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Dossier Annali della Pubblica Istruzione

DEFINIRE LE DELLAUTONOMIA

COMPETENZE
*

PER

LA

SCUOLA

di Benedetto Vertecchi

1. VERSO UNA NUOVA FASE NELLO SVILUPPO DELLA SCUOLA

Il grande processo di scolarizzazione che ha costituito un aspetto caratterizzante della storia del Novecento pu considerarsi concluso, almeno nei paesi industrializzati. Non che non vi siano ancora bambini e ragazzi privati di quellistruzione che molti ordinamenti costituzionali considerano un diritto, ma tale condizione si rivela pi come conseguenza di patologie sociali variamente collegate ai modelli di sviluppo prevalenti nei singoli paesi, che come manifestazione dellinsufficienza, almeno da un punto di quantitativo, dellofferta educativa della scuola. vero invece che la quasi totalit dei bambini e dei ragazzi ha potuto fruire delleducazione scolastica per un numero progressivamente maggiore di anni, fino a configurare una condizione modale nella quale la scuola rappresenta una dimensione che qualifica in modo determinante lo scorrere dellinfanzia e delladolescenza. Ma proprio perch fruire delleducazione scolastica costituisce oggi una condizione modale, occorre rivedere molte categorie interpretative che hanno esaurito la loro validit. Per cominciare, si molto attenuata la relazione fra accesso allistruzione e mobilit sociale ascendente, facendo decadere la componente dinamica che ha sostenuto in maggior misura la crescita della scolarizzazione. Le aspettative di status

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collegate allistruzione potevano, infatti, avere consistenza fin quando parti pi o meno grandi della popolazione restavano escluse dalla scuola, mentre hanno poco senso nel quadro attuale, in cui fruire di un periodo prolungato di educazione scolastica costituisce la condizione normale per la generalit dei bambini e dei ragazzi. In altre parole, la scuola cresciuta per la pressione di una domanda sociale espressa dalle famiglie, il cui intento era di assicurare alla generazione successiva condizioni di esistenza migliori. Fin quando lofferta di istruzione stata inferiore alla domanda, o lha rincorsa per adeguarvisi, il compito della scuola risultato facilitato, perch poteva fare affidamento su motivazioni positive, che sussistevano indipendentemente dalla qualit del servizio offerto. A dar conto dello sviluppo della scuola bastavano i dati descrittivi del numero degli allievi iscritti alle singole classi, o che conseguivano i diversi titoli di studio. evidente tuttavia che al venir meno, o anche solo allattenuarsi, delle motivazioni esterne ha corrisposto una progressiva difficolt dei sistemi scolastici a riorganizzare lofferta di educazione. Il sistema scolastico italiano ha avuto uno sviluppo molto simile a quello degli altri paesi industrializzati, anche se, in una prima fase, la sua crescita quantitativa stata pi lenta. Le difficolt che oggi occorre affrontare sono in larga parte comuni a quelle che si riscontrano in campo internazionale, con alcune connotazioni specifiche, che riguardano soprattutto la limitata disponibilit delle risorse conoscitive necessarie a sostenere lattivit degli insegnanti e, pi in generale, lorganizzazione delle scuole. A tale limitata disponibilit dovrebbero porre rimedio le iniziative in atto per migliorare la qualificazione iniziale del personale ed adeguarne con continuit le competenze professionali, per ridefinire il profilo dei dirigenti scolastici, per incoraggiare linnovazione didattica e organizzativa delle scuole, per promuovere pratiche impegnative di autovalutazione. Un contesto favorevole allincremento della cultura relativa alleducazione scolastica offerto da provvedimenti normativi come

Universit di Roma, Presidente del CEDE. pag. 2

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la riforma degli Esami di Stato, il prolungamento dellobbligo scolastico, lavvio del Servizio Nazionale per la Qualit dellistruzione. Per comprendere le direzioni che sta assumendo lo sviluppo della scuola non basta tuttavia approfondire la conoscenza che si riferisce alle condizioni del suo funzionamento in Italia. Occorre tener conto delle tendenze che si manifestano nei paesi con i quali sono pi intense le interazioni politiche, culturali, sociali ed economiche. Leducazione , infatti, un grande problema nazionale, ma i dati di tale problema sono in gran parte definiti a livello internazionale. E ci non tanto perch anche leducazione interessata ai processi in corso di integrazione sovranazionale (in primo luogo, quella fra i paesi dellUnione Europea), ma soprattutto perch le condizioni quotidiane di vita, fin dai primi giorni di vita del bambino, subiscono gli effetti omologanti di modelli sovranazionali. Oggi i bambini, i ragazzi, i giovani dei paesi industrializzati si assomigliano molto pi di quanto si potesse pensare ancora pochi decenni fa: fruiscono delle medesime cure, si nutrono in modi molto simili, indossano pi o meno gli stessi capi di vestiario, assistono agli stessi spettacoli e cos via. Si creata una cultura sovranazionale che caratterizza larga parte dei comportamenti dellinfanzia e delladolescenza. Se ne deve tener conto (non necessariamente per accoglierle) delle tendenze emergenti, se non si vuole cadere in unastrattezza progettuale che condurrebbe leducazione ad una contrapposizione sterile nei confronti della realt contemporanea. Ci che vero per i bambini e per i ragazzi altrettanto vero per gli adulti. Si assiste a cambiamenti profondi nei comportamenti collettivi che presentano implicazioni culturali. Per una larga parte della popolazione, la triade che per un lungo periodo di sviluppo della scuola ha rappresentato un riferimento sicuro (leggere, scrivere, far di conto) non pi cos importante: non si scrivono lettere ma si telefona, non si legge il giornale ma si ascoltano i notiziari alla radio o alla televisione, non si eseguono operazioni ma si usa un piccolo apparecchio per il calcolo. Sarebbe un errore considerare questi mutamenti in chiave moralistica, come un segno di decadimento culturale. Di fatto, certi fenomeni sono in atto, che li si

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desideri o no. invece importante stabilire quali conseguenze derivino per la scuola dai nuovi comportamenti sociali. La prima, e pi evidente, unattenuazione dellimmagine classica della scuola, come luogo in cui si consegue lalfabetismo. Non che questa immagine abbia perso validit, ma ha perso levidenza che le derivava dal rinforzo sociale. Occorre perci individuare le condizioni che consentono di ricreare unimmagine della scuola che fruisca di un positivo rinforzo sociale. da notare che, fin quando limmagine della scuola stata strettamente collegata alla domanda sociale di alfabetizzazione, lidea di scuola ha fruito dellalone positivo dellidea di progresso. Quella che occorre ripristinare dunque la convergenza fra lidea di scuola e quella di progresso, rendendo evidente come allattenuazione del credito sociale, riferito alla comune disponibilit di un repertorio culturale di tipo alfabetico, corrisponda il ricrearsi di fratture nella popolazione che proprio lo sviluppo della scuola poteva far pensare che fossero state superate. In un certo senso, il rischio che le societ industrializzate si trovano di fronte di una regressione dellassetto sociale alle condizioni precedenti la grande scolarizzazione, caratterizzate da una minoranza favorita e da una maggioranza sostanzialmente esclusa dai processi di comunicazione culturale. Che questo non sia un rischio prospettato solo a fini dialettici dimostrato dai molti dati che si vengono accumulando circa le tendenze recessive in atto per ci che riguarda la cultura alfabetica. Sono noti i dati della prima ricerca sulla competenza alfabetica della popolazione adulta in un congruo numero di paesi industrializzati promossa dallOcse; entro il 1999 saranno resi noti i dati relativi ad una nuova ricerca che ha coinvolto un secondo gruppo di paesi, fra i quali lItalia. Non si pu non essere preoccupati nel constatare lemergere di una nuova forma di analfabetismo di massa, che si differenzia da quello originario per il fatto che coinvolge soggetti che, negli anni dellinfanzia e delladolescenza, hanno fruito di un periodo considerevole di educazione scolastica. Per esempio, negli Stati Uniti, dove il fenomeno particolarmente evidente, il periodo di educazione scolastica mediamente fruito dalla

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parte di popolazione adulta (quasi un quarto) che appare incapace di utilizzare le competenze alfabetiche per formulare o acquisire un messaggio di circa dieci anni. Per quanto possa sembrare azzardato prospettare uno scenario a partire da una estensione lineare della tendenza alla regressione della cultura alfabetica nella popolazione, difficile rimuovere limmagine di un quadro sociale nel quale ad una minoranza alfabetizzata si contrapponga una maggioranza incapace di partecipare ai processi di comunicazione culturale. Assisteremmo al consolidarsi di un nuovo mandarinato, che avrebbe in comune con quello classico la padronanza dei repertori culturali simbolici. La competenza alfabetica diventerebbe prerogativa degli strati superiori della popolazione, in grado di assumere decisioni che hanno il loro fondamento in una conoscenza di tipo formale, veicolata da simbolismi alfabetici. Il resto della popolazione fruirebbe di una strumentazione comunicativa di livello simbolico sempre pi povero e generalmente rivolta pi a condizionare i comportamenti (specialmente quelli di consumo), che a sollecitare la comprensione. Nelle condizioni attuali, ladeguamento alle nuove esigenze della proposta di educazione scolastica non pu prescindere da unanalisi che prenda in considerazione i cambiamenti culturali che investono il mondo adulto. Va ricomposta la scissione che ha visto nelleducazione scolastica una fase di accumulazione caratterizzata da esigenze culturali indipendenti rispetto a quelle dominanti nella societ adulta. Del resto, fa parte della comune esperienza costatare quanto poco resti, anche dopo un breve intervallo di tempo, di ci che stato appreso a scuola. Per gran parte degli apprendimenti che si presentano come acquisizione di informazioni loblio interviene non appena venga meno la circostanza esterna che funge da rinforzo provvisorio (per esempio, la necessit di sottoporsi ad una prova). Se si chiedesse ad un campione della popolazione adulta di stilare un catalogo dei contenuti dellesperienza scolastica, molto probabile che si otterrebbero elenchi molto stentati, almeno nei settori in cui determinati apprendimenti non siano entrati a far parte di un repertorio culturale collegato alla professione.

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Eppure, costatare tale perdita di informazioni non di per s una ragione sufficiente per valutare negativamente il profilo culturale di un soggetto adulto. Lascia invece perplessi lemergere di altri aspetti carenti del profilo culturale, che si riferiscono allassenza o alla limitata disponibilit delle condizioni necessarie per operare culturalmente, ossia di un repertorio di elementi simbolici profondamente interiorizzati, che assuma valore regolativo di comportamenti ulteriori: in breve, un profilo culturale si qualifica per le competenze che lo costituiscono. Va notato che le competenze non rappresentano un risultato diretto dellapprendimento, ma si costituiscono attraverso un processo ricco di opportunit di apprendimento. In altre parole, le competenze non sono di per s un contenuto dellattivit della scuola, anche se tale attivit apprezzabile solo a condizione che conduca allacquisizione di competenze. Definire il quadro delle competenze desiderate equivale pertanto a rendere esplicito il criterio di valutazione dellattivit scolastica, senza tuttavia determinarne i contenuti n le scelte organizzative e didattiche. Nel corso del Novecento laccumulazione delle conoscenze si caratterizzata per una progressiva accelerazione. Ci ha prodotto per la scuola conseguenze importanti: la prima la precariet dei profili culturali definiti in base ad un elenco

determinato di conoscenze, derivante dal fatto che simili definizioni corrispondono ad una sistemazione concettuale di tipo sincronico, la cui validit si mantiene per tempi progressivamente pi brevi; nel corso dellesperienza scolastica di una leva di popolazione si rende necessario intervenire pi volte per adeguare lofferta distruzione al mutamento del quadro culturale; vi sono aspetti del quadro culturale che mantengono pi a lungo la loro

validit, e aspetti che la vedono rapidamente decadere;

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un quadro culturale definito tramite competenze ha una stabilit maggiore

rispetto ad uno che contenga un catalogo di conoscenze (come nel caso dei programmi di insegnamento di derivazione ottocentesca); controproducente per la scuola la rincorsa delle novit che emergono nel

quadro culturale, se tale rincorsa ha lo scopo di costituire nuove sinossi da assumersi come programmi per la didattica. Resta sempre, infatti, uno scarto di tempo sfavorevole per la scuola, se altro perch produrre tali sinossi unoperazione necessariamente complessa; la dinamicit del quadro culturale contemporaneo produce una continua

ristrutturazione degli ambiti della conoscenza, producendo sia aggregazioni, sia disaggregazioni che era difficile prevedere. Voler assicurare la presenza delle conoscenze che derivano da tali processi pu portare ad una frammentazione della proposta didattica incompatibile con lesigenza di assicurare linteriorizzazione necessaria per il radicarsi di competenze. Intervenire sulla cultura della scuola per soddisfare alle esigenze di educazione della societ contemporanea richiede, per le ragioni che sono state indicate, che si stabilisca un equilibrio fra esigenze diverse, e contrastanti, se considerate in una logica interpretativa derivata dalla consuetudine. Da un lato c, infatti, unesigenza di stabilit della formazione, che pu essere assicurata da un repertorio di competenze. Dallaltro c la dinamicit del quadro culturale, del quale si deve tener conto per non porre la scuola fuori del tempo. In mezzo c lattivit educativa: per costituire un profilo culturale occorre che almeno alcuni riferimenti siano stabili, ma perch il profilo sia apprezzabile occorre anche che sia in grado di comprendere la realt contemporanea. Per una lunga fase dello sviluppo dei sistemi scolastici, il ritmo delle trasformazioni che interessavano il quadro culturale non stato tale da impedire che si potesse progettare, con un certo anticipo, il percorso che avrebbe condotto una leva di popolazione fino allet adulta. Questa condizione ha favorito scelte uniformi, che hanno portato allo sviluppo di sistemi pi o meno centralizzati. Ne derivato un

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vantaggio evidente sul piano della omogeneit organizzativa della scuola, ma anche un irrigidimento interpretativo della cultura, che si trovata costretta entro gli schemi costituiti dalle materie di insegnamento. Queste ultime hanno finito con laccreditarsi come articolazioni del sapere cui corrisponde una intrinseca necessit, facendo perdere di vista la loro origine, che va piuttosto collegata ad esigenze organizzative. Ci non vuol dire che non sia possibile articolare la conoscenza in campi funzionali allorganizzazione dellapprendimento nella scuola (o discipline); vuol dire per che si deve essere consapevoli del carattere utilitaristico delloperazione che si sta effettuando e che occorre precisare qual il criterio in base al quale si procede allarticolazione (per affinit, per contiguit, per la condivisione del metodo di ricerca eccetera)

2. UN QUADRO DI RIFERIMENTI PER LA CULTURA DELLA SCUOLA molto improbabile che le diverse esigenze prima prospettate possano trovare composizione in un sistema centralizzato. Non un caso, quindi, che la questione delle competenze e della delineazione di un nuovo quadro di cultura sia emersa con evidenza nel contesto di autonomia delle scuole che si sta precisando. Proprio in un contesto di autonomia possibile, infatti, conciliare condizioni che altrimenti sarebbero apparse incompatibili. In particolare, necessario intervenire in tre direzioni: la prima consiste nel definire le competenze necessarie per caratterizzare positivamente il profilo culturale della popolazione e nellarticolare tali competenze al fine di distribuirne lacquisizione nel percorso evolutivo scolastico, distinguendo anche fra competenze generali, ossia libere da determinazioni settoriali (competenza lessicale; competenza linguistica attiva parlare, scrivere e passiva ascoltare, leggere; competenze inferenziali; competenze percettive, operative e motorie). Le competenze generali vanno affiancate da competenze concorrenti, che si riferiscano agli apporti di competenza propri di determinate articolazioni della conoscenza, e quindi di derivazione disciplinare o pluridisciplinare. La definizione delle competenze
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generali e concorrenti assicura lunit del sistema scolastico: spetta perci al governo assumerne la responsabilit. Nella definizione delle competenze concorrenti potrebbero essere impegnate apposite commissioni composte da esperti di settore. Un requisito comune alle competenze generali e a quelle concorrenti di consentire la verifica obiettiva del loro conseguimento da parte degli allievi. In un secondo momento, anche a partire dai dati ottenuti attraverso le rilevazioni campionarie, si pu pensare di stabilire livelli standard per ciascuna competenza. La precisazione di standard un passaggio necessario per favorire lo scorrimento degli allievi tra indirizzi diversi del sistema scolastico e fra il sistema scolastico e altre opportunit formative (formazione professionale, ma anche istruzione di livello terziario); la seconda direzione consiste nelloffrire alle scuole una sintesi periodica

(potrebbe essere a cadenza biennale) per ci che riguarda i processi di trasformazione culturale. questo un compito che non pu che essere assolto da unistituzione di alto profilo scientifico (per esempio, in Italia, lAccademia dei Lincei). Scopo della sintesi periodica, che potrebbe assumere la forma di Indicazioni per le scuole sullo stato e levoluzione della cultura e della scienza, dovrebbe essere assicurare la continuit tra elaborazione culturale e scientifica e offerta di contenuti attraverso listruzione scolastica. Le Indicazioni dovrebbero rendere esplicito il modello di cultura che meglio corrisponde alle esigenze di comprensione del reale nel mondo contemporaneo. Questa soluzione consentirebbe di interrompere la condizione di ritardo cronico che la cultura della scuola (espressa tradizionalmente attraverso i programmi di insegnamento) ha presentato rispetto al mutare e allaccrescersi dei quadri della conoscenza. Inoltre, non sarebbe necessario procedere, per la fase transitoria, ad una revisione dei programmi di insegnamento, per il fatto che essa avverrebbe nel tempo per la necessit di adeguare linsegnamento alle competenze e ai nuovi scenari culturali proposti nelle Indicazioni. Ma presenterebbe anche il vantaggio di impegnare la comunit scientifica nella individuazione di linee sulle quali sollecitare lattenzione del sistema scolastico. Le Indicazioni potrebbero proporre temi da privilegiare nelle iniziative di aggiornamento del personale della

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scuola, oltre che da offrire ai corsi universitari istituiti per la prima formazione degli insegnanti; infine, si devono favorire interpretazioni operative, in termini di

progettazione didattica, delle indicazioni fornite tramite la definizione delle competenze e la sintesi periodica relativa al quadro delle conoscenze. Tali interpretazioni potrebbero essere proposte dalle scuole, da universit e altre istituzioni di ricerca, da associazioni professionali, da imprese, in breve da chiunque debba, o voglia, contribuire ad incrementare la qualit delleducazione scolastica.

3. CHIOSA DIALETTICA E METODOLOGICA scontata larbitrariet nellindividuazione delle competenze generali, cos come scontato che in qualche misura vi sia arbitrariet nella definizione delle competenze concorrenti. ugualmente discutibile la separazione delle competenze in insiemi distinti, dal momento che tra le competenze generali, cos come fra quelle concorrenti, possibile individuare non poche intersezioni, che a loro volta potrebbero configurarsi come aree di competenza relativamente autonome. opportuno perci dar conto delle ragioni della scelta effettuata, premettendo che la definizione di un quadro di competenze unoperazione prima di tutto culturale, per il fatto che non risponde ad una logica di necessit, ma di preferibilit. Al medesimo criterio sembrano ispirarsi molti documenti di organismi internazionali (dallUnesco allOcse), che nel definire il profilo culturale sulla base del quale impostare i loro programmi di attivit pongono lenfasi su concetti come quello di consapevolezza democratica, di capacit di comprensione del cambiamento eccetera. Generalizzando, si potrebbe affermare che il profilo culturale che di volta in volta viene definito si caratterizza per una marcata storicit, ed assume rilevanza per il fatto di costituire una sintesi aggiornata degli elementi che consentono di realizzare quelladattamento alle condizioni di vita che ha rappresentato, nel percorso evolutivo umano, la struttura portante delleducazione. Se si riprende, per

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interpretarlo allinterno della societ italiana, il medesimo approccio definitorio seguito dagli organismi internazionali citati, il quadro di competenze precedentemente indicato potrebbe considerarsi funzionale ad una nozione di cittadinanza propria di un paese democratico ad elevato sviluppo economico e sociale, che voglia valorizzare la propria eredit culturale come elemento distintivo nel confronto con altri paesi, anche al fine, nella prospettiva di processi di integrazione sovranazionale, della conservazione dei tratti originari di identit. Le competenze generali costituiscono la struttura portante del profilo di un soggetto colto. Per questa ragione, la prima delle competenze indicate quella lessicale. Largomento il seguente: pensiero; riferimenti problematici: vari segni indicano che le societ cosiddette di massa stanno subendo una regressione orientata al modello-limite della neolingua orwelliana, caratterizzata da un lessico sufficiente ad esprimere bisogni di base, ma incapace di esprimere giudizi e sentimenti; ipotesi subimplicata a): leducazione pu costituire il fattore di contrasto ipotesi subimplicata b): lincremento del lessico costituisce un criterio di ipotesi: ad un lessico pi esteso corrisponde una maggiore possibilit di

della tendenza naturalistica alla forma di regressione indicata; valutazione della qualit delleducazione; evidenze: la distribuzione dei livelli della competenza lessicale

positivamente correlata al livello degli apprendimenti. La varianza nei risultati di apprendimento spiegata per una parte significativa dai livelli della competenza lessicale; inferenza: se si eleva il livello della competenza lessicale (una indicazione

di standard potrebbe spingere in tale direzione), si consegue un miglioramento della qualit dellistruzione. Argomenti non dissimili potrebbero essere sviluppati con riferimento alle altre competenze generali indicate. Emergerebbero, con ogni probabilit, varie

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sovrapposizioni. Cos, per esempio, ci si pu attendere che un livello pi elevato della competenza lessicale si associ con livelli ugualmente elevati della competenza verbale attiva e di quella passiva, nonch delle competenze inferenziali e di quelle operative, motorie e percettive. Ci porterebbe a concludere che la competenza culturale fondamentalmente unitaria e che risulta artificioso il tentativo di scomporla. Si pu anche concordare con questa conclusione, che per ininfluente ai fini della definizione di un quadro di competenze. Quel che si sta cercando di comporre non uninterpretazione, per cos dire, filosofica della cultura, ma un modello empirico, suscettibile di sostenere unattivit complessa, com quella educativa. Le interpretazioni dinsieme sono certamente ricche di suggestioni, ma povere di implicazioni operative. C invece bisogno di interpretazioni, sia pure imperfette, a partire dalle quali sia possibile spingere i comportamenti in direzioni desiderate. come dire che la definizione delle competenze utile se si pone come criterio non tanto dal punto di vista della coerenza del costrutto formale, ma del riscontro dellefficacia dellattivit che si in grado di sviluppare. In altre parole, un modello empirico pu tollerare un certo grado di contraddizione, a condizione che contenga le cautele che servono per rivelarla. Per questa ragione, occorre pervenire ad una definizione di competenze che lasci sempre trasparire una strategia di verifica. Indicazioni suggestive possono sollecitare laffettivit, ma non lefficacia dellazione educativa. difficile evitare che unaffettivit positiva, non sostenuta dalla capacit di operare coerentemente, si trasformi, prima o poi, in negativa, dando luogo a disaffezione, frustrazione, scissione tra lessere e il voler essere: uno scenario affettivo non inconsueto nella vita della scuola. La scelta a favore di un modello empirico risponde allesigenza di evitare rigidit interpretative non funzionali al processo di riforma in corso. Bisogna evitare sia che linseguimento di una coerenza definita solo formalmente si trasformi nellimmediato in un fattore di rigidit, sia che, in prospettiva, da tale inseguimento conseguano contraddizioni assai maggiori di quelle che potrebbero essere lamentate

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in relazione ad un modello empirico. questa una ragione che suggerisce la via delle modifiche nel processo, piuttosto che quella di un passaggio che non preveda un tempo intermedio in cui le decisioni possano subire adattamenti.

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