+ 2Br
-


Si fanno reagire, in una provetta, 1 o 2 mL di ioduro di potassio ( KI ), ad es. a titolo 0.1 M, con altrettanta
soluzione acquosa satura di bromo ( Br, acqua di bromo ) che presenta un caratteristico colore bruno.
Il cambiamento di colore dell'acqua di bromo indicher l'avvenuta riduzione a Br
-
. L'ossidazione di I
-
ad
iodio ( I
2
) elementare sar evidenziabile aggiungendo alcune gocce di salda d'amido.


8) - Ossidazione del sodio ad opera dell' acqua:

2Na + 2H
2
O 2NaOH + H
2


ovvero, in forma ionica:
2Na 2Na
+
+ 2e
2H
2
O + 2e H
2
+ 2OH
-


2Na + 2H
2
O 2Na
+
+ H
2
+ 2OH
-



Si riempie un becker da 250 mL di acqua e si pone nello stesso un pezzettino di sodio, coprendo con una
reticella amiantata. La reazione sar molto veloce e, a causa del calore che si sviluppa, non da escludersi
che l'idrogeno ( H
2
) possa incendiarsi. La formazione di idrossido di sodio ( NaOH )in soluzione pu
essere messa in risalto con un indicatore, ad esempio, con alcune gocce di fenolftaleina, che virer al colore
viola.


9) - Riduzione del cromo VI a cromo III ad opera dell'acido solfidrico:

K
2
Cr
2
O
7
+ 3H
2
S + 4H
2
SO
4
2Cr
2
(SO
4
)
3
+ 2K
2
SO
4
+ 3S + 7H
2
O

ovvero, in forma ionica:
3S
2-
3S + 6e
Cr O
2
7
2
+ 6e + 14H
+
2Cr
3+
+ 7H
2
O

Cr O
2
7
2
+ 3S
2-
+ 14H
+
3S + 2Cr
3+
+ 7H
2
O

Si pongono alcuni cristalli di bicromato di potassio ( K
2
Cr
2
O
7
) in una provetta con 3 o 4 mL di acqua
distillata; si aggiunge 1 mL circa di acido solforico sol. 95 % . Si prepara, come di consueto, l'acido
solfidrico ( H
2
S ) trattando, in una provetta con tubo di sviluppo o in un microgeneratore di gas, solfuro di
ferro con acido cloridrico in sol. 1:2. Si immerge il tubo di sviluppo nella soluzione di bicromato facendo
gorgogliare il gas; dopo alcuni secondi, si osserva il cambiamento del colore della soluzione dall'arancio,
colore dato dallo ione Cr
6+
al verde chiaro, colore tipico dello ione Cr
3+
. La soluzione risulta intorbidita per
la formazione dello zolfo ( S ) elementare ottenuto dall'ossidazione dello ione S
2-
.




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74
10) - Riduzione del cromo VI a cromo III ad opera dell'acido cloridrico:

K
2
Cr
2
O
7
+ 8HCl + 6HCl 2KCl + 2CrCl
3
+3Cl
2
+ 7H
2
O

ovvero, in forma ionica:
6Cl
-
3Cl
2
+ 6e
Cr O
2
7
2
+ 6e + 14H
+
2Cr
3+
+ 7H
2
O

6Cl
-
+ Cr O
2
7
2
+ 14H
+
3Cl
2
+ 2Cr
3+
+ 7H
2
O

Si pongono alcuni cristalli di bicromato di potassio ( K
2
Cr
2
O
7
) in una provetta con 3 o 4 mL di acqua
distillata; si aggiunge 1 mL circa di acido cloridrico ( HCl ) sol. 1:3. Si agita con cura e dopo alcuni secondi
si osserva il cambiamento del colore della soluzione dall'arancio, colore dato dallo ione Cr
6+
al verde
chiaro, colore tipico dello ione Cr
3+
. La contemporanea ossidazione di Cl
-
a cloro ( Cl
2
) elementare sar,
per contro, difficilmente evidenziabile se non per l'odore tipico del gas.


11) - Riduzione del manganese VII a manganese II ad opera dell'acqua ossigenata:

2KMnO
4
+ 5H
2
O
2
+ 3H
2
SO
4
2MnSO
4
+ K
2
SO
4
+ 5O
2
+ 8H
2
O

ovvero, in forma ionica:
5H
2
O
2
5O
2
+ 10H
+
+ 10e
2MnO
4

+ 16H
+
+ 10e 2Mn
2+
+ 8H
2
O

5H
2
O
2
+ 2MnO
4

+ 6H
+
5O
2
+ 2Mn
2+
+ 8H
2
O

Si pongono in una provetta 3 o 4 mL di permanganato di potassio ( KMnO
4
) sol. 0.01 M; si aggiunge 1 mL
circa di acido solforico ( H
2
SO
4
) sol. 95 % . Si lascia raffreddare per alcuni secondi e si aggiunge 1 mL
circa di acqua ossigenata ( H
2
O
2
) sol. 20/30 % . Si agita ed in breve si osserva il viraggio del colore della
soluzione dal viola, dato dal Mn
7+
al bruno molto chiaro, quasi incolore, tipico dello ione Mn
2+
. Nel
contempo si osserva lo sviluppo di ossigeno ( O
2
) dovuto all'ossidazione di H
2
O
2
.


12) - Riduzione del manganese VII a manganese II ad opera del cloruro di stagno II:

2KMnO
4
+ 5SnCl
2
+ 16HCl 2KCl + 2MnCl
2
+ 5SnCl
4
+ 8H
2
O

ovvero, in forma ionica:
5Sn
2+
5Sn
4+
+ 10e
2MnO
4

+ 10e + 16H
+
2Mn
2+
+ 8H
2
O

5Sn
2+
+

2MnO
4

+ 16H
+
5Sn
4+
2Mn
2+
+ 8H
2
O

Si pongono in una provetta 3 o 4 mL di permanganato di potassio ( KMnO
4
) sol. 0.01 M; si aggiunge 1 mL
circa di acido cloridrico ( HCl ) sol. 1:3 . Si lascia raffreddare per alcuni secondi e si aggiunge una punta di
spatola di cloruro di stagno II ( SnCl
2
). Si agita ed in breve si osserva il viraggio del colore della soluzione
dal viola, dato dal Mn
7+
al bruno molto chiaro, quasi incolore, tipico dello ione Mn
2+
. L'ossidazione dello
ione Sn
2+
a Sn
4+
pu essere evidenziata con l'analisi proposta nell' esperienza " Verifica dell'equilibrio
chimico in una reazione ".









ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
75
Ossidazione e riduzione dell'oro




Materiali occorrenti:
Oro - Acido nitrico sol. 65 % - Acido cloridrico sol. 37 % - Cloruro di stagno II cristallino - Vetreria.



Richiami teorici:
L'oro un metallo prezioso estremamente stabile; esso infatti non pu essere ossidato dai normali acidi,
quali l'acido cloridrico o l'acido nitrico, a causa del suo elevato potenziale elettrochimico.
Per l'oro sono possibili due stati di ossidazione Au
3+
,il pi comune ed Au
+
; in entrambi i casi i potenziali
sono superiori a quelli propri dell'acido nitrico e dell'acido cloridrico:

Infatti, Au
+
+ e Au
s
E
0
= +1.69 v

Au
3+
+ 3e Au
s
E
0
= +1.40 v

2H
+
+ 2e H
2 (g)
E
0
= +0.00 v
NO
3

+ 4H
+
+3e NO +2H
2
O

E
0
= +0.96 v

L'ossidazione dell'oro pu, per, avvenire per azione di una miscela, in proporzioni di 1:3 tra gli stessi
acido nitrico ed acido cloridrico concentrati; la miscela detta acqua regia.

In questa miscela l'acido nitrico funge da ossidante mentre gli ioni Cl
-
dell'acido cloridrico formano con gli
ioni Au
3+
dei complessi cloroaurici [AuCl
4
]
-
. Il complesso toglie gli ioni Au
3+
dalla soluzione e
contemporaneamente l'acido nitrico ne ossida degli altri dal metallo; questo, nonostante la K
eq
della
reazione sia sfavorevole, porta tuttavia alla completa solubilizzazione dell'oro.

La reazione ionica che avviene :

Au + 4Cl
-
[AuCl
4
]
-
+ 3e
3NO
3

+ 6H
+
+ 3e 3NO
2
+ 3H
2
O

Au + 4Cl
-
+ 3NO
3

+ 6H
+
[AuCl
4
]
-
+ 3NO
2
+ 3H
2
O


La riduzione dello ione Au
3+
possibile ad opera del cloruro di stagno II. Infatti alcune gocce di soluzione
di SnCl
2
in una soluzione di cloruro aurico danno un precipitato di oro colloidale dicroico, bruno al riflesso
ed azzurro-verdognolo per trasparenza, detto porpora di Cassius.

La reazione ossidoriduttiva :

3Sn
2+
3Sn
4+
+ 6e
2Au
3+
+ 6e 2Au

3Sn
2+
+ 2Au
3+
3Sn
4+
+ 2 Au







ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
76
Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: ossidazione dell'oro con acqua regia:
Si prepara una quantit minima di acqua regia versando in un becker da 100 mL 30 mL di acido cloridrico
sol. 37 %; a questi si aggiungono, utilizzando una pipetta, lentamente e con attenzione, 10 mL di acido
nitrico sol. 65 %. Si mescola con una bacchetta in vetro e si lascia riposare per alcuni minuti.

Si pone in una provetta il campione di oro, eventualmente anche oro commerciale 750 , ed in essa si
versa una quantit sufficiente di acqua regia; si attende fino a completa solubilizzazione dell'oro.

La soluzione risultante, di colore debolmente giallo, una soluzione fortemente acida di [AuCl
4
]
-
; questa
soluzione potr essere utilizzata per la fase successiva.


Parte seconda: riduzione di Au
3+
ad Au per opera del cloruro di stagno II:
Si prepara una provetta contenente 4 o 5 mL di acqua distillata; in essa si versano con una pipetta 1 mL
circa della soluzione acida di [AuCl
4
]
-
ed una punta di spatolina di cloruro di stagno II ( SnCl
2
); si agita ed
in breve si osserva il formarsi dell' oro colloidale ( porpora di Cassius ) dall'aspetto dicroico, bruno al
riflesso ed azzurro-verdognolo per trasparenza.

Nel caso si sia esagerato con la quantit di ione cloroaurico si osserver una colorazione nerastra, per cui
sar necessario ripetere l'esperienza con una quantit minore di reagente.





Nota operativa: l' acqua regia abbastanza instabile, per cui necessario prepararla al momento dell'esperienza in
piccole quantit.

La quantit di oro necessaria assai modesta; l'autore ha utilizzato una maglia rotta di catenina, per di pi non
massiccia, per produrre 10 mL circa di soluzione cloroaurica.
































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77
Il processo alluminotermico



Materiali occorrenti:
Ossido di ferro III - Alluminio in polvere fine - Magnesio in nastrino - Refrattario o mattone - Calamita -
Vetreria.


Richiami teorici:
Si tratta di una semplice reazione redox che, innescata dal calore, risulta, a compimento, fortemente
esotermica. In essa si ha lo spostamento del ferro dal suo ossido ( riduzione ), con formazione di goccioline
di metallo fuso, ed ossidazione dell'alluminio ad Al
2
O
3
, che ha l'aspetto di solido biancastro.

La reazione che avviene la seguente:

2Al + Fe
2
O
3
2Fe + Al
2
O
3
+ calore ( 197 kcal. )

ovvero, in forma ionica:

2Al 2Al
3+
+ 6e
2Fe
3
+ 6e 2Fe

2Al + 2Fe
3+
2Al
3+
+ 2Fe

Questa reazione alla base di una importante applicazione pratica, il processo alluminotermico; questo
veniva, un tempo, utilizzato per la saldatura delle rotaie ferroviarie. La miscela, chiamata termite, era
anche alla base di alcuni tipi di bombe incendiarie.


Esecuzione dell'esperienza:
In una capsula di porcellana si mescolano con cura 1 g. di alluminio in polvere e 3 g. di ossido di ferro III.
Quando la miscela omogenea la si dispone su un mattone o su un refrattario, formando un piccolo
mucchio nel quale si inserisce il nastrino di magnesio, che ha la funzione di innesco.

Si incendia il nastrino di magnesio e, a distanza di sicurezza, si osserva la reazione che velocemente
procede con un bagliore e con forte sviluppo di calore.

Dopo aver lasciato raffreddare per alcuni secondi, si osservano i prodotti di reazione; questi, se tutto
proceduto correttamente, appaiono come masserelle grigiastre di ossido di alluminio e palline scure di
ferro.

Disponendo di una piccola calamita possibile riconoscere il ferro in quanto verr da questa attratto.










Nota operativa: per un buon esito dell'esperienza necessario utilizzare quantit stechiometriche dei reagenti,
ricordando che il PM di Al di 26.98 e quello di Fe
2
O
3
di 159.69. Il rapporto deve essere sempre di 1:3.






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78
La pila Daniell


Materiali occorrenti:
Lamine di rame, zinco, magnesio - Soluzioni 0.1 M di solfato di rame II, solfato di zinco, solfato di magnesio
- Soluzione concentrata di cloruro di ammonio - Voltmetro - Tester - Cavi di collegamento - Vetreria.



Richiami teorici:
Le ossidoriduzioni consistono in un flusso di elettroni dall'elemento meno elettronegativo a quello pi
elettronegativo; tale flusso altro non che energia elettrica. Se teniamo separate le due semireazioni in
modo tale che il flusso compi un percorso esterno al sistema di reazione, possibile trasformare l'energia in
lavoro.

Il lavoro svolto dal flusso di elettroni si chiama f.e.m. ( forza elettromotrice ) o potenziale elettrico.

I sistemi che trasformano una redox in un potenziale si dicono celle elettrochimiche o pile
elettrochimiche.

Una pila formata da due elementi galvanici ( semicelle ) formati ognuno da una lamina metallica
immersa in una soluzione salina dello stesso metallo.
I due elementi sono collegati da un ponte salino ( tubo ad U contenente una soluzione concentrata, ad
es., di NH
4
Cl, KNO
3
) che permette la migrazione degli ioni al fine di mantenere elettricamente neutre le
soluzioni senza il completo mescolamento delle stesse; tale evenienza farebbe, infatti, s che gli ioni
possano scambiarsi direttamente per contatto gli elettroni senza generare alcuna f.e.m.. Il ponte salino pu
essere sostituito da un setto poroso con la stessa funzione.

Le due lamine metalliche sono collegate con fili elettrici ad un circuito esterno comprendente un utilizzatore,
in genere un voltmetro o un multimetro. Nel circuito passeranno gli elettroni partendo dall'elettrodo che ne
possiede di pi, ovvero quello della semicella ove si ha l'ossidazione ( anodo o polo negativo ), per
giungere all'elettrodo della semicella ove si ha la riduzione ( catodo o polo positivo ). Attraverso il
voltmetro o il multimetro possibile misurare la f.e.m. generata.

Quando il sistema raggiunge l'equilibrio, il processo ha termine.

Potenziale standard ( E
0
): si intende il potenziale di una redox che si svolge a 25 C e a 1 atm. tra un
elettrodo di un qualsiasi metallo in una soluzione 1 M di un suo sale ed un elettrodo ad idrogeno.


Esecuzione dell'esperienza:

Parte prima: cella Zn // Cu :
Si pongono in un becker ca. 100 mL di soluzione 0.1 M di solfato di rame immergendo la lamina di rame. In
un secondo becker si pone una identica quantit di solfato di zinco sol. 0.1 M immergendo la laminetta di
zinco. Si collegano con due fili di diverso colore la lamina di rame all'ingresso positivo del voltmetro e la
lamina di zinco all'ingresso negativo.

Si riempie completamente il tubo ad U di soluzione concentrata di cloruro di ammonio, tappando le due
estremit con due batuffoli di cotone; il tubo serve, come detto, da ponte salino.
Si rovescia il ponte salino, controllando che vi sia continuit e si immergono i tubi nei due beckers. Se tutto
stato fatto correttamente, sul voltmetro si pu osservare una f.e.m. di 1.1 volts circa.

Detta f.e.m. data dalla differenza tra i potenziali dei due elettrodi:

E = E
0
(Cu
2+
/ Cu) - E
0
(Zn
2+
/ Zn) = 0.34 - (- 0.76) = 1.1 volts



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79
La reazione di ossidoriduzione che si verificata la seguente:

Zn Zn
2+
+ 2e
Cu
2+
+ 2e Cu

Zn + Cu
2+
Zn
2+
+ Cu

Lo zinco funziona da anodo ( polo negativo ) e, quindi si ossida consumandosi, mentre il rame funziona da
catodo ( polo positivo ) riducendosi e, quindi, aumentando di volume.

Se si dispone di un amperometro o di un multimetro, collegandolo al posto del voltmetro, possibile
misurare l'intensit della corrente.


Parte seconda: Cella Mg // Cu:
Si opera come nella fase seguente, sostituendo il becker della semipila Zn con un becker contenente 100
mL circa di soluzione 0.1 M di solfato di magnesio ed immergendo una lamina di magnesio.
Si osserver una f.e.m. di circa 2.71 volts.

Detta f.e.m. data dalla differenza tra i potenziali dei due elettrodi:

E = E
0
(Cu
2+
/ Cu) - E
0
(Mg
2+
/ Mg) = 0.34 - (- 2.37) = 2.71 volts

La reazione di ossidoriduzione che si verifica la seguente:

Mg Mg
2+
+ 2e
Cu
2+
+ 2e Cu

Mg + Cu
2+
Mg
2+
+ Cu

Il magnesio funziona da anodo ( polo negativo ) e, quindi si ossida consumandosi, mentre il rame
funziona da catodo ( polo positivo ) riducendosi e, quindi, aumentando di volume.

Anche in questo caso possibile misurare l'intensit della corrente con l'ausilio di un amperometro.





























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80
La pila di Leclanch


Materiali occorrenti:
Pila Leclanch (modello didattico) - Cloruro di ammonio sol. 10 % - Voltmetro - Amperometro - Lampadina
1.5 V, 0.3 A - Cavi.


Richiami teorici:
Nella pila a secco di Leclanch le soluzioni ove sono immersi gli elettrodi sono sostituite da poltiglie
gelatinose. Il rivestimento esterno in zinco ed agisce da anodo ( - ). Una barretta di grafite, immersa nella
poltiglia ha l'esclusiva funzione di conduttore per la stessa, costituita da MnO
2
, NH
4
Cl, ZnCl
2,
, nerofumo,
amido ed H
2
O, che svolge le funzioni di catodo ( + ).

Durante il funzionamento lo zinco si ossida mentre il biossido di manganese si riduce.
Le semireazioni sono tuttora discusse, anche se le pi probabili sembrano le seguenti:


ossidazione anodica: Zn Zn
2+
+ 2e E = - 0.76 v

riduzione catodica: 2MnO
2
+ 2NH
4
+
+ 2e 2MnO(OH) + 2NH
3
E = + 0.75 v

Zn + 2MnO
2
+ 2NH
4
+
Zn
2+
+ 2MnO(OH) + 2NH
3
E= + 1.51 v


La f.e.m. espressa dalla pila Leclanch , quindi, di circa 1.5 volts.

La pila di Leclanch si scarica quando le reazioni raggiungono l'equilibrio. Gli ioni Zn
2+
prodotti
dall'ossidazione anodica reagiscono con gli ioni NH
4
+
della poltiglia con la reazione:

Zn
2+
+ 2NH
4
+
+ 2OH
-
[Zn(NH
3
)
2
]
2+
+ 2H
2
O .

Questo permette di mantenere bassa la concentrazione di Zn
2+
e, di conseguenza, costante la f.e.m.. Nella
pila lasciata a riposo l'ossidazione di questo ione complesso genera un potenziale maggiore di quello dello
zinco, per cui la pila pu recuperare parte della carica.

L'ammoniaca che si libera al catodo isola la barretta di grafite, interrompendo il flusso di elettroni. La f.e.m.
decresce, quindi, progressivamente.


Esecuzione dell'esperienza:

Si pone l' anodo cilindrico in zinco nel contenitore in plastica. All'interno del tutto si pone il complesso
formato dal cilindro in grafite e dalla poltiglia. Si versa nello spazio rimasto la soluzione di cloruro di
ammonio fino a coprire il tutto. Quest'insieme costituisce il catodo.

Si collegano, utilizzando due fili di diverso colore, l'anodo ed il catodo con un voltmetro, rispettando la
polarit, e si misura la f.e.m. Questa risulta pari a circa 1.5 volts.

Dopo si collega la pila all' amperometro e ad un utilizzatore, ad esempio una lampadina da 1.5 v e 0.3 A,
costituendo un idoneo circuito elettrico; si determina, cos, l'intensit della corrente prodotta. Nel caso
della pila didattica tale intensit pari a circa 0.5 A; essa, quindi, in grado di accendere la lampadina.

Al termine dell'esperienza si lavano con cura gli elementi con acqua corrente e si fanno asciugare all'aria.





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81
L'accumulatore al piombo



Materiali occorrenti:
Cella elettrolitica - Lamine di piombo - Acido solforico sol. 10 % ca. - Alimentatore in c.c. da 6/12 volts -
Voltmetro - Amperometro - Lampadina 1.5 V, 0.5 A - Cavi.


Richiami teorici:
Gli accumulatori al piombo sono delle pile reversibili; possono, infatti, accumulare corrente ( processo di
carica ) oppure generare corrente ( processo di scarica ),in quanto la reazione di ossidoriduzione che
avviene pu procedere nei due sensi.

Gli accumulatori sono costituiti da un anodo (-) costituito da piastre in piombo e da un catodo (+) costituito
da piastre in piombo rivestite da biossido di piombo ( PbO
2
); gli elettrodi sono immersi in un elettrolita,
costituito da una soluzione circa al 20 - 30 % di acido solforico.

L'accumulatore pu essere cos schematizzato:

( - ) Pb / H
2
SO
4
/ PbO
2
( + )

Nel processo di scarica l'accumulatore funziona da cella galvanica e fornisce energia elettrica trasformando
l'energia chimica: all' anodo ( - ) avviene una reazione reversibile di ossidazione , mentre al catodo ( + ) si
ha una reazione reversibile di riduzione.


ossidazione anodica: Pb
(s)
+ SO
4
2-
(aq)
PbSO
4 (aq)
+ 2e ( Pb Pb
2+
)



riduzione catodica: PbO
2 (s)
+ 4H
+
+ SO
4
2-
(aq)
+ 2e PbSO
4 (s)
+ 2H
2
O ( Pb
4+

Pb
2+
)

Pb
(s)
+ PbO
2 (s)
+ 4H
+
+ 2SO
4
2-
(aq)
2PbSO
4 (s)
+ 2H
2
O


La f.e.m. teorica di un elemento di accumulatore al piombo pu essere facilmente calcolata osservando i
potenziali standard di riduzione delle due semireazioni:

PbO
2 (s)
+ SO
4
2-
(aq)
+ 4H
+
+ 2e PbSO
4 (s)
+ 2H
2
O E
0
= +1.69
PbSO
4 (s)
+ 2e Pb
(s)
+ SO
4
2-
(aq)
E
0
= -0.36

per cui, f.e.m. = +1.69 - (-0.36 ) = 2.04 v

Questo valore riferito ad una situazione standard ( 25 C e concentrazione 1 M ); in pratica, un elemento
al piombo in cui la concentrazione di H
2
SO
4
sia 45 M ( 2030 % ) , la f.e.m. di circa 2.2 v e tende a
scendere, durante lutilizzo, a circa 2 v.

Nel processo di carica le reazioni che si verificano ai due poli sono uguali ma opposte a quelle descritte, in
quanto sono provocate dall'energia elettrica fornita da un generatore; con essa si trasforma PbSO
4
in Pb e
PbO
2
. La tensione da fornire deve essere di circa 2.2 v, e non deve essere suparata; infatti quando la
tensione applicata raggiunge i 2.4 v si ha elettrolisi dellacqua con sviluppo di H
2
ed O
2
Ci porta ad un
inutile consumo di energia elettrica e a deterioramento delle placche dellaccumulatore, per azione dei gas.


ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
82
Nel processo di scarica opportuno non far diminuire mai la f.e.m. sotto 1.8 v per elemento. Questa
evenienza porterebbe al processo di solfatazione dellelemento. Il PbSO
4
che si forma normalmente un
sale poco solubile ed aderisce alle piastre sotto forma di granuli molto piccoli.
Se la f.e.m. scende sotto 1.8 v si formano dei granuli molto grossi che non riescono pi a ritrasformarsi nel
processo di carica.

In pratica la fine della vita di una batteria di accumulatori al piombo dovuta al processo di solfatazione.

La reazione complessiva dellaccumulatore al piombo , in definitiva, la seguente:



PbO
2(s)
+ Pb
(s)
+ 2H
2
SO
4(aq)

( scarica )
( carica )

2PbSO
4(s)
+ 2H
2
O
(aq)




Esecuzione dell'esperienza:
Il modello didattico di accumulatore al piombo formato da una cella elettrolitica in vetro, da due lamine in
piombo e da un sostegno isolato per dette.
Nella cella si pone la soluzione di acido solforico , fino a ca. 4 cm. dal bordo.

Si immergono le lamine di piombo, montate sul supporto isolato, e, tramite due cavi, le si collegano ad un
generatore di corrente continua da 6 v. . In breve sull' anodo si nota un annerimento per formazione di
PbO
2
dovuto all'elettrolisi.

Trascorsi alcuni minuti per la carica, si disconnettono i cavi e si misura la f.e.m. espressa dall'accumulatore
collegando il voltmetro alle lamine, nel rispetto della polarit.

Tale f.e.m. espressa di circa 2 v.. Il tipo di corrente , ovviamente, continua.

Dopo questa fase si collega l'accumulatore all'amperometro e ad un utilizzatore, quale, ad esempio, una
lampadina da 1.5 V, 0.3 A, costituendo un idoneo circuito. Si determina l'intensit della corrente restituita.
Nel caso dell'accumulatore didattico descritto essa pari a circa 0.5 A.

Se si lascia attivo il sistema, si nota che l'intensit e, quindi, la luce emessa dalla lampadina tendono
rapidamente a decrescere, ovviamente in proporzione al tempo di carica.

In base alle risultanze dell'esperienza facile comprendere perch gli accumulatori per veicoli hanno
tensioni multiple della f.e.m. espressa da una singola cella, ad esempio, 6 o 12 volts: sono costituiti, infatti,
da 3 o 6 celle elementari collegate in serie.

Disponendo di almeno due celle elettrolitiche didattiche possibile verificare quanto sopra; inoltre
possibile verificare che il collegamento in parallelo di due o pi celle elementari non porta ad aumento della
tensione ma, bens, a quello dell'intensit.

Al termine dell'esperienza si svuota la cella elettrolitica, si lava il tutto con acqua corrente, lasciando
asciugare all'aria.

















ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
83
L' elettrolisi dell' acqua


Materiali occorrenti:
Voltametro di Hoffmann con elettrodi in platino - Generatore c.c. 6/12 volts 0.5 A - Acido solforico
sol. 5 % ca. - Solfato di sodio sol. 5 % ca. - Idrossido di sodio sol. 5 % ca. - Sostegno - Cavi.


Richiami teorici:
L'elettrolisi dell'acqua avviene quando nel solvente sia presente un elettrolita. L'elettrolita pu essere, come
noto, un acido, una base, un sale dissociati. Si possono verificare quindi le tre situazioni di cui alle
esperienze.

Da ricordare che l'acqua formata in massima parte da molecole indissociate di H
2
O e solo 1 molecola su
550 milioni dissociata in H
3
O
+
ed OH
-
.
Gli ioni H
3
O
+
ed OH
-
hanno, come noto, concentrazione molare eguale ed il prodotto ( K
w
) di tali
concentrazioni, a 25 C, = 1.00 10
-14
, da cui deriva che [H
3
O
+
] = 1.00 10
-7
mol/L e [OH
-
] =
1.00 10
-7
mol/L, mentre [H
2
O] = 1000 g / 18.016 g/mol = 55.5 mol/L.
Per questi motivi gli ioni H
3
O
+
ed OH
-
provenienti dall'autoionizzazione dell'acqua possono essere trascurati
ai fini delle reazioni elettrolitiche.


Esecuzione dell'esperienza:
Si monta il voltametro sul suo sostegno inserendo gli elettrodi, montati su tappi in gomma, nei fori dei due
tubi laterali. Si riempe l'apparecchio versando la soluzione scelta dal foro superiore, lasciando i rubinetti
laterali aperti; non appena il liquido giunge al loro livello, si chiudono accuratamente.

Si collegano gli elettrodi, tramite due cavi, al generatore di c.c., indicando sul voltametro quale sia il catodo
( - ) e quale sia l'anodo ( + ). Si accende il generatore, si nota uno sviluppo di gas ai due elettrodi.


Parte prima: elettrolisi di una soluzione acquosa diluita di Na
2
SO
4
:
Si utilizza una soluzione di solfato di sodio 5 % ca.; prima dell'elettrolisi sono presenti nella soluzione
molecole di H
2
O dipolari, ioni Na
+
ed SO
4
2-
provenienti dalla dissociazione del sale. Innescando l'elettrolisi
si ottiene una migrazione di ioni e molecole, e cio:

al catodo ( - ) migrano gli ioni a carica positiva Na
+
e le molecole di H
2
O.
all'anodo ( + ) migrano gli ioni a carica negativa , SO
4
2-
,e le molecole di H
2
O.

Avvengono le seguenti reazioni ossidoriduttive
Al catodo si ha la riduzione di molecole di H
2
O in quanto il loro potenziale redox ( E
( H O / H )
0
2 2
= - 0.83 v )
maggiore di quello di Na
+
( E
( Na / Na )
0
+
= -2.71 ).
All'anodo si ha ossidazione di molecole di H
2
O in virt del loro potenziale ( E
( O / H O )
0
2 2
= +1.23 v )
minore di quello di SO
4
2
( E
( SO S O )
0
4
2-
2
8
2-
/
= +2.05 v ) .

Le reazioni sono:

Riduzione catodica: 4H
2
O + 4e 2H
2
+ 4OH
-


Ossidazione anodica: 2H
2
O O
2
+ 4H
+
+ 4e

Reazione complessiva: 6H
2
O 2H
2
+ O
2
+ 4H
+
+ 4OH
-
( 4H
+
+ 4OH
-
= 4H
2
O ), per cui
2H
2
O 2H
2
+ O
2

Parte seconda: elettrolisi di una soluzione diluita di NaOH:

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
84
In questa fase si utilizza una soluzione ca. 5 % di idrossido di sodio. Prima dell'innesco dell' elettrolisi sono
presenti in soluzione molecole dipolari di H
2
O e gli ioni OH
-
e Na
+
provenienti dalla dissociazione della
base. Attivando la reazione elettrolitica si ottiene una migrazione di ioni e molecole, e cio:

al catodo ( - ) migrano gli ioni a carica positiva Na
+
e le molecole di H
2
O.
all'anodo ( + ) migrano gli ioni a carica negativa , OH
-
, e le molecole di H
2
O.

Avvengono le seguenti reazioni ossidoriduttive
Al catodo si ha la riduzione di molecole di H
2
O in quanto il loro potenziale redox ( E
( H O / H )
0
2 2
= - 0.83 v )
maggiore di quello di Na
+
( E
( Na / Na )
0
+
= -2.71 ).
All'anodo si ha ossidazione di OH
-
in quanto il loro potenziale ( E
( O / OH )
0
2
-
= +0.40 v ) minore di quello
di H
2
O ( E
( O / H O )
0
2 2
= +1.23 v ) .

Le reazioni sono:

Riduzione catodica: 4H
2
O + 4e 2H
2
+ 4OH
-


Ossidazione anodica: 4OH
-
O
2
+ 2H
2
O + 4e

Reazione complessiva: 4H
2
O + 4OH
-
2H
2
+ O
2
+ 2H
2
O + 4OH
-
per cui,
2H
2
O 2H
2
+ O
2




Parte terza: elettrolisi di una soluzione diluita di H
2
SO
4
:
Si utilizza una soluzione di acido solforico 5 % ca.; prima dell'elettrolisi sono presenti nella soluzione
molecole dipolari di H
2
O, ioni H
3
O
+
ed SO
4
2-
provenienti dalla dissociazione dell'acido. Innescando la
reazione elettrolitica si ottiene una migrazione di ioni e molecole, e cio:

al catodo ( - ) migrano gli ioni a carica positiva, H
3
O
+
e le molecole di H
2
O.
all'anodo ( + ) migrano gli ioni a carica negativa SO
4
2-
e le molecole di H
2
O.

Avvengono le seguenti reazioni ossidoriduttive
Al catodo si ha la riduzione di ioni H
3
O
+
in quanto il loro potenziale redox ( E
( H / H )
0
+
2
= 0.00 v )
maggiore di quello di H
2
O ( E
( H O / H )
0
2 2
= - 0.83 v ) .
All'anodo si ha ossidazione di molecole di H
2
O in virt del loro potenziale ( E
( O / H O )
0
2 2
= +1.23 v )
minore di quello di SO
4
2
( E
( SO S O )
0
4
2-
2
8
2-
/
= +2.05 v ).
Le reazioni sono:

Riduzione catodica: 4H
+
+ 4e 2H
2


Ossidazione anodica: 2H
2
O O
2
+ 4H
+
+ 4e

Reazione complessiva: 2H
2
O 2H
2
+ O
2


Le reazioni elettrolitiche possono continuare fino a che nel voltametro sia presente acqua o fino a che le
concentrazioni degli ioni dissociati dal sale, dall'acido o dalla base non aumentino troppo.

Al termine di ciascuna fase si disinserisce l'alimentatore e si osserva che i gas nei due tubi sono in rapporto
volumetrico idrogeno / ossigeno 2:1, in conformit alla legge di Avogadro che dice " ... volumi eguali di
gas diversi, nelle stesse condizioni di pressione e temperatura, contengono lo stesso numero di moli ... ".




ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
85
L'elettrolisi di una soluzione di ioduro di potassio


Materiali occorrenti:
Tubo ad U con tubicini laterali - Sostegno - Ioduro di potassio sol. 0.1 M - Fenolftaleina sol. 1 % - Salda
d'amido - Generatore c.c. 6 volts - Elettrodi in grafite o in Ni-Cr montati su tappi in gomma - Cavi.


Esecuzione dell'esperienza:
Si versa la soluzione di ioduro di potassio nel tubo ad U fino ad un livello sufficiente per l'immersione
degli elettrodi. Si inseriscono gli stessi nei due fori del tubo collegandoli al generatore di c.c., indicando
l'anodo ( + ) e il catodo ( - ).

Nella soluzione, prima dell'elettrolisi, sono presenti molecole di H
2
O e gli ioni: K
+
e I
-
provenienti dalla
dissociazione del sale. Si trascura la presenza di ioni H
3
O
+
ed OH
-
provenienti dall'autoionizzazione di H
2
O.

Chiudendo il circuito l'anodo richiama a s gli anioni I
-
e molecole di H
2
O, mentre il catodo richiama a
s i cationi K
+
e molecole di H
2
O. Le molecole di acqua sono, come noto, dipoli per cui possono migrare
ad entrambi gli elettrodi.

Avvengono le seguenti reazioni di ossidoriduzione:


Catodo: si sviluppano bollicine di gas idrogeno formatosi dalla reazione di riduzione dell'acqua:

2H
2
O + 2e H
2
+ 2OH
-
.

Non si ha la contemporanea riduzione di K
+
a potassio elementare in quanto il potenziale standard di questo
: E
( K / K )
0
+
= -2.91 v , valore che indica una tendenza ad acquistare elettroni, ovvero a ridursi, minore di
quella dell' acqua (E
( H O / H )
0
2 2
= -0.83 v ).

Si preleva una parte della soluzione catodica attraverso il tubicino ponendola in una provetta; aggiungendo
alcune gocce di fenolftaleina si noter un pH basico dovuto all'aumento della concentrazione di OH
-

prodottosi nella reazione di riduzione.


Anodo: si osserva un lento depositarsi di iodio per la reazione di ossidazione :

2I
-
I
2
+ 2e

Solo lo ione I
-
subisce l'ossidazione; il suo potenziale standard ( E
( 2I / I )
0
-
2
= +0.536 v ) ,infatti, minore di
quello di H
2
O ( E
( O / H O )
0
2 2
= +1.23 v ) ; questo significa che I
-
ha una maggiore tendenza a cedere
elettroni, ovvero ad ossidarsi, di quella di H
2
O.

La reazione complessiva :

ossidazione anodica: 2I
-
I
2
+ 2e
riduzione catodica: 2H
2
O + 2e H
2
+ 2OH
-






2H
2
O + 2I
-
H
2
+ I
2
+ 2OH
-


La presenza dello iodio pu essere rilevata con alcune gocce di tetracloruro di carbonio o benzene che si
coloreranno in violetto o con alcune gocce di salda d'amido che dar una colorazione blu.





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86
L'elettrolisi di un sale fuso



Materiali occorrenti:
Bromuro di potassio - Generatore in c.c. da 6 volts - Lampadina da 6 volts - Cavi - Elettrodi in grafite -
Capsula in porcellana - Bunsen.


Esecuzione dell'esperienza:
Si prepara un circuito elettrico tra il generatore in c.c. e la lampadina; il circuito risulta aperto in un punto ed
i cavi connessi a due elettrodi in grafite. Connettendo direttamente gli elettrodi o interponendo tra gli stessi
un conduttore la lampadina si accende.

Si pongono nella capsula di porcellana 2 o 3 grammi di bromuro di piombo e si immergono nel sale le
punte degli elettrodi montati su un supporto isolato e protetto da una lamina di mica o amianto. Come visto
nell' esperienza " La conducibilit elettrica ", la lampadina non si accende, trattandosi di una sostanza ionica
cristallina.

Si posiziona la capsula con il sale e gli elettrodi su un treppiede con reticella amiantata; sotto a questo si
accende il bunsen.

Quando il sale raggiunge il suo punto di fusione ( 373 C ) la lampadina si accende ad indicare la chiusura
del circuito e l'inizio del processo elettrolitico.

All'anodo ( + ) si osserva, dopo pochi secondi, lo sviluppo di vapori rossastri di bromo elementare, dato
dalla reazione di ossidazione :

2Br
-
Br
2
+ 2e

Al catodo ( - ) si ha la riduzione del Pb
2+
a piombo elementare, secondo la reazione:

Pb
2+
+ 2e Pb

Questo sar evidente, chiudendo il bunsen e lasciando raffreddare il sistema, sotto forma di una pallina
metallica che si deposita sull'elettrodo.












Nota operativa: Il bromuro di piombo non si trova facilmente in commercio. Per questo pu essere prodotto per
precipitazione facendo reagire il bromuro di potassio con il nitrato di piombo, secondo la reazione:
2KBr + Pb(NO
3
)
2
2KNO
3
+ PbBr
2
.
Il precipitato cos ottenuto deve essere filtrato, lavato ed essicato accuratamente.

Il sale utilizzato pu anche essere sostituito dallo ioduro di piombo, eventualmente preparato nel modo descritto.








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87
La galvanostegia



Materiali occorrenti:
Solfato di rame sol. 10/20 % - Rame in lamina - Oggetto in lega di ferro ( es. moneta da 50 o 100 lire ) -
Idrossido di sodio sol. 4 M - Acido cloridrico sol. 1:3 - Acetone - Generatore c.c. 6 volts - Cavi - Vetreria.


Richiami teorici:
La galvanostegia un processo elettrochimico con il quale possibile ricoprire stabilmente un oggetto
metallico con un metallo pi pregiato ( es. oro, argento, rame, nickel, etc. ). Si effettua in un bagno
galvanico sfruttando il passaggio di una corrente continua a basso voltaggio. L'oggetto funge da catodo e
su di esso si ha la riduzione del metallo pregiato, mentre per anodo si utilizza una lamina di quest'ultimo
che, ovviamente, si ossida. Il bagno galvanico una soluzione di un sale del metallo pregiato.

Il processo, che f parte della galvanotecnica, ha numerosissime applicazioni industriali. In alcuni casi
definita placcatura.


Esecuzione dell'esperienza:
Preliminarmente si effettua il cosiddetto decapaggio, ovvero una sgrassatura e pulizia dell'oggetto da
ricoprire. Questo deve essere strofinato con un batuffolo intriso di acetone e quindi immerso, di seguito, in
una soluzione di acido cloridrico sol. 1:3 ed in una di idrossido di sodio 4 M. In ultimo si lava con acqua
distillata e si asciuga.

Si connette, quindi, la lamina di rame al terminale a coccodrillo del cavo proveniente dal polo positivo del
generatore e l'oggetto in lega di ferro al terminale del cavo collegato al polo negativo.

Si immergono anodo e catodo nella soluzione galvanica posta in un becker e si accende il generatore. In
breve si osserva l'apposizione di rame elementare sull'oggetto ferroso, fenomeno che diventa pi evidente
e completo dopo pochi minuti.

Al termine si scollega il generatore, si preleva l'oggetto e si nota che la ricopertura si intimamente legata
al metallo, tanto da non poter essere rimossa per strofinio.

Le reazioni ossidoriduttive che sono avvenute sono le seguenti:

Ossidazione anodica: Cu Cu
2+
+ 2e

Riduzione catodica: Cu
2+
+ 2e Cu








Nota operativa: evitare di tenere l'anodo ed il catodo a distanza troppo ravvicinate; questo porterebbe ad una
ricopertura troppo veloce e massiva che potrebbe assumere un colore nerastro. L'oggetto da ricoprire deve essere
ruotato pi volte in modo che l'apposizione elettrolitica di rame sia il pi possibile uniforme.









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88
La conducibilit elettrica


Materiali occorrenti:
Rame - Zinco - Grafite - Zolfo - Solfato di rame - Ioduro di potassio - Benzene - Alcool etilico - Paraffina -
Acido acetico glaciale e sol. 0.5 M - Acido cloridrico sol. 0.5 e 0.01 M - Solfato di rame - Idrossido di sodio
cristallino - Elettrodi in grafite - Alimentatore in c.c. da 6 v - Cavi - Multimetro - Lampadina da 6 v, 0.5 A -
Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Lo scopo dell'esercitazione quello di effettuare prove comparative di conducibilit elettrica tra varie
sostanze: metalli, nonmetalli, liquidi, sostanze ioniche cristalline, in soluzione e allo stato fuso.

Preliminarmente si appronta un circuito elettrico formato da un alimentatore in c.c. da 6 volts connesso ad
una lampadina adeguata. Il circuito aperto in un punto con terminali dei cavi a coccodrillo. Si verifica la
continuit dello stesso connettendo i due terminali ed osservando l'accensione della lampadina. Si deduce
che interponendo nel circuito un conduttore si osserver la stessa cosa, mentre, nel caso di un isolante la
lampadina rester spenta.

Parte prima: prove di conducibilit di alcuni metalli e non metalli:
Si eseguono, nel modo indicato, prove di conducibilit delle seguenti sostanze: zinco, rame, zolfo, paraffina
e grafite.

Nel caso di zinco e rame si osserva l'accensione della lampadina; i due elementi sono, infatti, dei metalli.
Questi, come noto, conducono corrente elettrica in quanto nei loro atomi gli elettroni sono " delocalizzati "
e, per questo, in grado di spostarsi da un atomo all'altro.

Con lo zolfo non si osserva l'accensione della lampadina. Questo elemento infatti un nonmetallo ovvero
un solido molecolare ( S
8
) i cui atomi sono legati da legami covalenti ; gli elettroni possono, tutt'al pi,
essere condivisi tra gli atomi e non possono muoversi liberamente. I solidi molecolari covalenti sono,
perci, in massima parte, degli isolanti.

Identica situazione si ha ponendo tra i due terminali un pezzetto di paraffina ( formula generica:
CH
3
-(CH
2
)
n
-CH
3
con n compreso tra 15 e 25 ); anche questa sostanza ha struttura covalente, per cui si
comporta da isolante.

L'esperienza con il carbonio grafite rileva che questo solido un ottimo conduttore, pur essendo anch'esso
un solido covalente. In un atomo dei quattro elettroni di valenza, tre sono legati covalentemente con tre
atomi vicini su un piano, formando una struttura stabile, mentre il quarto elettrone forma doppi legami
-C=C-C=C- coniugati; esso delocalizzato e quindi in grado di spostarsi da un atomo all'altro. Questa
struttura determina l'ottima conducibilit di questa sostanza.

Parte seconda: prove di conducibilit di alcuni liquidi:
In tre beckers si versano, rispettivamente, acqua, alcool etilico e benzene. Si connettono ai terminali due
elettrodi in grafite e si immergono successivamente nei liquidi.
In nessun caso si ha accensione della lampadina; infatti le sostanze liquide pure, ad eccezione del mercurio
che un metallo, si comportano da isolanti. Le tre sostanze presentano anch'esse legami di tipo covalente e
perci agiscono da isolanti.

Parte terza: prove di conducibilit di sostanze allo stato puro e sciolte in acqua:
Si prendono quattro beckers e si pone, nel primo una spatolata di ioduro di potassio, nel secondo una di
saccarosio, nel terzo 5 o 6 mL di acido acetico glaciale e nel quarto una di idrossido di sodio cristallino. Si
immergono, in successione, gli elettrodi in grafite e si osserva che in nessun caso si ha l'accensione della
lampadina.

Terminata questa fase si aggiungono 20 o 30 mL di acqua distillata nei beckers di cui sopra; in un quarto
becker si versano 20 mL di acido acetico in sol. 0.5 M e si ripete l'esperienza. Si osserva che la soluzione
di ioduro di potassio conduce corrente, permettendo l'accensione della lampadina; allo stesso modo si

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
89
comporta la soluzione di idrossido di sodio e, in modo molto meno evidente, quella di acido acetico 0.5 M.;
al contrario quella di saccarosio agisce da isolante.

Tutte queste sostanze allo stato puro si comportano, quindi, da isolanti ma la loro struttura per diversa e,
per questo, diverso il loro comportamento in soluzione acquosa.

Lo ioduro di potassio un sale e quindi un composto tipicamente ionico; gli ioni sono, per, impacchettati
nel reticolo cristallino e quindi non sono in grado di muoversi liberamente. L'acqua, per la sua caratteristica
fortemente dipolare in grado di interagire con gli ioni impacchettati nel reticolo cristallino, strappandoli
lentamente a questo. Gli ioni K
+
e I
-
vengono immediatamente circondati da molecole di H
2
O
( solvatazione ) e sono, perci, in grado di chiudere il circuito dirigendosi verso gli elettrodi di segno
opposto. Il processo detto di dissociazione ionica. Lo stesso comportamento si manifesta, ovviamente,
con soluzioni di altri sali, quali ad esempio: NaCl, Na
2
SO
4
, KNO
3
, etc.

L'acido acetico non formato da ioni, ma un composto di tipo covalente; il legame di tipo polare per
cui la condivisione di elettroni non equilibrata; l'acqua per la sua caratteristica dipolare fa s che gli
elettroni passino del tutto su uno dei due atomi. L'acido si dissocia negli ioni CH
3
COO
-
e H
+
anch'essi
solvatati; essi possono, migrando agli elettrodi di segno opposto, chiudere il circuito.

L'idrossido di sodio un composto ionico poliatomico, nel quale gli ioni Na
+
e OH
-
sono imprigionati nel
reticolo cristallino. Come avviene per lo ioduro di potassio, l'acqua in grado di liberare gli ioni che
possono, cos, migrare ai poli di segno opposto, chiudendo il circuito elettrico.

E' evidente che nei casi precedenti ha avuto luogo una elettrolisi. Acidi, basi e sali sono elettroliti.

Il saccarosio disciolto in acqua non in grado di formare ioni, anzi si disperde in molecole neutre. Per
questo motivo anche in soluzione acquosa agisce da isolante.

Parte quarta: conducibilit di sostanze allo stato fuso:
Si dispongono su treppiedi con reticella amiantata due capsule in porcellana; in una si pongono due
spatolate di ioduro di potassio, nell'altra altrettanta paraffina.

Si accende il bunsen sotto la capsula con lo ioduro di potassio e si immergono nel sale gli elettrodi in
grafite, protetti da una lastrina di amianto. Dopo alcuni secondi si ha la fusione del composto e
contemporaneamente si osserva l'accensione della lampadina. L'energia termica fornita , infatti, in grado
di rompere il reticolo cristallino e liberare gli ioni K
+
e I
-
che possono quindi migrare ai poli di segno
opposto in un processo elettrolitico.

Si puliscono o si sostituiscono gli elettrodi e li si immergono nella paraffina, accendendo il bunsen sotto la
capsula; in pochi secondi l'alcano fonde ma non si osserva l'accensione della lampadina. In questo caso
l'energia termica fornita produce una fusione: le molecole sono libere di muoversi, pur rimanendo a contatto
le une alle altre ma, non formandosi ioni, il comportamento quello di un isolante.

Parte quinta: influenza della concentrazione nella conducibilit di una soluzione:
5.1 - Soluzione di un sale ( solfato di rame ) :
In un becker da 250 mL si pone una spatolata di solfato di rame ( o di un qualsiasi altro sale ) aggiungendo
50 mL di acqua distillata; si agita fino a completa soluzione e si immergono gli elettrodi in grafite
osservando l'accensione della lampadina. Valgono per questo le considerazioni fatte per lo ioduro di
potassio nella parte terza. Si aggiungono, quindi, 150 mL di acqua, osservando che la luce emessa dalla
lampadina diviene pi fioca. La conducibilit della soluzione salina diminuisce, infatti, con il diminuire della
concentrazione, in quanto gli ioni Cu
2+
e SO
4
2-
che possono migrare agli elettrodi di segno opposto sono di
meno nell'unit di volume.

5.2 - Soluzione di un acido forte ( acido cloridrico ) :
In un becker si versano 20 mL di acido cloridrico sol. 0.5 M e in un secondo becker altrettanti di soluzione
0.01 M. Si immergono gli elettrodi in grafite nel primo becker e si osserva l'accensione della lampadina,
secondo quanto gi considerato nella parte terza. Si applica, di seguito, il circuito al secondo becker e si
nota l'affievolimento della luce emessa dalla lampadina. Questo avviene in quanto HCl un acido forte e
completamente dissociato e, pertanto, la conducibilit dipendente dalla quantit di ioni H
+
e Cl
-
presenti
nell'unit di volume.


ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
90
5.3 -Comparazione tra soluzioni 0.5 M di acido cloridrico ed acido acetico :
Si preparano due beckers contenenti uno 20 mL di acido cloridrico sol. 0.5 M ed il secondo altrettanti di
soluzione equimolare di acido acetico. Si applica il circuito al becker contenente HCl e si osserva
l'accensione della lampadina con luce viva. Si puliscono gli elettrodi e si passa al secondo becker
contenente CH
3
COOH: in questo caso si osserva una luminosit della lampadina ben pi fioca, tale da
rendere il filamento appena incandescente. Si deduce che, a parit di concentrazione, maggiore la
conducibilit di una soluzione di un acido forte, pi dissociato, rispetto ad un acido debole meno dissociato.

Disponendo di un multimetro ( tester ), collegandolo in serie al circuito, possibile effettuare una verifica pi
precisa di quanto sopra descritto, misurando la resistenza che, come noto, l'inverso della conducibilit.
Le soluzioni pi conduttrici avranno, di conseguenza, resistenza minore. In alternativa o a complemento
anche possibile misurare l'intensit della corrente: ad una minore conducibilit corrisponde, infatti, un
minor flusso di corrente e, di conseguenza, una minore intensit.





Nota operativa: la distanza tra gli elettrodi in grafite deve rimanere costante durante tutte le esperienze.












































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91
Preparazione dell'ossigeno




Materiali occorrenti:
Nitrato di potassio - Permanganato di potassio - Biossido di manganese - Acqua ossigenata sol. 20-30 % -
Acido solforico sol. 95 % - Vetreria.



Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: decomposizione di composti ossigenati:
Si prendono 2 provette; in una si versa una punta di spatola di nitrato di potassio cristallino ( KNO
3
),
nell'altra una di permanganato di potassio cristallino ( KMnO
4
).

Si portano le provette al bunsen, regolato su fiamma sibilante, prima una e poi l'altra, osservando la
decomposizione dei sali e lo sviluppo del gas. Questo pu essere riconosciuto come ossigeno avvicinando
alla bocca delle provette un fiammifero ignescente o un filo al Ni-Cr rovente: il fiammifero si riaccende e il
filo al Ni-Cr si ravviva.

Le reazioni che avvengono sono:


calore

calore

2KNO
3
2KNO
2
+ O
2
e 8KMnO
4
4K
2
O + 8MnO
2
+ 6O
2



Parte seconda: reazione del biossido di manganese con l'acido solforico:
In una provetta si versa una punta di spatola di biossido di manganese ( MnO
2
); si fa poi gocciolare, con
cautela, 1 mL circa di acido solforico sol. 95 % . Si nota subito uno sviluppo di gas, che pu essere
riconosciuto come ossigeno nel modo gi descritto.

La reazione che avviene :

2MnO
2
+ 2H
2
SO
4
2MnSO
4
+ 2H
2
O + O
2



Parte terza: decomposizione dell'acqua ossigenata per mezzo del biossido di manganese:
In una provetta si pone una punta di spatola di biossido di manganese ( MnO
2
); sopra questi si fanno
gocciolare 1 o 2 mL di acqua ossigenata ( H
2
O
2
) al 20-30 % . Si nota un forte sviluppo di ossigeno che
pu essere riconosciuto con il metodo del fuscello.

La reazione la seguente:

MnO
2

2H
2
O
2
2H
2
O + O
2


Il biossido di manganese, come evidente, funge da catalizzatore.













ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
92
Preparazione dellIdrogeno

Materiali occorrenti:
Zinco in granuli o barrette - Acido cloridrico sol. 37% - Apparecchio di Kipp - Microgeneratore di gas sec.
Scarano - Vetreria.


Esecuzione dellesperienza:
Si basa sulla semplice reazione:

Zn + 2HCl ZnCl
2
+ H
2



ovvero, in forma ionica:

ossidazione Zn Zn
2+
+ 2e
riduzione 2H
+
+ 2e H
2


Zn + 2H
+
Zn
2+
+ H
2



utilizzando l'apparecchio di Kipp.

L'apparecchio di Kipp formato da una boccia superiore terminante in un tubo che pesca nella boccia
inferiore. L'attacco tra le due bocce smerigliato e nella strozzatura , di solito, presente un disco ceramico
forato, atto ad impedire la caduta del metallo nella parte inferiore dell'apparecchio.

La boccia inferiore presenta un foro con tappo smerigliato per lo svuotamento dell'acido consumato ed un
foro al quale collegato un rubinetto, montato su tappo in gomma, per il deflusso del gas. La boccia
superiore chiusa da una valvola di sicurezza.

Si versa nella boccia inferiore HCl concentrato in soluzione 1:1, fino a che il livello non superi la
strozzatura.

Dal foro laterale, togliendo provvisoriamente il rubinetto di deflusso del gas, si fanno cadere dei granuli o
cilindretti di zinco e si reinserisce il rubinetto chiuso.

A contatto con l'acido si sviluppa idrogeno ed il gas spinge la soluzione nella boccia inferiore, facendola
risalire nel tubo centrale. Di conseguenza lo sviluppo di gas cessa rapidamente.

Per prelevare l'idrogeno sufficiente aprire il rubinetto di deflusso, raccogliendolo in un contenitore
adeguato. Con questa operazione, diminuendo la pressione interna, ricomincia la reazione ed altro idrogeno
si forma.

Con estrema cautela, una piccola quantit di idrogeno pu essere utilizzata per un riconoscimento,
incendiandola con un fuscello.

Ovviamente si sconsiglia di provare ad incendiare direttamente il gas che fuoriesce dal rubinetto di
deflusso.

In mancanza dellapparecchio di Kipp possibile utilizzare un microgeneratore di gas sec. Scarano, oppure,
pi semplicemente, un provettone con un tappo, nel quale sia inserito un tubicino per la fuoriuscita del gas.








ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
93
Preparazione di Idrogeno da alluminio in ambiente acido e basico



Materiali occorrenti:
Alluminio in polvere - Idrossido di sodio sol. 4 o 8 M - Acido cloridrico sol. 37 % - Vetreria.


Richiami teorici:
L'alluminio, elemento del III gruppo A, manifesta sia propriet metalliche, dando composti ionici, che
propriet non metalliche, dando composti covalenti.

Un elettrolita si considera anfotero quando si comporta da base debole in presenza di acidi e da acido
debole in presenza di basi.

L'alluminio, nel caso preso in esame, si comporta da base debole in presenza dell'acido cloridrico ( HCl ),
dando il corrispondente cloruro ( AlCl
3
), e da acido debole in presenza dell'idrossido di sodio ( NaOH ),
dando il corrispondente alluminato ( Na
3
AlO
3
).
In entrambe le reazioni si ha forte sviluppo di idrogeno ( H
2
).


Esecuzione dell'esperienza:
Si prendono 2 provette e in ognuna si versa una punta di spatola di alluminio in polvere . In una delle
provette si versano 2 mL di acido cloridrico sol. 37 %, agitando per favorire la reazione. In breve si osserva
uno sviluppo di gas che pu essere riconosciuto come idrogeno per combustione, portando, con cautela,
un fiammifero alla bocca della provetta. La reazione che avviene :

2Al + 6HCl 2AlCl
3
+ 3H
2


Nella seconda provetta si versano 2 mL di idrossido di sodio sol. 4 o 8 M e, con l'aiuto di una pinza, si porta
la stessa al bunsen per innescare la reazione. La reazione molto esotermica e, una volta iniziata, procede
velocemente dando un forte sviluppo di gas. Questo pu essere riconosciuto come idrogeno nel modo gi
descritto. La reazione :

2Al + 6NaOH 2Na
3
AlO
3
+ 3H
2












Nota: da ricordare che AlCl
3
un composto nel quale la percentuale di legame covalente tanto alta che lo stesso
sale fuso non conduce corrente elettrica.

In soluzione acquosa, a causa dell'alto valore di energia di idratazione dello ione Al
3+
, si ha ionizzazione della
molecola di AlCl
3
con formazione di ioni Al
3+
idratati e di ioni Cl
-
.
Se si fa cristallizzare la soluzione non si ottiene pi AlCl
3
, ma un sale formato da ioni alluminio idratati e da ioni cloro :

Al(H
2
O)
6
3+
(Cl
-
)
3
.

Lo ione Al(H
2
O)
6
3+
tanto stabile che, riscaldando il sale, esso si decompone ma non elimina molecole di H
2
O.
Questo comportamento di AlCl
3
generale per tutti i sali di alluminio: essi sono covalenti se anidri e ionici se idratati.




ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
94
Preparazione dell'ammoniaca




Materiali occorrenti:
Cloruro di ammonio sol. 2 M e cristallino - Idrossido di sodio sol. 2 M - Idrossido di calcio cristallino -
Fenolftaleina sol.1 % - Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Si basa sulla semplice reazione di doppio scambio tra il cloruro di ammonio e l'idrossido di sodio :

NH
4
Cl + NaOH NaCl + NH
3
+ H
2
O

In una beuta da 200 mL si versano 50 mL circa di cloruro di ammonio sol. 2 M ed altrettanto idrossido di
sodio sol. 2 M.

In un becker si versano 100 mL circa di acqua distillata ed alcune gocce di fenolftaleina; non si osserva
ovviamente, alcun cambiamento di colore.

Si chiude la beuta con un tappo portante un tubicino da sviluppo e la si dispone su un treppiede con reticella
amiantata posto sopra un bunsen, procedendo ad un lento riscaldamento.
Non appena inizia l'ebollizione si immerge il tubicino di sviluppo nell'acqua del becker, facendo gorgogliare
il gas prodotto dalla reazione.
In pochi secondi si nota il viraggio al viola dell'acqua del becker, ad indicare uno stato di basicit dovuto al
disciogliersi dell' ammoniaca.

Facendo fuoriuscire il gas nell'aria, si avverte il tipico odore pungente.

Una esperienza analoga, ma certamente pi sbrigativa, pu essere effettuata mescolando nel palmo della
mano una spatolata di cloruro di ammonio ed una di idrossido di calcio e frizionando con un dito. In breve si
avvertir il tipico odore dell' ammoniaca che si formata dalla reazione:

2NH
4
Cl + Ca(OH)
2
CaCl
2
+ 2NH
3
+ 2 H
2
O








Nota operativa: le soluzioni di cui alla prima parte possono essere anche a titolo diverso pur, tuttavia, abbastanza
concentrate od essere preparate al momento, sciogliendo in acqua una spatolata di entrambi i reagenti.
















ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
95
Preparazione dell'acido cloridrico



Materiali occorrenti:
Cloruro di sodio crist. - Acido solforico sol. 95 % - Metilarancio sol. 0.02 % - Carbonato di calcio polvere -
Vetreria.



Esecuzione dell'esperienza:
Si tratta di uno dei metodi classici di preparazione dell' acido cloridrico in laboratorio per reazione
dell'acido solforico con il cloruro di sodio, secondo la reazione:

NaCl + H
2
SO
4
NaHSO
4
+ HCl

In un becker da 100 mL si versa dell'acqua distillata ed alcune gocce di soluzione di metilarancio; la
colorazione, data la neutralit, risulta gialla-arancio.

In una beuta da 200 mL si pongono 6 g. circa di cloruro di sodio sui quali si fanno gocciolare, utilizzando
una pipetta, 5 mL circa di acido solforico sol. 95 %, chiudendo rapidamente la beuta con un tappo munito
di tubo di sviluppo.

Immediatamente si ha la reazione con forte sviluppo di un gas che, fatto gorgogliare nell'acqua del becker,
fa virare il metilarancio al colore rosso, rivelandosi, quindi, un acido, l'acido cloridrico ( HCl ).

Qualora lo si desideri, possibile, utilizzando una maggior quantit di reagenti, preparare una soluzione pi
concentrata di acido cloridrico, il quale, come noto, molto solubile in acqua. Questa soluzione pu
essere saggiata, oltre che per il suo pH, anche per la sua capacit di reagire velocemente con un
carbonato, ad es. con il carbonato di calcio, liberando anidride carbonica.

Si prendono 5/10 mL della soluzione, preparata per gorgogliamento, di acido cloridrico versandoli in una
provetta; ad essi si aggiunge una punta di spatola di carbonato di calcio in polvere fine. Si nota subito
sviluppo di anidride carbonica, secondo la reazione:

CaCO
3
+ 2HCl CaCl
2
+ H
2
O + CO
2


























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96
Preparazione dell'acido nitrico




Materiali occorrenti:
Nitrato di sodio crist. - Acido solforico sol. 95 % - Metilarancio sol. 0.02 % - Rame in lamina - Carbonato di
calcio - Vetreria.



Esecuzione dell'esperienza:
Si tratta di uno dei metodi classici di preparazione in laboratorio per reazione dell'acido solforico con il
nitrato di sodio :

2NaNO
3
+ H
2
SO
4
Na
2
SO4 + 2HNO3

In un becker da 100 mL si versano dell'acqua distillata ed alcune gocce di soluzione di metilarancio; la
colorazione, data la neutralit, appare gialla-arancio.

In una beuta da 200 mL si pongono 5 g circa di nitrato di sodio sui quali si fanno gocciolare, utilizzando
una pipetta, 10 mL circa di acido solforico sol. 95 %; si chiude rapidamente con un tappo munito di tubo
di sviluppo.
Si porta la beuta su un treppiede con reticella amiantata posto su un bunsen e si inizia a scaldare, con
molta cautela, fino ad ebollizione.

Dopo pochi secondi si ha la reazione con sviluppo di un gas che, gorgogliando nell'acqua del becker, fa
virare il metilarancio al colore rosso, rivelandosi, quindi, un acido, l'acido nitrico ( HNO
3
).

Qualora lo si desideri, possibile, utilizzando una maggior quantit di reagenti, preparare una soluzione pi
concentrata di acido nitrico, il quale molto solubile in acqua. La soluzione cos preparata pu essere
saggiata, oltre che per il suo pH, anche per la sua capacit di reagire con il rame.

Si prendono 5/10 mL della soluzione, preparata per gorgogliamento, di acido nitrico versandoli in una
provetta; ad essi si aggiunge un pezzetto di lamina di rame, che reagisce secondo la nota reazione:

3Cu + 6HNO
3
+ 2HNO
3
3Cu(NO
3
)
2
+ 2NO + 4H
2
O

L'ossido di azoto reagisce con l'ossigeno presente nell'aria sviluppando il biossido di azoto, gas dal
colore bruno e dall'odore pungente ( 2NO + O
2
2NO
2
). La soluzione assume colore azzurro per la
presenza di ioni Cu
2+
.




















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97
Preparazione del carbonato di potassio dalla cenere di legno


Materiali occorrenti:
Cenere di legno - Filtri in carta - Cartine all'indicatore universale - Acido cloridrico sol. 1/3 - Filo al nickel-
cromo - Vetro al cobalto - Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
In un becker contenente 200 mL circa di acqua distillata si versano 2 o 3 g circa di cenere di legno,
mescolando con cura fino a completa dispersione. Si aggiungono 4 o 5 palline in vetro per favorire una
ebollizione uniforme.

Si porta il contenitore su un bunsen con treppiede e reticella amiantata iniziando il riscaldamento; si agita
con una bacchetta in vetro fino all'ebollizione, che deve essere mantenuta per circa 2 ore.
Ogni tanto si controlla il sistema, aggiungendo acqua distillata calda per compensare l'evaporazione e
mantenere il livello inalterato.

Al termine si lascia riposare per circa 15 minuti; quindi si fanno decantare le particelle di cenere, si filtra
con cura il sopranatante con un filtro in carta su imbutino, facendo gocciolare in un becker pulito.

Terminata la filtrazione si prende il secondo becker, lo si porta sul bunsen facendo bollire il liquido fino a
portarne il volume a circa 1/10 dell'iniziale (ca. 10 mL).

Esaurita questa fase, si lascia evaporare il rimanente per almeno 24 ore, trascorse le quali si possono
raccogliere dal fondo del becker dei cristalli di sale.

Questi cristalli, che sono di carbonato di potassio ( K
2
CO
3
), possono essere sottoposti a saggio alla
fiamma, alla quale impartiscono la colorazione violetta caratteristica degli ioni K
+
. La presenza di ioni Na
+

pu mascherare la colorazione viola, per cui necessario procedere all'osservazione tramite un vetro al
cobalto ( vedere esercitazione: " Saggi alla fiamma " ).

Successivamente si pu procedere ad un saggio con una cartina all'indicatore universale che rileva un
carattere spiccatamente basico del sale. Si evidenzia, infine, la presenza di carbonato trattando alcuni
cristalli con acido cloridrico sol. 1/3, notando la classica effervescenza dovuta allo sviluppo di anidride
carbonica.





Nota: constatato che dalle ceneri di legno stato ottenuto un composto potassico fortemente basico, si pu capire
perch per secoli la liscivia, prodotta dall'ebollizione delle ceneri di legno, stata il migliore detergente da bucato.

Pi in generale si pu comprendere perch la cenere di legno stata sempre considerata un ottimo fertilizzante
potassico. Il potassio, infatti, uno dei 3 elementi necessari in relativamente forte quantit ( megaelementi ) a
garantire la germinazione, la crescita e la fruttificazione delle piante.
Gli altri megaelementi sono il fosforo e l'azoto ai quali si aggiunge, per certi terreni, il calcio.

Gli oligoelementi ( rame, cobalto, boro, ferro, etc. ) sono invece essenziali ai vegetali in piccole quantit per costituire
enzimi.










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98
Preparazione dell'anidride solforosa e dell'acido solforoso



Materiali occorrenti:
Solfito di sodio cristallino - Acido cloridrico sol. 37 % - Metilarancio sol. 0.2 % - Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Questo metodo didattico di preparazione dell' anidride solforosa ( diossido di zolfo ) si basa sulla semplice
reazione:

Na
2
SO
3
+ 2HCl 2NaCl + SO
2
+ H
2
O

Per prima cosa si prepara un becker contenente circa 100 mL di acqua distillata e 4 o 5 gocce di soluzione
di metilarancio; la colorazione impartita dall'indicatore, essendo l'ambiente neutro, sar gialla-arancio.

In una beuta si pongono, quindi, due spatolate di solfito di sodio sulle quali si fanno gocciolare 5 mL circa di
acido cloridrico sol. 37 %, chiudendo rapidamente con un tappo dotato di tubo di sviluppo.

Si nota subito uno sviluppo di gas anidride solforosa ( SO
2
) che, gorgogliato nell'acqua del becker, in
pochi secondi fa virare l'indicatore al rosso; ci indica una situazione di acidit.

L' anidride solforosa infatti reagisce con l'acqua sintetizzando l' acido solforoso ( H
2
SO
3
) , con la
reazione:
SO
2
+ H
2
O

H
2
SO
3


L' acido solforoso estremamente instabile, per cui riscaldando la soluzione acquosa del becker si ottiene
la sua dissociazione con viraggio del metilarancio al colore giallo-arancio, per ripristino della situazione di
neutralit.

L'anidride solforosa riveste una grande importanza nell'inquinamento atmosferico essendo una delle
sostanze responsabile delle piogge acide. L' anidride solforosa emessa dalle centrali termoelettriche, dagli
impianti di riscaldamento, dalle industrie e dalle combustioni dei motori a scoppio.

Le altre sostanze maggiormente coinvolte nell'acidit delle piogge sono gli ossidi di azoto ( N
x
O
y
).











Nota operativa: la reazione di formazione dell' anidride solforosa esotermica, per cui opportuno operare con
vetreria resistente al calore.

In alternativa al solfito di sodio si pu utilizzare il bisolfito di sodio o solfito acido di sodio ( NaHSO
3
), con reazione:
NaHSO
3
+ HCl NaCl + SO
2
+ H
2
O









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99
Preparazione dell'anidride solforica




Materiali occorrenti:
Anidride fosforica cristallina - Acido solforico sol. 1:2 - Pallone codato - Vetreria - Ghiaccio.



Esecuzione dell'esperienza:
Si monta il pallone codato su un bunsen con treppiede e reticella amiantata. Alla codatura si collega, tramite
un tappo forato, un tubicino in vetro lungo circa 50 cm; si pone l'estremit opposta del tubicino all'interno di
una beuta posta in un contenitore con ghiaccio tritato od acqua molto fredda.

Nel pallone codato si versano 2 o 3 spatolate di anidride fosforica e 50/60 mL di acido solforico sol. 1:2,
chiudendo con un tappo. Si accende il bunsen e si procede ad un cauto riscaldamento. La reazione che
avviene la seguente:

3H
2
SO
4
+ P
2
O
5
2H
3
PO
4
+ 3SO
3


L'anidride solforica ( SO
3
) un gas biancastro e, finendo nella beuta circondata dal ghiaccio, solidifica in
cristalli aghiformi biancastri. Il suo punto di fusione di +16.8 C ed il punto di ebollizione di 44.9 C, per cui
necessario conservarla in frigorifero.

L'anidride solforica ha anche un forte potere disidratante per cui, al fine di evitare che assorba l'umidit
atmosferica, necessario che il contenitore sia ben chiuso.


Con l' acqua reagisce con reazione fortemente esotermica dando acido solforico :

SO
3
+ H
2
O H
2
SO
4


Questa reazione non ha, per le sue caratteristiche, alcuna utilizzazione n industriale n di laboratorio.



























ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
100
Preparazione del cloro


Materiali occorrenti:
Permanganato di potassio - Bicromato di potassio - Acido cloridrico sol. 37 % - Vetreria.


Esecuzione dell'esperienza:
Si basa su due reazioni di ossidoriduzione molto simili, nelle quali si ha ossidazione dello ione Cl
-
ad opera
di due energici ossidanti quali il permanganato di potassio ed il bicromato di potassio in soluzione acida.

Si preparano due provette con 5 o 6 mL di acqua distillata; in una si aggiunge una punta di spatoletta di
bicromato di potassio; nell'altra altrettanto permanganato di potassio.

Nella prima provetta si fanno gocciolare con una pipetta 5 mL circa di acido cloridrico sol. 37 % . Si osserva
il cambiamento del colore arancio, tipico delle soluzioni di Cr
6+
al colore giallo-verde delle soluzioni di
Cr
3+
; contemporaneamente si ha sviluppo di cloro, un gas dall'odore pungente che, a causa della densit
circa 2.5 volte maggiore di quella dell'aria, non tende a fuoriuscire dalla provetta.

La reazione redox che avviene la seguente:


K
2
Cr
2
O
7
+ 8HCl + 6HCl 2KCl + 2CrCl
3
+ 3Cl
2
+ 7H
2
O


ovvero, in forma ionica:
6Cl
-
3Cl
2
+ 6e
Cr O
2
7
2
+ 6e + 14H
+
2Cr
3+
+ 7H
2
O

6Cl
-
+ Cr O
2
7
2
+ 14H
+
3Cl
2
+ 2Cr
3+
+ 7H
2
O


Allo stesso modo si fanno gocciolare 5 mL circa di acido cloridrico sol. 37 % nella seconda provetta; si
osserva il cambiamento del colore viola intenso, tipico delle soluzioni dello ione Mn
7+
al quasi incolore delle
soluzioni di Mn
2+
. Analogamente alla reazione precedente si ha sviluppo di cloro, nei modi e con le
caratteristiche gi descritte.

La reazione la seguente:


2KMnO
4
+ 6HCl + 10HCl 2MnCl
2
+ 2KCl + 5Cl
2
+ 8H
2
O


ovvero, in forma ionica:
10Cl
-
5Cl
2
+ 10e
2MnO
4

+ 10e + 16H
+
2Mn
2+
+ 8H
2
O

10Cl
-
+ 2MnO
4

+ 16H
+
5Cl
2
+ 2Mn
2+
+ 8H
2
O


Nota operativa: per un buon risultato dell'esperienza necessario che le soluzioni preparate non siano troppo
concentrate. E' sufficiente, quindi, sciogliere pochissimo sale in acqua.

Lo sviluppo di cloro non , di norma, massivo.





ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
101
Preparazione dell'idrossido di sodio per " caustificazione del carbonato "



Materiali occorrenti:
Carbonato di sodio cristallino - Ossido di calcio - Cartine all'indicatore universale - Filo al nickel-cromo -
Essiccatore - Vetreria.



Esecuzione dell'esperienza:
Si basa su una reazione di doppio scambio, detta " caustificazione del carbonato ":

Na
2
CO
3
+ Ca(OH)
2
2NaOH + CaCO
3


Si versano 10 g di ossido di calcio in polvere in una capsula di porcellana aggiungendo acqua distillata
sufficiente a formare un " latte di calce " abbastanza denso ( Ca(OH)
2
).
La reazione :
CaO + H
2
O Ca(OH)
2
+ 19.5 KCal.


Nota operativa: da notare che questa reazione esotermica e sviluppa, quindi, calore che potrebbe rompere un
contenitore inadeguato; per questo l'operazione si compie in una capsula di porcellana.


Si prende un becker da 250 mL, vi si versano circa 100 mL di acqua distillata, lo si porta al bunsen, su
apposito sostegno amiantato, riscaldando fino quasi all'ebollizione.
Si versano nell'acqua calda 20 g di carbonato di sodio cristallino mescolando e scaldando fino a completa
soluzione.

Si versa allora il " latte di calce " nel becker continuando a scaldare ed agitare con una bacchetta in vetro,
almeno per 10 minuti.

Trascorso questo tempo si spegne il bunsen e si lascia raffreddare il becker con il suo contenuto. Il
carbonato di calcio ( CaCO
3
) insolubile, formatosi con la reazione precipiter, mentre il surnatante
risulter essere una soluzione di idrossido di sodio ( NaOH ).

Si raccoglie tale frazione per decantazione o per filtrazione con imbuto filtrante o con lana di vetro ( non
con filtri in carta !!! ) e, inumidendo una bacchetta in vetro, si tocca una cartina all' indicatore universale per
constatare la situazione di elevata basicit.

La soluzione pu essere fatta evaporare, riscaldando ulteriormente e ponendola in un essiccatore per
raccogliere l' idrossido di sodio cristallino che, in una ulteriore fase, potr essere sottoposto a saggio alla
fiamma al fine di evidenziare la presenza dello ione Na
+
( colorazione gialla ).

















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102
Saggi alla perla

Materiali occorrenti:
Tetraborato di sodio decaidrato - Fosfato sodico-ammonico tetraidrato - Sali di cobalto, cromo, rame,
manganese, nichelio, ferro - Acido cloridrico sol. 37 % - Filo al nickel-cromo - Bunsen - Vetreria.

Richiami teorici:
Si tratta di un tipo di analisi per via secca alternativo o complementare ai saggi alla fiamma. Si basa sulla
capacit che hanno alcuni sali, tra i quali il tetraborato di sodio decaidrato ( Na
2
B
4
O
7
10H
2
O ), detto
comunemente borace, ed il fosfato sodico-ammonico ( NaNH
4
HPO
4
4H
2
O ), detto sal di fosforo, di
fondere e formare una massa vetrosa incolore detta perla.

Perla al borace:
Il borace portato a fusione sulla fiamma del bunsen dapprima si rigonfia ed elimina l'acqua di
cristallizzazione:
calore

Na
2
B
4
O
7
10H
2
O Na
2
B
4
O
7
+ 10H
2
O

quindi, sempre per riscaldamento, il tetraborato di sodio anidro libera anidride borica ( B
2
O
3
) e metaborato
di sodio ( NaBO
2
) con la reazione:

calore

Na
2
B
4
O
7
NaBO
2
+ B
2
O
3


Operando con fiamma ossidante, l'anidride borica in grado di sciogliere degli ossidi metallici,
eventualmente provenienti dalla trasformazione, per azione del calore, di altri composti, trasformandoli in
metaborati che hanno colori caratteristici a seconda del metallo presente. La reazione del tipo:

calore

B
2
O
3
+ CuO Cu(BO
2
)
2
metaborato rameico

verde -azzurro


Operando con fiamma riducente, meglio in presenza di poca polvere di carbone, il metaborato pu ridursi
dando una fiamma di diverso colore:

calore

4NaBO
2
+ 2Cu(BO
2
)
2
+ C CO + Na
2
B
4
O
7
+ 2NaBO
2
+ Cu
2
(BO
2
)
2
metaborato rameoso
verde tenue o incolore

Continuando il riscaldamento in fiamma riducente si pu avere una ulteriore riduzione a rame metallico che
rende la perla rosso-bruna ed opaca:

calore

4NaBO
2
+ 2Cu(BO
2
)
2
+ C CO
2
+ 2Na
2
B
4
O
7
+ 2Cu rame
rosso-bruno

Perle al sal di fosforo:
Il sal di fosforo portato in fusione al bunsen perde acqua ed ammoniaca trasformandosi in una perla di
metafosfato sodico :
calore

NaNH
4
HPO
4
4H
2
O NaPO
3
+ NH
3
+ 5H
2
O .

Se il metafosfato sodico viene a contatto, alla fiamma ossidante, con ossidi metallici reagisce formando i
corrispondenti ortofosfati doppi che impartiscono alla perla colori caratteristici per ogni metallo. La reazione
del tipo:

calore

CoO + NaPO
3
NaCoPO
4
ortofosfato di sodio e cobalto
blu scuro
Anche nel caso del sal di fosforo la fusione alla fiamma riducente porta, in alcuni ossidi metallici, ad
ulteriore riduzione, con colorazioni della perla differenti ( vedere tabella n.1 ) .

Per alcuni metalli la perla pu cambiare colore dopo il raffreddamento, per cui nella tabella sono riportati le
colorazioni di alcuni metalli a fiamma ossidante e riducente e a caldo e a freddo.





ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
103
Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: saggio alla perla al borace:
Si dispone il borace su un vetro da orologio ed piccoli campioni dei sali o degli ossidi di cui si dispone su
una lastra di vetro.
Si preparano i fili al nickel-cromo, lunghi 3 o 4 cm, montandoli su bacchette in vetro o trattenendoli con
pinzette; si piegano le estremit distali del fili formando delle piccole anse, le si immergono in acido
cloridrico concentrato e le si portano alla fiamma del bunsen per pulirle.

Si immerge il filo pulito e rovente nel borace e lo si porta immediatamente alla fiamma ossidante ( mantello
esterno ); si ripete pi volte l'operazione fino ad avere una perla vetrosa e trasparente di 4 0 5 mm di
diametro.

A questo punto si prelevano con la perla pochi cristalli del primo ossido o del primo sale in esame e
riportando alla fiamma; dopo pochi secondi di riscaldamento, avvenuta la fusione e la reazione tra l'anidride
borica ed il composto, si ritira la perla e se ne osserva il colore a caldo. Si attende qualche secondo e si
verifica se tale colore cambia con il raffreddamento.

Si procede allo stesso modo per tutti i campioni in esame.

Eventualmente si procede ad identica analisi ponendo la perla ed il campione alla fiamma riducente per
osservare eventuali variazioni al colore.

Nota operativa: necessario cambiare il filo al nickel-cromo e produrre una perla nuova per ogni campione da
analizzare, al fine di evitare contaminazioni. E' importante prelevare pochi cristalli del campione in quanto un eccesso
porterebbe ad avere una perla molto scura e, quindi, non riconoscibile.

Parte seconda: saggio alla perla al sal di fosforo:
Si opera come nella fase precedente, semplicemente sostituendo al borace il sal di fosforo.


Tab.1 Colorazioni delle perle


Metallo a caldo a freddo a caldo a freddo
Cobalto azzurra azzurra azzurra azzurra
Cromo gialla-verdastra gialla-verdastra verde verde smeraldo
Ferro gialla-rossastra gialla verde verde
Manganese violetta violetta incolore rosa
Nichelio rossa-violetta rossa-violetta grigia grigia
Rame verde azzurra verde-incolore rossa-opaca
Metallo a caldo a freddo a caldo a freddo
Cobalto blu blu blu blu
Cromo verde verde verde verde
Ferro rossastra gialla verdastra verdastra
Manganese violetta violetta incolore incolore
Nichelio marrone marrone grigia grigia
Rame verde blu incolore rossa
Colorazioni impartite alla perla al borace
fiamma ossidante fiamma riducente
Colorazioni impartite alla perla al sal di fosforo
fiamma riducente fiamma ossidante




ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
104
Gli alcani


Materiali occorrenti:
Metano - Esano - Benzina - Paraffina - Permanganato di potassio sol. 0.001 M - Idrossido di sodio in perle e
sol. 4 M - Acetato di sodio - Acido solforico sol. 1:5 - Acqua di bromo satura - Benzene - Cloroformio -
Tetracloruro di carbonio - Iodio - Saccarosio - Cloruro di sodio - Idrossido di bario sol. 1 % - Etanolo -
Vetreria.


Richiami teorici:
Gli alcani sono composti nei quali il carbonio ibridato sp
3
, per cui formano legami forti. Le molecole di
un alcano hanno disposizione tetraedrica con angoli di 109.5.
La formula generale C
n
H
2n+2
.
Gli alcani sono gassosi da C
1
a C
4
, liquidi da C
5
a C
16
e solidi quelli da C
17
in poi.


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: preparazione del metano da acetato di sodio e idrossido di sodio:
In un piccolo mortaio si mescolano 1 g di acetato di sodio e 1 g di idrossido di sodio polverizzandoli
accuratamente. Si raccoglie il miscuglio in una provetta e si riscalda al bunsen. A compimento della
reazione si verifica la fuoriuscita del metano dalla provetta. Il gas pu essere riconosciuto per combustione.
La reazione la seguente:

CH
3
COONa + NaOH Na
2
CO
3
+ CH
4


Parte seconda: reazioni di combustione:
2.1 - Combustione del metano:
Si accende un bunsen, alimentato a metano, a fiamma non sibilante e si pone sopra quest'ultima un becker
da 250 ml. rovesciato, perfettamente pulito ed asciutto. In breve si osservano la condensazione sulle pareti
di vetro del vapor acqueo ed il depositarsi di particelle di carbonio ( nerofumo ). In difetto di ossigeno
possono, infatti, avvenire due reazioni. Nella prima:

calore

2CH
4
+ 3O
2
2 CO + 4H
2
O H = -608.7 KJ / mole

< 800 C

si ha solo l'ossidazione del carbonio dell'idrocarburo a monossido di carbonio. Nella seconda,

calore

CH
4
+ 2O
2
C + 2H
2
O

< 800 C

lo stesso ossidato solo a carbonio elementare.

Aprendo i fori d'ingresso dell'aria del bunsen si ottiene una fiamma sibilante. Ponendo un altro becker
asciutto sopra la fiamma si osserva solo la condensazione del vapor d'acqua. In questo caso avvenuta la
completa ossidazione del carbonio a biossido di carbonio, con la reazione:

calore

CH
4
+ 2O
2
CO
2
+ 2H
2
O H = -890 KJ / mole.

> 900 C

La formazione di biossido di carbonio , con molta difficolt, evidenziabile ponendo sopra la fiamma del
bunsen una bacchetta di vetro bagnata di una soluzione di idrossido di bario. Questo si intorbidir
lievemente per formazione del carbonato di bario insolubile. La formazione del nerofumo pu essere
maggiormente evidenziata utilizzando, al posto del becker, una capsula di porcellana bianca

Parte terza: verifica della scarsa reattivit:
3.1) - Reattivit del metano:
In un becker si versano 10 mL circa di acqua di bromo e si diluisce con 50 mL di acqua distillata. Per
mezzo di una cannula in vetro si fa gorgogliare lentamente del metano nella soluzione. Poich non si
osserva alcun cambiamento del colore della soluzione, si deduce che il bromo non ha subito alcuna
riduzione e il metano, di conseguenza, non si ossidato.



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105
3.2)- Reattivit dell'esano:
In tre provette si pongono 1 o 2 mL di permanganato di potassio sol. 0.001 M. In una provetta si aggiungono
alcune gocce di idrossido di sodio sol. 4 M; in un'altra alcune gocce di acido solforico sol. 1:5.
A tutte e tre le provette si aggiunge 1 mL circa di esano, si agita e si osserva che in nessun caso si verifica
la decolorazione del permanganato di potassio; ci indica che non avvenuta, n in condizioni di neutralit
n di basicit n di acidit, riduzione del Mn
7+
con conseguente ossidazione dell'alcano.

Parte quarta: prove comparative di miscibilit e solubilit:
Disponendo di pi alcani o di loro derivati ( es. tetracloruro di carbonio, cloroformio ) possibile effettuare
prove per verificare la miscibilit di tali composti. Tali prove si possono eseguire anche con altri solventi
apolari ( es. benzene ) o polari ( es. acqua, etanolo ).

Prove di solubilit si possono effettuare sciogliendo un alcano solido ( paraffina ) in uno liquido e provando
a sciogliere nello stesso sostanze di tipo molecolare ( es. iodio, saccarosio ) o ionico ( es. cloruro di sodio ).

I risultati delle prove di cui sopra possono essere raccolti in una tavola sinottica appositamente preparata.





Nota: In mancanza di esano le esperienze di cui sopra possono essere effettuate con della benzina che, come noto,
una miscela di idrocarburi a 6-7-8 atomi di carbonio.

La quantit di calore o tonalit termica ( Q ) prodotta dalle reazioni di combustione pu essere calcolata con la
semplice formula Q = - H . Le variazioni di entalpia delle reazioni ( H ) sono state calcolate in modo teorico,
secondo la legge di Hess ; l'entalpia di reazione data dalla differenza della somma algebrica delle entalpie di
formazione ( H
f
0
) dei prodotti di reazione con la somma algebrica delle entalpie di formazione dei reagenti , a
condizioni standard, secondo la formula H = H
f
0
prodotti - H
f
0
reagenti .

In dettaglio, per la reazione di combustione completa del metano si ha:

CH
4
C + H
2
+ 74.9 KJ
C + O
2
CO
2
- 394 KJ H = H
f
0
prodotti - H
f
0
reagenti = -966 - 74.9 = -891.1 KJ / mole
2H + O
2
2H
2
O - 572 KJ

Per la combustione incompleta del metano si ha invece:

CH
4
C + H
2
+ 74.9 KJ
C + O
2
CO - 111.6 KJ H = H
f
0
prodotti - H
f
0
reagenti = -683.6 - 74.9 = -608.7 KJ / mole
2H + O
2
2H
2
O - 572 KJ























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106
Gli alcheni


Materiali occorrenti:
1-ottene - Esano - Tetracloruro di carbonio - Permanganato di potassio sol. 0.001 M - Idrossido di sodio
sol. 1 M - Acqua di bromo satura - Paraffina - Cloruro di sodio - Etanolo - Iodio bisublimato - Vetreria.


Richiami teorici:
Gli alcheni ( oleofine ) sono composti nei quali il carbonio ibridato sp
2
. Ogni orbitale forma con quelli
vicini angoli di 120. Tra due atomi di carbonio presente un doppio legame formato da un legame di tipo
e da una nube elettronica ad esso perpendicolare che corrisponde al legame ; questo , perci, formato
dall'orbitale p non ibridato che si sovrappone ad un altro orbitale p non ibridato dell'atomo di carbonio
vicino. La formula generale C
n
H
2n
. Hanno comportamento apolare. Gli alcheni da C
2
a C
4
sono
gassosi; quelli da C
5
a C
16
liquidi e solidi i termini superiori.

Le reazioni degli alcheni comportano, in genere, la rottura del legame, addizionando ioni o radicali. Sono
possibili reazioni di ossidazione con ossidanti forti.
In queste note sono trattate, in generale, le reazioni facilmente eseguibili in laboratorio, ovvero le reazioni di
ossidazione a glicoli e di addizione di alogeni.

Ossidazione a glicoli:
alcuni ossidanti energici, ad es. permanganato di potassio, in ambiente alcalino e a freddo, trasformano gli
alcheni in glicoli ( o dioli ), alcooli con due gruppi -OH. La reazione, riferita all'etilene la seguente:


-OH
CH
2
-OH glicol etilenico
CH
2
=CH
2
+ KMnO
4
+ KOH + MnO
2
o

a freddo
CH
2
-OH 1,2-etandiolo

Addizione di alogeni:
gli alcheni reagiscono con facilit con bromo e cloro venendo trasformati in composti saturi contenenti 2
atomi di alogeno legati ad atomi adiacenti di carbonio. Questi composti sono detti alogenuri alchilici. La
reazione avviene miscelando alchene e alogeno in soluzione di tetracloruro di carbonio. La reazione,
riferita all'etilene la seguente:

CCl
4
CH
2
-Br
CH
2
=CH
2
+ Br
2
1,2-dibromoetano o dibromuro di etile
CH
2
-Br

Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: ossidazione a glicol dell' 1-ottene:
In una provetta porre 3 o 4 mL di permanganato di potassio sol. 0.001 M ed alcalinizzare con 2 o 3 gocce di
idrossido di sodio sol, 1 M; si aggiunge, infine, 1 mL di 1-ottene ed agitare.
In breve si osserva la scomparsa della colorazione viola, con comparsa di un colore bruno tenue; ci indica
l'avvenuta riduzione del Mn
7+
a Mn
4+
con contemporanea ossidazione dell'1-ottene a glicol ottilenico
( 1,2-ottandiolo ) con la reazione:


-OH

CH
2
=CH-(CH
2
)
5
-CH
3
+ KMnO
4
CH
2
-CH-(CH
2
)
5
-CH
3
+ MnO
2
+ KOH

a freddo

OH OH
glicol ottilenico ( 1,2-ottandiolo )

Nota: la comparsa di una colorazione verdastra indica che non avvenuta una completa riduzione del Mn
7+
a Mn
4+

ma, bens, una parziale riduzione a Mn
6+
. Questo pu essere dovuto o ad una concentrazione molare di KMnO
4
troppo
elevata o ad una basicit troppo accentuata. Quest'ultima situazione provoca, infatti, uno stabilizzarsi del Mn
6+
.
Per ovviare a quanto sopra conviene ripetere l'esperienza con soluzione di permanganato pi diluita ed alcalinizzando
meno. Al limite, pu favorire la reazione un blando riscaldamento al bunsen.


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107
Parte seconda: addizione di bromo all'1-ottene:
Si pongono in una provetta 4 o 5 mL di acqua di bromo satura e si aggiunge 1 mL circa di 1-ottene,
agitando la miscela. In breve si osserva lo scolorimento dell'acqua di bromo ad indicare che il bromo
stesso si legato all'alchene, rompendo il doppio legame e formando un alogenuro alchilico:

CH
2
=CH-(CH
2
)
5
-CH
3
+ Br
2
CH
2
-CH-(CH
2
)
5
-CH
3
1,2 dibromoottano
o
Br Br dibromuro di ottile


Parte terza: prove comparative di miscibilit e solubilit:
Gli alcheni hanno comportamento apolare. E' possibile verificare tale comportamento con prove di
miscibilit da effettuarsi con altri idrocarburi o derivati ( es. esano, benzene, tetracloruro di carbonio,
cloroformio ) e con solventi polari (es. acqua o etanolo ).

Prove di solubilit nell'alchene possono essere effettuate, ad esempio, con un alcano solido
( paraffina ) e con sostanze di tipo molecolare ( es. iodio, saccarosio ) o ionico ( es. cloruro di sodio ).

I risultati delle prove di cui sopra possono essere raccolti in una tavola sinottica appositamente preparata.










































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108
Gli alchini


Materiali occorrenti:
Carburo di calcio - Acqua di bromo sol. satura - Fenolftaleina sol. 1 % - Vetreria.

Richiami teorici:
Gli alchini sono idrocarburi nei quali il carbonio ibridato sp. Tra due atomi di carbonio presente un
doppio legame formato da un legame di tipo e da due legami dovuti alla sovrapposizione degli orbitali p
non ibridati dei due atomi di carbonio che intervengono nel legame.
Gli alchini hanno formula generale C
n
H
2n-2
.

Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: preparazione dell'acetilene ( etino ) dal carburo di calcio:
Riempire di acqua una capsula in porcellana ( o altro simile recipiente ) fino a 2 cm dal bordo e far cadere in
essa un pezzetto, circa 2 o 3 g di carburo di calcio. Immediatamente si osserva un forte sviluppo di
acetilene ( etino ) secondo la reazione:

CaC
2
+ 2H
2
O H C C H + Ca(OH)
2


Il formarsi di un leggero precipitato biancastro nell'acqua della capsula ed il comportamento basico,
verificabile con la fenolftaleina, della stessa, riconoscono, con certezza, la formazione dell' idrossido di
calcio.

Avvicinando una fiamma all'acetilene in formazione si ha l'immediata accensione dello stesso, con fiamma
poco luminosa e che lascia residui fuligginosi.
La reazione di combustione quella tipica degli idrocarburi:

2C
2
H
2
+ 5O
2
4CO
2
+ 2H
2
O


Parte seconda: addizione di bromo all'acetilene (etino):
Disporre in un sostegno due provette. In una mettere 2 o 3 mL di acqua di bromo satura e 10 mL circa di
acqua distillata; nell'altra, al fine di sviluppare acetilene, si versano 10 mL circa di acqua e si lascia cadere
1 g circa di carburo di calcio e si chiude velocemente con il tappo del tubo di sviluppo. Lo stesso tubo di
sviluppo si inserisce nella prima provetta, al fine di far gorgogliare il gas. In breve si nota una completa
decolorazione dell'acqua di bromo ad indicare l'avvenuta reazione di alogenazione.
Questa reazione procede in due stadi:

Br H Br Br
Br
2

H C C H + Br
2
C = C H C C H

H Br Br Br

trans-1,2-dibromoetene 1,1,2,2-tetrabromoetano














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109
Gli idrocarburi aromatici


Materiali occorrenti:
Benzene - Toluene - Fenolo - Naftalene - Esano - Etanolo - Iodio - Cloruro di sodio - Paraffina - Acido nitrico
sol. 65 % - Acido solforico sol 95 % - Idrossido di sodio sol. 4 M - Vetreria.

Richiami teorici:
Gli idrocarburi aromatici ( areni ) sono caratterizzati dall'anello esagonale del benzene. Questo ha formula
bruta C
6
H
6
; gli atomi di carbonio che lo compongono sono ibridati sp
2
e si trovano ai vertici di un esagono
regolare. La molecola planare, ha angoli di legame di 120 e possiede 3 doppi legami ( legami ) dovuti
alla sovrapposizione degli orbitali p non ibridati. Gli elettroni sono delocalizzati, ovvero, distribuiti in modo
uguale tra tutti gli atomi di carbonio.

Alcuni areni sono policiclici presentando anelli aromatici fusi. Ad es.:


CH
3

OH

NO
2


Benzene Toluene Fenolo Nitrobenzene Naftalene


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: reazione di nitrazione del benzene:
In un pallone da 250 mL versare, utilizzando una pipetta tarata, 2 mL di acido nitrico sol. 65 % e a questi
aggiungere, goccia a goccia e refrigerando, 3 mL di acido solforico sol. 95 % che agir da catalizzatore.
Alla soluzione acida, cos preparata, si aggiungono 3 mL di benzene, agitando il pallone, con cautela, al fine
di favorire la reazione. Dopo 1 minuto circa si notano un forte aumento della temperatura, tale da portare la
soluzione acida all'ebollizione, lo sviluppo di un caratteristico odore di mandorle amare e la formazione, in
superficie, di un composto denso dal colore paglierino: il nitrobenzene.

La reazione la seguente:
+ HNO
3

H2SO4

NO
2
+ H
2
O

Con un imbuto separatore si pu separare la fase acquosa dal nitrobenzene; lo si tratta con una soluzione
alcalina ( es. idrossido di sodio sol. 4 M ) e poi con acqua, in modo da eliminare ogni traccia di acido, e
quindi lo si fa essiccare.

Parte seconda: prove comparative di miscibilit e solubilit di areni e altre sostanze:
Disponendo di diversi areni liquidi, di esano ( o altro alcano liquido ), di alcool etilico e di acqua possibile
effettuare prove crociate di miscibilit.

Analoghe prove crociate di solubilit possono essere effettuate tra areni solidi ( es. naftalene o fenolo ) e i
solventi gi citati.

Prove di solubilit in areni liquidi possono essere eseguite con varie sostanze solide quali un alcano solido
( es. paraffina ), sostanze molecolari ( es. iodio ) o ionico ( es. cloruro di sodio ).

I risultati che emergono possono essere raccolti in una tavola sinottica appositamente preparata.


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110
Gli alcooli



Materiali occorrenti:
Metanolo - Etanolo - 1-Butanolo - 2-Butanolo - t-Butanolo - 1,2,3-Propantriolo - Bicromato di potassio -
Cromato di potassio - Cloruro di zinco - Acido cloridrico sol. 37 % - Sodio - Rame - Piridina - Acido solforico
sol. 95 % - Vetreria.


Richiami teorici:
Gli alcooli sono derivati degli idrocarburi per sostituzione di uno o pi atomi di idrogeno con gruppi
ossidrile ( -OH ).

Quando l'ossidrile legato ad un atomo di carbonio primario si ha un alcool primario, caratterizzato dalla
formula: R CH
2
OH .

Quando l'ossidrile legato ad un atomo di carbonio secondario si ha un alcool secondario, caratterizzato
dalla formula:
R
CH OH .
R

Quando l'ossidrile legato ad un atomo di carbonio terziario si ha un alcool terziario, caratterizzato dalla
formula:
R
R C OH .
R

R indica, come noto, un radicale alchilico.

Il gruppo caratteristico -OH idrofilo mentre il radicale -R idrofobo. L'effetto idrofilo e la conseguente
miscibilit in acqua prevale negli alcooli a pochi atomi di carbonio. Al contrario, con l'aumentare degli stessi
atomi di carbonio rispetto i gruppi ossidrile, prevale il carattere idrofobo ed una decrescente miscibilit con
acqua.


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: prove di miscibilit con acqua:
Si prelevano campioni di 2 mL circa di ciascun alcool disponibile e si pone, ognuno, in un una provetta. Ad
ogni provetta aggiungere 2 mL di acqua distillata, agitare ed osservare se si ha completa, parziale o
mancata miscibilit.

I risultati sono riportati nella tabella n. 1.


Parte seconda: ossidazione di un alcool ad opera del bicromato di potassio:
In una provetta si introducono 3 mL di etanolo sol. 95 % e 1 mL circa di acqua distillata; a questi si
aggiungono una punta di spatola di bicromato di potassio agitando fino a completa solubilizzazione del sale.
La soluzione appare di colore arancio intenso.
Si aggiungono, con cautela, 1 mL di piridina, al fine di evitare l'ulteriore ossidazione ad acido carbossilico e
2 o 3 gocce di acido solforico sol. 95 % . Si porta la provetta sul bunsen e si scalda lentamente; subito si
nota il viraggio del colore arancio ( colore del Cr
6+
) ad un colore verde tenue ( colore del Cr
3+
) ad
indicare la riduzione del cromo con contemporanea ossidazione dell' alcool etilico ad aldeide acetica
( etanale ), secondo la reazione :





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111

piridina

3CH
3
-CH
2
-OH + Cr
7
2-
+ 8H
+
3CH
3
-CHO + 2Cr
3+
+ 7H
2
O


Parte terza: ossidazione di un alcool in presenza di rame ad alta temperatura:
In un piccolo becker si pongono 10-20 mL di metanolo. A parte si riscalda una lastrina di rame tenuta da
pinze; quando la lastrina arroventata con le dovute cautele, la si immerge rapidamente nel metanolo. Si
osserva immediatamente l'ossidazione del metanolo ad aldeide formica ( metanale ) riconoscibile dal
caratteristico odore. La reazione :


Cu

2CH
3
-OH + O
2
2H-CHO + 2H
2
O
metanolo
200/300 C
metanale

Parte quarta: riconoscimento di un alcool con reattivo di Lucas:
Il reattivo di Lucas si prepara al momento essendo molto deperibile: si sciolgono 13.6 g di cloruro di zinco in
10 mL di acido cloridrico sol. 37 % . Si tratta 1 mL di alcool con 3 mL di reattivo di Lucas, in una provetta,
agitando per favorire la reazione:

Alcool terziario ( es. alcool t-butilico ): la soluzione intorbida e si forma uno strato oleoso che subito viene a
galla. Il composto formatosi l'alogenuro alchilico.

Alcool secondario ( es. alcool sec-butilico ): la formazione dell'alogenuro alchilico avviene dopo circa 5
minuti.

Alcool primario ( es. alcool n-butilico, etilico ): non si verifica la stratificazione.

Dalle osservazioni precedenti si deduce che gli alcooli terziari reagiscono molto velocemente con gli acidi
alogenidrici, gli alcooli secondari sono pi lenti e quelli primari reagiscono solo molto lentamente. La
reazione generica :
ZnCl
2

R OH + HCl R Cl + H
2
O


Parte quinta: formazione di un alcossido ( alcolato ):
Gli alcooli sono acidi deboli, per cui possono reagire con metalli reattivi ( es. metalli del I gruppo ) per dare
alcossidi ( alcolati ). Ad es. l'etanolo pu reagire con il sodio:

2CH
3
-CH
2
-OH + 2Na 2CH
3
-CH
2
-O-Na + H
2

etanolo etilato di sodio
( etilossido di sodio )

In una capsula di porcellana si pongono 10 mL circa di etanolo sol. 95 e ad essi si aggiungono piccoli pezzi
di sodio ( in tutto 4 o 5 g ), facendo molta attenzione ad evitare che il calore di reazione possa incendiare
l'idrogeno o l'etanolo.
Alla fine si lascia evaporare l'alcool in eccesso; nella capsula si deposita una polvere biancastra,
l'alcossido, che pu essere raccolta ed analizzata.















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112



Tab.1 Miscibilit di alcuni alcooli in acqua

Alcool Miscibilit in acqua

metanolo CH
3
-OH
( alcool metilico )

completa

1-butanolo CH
3
-CH
2
-CH
2
-CH
2
-OH
( alcool n-butilico )

scarsa

CH
3


2-metil-2-propanolo H
3
C-C-OH
( alcool ter-butilico )
CH
3




molto scarsa


etanolo CH
3
-CH
2
-OH
( alcool etilico )

completa

CH
2
-OH

glicerolo CH-OH
( glicerina )
CH
2
-OH



completa

2-butanolo CH
3
-CH-CH
2
-CH
3


( alcool sec-butilico )


OH




scarsa





























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113
Gli acidi carbossilici


Materiali occorrenti:
Acido acetico glaciale. - Acido ossalico - Acido oleico - Etanolo - Acido solforico sol. 95% - Bicromato di
potassio cristallino - Idrossido di sodio sol. 0.1 M - Magnesio - Idrossido di bario sol. 1 % - Fenolftaleina
sol. 1 % Cartine indicatrici - Vetreria .


Richiami teorici:
O
Gli acidi carbossilici sono composti organici caratterizzati dal gruppo carbossile C ( -COOH ).
OH

Il carbossile pu essere legato ad un radicale alifatico -R ( acidi carbossilici alifatici ) o ad un anello
benzenico ( acidi carbossilici aromatici ).

Nel caso che la molecola presenti due gruppi -COOH l'acido genericamente detto dicarbossilico o
alcandioico.
Es. COOH
| acido etandioico o acido ossalico
COOH

Gli a.c. hanno carattere polare, formano legami ad idrogeno tra le loro molecole e con molecole di H
2
O.
Aumentando di dimensione la catena alifatica diminuisce la funzione carbossilica e con essa la solubilit in
acqua.

Gli a.c. a catena semplice sono liquidi, quelli ad elevato P.M. sono solidi.


Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: esame delle caratteristiche fisiche di alcuni acidi carbossilici:
Disponendo di pi a.c. possibile effettuare un esame delle caratteristiche, quali lo stato fisico (liquido o
solido), la densit, l'odore, la miscibilit con acqua o con eventuali solventi apolari, il pH, la conducibilit
elettrica di soluzioni a diverse concentrazioni.

I dati raccolti sperimentalmente possono essere riportati in una tabella appositamente preparata.

Parte seconda: preparazione di acido acetico per ossidazione di etanolo con bicromato di potassio:
Si basa sulla reazione generica:

ox ox
R-OH R-CHO R-COOH

In un pallone codato da 100 mL si pongono 20 mL di alcool etilico 95 e 20 mL di acqua distillata. Si agita
per mescolare perfettamente e si aggiunge una punta di spatola di bicromato potassico; la soluzione
assume il colore caratteristico arancio del Cr
6+
. Goccia a goccia, si versano 2 mL ca. di acido solforico sol.
95 % , si tappa e si porta sul bunsen con reticella amiantata per un cauto riscaldamento. In poco tempo si
osserva il cambiamento del colore al verde ad indicare la riduzione del Cr
6+
a Cr
3+
; contemporaneamente si
ha l'ossidazione dell'alcool etilico ad acido acetico, che distilla dalla tubolatura del palloncino e che
riconoscibile per il caratteristico odore, ben diverso da quello dell'alcool e per il pH acido, verificabile con
una cartina all'indicatore universale.

La reazione :
O O
CH
3
-CH
2
-OH + K
2
Cr
2
O
7

H SO 2 4
CH
3
-C
H SO 2 4
CH
3
-C
H
K2Cr2O7
O H
alcool etilico aldeide acetica acido acetico



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114
Parte terza: reazioni di salificazione:
Gli a.c. possono dare reazioni di salificazione sia con idrossidi sia con metalli.
Ad esempio una reazione di salificazione acido-base quella tra l'acido acetico dell'aceto di vino e una
soluzione di idrossido di sodio, gi vista nella relativa esercitazione, alla quale si rimanda per le modalit di
esecuzione.

Una semplice reazione acido-metallo pu essere quella tra il magnesio e l'acido acetico.
In una provetta si versano 5 mL di acido acetico glaciale e 5 mL di acqua distillata e si immerge una lastrina
di magnesio. Si nota lo sviluppo di gas idrogeno ed il formarsi, in soluzione, di acetato di magnesio, con
la reazione:

2CH
3
-COOH + Mg (CH
3
-COO)
2
Mg + H
2


La descritta reazione pu essere effettuata anche con altri metalli reattivi, quali il sodio o il calcio.



Parte quarta: reazione di decarbossilazione dell'acido ossalico:
In una provetta si versa una spatolata di acido ossalico cristallino; si chiude la provetta con un tappo con
tubo di sviluppo che sar immerso in una soluzione di idrossido di bario contenuta in una seconda provetta.
Si porta la provetta con l'acido ossalico al bunsen e si riscalda fino a 160-180 C e si nota lo sviluppo di gas,
anidride carbonica, che intorbidir, come noto, l'idrossido di bario. La reazione :

COOH
160-180 C

| H-COOH + CO
2

COOH
acido ossalico acido formico




































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115
Le aldeidi e i chetoni


Materiali occorrenti:
Aldeide acetica - Aldeide formica - 1-butanolo - 2-propanolo - Acetone - Bicromato di potassio cristallino -
Acido solforico sol. 95 % - Nitrato di argento sol. 0.1 M - Idrossido di ammonio sol. 2 % - Idrossido di sodio
sol. 1 M - Reattivi di Fehling - Piridina - Vetreria.


Richiami teorici:
Le aldeidi ed i chetoni sono caratterizzati dal gruppo funzionale carbonile C=O . Il legame C=O
composto da un legame di tipo e da uno di tipo ; il carbonio ibridato sp
2
e la molecola planare.
Nelle aldeidi un gruppo carbonilico legato a uno o a due atomi di idrogeno e a non pi di
O
un radicale alchilico, secondo la formula generale R C . Nei chetoni il gruppo carbonile
H R
legato direttamente a due radicali alchilici , secondo la formula O C
R

In laboratorio possibile preparare aldeidi per ossidazione di alcooli primari e chetoni per ossidazione di
alcooli secondari.

Esecuzione dell'esperienza:

Parte prima: preparazione dell'aldeide n-butirrica per ossidazione dell' 1-butanolo con bicromato di
potassio:
In una provetta si introducono 3 mL di 1-butanolo e 1 mL circa di acqua distillata; a questa soluzione si
aggiungono una punta di spatola di bicromato di potassio agitando fino a completa solubilizzazione del sale.
La soluzione appare di colore arancio intenso. Si aggiungono, con cautela, 1 mL di piridina, al fine di evitare
l'ulteriore ossidazione ad acido carbossilico e 2 o 3 gocce di acido solforico sol. 95 %. Si porta la provetta
sul bunsen e si scalda lentamente; subito si nota il viraggio del colore arancio ( colore del Cr
6+
) ad un
colore verde tenue ( colore del Cr
3+
) ad indicare la riduzione del cromo con contemporanea ossidazione
dell' alcool n-butilico ad aldeide butirrica ( butanale ), secondo la reazione:

piridina

3CH
3
-CH
2
-CH
2
-CH
2
-OH + Cr O
2 7
2-
+ 8H
+
3CH
3
-CH
2
-CH
2
-CHO + 2Cr
3+
+ 7H
2
O .

L'aldeide n-butirrica riconoscibile dal caratteristico odore.


Parte seconda: preparazione dell'acetone per ossidazione del 2-propanolo con bicromato di
potassio:
In una provetta si introducono 3 mL di 2-propanolo e 1 mL circa di acqua distillata; a questa soluzione si
aggiungono una punta di spatola di bicromato di potassio agitando fino a completa solubilizzazione del sale.
La soluzione appare di colore arancio intenso. Si aggiungono, con cautela, 2 o 3 gocce di acido solforico
sol. 95 %. Si porta la provetta sul bunsen e si scalda lentamente; subito si nota il viraggio del colore arancio
( colore del Cr
6+
) ad un colore verde tenue ( colore del Cr
3+
) ad indicare la riduzione del cromo con
contemporanea ossidazione del 2-propanolo ad acetone ( propanone ), secondo la reazione:

3CH
3
-CH-CH
3
+ Cr O
2 7
2-
+ 8H
+
3CH
3
-C-CH
3
+ 2Cr
3+
+ 7H
2
O

OH O
Il chetone molto pi stabile dell'aldeide, per cui non pu aver luogo una ulteriore ossidazione ad acido
carbossilico. L'acetone riconoscibile dal caratteristico odore.






ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
116
Parte terza: reazione di Tollens e formazione dello specchio d'argento:
Con questa reazione possibile verificare il potere riducente delle aldeidi.
Il reattivo di Tollens deperibile e si prepara al momento versando in una provetta 2 mL di nitrato di
argento sol. 0.1 M, 1-2 gocce di idrossido di sodio sol. 1 M ed alcune gocce di idrossido di ammonio sol. 2 %
, fino a completa soluzione.
In una seconda provetta si versano 1-2 mL di aldeide ( formica o acetica ), si aggiungono 5 o 6 gocce del
reattivo di Tollens e si porta al bunsen per un cauto riscaldamento. Dopo pochi secondi si nota sul fondo
della provetta la comparsa dello specchio d'argento dovuto alla riduzione di Ag
+
a argento elementare. La
reazione generica che avviene :
O H O
2
O
3OH
-
+ 2Ag(NH
3
)
2+
+ R C 2Ag + R C + 4NH
3
+ 2H
2
O
H O
-


Come si vede, l'aldeide si ossida al corrispondente acido carbossilico.

Nota operativa: operare con guanti in gomma monouso al fine di evitare macchie di argento metallico sulle mani.


Parte quarta: esame del differente potere riducente di aldeidi e chetoni con reattivo di Fehling:
Questa esercitazione evidenzia il differente potere riducente di aldeidi e chetoni.
Il reattivo di Fehling costituito da due soluzioni, la soluzione A di solfato di rame II e la soluzione B
alcalina di tartrato di sodio e potassio .
Al momento dell'analisi si mescolano in una provetta 5 mL per ciascuna delle due soluzioni.

In una provetta si versano 2 mL di aldeide ( formica o acetica ) e in una seconda provetta 2 mL di acetone.
Si pongono le provette in un bagnomaria caldo ( o in un becker con acqua calda ) e si versano, in ciascuna,
3 o 4 mL di reattivo di Fehling completo. Nella provetta contenente l'aldeide si osserva il formarsi di un
precipitato bruno di ossido di rame I ( riduzione del Cu
2+
del solfato a Cu
+
nell'ossido ) e contemporanea
ossidazione dell'aldeide ad acido carbossilico, con la reazione:


O
ione complesso
O
R C + Cu
2+
R C + Cu
2
O
H OH

Nella provetta contenente il chetone non si ha alcuna reazione redox: questi composti carbonilici, infatti,
reagiscono solo con energici ossidanti ( es. permanganato di potassio a caldo ).

























ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
117
Gli esteri



Materiali occorrenti:
Acido acetico glac. - Etanolo 95 % - Olio di oliva ( o di semi ) - Idrossido di sodio sol. 8 M - Cloruro di sodio
crist. - Acido solforico sol. 95 % - Sapone di Marsiglia - Vetreria .


Richiami teorici:
Gli esteri sono composti derivati dalla reazione di un acido carbossilico ed un alcool con eliminazione di
acqua, secondo la reazione generica:

O H+ O
R C + H-O-R' R-C + H
2
O
O-H O-R'

Nel gruppo caratteristico, detto alcossilico, O-R' il radicale pu essere di tipo alifatico o aromatico.

Gli esteri a basso P.M. sono molto volatili ed hanno odori caratteristici, spesso simili a quelli di vari frutti.
Sono composti molecolari pochissimo solubili in acqua e solubili nei composti apolari.

Se la reazione di formazione avviene tra un acido carbossilico con numero di atomo di carbonio da 12 a 22
e il glicerolo ( 1,2,3-propatriolo ) si ottiene un trigliceride :

CH
2
-OH CH
2
-OCO-R
| O |
CH-OH + 3 R-C CH-OCO-R' + H
2
O
| O-H |
CH
2
-OH CH
2
-OCO-R''

Se a reagire un acido carbossilico saturo ( es. laurico, palmitico, stearico ) il trigliceride solido e si
dice grasso.
Se a reagire un acido carbossilico insaturo ( es. linoleico, linolenico, oleico ) il trigliceride liquido e si
dice olio.
Di norma grassi e olii contengono diversi acidi carbossilici.

Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: sintesi dell'acetato di etile ( etanoato di etile ):
La reazione di sintesi di un estere abbastanza lenta e richiede alte temperature. E' perci necessario
utilizzare un sistema di riscaldamento formato da un pallone e da un " refrigerante a ricadere " al fine di
evitare l'evaporazione dei reagenti.

In un pallone in vetro pyrex da 250 ml. si versano 20 mL di acido acetico glaciale e 20 mL di alcool etilico
95; si mescola e si aggiungono, goccia a goccia, 10 mL di acido solforico sol. 95 % . Si monta il
refrigerante e si riscalda lentamente per circa 10 minuti.
A reazione avvenuta si lascia raffreddare e dopo 10 minuti si aggiungono 100 mL circa di acqua distillata.
L'estere formatosi, l'etanoato di etile, avendo densit minore ed essendo insolubile, gallegger sull' acqua.
L'eccesso di acido pu essere eliminato con agitazione in una soluzione al 10 % di carbonato di sodio e
l'estere essere separato attraverso un imbuto separatore. La reazione avvenuta :


O O
CH
3
-C + CH
3
-CH
2
-OH CH
3
-C +H
2
O
O-H O-CH
2
-CH
3

acido acetico etanolo acetato di etile


Parte seconda: reazione di idrolisi di un trigliceride ( reazione di saponificazione ):

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
118
La reazione di un trigliceride con una soluzione di idrossido di sodio ( o di potassio ) porta alla formazione di
un sale sodico ( o potassico ) di un acido grasso. Tale prodotto un sapone. I saponi sono duri quando
si tratta di sali sodici e molli quando si tratta di sali potassici.

In un becker da 100/200 ml. si versano 10 mL di olio di oliva ( o di semi ) e 5 mL di idrossido di sodio
sol. 8 M. Si aggiungono 10 mL di acqua distillata e si porta il becker su una reticella amiantata posta su un
bunsen, procedendo ad un lento e cauto riscaldamento. Si agita frequentemente, aggiungendo acqua se
questa evapora, fino a che la saponificazione non si completata. Quando si osserva la comparsa di
schiuma e la completa assenza di gocce di olio, si aggiunge una spatolata di cloruro di sodio crist. al fine di
favorire l'aggregarsi del sapone in micelle. Si lascia raffreddare e si recupera il sapone formatosi. Da notare
che il prodotto notevolmente alcalino.

La reazione avvenuta :

CH
2
-OCO-R CH
2
-OH
| |
CH-OCO-R' + 3NaOH 3R-COONa + CH-OH
| |
CH
2
-OCO-R'' CH
2
-OH
trigliceride sapone glicerolo


Parte terza: esame del potere detergente dei saponi:
L'azione detergente del sapone determinata dalla struttura molecolare dello stesso in cui esiste una parte
lipofila apolare ( coda ) ed una parte idrofila polare ( testa ).
Lo sporco grasso viene aggredito dalle code lipofile e ridotto in particelle ove le stesse code affondano; le
particelle sono disperse nell'acqua per mezzo delle teste idrofili. L'azione meccanica porta al completo
distacco dello sporco.

Per verificare l'azione detergente del sapone, si preparano due provette contenenti ciascuna 5 mL di acqua
distillata e 5/10 gocce di olio. In una delle due provette si aggiunge una piccola quantit di sapone di
Marsiglia ( o del sapone precedentemente preparato ). Si agitano entrambe le provette e si nota che nella
prima provetta, quella senza il sapone, si ha stratificazione dell'olio sull'acqua, mentre nella seconda
provetta, quella contenente il sapone, si ha una omogenea dispersione delle particelle del grasso nell'acqua.

Le propriet detergenti dipendono, quindi, dalla capacit del sapone di formare emulsioni in cui le molecole
del sapone stesso " racchiudono " le particelle di sporco in un involucro solubile in acqua che ne permette la
dispersione.






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1

Reazioni di idrolisi di esteri o di saponificazione
O

CH
2
-O-C-(CH
2
)
7
-CH=CH-(CH
2
)
7
-CH
3
CH
2
-OH
O

CH-O-C-(CH
2
)
7
-CH=CH-(CH
2
)
7
-CH
3
+ 3Na
+
OH
-
CH-OH + 3CH
3
-(CH
2
)
7
-CH=CH-(CH
2
)
7
-COO
-
Na
+

O

CH
2
-O-C-(CH
2
)
7
-CH=CH-(CH
2
)
7
-CH
3
CH
2
-OH

Trioleina Glicerolo Oleato di sodio

O

CH
2
-O-C-(CH
2
)
14
-CH
3
CH
2
-OH
O

CH-O-C-(CH
2
)
14
-CH
3
+ 3Na
+
OH
-
CH-OH + 3CH
3
-(CH
2
)
14
-COO
-
Na
+

O

CH
2
-O-C-(CH
2
)
14
-CH
3
CH
2
-OH

Tripalmitina Glicerolo Palmitato di sodio

O

CH
2
-O-C-(CH
2
)
16
-CH
3
CH
2
-OH
O

CH-O-C-(CH
2
)
16
-CH
3
+ 3Na
+
OH
-
CH-OH + 3CH
3
-(CH
2
)
16
-COO
-
Na
+

O

CH
2
-O-C-(CH
2
)
16
-CH
3
CH
2
-OH

Tristearina Glicerolo Stearato di sodio




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1
Determinazione dell'acidit dell'olio d'oliva


Materiali occorrenti:
Olio extravergine d'oliva - Idrossido di potassio sol. 0.1 M - Etere etilico - Alcool etilico assoluto -
Fenolftaleina sol. 0.1 % - Buretta da 25 mL - Vetreria.


Richiami teorici:
I grassi e gli oli sono comuni sostanze alimentari. I grassi sono per lo pi di origine animale ( burro, lardo )
mentre gli oli hanno origine vegetale ( olio d'oliva, olio di semi di mais, olio di semi di soia, etc. ).

La struttura di base di grassi ed oli la stessa; sono, infatti, triesteri del glicerolo ( triacil-gliceroli ), ovvero
trigliceridi. La struttura base dei trigliceridi la seguente


CH
O
R
CH
CH
2
O
O
O
O
C
C
C
R
R
2
O
'
''


ove R, R' e R'' sono degli acidi grassi superiori. Gli acidi grassi possono essere saturi quando presentano
legami semplici: acido laurico CH
3
(CH
2
)
10
COOH, acido palmitico CH
3
(CH
2
)
14
COOH, acido starico
CH
3
(CH
2
)
16
COOH, od insaturi quando presentano uno o pi doppi legami: acido oleico
CH
3
(CH
2
)
7
CH=CH(CH
2
)
7
COOH, acido linoleico CH
3
(CH
2
)
4
CH=CHCH
2
CH=CH(CH
2
)
7
COOH, acido
linolenico CH
3
CH
2
CH=CHCH
2
CH=CHCH
2
CH=CH(CH
2
)
7
COOH.

In genere un grasso od un olio contiene pi di un AG, anche se uno , normalmente, in quantit
preponderante. Ad esempio nell'idrolisi dell'olio d'oliva si ricava circa l' 83 % di acido oleico; dal burro
possibile ricavare per idrolisi anche pi di 15 tipi di AG.

Secondo la legislazione italiana ( DM 31 -10 -1987, n.509 ) l'olio d'oliva classificato in base all'acidit
espressa in acido oleico. Nell'olio extravergine d'oliva tale acidit in acido oleico deve essere 1 g x 100 g
di olio.

La determinazione dell'acidit di un olio si effettua con una titolazione con idrossido di potassio sol. 0.1 M;
da questa si ricavano sia il numero di acidit, ovvero i mg di KOH necessari a neutralizzare gli acidi liberi
presenti in 1 g di olio, sia l'acidit espressa in %
M
di acido oleico. Le formule da applicare sono:
numero di acidit =
v M 56. 1
P
% acido oleico =
v M 28. 2
P

M


e

ove v = mL di soluzione di KOH usati, M = molarit della soluzione di KOH e P = massa in g dell'olio.

La reazione di neutralizzazione che avviene, riferita all'acido oleico pu essere cos schematizzata:

CH
3
(CH
2
)
7
CH=CH(CH
2
)
7
COOH + KOH CH
3
(CH
2
)
7
CH=CH(CH
2
)
7
COOK + H
2
O .


Esecuzione dell'esperienza:
Si pesano accuratamente su bilancia analitica, in una beuta da 250 mL, 10 grammi di olio in esame. In un
cilindro graduato si prepara una miscela 1:3 di alcool etilico ed etere etilico e la si travasa in una seconda
beuta da 250 mL.

Si prepara la buretta sul suo sostegno versando in essa la soluzione di idrossido di potassio 0.1 M, fino alla
tacca di zero.

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
2
Si prende la beuta contenente la miscela alcool - etere e ad essa si aggiungono 1-2 mL di fenolftaleina
sol. 1 %; poich la miscela risulta debolmente acida necessaria neutralizzarla con alcune gocce di
soluzione di KOH, fatte defluire dalla buretta, fino a evidente colorazione violetta.

Si aggiunge alla buretta soluzione di idrossido di potassio 0.1 M fino a ripristino del livello allo zero, si
travasa la miscela prima preparata nella beuta contenente l'olio d'oliva, si agita per agita per alcuni secondi
al fine di rendere omogeneo il tutto, che, per la presenza degli acidi grassi, ritorna incolore.

Si d inizio alla titolazione gocciolando lentamente il titolante; al viraggio della soluzione si chiude il
rubinetto annotando la quantit utilizzata.

Siano stati utilizzati 2 mL di idrossido di potassio sol. 0.1 M, applicando le formule citate si ha:

numero di acidit =
v M 56. 1
P
=
2 0. 1 56.1
10
= 1. 122



% acido oleico =
v M 28. 2
P
=
2 0. 1 28. 2
10
= 0. 564 %
M



Dai valori ricavati, si evince che l'olio in esame rientra nei parametri di acidit stabiliti dalla legge.






Nota operativa: la miscela alcool etilico - etere etilico deve essere preparata, se possibile, sotto cappa a causa della
volatilit dell'etere. Accertarsi che non siano presenti nelle vicinanze fiamme libere o riscaldatori elettrici in funzione.
Al posto dell'olio d'oliva pu essere utilizzato anche un altro tipo di olio vegetale od un grasso solido, ad esempio il
burro. In quest'ultimo caso il grasso deve essere preventivamente fuso in modo da permettere una completa soluzione
nella miscela.
































ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
3
I carboidrati


Materiali occorrenti:
Saccarosio - Glucosio - Fruttosio - Amido - Reattivo di Fehling - Acido solforico sol. 95 % - Acido cloridrico
sol. 37 % - Iodio sol. 0.01 M - Vetreria.

Richiami teorici:
I carboidrati o glucidi sono composti organici, in generale, con formula elementare C
n
(H
2
O)
n
. Presentano
dei gruppi -OH, per cui possono essere considerati alcooli polivalenti e un gruppo aldeidico ( aldosi ) o un
gruppo chetonico ( chetosi ).

I carboidrati pi semplici sono i monosaccaridi . Ad es. ribosio, galattosio e glucosio sono monosaccaridi
aldosi; il fruttosio un monosaccaride chetoso.

Pi unit di monosaccaridi (da 2 a migliaia) possono legarsi con un legame glicosidico che si stabilisce
tra un gruppo -OH di un monosaccaride ed uno in posizione 1 di un altro monosaccaride, con perdita di una
molecola di H
2
O.

Se i monosaccaridi sono due si hanno i disaccaridi, tra i quali: saccarosio ( glucosio + fruttosio ), lattosio
( glucosio + galattosio ) e maltosio ( glucosio + glucosio ).

Se i monosaccaridi sono in numero superiore si hanno i polisaccaridi, tra i quali:
glicogeno : catena ramificata di -D-glucosio con legami -1,4-diglicosidici.
cellulosa : catena lineare di -D-glucosio con legami -1,4-diglicosidici.
amilosio : catena lineare di -D-glucosio con legami -1,4-diglicosidici.
amilopectina : catena ramificata di -D-glucosio con legami -1,4-diglicosidici.
amido : costituito da amilosio e amilopectina.

I carboidrati a basso peso molecolare sono anche detti zuccheri.

Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: disidratazione del saccarosio:
Il saccarosio, C
12
H
22
O
11
pu essere disidratato a carbonio con perdita di 11 molecole di H
2
O per azione
dell'acido solforico concentrato.
In un vetro da orologio si pongono 10 g circa di saccarosio commerciale e su questi si versano 2 o 3 mL di
acido solforico 95 % . In pochi secondi si forma una massa scura. La reazione che avvenuta la
seguente:

C
12
H
22
O
11

H SO 2 4
12C + 11H
2
O


Parte seconda: esame del potere riducente di alcuni zuccheri:
Come noto gli zuccheri possono presentare un gruppo aldeidico o un gruppo chetonico. Il primo conferisce
un potere riducente maggiore del secondo.
Il saccarosio, disaccaride, formato da una molecola di glucosio e da una di fruttosio legate con legame
-1,2-diglicosidico; per questo non vi sono pi gruppi carbonilici liberi con capacit riducenti.
La verifica sperimentale di quanto sopra si effettua con il reattivo di Fehling, gi utilizzato per le aldeidi. In
questo reattivo presente del Cu
2+
, ione dal tipico colore blu, che pu essere ridotto a Cu
+
, precipitando
sotto forma di Cu
2
O dal colore mattone, per azione di un agente riducente.

Si preparano 10 mL di reattivo di Fehling completo ( 5 mL sol. A + 5 mL sol. B ) e tre provette contenenti 5
mL circa di acqua distillata. In una provetta si versa una piccola spatolata di glucosio, nella seconda una di
fruttosio e nella terza una di saccarosio; si agitano le provette e a ciascuna si aggiungono 3 mL di reattivo
di Fehling. Si porta la provetta con il glucosio al bunsen e si scalda; in pochi secondi si nota la formazione
del precipitato color mattone di Cu
2
O. Il Cu
2+
si ridotto a Cu
+
e il gruppo aldeidico del glucosio in
posizione 1 si ossidato a gruppo carbossilico, dando l'acido gluconico.

ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
4
Si pone sul bunsen la provetta con il fruttosio e si nota che il precipitato si forma un po' pi lentamente ed
appare lievemente meno intenso, ad indicare una minore reattivit riduttiva del gruppo chetonico. Nel
fruttosio il gruppo chetonico in posizione 2 che si ossida a gruppo carbossilico.
Riscaldando al bunsen la provetta contenente la soluzione di saccarosio non si forma alcun precipitato, in
quanto il disaccaride non presenta siti carbonilici disponibili per la reazione ossidoriduttiva.

Parte terza: inversione del saccarosio:
Trattando il saccarosio con un acido forte si ottiene la rottura della molecola dei due esosi componenti, il
fruttosio e il glucosio. Tale processo detto inversione e, ovviamente, rende disponibili i siti carbonilici per
una reazione ossidoriduttiva.
Il saccarosio invertito pu, quindi, ridurre il reattivo di Fehling.

In due provette con 5 mL di acqua distillata ciascuna si sciolgono due piccole spatolate di saccarosio
commerciale. Una provetta serve da " bianco ", mentre alla seconda si aggiungono 2 o 3 gocce di acido
cloridrico 37 % ; si scaldano entrambe al bunsen ed ad esse si aggiungono, ciascuna, 3 mL di reattivo di
Fehling completo. Solo la provetta ove ha avuto luogo l'inversione presenta il precipitato di Cu
2
O.

Parte quarta: idrolisi dell'amido:
L'amido , come noto, un polisaccaride formato da una catena di monomeri di -D-glucosio legati da
legami -1,4-diglicosidici.
Lo iodio in soluzione se posto in una soluzione acquosa di amido d una colorazione blu.
L'azione di un acido forte, ad esempio acido cloridrico, a caldo porta all'idrolisi del legame glicosidico e
quindi al rilascio dei monomeri; di conseguenza scompare la colorazione blu.

In una provetta si scioglie una punta di spatola di amido solubile in 5 o 6 mL di acqua distillata; alla
soluzione si aggiungono alcune gocce di soluzione 0.01 M di iodio che impartiscono il colore blu.
A questo punto, si aggiungono 3 o 4 gocce di acido cloridrico sol. 37 % e si porta la provetta al bunsen per
il riscaldamento; in pochi secondi il colore blu scompare, indicando la demolizione della molecola del
polisaccaride.










Nota: La reazione di Fehling, riferita ad un monosaccaride generico :

O O
R - C + 2Cu
2+
+ 5OH
-
R - C + Cu
2
O + 3H
2
O
H O-H




















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5
Le proteine



Materiali occorrenti:
Reattivo di Fehling sol. A - Idrossido di sodio sol. 2 M - Campioni di: carne, uova, formaggio, olio di oliva -
Vetreria.


Richiami teorici:
Le proteine o protidi sono composti con molecola formata da sequenze lineari dei 20 aminoacidi, legati uno
all'altro attraverso i gruppi amminico -NH
2
e carbossilico -COOH, con perdita di una molecola di acqua:



H
R
H H
N C
O
C
O
R'
H
H H
H
H H
N C
O
C
O H
+ H
R
H H
N C
O
C
R'
N C
O
C
O H
+ H
2
O




Esecuzione dell'esperienza:
Le sostanze contenenti proteine reagiscono, in soluzione od emulsione fortemente basica ed a caldo, con il
reattivo A di Fehling ( soluzione di ioni Cu
2+
) dando una colorazione che va dal rosso al viola. Come noto
la colorazione iniziale del reattivo di Fehling azzurra.

In una provetta si introduce una piccola quantit di albume di uovo fresco amalgamandola con cura con 5
mL circa di acqua distillata; si aggiungono poi 2 mL circa di idrossido di sodio sol. 2 M ed altrettanti di
reattivo di Fehling sol. A, agitando e portando la provetta al bunsen per un cauto riscaldamento.
In pochi secondi, se si agito correttamente, si osserva il cambiamento del colore verso il rosso-viola;
questo indica la formazione di complessi Cu
2+
- organici dovuti alla presenza di legami peptidici.

In una seconda provetta si pone un pezzetto di carne e in una terza uno di formaggio, aggiungendo 5 mL
circa di acqua distillata, cercando di frantumare e disperdere il pi possibile il materiale in analisi. Compiuta
questa operazione si procede nel modo gi descritto; anche in questi due casi si nota il cambiamento del
colore, dall'azzurro al rosso-viola, ad indicare la presenza di proteine.

Da notare che il colore diviene pi cupo con l'aumentare del numero dei legami peptidici.

Per confronto si effettua una prova " in bianco " prima solo con acqua distillata, idrossido di sodio e reattivo
di Fehling sol. A e poi con un campione di olio di oliva, seguendo la procedura citata.
In entrambi i casi non si verifica alcun cambiamento di colore del reattivo, indicando l'assenza di materiale
proteico.

Detta prova " in bianco " pu essere effettuata anche con frutta fresca o con suoi derivati ( es. succo di
frutta ).














ROBERTO BISCEGLIA: ESERCITAZIONI DI LABORATORIO CHIMICO REV.16/01/2000
6
Addenda

Come gi affermato nell'introduzione, queste schede nascono come materiale personale di lavoro;
esse non hanno alcuna finalit commerciale, ma sono a disposizione di quanti le vorranno utilizzare.

Tuttavia, al fine di garantire ogni futuro diritto, l'autore dichiara esplicitamente il copyright sull'intera
opera e su ogni sua parte, con il divieto di riprodurla senza il suo consenso.

Coloro che fossero interessati ad una o pi copie del lavoro possono farne richiesta all'autore che le
fornir al solo costo della riproduzione fotostatica.
Chi fosse, invece, interessato a riprodurne parti a scopo didattico, invitato a dare comunicazione,
ricordando di citare su tali estratti la fonte ( autore e titolo dell'opera ).
Copie prive, nel riquadro posto in calce a questa pagina, della sigla dell'autore e del numero di
riferimento sono da considerarsi contraffatte.

L'autore declina ogni responsabilit per quanto possa accadere nello svolgimento delle esperienze,
pur ribadendo che esse sono state ripetutamente provate senza alcun problema. La responsabilit della
loro esecuzione appartiene al docente esercitatore.

Bibliografia:

Smooth, Price, Smith, Cacciatore: Corso di chimica moderna, ed. Le Monnier.
Atkins: Fondamenti di chimica, ed. Zanichelli.
Brady, Holum: Chimica, ed. Zanichelli.
Camilli, Valeri: Chimica attiva, ed. Paravia.
Bagatti, Corradi, Desco,Ropa: Chimica, ed. Zanichelli.
Valitutti et al.: Fondamenti di chimica, ed. Masson
Silvestroni: Fondamenti di chimica, ed. Veschi.
Allinger et al.: Chimica organica, ed. Zanichelli.
Post Baracchi, Tagliabue: Chimica, ed. Lattes
AA.VV., La fisica di Berkeley,laboratorio, ed. Zanichelli.
FPCT: Tecnologia di laboratorio chimico ( 5 voll. ), ed. Vallecchi ( fuori commercio ).
Resnick, Halliday: Fisica, ed. CEA.
Caforio, Ferrilli: Corso di fisica sperimentale, ed. Le Monnier.
Tutte le risorse del Web.

Strumenti:

Queste schede sono state realizzate, dalla quinta revisione, con alcuni personal computer, utilizzando il
seguente software:

Sistemi operativi: Windows 98 e Windows NT4
Wordprocessor: Microsoft Word per Windows 2000.
Spreadsheet: Microsoft Excel 2000.
Elaborazioni grafiche: Paint Shop Pro 6..
Data Base: Microsoft Access 2000.
Impaginazione PDF: Adobe Acrobat 3.










Genova, gennaio 2000

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