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La metafora in economia: tropo o trucco


di Giorgio Lunghini | pubblicato il 1 ottobre 2013 | 09:56

Le cattive metafore producono cattive politiche. P. Krugman La metafora economica pi volgare : Il tempo denaro, e non essendo afflitto da questa passione morbosa cercher di sottrarvene poco. Nelluso di metafore leconomia forse la disciplina pi indisciplinata, nella letteratura teorica ma sopratutto nella pubblicistica e nel lessico politico: di metafore improvvisate ce ne sono troppe, per enumerarle tutte. Nel linguaggio degli economisti, oggi un linguaggio arido e prevalentemente matematico, la metafora pu funzionare come semplice tropo o come trucco; se come trucco, pu essere una cosmesi o un gioco di prestigio. In tutti e due i casi, tropo o trucco, anche in economia si ricorre alla retorica, cito da C. Segre, in rapporto con i tipi di processi e con gli effetti che si vogliono ottenere dalle istanze giudicanti: sicch glinteressanti sconfinamenti verso una problematica emotiva sono tutti in funzione del successo oratorio. [] I tropi son quelli che incidono pi a fondo nella lingua, ma hanno anche maggior facilit a entrare nella consuetudine, ad assumere un valore semantico riconosciuto e perci a perdere quello retorico. La metafora il luogo in cui le teorie economiche nascondono o svelano il pre-giudizio ideologico. Quando ci si pone un qualche problema, occorre definire il complesso di fenomeni che costituisce loggetto di studio; e lo studio necessariamente preceduto da un atto conoscitivo pre-analitico, quellatto che J. A. Schumpeter chiama visione. Nella costruzione di una teoria, e nel valutarne il realismo e la rilevanza (in economia una proposizione rilevante se consiste in un risultato teorico ineccepibile e che pone un problema politico), non possono non intervenire lintuizione storica, la prospettiva politica e la visione sociale. Lidea prevalente che lideologia debba essere tenuta distinta e separata dal nucleo scientifico della teoria, nucleo che potrebbe cos aspirare alla neutralit. Secondo M. Dobb, tuttavia, la distinzione tra lanalisi pura del processo economico e la visione di esso, inevitabilmente condizionata dallideologia, non pu essere sostenuta a meno di non circoscrivere la prima a un complesso formale di enunciati: cui per non si potr dare il nome di teoria economica se si intende questa come un complesso di enunciati sostanziali sulle relazioni reali della societ economica. In economia la sfera di ci che pu essere dimostrato rigorosamente limitata, e vi saranno sempre zone di penombra dalle quali impossibile rimuovere lelemento ideologico: di qui limportanza delle metafore. Ecco dunque un campionario di sette metafore in economia: Lorologio, la circolazione del sangue e lordine naturale; La mano invisibile; Lo spettro, la raccolta di merci, il vampiro e i pescecani; Il corpo politico e la malattia; La passione morbosa, la convenzione e il concorso di bellezza; La macchina; Lorlo del baratro. *** Lorologio, la circolazione del sangue e lordine naturale. F. Quesnay, chirurgo e medico della Pompadour e di Luigi XV, nella stamperia reale per lui apparecchiata a Versailles, nel 1758 pubblica il Tableau conomique, unopera di capitale importanza nella storia delle teorie economiche e di grande pregio come rarit bibliografica.

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Per i fisiocrati, e per definizione, il sovrappi ha origine soltanto nellagricoltura; e affinch il sistema economico possa riprodursi, il sovrappi deve circolare tra le diverse classi e settori in modo appropriato. A ci provveder un ordine naturale, non dissimile da quello che presiede al funzionamento dellorologio (macchina che allora destava ancora grande meraviglia, anche teologica: Se esiste un cos perfetto orologio, esister anche un orologiaio!); o un ordine analogo a quello che governa la circolazione del sangue (che allora si conosceva dopo le scoperte di W. Harvey). Allordine naturale, lordine imposto dalla natura, si contrappone lordine positivo, lordine imposto dalla societ; ma potremo vivere nellEldorado soltanto se le leggi delluomo coincideranno con le leggi della natura. Credendo a suo modo e secondo i suoi tempi nellordine naturale, Quesnay sostiene la dottrina del laissez faire, tuttavia non Pangloss e circa la sua opera resta fondato il giudizio di Marx. La rappresentazione che Quesnay d nel Tableau delle condizioni necessarie per la riproduzione del prodotto sociale, per il Marx delle Teorie sul plusvalore una idea estremamente geniale, indiscutibilmente la pi geniale di cui si sia fin qui resa responsabile leconomia politica; una idea, aggiungo, che ispirer gli stessi schemi di riproduzione di Marx, la scuola russotedesca e i moderni contributi di von Neumann, Leontief e Sraffa. A fronte di questa lucidit analitica sta lincapacit dei fisiocrati di cogliere appieno le determinazioni storiche delle loro categorie analitiche; il che li induce a concepire il valore non come una forma del lavoro sociale ma come semplice valore duso, come semplice materia, e il plusvalore non come pluslavoro ma come un puro dono della natura. Tuttavia in questo caso si pu rimuovere il pre-giudizio e la metafora che lo cristallizza, e sostenere invece che il sistema economico in cui viviamo non un orologio, il sangue non vi circola senza sclerosi, e insomma che il sistema non retto da un ordine naturale: senza perci compromettere la potenza analitica dello schema di ragionamento. un caso interessante.

La mano invisibile. Anche quello di A. Smith un caso interessante. Tutti quanti non hanno letto la Ricchezza della nazioni, cio quasi tutti, pensano che lIndagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni si possa esaurientemente

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riassumere cos: La Mano invisibile! Mano invisibile, e insanguinata, che c anche nel Macbeth. Nella amplissima produzione teorica di Smith (sette corposi volumi nella Glasgow edition), uno Smith astronomo filosofo economista, lespressione Mano invisibile compare tre volte, soltanto tre volte. Una volta nella Storia dellastronomia (circa 1750), una volta nella Teoria dei sentimenti morali (1759), e una volta quella normalmente citata nel libro IV della Ricchezza delle nazioni (1776):
A parit o quasi di profitti ogni individuo naturalmente incline a impiegare il suo capitale in modo tale da dare il massimo sostegno alla attivit produttiva interna e da assicurare un reddito e una occupazione al massimo numero di persone del suo paese. [...] Quando preferisce il sostegno allattivit produttiva del suo paese [...] egli mira solo al suo proprio guadagno ed condotto da una mano invisibile, in questo come in molti altri casi, a perseguire un fine che non rientra nelle sue intenzioni.

Nella sua opera, Smith n argomenta n sviluppa n d importanza a questo concetto: a differenza di molti economisti, anche autorevoli, come K. Arrow e F. Hahn, che vorrebbero trovarvi il fondamento o la conclusione del sistema teorico smithiano. Smith, che conosceva benissimo i fisiocrati, era certamente a favore del libero scambio, tuttavia per definire in che senso Smith liberista occorrerebbe come sempre leggerne i testi; compreso questo passo della Ricchezza, dove Smith rileva come il nuovo ordine sociale, il capitalismo, produce s ricchezza, e per:
Con lo sviluppo della divisione del lavoro, loccupazione della stragrande maggioranza di coloro che vivono di lavoro, cio della gran massa del popolo, risulta limitata a poche semplicissime operazioni, spesso una o due. Ma ci che forma lintelligenza della maggioranza degli uomini necessariamente la loro occupazione ordinaria. Un uomo che spenda tutta la sua vita compiendo poche semplici operazioni non ha nessuna occasione di applicare la sua intelligenza o di esercitare la sua inventiva a scoprire nuovi espedienti per superare difficolt che non incontra mai. [...] In ogni societ progredita e incivilita, questa la condizione in cui i poveri che lavorano, cio la gran massa della popolazione, devono necessariamente cadere a meno che il governo non si prenda cura di impedirlo.

Il corsivo aggiunto. Daltra parte si pu trovare una rilettura critica delle interpretazioni superficiali e di comodo della Mano invisibile in un saggio del 1994 di Emma Rotschild, su Adam Smith and the Invisible Hand; nel quale la metafora viene interpretata con acribia storiografica e filologica come una espressione leggermente ironica e forse autoironica. Lo spettro, la raccolta di merci, il vampiro e i pescecani. Le metafore marxiane di cui dir, sopratutto la terza, sembrano tratte da un romanzo gotico, e dato linteresse di K. Marx per il genere romanzesco ci non dovrebbe stupire. Le prime due sono lincipit, rispettivamente, del Manifesto del Partito Comunista (1848) e del Libro primo del Capitale (1867):
Uno spettro si aggira per lEuropa: lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi. La ricchezza delle societ nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una immane raccolta di merci e la merce singola si presenta come sua forma elementare. Perci la nostra indagine comincia con lanalisi della merce. La merce in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualit soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo.

La metafora del vampiro, che merita pi attenzione, si trova nel Capitolo otto del Libro primo del Capitale, sulla Produzione del plusvalore assoluto e sulla Giornata lavorativa. Poich la teoria marxiana dello sfruttamento molto complicata, tanto da prestarsi a critiche formali, conviene ricorrere alla partecipe semplicit con cui il recensore anonimo della prima traduzione inglese riassume Das Kapital (in The Atheneum, n. 3097, 5 marzo 1887):
Si rappresenti la giornata lavorativa come un segmento a b c, nel quale a b rappresenta il tempo necessario a un lavoratore per guadagnare quanto gli occorre per una vita sana; allora b c rappresenter un pluslavoro, il cui valore va al capitalista. Il lavoratore invece vorrebbe una giornata di lavoro normale, cos che il segmento b c fosse una quantit che progressivamente si riduce. In tutto ci, formulato in maniera semplificata, sembra non ci sia niente di nuovo, ma quello che c di nuovo lo stile tranchant con cui Marx irrobustisce le sue proposizioni, le deduzioni che ne trae dopo averle enunciate, e la luce che proietta quando percorre i luoghi oscuri di un sistema economico di concorrenza sregolata, un sistema nel quale il lavoro concepito come un fattore impersonale, e sfruttato a vantaggio dello speculatore e del capitalista straricco, dei membri oziosi e parassiti della societ.

Ecco invece i passi in cui Marx evoca il vampiro:


Il capitale ha un unico istinto vitale, listinto cio di valorizzarsi, di creare plusvalore, di assorbire con la sua parte costante, che sono i mezzi di produzione, la massa di pluslavoro pi grande possibile. Il capitale lavoro morto, che si ravviva, come un vampiro, soltanto succhiando lavoro vivo e pi vive quanto pi ne succhia. [] Il prolungamento della giornata, al di l dei limiti della giornata naturale, fino entro la notte, opera soltanto come palliativo, calma solo approssimativamente la sete da vampiro che il capitale ha del vivo sangue del lavoro. Quindi, listinto immanente della produzione capitalistica di appropriarsi del lavoro durante tutte le ventiquattro ore del giorno. Ma poich questo impossibile fisicamente, quando vengano assorbite continuamente, giorno e notte, le medesime forze-lavoro, allora, per superare lostacolo fisico, c bisogno di avvicendare le forze-lavoro divorate durante il giorno e la notte. [] Dobbiamo confessare che il nostro operaio esce dal processo produttivo differente da quando vi era entrato. Sul mercato si era presentato come proprietario della merce forza-lavoro di fronte ad altri proprietari di merci, proprietario di merce di fronte a proprietario di merce. Il contratto per mezzo

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del quale aveva venduto al capitalista la propria forza-lavoro dimostrava, per cos dire, nero sul bianco, che egli disponeva liberamente di se stesso. Concluso laffare, si scopre che egli non era un libero agente, che il tempo per il quale egli pu liberamente vendere la propria forza-lavoro il tempo per il quale egli costretto a venderla, che in realt il suo vampiro non lascia la presa finch c un muscolo, un tendine, una goccia di sangue da sfruttare.

Il testo non richiede commenti: come il Grand Guignol, soltanto spavento e ammirazione. Una ultima citazione da Marx, di grande attualit:
Il signor Chapman, che pure nel 1857 rappresentava un magnate del mercato monetario, si lamentava amaramente del fatto che a Londra vi fossero alcuni grandi capitalisti cos potenti da poter in un determinato momento scompaginare tutto il mercato monetario e depredare cos nel modo pi vergognoso i piccoli commercianti di denaro. Vi sono quindi alcuni grossi pescecani che possono aggravare sensibilmente una situazione di difficolt monetaria, vendendo 1-2 milioni di consolidati e sottraendo in tal modo al m ercato un corrispondente ammontare di banconote (e al tempo stesso di capitale da prestito disponibile). Per trasformare con una simile manovra una difficolt monetaria in una situazione di panico, sarebbe sufficiente lazione combinata di tre grosse banche.

Forse proprio per la sua arte della metafora, Marx si guadagnato uno degli Academic Graffiti di W. A. Auden:
Quando Karl Marx si trov tra le mani lespressione grossi pescecani Cant un Te Deum nel British Museum.

Il corpo politico e la malattia. In un suo splendido saggio del 2011, Crises as a Desease of the Body Politick , Daniele Besomi traccia la storia di questa metafora nelle teorie economiche del diciannovesimo secolo. Per brevit ricorro a unaltra figura retorica, lenumerazione:
Bolla, bubbone, circolazione, contagio, convulsione, crisi, epidemia, febbre, floridezza, flusso, follia, ingorgo, languore, malattia, malessere, malsano, mania, panico, prosperit, rimedio, ristagno, salasso, salute, shock, sintomo, terapia eccetera.

Sono tutte metafore ancora frequenti nella pubblicistica economica. Qui per si pone una questione importante: luso di metafore mediche induce a pensare che le crisi economiche abbiano cause esterne al sistema economico, il cui stato normale sarebbe la salute e lequilibrio; mentre dopo Marx e Keynes sappiamo che cos non . anche interessante notare che per W. Petty, che con il suo Political Arithmetik (circa 1676) secondo molti il fondatore delleconomia politica, questa scienza lanatomia del Body Politick, con una evidente assimilazione di questo al corpo umano. Lespressione Corpo Politico verr usata a lungo, nella storia delle teorie economiche; fino a quando uno dei massimi esponenti della teoria neoclassica, A. Marshall, con la moglie Mary, la seppellir scrivendo (1879):
Era costume chiamare la nazione Corpo Politico. Fino a quando questa espressione era nelluso comune, quando si usava la parola Politico si pensava agli interessi della nazione tutta; e dunque Economia politica serviva abbastanza bene come nome di questa scienza; ma ora che interessi politici in generale significa gli interessi di una qualche parte soltanto della nazione, sar meglio lasciar cadere il nome Economia politica e parlare semplicemente di Scienza Economica, o pi brevemente di Economica.

La passione morbosa, la convenzione e il concorso di bellezza. In J. M. Keynes le metafore sono particolarmente efficaci e devono esserlo. Keynes infatti preferisce il linguaggio ordinario a quello matematico nonostante la sua preparazione matematica perch il linguaggio ordinario pi potente di quello matematico e perch consente e fonda luso della metafora come arte di una tecnica di argomentazione intesa a convincere: a convincere i suoi colleghi economisti e soprattutto gli uomini di governo. La passione morbosa per il denaro descritta da Keynes nelle Prospettive economiche per i nostri nipoti (1930):
Lamore per il denaro come possesso, e distinto dallamore per il denaro come mezzo per godere i piaceri della vita sar riconosciuto per quello che : una passione morbosa, un po ripugnante, una di quelle propensioni a met criminali e a met patologiche che di solito si consegnano con un brivido allo specialista di malattie mentali.

Qui c il Keynes interessato alla psicoanalisi, ma soprattutto c, in nuce, lidea della General Theory (1936) che leconomia capitalista una economia monetaria di produzione, uneconomia caratterizzata dalla incertezza:
Perch mai vi dovrebbe essere qualcuno, al di fuori delle mura di un manicomio, che desideri usare la moneta come riserva di ricchezza? Perch, per motivi in parte ragionevoli, in parte istintivi, il nostro desiderio di tenere moneta come riserva di ricchezza un barometro del nostro grado di sfiducia nelle nostre capacit di calcolo e nelle nostre convenzioni sul futuro. Sebbene questo nostro atteggiamento verso la moneta sia esso stesso convenzionale o istintivo, esso opera, per cos dire, a un livello pi profondo delle nostre motivazioni. Esso

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subentra nei momenti in cui le pi superficiali, pi instabili convenzioni si sono indebolite. Il possesso della moneta culla la nostra inquietudine, e il premio che noi pretendiamo per dividerci da essa la misura della nostra inquietudine.

Anche se in condizioni di conoscenza incerta, tuttavia, dovremo prendere delle decisioni, e ci potremo fare rimuovendo lesperienza passata e dunque sottovalutando la possibilit di mutamenti futuri; oppure fingendoci che lo stato attuale delleconomia sia basato su una corretta ponderazione delle prospettive future; oppure:
Sapendo che il nostro giudizio individuale non vale nulla, cerchiamo di ricorrere al giudizio del resto del mondo, che forse meglio informato. Cio cerchiamo di conformarci al comportamento della maggioranza o della media. La psicologia di una societ di individui, ciascuno dei quali cerca di copiare gli altri, conduce a ci che potremmo definire un giudizio convenzionale.

Infine il concorso di bellezza:


Lattivit di investimento pu essere assimilata a quei concorsi dei giornali illustrati, in cui i concorrenti devono scegliere le sei facce pi belle tra un centinaio di fotografie. Vincer quel concorrente la cui scelta si avvicina di pi alla media delle preferenze del totale dei concorrenti; cos che ciascun concorrente deve scegliere non quelle facce che a lui paiono le pi belle, ma quelle che lui crede siano quelle che pi attraggono gli altri concorrenti i quali tutti affrontano il problema allo stesso modo. Non si tratta di scegliere quelle che a ciascuno paiono le pi belle, e nemmeno quelle che lopinione media davvero giudica le pi belle, in realt siamo al terzo grado: stiamo chiedendo alla nostra intelligenza di prevedere quale sar lopinione media che lopinione media si aspetta che sar. Ci sono anche quelli che praticano il quarto o quinto grado, e superiori.

Nellamministrazione dei propri fondi, e salvo un caso di quelli del Trinity College, Keynes era arrivato ai gradi superiori. Di questi tempi, tuttavia, non superfluo sottolineare che se la nostra conoscenza incerta, e massimamente incerta la conoscenza nel mondo della finanza e della speculazione, il sistema capitalistico un sistema non ergodico, anzich stazionario e senza tempo: il disequilibrio e linstabilit, non lequilibrio, sono la condizione normale del sistema capitalistico.

La macchina. Nella ricerca di quale sia la Scienza da imitare, la scienza economica un asino di Buridano, incerto tra la tentazione organicista e la tentazione meccanicista. La metafora della Macchina seducente fin dai tempi dellUomo macchina di Lamettrie, e infatti prevarr: il modello cui ancora guarda la moderna economica la meccanica razionale ottocentesca. Nel 1949, da W. Phillips, del sistema economico concepito come una macchina stato addirittura costruito un modello fisico, dal nome minaccioso di MONIAC.

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C un serbatoio, in alto: il Tesoro, dal quale come acqua la moneta fluisce alle varie destinazioni cui essa pu essere indirizzata. Vari rubinetti consentono di dirigere e regolare i vari flussi eccetera. Un modello in fondo concettualmente non molto pi rozzo dei moderni modelli econometrici, uno strumento per la Wunderkammer del Re, tale che In verit non resterebbe a desiderare altro se non che il Re, rimasto solo nellisola, girando continuamente una manovella, faccia eseguire per mezzo di congegni meccanici tutto il lavoro dellInghilterra. Le macchine, oltretutto, hanno un grave difetto: Non c macchina, nel grande Meccano del mondo, che non funzioni se non al prezzo di guastarsi. Il fatto che il sistema economico in cui viviamo, il modo di produzione capitalistico, s un sistema, un insieme di elementi attivi interconnessi; ma un sistema tale che se vi agisce un tempo non newtioniano, muta sia il modo di agire degli elementi sia la sua struttura. un sistema con una propriet rara se non unica tra le forme sinora

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note di organizzazione economico-sociale: un sistema morfogenetico e capace di metamorfosi, al solo fine e condizione che se ne salvi il nesso interno e soprattutto il rapporto tra capitale e lavoro salariato. Dunque non lo puoi rappresentare con un modello, n cristallizzare in una metafora; o forse soltanto in quella non nuova di Proteo; non nuova, un po banale, storiograficamente e politicamente preoccupante.

Lorlo del baratro. Infine chiarisco la mia improvvisata distinzione tra tropo e trucco. Nel gi ricordato incipit marxiano: Nelle societ in cui predomina il modo di produzione capitalistico, la ricchezza si presenta come una Immane raccolta di merci, la metafora un semplice tropo, e anche molto efficace; nel pi recente, ma non meno efficace, Orlo del baratro la metafora invece un trucco, nei suoi due possibili significati di cosmesi e di gioco di prestigio. Infatti non vero che venti mesi fa leconomia italiana fosse sullorlo del baratro, mentre ci vero ora: e proprio vero che le cattive metafore producono cattive politiche. *** Non vado oltre, perch non vorrei confermare quel che sostiene lideatore del nostro Convegno, lamico Salvatore Califano: Voi economisti siete sempre esagerati. Sar dunque bene che gli economisti rispettino questi sei comandamenti di G. Orwell:
(i) Non usate mai una metafora, una similitudine o qualsiasi altra figura retorica, solo perch la trovate spesso sulla stampa. (ii) Non usate mai una parola lunga, quando se ne pu usare una breve. (iii) Se una parola pu essere eliminata, eliminatela. (iv) Non usate mai la forma passiva, quando si pu usare la forma attiva. (v) Non usate mai una espressione straniera, un vocabolo scientifico o un termine gergale, se c un equivalente nel linguaggio comune. (vi) Trasgredite a queste norme soltanto per evitare di essere incomprensibili.

* Intervento del Prof. Giorgio Lunghini al Convegno Metafore e Simboli nella Scienza, tenutosi l8 e il 9 maggio 2013 presso lAccademia Nazionale dei Lincei.

Articolo stampato da : ApertaContrada.it http://www.apertacontrada.it/2013/10/01/la-metafora-in-economia-tropo-o-trucco/

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