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1.
I mutamenti dei rapporti fra gli Stati alla luce della globalizzazione
Alla luce dei cambiamenti che oggi caratterizzano i rapporti fra gli Stati membri della
Studio pubblicatonel Volume collettaneo Basic Principles of International Public Law Monism and Dualism, a cura di M. NOVAKOVIC, Belgrado, 2013.
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internazionale, la classica dicotomia fra monismo e dualismo pu essere oggetto di differenti, ma non per questo necessariamente antitetiche, considerazioni di carattere giuridico e di carattere politico. Contrariamente a quel che si potrebbe pensare allesito di un approccio superficiale alla questione, a fronte della perdita di sovranit da parte degli Stati a favore di pi o meno occulte lite economico-finanziarie (fenomeno ancor pi accelerato da un incontrollato ed incontrollabile processo di globalizzazione), la questione relativa al monismo e al dualismo presenta oggi profili di rinnovata attualit. Cercando di mantenersi entro i confini di una prospettiva obiettiva e sforzandosi di offrire un punto di vista che scientificamente deve essere imparziale e che poi latteggiamento che dovrebbe caratterizzare il punto di vista dello studioso in generale, e del giurista in particolare, il discorso pu essere affrontato senza parteggiare n per luno e n per laltro dei due contrapposti (ma meno di quel che si pensi) punti di vista della teoria generale del diritto internazionale e dello Stato, e lo sforzo sar diretto ad individuare il peso effettivo che hanno gli Stati utisinguli nella Comunit internazionale del post post guerra fredda, ora caratterizzata da uneconomia globale che ha determinato unimpensabile accelerazione degli scambi e delle comunicazioni e una definitiva spinta al cambiamento dellordine (o del disordine) internazionale, con quel che ne consegue in termini di rapporti fra il diritto interno degli Stati e il diritto internazionale. Nondimeno, va pur detto che al di l delle pi o meno comprensibili contrapposizioni fra i fautori delluna o dellaltra teoria, un fatto constatabile nella realt fenomenica dello svolgersi delle relazioni internazionali che i due ordinamenti, quello interno e quello internazionale, vivono e hanno ragion desistere esclusivamente luno in funzione dellaltro, e viceversa. Tuttavia, parimenti incontestabile che da qualche tempo a questa parte si assiste ad una netta prevalenza di un diritto internazionale (non sempre espressione condivisa di un consenso pi o meno generalizzato da parte degli Stati, e dunque espressione normativa degli Stati intesi nella loro configurazione istituzionale di Comunit internazionale, appunto, degli Stati) che esplica effetti diretti allinterno degli Stati membri e sui loro ordinamenti giuridici
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nazionali come positivamente esistenti, al di l di qualsivoglia questione relativa alla necessitata o meno coincidenza fra il fenomeno giuridico interno e il fenomeno giuridico internazionale, e al di l di ogni constatazione relativa ad una presunta (e talvolta inesistente) legittimit della detta prevalenza delluno rispetto allaltro, oltre che - a tutto ammettere della diversit e dei differenti titoli di legittimit delle relative fonti normative. In effetti, se, da un canto, vero che la pi gran parte dei problemi che coinvolgono gli Stati membri della Comunit internazionale non sono pi semplicemente risolvibili a livello interno; che il progresso scientifico e tecnologico, lo sviluppo degli scambi economici, commerciali, monetari e delle comunicazioni hanno, per cos dire, unificato il mondo e che la frantumazione degli scenari politici ed economici e, in buona sostanza, tutti quei fenomeni che pi o meno direttamente sono conseguenza della globalizzazione, determinano la necessit di individuare nuove forme di gestione giuridica (e politica) dei fenomeni sociali e nuove fonti di produzione normativa (non sempre e non necessariamente di derivazione interna degli Stati), daltro canto altres vero che la pur residua sovranit statale rende necessario un preventivo controllo sulla legittimit della fonte di produzione della normativa internazionale oltre che sulla legittimit di quel diritto internazionale che gli Stati, ben lontani dal poter decidere se recepirlo o meno allinterno dei propri ordinamenti, dovranno (o dovrebbero) pur avere la possibilit di effettuare un controllo circa la compatibilit del primo con il secondo. Negare tale possibilit agli Stati ed impedire, dunque, al diritto interno di esplicare la sua funzione di strumento per recepire e garantire lattuazione delle norme internazionali, determinerebbe il consolidamento di una deprecabile e inauspicabile oligarchia internazionale che renderebbe priva di significato ogni speculazione, fondata o meno, poco importa ai fini della presente disamina, sulla prevalenza del diritto internazionale sul diritto interno o sulla coincidenza (o meno) dellordinamento internazionale con lordinamento interno degli Stati. Quanto appena sostenuto non vuol significare, dunque, porsi in una prospettiva che ammette una diretta giuridicit obbligatoria delle norme internazionali con implicita possibilit per queste di disciplinare direttamente i rapporti giuridici interni ed esterni dello Stato o, ancor pi, una assertiva legittimit delle fonti di produzione di queste ultime e, di
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conseguenza, porsi in una prospettiva negazionista dellautonomia giuridica e politica degli Stati; significa diversamente prendere contezza della realt e del fatto che, se pur lordinamento internazionale non ha la possibilit di determinare direttamente ed autonomamente modifiche normative direttamente operanti allinterno degli Stati membri (con il che, implicitamente, dichiarando di non aderire alla teoria monista), nei fatti si deve riconoscere come sia dato constatare una certa tendenza degli Stati a consentire o a subire una sempre maggior apertura degli ordinamenti interni nei confronti di norme e principi dellordinamento internazionale.
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si vuole evidenziare la pericolosit di quel meccanismo cui si accennato e che potrebbe essere considerato alla stregua di un monismo autoritario pi subto che accettato da parte degli Stati. In altri termini, il pericolo che si paventa quello di una sostanziale depoliticizzazione dei poteri e delle funzioni tipiche degli Stati e la conseguente assunzione delle decisioni politiche da parte di una tecnocrazia di stampo oligarchico che soffoca ogni capacit di autodeterminazione degli Stati nazionali ai quali non rimane altra possibilit che tradurre in termini giuridici (norme) validi nellordinamento interno, le scelte politiche adottate non gi a livello di un astratto ordinamento internazionale ma, appunto, a livello di tecnocratiche oligarchie del tutto prive di legittimazione politica. Come si vedr in prosieguo, questo quanto avviene gi a livello di Unione europea che, sebbene a livello di organizzazione regionale, rappresenta il paradigma di quanto appena sostenuto e presenta, allevidenza, i caratteri di un ente pretesamente federale del tutto privo di legittimit politica e democratica.
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per cos dire, revocate e riesercitate dallo Stato che volontariamente le aveva delegate allente terzo rispetto allo Stato. Tuttavia, il pericolo, che ormai tale pi non essendo il fenomeno sotto gli occhi di tutti, che allesito di un processo di globalizzazione pilotato dallalto, il contorto (e forse irreversibile) meccanismo di interdipendenza economica fra gli Stati conduce (ed ha gi condotto) allesercizio delle tipiche funzioni degli Stati da parte di oligarchie economico finanziarie giuridicamente inadeguate e politicamente non legittimate, ma in grado di condizionare (in altri termini, di ricattare) gli Stati con la minaccia del fallimento o dellisolamento. Sotto questo specifico profilo, fermo restando il convincimento della netta separazione (e della necessit di tale separazione) fra lordinamento internazionale e lordinamento interno degli Stati e fermo restando il convincimento della necessit di ogni strumento di adattamento del diritto interno al diritto internazionale, va da s che la questione fra il punto di vista monista e quello dualista, pur nella sua attualit, ha perso gran parte della sua effettiva e concreta incisivit nel rapporto (in termini solo formalisticamente normativi) fra il diritto internazionale e il diritto interno degli Stati. Per volere limitare il discorso allUnione europea e al carattere asseritamente sovranazionale di questa, e al di l della fondatezza del ragionamento giuridico che pone laccento non tanto su una pur inesistente cessione di sovranit da parte degli Stati membri quanto su una delega di competenze e sulla volontariet della detta delega da parte degli Stati i quali, con ogni evidenza, rimangono sempre liberi di recedere dal Trattato istitutivo e di svincolarsi dagli obblighi da esso derivanti con quel che ne consegue in termini di revoca delle competenze delegate allUnione europea e riesercizio delle stesse, un fatto che per molti aspetti lUnione europea una federazione (quantomeno sotto il profilo economico) che, bench priva di legittimit e di legittimazione politica e con procedimenti del tutto lontani dagli schemi del pluralismo costituzionale, di fatto ha imposto ai suoi Stati membri un sistema costituzionale europeo di tipo, appunto, asseritamente federale. In questo modo, il diritto di derivazione europea, a prescindere dalle differenti posizioni assunte in passato dalla Corte di giustizia dellUnione europea e dalle Corti costituzionali di
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alcuni Stati membri (fra i quali anche lItalia) relative alla necessit o meno del suo recepimento negli ordinamenti interni degli Stati, e al di l di ogni considerazione sul commendevole successivo allineamento delle dette Corti costituzionali alle posizioni della Corte di giustizia, di fatto ha superato ogni questione di contrasto fra dualismo e monismo (questione niente affatto peregrina essendo, giuridicamente parlando, il diritto europeo un diritto internazionale a tutti gli effetti sub specie di norme internazionali di terzo grado) con conseguente allontanamento delle fonti di produzione normativa dai tradizionali schemi delle moderne democrazie, con quel che ne conseguito in termini di snaturamento delle funzioni di garanzia degli assetti politico-costituzionali degli Stati. Sotto questo specifico profilo, dunque, si potrebbe parlare di una sorta di colonizzazione degli Stati membri da parte dellUnione europea atteso che gli Stati, apparentemente e giuridicamente liberi di svincolarsi dagli obblighi contrattuali (gli obblighi derivanti dai Trattati istitutivi), politicamente e soprattutto economicamente - sono stati privati di ogni capacit di autodeterminazione e di ogni possibile riesercizio delle loro competenze sovrane. In altri termini, lUnione europea, consapevolmente o meno, poco importa ai fini del discorso, si resa strumento di quel monismo autoritario di cui si detto e che fa della produzione normativa uno strumento ad uso e consumo di tecnocratiche oligarchie del tutto svincolate da ogni legittimazione democratica, con buona pace di ogni considerazione su monismo e dualismo.
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Lanalisi obiettiva delle riforme da ultimo approvate dallUnione europea, strumentalmente dirette a salvaguardare lunione monetaria, inequivocabilmente confermano quanto appena sostenuto. E del tutto evidente, infatti, che il meccanismo europeo di stabilit ha un forte potere condizionante nei confronti degli Stati ed altrettanto evidente che lapprovazione dellaccordo impositivo del pareggio di bilancio, con conseguente adeguamento delle Carte fondamentali degli Stati membri a quanto in esso previsto, non riconducibile alla libera determinazione degli Stati la cui capacit decisionale, a tutto ammettere, stata (ed ) fortemente condizionata dalla spada di Damocle dello spread, del debito pubblico e delleventuale (ma molto probabile), conseguente fallimento. Senza tema di smentita, basti pensare a quanto accaduto in Grecia e alla reazione suscitata dalla decisione del suo ex primo Ministro Papandreou di voler sottoporre a referendum popolare il piano di austerit; reazione che ha determinato una intollerabile intrusione nella sfera della sovranit greca con limposizione di un governo tecnico; per non tacere, poi, del colpo di Stato perpetrato in Italia con linstaurazione, anche l, di un governo tecnico allesito di pressioni di varia e non chiara provenienza da dentro e da fuori dello Stato. Stando cos le cose, davvero non si vede in che modo gli Stati membri possono autonomamente decidere di, eventualmente, non adattare il proprio ordinamento interno alle decisioni internazionali assunte (da altri) in altre sedi e, sotto questo specifico profilo, ogni speculazione su dualismo e monismo nel
XXI
perde ogni ragion desistere sul piano concreto. Inizialmente, lUnione europea aveva competenze, per cos dire, di gestione della moneta unica e di mero coordinamento delle politiche economiche degli Stati i quali restavano sovrani indiscussi della politica fiscale, delle politiche sociali e della politica economica. Oggi le cose stanno cambiando e stanno andando oltre ogni pi fosca previsione su un pur minimo potere di autodeterminazione degli Stati che stanno letteralmente e impotentemente assistendo alla lenta ma inesorabile nascita di una ununione bancaria, una assicurativa, una fiscale e una economica che prima di quel che si pensi andr a gestire il
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mercato del lavoro, la politica economica e il sistema previdenziale dei cittadini degli Stati membri. E se quanto detto, in astratto, potrebbe apparire un elemento positivo ai fini della creazione di un ente (lUnione europea) autenticamente sovranazionale e anche sostanzialmente federale, in concreto labnormit del meccanismo sta conducendo (e in gran parte ha gi condotto) ad un monismo tecnocratico ed autoritario del tutto svincolato dalla politica e da quellapparenza di sistema democratico rappresentato da una democrazia pur solamente (ed inutilmente) rappresentativa. Lesito di tale meccanismo, dunque, potr essere soltanto una federazione di stampo economico guidata non dagli interessi politici ed economici degli Stati membri (e dei loro cittadini) ma dagli interessi di pi o meno oscuri gruppi finanziari che si nutrono del vuoto politico (da essi voluto) creato e alimentato dal primato del mercato, della moneta e della finanza. Lattuale periodo storico, dunque, caratterizzato da un clima in cui letica politica e letica giuridica hanno ceduto il passo a governi ombra allinterno dei quali un monismo autoritario ed autoreferenziale ha sostituito un pi democratico e garantista (dellautonomia degli Stati) dualismo, ed in cui il diritto, pur sempre marxianamente sovrastruttura, ormai ridotto fuori da ogni rappresentazione delle istanze, delle esigenze e delle scelte sociali - in bala dei capricci delleconomia, del monetarismo e del suo intoccabile mercato unico governato dal postulato indiscutibile della libera concorrenza che nega e mortifica i diritti e le ragioni del lavoro.
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