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Spero quindi che questo breve ebook servirà a illuminare le aree oscure
del significato del termine “comunicazione”, indicando allo stesso tempo
le implicazioni strategiche ed operative per realizzarla e gestirla
nel miglior modo possibile.
La definizione che meglio delle altre descrive il significato del termine “comunicazione” è quella
che la definisce un
processo di scambio di informazioni
e di influenzamento reciproco che avviene in un determinato contesto tra
due o più individui.
Questo vuol dire che ogni processo comunicativo avviene in due direzioni tanto che
non si può parlare di comunicazione là dove il flusso di segni e di informazioni sia unidirezionale.
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Quando due o più esseri umani entrano in contatto tra loro può succedere che cooperino,
cioè "costruiscano insieme" una realtà e una verità condivisa
oppure che uno si limiti a trasferire agli altri una serie informazioni, senza che questi ultimi
abbiano la possibilità di replicare, come ad esempio accade con la televisione, e dire che proprio
la TV è definita “mezzo di comunicazione di massa”.
Per procedere nellʼopera di sgombrare il campo vediamo quindi quali sono gli elementi
indispensabili affinché possiamo parlare di comunicazione.
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Gli elementi della comunicazione
Per poter definire una circostanza come “atto comunicativo” serve
che ci siano:
Gli individui
cioè almeno due persone in grado e in condizione di interagire tra loro
in modo diretto o mediato.
Le informazioni
ovvero la materia che intercorre tra gli individui.
Per informazione possiamo intendere qualsiasi contenuto,
non necessariamente espresso in forma verbale.
Il contesto
cioè lʼambiente in cui avviene la comunicazione.
Di sicuro la influenza e la indirizza, a volte la favorisce altre la ostacola.
Lo scambio
La parola stessa “scambio” contiene il concetto di bidirezionalità:
le informazioni, nella comunicazione, viaggiano da uno allʼaltro degli individui
coinvolti creando una serie di scambi che strutturano la relazione.
Lo scambio è anche causa ed effetto del reciproco influenzamento,
nel senso che ciascuno dei due individui potrà modificarsi, o modificare
il proprio comportamento, a seguito degli scambi con lʼinterlocutore.
Questʼultimo elemento ci porta dritti verso una domanda:
perché la gente comunica?
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Perché si comunica
Consapevolmente o no, comunichiamo sempre per raggiungere
un obiettivo.
Eʼ ovvio che la natura e la qualità degli obiettivi è soggettiva e mutevole al punto da poter
cambiare nel corso dello scambio. Se, ad esempio, allʼinizio dello scambio avevo in mente
di convincere lʼaltro a fare qualcosa, può darsi che nel corso di esso io mi renda conto che è più
importante avere prima altre informazioni e, per questo, cambio direzione e perseguo il mio
nuovo obiettivo.
Aver chiaro qual è lʼobiettivo ha una funzione precisa che è quella di darci
è il parametro sul quale misuriamo se il nostro scambio comunicativo
ha avuto successo.
Se ho raggiunto lʼobiettivo la comunicazione ha funzionato.
Se no… sappiamo fin troppo bene che non abbiamo ottenuto quello che volevamo.
Emittente:
è colui che avvia la comunicazione emettendo un segnale.
Messaggio:
è il contenuto della comunicazione, il segnale che viene inviato.
Il messaggio è costituito da un codice: parola parlata o scritta, immagine.
Mezzo:
è lo strumento attraverso cui lʼemittente invia il segnale.
Contesto:
l'ambiente significativo all'interno del quale si colloca l'atto comunicativo.
Ricevente:
è il destinatario del messaggio, colui a cui è destinato.
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Il concetto di feedback è fondamentale nei processi comunicativi
Feedback:
è il segnale di ritorno che il ricevente manda allʼemittente
dopo aver ricevuto il messaggio.
- se, al contrario, il feedback non è coerente con il messaggio inviato vuol dire
che durante il processo cʼè stata una distorsione.
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2. Non è detto che i singoli messaggi, verbali e non verbali, emessi
in un dato momento (vedi oltre), siano sempre coerenti tra loro.
Troppo spesso diamo per scontato che le nostre parole o i nostri gesti
vengano intepretati dallʼaltro nello stesso modo in cui lo facciamo noi.
Nella realtà questo non accade quasi mai: ciascuno di noi attribuisce
a parole e gesti significati che, nel migliore dei casi, sono simili,
ma mai identici.
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Il significato delle parole
“Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite:
proprio per questo, diceva un filosofo,
gli dei ci hanno dato una lingua e due orecchie.
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Il segno parola
Ferdinand de Saussure (1857-1913), linguista svizzero, è considerato il fondatore
della linguistica moderna, in particolare di quella conosciuta con il nome di strutturalismo.
Ha elaborato il concetto di “segno linguistico”, che ha definito come ciò che risulta
dalla combinazione del significante (la parte del segno che si percepisce coi sensi)
e del significato (il concetto che viene richiamato).
In base a questa definizione, tuttʼora alla base della linguistica moderna, qualsiasi segno
esiste solo grazie alla relazione tra significante e significato, cioè la forma (significante),
fonica o grafica, e il determinato concetto (significato) che viene richiamato.
Per ovviare a questa molteplicità arbitraria di significati ogni popolo ha creato, in modo più
o meno articolato, un sistema per poter favorire lʼinterazione tra gli individui: la lingua.
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Il codice lingua
Ogni lingua crea i propri segni convenzionali e i propri modi di mettere
insieme le parole tra loro.
Questo significa che il significato può variare in base a fattori sociali
o soggettivi.
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Lingua e linguaggio
Lingua e linguaggio vengono spesso confusi. Il termine linguaggio indica un sistema
di simboli auditivi o visivi attraverso cui gli uomini comunicano fra di loro.
Il termine "linguaggio" viene applicato anche alle forme di comunicazione create artificialmente,
così come ad ambiti specialistici in cui le parole assumono particolari significati, noti a coloro
che sono parte di quellʼambito (gergo).
Le parole che scegliamo per nominare le cose dipendono da come noi le percepiamo e le usiamo
per denotare (indicare) e connotare (definire in termini qualitativi).
La nostra percezione e la conseguente descrizione che facciamo del mondo deriva dalla nostra
mappa cognitiva, cioè dallʼinsieme delle esperienze che abbiamo vissuto e accumulato e che
ci portano, anche inconsapevolmente, a dare a ciò che ci circonda un determinato significato
e un determinato valore.
Questo spiega come mai, ad esempio, allo stesso fatto vengano dati significati diversi o come
mai, di fronte allo stesso fatto, persone diverse ne forniscano descrizioni diverse.
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Il modo soggettivo con cui percepiamo le cose, e le raccontiamo, è stato
definito da Umberto Eco Cooperazione interpretativa.
La differenza tra ciò che è partito e ciò che arriva aumenta in proporzione
al numero di passaggi che il messaggio ha fatto: tanti più sono
i passaggi più distorsioni avvengono.
Sintassi: riguarda il modo di costruire le frasi (periodi complessi o semplici, frasi corte o lunghe)
Calligrafia: è lʼequivalente del linguaggio del corpo trasposto nella comunicazione scritta. Una
buona calligrafia favorisce la comprensione, una brutta calligrafia mette il lettore in difficoltà.
Comunicazione para-verbale
Volume e tono di voce: sono importantissime per aggiungere significato a quanto stiamo dicendo
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Modelli di comunicazione
interpersonale
Paul Watzlawick (1921-2007) è stato uno psicologo austriaco, primo
esponente della statunitense Scuola di Palo Alto.
Lui e i suoi colleghi hanno introdotto un concetto di fondamentale importanza
nello studio della comunicazione umana:
Perfino in una situazione anonima come in un vagone della metropolitana noi emettiamo
per i nostri vicini continuamente segnali non verbali (che significano pressappoco "anche
se sono a pochi centimetri da te, non ti minaccio e non intendo immischiarmi nella tua sfera
intima"), e i nostri compagni di viaggio accolgono il messaggio, lo confermano e lo rinforzano
("bene; lo stesso vale per me nei tuoi confronti").
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Da qui lʼelaborazione di quelli che oggi sono conosciuti come
gli assiomi della comunicazione:
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Le barriere che ostacolano la comunicazione
Abbiamo già parlato delle numerose interferenze, o barriere, che possono
rendere difficile, o addirittura ostacolare, il processo di comunicazione.
Eʼ importante sorvegliarli, tenerli dʼocchio, valutarne lʼimpatto: molte volte
questo solo fatto aiuta a non scatenare conflitti inutili e a gestire al meglio
il processo.
Distrazione (disturbo):
il contesto in cui avviene la comunicazione o il mezzo scelto sono disturbati.
Incompatibilità di schemi:
ci possono essere fraintendimenti o resistenze dovute a differenze di schemi
culturali.
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Fattori che condizionano la comunicazione
Contenuto dellʼinformazione:
può succedere che i contenuti siano ritenuti inaccettabili o dolorosi,
per cui istintivamente si attivano meccanismi di difesa.
Condizioni psicologiche:
può accadere che uno o entrambi i soggetti coinvolti nella comunicazione
si trovino in stati dʼanimo eccezionali che influenzano sia la loro percezione
del messaggio sia le modalità di reazione ad esso.
Fattori sociali:
molti scambi comunicativi sono determinati da convenzioni sociali condivise.
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Tutto ciò che fin qui abbiamo detto a proposito della comunicazione
tra individui può essere applicato anche quando nel processo comunicativo
sono coinvolti un soggetto collettivo (lʼimpresa) e soggetti individuali
(i pubblici di riferimento).
La comunicazione dʼimpresa
Quando i concetti fin qui esposti si applicano alla comunicazione di impresa occorre fare una serie
di considerazioni preliminari.
Questa certa idea, obiettivo della comunicazione dʼimpresa, è stata definita “immagine”.
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Il concetto di immagine
Scorrendo i dizionari della lingua italiana, si nota che al termine immagine vengono attribuiti
diversi significati.
Di essi alcuni hanno direttamente a che vedere con gli obiettivi delle attività di comunicazione
aziendale:
2. rappresentazione mentale di cose o persone prodotta dalla fantasia o suscitata dal ricordo.
Tutti questi significati contengono sfumature che ci sono utili a definire in che modo viene intesa
la comunicazione quando a farla sono le imprese.
Tuttavia lʼimmagine che si vuole creare non può prescindere da un elemento fondante:
lʼidentità dellʼimpresa che comunica.
Quindi è necessario ragionare anche sul significato del termine identità.
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Il concetto di identità
1. uguaglianza assoluta, corrispondenza perfetta.
2. lʼinsieme dei caratteri peculiari che contraddistinguono un individuo, un gruppo di individui e simili.
3. il complesso delle generalità, lʼinsieme delle caratteristiche fisiche e dei dati anagrafici
che consentono il riconoscimento di una persona.
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Come si è detto non è possibile non comunicare e che ogni comportamento
trasmette un messaggio.
Azioni e comportamenti sono ciò di cui gli interlocutori delle imprese fanno direttamente
lʼesperienza, e che possono confermare o meno lʼimmagine e lʼidentità comunicata.
Come per gli individui “lʼabito non fa il monaco” così per le imprese
“lʼimmagine non fa lʼidentità”.
Da qualche anno, quindi, nella comunicazione dʼimpresa è stato introdotto un altro fattore,
molto più difficile da perseguire, tuttavia attualmente fondante: la reputazione.
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Il concetto di reputazione
1. stima, considerazione in cui si è tenuti da altri.
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Perseguire una buona reputazione è lʼultimo passaggio dellʼevoluzione del modo di intendere
la comunicazione dʼimpresa.
Eʼ unʼevoluzione del precedente. Lʼimmagine non è più quella di un prodotto, ma viene costruiita
intorno alla marca, o “brand”.
Lʼimmagine di marca è quindi lʼinsieme organizzato e coerente di specifiche valenze associate
ad una offerta aziendale da parte di segmenti di clientela che lo ritengono distintivo per scegliere
tra soluzioni alternative.
Ragionare in questi termini significa pensare che la buona immagine serve indirettamente
ad incrementare le vendite dei prodotti, e viene misurata, appunto, attraverso gli andamenti
commerciali.
Il limite decisivo di entrambi questi modelli è quello di tenere distinti e separati lʼattore (lʼimpresa)
e le azioni che compie. Lʼunico legame tra lʼuno e lʼaltro è rappresentato dai prodotti che in realtà
non sono che una parte dei comportamenti aziendali, e spesso neanche i più rilevanti.
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Il modello dellʼidentità complessiva: “Lʼazienda come individuo” (Bernstein)
La concezione di unʼazienda come un individuo comporta che la strategia di comunicazione
coinvolga il complesso delle funzioni dellʼorganizzazione e impegni la direzione strategica.
Identità: immagine come riflesso esterno dellʼidentità globale percepibile in tutto ciò
che lʼazienda fa e nella cultura che ne orienta le azioni.
Bernstein, il primo a formulare questo modello nel 1985, ha anticipato di ventʼanni quella che oggi
è diventata unʼevidenza.
Lʼavvento di Internet e la sua massiccia diffusione hanno ulteriormente velocizzato un processo
che ormai è inarrestabile: la modifica della qualità delle relazioni tra le aziende i loro referenti,
a cominciare dai clienti.
Le potenzialità di Internet hanno messo in luce in modo spietato le contraddizioni tra il “dire”
e il “fare” delle imprese, segnalandole e rendendole pubbliche in tempi brevissimi.
Questa nuova presa di coscienza da parte dei consumatori e le loro rivendicazioni di dialogo
autentico hanno preso forma per la prima volta in un documento, il Manifesto di Cluetrain,
che è stato pubblicato negli USA nel 2001 e da allora ha fatto il giro del mondo innescando
un cambiamento a cui nessuno può più sottrarsi.
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La rivoluzione di Cluetrain
Questi concetti sono stati formalizzati e diffusi a livello mondiale nel 2001 dal documento
Cluetrain Manifesto, che ha sollevato la questione della distanza tra aziende e mercato
segnalando la necessità, per le aziende, di occuparsi della propria reputazione piuttosto
che della loro immagine.
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Non ci sono segreti. Il mercato online conosce i prodotti meglio delle aziende
stesse. E diffonde a tutti la propria opinione, buona o cattiva che sia.
Le aziende devono rendersi conto che i loro mercati ridono spesso. Di loro.
Avere senso dellʼumorismo non significa mettere qualche barzelletta sul sito Web aziendale.
Significa avere valori, umiltà, schiettezza e onestà.
Le aziende che cercano di “posizionarsi strategicamente” devono prendere posizione.
Possibilmente su qualcosa che interessi davvero al loro mercato.
Per parlare con voce umana, le aziende devono condividere gli interessi della loro comunità.
Ma prima devono appartenere ad una comunità.
Le comunità umane sono basate sulla comunicazione, discorsi umani su problemi umani.
La comunità basata sulla comunicazione è il mercato.
Le aziende che non appartengono a una comunità basata sulla comunicazione sono destinate
a morire.
Questo nuovo mercato ci piace molto di più. Anzi, lo stiamo creando noi.
Lʼera del web 1.0, dei siti vetrina e della comunicazione unilaterale, sta rapidamente cedendo
il passo alla generazione 2.0, che indica tutte le applicazioni online utili a favorire un alto
livello di interazione sito-utente (blog, forum, chat, Wikipedia, Youtube, Facebook,
Myspace, Gmail, ecc.).
Nellʼepoca del web 2.0 le variabili cruciali sono la qualità dei contenuti, la tempestività,
lʼinterattività. Tutto si svolge in “tempo reale”, gli aggiornamenti si susseguono, gli scambi anche,
dando vita ad una gigantesca conversazione digitale.
I blog professionali, in particolare, stanno conoscendo una significativa crescita, dovuta anche al
fatto che i blog vengono indicizzati in tempi abbastanza rapidi purchè aggiornati costantemente.
Il fenomeno dei blog sta portando, inoltre, alla creazione spontanea di gruppi che si aggregano
intorno ai blogger in base agli argometi trattati ed al livello dei contenuti e che possono interagire
con il blogger stesso commentando i suoi post.
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Dai sistemi per content management ai wiki
La tecnologia Wiki (di cui Wikipedia è la più conosciuta) implementa tutti i paradigmi del content
management, cioè della gestione dei contenuti.
I feed, ad esempio, sono liste di elementi con un titolo (es. notizie di un giornale, thread di un
newsgroup), che permettono il successivo collegamento ai contenuti informativi e consentono
di essere informati ogni volta che questi vengono aggiornati.
I Social Network
Social media è un termine generico che indica tecnologie e pratiche online che gli utenti adottano
per condividere contenuti testuali, immagini, video e audio.
Sulla recente vittoria di Barak Obama nella corsa per la presidenza degli Stati Uniti è stata da più
parti indicata lʼinfluenza determinante di Internet e dei social media sia nel found raising sia nel
costruire e mantenere un reale dialogo con i cittadini.
Il Social Network (Facebook, Twitter, Myspace) è un sistema di relazioni tra individui o enti
o gruppi legati tra loro da rapporti sociali di qualsiasi genere.
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Nelle reti sociali (social network), i nodi sono individui o gruppi di persone legate da vincoli
di carattere sociale.
I legami presenti all'interno di un social network possono essere monodirezionali
o bidirezionali ma anche e soprattutto multidirezionali.
In un social network la comunità nasce da un piccolo numero di membri che invitano i loro amici
ad unirsi alle proprie reti personali.
Alcuni tra gli amici invitati aderiranno al social network in questione ed invieranno a loro volta
dei nuovi inviti ai propri amici. Il ciclo si ripeterà molte volte e su più livelli facendo crescere
la rete sociale in modo esponenziale.
Di solito i social network consentono anche di scambiare messaggi tra gli amici, pubblicare
contenuti foto o video, aprire gruppi.
Queste nuove possibilità, insieme ai social network, offerte dal Web 2.0 sono
diretta espressione delle tesi di Cluetrain.
Data la novità del fenomeno, le aziende non hanno ancora trovato la giusta misura per inserirsi
in un contesto che “pretende” lʼinterattività a costo di bypassare le “vetrine”.
Indagini recenti hanno dimostrato che il pubblico non si fida più dei messaggi pubblicitari, mentre
ritiene di gran lunga più autorevoli i forum di utilizzatori o, comunque, lʼopinione di chi si trova
“dalla stessa parte della barricata”.
Ciò che comunque emerge in modo evidente ed ineludibile è che sul web si sta passando
dallʼenfasi sul “design” allʼattenzione al “contenuto”, dalla “vetrina” alla “relazione”.
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Bibliografia minimale
David Bernstein – Company image – 1° ed. 1985 – 2° ed. 2005 – Guerini e Associati
Paul Watzlawick - Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi (1971)
Roma, Astrolabio
Annamaria Testa – Le vie del senso - 2004 Carocci Editore
Eric Berne - A che gioco giochiamo? - 2000 – Bompiani
Thomas Harris – Io sono OK tu sei OK - 2001 – Rizzoli BUR
The Cluetrain Manifesto http://www.cluetrain.com/book/
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Anna Maria Carbone
Giornalista. Consulente e formatrice nelle aree della comunicazione
strategica d'impresa, comunicazione interpersonale, dinamica
delle relazioni, scrittura professionale, scrittura per i media,
business planning.
Grazie
per lʼattenzione. in
collaborazione
con
Stefano Principato
Consulente e formatore nelle strategie di marketing
e la comunicazione dʼimpresa.
http://valoriprimilab.blogspot.com
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