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Epicuro

Epicuro
(GR) , o , , ' . (IT) nulla per noi, perch quando ci siamo noi non c' lei, e quando c' lei non ci siamo pi noi.

T , Il male, dunque, che pi ci spaventa, la morte, non


(Epicuro, Lettera sulla felicit (a Meneceo), (125) traduzione di Angelo Maria Pellegrino, Stampa alternativa, Milano 1992.)

Epicuro (in greco: , Epkouros) (Samo, 341 a.C. Atene, 271 a.C.) stato un filosofo greco antico, discepolo di Nausifane e fondatore di una delle maggiori scuole filosofiche dell'et ellenistica e romana, l'epicureismo, che si diffuse dal IV secolo a.C. fino al II secolo d.C., quando, avversato dai Padri della Chiesa, sub un rapido declino, per essere poi rivalutato secoli dopo dall'Umanesimo del Rinascimento e dall'Illuminismo.

Vita e opere
Nato sull'isola di Samo, figlio di un maestro di scuola e di una maga, fu chiamato Epicuro (che significa "soccorritore") in onore di Apollo (questo era uno degli epiteti del dio). Frequent la scuola di Pamfilo seguace del pensiero platonico, e successivamente quella del democriteo Nausifane a Teo, localit sulle coste dell'Asia Minore. All'et di 32 anni fond la sua scuola prima a Mitilene e a Lampsaco ed infine ad Atene nel 306. La scuola era dotata di un giardino dove i discepoli, tra i quali anche donne, come la famosa etera Leonzia e persino schiavi, seguivano le lezioni del maestro. Sebbene fosse assertore della non partecipazione alla vita sociale e politica sostenne il governo macedone.

Epicuro, copia romana dell'originale greco (conservata al Museo Nazionale Romano).

La filosofia della scuola del "giardino" era in polemica con le dottrine socratiche e platoniche, con l'aristotelismo ma anche con le scuole minori come i cinici, i megarici, i cirenaici e con lo stoicismo, l'altra grande scuola ellenistica, che stava iniziando a diffondersi proprio in quel periodo. Epicuro mor ad Atene di calcoli renali, all'et di 70 anni circa. Di Epicuro ci restano tre epistole dottrinali complete riportate da Diogene Laerzio, due raccolte di aforismi, e alcuni frammenti: La Lettera ad Erodoto in cui esprime il suo pensiero sulla fisica. La Lettera a Meneceo (Meneceo) che tratta di etica. La Lettera a Pitocle (Pitocle) sulla conoscenza. Le Massime capitali. Lo Gnomologio Vaticano epicureo. Sulla natura delle cose, opera perduta in 37 libri. Ne sono stati ritrovati frammenti nei papiri di Ercolano riportati alla luce negli scavi del 1750. Diogene Laerzio inoltre riferisce di altre lettere, riportandone frammenti: una, ad esempio, indirizzata a Leonzia, l'altra alla madre.

Epicuro

Il pensiero
La dottrina filosofica di Epicuro detta epicureismo. Epicuro riprende nella fisica la teoria atomistica di Democrito e Leucippo. Quest'ultimo, secondo le affermazioni di Epicuro riportate da Diogene Laerzio, non sarebbe mai esistito, ma viene clamorosamente smentito dai suoi stessi allievi in ambito campano. Nei Papiri Ercolanensi infatti (Vol. Herc. coll. alt. VIII 58-62 fr. 1), si parla di Leucippo e gli si attribuisce la Grande cosmologia negandola a Democrito, che se ne sarebbe presa arbitrariamente la paternit. La novit introdotta da Epicuro rispetto a Leucippo sta per nel fatto che egli non considera pi la forma degli atomi ma il loro peso. Questi atomi, infiniti di numero, eternamente si muovono in un vuoto a sua volta infinito. Epicuro inoltre introduce nella sua teoria il fenomeno della deviazione (parenklisis, declinazione, inclinazione)[1] casuale che interviene nella caduta in verticale (Lettera ad Erodoto, 43) degli atomi determinandone cos collisioni in base alle quali gli atomi si aggregano originando i corpi estesi. Mentre Democrito vedeva il moto degli atomi come vorticoso, per Epicuro esso si verifica per il peso degli atomi verticalmente, una sorta di pioggia di atomi sulla quale pu intervenire una deviazione che interrompe il fenomeno naturale che si stava formando dando luogo ad un altro diverso effetto. Nella causalit meccanica e deterministica della natura Epicuro salva cos l'elemento della casualit nella formazione degli eventi naturali. Nell'etica Epicuro riprende concettualmente l'edonismo dei Cirenaici, ma mentre per questi il piacere dinamico (ricerca del piacere) per Epicuro statico (eliminazione del dolore), assicurando cos la salute dell'anima. Un'anima che [63]: " una sostanza corporea composta di sottili particelle" cio di atomi molto mobili. Grazie a questa concezione egli libera l'uomo dalla paura della morte poich quando questa si verifica il corpo, e con esso l'anima, ha gi cessato di esistere e quindi cessa anche di provare sensazioni. Per questo motivo sarebbe stolto temere la morte come causa di sofferenza in quanto la morte privazione di sensazioni. Inoltre egli affronta anche la questione degli dei che, secondo Epicuro, non si occupano dell'uomo in quanto vivono negli intermundia, cio in spazi situati fra gli infiniti mondi reali, e del tutto separati da questi; essi perci non hanno esperienza dell'uomo. Affronta quindi la questione del male rispetto agli dei e procede per gradi: Gli dei non vogliono il male ma non possono evitarlo (gli dei risulterebbero buoni ma impotenti, non possibile). Gli dei possono evitare il male ma non vogliono (gli dei risulterebbero cattivi, non possibile). Busto di Epicuro (Pergamonmuseum, Berlino). Gli dei non possono e non vogliono evitare il male (gli dei sarebbero cattivi e impotenti, non possibile). Gli dei possono e vogliono; ma poich il male esiste allora gli dei esistono ma non si interessano dell'uomo. Questa la conclusione che Epicuro considera vera: gli di sono indifferenti alle vicende umane e si chiudono nella loro perfezione. Tali considerazioni di tipo fisico, cosmologico e teologico spingono Epicuro a considerare la felicit come coincidente con l'assenza di paure e timori che condizionano l'esistenza in modo negativo. Ritiene inoltre che il male derivi dai desideri che, se non appagati, generano insoddisfazione e quindi dolore. Questi possono essere artificiali e naturali (necessari e non necessari).

Epicuro inoltre doveroso aggiungere che il motivo per cui Epicuro afferma che gli di si disinteressino dell'uomo che essi, nella loro beatitudine e perfezione, non hanno bisogno di occuparsi degli uomini. Affermare che per gli dei sia necessario occuparsi di qualcosa, in questo caso degli uomini, significherebbe dare un limite al potere immenso degli dei, che, invece, non hanno bisogno di interessarsi della vita terrena.

Il tetrafarmaco o quadruplice rimedio


Epicuro ritiene che la filosofia debba diventare lo strumento, il mezzo, teorico e pratico, per raggiungere la felicit liberandosi da ogni passione irrequieta.

Se non fossimo turbati dal pensiero delle cose celesti e della morte e dal non conoscere i limiti dei dolori e dei desideri, non avremmo bisogno della scienza della natura
Propone quindi un "quadrifarmaco", capace di liberare l'uomo dalle sue quattro paure fondamentali:
Mali Paura degli dei e della vita dopo la morte Paura della morte Mancanza del piacere Dolore fisico Terapia Gli dei sono perfetti quindi, per non contaminare la loro natura divina, non si interessano delle faccende degli uomini mortali e non impartiscono loro premi o castighi.

Quando noi ci siamo ella non c', quando lei c' noi non ci siamo pi

[2]

Esso facilmente raggiungibile seguendo il calcolo epicureo dei bisogni da soddisfare

Se il male lieve, il dolore fisico sopportabile, e non mai tale da offuscare la gioia dell'animo; se acuto, passa presto; se acutissimo, conduce presto alla morte, la quale non che assoluta insensibilit. E i mali dell'anima? Essi sono prodotti dalle opinioni fallaci e dagli errori della mente, contro i quali c' la filosofia e la saggezza.

La fisica
Il pensiero scientifico di Epicuro presenta molti aspetti che ricordano il pensiero scientifico moderno, la cui nascita viene tradizionalmente fatta risalire a Galileo Galilei. Premettiamo che Epicuro fu uno scrittore molto prolifico, come ci viene testimoniato da Diogene Laerzio, ma ci rimane molto poco della sua produzione, per cui bisogna cercare di capire il pi possibile dal poco che ci rimane. Molte delle sue opere erano trattati di alto livello scientifico, volti ad affrontare in modo sistematico lo studio della natura: Diogene Laerzio riferisce della sua opera "Della Natura", in 37 libri, o "Degli Atomi e del vuoto", o ancora "Del Criterio", ritenuta essere un'opera di logica, e cos via. Vengono attribuiti ad Epicuro circa 300 libri. Quanto ci resta sono tre lettere e varie raccolte di frammenti, materiale fra l'altro, a carattere divulgativo, come dice lo stesso Epicuro: il che rende difficile la ricostruzione precisa della sua dottrina che pu comunque essere integrata tramite l'epistolario che ci stato tramandato.

Epicuro

Il metodo di ricerca
Come prima cosa nella Lettera ad Erodoto, Epicuro sottolinea come sia importante avere un modello di riferimento, una teoria, diremmo oggi, nella quale inquadrare i fenomeni studiati, e questo possibile solo se si "riduce il complesso della dottrina in elementi e definizioni semplici". Egli chiama questo metodo di ricerca, preliminare alla ricerca stessa, canonica, ovvero studio del canone. Il concetto di modello effettivamente ci che ha reso potente la scienza moderna, modello come qualcosa che si usa per spiegare la realt, ma che non la realt: cio un fenomeno pu essere spiegato da un modello, ma non il modello, anzi, un fenomeno pu anche essere spiegato con modelli diversi, la cosa importante che i diversi modelli siano in accordo con i dati sperimentali. Dice Epicuro nella Lettera a Pitocle: "non bisogna infatti ragionare sulla natura per enunciati privi di riscontro oggettivo e formulazione di principi teorici, ma in base a ci che l'esperienza sensibile richiede". Questa poi la base della scienza sperimentale.

Gnoseologia
Importante anche la teoria della sensazione che il filosofo tratteggia. Gli stimoli sensoriali dei corpi sono il prodotto di "simulacri" (pellicole atomiche che si distaccano continuamente dai corpi conservandone la configurazione) che toccano gli organi di senso del soggetto percipiente, in particolare la vista. Nella Lettera ad Erodoto il filosofo scrive: "La visione che in tal modo otteniamo, sia della forma, sia delle sue affezioni, per un atto di apprensione della mente o dei sensi, la forma stessa del corpo solido risultante dalla presenza compatta del simulacro o dai residui di esso" Nel processo conoscitivo l'uomo si avvale della prolessi un'anticipazione delle future conoscenze originata dalle particolari esperienze sensibili fatte in passato e di cui conserviamo il ricordo che applichiamo ai dati empirici in atto.

Epicuro ritratto da Raffaello ne La scuola di Atene (particolare).

Non potremmo ricercare ci che oggetto della nostra ricerca se prima non ne avessimo avuto conoscenza. [Grazie infatti [3] alla prolessi] si pensa ai caratteri di ci in base alle prece-denti sensazioni.
Epicuro avverte che la sensazione che ricaviamo con la prolessi di per s sempre vera (ad esempio un ramo che immerso nell'acqua appare spezzato) l'errore dipende dal giudizio successivo che noi le attribuiamo.

Cos non direi che la vista ci inganna quando da una grande distanza vede una torre piccola e rotonda, da vicino grande e
quadrata, ma che verace, sia quando loggetto appariva piccolo e di quella particolare forma, poich veramente era tale essendosi consunti i contorni dei simulacri durante il movimento attraverso laria, sia quando invece grande e di forma diversa, poich anche allora aveva tali caratteri; poich loggetto non era lo stesso in ambedue i casi. Questo infatti lasciato [4] alla falsa opinione, pensare che la cosa che causava rappresentazioni fosse la stessa, sia vista da vicino che da lontano.

Epicuro

Il piacere
Non si mai troppo vecchi o troppo giovani per essere
felici. [5] Uomo o donna, ricco o povero, ognuno pu essere felice.

Epicuro ritiene che il sommo bene sia il piacere (edon). necessario comprendere a fondo questo termine; Epicuro distingue due fondamentali tipologie di piacere: Il piacere catastematico (statico). Il piacere cinetico (dinamico). Per piacere cinetico si intende il piacere transeunte, che dura per un istante e lascia poi l'uomo pi insoddisfatto di prima. Sono piaceri cinetici quelli legati al corpo, alla soddisfazione dei sensi. Il piacere catastematico invece durevole, e consta della capacit di sapersi accontentare della propria vita, di godersi ogni momento come se fosse l'ultimo, senza preoccupazioni per l'avvenire. La condotta, quindi, deve essere improntata verso una grande moderazione: meno si possiede, meno si teme di perdere.

Busto di Epicuro (Museo Barracco, Roma).

Dei desideri alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri n naturali n necessari, ma nati solo da [6] vana opinione.
Epicuro elabora una specie di catalogazione dei bisogni che se soddisfatti procurano eudemonia (letteralmente "star insieme a un buon demone", "serenit"): Bisogni naturali e necessari, come ad esempio bere acqua per dissetarsi: questi soddisfano interamente poich essendo limitati possono essere completamente colmati. Bisogni naturali ma non necessari: come ad esempio per dissetarsi bere vino, certo non avr pi sete ma desiderer bere vini sempre pi raffinati e quindi il bisogno rimarr in parte insoddisfatto. Bisogni n naturali n necessari, come ad esempio il desiderio di gloria e di ricchezze: questi non sono naturali, non hanno limite e quindi non potranno mai essere soddisfatti. Da qui nacque l'accusa dei padri della Chiesa cristiani che Epicuro suggerisse uno stile di vita rozzo e materiale indegno dell'uomo. In realt Epicuro non indica quali debbano essere i bisogni naturali e necessari da soddisfare poich demandato alla ragione dell'uomo stabilire quali per lui siano i bisogni essenziali, naturali da soddisfare. Per Cesare, ad esempio, pu essere ininfluente il bisogno di mangiare e bere mentre per lui veramente naturale e necessario soddisfare il suo ineliminabile desiderio di gloria.[7] Epicuro paragona la vita ad un banchetto, dal quale si pu essere scacciati all'improvviso. Il convitato saggio non si abbuffa, non attende le portate pi raffinate, ma sa accontentarsi di quello che ha avuto ed pronto ad andarsene appena sar il momento, senza alcun rimorso. Il piacere catastematico profondamente legato ai concetti di atarassia

Epicuro e aponia. Importante quindi l'amicizia, intesa come reciproca solidariet tra coloro che cercano insieme la serena felicit. Per quanto riguarda la societ egli riconosce l'utilit delle leggi, che vanno rispettate poich calpestandole non si pu avere la certezza dell'impunit quindi rimarrebbe il timore di un castigo che turberebbe la serenit per sempre. L'uomo dovr quindi essere contento del vivere nascondendosi serenamente ( la concezione epicurea del "vivere nascostamente" o "vivi nascosto", in greco ) Il disimpegno degli epicurei, che teorizzano una vita serena e ritirata, congiunto ad una interpretazione superficiale del concetto epicureo di "piacere", ha portato nei secoli ad una visione distorta dell'epicureismo, spesso associato all'edonismo con cui nulla ha a che fare. La filosofia epicurea si distingue al contrario per una notevole carica illuministica e morale, insegna a rifiutare ogni superstizione o pregiudizio in una serena accettazione dei propri limiti e delle proprie potenzialit. L'etica epicurea quindi, come l'utilitarismo, stata anche definita consequenzialista poich identificherebbe il bene a seconda degli effetti dei propri comportamenti. Questa interpretazione stata contestata poich si fonderebbe su una singola frase della Lettera a Meneceo non ripresa negli altri testi epicurei. [8]

Opere
Epicuro, Opere, a cura di G. Arrighetti, Torino, Einaudi 1973. H. Usener, Glossarium Epicureum, a cura di M. Gigante e W. Schmid, Roma 1977. Opere di Epicuro, a cura di M. Isnardi Parente, UTET, Torino, 1974.

Note
[1] Il termine clinamen, l'equivalente latino della parola greca, compare con un significato pi chiaro, nel II libro (verso 292) del De Rerum Natura di Lucrezio che scrive: "... id facit exiguum clinamen principiorum." precisando col termine inclinazione quanto gi affermato ai versi 243-262. [2] -Il male, dunque, che pi ci spaventa, la morte, non nulla per noi, perch quando ci siamo noi non c' lei, e quando c' lei non ci siamo pi noi. (Lettera a Meneceo) [3] Diogene Laerzio 10.33 [4] Sesto Empirico (adv. mathem., VII 204-209 = 247 Usener) in Francesca Guadalupe Masi, Epicuro e la filosofia della mente. Il XXV libro dellopera "Sulla Natura" , Academia Verlag, 2006 [5] Lettera a Meneceo in Elena Maggio, Il senso della vita. La filosofia classica ed ellenistica, Armando Editore, 2003 p.59 [6] Lettera a Meneceo, 127 [7] Julia Annas, La morale della felicit in Aristotele e nei filosofi dell'et ellenistica, Vita e Pensiero, 1998 p.265 e sgg [8] Julia Annas, La morale della felicit in Aristotele e nei filosofi dell'et ellenistica, Vita e Pensiero, 1998 p.459 e sgg.

Bibliografia
Vittorio Enzo Alfieri, Gli atomisti, Laterza, Bari 1936. Vittorio Enzo Alfieri, Atomos idea, Le Monnier, Firenze 1953. C. Bailey, The Greek Atomists and Epicurus, Oxford 1928. Ettore Bignone, L'Aristotele perduto e la formazione filosofica di Epicuro, 2 voll., La Nuova Italia, Firenze 1936. Diego Fusaro, La farmacia di Epicuro. La filosofia come terapia dell'anima, Il Prato, Padova 2006 (prefazione di Giovanni Reale). Howard Jones, La tradizione Epicurea. Atomismo e materialismo dall'Antichit all'Et Moderna, ECIG, Genova 1999. Michel Onfray, Le saggezze antiche. Controstoria della filosofia I, Fazi 2007 Domenico Pesce, Introduzione a Epicuro, Laterza, Torino-Bari 1981. Domenico Pesce, Saggio su Epicuro, Laterza, Bari 1974. E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei greci, vol. I, La Nuova Italia, Firenze 1969.

Epicuro Jean Fallot, Il piacere e la morte nella filosofia di Epicuro, Einaudi 1977.

Voci correlate
Lettera ad Erodoto Lettera a Meneceo Della Morale Epicurea, lezione di Mario Rapisardi

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Collegamenti esterni
Lettera di Epicuro a Pitocle (http://www.filosofico.net/epicpitoclelett.htm) La filosofia di Epicuro (http://digilander.libero.it/EPICURO_AtTeor)

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