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Limbarazzo dellidentit: la questione del soggetto nella ricerca di Vincent Descombes Come mai, allora, cercando il proprio pensiero,

la propria personalit come si cerca un oggetto perduto, si finisce per ritrovare proprio il nostro io piuttosto che un altro? (Proust, I Guermantes). Se vero che la domanda primigenia della filosofia che cos?, senzaltro la seconda (e non detto che non sia quella definitiva) riguarda invece il chi?. Forse, anzi, la questione del soggetto (conoscente, agente), nella sua combinazione del piano gnoseologico, etico e, non ultimo, politico, potrebbe essere ritenuta la domanda per eccellenza della filosofia da Cartesio in poi. sulla base della possibilit di trovarle un ancoraggio antropologico che, nel Novecento, sono nate le cosiddette scienze umane. Ed contro questa stessa operazione, poi, che, nella seconda met dello stesso secolo, si scagliato il pensiero della differenza. Senza, tuttavia, lintrinseco carattere problematico della domanda si sia mai attenuato. Questo problema, anzi questo imbarazzo della definizione del soggetto, Vincent Descombes lha ben presente. Classe 1943, autore di unopera dalla mole consistente cominciata a met anni 70 (il primo libro, Linconscient malgr lui, 1977, tratta di psicoanalisi) ha da poco pubblicato un ultimo lavoro, intitolato appunto Les embarras de lidentit, in cui la questione del chi ripresa per essere affrontata in maniera trasversale, a partire dalla nozione di identit. In un certo senso, il libro chiude il cerchio di una ricerca il cui primo impulso risale gi agli anni 70, allinizio dellattivit del filosofo, come testimonia il titolo del suo secondo lavoro, Le mme et lautre i (1) (che resta la sua opera pi famosa), ma che trova senzaltro il suo culmine nellimponente Le complement de sujet (2)ii dove il filosofo tenta una vera e propria rifondazione della teoria del soggetto sulla base di una rilettura in chiave analitica delle maggiori concezioni contemporanee (da Ricur a Foucault). Dopo una formazione avvenuta nel solco della filosofia francese degli anni 60-70 (ne sono testimonianza il libro sulla psicanalisi, Le mme et lautre), la ricerca di Descombes segnata da una svolta analitica allaltezza degli anni 80, quando lautore scopre Wittgenstein. Da allora il suo lavoro transiter per i lidi della grammatica filosofica(3)iii, assumendo lobiettivo di costituire, a partire dal metodo logico-grammaticale, una filosofia pratica, che Descombes stesso definisce antropologia della modernit.

Il suo lavoro, in effetti, non nasconde mai la presenza di una forte istanza etica e politica, che in questo nuovo libro forse ancora pi forte che negli altri casi.

Del resto, Les embarras de lidentit prosegue di fatto la ricerca avviata con Le complement de sujet, spostando per lattenzione non tanto sulla definizione logico-grammaticale del soggetto, ma sul problema pratico costituito dalla sua identificazione. Limbarazzo del titolo generato dalla constatazione della confusione relativa alla nozione di identit: dovuta, da un lato, alla mancanza di una definizione chiara del termine e, dallaltro, allapparente inconciliabilit tra il concetto stesso di identit e il suo uso ordinario. Che rapporto c tra il processo logico di identificazione di un oggetto e la pratica poliziesca, per esempio, di chiedere i documenti di identit? Per risolvere il problema, si deve scindere il significato logico di identico e quello invece adottato nelluso empirico della nozione, che ha invece a che fare un senso che Descombes definisce identitario, e che relativo alla costituzione e al mantenimento di unidentit propria. questo secondo senso, a prima vista opaco, che bisogna indagare. Si tratta di stabilire in che modo la nozione di identit applicata in questo mondo; in che modo sia possibile chiamare unidentit mia oppure nostra. Lidentit come presentazione di s Per Descombes, che si richiama qui esplicitamente alla logica di Frege, questa possibilit chiarita se si intende lidentificazione come un atto di presentazione attraverso il nome proprio. Il senso identitario dellidentit coincide dunque con la presentazione si s. Questo atto un unappropriazione dellidentit da parte del soggetto, ma anche un apprendimento di un modo di presentazione di s, che Descombes definisce idioma identitario, e che relativo alla possibilit di parlare di s in quanto soggetto: di chiamarsi alla prima persona del singolare. La presentazione di s da intendere come espressione della propria particolarit: soggettivo ci che, provenendo da un particolare, dice qualcosa di questo soggetto particolare perch ci lo esprime [] nel senso in cui lui stesso a esprimersi attraverso il suo atto o il suo gesto, come se parlasse alla prima persona(4)iv. Ora sul piano pratico, questa particolarit si esprime concretamente nella capacit di prendere una decisione, negli atti decisionali. Nessuno, infatti, pu decidere al posto del soggetto, perch dovrebbe allora dire io al posto suo. Entro dei limiti ben precisi, tuttavia. Per Descombes, infatti, si deve evitare di concepire questa la concezione dellatto di decisione del soggetto in modo troppo radicale, in una logica del fondamento che ne farebbe in ultima istanza una decisione sullessere del soggetto (come vorrebbe un approccio cartesiano o post-cartesiano). Ci significherebbe, infatti, dice lautore, porsi la

questione della decisione nei termini di un dubbio amletico sullessere o il non essere (se stessi). A questa operazione egli riassume il percorso incessantemente intrapreso dalla filosofia nel Novecento, da Heidegger a Derrida. Per lui, invece, la via amletica allidentit unimpasse. Il problema che essa risale troppo indietro, scadendo nella sfera del pre-individuale, al di qua di ogni prassi possibile. Perde cos ogni contatto con quel piano normativo che presiede a ogni decisione effettiva. Quella di Amleto non pu dunque considerarsi una decisione individuante: spogliandosi di ogni identit pratica, Amleto si priva delle ragioni che potrebbe avere per preferire una possibilit allaltra. Ha fatto un passo di troppo al di qua di s stesso qualunque cosa scelga, non la sceglier per le sue ragioni, poich, essendo divenuto illimitato e indeterminato nella sua identit, non ha pi ragione di preferire una cosa o laltra (5) v . Al contrario La sola scelta che un soggetto possa esprimere la scelta deliberata, cio quella che fa per le proprie ragioni (6)vi. Come a dire che il fondamento sempre gi dato per il soggetto, e questi non pu renderne ragione. Al contrario, per affermarsi nella sua identit, il soggetto deve accettare il dato di fatto ontologico della sua individuazione (7)vii, che insieme naturale e storica, ma soprattutto sempre gi data. Il metodo di Descombes chiaro: lanalisi non deve oltrepassare i confini tracciati dal nostro essere sociale. infatti solo su questo piano che si possono stabilire dei criteri normativi di azione. Lidentit collettiva La questione dellidentit individuale preliminare, nel libro, allanalisi del lato pi problematico del concetto: quello dellidentit collettiva. Sul piano sociale, infatti, unidentit, innanzitutto il contrassegno di unappartenenza a un insieme di individui: a un corpo sociale definito, sia esso chiamato nazione o semplicemente comunit. Un popolo che rivedessimo dopo due generazioni: sono ancora i Francesi, ma non gli stessi, rifletteva Pascal (Penses, Br. 122). I problemi sono molti, e riguardano soprattutto il piano politico: quando lidentitario assume i tratti dellinvenzione di una comunit immaginaria, spesso in ordine razzista del discorso. Descombes esce dal dilemma ricorrendo ancora alla teoria dei nomi propri, da applicare questa volta alle comunit. Il problema muta dunque i suoi termini: come si fa a comporre unidentit collettiva a partire da se stessi? La questione affrontata sul piano politico. Descobes afferma che individuare il noi significa fissarne i contorni, e ci non pu realizzarsi tramite unoperazione di esclusione. E infatti sostiene che prima di poter essere inclusivo, il noi [] deve essere esclusivo (8)viii. Lautore assume dunque la funzione di esclusione propria della comunit politica, senza per problematizzarla come

aporia del potere (come accade ad esempio in Agamben), ma al contrario (attraverso la mediazione della sociologia di Louis Dumont) accettandola come elemento ineliminabile della costituzione di un qualsiasi corpo sociale. Anche lidentificazione del noi trova dunque il suo principio nellaffermazione di un particolarismo: un particolarismo sovrano.

Ma Descombes comunque molto lontano da una visione comunitarista o nazionalista. Il problema della comunit deve per lui seguire il tracciato segnato da Aristotele nella Politica (1276a 10-13), che collocava la definizione del principio dellunit della polis non nel dato naturale dellethnos, ma nel principio della politieia, che indica, in una collettivit storicamente e geograficamente determinata, una modalit specifica di riconoscimento degli individui come appartenenti allo stesso insieme. il principio ripreso in ambito sociologico da Marcel Mauss, nel suo articolo La nation (9)ix. Nel solco di questa concezione, Descombes propone di individuare il principio di identit della comunit in una disposizione collettiva verso il bene. A patto che non si intenda questo bene come qualcosa di ontologicamente predeterminato, ma invece come oggetto di scelta contingente da parte della collettivit. In altre parole, deve essere la volont generale a stabilirlo. Di conseguenza, i criteri di identificazione collettiva cambiano e possono cambiare non solo da un luogo a un altro, secondo i costumi di ognuno, ma anche allinterno di una citt stessa, per esempio al mutare dei regimi politici. Lultimo passo dellanalisi di Les embarras de lidentit attiene proprio alla questione della volont generale. Descombes ribalta la genesi di Rousseau: essa non deve essere intesa come il prodotto di una comunit politica, ma proprio come la sua origine, nonch come il principio della sua individuazione. La volont generale che ha in mente Descombes, infatti, plasmata sul concetto di potere istituente formato da Cornelius Castoriadis (contrapposto a quello costituente):
La vita sociale non consiste nellapplicare delle regole che siano state decise in anticipo in unassemblea di cittadini. Conviene ribaltare la prospettiva. Se possibile riunire unassemblea di cittadini e organizzare una deliberazione comune sulla politica da seguire, perch c gi una vita sociale, quella di una societ gi istituita. Tutto questo reso possibile dallesercizio di un potere che precede ogni esercizio propriamente politico di unautorit pubblica (10)x.

Lautore intende il potere istituente come la potenza espressiva dellindividuo realizzata su scala sociale. Cos, lidioma identitario garantisce il passaggio dallio al noi: Lindividuo si

definisce dichiarando ci che, ai suoi occhi, fa parte della sua identit. Ma ci che fa parte della sua identit ci di cui lui stesso fa parte (11)xi. Ricorrendo al potere istituente, pu cos rispondere al quesito di Pascal: non ci si pu accontentare di ricevere una tradizione, come una sorta di lascito. Per parlare la stessa lingua dei nostri antenati, bisogna re-istituirla, ricrearla, e questo significa che la tradizione non pu essere trasmessa senza essere, nello stesso tempo, alterata, rinnovata, trasformata (12)xii. In questa conclusione si rivela tutto linteresse politico della ricerca di Descombes. Egli sostiene, contro la rappresentazione mitica della fondazione della comunit in una prodigiosa autoposizione inaugurale, il paradigma rappresentato dalla maniera in cui ciascuno esercita il potere istituente riproducendo, e anche modificando, gli usi innumerevoli che costituiscono la cultura (13) xiii . Questa visione pragmatica intende in questo modo eliminare dal discorso sul potere istituente e sulla sovranit ogni aporia dellautoposizione della legge. La fine dellimbarazzo del soggetto Ci che colpisce nellopera di Descombes la sua visione dinsieme sul dibattito filosofico contemporaneo. Dopo la svolta logico-analitica, il suo lavoro assume con consapevolezza una posizione obliqua rispetto alla tradizione del pensiero francese del Novecento. Pur avendo rigettato gli esiti di tale percorso, Descombes non dimentica tuttavia di provenire proprio da l. Perci si rifiuta di fare tabula rasa dei problemi cari alla riflessione della filosofia francese, ma intende proprio riprenderli e dare loro risposta attraverso un metodo analitico. Il problema capitale, per lui, quello della soggettivit. Gi in Le complement de sujet, infatti, facendo la storia delle diverse concezioni del soggetto nella filosofia e delle critiche mosse loro, Descombes voleva sancire la fine delle ostilit contro questa nozione (14)xiv. Si proponeva allora di stabilire una conclusione filosofica della questione, che fosse nello stesso tempo il punto di inizio di un nuovo modo, pacificato, di pensare. Fuori dallaporia amletica, si potrebbe dire con i termini del suo ultimo libro. In effetti, sembra essere questa la cifra complessiva dellopera di Descombes: ridurre laporia a un imbarazzo, per poterne di trovare pi facilmente la soluzione. Il filosofo lavora per costituire un panorama conciliato e conciliante della filosofia, attraverso un approccio pragmatico e normativo che elimina le questioni infinite. Lo sforzo, si deve riconoscerlo, notevole. Resta per da verificare se renda unimmagine fedele dello stato della riflessione contemporanea. Se, cio, davvero, oggi, lessere non faccia pi clamore.

(1) Vincent Descombes, Le mme et lautre. Quarante-cinq ans de philosophie franaise, Minuit, Paris 1979. (2) Id., Le complement de sujet. Enqute sur le fait dagir de soi-mme, (Gallimard, Paris 2004). (3) Cfr. Grammaire dobjets en tous genres, Minuit, Paris 1983. (4) Ivi, p. 119. (5) Ivi, p. 130. (6) Ivi, p. 184. (7) Ivi, p. 168. (8) Ivi, p. 229. (9) La nation, in Lanne sociologique, 1953-1954, pp. 7-68; in Marcel Mauss, Oeuvres, Minuit, Paris 1969, vol. III, pp. 573-625; tr. it. di R. di Donato, La nazione, in Marcel Mauss, I fondamenti di unantropologia storica, Einaudi, Torino 1998. (10) V. Descombes, Les embarras de lidentit, cit., p. 246. (11) Ivi, p. 253. (12) Ivi, p. 248. (13) Ibidem. (14) Cfr. Le complement de sujet, cit., pp. 11 sgg.

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