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Claudia Bianchi Riferimento, intenzione e comunicazione

Abstract. In this paper, I challenge a thesis well established in semantics the idea that the speakers intentions dont play any role in the determination of the truth conditions of a sentence, and are relevant only to establish its implicit meaning. In the first part of the paper, I show that, according to Kaplan and Perry, the addressee must take into account the speakers intentions in order to fix the reference of some expressions, i.e. the demonstratives: therefore the intentions are relevant in order to determine the semantic core of demonstrative sentences. The analysis of how demonstratives refer is the starting point for a more general reflection on the notion of communicative intention. In closing, I argue that the speakers referential intention has a semantic role only if it is reasonable and not arbitrary, that is to say if it can be recognised by the addressee.

1. Contesto semantico e pragmatico Allinterno della semantica tradizionale, le espressioni linguistiche hanno sensi convenzionali, identificati, nel caso di unespressione subenunciativa, con le condizioni dapplicazione dellespressione, e, nel caso di una frase, con le condizioni di verit della frase. Le frasi in cui compaiono espressioni indicali hanno s un significato convenzionale, che tuttavia non pu essere identificato direttamente con le condizioni di verit della frase. infatti necessario, per poter fissare le condizioni di verit di una frase indicale come (I) Io sono italiana, individuare chi ha proferito la frase, determinare cio il contesto semantico di proferimento della frase. Il significato di unespressione indicale viene allora concepito come una funzione (il carattere dellespressione [KAPLAN 1977]) da elementi del contesto di proferimento al valore semantico dellespressione (il contenuto). Il significato convenzionale o carattere di unespressione indicale (la regola ad essa associata) si limita ad indicare quale elemento del contesto di proferimento sar pertinente per la determinazione del valore semantico dell'espressione: per io il fattore contestuale pertinente sar il parlante, per qui il luogo del proferimento, per ora il tempo del proferimento, e cos via. La nozione di contesto qui utilizzata corrisponde alla situazione oggettiva di proferimento ed costituita da un numero fisso e ristretto di parametri: parlante, luogo, tempo, ecc. Tali fattori contestuali sono elementi necessari alla fissazione delle condizioni di verit di una frase indicale, alla determinazione del suo valore semantico o del suo significato letterale. Nel paradigma tradizionale, la dipendenza delle condizioni di verit di (I) dal contesto di proferimento gli usi semantici del contesto (PERRY 1997: 593) non in alcun modo assimilata ad altre forme di dipendenza contestuale, in cui gli aspetti del senso che dipendono dal contesto non fanno parte del significato letterale dellenunciato, ma vi si aggiungono, senza modificare le condizioni di verit dellenunciato gli usi post-semantici (o pragmatici) del contesto. Si tratta dei fenomeni di senso implicito, o senso comunicato, o significato del parlante (speakers meaning), in cui il parlante comunica qualcosa di pi del, o di diverso

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dal senso letterale delle espressioni di cui si serve, e questo grazie alla rete di credenze, intenzioni, attivit che egli condivide con i suoi interlocutori. 2. Indicali e dimostrativi Queste osservazioni valgono per i cosiddetti indicali puri (le espressioni come io, qui, ora); notoriamente pi controversa la loro applicazione ai dimostrativi (le espressioni come lui, lei, questo, quel libro)1. KAPLAN osserva infatti che il significato convenzionale del dimostrativo lei in (D) Lei italiana da solo non costituisce una regola automatica tale da individuare il referente dellespressione, nemmeno una volta fissato il contesto di proferimento: se infatti nel contesto di proferimento sono presenti pi individui di sesso femminile, lespressione pu identificare a pari titolo uno qualsiasi di questi individui. Secondo la prima versione della teoria kaplaniana che viene esposta in Demonstratives, del 1977, e che chiamer TD, tesi dimostrativa (o dindicazione) lespressione dimostrativa acquista un'istruzione semantica completa solo quando associata a una demonstration, un atto di indicazione, come il gesto ostensivo2. Latto dindicazione ha dunque una pertinenza semantica per la determinazione del carattere e quindi del riferimento del dimostrativo. La regola linguistica che dirige luso degli indicali determina invece completamente il loro riferimento in ogni contesto. 3. Indicazione o intenzione? In TD, lesempio paradigmatico di un atto dindicazione fornito dal gesto ostensivo il gesto di indicare: tipicamente, anche se non esclusivamente, una presentazione (visiva) di un oggetto locale individuata dal gesto di indicare (KAPLAN 1977: 490; cfr. KAPLAN 1979: 389). importante sottolineare, tuttavia, che il termine indicazione ha unapplicazione pi generale: il parlante pu infatti utilizzare un vero e proprio gesto, oppure lunicit del candidato a referente nel contesto dato, o ancora la sua prominenza o risalto o salienza nel contesto. In Afterthoughts (1989), KAPLAN abbandona TD e introduce TI, la tesi intenzionale. KAPLAN osserva che, spesso, anche latto dindicazione associato alloccorrenza di un dimostrativo non sufficiente a disambiguare lespressione; nellenunciato Mi piace questo proferito indicando un cane, questo potrebbe riferirsi al cane, o al suo colore, o al suo collare, ecc. Dal momento che non permette di fissare in modo univoco il riferimento delloccorrenza dell'espressione, latto dindicazione qui il gesto cessa per KAPLAN di svolgere un ruolo semantico. Secondo TI, lelemento che
Anche qui il riferimento al lavoro di KAPLAN 1977. Cfr. KAPLAN 1977: 492: Il referente di un indicale puro dipende dal contesto, e il referente di un dimostrativo dipende dallindicazione (demonstration) ad esso associata. Su questo punto, cfr. GARCIA-CARPINTERO 1998: 552-553 e BIANCHI 2001: 101-104.
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permette di determinare univocamente il riferimento di un dimostrativo invece the directing intention, lintenzione direzionale del parlante3: solo una volta associata a unintenzione direzionale, loccorrenza dellespressione acquista un carattere kaplaniano unistruzione semantica completa4. In TI, latto dindicazione ha esclusivamente il ruolo di rendere manifesta lintenzione, di esteriorizzarla, un ruolo di semplice contributo pragmatico alla comunicazione e non alla determinazione del riferimento (KAPLAN 1989: 582). In quel che segue cercher di chiarire presupposti e conseguenze delle due tesi in gioco, TD e TI, e in particolare di dare un senso allaffermazione secondo la quale lelemento semantico cruciale per la determinazione del riferimento sono le intenzioni del parlante: la mia ipotesi che lesame dei casi di riferimento dimostrativo possa offrire un solido banco di prova per mettere alla prova le nostre intuizioni sul funzionamento dei meccanismi comunicativi. 4. Alcuni rompicapo TI suscita obiezioni naturali: la teoria sembra dare troppo peso alle intenzioni, e permettere al parlante, usando un dimostrativo, di riferirsi in modo arbitrario a qualunque oggetto una tesi secondo la quale il parlante ha qualcosa in mente e spera che il destinatario legga nei suoi pensieri. In particolare lappello alle intenzioni nella determinazione del riferimento di un dimostrativo deve affrontare diversi tipi di rompicapo: vediamo alcuni di questi5. Caso 1. il caso in cui il referente dellespressione dimostrativa non , intuitivamente, loggetto a cui il parlante ha lintenzione di riferirsi: supponiamo che Paolo prenda un mazzo di chiavi sul tavolo e dica a Francesca (1) Queste sono mie. Le chiavi appartengono in realt a Francesca: in questo caso, lintenzione di Paolo diretta alle proprie chiavi, mentre latto dindicazione (latto di afferrare) diretto alle chiavi di Francesca: dal momento che (1) falso (le chiavi non sono di Paolo, ma di Francesca), non sembra che sia lintenzione direzionale a fissare il referente di queste ma piuttosto latto dindicazione. Caso 2. il caso in cui loggetto mostrato non viene percepito dal parlante, e non loggetto verso cui il parlante sembrerebbe avere unintenzione direzionale. il noto esempio di KAPLAN in Dthat. Supponiamo che io proferisca (2) Questo il ritratto del pi grande filosofo del nostro secolo indicando il ritratto appeso alle mie spalle, che credo essere il ritratto di Carnap, ma che stato scambiato nottetempo con il ritratto di Rocco Buttiglione. Sebbene io abbia lintenzione di riferirmi al ritratto di Carnap, lenunciato non pu essere
Cfr. REIMER 1992; anche BACH 1992a: 295: Lintenzione direzionale del parlante, chiamata cos perch insieme guida latto dindicazione ed diretta a un oggetto percepito. 4 Cfr. KAPLAN (1989: 588): Lintenzione direzionale lelemento che differenzia il significato di unoccorrenza sintattica di un dimostrativo da unaltra. Il parlante non pu invece associare intenzioni diverse a occorrenze multiple di uno stesso indicale puro come oggi: due occorrenze di un indicale puro devono essere coreferenziali. Cfr. KAPLAN (1989: 587): Non parte del significato di oggi che ripetute occorrenze sintattiche debbano essere associate a differenti contesti. Invece il significato di un dimostrativo richiede che ogni occorrenza sintattica venga associata a unintenzione direzionale, e di queste molte possono essere contemporanee. 5 Gli esempi sono tratti da REIMER (1991a, 1991b e 1992), BACH (1992a e 1992b) e KAPLAN 1979.
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considerato vero: anche qui la mia intenzione non sembra avere la meglio sullatto dindicazione effettivamente eseguito e non sembra pertanto fissare il referente di questo. Secondo TD, se un atto dindicazione non vuoto (se c un ritratto) e non ambiguo (se c un solo ritratto) stato eseguito dal parlante, il carattere del dimostrativo fissato e determina automaticamente e meccanicamente il contenuto dellespressione senza fare appello alle intenzioni, esattamente come accade per gli indicali puri. Caso 3. Facciamo lipotesi che P abbia un'intenzione direzionale (lintenzione di riferirsi a un oggetto particolare) ma che non compia alcun atto di indicazione. Supponiamo che, in un parco pieno di cani, Paolo proferisca, con lintenzione di riferirsi al proprio cane Fido, lenunciato: (3) Questo il mio cane; unimprovvisa paralisi gli impedisce per di eseguire un qualsiasi gesto o occhiata in direzione di Fido. Paolo ha lintenzione di indicare un cane particolare: sembrerebbe che, secondo TI, questo cane particolare debba essere il referente dellespressione dimostrativa. In TD, invece, esattamente come la descrizione il cane nero vuota se non c nessun cane nero, cos la descrizione dimostrativa questo cane vuota, dal momento che non c nessun cane mostrato. E, ancora, in caso di conflitto fra intenzione e indicazione, sembra sempre che sia lindicazione ad avere la meglio. Caso 4. Supponiamo ancora che Paolo voglia indicare Fido, ma indichi Brutus per errore (supponiamo, ad esempio, che Paolo cerchi di mostrare Fido prendendolo in braccio, ma Brutus spinga via Fido e finisca fra le braccia di Paolo, oppure che Paolo voglia mostrare Fido ma un tic nervoso sposti il suo gesto verso Brutus). Ci ritroviamo in un caso analogo a quello del ritratto di Carnap: a dispetto dellintenzione di Paolo di riferirsi a Fido, il referente di questo intuitivamente Brutus e lenunciato (3) falso (REIMER 1991b: 182). Sembrerebbe dunque che, nei casi esaminati, e contrariamente a quanto sostenuto da TI, lintenzione del parlante non svolga mai un ruolo essenziale, semantico, di determinazione del riferimento dellespressione dimostrativa. 5. Intenzioni referenziali TI, tuttavia, pu proporre unanalisi alternativa dei rompicapo presentati. Tale proposta alternativa fa un uso cruciale della nozione di intenzione referenziale elaborata da KENT BACH seguendo GRICE. Le intenzioni referenziali sono parte di unintenzione comunicativa pi generale, e il loro carattere distintivo quello di essere intenzioni riflessive6: il parlante ha lintenzione che il destinatario identifichi un oggetto come il referente, grazie al riconoscimento di questa stessa intenzione referenziale. Nellinterpretazione che BACH propone degli esempi che ho citato, sono due le intenzioni in atto, di cui una sola lintenzione referenziale. Si consideri nuovamente il Caso 4. Si detto che, malgrado lintenzione di Paolo di riferirsi a Fido, il referente del dimostrativo questo sembra intuitivamente essere Brutus, e (3) sembra essere falso. BACH daccordo sulla conclusione, ma non
6 BACH e HARNISH (1992: 95): Perch esse siano soddisfatte necessario che lintenzione con la quale esse sono eseguite venga riconosciuta dal destinatario. Cfr. BACH e HARNISH (1979: 15): la sua soddisfazione consiste nel suo riconoscimento; cfr. anche BACH 1990: 389-392.

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sullinterpretazione dellesempio. BACH individua infatti due intenzioni che devono essere attribuite a Paolo: a) lintenzione di riferirsi a Fido; b) lintenzione di riferirsi al cane che sta effettivamente indicando. Lintenzione referenziale questultima, b): quella che il parlante desidera e si aspetta che il destinatario riconosca e sulla quale vuole che il destinatario si fondi per identificare un certo cane in quanto referente (BACH 1992b: 143). Paolo ha infatti lintenzione di condurre il destinatario a pensare a Fido non in quanto Fido, ma in quanto il cane che sta indicando: il riconoscimento da parte del destinatario la condizione di soddisfazione dellintenzione comunicativa. Torniamo allora ai primi tre casi esaminati. Caso 1: le chiavi di Paolo. Proferendo (1), Paolo ha s lintenzione di riferirsi alle proprie chiavi, ma non questa lintenzione che vuol far riconoscere a Francesca; Paolo vuole invece che venga riconosciuta la propria intenzione di riferirsi alle chiavi che ha preso sul tavolo. Francesca deve identificare il referente di queste pensando alle chiavi non in quanto chiavi di Paolo, ma in quanto chiavi che Paolo ha preso: laver afferrato le chiavi il solo fondamento manifesto al riconoscimento, da parte di Francesca, dellintenzione di Paolo (BACH 1992a: 296). Caso 2: il ritratto di Carnap. Nellesempio di KAPLAN, il parlante ha certo lintenzione di riferirsi al ritratto di Carnap, ma, ancora una volta, questa non lintenzione referenziale che invece lintenzione di riferirsi all'oggetto dietro di s, al ritratto che sta indicando Caso 3: Fido e la paralisi. Dal momento che, proferendo (3) in presenza di pi cani, tutti egualmente salienti, Paolo non esegue alcun gesto e non sfrutta nessun altro fattore contestuale, Francesca non pu identificare alcun oggetto come referente di questo, e di conseguenza lintenzione referenziale vuota. In tutti e tre i casi, lungi dall'aspettarsi che il destinatario legga nella mente del parlante, TI impone che il parlante che vuole riferirsi a un oggetto selezioni a questo scopo lespressione il cui proferimento possa permettere al destinatario di identificare loggetto cui il parlante si riferisce nel contesto. 6. Buone intenzioni Lanalisi di BACH mi sembra intuitivamente corretta e la sua distinzione, in un atto referenziale, di due intenzioni (fra intenzioni di sfondo e intenzioni fondamentali, queste ultime fondamentali in quanto le sole riconoscibili dal destinatario), illuminante. E tuttavia, anche cos concepita, TI pu a mio parere incontrare difficolt e controesempi: vediamone alcuni. Lo scenario di base costituito dal caso 57. Caso 5 (caso base): Paolo e Francesca sono al parco, dove giocano molti cani. Paolo vuole mostrare a Francesca il proprio cane Fido e, per permetterle di distinguerlo dagli altri cani le dice che di colore fulvo. Quando Fido si avvicina, Paolo, indicandolo con un gesto della mano, proferisce (3) Questo il mio cane. In questo caso, il riferimento del dimostrativo questo Fido. Caso 6 (I variante): la situazione quella del caso 5, solo che Fido non affatto
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Mi ispiro a esempi analoghi di TRAVIS 1981, formulati per scopi diversi.

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fulvo, mentre un altro cane, Brutus, lo . Sebbene Fido sia sulla linea pi diretta con il gesto di ostensione di Paolo, Francesca pu ragionevolmente supporre che Paolo stia indicando, forse in modo un po impreciso, Brutus, che gioca vicino a Fido. In questo caso linformazione sul colore del pelo il fattore contestuale pi pertinente per discriminare il buon referente, e ha la meglio sul gesto ostensivo. Il solo elemento che Francesca possiede per disambiguare il riferimento di questo in (3) il materiale descrittivo fornito in precedenza. Nel caso 6 il referente di questo sar dunque, Brutus, e non Fido. Caso 7 (II variante): la situazione quella del caso 5, solo che, chiacchierando con Francesca, Paolo fornisce una gran quantit di particolari su Fido: fulvo, grande e grosso, assomiglia a un mastino e porta un collare nero a borchie. Tutti questi particolari sono veri (tranne il colore) e nessun altro cane assomiglia a Fido, tantomeno Brutus, che s fulvo, ma piccolo e gracile, assomiglia a un bassotto e porta un collarino rosso. In questo scenario modificato, Francesca possiede abbastanza fattori contestuali indipendenti per identificare il riferimento di questo: nel caso 8, il referente di questo sar Fido. Ancora una volta, sembrerebbe che le intenzioni del parlante non siano n necessarie, n sufficienti alla determinazione del riferimento di unespressione dimostrativa. Nel caso 6 (I variante), il referente (Brutus) fissato a dispetto delle intenzioni di Paolo, che hanno come oggetto Fido; nel caso 7 (II variante) il referente (Fido) fissato indipendentemente dalle intenzioni di Paolo: se anche Paolo non associasse alcuna intenzione al proprio uso del dimostrativo, il riferimento sarebbe fissato dalle informazioni fornite. Sembra allora che non qualunque intenzione del parlante sia un buon candidato per fissare il riferimento di unespressione dimostrativa. Ne prova il caso 8. Caso 8 (III variante). La situazione quella dello scenario di base (5), con in pi il fatto che Brutus si reso saliente abbaiando istericamente. Supponiamo che Paolo proferisca (3) formando s lintenzione di riferirsi a Fido, che per un cane non saliente che Paolo non sta indicando: il referente di questo in (3) resta Brutus. Nel contesto descritto, lintenzione di riferirsi a Fido, senza mostrarlo e senza sfruttare alcun altro elemento contestuale, sarebbe bizzarra (TRAVIS 1981: 56), cio non accompagnata da un contesto e un comportamento appropriati al suo riconoscimento, dunque non manifesta e non accessibile al destinatario e quindi senza pertinenza semantica. allora venuto il momento di precisare che cosa si deve intendere per buona intenzione referenziale. In particolare venuto il momento di esaminare, in casi di fallimento comunicativo come questultimo (il caso 8), che cosa provochi il fallimento: il fatto che il parlante non riesca a comunicare in modo appropriato al destinatario il riferimento nondimeno fissato dalla sua intenzione referenziale, oppure il fatto che, in mancanza di una buona intenzione referenziale, il riferimento non sia stato affatto determinato. 7. Intenzioni ragionevoli Unintenzione referenziale ragionevole solo se accompagnata da azioni appropriate a comunicare il riferimento al destinatario (ROBERTS 1997: 196). Seguiamo in questo il trattamento delle aspettative e delle intenzioni offerto da DONNELLAN (1968), secondo cui un soggetto razionale non pu sbattere le braccia

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con lintenzione di volare, dal momento che egli non pu aspettarsi ragionevolmente che il fatto di sbattere le braccia lo porti a volare. Le intenzioni di un soggetto sono limitate dalle sue aspettative, a loro volta limitate da pratiche in vigore, da particolari convenzioni e dalle nostre conoscenze sul mondo e su noi stessi. Allo stesso modo, dal momento che le intenzioni referenziali non vengono riconosciute direttamente dal destinatario (non vengono lette nella mente del parlante), esse possono essere individuate solo grazie a fattori esterni come parole, gesti, contesto fisico e linguistico. In altre parole, esse sono limitate dalle aspettative che il parlante pu ragionevolmente intrattenere sulla capacit del destinatario di discernere il referente in base a parole, gesti e contesto. Per assicurarsi che il destinatario riconosca lintenzione associata allespressione dimostrativa il parlante sembra fondarsi su tre tipi dinformazione condivisa8. 1. In primo luogo, il contesto extralinguistico pi immediato, lambiente fisico accessibile a parlante e destinatario. Il parlante pu utilizzare con successo lespressione quel cane senza compiere alcun gesto ostensivo se c un solo cane nel contesto di riferimento, o se c un solo cane in mezzo a decine di gatti, o anche se ci sono pi cani, ma un solo cane che si renda saliente nel contesto dato. Si immagini lenunciato (3) Questo il mio cane proferito da Paolo con lintenzione di riferirsi a Fido, ma non accompagnato da alcun gesto, o occhiata, in un parco dove ci sono decine di cani. Lespressione quel cane non basta per determinarne il riferimento. Si supponga, tuttavia, che Fido stia mordendo Francesca (il destinatario del proferimento): nel contesto cos come lo abbiamo descritto un solo cane si reso saliente, e pertanto lintenzione che Paolo associa allespressione (dal momento che essa diretta a quel cane particolare) sar ragionevole e non arbitraria, e Francesca identificher con gran facilit il referente dellespressione. 2. Il secondo tipo di informazione condivisa costituito dal contesto linguistico, sia esso il resto dellenunciato o la conversazione precedente9. Se ad esempio nella conversazione immediatamente precedente stato menzionato un certo cane, un uso dimostrativo successivo di quel cane10 senza ulteriori precisazioni (e cio non accompagnato da gesti o occhiate), e anche in presenza di pi cani (di cui nessuno per altri versi saliente), farebbe riferimento in modo naturale al cane precedentemente menzionato. 3. Il terzo tipo di informazione che pu fondare il riferimento dimostrativo, infine, dato dalle conoscenze che si assumono condivise sulla base dellappartenenza a una certa comunit, o sotto-comunit. Si immagini lenunciato (5) Questa guerra mi impedisce di dormire proferito da Paolo nel giugno 1999: se Paolo e Francesca sono entrambi italiani, il riferimento di questa guerra in (5) sar, a contesto extralinguistico neutro, alla
Pi che di informazione condivisa, si deve parlare di conoscenza reciproca o mutua: si vedano SPERBER e WILSON 1995 e CLARK 1992. 9 Quella di co-testo una nozione che ha dimensioni variabili, ma entro limiti stabiliti da un principio di pertinenza e da ragionevoli aspettative sullattenzione e la memoria del destinatario. 10 Un uso non anaforico ma dimostrativo, naturalmente: in un uso anaforico il referente sarebbe lo stesso delluso precedente, ma in modo banale.
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guerra nel Kossovo, nonostante le decine di guerre in atto nello stesso periodo nel nostro globo; ben diversamente andrebbero le cose se Paolo e Francesca fossero etiopi, o palestinesi11. Particolare interesse ha la micro-sottocomunit costituita dai soli parlante e destinatario: si pensi allimmensa quantit di informazioni che due amici possono considerare condivise, e che possono fornire la base al riconoscimento dellintenzione referenziale da parte del destinatario. Supponiamo che Paolo detesti da sempre i cani di piccola taglia e abbia una netta preferenza per i cani da difesa, e che Francesca sia al corrente di tale preferenza. In un caso come questo Francesca in grado individuare con facilit il referente dellespressione questo nellenunciato (3) pur proferito da Paolo in presenza di una decina cani, se di questi nove sono bassotti o barboncini e uno un mastino napoletano. 8. Conclusione Solo unintenzione non arbitraria, dunque, pu determinare il riferimento dimostrativo, dal momento che solo essa pu essere riconosciuta dallinterlocutore. Ora, lindicazione uno dei fattori che entra nella definizione dintenzione non arbitraria, e questo implica che indicazione e intenzione (non arbitraria) non possono mai trovarsi in contraddizione12. Infatti in casi analoghi al caso 3 (Fido e la paralisi), se, in mancanza di altri fattori discriminanti che possano rendere saliente un certo individuo, il parlante non accompagna il proprio proferimento con un atto d'indicazione, egli non pu aspettarsi ragionevolmente che il destinatario ne riconosca l'intenzione referenziale. Viene a mancare l'aspettativa ragionevole, e dunque lintenzione ragionevole, anche se presente unintenzione. Questo a mio parere significa che, nel caso cos descritto, il riferimento dellespressione dimostrativa non stato determinato (un fatto semantico), e non solo che non stato comunicato con successo (un fatto pragmatico). Anche le vie della semantica, si potrebbe allora concludere, sono lastricate di buone intenzioni.
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A parit di contesto fisico e co-testo linguistico. Contrariamente a quanto sostiene REIMER.

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