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uaderni di

Brnice

RIVISTA QUADRIMESTRALE DI STUDI COMPARATI E RICERCHE SULLE AVANGUARDIE

Diretta da Gabriel-Aldo Bertozzi

GUY DEBORD
Dal Superamento dellarte alla Realizzazione della filosofia
a cura di Antonio Gasbarrini

Atti del Seminario di Studi Filmografia - Postcatalogo Rassegna dArte Contemporanea

Angelus Novus Edizioni - Massari Editore Illustrazione di copertina: Guy Debord, Directive n. 4, scritta bianca su un metro di pittura industriale di Pinot-Gallizio, 17-6-1963.

Finito di stampare nel mese di luglio 2008 presso Editoriale Eco srl - S. Gabriele (TE) Tel. 0861.975924 - E-mail: tipografia@ecosangabriele.com

INDICE

PRESENTAZIONE Anna Maria Ximenes Guy Debord e Le stagioni della cultura a LAquila . pag. Antonio Gasbarrini LOmaggio a Guy Debord Situazionista: resoconto duna scelta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

ATTI DEL SEMINARIO DI STUDIO Pino Bertelli Della filosofia eversiva di Guy Debord e la rivolta della gioia dellInternazionale Situazionista . . . . . . . Il dio fucilato e la tecnocrazia del lutto . . . . . . . . . . . Dal Superamento dellarte alla Realizzazione della filosofia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Da La societ dello spettacolo ai Commentari . . . .

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Fabio Mastropietro Antonio Gasbarrini

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Roberto Massari

Matteo DAmbrosio Note sulla percezione critica dei rapporti tra Debord e Baudrillard . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Antonio Del Guercio Debord and Company . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Piercesare Stagni Antonio Picariello Sulla filmografia davanguardia di Guy Debord . . . . Situazionismo: il tempio del sole non c pi . . . . . . .

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RASSEGNA DARTE CONTEMPORANEA Antonio Gasbarrini Antonio Picariello

Guy Debord . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Gli artisti e le opere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Omaggio a GUY DEBORD Situazionista


Atti del Seminario di Studi Filmografia - Postcatalogo Rassegna dArte Contemporanea

a cura di Antonio Gasbarrini LAquila, 21 giugno - 14 luglio 2008, Palazzetto dei Nobili e Spazio culturale Angelus Novus Atti del Seminario di Studi Pino Bertelli / Matteo DAmbrosio / Antonio Del Guercio / Antonio Gasbarrini / Fabio Luigi Mastropietro / Roberto Massari / Antonio Picariello / Piercesare Stagni Filmografia di Guy Debord Hurlements en faveur de Sade (1952) - Sur le passage de quelques personnes travers une assez courte unit de temps (1959) - Critique de la Sparation (1961) La Socit du Spectacle (1973) - Rfutations de tous les jugements, tant logieux quhostiles, qui ont t jusquici ports sur le film La Socit du Spectacle (1975) - Guy Debord, son art et son temps (1994) Rassegna darte contemporanea intergenerazionale di artisti abruzzesi e molisani liberamente ispirata al Maggio 68 Limmaginazione al potere / Il potere dellimmaginazione (a cura di Antonio Gasbarrini e Antonio Picariello) Sandro Arduini / Nino Barone / Vincenzo Bonanni / Marco Cardone / Mandra Cerrrone Angelo Colangelo / Domenico Colantoni / Lea Contestabile / Mario Costantini / Giancarlo Costanzo / Franco Fiorillo / Carlo Giancarli / Antonio Giordano / Gabriella Giansante / Nicola Macolino / Filippo Maniscalco / Vincenzo Mascia / Luigi Mastrangelo / Sandro Melarangelo / Augusto Pelliccione / Luciana Picchiello / Pil / Valentino Robbio / Ernesto Saquella / Anna Seccia / Mario Serra / Antonio Tramontano Igor Verrilli / Zibb

Ideazione e organizzazione: Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus - LAquila Patrocinio: Comune dellAquila Assessorato alle Politiche Culturali Impaginazione: Florideo DIgnazio

GUY DEBORD E LE STAGIONI DELLA CULTURA A LAQUILA


di ANNA MARIA XIMENES

LOmaggio a Guy Debord, uno dei fiori allocchiello e senzaltro uno degli eventi di maggior richiamo della programmazione estiva nellambito del cartellone Le stagioni della cultura, merita il plauso e la riconoscenza al suo organizzatore, il critico Antonio Gasbarrini. La cinematografia e la stessa filosofia di Debord, che ispirarono, quarantanni fa, la stagione indimenticabile del Sessantotto, vanno oltre le storicizzazioni e le convenzioni di facciata, sfuggendo a qualsiasi definizione compiuta. La dirompente attualit del messaggio e della cifra stilistica del Debord cineasta risiede essenzialmente nella negazione della cinematografia tradizionale e, allo stesso tempo, nella sublimazione del cinema in quanto arte. Per tutta la sua vita e lungo tutto il suo percorso creativo Debord stato sempre, allo stesso tempo, Con e contro il cinema e si mosso nel solco di una verit intima, sussurrata, riservata a pochi, eppure universale nella sua dirompenza. Lambizione radicale di rinnovare la societ, annientando ogni esperienza precedente, finisce inevitabilmente per affascinare e insieme disorientare lo spettatore, frammentando allinfinito la gi difficile e complessa condizione esistenziale delluomo moderno. Basti pensare al primo film di questo geniale regista: Hurlements en faveur de Sade, una pellicola che quando usc, nel 1952, lasci letteralmente sbigottiti gli spettatori. Si trattava di un film privo di immagini, con lo schermo bianco e dialoghi fuori campo, che fin per indignare il pubblico, tanto che la proiezione fu sospesa dopo appena venti minuti. Tutta la cinematografia di Debord si muove lungo questa linea, nel segno di una malinconia poetica che insieme ansia di riscatto e urgenza di cambiamento, nella vita quotidiana come nellarte, che ne rappresenta lo specchio e la sublimazione. Ci che questo cinema difficile, complesso e profondo fornisce essenzialmente allo spettatore , in definitiva, uno stimolo, quasi una sfida. La stessa sfida che fu raccolta, in modi diversi e destinati ad evolversi, dalla

generazione che fu protagonista del Sessantotto e da tutto quanto, nel bene e nel male, nacque da quella rivoluzione, breve nella durata ed epocale nelle conseguenze. Guy Debord morto suicida nel 1994. Dopo la sua scomparsa, per molti anni e a causa di una serie di complesse circostanze, che toccano il suo carattere e alcuni fatti della cronaca francese recente, le sue pellicole restarono a lungo quasi introvabili o furono addirittura ritirate per volont dellautore dalla circolazione. La retrospettiva dedicatagli a Venezia nel 2001, a cura di Roberto Turigliatto ed Enrico Ghezzi, ha contribuito sensibilmente, in anni recenti, a riscoprirne la figura e il messaggio artistico. La retrospettiva proposta dallAssociazione culturale Angelus Novus con la proiezione in lingua originale di tutti i suoi film, a quarantanni dal Maggio del Sessantotto, rappresenta un ulteriore Omaggio, colto e raffinato, comera nel suo stile, a un grande maestro del cinema contemporaneo. Inoltre, con il Seminario di Studi Attualit ed inattualit del pensiero di Guy Debord svoltosi simbolicamente a LAquila nel giorno del solstizio destate, la Rassegna intergenerazionale darte contemporanea di artisti abruzzesi e molisani Limmaginazione al potere / Il potere dellimmaginazione allestita nello spazio culturale di Angelus Novus e la prevista presentazione di questo Quaderno il prossimo 14 luglio (unaltra data simbolica legata alla Rivoluzione francese del 1789, ma anche allaltissimo pensiero teoretico di Guy Debord), il cerchio magico stretto attorno alla figura e allopera di Debord si stringe e nel contempo si apre ad inedite, illuminanti riflessioni.

LAssessore alle Politiche Culturali Anna Maria Ximenes

LOMAGGIO A GUY DEBORD SITUAZIONISTA: RESOCONTO DI UNA SCELTA


di ANTONIO GASBARRINI

Entre la rue du Four et la rue de Buci, o notre jeunesse sest si compltement perdue, en buvant quelques verres, on puovait sentir avec certitude que nous ne ferions rien de mieux. Guy Debord, Pangyrique I, 1989

Il Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus (da me cofondato e diretto), iniziava la sua attivit espositiva ed editoriale nel gennaio del 1988 con lallestimento di una serie di mostre personali e la contestuale lettura, in lingua madre, di poesie (tra le altre) di Paul Celan, Iosif Brodskij, ma anche di Dario Bellezza intervenuto personalmente nella serata a lui dedicata. Lintensa ricerca ricognitiva ed esplorativa in ambito avanguardistico di Angelus Novus, nel dicembre del 2007 si concretizzava nellospitalit accordata alla XII edizione di Poetronics (Poesia & musica elettronica). Di l a pochi giorni, lAngelus Novus avrebbe compiuto il ventesimo anno della sua ininterrotta, curiosa apertura (linguistica, estetica e intramediale): come festeggiare levento? Nellincipiente marzolina primavera del 2008 ero a Parigi per presentare, al Salon du livre, lultimo numero della rivista Brnice (il quadrimestrale di studi e ricerche comparate sulle avanguardie, fondato e diretto dal 1980 da Gabriele-Aldo Bertozzi, da oltre un decennio uscito per i tipi di Angelus Novus Edizioni, direttore responsabile Antonio Gasbarrini), dedicato allInchiesta internazionale sul romanzo. Insieme alla rivista, erano portati allattenzione dei presenti al Salon, due romanzi freschi di stampa, Abraham. Le messager dHarn di Ren Guitton (Flammarion) e Retour Zanzibar di Gabriel-Aldo Bertozzi (Rocher). In quegli stessi giorni era incominciata la mia libera e libertaria drive nelle librerie, biblioteche e musei parigini, a caccia degli scritti e della filmografia di Debord. Lilluminazione mera venuta proprio alla rue du Four a Saint Germain, peraltro a poche decine di metri dal Caf de Flore, dove nel 2005 erano stati festeggiati i 25 anni dellInismo con la presentazione del monumentale numero monografico di Brnice dedicato al Movimento, insieme a due libri

usciti per loccasione: il mio, titolato Lavanguardia inista. Occasioni di critica, e laltro, Inisme. tre lavant-gard aujourdhui di Franois Proa (LHarmattan di Torino e Parigi). Tra le opere del pensatore parigino riuscivo a mettere le mani su il libro Guy Debord uvres (Gallimard, 2006), il prezioso cofanetto con CD Guy Debord: autour des films (Gaumont Vido, 2005) e la riedizione anastatica della rivista internationale situationniste (Librairie Arthme Fayard, 2004): come si nota dalle date, si trattava di pubblicazioni recentissime, che in un modo o nellaltro mi consentivano di avere (grazie anche ad una serie di documenti inediti qui pubblicati) una migliore comprensione non solo della complessa opera-operazione debordiana, ma della stessa Internazionale Lettrista-Situazionista. A questo punto della drive, il brindisi, il cin cin per il ben augurale compleanno di Angelus Novus era cosa fatta. Perch la scelta era guizzata come una luministica ed illuminante folgore a ciel sereno nellabbacinante pensiero di uno dei pi rivoluzionari, visionari, lucidi, antagonisti radicali della fasulla, menzognera (ma strapotentissima) Societ dello spettacolo? Un fastidioso suono proveniente dallultraconosciuto campanello dallarme (la persistente manipolazione del consenso popolare in Italia), proprio in quel periodo era attivato da un abnorme spazio riservato dai massmedia allimmondizia napoletana (puzzolente metafora del governo di centro-sinistra in carica) ed agli stupri metropolitani di matrice rom (con la conseguente percezione mediatica, nei cittadini, della totale assenza di sicurezza, nonostante i crimini, statistiche alla mano, fossero in forte calo). Avevo capito perfettamente come in Italia si stesse preparando il III colpo di Stato mediatico (gi nel 1994, allepoca del primo avvento del governo Berlusconi, Paul Virilio scriveva lucidamente in tal senso, mentre anche Debord, nello stesso anno detournava dalla tv, per il film Guy Debord, son art et son temps, un ridente, sceneggiato Silvio Berlusconi interrompt ses vacances en Sardaigne), favorito dalla tradizionale alleanza da tempo re/instaurata tra post-fascisti riverniciati a fresco e populisti della prima e dellultima ora, con lemergente novit della discesa in campo ed a gamba tesa (dtournement), delle gerarchie vaticane. La riscoperta della figura e dellopera dellartista-filosofo francese tra i principali ispiratori del Maggio 68 , quindi, quale efficace antidoto alla rimbecillita societ italiana delliperspettacolo. Ma anche, una tangibile risposta alla caduta di stile (o meglio allo stile della caduta come avrebbero scritto sia Debord che Vaneigem) della sempre pi traballante democrazia nel loro Strapaese, e, purtroppo, nel nostro ex (fu?) Paesebello (molto amato da Debord).
LAquila, primi di luglio anti-vacanzieri 2008

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DELLA FILOSOFIA EVERSIVA DI GUY DEBORD E LA RIVOLTA DELLA GIOIA DELLINTERNAZIONALE SITUAZIONISTA1
di PINO BERTELLI

a mia nonna partigiana, che non ha mai consegnato il suo coltello agli alleati e mi ha insegnato a toccare il cielo con la punta delle dita alla nazione degli indiani Seminole, che non hanno mai firmato un trattato di pace con gli Stati Uniti

Per prima cosa, ho trovato bello darmi al rovesciamento della societ in un epoca in cui ci sembrava ben lontano, e da allora io non ho, come gli altri, cambiato idea una volta o pi volte, con il mutare dei tempi; sono piuttosto i tempi ad essere cambiati secondo le mie idee. Guy Debord Se uccido chi mi reprime, sar stato per una svista, in un impeto gioioso, senza voltarmi. Raoul Vaneigem Tutto quello che so lho imparato dalle puttane dabbene, dai pazzi, dai poeti e dai bambini che tiravano i sassi alla luna. Anonimo toscano

I Bande part. Chi come noi stato allevato nella pubblica via e ha conosciuto la miseria e la fame, e non ha nessuna virt, tranne forse quella daver pensato che solo alcuni crimini di un genere nuovo, non ancora conosciuti e che avrebbero potuto non essere indegni delle nostre gesta banditesche Chi come noi si fermamente tenuto dottore in niente e si chiamato fuori dagli ambienti che principalmente hanno affossato ogni speranza autentica di ribaltamento di prospettiva di un mondo rovesciato e non si sono curati di partecipare alla fondazione di nessuna democrazia dello spettacolo ma al contrario hanno lavorato alacremente o malamente alla sua incipiente rovina... Chi come noi ha conosciuto

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soltanto giovani che hanno soggiornato nelle prigioni di diversi paesi, per ragioni politiche o comunque per reati o crimini di diritto comune, ha conosciuto soprattutto poveri, ribelli o poeti della rivolta come Guy Debord2 di nessuna chiesa la nostra utopia, e il nostro amore per il sangue dimenticato.

II Sulla rivoluzione della vita quotidiana. Gli scritti su Guy Debord e le rivisitazioni della storia dellInternazionale Situazionista che sono fioriti ovunque e sovente in maniera inadeguata, dovrebbero essere tacciati alla stregua dei delitti dindiscrezione e pi delle volte marchiati dinfamia. C un brivido di terrore e un pizzico di magia in chiunque cita un sabotatore dellordine costituito, senza prenderlo a maestro o profeta. Ci che ci ripugna il nugolo di debosciati che hanno fatto propria la gioia di unepoca illuminata dai fuochi della notte e dalla grammatica del sampietrino, quando i ragazzi venivano educati nelle osterie e i loro padri brindavano alla testa dei re, dei padroni e dei traditori. La Resistenza continuava, perch loppressione delluomo sulluomo non era mai finita. La rivoluzione della vita quotidiana era gravida di idee e i resistenti della volont di vivere senza servi n padroni portava limmaginazione a disconoscere ogni simulacro e ogni autorit. La societ dello spettacolo era denudata dei santi e degli eroi e i situazionisti sostituivano limpostura e la falsificazione del loro tempo, con la verit soggettiva. Costruivano situazioni estreme e facevano della critica radicale dellarte, della politica, della banalit della vita il superamento ineluttabile di ogni forma di costrizione della libert. La filosofia eversiva di Debord (Raoul Vaneigem o Asger Jorn, anche) una rverie dellanima in rivolta e contiene verit irrespirabili, quanto rivolte annunciate. una visione del disinganno quella che Debord dissemina ai bordi dellordinario e in punta damore e senza indulgenze esprime anche le seminagioni di una pratica eversiva che annunciava anche unonda lunga o un movimento anomalo, politico, creativo, apparso sul vecchio continente negli anni 50 e ha disperso ai quattro venti della terra le idee velenose di rivoluzione profonda della vita quotidiana. I resistenti della volont di vivere si sono opposti alla realt dello spettacolo e non hanno mai portato limmaginazione al potere, ma hanno fatto del potere dellimmaginazione il principio di tutte le disobbedienze. Le democrazie spettacolari hanno fondato il proprio successo sulla produzione delle armi, limpero dei media, la menzogna del mercato globale, il terrorismo internazionale della Borsa, la dittatura dei saperi... tutti temi che Debord e lInternazionale Situazionista a vario titolo avevano seminato nei loro testi. Dentro una poetica di resistenza prolungata, i situazionisti hanno opposto al tempo reificato della merce il tempo immaginato dei creatori e minato alla radice la coscienza sociale delle condizioni esistenti, che si espressa talvolta come sovversione dellordine costituito.

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A sviscerare la storia dellInternazionale Situazionista3 con dimestichezza, si conosce lironia, il paradosso o linvettiva di questi ribelli senza bandiere. Linquadratura storica quella della guerra in Indocina, la rivoluzione di Budapest, la destalinizzazione di Chruscv al XX Congresso del PCUS e i situazionisti si fanno carico di accendere le torce delle turbolenze politiche di un tempo morto. La nascita dellInternazionale Situazionista muove da questi avvenimenti (senza dimenticare la Rivoluzione di Spagna del 36) e dallabbandono di Debord del Movimento lettrista, legato pi alla filosofia della volutt di Isou4 e alla pratica dello spiazzamento di Lematre5, che non alla costruzione di situazioni eversive nel campo dellarte, della politica e della strada che interessavano i situazionisti. Il passaggio di Debord e dellIS alla critica della burocratizzazione delle lotte operaie e nei confronti delle organizzazioni che si dicevano rivoluzionarie, preciso. Sulla scorta degli studi di Bruno Rizzi6, lo smascheramento dellapparato dei partiti e il tradimento della politica istituzionale diventano i bersagli centrali di Debord e compagni. Le verit cominciano con un conflitto aperto contro i codici dominanti e finiscono quando i predicatori dello sbadiglio politico recuperano le lacrime inzuppate di utopia e le affogano nellacquasantiera del potere.

III Sulla critica della violenza. La critica della violenza espressa nei testi di Debord, principalmente (ma anche Vaneigem non scherza), stata ripresa da alcuni lampadieri o passatori libertari con acume e pertinenza analitica. Nella loro morale in azione e nella gioia sporcata di sangue, lasciata sui marciapiedi della storia hanno mostrato le tracce e i florilegi della filosofia eversiva dei situazionisti e dichiarato limpossibilit di qualsiasi riconciliazione tra passione libertaria e logica mercantile la loro filosofia del disinganno implicava la liberazione della poesia vissuta nel quotidiano come torcia di un fuoco pi ampio, acceso per la rivoluzione sociale dellesistente. Il cinismo delleversione non lo insegna nessuno, e nemmeno la dignit del colpo di mano o del disprezzo fino alla morte del salto contro il conformismo. Certe visioni politiche di Debord sono debitrici, e non poco, non solo alla scoperta del desiderio di Andr Breton7, ma anche alla teoria dei momenti di Henri Lefebvre8 o alla diserzione dellangelus novus di Walter Benjamin9. Limmaginazione senza fili di Breton, la rivelazione del non-quotidiano o la nascita del meraviglioso di Lefebvre sinnestano nella critica della violenza di Benjamin, come risposta o autodifesa contro tutto ci che reprime il diritto di avere diritti. Qui letica della disobbedienza di Benjamin sintreccia alla ribellione dellAnarca di Ernst Jnger10 che, come Nietzsche, molto disseminato nelle opere di Debord e dei situazionisti, e mai citato apertamente. Sotto il sole malato della politica dellapparenza trionfa una masnada di cialtroni. Duemila anni di sermoni e codici hanno edulcorato la nostra bile (E. M. Cioran). Per avere un posto qualunque in societ basta essere commedianti di partito, celebrare stragi di Stato e riciclare il tanfo dei saperi nelle cloache dellarte.

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Il cianuro dellironia non si impara a scuola, e nemmeno la fierezza di sapere usare il coltello dei maestri carbonai sui bastardi che fanno professione di pensare. Il Rapport sur la construction des situations et sur les conditions de lorganisation et de laction de la tendence situationniste internationale, scritto da Guy Debord, pubblicato a Parigi nel maggio/giugno del 195711, la scatola degli arnesi di Debord, ed portatore di un canto devastante che affoga tutti i valori costituiti. Il Rapporto un testo importante, contiene i nodi filosofici e politici del pensiero di Debord, che confluiranno poi in La societ dello spettacolo12. La questione non se questo documento era preparatorio o in funzione di qualcosa che si andava a dibattere tra un gruppo di persone in un paesino vicino Alba se il documento stato discusso o no nella conferenza di Cosio dArroscia se Debord era un ubriaco intelligente e affascinante gi bevuto di primo mattino se nella casa di Piero Simondo ed Elena Verrone o non avvenuta la fondazione dellInternazionale Situazionista13 tutto ci interessa soltanto i detrattori di ogni fazione ed materia di rivisitazione per gli storici servizievoli ci che conta il valore sovversivo di un testo quasi profetico, talmente avanzato nella sua concezione di liberazione dellimmaginario e della lotta politica, sul quale sembra non tramontare mai il sole. Le affinit o le affluenze del Rapporto e di La societ dello spettacolo con le tesi della scuola di Francoforte (Theodor Adorno, Max Horkheimer, Walter Benjamin, Jnger Habermas, Herbert Marcuse, Erich Fromm), principalmente Dialettica dellilluminismo di Horkheimer e Adorno14, sono forti, anche se Debord non cita apertamente (anzi a volte critica duramente) le analisi contro il fascismo di massa o la genesi della stupidit e lindustria culturale l espresse. La conoscenza emancipatrice della carica situazionista, la teoria critica della storia, il superamento del positivismo e del materialismo Debord li attraversava con in mano i Manoscritti economico-filosofici di Marx15 e lidealismo etico/estetico di Hegel16. Anche le letture di Feuerbach entrano nellagor del suo pensiero in azione e dal fondo di La societ dello spettacolo emergono gli echi, nemmeno troppo coperti, de I princip sulla filosofia dellavvenire17. Debord li saccheggiava da par suo e riusciva ad impostare arte, politica e vita quotidiana non pi come annunciazione di qualcosa che dovr succedere, ma come trasformazione della rinuncia e presa di coscienza dellinsoddisfazione di vivere. La critica culturale di Debord alla base di una ridefinizione della soggettivit ed tesa verso unorganizzazione, una progettualit, una messa in politica di tutte situazioni create. Laspetto teorico dunque ancorato ad una realt ben determinata: ma anche lo strumento di indagine di questa stessa realt. Le esigenze sono quelle di un sapere reale, ancorato agli eventi della storia, concepita come il luogo dei rapporti sociali degli uomini. Storia quindi concepita materialisticamente, come nellanalisi di Marx, orientata verso una critica globale della societ, e della sua abolizione e superamento, come stato di cose presente Bisogna dunque superare questa crisi storica, ed il movimento operaio deve recuperare il terreno che lo separa dal controllo delle forze produttive da parte del

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capitalismo, che intanto inventa sempre nuove forme di lotta (dimostrandosi cos pi reattivo delle stesse forze rivoluzionarie legate a schemi ormai superati, perch delineati in un tempo storico, che mutato in un altro avente altre caratteristiche, non c pi), dirigismo del mercato, raggruppamento dei settori della distribuzione, governi fascisti. E ci appoggiandosi sulle degenerazioni delle direzioni operaie e neutralizzando mediante tattiche riformiste le opposizioni di classe. Lesigenza di un continuo recupero ha impedito la crescita e lo sviluppo del progetto rivoluzionario, ingessato ormai su posizioni difensive. Il punto poi la messa in discussione della questione del potere. Questione che assume particolare rilevanza nei paesi pi industrializzati, dove lideologia borghese, incapace di valorizzare le risorse dellepoca, non fa altro che creare una confusa commistione di valori, tra loro, e rispetto al sistema che li accoglie, conflittuali (cristianesimo, socialdemocrazia, culture straniere) Continuando la sua analisi Debord individua un nuovo campo dazione della lotta di classe, che non stato ancora sufficientemente analizzato: la battaglia dei loisirs, del tempo libero. Viene puntualizzato che attualmente la classe dominante riesca a servirsi del tempo libero che il proletariato rivoluzionario le ha strappato, sviluppando in un vasto settore industriale, come incomparabile strumento di abbrutimento del proletariato stesso con sottoprodotti dellideologia mistificatrice e dei gusti della borghesia (Paolo Bruciati)18. Tutto vero. A Debord e ai situazionisti interessava non tanto rifiutare la cultura moderna, ma farla propria per negarla. Aveva compreso, pi di altri, e in anticipo sui tempi di almeno quaranta anni, che la crisi della cultura imperante anche lo specchio della sua decomposizione ideologica. Sulle rovine della societ dello spettacolo non si pu costruire niente. Ogni giudizio, ogni opinione, ogni strappo sono pezzi di un sistema che recupera tutte le forme del dissidio e calpesta i bisogni umani pi elementari. Il disfacimento della societ esteso a tutto. La politica, i saperi, gli eserciti, le masse anonime che mercanteggiano il loro divenire sono addomesticati dallimpero dei media dentro questa metamorfosi del potere ogni soggettivit, ogni dissenso, ogni differenza sono resi innocui. I terrorismi di Stato sono tanti e molteplici. Basta manifestare contro i possessori della terra, come a Genova (2001), per vedere di che pasta sono fatti i loro manganelli e le loro pistole. La democrazia non c. La vita si crea con il coraggio e si disfa con la soggezione. Debord e i situazionisti hanno inaugurato unepoca della disobbedienza e mostrato che la realt una creazione dei nostri eccessi e delle nostre utopie realizzate.

IV Del cinema apolide di Debord. La critica situazionista di Debord denuda tutte le favole della comunicazione e getta i semi eversivi della sua eresia anche nel cinema. Il non-cinema di Debord contiene elementi espressivi elaborati sulla distruzione di ci che ci minaccia. Le opere cinematografiche di Debord praticano e allargano la

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critica radicale della civilt dello spettacolo. Lutopia situazionista disseminata in questi film sincentra su una poetica del fuoco e sulle tentazioni di appiccarlo a tutti i Palazzi dInverno. lutopia che guida le passioni e moltiplica i contrasti e i sogni, spezza destini e annuncia nuove epifanie dellanima. Urla in favore di Sade (1952), Sul passaggio di alcune persone attraverso ununit di tempo piuttosto breve (1959), Critica della separazione (1961), La societ dello spettacolo (1973), Confutazione di tutti i giudizi, tanto ostili che elogiativi, che sono stati finora dati sul film La societ dello spettacolo (1975), In girum imus nocte et consumimur igni (1978), Guy Debord, son art et son temps (1994) realizzato con la collaborazione con Brigitte Cornand, sono invettive, bestemmie, provocazioni contro tutto quanto figura la degenerazione delle forme di dominio approntate dalluomo contro luomo. Qui Debord insegna che lo spettacolo la ricostruzione materiale dellillusione religiosa, ed anche la principale produzione di con/senso della societ moderna. Lo spettacolo il monologo elogiativo delle proprie forche, lautoritratto del potere di unepoca. Il cinema sovversivo di Debord non stato mai troppo studiato e lanomalia etica ed estetica disseminata nei suoi film ha sfigurato lordine figurale della macchina/cinema e mostrato il passaggio dal Regno della necessit al regno della libert. Altrove abbiamo scritto: Il cinema morto! Viva la Banda Bonnot!, si canta nel cinema sovversivo di Guy E. Debord. Sparate allo schermo, prima di strisciare in quella fabbrica di sogni che mortifica lintelligenza dei poeti. La magia del cinematografo altra cosa. La menzogna hollywoodiana (e delle sue indegne emulazioni planetarie) un simulacro spettacolare dove le puttane e le madonne, i mostri e gli eroi, la catastrofe e il lieto fine sono parte del linguaggio sequestrato delle scimmie e i loro fantasmi si manifestano come semidei di celluloide in attesa di assurgere al pi alto dei loro compiti, quello dellistupidimento dellimmaginario collettivo. I codici del cinema dominante sono gli stessi messi in opera nelle galere, nei manicomi o nei parlamenti: la promessa di felicit insomma che gli ultimi saranno i primi e le umiliazioni saranno rimesse con i peccati, nei confessionali della storia. Sullorlo della preghiera o nei calchi del consenso non si chiede nessuna libert vera, ma soltanto lillusione della libert. Questo perch ogni libert, come ogni religione, finita quando smette di generare eresie (E. M. Cioran). Le rivoluzioni non sono mai state attuali, pretendevano di rovesciare il potere con gli stessi mezzi. La rivoluzione, come la volgarit, contagiosa, specie nei momenti in cui i rivoluzionari di professione hanno gi venduto lentusiasmo dei loro sostenitori al miglior offerente. La delicatezza non fa parte dei comitati centrali di qualsiasi ordine, solo in punto di morte i fanatici del potere si rendono conto della loro inutilit, ma i mostri che hanno partorito sono gi ascesi alla gloria dei cleri e dalle segrete delle banche hanno appestato i banchi del sapere, contaminato gli asili pubblici, oliato la lama della ghigliottina economica e senza un filo di nobilt hanno eretto il dogma del mercato globale. I morti non si contano pi. La vendita di armi s. La Borsa internazionale accomuna i massacri del progresso alle vacanze degli operai. I bambini si possono uccidere, vendere, stuprare basta un poco di riservatezza. I prezzi sono

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buoni. Ci sono tanti padri di famiglia, timorati di Dio e dello Stato, che non sanno rinunciare alla tentazione di violare una bambina, specie se nera, ma vanno bene anche asiatiche, russe, bosniache... occorre soltanto un paio di dollari. la stessa gente che chiede il rigore, la seriet, la coerenza ai parlamentari che crede di eleggere, porta i vessilli nelle parate militari, impalma la politica della rapina pubblica e non trova nemmeno il coraggio di mortificarsi delle proprie tenebre o di spararsi un colpo in bocca. Non ci sono governi buoni n governanti onesti che non siano ladri di bellezza 19. I film apolidi di Debord esprimono una denuncia profonda del linguaggio cinematografico e nella critica radicale che portano contro la societ dello spettacolo scorgono anche la necessit di rifondare la pratica rivoluzionaria e intervenire contro il sistema delle merci. Debord si chiamava fuori dal gioco ordinario della politica e, anche se in maniera anonima, dettava nelle note editoriali dellIS, le Istruzioni per una sollevazione in armi. Si trattava di reinventare la rivoluzione (non solo sullo schermo), ecco tutto. A partire dallinsegnamento ereticale di Debord, ma su un altro versante espressivo, il cinema rabbioso (o magico) di Derek Jarman ha portato sullo schermo i silenzi delle periferie, costruito situazioni invise al potere e al costume e si opposto con acredine ad ogni forma di autorit e di patriottismo. Come Debord, lapostolo inglese dellomosessualit svelata, ha liberato il cinema dalla camicia di forza della merce e mostrato che le leggi delleconomia hanno svuotato lintelligenza delle genti. Il furore artistico di Jarman infatti una specie di partitura musicale per immagini povere, imperfette, slabbrate che attraverso lo sguardo del cinema denuda la menzogna delle rovine sociali (non solo di Hollywood). Jarman, come Debord, un mago di sogni e coloro che sognano sono coautori di ci che accade nel mondo (Eraclito)20. Ci che resta del cinema la fine dello stupore. di aver cessato di frequentare le sale cinematografiche come si andava nei bordelli o allosteria. Al cinema difficile distinguere un cretino da un genio. Solo ci che invita al sabotaggio dellordine imperante merita di non essere bruciato. sempre ci che ci fa piangere o ridere a qualificarci. A che pro adorare un dio, uno stato o una guerra, se possiamo raccontare la vita di Don Chisciotte, Shakespeare o della Banda Bonnot. Il terrorismo eidetico del linguaggio cinematografico regna sulla vita eterna, perch eterna la sua falsificazione e la sua menzogna.

V Elogio del dtournement. Lincivilt dello spettacolo ottenebra. Debord aveva compreso che l dove non c diserzione n rivolta, leternit del potere continua a produrre sopravvivenza e morte della soggettivit. Le forme moderne di sottomissione incarnano lideologia materializzata nel mercimonio e solo la situazione costruita si sottrae alla temporalit dominante. Se ci accostiamo bene al concetto di dtournement, ci accorgiamo che non una citazione ma il suo contrario. Il dtournement la profanazione della citazione, il segno di rovesciamento, spiazzamento,

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riutilizzazione di elementi espressivi preesistenti, che se lavorati con intelligenza e senso delleresia, tornano a nuova luce, a nuova poesia, a nuovi radicali significati. Non si tratta di comprendere la negazione di uno stile ma di elaborare uno stile della negazione. Il dtournement, la deriva o la decomposizione della societ dello spettacolo sono i grimaldelli etici ed estetici con i quali i situazionisti lavorano alla critica della politica, al dissolvimento dellarte, alla pratica di cambiamento della vita quotidiana. I situazionisti chiedono di vivere secondo i desideri, le passioni, i sogni dicono che la massa il gregge del potere e soltanto quando ciascuno sar signore di s ogni forma di potere croller. LUtopia di quelle forti e basta avventurarci nella storia delle utopie per comprendere che ogni uomo pu essere il custode di se stesso e il governo migliore quello che governa di meno o non governa affatto21. Motto di spirito: si possono amare soltanto gli esseri che non hanno avuto mai paura dei castelli in rovina. Finch luomo protetto dalla demenza accettata, gli arlecchini di Palazzo passano da unidea allaltra, da una fede allaltra o da un partito allaltro senza un filo di decenza per la memoria storica.

VI Sulla critica della separazione. Il rifiuto della storia di Debord e la pratica della rivolta situazionista si affrancano alle fiammate libertarie del Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di Raoul Vaneigem e alla Critica della politica economica di Asger Jorn. Le loro tesi esprimono la coscienza della separazione e del rifiuto ed Vaneigem che scrive: Noi non vogliamo essere dei giustizieri, ma dei signori senza schiavi che ritrovano, al di l della distruzione della schiavit, una nuova innocenza, una grazia di vivere. Si tratta di distruggere il nemico, non di giudicarlo22. Di contro, Jorn deterge il predicato della classe operaia che sogna il potere, cos: intellighenzie di tutti i Paesi, suicidatevi! Non avete da perdere che le vostre catene e nulla da guadagnare O si elimina la ricchezza insieme alla povert; oppure, se la ricchezza continua a esistere, vuol dire che non c socialismo. Lidea di una ricchezza socialista non nemmeno unutopia, unassurdit il cambiamento di tutte le condizioni esistenti sar opera dei produttori stessi, quando diventeranno creatori23. Debord, Vaneigem, Jorn e linsieme della banda situazionista fantasticavano ad occhi aperti linsurrezione del libero pensiero e labolizione dello Stato.

VII Del rovesciamento di prospettiva di un mondo rovesciato. La spinta libertaria che attraversa la critica radicale dei situazionisti affonda le sue radici nella storia e scende nel terreno addomesticato la totalit del mondo esistente. A studiare con cura linsegnamento politico di Debord e a seguire il rovesciamento di prospettiva del

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potere e dei piaceri teorizzati da Raoul Vaneigem24, non difficile scorgere annotazioni forti sul feticismo della merce e invettive contro linclinazione a servire di grandi pezzi di popolo infatti, nessun uomo avrebbe mai potuto essere re, capo di stato o papa se una moltitudine di sudditi non avesse adorato le promesse di felicit a loro dispensate nei giochi sporchi della politica. Dietro lo schiavo c sempre il prossimo boia o un uomo in rivolta25. I situazionisti ridono del potere, si fanno beffe del potere, senza dimenticare mai che il potere risiede nel cuore dello Stato ed l che bisogna esercitare la mira, perch la societ dei simulacri26 sotto ogni aspetto esistenziale non che lapologia dellomicidio. Il patriottismo lultimo rifugio delle canaglie, diceva. La casta dei dominatori sempre quella. la rabbia dei proletari che mutata o pressoch finita. Le democrazie dello spettacolo hanno reso i cittadini sempre pi artificiali e coinvolti in una vita sempre pi miserabile. Limbecillit regna, perch la soggezione e la stupidit hanno pervaso tutti gli anfratti della vita sociale. Il mercato globale la piazza dei supplizi dove i nuovi servi della gleba sono spazzati via dallavanzare delloscurantismo politico e dalle certezze del possesso. Lideologia del mercato reprime, la politica dei governi occidentali giustifica. Il delirio dello spettacolo continua. Linstaurazione della societ omologata suscita nuove analisi di Debord e nel 1963 pubblica il libello, Les situationnistes et les nouvelles formes daction dans la politique et lart27. Lorizzonte eversivo dei situazionisti legato alla rinascita dellarte moderna e alla rivolta insurrezionale della sofferenza. La teoria critica, lo spirito aristocratico, la sete insaziabile per i piaceri, le passioni, i desideri pi estremi di Debord, Vaneigem o Jorn restano uno dei pi virulenti attacchi allordine costituito del XX secolo. La vittoria apparterr a coloro che avranno causato il disordine senza amarlo, diceva. La libert delluomo coincide sempre con la disconoscenza o la liquidazione dei suoi boia.

VIII Sulle democrazie dello spettacolo. Lepoca inaugurata dai campi di sterminio nazisti e dalla bomba atomica continua con le stesse modalit di terrore e paura dietro i paraventi elettorali delle democrazie dellumiliazione e della reificazione. Gli uomini daffari, i militari, i politici, i preti, i sindacalisti, la classe operaia Figurano la rappresentazione della mediocrit e dellindifferenza, si identificano nella commedia della ragione di Stato e si rendono protagonisti di nefandezze inaudite, in nome della civilt del lavoro. Ci che interessa ai padroni solo il profitto. Ai loro servi basta la garanzia di restare a far parte dei clown del circo. I dividendi delle banche internazionali aumentano sul numero dei morti ammazzati ad ogni latitudine lintera esistenza di ciascuno vissuta allombra o nel clamore delle societ consumeriste ed plasmata in unimmensa accumulazione di spettacoli che strutturano linconscio dellimmaginario collettivo.

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Debord aveva compreso che il nostro tempo preferisce limmagine alla cosa, la copia alloriginale, la rappresentazione alla realt, lapparenza allessere, ci che per lui sacro non che lillusione, ma ci che profano la verit28. La drive (che la pratica di uno spaesamento emotivo attuato attraverso cambiamenti improvvisi dambiente, e allo stesso tempo un mezzo di studio della psicogeografia e della psicologia situazionista giocate su piani altri della comunicazione) o la situazione costruita, esprimono bene la scienza delle situazioni che i corsari dellimpossibile oppongono allapprossimarsi del nulla e fanno della non-partecipazione alle codificazioni sommarie, la rabbia di vivere che distrugge per non lasciarsi distruggere i situazionisti non lavorano per la fine di un mondo, ma per la fine del mondo dello spettacolo. Debord e i situazionisti annunciavano i venti caldi del 68. Denunciavano le rivolte in Vietnam, Cina, Cuba, Algeria, Palestina, i moti di Watts si schieravano a fianco degli insorti, e questo non significava condividere anche le linee di condotta politiche prese poi da queste rivoluzioni, insurrezioni o sommosse sociali. Per i situazionisti la rivoluzione doveva essere una festa di popolo o non sarebbe stata la risposta alla societ mercantile era il saccheggio e la tabula rasa del vecchio regime veniva di seguito. I situazionisti erano avanti con i tempi. La filosofia del negativo che esploder nel Maggio 68 alle porte. Le generazioni di quegli anni formidabili troveranno la bellezza creativa dellamore, della condivisione, della fraternit, dellazione nei libri di Debord, La societ dello spettacolo, Vaneigem, Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni e in un libello redatto dagli studenti di Strasburgo nel 1966, Della miseria nellambiente studentesco29. Limmaginazione assaltava il potere. La democrazia consiliare o una Comune planetaria era a un tiro di sputo dal crollo delle gerarchie immortali. Non and cos. I giovani del Maggio persero la loro battaglia ma la seminagione di Eu-topie che lasciarono sulle strade della terra, insieme ai loro maglioni inzuppati di sangue, ci fanno ancora dire che sono stati i migliori anni della nostra vita. Dopo il 68 niente stato pi come prima.

IX La cospirazione degli uguali. Nel secolo del suo dominio totalitario, la macchina/capitale ha prodotto lultima religione: lo spettacolo. Mai il sangue dei poveri stato versato cos copioso come al tempo delle democrazie dello spettacolo. Debord e i situazionisti teorizzavano, con grande pregio, la realizzazione dei Consigli operai, lautogestione generalizzata, la riunificazione di teoria e prassi, la critica dellideologia, il rifiuto dello Stato, il superamento concreto della merce la critica radicale dello spettacolo era comunque la condizione preliminare di qualunque critica30 e la cospirazione degli uguali il detonatore che apriva le danze, girando in tondo, intorno al fuoco, nella notte della resa dei conti. Lo stile sdegnato dei situazionisti aforistico, tagliente, beffardo, mai profetico.

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Si richiama ai libelli degli anarchici, dei libertari, degli insorti del desiderio di vivere senza servi n padroni. Non si tratta di aspirare a governare una societ, ma di esprimere la possibilit che i popoli giungano alla maggiore et e possano accedere, conoscere, costruire comunit libere dove ciascuno e tutti hanno diritto alla bellezza. Le idee dei situazionisti migliorano nel tempo e le molteplici liturgie pedagogiche che credono di avere ingozzato i loro resti e sputato gli avanzi negli imperativi disumani delleconomia, dellarte, della politica, si sbagliano. La democrazia senza gli individui esprime la fine dei desideri e delle passioni di grandi pezzi di popolo, officia e si compiace dellimpotenza governata e si deve concludere che il cambio (con tutti i mezzi necessari) della casta dominante imminente, forse. La civilt dei rassegnati, dei falliti, degli eroi dellapparenza ha dispensato a folle sterminate dimbecilli con la vocazione a servire, lillusione di uno spazio-tempo della felicit metropolitana vissuto attraverso il linguaggi della pubblicit: la dittatura del consumabile. La critica dellurbanismo unitario31 (che poi unidea di felicit comunitaria) disseminata da Debord e dai situazionisti in ogni loro scritto, mostra che la menzogna dei padroni anche lalibi della polizia. il trionfo dellinautentico sulla miseria dello spettacolo (che viene a valorizzare il grado zero dei valori). Lutopia architettonica dei situazionisti debitrice a Charles Fourier, oltre che a Lewis Mumford, ed Ivan Chtcheglov che nel primo numero dellInternazionale Situazionista (con lo pseudonimo di Gilles Ivain) pubblica una specie di manifesto teorico (Formulario per un nuovo urbanismo)32, dove si progettava unarchitettura di rapporti umani che conteneva la libert e la costruzione di una nuova umanit. Merda! La realt una creazione delle nostre paure e delle nostre miserie. Il crimine il solo svago che accomuna tutti. La televisione canta le domeniche della vita e i giornali sono la preghiera quotidiana dei nostri allarmi. La sola rivolta riuscita quella dei lebbrosi, che hanno la decenza di non abbracciare nessuna verit, senza sorridere. La vita sarebbe intollerabile senza le rivolte che la negano.

X Della gioia sovversiva dellIS. La filosofia eversiva di Debord e della bandiglia situazionista hanno espresso una pratica dinversione della vita quotidiana, e cercato di reinventare lumano. Hanno inteso ricostruire lintima sovranit delluomo liberato dalle sovrastrutture dellidiozia collettiva per andare a disseminare nelle coscienze degli spiriti liberi lantico concetto libertario: la sola patria delluomo non pu che essere il mondo intero. Autogestione generalizzata dellesistenza non significa altro che federazione delle intelligenze o democrazia dei consigli e passaggio non autorizzato a vivere la scoperta di una vita vera. Lamore, la creativit e la bellezza sono allorigine della nostra storia e non si vede perch non dovrebbero essere anche gli assunti per ri/fondare una comunit multietnica di protagonisti del proprio divenire.

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I situazionisti sono svelti a capire che la strage di Piazza Fontana strage di Stato (12 dicembre 1969). Per non cambiare di pelle, la polizia mostra tutto il proprio fascino per la repressione. Il ferroviere anarchico Giuseppe Pino Pinelli scaraventato dalla finestra del quarto piano della questura di Milano la strategia della tensione era iniziata. Gianfranco Sanguinetti la sintetizza cos: Il fatto che in questo paese, che si autoproclama libero e democratico, in realt diretto da poche centinaia di eroici imbecilli, i quali temono molto pi le conseguenze dellintelligenza di tutti gli altri che quelle della propria stupidit33. Lordine democratico si regge sui fucili della polizia. La lotta al terrorismo coincide con linteresse comune e col bene generale e a tutti conviene apprezzarla come si deve. La politica della miseria la continuazione della guerra con gli stessi mezzi. I percorsi accidentati dei situazionisti sollevano dubbi, falsit, epurazioni le rotture, le dimissioni e allautodissoluzione dellIS, decretata da Debord e Gianfranco Sanguinetti nel 1972, con La vritable scission dans lInternationale34, non ci sembra un apogeo della critica radicale, semmai il segno della caduta (anche di stile) di unepoca in cui unintera generazione aveva osato sognare un mondo pi giusto e pi umano. Ci sono passaggi velenosi, non sempre giusti, in questo libello, ma non la metamorfosi di un movimento culturale/politico che interessa qui, ci che importa il sentimento di rivolta comune che i situazionisti hanno lasciato in eredit ai dinamitardi di tutti le morali. La filosofia eversiva di Debord mostra debiti, riferimenti e saccheggi evidenti (delle vie maestre) di Hegel, Marx, Adorno o Mumford a gatto selvaggio riconosciamo anche le diversit abrasive di Karl von Clausewitz, Immanuel Kant, Gyrgy Lukcs o Walter Benjamin alle quali stelle comete sintrecciano poi studiosi fuori dal coro come Derrida, Joseph Gabel, Hans Magnus Enzensberger, Jacques Camatte, Giorgio Agamben, Mario Perniola per giungere, insieme a Debord, allirrisione delle catene del potere. Non si tratta di studiare le passioni sul filo dei nomi, ma di disseminare la critica del desiderio di opposizione e di rottura dellordine costituito, senza riserve e senza contropartita. La gioia sovversiva dellInternazionale Situazionista fiorisce intatta dalla costruzione delle situazioni teorizzate da Debord e nella pratica della negazione situazionista, c il rifiuto al cianuro della societ affluente. La sovversione non sospetta di ogni rivolta inizia l dove si denuda la prospettiva del profitto e si passa al sabotaggio delle idee dominanti. Si tratta di farsi beffa dei discorsi della politica e dei proclami di agitatori senza bava alla bocca la storia della civilizzazione non che la storia delle merci che lhanno marchiata a sangue. Spesso si creduto di lottare per la giustizia, leguaglianza, la libert, lamore ci siamo poi accorti che eravamo parte del disegno economico e dellimpostura politica che erano al fondo di nuove forme di potere.

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X Del 68. Il processo della critica radicale situazionista affermazione della vita e negazione di tutto ci che si oppone al suo florilegio. La dialettica delle differenze non morta nelle fauci dellideologia dominante e dei processi storici che hanno cercato di recuperare, ed in parte ci sono anche riusciti, le esplosioni di libert del bel Maggio 68. Una diversa organizzazione dellumano bussa ora alle porte della storia. I sacerdoti del potere hanno innalzato monumenti ai carnefici ed hanno fatto della scienza delle lacrime lesecrabile risoluzione che lo spettacolo tutto e luomo nulla. La vera grandezza dei poeti consiste nel rendere il potere ridicolo e lamore il messaggero di tutte le ribellioni. Nessuno rilascia certificati di bellezza. La rivelazione dellamore epifanica e lautenticit di unesistenza consiste nel trovare il coraggio di dire la mia parola no! Lumanit vive amorosamente negli avvenimenti che la negano Ciascun essere si nutre dellagonia di un altro essere La saggezza lultima parola di una societ che si spegne (E. M. Cioran)35. Gli uomini genio si oppongono sempre a un Dio, Mito o Codice che li minaccia e accettano lavventura della loro destituzione, in piena coscienza. Lamore delluomo per luomo sedizioso perch non ha altari da rispettare, ma solo slanci radicali buttati contro lingiustizia che governa luniverso. Una passione nobile ci mette le ali. Ecco perch, il pi valido reattivo per apprezzare il grado di altezza di un amore sarebbe osservare in quale misura esso si sviluppa nella direzione di una maggior libert di spirito. Pi un affetto spirituale, meno ti assorbe, e pi ti spinge ad agire!... lamore la soglia di un altro universo (Pierre Teilhard de Chardin)36. in margine ai nostri istanti estremi che possiamo disconoscere le larve della politica e fare dei falsi assoluti di tutte le religioni roba da accattoni. Nella coscienza di ciascuno il difficile non la distruzione degli idoli, n lo schianto della loro caduta a farci sorridere e nemmeno il tanfo dellinsignificanza nella quale li buttiamo o li adoriamo capovolti a darci forza ma comprendere il crimine che sottendono e come sono stati piantumati nelle nostre infantili domeniche di festa. Ecco come morta la tenerezza e la passione per gli angeli ribelli. Lumanit si emancipata sulla schiavit, si liberata dal peso del proprio fallimento ed ha fatto del destino di tutti, la coscienza eterna dellinfelicit. Sui banchi dei parlamenti trionfano primavere di carogne. La teoria e la pratica rivoluzionaria delle giovani generazioni passate dalla critica delle idee alla critica delle armi stata superata e le nuove contestazioni si giocano sul rizoma di altre incoscienze, nella rottura radicale con il politico e la nascita delle conoscenze della separazione. Poich la pratica sociale dominante pratica dellapparenza, soltanto la miseria generalizzata non pu che essere linizio del mutamento delle condizioni di sopravvivenza esistenti.

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XII Sul finire del secolo, Guy Debord, il maestro delle situazioni costruite, del dtournement di ogni forma darte e della decostruzione di tutte le istanze di potere molto malato e il 30 novembre 1994 si spara un colpo di fucile al cuore. La sua cattiva reputazione salva. Il mito non conta. Vale ci che ha scritto, e per sempre: In questo sviluppo complesso e terribile che ha condotto lepoca delle lotte di classe verso nuove condizioni, il proletariato dei Paesi industriali ha completamente perduto laffermazione della sua prospettiva autonoma e, in ultima analisi, le sue illusioni, ma non il suo essere. Esso non stato soppresso. Rimane irriducibilmente esistente nellalienazione intensificata del capitalismo moderno: limmensa maggioranza di lavoratori, che hanno perduto ogni potere sullimpiego della loro vita, e che, dal momento in cui lo sanno, si ridefiniscono come proletariato, il negativo allopera in questa societ Ho meritato lodio universale della societ del mio tempo e mi avrebbe dato fastidio avere altri meriti agli occhi di una societ del genere (Guy Debord)37. Elaborazione del lutto. Malati di Utopia, continuiamo a lavorare come talpe irriducibli nei bassifondi dei Palazzi, nelle periferie invisibili, nelle osterie di porto a costruire situazioni e ovunque un poliziotto alza il manganello contro una persona che manifesta il suo dolore, noi siamo l... Nessuno degno di una corona di sputi, ecco perch quasi tutti i filosofi sono finiti in banca o nelle universit a lavare i panni sporchi del 68. Gli operai sindacalizzati intanto affogano nella loro spettacolare stupidit. Le giovani generazioni sono l, tra il tramonto delle passioni e lalba delle rivolte. Il terrorismo del linguaggio dominante regna sulla vita intera. Solo chi ha mancanza di talento non sa tirare un colpo di fucile contro la vita che ti uccide. Lamore, la verit e la bellezza si nutrono di esagerazioni e lo sconfinamento in cieli proibiti dei passatori di utopie promette tutto, anche la genialit di una vita straordinaria che continua. A dire il vero, io credo che non esista nessuno al mondo che sia capace di interessarsi al mio libro, al di fuori di coloro che sono nemici dellordine sociale esistente, e che agiscono effettivamente a partire da questa situazione. Guy Debord, 19 volte maggio 2008

Relazione per il Seminario di Studi Omaggio a Guy Debord, LAquila, 21 giugno 2008. Guy Debord, Panegirico, Tomo primo, Castelvecchi, 1996. 3 Pino Bertelli, Dellutopia situazionista. Elogio della ribellione, Massari Editore, 2007. 4 Isidore Isou, Initation la haute volupt, a cura di Enrico Mascelloni e Roland Sabatier, Fondazione Europea Alberto Cravanzola, 1999. 5 Maurice Lematre, Pietro Ferrua, Entretiens sur le lettrisme, 1985, dattiloscritto che ci stato donato da Lematre, in occasione di un nostro breve saggio sul cinema lettrista. 6 Bruno Rizzi, La burocratizzazione del mondo, a cura di Paolo Sensini, Edizioni Colibr, 2000. In quarta di copertina Guy Debord scrive: Ecco il libro pi sconosciuto del secolo, e si tratta
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appunto del libro che, fin dal 1939, ha risolto uno dei principali problemi in cui questo secolo si imbattuto. La natura della nuova societ russa, la critica marxista della forma di dominio che vi apparso. 7 Andr Breton, Point du Jour, a cura di Sandro Toni, Cappelli, 1983. 8 Henri Lefebvre, Critica della vita quotidiana, vol.I/II, Dedalo, 1977. 9 Walter Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti, Einaudi, 1982. 10 Ernst Jnger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990. 11 Documents relatifs la fondation de linternationale situationniste, 1948-1957, edito da Gerard Berrby/Sallia, 1985. 12 Guy Debord, La societ dello spettacolo, Vallecchi, 1979. 13 Piero Simondo, Guarda chi cera, guarda chi c! Linfondata fondazione dellInternazionale situazionista, Ocra Press, 2004. I veleni sputati contro Debord da Simondo, non ci interessano. Anzi, ci fanno un po pena. Chi odia cos tanto incapace di non adorare loggetto del suo scherno. Lintelligenza indipendente dal sapere. A un certo grado di stupidit, ogni verit diventa indecente. Unagonia senza genio non conosce leccellenza del sogno ad occhi aperti e nemmeno lanima in stato di grazia. Ogni dolore pari al proprio destino. Linverno dei nostri scontenti o la stupidit della salvezza che tormenta gli assassini come i santi, nella nostre mani. Non facile distruggere un idolo: richiede lo stesso tempo che occorre per promuoverlo e adorarlo (E. M. Cioran), e non basta una vita intera. 14 Max Horkheimer, Theodor Adorno, Dialettica dellilluminismo, Einaudi, 1974. 15 Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, a cura di Norberto Bobbio, Einaudi, 1970. 16 Georg. W. F. Hegel, Estetica, voll. II, Einaudi, 1976. 17 Ludwig Feuerbach, I princip sulla filosofia dellavvenire, Einaudi, 1971. 18 Paolo Bruciati, Dattiloscritto ancora in via di definizione, a partire dal titolo, 2007. 19 Pino Bertelli, Guy Debord. Il cinema morto, La Fiaccola, 2006. 20 Derek Jarman, Ci che resta dellInghilterra, Alet, 2007. 21 Maria Luisa Berneri, Viaggio attraverso Utopia, Edizione a cura del Movimento Anarchico Italiano, 1981. 22 Raoul Vaneigem, Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni, Vallecchi, 1973. 23 Asger Jorn, La comunit prodiga. Critica della politica e altri scritti, Editrice Zona, 2000. 24 Raoul Vaneigem, Il libro dei piaceri, Arcana Editrice, 1980. 25 Albert Camus, Luomo in rivolta, Bompiani, 1962. 26 Mario Perniola, La societ dei simulacri, Cappelli, 1983. 27 Guy Debord, I situazionisti e le nuove forme dazione nella politica e nellarte, Nautilus, 1990. 28 Guy Debord, La societ dello spettacolo, op. cit. 29 Etudiants de Strasbourg (in massima parte redatto da Mustapha Khayati), Della miseria nellambiente studentesco, considerata nei suoi aspetti economico, politico, psicologico, sessuale e specialmente intellettuale e di alcuni mezzi per porvi rimedio, Nautilus, 1988. 30 Roberto Massari, Il 68. Come e perch, Massari Editore, 1998. 31 Leonardo Lippolis, Urbanismo unitario. Antologia situazionista, Testo&immagine, 2002. 32 internazionale situazionista 1958-69, Nautilus, 1994. 33 Gianfranco Sanguinetti, Del terrorismo e dello Stato. La teoria e la pratica del terrorismo per la prima volta divulgate, stampato in proprio, 1979. 34 Internazionale Situazionista, La vera scissione, Il Manifesto, 1999. 35 E. M. Cioran, Sommario di decomposizione, Adelphi 1996. 36 Pierre Teilhard de Chardin, Sullamore, Queriniana, 1992. 37 Guy Debord, La societ dello spettacolo, op. cit.

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Guy Debord, Direttive n. 3 (in alto) e n. 5, 17 giugno 1963.

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IL DIO FUCILATO E LA TECNOCRAZIA DEL LUTTO


di LUIGI FABIO MASTROPIETRO

I. il dio fucilato: racconto delle ceneri


Se un dio ha fatto questo mondo, io non vorrei essere quel dio, perch il dolore del mondo mi strazierebbe il cuore. (Arthur Schopenhauer, Nachlass) La Chiesa ha accettato in qualche modo la teoria del Big-Bang, dicendo che solo un essere onnipotente, in altre parole un dio, poteva provocare una simile esplosione cosmica. Gi, ma quellesplosione potrebbe anche far pensare che Dio si sia sparato. [] Motivi per spararsi non gliene mancavano di certo, dopo aver creato un mondo come questo. (Anacleto Verrecchia, Giordano Bruno)

Un mercoled di pioggia sottile e fredda a Champot. Alice ha chiuso le persiane celesti e dorme rannicchiata in un angolo del dirupo. La luce grigia dellacqua ha sciolto per sempre i suoi occhi. Non mi vedr pi. Sono alla scrivania dietro la lampada spenta. Il dolore mi brucia le gambe fino al ginocchio. Due legni incandescenti che non rischiarano il pozzo intorno a me. Risalir sui carboni ardenti a passo di marcia steppante. Il dirupo non mi fa paura quanto il sibilo del serpente nella testa. Saetta con un soffio di sangue dalla tempia destra alla sinistra e dalla sinistra alla destra. Si accuccia ansante nelloccipite caldo e poi spara dimprovviso le spire infuocate contro le pareti molli del pozzo. La coda piumata di ghiaccio affonda nella sclera martoriata come il coltello nel ventre. Il sibilo arriva con la pioggia e si spegne solo con il fulmine. Medita, il maledetto. Lesteta della sovversione non vuole la rivoluzione n il perdono. Pensa di levare la mano su di s. E questa volta stringe in pugno linsetto dacciaio che conosce la strada del cuore. Consumati dal fuoco, andiamo in giro di notte a spargere le ceneri della rivoluzione. Il viaggio un chiodo infisso tra le costole. Allarrivo ci sorprende un mattino pietrificato di nuvole basse. La citt ci accoglie come unurna vuota, umida di sonno.

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Il lungosenna occidentale della le de la Cit deserto. Ieri sera un mascaret risalito da Caudebec-en-Caux a spazzare via clochard e turisti. Nella cartolina di Le square du Vert-Galant, una madre intirizzita fissa la carrozzina vuota. nostra madre, la madre di tutti i cani che infestano le banlieues del mondo. Procediamo in falange serrata, incuranti del sangue che gocciola dalle palme aperte. Affronteremo la Senna per lultima volta e affogheremo nelle sue acque il demone di Parigi che abita le ceneri di Guy. Solo allora il gorgo muto della storia gli restituir la voce perduta.

II. larte di morire darte: sette tesi sul suicidio di Guy Debord
Lunico problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta significa rispondere al quesito fondamentale della filosofia. (Albert Camus, Il mito di Sisifo) 1. il suicidio dispneico Si vive e si muore nel punto dove confluiscono grandi misteri, ha scritto Guy Debord. E il mistero supremo del desiderio, di vivere e di morire, ha segnato fin dallinizio la sua vita, una vita di avventure virtualmente rovinata. Di pi, lha segnata lossessione di un arcano dei tempi moderni. Il mistero della corruzione del desiderio in bisogno. La putrefazione della passione individuale in consumo di massa. Fino a rendere laria irrespirabile. 2. il suicidio politico Ma lutopia debordiana di una societ di situazioni deperibili deliberatamente costruite, nella quale i desideri dimenticati delluomo riconquistino il centro della vita e tornino ad essere i motori riconosciuti del mondo, si infrange sulle barricate del maggio 1968. La poesia non sar mai integrata nella vita quotidiana. Il pane e le rose rimarranno nelle mani di sindacati e confindustrie. Lurlo majakovskijano dellultima avanguardia morir nel vuoto dei non luoghi del postmoderno. 3. il suicidio fisico Lunica strada allora morire di dolore. Il gusto di questa morte si pu assaporare lentamente e a lungo. Lalcol regala un dolore felpato di rosso. E mano a mano

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che il suo desiderio di vivere sta corrompendosi in bisogno di vivere, il corpo di Guy reclama sempre pi fuoco. 4. il suicidio metafisico E si pu anche morire di quella passione primigenia che il furore iconoclasta di Debord ha ucciso, perch la grandezza dellarte non comincia ad apparire che al crepuscolo della vita. Ma il morire di arte deve essere larte del morire, come voleva Paul Morand. Guy Debord non uno scrittore qualsiasi. Ha scritto La societ dello spettacolo, la bibbia della contestazione globale al sistema, il libro dellapocalisse della societ postmoderna. Il suo occhio profetico ha gi visto nei telegiornali sbiaditi e un po bulgari degli anni sessanta quello che tutti vedranno solo trentanni dopo. Il rutilante universo della mondovisione, nel quale il fatto si separa dalla sua immagine e limmagine del fatto si trasforma nello spettacolo della notizia. Onnipresente, onnipotente, uniperversivo. Il Leviatano-Blob della notizia-spettacolo condiziona le nostre scelte, detta lagenda delle nostre giornate, vive la nostra vita. Nel 1972 Guy Debord comincia a suicidarsi sciogliendo lInternazionale Situazionista. Diventeremo ancora pi inaccessibili, ancora pi clandestini. Pi le nostre tesi saranno famose e pi noi saremo oscuri. Non vogliamo essere lultima forma di spettacolo rivoluzionario. 5. il suicidio preventivo Liconurgo della fine avrebbe potuto vivere nonostante il suo terzo occhio dolorosamente aperto sul futuro del mondo, nonostante le sue teorie chiaroveggenti. Ma, come scrive Paul Morand a proposito di Otto Weininger, Guy Debord aveva genio e il suo libro era a prova di ogni attacco. Lorgoglio gli impediva di confessare lerrore vitale nel quale lo trascinava un pensiero troppo rigoroso; il coraggio gli vietava i compromessi benefici che permettevano agli uomini di non vivere secondo le loro idee. E il suo cuore tenero e affettuoso non poteva sopportare lo sfacelo del mondo. Otto Weininger, di fronte allo spaventoso dilemma: la mia opera deve morire oppure devo morire io, si uccide con un colpo di rivoltella al cuore. Guy Debord, invece, si uccide solo dopo aver disposto anche la morte simbolica delle sue opere. I manoscritti dei tomi successivi ai primi due di Panegirico vengono bruciati nella notte del 30 novembre 1994, insieme al suo cuore fucilato. 6. il suicidio catartico Ho abitato in Italia e in Spagna, e principalmente a Firenze e a Siviglia [] ma anche in altre citt che vivevano ancora []. Ben pi tardi, quando la marea di distruzioni, inquinamenti, falsificazioni, aveva invaso la superficie del mondo intero, ed era nello stesso tempo penetrata in tutta la sua profondit, sono potuto tornare

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alle rovine che restano ancora di Parigi, poich allora non era pi rimasto niente di meglio altrove. In un mondo unificato, non ci si pu esiliare. La societ dello spettacolo ha paradossalmente ucciso lesilio come categoria dello spirito, nel momento in cui ha fatto dellintero pianeta un unico, sconfinato scalo merci, un solo, smisurato non luogo di esilio. Tornato alle rovine di Parigi, Guy Debord realizza definitivamente che se il mondo stanco di lui, il papa solitario lo altrettanto della sua chiesa. Gli amici si indignano per la sua solitudine sdegnosa, lintellighentia riformista lo lapida per la sua scrittura lapidaria, langoscia lo assedia per il suo assoluto essere altro. Debord assordato dal rumore di fondo che gli rinviano i mass media della societ dello spettacolo. Ormai esiste solo in negativo, attraverso lo specchio mediatico. Il manipolatore ipnotico si trasformato in un Narciso involontario. Sottrarsi al contesto per distruggere il contesto, la sua ultima ossessione. 7. il suicidio immortale Dunque, ci si uccide per non morire, perch lunica possibile redenzione contro se stessi. Ed la salvezza di chi resta in vita. Cos fuori dal mondo, eppure cos dentro il mondo, Guy Debord non ha mai avuto scampo. Ma il suo suicidio il canto del cigno della morte prima di scomparire.

III. la morte scompare e con essa limmagine


Io non sono un filosofo, sono uno stratega. Mentre scrive lincendiario e profetico libro-manifesto del maggio parigino, Guy Debord lavora a un progetto in apparenza minore, persuaso tuttavia che si tratti della sola sua opera a cui i posteri tributeranno qualche onore. Il gioco da tavolo di strategia militare Kriegspiel, ispirato allomonimo gioco che il luogotenente von Reisswitz ide nel 1824 per addestrare gli ufficiali dellesercito prussiano. Il gioco, al di l del facile ludos situazionista, deve servire da addestramento rivoluzionario per il conflitto epocale con il capitalismo dello spettacolo, perch un militante non addestrato sarebbe solo un fattore di imbarazzo per lavanguardia. Lo stratega consapevole che la lingua barbara del grande nemico una lingua di morte e che ormai abita il cuore delluomo occidentale. Per questo la sua opera appare ellitticamente chiusa su se stessa, impermeabile a qualsiasi analisi critica. Il cineasta assassino che ha ripreso la profezia del Rousseau della Lettre dAlembert sur les spectacles, rifugge la peste dellesposizione mediatica. Il rischio di un grottesco dtournement del dtournement del suo linguaggio sempre in agguato. Nessuna intervista, nessuna pubblica esternazione, Debord non si concede allo spettacolo. La mente criminale, il nichilista, lagente del terrorismo internazionale, il fanatico egotista, il diavolo, leminenza grigia, lanima dannata, il docente di radicalismo, il guru di una generazione, il pazzo sadico, il Mephisto a

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buon mercato, il cinico fascinatore, il temibile destabilizzatore sa che luomo occidentale rinchiuso nelle gabbie professionnel che la societ dello spettacolo gli confeziona addosso per garantirsi la propria conservazione. Ma sa anche che luomo integrato nello spettacolo infinito ha dimenticato Auschwitz e Hiroshima e presto dimenticher Srebrenica e Beslan, perch la pratica di morte la prassi di vita del consumatore globale. Il deserto gli cresce dentro con il suo bisogno di una morte consumabile. Il tempo artificiale e rettilineo del deserto metropolitano ha cancellato il tempo circolare e rituale della rinascita. La morte non pi un compimento naturale, non pi un attraversamento, bens un incidente, una fatale necessit del mercato, una temporanea interruzione della fuga verso il nulla della civilt dei consumi. Svuotata di senso, la morte un accidente inspiegabile. Guy Debord avverte sulla propria pelle la solitudine globale di chi ha ucciso la morte. Sente che lisolamento delluomo irreversibile e definitivo, come il suo tempo. Una volta nati non si torna indietro, una volta morti non si rinasce, perch il karma delluomo contemporaneo uccidere il proprio karma. Luomo allevato, e dunque perfettamente integrato, dal dominio spettacolare non ha immaginazione. Si illude di vivere nella societ delle immagini, ma limmagine lo ha abbandonato da molto tempo. Almeno da cinquecento anni. Dallultima, decisiva guerra delle icone. Il calvinista weberiano, alla ricerca ansiosa di una prova logico-economica della propria predestinazione alla salvezza, mentre fondava il capitalismo gi lo poneva come argine invalicabile allo strapotere irrazionale dellimmaginazione. Nellera del capitalismo avanzato, i mezzi di comunicazione di massa perfezionano il processo di cancellazione dellimmagine, instaurando il dominio planetario dei percetti. Limmagine percettiva della realt, cristallizzata nel percetto televisivo, assurge a realt oggettiva, ontologicamente fondata. Ma luniverso mediatico un solo immenso contenitore di percetti, tanto pi nebulosi e mimetici quanto pi complessi sono gli oggetti percepiti. Un mondo di oggetti mutilati che acceca il soggetto. La coltre della storia ha infine coperto le fessure nella percezione che lasciavano filtrare bagliori di infinito nel mondo dei sensi. Cos nel deserto interiore delluomo postindustriale non vivono immagini, visioni olistiche, ma solo vedute frammentarie, non lampeggiano rivelazioni ultraterrene ma solo ansie secolari di morte. Per questo, nonostante lamore idolatra che la societ delle immagini prova per la propria superficie lucidata a specchio, il suo regime di comunicazione di massa non produce immagini ma solo una estenuante proliferazione di percetti fallaci e bidimensionali, di surrogati eidetici, di patinati fantasmi della realt. Pure, luomo ha ancora bisogno di immaginare, perch limmagine sposa lumano al divino, la pelle dellEssere attraverso la quale trasudano preziose gocce di eternit nel mondo sensibile. Perch limmagine sospende il corso del tempo e distilla echi di immortalit. I telegrafi e i motori a scoppio passano, non i centauri. Immaginare vivere per sempre.

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Allora la santa alleanza del mercato e del controllo sociale dirotta il senso dellimmaginazione sulloggetto da consumare. Limmagine del desiderio sul bisogno immaginario. Ma loggetto merce non pu soddisfare la fame di eternit che si nasconde dietro il bisogno dimmagine. Pu solo esacerbare questa fame, orientandola verso altri oggetti allinfinito. Cos linvestimento immaginario dellultimo uomo di Nietzsche si muove per spostamenti continui dellasse del desiderio, in un maligno circolo vizioso, nel quale la crescita dellappetito e degli oggetti appetiti diventa esponenziale. La fame dimmagine straripa e cresce il bisogno di piccole morti del desiderio consumabili in fretta. Alla fine la scomparsa dellimmagine dallorizzonte delluomo postdebordiano rivela la spettrale apparizione del nulla. Il vuoto cosmico. La caduta delluomo nel pozzo senza fondo della sua inedia. Il cinema destrutturato di Guy Debord si interroga sulla possibilit di vivere limmagine senza idolatrarne il fantasma mediatico. Nella sua assenza metafisica, ricerca la sorgente primigenia dellimmagine per bonificare le dune del deserto di ponente. La scopre, questa sorgente, nello schermo vuoto del desiderio. Luomo ha dimenticato di desiderare e limmagine riparte da questa terribile rimozione.

IV. la tecnocrazia del lutto


Cittadini repubblicani, non c pi nessuna Vandea! morta sotto la nostra sciabola libera, con le sue donne e i suoi bambini. Labbiamo appena sepolta nelle paludi e nei boschi di Savenay. Secondo gli ordini che mi avete dato, ho schiacciato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli, e massacrato le donne che non partoriranno pi briganti. Non ho un solo prigioniero da rimproverarmi. Li ho sterminati tutti... le strade sono seminate di cadaveri. Le fucilazioni continuano incessantemente a Savenay, poich arrivano sempre dei briganti che pretendono di liberare i prigionieri. (Da una lettera del generale Franois Joseph Westermann inviata al Comitato di salute pubblica) Con la Societ dello spettacolo del 1967, Guy Debord demolisce lintero impianto simbolico del pensiero occidentale. Polverizza il mondo dei simulacri del neoplatonismo pervenuto al suo culmine con lo strutturalismo. Abbatte il mondo dietro il mondo di Nietzsche, poich lo spettacolo lerede di tutta la debolezza del progetto filosofico occidentale, che costitu pure una comprensione dellattivit,

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dominata dalle categorie del vedere; cos come si fonda sullincessante dispiegamento della precisa razionalit tecnica che derivata da questo pensiero. Esso non realizza la filosofia, filosofizza la realt. la vita concreta di tutti che si degradata in un universo speculativo. Con una lucidit agghiacciante, agli albori dellera televisiva, Guy Debord vede lo spettacolo come la nuova religione dei tempi moderni, a causa della quale tutto ci che era direttamente vissuto si allontanato in una rappresentazione. Lo spettacolo non un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini. Non pi solo, marxianamente, la sovrastruttura dei rapporti di produzione, bens il cuore dellirrealismo della societ reale. La realt e la sua immagine sono radicalmente separate. Nel mondo realmente rovesciato, il vero un momento del falso, scrive Debord, con un felice dtournement tra Hegel e Nietzsche. Limmagine della realt esiste come sostanza autonoma, separata dal mondo, suo referente oggettivo, e brilla di luce propria, accecando con la potenza del falso luomo postmoderno. In questa quarta dimensione dellirrealt, larte non pu pi aderire alla societ. Non pu pi riconoscerla e deve di conseguenza contestarla con rigorosa intransigenza. Fino a proclamare la morte di ogni avanguardia e dellarte stessa. Nei Commentari del 1988, Guy Debord annuncia il transito della societ dello spettacolo alla sua forma evoluta di spettacolare integrato. la fine della storia: il crimine perfetto ha soppresso la realt. La vittoria della finzione sulla verit, della copia sulloriginale, della forma sul contenuto totale. Luomo ormai merce tra le merci, oggetto tra gli oggetti ed in mostra permanente in tutto il pianeta. Un infinito, sterminato presente, cancellando ogni passato e ogni memoria, ha annullato ogni possibile futuro. Lartificiale illimitato in scena ovunque. La realt quotidiana mutilata di ogni significato oggettivo e stabile. In quanto perennemente cangiante, diventa un percetto, impossibile da percepire in modo univoco. una realt inesistente, una realt cancellata dal suo spettacolo. Ma dopo la morte di Guy Debord, la societ dello spettacolare integrato transita ad un modello ancora pi avanzato. Dopo l11 settembre, la gestione spettacolare integrata degli uomini-merce, si trasforma in amministrazione tecnocratica della morte-merce. Guy Debord aveva ben visto come il divenire mondo della merce il divenire merce del mondo. Ma oggi questa merce insanguinata e lultimo rivoluzionario ha appena fatto in tempo a sopprimersi per non sentire in bocca il gusto ferroso di sangue della tecnocrazia del lutto. Lultima frontiera della societ dello spettacolo, la societ della guerra permanente per il petrolio, la madre di tutte le merci. Leditore di Pangyrique II afferma che il suicidio di Guy Debord stato il suo ultimo potlatch. La sua morte ebbe questo di ammirevole, di non poter passare per accidentale. Di pi, lartista del dispendio, con il suo ultimo potlatch, ha profetizzato il ben pi devastante potlatch dellasse Bush-Blair. Non a caso, il sociologo Gaston Bouthoul, dopo aver esaminato le congiunture

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economiche che precedono, accompagnano e seguono le guerre, perviene alla conclusione che le vicende economiche delle guerre moderne rappresentano un ciclo di prodigalit con il quale, inconsciamente, i costumi di dissipazione tipici delle trib primitive ritornano nelle societ contemporanee. Tale ciclo di prodigalit ha un significato specificamente psicologico ed emerge con particolare evidenza nelle guerre promosse in Oriente e Medio Oriente dopo l11 settembre, sostenute dalla spettacolare strategia di combattimento del terrore globale ed esportazione della democrazia nelle sue forme occidentali. Tutti i maggiori conflitti presentano oggi le caratteristiche del potlatch o dono di rivalit, secondo la definizione di Marcel Mauss e Georges Bataille. Il potlatch originariamente il dono solenne di ricchezze considerevoli, offerto da un capo al suo rivale, allo scopo di umiliarlo, sfidarlo e obbligarlo. Colui che ha ricevuto il potlatch deve cancellare lumiliazione e raccogliere la sfida. Deve, in altre parole, soddisfare lobbligo che ha contratto accettando il dono, attraverso un nuovo potlatch, ancora pi generoso del primo. Il donatario del potlatch obbligato a restituire con usura. Ma la cerimonia del potlatch non si realizza solo attraverso questa trappola anodina. Al contrario, in una forma pi esasperata e comunque molto diffusa nelle societ premoderne, il potlatch consiste in un rito complesso di distruzione solenne di una determinata quantit di ricchezze. Ad esempio, uno studio antropologico del secolo scorso registr un particolare costume dei Ttlingit dellAlaska occidentale. Il capo dei Ttlingit si presentava ciclicamente ai suoi rivali per sgozzare sotto i loro occhi alcuni schiavi. La cerimonia di distruzione di beni tribali di grande valore, come gli schiavi, doveva essere pi tardi replicata dal rivale di turno, attraverso il massacro di un numero ancora pi grande di schiavi. In questo caso, il potlatch ciclico-rituale diventa una cerimonia ostentatoria di distruzione, con lo scopo evidente di intimidire e controllare il capotrib rivale, fino ad annichilirlo. Infatti, con tutta evidenza, proprio questo surplus di autodepredazione, questo rincaro di sangue e distruzione a conferire grande potere e prestigio al donatore/distruttore. Ora, del tutto evidente come lattuale corsa frenetica agli armamenti e alle guerre preventive su scala planetaria rappresenti un ciclo inarrestabile di prodigalitsfida, nel quale ognuno degli avversari in campo distrugge una colossale quantit di ricchezza finanziaria per fabbricare armi e di vite umane per consumarle. Masse sempre crescenti di opliti e ostaggi-schiavi sono mandati al macello ai quattro angoli della terra per intimidire il nemico e indurlo a riconoscere la propria superiorit culturale. A riprova della natura di gratuit culturale di questo ultimo grande potlatch, il fatto che le guerre preventive di oggi, nonostante proclami taciti o manifesti dei governanti, non hanno mai condotto ad apprezzabili risultati economici come la riduzione del prezzo del greggio. I tecnocrati del lutto, dunque, attraverso questa eterna cerimonia di devastazione del pianeta, anche sotto il profilo ambientale, realizzano alla lettera il vaticinio di Emile Cioran. Per raggiungere non tanto la felicit quanto lequilibrio, dovremmo

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liquidare una buona parte dei nostri simili, praticare quotidianamente il massacro, sullesempio dei nostri fortunatissimi e lontanissimi avi. Del resto, come scrive Huizinga, limmagine che ci siamo fatti di tutte le civilt anteriori alla nostra diventata pi serena da quando abbiamo preso labitudine di guardare invece di leggere. Le arti figurative non si lamentano. La pace dei governi postsituazionisti la tregua spettacolare di sangue dei popoli. Nelle strade delle citt si continua a morire di questa pace. Grazie al perenne potlatch in vigore ai massimi vertici del mondo, ognuno di noi un ostaggio nelle mani dei signori della guerra infinita. Condannati a vivere nellinverno del rischio planetario, merce di scambio per armi e petrolio, il nostro sangue e quello dei nostri figli moneta facile per i fabbricanti di morte. Le nostre vite sono un effetto collaterale del consolidamento del mercato ad Oriente. La dimensione del sacro sopravvive solo nel consumo a chi ha, sar dato, a chi non ha, sar tolto , asservita alla legge del profitto globale e contrabbandata come fatale scontro di civilt. I tecnocrati del lutto, con i loro giocattoli parlamentari, producono grafici e diagrammi di morte. Grafici e diagrammi contengono il mondo dentro muri e sbarramenti. Decidono le quote di chi deve vivere e di chi deve morire, in nome dellinafferrabile merce della fine. In questo deserto di parole, luomo contemporaneo ha perduto da tempo il senso della realt quotidiana, cancellata dallo spettacolo planetario integrato delle merci. Solo con il contributo di merci che grondano sangue luomo pu trovare una propria collocazione nel mondo. Solo linganno dello spettacolo integrato pu restituirgli per un attimo lillusione di essere vivo. Almeno fino al prossimo potlatch.

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Guy Debord, Direttive n. 1 (in alto) e n. 2, 17 giugno 1963.

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DAL SUPERAMENTO DELLARTE ALLA REALIZZAZIONE DELLA FILOSOFIA


di ANTONIO GASBARRINI

Uno degli ultimi messaggi subliminali lanciati da Guy Debord poco prima di suicidarsi, nel film Guy Debord, son art e son temps realizzato con Brigitte Conrad (1994), sta nella scritta Guy Debord a trs peu fait dart, mais il la fait extrme. A sostegno ed a compendio di questa apodittica affermazione nel filmato scorrono le immagini di alcune pagine del suo antiromanzo Mmoires (1958), del celebre murales parigino gutenberghiano Ne travaillez jamais (1953), della prima pagina manoscritta de La Socit du Spectacle (edita nel 1967) e due delle cinque direttive dipinte su tela Dpassement de lart e Ralisation de la philosophie, peraltro riproposte anche nel loro verso con tanto di firma e data (1963). Apparentemente troppo poco rispetto allenunciazione ha fatto pochissima arte e, non del tutto probanti per: ma, lha fatta estrema. Al fine di decrittare correttamente il messaggio subliminale chiamato in causa, occorre integrare la parola arte, con unaltra: rivoluzione. Tal che Larte della rivoluzione o La rivoluzione dellarte chiarisce meglio di qualsiasi altra connotazione, lindissolubile legame subito instaurato dal giovane dadaista1 Debord con quel divorante fuoco rivoluzionario spento dalla gelida acqua della restaurazione a ridosso del Maggio parigino del 68, ma poeticamente redento nel 1973 con il palindromo titolo del film In girum imus nocte et consumimur igni (Giriamo in tondo nella notte e siamo consumati dal fuoco). Ha ragione Debord nel rifiutare, proprio in questo film, letichetta appiccicatagli dai massmedia di teorico delle rivoluzioni: Devo innanzitutto respingere la pi falsa delle leggende, secondo la quale sarei una sorta di teorico della rivoluzione [...] nessuna epoca viva mai partita da una teoria: era in primo luogo un gioco, un conflitto, un viaggio2. Non gi teorico della rivoluzione, ma artista per la rivoluzione, secondo la migliore tradizione rivoluzionaria francese incarnata da un Courbet con labbattimento della Colonna Vandme durante la Comune (1871) o da un Breton e i surrealisti. E, con Debord, lala radicale dei lettristi prima (Internazionale Lettrista, 1952-1957) e lInternazionale Situazionista poi (1957-1972), che rivoluzione del pensiero & della poesia! Linizio del gioco dissacratorio di Debord militante tra il 1951 e il 1952 tra le esigue fila del Lettrismo di Isidore Isou la realizzazione del suo film iconoclasta Hurlements en faveur de Sade, la cui prima sceneggiatura, pubblicata sulla rivista Ion nellaprile del 1952, prevedeva oltre alle immagini, sequenze alternate di schermate nere, con lultima, sonorizzata, proposta a chiusura (Un court silence, puis des cris trs violents dans le noir3). Ma, nel giro di un paio di mesi, via ogni

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immagine, solo sequenze di schermate bianche sonorizzate con cinque anonimizzate voci (tra cui quelle di Debord e Isou), alternate a silenziose schermate nere, con un irritante e spiazzante finale della durata di ben 24 minuti, vale a dire leternizzante durata di circa 5 volte del coevo concerto silenzioso 433 dellamericano John Cage. E, se dietro il silenzio di Cage albergavano le tele bianche di Robert Rauschenberg4, davanti le schermate bianche e nere di Debord non potevano non esserci il Quadrato nero ed Il bianco su bianco del suprematista Kazimir Malevitch, come puntualizza in suo testo polemico nei confronti dei monochromes di Yves Klein (il quale aveva assistito alla prima proiezione tumultuosa di Hurlements in una sala parigina), derivati da Hurlements e piattamente riproposti nella loro essenza linguistica, senza alcun apporto inventivo rispetto a ce quavait fait Malvitch quarante ans auparavant5. Per Guy Debord ed i Situazionisti, anzich parlare dellAvanguardia dellassenza, bisogna intrattenersi teoricamente con lassenza dellAvanguardia in un contesto neocapitalistico nel quale la decomposizione, Il senso del deperimento dellarte prende le mosse dallabortito progetto rivoluzionario surrealista (Per noi, il surrealismo stato solo linizio di unesperienza rivoluzionaria nella cultura, esperienza che si quasi immediatamente interrotta sia sul piano pratico che teorico. Occorre andare pi lontano)6. Occorreva andare pi lontano. Come?: Il compito fondamentale di unavanguardia contemporanea deve essere un tentativo [riuscito!, n.d.a.] di critica generale dellattuale momento ed un primo tentativo di risposta alle nuove esigenze. [...] Non esiste, per dei rivoluzionari, un possibile ritorno allindietro. Il mondo dellespressione, quale ne sia il contenuto, gi superato7. O meglio, superabile ed esperibile con la ludica poetica situazionista, racchiusa teoricamente della decina di termini elucidati nel n. 1 di internationale situationniste: situazione costruita, situazionista, situazionismo (Vocabolo privo di senso. [...] Non esiste situazionismo, ci che significherebbe una dottrina dinterpretazione dei fatti esistenti), psicogeografia, ..., deriva (Modo di comportamento sperimentale legato alle condizioni della societ urbana [...]), urbanismo unitario (Teoria dellimpiego di insieme delle arti e tecniche che concorrono alla costruzione di un ambiente in legame dinamico con esperienze di comportamento), dtournement (Si impiega per abbreviazione della formula: dtournement di elementi estetici precostituiti. [...]), cultura, decomposizione (Processo per cui le forme culturali tradizionali si sono autodistrutte [...]). Queste parole-concetto avevano soffiato anche sul fuoco fatuo rivoluzionariosperimentale (che nel giro di qualche anno si autospegner), dellInternazionale Situazionista fondata nel luglio del 1957 in un paesino della provincia di Cuneo, Cosio dArroscia, fuoco alimentato con i carboni ardenti post-surrealisti e post-lettristi del M.I.B.I. (Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista, con gli ex CoBrA Asger Jorn e Constant), dellInternazionale Lettrista (sorta nel 1952 come

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sinistra scissionista del Lettrismo, con Debord, Wolman e Bernstein), del fantomatico Comitato Psicogeografico di Londra, oltre alladesione di alcuni esponenti del Museo Sperimentale di Alba, tra cui far spicco il nome di Pinot-Gallizio. In questa prima fase di costruzione teorica dellInternazionale Situazionista, con le appuntite armi di una critica radicale alla societ, due sono i principali perni su cui andr a ruotare la parola dordine del Superamento dellarte: dtournement e Urbanismo Unitario. Cantore-mentore del primo sar Debord, non solo sotto langolazione teoretica, ma anche in quella pi prettamente estetica (dal ricordato film di Hurlements..., allantiromanzo Mmoires del 1958), mentre per il secondo sar larchitetto Constant a progettare alternative citt utopiche aperte alla costruzione di situazioni ed ai rabdomantici raptus delle derive (come New Babylon, esternata progettualmente dopo le sue forzate dimissioni del 1960 dallIS). Molto stato detto e scritto sullimpiego, da parte dei situazionisti (Debord su tutti) del dtournement, mutuato in parte dalla pratica decontestualizzante, spiazzante, gi attuata dai dadaisti e dai surrealisti, ma cambiato ora di segno, a livello semantico, nella prospettiva rivoluzionaria del Dpassement, allinterno della cornice poetico-teorica fornita, circa un secolo prima, da Lautramont nelle sue Poesie: Le parole che esprimono il male sono destinate ad assumere un significato di utilit. Le idee migliorano. Il senso delle parole ne partecipa. Il plagio necessario. Il progresso lo implica. Esso stringe da presso la frase di un autore, si serve delle sue espressioni, cancella unidea falsa, la sostituisce con lidea giusta8, a sua volta detournata da Debord nella Societ dello spettacolo (libro e film), a partire dalla frase le idee migliorano. Condividiamo, con Debord, lassunto che il dtournement non sia citazione, o peggio citazionismo cos caro alla rinunciataria ideologia posmoderna messa in campo dal cos detto pensiero debole tra gli anni Settanta ed Ottanta del secolo scorso, bens linguaggio fluido dellanti-ideologia [...] Esso , al grado pi alto, il linguaggio che nessun riferimento antico e sopracritico pu confermare (ancora ne La societ dello spettacolo). Nella prima frase di approccio dellI. L. e dellI. S. (1952-1960) il Dpassement compatibile con la produzione di opere da parte dei situazionisti (metagrafie, pittura industriale di Pinot-Gallizio, pittura detournata di Jorn, ecc.), ma, a ben riflettere, tale impostazione minava alla base il loro obiettivo principale labolizione dellidealistica produzione estetica borghese in quanto solo la perfetta coincidenza tra arte e vita, ovvero la vita che si fa, diviene arte secondo i loro fondanti paradigmi ultra avanguardisti, avrebbe consentito un effettivo, reale Dpassement. (La realizzazione dellarte, la poesia nel senso situazionista significa che non possibile realizzarsi in unopera, ma, al contrario, realizzarsi tout-court. Non c superamento senza realizzazione, e non si pu realizzare larte senza superarla, Mustapha Khayati, internationale situationniste, n. 10, Marzo 1966). Ed ancora Debord a prendere le distanze dalla pseodo-poesia moderna (citiamo, anzi detourniamo a memoria), sia essa di matrice sperimentale, spazialista, surrealista o neo-dadaista, ad incarnare il contrario della poesia. Il progetto artistico

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recuperato dal potere consiste nell abolire la poesia senza realizzarla, grazie alla sua formale autodistruzione permanente. Una tale contraddizione di fondo poneva ai militanti dellIS un martellante interrogativo: esiste unarte situazionista? La risposta, attraverso una serie di aggiustamenti e passaggi intermedi di taglio antiestetico, sar (sopratutto per Debord prima, e Vaneigem e Kotnyi dopo), un decisivo; NO! Affiorato con veemenza, come una velenosa, biforcuta serpe pronta ad iniettare il suo mortale liquido nellala artistica del movimento, durante le tre giornate della Quinta Conferenza dellIS a Gteborg (28-30 agosto 1961). Qui Vaneigem, nel suo intervento con cui comincer ad intrecciare i primi nodi teoretici di quella societ spettacolare che verr prepotentemente alla ribalta qualche anno dopo grazie al testo sacro di Debord, delineer nettamente i nuovi contorni del Dpassement: Il mondo capitalista o sedicente anticapitalista [U.R.S.S., Cina, Cuba ecc., n.d.a.] organizza la vita sul modello dello spettacolo....Non si tratta di elaborare lo spettacolo del rifiuto ma di rifiutare lo spettacolo [leggi mostre, progetti architettonici, ecc., n.d.a.]. Gli elementi di distruzione dello spettacolo devono per lappunto cessare di essere arte [morte di ogni pretesa avanguardista, n.d.a.] affinch la loro elaborazione sia artistica, nel senso nuovo ed autentico definito dallI.S. Non esiste situazionismo, n opera darte situazionista, n tanto meno situazionista spettacolare. Una volta per tutte9. Lamara dose della non-arte-situazionista viene rincarata da Kotnyi con unazzerante formula magica: Fin dallinizio del movimento, si posto il problema delletichetta di opere artistiche dei membri dellI.S. Si sapeva che nessuna era una produzione situazionista, ma come chiamarle? Vi propongo una regola molto semplice: chiamarle antisituazioniste10. Anche se i presenti approveranno la proposta, di l a poco (marzo 1962), una velleitaria scissione a destra sar effettuata dal danese Nash, fratello di Jorn (dimessosi dallIS lanno precedente), che dar vita ad una Seconda Internazionale Situazionista, cui aderiranno anche gli artisti tedeschi del gruppo SPUR nel frattempo espulsi dal movimento. Ma come si era arrivati allirreversibile svolta antiestetica dellopera antisituazionista? A distanza di circa trentanni i retroscena saranno chiariti da Debord nello scritto Le tesi di Amburgo nel settembre del 1961. Pi volte evocate solo nominalmente in alcuni numeri della rivista ed anche in altri scritti situazionisti, ma mai citate in questo o quel passo, Le tesi di Amburgo, come afferma il situazionista parigino, altro non erano che delle conclusioni, volutamente tenute segrete, di una discussione teorica e strategica (tra Debord, Kotnyi e Vaneigem) concernente la condotta dellIS. Fu concordato che la pi semplice sintesi di queste conclusioni riches et complexes, pouvait se ramener une seule phrase: LI.S. doit, maintenant, raliser la philosophie11. Questa stessa frase, continua Debord, non fu mai scritta, ed stata sempre tenuta segreta. Come vedremo pi avanti, su questo punto Debord impreciso, in quanto la rivoluzionaria frase Ralisation de la philosophie era stata da lui

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dipinta in una delle cinque tele esposte nel 1963 nella plurinstallazione Destruction of the RSG-6. Perch il nuovo obiettivo dei situazionisti Ralisation de la philosophie rivoluzionario? Lo chiarisce da par suo Debord, affermando che il nuovo paradigma si rif ad una celebre formula di Marx del 1844, che al momento attuale implicava la non legittimazione degli altri gruppi rivoluzionari e che di conseguenza si poteva contare solo sullI.S. per rilanciare al pi presto unaltra epoca di contestazione pari a quella del 1840. Questo punto, continua Debord, non implicava necessariamente una prossima rottura con la destra artistica dellI.S., anche se la rendeva estremamente probabile. Con le Tesi di Amburgo era stata segnata la fine della prima fase-epoca dellIS (ricerca di un terreno artistico veramente nuovo, 1957-1961) e contemporaneamente era stato fissato il punto di partenza, di non ritorno, che avrebbe poi avuto il suo sbocco naturale nei moti del Maggio 68. Con la svolta di Amburgo, cosa rimarr del ludico decalogo lettrista-situazionista (situazione costruita, deriva, dtournement, urbanismo unitario, ecc.)? Poco, molto poco: anzi, quasi nulla. sufficiente scorrere i numeri della rivista internationale situationniste usciti dopo il settembre del 1961 (dal n. 7 dellaprile del 1962, al n. 12 del settembre 1969) per rendersi conto di come il momento dellelaborazione teorica di una critica radicale alla societ (dal saggio sulla Banalit di base di Vaneigem, alla Tecnica di rovesciamento del mondo di Trocchi, da Contro la politica e larte di Vinet, alla Separazione compiuta di Debord , ovvero la pubblicazione sul n. 11 dellinternationale situationniste dellOttobre del 1967 del I capitolo de La societ dello spettacolo), abbia rubato il ruolo allarte sperimentale ed alla prassi della deriva e delle situazioni costruite e da costruire nellambiente metropolitano riplasmato e riplasmabile con lUrbanismo Unitario, che a sua volta, si trasformer, volatizzer nella critica radicale allurbanistica ed allarchitettura tout-court: Lesercizio elementare della teoria dellurbanismo unitario sar la trascrizione di tutta la menzogna teorica dellurbanistica, stravolto (dtourne) in un fine di disalienazione. [...] Lattuale pianificazione delle citt, che si presenta come una geologia della menzogna, lascer il posto ad una tecnica della difesa delle sempre minacciate condizioni della libert12. Quale fredda distanza, tra le calde, visionarie enunciazioni programmatiche dellInternazionale Lettrista e di Gilles Ivain, in particolare, primo inventoreestensore del Formulario per un nuovo urbanismo (Nella citt ci annoiamo, non c pi il tempio del sole13) e le lucide, radicali analisi teoriche situazioniste successive! Dove era andata a finire la stretta connessione instaurabile tra la Deriva ed un Urbanismo Unitario fondato su unarchitettura antirazionale, antifunzionale, ma semplicemente appassionante, cos come era stato ben esplicitato in modo telegrafico nella nota Riassunto 1954 a firma di G.-E. Debord e Jacques Fillon?: Le grandi citt sono favorevoli alle distrazioni che noi chiamiamo deriva. La deriva una tecnica di spostamento senza scopo. Si fonda sullinflusso dellambiente. Tutte le case

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sono belle. Larchitettura deve diventare appassionante. [...] lecito pensare che le rivendicazione rivoluzionarie di unepoca siano funzione dellidea che quellepoca si fa della felicit14. Ed i modelli architettonici, gli avveniristici, spaziali plastici di Constant esposti allo Stedelijk Museum di Amsterdam, esaltati sul n. 1 (n. 30) della nuova serie di Potlatch del 1959 (era quindi gi stata fondata lIS, ed erano gi usciti i primi due numeri dellomonima rivista), per aver determinato una netta cesura tra loperamerce che pu essere solo guardata e loggetto progetto la cui valorizzazione pi complessa richiama ad unazione da condurre, azione di un tipo superiore che concerne la totalit della vita15, perch erano stati buttati alle ortiche? Negati allartista della vecchia avanguardia ed allopera ogni pretesa rivoluzionaria, sia per ci che riguarda la sfera individuale, sia per quanto concerne la rete sociale, il Dpassement de lart, come si visto, sar sostituito con la palingenetica Ralisation de la philosophie. E, se vogliamo esser pignoli ed andare fino in fondo alla questione, possiamo affermare che lunica parola-guida-situazionista sopravvissuta anche dopo lautoscioglimento dellIS avvenuto nel 1972 sar il dtournement. Ma, mentre il dtournement riuscir ad esprimere tutto il suo potenziale rivoluzionario allinterno di un linguaggio rovesciato di segno persino durante e subito dopo il Maggio francese (si veda, per, la profonda differenza semantica rinvenibile tra le nuvolette graffite con frasi detournate dai situazionisti nellaffresco di Puvy de Chevannes, e quelle orecchiate dai sessantottini italiani in un dipinto allUniversit di Genova)16, cambier nel frattempo la sua genesi e la sua natura. La persistenza del dtournement nellelaborazione teorica dei situazionisti era dovuta al fatto ( come rileva con molta sagacia uno dei pi documentati studiosi del movimento, Gianfranco Marelli), di essere stato costantemente al servizio di una: propaganda sovversiva, adottando un linguaggio che vuole essere la negazione della negazione, vale a dire un linguaggio in grado di negare il valore dellorganizzazione precedente dellespressione e nel contempo rafforzare il nuovo significato in termini di critica rivoluzionaria della societ17. Solo che con i film detournati di Debord ad iniziare da La Socit du Spectacle (1973), per finire a Guy Debord, son art et son temps (1994), ma anche il secondo tomo di Panegirico il dtournement metamorfizza radicalmente i suoi connotati, trasmutati ora in pura essenza di una Poesia (con la P maiuscola, appunto!), pervasa da uno dei pi lancinanti pathos della malinconia. Questultima considerazione, sottende una domanda: quale, tra le opere antisituazioniste (nei termini tratteggiati pi sopra) sopravvissuta allimpietoso scorrere di un tempo che storicamente ha remato sempre contro ogni ipostatizzante pretesa avanguardista di una forma (dellopera) costantemente aggiornata e modernizzata (ad eccezione dei situazionisti, sintende) da questo o quel movimento? Per Debord poi, una teoria dellavanguardia non pu essere elaborata che partendo dallavanguardia della teoria18.

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Anche se la risposta implicita in quanto abbiamo scritto qualche riga pi sopra, per abbozzare al meglio una provvisoria conclusione del nostro ragionamento, non possiamo tralasciare di menzionare levento che aveva messo la pietra tombale al Dpassement de lart, senza per questo evitare storicamente dopo il Maggioi 68 il completo aborto della Ralisation de la philosophie: ci riferiamo allaccennata plurinstallazione performativa Destruction of the RSG-6 (una distruzione pi semantica che simbolica di un rifugio antiatomico dove era allestita anche una mostra con opere di Debord, Bernstein e Martin), organizzata alla Galleria Exi, ad Odense in Danimarca, nellestate del 1963. Lesibizione, oltre a contrapporsi alle mostre ed alle altre iniziative messe in atto dai nashisti (termine evidentemente dispregiativo) tendeva a far prendere il controllo artistico e teorico della nuova galleria anti-nashista e anti-atomica19, mirando inoltre, mediante la ricostruzione di un rifugio antiatomico, a divulgare i contenuti dellazione clandestina svolta dal gruppo inglese Spies for Peace, che aveva reso noto con la pubblicazione della brochure Danger! Official Segret RSG-6- il sito, nonch i piani del rifugio governativo. Nel testo in catalogo di Debord viene ribadito che quando i situazionisti parlano di superamento dellarte, o meglio, di una visione unificata dellarte e della politica, ci non vuole assolutamente significare una subordinazione dellarte alla politica [comera avvenuto con le avanguardie russe o con i surrealisti, n.d.a.], ma rilevare semplicemente che non c pi stata arte moderna, n tanto meno una politica rivoluzionaria dal 1930 [per larte, Debord nega indirettamente ogni connotazione avanguardista per i lettristi di Isou, mentre per la politica i suoi numerosi, reiterati strali, sono indirizzati contro una burocratizzata, imbalsamata gauche: e, la dinamica del fallimento rivoluzionario del Maggio 68, gli dar pienamente ragione, n. d. a.]. Inoltre vengono, tra laltro, date delle delucidazioni sulle opere esposte (le cinque directives20 di Debord, alcune cartographies thermonuclaires di Martin e la serie delle victoires della Berstein). Le direttive, scrive Debord nel catalogo, possono essere considerate come degli slogans che potrebbero vedersi scritti sui muri (cosa che puntualmente avverr durante il Maggio francese); le cartografie termonucleari sorpassano demble ogni laboriosa ricerca posta in essere dalla nouvelle figuration in pittura, in quanto avvalendosi della tecnica dellaction painting [con colate di colore effettuate sulle carte geografiche a rilievo, n. d. a. ] si potranno vedere realisticamente diverse regioni del mondo, coinvolte, nel giro di qualche ora, nella prossima guerra mondiale; con le victoires le sconfitte storiche della rivoluzione, sono ottimisticamente trasformate, con opportuni detournamenti, in vittorie. Ma quel che pi importante ricordare, sono le istruzioni date da Debord a Martin (a nome degli altri situazionisti) sulla pruristallazione (ante litteram) distribuita in tre ambienti. Il primo (Shelter) doveva dare lidea di un orribile rifugia antiatomico contenente un letto da campo, scatolame e bottiglie dacqua minerale; inoltre, come ambientazione sonora un rumore interrotto di una sirena (su registratore),

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mentre la luce doveva essere fastidiosa. Latmosfera, poi, difficile da respirare per un eccesso di deodoranti, con la presenza di due assistenti (vestite con tute antiatomiche) che obbligavano il visitatore a restare 10 minuti, durante i quali venivano distribuiti dei medicinali. Per finire, un manichino dentro un sacco di plastica messo in un angolo pour figurer le cadavre. Nel II ambiente (Rivolta), le foto ingrandite di Kennedy, la regina dInghilterra, de Gaulle, Khrouchtchev, Franco, Adenauer, il re di Danimarca e tre carabine con piombini con cui i visitatori dovevano sparare sulle foto. Nel III ambiente (Exhibition), una tradizionale piccola mostra situazionista, oltre a riviste e volantini21. Una perfida Nemesi al servizio dei sempiterni, invisibili poteri occulti, per, al posto della distruzione semiotico-simbolica del rifugio antiatomico, ne decretava, 18 mesi dopo, una reale per gli antiquadri esposti (con una bomba incendiaria messa da un provocatore nella casa di Martin dove erano depositati insieme ad altro materiale documentale e divulgativo situazionista; anche due direttive di Debord risultarono incendiate, e cio Tous contre le spectacle e Non tous les spcialistes du pouvoir - Les conseils ouvriers partout). Se con Destruction of the RSG-6 lestetico sembra dissolversi o quanto meno trasbordare docilmente nel politico (ma anche nelletico), la Ralitation de la philosophie auspicata dallo smilzo drappello dei Situazionisti fautori della svolta di Amburgo, veniva annichilita con lo smacco controrivoluzionario-spettacolare inferto al Maggio 68. Nel quarantennio a seguire, lInternazionale Situazionista sarebbe assurta agli onori di ultima avanguardia storica del Novecento (in tal senso si sono espressi Mario Perniola e Mirella Bandini)22, mentre con linfausto avvento del III colpo di Stato mediatico berlusconiano attuato con il controllo bulgaro delle televisioni, di gran parte degli altri massmedia e soprattutto del mercato pubblicitario siamo realmente transitati nelle spire di unavanguardia postpolitica ovvero unavanguardia delloblio23.

le dadaiste Guy Debord vous attend au tournant scrive il diciannovenne Debord in una delle lettere indirizzate allamico Herv Falcou (Guy Debord, uvres, Gallimard, Paris, 2006, p. 28). 2 Guy Debord, Opere cinematografiche, Bompiani Overlook, 2004, pp. 151-152. 3 Guy Debord, uvres, op. cit., p. 58. 4 Ad epigrafe del suo testo pubblicato nel maggio del 1961 sulla rivista italiana Metro, cos scrive Cage:A chiunque possa interessare: i quadri bianchi vennero per primi; il mio pezzo silenzioso venne pi tardi, John Cage, Silenzio, Feltrinelli, Milano 1971, p. 120. 5 Guy Debord, uvres, op. cit., p. 1553. 6 internationale situationniste, n. 1, Giugno 1958, p. 6, ora in internazionale situazionista 1958-1969, Nautilus, Torino, 1993. 7 internationnale situationniste, n. 3, Dicembre 1959, p. 4 e p. 6, ora in internazionale situazionista 1958-1969, op. cit. 8 Lautramont, Tutte le poesie, Newton Compton editori, Roma 1978, p. 439.

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(Dal resoconto pubblicato su internationale situationniste, n. 7, Aprile 1962, p. 26, ora in internazionale situazionista 1958-1969, op. cit.). 10 Ivi, p. 27. 11 Guy Debord, Les thses de Hambourg en septembre 1961 (Note pour servir lhistoire de lInternationale Situationniste), 1989, in internationale situationniste, Librairie Arthme Fayard, Paris, 1997, p. 703. 12 Attila Kotnyi, Raoul Vaneigem, Programma elementare dellUfficio di urbanismo unitario, in internationale situationniste, n. 6, Agosto 1961, p. 19, ora in internazionale situazionista 1958-1969, op. cit. 13 Gilles Ivain (alias Ivan Chtcheglov), Formulario per un nuovo urbanismo, in internationale situationniste, n. 1, Giugno 1958, p. 19, ora in internazionale situazionista 1958-1969, op. cit. Il testo, in piccola parte riadattato, era stato gi presentato e fatto proprio dallIL nel 1953. 14 Potlatch, n. 14, 30/11/1954, ora in potlatch, Bollettino dellInternazionale lettrista 1954-57, Nautilus, Torino, 1999, p. 28. Un altro testo, ben pi impegnativo, Teoria della deriva a firma di Debord, sar pubblicato sulla rivista belga Les Lvres nues, n. 9, novembre 1956, ora leggibile nella traduzione italiana in potlatch, Bollettino dellInternazionale lettrista 1954-57, op. cit., pp. 114-119. 15 Potlatch, n. 1, n.s., luglio 1959, ora in potlatch, Bollettino dellInternazionale lettrista 1954-57, op. cit., p. 28. 16 Entrambe le immagini, con le rispettive frasi racchiuse nelle classiche nuvolette dei fumetti, vengono pubblicate nel n. 12 della rivista internationale situationniste, dicembre 1969, pp. 31 e 33. 17 Gianfranco Marelli, Lultima Internazionale. I situazionisti oltre larte e la politica, Bollati Boringhieri, Torino, 2000, p. 41. Dello stesso autore si raccomanda anche la lettura del libro Lamara vittoria del situazionismo. Per una storia critica dellInternazionale Situazionista, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1996, tradotto in francese nel 1998 (ditions Sulliver). 18 Guy Debord, Lavant-garde en 1963 et aprs, ora in Guy Debord, vres, op. cit., p. 641. 19 Dalla lettera di Guy Debord, dell8 marzo 1963, indirizzata al situazionista danese Jeppesen Victor Martin, ora in Guy Debord, vres, op. cit., p. 644. 20 Queste le tele-direttive di Debord esposte: Dpassement de lart, Ralisation de la philosophie, Tous contre le spectacle, Non tous les spcialistes du pouvoir, Les conseils ouvriers partout Abolition du travail aline. 21 In una recensione dellevento (Pierre Lubecker, Politiken, 3 luglio 1963, riportata sul n. 9 di internationale situationniste dellagosto 1964) viene rilevato:Il movimento situazionista presenta unesposizione, se si pu dire, con unidea. Manifesta, con laiuto di produzioni caotiche a base di gessi, capelli [gli antiquadri termonucleari di Martin, n. d. a.] e soldati di piombo inzaccherati con della pittura o degli slogan, in favore della distruzione del rifugio del governo inglese R.S.G. 6, che stato costruito come difesa in caso di guerra atomica. Ovviamente, protestano in realt contro la guerra stessa e lo Stato totalitario. Si veda in proposito Guy Debord, uvres, op. cit., pp. 654-655. Con la distruzione integrale del principale deposito di pubblicazioni dellI. S. nellEuropa del Nord, la maggior parte degli antiquadri realizzati diciotto mesi prima (Martin, Bernstein) per la manifestazione Distruzione di R.S.G.6 fu ugualmente annientata: ecco una soppressione della negazione artistica che non ancora il suo superamento! 22 Mario Perniola, I Situazionisti, Castelvecchio, Roma, 1998, p. 5; Mirella Bandini, Lestetico il politico. Da Cobra allInternazionale Situazionista 1948-1957, costa & nolan, Ancona-Milano, 1999, p. 5. 23 Paul Virilio, Un paysage dvnements, Galile, Paris, 1996, p. 39.

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Manifesto del Conseil pour le maintien des occupations (C.M.D.O.), Maggio 1968.

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DA LA SOCIET DELLO SPETTACOLO AI COMMENTARI NOTE DI LETTURA


di ROBERTO MASSARI

Nella Tesi 32, vale a dire nella penultima tesi dei Commentari sulla societ dello spettacolo (scritti nel 1984, pubblicati nel 1988, ed. italiana della Sugarco del 1990), Debord ci offre alcuni cenni di sintesi, lasciando completamente libero il lettore come da tradizione situazionista di considerarli pi o meno conclusivi rispetto alla lunga analisi dipanata in questo volume e nel precedente del 1967. Il dominio della societ spettacolare, ci viene detto, ha ormai raggiunto pienamente lobiettivo dal quale aveva preso le mosse a partire dal secondo-terzo decennio del Novecento (secondo la datazione proposta a p. 13), avendo assunto le caratteristiche di autentica trasformazione sociale. E qui il lettore non pu non riandare con la memoria alle pagine del precedente volume dedicate alla descrizione del processo formativo della societ dello spettacolo, a partire dalla sua forma di merce fino alla sua trasformazione in merce suprema che condiziona la produzione e la circolazione di tutte le altre merci (vi torneremo tra breve). Ma la trasformazione sociale di cui parla Debord avendo gi fatto esplicito riferimento in pi parti del suo nuovo lavoro allintegrazione delle spinte di ribellione prodotte dai movimenti del 68 (alle quali si potrebbe applicare, storicizzandola, la bella distinzione debordiana tra invano e inutilmente) ha acquisito una tale profondit da consentire laffermazione poco rassicurante secondo cui essa avrebbe cambiato radicalmente larte di governare (p. 79). Nel nostro alienato futuro non sar un dispotismo illuminato a regolare la vita sociale, ma un sistema totalitario integrato vero e proprio. Nella Tesi 3 si era gi detto che la profondit della trasformazione stata determinata fondamentalmente dalla continuit (p. 16) nel processo di estensione del dominio della societ spettacolare; ma anche dal fatto che i movimenti del 68 avevano fallito nel tentativo (a sua volta spettacolarmente determinato) di infrangere la catena del dominio mediatico. E si era constatato amaramente che ormai a meno di un ventennio da quellevento (per Debord che scrive) il sistema di dominio era riuscito ad allevare una generazione sottomessa alle sue leggi. Il che significa dire che, avendo il sistema integrato nel proprio processo di formazione ed estensione i potenziali oppositori del dominio stesso, la chiusura del circolo totalitario di dominio assoluto stata ormai raggiunta. Debord ci dice che non ci si dovr lasciar ingannare dai ritardi o sfasature che caratterizzano il processo da un paese allaltro, n dalla contradditoriet con cui i sudditi sottomessi si lasciano integrare. E non si presti fede ai libri che, per emergere e farsi notare a loro volta, praticano correntemente la critica spettacolare della societ

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dello spettacolo. Attenzione alle vane generalizzazioni e agli ipocriti rimpianti (p. 14), perch il sistema di dominio spettacolare che domina il mondo domina non solo i grandi mezzi spettacolari, ma anche le istanze critiche, le considerazioni pi o meno scientifiche sul loro sviluppo e, soprattutto, sul loro uso. A questo riguardo, nella stessa Tesi 3, Debord mette in guardia contro la possibile mistificazione insita nellutilizzo del nuovo termine mediale con il quale si vorrebbe far credere a una veste di neutralit, dimparziale professionalit, una sorta di concessione illimitata di fiducia nello sviluppo degli stessi strumenti del dominio spettacolare (i mass media), accantonando bellamente il problema di chi li domina, di chi li utilizza e di chi riesce per il loro tramite a controllare anche il mondo della critica antispettacolare. Segue una spietata descrizione del mondo artefatto della giustizia-spettacolo, della medicina-spettacolo, vale a dire il mondo della menzogna critica organizzata con la quale si denunciano gli eccessi mediali, la propensione plebea degli spettatori a lasciarsi andare ai piaceri pi triviali nel mondo dei media, nonch le presunte responsabilit dei dipendenti mediali (tecnici, organizzatori ecc.) nel soddisfare le tendenze bestiali (lespressione di Debord) dello spettatore medio. Tutto ci per nascondere dietro la moltitudine virtualmente infinita di presunte divergenze mediali una convergenza spettacolare voluta con notevole tenacia (p. 15). Se nel libro del 1967 Debord aveva lasciato intendere a tratti che la grande trasformazione era ancora in fieri, gi profondamente sociale nella sua natura ma non ancora completa, ora (diciassette anni dopo) il filo del discorso pu procedere solo prendendo atto che la grande trasformazione spettacolare conclusa, al punto che essa determina ormai anche le azioni dei dominatori, rendendo ineluttabile la loro trasformazione in casta (p. 79). Una casta cooptata come del resto inevitabile nel processo di formazione di qualsiasi casta allinterno della societ capitalistica (questo lo aggiungiamo noi, rinviando ai tanti studi dedicati alla formazione del fenomeno burocratico nelle societ a capitalismo avanzato) nelle cui mani concorrono a integrarsi tutte le forme di dominio, rendendo assoluto questultimo e finalizzando le prime alla protezione del dominio stesso. Poco chiara la premonizione debordiana a proposito del ricambio (nel senso di un ulteriore approfondimento della logica assolutistica e totalitaria) che dovr verificarsi allinterno di tale casta cooptata, anche se egli esplicita i criteri di autoimposizione che dovranno presiedere a tale trasformazione, inesorabilmente interna allapparato burocratico. Saranno persone gi tutte collocate nella sfera del potere, che agiranno come in un complotto segreto e che avranno come codice di comportamento lerogazione o la messa a disposizione delle proprie capacit in funzione dei bisogni del potere mediatico-assoluto. Un tale ricambio, inteso come trasformazione segreta e interna alla casta dominante,
concluder in modo decisivo lopera dei tempi spettacolari.

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Non si sottovaluti il tono drammaticamente pessimistico di questa frase, di fatto conclusiva nelleconomia di discorso dei Commentari, perch di l si pu ricavare la componente pi lucida e storicamente pi significativa del messaggio debordiano. E il fatto che egli abbia deciso di lasciarci mentre noi siamo qui a cercar di fare il punto sullo stato di dominazione sociale e politica raggiunto dalla societ dello spettacolo, usando in gran parte le categorie interpretative che furono da lui elaborate nel libro del 1967 non ci esime dalla responsabilit anche politica (ma in primo luogo morale) di definire e misurare il livello raggiunto nel processo della grande trasformazione dalla societ dello spettacolo. Nei Commentari, tuttavia, risuona anche un grande allarme, in virt del quale siamo costretti a porci degli interrogativi poco diplomatici e assai preoccupanti. Siamo veramente tutti integrati nel processo di costruzione/riproduzione della societ spettacolare? Siamo gi diventati tutti parte della critica mediale di comodo necessaria al sistema e orchestrata pi o meno direttamente dal sistema stesso? Vale ci per chi mi ascolta o mi legge? Vale per i miei amici e colleghi debordiani? (in verit assai pochi in Italia e per lo pi incoerenti con le premesse teoriche della critica di Debord, in particolare con la sua frontale contrapposizione al dominio della societ del capitale e dello spettacolo). Vale anche per me? E ammettendo che valga per me in generale, vale anche ora, nel momento in cui sto tentando di attualizzare e rendere pi facilmente comprensibile il senso dellanalisi di Debord? Domande da far paura, per le quali rispondere in un senso o in un altro non facile. E comunque domande che rinviano a delle scelte, a degli impegni (degli engagements di sartriana memoria) assunti o da assumere per poter svolgere un qualche ruolo allinterno degli eventuali spazi residuali di conflitto antisistemico (anticapitalistico e antispettacolare). Per non andare a cercare esempi troppo lontani, possiamo dire che gli sviluppi della corruzione spettacolare nellex estrema sinistra italiana (in quella che un tempo con termine improprio si sarebbe definita avanguardia e che di recente ha mostrato in Parlamento a quali gradi di bestialit capace di giungere ciascuno dei suoi esponenti istituzionali pur di riuscir a conservare la postazione occupata i famigerati Forchettoni rossi, di cui parliamo in altro libro) rendono tuttaltro che oziosi questi miei interrogativi. Del resto, sono anche convinto della natura autenticamente debordiana di questi stessi interrogativi. Ma forte anche la paura che i tempi supplementari siano scaduti, che il cerchio si sia chiuso e che ormai si sia ridotti a parlare dellopera di Debord per il puro piacere antispettacolare della situazione in cui ci avviene, senza alcuna conseguenza eversiva. Insomma, la societ dello spettacolo di cui si cominci a teorizzare apertamente in ambito lettristico, psicogeografico, postsurrealistico e situazionistico alcuni decenni fa, avrebbe raggiunto lera del dominio totale, integrato e onnicomprensivo. E ci anche perch avrebbe ormai la possibilit di corrompere le coscienze fin dai primi stadi dellinfanzia, rafforzando poi tale massiccia opera di condizionamento (per i

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sottomessi, una vera e propria consegna del cervello allammasso) con i premi che la stessa societ spettacolare mette a disposizione dei bimbetti cresciuti e divenuti tra laltro, e solo i pi fortunati e per questo invidiati giornalisti, intellettuali di comodo, dirigenti di partito, parlamentari, divi dello schermo e dello scherno, autorit acculturatrici in senso lato. Prover quindi a detournare (cio a utilizzare per finalit diverse dalle quelle per le quali furono concepite) alcune categorie interpretative che stanno alla base del libro del 1967, per vedere se riesco a strappare loro ancora una qualche utilit propositivo-rivoluzionaria, a differenza di ci che da quelle stesse categorie riusciva a cavar fuori questo grande pessimista postmoderno, inesauribile elaboratore di aforismi, eretico per vocazione, sfuggito, dapprima, allabbraccio tentacolare della societ dei consumi; poi, alla trappola del narcisismo intellettuale autoconsolatorio; infine, al successo mediatico (leggi riabilitazione strumentale o riesumazione spettacolare). Nel secondo capitolo de La societ dello spettacolo [citer ovviamente la mia edizione (Bolsena 2002), curata da Pasquale Stanziale e giunta ormai alla terza ristampa.], dedicato a La merce come spettacolo, Debord richiama esplicitamente e dentrata, il principio del feticismo della merce (p. 55), collocandosi nellalveo della grande tradizione di pensiero cresciuta su quel quarto paragrafo del capitolo primo della sezione prima del primo Libro de Il Capitale, che Marx intitol Il carattere di feticcio della merce e il suo arcano. Larcano da rivelare, per dirla in breve, era il fatto che la forma di merce potesse mostrare agli uomini il rapporto sociale determinato che si instaura fra gli uomini stessi nel processo di lavoro, nel processo di produzione di quella stessa forma di merce, mentre feticistico era il fatto conseguente e cio che dal mondo delle merci derivasse il carattere sociale specifico del lavoro che produce merci, trasformando agli occhi degli uomini la natura stessa di quel lavoro. Le complicanze di questa possente intuizione binaria di Marx le lasciamo ai marxologi (di cui lItalia tristemente abbonda) e diamo per scontato che Debord le abbia metabolizzate nel loro sviluppo teorico. Tra i tanti percorsi teorici precedenti che gli vengono normalmente attribuiti come fonti di ispirazione su tali tematiche che si sono poi rivelate fondamentali per lanalisi della societ spettacolare si pensa in genere e in primo luogo al giovane Lukcs, ma si trascurano Roman Rosdolsky e Karl Korsch che invece tante generose aspettative suscitarono nel mondo delleterodossia marxista degli anni 60. Nel cap. 5 della seconda parte di Genesi e struttura del Capitale di Marx (Laterza, Bari 1971), Rosdolsky ricostruisce in maniera molto originale il percorso teorico che conduce Marx a stabilire il rapporto tra la formazione di denaro e il feticismo delle merci (pp. 156-63), arrivando alla conclusione che i due fenomeni sono due facce della stessa medaglia e che la societ produttrice di merci tanto incapace di liberarsi del denaro, quanto di stracciare il mistico velo di nebbia che le nasconde la vera forma del processo di produzione materiale. Nel cap. 7 del suo Karl Marx (Laterza, Bari 1969), Korsch non solo riconduce la teoria marxiana del feticismo alla giovanile attenzione hegeliano-feuerbachiana per

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lautoestranazione umana (detta in seguito anche alienazione, tema carissimo a Debord), ma indica nel principio feticistico la categoria suprema cui vanno ricondotte per Marx tutte le categorie economiche del capitalismo. Korsch riconosce a Marx il merito di aver smascherato come un unico grande feticcio tutte le forme delleconomia e della societ borghese che su quelle stesse forme si fonda, e di aver disvelato per primo la grande falsificazione dellEconomia politica: la mistificazione storica per cui la forma pi alta di coscienza borghese riesce a far s che lapparenza si rispecchi nei rapporti di valore delle merci, in modo rovesciato, feticistico (p. 126). Rovesciato e feticistico. Il lettore familiare con la terminologia della Societ dello spettacolo pu gi cogliere le connessioni teoriche tra lanalisi della merce proposta e sviluppata dal marxismo pi autentico e i fondamenti dellanalisi debordiana. La quale, nella tesi 41 (p. 58), ripete i concetti di cui sopra riguardo al dominio apparente del denaro, da Debord paragonato a un messo dotato di pieni poteri che parla a nome di una potenza sconosciuta. Questa potenza viene identificata nella forma di merce che, con la produzione massiva per il mercato mondiale appare come la potenza reale, quella che occuper la vita sociale nel suo insieme. Fin qui Marx e i pi lucidi esponenti del marxismo eterodosso, antidogmatico e antistaliniano. Ma Debord va oltre e nella Tesi successiva identifica lavvento egemonico della societ dello spettacolo nel momento in cui la merce (il mercato) arriva ad occupare realmente linsieme della vita sociale. come se larcano segreto disvelato dallo sviluppo delle forze produttive e dallestensione dei rapporti sociali capitalistici fondato come abbiamo visto sul carattere feticistico della forma di merce avesse avuto bisogno di rinnovarsi per continuare ad esercitare la funzione mistificatrice (feticistica) indispensabile per il funzionamento del sistema. La possibilit del rinnovamento viene fornito dalla crescita ed estensione totalizzante della societ dello spettacolo, ma in una forma che appare definitivamente rovesciata nel momento in cui la realt spettacolare si rende indipendente dal mondo delle cose sensibili (merci incluse). Ma anche nel momento in cui si sostituisce al soggetto lavorativo, ora divenuto fondamentalmente un consumatore, e quindi uno spettatore passivo rispetto a una forma superiore di irrealt che gli sfugge come e pi del segreto arcano insito nelloriginario rapporto salariale, nella forma di merce o nel rapporto sociale di produzione capitalistico tradizionale:
la base reale dellaccettazione dellillusione in generale nel consumo delle merci moderne. Il consumatore reale diviene consumatore di illusioni. La merce questa illusione effettivamente reale, e lo spettacolo la sua manifestazione generale (p. 61).

Il supersviluppo delleconomia mercantile erode via via quel tanto o poco di valore duso che ancora poteva sopravvivere nel valore di scambio. Questo pervade ogni ganglo della vita sociale, falsificando qualsiasi manifestazione residua di indipendenza da parte del soggetto (ormai consumatore passivo, bisognoso di

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pseudogiustificazioni via via sempre pi spettacolari per adeguarsi alla propria forma di vita falsa e rovesciata). Lo spettacolo diventa lequivalente generale astratto di tutte le merci (ibid.) e in tale veste si trasforma nellaltra faccia del denaro, essendo gi divenuto la faccia falsificante della forma di merce, il cui feticismo esso riproduce in forma modernamente illusoria. la conclusione inevitabile del processo che Debord aveva anticipato allinizio del suo libro, nella Tesi 4:
Lo spettacolo non un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra persone, mediato dalle immagini (p. 44).

Nella Tesi 6:
Lo spettacolo, compreso nella sua totalit, nello stesso tempo il risultato e il progetto del modo di produzione esitente. Non un supplemento del mondo reale, il suo sovrapposto ornamento. Esso il cuore dellirrealismo della societ reale. [...] laffermazone onnipresente della scelta gi fatta nella produzione, e il suo consumo ne corollario. Forma e contenuto dello spettacolo sono ambedue lidentica giustificazione totale delle condizioni e dei fini del sistema esistente. Lo spettacolo anche la presenza permanente di questa giustificazione, in quanto occupazione della parte principale del tempo vissuto al di fuori della produzione moderna (pp. 44-5).

Infine, nella Tesi 34:


Lo spettacolo il capitale a un tale grado di accumulazione da divenire immagine (p. 54).

Non possiamo qui richiamare tutte le parti dellopera debordiana in cui emerge prepotentemente il tema della separazione. Non si tratta pi solo della separazione marxiana del produttore dallopera (dai suoi valori duso e di scambio), delloperaio dal frutto del proprio lavoro. O della separazione dalla coscienza di s nei meccanismi molteplici dellautoestranazione, dellalienazione. La separazione di cui parla ora Debord elemento costituitivo della prassi sociale globale (fondata a sua volta sulla scissione tra realt e immagine), parte integrante della falsa unit del mondo che nella sua totalit include anche lo spettacolo, vale a dire la parte illusoria di s, la parte dotata di esistenza virtuale (diremmo con linguaggio odierno), quindi di nonesistenza. Eppure non si pu parlare di realt astratte, perch lo spettacolo che si fatto merce attivit sociale effettiva, a sua volta un prodotto effettivo. E anche la realt invertita dallillusione spettacolare, rovesciata in irrealt, effettivamente vissuta, sia pure in funzione della contemplazione dello spettacolo. Qualche elemento di realt oggettiva esiste in entrambi i lati, afferma Debord nella Tesi 8:
La realt sorge nello spettacolo e lo spettacolo reale. Questa reciproca alienazione lessenza e il sostegno della societ esistente (p. 45).

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Il tutto per concludere nella Tesi 9, invertendo e detournando una formula di Hegel, per ricavarne laforisma pi celebre e pi universalmente citato in ambito debordiano e situazionista in generale:
Nel mondo realmente rovesciato, il vero un momento del falso (ibid.).

Cos dunque lo spettacolo divenuto ormai merce, equivalente generale, misura del grado di illusoriet del mondo rovesciato? Per Debord in primo luogo scissione (non pi solo separazione) allinterno dellindividuo stesso. Questi affida ormai le proprie forme di manifestazione sensoriale soprattutto alla vista (e in parte allascolto), a discapito degli altri sensi, in primo luogo il tatto, e della fisicit in genere. Delega i propri poteri umani alla forma spettacolo; lo fa in maniera irreversibile e in una forma pressoch testamentaria rispetto a un al di l costituito dallillusione della realt rovesciata. Rinuncia allelaborazione diretta dei propri sogni, affidandoli alla produzione spettacolare, trasformando questultima in una sorte di sorvegliante notturna del sonno. Allo spettacolo viene delegata la rappresentanza e il diritto di parlare per tutti, dal momento che lo spettacolo
la rappresentazione diplomatica della societ gerarchica innanzi a se stessa, dove ogni altra parola bandita... lautoritratto del potere allepoca della sua gestione totalitaria delle condizioni desistenza. Lapparenza feticistica della pura oggettivit nelle relazioni spettacolari nasconde il loro carattere di relazione tra uomini e tra classi: una seconda natura sembra dominare il nostro ambiente con le sue leggi fatali (pp. 49-50).

E ancora una volta la conclusione di questa parte delluniverso di discorso debordiano viene affidata alla stringatezza di unaffermazione fortemente evocatrice e drammaticamente suggestiva quanto il celebre aforisma sopracitato:
Lo spettacolo la conservazione dellincoscienza nel cambiamento pratico delle condizioni desistenza (p. 51).

Degni di attenzione sono anche i tentativi di storicizzazione contemporanea che Debord compie per delineare una sorta di casistica o specializzazione nella diffusione della societ spettacolare. E allora, se ai paesi dipendenti, arretrati sotto il profilo dello sviluppo capitalistico, non restano grandi alternative allimportazione dei modelli spettacolari delle societ pi avanzate (senza libert di scelta in unepoca che gi Debord definiva come globale o completamente globalizzata), per le societ affidate a sistemi di origine staliniana qui definite come dittature burocratiche occorre parlare di concentrazione dello spettacolare. Concentrato il potere economico del burocrate rispetto allinsieme di un sistema economico che egli non domina completamente. E concentrato il processo di produzione, per la sua relativa arretratezza rispetto a quello capitalistico, con una collocazione produttiva del lavoratore priva di margini sia pur minimi di scelta dal momento che il burocrate esercita il

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proprio potere integralmente, accompagnandosi alluso della violenza permanente. Concentrata infine quella che Debord chiama la vedette assoluta, cio il dittatore autocratico garante della coesione totalitaria. Si pensi a Stalin, ovviamente (citato comunque nella Tesi 70 e, nei Commentari, a p. 22), e ai vari satrapi ascesi al potere nei paesi dellEst sulla spinta dei carri armati sovietici. Parole come quelle che seguono, furono scritte nel 1967, ma paiono anticipare vividamente il crollo delle burocrazie nellEuropa dellEst alla fine degli anni 80:
Ogni crollo di una figura del potere totalitario rivela la comunit illusoria che lapprovava unanimemente e che non era che un agglomerato di solitudini senza illusioni (p. 73).

Debord, tuttavia, cita espressamente Mao come esempio a lui contemporaneo di accumulazione primitiva accelerata dal terrore (p. 70) e in tal modo dimostra gli occhi dei posteri di aver capito lessenza burocratico dittatorial-spettacolare del regime cinese, a differenza di quanto avverr negli anni successivi in Europa con lesplosione del fenomeno maoista in forme pi o meno caricaturali, massimo esempio di adesione passiva da parte della giovent ribelle allideologia dello spettacolo burocratico dittatoriale.
Se ogni cinese deve imparare Mao, e cos essere Mao, perch non ha nessun altro da essere. L dove domina lo spettacolare concentrato domina anche la polizia (p. 51).

Lasciando il mondo dello spettacolare concentrato e passando al mondo in cui vi abbondanza di merci (capitalismo imperturbabilmente sviluppato) Debord parla di spettacolare diffuso. Ivi lo spettacolo un catalogo apologetico della totalit degli oggetti offerti al consumo. il canto epico dello scontro fra le merci, che tutte si deteriorano in un tale scontro senza quartiere, mentre si rafforza e si realizza la loro forma di esistenza generale, la forma di merce, per lappunto. Debord parla di uomo reificato, di pseudobisogni e nega la possibilit di bisogni o desideri autentici che non siano modellati dal sistema. Laccumulo illimitato e artificiale di beni prodotti dalla societ dellabbondanza, mentre uccide la possibilit stessa di espressione di bisogni reali, provoca necessariamente la falsificazione della vita sociale. A tale falsificazione la societ dello spettacolo contrappone limmagine consolatrice di una unificazione della societ mediante il consumo. Ma Debord demistifica anche questa pia illusione, descrivendo il destino degli oggetti preposti al lancio di determinate mode: nel momento in cui essi affluiscono nelle case dei consumatori perdono laureola prestigiosa dlite che lo spettacolo aveva loro conferito nella fase di avvio della campagna pubblicitaria e diventano prodotti di consumo volgari, banalizzati, alla portata di tutti e quindi privi del fascino spettacolare elitario originale. Ma a quel punto, gi un altro prodotto di consumo fintamente dlite ma destinato al consumo di massa, bussa alla porta per occupare il posto del precedente. E cos via allinfinito. Nella Tesi 4 dei Commentari, Debord riprende la distinzione tra forma di potere spettacolare concentrata e forma diffusa, specificando ulteriormente che la prima

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caratterizza la controrivoluzione totalitaria, sia nazista che stalinista, e la seconda la presunta libert di scelta consumistica dei salariati, allinterno di societ dellabbondanza incluse in un processo di americanizzazione del mondo. Ora sente il bisogno, tuttavia, di aggiungere una terza forma di potere, lo spettacolare integrato, considerandolo come uno sviluppo diretto dello spettacolare diffuso, allinterno del quale si ritrovano i vecchi germi dello spettacolare concentrato, sia per il ruolo svolto da sindacati e partiti di origine staliniana, sia per lantidemocratica longevit dei regimi governativi. E cita la Francia e lItalia come esempi pi compiuti di questa terza forma di potere spettacolare, non solo perch perfettamente rispondenti alle caratteristiche di cui sopra, ma anche per il modo in cui sono riusciti a porre termine alla contestazione rivoluzionaria del 68, nonostante ne fossero stati investiti di sorpresa. Il modello di potere spettacolare integrato rappresenta fedelmente la forma di potere pi sofisticata ed efficace, avendo ormai fatto della falsificazione la propria metodologia dintervento favorita. Il Debord dei Commentari dedica alcuni paragrafi alla descrizione delle varie forme di falsificazione, riprendendo e sviluppando intuizioni essenziali della prima opera, ma aggiornandole alla luce dellinarrestabile sviluppo tecnologico e della corruzione politica con cui si realizza lopera della grande falsificazione sistemica. Il quadro che ne scaturisce degno delle pi tetre distopie letterarie e ha poco da invidiare al succo di discorso di 1984, il celebre romanzo orwelliano:
Il governo dello spettacolo, che attualmente detiene tutti i mezzi per falsificare linsieme della produzione nonch della percezione, padrone assoluto dei ricordi e padrone incontrollato dei progetti che plasmano lavvenire pi lontano. Egli regna da solo ovunque; egli esegue le sue sentenze sommarie (p. 18).

I Commentari affrontano la societ dello spettacolare integrato soprattutto sotto il profilo descrittivo, rispondendo alla chiara convinzione dellautore che la realt falsificata e rovesciata degli anni 80 in cui egli si vedeva costretto a vivere fosse la forma pi compiuta del modello totalitario spettacolare poggiato sulle premesse delle quali si era fornita uninterpretazione teorica nel primo volume. In questo senso il seguito dellopera si presta ad una pi facile leggibilit, ma anche al destino di un pi precoce invecchiamento. Il mondo che l viene descritto appare profondamente mutato (in peggio, ovviamente) a due-tre decenni di distanza. E non oso pensare a come lo sar in un altro decennio o due. Possiamo dire, invece, che le categorie di analisi profuse nel primo volume si rivelano utili ancor oggi per spiegare i processi di crescente corruzione politica, di imbarbarimento culturale, di accresciuto controllo dallalto dei fenomeni di dilagante conformismo dal basso, la frantumazione sempre pi egoistica della vita sociale, latomizzazione delle forme di protesta reali, la ritualizzazione capillare di quelle preordinate dal sistema, labolizione del ricorso alla storia come fonte dinformazione, la scomparsa dellopinione pubblica come forma di controllo spontaneo, lapparente degrado dei meccanismi di autodifesa della specie.

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Il grande contributo debordiano alla definizione di una categoria epocale la societ del potere spettacolare (concentrato, diffuso o integrato che sia) non poteva non arrestarsi alle soglie del nuovo millennio, esigendo che altri Debord comparissero allorizzonte per approfondire il solco da lui tracciato. Altri non tanto nel numero, quanto invece nelle competenze, e tutti impegnati a rispondere ai quesiti irrimandabili della nostra epoca: la detenzione del potere spettacolare nelle mani di caste che si cooptano tra loro, poggiando su piramidi e piramidi di sottocaste analogamente autocooptantesi, pu incontrare una barriera allinterno stesso dei limiti posti dalla natura allo sviluppo sociale ed economico del pianeta? La diffusione del potere totalitario spettacolare procede ovunque alla pari, o vi sono comparti del sapere umano in cui il processo appena o niente affatto avviato? Per illustrare lidea con un esempio: la ricerca sulla flora batterica in fondo a un oceano subisce gli effetti della spettacolarizzazione del discorso scientifico alla stessa stregua della ricerca sullAids? Oppure, in campo politico: il ruolo vanaglorioso e narcisistico di un presidente della Camera, ha lo stesso impatto spettacolare del giovane che si astiene alle elezioni per il rifiuto a lasciarsi coinvolgere in un cinico e disastroso gioco delle parti? E lo show-man televisivo che discetta di tutto lo scibile (dalla bioetica allantropologia comparata) si pu considerare frutto e complice del potere spettacolare alla stessa stregua del pensatore solitario impegnato ancora a cercare in libri e oggetti documentali il perch lumanit abbia a un certo punto smarrito il rapporto con se stessa? un secondo set (cos si dice, ormai) di interrogativi che lascio al lettore, accingendomi a concludere questa breve carrellata dei principali messaggi ricavabili dalla critica debordiana della societ dello spettacolo. Lo faccio nella sincera convinzione che il peggio debba ancora venire e che vi siano ancora dei margini per impedire che ci accada. Lasciata a se stessa, la casta pi o meno impalpabile che regola lamministrazione dello strapotere derivante dalla crescita esponenziale della societ dello spettacolo ci condurrebbe (ci condurr?) direttamente allautodistruzione della specie, allimbarbarimento del pianeta, alla fine pi che reale della vita reale sostituita sempre pi con la sua protesi virtuale rovesciata. Insomma, mi illudo ancora che se non sar una risata che li seppellir, potrebbe essere pur sempre una bella insurrezione mondiale, interetnica e di massa. In questa speranza, che qualcuno potrebbe anche nobilitare chiamandola utopia, mi sento molto vicino a Debord, cui cedo ancora una volta la parola volentieri, ricordando un ultimo brano magistrale tratto da La societ dello spettacolo:
Lunit irreale che proclama lo spettacolo la maschera della divisione di classe su cui riposa lunit reale del modo di produzione capitalistico. Ci che obbliga i produttori a partecipare alledificazione del mondo anche ci che da questo mondo li esclude. Ci che mette in relazione gli uomini affrancati dalle loro limitazioni locali e nazionali anche ci che li allontana. Ci che obbliga allapprofondimento del razionale anche ci che nutre lirrazionale dello sfruttamento gerarchico e della repressione. Ci che fa il potere astratto della societ fa la sua non-libert concreta (pp. 73-4).

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NOTE SULLA PERCEZIONE CRITICA DEI RAPPORTI TRA DEBORD E BAUDRILLARD


di MATTEO DAMBROSIO

Molti contributi dedicati a Guy Debord isolano il suo pensiero e la sua scrittura dalle tradizioni che, senza tuttavia condizionarne lindiscutibile originalit, li hanno compiutamente influenzati. Isolare gli oggetti dindagine rispetto ai contesti di appartenenza utile ai metalinguaggi quando non si intende incorrere nelle difficolt da affrontare altrimenti; nel caso in questione esse sono dovute al fatto che nelle tesi di Debord (e in quelle di Jean Baudrillard, come vedremo) sono cospicui e a volte decisivi i legami con grandi opere di grandi autori (compreso Marshall McLuhan, il primo apologeta della societ dello spettacolo). La rete di tali relazioni appare di difficile individuazione anche perch Debord non cita mai direttamente i testi di riferimento e i loro autori, preferendo procedere con ampi recuperi e operazioni di elaborata riscrittura. La sua opera maggiore, La societ dello spettacolo, del 1967, non priva di passaggi di alquanto ardua comprensione. Debord si affida frequentemente al dtournement a suo parere una vera e propria antitesi della citazione , una pratica di montaggio per inversione che, trasformando la trama di scrittura in un patchwork di materiali ricavati dai pi diversi contesti e in particolare dai linguaggi dellinformazione, della burocrazia, del controllo istituzionale, produce un capovolgimento di prospettiva nei fenomeni di significazione. Questa reiterata soluzione stilistica una vera e propria marca distintiva della sua scrittura non priva di una componente plagiaristica, che sembra rimodellizzare una tradizione aperta dai I Canti di Maldoror di Lautramont; trover ospitalit negli slogan del Maggio francese. Ne fanno le spese, nella Societ dello spettacolo, soprattutto Marx, Hegel e Lukcs. Quando viene abbandonato, nella scrittura di Debord prevalgono la drammatizzazione dellostilit alle convenzioni e accenti di profondo pessimismo. Come nei lettristi, che privilegiarono esclusivamente il segno/lettera, il limite del dtournement sta nella mancata diversificazione stilistica; anche il suo uso insistito una strategia in contraddizione con lauspicio della liberazione dellimmaginario. La scrittura di Debord lennesimo esempio di come certa filosofia possa essere considerata un settore della letteratura, in ragione della prevalenza che vi si riscontra di uno statuto simbolico e finzionale, di complesso spessore metaforico. In questo senso si affianca alle tipologie di scrittura istituite dalle avanguardie, che avevano individuato la funzionalit dellibridazione. Tra i molteplici riferimenti non secondari dellopera di Debord sono certamente da annoverare:

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a - Il Capitale di Marx e Storia e coscienza di classe di Lukcs. Ma nel progetto situazionista prevalgono le ragioni di un edonismo libertario che privilegia limmaginazione e la creativit, il piacere e il desiderio, unimpaziente immediatezza anti-riformistica; cos i paradigmi delleconomia libidinale prendono il sopravvento su quelli delleconomia politica; b - i contributi al rinnovamento delle scienze sociali offerti da Walter Benjamin e dagli altri francofortesi. Come ha sottolineato Mario Perniola1, certamente le tesi di Debord e le loro implicazioni sulle pratiche creative nascono tra laltro dal saggio di Benjamin Lopera darte nellepoca della sua riproducibilit tecnica; c - Dada, con la sua discontinuit organizzativa e programmatica, il Surrealismo (bretoniano, soprattutto), il Lettrismo di Isidore Isou e la sua volont di cancellare finalmente ogni distinzione tra arte e vita quotidiana. In virt di questi ultimi legami, che ripropongono esperienze in cui si intrecciano strettamente strutture ideologiche e opzioni creative, lo stesso Perniola giunto a considerare il Situazionismo come ultima avanguardia storica. Come tutte le precedenti avanguardie, che per comunicare progetti e interpretazioni si erano affidate ad una particolare tipologia di scrittura il genere Manifesto , il Situazionismo ha rivendicato una propria supremazia teoretica, fondata sul trattato che Debord scrisse con la convinzione che, per mettere in crisi un assetto sociale stabilito, occorre formulare una teoria capace di spiegarne i fondamenti e di offrire uninterpretazione unitaria, valida per ogni aspetto della vita quotidiana. I pochissimi protagonisti delle vicende del Situazionismo si sono per dimostrati provocatori e propagandisti, myth makers piuttosto che opinion leaders. Molteplici aspetti della loro attivit confermano modelli gi sviluppati nella tradizione delle avanguardie: lattenzione agli esiti estremi del laboratorio sperimentale dei linguaggi dellarte, i quali allontanano da competenze, sensibilit e attese del pubblico; la convinzione dellinutilit di qualsiasi metalinguaggio e di qualsiasi pratica critica, dellimpossibilit di qualsiasi interpretazione; lauspicio al sollevamento della giovent, parola dordine dei lettristi e, prima ancora, diversamente formulata dalla propaganda futurista; il superamento del sistema dellarte, risalente almeno allestetica della negazione del Dadaismo, di cui il Situazionismo condivide la rimozione della ragione tecnica e scientifica. Debord (1931-1994) e Baudrillard (1929-2007) avevano personalit molto diverse. Debord era convinto che apparire rinunciare e pertanto, coerentemente, non ha mai rilasciato interviste: le sue ipotesi teoriche, tutte le volte che possibile, guardano pi alla sovversione autonoma e libertaria che al progetto politico. Debord, come intellettuale, si presto attestato su una posizione consapevolmente marginale, strenuamente difesa dalle conseguenze dellaccoglienza e del successo fatti registrare dalla sua opera. Baudrillard appare invece come un esponente di una cultura del dialogo e dellascolto, disponibile agli spostamenti, al cambiamento, allincontro e al confronto.

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Entrambi (come, tra gli altri, Jean-Franois Lyotard) possono essere considerati come due filosofi post-marxisti, che nel periodo della formazione ebbero contatti con gli stessi ambienti: Partono dallanalisi che Marx fa, nel Capitale, del carattere feticcio della merce2, per occuparsi specialmente dellepisteme del nostro tempo, lo spettacolo, vale a dire la natura della vita nelloccidente del capitalismo postindustriale, riconoscibile materializzazione dellideologia dominante. Sia quando ci si occupa dei fenomeni ideologici di radicalismo eterodosso del secondo Novecento, sia quando si propongono analisi e interpretazioni della societ occidentale, dellet postmoderna e delle ricerche artistiche avanzate, non possibile prescindere dagli innegabili legami che intrattengono le opere di Debord e Baudrillard. Per i settori disciplinari che se ne occupano, essi appaiono per di ardua definizione. In molti casi traspaiono pertanto imbarazzo e superficialit. Un esempio ma se ne potrebbero fare molti ricavabile da un trattato di sociologia della comunicazione, in cui ci si limita ad alludere ad un concetto e al rilevamento di un tono comune:
Jean Baudrillard rappresenta posizioni sociologiche abbastanza vicine al complesso di teorie enunciate da Guy Debord. Lo stesso concetto di spettacolo pi volte ripreso e utilizzato nei lavori di Baudrillard. Anche il tono, in taluni passaggi insieme tagliente e profetico, ricorda in parte quello di Debord. Non si tratta ... di una somiglianza casuale3.

La ricostruzione dei rapporti tra il pensiero di Debord e quello di Baudrillard si sviluppata lungo diversi percorsi investigativi. Il primo ovviamente appannaggio dei debordiani, secondo i quali, semplicemente, Baudrillard rielabora con scarsa originalit Debord, dimostratosi audacemente visionario e preveggente. Quando il secondo scrive
Tutte le funzioni sono abolite nellunica dimensione della comunicazione. lestasi della comunicazione. Tutti i segreti, tutti gli spazi, tutte le scene sono abolite nellunica dimensione dellinformazione: loscenit [,]

tutto si ridurrebbe alla possibilit di sostituire il termine comunicazione con spettacolo. Ne discendono una conferma dei risultati raggiunti dalle ricerche del primo e la valutazione del contributo di Baudrillard come complessivamente estraneo alle problematiche privilegiate dal Situazionismo. Lo stesso Debord, nella nuova prefazione a La societ dello spettacolo pubblicata da Gallimard nel 1992, volle del resto ribadire con forza lattualit e lefficacia della sua teoria critica, rifiutando di ipotizzare possibili cambiamenti, che le trasformazioni della societ occidentale avvenute nei cinque lustri trascorsi avrebbero potuto rendere necessarie. Debord non apport mai modifiche al testo del trattato che nella lingua originale ha avuto ben cinque edizioni , preferendo limitarsi a prolungare lo sviluppo di alcune tesi nei relativi Commentari, in cui ripristina la possibilit di una critica dellet postmoderna e ribadisce il valore delle teorie situazioniste.

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Un secondo filone ammette linfluenza di Debord su Baudrillard, per attribuirle una importanza storica, percepibile quando si considera il lavoro del secondo come un avvenuto e naturale superamento, basato su comuni trame argomentative:
Situationists vocabulary of play, pleasure, and subversion reappear, and the politics of the everyday, consumerism, the media, the avant-garde, the city, language, and desire are themes common to both4.

Luniverso iper-reale di cui parla Baudrillard corrisponde sostanzialmente alla societ dello spettacolo di cui parla Debord; in entrambi la realt e il senso delle cose sono state surclassate da una confusione di segni, immagini, simulazioni e apparenze. Un universo non definibile, dove non resta che giocare con i suoi frammenti, le sue vestigia, le sue rovine. La sfida trovare il modo di vivere con quello che rimasto. Le immagini cercano di convincere di essere rappresentazioni di qualcosa, piuttosto che componenti del mondo in quanto tali. Come aveva gi capito Nietzsche, non ci sono fatti, ma solo rappresentazioni. Indubbiamente nelle prime opere di Baudrillard come Il sistema degli oggetti che le indicazioni di Debord si rintracciano con maggiore evidenza, soprattutto nelle pagine in cui la circolazione delle merci percepita come priva di significato, di utilit e valore. Preferendo rifarsi ad una analisi dei processi di semiosi che ne istituiscono il valore, piuttosto che alla critica marxista delleconomia politica, nel tempo Baudrillard parler di un sistema di segni che costruiscono rappresentazioni affidandosi alla mediazione di un universo di codici, messaggi ed immagini, andando cos a sostituire luniverso delle merci.
Ubiquitous messages, signs, and images conspire to confuse appearance with reality and throw into question the possibility of distinguishing true experience, authentic desire, and real life from their fabricated, manipulated, and represented manifestations5.

La societ occidentale avrebbe insomma portato a compimento il processo di spettacolarizzazione e di rimozione del significato degli oggetti acutamente percepito da Debord, orientandosi verso il consumo delle merci in quanto segno. Le modalit dello scambio simbolico, gi richiamate dal nome della testata situazionista Potlatch, saranno esaltate da Baudrillard come gesto di rottura e resistenza integrale. Secondo Sadie Plant, Baudrillard giunge ad un completo capovolgimento della teoria situazionista, with which remains engaged throughout his work6. Secondo Anselm Jappe, autore della pi nota monografia su Debord, Baudrillard si sarebbe sostanzialmente limitato a radicalizzarne le tesi:
Un riferimento pi diretto alla teoria situazionista si pu trovare nella teoria del simulacro che nega esplicitamente ogni possibilit di distinguere il vero dal falso, e dunque

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lesistenza di un autentico che possa essere falsificato. In particolare, lanalisi fatta da Baudrillard evidentemente influenzato da Debord accetta la caratterizzazione della societ esistente come uno spettacolo. Ma egli stacca questo concetto dalla sua base materiale e ne fa un sistema autoreferenziale, dove i segni non sono pi un travestimento della realt, ma sono effettivamente la realt. Cos egli si rallegra di non doversi pi occupare di una fastidiosa verit, dato che questa non celata, ma semplicemente inesistente. Per Baudrillard, lo scambio dei segni ha occupato tutto lo spazio sociale. Dunque non pu esistere nessuna resistenza, perch questa dovrebbe rifarsi a concetti come contenuto, significato o soggetto che, secondo Baudrillard, sono essi stessi diventati segni. curioso osservare come Baudrillard riprenda dei concetti di Debord e, apparentemente radicalizzandoli, li capovolga in verit nel loro contrario. Pur pretendendo di essere una critica, questa teoria non fa altro che sognare di uno spettacolo perfetto che si sia disfatto della sua base materiale si pu dire: di una consumazione che si sia sbarazzata della produzione e che non ha pi niente da temere dalle contraddizioni di questa. Interpretato cos, il termine societ dello spettacolo diventato una parola corrente del gergo giornalistico che possiamo sentire tutti i giorni una possibilit che Debord stesso aveva previsto7.

Il Situazionismo dispiega una teoria del soggetto definito in termini di individualit desiderante e creativa, che non rinuncia a cercare la verit, a cambiare il mondo. Una soggettivit radicale, centro e misura dellesistente, che rivendica il diritto allinvenzione, alla creazione, alla determinazione delle situazioni adeguate al dispiegamento, con la massima intensit, della propria esistenza, liberandosi dalla mediocrit della societ dello spettacolo e dalle sue mitografie, che promuovono lesatto opposto dellindividualit soddisfatta e realizzata. Una politica della liberazione ispirata al cambiamento, allautodeterminazione, allautonomia, che si orienta nello stile di vita euforico, fluido e privo di scopo della deriva: lo spostamento nello spazio, principio psicogeografico che si aggancia alla particolare attenzione prestata dai situazionisti allarchitettura, poi ribadita e amplificata dalle teorie del postmoderno. Gabriele Piana ha preferito invece individuare i passaggi che indicano come e pi vistosamente Baudrillard sia riuscito nel tempo ad allontanarsi dal suo scomodo antesignano:
La consapevolezza che il discorso mediale trasforma la societ in societ dello spettacolo in cui domina lunilateralit della comunicazione sulla quale si fonda il sistema di potere avvicina certamente Baudrillard al pensiero di Guy Debord e dei situazionisti. Fin dagli inizi, tuttavia, Baudrillard sembra differenziare la propria analisi da quella situazionistica, mettendo in questione il concetto di alienazione8. In seguito egli afferma esplicitamente che non viviamo pi nella societ dello spettacolo e nel dramma dellalienazione ma nellestasi della comunicazione9.

In due diverse interviste Baudrillard ha trovato modo di esprimere il proprio punto di vista sui rapporti intercorrenti tra le teorie situazioniste e il proprio pensiero. Nella prima dichiara:

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I was very, very attracted by Situationism. [ ] And even if today Situationism is past, there remains a kind of radicality to which I have always been faithful. There is still a kind of obsession, a kind of counterculture, which is still there. Something that has really stayed with me10.

Nella seconda, presente nel dossier Guy Debord et laventure situationniste, ospitato dal Magazine littraire del giugno 200111, Baudrillard ritiene ormai necessario andare oltre:
Cette utopie est devenue un strotype, une vulgate. Peu peu, lalination par le spectacle et sa dnonciation sont devenues une vulgate totale, vulgaire dun certain point de vue. Cest lune des raisons pour lesquelles je crois aujourdhui quil faut dpasser cette notion de spectacle12.

Altri studiosi si limitano invece a costatare la presenza di entrambi in un pi ampio contesto: Fredric Jameson, ad esempio, trova ovviamente pi aggiornate13 le loro teorie rispetto alle analisi offerte con Dialettica dellIlluminismo da Adorno e Horkheimer. Il contributo pi equilibrato e articolato probabilmente quello di una studiosa dellUniversit di Birmingham, Sadie Plant, che nel saggio The Most Radical Gesture. The Situationist International in a Postmodern Age mette a confronto Situazionismo e postmoderno, Debord e Baudrillard, provando a distinguere dove le loro analisi convergono e dove invece si allontanano.
The similarities of their contemporary positions are underwritten and undermined by radical political differences. Debords writing is purposeful and deliberate: he remains bitterly unhappy that simulations and appearances are emptying the world of meaning and reality and, still waiting for history to return to us, he decries the spectacular domination of the world as surely as in his earlier texts. For Baudrillard, however, it is not merely the case that we seem to have forsaken historical reality for a matrix of signs and simulations: this passage is complete, and the suggestion that history is at the end is by no means a despairing hypothesis, unless we regard simulation as a higher form of alienation which I certainly do not. From Baudrillards perspective, Debords laments are a reactionary and nostalgic, still contained by struggles for production and the uncovering of more meaning, historical reality, and subjective experience. And to Debord, Baudrillards work is based on a fundamental error, signalled, perhaps, by his specialised obsession with the media. Mistaking the appearances, simulations, and signs of reality for reality itself, Baudrillard has happily accepted the spectacles own account of itself. As Debord has written in The Society of the Spectacle: Understood on its own terms, the spectacle proclaims the predominance of appearances and asserts that all human life, which is to say all social life, is mere appearance. And indeed, for B, modern society is entirely circumscribed by its superficial characteristics. If we are led to believe that history has ended then it must be so; if dissent is always recuperated it must inevitably be lost;

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if events and experiences seem confused amidst a welter of spectacles and reproductions, they must truly have disappeared. Like Baudrillard, Debord argues that the tendency to replace the real with the artificial is ubiquitous. [] For Baudrillard, however, priority must now be given to appearance and artifice. And a nostalgic faith in the moment of liberation is not the only consequence of such pleas for the authentic14.

Dopo aver auspicato il superamento dellarte come linguaggio separato, nel 1961 i situazionisti giunsero ad ammettere limpossibilit dellesistenza di unarte situazionista prodotta in condizioni non- e anti- situazioniste. I situazionisti decisero pertanto di concentrare la loro attivit sul versante della teoria, con gli esiti che la loro storia oggi ci rammenta. Baudrillard ha proposto un accostamento della poesia alla ribellione utopica: entrambe non possiedono finalit, ma sono nellimmediatezza autoriferita; non rimandano ad una liberazione futura, preferendo loccorrenza, lattualizzazione del desiderio. Sul versante artistico, la ricerca delle forme della negazione non si comunque mai interrotta. Comunit indeterminate e indistinguibili, forse costituite da pochi aderenti come gi lInternazionale Situazionista , disinteressate al successo storico che ha arriso ai movimenti che nel Novecento hanno fatto registrare centinaia di adesioni (come il Futurismo e il Surrealismo, ad esempio), hanno proposto negli ultimi decenni gesti e comportamenti e situazioni aperte, come la diffusione di testi segnati da una firma collettiva (Karen Eliot, o Luther Blisset). In tal modo le tesi di Debord e del suo Situazionismo sembrano prolungare la loro plausibilit antagonistica, al di l dei paradigmi della condizione postmoderna. Cos vengono per negate le posizioni di Baudrillard, secondo il quale larte ha ormai da tempo smesso di contestare alcunch. In ogni caso, qualsiasi forma di opposizione, anche quando affidata al regime della metafora, viene assimilata ai processi totalizzanti di assimilazione del dominio. Sadie Plant ci invita ad ammettere:
The masses continue to love, fight, work, and riot; it is also true that the age in which we live is far from the blind circularity of passive affirmation invoked by postmodern theory.[] The radical trajectory begun by Dada has not accepted the petrifying conclusions of postmodern theory, and the awareness that even the most radical of gestures can be disarmed continues to encourage a search for irrecuperable forms of expression and communication15.

Uno scenario finzionale ha assunto valore di verit. Intanto le masse, come ebbe ad ammettere Baudrillard, dimostrano sempre pi apertamente di rifiutare apaticamente la realt, di preferire le forme dellapparenza, di accettare lillusionismo dello spettacolo, di voler ricondurre ad esso qualsiasi cosa, rimanendo cos, silenziosamente, sempre pi prive di storia, di coscienza, di desiderio. Un mondo senza storia, che ci

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abbandona ad un eterno presente di immagini, segni e apparenze. il primato del simulacro e della simulazione e dellindifferenza, che lascia alle tradizioni critiche la nostalgia dellesperienza, della verit, del senso, della liberazione. Il proletariato, vittima delle sofisticate forme della tolleranza repressiva, secondo la formula di Herbert Marcuse, nella crescita e nellabbondanza dispone di unapparente libert di scelta tra merci equivalenti, ma continua a non avere il controllo diretto e immediato delle proprie esistenze. Le teorie del postmoderno insistono sullimpossibilit della pratica critica, considerando la sovversione come unipotesi futile e lutopia rivoluzionaria come un sogno infantile e reazionario. Anche Baudrillard rifiuta completamente ogni possibilit di opposizione, di dissenso, di resistenza; tutte le strategie argomentative sono divenute inutili; in caso di bisogno, lo spettacolo stesso che provvede a inventare e organizzare i poli della sua negazione. Anche la sua forma pi radicale trova una sua collocazione allinterno del sistema cui si oppone, subendo uno spostamento e unintegrazione. Scrive Debord:
Provocation, infiltration, and various forms of elimination of authentic critique in favour of a false one have been created for this purpose.

Nella riflessione sul postmoderno, guardando agli sviluppi francesi della teoria critica, spesso si preferisce accostare Debord e Baudrillard a Roland Barthes:
Roland Barthes critically dissected the ways that mass culture naturalized and idealized the new social configuration through mythologies which provided propaganda for the new consumer society; Guy Debord attached the new culture of image, spectacle, and commodities for their stultifying and pacifying effects, claiming that the society of the spectacle masked the continuing reality of alienation and oppression; Baudrillard analyzed the structures, codes, and practices of the consumer society16.

La tragica scelta esistenziale compiuta da Debord lo accomuna a molti protagonisti dellarte eterologica; essa trova, in ambito creativo, un suo pendant nella repressione della pulsione creativa e nella scelta del silenzio, che port a interrompere lattivit artistica, per un periodo o per sempre, protagonisti delle avanguardie artistiche e letterarie come Andr Breton, Marcel Duchamp, Hugo Ball, Julius Evola. Il marketing ha da tempo prestato particolare attenzione al pensiero di Debord e Baudrillard, preoccupandosi di convertirne le implicazioni nelle sue strategie di comunicazione. In rete si pu leggere un case history dedicato alla rete dei negozi Hollister, organizzati proprio sulla base delle osservazioni critiche di Debord, attentamente utilizzate per modellizzare lo spettacolo della merce:
The advertisement is simultaneously telling consumers what they want and embodying what consumers already desire. Such is the essence of spectacle where desire has been embodied in the media and becomes the real.

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M. Perniola, La societ dei simulacri, Bologna, Cappelli editore, 1983, p. 170. C. Freccero e D. Strumia, Introduzione a G. Debord, La societ dello spettacolo. Commentari sulla societ dello spettacolo, Milano, Baldini & Castoldi, 1997, p. 11. 3 S. Cristante, Potere e comunicazione. Sociologie dellopinione, Napoli, Liguori editore, 2004, p. 143. 4 S. Plant, The Most Radical Gesture. The Situationist International in a Postmodern Age, London, Routledge, 1992, p. 112. 5 Ivi, p. 10. 6 Ivi, p. 64. 7 A. Jappe, Guy Debord [1993], Roma, manifesto libri, 1999, p. 164. 8 Cfr. J. Baudrillard, La societ dei consumi [1970], Bologna, il Mulino, 1976, p. 287. 9 G. Piana, Baudrillard e il partito preso dellillusione, postfazione a J. Baudrillard, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realt?, Milano, Raffaelo Cortina Editore, 1996, p. 164. 10 J. Williamson, An Interview with Jean Baudrillard, Block, n. 15, 1989, p. 18. 11 Jean Baudrillard: A cette poque, le concept de rvolution existait encore, propos recueillis par F. Martel, Magazine littraire, n. 399, juin 2001, pp. 49-51. 12 Ivi, p. 50. 13 Il desiderio chiamato Utopia, Milano, Feltrinelli, 2007, p. 200. 14 S. Plant, op. cit., pp. 168-169. 15 Ivi, p. 176. 16 S. Best and D. Kellner, Postmodern Theory. Critical Interrogations.
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Manifesto del Conseil pour le maintien des occupations (C.M.D.O.), Maggio 1968.

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DEBORD AND COMPANY


di ANTONIO DEL GUERCIO

Il mio lintervento dun non addottorato in debordismo. Anche perch, fra laltro, penso che il pensiero di Debord non meriti quel germanico ismus che sostituisce alla singolarit (del pensatore, e dellartista manco a dirlo) la genericit dun insieme di diversi. Altro il Marx del 1844 genialmente ripensato, e attualizzato, da Debord in Socit du spectacle, altro il Manuel di Vaneigem, pi vicino a Dada, direi. Ma pi vicino come? Non al modo serioso di Duchamp (capisco di suscitare qui una diffusa reazione dantipatia), cio un modo che, dando al Museo (e alla privatissima galleria darte) il potere sacrale di fare arte allorigine dellattuale bolla finanziaria detta mercato darte internazionale. E se il Manuel dadaista nel suo modo antisacrale, anche perch cera stato Debord. Parigino per nascita e attivo a Parigi, avrei potuto incontrare Debord. Non accaduto. accaduto invece che per vie diverse e traverse ho avuto rapporti con unampia area culturale che pi o meno direttamente faceva emergere nella mia mente la sostanza dellinsegnamento di Debord (last but not least, una non episodica romance con una ragazza intensamente situazionista). Pensate al gruppo Panique, fra i quali meno noto ma strepitoso Christian Zeimert, libertario, autore di incontri fortuiti tra parole e immagini. Ad esempio: contro una proposta di legge che portava da 12 a diciotto mesi il servizio militare, Zeimert delinea un pupo di diciotto mesi, in fasce ma con un elmo in testa; insomma, Non au service militaire dix-huit mois. Per non dire della sua serie su Mondrian, dal titolo Le Monde riant de Zeimert. Oppure pensate a quel grande omaggio alla marxgiovane riflessione di Debord che fu il film kung-fu dirottato dal titolo La dialectique peut-elle casser des briques? Una grande domanda. E, su tuttaltro versante, parlare di Debord con Pierre Klossovski, presente la fanciulla situazionista alla quale ho gi fatto riferimento, e da lui sottoposta a domande stringenti. Poi egli fece entrare in discorso Walter Benjamin, alla cui lettura laica, anzi laicista, che ne facevo egli apport una sua correzione, facendo in modo di alludere a, da lui stesso condivise, esperienze iniziatiche: Il savait beaucoup de choses. Per me Debord e il situazionismo sono insomma parte decisiva duna costellazione molto ampia. Come non includervi il grandissimo Alphonse Allais che nel 1883 aveva esposto la sua opera Fanciulle anemiche che si recano a fare la Prima Comunione sotto la neve? Un bel foglio bristol bianco. Quanti anni prima che Duchamp facesse qualcosa del genere? E soprattutto, senza caricare la cosa di pretese estetologiche. E quanta ispirazione, a Debord e ai situazionisti pervenuta da Baudelaire, che nella vie moderne colloca pubblicit stradale, trauma causato dalla folla,

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collezionismo darte, notte, prostituzione, giornalismo, eccetera? (anche se ahim il gran critico darte che egli fu caric lintuizione della vie moderne sul ben modesto Constantin Guys). Sia lode a Guy Debord che ci costringe, in questa orrenda fase della vita italiana (ed europea, anche se in livelli meno turpi), a chiamare a raccolta tutta una storia che come tutte quelle che hanno avvenire viene da lontano.

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SULLA FILMOGRAFIA DAVANGUARDIA DI GUY DEBORD


di PIERCESARE STAGNI

Le pompose celebrazioni dedicate al Sessantotto e nel nostro caso alla sua cinematografia ufficiale sono intente ormai da mesi a ricordare principalmente lopera e le opere di autori che avevano ispirato o anche interpretato e diffuso il pensiero nei vari momenti, come Godard, Marker, Resnais, Buuel ma anche Pasolini, Anderson, Ferreri, Schneider, Hopper, Solanas, Waldleigh, Bellocchio, Gregoretti e molti altri con loro. Anche le avanguardie dellepoca hanno ricevuto grande attenzione: in Italia citiamo ad esempio il rinnovato interesse per Bene, Grifi, Leopardi e per artisti quali Schifano e Baruchello. Tutto bello, tutto vero, tutto interessante. Ma, se invece dovesse nascere in qualcuno lesigenza di cercare di penetrare nellintima essenza del 68 andando oltre le storicizzazioni e le convenzioni di facciata (ovviamente superando lostacolo degli omaggi celebrativi), la ricerca di influenze pi autentiche potrebbe allora condurlo davanti a piccole scomode verit, a veri padri che, orrore, a cercare di studiarli a fondo si capisce che con il cinema tradizionale e con le convenzioni sulla rappresentazione della realt avevano poco a che fare. Grazie a una visione sul cinema rigorosa e rivoluzionaria. Talmente dirompente da spaventare per la sua elementare bellezza. Odiare e condannare il cinema nelle sue forme contaminate e deviate, eppure, amarlo follemente al contempo in quanto potenziale, unica risorsa per la salvezza. Come ha fatto per tutta la sua vita Guy Debord. Una vita Con e contro il cinema, sempre sul filo della verit sfiorata, evidente ma riconosciuta solo da pochi, espressa attraverso esternazioni rigidissime e integraliste, ma pi vicine alluomo della strada di quanto luomo della strada possa mai aver immaginato. Vedere le opere di Debord significa ripercorrere la storia della recente umanit, ma con una obiettivit e lucidit talmente straripante da essere spesso confusa con la forma esasperata di altre avanguardie. E invece gi a partire dalla vita quotidiana, condivisa con pochi compagni prima nellesperienza lettrista e poi in quella situazionista, non difficile individuare un sincero invito alla vita, oltre che un sottile strato di malinconia che si insinua e si nasconde nelle pieghe delle sue opere, e soprattutto dei suoi film: lambizione radicale di rinnovare la societ annientando le esperienze precedenti reale, e pone come detto lo spettatore in una posizione nuova e scomoda, ma, sotto traccia, il senso poetico a guidare la visione. Per Debord la condizione delluomo moderno resa problematica da una frammentazione sociale che ha fatto s che un solo settore (mercato) dominasse sugli altri.

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Ridotto al silenzio, allindividuo consumatore non rimane altro da fare che ammirare le immagini che altri hanno scelto per lui. Laltra faccia dello spettacolo allora lassoluta passivit dello spettatore, il quale riveste unicamente il ruolo di chi sta a guardare e non interviene mai. Lo spettacolo nella societ attuale viene quindi definito il sole che non tramonta mai sullimpero della passivit moderna. In questo modo lo spettatore completamente dominato dal flusso delle immagini, che si ormai sostituito alla realt, creando un mondo virtuale nel quale la distinzione tra vero e falso ha perso ogni significato. vero solamente ci che lo spettacolo ha interesse a mostrare. Tutto ci che non rientra nel flusso delle immagini selezionato dal potere, falso, o non esiste. Il flusso delle immagini travolge tutto, e analogamente qualcun altro a dirigere a suo piacimento questa sintesi semplificata del mondo sensibile, (Commentari sulla Societ dello Spettacolo). pi facile allora comprendere come i film e le opere di Debord siano in realt degli accorati e sinceri inviti affinch il popolo si allontani da questa passivit mortale e omologante e torni singolarmente alla vita, con piena coscienza e libert morale, sociale e culturale. Hurlements en faveur de Sade, il primo film, Debord lo propone nel 1952 ad un pubblico sbigottito: film senza immagini, con lo schermo bianco con dialoghi fuori campo alternato a sequenze mute con lo schermo nero, di varia durata, quella finale di ben 24 minuti! Lopera affidata alle voci di Gil Wolman, Serge Berna, Barbara Rosenthal, Jean-Isidore Isou, oltre che a quella dello stesso Debord, il quale si pone allattenzione come un efficace sovvertitore in grado di smascherare e soprattutto di disinnescare le finzioni e le ipocrisie mondane. Il film, proiettato per la prima volta al cineclub del Muse de lHomme di Parigi la sera del 30 giugno 1952 indigna il pubblico a tal punto che la proiezione deve essere interrotta dopo appena venti minuti. Per Debord il cinema offre solamente figure sostitutive, e quindi essendo contaminato nella sua essenza e mistificato dalla cattiva fede degli autori va annientato senza piet. E infatti non si avviciner mai al cinema inteso come concetto tradizionale: a lui interessa la potenzialit della comunicazione pura attraverso il cinema, non luso discriminante che ne fa la classe dominante. Il cinema commerciale allora per i situazionisti un mezzo spaventoso che viene utilizzato per pacificare e controllare le masse. Daltro canto anche lavanguardia artistica per Debord sembra non comprendere pienamente la vera funzione e la potenzialit del cinema, perch ingannata e limitata dallesigenza e dal vezzo della mera rappresentazione e autocelebrazione estetica. Inoltre potr apparire complicato comprendere il senso da lui attribuito alla parola regista: in realt si tratta di una formidabile commistione di passione, onest intellettuale e spirito combattivo. Una alchimia, questa, che si realizza magicamente sul nuovo schermo immaginato dai situazionisti, un legame talmente forte testimoniato da una celebre foto scattata nel 1960 in cui si fanno ritrarre tutti davanti ad

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uno schermo bianco, lo stesso dove dovr poi brillare e ardere la fiamma rinnovatrice: lottare per impadronirsi del cinema, perch ogni forma di rappresentazione tradizionale per loro destinata ad impoverire. Sei, tra corti e lungometraggi, sono le opere di Debord, che dopo il provocatorio film lettrista di Hurlements en faveur de Sade del 1952, realizza, nel 1959 (gi progredito poeticamente nella fase situazionista), il corto Sur le passage de quelques personnes travers une assez courte unit de temps, giocato magicamente sul contrasto tra la rievocazione dellentusiasmo delle prime intuizioni lettriste e la sofferta, terribile consapevolezza dellincapacit pratica di saperle raccontare nella loro vera intima essenza. la malinconia poetica di cui si parlava prima, la seconda anima di questi lavori dopo la propulsione straripante dellentusiasmo militante. Anche la terza opera conserva un certo spirito romantico, allinsegna della consapevolezza dello scorrere-correre del tempo: la gioia di vivere che ne consegue, quasi una frenesia, deve servire a liberare lo spettatore dal condizionamento sociale, etico e politico a cui costantemente e subdolamente sottoposto dalle classi dominanti attraverso il cinema, i media, la stampa, larte condizionata. lo stesso a ricordarci che gli spettatori non trovano nel cinema ci che desiderano, ma desiderano ci che trovano. Nel 1973 vede la luce ladattamento omonimo di quello che considerato il suo capolavoro, La Socit du spectacle, pubblicato nel 1967: una analisi lucida e impietosa della societ di classe. Due anni dopo la volta di un lavoro assolutamente inconsueto, letteralmente una Contestazione di tutti i giudizi, sia elogiativi che ostili, che sono stati fatti fino a qui su La societ dello spettacolo. Una prova ulteriore, se ce nera il bisogno, della estrema e spiazzante onest intellettuale del Nostro. Infine nel 1978 vede la luce, il caso di dirlo, lopera dal celebre titolo palindromo, In girum imus nocte et consumimur igni, un ritorno ai temi cari del temps perdu vissuti in stile bohmien, attraverso il racconto di un uomo che ha sempre tentato di vivere secondo le proprie regole. La visione di un film di Debord, a prescindere dalle variazioni dovute a minime correzioni stilistiche effettuate negli anni, costituisce, ancora oggi, una esperienza unica: alla base della sua tecnica la decisiva e fondamentale esigenza di adottare il metodo cosiddetto del dtournement, ovvero un anticitazione, una riscrittura, una riappropriazione di un testo dal punto di vista esclusivamente semiotico, che propone insieme brani di film e testi apparentemente incompatibili tra loro, e che in realt vanno a costituire due formidabili tessuti connettivi, molto densi dal punto di vista degli input emessi; ma la magia vera e propria, non lontana dalle teorie del montaggio delle sperimentazioni sovietiche di Kulesov prima e Ejzenstejn e Pudovkin dopo, quella dello scaturire di un coinvolgente e personalissimo prodotto subliminale che rende la percezione e la fruizione di tale footage una esperienza assolutamente unica e ogni volta diversa e pi consapevole. Una pratica-gioco-tattica situazionista che prevede il reimpiego sistematico e funzionale di materiali artistici preesistenti (Tutti gli elementi, presi ovunque, possono

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essere oggetto di accostamenti nuovi. Le scoperte della poesia moderna sulla struttura analogica dellimmagine dimostrano che fra due elementi, anche di origini lontanissime fra loro, si stabilisce sempre un rapporto). Ma, attenzione! A differenza del dtournement artistico, che conduce alla creazione di una nuova opera darte, quello dei situazionisti porta dritto dritto ad una sorta di negazione dellarte, soprattutto grazie alla forma comunicativa immediata che contiene. Praticamente un atto di decontestualizzazione da una prima provenienza e di inserimento in un insieme di significati che attribuiscono un nuovo valore. La Socit du spectacle inizia con un dtournement dellincipit del Capitale di Marx: Tutta la vita delle societ moderne in cui predominano le condizioni attuali di produzione si presenta come unimmensa accumulazione di merci. Un lavoro minuzioso, lunghissimo e assolutamente elaborato, che porta a risultati sorprendenti e che i situazionisti applicano con successo anche ad altre forme espressive come i fotoromanzi, le foto (in maggioranza nudi femminili), i manifesti pubblicitari e soprattutto il fumetto, in polemica dichiarata con la Pop art che invece tendeva a scomporli in minuscoli pezzi. Tornando al cinema, sono rarissimi gli autori tradizionali rispettati dai situazionisti, meno ancora quelli inseriti in un mini elenco del cinema, in cui trovano posto solo Ince, Stroheim, l Age dor per quanto riguarda il surrealista Buuel, due film di Welles, Rapporto Confidenziale e Quarto Potere. Stimano il documentarista Jean Rouch e Von Sternberg, ma soprattutto Alain Robbe-Grillet e quindi Alain Resnais, le cui opere Hiroshima mon amour e Lanno scorso a Mariembad sono spesso oggetto di analisi sulle pagine della rivista Internazionale Situazionista, diretta dallo stesso Debord. Negativa ad esempio lopinione su La strada di Fellini, ma anche sulle opere di Clouzot e di Hitchcock, terrificante e impietoso il giudizio su Jean-Luc Godard, ritenuto lautore delle false novit, il fabbricante spettacolare di una pseudocritica di una arte recuperata, per rabberciatura, nellimmondizia del passato. Il messaggio chiaro e inequivocabile: il peccato di Godard e di altri consiste nellesprimersi con un linguaggio apparentemente libero e innovativo, ma in realt surrogato e riciclato, e questa cosa per Debord rende il cinema dautore pi pericoloso e fuorviante di quello di fattura classica e recitativa, che almeno falso ma non malizioso. Ma le notazioni sino a qui scritte lasciano il tempo che trovano se ci si concede ad una visione sincera di queste lavori cos particolari, affascinanti perch nella loro quotidiana lotta tesa al superamento dellarte tradizionale, sia essa riconducibile alla pseudo avanguardia (sgombrato il campo da inutili orpelli e preconcetti), riescono ad offrire a chiunque voglia una molteplice possibilit di interazioni, oltre ad un senso di libert infinito: Non pu esistere unarte situazionista ma un uso situazionista dellarte.... Quelli offerti, donati da Debord allo spettatore, sono stimoli a base di una iconoclastia teorica ma anche pratica, in fondo ludica e categorica, dura, cattiva ma spesso anche struggente e lirica: commenti verbali apparentemente sintetici e invece

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in grado di evocare una intensa malinconia, che si calcifica sempre pi insieme allimpressione che le occasioni possibili nel passato sono ormai irrimediabilmente perdute, come nella sequenza di In girum imus et consumimur igni in cui un battello in movimento ci fa lentamente sprofondare in uno stato catartico, triste ma necessario, che si consuma piano, come la fiamma stessa del fuoco prometeico che i situazionisti portano in giro, ripetutamente e alla ricerca del grande fuoco del passato... Lucida la fotografia, inesorabile e incisiva, come anche nelle inevitabili alternanze tra i bianchi e i neri di Hurlements en faveur de Sade, tra pieni e vuoti, tra coscienza lucida e battito dellinconscio, con una quasi onomatopeica sincronia tra il ritmo del testo e le aritmie delle immagini mancanti, sfocianti nei ventiquattro minuti finali in cui siamo in balia dei nostri segreti, in cui Debord ci lascia confrontare con la nostra vita. Che match! E il risultato appeso a un filo. E la verit solo nostra. Le immagini, in quanto prodotto della separazione dalla realt qui vengono a mancare. Lappoggio alle malridotte stampelle dellideologia non c pi, come avviene con una prima piccola bicicletta senza rotelle: dobbiamo fare da soli, soffrire e finalmente vivere! Guy Debord morto suicida con un colpo di fucile il 30 Novembre del 1994 nella sua casa di Champot, un paesino dellAlta Loira. Per molti anni i suoi film sono risultati praticamente invedibili, anche a causa del suo carattere estremamente riservato che lo aveva portato a non avere il telefono, a non concedere assolutamente interviste e a non lasciarsi fotografare se non in rarissime occasioni. Nel 1984 poi, dopo lassassinio di Grard Lebovici, editore e mecenate-finanziatore di tre film di Debord, alcune illazioni della stampa francese circa un presunto coinvolgimento del filosofo nellomicidio dellamico lo spinsero a ritirare immediatamente dalla circolazione tutte le sue pellicole. Solo nel 1995 alcuni suoi film furono finalmente trasmessi da una rete via cavo francese. Iniziative pi recenti si devono ad Alice Debord e ad un piccolo gruppo di studiosi tra i quali Ken Knabb, Michle Bernstein, James Brook, Daniel Daligand. In Italia nel 2001 a Venezia gli stata dedicata una retrospettiva a cura di Roberto Turigliatto ed Enrico Ghezzi, che ha firmato anche lintroduzione alledizione italiana delle sceneggiature di Debord, e ha trasmesso su Fuori Orario le opere con i dtournements in italiano. Adesso la bella iniziativa del Centro di Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus e del suo art director Antonio Gasbarrini con lomaggio allopera completa di Guy Debord situazionista, impreziosita anche dalla disponibilit dellIstituto Cinematografico dellAquila e dellAccademia dellImmagine per creare nella loro Mediateca una sezione di video e testi dedicata alle avanguardie artistiche del Novecento.

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BIBLIOGRAFIA

Potlatch, numeri 19-21-25, Nautilus, Torino, 1999. Enrico Ghezzi (a cura di), Guy Debord. Opere cinematografiche, Bompiani Overlook, Milano, 2004. internazionale situazionista 1958-69, Giugno, 1958, pp. 8-9, Nautilus, Torino, 1993. internazionale situazionista 1958-69, n. 3, Dicembre 1959, pp. 8-9, op. cit. internazionale situazionista 1958-69, n. 5, Dicembre 1960, pp. 8-9, op. cit. internazionale situazionista 1958-69, n. 7, Aprile 1962, pp. 43-45, op. cit. internazionale situazionista 1958-69, n. 10, Marzo 1966 pp. 58-59, op. cit. internazionale situazionista 1958-69, n. 11 Giugno 1958, pp. 8-9, op. cit.

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SITUAZIONISMO: IL TEMPIO DEL SOLE NON C PI


di ANTONIO PICARIELLO

Eppure non indifferente che una certa immagine dia corpo a un certo significato, che la sessualit sia acqua o fuoco, che il padre sia un demone delle profondit della terra, o potenza solare; importante che limmagine abbia poteri dinamici suoi propri. M. Faucault Crediamo, infatti, che nel regno dellimmaginazione sia possibile stabilire una legge dei quattro elementi che classifichi le diverse immaginazioni materiali secondo che esse si riferiscano al fuoco, allaria, allacqua o alla terra. G. Bachelard

Di solito chi interviene per ultimo o conclude bene1 o crea danni. In questo caso il mio intervento ha una sollecitante intenzione di riferirsi a questa seconda possibilit della scelta, se poi esiste, sulle direttive o le derive psicogeografiche di Debord, la possibilit di scegliere. Vorrei intenzionalmente creare danno alla storia partendo da un enunciato che gli storici, e gli storici dellarte e dellarchitettura, utilizzano spesso e forse troppo, per dare limmagine totemica al proprio compito e ruolo. Riguarda la mansione autocratica che stabilisce la funzionalit descrittiva della storia, cui neanche dio, se non in veste di storico, pu decidere di apportare cambiamento alla canonicit delle definizioni date, senza gli si possa promuovere un processo ufficiale per indebito titolo. Dunque nessuno ha propriet e diritto di intervento per dare binario alla motrice della storia tranne gli storici. In tutta lumilt che riesco a recuperare, umilt in senso camusiano2, credo non si possa lasciare alla storia, e agli storici che la governano, in questa nostra complessa contemporaneit che ci nutre e pompa vita, lesclusiva definizione del mondo. Le varie metodologie storiche che si sono avvicendate dalla origine disciplinare3 ad oggi, hanno sempre assecondato uno stile del riporto che inevitabilmente ha lasciato qualcosa di inconcluso, come se ci fosse a lato, sotteso, alla proposta documentazione, un invisibile scarto ignorato che, a sentore situazionistico, credo sia lesatto oggetto promotore di cause che accidentalmente determinano lavvicendarsi della fenomenologia e degli accadimenti per le nuove semiosi della storia4.

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Ed proprio su questi fantasmagorici scarti che vorrei accentrare la mia riflessione e la vostra attenzione. Il termine avanguardia, per esempio, conduttore di un concetto significativo immediato. Di controcanto per anche produttore inconscio di un immagine mentale, semiologica, che scatena istantaneamente limposizione delle definizioni stereotipiste dominanti. In arte il termine avanguardia premette allimmagine, chiaramente soggettiva, di un periodo ben definito, che di solito chiamiamo avanguardia storica, e che si incornicia in un contesto sociale, architettonico-urbanistico, della ricerca artistica, e anche scientifica e epistemologica, che per abitudine deliziosa (o delittuosa) tutti riferiamo ad un particolare momento inserito rigorosamente in una determinata scala sinottica del tempo e del contesto. Effettivamente limmagine evocante questa definizione, se sottratta alle incastonature della storia, diventa immagine sensazionale, referendaria di un particolare stato dellessere che per analogia sensibile avvicina molto lidea di occasionalit ludiche5 e modello autonomo per la creazione dei giochi, e delle derivanti teorie, da parte di quella fascia antropica preludente ladolescenza e la maturit sociale. Ecco allora con un espanso senso della provocazione, poter dire, mettendosi contro ogni strutturalismo semantico, che le rivoluzioni, o meglio la dirompenza allo stato di quiete assunto dalla storia o dai cicli che la storia premette, non sono altro, poi, che lesplosione di incontinenti stati dellessere, sia essi soggettivi che di massa, su cui intervengono, oltre tutte quelle assottiglianti visioni messe in campo sia dalla lucida catalogazione del campano Vico6 che dallabruzzese-molisano Vincenzo Cuoco, anche e soprattutto le fasi naturali di rinnovamento immaginifico7 del mondo o, semplicemente, del contesto in cui si muove la vita attiva sul pianeta. Le avanguardie e le rivoluzioni, dunque, hanno a che fare con limmaginazione; con quei particolari campi visionari che obbligano le masse intemperanti, e quindi ci obbligano adesso, allevasione dai confini in cui ci chiudono volentieri le formulazioni delle liturgie della storia. Daltra parte le stesse avanguardie e le rivoluzioni, oltrepassato il tempo naturale in cui si svolge la libera fruizione spontanea da parte di chi le vive e le determina, divengono, per propria ambientazione meta-logica, canonicit e definizioni storiche esse stesse. Ed proprio il senso enunciatorio del termine definire, inteso nel costume di qualcosa che ha intenzione di racchiudere eventi e racconti in una cornice che diventa il referente rigido che andrebbe in qualche modo allentato per permettere benessere mentale e comportamentale alle generazioni che vivono il tempo presente. Sebbene alcune delle nuove teorie della sociologia votano a favore di una nuova visione dellanalisi sociologica che ha, a suo vantaggio, lutilizzo di strumenti assecondanti la qualit del fluidi e richiamano lidea di forme sociali capaci di modellarsi secondo le condizioni che le determinano; ovvero societ liquide8 capaci di prendere la stessa forma del proprio contenitore (in questo caso il confine che le indice la storia), superando cos linconsistente demarcazione imposta dalla nullit del post-modernismo, restano comunque modelli che premettono una serie di comode postazioni per i cecchini che mirano al cuore delle definizioni storiche.

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Queste definizioni per, sono prive di quel senso antropologico e magico che si offre alla vita sociale, anche per mezzo di un tacito contratto generalizzato tra la ricerca della felicit e lidentit esistenziale, con la possibilit di allargare i tanti punti di vista dello sguardo analitico e contemplativo che spesso concludono in qualcosa che rimette il racconto organizzato dagli storici, in una immagine collettiva influenzata e contaminata (un semiologo direbbe denotata) sul modello di una sorta di mappatura mentale9. una Kunstgeographi che costringe cos la vita e il pensiero sociale a rientrare in qualche contenitore o in una specifica cornice fosse anche a carattere fluido o liquido che pi conviene. Ed proprio la cornice, credo, che in qualche maniera Guy Debord e il suo seguito hanno tentato di eliminare. A questo proposito vorrei demandare la questione alle analisi trattate da Umberto Eco10 che riprende le felici riflessioni, a suo dire inedite, di Achille Varzi, relative al senso semantico dei confini11. Questa questione, a dire il vero, mi sollecita e mi inquieta fortemente perch credo sia punto focale alla nostra incosciente disperazione di masse antropiche e societ avanzate inviate, per destinale dovere, alla ricerca ossessiva di unuscita dal complesso labirinto contemporaneo. Se la metafora del labirinto rimanda agli interrogativi del mito, limmagine architettonica, invece, sottende a qualcosa di originariamente progettato e consapevolmente concepito su principi segreti e degli atti evidenti, capaci di mantenere prioritarie le condizioni di vivenza umanistiche spesso collegale al culto e alla fede organizzate nei codici segreti del simbolismo. Sappiamo, sono formule evocanti il presenzialismo delle divinit a governo spirituale e magico delle proprie citt12. Solo con il tardo medioevo la collettivit sostituir la centralit del divino con le geometrie costruttive riprendendo le misure delluomo che diventeranno misura della citt e delluniverso. Sembra, per che durante il naturale processo evolutivo, che definiamo, in qualche modo, progresso13, si siano perse le mappe e smarrite le indicazioni necessarie per capire la provenienza delle idee originali e la vocazione dei luoghi che abitiamo e viviamo14. Quindi la contemporaneit, adesso, ci rimanda verso qualcosa di ignoto che non riesce pi a trovare, per noi, i valori di referenzialit del pensiero originale o il principio a cui potremmo attaccarci per poter ripartire verso nuove direzioni salvifiche. Insomma, questa inquietante e stimolante tematica dei confini, soprattutto se fatta rientrare nelle tessiture strumentali in dote alla semantica e a quella particolare complessa analisi che riguarda il senso dei labirinti, come potrebbe essere non solo la metafora ad esso legata, ma il senso della percezione animata o da uno spirito collettivo primordiale e archetipo emanato da una qualunque citt, infuoca un bel punto di vista cui neanche il pi abile cecchino accomodato sulla planimetria statica del real reggimento delle idee15, potrebbe centrare e muovere con un solo decisivo colpo. Credo appunto che lidea di Guy Debord fosse quella di ripartire da un punto zero che eliminasse tutte le strutture preesistenti alla formazione delle citt e considerasse se stesso, parte originale vivente capace di captare attraverso un linguaggio emotivo dettato dalle sensazioni emesse dalle citt labirinto e ricevute per sensibile

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attrazione magnetica o per affinit con i luoghi esplorati dal pellegrino errante, che poi lartista della promenade, come qualcosa di magico e di immaginativo che oltrepassasse i codici e le informazioni della logica impositiva degli indici prestabiliti e dellortodossia gestionale, e fosse prominente al cuore e al senso delle divinit che costruiscono i luoghi. Insomma una sorta di associazionismo con quanto facevano nei tempi bui i pellegrini diretti verso La citt celeste alla ricerca del sole divino, ma con laggiunta di una genialit della dirompenza che mai altro periodo storico ha saputo concretare cos amichevolmente con il dio che governa e non appare mai se non nelle idee e nellanima che hanno poi formulato il sessantotto e di conseguenza il settantasette fino alla sfibrata sospensione del nostro teso momento contemporaneo.
Varzi partiva dal concetto di confine e discuteva sulla differenza apparente tra demarcazioni puramente de dicto (come confini tra due stati) e demarcazioni che saremmo tentati di considerare de re (come il confine che separa linterno di una mela dal suo esterno, un corpo umano da ci che lo circonda, o addirittura la vita dalla non vita e la vita dalla morte, come accade sulle discussioni intorno allaborto, alle cellule staminali o alleutanasia). Varzi riconosceva che: Non chiaro quale sia la relazione tra un confine e lentit di cui confine. [...] Non ci imbattiamo mai in punti, linee e superfici in completo isolamento. Non possiamo mangiare tutte le parti tridimensionali di una mela e tenere solo la sua superficie, se con questa intendiamo non la buccia (che una parte solida) ma lentit perfettamente bidimensionale che circoscrive la buccia dallesterno, cos come non possiamo mettere in un museo il confine della nostra citt o il punto dintersezione tra lequatore e il meridiano d Greenwich. Tuttavia questa relazione di dipendenza reciproca: non possiamo nemmeno pensare a una mela senza superficie, o a una citt senza confini. [...] Certe entit cominciano ad esistere solo nel momento in cui se ne traccia un confine. E, dopo essersi riferito allincerto confine tra lacqua del mare e laria del cielo, secondo Leonardo, Varzi veniva a Peirce16 e al bordo di una macchia nera su una superficie bianca problema che gli appariva affine alla domanda aristotelica se nel preciso istante in cui un corpo comincia a muoversi si debba dire che il corpo in quiete o in moto. Osservava Varzi, citando Jackendoff che potremmo avere a che fare con configurazioni asimmetriche in cui una delle due entit figura rispetto allaltra che sfondo: pertanto la macchia si impone sul foglio che fa da sfondo, e quindi la linea di demarcazione che cercava Peirce appartiene alla macchia, non al foglio. Lacqua vince sullaria che fa da sfondo, quindi la linea di demarcazione che turbava Leonardo apparterr al mare. Non abbiamo mai due corpi solidi in contatto ma sempre un corpo inserito in un certo ambiente di sfondo, ed quindi al corpo stesso che va assegnata la linea di confine. [La citazione stata adattata in alcune parti].

Ed ecco allora tra le tante teorie elaborate da Isou il rilevamento di un dirompente confine esistente tra le parti anagrafiche antropiche e sociali generazionali. Il buon cecchino questa volta mira al particolare e allessenzialit. Mira allanalisi

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diretta, alla giovent fatta coincidere con lidentit e l immagine, non di fondo, della classe sociale. I giovani costituiscono, fin quando esiste una interessata demarcazione definita dalla storia e successivamente dalla sociologia, classe sfruttata che si colloca (forse sarebbe meglio dire si collocava) fuori dal mercato e dai suoi diabolici meccanismi17. La giovent indipendente dal capitale si rendeva potenzialmente oggetto rivoluzionario. E non a caso uno dei paradigmi portanti della ricerca lettrista divenne la conoscenza applicata dellorganizzazione del tempo libero, ovvero lorganizzazione della libert intesa e riferita a quella classe di giovani non impiegati nella continuit del lavoro. Limpegno allora sar la costruzione di situazioni atte alla realizzazione continua di un grande gioco avvenente sotto la libert e la creativit che i giocatori, i funzionari addetti alla costruzione della bellezza, hanno deciso, per volont accordanti, di giocare. Ecco come lidea immediata di un concerto musicale, una sorta di alea18 alla John Cage, di un incontro spontaneo tra suonatori di Jazz, rievoca il metodo di accordo tra le parti che giocano. E su questo estetico principio si espande la sperimentazione architettonica sortita dallInternazionale Lettrista dove logo, forma urbana e comportamento definiti dal Movimento Lettrista concludono in alcune teorie che considerano, appunto, larchitettura vettore che influenza il comportamento di chi la abita. Essendo larchitettura, essa stessa, espressione diretta della classe dominante, di conseguenza sillogica, diventa strumento di coercizione, sia fisica che psichica, sulla vita e il comportamentismo dei cittadini-sudditi. Anche qui, per, a conclusione di questo discorso, vorrei aprire una sollecita comparazione adoperando il sistema ludico messo in attivo dalle teorie situazionistiche. Proprio del labirinto lorigine dello studio del comportamento animale intendendo, questa volta, il meandro non come simbolo dello spirito, ma strumento per analizzare le capacit cognitive delle varie forme vitali animali e non, capaci di trovare una via di uscita una volta inseriti nel luogo sconosciuto. Va detto, che il labirinto la metafora per eccellenza della citt o della sua essenza urbanistica. W. S. Small, nel 1899, si serv per questo scopo di una copia del labirinto esistente nel parco di Hampton Court costruendo cos il primo labirinto scientifico che nel 1917 dette modo allaustriaco Szymanski, di osservare una serie di esperimenti basati sul comportamento dei topi nel labirinto i cui risultati iniziali furono pubblicati con il titolo di Evoluzione del rendimento nel regno animale. Lo studio si basava esclusivamente sullosservazione dellautoeducazione di un topo dopo una serie ripetuta di passaggi nel labirinto19. Ecco allora come la vicinanza con lintuizione di Debord, Lettristi e Situazionisti ricalchi pienamente il senso urbanistico che comporta limposizione sottile sulla vita di chi abita la citt. Non a caso nel 1953 Ivan Chtcheglov, in un suo saggio denominato Formulario per un nuovo urbanismo riporta questa bellissima predicazione da cui il titolo di questo mio intervento: Sire, io vengo dallaltro paese. Nelle citt ci annoiamo, non c pi un tempio del sole. [] I diversi quartieri di questa citt potrebbero corrispondere allintera gamma di umori che ognuno di noi incontra per caso nella vita di ogni giorno.

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Da qui la Psicogeografia di cui Guy Debord ne fa una introduzione per una critica della Geografia Urbana che per i Lettristi diverr la necessaria funzione e metodologia da applicare per un intervento diretto che conduca a decostruire gli ambienti surcodificati delle citt e a costruirne di nuovi che abbiano breve durata, mutazione permanente e mobilit. Segue lobbligo di studi preliminari delle leggi e degli effetti precisi di un ambiente geografico ordinato, coscientemente o meno, che agiscono direttamente sul comportamento affettivo degli individui. nata la Psicogeografia; una sorta di libert dellanimale chiuso nel labirinto alla ricerca del sole e della vita bella.

P. S. Ci sono condizioni magiche che aprono ad eventi magici. Qui sembra che tutto concordi affinch lidea testuale diventi proprietaria di un luogo mentale calibrato e giusto. Dopo aver inviato il testo a Gasbarrini, la magia ha voluto che lui mi rispedisse, via fotocopie, esattamente quella che era in qualche modo lidea situazionista nel voler costruire il labirinto che, a quanto sembra, loggetto, magico-simbolico, che appassiona tutte le categorie dei pensatori e degli atti artistici coraggiosi di tutte le epoche e contestualit storiche. Attraverso questo archetipale simulacro della condizione umana e anche, direi, divino-pagano, si tenta la risoluzione di unidentit dellessere come qualit essenziale dellesistenza storica e generazionale. Una identit che scambia progressivamente la propriet e la gestione del pianeta terra. Qui credo sia giusto, a questo punto, riportare integralmente quanto Gasbarrini mi ha donato per stima e amicizia, ma prima vorrei aprire due riflessioni senza svilupparle, lasciandole apiron come vuole una certa sottigliezza, appunto, labirintica molto cara alla visione antropica di Marcel Mauss e del consequenziale genio Bataille. La prima riguarda la grande diatriba avvenuta tra i Lettristi e i Situazionisti. A mio sommesso parere la questione potrebbe essere riguardata anche da un punto di vista di immagine mentale e la sua connessa derivanza nella semantica analitica. I Lettristi vivendo la scrittura costruivano, al di l di qualunque metodo possano aver intuito e concretizzato, immagini lasciate alla libert soggettiva dei lettori, e su questo piano si avvicinavano molto a quanto mette in campo mass mediatico il funzionalismo iconologico-mentale espresso dalla Radiofonia, mentre i Situazionisti si riferivano, sebbene con montaggio avanguardistico e sperimentale, alle immagini imposte e definite della cinematografia. Credo dunque si sia trattato non di una sconnessione umorale dovuta alle ideologie dei due settori, quanto a qualcosa di archetipo connesso direttamente agli strumenti di linguaggio scelti per esprimere la propria visione delle scene del mondo. La seconda riflessione riguarda invece la contestualit con cui vanno letti i fatti storici. chiaro che il debordianismo causa di una delle filosofie applicate tra le pi eleganti messe in atto dopo Platone e Aristotele, ma va riconsiderato nel nostro presente attuale, in cui lidea stessa di tecnologia avanzate come internet mettono in vita,

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e lo realizzano nella pratica quotidiana, il vero sostanziale pensiero, magnifico e divinatorio lucido tra un panegirico e laltro, di Debord. Un nuovo libertino, come avrebbe potuto fotografarlo Tondelli, a cui non vanno sottratte le analogie biografiche e i comparatismi affettivi confrontati alla metodicit ossessiva per le liste delle dispense del Pontorno e la medica svaganteria di un pasto nudo burroughsiano. E credo, proprio su questa filologia dellinconsistente magico, vanno riconsiderate nel metodo e ricontestualizzate a noi come epistemologia e filosofia estetica (che esclude, come si diceva, il passaggio inutile del post-modernismo inventato dalle comodit dei teorici) applicata e collegata direttamente alla nostra attuale identit di popolo in cerca di un senso proprio nei meandri del labirinto esistenziale. Qualcuno lo aveva anticipato. C stato un atto storico carico di previsione magico-precognitivistica da parte di Debord; nei suoi momenti di lucidit e che non sappiamo a quali confini, dellalcol o della normalit funzionale engrammatica, appartenga. Sappiamo per, che tutto sommato, un Debord anche un grande atto damore per lumanit e questo ci basta A. P.

DIE WELT ALS LABYRINTH Nel 1959, i situazionisti concordarono con lo Stedelijk Museum di Amsterdam di organizzare una manifestazione generale, che, nello stesso tempo, utilizzasse le sale di questo museo e ne fuoriuscisse. Si trattava di trasformare in labirinto le sale 36 e 37 del museo nel momento stesso in cui tre giornate di deriva sistematica sarebbero state organizzate da tre gruppi situazionisti operanti simultaneamente nella zona centrale di Amsterdam. Un supplemento, pi convenzionale, a queste attivit di base sarebbe dovuto consistere in unesposizione di alcuni documenti come pure in alcune conferenze permanenti su magnetofono trasmesse senza interruzione e cambiate unicamente ogni ventiquattro ore. Lesecuzione di questo piano, fissata infine per il 30 maggio 1960, implicava il sostegno ai situazionisti olandesi da parte di una decina di loro compagni stranieri. Il 5 marzo, il direttore dello Stedelijk Museum, W.J.H.B. Sandberg, approvava il progetto definitivo manifestando per improvvisamente due riserve: 1) i vigili del fuoco di Amsterdam sarebbero stati chiamati a dare la. loro approvazione su certi elementi eventualmente pericolosi del labirinto; 2) una parte dei mezzi necessari a tale costruzione non sarebbe stata fornita dal museo ma da organismi esterni (in particolare un Prins Bernhard Fonds) ai quali lI.S. doveva richiederli direttamente. Al di l della comicit del primo punto, e dellaria compromettente del secondo, bisognava individuare il medesimo ostacolo: la direzione dello Stedelijk Museum adottava un atteggiamento in parte irresponsabile, chiamando degli estranei a giudicare al nostro posto, e senza appello, sul carattere di necessit di questo o quel particolare della nostra costruzione. Ci mentre la natura delliniziativa richiedeva proprio laccumulo di parecchi procedimenti inediti per pervenire ad un salto in un nuovo tipo di manifestazione. Inoltre, visto che il lavoro doveva cominciare immediatamente e le restrizioni potevano sopravvenire in ogni momento sino alla fine, andare avanti in tali condizioni significava avallare anticipatamente le falsificazioni del nostro progetto. Asger Jorn, lui stesso sostenitore del rifiuto, espose in poche parole alla riunione situazionista, tenuta quello stesso giorno ad Amsterdam e che doveva prendere una decisione immediata, le

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condizioni complessive: Sanberg rappresentava perfettamente quel riformismo culturale che, legato alla politica, si trovato al potere quasi ovunque in Europa dopo il 1945. Costoro sono stati i bravi gestori della cultura, nel quadro esistente. Hanno cos favorito, meglio che potevano, i modernisti secondari, i giovani pallidi sostenitori del moderno 1920-1930. Non hanno potuto fare niente per dei veri innovatori. Attualmente, minacciati ovunque da una controffensiva sviluppata da sinceri reazionari (vedi, in seguito, gli attacchi del Senato belga, il 10 maggio, contro il sostegno ufficiale della pittura astratta), cercano di radicalizzarsi nel momento in cui sprofondano. Sandberg, ad esempio, era stato attaccato in modo molto violento, lantivigilia di quel giorno, al consiglio municipale di Amsterdam, da parte di cristiani che vogliono riportare in auge con forza larte figurativa (cfr. lAlgemeen Handelsblad del 4 marzo). La sua successione allo Stedelijk Museum poteva considerarsi aperta. Jorn riteneva per che costui aveva avuto la possibilit di scegliere da quale parte voleva uscirne: Sandberg, disceso insieme a noi nel labirinto, si sarebbe, con noi, ritrovato o perduto. Ma linefficace ricerca di compromesso al fine di salvaguardare le sue precedenti iniziative gli impediva di cadere in buona compagnia. Sandberg non osava rompere con lavanguardia, ma non osava nemmeno assicurare le condizioni che erano le sole accettabili per una reale avanguardia. Alla fine della relazione di Jorn, la riunione decise allunanimit per un rifiuto di impegnare lI. S., messo per iscritto il 7 marzo. Essa permetteva unicamente, a quegli aderenti che lo avessero ritenuto utile, di approfittare a titolo individuale della buona volont di Sandberg: come fece Pinot Gallizio esponendo, in giugno, allo Stedelijk Museum, della pittura industriale gi esposta lanno prima a Parigi. Il labirinto, la cui pianta era stata elaborata dalla sezione olandese dellI. S., coadiuvata su qualche punto da Debord, Jorn, Wyckaert e Zimmer, si presenta come un percorso che pu variare, teoricamente, da 200 metri a 3 chilometri. Il soffitto, ora a 5 metri (parte bianca della pianta) ora a 2,44 metri (parte tratteggiata) pu abbassarsi, in qualche punto, a 1,22 metri. Il suo arredamento non mira ad alcuna decorazione interna n ad una riproduzione ridotta di ambienti urbani, ma tende a costituire un ambiente misto, mai visto, con la commistione di caratteri interni (appartamento arredato) ed esterni (urbani). A questo fine, si fa intervenire una pioggia e una nebbia artificiali, con del vento. Il passaggio attraverso delle zone termiche e luminose adattate, interventi sonori (rumori e parole provenienti da una batteria di magnetofoni) ed un certo numero di provocazioni concettuali ed altre, condizionato da un sistema di porte unilaterali (visibili o apribili da una parte sola) cos come dalla pi o meno grande attrattiva dei luoghi; ci finisce per arricchire le occasioni di smarrirsi. Tra gli ostacoli puri, bisogna ricordare il tunnel di pittura industriale di Gallizio e le palizzate modificate di Wyckaert. Alla microderiva organizzata in questo concentrato di labirinto doveva corrispondere loperazione di deriva attraverso Amsterdam. Due gruppi, comprendenti ciascuno tre situazionisti, avrebbero derivato per tre giorni, a piedi o eventualmente in battello (dormendo negli alberghi incontrati) senza lasciare il centro di Amsterdam. Questi gruppi, per mezzo di walkie-talkie in azione, si sarebbero tenuti in contatto, tra loro se possibile e in ogni caso col centro radiomobile della squadra cartografica, da dove il direttore della deriva (nelloccasione Constant) spostandosi in modo da mantenere il contatto, avrebbe rilevato i loro percorsi ed inviato talvolta istruzioni (sempre il direttore della deriva avrebbe dovuto anche, preparare la sperimentazione di qualche luogo ed avvenimento segretamente predisposti). Questa operazione di deriva, se si accompagnava a rilievi sul terreno, da interpretare successivamente nei lavori di urbanismo unitario e se poteva avere un certo aspetto teatrale per il suo effetto sul pubblico, era principalmente destinata a realizzare un gioco nuovo. E lI. S. aveva voluto

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Progetto delle strutture del labirinto non realizzato.


urtare le abitudini economiche facendo inserire nel bilancio della manifestazione un salario individuale di 50 fiorini per ogni giorno di deriva. unicamente la congiunzione di queste due operazioni che pu fare emergere la loro nuova natura. LI. S. non ha dunque ritenuto che la deriva da sola, pur potendo essere confermata ad Amsterdam, avesse un significato sufficiente. Cos, non auspicabile edificare il labirinto nel museo di qualche citt tedesca inadatta alla deriva. Daltronde, il fatto stesso di utilizzare un museo comportava un particolare imbarazzo e la facciata ovest del labirinto di Amsterdam era un muro costruito apposta per aprirvi una breccia a guisa di entrata: quel buco nel muro era stato imposto dalla nostra sezione tedesca come garanzia di non sottomissione allottica dei musei. Cos, lI. S. ha adottato, in aprile, un progetto di Wyckaert che modifica profondamente lutilizzo del labirinto studiato per Amsterdam. Questo labirinto non dovr essere costruito in un altro edificio ma, con maggiore flessibilit e in funzione diretta delle realt urbane, in un terreno abbandonato ben situato nella citt prescelta, allo scopo di essere punto di partenza di derive. [internationale situationniste, n. 5, dicembre 1960, ora in internazionale situazionista 1958-69, Nautilus, Torino, 1993].

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Formula cristiana. Albert Camus, Le voci del quartiere povero, di Paul Viallaneix, Rizzoli, Milano, 1974. 3 Jacques Le Goff, (a cura di), La nuova storia, Mondadori, Milano, 1990. 4 Jean Clair, Critique de la modernit, Gallimard, Paris, 1983. 5 Rebecca Solnit, Storia del camminare, Mondadori, 2002 Milano. 6 Antonio Picariello, Atti del terzo convegno TrackerArt 2006, Juliet Editrice, suppl. n 133. 7 Antonio Aliotta, Il problema estetico, libreria F. Perrella, Napoli. Mi commuove riportare un senso analitico estratto da un testo pedagogico di inizio secolo che ha ancora una valenza cos forte: [] Limmaginazione creatrice o(fantasia) si distingue dallimmaginazione riproduttrice o memoria, perch, mentre in questa gli elementi dellesperienza passata si ripetono con lo stesso ordine di successione e di coesistenza, nei medesimi aggregati che furono gi percepiti; nellimmaginazione creatrice invece quegli elementi si riuniscono in nuove sintesi, in nuovi prodotti, che non sono stati mai oggetto di percezione e non corrispondono a nulla di reale. [] gli artisti, prima di trovare lespressione originale del loro genio, cominciano con limitare la natura e le opere dei loro predecessori. Ma la copia fedele, come il ricordo perfetto dei pi minuti particolari, non rivelazione di fantasia, altrimenti il pi grande pittore sarebbe la macchinetta fotografica, il pi geniale dei musicisti il grammofono. Ci in cui si manifesta limpronta della personalit creatrice la sintesi nuova []. 8 Zygmunt Bauman, Modernit liquida, Laterza, Bari, 2002. [Nella modernit, Bauman, vede la morale come la regolazione coercitiva dellagire sociale attraverso la proposta di valori o leggi universali a cui nessun uomo ragionevole (considerando che la razionalit una delle caratteristiche della modernit) pu sottrarsi]. 9 Erwin Panofsky, Il significato nelle arti visive, Einaudi ed. 1999, Torino. (Liconologia quel ramo della storia dellarte che si occupa del soggetto o significato delle opere darte contrapposto a quelli che sono i loro valori formali. Tenteremo qui di precisare questa distinzione tra il soggetto o significato, e la forma. Quando un mio conoscente per la strada mi saluta togliendosi il cappello, quello che io vedo da un punto di vista formale non che il mutare di certi particolari allinterno di una configurazione che rientra in quella generale struttura di colore, linee e volumi che costituisce il mio visivo. Quando io identifico, come automaticamente mi vien fatto, questa configurazione come un oggetto ben preciso (un signore) e il mutamento di particolari come un evento (il togliersi il cappello) io ho gi superato i limiti di una percezione puramente formale e sono gi entrato in una prima sfera di soggetto o significato. Il significato percepito in questo modo di natura elementare e facilmente comprendibile e lo chiameremo significato fattuale; viene percepito con la semplice operazione di identificare certe forme visibili con certi oggetti a me noti dallesperienza pratica e identificato il mutamento nei loro rapporti con certe azioni o eventi. Ora gli oggetti e gli eventi cos identificati produrranno naturalmente una certa reazione in me. Dal modo in cui il mio conoscente compie la sua azione sono in grado di accorgermi se di buono o cattivo umore e se i suoi sentimenti verso di me sono indifferenti, amichevoli o ostili. Queste sfumature psicologiche conferiranno ai gesti del mio conoscente un ulteriore significato che io dir espressivo. Il significato espressivo differisce da quello fattuale in quanto viene appreso non per semplice identificazione ma per empatia. Cio per intenderlo necessaria una certa sensibilit, che per rientra ancora nella esperienza pratica, cio nella consuetudine quotidiana con oggetti ed eventi. Perci tanto Il significato fattuale quanto quello espressivo possono essere classificati insieme: costituiscono la categoria dei significati primari o naturali). 10 Umberto Eco, Dallalbero al Labirinto, Bompiani 2007, Bologna, pag. 472. 11 Teoria e pratica dei confini in Sistemi intelligenti, n. 3, 2005. 12 Morena Poltronieri-Ernesto Fazioli, La Magia di Bologna, Hermatena, Bologna, 2007. 13 Ronald Wright, Breve storia del progresso, P. B. O. Mondadori, Milano, 2006. 14 Joseph Rykwert, La seduzione del luogo, Einaudi, Torino, 2003. 15 Toms Maldonado, La speranza progettuale - Ambiente e societ, Einaudi, Torino, 1970. (Il fatto invece che non si forniscano ricette non deve sorprendere il lettore. La vastit dei problemi cui ci troviamo di fronte oggi nel campo della progettazione ambientale ci consiglia unestrema cautela nel passare dal discorso descrittivo al discorso prescrittivo. Parecchie volte in questi ultimi decenni architetti ed urbanisti non hanno avuto tale cautela. E le conseguenze sono state piuttosto gravi). 16 The Logic of Quantity, Seminario del Grupo de Estudios Peirceanos Universidad de Navarra, 28 settembre del 2006 (a cura di Andr de Tienne), Peirce, logica dellinformazione. 17 Arundhati Roy, La strana storia dellassalto al Parlamento indiano, Guanda, Parma, 2007. 18 Il compositore ricerca la collaborazione creativa dellinterprete tramite una reinterpretazione del concetto di notazione musicale. 19 Antonio Picariello, Relazione sul tema labirinti e citt per il prof. T. Maldonado, Progettazione Ambientale, Archivio biblioteca Dams, Bologna, 1980.
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LA RASSEGNA DARTE CONTEMPORANEA


GUY DEBORD
di ANTONIO GASBARRINI - ANTONIO PICARIELLO

I. Pro-Situ or not Pro-Situ? That is the question... A volte, sono le folgorazioni, le idee pazze ad incenerire le edulcorate, ma miserrime banalit menzognere di una cancerogena Societ dello spettacolo vivisezionata a suo tempo con il tagliente bisturi teorico-pragmatico di uno dei pi lucidi, visionari profeti della seconda met del Novecento: il francese Guy Debord (ovvero lirrisolvibile problema del maledetto, per dirla con le stesse parole dellartista situazionista Asger Jorn, 1964). Come questa: dedicargli allinterno dellOmaggio tributatogli dallAngelus Novus (unidea pazza, appunto!) una Rassegna dArte Contemporanea di artisti abruzzesi e molisani dall altisonante titolo Limmaginazione al potere / Il potere dellimmaginazione, per rammemorare, se non altro, il fallimento dellabortita rivoluzione dolce (non certo per i detentori del Potere) del Maggio 68. Se fosse stato ancora tra noi (nel 2008 avrebbe compiuto 77 anni, contro i 63 autofiniti con un colpo di fucile) non avrebbe condiviso, anzi si sarebbe opposto con tutta la carica invettiva di cui era capace a questa iniziativa ch, oggettivamente, una contraddizione in termini rispetto alla sua radicale teoria critica dei sistemi di potere dominanti in qualsiasi tempo e latitudine (sistema dellarte innanzitutto!), nelle societ totalitarie o pseudodemocratiche a capitalismo avanzato. E, se il Dpassement de lart, il Superamento dellarte stato il suo (e della manciata di compagni propugnatori della ludica drive esperibile innanzitutto nei labirintici percorsi metropolitani di Parigi, Amsterdam o Venezia) principale chiodo fisso nella prima fase dellInternazionale Lettrista (1952-1956), la Ralisation de la filosophie sar lobiettivo fallito della pi rivoluzionaria seconda fase dellInternazionale Situazionista (1957-1972). Ad esser precisi, il Dpassement de lart, alla stregua di un Work in progress decostruito sul concetto di negativit dellopera darte (borghese), sar ottenuto da Debord con la progressiva decimazione, tra espulsioni e dimissioni, dellala artistica dellInternazione Situazionista (dagli italiani Simondo, Olmo e Pinot-Gallizio, da Asger Jorn, il fratello Nash, a Constant, il gruppo SPUR ecc.), con la svolta politica impressa con le segrete1 Tesi di Amburgo del settembre 1961, discusse ed approvate oralmente da Debord, Kotnyi e Vaneigem.

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La mostra conclusiva dellesperienza artistica dei situazionisti ortodossi, pu essere considerata Destruction de SRG - 6 (una plurinstallazione distribuita in tre ambienti evocanti la mostruosit consumistica dei rifugi antiatomici, argomento qui sviluppato nellaltro testo di Gasbarrini) alla Gallery Exi a Odense, in Danimarca (giugno-luglio 1963), nella cui presentazione in catalogo Debord afferma, tra laltro: Les directives exposes sur des tableaux vides ou sur un tableau abstrait dtourn sont considrer comme des slogans que lon pourra voir crits sur des murs. Les titres en form de proclamation polique de certains tableaux ont bien sre le mme sens de drision et de retournement du pompirisme en vogue, qui cherche stablir sur une peinture se signes purs, incommunicables2. Delle cinque direttive di Debord, quattro sono state scritte con caratteri stampatello in nero su fondo bianco su tela (Dpassement de lart, Ralisation de la philosophie, Tous contre le spectacle-Non tous les spcialistes du pouvoir, Les conseils ouvriers partout), mentre la quinta, Abolition du travail aline detournata come logo di quest Omaggio dellAngelus Novus a Debord stata scritta in bianco su un ritaglio originale di pittura industriale su tela di Pinot-Gallizio (un classico detournamento di pittura modificata, secondo i non-canoni estetici devalorizzanti di Jorn). Per le ragioni telegraficamente espresse, la Rassegna intergenerazionale di artisti abruzzesi e molisani Limmaginazione al potere / Il potere dellimmaginazione (entrambe le direttive, o parole dordine che dir si voglia, non piacevano a Debord, il quale durante i moti della Sorbona era stato il propugnatore, allinterno del Comitato doccupazione, di ben altro tipo di parole dordine quali Occupazione delle fabbriche, Il potere ai Consigli dei lavoratori, Abolizione della societ di classe, Fine delluniversit, ecc.) pu essere considerata alla luce della sua teoria critica radicale di unazzerante estetica negativa antiborghese, di fatto oltrepassata con le ricordate Tesi di Amburgo un nonsenso. Certo , comunque, che n i due curatori, n tanto meno gli artisti partecipanti, intendono spacciarsi per pro-situ (ritardatari e ritardati simpatizzanti dellI. S.), peraltro ultradisprezzati dal pensatore parigino nella fase di massima espansione dellI. S. avvenuta dopo il protagonismo situazionista (in primis con loccupazione della Sorbona) del Maggio 68. Eppure, mai come oggi, a seguito dei tragici mis/fatti dell11 settembre 2001, il lancinante grido dallarme lanciato contro la terroristica e schiavistica Societ dello spettacolo debordiana, si fatto pi acuto di quello duna ululante sirena collocata su un auto che ti sta investendo. La Storia comincia a dare sempre pi ragione a Debord ed ai Situazionisti. Da parte nostra ci siamo limitati a richiamare lattenzione su un cartello leggibile-vedibile nel film La societ dello spettacolo: E fino alla fine del mondo dello spettacolo il mese di maggio non torner mai senza che ci si ricordi di noi.

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II. Qwerty: quarantaxquaranta uguale sessantotto QWERTY non vuol dire nulla se non una successione di lettere che rimandano, per la loro assemblata composizione musicale, a unidea linguistica di stampo anglosassone. In latino non vuol dire nulla, in italiano non vuol dire nulla, meno che mai vuol dire qualcosa nella significazione espressa dalle miriadi di lingue vere popolari che chiamiamo dialetti. Quindi, solo perch la composizione delle lettere caduta per casualit sotto la nostra attenzione, una rete fonetica e un assemblaggio grafemico cominciano a prendere forma nella significazione silenziosa. Cos come avrebbe potuto in qualche modo impegnarsi laudacia di un Guy Debord che svegliatosi male una mattina di giugno e trovandosi di fronte la notizia enunciatoria di alcuni artisti molisani uniti ai cugini abruzzesi in una sala magica aquilana gli stanno squadrando la sua esistenza informe, constata, senza troppo disappunto, come la mancanza diventi protagonista, linsignificante oggetto di attenzione e QWERTY si metamorfizzi in un corpo sintetico capace di spiegare il senso della vita chiusa negli uffici, nelle citt pensate sulla progettualit della convenienza economica e non sulla bellezza che renderebbe universale la passione di vivere in comunit e verso il benessere mentale. Insomma, una rivoluzione del non-senso che cerca di dare senso al mondo. In questa premessa la semiologia riflette. Il significato di QWERTY, che non vuol dire nulla, diventa, allora, primigenia forma festeggiata dal solstizio destate e, nella sua veste di parola senza vita, la semantica le dedica un codice. La parola assume un nome nel casellario della significazione attribuendosi il compito di referente portatore di uno specifico senso semantico: un segno, un concetto che non vuol dire nulla. QWERTY diventa, ancora, corpo significante, strumento di guerra e di pace che indica una specifica definizione nella stipula di un concretato tra le parti che comunicano e si autoistruisce una concettualit affermando che dove c QWERTY c anche un oggetto o un testo di riferimento che non vuol dire nulla. E voil: il mondo della significazione creato. Ora questa sorta di codice potrebbe anche essere convenzionato tra le trib che popolano la contemporaneit, ma farebbe anche rigirare nelle tombe tutte quelle anime che hanno dedicato la loro esistenza biologica allinsegna di QWERTY. I corpi esplosi nelle fosse comuni dei campi di concentramento nazisti, i nomi scomparsi nelle voragini delle foibe, I Girasoli di Simon Wiesenthal, Monsieur de Sainte Coulombe in Tous les matins du monde3, il Milite ignoto che navigando sui binari delle ferrovie italiane identifica tutte le anime QWERTY in quella architettura romana desacralizzata proprio dagli ironici americani (inventori del piano Marshal e che dar la stura a tutte quelle forme di businessart che le succederanno, pop compresa): sepolcro architettonico e monumento neoclassico ribattezzato, appunto dagli americani, macchina da scrivere. QWERTY diventa cos significazione attiva, Debord pu stare tranquillo, perfino Nietzsche se ne serve come cembalo scrivano per strutturare il magnifico esempio della dignit umana dettato da quel suo biblico Ecce Omo. Ecco che

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QWERTY assume le sembianze di regnante, strumento universale su cui poggiano le dita dei costruttori di parole partendo dalle sei principali lettere che segnano proprio il nome alla tastiera che da cembalo scrivano nietzscheriano passa, dalla Gestalt alle operazioni scientifiche del Bauhaus, alle definizioni feedback della Scuola di Ulm fino alla tomba del milite ignoto marshaliano per divenire un testo darte a quattro mani dedito a una mostra convivente di un Seminario di studi dal titolo emblematico. Fantasia e Potere come universo metalogico, dechirichiano manichino pronto a testimoniare che nellarte tutto possibile, fin tanto la parola si sottomette coscientemente allattenzione visiva dellumanit denotata dai situazionisti e connotata, ora, dalle vaghezze del potere contemporaneo. Cos QWERTY la tastiera, realizza una sorta di inquadratura cinematografica in fotogrammi quarantaxquaranta in presentazione di come una sostanza liquida della parola Debordante, possa passare alla materia solida ibridata dallessenza (presenza) visiva profetizzata dalla Societ dello spettacolo e diventare immagine pittorica a indizio provocatorio per il risveglio della contemporaneit asciugata sulle proprie lacrime fallimentari. Ed ecco allora SERRA s-profanare con il suo linguaggio storico carico di senso immaginifico, la visione votata allironia combattente che nuoce alle regole accarezzando il piano con oli e figurativismi fantastici che danno modo alla linea architettonica di BARONE di riportare il simbolico o laraldica del popolo sessantottino sullo sfondo di una dichiarata guerra al sopruso di speculative, antiboccioniane citt che salgono solo per luridi interessi allergici al pieno senso della vita-situazione appassionante. E chi pi del nuovo Mad di MASCIA riesce a rinvigorire il tempo giocoliere di una Buenos Aires in vena di raccolta delle fuggitive idee parigine; un quarantaxquaranta rombotico in rosso che sfida il senso della geometria attraverso lottica e il colore per una nuova visione architettonica che sbuffa eleganza e gusto rimettendo la scena mentale alla sfera comunicante di unopera-manifesto come quella di COSTANZO dove una visione di camicie internazionali aprono alla geografia mentale-mercantile del sold, quasi a voler riformattare il senso delle intenzioni situazionistiche per dare vita alla semplicit di unimmagine della natura ripresa da CERRONE e mostrata come unicona urlata: proclamo della felicit permanente, rimettendo alle responsabilit della costituzione americana i propri dettami fondamentali cui il Sessantotto europeo prender a corpo solido e funzionale per la desiderata visione del mondo. Ed ecco allora il testimone per eccellenza che ha in carriera lanticipo di qualunque concettualit larte europea abbia poi messo in vigore nella struttura della sua stessa storia: COLANGELO, il quale dallAmerica riporta il segno delle grandi Scuole a cui a suo tempo aveva dato la forza espansiva degli anni Cinquanta e Sessanta dellarte italiana, sintetizzando con un linguaggio preciso, master, il quarantaxquaranta dellanniversario situazionistico attraverso il cuore della storia e del nome-volto di Nixon, caricatura e vittima predestinata del debole pensiero

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occidentale (1974 impeached). Morbida e soave, invece, lopera di COSTANTINI sublime minatore archetipale capace di estrarre dalla forma percepita il cuore sintetico delle idee e riportare con la fede dellarte lapparizione al mondo di qualcosa che altrimenti sarebbe vietata alle percezioni degli umani. Qui, con lantica maniera di sentire la potenza astrale e cosmologica dei pianeti nellarchetipale lingua rievocante laura situazionista, avviene un incontro magico, sollecitante a seguire il discorso complessivo collegando la visione sul modello enunciatorio delle lettere e delle date: semplici rimandi al tratteggio referenziale della storia. E in fin dei conti anche di Lettrismo parliamo, se non altro con la classicit emessa dal linguaggio di GIORDANO il quale divide il quarantennio in sedicesimi conferendo anche alla tridimensionalit delle scene una elegante maniera teatrale di sortire dallidea al piano, come fossero strade di citt in cui si incontrano cappelle votive in favore della pastellata rivoluzione del pensiero. E in questa promenade urbana si ascolta lopera femminile di PICCHIELLO annunciante una solitudine accettata come il guado di un mondo lunare appoggiato sui gesti umanitari investigati nella quarta dimensione del vuoto, per poi scomparire nella riapparizione. Comprendiamo il controsenso tautologico, ma la deriva ci permette di proseguire anche nellirreale come un QWERTY insignificante che a mano a mano, in progressione, prende corpo nel discorso. Ed ecco allora MACOLINO riordinare le idee, come la scenografia ha obbligo di fare per la scena, riportando il senso diretto del movimento situazionista con le stesse controparole di Pasolini in manifesto, diventate timbro di una certificazione del passaggio della storia in diapason con laffichiste narrativa di FIORILLO, geniale interprete di codici e criptografismi divenuti qui immagini figurative da leggere nella composizione giornalistica o del fumetto ridando cos lemblema linguistico metagrafico (ad esser precisi ecometagrafico) che Debord e il suo seguito meritano anche per essere inventori di sostanze grammaticali invise alle grammatiche dettate (invenzioni ampiamente veicolate durante il parigino maggio del pav fiondato contro le maschere di ogni Potere camuffato). E il figurativismo esplode pieno nella visione di VERRILLI, aduso a leggere la buona Scuola napoletana che unisce il segno pittorico allironia che rilancia, in questo caso, anche la figurazione di un borbonico infante nascente dalla natura e dalla favola raccontata ai pi piccini per prepararli pedagogicamente alle verit del mondo. E dal fiabesco al mito metropolitano, attraverso il segno strutturale di MASTRANGELO, che riprende la magia di una Bologna vivificata nel suo periodo pi bello quando Debord sconosciuto agli italiani soggiaceva nella vigoria della giovent che si riprendeva la citt a sua misura e passione tra unAlice dietro lo specchio e il preludio al segno di un Pazienza abruzzese, o di un Tondelli strafottente delle regole il quale agiva nel linguaggio libertino che il quarantaxquaranta qui reitera emozionando la memoria e la rivoluzione mai avvenuta. E allora questa pittura quarantaxquaranta che ci riporta infedelmente la riproduzione di una scritta autografa

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del giovane Debord (del 1953) riapparsa sui muri della citt rinvigorita dallentusiasmo collettivo uniforme nel realizzare liperuranio situazionista, vale anche nel suo tradimento filologico implicato sia nellanno in cui appare loriginale, sia nella parola francese a cui Bologna eccitata sottrae al travaillez, la z finale. Ma anche questo non del tutto vero. BONANNI il giovane guerriero mostra le fauci generazionali che riprendono un filo inconscio e conduttore capace di riassemblare in sintesi un decostruttivismo con larmonia di un funky jazz visivo ad emblema di unarte sociologica che prende forma dalla sua stessa incarnata consistenza. Opera che sarebbe piaciuta alla tenace leggerezza di Debord. Nel gioco delle parole colorate si inserisce la forma simbolica dei colori e dei quadrati dascendenza mondriana in composizione scelta da uno spettro metaforico da FALASCA che rimette alla citt utopica situazionista dellurbanismo unitario le unit minimali con cui poterla costruire nella percezione reale e nella progettualit mentale anticipatoria del piacere di saper giocare con la scienza e con la fantasia. Le fa da controcanto ROBBIO, il quale non arrende le sue istallazioni al senso tematico argomentato dal principio situazionistico cui perfino il senso del volare ritorna nellopera come la statica di un momento in cui qualcosa ha preso decisione per oltrepassare la fisica in quiete o raccontare la cronaca di un senso sostanziale della vita, la stessa che TRAMONTANO elogia con il segno fantastico, fedele alla memoria dellinfanzia o alla percezione cromatica di un sogno che riporta la situazione del presente in un campo molto atletico del QWERTY. Ed alla spiritualit dellarte che ci si rivolge con SAQUELLA comune amico recentemente e prematuramente scomparso, a cui si rende Omaggio con una delle due opere donate nel 1997 alla Collezione permanente internazionale Angelus Novus dopo la precorritrice mostra I cavalieri del cyberspazio, non a caso tenuta in tandem con il molisano Nino Barone nello spazio agravitazionale di Angelus, appunto per un riconosciuto impegno fedele alla ricerca e alla cavalleria del segno in cerca inarrendevole del principio, passando dai primi tratti elettronici postdebordiani, allarchetipo profondo con cui la mano artistica affonda forte nel cuore palpitante delle divinit sfuggenti. N da meno la storia dellarte, la cui presenza garantita dalla visionaria neofigurazione di ZIBBA, il quale proprio nel 1968, dopo una vacanza ludica e un po derivante alla Debord nel New Yersey, trarr, nel suo studio aquilano dai disegni fatti in loco, il destabilizzante ritratto di una anticassandra Figlia dei fiori, esposta in questa Rassegna, vivida testimonianza di unepoca che non pu essere ingabbiata dentro i muri perimetrali di misure costrittive alla quarantaxquaranta: ed i due curatori sono ben consapevoli dei potenziali limiti di prescrizioni antisituazionistiche, anche se ogni gioco deve necessariamente avere la sua regola: altrimenti che gioco ? E dietro questo delizioso principio lopera diventa testimonianza attiva, documentazione del tempo diretto come a sostenere nelle sue molecole tutta la potenza biocontestuale, magico temporale che fanno dellincontro percettivo

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non solo una reminescenza visiva, ma una sorta di mini-monumentalit capace di raccogliere in s tutto il senso profondo di quel periodo. Una donna velata, un simbolo universale inneggiante alla pace, un ventre della stessa donna che a guardarlo nella prospettiva giusta, diventa, magicamente il profilo di un Debord indomito condottiero delle nuove idee assorbite per logica e magnetismo da tutta una generazione vivificata dalla volont genuina di sapere unire progettualit sociali e comportamentali con il senso dellamore vero. Ed il gioco che GIANCARLI riprende nella Politically incorrect messa in campo da un linguaggio poetico che aggiunge alla forma del discorso cromatico un raccontare tra equilibri di rosso e verde complementari al senso sintetico di questa nostra storia: Cerano i muri da abbattere, concreti o simbolici, per lasciare che quel vento corresse in ogni luogo. Tutto era possibile e tutto doveva cambiare: tutto stava cambiando, cos ci sembrava. E un 68 appare ancora nellopera fluttuante, come un confine aleatorio del sentire il senso della vita che scorre tra la marina e la celeste idea femminile di SECCIA. Un galleggiamento definito dal numero di unintera generazione che guarda tra i filtri atmosferici verso la innevata iridescenza di vette apparse per testimoniare che comunque una terra c per tutti e per ogni tempo. Un numero piatto sulla scacchiera che ammorbidisce, contrapponendosi, quasi levigandola, la luttuosit in scuro di una giocatrice vezzosa uscita dalle idee di una lanterna magica di Bergman fine anni Ottanta al grido di: Io vivo continuamente nella mia infanzia: giro negli appartamenti nella penombra, passeggio per le vie silenziose di Uppsala, e mi fermo davanti alla Sommarhuset ad ascoltare lenorme betulla a due tronchi, mi sposto con la velocit a secondi, e abito sempre nel mio sogno: di tanto in tanto, faccio una piccola visita alla realt. E questa stessa femminilit dellarte la si ritrova impressa nei codici segnati dallesperienza sostanziale messa a visione del mondo sentito da CONTESTABILE. Ancora un gioco dei simulacri estratto fedelmente dal fantastico assimilato alla funzione del feticcio e della tessitura che rivendica la lucida sociologia baudrillardiana che si trasforma, balzando da un Debord evocatore di teologie ludiche, a una sintesi azionata dai fili ornati nellintreccio delle lettere o dei numeri come un divieto di linguaggio arabo che sfocia giocolando nella figura rappresentativa di un ludico momento visto, appunto, dalla sottigliezza femminile. Un velo, o un ricamo di preziosa emananza, una sorta di mandala del ricamo capace di rievocare, almeno per chi ha amori silenziosi nel barocco, un cristo velato da principe di San Severo e che raccoglie, in un pezzetto di universo quarantaxquaranta, tutti i simboli di un sessantotto debordiano che appare nellopera nella sua essenza di suono, olfatto, tatto e sensazione di un mondo femminile attivato dalla nobilt silenziosa della raffinatezza cortese e rivoluzionaria. Cos concretizza anche lesperienza artistica del giovanissimo MANISCALCO cui la derivanza generazionale fa da seguito comprensivo allapprendimento magico tracciato sulle linee delle verit guerriere assunte, sostenute e riportate poi nellarte con una volontaria semantica istruttrice al senso dellonore e della dignit trasmessa dai reticoli comunicativi dallanno 68. Si sente, allora, oltre il gesto e il sintomo,

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il segnale a un grado evolutivo che partendo da quel punto, muove contro la stessa voracit magnetica che sar poi, sui profetici dettami di Debord, lincipiente, manipolatrice Societ dello spettacolo. Lopera veicola il linguaggio di quegli anni, il racconto manifesto sulle scritte murali, gli slogan, le universit, le mode addivenire che impareranno dalle scienze del convincimento le tecniche di utilizzo ad altro modo (pubblicitario-reazionario) di quel pensiero messo in vita proprio dallirripetibile momento sessantotto. Cera anche la fede di una giovent votata ad un dio sconosciuto di steinbeckeiana maniera che appare, per la prima volta, giocoliere nella stagione del cambiamento e nelle idee mese a strumento dellarte, una divinit dialettica parlante con lopera, quasi a predire come un velame forte avesse coperto in quel periodo ogni volont votata al cambiamento, verso una societ che aveva in proseguimento, o se si vuole, nella sua continuit di senso, la visione di un mondo giusto e anarchicamente libero-liberato. E siccome la rivoluzione nasce dalla punta del cannone, come si diceva allora nelle voci esplosive uscenti dai cortei che seguivano i progetti delle processionarie fuori dagli schemi di quella logica deriva messa in atto dalla psicogeografia dei debordiani, MELARANGELO che di quel momento storico certifica il compito sacrale di un referente fisico attivo con la presenza e il simbolo politico di quella stessa punta del cannone riformattata in arte ne fa una linea di demarcazione separante i malefici manufatti ideati per-la-morte dal paesaggistico sfondo montanaro levigato da un cromatismo salubre e accogliente, potenziale rigeneratore delle tante, inutili vite in anticipo su Moira smorzate. Sempre negli aggrovigliati meandri del racconto ci si ritrova seguendo lo sguardo disincantato del giovane CARDONE, il quale nella duplice assonanza del titolo, sa individuare latto psicologico per dirci come da Debord a Lacan, il passo sia stato breve. MANIFESTI il sogno ci e si prescrive lautore con il titolo del suo quarantaxquaranta: Viaggio alla ricerca del sogno e dellinteriorit, di una propria fisicit. Protagonista diventa lintrospezione, la speranza, il ricordo, il conflitto. Un cammino immaginario tra conscio e inconscio, tra realt e illusione, seguendo ldea fissa di una sferica forma rossastra che si riconosce nelluomo con il palloncino: Uomo adulto che porta in s lanimo bambino e cerca il suo intimo sogno rappresentato dal palloncino rosso E da questo onirismo reale si passa al mito con ARDUINI che ne riadatta, non a caso, il rizoma iconico (dopo la recente mostra personale allAngelus Novus avente per tema Minosse ed il Labirinto), con il suo meticciato di uneroicizzante pittura classica (da Michelangelo a Raffaello, ma anche i pi prossimi muralisti messicani Siqueiros, in particolare) riportata a nuova vita con la respirazione bocca a bocca praticata con i suoi numerosi affreschi monumentali realizzati quasi tutti allaperto certificanti una padronanza spaziale fuori del comune, alimentata com poeticamente da forme astraenti e colori decisi innervati in una figurazione mai statica, dinamizzata da spiraliche aperture segniche. E dal mito rivisitato dallo sguardo geometrico funzionale al discorso di questo connivenziale pasto artistico cui si sottopone il substrato spirituale della poetica

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ipostatizzante di Debord, assume lavvento sorrettivo la figurazione robotica di PELLICCIONE, pittore, ma anche scultore di ossuti, siderali manichini (spesso sospesi a mezzaria), reiteranti la classicit rinascimentale di un sotteso segno/disegno che fa corpo unico con lopera. La tavolozza cromatica attinge direttamente alle giustapposizioni, a distonici contrasti cromatici, ben accordati nelle loro prossimit di superficie su cui la leggerezza, la levit di quegli esseri-macchina sempre pronti a sfidare la legge della gravit terrestre, diventano la risposta immediata dellarte a tutti i condizionamenti antropologici e sociologici da cui ognuno di noi quotidianamente oppresso, e di questa oppressione gravitazionale sociologica, larte vera e sostanziale fa una dimostrazione di coraggio quando chiama in scena COLANTONI, a suo tempo amico, ma anche irriverente cantore di un Moravia ulteriore, con il ciclo pittorico a lui dedicato ed affluito nelle pagine pi fulgide della neo-figurazione italiana, il quale deve alle scosse, alle sollecitazioni di uninnata aggressivit pittorica a stento placata nelle sue sensuali iperiperrealistiche nature morte (malamente scopiazzate da pi di un epigono), mentre si autoafferma quella ostica spigolosit tendente sempre ad una feroce critica del deja vu. La sua altissima arte riconoscibile da un miglio di distanza: profuma sempre di autenticit, e nellepoca della debordiana falsificazione spettacolare, non poco. Ed il linguaggio scelto in omaggio alla consapevolezza pi vera di Debord anticipatore di un mondo che oggi ci tocca affilato nelle vertebre, assume aspetti di quella polisemanticit, alle molteplici significazioni che irrompono dallopera alle percezioni riflessive di chi la incontra. Dark e Batman, con il rimando alluomo nero fattosi pipistrello o fumetto che ha influenzato proprio le attese di quella generazione che poi si riversata, diremmo vendicata, nel sessantotto e a seguire nel settantasette, che si ritrova piantata con lo sguardo in un magrolino corpo nudo di Carla Bruni, mentre il filo spezzato di questi giorni senza memoria ricompone la faccia gianica degli attuali presidente americano e capo del vaticano, mentre la stuprata innocenza di un fanciullo a cui le bombe antiuomo (le stesse di onore produttivo italiano) hanno tolto qualche pezzo di corpo svanito dietro il primo piano del fucile piantato nella tempia della coraggiosa vietnamita. Tutto un racconto premesso dalle visioni di Debord e diventata, purtroppo, amara verit di storia avvenuta. E da qui si riparte per ritrovarsi a fianco dellagguerrita militante dellavanguardia inista GIANSANTE, con un decisivo balzo per approdare nei rigeneratori lidi di una ricerca inaudita: in arte niente proibito, come ben si avverte nelle sue reiterate reinterpretazioni delle icone forti della modernit (nella copertina del numero monografico della rivista Brnice dedicata a Rimbaud sua lopera riprodotta), reinterpretazione sempre sorretta dalla componente subliminale dellinia, concertante sintonia tra pensiero e sentimento, capace di recuperare al meglio lenergia sotterranea di ogni pathos, come avviene, poi, nel malinconico volto di Debord effigiato per questa Rassegna, restituito a tutto tondo alla nostra smaliziata sensibilit sempre pi governata da caleidoscopici pixel, e qui creativamente recuperati per smorzare ogni loro araldica pretesa, in favore di unarte al passo con il rivolgimento lessicale di ogni avanguardia degna di tal nome.

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Ed ecco, infine, la possibilit donata (allinsegna del Potlatch) di poter ascoltare un suono eco-museale messo in visione da questa manifestazione. Un licitante tentativo rivolto alle percezioni che vivono un presente spesso adoperato nella distrazione. una nuova voce unita alle tante che in questo tempo tintinnano sulle euritmiche cadenze rinvigorite da una strana aurea vorticante intorno alle nuche generazionali e dentro le coscienze riattivate anche dalla semplice ricomparsa di un anniversario celebrato nel desacralizzante nome di Guy Debord. Si assiste cos ad una sorta di lamentela che scivola sulle schiene curvate dal Potere, a sua volta secco, del tutto privo, mancante di ogni pluridimensione apertura al fantastico. Capita a volte che le divinit implorate dagli uomini della cupidigia per non farsi condannare dagli dei, sappiano raccogliere qualche briciola del pensiero, della bellezza e dellintuizione, del meraviglioso sacrificale di un Debord, briciole trasformabili in coriandoli gioiosamente buttati oltre il confine generazionale. Riaccorpati adesso nel suo scanzonato volto ironico, con quello sguardo tipico e la sigaretta o il bicchiere di vino sempre in bocca come orgogliosamente rivendica nellautobiografico Panegirico I, pronto a cantare serenate ad un imbalsamato Potere che non sa cantare, ridere, giocare o immaginare una Terra senza pi paura, tristezza e pianto, e sappia invece leggere e recitare unalternativa, catartica Societ-del-nonspettacolo. E gli abitanti del pianeta tutto, sorridono ora e coralmente poetano allAngelus Novus gli stessi suoni rivoluzionari di quei brucianti anni allinsegna di un QWERTY che non vuol dire nulla, simbolo vivente e vivificatore di una tastiera universale con cui sceneggiare il nuovo mondo che ci vuole sani e liberi, da e col canto vivo nel cuore e negli occhi di una incessante, irriverente giovent.

P. S. Nel vagabondare-derivare nel sito www.criticart.it (certificazione dellarte di qualit, ideato ed aggiornato quotidianamente da Antonio Picariello con la documentazione iconografica e testuale degli eventi darte pi graffianti), ho incrociato limmagine Tutti pazzi per Debord, senza indicazione dellautore. Chiesti chiarimenti a Picariello, mi ha candidamente confessato che lartista altri non era che Pil (suo pseudonimo gi utilizzato in ambito narrativo). Ho insistito affinch firmasse lopera, poi inclusa, insieme alle altre nel post-catalogo di questo Quaderno, quale avatar, ludico spirito virtuale-digitale di Debord. Come autocritica finale dei curatori della Rassegna darte contemporanea Limmaginazione al potere / Il potere dellimmaginazione, ripropongo (allinsaputa di Pil, che mi auguro condivida questo P. S.) una parte del tract (volantino) diffuso dalla sezione situazionista belga a Bruxelles nel 1958 durante lo svolgimento dellAssemblea dei critici darte internazionali: [] Sparite, critici darte, imbecilli parziali, incoerenti e divisi! Invano allestite lo spettacolo di un falso incontro. Non avete nientaltro in comune che un ruolo da sostenere: fate sfoggio in questo mercato, di uno degli aspetti del commercio

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occidentale: la vostra chiacchiera confusa e vuota su una cultura decomposta. Siete svalutati dalla Storia. Anche le vostre audacie appartengono ad un passato da cui non uscir pi niente. Disperdetevi, brandelli di critici darte, critici di frammenti darte. Adesso nellInternazionale situazionista che si organizza lattivit artistica unitaria dellavvenire. Non avete pi niente da dire. LInternazionale situazionista non vi lascer pi nessuno spazio. Vi ridurremo alla fame. [] Il nostro compagno Korun si trova sottoposto a procedimento giudiziario per il suo ruolo in questa manifestazione. A. G. [Da internationale situationniste, n. 1, Giugno 1958, p. 29, ora in internazionale situazionista 1958-1969, Nautilus, Torino, 1993].

Dlibrment, dans lintention de ne laisser filtrer hors de lI. S. aucune trace qui puisse donner prise une observation ou une analyse extrieures, rien na jamais t consign par crit concernant cette discussion et ce quelle avait conclu. Il a t convenus alors que le plus simple rsum de ces conclusions, riches et complexes, pouvait se ramener une seule phrase:LI. S. doit, maintenant, raliser la philosophie. Cette phrase mme ne fut pas crite. Ainsi, la conclusion a t si bien cache quelle est reste jusqu prsent secrte (Guy Debord, Les thses de Hambourg en septembre 1961, novembre 1989, in internationale situationniste, Librairie Artme Fayard, Paris, 1997, p. 704). 2 Guy Debord, vres, Gallimard, Paris, 2006, p. 653. A seguito di una bomba incendiaria messa nel 1965 da un provocatore nella casa del situazionista J. V. Martin, gran parte delle antipitture di Debord, dello stesso Martin e della Berstein, furono distrutte. 3 Pasqual Quignard, Tous les matins du monde, Gallimard, Paris, 1991.

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