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Liquefazione della Chiesa di Roberto de Mattei By Riscossa Cristiana On 12 novembre 2013 12 Comments Perch la nuova pastoralit di Francesco ora

ra dilaga

di Roberto de Mattei

La fede si svincola dalla verit trascendente, e diventa esperienza. Ratzinger ha perso la sua battaglia per restaurare il Concilio non virtuale

(su Il Foglio del 12.11.2013)

PapiLa maggior parte di coloro che hanno preso le distanze dagli articoli su Il Foglio di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro si sono limitati a una condanna di principio, evitando di entrare nel merito degli argomenti toccati dai due autori cattolici. Eppure i problemi sollevati da Gnocchi e Palmaro non solo esprimono il disagio di molti, ma sollevano una serie di problemi che vanno al di l della persona di papa Francesco e investono gli ultimi cinquantanni di vita della Chiesa. Gli stessi Gnocchi e Palmaro hanno portato alla luce questi problemi in un libro che non ha avuto lattenzione che meritava: La Bella addormentata. Perch dopo il Vaticano II la Chiesa entrata in crisi. Perch si risveglier (Fede e Cultura, Verona 2012). La Bella addormentata la Sposa di Cristo che nel suo aspetto divino mantiene inalterata la sua bellezza, ma sembra immersa in un profondo letargo. Nel suo aspetto umano Essa ha il volto deturpato da un morbo che parrebbe mortale, se non sapessimo che Le stata promessa limmortalit.

Il male di cui soffre la Chiesa viene da lontano ed esploso, con il Concilio Vaticano II, di cui si sta celebrando il cinquantenario. Il Vaticano II, aperto l11 ottobre 1963, fu un Concilio pastorale, privo, per sua esplicita dichiarazione, della voluntas definiendi, cio dellintenzione di definire in modo formale verit dogmatiche. Questa pastoralit tuttavia, ebbe un carattere anomalo, come sottolinea in un bel libro appena uscito il filosofo Paolo Pasqualucci (Cattolici in alto i cuori! Battiamoci senza paura per la rinascita della Chiesa, Fede e Cultura, Verona 2013). Il Vaticano II non si limit infatti ad esprimere in modo nuovo (nove) la dottrina antica, ma volle insegnare, su alcuni punti, anche cose nuove (nova). Nessuna di queste novit fu fornita del sigillo della

definizione dogmatica, ma nel loro insieme esse costituirono un vero e proprio magistero, che fu presentato come alternativo a quello tradizionale. In nome del Vaticano II, i novatori pretesero di riformare ab imis lintera Chiesa. Per raggiungere questo obiettivo, si mossero soprattutto sul piano della prassi, ovvero di una pastoralit che, attuandosi, si faceva dottrina. Non a caso Giuseppe Alberigo e i suoi discepoli della scuola di Bologna vedono nella pastoralit la dimensione costitutiva del Vaticano II. In nome dello spirito del Concilio, promanante dalla sua pastoralit, i bolognesi si sono opposti alla riforma nella continuit propugnata da Benedetto XVI e oggi salutano con entusiasmo il ministero di papa Francesco.

Benedetto XVI ha esposto la sua tesi di fondo in due discorsi che aprono e chiudono il suo pontificato e ne offrono un filo conduttore: quello alla Curia romana del 22 dicembre 2005 e quello al Clero romano, del 14 febbraio 2013, tre giorni dopo lannuncio delle dimissioni. Questultimo discorso, ampio e articolato, stato pronunciato a braccio, ex abundantia cordis e rappresenta quasi un testamento dottrinale di Benedetto XVI. Il Papa ammette lesistenza di una crisi nella Chiesa, collegata al Vaticano II, ma ne attribuisce la responsabilit a un Concilio virtuale che si sarebbe sovrapposto a quello reale. Il Concilio virtuale quello imposto dagli strumenti di comunicazione e da determinati ambienti teologici che, in nome di un malinteso spirito del Vaticano II, avrebbero travisato le intenzioni dei Padri conciliari. Una abusiva prassi postconciliare avrebbe tradito la verit del Concilio, espressa dai suoi documenti teologici, ed a questi testi che si dovrebbe tornare per ritrovarne lautenticit. Il problema del Concilio, per papa Benedetto, prima di essere storico o teologico, ermeneutico. Il problema di una falsa ermeneutica che si oppone allinterpretazione autentica, non solo dei testi, ma dello stesso evento conciliare.

La tesi di Papa Ratzinger non nuova. E lidea di fondo di quei teologi che, nel 1972, dopo aver partecipato alla nascita della rivista Concilium, assieme a Karl Rahner, Hans Kng ed Edward Schillebeeckx, la abbandonarono per dar vita alla rivista Communio. Il padre Henri de Lubac, in una celebre intervista rilasciata allallora mons. Angelo Scola (Viaggio nel postconcilio, Edit, Milano 1985, pp, 32-47), coni lespressione para-concilio per indicare quel movimento organizzato che avrebbe deformato linsegnamento del Concilio attraverso una tendenziosa interpretazione di quellevento. Altri teologi usarono il nome di meta-concilio e lo stesso cardinale Joseph Ratzinger, nel celebre Rapporto sulla fede del 1985, anticip la tesi del Concilio virtuale, poi formulata pi volte durante il suo pontificato.

Il discorso del 2013 per la accorata confessione della crisi della ermeneutica della riforma nella continuit. La consapevolezza di questo fallimento ha certamente pesato sullatto di rinuncia dell11 febbraio. Perch la linea di interpretazione benedettina non riuscita ad imporsi, ed

stata sconfitta dalle tesi della scuola di Bologna, che dilagano incontrastate nelle universit e nei seminari cattolici?

La ragione principale sta nel fatto che la storia non fatta dal dibattito teologico, e ancor meno da quello ermeneutico. La discussione ermeneutica mette laccento sullinterpretazione di un fatto, pi che sul fatto stesso. Ma, nel momento in cui vengono poste a confronto ermeneutiche diverse, ci si allontana dalla oggettivit del fatto, sovrapponendo ad esso le soggettive interpretazioni dellevento, ridotte ad opinioni. In presenza di questa pluralit di opinioni, la parola decisiva potrebbe essere pronunciata da una suprema autorit che definisca, senza ombra di equivoci, la verit da credere. Ma nei suoi discorsi Benedetto XVI, come i Papi che lo hanno preceduto, non ha mai voluto attribuire un carattere magisteriale alla sua tesi interpretativa. Nel dibattito ermeneutico in corso, il criterio di giudizio ultimo resta dunque loggettivit dei fatti. E il fatto innegabile che se vi fu Concilio virtuale, esso non fu meno reale di quello che racchiuso nei documenti. I testi del Vaticano II furono riposti in un cassetto, mentre ci che entr con prepotenza nella storia fu il suo spirito. Uno spirito poco santo e molto umano, attraverso cui si esprimevano lazione lobbistica, le pressioni politiche, le spinte mediatiche, che orientarono lo svolgimento degli eventi. E poich il linguaggio era volutamente ambiguo e indefinito, il Concilio virtuale offr lautentica chiave di lettura dei documenti conclusivi. Il Concilio dei testi non pu essere separato da quello della storia e non ha torto la scuola di Bologna quando enfatizza la novit rivoluzionaria dellevento. Essa ha torto quando di questo evento vuole fare un luogo teologico, il supremo criterio di giudizio della storia.

Lermeneutica di Benedetto XVI non riuscita a rendere ragione della storia, ovvero di quanto accaduto dal 1965 ai nostri giorni. I testi conciliari sono stati schiacciati dalla prassi post-conciliare, una realt che non ammette repliche, se ad essa si vuole contrapporre solo unermeneutica. Inoltre, se non si pu criticare il Vaticano II, ma solo interpretarlo in maniera diversa, qual la differenza tra i teorici della discontinuit e quelli della riforma nella continuit? Per entrambi il Concilio un evento irreversibile e ingiudicabile, esso stesso criterio ultimo di dottrina e di comportamento. Chiunque nega la possibilit di aprire un dibattito sul Vaticano II, in nome dello Spirito Santo che lo garantisce, infallibilizza levento e ne fa un superdogma, di fatto immanente alla storia.

La storia, per il cristiano, invece il risultato di un intreccio di idee e di fatti, che hanno la loro radice ultima nel groviglio delle passioni umane e nellazione di forze soprannaturali e preternaturali in perenne conflitto. La teologia deve farsi teologia della storia per comprendere e dominare le vicende umane; altrimenti essa viene assorbita dalla storia, che diviene il supremo metro di giudizio delle cose del mondo. Limmanentismo non altro che la perdita di un principio trascendente che giudica la storia e non ne giudicato. Sotto questo aspetto le intenzioni dei Padri

conciliari e i testi che essi produssero non sono che una parte della realt. Il Vaticano II , come la Rivoluzione francese o quella protestante, un evento che pu essere analizzato su piani diversi, ma costituisce un unicum, con una specificit propria e, in quanto tale rappresenta un momento di indubbia, e per certi versi apocalittica, discontinuit storica.

La vittoria della scuola di Bologna stata suggellata dallelezione di papa Francesco che, parla poco del Concilio perch non interessato alla discussione teologica ma alla realt dei fatti, ed nella prassi che vuole dimostrare di essere il vero realizzatore del Vaticano II. Sotto questo aspetto egli incarna, si pu dire, lessenza del Vaticano II, che si fa dottrina realizzando la sua dimensione pastorale. La discussione teologica appartiene alla modernit e papa Francesco si presenta come un papa post-ermeneutico e perci post-moderno. La battaglia delle idee appartiene a una fase della storia della Chiesa che egli vuole superare. Francesco sar conservatore o progressista, a seconda delle esigenze storiche e politiche del momento. La rivoluzione pastorale , per Alberto Melloni, la caratteristica primaria del pontificato di Francesco I. Pastorale - scrive lo storico bolognese - una parola chiave per comprendere il ministero di papa Francesco. Non perch di teologia pastorale sia stato insegnante, ma perch quando la interpreta Francesco evoca con naturalezza sbalorditiva questo cuore pulsante del vangelo nel tempo e lo snodo della ricezione (e del rifiuto) del Vaticano II. Pastorale viene dal linguaggio di papa Giovanni: era cos che voleva il suo concilio, come un concilio pastorale e il Vaticano II stato cos (Lestasi pastorale di papa Francesco disseminata di riferimenti teologici, in Corriere della Sera, 29 marzo 2013).

Melloni forza, come sempre, la realt, ma non ha torto nel fondo. Il pontificato di papa Francesco il pi autenticamente conciliare, quello in cui la prassi si trasforma in dottrina, tentando di cambiare limmagine e la realt della Chiesa. Oggi lermeneutica di Benedetto XVI archiviata e dalla pastorale del nuovo Papa dobbiamo attendere nuove sorprese. Il direttore del Foglio, ospitando gli articoli di Gnocchi e Palmaro, lo ha intuito, con un fiuto che in questo caso teologico e giornalistico al tempo stesso. Ma unultima questione si pone. Perch i difensori pi accaniti del Vaticano II, ed oggi i critici pi severi di Gnocchi e Palmaro, provengono dallarea culturale di Comunione e Liberazione? Non difficile rispondere se si ricordano le origini di CL e le radici del pensiero del suo fondatore, don Luigi Giussani. Lorizzonte ciellino era, ed rimasto, quello della nouvelle thologie progressista. In un celebre articolo apparso nel 1946 dal titolo La nouvelle thologie o va-t-elle, il domenicano Garrigou-Lagrange, uno dei massimi teologi del Novecento, indicava come caratteristica della nouvelle thologie, la riduzione della verit ad esperienza religiosa. La verit scriveva non pi la conformit del giudizio con la realt extramentale (oggettiva) e le sue leggi immutabili, ma la conformit del giudizio con le esigenze dellazione e della vita umana, che si evolve continuamente. Alla filosofia dellessere o ontologia si sostituisce la filosofia dellazione, che definisce la Verit in funzione non pi dellessere, ma dellazione.

Ritroviamo questa caratteristica nel linguaggio e nella pratica di molti ciellini. Basti pensare al continuo riferirsi alla fede come incontro e esperienza, con la conseguente riduzione dei princpi a meri strumenti. E vero infatti che non c cristianesimo se non vissuto, ma non si pu vivere una fede che non si conosce, a meno di non ritenere, come il modernismo e la nouvelle thologie, che la fede prorompe dallesperienza vitale del soggetto. Unesperienza che sarebbe possibile in tutte le religioni e che ridurrebbe il cristianesimo a pseudo-misticismo o a pura prassi morale. La storica Cristina Siccardi in un altro bel libro appena pubblicato (Linverno della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II. I mutamenti e le cause, Sugarco, Milano 2013) analizza nel dettaglio le conseguenze di questa pastorale dellesperienza, ricordando le parole di un altro grande teologo domenicano del ventesimo secolo, il padre Roger-Thomas Calmel: Dottrine, riti, vita interiore sono sottoposti a un processo di liquefazione cos radicale e cos perfezionato che non permettono pi di distinguere tra cattolici e non cattolici. Poich il s e il no, il definito e il definitivo sono considerati sorpassati, ci si domanda che cosa impedisca alle religioni non cristiane di far parte anche loro della nuova Chiesa universale, continuamente aggiornata dalle interpretazioni ecumeniche (Breve apologia della Chiesa di sempre, Editrice Ichtys, Albano Laziale 2007, pp. 1011).

Parafrasando laffermazione di Marx, secondo cui nella prassi che il filosofo dimostra la verit della sua dottrina, potremmo riconoscere nella teologia postconciliare il principio per cui nella esperienza religiosa che il credente dimostra la verit della sua fede. E, in nuce, il primato della prassi della filosofia secolaristica moderna. Questa filosofia della prassi religiosa fu teorizzata dalle stte pi radicali del Cinquecento e del Seicento, come gli anabattisti e i sociniani. Per essi la fede misurata dalla sua intensit: ci che importa non la purezza e lintegralit della verit in cui si crede, ma lintensit dellatto con cui si crede. La fede ha dunque la sua misura non nella dottrina creduta, ma nella vita e nellazione del credente: essa diviene esperienza religiosa, svincolata da qualsiasi regula fidei oggettiva. Ritroviamo queste tendenze nella teologia progressista che prepar, guid e, in parte, realizz il Concilio Vaticano II.

La nouvelle thologie progressista ebbe i suoi principali esponenti nel domenicano MarieDominique Chenu e nel gesuita Henri de Lubac. Non a caso Chenu fu il maestro di Giuseppe Alberigo e de Lubac, il punto di riferimento dei discepoli di don Giussani. E non a caso, tra i primi testi ufficiali di Comunione e Liberazione, agli inizi degli anni Settanta, risulta lo studio del teologo Giuseppe Ruggieri intitolato La questione di cristianesimo e rivoluzione. Ruggieri, che allora dirigeva la collana teologica di Jaca Book oggi dirige Cristianesimo nella storia ed , con Alberto Melloni, lesponente di punta della scuola di Bologna. Non c incoerenza nel suo itinerario intellettuale, presentato dallo stesso Melloni nel volume Tutto grazia (Jaca Book, Milano 2010), cos come non c incoerenza nelle posizioni di ieri e di oggi di alcuni (non tutti) esponenti di Comunione e Liberazione. Ci che accomuna la teologia di CL a quella della scuola di Bologna la

teoria dellevento, il primato della prassi sulla dottrina, dellesperienza sulla verit, che CL situa nellincontro con la persona di Cristo e la scuola di Bologna nellincontro con la storia.

Giuseppe Ruggieri fu il teologo di Comunione e Liberazione ed oggi il teologo della scuola di Bologna. E oggi ciellini e bolognesi si ritrovano nel demonizzare in Gnocchi e Palmaro, non i critici di papa Francesco o del Vaticano II, ma i cristiani eticisti che ripropongono il primato della Verit e della Legge. Eppure, dice Ges, chi mi ama osserva i miei comandamenti (Gv 14, 15-21. Non c amore di Dio al di fuori dellosservanza della legge naturale e divina. Losservanza di questa verit e di questa legge la misura dellamore cristiano

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