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Francesco PAROLA Dipartimento di Studi Aziendali e Quantitativi, Universit degli Studi di Napoli Parthenope,

Il Mediterraneo nei network commerciali internazionali : conitti, sde logistiche e strategie di crescita sostenibile

1. Il mediterraneo : dinamiche evolutive del commercio e dei trafci marittimi Fino agli inizi degli anni90 le nazioni che si affacciavano sul Mare Mediterraneo erano praticamente escluse dalle principali rotte commerciali estovest in campo marittimo. Le compagnie di navigazione, infatti, preferivano scalare i porti del nord Europa sia per i servizi transatlantici che per quelli tra Europa e estremo oriente. I maggiori porti mediterranei erano essenzialmente coinvolti in servizi di short sea shipping e rotte secondarie nord-sud. I modelli di governance portuale a forte vocazione pubblica allora vigenti, le difcolt legate al regime monopolistico della manodopera portuale, la carenza di un processo sistematico di pianicazione capace di denire le modalit di sviluppo e valorizzazione delle aree portuali, i deboli collegamenti intermodali con lhinterland, avevano relegato per decenni i porti dellEuropa meridionale ad un ruolo secondario allinterno delle reti globali di trasporto (Musso e Parola, 2007). Negli ultimi ventanni, tuttavia, lo scenario di riferimento mutato in modo signicativo. La globalizzazione, la delocalizzazione delle attivit produttive in aree a basso costo della manodopera, e la caduta delle barriere tariffarie nel commercio hanno profondamente modicato la struttura dei servizi marittimi intercontinentali (Notteboom e Winkelmans, 2001 ; Ferrari et al., 2008). A fronte di una stagnazione dei volumi trasportati lungo la rotta transatlantica, la direttrice Europa Far East ha conosciuto tassi di crescita impressionanti, attestandosi oggi su valori non lontani da quelli della rotta transpacica. In tale
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contesto, il Mediterraneo ha progressivamente riacquistato una sua centralit grazie anche alla sua naturale baricentricit rispetto ai transiti commerciali dallestremo oriente al nord Europa (Zohil and Prijon, 1999 ; Musso e Parola, 2007). I processi di riforma della governance portuale che si sono sviluppati in molte nazioni mediterranee hanno inoltre consentito un signicativo aumento delle performance gestionali e operative, aumentando la competitivit dei porti (Gonzalez Laxe, 2008). Il Mediterraneo ha assistito allo sviluppo di alcuni grandi porti storici di import-export, quali Barcellona, Valencia, Genova, Marsiglia ed altri e, al contempo, ha conosciuto lesplosione di importanti attivit di trasbordo. Le operazioni di trasbordo, come noto, hanno consentito di catturare crescenti volumi di trafco in particolare dal Far East, sfruttando la posizione geograca che vede il Mediterraneo quale luogo di transito obbligato per le rotte oceaniche tra Nord Europa e estremo oriente. Dopo lo sviluppo di Gioia Tauro, Cagliari e Taranto, i porti dei paesi avanzati hanno tuttavia cominciato a soffrire la concorrenza di facilities localizzate in aree a basso costo dello spazio e della manodopera, quali il Marocco, lEgitto e lAlgeria. Il modello di sviluppo portuale delle nazioni avanzate che si affacciano sul bacino del Mediterraneo viene oggi messo in discussione. I porti gateway devono infatti fare i conti con spazi sempre pi limitati, problemi nel nanziamento delle infrastrutture, difcolt di gestione dei trafci terrestri e, in particolare, criticit nella dialettica tra porto e territorio (cfr. demaritimisation, Benacchio e Musso, 2001 ; Moglia e Sanguineri, 2003). I porti di trasbordo, invece, stanno soffrendo le aggressive politiche di sviluppo dei porti del Nord Africa, e subiscono deviazioni passive di trafco a seguito delle strategie delocalizzative delle principali compagnie armatoriali. 2. Conitti e crescita sostenibile nelle citt portuali Il settore portuale nel bacino del Mediterraneo rappresenta, come noto, un contesto ambientale e di business estremamente eterogeneo e complesso che abbraccia numerose attivit e settori economici, e coinvolge una moltitudine di soggetti pubblici e privati. Negli ultimi decenni tale settore stato protagonista di profonde modicazioni a livello istituzionale con pesanti ripercussioni operative e strategiche sulle imprese che in esso operano. Oggi, come anche in passato, i porti sono dunque al centro di interessi pubblici e privati, che si intrecciano e spesso coniggono tra loro (De Langen, 2007 ; Debrie et al., 2013 ; Dooms et al., 2013). Lo scenario macro-ambientale si trasformato in modo sostanziale, chiedendo a istituzioni e imprese un enorme sforzo per tenere il passo con il ritmo imposto dal cambiamento. La globalizzazione delleconomia ha allargato gli orizzonti della competizione tra imprese e il contesto ambientale diventato sempre pi instabile e complesso. Nei settori industriali, le innovazioni tecnologiche hanno trasformato le modalit produttive e distributive, spin2013 Annales IMTM

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gendo le imprese a richiedere servizi di trasporto sempre pi customizzati e di elevata qualit (Baudoin e Collin, 2006). In campo marittimo, il commercio di merci ad alto valore ha conosciuto tassi di crescita molto sostenuti, largamente ben superiori a quelli delle materie prime. Pertanto, il container marittimo e lintermodalit si sono affermate come modalit organizzative dominanti, in grado di rappresentare un continuum tra trasporto marittimo e hinterland. Tali dinamiche evolutive hanno reso pi complessa la gestione delle relazioni tra i porti e il loro territorio. I porti gateway, infatti, sono in molti casi divenuti dei semplici luoghi di transito, incapaci di trattenere nel territorio retrostante una parte signicativa del valore delle merci. Se a ci si aggiungono le esternalit negative prodotte in termini di inquinamento (atmosferico, delle acque, sonoro e visivo), congestione stradale ed incidentalit, facile comprendere come le citt portuali oggi percepiscano il loro porto pi come un corpo estraneo (Lavaud-Letilleul, 2007) che come un potenziale motore per il loro sviluppo socio-economico nel medio-lungo periodo (cd. crescita sostenibile). Alla luce di tali considerazioni, emerge in modo chiaro come i porti moderni rappresentino strutturalmente luoghi in cui si generano conitti di varia natura, in quanto devono coesistere interessi pubblici e privati tra loro spesso contrapposti o comunque difcilmente conciliabili in unottica di crescita sostenibile. In relazione a ci, si scontrano due diverse concezioni di modello portuale, in termini di assetti di governance, e ruoli e nalit da perseguire allinterno del sistema socio-economico. In primo luogo, secondo una tradizionale visione pubblicistica i porti sono chiamati a rivestire un rilevante ruolo strategico a livello socio-economico e devono difendere il pubblico interesse. Pertanto, essi devono trainare leconomia del paese, favorire gli interscambi con lestero, generare posti di lavoro, fornire un servizio pubblico e contribuire a migliorare la qualit della vita. Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi, i governi debbono essere capaci di compiere un uso ottimale delle limitate risorse disponibili, gravando direttamente sul bilancio dello stato. Allopposto, secondo una pi moderna ottica privatistica, i porti debbono comportarsi analogamente alle imprese di qualunque altro settore delleconomia, perseguendo le medesime nalit di protto. A tal ne, necessaria la creazione di un ambiente di mercato concorrenziale, in grado di offrire allutenza armatoriale unadeguata capacit di handling a prezzi competitivi, previa unattenta attivit legislativa (leggi di riforma, etc.), di controllo (autorit antitrust, etc.) e pianicazione (autorit portuali, etc.) da parte dello stato, che deve perci assicurare un ambiente di mercato trasparente e libero. Secondo questa seconda ed antitetica visione di intendere il ruolo del porto nel sistema economico, gli investimenti e i rischi imprenditoriali devono chiaramente trovare unadeguata remunerazione a livello economico e nanziario. In tal senso, cercando di trovare una conciliazione tra le due diverse visioni del ruolo del porto in campo socio-economico, il processo di riforma intrapreso in vari paesi ha provato a fornire adeguate risposte ai radicali cambiamenti
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ambientali ed alle criticit operative e gestionali emerse. In sostanza, ha cercato di trovare un nuovo (ancorch dinamico) punto di equilibrio nei complessi e conittuali rapporti tra pubblico e privato. Pertanto, ha agito principalmente in tre direzioni : rinnovo del regime del lavoro portuale (i), maggiore efcienza degli assetti di governance (ii) e ricerca di pi potenti meccanismi di nanziamento degli investimenti (iii) (Parola e Maugeri, 2013). Innanzitutto, si cercato di modicare le restrittive normative sul lavoro portuale (i), composte da inadeguate ed antiche regolamentazioni introdotte per far fronte ai picchi operativi di lavoro con la manodopera portuale disponibile (cd. pool). Le normative necessitavano dunque di essere trasformate e rinegoziate per conformarsi ai nuovi metodi di manipolazione dei carichi bulk e, soprattutto, delle nuove unit di carico standard, i container. In tal senso, si resero inoltre necessari investimenti per una rapida modernizzazione delle attrezzature di handling che, spesso, hanno generato pesanti conitti tra port users, autorit portuali ed organizzazioni sindacali. Queste ultime, infatti, non volevano veder ridurre lorganico della forza lavoro e ignoravano la necessit di migliorare le proprie skills per la manipolazione delle merci. Solo in seguito le unions iniziarono ad assumere posizioni pi concilianti in merito alla riforma e al progresso tecnologico dellequipment, anche se non mancano ancor oggi occasioni di scontro che talvolta sfociano in scioperi e contenziosi legali. In secondo luogo, si cercato di migliorare lefcienza degli assetti di governance (ii), riducendo il grado di controllo centrale a livello governativo che rendeva la macchina portuale troppo lenta e burocratizzata. Nellambito del tema in oggetto, questo aspetto gioca un ruolo cruciale in quanto lincapacit dei soggetti pubblici nel tenere il passo dei cambiamenti ambientali e delle strategie adottate dai privati, rappresenta una fonte rilevante di conitti. La riforma dovrebbe invece rendere le autorit portuali reali soggetti decisori, capaci di pianicare secondo logiche manageriali e, successivamente, di implementare rapidamente i progetti scelti. In tale ottica, le autorit portuali sono inoltre chiamate ad assumere un ruolo chiave di mediazione tra i vari soggetti pubblici (enti pubblici territoriali e governo centrale) e le imprese private che operano nel porto o nellindotto. Inne, la riforma ha cercato di far fronte alla crescenti difcolt nanziarie dei porti (iii). La maggior parte dei governi si infatti mostrata sempre pi riluttante ad investire in costose infrastrutture portuali e in innovazione tecnologica. Da un lato, si cercato di semplicare i meccanismi di nanziamenti pubblico, conferendo maggiore autonomia alle autorit portuali, dalaltro, si incentivato lingresso di soggetti privati nelle attivit commerciali. Nonostante la riforma, il tema dei nanziamenti delle infrastrutture rappresenta ancora in molte nazioni un momento di concreto scontro tra i diversi soggetti pubblici coinvolti e tra essi ed i privati. Se i vari percorsi di riforma hanno cercato di ridurre e/o smorzare i conitti in essere, sono diverse ad oggi le forme di conitto che siologicamente emergono in ogni porto. Inoltre, giova ricordare come limplementazione della
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riforma divenga essa stessa generatrice di momenti conittuali, in quanto la realt operativa si pu facilmente dimostrare refrattaria al cambiamento (ad es. lavoratori portuali, imprese ferroviarie, etc.). In particolare, i drivers che generano conitti in ambito portuale sono diversi e possono ricondursi (Parola e Maugeri, 2013) : - alla siologica presenza di interessi parzialmente o completamente divergenti, che danno dunque origine a posizioni o situazioni talvolta inconciliabili ; - alla scarsit di risorse (nanziarie, di spazio, etc.) che porta inevitabilmente a scontri nella contesa delle stesse ; - alla presenza di un vetusto framework legislativo ed istituzionale, non sincronizzato con la realt ambientale e la velocit operativa e strategica degli operatori privati ; - alla dimensione comportamentale dei managers e dei politici e, in particolare, ad una loro diversa concezione del potere, che sfocia inevitabilmente in differenti modalit di esercizio dello stesso ; - a problemi nella comunicazione tra i vari attori coinvolti, capaci di causare dinamiche comunicazionali insufcienti o poco trasparenti se non, addirittura, dolosamente false o assenti. In sostanza, possiamo dunque affermare che i conitti in ambito portuale appartengono a tre grandi famiglie o categorie : (i) conitti tra (o allinterno degli) gli attori della comunit portuale in senso ampio. Tra essi rientrano i soggetti che a vario titolo inuenzano e/o sono inuenzati dalle gestione e dalle operazioni portuali quali terminalisti, armatori, operatori intermodali, spedizionieri, Autorit Portuale, Comune, Regione, etc. (Brooks e Pallis, 2008) ; (ii) conitti di natura territoriale, sociale e ambientale, nel momento in cui la comunit portuale entra in contrasto con il mondo esterno a causa di esternalit negative, interessi divergenti, etc. (Berqvist and Egels-Zandn, 2012) ; tali conitti mettono in dubbio la sostenibilit degli attuali processi di sviluppo portuale, prevalentemente basati sulla crescita quantitativa dei volumi di merce movimentata e non gi sulla creazione di valore per il territorio e la societ ; (iii) conitti tra le regole di governance e di comportamento ssate dal quadro legislativo esistente e le esigenze dettate dal mondo reale delle imprese (cd. gap legislativo), le quali necessitano la rapida adozione di scelte in un contesto ambientale complesso e in continua evoluzione (Brooks e Pallis, 2008 ; Caballini et al., 2009). Pi in particolare, per quando concerne i soggetti pubblici, occorre distinguere tra due livelli decisionali, lamministrazione e la governance. Lamministrazione pu denirsi come la buona applicazione delle leggi, delle regole e dei codici per il buon funzionamento del porto, volta a facilitare il comAnnales IMTM 2013

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portamento degli attori privati che in esso operano. Per contro, lesercizio della governance rappresenta lelaborazione delle strategie e delle politiche di sviluppo degli spazi portuali, al ne di costruire un ambiente di business attraente per gli operatori privati e dunque competitivo nei confronti della concorrenza. Con riferimento ai soggetti privati, si distinguer tra la strategia a livello di gruppo (corporate) con le conseguenti ricadute in termini di business strategy, e le scelte meramente operative (terminal handling charges, priorit negli accosti, etc.), volte a gestire nel singolo porto le day-to-day operations (Parola e Maugeri, 2013). 3. Conclusioni Il presente contributo ha affrontato il tema della conittualit nei porti marittimi del Mediterraneo alla luce della loro nuova centralit allinterno delle dinamiche commerciali internazionali. La crescita dei volumi di trafco nei porti gat ew ay ha evidenziato lemergere di complesse problematiche e conittualit sotto diversi proli : operativo, di governance, socio-economico, ambientale, legislativo, etc. Leterogeneit culturale, politica ed economica dei paesi allinterno del bacino del Mediterraneo richiede ladozione di politiche e strategie ad-hoc per perseguire una crescita sostenibile nel medio-lungo termine. In particolare, il modello di sviluppo portuale adottato negli ultimi decenni dalle nazioni avanzate viene oggi messo in profonda discussione. Lemergere delle dinamiche conittuali sopra esposte e la crescente concorrenza di alcuni paesi emergenti, richiede un profondo ripensamento delle logiche di sviluppo ed investimento in ambito portuale e logistico. In particolare, i governi e le autorit portuali sono invitati a scegliere soluzioni strategiche in grado di assicurare la sostenibilit dei percorsi di crescita, in unottica sinergica con il territorio e le attivit produttive e commerciali che si svolgono a livello locale. Gli enti pubblici sono dunque chiamati ad uscire da miopi scelte campanilistiche e/o lobbistiche, favorendo invero una maggiore autonomia decisionale e di budget delle autorit portuali, in una chiave di integrazione con le altre modalit di trasporto e di sviluppo delle principali liere logistiche.

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