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I

INDICE




Capitolo 1
Introduzione pag. 1

Capitolo 2
Test dinamici di acquisizione
2.1 Premessa 5
2.2 Test dinamici 6
2.2.1 Metodi di misura 7
2.2.2 Ottimizzazione della posizione dei trasduttori 10
2.2.3 Errori nelle misure 13
2.2.4 Filtraggio dei segnali 14

Capitolo 3
Metodi di identificazione strutturale output only
3.1 Premessa 17
3.2 Tecniche ad input incognito 18
3.2.1 Trasformate Random Decrement 19
3.2.2 Eigensystem Realisation Algorithm (ERA) 24
3.2.3 Identificazione in tempo-frequenza 32

II
Capitolo 4
Metodi di Model Updating
4.1 Premessa 39
4.2 Scelta dei parametri e loro sensibilit 40
4.3 Confronto tra dati sperimentali e dati numerici: MAC e CoMAC 42
4.4 Model Updating: metodi diretti ed indiretti 43
4.4.1 Metodi diretti 43
4.4.2 Metodi indiretti 45
4.5 La funzione obiettivo 46

Capitolo 5
Tecniche di riduzione ed espansione modale
5.1 Premessa 53
5.2 Tecniche di riduzione 53
5.2.1 Riduzione statica o di Guyan 54
5.2.2 Riduzione dinamica 55
5.2.3 Sistema di riduzione migliorato (IRS) 55
5.2.4 System Equivalent Reduction Expansion Process (SEREP) 56
5.2.5 Tecniche di riduzione mediante Abaqus 56
5.3 Tecniche di espansione 59
5.3.1 Physical Expansion (PE) 59
5.3.2 Modal Coordinate Expansion (MCE) 60
5.3.3. System Equivalent Reduction Expansion Process (SEREP) 61
5.4 Esempi di riduzione 61
5.4.1 Struttura con comportamento bending 62
5.4.2 Struttura con comportamento shear 67
5.4.3 Considerazioni finali 72


III
Capitolo 6
Questioni relative alluso di dati di smorzamento nella
correzione di modelli
6.1 Premessa 74
6.2 Tecniche di valutazione dello smorzamento 74
6.2.1 Modello viscoso 74
6.2.2 Modello isteretico 75
6.2.3 Smorzamento alla Rayleigh 76
6.3 Analisi modale nello spazio delle fasi 77
6.4 Definizione dello smorzamento in Abaqus 80
6.4.1 Analisi dinamica mediante integrazione diretta 80
6.4.2 Analisi modale 81
6.4.3 Analisi nello spazio delle fasi 83
6.5 Il problema dei modi complessi 84
6.6 Una tecnica di riduzione nello spazio delle fasi 86
6.6.1 Applicazione 89

Capitolo 7
Il programma di Model Updating
7.1 Premessa 95
7.2 I file di interscambio 96
7.3 I percorsi del programma 101
7.3.1 Analisi modale classica 102
7.3.2 Analisi modale nello spazio delle fasi 104
7.3.3 Taratura nello spazio classico 107
7.3.4 Taratura nello spazio delle fasi 123


IV
Capitolo 8
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio
8.1 Premessa 128
8.2 Competenze della UR di Torino nel programma di ricerca 129
8.3 Cenni storici 132
8.3.1 La Basilica e il campanile 132
8.3.2 Costruzione della cupola 133
8.3.3 Un cantiere sempre aperto 135
8.4 Analisi dellopera 137
8.4.1 Struttura della Cupola 137
8.4.2 Considerazioni circa il comportamento dinamico 139
8.5 Test dinamici ed identificazione strutturale 141
8.6 Modellazione agli elementi finiti 151
8.7 Taratura 158
8.8 Conclusioni 162
8.8.1 Circa lidentificazione 162
8.8.2 Circa il Model Updating 163

Introduzione Capitolo 1
1


CAPITOLO 1

Introduzione



La misura della sicurezza strutturale, basata su modelli semplici ma conservativi, quali
sono quelli proposti dalle normative correnti, assolutamente imprescindibile quando si
progetta una nuova struttura. Se, per, sinterviene con opere di rinforzo e consolidamento
su un edificio esistente, specie se depositario di alti valori storici e monumentali, il
soddisfacimento di tali verifiche, associato alla difficolt di comprendere appieno il reale
comportamento della struttura, pu comportare scelte progettuali molto pesanti, che
snaturano totalmente la concezione e laspetto della costruzione su cui sinterviene. La
Mole Antonelliana di Torino rappresenta, in tal senso, un caso esemplare, ma il problema
, tuttavia, pi generale e diffuso.
Ed proprio con lintenzione di qualificare questo genere dinterventi che sinquadra il
Model Updating: nato allo scopo di prevedere il comportamento di un sistema strutturale,
correlando modellazione e misure sperimentali, negli ultimi anni ha assunto un ruolo via
via crescente, che investe non solo lambito dellidentificazione dinamica, ma anche aspetti
quali, lottimizzazione del progetto della rete di monitoraggio e delleventuale intervento
riabilitativo, nonch lispezione ed il controllo attivo e passivo delle pi svariate opere
dellIngegneria Civile.

Questo lavoro di tesi sinserisce in tale contesto con lobiettivo di costituire un valido
supporto tecnico alle operazioni didentificazione dinamica, e non solo, applicabile a vaste
classi di sistemi strutturali (potendo spaziare dalle strutture intelaiate in C.A. agli edifici in
muratura dinteresse monumentale). Linput essendo costituito dalle elaborazioni dei test
dinamici, si vuole interpretare il comportamento della struttura in termini di caratteristiche
Introduzione Capitolo 1
2
meccaniche, di rigidezza, massa e smorzamento, con laspirazione di poterne cogliere
anche i comportamenti anomali locali, possibili sintomi di danno strutturale (diagnostica).
Punto di partenza un codice di calcolo per il Model Updating impostato negli anni passati
presso il Laboratorio di Dinamica e Sismica del Politecnico di Torino. Realizzato in
ambiente Matlab, esso consente linterfaccia con un codice agli elementi finiti diffuso in
ambiente scientifico, lAbaqus.
Preliminarmente si dunque provveduto alla riorganizzazione ed al collaudo di quanto gi
svolto, in modo da coglierne le effettive capacit operative; poi sono state apportate le
modifiche e aggiunte necessarie al potenziamento delle attuali prestazioni; quindi, nello
spirito dellottimizzazione delle risorse, sono stati sviluppati quegli aspetti ritenuti
funzionali allidentificazione strutturale di edifici complessi, quali la Cupola della Basilica
di San Gaudenzio a Novara, che, per le ragioni esposte nel capitolo 8, stata scelta come
caso studio.

Questo lavoro dunque scindibile in tre parti, che, sebbene distinte, presentano una forte
complementariet:
! La prima parte dedicata alle questioni teoriche, quelle su cui si fonda il
programma. In particolare, il capitolo 2 approfondisce gli aspetti attinenti
lacquisizione dei segnali, soffermandosi in particolar modo sulla strumentazione
impiegata, sui metodi di acquisizione, sullottimizzazione del progetto della rete di
sensori e sugli errori di cui sono affette le misurazioni.
Il capitolo 3 richiama le tecniche didentificazione output only, oggi utilizzate
sempre pi frequentemente, data la possibilit di sfruttare leccitazione ambientale
e, allo stesso tempo, non interrompere il normale esercizio dellopera. In particolare
vengono analizzate due tecniche, luna operante nel dominio del tempo (metodo
ERA), laltra in quello congiunto del tempo-frequenza.
Il capitolo 4 si sofferma sui principali metodi di Model Updating, distinguendo le
due grandi famiglie dei metodi diretti ed indiretti ed esaminando pregi e difetti
degli uni e degli altri. Si esaminano in dettaglio il problema della correlazione tra
dati numerici e sperimentali, richiamando le tecniche maggiormente in uso (MAC e
COMAC), e quelli concernenti la funzione obiettivo, vero fulcro dei metodi di
correzione iterativi.
Il capitolo 5 concerne la riduzione del modello e lespansione dei dati modali,
aspetti degni di tutto rilievo, considerata la frequente necessit di utilizzare
Introduzione Capitolo 1
3
informazioni incomplete e affette da errori non eliminabili, a fronte di modelli assai
complessi. Una rassegna di tutte le tecniche di maggior respiro, corredate da esempi
pratici, ne mette in luce virt, limiti e grado di precisione.
Il capitolo 6 si occupa invece dello smorzamento. Dapprima dal punto di vista
puramente teorico, ricordando le diverse formulazioni possibili ed il loro dominio
di validit; poi, recuperando la trattazione dei sistemi a pi gradi di libert nello
spazio delle fasi ed infine illustrando lartificio che consente di valutare il
contributo dovuto allo smorzamento nelle modellazioni effettuate con Abaqus (che
non contempla lanalisi nello spazio delle fasi). Lattenzione si sposta quindi agli
aspetti pi vicini al Model Updating: le tecniche di realizzazione delle forme
complesse (che consentono di tarare modelli privi di smorzamento utilizzando le
acquisizioni che, al contrario, contengono questinformazione) e la riduzione del
modello nello spazio delle fasi.
! La seconda parte, costituita dal capitolo 7, affronta la realizzazione del software dal
punto di vista operativo: dalle considerazioni riguardanti linterfaccia dei due
linguaggi, Matlab e Abaqus, alla disamina di tutti i percorsi previsti dal
programma, opportunamente descritti mediante diagrammi di flusso e commentati
nei tratti essenziali.
! Infine la terza ed ultima parte, costituita dal capitolo 8, si riferisce allapplicazione
alla Cupola della Basilica di San Gaudenzio, che rientra in un progetto di ricerca
interuniversitario per il quale gi stata approntata una richiesta di
cofinanziamento al MURST. Dopo un breve excursus storico, che esalta il prestigio
culturale del monumento, si affrontano le problematiche connesse alle acquisizioni
dinamiche (progetto della rete di sensori, identificazione mediante i segnali
acquisiti, ), al modello analitico sviluppato in ambiente Abaqus e al processo di
taratura. I risultati ottenuti partendo da ipotesi differenti vengono quindi confrontati
e commentati, cercando di trarre le prime conclusioni di un progetto che, nel futuro,
sar fonte certa di risultati utili allimportante settore della ricerca.

Pare, infine, opportuno richiamare lattenzione sul contributo alla ricerca spiccatamente
induttivo che si scelto di conferire a questo lavoro di tesi. Tale impostazione del tutto
coerente con lo spirito stesso del progetto di ricerca interuniversitario che, da un oggetto di
studio, la Cupola di San Gaudenzio, vuole sviluppare metodologie atte ad affrontare
problematiche strutturali pi ampie, fino a costituire un vero e proprio progetto pilota. I
Introduzione Capitolo 1
4
contenuti teorici, seppure essenziali allelaborazione e comprensione del software, sono
svolti in forma di richiamo, senza la pretesa di voler dedurre nuove formulazioni, peraltro
ampiamente affrontate, con dovizia di particolari, nei testi citati in bibliografia, ai quali si
rimanda. Al contrario, attenzione ben maggiore stata riservata alluso del programma:
tanto come strumento dausilio alle operazioni di identificazione dinamica, quanto come
valido mezzo di taratura del modello analitico, di progetto della rete di monitoraggio e di
pianificazione degli interventi di consolidamento.
Test dinamici Capitolo 2
5


CAPITOLO 2

Test dinamici


2.1 Premessa
Tutte le tecniche di Model Updating sono accomunate dallutilizzo di dati sperimentali
acquisiti sulle strutture reali, necessari per la realizzazione di un modello numerico
attendibile. Tali dati sono rappresentati principalmente dai parametri modali della struttura,
estraibili dai segnali accelerometrici, acquisiti durante i test dinamici, mediante opportune
tecniche didentificazione; tuttavia si annoverano nella stessa categoria anche le
caratteristiche geometriche della struttura e le propriet meccaniche dei materiali che la
costituiscono.
Le prove dinamiche prevedono lapplicazione di uneccitazione alla struttura, la cui
risposta registrata da trasduttori opportunamente posizionati. Le registrazioni
costituiscono dunque i dati di partenza per le successive elaborazioni. La forzante pu
essere applicata dallesterno mediante opportuni strumenti, ed in tal caso anche possibile
scegliere in quanti e quali punti esercitarla, oppure possibile sfruttare leccitazione
naturale cui soggetta la struttura (il cosiddetto rumore ambientale); nel secondo caso i test
dinamici divengono meno onerosi, per contro la fase identificativa richieder tecniche
delaborazione pi raffinate e complesse.
Quale che sia la scelta operata, la precisione con cui i dati sono acquisiti e la qualit delle
successive elaborazioni condizionano in maniera determinante la natura dei risultati del
Model Updating.

Test dinamici Capitolo 2
6
2.2 Test dinamici
Molti aspetti della pratica dei test dinamici seguono criteri tecnici pi che scientifici. In
quasi tutti i casi il supporto, lequipaggiamento per leccitazione e i trasduttori influenzano
sensibilmente la misura del comportamento dinamico delloggetto sottoposto a test. Uno
dei primi obiettivi di questa disciplina , quindi, cogliere lesistenza di tale influenza,
identificarla e progettare il test in maniera tale da minimizzarne gli effetti, per rispetto al
comportamento dinamico della struttura.
Ogni struttura presenta problematiche differenti riguardo alla sperimentazione dinamica, e
vi sono molteplici possibilit per affrontare lo stesso problema, cosicch non esiste un
modo corretto per testare una struttura qualsiasi. Ogni caso necessita di un giusto grado di
compromesso, e lingegnere deve saper valutare tutti gli aspetti connessi alla prova
(strumentazione, quantit e qualit dei dati, tempi di esecuzione). Non possibile dare
una valida ricetta perch non ve n alcuna.
Prima di affrontare un qualsiasi tipo di prova dinamica importante avere ben chiari gli
obiettivi che si vogliono conseguire. La natura, la portata e la qualit dei test sono tutte
funzioni degli obiettivi che ci si prefissi. In particolare:
! ottenere le frequenze naturali di vibrazione della struttura;
! ottenere forme modali e informazioni circa lo smorzamento della struttura;
! correlare un modello FEM della struttura con i risultati sperimentali;
! ottenere un modello dinamico della struttura che possa esser impiegato per valutare
gli effetti dovuti a modificazioni sopraggiunte sulla stessa;
! ottenere un modello dinamico adatto allupdating di quello FEM della struttura,
perch il modello analitico costituisca valida rappresentazione delle caratteristiche
dinamiche della struttura reale.
La qualit e limpegno connessi alle acquisizioni crescono, ovviamente, via via che si
scende nellelenco di cui sopra. Una stima ragionevole delle frequenze di vibrazione pu
esser ottenuta gi con un numero ristretto di misurazioni. Al contrario, se lo scopo quello
di correggere un modello FEM in modo soddisfacente, laccuratezza ed il numero di
misurazioni saranno necessariamente di molto superiori: diviene essenziale la misurazione
dei gradi di libert che consentono di apprezzare il comportamento spaziale, ed inoltre
importante non avere eccessiva difformit tra lordine di grandezza del modello dinamico e
quello FEM (al pi un ordine).
Test dinamici Capitolo 2
7
Stabiliti che siano gli obiettivi della sperimentazione, vi sono molti aspetti pratici di cui
necessario tener conto: se trattasi di prove con eccitazione artificiale, il numero e la
posizione degli eccitatori devono esser scelti in forma che ogni modo considerato
dinteresse sia adeguatamente eccitato; similmente, la posizione dei trasduttori deve
consentire la descrizione geometrica univoca delle forme modali.

2.2.1 Metodi di misura
Il sistema hardware di misura costituito essenzialmente da:
! eccitatore (nel caso di prove con eccitazione artificiale);
! trasduttori per la misura della risposta della struttura;
! sistema di memorizzazione e analisi dati.
Mentre le strutture sulle quali si effettuano misure di campagna non necessitano di alcun
collegamento, in quanto naturalmente connesse al terreno, altri componenti richiedono
prove di tipo free-free, prive cio di connessione al suolo. Poich ovvio che tali
componenti non possono fluttuare liberamente nel laboratorio, ma devono essere fissati in
qualche modo, si ricorre, solitamente, a molle estremamente flessibili, tali da avere
frequenze naturali molto pi basse di quelle proprie del corpo rigido (un rapporto dieci a
uno giudicato soddisfacente).
Distinguiamo due metodi principali per eccitare artificialmente una struttura: o mediante
connessione a uno shaker, che imprime una forza proporzionale ad un assegnato voltaggio
di input, oppure tramite azione di un martello strumentato. Un terzo metodo, che a volte si
rivela utile, consiste nel precaricare la struttura con una forza statica che, quando rilasciata,
produce degli step di rilassamento nella forza di input. Altrimenti, possibile sfruttare
leccitazione ambientale cui soggetto il sistema: il vento, nel caso di strutture snelle che si
sviluppano in elevazione, o il passaggio di automezzi, per infrastrutture quali i ponti o i
viadotti stradali. Questo tipo di eccitazione ha il vantaggio di non necessitare di
attrezzature speciali e di non provocare alcuna interruzione delle normali condizioni
desercizio dellopera; presenta, per contro, linconveniente di richiedere tecniche di
identificazione pi sofisticate, di non permettere lattivazione di comportamenti non-
lineari, osservabili solo per elevati livelli di sollecitazione, e di non garantire sempre la
valida e/o sufficiente eccitazione di tutta la struttura.
Passiamo ora ad esaminare i primi due metodi.
Test dinamici Capitolo 2
8
Gli shaker possono essere elettromagnetici oppure elettroidraulici. I secondi consentono di
generare una forza maggiore, ma hanno un range limitato in termini di frequenza; da qui il
loro utilizzo piuttosto limitato. Lo shaker elettromagnetico sfrutta il movimento di una
bobina metallica immersa in un campo magnetico alla quale inviato un segnale elettrico;
tale movimento quindi trasferito alla struttura mediante unasta. Generalmente la struttura
necessita di una forzante contenente tutte le frequenze del range dinteresse, con pari
importanza. Tuttavia, nonostante si applichi al segnale prima un amplificatore e poi lo
shaker, non si sempre certi che la forza applicata alla struttura presenti il contenuto in
frequenza necessario, e questo poich non nota limpedenza della struttura stessa. Si
ricorre allora ad un sistema di controllo, che sfrutta la forza del segnale in modo da avere
uguaglianza tra la forza eccitante la struttura e linput del segnale elettrico. Gli shaker
possono poi generare altri tipi di segnali di input, tra cui i pi importanti sono quelli
sinusoidali, che consentono leliminazione di alcuni errori in fase di analisi.
Infine, pu essere opportuno utilizzare pi strumenti, in modo da distribuire pi equamente
lenergia e non perdere dei modi; se linput per i diversi shaker random, le eccitazioni
risulteranno statisticamente indipendenti.
La connessione dello shaker alla struttura deve essere valutata accuratamente, poich non
deve modificarne le caratteristiche (si pu, infatti, incrementare la massa nel punto di
connessione o generare un irrigidimento locale). Infine, lo shaker deve fornire alla struttura
una forza diretta secondo la direzione misurata dal trasduttore.
Un altro metodo piuttosto comune per realizzare leccitazione della struttura colpirla
mediante un martello strumentato, dotato di trasduttore sotto la punta. Se limpatto produce
un impulso perfetto, corrispondente ad una forza di grandezza infinita per un tempo
infinitesimo, allora tutte le frequenze vengono eccitate allo stesso modo. In pratica, per, la
forza prodotta molto elevata e distribuita su di un limitato intervallo di tempo.
Lintensit della forza si mantiene pressoch costante sino ad una frequenza
c
,
corrispondente ad unampiezza di 10 dB al di sotto del valore massimo. Tale frequenza pu
essere modificata utilizzando punte di diversa rigidezza e martelli di massa differente: in
particolare, cresce con la rigidezza della punta e al diminuire della massa del martello. La
scelta di
c
cruciale per la corretta valutazione dei modi dinteresse, poich il martello
non in grado di eccitare sufficientemente le frequenze poste al di sopra di tale limite;
quindi il range delle frequenze dinteresse dovr forzatamente essere minore di
c
.
Test dinamici Capitolo 2
9
L
c
non deve essere per troppo alta: si rischierebbe infatti di spendere una gran quantit
di energia per eccitare le alte frequenze, che non rivestono grande importanza, a discapito
di quelle pi basse, il cui interesse invece reale.
I due metodi descritti presentano vantaggi e svantaggi, e limpiego delluno o dellaltro
dipende dagli strumenti disponibili, dal tipo di struttura sottoposta ad analisi e dalluso cui
sono destinati i risultati. Gli shaker sono in grado di generare una forza maggiore, e
limpiego simultaneo di pi strumenti consente da una parte una distribuzione pi equa
dellenergia, dallaltra una maggior accuratezza delle successive operazioni di analisi,
diretta conseguenza del maggior numero di dati disponibili. Sfortunatamente, per, il
metodo risente della connessione dello strumento alla struttura, nei termini di
modificazione di massa e rigidezza di cui si gi detto.
Il metodo del martello al contrario semplice e veloce, e non produce rilevanti
cambiamenti di massa. Tuttavia, pu esser difficile applicare alla struttura una forza
adeguata ad ottenere risposte soddisfacenti. Inoltre un impatto eccessivo pu danneggiare
la struttura, oppure produrre risposte di tipo non lineare, ed infine la direzione dellimpatto
difficilmente controllabile, sebbene questo non rappresenti un grande problema. Tuttavia,
la semplicit e la velocit di questultimo metodo sono responsabili della sua maggiore
popolarit.
I trasduttori pi utilizzati, tanto per misurare la forza eccitante quanto la risposta, sono
generalmente quelli che sfruttano le propriet piezolelettriche dei materiali di cui sono
costituiti. Una tensione applicata a tali materiali genera, infatti, una carica elettrica, che,
mediante adeguate condizioni sul segnale, pu esser convertita in un voltaggio
appartenente ad un adeguato range prefissato.
Gli accelerometri sono costituiti essenzialmente da una massa connessa alla struttura
mediante un materiale di tipo piezolelettrico con comportamento del tutto simile ad una
molla di elevata rigidezza. Questo sistema massa-molla possiede una propria frequenza di
risonanza, che deve essere di molto superiore allintervallo di frequenze ritenuto
dinteresse. Laccelerazione cui soggetta la struttura durante la prova produce una forza
inerziale nel materiale piezoelettrico che, per frequenze di molto inferiori a quella propria
di risonanza, possono ritenersi proporzionali allaccelerazione.
Esistono poi altri tipi di trasduttori, quali quelli capacitivi, ottici e induttivi.
Gli accelerometri possono essere fissati alla struttura con diverse tecniche; le pi comuni
Test dinamici Capitolo 2
10
impiegano colla, magneti, bulloni o cere particolari. Vi sono poi due metodi distinti di
acquisizione: se disponibili in numero adeguato, si dispone un trasduttore (e relativo
analizzatore) in ogni punto dinteresse; questo consente di ottenere la risposta simultanea di
tutti i canali e fornisce un set di dati consistente, ma al tempo stesso necessita della
garanzia che i trasduttori non intervengano a modificare la distribuzione della massa della
struttura. Lalternativa invece lutilizzo di un solo accelerometro, collocarlo di volta in
volta in un punto particolare: i dati misurati non saranno in tal caso consistenti, perch la
struttura si modifica da una misura allaltra causa il continuo riposizionamento
dellaccelerometro.
La maggior parte delle analisi dei dati dinamici avviene digitalmente. Il segnale analogico
del trasduttore dunque convertito in segnale digitale mediante apposito apparecchio
(analogue to digital converters, ADCs). Il tempo di campionamento scelto in modo tale
da risultare almeno il doppio (ma preferibilmente di un po superiore) della frequenza
massima osservata dal segnale analogico (teorema di Shannon sul campionamento). Uno
dei problemi principali connessi al campionamento del segnale quello che va sotto il
nome di aliasing, e si manifesta quando il tempo di campionamento troppo lento: le alte
frequenze possono allora confondersi con le basse frequenze, e due segnali assolutamente
differenti apparire alla fine identici. Una soluzione rappresentata dallimpiego di filtri
passa-basso, che ostacolano il passaggio di ogni frequenza superiore alla met di quella di
campionamento. Oggi la maggior parte dei sistemi di analisi incorporano gi questo tipo di
filtri, in cui la frequenza di taglio funzione del tempo di campionamento scelto ed
possibile modificare il range di frequenze dinteresse.
Un altro problema il cosiddetto fenomeno di leakage, direttamente legato allassunzione
(errata) di periodicit dei segnali al di fuori dellintervallo temporale scelto. Questo
produce una serie di linee spettrali fittizie nellintorno del valore reale, conducendo in tal
modo ad una sottostima dei picchi di risonanza e ad una sovrastima dei punti di minimo.
Per limitare gli effetti di tale problema, il segnale sottoposto ad analisi viene moltiplicato
per una funzione-finestra, scelta in funzione del tipo di fenomeno (segnale sinusoidale,
eccitazione dovuta ad impulso ecc).

2.2.2 Ottimizzazione della posizione dei trasduttori
Giova a questo punto focalizzare lattenzione sulla scelta del numero e della posizione dei
Test dinamici Capitolo 2
11
trasduttori. Come innanzi detto, questo aspetto di vitale importanza per ottenere una
descrizione spazialmente completa ed univoca delle forme modali.
Se non si in possesso di alcuna conoscenza pregressa circa il comportamento dinamico
della struttura, la scelta dei punti in cui eccitare la stessa ed acquisirne la risposta frutto di
una serie di tentativi e dellesperienza delloperatore; chiaro come tale tipo di approccio
non sia assolutamente caldeggiato, specialmente quando il tempo a disposizione ed il
budget siano limitati. Risulta allora auspicabile il ricorso ad un modello elastico (FEM),
anche semplificato, che consenta di localizzare detti punti; peraltro senza dubbio
opportuno utilizzare comunque un numero di trasduttori superiore a quelli strettamente
necessari.
Nel seguito vengono esaminate due tecniche per operare la scelta automatica di tali
coordinate: il primo basato sulla riduzione Guyan, laltro sulle matrici di Fisher (Fisher
Information Matrix, FIM, oppure metodo delleffettiva indipendenza). Entrambe
richiedono, in partenza, un modello agli elementi finiti dettagliato della struttura,
successivamente ridotto di un grado di libert per volta, fino a conservarne un numero pari
alle posizioni di misura richieste. La scelta delle coordinate da eliminare , in entrambi i
casi, automatizzabile.
Lo scopo della riduzione di Guyan, nella sua concezione originale, quello di ridurre il
numero dei gradi di libert in un modello complesso per rendere pi maneggevole il
problema agli autovalori ad esso associato. La riduzione si attua eliminando quelle
coordinate per le quali il termine dinerzia trascurabile se paragonato alla forza elastica ad
esse associata. Questo genera un insieme di equazioni che esprimono il legame tra le
coordinate master (mantenute) e le coordinate slave (rimosse). Introducendo tali
equazioni nelle espressioni dellenergia cinetica ed elastica del sistema si giunge ad
esprimere le matrici ridotte di massa e di rigidezza in termini di coordinate master.
La questione sta nel criterio di selezione delle coordinate master. Questo insito
nellassunzione stessa posta alla base del criterio di riduzione: per le coordinate slaves la
forza inerziale trascurabile a fronte del termine di elasticit. Quindi le slaves devono
essere scelte dove linerzia bassa e la rigidezza alta, cos da connettere al meglio la massa
alla struttura. Al contrario, le coordinate master saranno quelle che hanno inerzia alta e
bassa rigidezza. Questo processo pu dunque essere automatizzato esaminando il rapporto
k
ii
/m
ii
per la coordinata i-esima. Se k
ii
/m
ii
piccolo, allora gli effetti dellinerzia sono
Test dinamici Capitolo 2
12
significativi e la coordinata di tipo master; in caso contrario avremo una coordinata di
tipo slave, che verr quindi rimossa.
Le coordinate slave non sono scelte e rimosse in blocco, bens una alla volta. Due sono i
vantaggi in questa procedura. In primo luogo, ad ogni passo leffetto della coordinata
rimossa ridistribuito a tutte le restanti, cos che con le successive riduzioni vengono
eliminate le coordinate con il rapporto k
ii
/m
ii
pi elevato nei confronti delle matrici di
massa e rigidezza ridotte; in secondo luogo, questo costituisce un semplice algoritmo per
programmare un processo sequenziale di selezione e rimozione delle coordinate.
Fin qui abbiamo descritto lapplicazione della riduzione di Guyan ad un modello FEM
complesso il cui obiettivo sia generare un modello ridotto che conservi il pi possibile le
caratteristiche di quello originale alle basse frequenze. Per molti aspetti, il criterio di scelta
dei punti di misura in un sistema complesso il medesimo: si vogliono misurare
accuratamente i modi a frequenza pi bassa. Cos ragionevole postulare che le coordinate
master di un modello FEM possono al tempo stesso utilizzarsi come punti di acquisizione
nei test dinamici. In ogni caso doveroso dimostrare che le coordinate rimosse devono
essere ben connesse nella struttura.
In pratica si determinano i punti di misura come segue. Sinizia con un modello ad
elementi finiti in cui si avranno molte pi coordinate di quante se ne possano misurare
nella realt. Innanzitutto, prima che la procedura di selezione automatica venga avviata,
vengono rimosse tutte quelle coordinate che non potranno esser ragionevolmente impiegate
come punti di misura, vale a dire i gradi di libert rotazionali e i punti inaccessibili. La
procedura di selezione automatica quindi avviata, e si conclude quando il modello ridotto
conserva un numero di coordinate master pari a quello stabilito per le acquisizioni. Si noti
che ad ogni passo del processo di riduzione si generano una matrice di massa ed una di
rigidezza ridotte. Generalmente, al termine del processo, le stesse non sono per richieste.
Lobiettivo del metodo delleffettiva indipendenza , invece, quello di individuare le
posizioni dei trasduttori che rendono le forme modali dinteresse il pi possibile
linearmente indipendenti, pur conservando un gran numero dinformazioni.
Cos come per il metodo della riduzione di Guyan, il punto di partenza costituito da un
modello FEM: nuovamente, il primo passo quello di eliminare le coordinate che non
possono essere misurate e quelle che, secondo loperatore, sono da ritenersi poco
significative. Quindi ha inizio la procedura vera e propria: viene creata la matrice di Fisher
Test dinamici Capitolo 2
13
come segue:

[A] =[U
m
]
T
[U
m
] (2.1)

in cui U
m
rappresenta la matrice modale ridotta; ridotta poich contiene i soli modi
dinteresse, identificati in corrispondenza delle sole coordinate selezionate. Quindi si
definisce la matrice E:

[E] =[U
m
][A]
-1
[U
m
]
T

(2.2)

caratterizzata dalla propriet E =E
n
. I termini sulla diagonale rappresentano il contributo di
ogni coordinata scelta al rango di E e, quindi, allindipendenza dei modi; la matrice avr
dunque determinante non nullo soltanto se i modi di vibrare sono linearmente indipendenti.
La procedura di selezione consiste quindi nellesaminare gli elementi posti sulla diagonale
di E: dal momento che il pi piccolo elemento si riferisce alla coordinata che meno
contribuisce allindipendenza dei modi scelti, questo grado di libert verr rimosso. La
matrice E viene poi stimata nuovamente, e il processo ripetuto, rimuovendo le coordinate
in modo iterativo. A processo concluso, le coordinate restanti valgono come punti di
misura. La diagonale di E detta il vettore di distribuzione delleffettiva indipendenza, E
D
.

2.2.3 Errori nelle misure
La ricchezza di informazioni contenute nei segnali acquisiti mediante gli accelerometri la
prima responsabile del risultato che lupdating fornisce sul modello numerico. In generale,
tali misure saranno tanto imprecise quanto incomplete, e limprecisione risiede nel rumore,
random e/o sistematico, di cui sono affetti i segnali.
Il rumore elettronico degli strumenti pu essere per buona parte eliminato mediante
limpiego di trasduttori, amplificatori e analizzatori di elevata qualit, mentre gli errori di
natura random possono essere ridotti curando le prove sperimentali, scegliendo
opportunamente il metodo di eccitazione e operando una media sui dati ottenuti.
Gli errori sistematici, infine, sono difficilmente eliminabili e costituiscono un serio
problema nei riguardi del Model Updating. Sono causati dai sistemi di ancoraggio delle
strutture al suolo (nel caso di prove free-free condotte in laboratorio); dalla connessione
Test dinamici Capitolo 2
14
dei trasduttori e degli altri strumenti utilizzati in fase di test (shakers, martelli), che
aumentano la massa complessiva e costituiscono degli irrigidimenti locali; dai sistemi
stessi di processamento dei dati: il leakage, di cui si gi detto, e il sorgere di modi
cosiddetti computazionali, che nulla hanno a che vedere con la struttura e che possono
originarsi dalla presenza del rumore di tipo random.
Gli errori contenuti nelle misurazioni sperimentali non possono comunque essere eliminati.
La stima delle frequenze naturali , comunque, solitamente piuttosto buona, mentre forme
modali e smorzamenti sono pi frequentemente affetti da errori. Tuttavia, sebbene il
singolo elemento che compone i vettori delle forme contenga un sensibile errore, la forma
nel suo complesso risulta sufficientemente precisa.
Lincompletezza dei dati va intesa invece con duplice significato: da un lato solo alcune
frequenze (e relativi modi) vengono valutate, allaltro le forme modali sono descritte da un
ridotto numero di gradi di libert, di gran lunga inferiore a quello reale. Sebbene in teoria
sia possibile stimare un qualsiasi numero di frequenze, in pratica questo non
oggettivamente realizzabile, i limiti essendo dettati dalla strumentazione di cui si necessita.
Daltra parte il modello numerico difficilmente in gradi di riprodurre in modo affidabile
un elevato numero di modi, dovendo solitamente accontentarsi dei primi quattro o cinque
(quelli posti alle frequenze pi basse).
Oltre allincompletezza modale, le misure sono spazialmente incomplete: i modelli FEM
sono facilmente costituiti da diverse centinaia di gradi di libert, a fronte di un ridotto
numero di trasduttori utilizzati in fase sperimentale (non pi di un paio di decine). Di
conseguenza, non sar possibile misurare tutti i g.d.l. presenti nel modello, tanto pi che si
hanno spesso punti inaccessibili, e che le coordinate di tipo rotazionale difficilmente
possono esser valutate. Al riguardo, esistono due possibili strade da intraprendere per
superare detti ostacoli: la riduzione del modello analitico, oppure lespansione delle forme
modali derivate dai dati sperimentali. Entrambe le tecniche verranno ampiamente discusse
al capitolo 5.

2.2.4 Filtraggio dei segnali
I segnali acquisiti nel corso delle prove sperimentali risultano affetti da disturbi derivanti
dal rumore di fondo, dalla lunghezza dei cavi di collegamento, e da altre cause esterne al
sistema strutturale, tutte responsabili della presenza di componenti, in alta e bassa
Test dinamici Capitolo 2
15
frequenza, estranee al comportamento della struttura.
Occorre pertanto rimuovere dai segnali dette componenti in frequenza, che possono,
altrimenti, condurre ad unerrata interpretazione dei dati, con conseguente inattendibilit
dei risultati.
Leliminazione delle componenti in frequenza indesiderate, viene effettuata mediante
operazioni di filtraggio digitale, che consentono di selezionare le frequenze da escludere
dai segnali. Le tipologie di filtro comunemente utilizzate nellanalisi dei segnali possono
essere raggruppate in due categorie ben distinte, in relazione al tipo di risposta allimpulso:
! Filtri IIR (Risposta allimpulso di durata infinita);
! Filtri FIR (Risposta allimpulso di durata finita).
La caratteristica principale dei primi di garantire unottima approssimazione della
risposta in ampiezza, a discapito per di una distorsione non-lineare della risposta in
termini di fase, soprattutto ai lati della banda in frequenza. I filtri FIR consentono, al
contrario, un impiego pi flessibile per quanto riguarda la scelta delle bande di frequenza
rispetto ai filtri IIR, il cui utilizzo limitato ai filtri passa-basso, passa-alto e passa-banda.
La scelta del tipo di filtro dipende dal peso relativo assegnato ai vantaggi ed agli svantaggi
degli uni e degli altri, vale a dire allimportanza assegnata alla risposta in termini di
ampiezza e di fase: i filtri IIR garantiscono unapprossimazione ottimale della risposta in
termini di ampiezza, ma comportano una distorsione non-lineare della risposta in termini di
fase; daltra parte i filtri FIR offrono una risposta meno buona in termini di ampiezza, ma
caratterizzata da una fase esattamente lineare allinterno della banda.
Per evitare che i filtri comportino delle alterazioni nelle risposte strutturali, in termini di
ampiezza o di fase, si procede come segue: prima si impiegano dei filtri tipo IIR, che
garantiscono la risposta in termini di ampiezza, quindi, mediante una tecnica di doppio
filtraggio dei segnali (in avanti e allindietro), si azzera la distorsione prodotta in termini di
fase.
Test dinamici Capitolo 2
16
BIBLIOGRAFIA

- Friswell, M.I. and Mottershead, E., Finite Element Model Updating in Structural
Dynamics, Kluwer Academic Publishers, Netherlands,1995.
- Maia, N.M.M. and Silva, J.M.M., Theoretical and Experimental Modal Analysis,
Research Studies Press Ltd, England,1997.
- Ewins, D.J., Modal Testing: Theory and Practice, Research Studies Press Ltd,
England, 1984.
- Penny, J.E.T., Friswell, M.I., Garvey, S.D., 1994. Automatic Choice of
Measurement Locations for Dynamic Testing, AIAA Journal, 32(2), pp.407-414.
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
17


CAPITOLO 3

Metodi di identificazione strutturale
output only


3.1 Premessa
Lidentificazione strutturale si colloca a met strada fra le operazioni di acquisizione della
risposta dinamica del sistema e la correzione del modello FEM che ne descrive il
comportamento (Model Updating). In sostanza, dalla risposta misurata mediante prova
dinamica si vuole determinare un modello matematico del sistema che riproduca la
risposta, con o senza conoscere leccitazione. Ne deriva la possibilit di costruire un
modello predittivo del comportamento del sistema, ovvero di porre in essere sistemi di
controllo e diagnosi delle strutture, particolarmente utili per lingegneria strutturale, ed in
particolare nel caso di antiche costruzioni o di edifici aventi valenza monumentale.
Il comportamento meccanico di una struttura dipende dalle proprie caratteristiche inerziali
e di rigidezza, che governano la risposta ad uneccitazione esterna. Mentre di norma si
suppongono note dette caratteristiche, ovvero il legame tra eccitazione e risposta (che,
alternativamente, rappresentano le incognite del problema), nellambito
dellidentificazione strutturale si vuole proprio determinare questo legame funzionale.
Generalmente il problema viene semplificato, individuando dei gruppi di parametri
caratteristici del sistema in esame; ad esempio, lipotesi di comportamento lineare della
struttura e la sua schematizzazione secondo un sistema avente un numero finito di gradi di
libert, conduce allequazione del moto:

[ ] { } [ ] { } [ ] { } { } f x K x C x M = + + ! ! ! (3.1)

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
18
riducendo, in tal modo, il problema alla determinazione delle matrici M, C e K. Un
approccio di questo tipo appartiene ai cosiddetti metodi di identificazione diretti, cui sono
contrapposti i metodi detti modali, volti alla determinazione dei parametri modali del
sistema: pulsazione naturale , smorzamento e forma modale di ciascun modo di
vibrare.
Ulteriore distinzione quella tra metodi nel dominio della frequenza e del tempo. I primi
sono quelli di tradizione pi antica, ma i problemi dovuti alla risoluzione in frequenza, al
leakage ed allelevata densit modale hanno indotto, specie in questi ultimi anni, alla
messa a punto di nuove tecniche operanti nel dominio del tempo. In termini del tutto
generali, possiamo affermare che questi ultimi forniscono risultati migliori quando i dati a
disposizione contengono un gran numero di modi ed esplorano un ampio range di
frequenze; al contrario, i primi sono pi affidabili per intervalli di frequenza ristretti e
numero di modi limitato. Tuttavia, i metodi nel dominio del tempo presentano lo
svantaggio di stimare i soli modi appartenenti al campo in analisi, senza peraltro tener
conto dellinfluenza che i modi trascurati esercitano su di essi. Ed forse questo il motivo
principale che, negli anni passati, ha indotto un maggior sviluppo dei metodi nel dominio
della frequenza.
Infine unultima distinzione quella tra i metodi che consentono lidentificazione sulla
base della conoscenza dellinput e delloutput, ovvero del solo output. Ed il nostro
interesse si rivolge in special modo proprio a questi ultimi, dedicando loro questo capitolo
con lo scopo di richiamarne fondamenti teorici, applicabilit e limiti.

3.2 Tecniche ad input incognito
Come detto, appartengono a questa categoria i metodi che operano senza conoscere il
segnale di ingresso, cio linput che genera le vibrazioni del sistema. Linteresse nei
confronti di tali tecniche, specie nellambito delle strutture civili, trova giustificazione
nella possibilit che esse offrono di risolvere due problematiche connesse allanalisi di
strutture come ponti e viadotti, o opere dinteresse storico (chiese, edifici monumentali in
genere, ecc).
Il primo aspetto riguarda la finalit dellidentificazione: spesso, infatti, questa condotta a
scopo diagnostico, volta, cio, ad appurare lesistenza di fratture o lesioni in genere che
eludano unanalisi a vista. Lidentificazione fornisce in tal caso i parametri dingresso
per la taratura del modello elastico, al termine della quale sar possibile valutare la
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
19
presenza di danni, che si manifestano in forma di disomogeneit o non-linearit, in
generale anomalie, nel comportamento della struttura. ovvio come in simili condizioni,
sia estremamente utile, se non indispensabile, evitare le sollecitazioni addizionali connesse
alla realizzazione della prova dinamica. Si predilige quindi il cosiddetto rumore
ambientale, costituito ad esempio dal vento o, nel caso di un campanile, dalla vibrazione
provocata dal suono della campana.
Il secondo problema associato ai costi ed alle difficolt tecniche connessi al voler
imporre, in strutture grosse e complesse, una particolare eccitazione, onde poterne ricavare
una data risposta. In ultimo, limpiego del rumore ambientale consente di non interrompere
il normale esercizio dellopera, con tutti i vantaggi che da esso derivano (si pensi alla
possibilit di effettuare delle prove su di un ponte senza interromperne il traffico
veicolare).
Nel seguito vengono esaminate due tecniche: la prima, nota come Eigensystem Realisation
Algorithm (ERA), opera nel dominio del tempo sulle oscillazioni libere viscosamente
smorzate del sistema (free decay). Per potersi applicare a strutture soggette a rumore
ambientale deve essere, dunque, accoppiata alluso di funzioni Random Decrement, che
permettono di trasformare un segnale di tipo random misurato su una struttura in un
segnale di free decay eliminando, nella risposta, il contributo dovuto alla sollecitazione di
tipo stocastico (una trattazione dettagliata di queste funzioni pu reperirsi sui testi citati in
bibliografia).
La seconda fa invece uso di particolari estimatori bidimensionali definiti nel piano tempo-
frequenza.

3.2.1 Trasformate Random Decrement
Nel segnale di risposta dinamica di un sistema distinguiamo due componenti: la prima, di
free decay, funzione delle condizioni iniziali del sistema, e la seconda, relativa alla risposta
ad una forzante. Dato un segnale di risposta random e stazionario, con media zero e
distribuzione della densit di probabilit simmetrica, si selezionano quei punti che
soddisfano particolari condizioni di triggering; ognuno di essi pu esser interpretato come
condizione iniziale di un nuovo segnale, e la media su un elevato numero di sequenze cos
generate converger ad un segnale di free decay.
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
20
La tecnica RD trasforma, dunque, i processi stocastici X(t) e Y(t) nelle funzioni Random
Decrement. Si assume naturalmente che X(t) e Y(t) siano segnali stazionari, essendo t il
tempo.
Le autotrasformate RD sono definite come la media del processo statistico sotto la
condizione T (triggering) imposta sul processo stesso:

[ ]
) t ( X XX
T ) t ( X E ) ( D + = (3.2)

[ ]
) t ( Y YY
T ) t ( Y E ) ( D + = (3.3)

Una funzione RD si indica come D
XX
, in cui il primo indice riferito al segnale di cui si
calcola la media ed il secondo al segnale cui viene applicata la condizione di triggering T.
In analogia alle (3.2) e (3.3) si definiscono le cross-trasformate RD come:

[ ]
) t ( Y XY
T ) t ( X E ) ( D + = (3.4)

[ ]
) t ( X YX
T ) t ( Y E ) ( D + = (3.5)

Le cross RD sono quindi ottenute imponendo le condizioni di triggering sullaltro segnale.
Consideriamo ora un processo stocastico di dimensioni 31, espresso come X(t)=[X
1
(t)
X
2
(t) X
3
(t)]
T
(a esso pu esser assimilata la risposta dinamica di una struttura, misurata in
tre suoi punti distinti). Con questi segnali possibile definire nove trasformate Random
Decrement, sei di tipo cross e tre di tipo auto:


!
!
!
"
#
$
$
$
%
&
3 3 2 3 1 3
3 2 2 2 1 2
3 1 2 1 1 1
X X X X X X
X X X X X X
X X X X X X
D D D
D D D
D D D
(3.6)

Per stimare correttamente queste medie condizionate a partire da una singola osservazione
necessario assumere che il processo sia non solo stazionario, ma anche ergodico. Se cos
, le funzioni RD possono essere valutate empiricamente come media condizionata di una
singola realizzazione:
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
21

'
=
+ =
N
i
) t ( X i XX
i
T ) t ( x
N
) ( D

1
1
(3.7)


'
=
+ =
N
i
) t ( Y i YY
i
T ) t ( y
N
) ( D

1
1
(3.8)

essendo N il numero di punti che soddisfano la condizione di triggering nel processo e x(t)
e y(t) le realizzazioni di X(t) e Y(t). Similmente, le cross RD sono valutabili come:


'
=
+ =
N
i
) t ( Y i XY
i
T ) t ( x
N
) ( D

1
1
(3.9)


'
=
+ =
N
i
) t ( X i YX
i
T ) t ( y
N
) ( D

1
1
(3.10)

La variabile fondamentale nella stima delle RD pertanto costituita dal numero di punti di
triggering N, che deve essere abbastanza elevato per assicurare la convergenza delle (3.7)-
(3.10) alle (3.2)-(3.5).
Peraltro il numero di punti N determinato dalla condizione di triggering assunta che,
dunque, responsabile, assieme al tempo di osservazione del processo, della convergenza
delle (3.7)-(3.10).
La condizione generale di triggering pu essere espressa come segue:

{ }
2 1 2 1
b ) t ( X b , a ) t ( X a T
) t ( X
=
!
(3.11)

In tal modo, le funzioni Random Decrement assumono la forma di somma pesata delle
funzioni di correlazione e delle loro derivate rispetto al tempo:

b
~ ) ( ' R
a
~
) ( R
) ( D
X
XX
X
XX
XX
=
2 2
!

(3.12)

b
~ ) ( ' R
a
~
) ( R
) ( D
X
YX
X
YX
YX
=
2 2
!

(3.13)
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
22
essendo a
~
e b
~
i livelli di triggering, espressi come:


(
(
=
2
1
2
1
a
a
X
a
a
X
dx ) x ( p
dx ) x ( xp
a
~

(
(
=
2
1
2
1
b
b
X
b
b
X
x d ) x ( p
x d ) x ( p x
b
~
! !
! ! !
!
!
(3.14)

Le equazioni (3.12), (3.13) e (3.14) mostrano come tali funzioni, essendo proporzionali
alle corrispondenti funzioni di correlazione, possono essere utilizzate in metodi approntati
originariamente per le oscillazioni libere. Modificando i parametri a
1
, a
2
, b
1
e b
2
il
contributo delle funzioni di correlazione e delle loro derivate alla funzione RD pu subire
forti variazioni. Al limite, cio per gli intervalli [-, ] o [0, 0], tale funzione risultante
diviene proporzionale alle funzioni di correlazione o alle loro derivate. Inoltre gli stessi
parametri controllano il numero di punti N di triggering e quindi, in ultimo, la convergenza
della stima.
Nelle applicazioni pratiche vengono impiegate solo alcune particolari formulazioni della
condizione generale di triggering, e ci poich, spesso, sono necessarie solo le funzioni di
correlazione o le loro derivate. In particolare, si richiamano le pi frequenti:

! Condizione di triggering di livello.
Questa condizione tra pi usate in ambito applicativo, e comporta la selezione dei
soli punti in corrispondenza dei quali la serie assume il valore a di livello scelto:

{ } a ) t ( X T
) t ( X
= = (3.15)

ossia, secondo la formulazione generale delle condizioni di triggering:

{ } + + < = ) t ( X , a a ) t ( X a T
) t ( X
!
(3.16)

! Condizione di triggering di estremo locale.
Questa condizione non viene impiegata di frequente, ma interessante poich
prevede un contributo nullo della derivata; un punto di triggering estratto se la
serie temporale soddisfa la seguente condizione:

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
23
{ } 0
2 1
= = ) t ( X , a ) t ( X a T
) t ( X
!
(3.17)

E importante sottolineare che, nellintervallo [a
1
; a
2
], devono considerarsi punti di
triggering tanto i massimi locali quanto i minimi. La condizione di estremo locale
pu essere riformulata sulla base dellespressione generale nel modo seguente:

{ } 0 0 0
2 1
+ < = b , b ) t ( X , a ) t ( X a T
) t ( X

!
(3.18)

! Condizione di triggering di punto positivo.
Tale condizione certamente la pi semplice, e considera punto di triggering
quello che rientra allinterno di un intervallo di estremi [a
1
; a
2
] prefissati:

{ }
2 1
a ) t ( X a T
) t ( X
= (3.19)

Pur nella sua semplicit, tale condizione estremamente versatile, e dunque
ampiamente utilizzata. Al limite, infatti, per un intervallo di ampiezza infinitesima,
la condizione di punto positivo tende alla condizione di livello, cos da poter
esserne considerata la generalizzazione.
In forma generale, lequazione (3.19) pu essere espressa come:

{ } + < = ) t ( X , a ) t ( X a T
) t ( X
!
2 1
(3.20)

! Condizione di triggering a punto zero.
Questa condizione considera tutti quei punti del processo che assumono valore
nullo ed hanno derivata positiva. Cronologicamente fu la seconda ad essere
introdotta, ed i risultati ottenuti furono interpretati come funzioni di risposta
allimpulso. La condizione si pu esprimere come:

{ } 0 0 > = = ) t ( X , ) t ( X T
) t ( X
!
(3.21)

oppure, ricorrendo alla formulazione generale,:

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
24
{ } 0 0 0 0 + < + < = a , ) t ( X , a ) t ( X T
) t ( X

!
(3.22)

La tecnica RD spesso impiegata unitamente ai metodi di identificazione basati sulla
risposta allimpulso, poich questi sono direttamente collegati alle funzioni di correlazione.
Tra essi, uno dei pi studiati ed utilizzati il metodo ERA, descritto sommariamente nel
paragrafo successivo.

3.2.2 Eigensystem Realisation Algorithm(ERA)
Questa tecnica stata messa a punto da Juang e Pappa e risolve i sistemi Multi Input Multi
Output (MIMO). Il primo step del metodo consiste nel passare dal sistema espresso nel
dominio del tempo a quello tipico utilizzato nella risoluzione nello spazio delle fasi; in
realt questo un puro artificio matematico, attuato allo scopo di ridurre problemi di
ordine superiore in problemi di 1 grado.
Le equazioni di equilibrio dinamico, per un sistema N-DOF (N gradi di libert) con
smorzamento viscoso (proporzionale alla velocit), sono esprimibili nel modo seguente:

[ ]{ } [ ]{ } [ ]{ } ( ) { } t ), t ( x f ) t ( x K ) t ( x C ) t ( x M = + + ! ! ! (3.23)

Definendo il seguente vettore di stato, di dimensioni 2Nx1:

{ }
{ }
{ }
)
*
+
,
-
.
=
) t ( x
) t ( x
) t ( u
) 1 N 2 ( !
(3.24)

possiamo ricondurre il problema al caso lineare. Introducendo infatti le seguenti matrici:

[ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ] [ ] [ ]
!
"
#
$
%
&

=

C M K M
I
' A
) N N (
1 1
2 2
0
(3.25)

{ } [ ] { }
) q ( ) q N ( ) N (
) t ( F ) t , x ( f
1 1 2
= (3.26)

[ ]
[ ]
[ ] [ ]
!
"
#
$
%
&
=

F M
' B
) q N (
1
2
0
(3.27)
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
25
essendo { } ) (t il vettore di input nei q punti di sollecitazione e F la matrice dei
coefficienti dei segnali di ingresso, possiamo riscrivere la (3.23) nella seguente forma:

{ } [ ] { } [ ] { }
) q ( ) q N ( ) N ( ) N N ( ) N (
) t ( ' B ) t ( u ' A ) t ( u
1 2 1 2 2 2 1 2
+ = ! (3.28)

E possibile stabilire una relazione tra { } ) (t u e la risposta misurata nei p punti, ed
identificata dal vettore{ } ) (t x , attraverso una matrice di trasformazione R:

{ } [ ] { }
) N ( ) N p ( ) p (
) t ( u R ) t ( x
1 2 2 1
= (3.29)

La soluzione della (3.28) ad una sollecitazione { } ) (t espressa dalla:

{ }
[ ]
{ }
[ ]
[ ]{ }
(

+ =
t
t
) t ( ' A ) t t ( ' A
d ) ( ' B e ) t ( u e ) t ( u
0
0
0

(3.30)

per ogni istante t successivo ad un istante iniziale t
0
.
Per fornire una rappresentazione discreta della (3.30) si considera la serie di intervalli
temporali equispaziati 0, t, , kt. Assumendo a questo punto t = (k+1)t e t
0
= kt
otteniamo:

( ) { }
[ ]
{ }
[ ]( )
[ ]{ }
(
+
+
+ = +
t ) k (
t k
t ) k ( ' A t ' A
d ) ( ' B e ) t k ( u e t ) k ( u



1
1
1 (3.31)

Assumendo che linput { } ) t ( si mantenga costante nellintervallo (kt,(k+1)t) ed
operando il cambio di variabile + = t k ) 1 ( ' :

( ) { }
[ ]
{ }
[ ]
[ ]{ }
(
= +
t
' ' A t ' A
) t k ( ' B e ) t k ( u e t ) k ( u



0
1 (3.32)

Introducendo, per semplicit, la seguente notazione:

[ ]
[ ] t ' A
e A

= (3.33)

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
26
[ ]
[ ]
[ ]
(
=
t
' ' A
' B ' d e B

0
(3.34)

{ } ( ) { } t ) k ( u ) k ( u 1 1 + = + (3.35)

{ } { } ) t k ( ) k ( = (3.36)

lequazione (3.32), per un sistema discreto, diviene:

{ } [ ]{ } [ ]{ } ) k ( B ) k ( u A ) k ( u + = +1 per k = 0,1,2, (3.37)

e la (3.29):

{ } [ ]{ } ) k ( u R ) k ( x = (3.38)

Consideriamo ora la risposta ad un impulso che si abbia allistante k = 0 ed in uno dei
primi punti di sollecitazione. Ad esempio { } { }
T
,... , ) ( 0 0 1 0 = e { } { } 0 = ) k ( per k > 0.
Sostituendo nella (3.37) si ottiene:

{ } [ ]{ } [ ] B ) ( u A ) ( u + = 0 1 (3.39)
e quindi:
{ } [ ]{ } ) ( u R ) ( x 1 1 = (3.40)

Sostituiamo ora la (3.39) nella (3.40) :

{ } [ ][ ]{ } [ ][ ] B R ) ( u A R ) ( u 0 1 + = (3.41)

Considerando, per semplicit, { } { } 0 0 = ) ( u :

{ } { } B ) ( u = 1 (3.42)

{ } [ ] { }
) N ( ) N p ( ) p (
B R ) ( x
1 2 2 1
1

= (3.43)
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
27
Ricordando che, per gli altri intervalli, si ha { } { } 0 = ) k ( :

{ } [ ]{ } ) ( u A ) ( u 1 2 = (3.44)
da cui:

{ } [ ][ ]{ } B A R ) ( x 2 = (3.45)

Similmente:

{ } [ ]{ } [ ][ ]{ } [ ][ ] { } B A R ) ( u A R ) ( u R ) ( x
2
2 3 3 = = = (3.46)

e, in generale,

{ } [ ] [ ] { }
) N ( ) N N (
k
) N p ( ) p (
B A R ) k ( x
1 2 2 2
1
2 1


= (3.47)

Considerando ora tutti i q punti di sollecitazione otteniamo:

[ ] [ ] [ ] [ ]
) Nxq ( ) N Nx (
k
) N px ( ) pxq (
B A R ) k ( X
2 2 2
1
2

= (3.48)

Le k matrici X(k) vengono abitualmente denominate parametri di Markov e vengono
utilizzate per comporre la matrice di Hankel generalizzata, espressa nella seguente forma:

[ ]
[ ] [ ] [ ]
[ ] [ ] [ ]
[ ] [ ] [ ]
!
!
!
!
"
#
$
$
$
$
%
&
+ + + + +
+ + + +
+ +
=

) i j k ( X ... ) i k ( X ) i k ( X
... ... ... ...
) j k ( X ... ) k ( X ) k ( X
) j k ( X ... ) k ( X ) k ( X
) k ( H
) qs pr (
1
1 2 1
1
1 (3.49)

dove i = 1, ,r-1 e j = 1, ,s-1, essendo r ed s interi che soddisfano le condizioni pr > N e
qs > N, necessarie per poter effettuare la Singular Value Decomposition (SVD).
Nella (3.49) k sar maggiore o uguale ad 1. Sostituendo nella (3.49) la (3.48) otteniamo:

[H(k)]=[Q][A]
k
[W] k>0 (3.50)
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
28
essendo:

[ ]
[ ]
[ ][ ]
[ ][ ]
!
!
!
!
"
#
$
$
$
$
%
&
=

1
2


r
) N pr (
A R
...
A R
R
Q
(3.51)
[ ] [ ] [ ][ ] [ ] [ ] [ ] B A ... B A B W
s
) qs N (
1
2

=

Q e W sono dette rispettivamente matrici di osservabilit e di controllabilit. La matrice
H(k) completamente nota e contiene le risposte misurate. Uno dei vantaggi del metodo
ERA che nella matrice di Hankel possibile inserire solo le risposte migliori, cio quelle
caratterizzate da un basso livello di rumore. Lobiettivo ricostruire la (3.48) dai dati
sperimentali; questo processo noto come realizzazione, e implica la determinazione delle
matrici R, A e B.
Esiste un numero infinito di combinazioni di queste matrici che soddisfa la (3.48), in
quanto esiste un infinito numero di realizzazioni per il sistema. Lobiettivo per quello di
ottenere una realizzazione minima, cio una realizzazione di ordine minimo nello spazio
delle fasi, che, tuttavia, rappresenti adeguatamente il comportamento dinamico della
struttura. Tale intento pu esser ottenuto con limpiego della SVD.
Innanzi tutto, cerchiamo la matrice H' tale che:

[ ] [ ] [ ] [ ]
) N N ( ) N pr ( ) pr qs ( ) qs N (
I Q ' H W
2 2 2 2


= (3.52)

Premoltiplicando e postmoltiplicando la (3.52) per Q e W rispettivamente:

[ ][ ][ ] [ ][ ] [ ][ ] W Q W Q ' H W Q = (3.53)

ma, dalla (3.50), risulta anche:

[Q][W] = [H(0)] (3.54)

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
29
Cos

[ ][ ] [ ] [ ] ) ( H ) ( H ' H ) ( H 0 0 0 = (3.55)

Dalla (3.55) si evince che H' la pseudoinversa di H(0), e pu essere calcolata mediante la
SVD, ottenendo:

[ ] [ ] [ ] [ ]
T
) psxqs ( ) prxps ( ) prxpr ( ) prxqs (
V U ) ( H = 0 (3.56)

La matrice H(0) ha solo 2N valori singolari diversi da zero (il suo rango essendo 2N),
corrispondente allordine del sistema nello spazio delle fasi. Per tale ragione H(0) pu
essere ricalcolata usando le sole prime 2N colonne di U e V:


[ ] [ ] [ ] [ ]
T
) Nxqs (
N
) N Nx (
N
) N prx (
N
) prxqs (
V U ) ( H
2
2
2 2
2
2
2
0 = (3.57)

ed essendo:

[ ] [ ] [ ] [ ] [ ] I V V U U
N
T
N N
T
N
= =
2 2 2 2
(3.58)

la matrice H' in definitiva espressa come:

[ ] [ ][ ] [ ]
T
N N N
U V ' H
2
1
2 2

= (3.59)

Per ottenere la realizzazione desiderata partiamo dalla (3.48), che, per k 0, pu essere
scritta:

[ ] [ ][ ] [ ] B A R ) k ( X
k
1 = + (3.60)

Utilizzando lidentit

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
30
[ ] [ ] [ ] [ ]
) q qs (
q
) qs pr (
) pr p (
T
p
) q p
E ) k ( H E ) k ( X

= +1 (3.61)

in cui si ha:

[ ] [ ] [ ] [ ]
!
"
#
$
%
&
= 0 0 ... I E
) pxp (
T
) pxpr (
p

(3.62)
[ ]
[ ]
[ ]
[ ]
!
!
!
!
"
#
$
$
$
$
%
&
=

0
0

...
I
E
) q qs (
q


ed impiegando la (3.50), (3.52), (3.54), (3.57) e la (3.58) possibile dimostrare che:


[ ] [ ] [ ][ ] [ ] [ ] [ ] [ ][ ] [ ] [ ] [
[ ][ ] ] [ ] [ ] [ ] [ ]
q
T
N
/
N
/
N N
k T
N
/
N
/
N N
T
p
E V V
W Q U U E ) k ( X
2
2 1
2
2 1
2 2
2
2 1
2
2 1
2 2

A 1



= +
(3.63)

Appaiono piuttosto evidenti le analogie con la (3.60), pur essendo necessarie alcune
modifiche nel secondo membro. Ed in effetti, dopo alcune manipolazioni matematiche,
otteniamo:


[ ] [ ] [ ][ ] [ ] [ ] [ ] [ ][ ][ ] [ ]
[ ] [ ] [ ] [ ]
q
T
N
/
N
k
/
N N
T
N
/
N
/
N N
T
p
E V
V ) ( H U U E ) k ( X
2
2 1
2
2 1
2 2 2
2 1
2
2 1
2 2
1 1



= +
(3.64)

Ponendo a confronto la (3.64) e la (3.60) chiaro che la realizzazione desiderata stata
ottenuta, posto che sia:

[ ] [ ] [ ][ ] [ ]
2 1
2 2

/
N N
T
p
U E R =
[ ] [ ] [ ] [ ][ ][ ] [ ]
2 1
2 2 2
2 1
2
1
/
N N
T
N
/
N
V ) ( H U A

= (3.65)
[ ] [ ] [ ] [ ] [ ]
q
T
N
/
N
E V B
2
2 1
2
=

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
31
Le matrici cos ottenute sono per riferite ad un sistema discreto; la realt fisica per un
sistema continuo, al quale possibile ricondursi mediante le seguenti trasformazioni:

[ ]
[ ]T A
d
c
e A = (3.66)

[ ]
[ ]
[ ]
(
=
T
c
A
d
d B e B
c
0

(3.67)

[ ] [ ]
C d
R R = (3.68)

[ ] [ ] [ ] ) ( X D D
C d
0 = = (3.69)

I parametri modali del sistema possono quindi ottenersi estraendo gli autovalori e
autovettori della matrice realizzata A
c
:

[ ]{ } { }
u u
A = (3.70)

Le forme modali, in termini di coordinate fisiche, si determinano invece moltiplicando la
matrice degli autovalori per la trasformazione R :

{ } [ ] { }
) N (
u
) N p ( ) p (
x
R
1 2 2 1
= (3.71)

mentre frequenze e smorzamenti modali sono facilmente estraibili dagli autovalori della
matrice A
c
.

Questo metodo necessita di un controllo sui modi calcolati, in maniera da distinguere i
modi reali da quelli computazionali, prodotti dalla SVD a causa del rumore contenuto nel
segnale e delle nonlinearit presenti. I sistemi di controllo pi utilizzati sono due: quello
noto come Modal Amplitude Coherence e il Modal Phase Collinearity.

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
32
3.2.3 Identificazione in tempo-frequenza
Questo metodo, oltre a prescindere dalla conoscenza dellinput, conserva la propria validit
anche in condizioni non-stazionarie e fa uso di alcuni stimatori bidimensionali definiti nel
piano tempo-frequenza, ricavati mediante auto e cross-trasformazioni tempo-frequenza tra
i diversi canali. Le trasformate utilizzate sono quelle della classe di Cohen, che, oltre ad
avere utili propriet nellanalisi dei segnali meccanici, si prestano ad una facile
interpretazione in termini energetici.
Luso di trasformazioni di tipo bilineare determina, nel piano tempo-frequenza, una
rappresentazione dellevoluzione delle componenti spettrali, vale a dire dellenergia
contenuta nei singoli modi di vibrare. In particolare, i rapporti di ampiezza sono calcolati
direttamente dal rapporto tra le ampiezze istantanee dei segnali sulle rappresentazioni
tempo-frequenza, mentre le relazioni di fase sono valutate mediante confronto tra parte
reale ed immaginaria della cross-rappresentazione tempo-frequenza dei due canali. Per la
determinazione della singola forma modale altres necessaria linformazione circa la
relazione di fase tra i segnali, non contenuta nelle trasformazioni ad interpretazione
energetica. La stima delle informazioni in termini di ampiezza e fase avviene mediante
analisi diretta delle trasformate e cross-trasformate tempo-frequenza dei segnali. Questo
conferisce alla procedura maggiore immediatezza formale, ed elimina il problema del
dimensionamento di filtri passabanda nel dominio del tempo, aspetto cruciale delle
metodologie tradizionali. Gli estimatori, derivando direttamente da funzioni bidimensionali
delle variabili tempo e frequenza, mantengono la dipendenza dalla variabile tempo,
configurandosi dunque come estimatori puntuali. Consentono, in sostanza, di controllare
levoluzione temporale della forma modale associata ad una certa componente in
frequenza, e quindi di rivelare a posteriori, cio alla fine del processo, se tale valore pu
identificarsi quale modo di vibrare della struttura. Infatti, nei sistemi lineari, i segnali
modali sono contraddistinti dallinvariabilit dei rapporti di ampiezza e di fase; la forma
modale cui essi danno luogo , pertanto, identificata dalla sua stabilit rispetto al tempo.

3.2.3.1 Auto e cross-trasformate della classe di Cohen
Le trasformate tempo-frequenza sono uno strumento di analisi spettrale in grado di
visualizzare, in funzione del tempo, il contenuto armonico di un segnale dingresso
(Cohen, 1986).
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
33
Una generica trasformata appartenente alla classe di Cohen espressa nella seguente
forma:

( )
( )
( ( (


/
0
1
2
3
4

/
0
1
2
3
4
+ =


d dt d e e , g t x t x ) f , t ( D
' f j t t j ' '
x
'
2 2
2 2
(3.72)

in cui:
D
x
(t,f) la distribuzione tempo-frequenza;
x(t) il segnale dingresso;
x
*
(t) il suo complesso coniugato;
t la variabile tempo;
f la variabile frequenza;
il ritardo temporale;
il ritardo in frequenza;
g(,) il kernel della trasformata.

In pratica, la trasformazione tempo-frequenza si calcola applicando unopportuna funzione
di kernel al prodotto di autocorrelazione istantaneo del segnale dingresso, definito come:

( )
/
0
1
2
3
4

/
0
1
2
3
4
+ =

2 2

t x t x , t acf
x
(3.73)

Le caratteristiche del kernel sono funzione delle propriet della distribuzione, pertanto
possibile far s che la trasformata abbia determinate peculiarit semplicemente forzando
alcune condizioni sul kernel.
Vengono poi definite alcune propriet, tra le quali la possibilit di localizzare esattamente,
sia nel tempo sia in frequenza, una componente armonica presente nel segnale, oppure la
cosiddetta propriet marginale, che, forzando alcune condizioni sul kernel, consente alla
rappresentazione ottenuta nel piano (t,f) di mantenere le propriet energetiche del segnale.
In particolare, integrando la distribuzione lungo lasse dei tempi si ricava la densit
spettrale di energia, mentre integrando sullasse delle frequenze si ottiene lenergia
istantanea.
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
34
possibile dimostrare che, per ogni trasformata della classe di Cohen, si definisce una
cross-trasformata, ottenuta sostituendo al prodotto di autocorrelazione di un singolo
segnale, il prodotto di cross-correlazione tra due canali, definito come:

( )
/
0
1
2
3
4

/
0
1
2
3
4
+ =

2 2

t y t x , t xcf
y , x
(3.74)

3.2.3.2 Estimatore tempo-frequenza dei rapporti dampiezza modale
Mediante opportuna definizione dei segnali x(t) e y(t), possibile valutare i rapporti di
ampiezza tra due segnali modali utilizzando le trasformate tempo-frequenza. Si supponga,
a tal fine, che x(t) e y(t) siano le componenti di uno stesso modo di vibrare, ma provenienti
da segnali acquisiti in due diversi punti della struttura.
Consideriamo il prodotto di autocorrelazione istantanea per x(t) e y(t):


0
0 0
2
2
2
2
2
2 2
f j
a
) t ( f j ) t ( f j
x
e ) , t ( acf e ) t ( * a e ) t ( a ) , t ( acf = + =
+

(3.75)

0
0 0
2
2
2
2
2
2 2
f j
b
) t ( f j ) t ( f j
y
e ) , t ( acf e ) t ( * b e ) t ( b ) , t ( acf = + =
+


avendo identificato con acf
a
(t,) e acf
b
(t,) le funzioni di autocorrelazione istantanea delle
sole forme donda modulanti lampiezza.
Applicando alle (3.75) una trasformata di Fourier si ottengono le trasformate di Wigner-
Ville:


{ }
{ } ) f f , t ( WV ) f f ( * ) f , t ( WV e ) , t ( acf F ) f , t ( WV
) f f , t ( WV ) f f ( * ) f , t ( WV e ) , t ( acf F ) f , t ( WV
b b
f j
b f t y
a a
f j
a f t x
0 0
2
0 0
2
0
0
= = =
= = =





(3.76)

Si evince dalle (3.76) che le trasformate presentano, nel piano tempo-frequenza, un
contributo alla frequenza modale modulato secondo landamento della trasformata tempo-
frequenza della relativa modulante di ampiezza. Questo consente di determinare i rapporti
di ampiezza tra due segnali modali direttamente dalle loro trasformate tempo-frequenza,
nel modo seguente:

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
35

( )
( )
0
f f
x
y
f , t WV
f , t WV
) t ( AR
=
= (3.77)

essendo AR(t) lestimatore di ampiezza tempo-frequenza. La conoscenza puntuale del
contenuto in frequenza del segnale ne permette una sua corretta interpretazione anche in
presenza di non-stazionariet, potendosi distinguere le componenti di natura permanente.
Il risultato ottenuto ha valenza assolutamente generale. Infatti, utilizzando unaltra
trasformata appartenente alla classe di Cohen e caratterizzata da kernel non unitario su
tutto il piano (, ), si ottiene la seguente espressione:

( ) ( ) ( ) f , t WV f , t f , t D
x x
= (3.78)

in cui la funzione (t,f) rappresenta lespressione del kernel nel piano tempo-frequenza.
Lintroduzione del kernel nella trasformazione non compromette la validit della (3.77); al
contrario, consente di attenuare i problemi dinterferenza, aumentando in conclusione
lattendibilit della stima stessa.

3.2.3.3 Estimatore tempo-frequenza delle differenze di fase
Le considerazioni sinora svolte riguardo il rapporto dampiezza possono facilmente
estendersi anche alla differenza di fase, definendo anche per essa un estimatore puntuale
nel piano tempo-frequenza, la relazione di fase dovendosi, tra due canali e per un dato
modo di vibrare, mantenere costante. Poich per le auto-trasformate non contengono
informazioni sulla fase, si fa qui ricorso alle cross-trasformate. Si vuole evidenziare che la
necessit di definire un estimatore di fase si manifesta non solo per assegnare alle
ampiezze modali il segno, ma anche per distinguere le effettive componenti modali; infatti,
nel caso limite di uneccitazione tra le cui componenti vi fosse unarmonica con ampiezza
costante, lestimatore dampiezza, da solo, condurrebbe ad errori di classificazione.
Consideriamo, per semplicit, due segnali modali con differenza di fase costante nel
tempo:

) t f ( j
) t f ( j
e ) t ( b ) t ( y
e ) t ( a ) t ( x

+
=
=
0
0
2
2
(3.79)

Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
36
Il prodotto di cross-correlazione istantanea diventa in tal caso:

0 0 0
2 2 2 2 2
2 2
f j j
b , a
j ) / t ( f j ) / t ( f j
y , x
e e ) , t ( xcf e e ) t ( b e ) t ( a ) , t ( xcf
+
= + = (3.80)

e la trasformata di Wigner-Ville pu essere riscritta nel modo seguente:


{ }
[ ][ ] ) f f ( * ) f , t ( XWV ) sin( j ) cos(
e ) , t ( xcf F e ) f , t ( XWV
b , a
f j
b , a f t
j
y , x
0
2
0
+ =
= =


(3.81)

La trasformata dellequazione (3.81) non pi una funzione reale, ma include una parte
immaginaria. Inoltre possibile dimostrare unimportante propriet: la cross-trasformata
dei due canali, definita nella (3.80), ha sempre una parte immaginaria sfasata di /2
rispetto alla parte reale. In altre parole, nel piano complesso, la cross-trasformata
equivalente ad un vettore ruotato di un angolo .
Pertanto, possibile definire lestimatore tempo-frequenza della differenza di fase tra due
segnali come:


{ }
{ }
0
f f
y , x
y , x
) f , t ( XWV Re
) f , t ( XWV Im
arctg
=
5
)
5
*
+
5
,
5
-
.
= (3.82)

Come prima, anche questo estimatore non dipende dalla cross-trasformata tempo-
frequenza utilizzata: si pu infatti dimostrarne la consistenza per qualunque distribuzione
appartenente alla classe di Cohen.
Se le componenti che si stanno esaminando sono relative ad uno stesso modo, ma afferenti
canali diversi, la differenza di fase risulter costante nel tempo.

3.2.3.4 Metodo degli estimatori Tempo - Frequenza
Si supponga ora di aver misurato la risposta di una struttura in alcuni suoi punti,
corrispondenti ad alcuni degli N gradi di libert. Nella rappresentazione tempo-frequenza
del segnale di risposta, lenergia risulter concentrata attorno alle frequenze modali. Nel
piano (t,f) la forma dellonda modulante mantenuta; questo implica che il rapporto di
ampiezza e la differenza di fase tra due segnali misurati, s
i
(t) e s
j
(t), possano essere valutati
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
37
a partire dalle loro trasformate bilineari auto e cross ( ) ( ) ( ) f , t D , f , t D , f , t D
j i j i
s s s s
nel
seguente modo:

( )
( )
( ) f , t D
f , t D
f , t AR
j
i
s
s
= (3.83)
( ) ( ) { } f , t D phase f , t PH
j i
s , s
= (3.84)

dove la simbologia quella introdotta ai paragrafi precedenti. Per i segnali multi-canale,
limpiego di kernel idonei allattenuazione delle interferenze e dei termini cross conduce
ad una maggior affidabilit della stima del rapporto dampiezza. Effettuata questa
operazione, che agisce come una sorta di filtraggio, lunico rischio che ancora sussiste la
presenza di modi accoppiati. Nel piano tempo-frequenza, laccoppiamento avviene quando
i segnali interferiscono sia nel dominio della frequenza sia in quello del tempo, e questo
costituisce in vantaggio rispetto alle tecniche operanti nel domino della sola frequenza.
Per intervalli di frequenza in cui vi una componente modale predominante, lestimatore
tende a diventare costante nel tempo, e poich tale caratteristica diviene progressivamente
pi marcata, sino a raggiungere il picco in corrispondenza della frequenza modale,
questultima pu essere valutata ricercando la deviazione standard minima degli estimatori
in funzione della frequenza.
In corrispondenza della frequenza modale identificata, lestimatore fornisce una relazione
tra ampiezza e fase per i diversi canali in funzione del tempo, e, operando una media,
anche una stima delle forme modali. Posto di aver individuato le frequenze naturali di
vibrazione, poi disponibile un metodo pi accurato per la stima delle forme modali,
basato sulle sole cross-trasformate.
Metodi di identificazione strutturale output only Capitolo 3
38
BIBLIOGRAFIA

- Friswell, M.I. and Mottershead, E., Finite Element Model Updating in Structural
Dynamics, Kluwer Academic Publishers, Netherlands,1995.
- Maia, N.M.M. and Silva, J.M.M., Theoretical and Experimental Modal Analysis,
Research Studies Press Ltd, England,1997.
- Cole, H.A., 1968. On-The-Line Analysis of Random Vibrations, AIAA Journal,
68.
- Cole, H.A., 1971. Method and Apparatus for measuring the Damping
Characteristics of a Structure, United States Patent, 3.
- Ibrahim, S.R., 1977. The Use of Random Decrement Technique for Identification
of Structural Modes of Vibration, AIAA Journal, 77, pp.1-9.
- Asmussen, J.C. Modal Analysis Based on the Random Decrement Technique
Application to Civil Engineering Structures, Ph. D. Thesis, Aalborg University,
Denmark, August 1997.
- Bonato, P., Ceravolo, R., De Stefano, A. and Molinari, F., 2000. Cross-time
frequency techniques for the identification of masonry buildings, MSSP, 14(1),
pp.91-109.
- Bonato, P., Ceravolo, R., De Stefano, A. and Molinari, F., 2000. Use of cross-
time-frequency estimators for structural identification in non-stationary conditions
and under unknown excitation, Journal of Sound and Vibration, 237(5), pp.775-
791.



Generalit sul Model Updating Capitolo 4
39


CAPITOLO 4

Generalit sul Model Updating


4.1 Premessa
Come anticipato gi in precedenza, il Model Updating si propone di correggere il modello
analitico di una struttura mediante la correlazione tra i risultati provenienti
dallelaborazione e quelli ottenuti per via sperimentale (i test dinamici di cui al capitolo
precedente). Le fonti di errore sono molte, e tutte necessitano di grande attenzione: in
particolar modo lacquisizione dei segnali pu esser affetta da rumori di fondo, che
complicano e a volte limitano la buona riuscita della fase di identificazione; inoltre la
posizione dei trasduttori, gi limitati in numero, se non adeguatamente progettata, produce
delle forme modali errate, che non colgono i reali movimenti della struttura.
Esistono poi due problematiche, che precedono il vero e proprio processo di taratura e sono
essenziali per il corretto svolgimento della fase di updating: la scelta del modello e quella
dei parametri da calibrare.
Il modello di riferimento viene costruito ricorrendo a codici agli elementi finiti,
discretizzando il continuo strutturale in porzioni pi piccole aventi caratteristiche proprie, e
definendo le matrici globali dellintera struttura mediante assemblaggio di quelle relative ai
singoli elementi. Le frequenze del modello cos realizzato saranno generalmente
sovrastimate rispetto alla realt, poich il primo contiene un minor numero di gradi di
libert, che equivale ad una maggior rigidezza della struttura. Non va poi dimenticato il
naturale grado di incertezza insito nella definizione dei nodi, dotati di massa e rigidezza, e
dei vincoli, che difficilmente possono esser identificati in modo categorico (si pensi ad un
incastro perfetto o ad una cerniera priva di attrito).

Generalit sul Model Updating Capitolo 4
40
La scelta dei parametri da assoggettare a taratura il secondo punto cruciale precedente
lupdating: infatti lo scopo non semplicemente determinare un sistema coerente con i dati
sperimentali, al di l di ogni riscontro fisico; si vuole, al contrario, cogliere lessenza della
struttura attraverso le caratteristiche di massa e rigidezza degli elementi che la
costituiscono.
Un simile approccio produce dei modelli dotati di forte significato fisico, e consente di
rilevare eventuali difetti o danni presenti nella struttura reale; parametri che assumano
valori non verosimili saranno pertanto sintomo di errori nei dati modali o
nellidentificazione modale (modello non verificato).

4.2 Scelta dei parametri e loro sensibilit
Come gi detto, la scelta dei parametri da tarare influisce con forza sulla qualit dei
risultati. I dati ottenuti dai test condotti sulla struttura contengono un numero limitato di
informazioni; di conseguenza, anche il numero di parametri da tarare dovr essere esiguo,
onde evitare un malcondizionamento del problema. Va inoltre accertata la reale sensibilit
dei risultati (in termini di parametri modali) alla variazione dei parametri scelti, ed in tal
senso assume rilievo lanalisi di sensibilit.
Partendo dalla formulazione classica del problema agli autovalori di un sistema non
smorzato:

[ ]{ } [ ]{ }
j j j
M K = (4.1)

e differenziando rispetto al parametro soggetto a taratura, si ottiene facilmente:

[ ] [ ] [ ]
{ }
[ ] [ ]
[ ] { }
j
j
j
j
j
M
M K
M K



!
"
#
$
%
&
= (4.2)

da cui, premoltiplicando per { }
T
j
e ricordando la simmetria che caratterizza le matrici K e
M, si ricava lespressione della sensibilit dellautovettore:

Generalit sul Model Updating Capitolo 4
41
{ }
[ ] [ ]
{ }
j j
T
j
j
M K

!
"
#
$
%
&
= (4.3)

Si osserva al riguardo come il calcolo della sensibilit dellautovettore j-esimo necessiti
solo dellautovettore stesso.
Nel 1976 Nelson ha proposto una tecnica per la valutazione della sensibilit del j-esimo
autovettore che richiede la conoscenza dei soli autovalore e autovettore j-esimi.
Combinando le equazioni (4.2) e (4.3) si ottiene:

[ ]
j
j
j
f M K =

(4.4)

in cui si ha:


[ ] [ ] [ ] [ ]
[ ]
j j
T
j j j
M
M
j
K M K
f

!
"
#
$
%
&
!
"
#
$
%
&

= (4.5)

La derivata completa dellautovettore pu dunque esser scissa in due addendi:


j j j
j
c v

+ =

(4.6)

Il primo vettore, quando sostituito nella (4.4), d f
j
, mentre il secondo costituisce la
soluzione dellomogenea associata. Differenziando rispetto a la relazione di
normalizzazione rispetto alla massa:
[ ] 1 =
j
T
j
M (4.7)
e combinandola con la (4.6), in modo da eliminare da

j
entrambe, si ottiene la seguente
espressione per il coefficiente c
j
:

[ ]
[ ]
j
T
j j
T
j j
M
v M c

=
2
1
(4.8)

Generalit sul Model Updating Capitolo 4
42
Lo studio della sensibilit in realt molto pi complesso, e nel passato sono state proposte
molte teorie in relazione alla sua valutazione. Poich questo lavoro non si sofferma
sullargomento, per maggiori dettagli si rimanda alla bibliografia pi aggiornata, peraltro
citata al termine del capitolo.

4.3 Confronto tra dati sperimentali e dati numerici: MAC e CoMAC
La correlazione tra i dati sperimentali e quelli numerici costituisce un aspetto cruciale del
Model Updating. La difficolt dovuta sia al diverso numero di gradi di libert presenti nel
modello analitico rispetto quelli considerati con i trasduttori posti sulla struttura, sia alle
imprecisioni di modello derivanti dallassunzione di smorzamento nullo, sia agli errori
necessariamente contenuti nelle acquisizioni, che si ripercuotono sui valori che
scaturiscono dallidentificazione.
Pare opportuno, quindi, definire un indice che permetta di quantificare la corrispondenza
fra i dati: il pi utilizzato il MAC (Modal Assurance Criterion), che pone a confronto le
forme modali ed cos definito:


{ } { } ( )
{ } { } ( ) { } { } ( )
j m
T
j m k a
T
k a
k a
T
j m
jk
MAC


=
2
(4.9)

In esso {
a
}
k
indica lautovettore teorico corrispondente al modo k-esimo, {
m
}
j

lautovettore sperimentale corrispondente al modo j-esimo. Il valore del MAC oscilla tra 0
e 1, a seconda del grado di correlazione tra i vettori teorici e quelli sperimentali;
generalmente, laccoppiamento pu dirsi corretto per valori superiori a 0,8.
Di regola si osserva che il numeratore presenta valore diverso da zero anche per jk, in
quanto gli autovettori sono ortogonali rispetto alle matrici K e M:

{ } [ ] { } 0 =
j m
T
k a
M (4.10)

ma non fra loro:
{ } { } 0
j m
T
k a
(4.11)
Generalit sul Model Updating Capitolo 4
43
Definendo lindice MAC per ogni possibile coppia di modi si costruisce una matrice
quadrata, che, ipotizzando la perfetta coincidenza fra i dati, presenta termini non nulli solo
lungo la diagonale principale (la soluzione ideale dunque la matrice identit).
Un altro indice ampiamente utilizzato il COMAC (Co-ordinate MAC), che consente tra
laltro la localizzazione degli errori. Infatti, lindice esprime la correlazione tra le forme
modali calcolate e misurate con riferimento ad un particolare grado di libert:


{ } { }
{ } { }
'
(
)
*
+
,

'
(
)
*
+
,

=
- -
-
= =
=
N
i
ji m
N
i
ji a
N
i
ji m
T
ji a
) j ( COMAC
1
2
1
2
1


(4.12)

in cui gli indici i e j identificano, rispettivamente, li-esimo modo di vibrare ed il j-esimo
grado di libert. Come nel caso del MAC, anche per questo indice il range di variabilit
tra 0 e 1, e la taratura pu dirsi soddisfacente per valori superiori a 0,8 su tutti gli elementi
che costituiscono ciascun vettore.

4.4 Model Updating: metodi diretti ed indiretti
Nellambito delle tecniche di Model Updating prassi operare la seguente distinzione:
! Metodi diretti, con i quali la correzione del modello avviene in un solo passo;
! Metodi indiretti, che aggiornano ad ogni passo i parametri soggetti a taratura,
correggendo in tal modo il modello ad ogni iterazione.
Entrambe le tecniche presentano vantaggi e svantaggi; questo paragrafo intende fornire una
visione dinsieme, illustrando le caratteristiche principali degli uni e degli altri, senza
tuttavia soffermarsi sugli aspetti pi specifici, per i quali si rimanda alla bibliografia
relativa al presente capitolo.

4.4.1 Metodi diretti
Con questi metodi le matrici complessive di massa e rigidezza del modello vengono
corrette in un unico passo, al di l di ogni correlazione al reale comportamento della
struttura. Generalmente, la parametrizzazione avviene definendo delle variabili associate a
singoli elementi finiti o a gruppi di essi accomunati dalle medesime caratteristiche.
Generalit sul Model Updating Capitolo 4
44
In tal modo le matrici globali corrette possono essere espresse mediante le seguenti
relazioni:

[ ] [ ] [ ]
-
=
+ =
n
i
i i
M M M
1
0
(4.14)

[ ] [ ] [ ]
-
=
+ =
n
i
i i
K K K
1
0
(4.15)

nelle quali
i
rappresenta il generico parametro oggetto della taratura, M
0
e K
0
le matrici
globali nella configurazione di partenza e M
i
e K
i
le matrici di rigidezza e massa del singolo
elemento, o gruppo, dipendenti dai parametri di cui sopra.
Il vantaggio principale di questo tipo di tecnica che, non necessitando di alcuna
iterazione, si eliminano tutti i problemi connessi alla convergenza del processo o
alleccessiva lentezza del calcolo. Inoltre si ha perfetta corrispondenza con i dati
sperimentali, e per tale ragione si parla comunemente di metodi rappresentazionali,
sebbene sarebbe lecito aspettarsi una certa difformit tra dati numerici e sperimentali,
dovuta alla presenza del rumore di fondo nelle acquisizioni ed alle inesattezze del modello:
la taratura cerca, infatti, di ottimizzare il valore dei parametri affinch dati sperimentali e
analitici siano il pi possibile simili, ma senza replicare il rumore di fondo.
Pertanto i metodi rappresentazionali necessitano di una modellazione molto accurata,
nonch di unelevata precisione nelleffettuare le misurazioni in sito. Tuttavia, questo non
sufficiente a garantire lassenza di errori: infatti, lutilizzo delle forme modali necessita del
ricorso alle tecniche di espansione ovvero di riduzione: nel primo caso sintroducono
nuove fonti di errore, poich i dati misurati vengono espansi secondo un modello non
propriamente rispondente alla struttura; nel caso della riduzione del modello, invece, le
correzioni conseguenti la taratura incidono su parecchi termini delle matrici di rigidezza e
massa, rendendo problematica la localizzazione degli errori e dei danni.
Inoltre, pur riproducendo le misure sperimentali, questi metodi non preservano
dallintroduzione di eventuali modi spuri nel range di frequenze esaminato, e necessitano
quindi di un attento controllo al termine dellupdating.
Generalit sul Model Updating Capitolo 4
45
Infine, laspetto probabilmente pi sfavorevole rappresentato dal fatto che le matrici di
massa e rigidezza ottenute a fine processo assumono un significato fisico piuttosto limitato,
non correlabile alle variazioni delle caratteristiche proprie del modello di partenza.

4.4.2 Metodi indiretti
Tali tecniche si distinguono dalle precedenti per il fatto di assoggettare a taratura delle vere
e proprie grandezze fisiche, quali modulo elastico, massa volumica, modulo tangenziale,
coefficiente di Poisson, ecc. In questo caso le relazioni (4.14) e (4.15) non possono essere
applicate, non essendo pi garantita la linearit fra matrici e parametri; perci si sviluppa in
serie di Taylor, ottenendo:

[ ] [ ]
[ ]
-
=
+ =
n
j
j
j
d
M
M M
1
0

(4.16)

[ ] [ ]
[ ]
-
=
+ =
n
j
j
j
d
K
K K
1
0

(4.17)

Le relazioni appena scritte sono formalmente uguali alle (4.14) e (4.15) se si pone
j
j
M
M

] [
] [ = e
j
j
K
K

] [
] [ = , in cui le derivate sono calcolate per i valori iniziali di
j
;
durante il processo di taratura si utilizzeranno poi i valori pi aggiornati, ossia quelli
delliterazione precedente.
Questo approccio migliora la correlazione fra dati sperimentali e analitici correggendo, ad
ogni iterazione, i soli parametri scelti e garantendo, in tal modo, un buon riscontro fisico
nei risultati.
La taratura viene ottimizzata ricercando il minimo di una funzione costo, che contiene le
informazioni relative ad autovalori e forme modali, di cui si tratter ampiamente nel
paragrafo successivo. Qui preme sottolineare il fatto che il metodo consente di scegliere un
gran numero di parametri da tarare e di stabilire quale peso assegnare alle singole
informazioni provenienti dalla sperimentazione, ed in tal senso molto potente e versatile.
Richiede comunque grande cautela, soprattutto rispetto al problema dellaccoppiamento dei
Generalit sul Model Updating Capitolo 4
46
modi, che andr fatto non gi ordinando in modo crescente le frequenze, ma ricorrendo al
MAC e, preliminarmente, eliminando i problemi di scala mediante lMSF.

4.5 La funzione obiettivo
Come detto, i metodi di tipo iterativo si propongono la minimizzazione di una funzione
costo dipendente dai parametri scelti in fase di taratura. Tale funzione deve pertanto essere
rappresentativa del problema: tipicamente, la scelta ricade sullerrore relativo, posto al
quadrato, tra i parametri modali sperimentali e quelli analitici, distinguendo autovalori da
autovettori per poter meglio gestire il peso da attribuire ad ogni informazione.
La funzione cos definita viene quindi minimizzata secondo un criterio di ottimizzazione;
nella fattispecie si fatto ricorso allo Steepest Descent Method, utilizzando la function
fmincon.m, gi presente nel toolbox di ottimizzazione di Matlab, che risolve i problemi
di minimo vincolato. Nello specifico, i vincoli sono costituiti dagli estremi del range di
variazione relativo ad ogni variabile da tarare ed assegnato dallutente ad inizio processo.
La function denuncia tuttavia un limite, quello di non preservare la soluzione dai problemi
di minimo relativo; pertanto, lattendibilit della stessa dovr esser verificata
dalloperatore.
In una prima fase si quindi optato, per i sistemi privi di smorzamento, per la seguente
funzione obiettivo:


- -
= =
'
'
(
)
*
*
+
,
'
'
(
)
*
*
+
,
+
'
'
(
)
*
*
+
,
=
k
1 i
l
1 j j , i m
j , i a j , i m
i ,
i m
i a i m
i s,
) (
) ( ) (
p
) s (
) s ( ) s (
p f
2
2

(4.18)
essendo:
k = n forme modali estratte
l = n gradi di libert
m = valore misurato
a = valore analitico
s = autovalore
= autovettore

mentre, per quelli con smorzamento, si assunto:
Generalit sul Model Updating Capitolo 4
47

( ) ( )
( )
( ) ( )
( )
( ) ( )
( )
( ) ( )
( )
'
'
'
(
)
'
'
(
)
*
*
+
,
+
'
'
(
)
*
*
+
,
+
*
*
*
+
,
+
'
'
(
)
*
*
+
,
+
'
'
(
)
*
*
+
,
=
- -
-
= =
=
l
1 j j , i m
j , i a j , i m
i , ) ( angle
l
1 j j , i m
j , i a j , i m
i , ) mod(
k
i i m
i a i m
i Im(s),
i m
i a i m
i Re(s),
angle
angle angle
p
mod
mod mod
p
s Im
s Im s Im
p
s Re
s Re s Re
p f
2 2
1
2 2



(4.19)

essendo:
Re = parte reale dellautovalore s
Im = parte immaginaria dellautovalore s
Mod = modulo dellautovettore
Angle = fase dellautovettore
In entrambi i casi, per, sono stati riscontrati dei problemi in fase di ottimizzazione, ragion
per cui si risolto di operare una modifica di entrambe.
La (4.18) manifestava, infatti, problemi di instabilit, anche su modelli relativamente
semplici, quando si effettuasse la taratura mediante limpiego congiunto di autovalori ed
autovettori, pur adottando pesi sensibilmente differenti (anche in rapporto 1/100).
La ragione risiede nel secondo addendo della (4.19), ed imputabile allinstabilit
numerica cui pu esser soggetto Abaqus. Il codice, infatti, non pone pari a zero agli
spostamenti corrispondenti ai gradi di libert impediti, ma fornisce per essi dei valori
estremamente piccoli, tali quindi da poterli ritenere nulli; tra uniterazione e la successiva,
per, tali valori infinitesimi oscillano, con variazioni anche pari ad un paio di ordini di
grandezza (da 10
-14
a 10
-16
), e, se vero che andrebbero comunque trascurati, altrettanto
vero che lerrore relativo tra i due passi successivi pari a 100, ed questo che induce la
convergenza non uniforme della funzione di costo.
Una prima soluzione stata la definizione di una soglia limite, fissata arbitrariamente
dalloperatore, al di sotto della quale trascurare ogni termine; tuttavia, in virt della
discutibilit connessa con la definizione di ci che trascurabile o significativo, tale
espediente stato abbandonato, in favore di una nuova formulazione che sfrutta il calcolo
del MAC, comunque necessario per effettuare il corretto accoppiamento dei modi. La
(4.18) ha quindi assunto la seguente forma:

Generalit sul Model Updating Capitolo 4
48

( ) ( )
( )
( ) ( )
-
=
'
'
(
)
*
*
+
,
+
'
'
(
)
*
*
+
,
=
k
1 i
i ,
i m
i a i m
i s,
i , i MAC p
s
s s
p f
2
2
1

(4.20)

nella quale il termine MAC(i,i) rappresenta il valore assunto dal MAC in corrispondenza
del modo i-esimo.
Il vantaggio connesso alla nuova formulazione stato duplice: da un lato la convergenza
uniforme della funzione obiettivo, dallaltra la possibilit di conferire al secondo termine
(sempre compreso tra 0 e 1) un peso maggiore, a beneficio del numero di iterazioni
complessivamente richieste dal processo di ottimizzazione.

In relazione alla (4.19), e quindi al sistema smorzato, i problemi erano, per certi aspetti,
simili: sperimentazioni condotte in precedenti lavori di tesi (Casamassa, 2000)
evidenziavano un probabile malcondizionamento del problema connesso allultimo
addendo della (4.19), al quale andava dunque attribuito, sistematicamente, un peso nullo.
In considerazione del fatto che il MAC coinvolge il solo modulo degli autovettori, anche se
complessi, conformemente alla (4.20) si assunta la seguente nuova formulazione:

( ) ( )
( )
( ) ( )
( )
( ) ( )
-
=
'
'
(
)
*
*
+
,
+
'
'
(
)
*
*
+
,
+
'
'
(
)
*
*
+
,
=
k
i
i ,
i m
i a i m
i Im(s),
i m
i a i m
i Re(s),
i , i MAC p
s Im
s Im s Im
p
s Re
s Re s Re
p f
1
2
2 2
1

(4.21)

La distinzione tra parte reale e parte immaginaria dellautovalore stata conservata allo
scopo di poter meglio gestire il peso attribuibile alle stesse; la ragione risiede nella diversa
sensibilit denunciata dalla funzione di costo in rapporto ai diversi parametri sottoposti a
taratura. In particolare, si riportano i risultati relativi alle simulazioni condotte presso il
Laboratorio di Dinamica e Sismica del Politecnico di Torino, e pubblicate sugli Atti del X
Convegno Nazionale di Ingegneria Sismica (Casamassa, Ceravolo e De Stefano, 2001).
Il primo esempio riguarda un telaio piano in acciaio su dieci livelli, con comportamento
shear-type, le cui caratteristiche sono quelle riportate in figura 4-1. Lassunzione di una
differente costante di smorzamento per il terzo piano (c
3
) intende simulare la presenza di
un danno localizzato sulla struttura. La procedura di taratura stata applicata allo scopo di
risalire al valore del modulo elastico E costituente la struttura ed alla costante di
smorzamento c
3
di cui si gi detto.
Generalit sul Model Updating Capitolo 4
49


Tabella 4.1 Caratteristiche meccaniche


Figura 4-1 Schema strutturale del telaio piano

K
pil
= 4,7410
8
N/m
m
U
= 16224 kg
m
i
= 8112 kg
c
i
= 110
5
Ns/m
c
3
= 2,510
5
Ns/m
E = 210
11
N/m
2




Detti rispettivamente f
1
, f
2
e f
3
i tre addendi della (4.21) ed assunti i seguenti limiti di
variazione per la variabili soggette a taratura:


Ns/m 10 5 3 10 5 1
N/m 10 3 10 1
5
3
5
2 11 11
< <
< <
, c ,
E
(4.22)

si osserva (figura 4-2) uninfluenza trascurabile di E su f
1
e di c
3
su f
2
: la prima varia
sensibilmente solo lungo lasse relativo a c
3
, mentre la seconda dominata dal modulo
elastico E. Soltanto lultimo termine, f
3
, quello relativo alle forme modali, denota
sensibilit per rispetto ad entrambe le variabili.

Generalit sul Model Updating Capitolo 4
50


Figura 4-2 Andamento di f
3


Il secondo esempio relativo ad un telaio spaziale, ancora shear-type, di quattro piani, con
smorzatori disposti su ogni parete di ciascun piano. La struttura ha le caratteristiche
riportate in figura 4-3.
Anche in tal caso si sono sottoposti a taratura il modulo elastico E e la costante di
smorzamento c
1
, utilizzando i parametri modali relativi ai primi sei modi di vibrare. Il
comportamento dei tre addendi della (4.21) del tutto analogo al caso precedente, mentre
la funzione costo nel suo complesso presenta landamento evidenziato in figura 4-4, nella
quale anche riportato il percorso do ottimizzazione.

Tabella 4.2 Caratteristiche meccaniche


Figura 4-3 Schema strutturale del telaio spaziale

K
pil,X
= 410
7
N/m
K
pil,Y
= 1.7810
7
N/m
m
piano
= 800000 kg
(concentrata agli spigoli)
c
i
= 110
5
Ns/m
c
1
= 210
5
Ns/m
E = 210
11
N/m
2


E10
-10
[N /m
2
]
c
3
10
-4
[Ns/m]
f
1

Generalit sul Model Updating Capitolo 4
51



Figura 4-4 Funzione obiettivo e percorso di ottimizzazione

Le applicazioni precedenti mostrano leffettiva rilevanza che assume la corretta valutazione
dei pesi associati ad ogni termine della funzione obiettivo. Attualmente questo aspetto
delegato alla sensibilit delloperatore, tenuto conto del fatto che prassi assegnare agli
autovalori un peso dieci volte superiore a quello relativo agli autovettori (in relazione al
differente grado di precisione conseguibile con lidentificazione). Lo studio approfondito
della sensibilit pu, tuttavia, aggirare tale limite, introducendo una procedura automatica
di gestione del peso relativo ai diversi parametri coinvolti nel processo di ottimizzazione.
E

1
0
-
1
0
[
N
/
m
2
]
c
1
10
-4
[Ns/m]
Generalit sul Model Updating Capitolo 4
52
BIBLIOGRAFIA

- Friswell, M.I. and Mottershead, E., Finite Element Model Updating in Structural
Dynamics, Kluwer Academic Publishers, Netherlands,1995.
- Maia, N.M.M. and Silva, J.M.M., Theoretical and Experimental Modal Analysis,
Research Studies Press Ltd, England,1997.
- Casamassa, M., Ceravolo, R., De Stefano, A., 2001. Questioni Relative allUso di
Tecniche penalty nella Correzione di Modelli per Edifici Multipiano, Atti del X
Convegno Nazionale di Ingegneria Sismica, 2001.
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
53


CAPITOLO 5

Tecniche di riduzione ed espansione modale


5.1 Premessa
Il confronto tra i risultati sperimentali e quelli provenienti dal modello numerico si scontra
inevitabilmente con il problema dellincompletezza. Infatti, la risposta dinamica della
struttura non pu esser misurata che in un numero ristretto di posizioni, ed in un limitato
range di frequenze, e ci implica ottenere poche forme modali e con una scarsa risoluzione
spaziale (pochi elementi).
Una prima soluzione rappresentata dalle tecniche di riduzione del modello analitico;
lalternativa invece costituita dallespansione delle forme modali misurate, mediante
lutilizzo del modello ad elementi finiti per il completamento dei valori mancanti.
Quale che sia la strada praticata, vi comunque un aspetto imprescindibile: nessun metodo
di manipolazione dei risultati pu eliminare i problemi connessi a misurazioni poco
significative; possibile, infatti, che le stazioni di misura siano s in numero superiore a
quello strettamente necessario, ma disposte in modo poco efficace, tale da non rilevare, ad
esempio, la presenza di eventuali moti locali, risultando di conseguenza sostanzialmente
inadeguate.

5.2 Tecniche di riduzione
Laspetto principale delle tecniche di riduzione, che le rende preferibili allespansione dei
dati modali, rappresentato dalla possibilit di operare su modelli analitici aventi un
ristretto numero di gradi di libert, con tutti i vantaggi computazionali e di tempo che ne
derivano. Nel caso specifico della Cupola di San Gaudenzio poi, la complessit del
modello e il fattore tempo si sono rivelati due elementi essenziali nei confronti dellutilizzo
del programma, rendendo di conseguenza impraticabile il metodo dellespansione.
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
54
Vengono ora presentate le principali tecniche di riduzione: la loro validit si ormai
consolidata nel tempo, ed per tale ragione che si preferito dare maggior spazio alle
esemplificazioni, rispetto alla minuziosa disamina degli aspetti meramente teorici.

5.2.1 Riduzione statica o di Guyan
Quella statica costituisce certamente la pi semplice e comune tecnica di riduzione. I
vettori di stato e di eccitazione, x e f, e le matrici di massa e rigidezza, M e K, sono
partizionati rispettivamente in sottovettori e sottomatrici, distinguendo tra gradi di libert
mantenuti (principali) ed eliminati (secondari). In tal modo, nellipotesi che in
corrispondenza dei gradi di libert eliminati non sia applicata alcuna forza, lequazione
generale del moto:

[ ] { } [ ] { } ( ) { } t f x K x M = + ! ! (5.1)

pu esser riscritta nella seguente forma:


[ ] [ ]
[ ] [ ]
{ }
{ }
[ ] [ ]
[ ] [ ]
{ }
{ }
{ }
!
"
#
$
%
&
=
!
"
#
$
%
&

'
(
)
*
+
,
+
!
"
#
$
%
&

'
(
)
*
+
,
0
p
s
p
ss sp
ps pp
s
p
ss sp
ps pp
f
x
x
K K
K K
x
x
M M
M M
! !
! !
(5.2)

in cui il pedice p identifica i termini principali, mentre s indica quelli secondari, che
devono essere eliminati. Trascurando i termini dinerzia, (approssimazione valida qualora
si operi con basse frequenze), dalla seconda equazione contenuta nella (5.2), si ricava la
seguente relazione:

[ ] { } [ ] { } 0 = +
s ss p sp
x K x K (5.3)

che, sostituita nella (5.2), permette di eliminare i termini secondari e di ricavare la matrice
di riduzione T
s
:


{ }
{ } [ ] [ ]
{ } [ ] { }
p S p
sp ss s
p
x T x
K K
I
x
x
=
'
(
)
*
+
,

=
!
"
#
$
%
&
1
(5.4)

Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
55
Quindi, le matrici di massa e rigidezza ridotte si ottengono mediante le seguenti relazioni:

[ ] [ ] [ ] [ ]
S
T
S R
T M T M = e [ ] [ ] [ ] [ ] T K T K
T
S R
= (5.5)

Il procedimento descritto difetta per di precisione quanto pi le frequenze deccitazione
aumentano, in quanto i termini dinerzia trascurati divengono via via pi significativi,
rendendo inaccettabile la semplificazione, e questo costituisce una grave limitazione al
metodo. Inoltre, generalmente, le frequenze ottenute dal sistema ridotto risultano pi alte di
quelle che si otterrebbero dal sistema completo.

5.2.2 Riduzione dinamica
Al fine di riprodurre lesatta risposta della struttura a qualsiasi frequenza, il metodo di
Guyan viene esteso, assumendo la forma di una riduzione dinamica; lespressione della
(5.4) viene modificata per includere i termini dinerzia relativi ad una data frequenza
0
, ed
assume la forma seguente:


{ }
{ } [ ] [ ] ( ) [ ] [ ] ( )
{ } [ ] { }
p D p
sp sp ss ss s
p
x T x
M K M K
I
x
x
=
'
(
)
*
+
,

=
!
"
#
$
%
&

0
1
0

(5.6)

Questa trasformazione quindi usata in modo del tutto simile a quella statica, T
s
, per
ottenere le matrici di massa e rigidezza ridotte, analogamente alla (5.5).
Con la riduzione dinamica, il modello riproduce esattamente la frequenza scelta come
riferimento, mentre comporta errori piuttosto consistenti alle altre frequenze (occorrerebbe
quindi un procedimento iterativo). Infine si fa notare che, quando il centro di frequenza
0

sia assunto pari a zero, i due metodi tornano a coincidere.

5.2.3 Sistema di riduzione migliorato (IRS)
OCallahan ha introdotto una nuova tecnica, nota come sistema ridotto migliorato, che
costituisce un affinamento del metodo statico, mediante lintroduzione dei termini
dinerzia sottoforma di forze pseudo-statiche. La nuova trasformazione, T
i
, espressa da:

[ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ]
R R S S i
K M T M S T T + =
1
(5.7)
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
56
in cui M
R
e K
R
sono le matrici di massa e rigidezza ridotte secondo il metodo statico,
mentre la matrice S data da:

[ ]
[ ]
'
(
)
*
+
,
=
1
0
0 0
ss
K
S (5.8)

Le considerazioni teoriche che giustificano questa nuova formulazione vengono per ora
tralasciate, e affrontate in modo compiuto nel capitolo successivo, in cui una loro
estensione conduce ad una formulazione valida anche per i sistemi smorzati.

5.2.4 System Equivalent Reduction Expansion Process (SEREP)
Questo metodo introduce una trasformazione tra le coordinate principali (master) e quelle
secondarie (slave) che sfrutta gli autovettori analitici. Questi vengono in effetti partizionati
nel modo seguente:

[ ]
'
(
)
*
+
,
=
s
p

(5.9)

dove p sta per principali ed s per secondarie; quindi, se il numero di coordinate master
maggiore del numero di modi considerati, introdotta la pseudoinversa di
p
, si definisce la
seguente trasformazione T:

[ ] [ ]
+

'
(
)
*
+
,
=
p
s
p

T con [ ] [ ] [ ] ( ) [ ]
T
p p
T
p p

1
+
= (5.10)

che fornisce le espressioni delle matrici ridotte ancora secondo la (5.5).
Questo metodo consente di riprodurre esattamente le frequenze naturali pi basse del
modello completo, ed ha il pregio di esser lunico dotato di reversibilit.

5.2.5 Tecniche di riduzione mediante Abaqus
Gi nella fase di modellazione mediante Abaqus possibile prevedere una riduzione del
modello ai soli gradi di libert giudicati di pi importanti. Ci si concretizza facendo
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
57
ricorso ai cosiddetti superelementi, una raccolta di elementi finiti la cui risposta
definita dalla massa e rigidezza dei gradi di libert conservati, definiti mediante il vettore
{x}
p
. La tecnica in sostanza quella della sottostrutturazione: i gradi di libert che
sintende mantenere sono dichiarati nella riga di comando retained dofs, e utilizzati per
connettere il superelemento al resto del modello (quando questo ne costituisca una
porzione limitata), ovvero per vincolarlo esternamente.
A questo punto, se non si specifica altro, Abaqus procede ad una riduzione statica del
modello, secondo quanto gi discusso al punto 5.2.1. Poich per, come gi precisato, tale
tecnica di riduzione mal si adatta ad interpretare il comportamento dinamico, la stessa pu
essere migliorata includendo alcuni gradi di libert generalizzati, q

, associati ai modi
naturali del superelemento. Lapproccio pi semplice quello di estrarre alcuni modi
naturali dal superelemento, dopo averne vincolato tutti i gradi di libert conservati (cio
quelli precedentemente identificati come principali). In tal modo i gradi di libert
secondari, calcolabili mediante inversione della (5.3), risultano cos modificati:

{ } [ ] [ ] { } { }

q x K K x
s p sp ss s
+ =
1
(5.11)

e ad essi sono associate la variazione:

{ } [ ] [ ] { } { }

q x K K x
s p sp ss s
+ =
1
(5.12)

e le derivate:

{ } [ ] [ ] { } { }

q x K K x
s p sp ss s
! ! ! + =
1
(5.13)

{ } [ ] [ ] { } { }

q x K K x
s p sp ss s
! ! ! ! ! ! + =
1
(5.14)

In esse, { }

s
rappresentano i modi della sottostruttura, ottenuti vincolando tutti i gradi di
libert principali, mentre i q

sono gli spostamenti generalizzati, la magnitudo della


risposta a questi modi normali.
Quindi, lequazione del moto per il superelemento, espressa dalla:

Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
58

[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
0 =
!
"
#
$
%
&
'
(
)
*
+
,
+
!
"
#
$
%
&
'
(
)
*
+
,
s
p
ss sp
ps pp
s
p
ss sp
ps pp
x
x
K K
K K
x
x
M M
M M

! !
! !
(5.15)

alla luce della risposta dinamica assunta allinterno del superelemento, pu esser riscritta
trasformando il contributo dei gradi di libert interni { }
s
x (e le sue derivate) in gradi di
libert principali e in ampiezze dei modi normali, riducendo il sistema a:

[ ] [ ][ ]
{ }
{ }
[ ] [ ][ ]
{ }
{ }
0 =
!
"
#
$
%
&
+
!
"
#
$
%
&
q
x
T K T
q
x
T M T
p T p T

! !
! !
(5.16)
essendo:

[ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ] [ ]
'
(
)
*
+
,

=


0
1
s sp ss
K K
I
T

(5.17)

la matrice di trasformazione. In essa []
s
rappresenta la matrice degli autovettori, {q} il
vettore dei gradi di libert generalizzati, I la matrice identit, e 0 la matrice nulla.

Sulla scorta di quanto appena detto, lespediente utilizzato per eseguire la riduzione in
ambiente Abaqus il seguente: il superelemento coincide con il modello intero, e di questo
si selezionano i gradi di libert rispetto ai quali sintende operare la riduzione. Poi si
specifica il numero di modi normali di cui sintende tener conto nel calcolo delle matrici M
e K, quindi si ottengono le forme modali gi ridotte.
Questo procedimento abbatte drasticamente i tempi computazionali nei modelli di
dimensioni modeste, perch aggira la necessit di dover prima estrarre tutte le forme
modali complete, da esse ricavare le matrici di massa e rigidezza M e K (non direttamente
estraibili da Abaqus), quindi operare la tecnica di riduzione desiderata, tra le tre possibili
(statica, dinamica e IRS), mentre non di grande aiuto nel caso di modelli molto grandi
(come quello di San Gaudenzio).
Pochi modi normali (2-4) consentono gi di ottenere un ottimo grado dapprossimazione,
certamente superiore a quello ottenibile con le altre tecniche, e con un risparmio di tempo
assolutamente non trascurabile, sopratutto se la riduzione molto spinta.

Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
59
5.3 Tecniche di espansione
Come detto, lespansione costituisce lalternativa alla riduzione del modello, e necessita
invariabilmente dei dati analitici per poter stimare le forme modali in corrispondenza dei
punti non strumentati. Di seguito sono presentate le tecniche pi ricorrenti, sebbene, come
gi detto, il programma di Model Updating sviluppi, essenzialmente, solo la riduzione.
Per inciso, il metodo senzaltro pi semplice consiste nel completare le forme modali
sperimentali per mezzo dei valori provenienti dal modello FEM; tuttavia, tale tecnica
valida solo quando le forme modali sperimentali ed analitiche sono scalate allo stesso
modo.

5.3.1 Physical Expansion (PE)
Partendo nuovamente dallequazione fondamentale dellequilibrio dinamico, e
partizionando matrici e vettori secondo i gradi di libert principali e secondari, possiamo
scrivere:


[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
0
2
=
!
"
#
$
%
&
-
-
.
/
0
0
1
2
'
(
)
*
+
,

'
(
)
*
+
,
j
s
p
ss sp
ps pp
j
ss sp
ps pp
M M
M M
K K
K K

(5.18)

in cui le matrici M e K sono quelle relative al modello FEM, mentre
2
j
e{ }
p
provengono
dallidentificazione. La parte bassa del sistema consente di calcolare la parte incognita
delle forme modali:

{ } [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ]{ }
j
p sp j sp ss j ss j s
M K M K
2
1
2
=

(5.19)

Espressioni del tutto analoghe per { }
j s
possono inoltre ottenersi utilizzando la parte alta
del suddetto sistema, oppure una combinazione lineare delle due. Questo metodo presenta
per un grosso svantaggio, vale a dire la necessit di disporre delle matrici di massa e
rigidezza del modello completo. Prescindendo dalle dimensioni dei modelli pi complessi,
la cui analisi pu durare svariate ore, molti codici commerciali agli elementi finiti
utilizzano infatti degli algoritmi che si basano sulla manipolazione di matrici rettangolari,
aggirando lassemblaggio di quella del modello completo.
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
60
5.3.2 Modal Coordinate Expansion (MCE)
Si assume in tal caso che ogni vettore relativo ad una forma modale sperimentale possa
esser espresso in termini di combinazione lineare di quelli provenienti dal modello
analitico:


!
"
#
$
%
&
'
(
)
*
+
,
=
!
"
#
$
%
&
s
p
A
ss sp
ps pp
X
s
p

(5.20)

i pedici X e A indicando rispettivamente i valori sperimentali ed analitici, ed essendo { } il
vettore, incognito, dei coefficienti di espansione lineare. Il sistema contiene tre incognite,
{ }
p
, { }
s
e { }
s
, e non pu dunque esser risolto in mancanza di unulteriore condizione.
Poich per si suppone che i modi a frequenza pi alta influenzino in modo marginale i
modi misurati pi bassi, lecito assumere:

{ }
s
= 0 (5.21)

con il che il problema originale pu esser approssimato dalla:

[ ] { }
X
p
A
pp
A
sp
pp
X
s
p

!
"
#
$
%
&
=
!
"
#
$
%
&
1
(5.22)

La matrice [ ]
A
pp
non generalmente quadrata, e quindi si far ricorso alla pseudoinversa.
Sar pertanto opportuno porre dovuta attenzione affinch la matrice stessa non contenga
delle forme modali linearmente dipendenti, per evitare di avere una matrice singolare.
Si osserva come la formulazione (5.22) comporta una correzione anche di quegli elementi
della forma modale provenienti dalla sperimentazione; in alternativa si pu utilizzare prima
la parte alta della (5.20) insieme alla (5.21), poi la sola parte bassa, ricavando:

{ } [ ] [ ] { }
X
p
A
pp
A
sp X s
=
1
(5.23)

Questo garantisce che la parte delle forme modali misurate si mantenga identica prima e
dopo loperazione di espansione.
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
61
5.3.3. System Equivalent Reduction Expansion Process (SEREP)
Come si deduce dal nome stesso questa tecnica pu esser impiegata tanto in fase di
riduzione quanto di espansione. La formulazione della matrice T di trasformazione la
medesima; si sottolinea per la possibilit di ricorrere o agli autovettori misurati, oppure
solo a quelli numerici. Introducendo la seguente notazione:

FE = proveniente dal modello analitico;
MA = proveniente da analisi modale sperimentale;
[] = matrice modale completa;
[
p
] = matrice modale dei soli g.d.l. principali;
[
s
] = matrice modale dei soli g.d.l. secondari;

si presentano allora le seguenti possiblit:
! su base FE:
[ ] [ ] [ ]
+
=
FE
p FE
T (5.24)
! su base MA:
[ ] [ ] [ ]
+
=
MA
p FE
T (5.25)
! misto/base FE:
[ ] [ ] [ ]
+
=
FE
p MIX
T (5.26)
avendo posto:
[ ]
[ ]
[ ]
'
(
)
*
+
,
=
FE s
MA
p
MIX

(5.27)
! misto/base MA:
[ ] [ ] [ ]
+
=
MA
p MIX
T (5.28)

5.4 Esempi di riduzione
Vengono ora presentati i risultati relativi ad una serie di applicazioni condotte su due
modelli particolari: lo stesso telaio multipiano stato studiato prima ipotizzando un
comportamento di tipo bending, quindi di tipo shear. In entrambi i casi si sono
effettuati differenti livelli di riduzione, via via pi spinti, in modo da testare validit e
limiti delle quattro tecniche di riduzione di cui si detto precedentemente.
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
62
5.4.1 Struttura con comportamento bending
Il modello quello rappresentato in figura 5-1, mentre la tabella 5.1 ne illustra le
caratteristiche meccaniche.

Figura 5-1 Telaio multipiano bending-type
Tabella 5.1 Parametri meccanici della struttura

Materiale A Materiale B
E = 310
10
N/m
2
E = 2,210
10
N/m
2

= 0,30 = 0,22
= 2500 kg/m
3
= 2100 kg/m
3



In figura 5-2 sono riportati i primi cinque modi di vibrare e le relative frequenze naturali.


= 1.3944 Hz = 2.1683 Hz = 4.4078 Hz = 5.8148 Hz = 6.8197 Hz

Figura 5-2 Modi di vibrare e frequenze naturali della struttura

Sono stati esaminati i seguenti casi.
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
63
Caso 1
Gradi di libert conservati: 1,2 e 6 in corrispondenza dei piani 1, 4, 7 e 10.

Tabella 5.2 Frequenze naturali del modello ridotto

Tabella 5.3 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III IV V
Statica 1,3718 2,1413 4,4878 5,7908 6,9039
Dinamica
1
1,9805 2,4141 4,5010 5,9589 7,0576
IRS 1,3943 2,1681 4,4083 5,8143 6,8206
Abaqus
2
1,3790 2,1461 4,3628 5,8516 6,9763

Riduzione I II III IV V
Statica 1,62 1,25 1,81 0,41 1,23
Dinamica
1
42,03 11,34 2,11 2,48 3,49
IRS 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01
Abaqus
2
1,10 1,02 1,02 0,63 2,30


0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
30,00
35,00
40,00
45,00
I II III IV V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus




Tabella 5.4 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
Statica 2,8733
Dinamica 3,1277
IRS 2,9994
Abaqus 2,9339




1
In questo caso, come in tutti gli esempi che seguono, si scelta come frequenza di riferimento quella
corrispondente alla quarta forma modale.
2
Si fatto uso di quattro modi normali in tutte le applicazioni.

Figura 5-3 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Figura 5-4 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
0,00
0,50
1,00
1,50
2,00
2,50
3,00
3,50
4,00
4,50
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
64
Caso 2
Gradi di libert conservati: 1,2 e 6 in corrispondenza dei piani 1, 4 e 10.

Tabella 5.5 Frequenze naturali del modello ridotto

Tabella 5.6 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III IV V
Statica 1,3398 2,1034 4,4094 5,8480 7,1634
Dinamica 2,8169 3,0806 5,9400 7,9795 9,7582
IRS 1,3931 2,1664 4,4071 5,8100 6,8384
Abaqus 1,3620 2,1180 4,3076 6,0738 6,9219

Riduzione I II III IV V
Statica 3,92 2,99 0,04 0,57 5,04
Dinamica 102,02 42,07 34,76 37,23 43,09
IRS 0,09 0,09 0,02 0,08 0,27
Abaqus 2,32 2,32 2,27 4,45 1,50



0,00
20,00
40,00
60,00
80,00
100,00
120,00
I II III IV V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus





Tabella 5.7 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
Statica 2,6525
Dinamica 5,2923
IRS 2,9944
Abaqus 2,8613





Figura 5-5 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Figura 5-6 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
0,00
10,00
20,00
30,00
40,00
50,00
60,00
70,00
80,00
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
65
Caso 3
Gradi di libert conservati: 1 e 2 in corrispondenza dei piani 1, 4, 7 e 10.

Tabella 5.8 Frequenze naturali del modello ridotto

Tabella 5.9 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III V
Statica 1,3704 2,1391 4,4831 6,8968
Dinamica 1,9792 2,4197 4,5202 7,0884
IRS 1,3942 2,1681 4,4082 6,8205
Abaqus 1,3758 2,1409 4,4232 6,9594

Riduzione I II III V
Statica 1,72 1,35 1,71 1,13
Dinamica 41,94 11,59 2,55 3,94
IRS 0,01 0,01 0,01 0,01
Abaqus 1,33 1,26 0,35 2,05



0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
30,00
35,00
40,00
45,00
I II III V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus





Tabella 5.10 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
Statica 2,8674
Dinamica 3,1542
IRS 2,9993
Abaqus 2,9197




Figura 5-8 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
Figura 5-7 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
6,00
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
66
Caso 4
Gradi di libert conservati: 1 e 2 in corrispondenza dei piani 1, 4 e 10.

Tabella 5.11 Frequenze naturali del modello ridotto

Tabella 5.12 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III V
Statica 1,3417 2,1065 4,4159 7,1739
Dinamica 2,7890 3,1146 6,0662 9,9655
IRS 1,3928 2,1659 4,4062 6,8370
Abaqus 1,3748 2,1377 4,4135 6,9860

Riduzione I II III V
Statica 3,78 2,85 0,18 5,19
Dinamica 100,01 43,64 37,62 46,13
IRS 0,11 0,11 0,04 0,25
Abaqus 1,41 1,41 0,13 2,44



0,00
20,00
40,00
60,00
80,00
100,00
120,00
I II III V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus





Tabella 5.13 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
Statica 2,6603
Dinamica 5,5051
IRS 2,9932
Abaqus 2,9146



Figura 5-9 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Figura 5-10 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
0,00
10,00
20,00
30,00
40,00
50,00
60,00
70,00
80,00
90,00
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
67
5.4.2 Struttura con comportamento shear
Il modello identico a quello rappresentato di figura 5-1, cos come le caratteristiche
meccaniche sono le stesse della tabella 5.1, ma la differenza risiede nei gradi di libert
vincolati in corrispondenza di ogni piano rigido: in questo caso, infatti, sono state impedite
le rotazioni attorno agli assi x e y e la traslazione secondo z.
In figura 5-11 sono riportati i primi cinque modi di vibrare e le relative frequenze naturali.


= 1.8392 Hz = 2.9790 Hz = 5.0443 Hz = 5.8148 Hz = 7.3708 Hz

Figura 5-11 Modi di vibrare e frequenze naturali della struttura

I casi esaminati sono gli stessi gi visti per il telaio bending-type.
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
68
Caso 1
Gradi di libert conservati: 1,2 e 6 in corrispondenza dei piani 1, 4, 7 e 10.

Tabella 5.14 Frequenze naturali del modello ridotto

Tabella 5.15 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III IV V
Statica 1,8070 2,9472 5,1729 5,7587 7,4399
Dinamica 2,5845 3,2411 5,1817 5,9809 7,6682
IRS 1,8389 2,9784 5,0462 5,8138 7,3722
Abaqus 1,8164 2,9454 4,9869 5,8635 7,5483

Riduzione I II III IV V
Statica 1,75 1,07 2,55 0,96 0,94
Dinamica 40,52 8,80 2,72 2,86 4,03
IRS 0,02 0,02 0,04 0,02 0,02
Abaqus 1,24 1,13 1,14 0,84 2,41



0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
30,00
35,00
40,00
45,00
I II III IV V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus






Tabella 5.16 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
Statica 2,8414
Dinamica 3,1644
IRS 2,9989
Abaqus 2,9459




Figura 5-12 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Figura 5-13 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
6,00
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
69
Caso 2
Gradi di libert conservati: 1,2 e 6 in corrispondenza dei piani 1, 4 e 10.

Tabella 5.17 Frequenze naturali del modello ridotto

Tabella 5.18 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III IV V
Statica 1,7812 2,9358 5,0109 5,8054 7,7086
Dinamica 3,5980 4,0486 6,7330 7,8389 10,4258
IRS 1,8373 2,9762 5,0421 5,8089 7,3963
Abaqus 1,7939 2,9053 4,9264 6,0801 7,4938

Riduzione I II III IV V
Statica 3,15 1,45 0,66 0,16 4,58
Dinamica 95,63 35,90 33,48 34,81 41,45
IRS 0,10 0,09 0,04 0,10 0,35
Abaqus 2,46 2,47 2,34 4,56 1,67



0,00
20,00
40,00
60,00
80,00
100,00
120,00
I II III IV V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus






Tabella 5.19 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
Statica 2,6140
Dinamica 5,2022
IRS 2,9932
Abaqus 2,8672




Figura 5-14 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Figura 5-15 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
0,00
10,00
20,00
30,00
40,00
50,00
60,00
70,00
80,00
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
70
Caso 3
Gradi di libert conservati: 1e 2 in corrispondenza dei piani 1, 4, 7 e 10.

Tabella 5.20 Frequenze naturali del modello ridotto

Tabella 5.21 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III V
Statica 1,8024 2,9404 5,1609 7,4225
Dinamica 2,5823 3,2508 5,2067 7,7060
IRS 1,8388 2,9783 5,0460 7,3717
Abaqus 1,8203 2,9518 4,9976 7,5645

Riduzione I II III V
Statica 2,00 1,30 2,31 0,70
Dinamica 40,40 9,12 3,22 4,55
IRS 0,02 0,02 0,03 0,01
Abaqus 1,03 0,91 0,93 2,63



0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
30,00
35,00
40,00
45,00
I II III V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus






Tabella 5.22 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
Statica 2,8281
Dinamica 3,1946
IRS 2,9986
Abaqus 2,9586




Figura 5-16 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Figura 5-17 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
6,00
7,00
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
71
Caso 4
Gradi di libert conservati: 1e 2 in corrispondenza dei piani 1, 4 e 10.

Tabella 5.23 Frequenze naturali del modello ridotto

Tabella 5.24 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III V
Statica 1,7804 2,9346 5,0088 7,7055
Dinamica 3,5615 4,1011 6,8676 10,6361
IRS 1,8368 2,9754 5,0407 7,3943
Abaqus 1,8179 2,9442 4,9923 7,5941

Riduzione I II III V
Statica 3,20 1,49 0,70 4,54
Dinamica 93,64 37,67 36,15 44,30
IRS 0,13 0,12 0,07 0,32
Abaqus 1,16 1,17 1,03 3,03



0,00
10,00
20,00
30,00
40,00
50,00
60,00
70,00
80,00
90,00
100,00
I II III V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus






Tabella 5.25 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
Statica 2,6119
Dinamica 5,3988
IRS 2,9916
Abaqus 2,9445




Figura 5-18 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Figura 5-19 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
0,00
10,00
20,00
30,00
40,00
50,00
60,00
70,00
80,00
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Statica
Dinamica
IRS
Abaqus
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
72
5.4.3 Considerazioni finali
I risultati precedentemente esposti consentono di effettuare una prima serie di
considerazioni:
! Quale che sia il livello di riduzione operato, la tecnica della riduzione dinamica
appare comunque la meno affidabile, tanto nei confronti della stima delle frequenze
quanto in quella dei parametri soggetti al processo di taratura;
! La qualit dei risultati fortemente condizionata dalla risoluzione spaziale delle
acquisizioni: infatti, mentre leliminazione dellinformazione relativa al grado di
libert rotazionale si ripercuote in misura minima sulla bont dei risultati (e ci
costituisce un aspetto positivo, considerato il fatto che le acquisizioni dinamiche
non sempre forniscono dati in merito), la diminuzione del numero di punti rispetto
ai quali operare la riduzione determina un sensibile peggioramento della qualit
degli stessi (in modo particolare, questo maggiormente evidente nel caso della
riduzione dinamica);
! La tecnica di riduzione IRS risulta in ogni caso la pi efficace.
Tali osservazioni valgono tanto per il modello shear-type quanto per quello bending-
type, e non vanno certamente intese come regole generali, la casistica esaminata essendo
piuttosto ridotta e non statisticamente rappresentativa; trattasi, invece, di considerazioni
mirate ad evidenziare gli aspetti pi ricorrenti in modelli di dimensioni ridotte, quali sono,
appunto, quelli esaminati.
Tecniche di riduzione ed espansione modale Capitolo 5
73
BIBLIOGRAFIA

- Friswell, M.I. and Mottershead, E., Finite Element Model Updating in Structural
Dynamics, Kluwer Academic Publishers, Netherlands,1995
- OCallahan, J., 1989. A Procedure for an Imrpoved Reduced System (IRS)
Model, 7th International Modal Analysis Conference, Las Vegas, January 1989,
pp.17-21
- Gysin, H., 1990. Comparison of Expansion Methods for FE Modelling
Localization, 8th Internatinal Modal Analysis Conference, Kissimmee, Florida,
February 1990, pp.195-204
- Imregun, M. and Ewins, D.J., 1993. An Investigation into Mode Shape Expansion
Techniques, 11th International Modal Analysis Conference, Kissimmee, Florida,
February 1993, pp.168-175
- ABAQUS, Theory Manual, 2.14.1, Substructuring and Superelement Analysis,
Hibbit, Karlsson & Sorensen, Inc., 1997
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
74


CAPITOLO 6

Questioni relative alluso di dati di
smorzamento nella correzione di modelli


6.1 Premessa
Nei problemi di dinamica strutturale non possibile formulare in maniera al tempo stesso
sufficientemente corretta e semplice il meccanismo con cui si esplica lo smorzamento, e
non si dispone, dunque, di formulazioni di tipo quadratico simili a quelle valide per massa
e rigidezza, basate sulla precisa definizione di alcuni parametri fisici. Fortunatamente,
per, il valore dello smorzamento , generalmente, piuttosto basso, e questo consente o di
trascurarlo, oppure di fare ricorso a modelli semplificati, per i quali permangono valide le
soluzioni del sistema non smorzato.
Di seguito si richiamano le tecniche pi consolidate nella trattazione dello smorzamento
per sistemi soggetti ad analisi dinamica.

6.2 Tecniche di valutazione dello smorzamento
6.2.1 Modello viscoso
Nel caso di smorzamento viscoso, si assume che la forza dissipativa sia proporzionale alla
velocit allinterno dello smorzatore mediante un coefficiente di smorzamento, c. Per un
sistema ad un solo grado di libert, lequazione di equilibrio dinamico pu essere dunque
scritta nella seguente forma:

f kx x c x m = + + ! ! ! (6.1)
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
75
dove x rappresenta la risposta, in termini di spostamento, alla forzante f.
Il rapporto di smorzamento viscoso definito come:


km
c
2
= (6.2)

Quando =1 si ha il cosiddetto smorzamento critico, che costituisce il punto di transizione
tra la risposta oscillatoria di un sistema sottosmorzato ( <1) e quella non-oscillatoria di un
sistema ipersmorzato ( >1).
Dalla (6.2) si evince facilmente che la condizione critica corrisponde a:

c km
cr
= 2 (6.3)

Questo tipo di modello ben si adatta a descrivere lazione di un fluido o le vibrazioni
acustiche. Tuttavia, la sua applicabilit ben pi ampia, al contrario di quanto accade nel
caso di smorzamento isteretico, e questo costituisce indubbio vantaggio.
Considerando ora un sistema ad N gradi di libert, la (6.1) pu essere generalizzata come
segue:

[ ] { } [ ] { } [ ] { } { } f x K x C x M = + + ! ! ! (6.4)

dove M, C e K sono, rispettivamente, le matrici di dimensione NN di massa, smorzamento
e rigidezza, mentre {x} il vettore degli N spostamenti.

6.2.2 Modello isteretico
Lo smorzamento isteretico definito dalla relazione:


t i
fe kx x
k
x m

= + !
"
#
$
%
&

+ ! ! ! (6.5)
o, in alternativa, come:

Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
76

t i
fe x ) i ( k x m

= + + 1 ! ! (6.6)

la sua validit essendo limitata al solo caso di eccitazione armonica.
Il termine conosciuto come fattore di perdita di smorzamento e la rigidezza complessa,
k(1+i), pu esser ricondotta al modulo di Joung complesso, valutabile, ad esempio, nei
materiali simili alla gomma.
La principale differenza tra modello viscoso ed isteretico che mentre nel primo lenergia
di dissipazione per ciclo funzione lineare dalla frequenza di oscillazione, nel secondo
da essa indipendente.
Per un sistema a N gradi di libert, la (6.6) pu essere riscritta come:

[ ] { } [ ] [ ] ( ) { } { }
t i
e f x C i K x M

= + + ! ! (6.7)

in cui la simbologia adottata ha lo stesso significato della (6.4).

6.2.3 Smorzamento alla Rayleigh
Nel risolvere tanto la (6.4) quanto la (6.7) risulta vantaggioso introdurre, in via
approssimativa, il concetto di smorzamento proporzionale o di Rayleigh. Si assume allo
scopo che sia:

[ ] [ ] [ ] K M C + = (6.8)

pur non essendovi alcuna ragione fisica che giustifichi tale ipotesi. Daltronde, mentre per
livelli di smorzamento sufficientemente bassi non paiono esservi errori di approssimazione,
il vantaggio matematico che ne consegue assolutamente consistente, in quanto permette
di diagonalizzare la matrice di smorzamento mediante gli stessi modi del sistema non
smorzato.
Definita la matrice NxN delle forme modali non smorzate

[ ] [ ]
n
, , , "
2 1
= (6.9)

Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
77
in cui
i
rappresenta la i-esima forma modale, ed essendo lo spazio di dimensione N
definito dagli N autovettori ortogonali, sussiste la seguente relazione:

{ } [ ] { } = x (6.10)
in cui rappresenta il vettore di partecipazione modale. Combinando lequazione
precedente con la (6.4) e la (6.7) otteniamo rispettivamente:

[ ] [ ] { } f Z
T
= + + ! ! ! (6.11)

[ ] [ ] ( ) [ ] { }
t i T
e f N i I

= + + ! ! (6.12)

Nelle precedenti equazioni si posto:

[Z]=diag(2
j

j
), [N]=diag(
j
) (6.13)


2 2
j
j
j

+ =

+ =
2
j
j
j = 1,....,N (6.14)

e le forme modali sono state normalizzate rispetto alla massa.
Si sottolinea che sia la (6.11) che la (6.12) rappresentano un sistema di N equazioni
differenziali del secondo ordine in
j
. La soluzione alle (6.4) e (6.7), x, pu quindi esser
ottenuta a partire dalla (6.10), utilizzando le j soluzioni indipendenti
j
.

6.3 Analisi modale nello spazio delle fasi
Quanto esposto al paragrafo precedente presuppone che la matrice di smorzamento possa
esser ricondotta ad una combinazione lineare delle matrici di massa e rigidezza. Questo
consente il disaccoppiamento delle equazioni del sistema risolvente, che ha come soluzione
gli stessi autovalori e autovettori del modello non smorzato.
Nella realt fisica, per, i sistemi meccanici, spesse volte, presentano dei meccanismi di
smorzamento localizzato (giunto smorzante, sistemi per lassorbimento degli urti,
componenti elastomeriche, attrito, ), quindi di tipo non proporzionale. La matrice C non
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
78
allora esprimibile come combinazione lineare di M e K, e le equazioni del moto non
possono essere disaccoppiate dalla matrice delle forme reali.
Il sistema di equazioni che descrive un sistema con smorzamento viscoso a N gradi di
libert pu essere espresso nella seguente forma:

[ ] { } [ ] { } [ ] { } { } f x K x C x M = + + ! ! ! (6.15)

con M, K e C matrici di massa, rigidezza e smorzamento.
Ad esso pu essere accoppiato un sistema costituito da identit, in modo da ottenere:


[ ] { } [ ] { } [ ] { } { }
[ ] { } [ ] { } { }
'
(
)
=
= + +
0 x M x M
f x K x C x M ! ! !
(6.16)

Definito il vettore di stato z(t) come:

( )
( ) { }
( ) { }
*
+
,
'
(
)
=
t x
t x
t z
!
(6.17)

la (6.21) pu essere riscritta, in forma compatta, come:

[ ] { } [ ] { } { } ' f z B z A = + ! (6.18)

essendo:

[ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
-
.
/
0
1
2
=
0 M
M C
A [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
-
.
/
0
1
2

=
M
K
B
0
0
{ }
{ }
{ }
*
+
,
'
(
)
=
0
f
' f (6.19)

Consideriamo ora il sistema omogeneo:

[ ] { } [ ] { } { } 0 = + z B z A ! (6.20)

e ricerchiamo, trattandosi di spazio delle fasi, una soluzione del tipo:
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
79

{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
{ }
st st
st st
e ' Cs e
s
s
C z
e ' C e
s
C z

=
*
+
,
'
(
)
=
=
*
+
,
'
(
)
=
2
!
(6.21)

Sostituendo la (6.21) nella (6.20), si ottiene:

[ ] [ ] { }{ } { } 0 = + ' B A s (6.22)

La soluzione al sistema (6.22) costituita da 2N autovalori, formanti N coppie complesse
coniugate s
(k)
e s
(k)
*, e dai corrispondenti autovettori:

{ }
{ }
{ }
*
+
,
'
(
)
=
) k ( ) k (
) k (
) k (
s
'

{ }
{ }
{ }
*
+
,
'
(
)
=
* * s
*
* '
) k ( ) k (
) k (
) k (

(6.23)

che, insieme, costituiscono la matrice modale.
Cos come accade nel caso non smorzato, possibile disaccoppiare le equazioni sfruttando
la propriet di ortogonalit di ogni autovettore complesso rispetto alle matrici A e B
precedentemente definite. Operando il seguente cambio di variabile:

{ } [ ]{ } w ' z = (6.24)

si ottiene:

[ ] [ ]
*
+
,
'
(
)
=
*
+
,
'
(
)
+
*
+
,
'
(
)
0
0
w
w
B
w
w
A
!
!
! !
(6.25)

che, espresso in termini di parametri fisici:


*
+
,
'
(
)
=
*
+
,
'
(
)
-
.
/
0
1
2
+
*
+
,
'
(
)
-
.
/
0
1
2
0
0
0
0
0 0
0
w
w
k
c
w
w m !
!
! !
(6.26)
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
80
Nelle precedenti il indica che si tratta di una matrice diagonale. In conclusione, le matrici
diagonaliA eB risultano composte dalle matrici diagonali di massa, rigidezza e
smorzamento e il sistema disaccoppiato anche nel caso di smorzamento non proporzionale,
con la differenza che, in tal caso, dette matrici potranno non essere completamente reali.

6.4 Definizione dello smorzamento in Abaqus
Il programma consente di tener conto della dissipazione secondo diverse modalit,
distinguendo i casi di integrazione diretta (utilizzata per gli effetti non lineari) e di analisi
dinamica lineare nello spazio degli autovettori del sistema (analisi modale).

6.4.1 Analisi dinamica mediante integrazione diretta
Generalmente si ricorre a questo tipo di analisi quando il modello presenta dei meccanismi
di dissipazione particolari (smorzatori, materiali con comportamento non lineare), e non
necessita dellulteriore definizione di sistemi di smorzamento strutturale. Tuttavia, vi
ugualmente la possibilit di identificare questi meccanismi strutturali, per quei casi in cui
non si presentano altre fonti di dissipazione, ricorrendo allo smorzamento alla Rayleigh.
Si definiscono, per ogni materiale presente, i due fattori di proporzionalit
R
e
R
; il primo
si riferisce allo smorzamento massa-proporzionale, nel senso che fornisce un contributo di
smorzamento proporzionale alla massa di un elemento (in presenza di pi materiali si
utilizza quel valore che scaturisce dalla media pesata sul volume di ciascuno di essi); il
secondo esprime invece la proporzionalit con la rigidezza (elastico-lineare) del materiale.
Se il problema lineare, dunque, si ottiene, per C, lespressione gi vista al 6.2.3, e qui
richiamata:

[ ] [ ] [ ] K M C
R R
+ = (6.27)

Poich, per, il modello pu avere risposta non lineare, il concetto di smorzamento
rigidezza-proporzionale va generalizzato, potendosi verificare il caso di rigidezza
tangente negativa.
R
assume quindi laccezione di proporzionalit rispetto allo
smorzamento viscoso del materiale, con il che sintroduce un termine addizionale di
tensione, proporzionale alla velocit di deformazione totale:
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
81
!
el
R d
D = (6.28)

in cui D
el
rappresenta la rigidezza corrente del materiale e ! la velocit di deformazione.
Questo termine aggiuntivo viene considerato solo allatto di definizione delle equazioni di
equilibrio dinamico, mentre non appare nelloutput dello stato tensionale.
Questo artificio consente di impiegare lo smorzamento secondo Rayleigh tanto nei
problemi lineari quanto in quelli non lineari, venendo a mancare, nel primo caso, il termine
aggiuntivo espresso dalla (6.28), con il che, in sostanza, si ritorna alla formulazione
standard (6.27).

6.4.2 Analisi modale
In questo caso le opzioni possibili sono quattro, e bench normalmente la scelta sia
mutuamente esclusiva, il programma consente di utilizzare una loro combinazione lineare.
! Percentuale dello smorzamento critico
Si definisce un valore percentuale dello smorzamento critico,
i
, associato ad ogni
modo, definito dalla:

km c
cr
2 = (6.29)

I valori tipici sono compresi tra l1% e il 10% di c
cr
, tuttavia Abaqus accetta un
qualunque valore positivo.

! Smorzamento alla Rayleigh
Non vi sostanzialmente nulla da aggiungere rispetto a quanto gi detto, se non il
fatto che Abaqus consente di definire i coefficienti e in modo indipendente per
ciascun modo; la (6.8) diviene in tal caso:


M M M M M
k m c + = (6.30)

Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
82
in cui M identifica il modo cui ci si riferisce, ed essendo, rispettivamente, c
M
, m
M
e
k
M
smorzamento, massa e rigidezza ad esso associati. Per un dato modo i il rapporto
di smorzamento critico dunque espresso come:

2 2
i M
i
M
i

+ = (6.31)

in cui
i
la frequenza naturale associata al modo. Quindi, il coefficiente di
proporzionalit sulla massa,
M
, interviene sulle basse frequenze, mentre quello
relativo alla rigidezza,
M
, agisce su quelle pi alte.

! Smorzamento modale composto
Loperatore definisce in tal caso un coefficiente di smorzamento per ogni materiale
presente come frazione del valore critico. Quindi si definisce un fattore di
smorzamento per ogni modo, utilizzando la media pesata sulla matrice di massa
associata ad ogni materiale:


N MN
m m
M
M
m

=
1
(6.32)

in cui

il fattore di smorzamento critico associato al modo ,


m
quello relativo
al materiale m, M
MN
la matrice di massa associata al materiale m,
M


lautovettore del modo e m

la massa generalizzata ad esso associata, ed espressa


dalla:


N MN M
M m

= (6.33)

! Smorzamento strutturale
Si assume in tal caso che la forza smorzante sia proporzionale a quella sollecitante
la struttura e opposta alla sua velocit:


N N
D
I s i F = (6.34)

Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
83
Tale formulazione pu, per, esser impiegata solo quando spostamento e velocit
sono in opposizione di fase, ossia in presenza di uneccitazione di tipo sinusoidale.
Nella (6.34) I
N
la forza sollecitante la struttura, s il fattore di smorzamento
strutturale e i lunit immaginaria. La
N
D
F rappresenta in sostanza leffetto
dellattrito, ed quindi utile per quei modelli che presentano problemi locali di
attrito (ad esempio i giunti di strutture pluriconnesse).

6.4.3 Analisi nello spazio delle fasi
Le possibilit fin qui presentate si riferiscono tutte ad analisi condotte nel dominio del
tempo o delle frequenze. Se il problema per quello di estrarre autofrequenze e forme
modali, ecco che si manifestano i limiti del programma. Infatti, Abaqus non contempla
lanalisi nello spazio delle fasi, precludendo quindi la possibilit di utilizzare lo
smorzamento.
Nella versione del programma di Model Updating precedente lattuale, stato introdotto un
artificio per poter ugualmente valutare il contributo dovuto allo smorzamento. Ogni step di
analisi mediante Abaqus costituita da due lanci del programma: con il primo si valutano
le matrici di massa e rigidezza, calcolate a partire dagli autovalori e autovettori estratti
mediante le:


[ ] [ ] ( ) [ ] [ ]
[ ] [ ] ( ) [ ] [ ]
1
1
1
1

=
=


T
T
K
I M
(6.35)

Quindi, nel modello, si sostituiscono tutti gli smorzatori con delle molle, la cui rigidezza
pari alla costante di smorzamento c, ponendo, allo stesso tempo, pari a zero tutte le altre
rigidezze. Quindi si lancia per la seconda volta lanalisi mediante Abaqus, estraendo i
nuovi autovalori/autovettori, e si calcola una nuova matrice di rigidezza (fittizia), che altro
non che la matrice C di smorzamento:

[ ] [ ] ( ) [ ] [ ]
1
1

=
T
C (6.36)

La successiva analisi nello spazio delle fasi poi condotta come descritto nel 6.3.
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
84
6.5 Il problema dei modi complessi
I dati sperimentali includono, come visto, modi complessi allorquando la struttura presenta
uno smorzamento viscoso di tipo non proporzionale. Non sempre, per, i programmi ad
elementi finiti consentono di modellare lo smorzamento e, quandanche questo si verifichi,
sempre piuttosto complesso riuscire a definire il meccanismo della dissipazione in modo
accurato e semplice al tempo spesso. Questo rende estremamente arduo il confronto tra i
dati provenienti dalla sperimentazione e quelli analitici; prassi comune, allora, ricorrere a
tecniche cosiddette di realizzazione, che consentono di passare dai modi complessi
identificati ad altri reali ed equivalenti. Si sottolinea come, in tale contesto, il termine
reale vada inteso come insieme dappartenenza dei numeri che compongono i vettori, e
non nellaccezione di effettivamente esistente, poich trattasi di un artificio matematico.
! Un primo metodo, il pi comune e , senza dubbio, di maggior semplicit, consiste
nel moltiplicare ciascun elemento del vettore della forma modale complessa per il
segno del coseno del proprio angolo di fase. Lapprossimazione buona per livelli
modesti di smorzamento, e tanto migliore quanto pi gli angoli di fase sono
prossimi a 0 o 180.

! Unaltra tecnica, proposta da Niedbal nel 1984, consente di ottenere le forme reali
equivalenti a partire da quelle complesse a mezzo di una matrice complessa di
trasformazione lineare:

[ ] [ ] [ ] T = (6.37)

Ricordando che i parametri modali normali di un sistema non smorzato sono
caratterizzati dalle seguenti condizioni:
o forme modali, e quindi matrice modale, reali;
o matrici generalizzate di massa e rigidezza, M e K, diagonali;
o matrice C di smorzamento non diagonale;
distinguendo nella (6.37) parte reale e immaginaria di [ ] , si ottiene:

Im[]Re(T) + Re[]Im(T) = 0 (6.38)
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
85
da cui, sfruttando la definizione di pseudoinversa ed assumendo che sia
Re(T) = [ ] I :

( ) [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] Im Re Re Re T Im
T T
1
= (6.39)

La trasformazione T cos ottenuta consente il calcolo delle forme modali
equivalenti secondo la (6.37), mentre le matrici generalizzate di massa e rigidezza si
ottengono come:


[ ] [ ]
[ ] [ ] T K T K
T M T M
T
T
=
=

(6.40)

essendo:

[ ] [ ] [ ] C j K K + =

(6.41)

Contrariamente a quanto atteso, per, tanto M quanto la parte reale di K non sono
diagonali, e questo causa lassunzione fatta circa la parte reale di T. Tuttavia la
questione pu esser risolta ricorrendo alla definizione di ricerca degli autovettori
del sistema:

[ ] [ ] ( ) 0
2
2
= + T K M (6.42)

La matrice T
2
che ne deriva consente di diagonalizzare le suddette matrici mediante
le relazioni:


[ ] [ ]
[ ] [ ]
2 2
2 2
T K T K
T M T M
=
=
(6.43)

mentre lanaloga sullo smorzamento:

Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
86
[ ] [ ]
2 2
T C T C = (6.44)

produce una matrice non diagonale che rappresenta la matrice generalizzata di
smorzamento. I termini fuori diagonale non nulli esprimono leffetto di
accoppiamento degli smorzamenti.

6.6 Una tecnica di riduzione nello spazio delle fasi
Sulla scorta di quanto proposto da OCallahan nellarticolo A Procedure for an Improved
Reduced System (IRS) Model, al quale si rimanda per eventuali approfondimenti, e della
trattazione svolta nel 6.3 circa lanalisi nello spazio delle fasi, viene ora presenta una
possibile tecnica di riduzione per sistemi smorzati.
Risolvendo il sistema (6.22), si ottengono le matrici s e , entrambe di dimensione 2Nx2N
(N = numero di gradi di libert del sistema). La prima una matrice diagonale, e
comprende N coppie coniugate di autovalori:

[ ]
-
.
/
0
1
2
=

s
s
s
0
0
(6.45)

essendo s e s
*
entrambe diagonali. Similmente, la matrice conterr N coppie di
autovettori complessi coniugati:

[ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
-
.
/
0
1
2
=

s s
(6.46)

La (6.22) pu esser riscritta come:

[ ] [ ] [ ] [ ] [ ] s A B = (6.47)

ossia:

Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
87

[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
-
.
/
0
1
2

-
.
/
0
1
2

-
.
/
0
1
2
=
-
.
/
0
1
2

-
.
/
0
1
2

s
s
s s M
M C
s s M
K
0
0
0 0
0




(6.48)

Dalla parte alta della (6.48), considerando i soli primi N autovettori e relativi autovalori, si
ottiene:

[ ] [ ] [ ]
[ ]
[ ]
[ ] [ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
-
.
/
0
1
2

=
-
.
/
0
1
2

s s
s
M C
s
K

0 (6.49)

essendo, dalla (6.47):

[ ] [ ] [ ] [ ] [ ] =

B A s
1
(6.50)

risulta allora:


[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ]
[ ]
-
.
/
0
1
2
=
-
.
/
0
1
2

s
B A
s s
s
1
(6.51)

e quindi:

[ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ]
[ ]
[ ]
-
.
/
0
1
2
=

s
B A M C K
1
(6.52)

Consideriamo ora la seguente equazione di equilibrio statico:

[ ] { } { } F X K = (6.53)

Partizionandola secondo i gradi di libert conservati ed eliminati e utilizzando la parte
bassa del sistema si ritrova la matrice di riduzione statica gi vista al punto 5.2.1 del
precedente capitolo. Possiamo allora scrivere:

Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
88
{ } { } { }
fd
p s
X X T X + = (6.54)

per T
s
vale la (5.4), mentre risulta:

{ }
[ ] { }
[ ] { } F K
F K
X
d
s ss
fd
=
*
+
,
'
(
)

1
1
0
(6.55)

essendo:

[ ]
[ ]
-
.
/
0
1
2
=

1
1
0
0 0
ss
d
K
K (6.56)

Utilizzando, in prima approssimazione, la relazione di espansione che si ottiene dalla
(6.54) trascurando il secondo addendo:

{ } { }
p s
X T X = (6.57)

ed applicandola al sistema delle coordinate generalizzate:

[ ] [ ]
p s
T = (6.58)

uguagliando i secondi membri della (6.52) e della (6.53), sostituendo nella (6.55), quindi
nella (6.54) e ricordando la (6.58) si ottiene in ultimo:

[ ] [ ] [ ] [ ]
[ ]
[ ]
[ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ]
[ ]
[ ]
p
s
s
d
p
s
s
B A
T
T
M C K
s
T
-
.
/
0
1
2

!
!
"
#
$
$
%
&

-
.
/
0
1
2

-
.
/
0
1
2
=

1 1
0
0
0 (6.59)

Da cui la matrice di trasformazione T (si trascurano i termini che moltiplicano[ ]
p
s : ci
significa considerare i primi 2pp termini in [ ] [ ] [ ] B A
1
, il che ragionevole per bassi
livelli di smorzamento):
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
89
[ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ]
!
!
"
#
$
$
%
&

-
.
/
0
1
2
=


p p
s
s
d s
B A
T
T
M C K T T
2
1 1
0
0
(6.60)

Le matrici M, K e C ridotte si ottengono poi in modo analogo alla (5.5).

6.6.1 Applicazione
Lesempio seguente si riferisce al telaio multipiano con comportamento bending-type gi
esaminato nel corso del precedente capitolo. In tal caso, per, sono stati aggiunti degli
smorzatori di parete (figura 6-1) aventi costante c come da tabella 6.1.

Figura 6-1 Modello struttura

Tabella 6.1 Parametri meccanici della struttura

Materiale A Materiale B Smorzatori
E = 310
10
N/m
2
E = 2,210
10

N/m
2

c
1
= 4,510
5
Ns
2
/m
= 0,30 = 0,22 c
2
= 4,810
5
Ns
2
/m
= 2500 kg/m
3
= 2100 kg/m
3
c
3
= 210
5
Ns
2
/m

La tabella 6.2 illustra i valori delle frequenze naturali smorzate e dei coefficienti di
smorzamento
i
relativi ai primi cinque modi di vibrare, mentre le tabella 6.3 si riferisce
alla simbologia adottata in entrambe le applicazioni: quella riferita al solo modulo elastico
E
A
(caso 1) e quella relativa a E
A
e c
2
(caso 2).

c
3

c
1

c
2

Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
90
Tabella 6.2

Modo
d
(Hz)
1 1,3932 0,0489
2 2,1677 0,0353
3 4,3937 0,0911
4 5,8104 0,0683
5 6,8173 0,0660

Tabella 6.3

Riduzione g.d.l. conservati
1 1,2 e 6 ai piani 1, 4, 7 e 10
2 1,2 e 6 ai piani 1, 4 e 10
3 1 e 2 ai piani 1, 4, 7 e 10
4 1 e 2 ai piani 1, 4 e 10




Caso 1

Tabella 5.7 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
1 3,0025
2 2,9989
3 3,0025
4 2,9977





Tabella 5.3 Frequenze smorzate del modello ridotto

Tabella 5.4 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III IV V
1 1,3937 2,1684 4,3931 5,8102 6,8138
2 1,3928 2,1671 4,3908 5,8055 6,8312
3 1,3937 2,1684 4,3931 - 6,8138
4 1,3925 2,1667 4,3899 - 6,8298

Riduzione I II III IV V
1 0,04 0,03 0,01 0,00 0,05
2 0,03 0,03 0,07 0,08 0,20
3 0,04 0,03 0,01 - 0,05
4 0,05 0,05 0,09 - 0,18



Figura 5-4 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
0,00
0,01
0,02
0,03
0,04
0,05
0,06
0,07
0,08
0,09
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1
2
3
4
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
91
Figura 5-3 Errore relativo % nella stima dello smorzamento sul modello ridotto
0,00
0,05
0,10
0,15
0,20
0,25
I II III IV V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1
2
3
4




Tabella 5.5 Coefficienti di smorzamento del
modello ridotto

Tabella 5.6 Errore relativo % sullo smorzamento
Riduzione I II III IV V
1 0,0489 0,0353 0,0912 0,0685 0,0664
2 0,0489 0,0353 0,0923 0,0682 0,0648
3 0,0489 0,0353 0,0912 - 0,0664
4 0,0489 0,0353 0,0923 - 0,0648

Riduzione I II III IV V
1 0,00 0,00 0,11 0,29 0,61
2 0,00 0,00 1,32 0,15 1,82
3 0,00 0,00 0,11 - 0,61
4 0,00 0,00 1,32 - 1,82



0,00
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
1,20
1,40
1,60
1,80
2,00
I II III IV V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1
2
3
4




Figura 5-3 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
92
Figura 5-4 Errore relativo % sulla stima del
parametro c
0,00
0,10
0,20
0,30
0,40
0,50
0,60
0,70
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1
2
3
4
Figura 5-4 Errore relativo % sulla stima del
parametro E
0,00
0,01
0,02
0,03
0,04
0,05
0,06
0,07
0,08
0,09
E
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1
2
3
4
Caso 2

Tabella 5.12 Risultato processo di taratura

Riduzione E (10
10
)
1 3,0025
2 2,9988
3 3,0026
4 2,9977





Tabella 5.13 Risultato processo di taratura

Riduzione c (10
5
)
1 4,7932
2 4,7828
3 4,7968
4 4,7685






Tabella 5.8 Frequenze smorzate del modello ridotto

Tabella 5.9 Errore relativo % sulle frequenze
Riduzione I II III IV V
1 1,3937 2,1684 4,3931 5,8102 6,8138
2 1,3928 2,1671 4,3908 5,8054 6,8311
3 1,3937 2,1684 4,3932 - 6,8139
4 1,3926 2,1667 4,3900 - 6,8298

Riduzione I II III IV V
1 0,04 0,03 0,01 0,00 0,05
2 0,03 0,03 0,07 0,09 0,20
3 0,04 0,03 0,01 - 0,05
4 0,04 0,05 0,08 - 0,18



Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
93
0,00
0,05
0,10
0,15
0,20
0,25
I II III IV V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1
2
3
4



Tabella 5.10 Coefficienti di smorzamento del
modello ridotto

Tabella 5.11 Errore relativo % sullo smorzamento
Riduzione I II III IV V
1 0,0488 0,0353 0,0911 0,0684 0,0664
2 0,0487 0,0353 0,0921 0,0680 0,0648
3 0,0489 0,0353 0,0912 - 0,0664
4 0,0486 0,0353 0,0919 - 0,0648

Riduzione I II III IV V
1 0,20 0,00 0,00 0,15 0,61
2 0,41 0,00 1,10 0,44 1,82
3 0,00 0,00 0,11 - 0,61
4 0,61 0,00 0,88 - 1,82


0,00
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
1,20
1,40
1,60
1,80
2,00
I II III IV V
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1
2
3
4


Si pu notare una sostanziale differenza nei risultati: mentre la stima del modulo elastico E
pare pi efficace in assenza dei gradi di libert corrispondenti al settimo piano, nei
confronti tanto delle frequenze e degli smorzamenti quanto del coefficiente c
2
questa
mancanza assume un ruolo decisamente pi penalizzante. La tecnica proposta risulta, in
ogni caso, assolutamente valida.
Figura 5-3 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Figura 5-3 Errore relativo % nella stima delle frequenze sul modello ridotto
Lo smorzamento nella correzione di modelli Capitolo 6
94

BIBLIOGRAFIA

- Friswell, M.I. and Mottershead, E., Finite Element Model Updating in Structural
Dynamics, Kluwer Academic Publishers, Netherlands,1995.
- Mitchell, L.D., 1990. Complex Modes: a Review, 8th Internatinal Modal
Analysis Conference, Kissimmee, Florida, February 1990, 891-899.
- Niedbal, N., 1984. Analytical Determination of Real Normal Modes from
Measured Complex Responses, 25th Structures, Structural Dynamics and
Materials Conference, Palm Springs, May 1984, 292-295.
- OCallahan, J., 1989. A Procedure for an Imrpoved Reduced System (IRS)
Model, 7th International Modal Analysis Conference, Las Vegas, January 1989,
17-21.
- ABAQUS, Theory Manual, 2.5.4, Damping Options for Modal Dynamics,
Hibbit, Karlsson & Sorensen, Inc., 1997.
- ABAQUS/Standard, Users Manual, Volume I, 12.1.1, Material Damping,
Hibbit, Karlsson & Sorensen, Inc., 1997.

Il programma di Model Updating Capitolo 7
95


CAPITOLO 7

Il programma di Model Updating


7.1 Premessa
Il programma di Model Updating, cui dedicato questo capitolo, stato realizzato in
ambiente Matlab e strutturato secondo un sistema di subroutine, al fine di consentire
facilmente una sua implementazione in tempi successivi. Questo tipo di approccio alla
programmazione conferisce, infatti, maggior chiarezza desposizione al listato e,
contemporaneamente, maggior facilit dintervento alloperatore che abbia necessit di
apporre successive correzioni, modifiche o aggiunte.
Scopo essenziale del programma consentire la taratura, ossia la valutazione numerica, di
un numero qualsiasi di parametri ritenuti essenziali alla caratterizzazione di un modello,
basandosi sui risultati provenienti dallidentificazione condotta preventivamente sulla
struttura reale. Lutilit del programma dunque duplice: da un lato si prefigura quale
strumento di supporto allidentificazione, dallaltro trova impiego nel settore della
diagnostica: scelti in modo opportuno i parametri da tarare, possibile individuare la
presenza di danni locali, e, dunque, valutare con maggior coscienza ed in modo pi
adeguato ogni possibile intervento sulla struttura.
Linterazione con Abaqus, introdotta successivamente alla prima stesura del programma,
consente lanalisi, lineare e non, di modelli molto complessi, realizzati con una vasta
gamma di elementi (beam, shell, ma anche dashpot e spring), con molteplici condizioni di
vincolo e cos via, conferendo in tal modo unassoluta generalit al programma.
Operativamente, linterazione resa possibile da un file batch, che provvede al lancio
dellanalisi in Abaqus direttamente da Matlab. Il file in questione abaqus.m, e verr
esaminato nel paragrafo successivo, dedicato interamente alla fase di interfaccia: infatti,
prima di avviare qualsiasi analisi, Matlab legge il file di input per Abaqus scelto
Il programma di Model Updating Capitolo 7
96
dalloperatore e, se si sta avviando un processo di taratura, individua le variabili in esso
contenute, per ognuna delle quali necessario specificare i limiti dellintervallo di
variazione consentito. Solo a questo punto avviene lelaborazione con Abaqus, al termine
della quale vengono restituiti in output due file: il primo ha estensione .dat, contiene i
risultati dellanalisi e gli eventuali messaggi di errore, di rapida lettura per lutente, ma
mal gestibile in termini matriciali; il secondo ha invece estensione .fil, poco fruibile
dalloperatore, ma estremamente utile come file di interscambio: scelto il tipo ed il numero
di informazioni da registrarvi, queste vengono salvate a mezzo di un codice alfanumerico,
il cui significato reperibile sui manuali duso del programma.
Dal file .fil vengono quindi prelevate le informazioni necessarie; quindi, fino ad un nuovo
lancio di Abaqus, il programma prosegue in ambiente Matlab.
Il paragrafo successivo esamina, come detto, i file che gestiscono lintera fase di
interscambio delle informazioni tra i due linguaggi, a prescindere, nella maggior parte dei
casi, dal tipo di analisi avviata.

7.2 I file di interscambio
Di seguito, i file che gestiscono linterfaccia Matlab-Abaqus-Matlab: lordine seguito lo
stesso con cui vengono richiamati dal programma.
! setting.m: questo file viene richiamato allinizio di ogni esecuzione del programma.
In esso precisata la directory nella quale si lavora, che, pertanto, andr ridefinita
ogni qualvolta lutente decida modificare la cartella di lavoro. La variabile di
riferimento Nomediraba e, nel caso specifico, si ha:

Nomediraba=' c:\Chiara\model1 '

! openfil.m: I file .inp di Abaqus, contenenti i modelli FEM, devono essere salvati
nella cartella Abaqus, allinterno della directory di lavoro definita con il file
setting.m. Il file scelto dalloperatore viene letto da Matlab mediante openfil e
salvato nella variabile Testo, quindi mostrata a video per consentire la verifica
dellesattezza della scelta operata. La lettura si realizza mediante le seguenti
istruzioni:

Il programma di Model Updating Capitolo 7
97
fid=fopen(Nomefilet);
i=0;
while 1
line = fgetl(fid);
if ~isstr(line), break, end
i=i+1;
Testo=str2mat(Testo,line);
end
fclose(fid);

! letvar.m: viene eseguita la scansione di tutta la variabile Testo in cui contenuto
il listato del modello cercando le variabili da tarare, identificate mediante le
stringhe Var e Var1 (attenzione, entrambe le stringhe sono seguite da uno spazio;
la seconda utilizzata per le variabili dipendenti: lutente dovr in tal caso
introdurre il coefficiente che esprime la correlazione con la variabile indipendente,
e ci sottintende una dipendenza lineare tra le due).
Le variabili di tipo Var generano la matrice MFV, di dimensioni (NumVar,3),
essendo NumVar il numero complessivo di variabili identificate in fase di lettura:
per ognuna di esse, nella prima colonna riportata la riga di appartenenza, nella
seconda la colonna (ossia la posizione dellinizio della stringa Var ) e nella terza il
numero dordine di comparizione, potendo esservi pi di una variabile su una
medesima riga ( il caso ad esempio della taratura del modulo elastico E e del
coefficiente di Poisson di uno stesso materiale). Per le variabili dipendenti, con lo
stesso criterio, si introduce la matrice MFVD.
Quindi loperatore introduce lintervallo di variazione relativo ad ogni variabile (in
unit di misura coerenti), e contenuto nella matrice varlimite. La matrice MFVDV
contiene invece la variabile indipendente ed il coefficiente di correlazione di ogni
variabile dipendente.

! modtesto.m: il valore che le variabili assumono al generico passo contenuto nel
vettore var, non in unit di misura coerenti, ma mediante un numero compreso tra
zero e dieci (estremi esclusi), per questioni relative alla function di ottimizzazione
fmincon. Il vettore costmolt consente di recuperare i valori originali in unit di
misura coerenti prima che venga aggiornato il file .inp da inviare ad Abaqus. Se, ad
esempio, si posto 210
10
E 410
10
si avr 2 var 4 e costmolt = 10.
A questo punto, con lausilio delle matrici MFV, MFVD e MFVDV precedentemente
costruite, si sostituiscono le stringhe Var e Var1 con i valori aggiornati del
Il programma di Model Updating Capitolo 7
98
vettore var. Il file di input del modello cos modificato viene salvato come
tarati.inp e pu esser elaborato da Abaqus.

! modifis.m: questo file richiamato solo nel caso di analisi nello spazio delle fasi, ed
sostanzialmente simile a modesto.m, dal quale differisce nella parte finale per
lintroduzione della parte relativa agli smorzatori: infatti, come illustrato nel
capitolo 6, 6.4.3, in tal caso necessario effettuare, per ogni iterazione, un doppio
lancio Abaqus e, mentre la prima volta si utilizza modesto.m, la seconda simpiega
modifis.m, che azzera la rigidezza di ogni elemento del modello e sostituisce gli
smorzatori con molle aventi analogo funzionamento (dashpot con spring, dashpota
con springa ecc...).

! abaqus.m: il file che consente il lancio dellanalisi con Abaqus. In particolare,
contiene il comando:

dos('C:\WINNT\system32\CMD.EXE/c c:\Chiara\Model1\aba_ini2.bat')

nel quale il primo termine tra parentesi un comando di Windows NT che permette
lapertura di programmi in Dos, mentre il secondo consente il lancio del file di
batch di Abaqus, aba_ini2.bat, che contiene le seguenti istruzioni:

@echo off
echo This command window has been initialized to run ABAQUS
echo The alias name of the ABAQUS driver is "abaqus"
c:\ABAQUS\Commands\abaqus job=tarati
exit

Il file abaqus.m deve infine prevedere una pausa temporizzata che interrompa
lattivit di Matlab fintanto che non sia terminata lesecuzione di Abaqus. Il file
abaqus1.m, richiamato quando si fa uso della riduzione statica migliorata
mediante Abaqus, affine a abaqus.m, tranne per il fatto che il file di batch
provvede a lanciare il modello denominato tarati1.inp che contiene lapplicazione
del superelemento definito in tarati.inp

! openris.m: prima di estrarre le informazioni modali con letaval.m il file tarati.fil
viene aperto, letto e, nella variabile stringa Risultati, vengono salvate tutte le
Il programma di Model Updating Capitolo 7
99
informazioni necessarie alla subroutine letaval.m nella successiva operazione di
estrazione degli autovalori e autovettori. Le istruzioni sono del tutto analoghe a
quelle contenute in openfil.m e pertanto non vengono ripetute.

! letaval.m: il file che provvede ad estrarre le frequenze naturali di vibrazione e le
relative forme modali. Si apre la variabile stringa Risultati e si cerca la stringa
*I 218I 41980I, che identifica lesistenza di una nuova frequenza naturale di
vibrazione e di tutte le informazioni ad essa correlate (massa generalizzata, forma
modale...); se ne memorizza la posizione e, da questa, si estrae il valore della
frequenza naturale in questione. Quindi si ricercano la stringa 3101I, che identifica
gli spostamenti, e una tra *I 14I, *I 15I, *I 16I, *I 17I o *I 19I, in
funzione del numero di gradi di libert associati ad ogni nodo e della presenza o
meno di smorzatori e molle nel modello. A partire da esse quindi possibile
ricavare gli spostamenti di tutti i nodi del modello relativamente alla frequenza che
si sta considerando, ricostruendo in tal modo la matrice delle forme modali (se ci
sono delle righe nulle, ossia dei gradi di libert bloccati, queste vengono eliminate).
Lartificio cui si ricorre per estrarre il valore del parametro allinterno della stringa
di appartenenza il seguente: poich il formato .fil estremamente rigido, ed ogni
riga di risultato contiene al suo interno anche le indicazioni circa la lunghezza dei
dati immediatamente successivi, possibile stabilire a priori lesatta posizione
dellinformazione che si vuole estrarre allinterno della stringa di appartenenza. Ad
esempio, per un nodo con tre gradi di libert, si ha:

numrec=findstr(Risultati,'*I 218I 41980I');
...
numrec=[numrec length(Risultati)];
for i=1:(length(numrec)-1)
recordp=Risultati(numrec(i):numrec(i+1));
numd=findstr(recordp,'*I 218I 41980I');
cont=str2num(recordp(numd+15));
aval(i)=str2num(recordp(numd+18+cont:numd+38+cont));
...
if length(trovati)~=0,
...
for j=1:length(trovati)
...
elseif findstr(recordp(trovati(j):trovati(j)+11),
'*I 16I 3101I');
cont=str2num(recordp(trovati(j)+13));
for k=n:n+2
g=g+1;
auvett(k)=str2num(recordp(trovati(j)+15+cont+
Il programma di Model Updating Capitolo 7
100
(23*(g-1)):trovati(j)+15+cont+(21*g+2*(g-1))));
end
elseif...

Al termine, il file produce il vettore aval, contenente gli autovalori del sistema, e
la matrice avett, contenente le forme modali disposte in colonna.

! letturaM.m, letturaK.m: alternativamente allestrazione di autovalori ed autovettori
possibile leggere le matrici di massa e rigidezza del modello. A questopzione si
fa ricorso, tipicamente, quando si opera una riduzione statica di Guyan direttamente
con Abaqus. I due file vengono lanciati in successione, e la loro struttura la
medesima, differendo solamente per il codice identificativo del tipo di matrice da
estrarre (rispettivamente I 41021D e I 41011D).
Inizialmente, dopo una lettura del file tarati.fil analoga a quanto visto in openfil.m, i
termini della matrice M o K vengono registrati nel vettore Mvec/Kvec (nel file .fil,
data la sua simmetricit, viene riportata la sola diagonale superiore):


a=findstr(Risultati,'I 41011D');
la=length(a);
lr=length(Risultati);
i=0;
for q=1:la,
if q~=la,
c=findstr(Risultati(a(q):a(q+1)),'*');
else
c=findstr(Risultati(a(q):lr),'*');
end
record=Risultati(a(q)+8:a(q)+c(1)-2);
lrec=length(record);

k=0;
while 1
i=i+1;
k=k+1;
Kvec(i)=str2num(record(k*23-22:k*23-1));
if k*23>lrec-1,break,end
end
end

Quindi viene effettuato il calcolo automatico del numero di gradi di libert del
sistema: infatti le suddette matrici vengono trascritte sul file tarati.fil in tanti
blocchi aventi uguale dimensione, pi un eventuale blocco per i termini residui. Le
righe seguenti ricostruiscono il numero di termini contenuti in ognuno dei blocchi
(compreso, eventualmente, quello residuo) e, dal numero complessivo, risalgono al
Il programma di Model Updating Capitolo 7
101
numero di gradi di libert del modello, dof, e quindi alla dimensione delle matrici
M e K:

xx=findstr(Risultati,'I 41004I');
if la~=1,
zz=str2num(Risultati(xx+9));
yy=str2num(Risultati((xx+10):(xx+10+zz-1)));
c=findstr(Risultati(a(la-1):lr),'*');
ww=str2num(Risultati(a(la-1)+c(1)+2));
resto=str2num(Risultati(a(la-1)+c(1)+3:a(la-1)+c(1)+3+ww-1));
dof=(la-1)*(yy-2)+resto-2;
dof=(-1+sqrt(1+4*2*dof))/2;
else
zz=str2num(Risultati(xx+9));
yy1=str2num(Risultati((xx+14):(xx+14+zz-1)));
yy=str2num(Risultati((xx+15+zz-1):(xx+14+zz+yy1-1)));
dof=(la)*(yy-2);
dof=(-1+sqrt(1+4*2*dof))/2;
end

Infine, sulla base del vettore Mvec/Kvec, si ricostruiscono le matrici di massa e
rigidezza:

k=0;
for i=1:dof,
for j=1:i,
k=k+1;
K(j,i)=Kvec(k);
K(i,j)=Kvec(k);
end
end

7.3 I percorsi del programma
Il programma consente essenzialmente di effettuare lanalisi modale e la taratura su una o
pi variabili di un modello precedentemente definito, in modo classico ovvero nello spazio
delle fasi, a seconda della presenza o meno dello smorzamento.
Dopo essersi collocati nella directory di lavoro si esegue da Matlab il comando modal_a,
che richiama il file omonimo contenente il men iniziale che d avvio al programma vero e
proprio.
Questo paragrafo esamina tutte le opzioni possibili, e per ognuna di esse fornisce un flow-
chart, che ne descrive i blocchi fondamentali, ed un breve commento dei file richiamati,
qualora non siano gi stati precedentemente analizzati.

Il programma di Model Updating Capitolo 7
102
7.3.1 Analisi modale classica
START
(modal_a.m)
Inizio Analisi modale
(amodal.m)
Scelta del file contenente il
modello per Abaqus
(amodal.m)
Elaborazione
(abaqus.m)
Vuoi salvare i risultati?
(amodal.m)
Nome del file in cui salvare i
risultati
(amodal.m)
END
END
Aperture risultati
(openris.m)
Estrazione di autovalori e
autovettori
(letaval.m)
Il file scelto quello
corretto ?
(openfil.m)
(Menu=3 ANALISI MODALE)
(Menutam=analisi
modale classica)
SI
NO
SI
NO
Il programma di Model Updating Capitolo 7
103
! Modal_a: il file che contiene il men iniziale. Con esso possibile scegliere tra le
seguenti opzioni:

MENU = 1 USCIRE
2 TARATURA
3 ANALISI MODALE
4 IDENTIFICAZIONE SULLA BASE DELLA FRF
5 EDITORE TESTO

Le opzioni 2 e 3 sono state modificate ed ampliate nel corso di questo lavoro di tesi;
le opzioni 4 e 5, invece, provengono direttamente dalla versione precedente del
programma, e consentono, rispettivamente, la taratura mediante FRF e lapertura
della finestra delledit di DOS, utile per visualizzare i file di testo. Per maggiori
chiarimenti al riguardo si faccia riferimento alle tesi di Martignoni (maggio 2000) e
Casamassa (ottobre 2000).
Lopzione 3, che consente di avviare lanalisi modale, richiama la subroutine
amodal.m.

! Amodal.m: un primo men consente la scelta tra le seguenti opzioni:

MENUTAM= 1 Uscire
2 Analisi modale classica
3 Analisi modale nello spazio delle fasi

Quindi loperatore immette da tastiera il nome del file contente il modello per
Abaqus (privo di estensione). Il listato viene mostrato a video e lutente ha facolt
di confermare o meno la scelta operata. In caso di risposta affermativa il file viene
riscritto con il nome tarati.inp nella cartella identificata da Nomediraba,
quindi si effettua lanalisi mediante Abaqus. Seguono le lettura di tarati.fil
(mediante openfil.m) e lestrazione delle frequenze naturali e delle relative forme
modali (letaval.m). I risultati vengono mostrati a video, ed possibile registrarli
come avalnoti e avettnoti in un file .mat indicato dallutente.

Il programma di Model Updating Capitolo 7
104
7.3.2 Analisi modale nello spazio delle fasi



Nei due blocchi denominati Inizializzazione analisi modale e salvataggio si fa
riferimento a quanto precedentemente descritto circa la soubroutine amodal.m, e pertanto
nulla vi da aggiungere. Di seguito, invece, lespansione dei due blocchi di elaborazione
ed il commento dei file richiamati nel corso dellanalisi.



START
(modal_a.m)
INIZIALIZZAZIONE
ANALISI MODALE
(amodal.m, openfil.m)
1
a
ELABORAZIONE
(abaqus.m, openris.m,
letaval.m, masrig.m)
END
2
a
ELABORAZIONE
(amodal.m, abaqus.m,
openris.m, letaval., smorza.m)
Calcolo di autovalori e
autovettori
(calcolo.m)
(Menu=3 ANALISI MODALE)
SALVATAGGIO
(amodal.m)
Il programma di Model Updating Capitolo 7
105
Espansione e commento del blocco 1
a
ELABORAZIONE:


- masrig.m: dopo aver estratto tutti gli autovalori e le
forme modali del modello, necessario ricostruirne
le matrici di massa e rigidezza. Ci viene fatto
ricorrendo alle relazioni che esprimono
lortogonalit dei modi di vibrare rispetto ad M e K ,
mediante semplice inversione:

[ ] [ ] ( ) [ ] [ ]
[ ] [ ] ( ) [ ] [ ]
1
1
1
1

=
=


T
T
K
I M
(7.1)





Espansione del blocco 2
a
ELABORAZIONE:


- amodal.m: prima di eseguire la seconda
elaborazione con Abaqus, si provvede ad azzerare
ogni rigidezza del modello ed a sostituire tutti gli
smorzatori con delle molle equivalenti (maggiori
dettagli nel capitolo 6, 6.4.3).

- smorza.m: ricorrendo ad una nuova estrazione di
autovalori ed autovettori, si calcola la matrice di
smorzamento C come matrice di rigidezza fittizia:

[ ] [ ] ( ) [ ] [ ]
1
1

=
T
C
(7.2)



1 lancio di Abaqus
(abaqus.m)
Lettura di tarati.fil e estrazione
di autovalori e autovettori
(openris.m, letaval.m)
Calcolo delle matrici di massa
e rigidezza M e K
(masrig.m)
Sostituzione smorzatori-molle
e 2 lancio di Abaqus
(amodal.m, abaqus.m)
Lettura di tarati.fil e estrazione
di autovalori e autovettori
(openris.m, letaval.m)
Calcolo della matrice di
smorzamento C
(smorza.m)
Il programma di Model Updating Capitolo 7
106
! calcolo.m: la routine che svolge il calcolo di autovalori e autovettori nello spazio
delle fasi. Per gli aspetti teorici si rimanda al capitolo 6, 6.3; qui preme, invece,
sottolineare alcuni passi operativi. Gli autovalori complessi ed i relativi autovettori,
estratti a partire dalle matrici A e B, compaiono in coppie complesse coniugate; una
prima serie di istruzioni volta, dunque, ad eliminare i secondi N valori:

for i=1:length(avalc)/2
j=2*i;
avalcom(i)=avalc(j);
avettcom(:,i)=avett(:,j);
end

Quindi, dagli autovettori cos ottenuti, vengono estratti i soli primi N termini,
corrispondenti agli spostamenti, e successivamente se ne esegue la
normalizzazione:

avettcom=avettcom(1:length(avalcom),:);
for i=1:length(avalcom)
avettcom(:,i)=avettcom(:,i)./sqrt(avettcom(:,i)'*avettcom(:,i))
end

Infine gli autovalori vengono riordinati in ordine crescente e, contemporaneamente,
si opera sulla matrice delle forme modali:

aval=sort(avalcom);
avett=zeros(size(avettcom));
for i=1:length(aval)
for j=1:length(avalcom)
if aval(i)==avalcom(j)
avett(:,i)=avettcom(:,j);
end
end
end
avalcom=aval;
avettcom=avett;








Il programma di Model Updating Capitolo 7
107
7.3.3 Taratura nello spazio classico



Il diagramma di flusso precedente evidenzia una prima parte comune ad ogni analisi
intrapresa, seguita da una successiva distinzione tra modello completo e modello ridotto. I
file comuni sono i seguenti:

START
(modal_a.m)
Inizio taratura
(menutar.m)
Inserimento valori noti e loro peso
(avavettn.m)
(Menu=2 TARATURA)
(Mod=1 analisi modale
classica)
Il file scelto quello
corretto ?
(openfil.m)
SI
NO
Lettura parametri da tarare e
definizione limiti di variabilit
(letvar.m)
Il desidera ridurre il
modello?
(menutar.m)
SI
7.4.3.2
NO
7.4.3.1
Il programma di Model Updating Capitolo 7
108
! Menutar.m: la scelta tra una delle opzioni seguenti:

MOD= 1 Analisi modale classica
2 Analisi nello spazio delle fasi
3 Realizzazione di forme reali

Lopzione 2 comporta il passaggio definitivo alla routine anafasi.m, e verr
discussa successivamente. Lanalisi modale classica, invece, richiama il file
avavettn.m; quindi si torna in menutar.m, in cui data la possibilit di ridurre o
meno il sistema:

continua=input('Si desidera ridurre il modello?(y,n) : [n]','s');
if strcmp(continua,'y')|strcmp(continua,'Y')
complet=1;
disp(' Tipo di riduzione desiderata: ');
TIPRID = 1 Riduzione statica ("Guyan")'
2 Riduzione dinamica'
3 Riduzione statica migliorata'
4 Riduzione mediante Abaqus'];
NumbTipoTIPRID = input('Scelta (1 - 4):');
if NumbTipoTIPRID==2,
omega=input('Scegli la frequenza di riferimento ') ;
end
if NumbTipoTIPRID~=4,
Nomefilet=[Nomefile '.inp'];
else
disp('Tipo di riduzione desiderata');
TIPABA = 1 Riduzione statica ("Guyan")'
2 Riduzione statica migliorata'];
NumbTipoTIPABA = input('Scelta (1 - 2): ');
Nomefilet=[Nomefile 's.inp'];
end
if complet==1,
if NumbTipoTIPRID~=4,
NUMLIB=input('Quanti sono i gradi di libert misurati? ');
disp('Inserisci i numeri dei gradi di libert misurati')
for i=1:NUMLIB;
LIB(i)=input('n grado di libert');
end
end



Poi, quale che sia la scelta operata, si procede alla normalizzazione della funzione
obiettivo e, quindi, alla sua ottimizzazione mediante la function fmincon.m. Al
termine viene richiamato menufin.m per il salvataggio dei risultati.
Lopzione 3 richiama, invece, il file realizza.m.

Il programma di Model Updating Capitolo 7
109
! realizza.m: questo file, mediante le relazioni gi viste nel capitolo6, 6.5, provvede
al calcolo delle forme modali reali equivalenti necessarie al confronto tra i dati
sperimentali di un sistema smorzato e quelli numerici di un modello privo di
smorzamento. La routine precede il processo di taratura, e prevede due tecniche di
realizzazione:

MENURE= 1 Uscire
2 Mediante segno dellangolo di fase
3 Mediante la trasformazione complessa T

Operata la scelta il file effettua la trasformazione, e gli autovettori cos ottenuti
vengono salvati assieme agli autovalori nel file noti.m:

if strcmp(Tiporealizza,'1 Uscire')
menutar
elseif strcmp(Tiporealizza,'2 Mediante segno dell angolo di fase')
dim=size(avettnoti);
for i=1:dim(2)
for j=1:dim(1)
avettnotire(j,i)=abs(avettnoti(j,i))*
sign(cos(angle(avettnoti(j,i))));
end
end
else
avettnotire=real(avettnoti)+imag(avettnoti)*
inv(real(avettnoti.')*real(avettnoti))*
real(avettnoti.')*imag(avettnoti);
end
avettnoti=avettnotire;
stringa=['save noti avalnoti avettnoti'];
eval( [stringa] );
menutar

! Avavettn.m: routine per limmissione dei valori sperimentali e dei loro pesi. La
taratura pu effettuarsi secondo le seguenti modalit:

TAR = 1 Considerando solo autovalori
2 Considerando autovalori e forme modali
3 Con autovalori, forme modali e smorzamento alla Rayleigh

I valori sperimentali vengono prelevati dal file noti.mat precedentemente
predisposto, e contenente il vettore avalnoti e la matrice avettnoti (se
richiesta) nei casi 1 e 2, ed anche gli smorzamenti modali smorznoti nellultimo
(in questo caso, inoltre, possibile immettere da tastiera i valori iniziali delle
variabili alfa e beta; viceversa verr loro assegnato valore unitario). Quindi
Il programma di Model Updating Capitolo 7
110
occorre definire i pesi da assegnare ai dati: per gli autovalori potranno essere
diversi luno dallaltro, mentre per gli autovettori e gli smorzamento modali si avr
un unico valore:

for i=1:length(avalnoti),
avalnoti(i)
pesoaval(i) = input('Peso:');
end

pesoavett = input('Peso autovettori:');

pesosmorz=input('Peso smorzamenti modali:');

Il programma di Model Updating Capitolo 7
111
7.3.3.1 Taratura con modello completo

Routine di NORMALIZZAZIONE:



! norma2.m: questa routine precede lottimizzazione vera e propria ed ha lo scopo di
normalizzare la funzione costo a 100, ed in tal modo stabilizzare maggiormente
lalgoritmo di ottimizzazione. Si valutano tutte le possibili combinazioni per gli
elementi del vettore var (utilizzando i limiti inferiore e superiore definiti in
letvar.m per ogni parametro), e per ciascuna di esse si calcola il valore assunto dalla

Le combinazioni sono
terminate?
(norma2.m)
Calcolo di costnorm e
ritorno a menutar.m
SI
NO
Nuova combinazione di
variabili nel vettore var
Prima combinazione di
variabili nel vettore var
Aggiornamento di tarati.inp e
lancio di Abaqus
(modesto.m, abaqus.m)
Lettura di tarati.fil e estrazione
di autovalori e autovettori
(openris.m, letaval.m)
Accoppiamento tra dati
sperimentali e numerici
(MAC1.m)
START
(norma2.m)
Calcolo di f e aggiornamento
eventuale del massimo
(norma2.m)
Il programma di Model Updating Capitolo 7
112
funzione obiettivo f (per la cui formulazione si rimanda al capitolo 4, 4.5); se ne
ricava il massimo, quindi si definisce la costante di normalizzazione
costnorm=100/maxf. Loperazione piuttosto dispendiosa dal punto di vista
computazionale, specie se le variabili sono molte, in quanto richiede il lancio di
Abaqus e la lettura e memorizzazione dei risultati per ogni combinazione
esaminata, il cui numero complessivo dato da 2
NumVar
.

! MAC1.m: se necessario, possibile, preventivamente, operare la normalizzazione a
1 degli autovettori analitici. Successivamente si effettua il calcolo del MAC tra
ogni autovettore noto e tutti gli autovettori analitici, e si considera corretto
laccoppiamento che comporta il valore massimo (avendo cura di non accoppiare
due volte la medesima forma analitica); autovalori e forme modali vengono quindi
riordinate e, infine, si opera il calcolo dei termini della matrice MACij definitiva,
che sar tanto migliore quanto pi prossima alla matrice identit.

size1=size(avettnoti);
size2=size(avett);
...
avaltra=aval;
avettra=avett;
accoppia=zeros(1,length(aval));
MACMAX=0.1*ones(1,size1(2));
modo=0;
for i=1:size1(2)
for m=1:size2(2)
num=(abs(((avettnoti(:,i)).')*conj(avettra(:,m))))^2;
denteor=((avettnoti(:,i)).')*conj(avettnoti(:,i));
deneffe=((avettra(:,m)).')*conj(avettra(:,m));
MAC=num/(denteor*deneffe);
if accoppia(m)==0
if MAC>=MACMAX(i)
MACMAX(i)=MAC;
modo=m;
avett(:,i)=avettra(:,m);
aval(i)=avaltra(m);
end
end
end
accoppia(modo)=1;
end
for i=1:size1(2)
for j=1:size1(2)
num=(abs(((avettnoti(:,i)).')*conj(avett(:,j))))^2;
denteor=((avettnoti(:,i)).')*conj(avettnoti(:,i));
deneffe=((avett(:,j)).')*conj(avett(:,j));
MACij(i,j)=num/(denteor*deneffe);
end
end

Il programma di Model Updating Capitolo 7
113
Routine di OTTIMIZZAZIONE:



! Oggtara.m: questo file avvia il processo di taratura vero e proprio. La routine
sostanzialmente identica a norma2.m, e la funzione costo in essa definita viene
minimizzata ricorrendo alla function fmincon.m.

! fmincon.m: questa routine risolve i problemi di minimo vincolato utilizzando la
tecnica di ottimizzazione dello Steepest Descent Method. necessario,

Minimo raggiunto?
(fmincon.m)
Torna a menutar.m
SI
NO
Aggiornamento delle variabili
nel vettore var
Prima combinazione di
variabili nel vettore var
Aggiornamento di tarati.inp e
lancio di Abaqus
(modesto.m, abaqus.m)
Lettura di tarati.fil e estrazione
di autovalori e autovettori
(openris.m, letaval.m)
Accoppiamento tra dati
sperimentali e numerici
(MAC1.m)
START
(oggtara.m)
Calcolo della funzione
obiettivo f
(oggtara.m)
Il programma di Model Updating Capitolo 7
114
preventivamente, definire una serie di parametri collegati alla funzione, ed inseriti
nello specifico allinterno di menutar.m. Questi parametri sono lb, ub, A, A
eq
, B, B
eq

e nonlcon, ed il loro significato reperibile sulla guida di Matlab.

! menufin.m: terminata lottimizzazione possibile rappresentare graficamente i
risultati e salvarli in un file definito dallutente. Infatti, menutar.m richiama
menufin.m, che presenta le seguenti opzioni:

FINE = 1 Uscire
2 Salvare risultati
3 Rappresentare risultati

Lopzione 1 riporta a modal_a, lopzione 2 consente di salvare le variabili pi
significative del processo di taratura (iter, Variable, funz, aval, avett) in file .mat
indicato dalloperatore, mentre lopzione 3 gestisce la rappresentazione grafica: se
la variabile tarata unica vengono prodotti due grafici, uno relativo allandamento
della variabile in funzione delle iterazioni, laltro relativo al legame tra la funzione
obiettivo e la variabile stessa. Se invece i parametri sono molteplici, per ciascuno di
essi rappresentata la sola evoluzione del valore assunto iterazione dopo iterazione
(perdendo di significato il grafico relativo alla funzione obiettivo, che andrebbe
fatto a parit di ogni altra condizione, ossia facendo variare un solo parametro per
volta).

Il programma di Model Updating Capitolo 7
115
7.3.3.2 Taratura con modello ridotto



! normarid.m: routine analoga a norma2.m
! funz.m: routine di ottimizzazione equivalente a oggtara.m
! espandi.m: questa routine provvede allespansione delle forme modali ridotte ed
utilizzate nella precedente ottimizzazione. Con il valore finale assunto da ogni
parametro tarato si calcolano le matrici M e K complete (e pertanto lespansione
non pu realizzarsi se si utilizzato un modello con superelemento ridotto ai gradi

START
(menutar.m)
Scelta della tecnica di riduzione e
definizione dei g.d.l. misurati
(menutar.m)
NORMALIZZAZIONE
(normarid.m)
OTTIMIZZAZIONE
(funz.m)
Si desidera espandere le
forme modali?
(menutar.m)
SI espansione
(espandi.m)
NO
Rappresentazione e salvataggio
risultati
(menufin.m)
END
Il programma di Model Updating Capitolo 7
116
di libert misurati), che vengono successivamente partizionate con patrizio.m e
utilizzate nella relazione vista nel capitolo5, 5.3.1 (Physical Expansion):

IND=[];
NUMTOT=length(M);
avettsl=zeros(NUMTOT-NUMLIB,length(avalnoti));
for i=1:length(avalnoti);
avettsl(:,i)=-inv((-avalnoti(i).*Mss+Kss)*(-
avalnoti(i)*Msm+Ksm)*avettnoti(:,i);
end

Le istruzioni successive consentono invece di riordinare gli elementi dei vettori
delle forme modali cos ottenute:

avettdis=[avettnoti;avettsl];
avett=zeros(size(avettdis));
for i=1:NUMLIB
avett(LIB(i),:)=avettnoti(i,:);
end
for i=1:length(avettdis)
flag=0;
for j=1:NUMLIB
if i==LIB(j)
flag=1;
end
end
if flag==0
IND=[IND; i];
end
end
for i=1:length(IND)
avett(IND(i),:)=avettsl(i,:);
end
Il programma di Model Updating Capitolo 7
117
Routine di NORMALIZZAZIONE per riduzioni di Guyan, dinamica e IRS:



! partizio.m: le matrici M e K calcolate in masrig.m vengono partizionate in
sottomatrici in funzione dei gradi di libert master e slave, i primi essendo quelli
effettivamente misurati. La partizione si attua riordinando righe e colonne di M e K,

Le combinazioni sono
terminate?
(normarid.m)
Calcolo di costnorm e
ritorno a menutar.m
SI
Nuova combinazione di
variabili nel vettore var
Lettura di tarati.fil, estrazione di
autovalori e autovettori e
costruzione delle matrici M e K
(openris.m, letaval.m, masrig.m)
Prima combinazione di
variabili nel vettore var
Aggiornamento di tarati.inp e
lancio di Abaqus
(modesto.m, abaqus.m)
START
(normarid.m)
Calcolo di autovalori e
autovettori e accoppiamento tra
dati sperimentali e numerici
(calcolo2.m,MAC1.m)
Calcolo di f e aggiornamento
eventuale del massimo
(normarid.m)
Partizione di M e K e calcolo
della matrice di trasformazione T
(partizio.m, riduci.m)
Il programma di Model Updating Capitolo 7
118
in modo tale da concentrare tutti i gradi di libert misurati nella parte alta delle
matrici, vale a dire:

[ ] [ ]
!
"
#
$
%
&
=
!
"
#
$
%
&
=
ss sm
ms mm
ss sm
ms mm
K K
K K
K
M M
M M
M e (7.3)

Le sottomatrici cos definite vengono successivamente impiegate in riduci.m.

! riduci.m: in funzione della tecnica di riduzione scelta dallutente, questo file calcola
la matrice di trasformazione T che permette il calcolo delle matrici ridotte M
R
e K
R
.
Le relazioni sono quelle gi discusse nel capitolo 5, e pertanto non vengono
ripetute. Il file si articola nelle seguenti istruzioni:

S=size(M);
V=ones(NUMLIB,1);
T=diag(V);
if strcmp(TipoRid,'1 Riduzione statica ("Guyan")')|
strcmp(TipoRid,'3 Riduzione statica migliorata');
Ts=-inv(Kss)*Ksm;
T(NUMLIB+1:S(1),:)=Ts;
else
Td=-inv(Kss-(omega^2).*Mss)*(Ksm-(omega^2).*Msm);
T(NUMLIB+1:S(1),:)=Td;
end
Mr=T'*M*T;
Kr=T'*K*T;
if strcmp(TipoRid,'3 Riduzione statica migliorata')
S=zeros(size(M));
S(NUMLIB+1:length(M),NUMLIB+1:length(M))=inv(Kss);
Ti=T+S*M*T*inv(Mr)*Kr;
T=Ti;
Mr=T'*M*T;
Kr=T'*K*T;
end
M=Mr;
K=Kr;

! calcolo2.m: note le matrici M
R
e K
R
si risolve il problema classico agli autovalori.
Autofrequenze e forme modali vengono quindi riordinate, ed infine, per le seconde,
si opera la normalizzazione rispetto alla massa:

MATR=inv(M)*K;
[auvett,aval]=eig(MATR);
avalc=diag(aval);
aval=sort(avalc);
avett=zeros(size(auvett));
Il programma di Model Updating Capitolo 7
119
for i=1:length(aval)
for j=1:length(avalc)
if aval(i)==avalc(j)
avett(:,i)=auvett(:,j);
end
end
end
for i=1:length(avett)
avett(:,i)=avett(:,i)/sqrt(avett(:,i)'*M*avett(:,i));
end

Routine di NORMALIZZAZIONE per riduzione statica mediante Abaqus:



Lettura di tarati.fil, estrazione
delle matrici M e K
(letturaM.m, letturaK.m)
Prima combinazione di
variabili nel vettore var
Aggiornamento di tarati.inp e
lancio di Abaqus
(ridaba.m, modesto.m,
abaqus.m)
START
(normarid.m)
NO
Le combinazioni sono
terminate?
(normarid.m)
Calcolo di costnorm e
ritorno a menutar.m
SI
Nuova combinazione di
variabili nel vettore var
Calcolo di autovalori e
autovettori e accoppiamento tra
dati sperimentali e numerici
(calcolo2.m,MAC1.m)
Calcolo di f e aggiornamento
eventuale del massimo
(normarid.m)
Il programma di Model Updating Capitolo 7
120
! ridaba.m: questa routine contiene semplicemente la sequenza dei file richiamati nei
casi di riduzione operata direttamente da Abaqus, ed stata introdotta
semplicemente per snellire normarid.m.

Riguardo questo tipo di riduzione del modello, preme sottolineare i seguenti aspetti: le
matrici M e K ridotte staticamente vengono generate in modo automatico da Abaqus
(inserendo la riga di comando opportuna) previa costruzione del superelemento e
definizione dei gradi di libert conservati, nonch delle condizioni di vincolo del
superelemento stesso. La praticit di questa operazione sta nel poter evitare, in tal
modo, lestrazione di tutte le forme modali, necessarie per la ricostruzione delle matrici
complete, e la successiva riduzione a M
R
e K
R
mediante riduci.m.
Il programma di Model Updating Capitolo 7
121
Routine di NORMALIZZAZIONE per riduzione statica migliorata mediante Abaqus:



Riguardo tale tecnica di riduzione si precisa che il suo impiego consente, come nel caso
precedente, di evitare la ricostruzione delle M e K complete, per poi passare alla loro
riduzione ed al calcolo di autovalori e autovettori; per contro, per, necessario
procedere, ad ogni iterazione, ad un doppio lancio di Abaqus: il primo, quello contente
le variabili da tarare, definisce il superelemento, i gradi di libert ritenuti e il numero di

Lettura di tarati.inp e 2 lancio
di Abaqus
(openfil2.m, abaqus.m)
Prima combinazione di
variabili nel vettore var
Aggiornamento di tarati1.inp e
1 lancio di Abaqus
(ridaba.m, modesto.m,
abaqus1.m)
START
(normarid.m)
NO
Le combinazioni sono
terminate?
(normarid.m)
Calcolo di costnorm e
ritorno a menutar.m
SI
Nuova combinazione di
variabili nel vettore var
Lettura di tarati.fil, estrazione di
autovalori e autovettori e
accoppiamento modi
(openris.m, letaval.m, MAC1.m)
Calcolo di f e aggiornamento
eventuale del massimo
(normarid.m)
Il programma di Model Updating Capitolo 7
122
modi aggiuntivi di cui tener conto nella riduzione (secondo quanto trattato nel
capitolo 5, 5.2.4); il secondo utilizza il superelemento, vincolandolo allesterno e
procedendo quindi allestrazione del numero di forme modali desiderate. La procedura
in Abaqus dunque piuttosto macchinosa (si invita lutente a consultare attentamente i
manuali del software), e conferisce a questo metodo unapplicabilit piuttosto limitata,
sebbene i risultati siano tuttaltro che modesti.
Le routine di ottimizzazione sono, analogamente, distinte in funzione del tipo di
riduzione operata, ma la loro strutturazione identica alle corrispondenti routine di
normalizzazione, e pertanto non vengono trattate.
Il programma di Model Updating Capitolo 7
123
7.3.4 Taratura nello spazio delle fasi



! anafasi.m: sostituisce il file menutar.m nello spazio delle fasi. Viene introdotto il
nome del file contenente il modello per Abaqus, il listato portato a video, quindi,
se si conferma la scelta, si procede con la taratura, che pu avvenire tanto sul

START
(modal_a.m)
Inizio taratura
(menutar.m)
Inserimento valori noti e loro peso
(anafasi.m, inser.m)
(Menu=2 TARATURA)
(Mod=2 analisi nello
spazio delle fasi)
Il file scelto quello
corretto ?
(openfil.m)
SI
NO
Lettura parametri da tarare e
definizione limiti di variabilit
(letvar.m)
Il desidera ridurre il
modello?
(anafasi.m)
SI
7.4.4.2
NO
7.4.4.1
Il programma di Model Updating Capitolo 7
124
modello completo che su quello ridotto; in entrambi i casi, per, la procedura
comunque la medesima: dapprima la routine di normalizzazione (norma.m), quindi
quella di ottimizzazione (funzio2.m), ed infine il file contenente le opzioni di
salvataggio (menufin.m). Lalgoritmo di ottimizzazione ancora fmincon.m.

! inser.m: lequivalente, nello spazio delle fasi, di avavettn.m, e gestisce quindi
limmissione dei dati sperimentali e dei loro pesi. In tal caso il file richiamato
noti3.mat, che contiene il vettore avalnoti e la matrice avettnoti, ed
possibile distinguere i pesi da assegnare alla parte reale e immaginaria degli
autovalori, oltre a quello relativo agli autovettori:

NumbAval=length(avalnoti);
for i=1:NumbAval,
avalnoti(i)
pesoavalreal(i) = input('Peso parte reale:');
pesoavalimag(i) = input('Peso parte immaginaria:');
end

pesoavettmod = input('Peso autovettori:');
Il programma di Model Updating Capitolo 7
125
7.3.4.1 Taratura con modello completo

Routine di NORMALIZZAZIONE:



! norma.m: la routine equivalente a norma2.m. Lunica differenza tra le due nella
successione di subroutine richiamate, che, nello spazio delle fasi, prevede un
doppio lancio di Abaqus per poter ricostruire le matrici M, K, e C.


Prima combinazione di
variabili nel vettore var
1 ELABORAZIONE
(modesto.m, abaqus.m,
openris.m, letaval.m, masrig.m)
START
(norma.m)
2 ELABORAZIONE
(modifis.m, abaqus.m, openris.m,
letaval.m, smorza.m)
Calcolo di f e aggiornamento
eventuale del massimo
(norma.m)
Calcolo di autovalori ed
autovettori e accoppiamento tra
dati sperimentali e numerici
(calcolo.m, MAC1.m)
Le combinazioni sono
terminate?
(norma.m)
NO
Nuova combinazione di
variabili nel vettore var
Calcolo di costnorm e
ritorno a anafasi.m
SI
Il programma di Model Updating Capitolo 7
126
Routine di OTTIMIZZAZIONE:



! funzio2.m: in analogia a quanto detto circa loperazione di normalizzazione, questa
routine equivalente a oggtara.m, fatta salva la successione delle subroutine in
essa richiamate.

Prima combinazione di
variabili nel vettore var
1 ELABORAZIONE
(modesto.m, abaqus.m,
openris.m, letaval.m, masrig.m)
START
(funzio2.m)
2 ELABORAZIONE
(modifis.m, abaqus.m, openris.m,
letaval.m, smorza.m)
Calcolo della funzione obiettivo
f
(funzio2.m)
Calcolo di autovalori ed
autovettori e accoppiamento tra
dati sperimentali e numerici
(calcolo.m, MAC1.m)
Raggiunto il minimo?
(fmincon.m)
NO
Aggiornamento delle variabili
nel vettore var
Torna a anafasi.m
SI
Il programma di Model Updating Capitolo 7
127
7.3.4.2 Taratura con modello ridotto
Le routine di normalizzazione e ottimizzazione sono, in tal caso, normrido.m e funrido.m,
e differiscono da norma.m e funzio2.m per lintroduzione dei file di riduzione partcom.m e
riducom.m, inseriti tra smorza.m e calcolo.m. Nel seguito si esaminano i suddetti file,
mentre vengono tralasciati i diagrammi di flusso relativi, che nulla aggiungono rispetto a
quanto gi detto.
! partcom.m: il file analogo a partizio.m, dal quale differisce solo per
lintroduzione del partizionamento anche sulla matrice di smorzamento C calcolata
in smorza.m.

! riducom.m: questo file, sulla scorta di quanto sviluppato nel capitolo 6, 6.6,
definisce la matrice di trasformazione T che consente il calcolo di M
R
, K
R
e C
R
:

S=size(M);
V=ones(NUMLIB,1);
T=diag(V);

Ts=-inv(Kss)*Ksm;
T(NUMLIB+1:S(1),:)=Ts;
Mr=T'*M*T;
Kr=T'*K*T;
Cr=T'*C*T;

ZERr=zeros(size(Mr));
Ar=[Cr Mr
Mr ZERr];
Br=[Kr ZERr
ZERr -Mr ];

Kd=zeros(size(M));
Kd(NUMLIB+1:length(M),NUMLIB+1:length(M))=inv(Kss);
OPS=[-C*T -M*T];
MD=(-inv(Ar)*Br);
PASS=Kd*(OPS)*MD(:,1:NUMLIB);
Tcom=T+PASS

Mr=Tcom'*M*Tcom;
Kr=Tcom'*K*Tcom;
Cr=Tcom'*C*Tcom;

M=Mr;
K=Kr;
C=Cr;
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
128


CAPITOLO 8

La Cupola della Basilica di San Gaudenzio


8.1 Premessa
Questo capitolo intende presentare unapplicazione ad una struttura reale e complessa, che
confermi la generalit delle procedure presentate nei capitoli precedenti ed allo stesso
tempo ne evidenzi eventuali limiti ancora presenti.
Allo scopo, si scelto di esaminare la Cupola della Basilica di San Gaudenzio, che rientra
in un programma di ricerca scientifica di tipo interuniversitario, per il quale verr inoltrata
una richiesta di cofinanziamento presso il MURST (Ministero dellUniversit e della
Ricerca Scientifica e Tecnologica).
Il suddetto programma ha per titolo Strategie di conservazione di edifici monumentali
complessi basate sul monitoraggio strutturale. Applicazione alla cupola della Basilica di
San Gaudenzio a Novara, e si propone di definire una metodologia razionale e
quantitativa per la progettazione dinterventi di miglioramento della sicurezza strutturale di
edifici monumentali complessi, che sfrutti in maniera ottimale:
! le informazioni fornite dai sistemi di monitoraggio;
! le potenzialit dei sistemi di controllo attivo;
! la capacit di elaborazione e risposta in tempo reale delle reti informatiche diffuse.
Secondo questa filosofia, quindi, il sistema di monitoraggio e i dispositivi di controllo sono
intesi non pi come strumenti di supporto allintervento, ma come parte integrante del
medesimo.
Si ritiene, tuttavia, opportuno verificare lapplicabilit del progetto partendo da un caso
studio specifico, ed in tale contesto che sinserisce la cupola della Basilica di San
Gaudenzio a Novara, individuata quale struttura rappresentativa in tal senso per:
! la rilevanza architettonica;
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
129
! la complessit e delicatezza dei problemi legati agli interventi di salvaguardia;
! il coinvolgimento di tutti gli aspetti che il processo intende sviluppare nelle
problematiche che la riguardano.
Il progetto vuol esser frutto della cooperazione integrata e coerente di quattro Unit di
Ricerca (UR), il cui ruolo complementare; esse sono la UR di Udine, che opera
specificatamente nellambito della simulazione numerica e della definizione dei modelli,
nonch nella valutazione della sicurezza della condizione di fatto e di quella prevista dopo
il consolidamento; la UR di Padova, che coordina il progetto di consolidamento, pur
avendo anche consistente esperienza nei campi dellidentificazione dinamica e nel
monitoraggio; la UR di Trento, che ha responsabilit connesse allallestimento e gestione
del monitoraggio e del controllo attivo in linea ed alla messa a punto del sistema di
networking informatico; la UR di Torino, cui competono lidentificazione dinamica e il
coordinamento generale del progetto.

8.2 Competenze della UR di Torino nel programma di ricerca
Gli edifici a carattere monumentale in muratura sono complessi e, spesso, difficili da
interpretare. A causa delle incertezze e della difficolt nellindividuare un criterio di
modellazione universalmente applicabile, appare chiara limportanza di convalidare le
analisi numeriche con la sperimentazione. In questo progetto di ricerca sintende andare
oltre: sperimentazione e modellazione interagiscono inizialmente per tarare il modello,
rafforzarne laffidabilit e cercare di cogliere e simulare eventuali difetti o irregolarit di
comportamento gi esistenti nella struttura; poi, nel tempo, la sperimentazione interviene
per utilizzare le capacit di predizione del modello, ormai tarato, ai fini del controllo.
Alla luce di tali considerazioni, le competenze affidate alla UR di Torino allinterno del
programma di ricerca, che si articola secondo quattro fasi, ognuna delle quali prevede
specifiche competenze per ogni UR coinvolta, possono essere cos riassunte:
! Fase I: stato dellarte su identificazione dinamica e diagnosi sintomatica.
Collaborazione con URTN e URUD per il modello preliminare modale utile alla
localizzazione dei sensori. Progetto del sistema di misure dinamiche: scelta del
numero e della posizione dei sensori e ottimizzazione della rete di misura
finalizzata alla correzione degli effetti dincompletezza, sulla base del modello
preliminare disponibile.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
130
! Fase II: installazione e collaudo della rete di acquisizione della risposta dinamica,
in collaborazione con la URTN. Messa in opera dei supporti mobili per le
rilevazioni temporanee o periodiche, ad integrazione delle stazioni di misurazione
fissa. Scelta e ottimizzazione del software di elaborazione e analisi preliminare dei
segnali e dei filtri per la rimozione del rumore di misura, nella prospettiva di
preservare le informazioni necessarie alle successive elaborazioni a scopo
identificativo e diagnostico.
! Fase III: messa a punto e ottimizzazione degli strumenti automatici per
lidentificazione dinamica, correzione su base sperimentale dei modelli numerici
lineari, diagnosi sintomatica e individuazione di non-linearit. Applicazione di
nuove tecniche didentificazione modale sui segnali provenienti dalla rete di
acquisizione, con particolare attenzione ai metodi output only in tempo-
frequenza, e confronto con metodi nel dominio del tempo validi in campo
stazionario (DSPI, ERA, RTD).
! Fase IV: controllo dinamico in linea nel tempo: sperimentazioni simulate su
modelli corretti con interventi e non-linearit locali. Diagnosi basata su tecniche di
Model Updating applicate ai modelli numerici costruiti in collaborazione con le UR
di TN e UD, tenendo conto dei dati provenienti dallidentificazione. Diagnosi
sintomatica con uso di reti neurali.

Il contributo della nostra UR al progetto di ricerca pu esser delineato con maggior
chiarezza nel modo seguente: innanzi tutto occorre progettare un sistema per la
registrazione e lelaborazione dei segnali, costituito da tre componenti principali: sensori
accelerometrici in numero e posizione opportuna, scheda di acquisizione e software di
analisi. Il sistema deve consentire lanalisi dei segnali di risposta dinamica in tempo reale o
appena conclusa la registrazione, comunque direttamente sul campo.
Al riguardo, grande attenzione deve porsi alla scelta del numero e della posizione dei
sensori. Questa operazione non pu prescindere dalla disponibilit di un primo modello
matematico della struttura, sommariamente tarato sulla base di prove dinamiche
preliminari al fine di identificare alcuni dei modi di vibrare pi bassi. La rete dei sensori
sar progettata con criteri di ottimizzazione, avendo cura che il numero degli strumenti sia
tale da poter esplorare un campo di frequenze sufficiente ad effettuare considerazioni
diagnostiche (i modi pi alti, infatti, essendo dominati dalle rigidezze, possono fornire
importanti informazioni circa leventuale presenza di difetti o singolarit locali),
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
131
interagendo con il modello numerico disponibile, in modo da correggere gli effetti
dellincompletezza e da permettere lidentificazione completa dei parametri modali.
La rete di misura permanente sar realizzata predisponendo un numero di stazioni di
misura fisse, atte a fornire adeguate informazioni sui primi modi della struttura, mentre le
rimanenti saranno concepite come stazioni mobili, utili alle sperimentazioni periodiche.
Una seconda, ed importantissima, fase del programma costituita dalle procedure di
identificazione strutturale. Sui segnali acquisiti saranno effettuate elaborazioni volte
allapplicazione di nuove tecniche di identificazione modale che prescindono dalla
conoscenza dellinput dinamico, preferendo quelle che non richiedano ipotesi restrittive di
tipo statistico. In particolare, si far ampio uso del metodo in tempo-frequenza di cui si
detto nel capitolo 3, confrontando successivamente i risultati ottenuti con quelli provenienti
dalle tecniche nel dominio del tempo valide in campo stazionario, quali il DSPI, lERA o il
PRTD.
Infine, lultima fase del progetto quella della diagnosi sintomatica e mediante modello, i
risultati dellanalisi modale sperimentale potendo, infatti, costituire i dati dingresso per
una procedura di diagnosi di tipo sintomatico. necessario individuare un opportuno
insieme di parametri in ingresso ed in uscita, quindi stabilire un certo numero di
esperimenti da eseguire, al fine di ottenere lidentificazione univoca del danno. E pratica
comune far ricorso ad una grande variet di vettori dingresso, e programmare un numero
di esperimenti il pi ampio possibile, in modo da identificare diverse classi di danno. Le
reti neurali, ed in generale tutte le tecniche di pattern recognition, possono essere
strumenti molto intuitivi ed efficaci per realizzare questo tipo di approccio.
Metodi alternativi allanalisi sintomatica sono quelli che si fondano sulla correzione di
modelli numerici, sulla base dei risultati dellidentificazione strutturale (Model Updating).
Tale metodologia non ha solo uno scopo diagnostico diretto, ma altres funzionale alla
predisposizione di un modello numerico tarato, che tenga conto di irregolarit e
dissimmetrie, su cui fondare previsioni e analisi interpretative delle scelte progettuali
relative agli interventi di consolidamento.
Dunque, lapplicazione alla Cupola dei codici messi a punto presso il laboratorio di
Dinamica e Sismica del Dipartimento di Strutture e Geotecnica di questo Politecnico
costituisce un primo tentativo di taratura del modello matematico, al fine di consentire la
corretta identificazione dei modi di vibrare pi bassi. Lo stesso modello , al contempo, un
valido strumento di progettazione per la rete dei sensori, potendosi instaurare una sorta di
parallelismo tra questa e le tecniche di riduzione del modello completo viste nel capitolo 5.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
132
I paragrafi che seguono costituiscono lintero percorso, mentale ed operativo, del
protocollo che sintende porre in essere per lo studio di opere affini a quella esaminata:
lanalisi dellopera, volta ad esaminarne la concezione strutturale e lo stato di fatto,
lacquisizione della risposta dinamica e lidentificazione strutturale, la modellazione agli
elementi finiti e il processo di taratura del modello analitico.

8.3 Cenni storici
8.3.1 La Basilica e il campanile
Gaudenzio fu il primo vescovo della Novara cattolica, e alla sua morte, che avvenne nel
417 d.C., le sue spoglie furono portate nella Basilica ancora in costruzione. La stessa fu
successivamente riedificata ed ampliata dal vescovo Litifredo, e riconsacrata nel 1298 dal
vescovo Papiniano.
Verso la met del XVI secolo, sotto il dominio spagnolo dellimperatore Carlo V, fu
stabilito di fortificare la citt, cingendola entro una cinta di mura, e poich secondo il
progetto di fortificazione la Basilica e la sua canonica risultavano troppo vicine ai bastioni,
si risolse di demolirle. Le spoglie del Santo Patrono furono quindi provvisoriamente
trasferite presso la chiesa di San Vincenzo.
Ma la popolazione, estremamente devota al Santo, non volle che le reliquie del vescovo
venissero conservate in luogo non appropriato; cos, negli anni successivi, venne dato
incarico a Pellegrino Pellegrini (detto il Tibaldi) di progettare una nuova chiesa; i lavori
iniziarono nel 1577, e per garantire i fondi necessari venne istituito, a carico di tutti i
cittadini, un balzello di sei denari per ogni libbra di carne acquistata. Nel 1596 il Pellegrini
mor, e gli anni successivi furono caratterizzati da un lento procedere dei lavori, a causa
dellestrema condizione di povert in cui versava lintera cittadinanza.
La chiesa fu terminata nel 1656, mentre nel 1674 inizi la costruzione dello Scurolo, una
cappella aggiuntiva destinata ad accogliere le reliquie del Santo Patrono, terminata solo 37
anni dopo, nel 1711, anno della traslazione delle spoglie del vescovo.
Restava quindi aperta la questione della realizzazione della cupola, che doveva sostituire il
provvisorio soffitto a calotta fatto di centine intonacate e decorato con un dipinto di poco
pregio.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
133
Daltronde, per questa copertura erano gi disposti, agli angoli dellintersezione tra navata
centrale e transetto, otto altissimi pilastri.e fa credere debba essere una gran macchina
quella, che aspettata per tanti anni del riposo di simili fondamenti.
1

Ci nonostante, intorno alla met del 700, si diede invece inizio alla costruzione del
campanile. In realt esisteva gi una torretta campanaria collocata sul piastrone sud-ovest,
ma nel 1753 la Fabbrica Lapidea, istituzione nata nel 1552 per la costruzione e
manutenzione della Basilica, si radun per deliberare sulledificazione del nuovo
campanile, la vecchia torretta minacciando il crollo. La Segreteria di Stato volle tuttavia
sapere perch si preferisse costruire il campanile, anzich la cupola e laltare, ancora
mancanti. La Fabbrica rispose che stimasi preferire la costruzione del Campanile a quella
della Cupola, perch la presentanea non rende deformit anzi ben ornata da una distinta
pittura laddove il campanile presentaneo minaccia rovina alla chiesa medesima n pu
costruersi la cupola se non distrutto esso campanile vecchio occupante parte dello spazio
occupabile dalla Cupola.
2

Del progetto venne quindi incaricato Benedetto Alfieri, zio di Vittorio. La costruzione
inizi nel 1753, e nel 1773 mancava ancora la cella campanaria, ma i lavori dovettero
essere interrotti per mancanza di denaro. Lopera fu infine compiuta nel 1786, 33 anni
dopo il suo inizio.

8.3.2 Costruzione della cupola
Pi volte la popolazione di Novara aveva manifestato lardente desiderio di vedere
degnamente compiuta lopera iniziata dal Tibaldi e proseguita dallAlfieri, con una cupola
che rendesse pieno merito alla magnificenza dellopera sin qui realizzata. Cos, nel maggio
1840, la Fabbrica Lapidea deliber di affidare il progetto della Cupola allarchitetto
novarese Alessandro Antonelli. Nel 1841 venne presentato un primo disegno, che
prevedeva tra laltro il rifacimento della facciata della Basilica ed una nuova copertura in
lastre di beola; tuttavia, nulla di quanto previsto in tale fase venne realizzato, ed i lavori
ebbero inizio solo nel settembre 1844. Lanno successivo i primi problemi economici
imposero di arrestare il cantiere, che riprese la sua attivit solo nel 1858. Nel marzo 1860
Antonelli present un nuovo progetto per la parte della Cupola ancora da realizzare, ma la
sua proposta venne respinta adducendo problemi di tipo economico. Larchitetto redasse

1
Prina, Trionfo di S.Gaudenzio, Milano, 1711, p.45
2
A.Viglio, Vicende della costruzione del campanile di S.Gaudenzio di Novara, Boll. Sez. Novara della R.
Dep. Subalpina di St.Patria, 1936, pp.201-207
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
134
allora una relazione tecnica a sostegno della necessit di realizzare il doppio peristilio,
punto focale del nuovo progetto, ed afferm contemporaneamente di poter contenere i costi
relativi sostituendo al previsto cupolino su due ordini di 24 colonne un finimento pi
economico. Il consiglio comunale procrastin ogni decisione sino al giugno 1861 quando,
sulla base di una perizia sviluppata dallo stesso Antonelli e successivamente avvallata dagli
ingegneri Colli e Busser, la Fabbriceria ne deliber ladozione, seguita a ruota
dallapprovazione del Consiglio Comunale.












Figura 8-1 Evoluzione del progetto dellAntonelli

Nel 1862 la rottura di due delle chiavi in ferro poste in corrispondenza del piano dimposta
dei vecchi arconi gett unombra di timore sulla cittadinanza, e larchitetto si risolse di
sostituirle tutte.
Nel 1863, con una lettera inviata alla Fabbrica Lapidea, Antonelli chiese formalmente
lautorizzazione a realizzare il cupolino a due ordini di colonne, secondo quanto da lui
concepito originariamente; la richiesta venne per immediatamente cassata, e per tutta
risposta si procedette alla nomina di una Commissione di esperti per la valutazione della
reale stabilit dellopera. La Commissione fu costituita nel novembre dello stesso anno, ed
i lavori interrotti sino a parere espresso. Negli anni successivi, in attesa del giudizio,
vennero ultimate le opere interne, compresa la scala che conduceva alla sommit della
Cupola. Nel 1875 ripresero i lavori e finalmente, nellestate 1876, inizi la costruzione del
cupolino, cos come concepito dallillustre architetto. I lavori furono conclusi nella loro
essenza nella primavera 1878, e pochi giorni dopo innalzata la statua del Redentore.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
135
8.3.3 Un cantiere sempre aperto
Se lecito affermare che il desiderio principale dellarchitetto forse la trasmissione al
futuro delle sue opere, segno inconfutabile del proprio ingegno e pensiero, curioso notare
come tale proposito sia andato completamente deluso nel caso di Alessandro Antonelli:
nessuna delle sue opere principali (il santuario di Boca Novarese, la Mole, la Cupola di
S.Gaudenzio) riuscita a mantenersi integra nel tempo; al contrario, non difficile
rendersi conto di quanto intensi e pesanti siano stati gli interventi condotti su di esse, e di
come questi abbiano inevitabilmente condotto alla perdita della concezione strutturale
antonelliana. In tal senso la Cupola esempio emblematico: non terminano neppure i
lavori che il manufatto si trasforma in un lunghissimo
cantiere di consolidamento.
I primi lavori di rinforzo sono condotti dallAntonelli
stesso a causa, come da lui sottolineato, della scarsa
qualit dei materiali impiegati nelloriginaria
costruzione del Tibaldi. Allo scopo di verificare la
bont dellintervento del maestro e la stabilit del
monumento, viene nominata, nel 1882, una speciale
Commissione formata da Cesare Prato, Giovanni
Curioni e Archimede Sacchi; questa concentra la
propria attenzione sulla parte di costruzione compresa
tra limposta e la prima cupola, notando la presenza
di numerose lesioni visibili, alcune con carattere di
vere e proprie fenditure passanti, altre definibili come
semplici peli, ed inizia la classificazione di quanto rilevato. Dopodich vengono
esaminate le quattro arcate a discarico di moderna costruzione, che presentavano lesioni
negli archi inferiori rivolti a nord, est e sud. inoltre denunciato uno strapiombo di 21 cm
verso il pilastrone di sud-est, chiaro segnale del maggior dissesto fin dallora registrato
(daltronde, proprio quel pilastro era stato oggetto negli anni precedenti degli interventi di
consolidamento condotti dallo stesso architetto). La conclusione cui pervengono Prato,
Curioni e Sacchi che i due arconi di sostegno, eretti su ciascuna coppia di pilastroni, sono
soggetti ad unineguale distribuzione di pressioni, in quanto, mentre sullarcone di minor
freccia grava il giro interno di colonne granitiche, che regge la maggior parte del carico, su
Figura 8-2 Vista della Cupola
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
136
quello con chiave a quota maggiore si scaricano i due giri esterni, pi leggeri e cedevoli in
quanto realizzati in muratura.
Con il termine della campagna di consolidamento iniziata nel 1882, che avviene intorno al
1885, si conclude la fase del cantiere, e la costruzione gode di un periodo di relativa
tranquillit, durante la quale non si registrano interventi significativi, eccezion fatta per le
opere eseguite da Costanzo Antonelli per la realizzazione della scala daccesso alla
Cupola.
Nel 1927 si torna a parlare del problema della stabilit. Destano infatti preoccupazione le
condizioni di usura delle colonne granitiche dellultimo ordine del cupolino, e viene
interpellato il prof. Arturo Danusso, del Politecnico di Milano, che propone la demolizione
della cuspide e il conseguente rifacimento in cemento armato e, nello stesso materiale, la
realizzazione di una scorza sulla parte interna delle otto colonne dellultimo ordine del
cupolino, nonch la realizzazione di una trave di ripartizione dei carichi, aumentati per
effetto delle nuove opere, nella zona del castello conico (il cavatappi) in cui i pilastri
inclinati si riducono da ventiquattro a otto. I lavori vengono avviati nel settembre 1931, e si
protraggono sino ai primi anni del dopoguerra. Gli anni tra il 1932 e il 1935 trascorrono
senza intoppi significativi, ma quando, nel 1935, si manifestano alcuni distacchi delle
decorazioni interne in gesso e nuove screpolature nelle colonne granitiche lallarme torna a
destarsi. Nel 1936 Danusso propone un intervento sul primo ordine del cupolino del tutto
simile a quello gi compiuto sul secondo, mentre nellanno successivo si parla di
unincamiciatura interna della zona del primo ordine del cupolino. Ma proprio in
quellanno che la situazione precipita: vengono notati alcuni cedimenti attribuibili al pilone
che aveva gi ceduto nel 1882, si registra uno strapiombo del cupolino e nuove lesioni
compaiono nellarcone tra i due pilastri del presbiterio. Il dissesto progredisce con rapidit,
e il Podest dispone un piano di evacuazione dei cittadini e la chiusura della chiesa al
pubblico. Nei mesi successivi va via via consolidandosi la convinzione che la ragione dei
nuovi dissesti vada ricercata nei pennacchi, consolidati nellanno successivo mediante
riempimento dei vuoti della muratura con mattoni e calcestruzzo.
in questi anni che diventa rovente il dibattito tra Danusso e Daverio, il quale in una
lettera del 39 scrive che la ragione dei nuovi cedimenti da ricercarsi nellaumentato peso
del cupolino, e propone pertanto di demolire le opere del Danusso e ricostruire il cupolino
secondo la filosofia antonelliana.
Nel maggio del 1947 un nuovo intervento danussiano si aggiunge alla serie di operazioni
gi compiute: si realizza lanello in cemento armato, attualmente visibile dallinterno della
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
137
Basilica, allo scopo di impedire la lobizzazione del cerchio dimposta del colonnato al di
sotto della cupola cassettonata, seppur tra le polemiche sul danno estetico conseguente
limpossibilit di scorgere le basi delle colonne soprastanti il cerchio dimposta.
Alla fine del 1953 le vicende del consolidamento della cupola sono di fatto concluse,
mentre rimane aperto il dibattito sulla eventuale ricostruzione del cupolino, che prosegue
fino al 1954, sempre pi orientato verso la demolizione e ricostruzione. Tuttavia, sebbene
nel 1954 Danusso si dichiari favorevole a tale soluzione, ammettendo in sostanza
lapprossimativit dei precedenti interventi, di tale progetto non se ne far mai nulla.

8.4 Analisi dellopera
8.4.1 Struttura della Cupola
Il sistema che sorregge lintera Cupola costituito dai quattro arconi inferiori, formanti
corpo unico coi pennacchi, e dai quattro superiori, a sesto rialzato, che sovrastano gli
inferiori e determinano una seconda corona circolare di diametro superiore rispetto a quella
sottostante. La muratura degli arconi legata da quattro gruppi di chiavi di ferro.
Sugli anelli determinati da arconi e pennacchi poggiano, in tre giri concentrici, i fulcri
costituenti lossatura della Cupola. Lanello inferiore porta il giro di colonne del peristilio
interno, quello superiore i due giri di pilastri esterni. Le 24 colonne del peristilio interno
sono in granito, ricoperte da stucco. Il diametro interno dellanello inferiore di 14,42 m.,
quello esterno del tamburo misura invece 22,2 m. I tre giri di fulcri sono legati tra loro, nel
piano orizzontale di elevazione, da archi e piattabande. Nella zona del primo peristilio, poi,
i pilastri interni e gli intermedi si saldano in un nucleo comune, rafforzato da due robusti
legati in granito.
I sostegni interni reggono, nella zona corrispondente alle colonne del primo peristilio, una
cupola decorata a cassettoni di stucco bianco, aperta in alto a formare un grande occhio
circolare, il cui anello sostiene le estremit di 24 archi rampanti, collegati fra loro da sottili
volte a botte.
Osservando la Cupola dallesterno, dal basso verso lalto, distinguiamo (figura 8-3): i
finestroni del primo stilobate, le colonne del primo peristilio esterno, le finestre del
secondo stilobate e le colonne del secondo peristilio. Seguono un giro di finestre rotonde
(attico), finestre rettangolari (imposta della cupola), ed infine la cupola vera e propria.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
138
Questa costituita da costoloni in muratura, nascenti sulla verticale dei 24 fulcri interni;
questi costoloni sono uniti da nervature orizzontali, e gli specchi tra costole e nervature
hanno lo spessore di un mattone.

Figura 8-3 Sezione della Cupola
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
139
La copertura della cupola in lastre di beola, trattenute da costoloni in granito posti in
corrispondenza di quelli in muratura. Tra la beola e la sottile scorza muraria vi
unintercapedine. Allaltezza del secondo peristilio, 24 fulcri inclinati si staccano dalla
verticale dei fulcri interni e costituiscono un castello conico di pilastri, che sorregge gran
parte del peso del cupolino ( il cosiddetto cavatappi). Dentro questo castello
simpostano, successivamente, la seconda cupola interna e poi ancora tre cupolette minori
traforate, a sesto sempre pi ribassato. Il castello conico di pilastri legato alla cupola
esterna con archi diritti e diritti-rovesci, posti a diverse altezze.
I 24 pilastri inclinati si riducono poi a otto nellultimo tratto conico.
La struttura del cupolino antonelliano era costituita da un tubo cilindrico di muratura che
formava lanima della scala a chiocciola, da un giro interno di fulcri, portante la cuspide
estrema e da un giro esterno di fulcri, che si arresta al ballatoio circolare ove sono i
piedistalli fatti per portare le statue degli angeloni. Il cupolino si sviluppa, in modo simile
alla cupola, con il primo stilobate e il primo peristilio, il secondo stilobate e il secondo
peristilio, lattico e la cuspide.
Una comoda scala portava dalla strada fino allultimo ballatoio esterno del cupolino; coi
lavori in cemento armato, per, stata in parte distrutta la scala nel pilone della Basilica, e
tutta la bellissima scala ad elica del cupolino, rifatta in parte in cemento armato.
Nel complesso della cupola e cupolino, esclusa la struttura degli arconi e pennacchi, si ha
un volume di granito e gneiss di circa 375 m
3
, ed un volume di muratura laterizia di 2046
m
3
circa. La lunghezza totale della Basilica di 82,40 m., mentre la sua larghezza pari a
26,60 m. Dal pavimento della chiesa alla sommit della statua si misurano 122 m. Il peso
totale della Cupola, esclusi gli arconi, stato valutato in 5572 t.

8.4.2 Considerazioni circa il comportamento dinamico
Prima di passare agli aspetti operativi dellapplicazione, parso interessante riportare
alcune delle considerazioni svolte da Arialdo Daverio, nel suo libro sulla Cupola di San
Gaudenzio, circa il comportamento dinamico della struttura prima e dopo gli interventi del
prof. Danusso. , pi di tutto, interessante notare che, nonostante oggi possa apparire
scontata, lanalisi, nella sua semplicit, descrive perfettamente il comportamento dinamico
della Cupola, evidenziandone i punti deboli.
Si legge: Sotto lazione del vento tutta la struttura Antonelliana invasa da complessi
moti oscillatorii i quali si trasmettono con deformazioni elastiche di materia.[]

La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
140
Introducendo in parte del tronco di una struttura elastica e armonica delle modificazioni
che ne trasformano la natura, i moti oscillatorii sono, per conseguenza, costretti a
risolvere un nuovo equilibrio dinamico che interessa evidentemente non solo la parte
modificata, ma tutto il corpo attraversato dalle oscillazioni.[] Con venti forti le
oscillazioni del cupolino Antonelliano erano direttamente sensibili a chi si trovava sulla
cima. Dopo i lavori in cemento armato nessuna oscillazione avvertita dai sensi.[]
Se una struttura oscilla per effetto del vento, vi una forza che produce uno spostamento,
cio vi un lavoro. Nel cupolino Antonelliano limpulso dinamico del vento veniva dunque
spento e assorbito in lavoro di deformazione. Grazie a questo lavoro del cupolino, che
raccoglieva nella sua capacit di deformazione lurto del vento, lurto stesso non veniva
bruscamente trasmesso alla struttura inferiore e ai vincoli del sistema.[] Per effetto del
primo lavoro in cementi armato, venne irrigidita e resa pi pesante tutta la parte superiore
del cupolino; questo monolite appoggiava sulla parte inferiore la quale, gi offesa
dallazione dello zolfo, conservava tuttavia le snodature antonelliane. Su queste snodature
continu dunque ad oscillare il cupolino.[] la parte alta, rifiutando di deformarsi nella
sua massiccia integrit, trasmetteva allinferiore gli impulsi istantanei del vento tradotti in
momenti.[] Oggi invece la struttura del cupolino, per la sua rigidit, si rifiuta di
deformarsi.[] Lurto del vento, subito trasmesso alla struttura sottostante, tende a
scaricarsi nei vincoli del sistema dei fulcri interni sui quali imposto il cupolino.[] Un
punto debole della struttura attuale mi sembra la base del cupolino, l dove questo
sinnesta alla cupola; in quel punto sinterrompe infatti la scorza in cemento armato, che
rende monolitico il cupolino di sopra, e fascia il castello di pilastri di sotto.[] Se lurto
provenisse invece dal basso (terremoto), la presenza della massa rigida e pesante in alto
potrebbe nuocere assai gravemente, io penso, alla delicata struttura che la sostiene. Non
porrei in dubbio la stabilit antisismica del cupolino attuale, se questo sorgesse
direttamente dal suolo con una adatta base di fondazione; ma in realt piantato lass in
alto sopra la cupola, da essa dipende, su essa reagisce. La struttura precedente
(Antonelliana) era stata collaudata dai terremoti; non cos lattuale, che attende ancora
tale collaudo.
3


3
A.Daverio, la Cupola di S.Gaudenzio, Novara, 1940, pp.226-228
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
141
8.5 Test dinamici ed identificazione strutturale
Sulla Cupola di San Gaudenzio sono state effettuate sinora due serie di test dinamici. La
prima stata realizzata dallUniversit degli Studi di Pavia. Sono stati disposti 14
accelerometri su sei livelli differenti, secondo quanto riportato in figura 8-4.

Figura 8-4 Accelerometri: posizione in pianto ed elevato (acquisizioni di Pavia)

Il grosso limite di una distribuzione simile limpossibilit di ottenere informazioni
relative ai modi torsionali, che necessitano di almeno tre trasduttori ad ogni livello
strumentato. Lidentificazione stata svolta in un precedente lavoro di tesi, e facendo
ricorso prevalentemente al metodo ERA. La tabella 8.1 e le successive figure mostrano il
prodotto dellidentificazione in termini di frequenze naturali e relative forme modali.
Maggiori dettagli possono essere reperiti sulla tesi di Andrea Poli (marzo2001).
57.00
76.00
2 ACCELEROMETRI
4 ACCELEROMETRI
( A5, A6, A7,A8)
( A3, A4 )
110.00
( A13, A14)
2 ACCELEROMETRI
87.00
2 ACCELEROMETRI
( A11, A12)
( A9, A10)
2 ACCELEROMETRI
84.00
2 ACCELEROMETRI
( A1, A2 )
28.50
A1
A2
A6
A5 A7
A8
A4
A3
A10
A9
A11
A12
A13
A14
NORD
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
142
Tabella 8.1 Frequenze naturali identificate mediante ERA

modo frequenza [Hz]
1 0,75
2 1,7
3 2,42

I Modo = 0,75 Hz

Prospetto Nord Prospetto Est Pianta

II Modo = 1,7 Hz

Prospetto Nord Prospetto Est Pianta

III Modo = 2,42 Hz

Prospetto Nord Prospetto Est Pianta


Figura 8-5 Rappresentazione delle forme modali identificate sulla base delle acquisizioni di Pavia
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
143
Una seconda campagna di acquisizioni stata condotta dallUniversit degli Studi di
Trento. In tal caso si fatto ricorso a 16 accelerometri, disposti su quattro livelli differenti
(figura 8-6), che, per posizione e numero, consentono lidentificazione anche dei modi di
natura torsionale (contrariamente alla figura 8-6, per, laccelerometro 3 sovrapposto al
n4, e il suo verso opposto a quello del n1 e di tutti gli altri strumenti disposti secondo la
direzione est-ovest).



Figura 8-6 Accelerometri: posizione in pianta ed elevato (acquisizioni di Trento)
17.0
35.0
53.0
67.0
85.0
117.0
98.0
m
B
A
C
D
B
B
A A
C C
D D
NORD
1 3
2
4
6
8
5 7
12
9 11
10
13
16
15
14
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
144
I segnali sono stati acquisiti con una frequenza di campionamento pari a 500Hz, e sono
stati preliminarmente elaborati mediante il metodo ERA, in modo da poter scegliere su
quale set, tra i 18 disponibili, focalizzare la propria attenzione. Il programma di
identificazione utilizzato stato messo a punto nel laboratorio di Dinamica e Sismica, e
contiene un toolbox per lidentificazione output only con diversi metodi nel dominio del
tempo e nel dominio congiunto tempo-frequenza.
Al termine della fase di selezione si scelto il set denominato 214, che stato oggetto di
una nuova e pi approfondita identificazione mediante ERA. Tuttavia il metodo stato
abbandonato, e ad esso si sostituito quello nel dominio congiunto tempo-frequenza; tale
scelta, pur comportando un deciso aumento dei tempi computazionali richiesti, stata
suggerita dalle seguenti considerazioni:
! il metodo ERA presentava una certa sensibilit dei risultati rispetto alle operazioni
di filtraggio e sottocampionamento condotte sui diversi set di acquisizioni
disponibili ed anche sul medesimo;
! la rappresentazione delle forme modali parsa, a meno di alcuni problemi relativi
allattribuzione della fase, pi chiara con il metodo in tempo-frequenza piuttosto
che con lERA.
Operativamente, a seguito di numerose prove condotte sullo stesso set in condizioni
differenti, sono state effettuati i seguenti trattamenti: i segnali relativi ad ogni canale
sono stati normalizzati per tenere conto della diversa natura degli accelerometri impiegati
in fase di acquisizione, quindi troncati dopo i primi 32.768 elementi, ed infine si
provveduto ad eliminare, ad ogni livello, il canale pi rumoroso: nel caso particolare del
set 214 trattasi dei canali 3, 8, 10 e 13, corrispondenti agli accelerometri 4, 7, 9 e 14 di
figura 8-6 (nelle registrazioni, infatti, le colonne relative ad ogni canale sono in ordine
inverso rispetto alla numerazione dei trasduttori). I segnali sono stati sottocampionati
secondo un fattore pari a 32, sono stati eliminati media e trend di primo ordine, mentre non
stato applicato alcun filtro. Lidentificazione si basata sullestimatore di differenza di
fase (figure 8-7, 8-8 e 8-9), e sullanalisi diretta delle trasformate in tempo-frequenza
relative ai canali pi alti (per i modi flessionali) e pi bassi (per il torsionale). I risultati pi
significativi in tal senso sono quelli di figura 8-10 e 8-11.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
145





Figure 8-7 (in alto) e 8-8 (in basso) Estimatori di differenza di fase relativi al set 214: in alto con
sottocampionamento a 64 e =10; in basso con sottocampionamento pari a 32 e =10

La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
146
Figura 8-9 Estimatore della differenza di fase del set 214 con segnale sottocampionato a 32 e = 3
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
147





Figura 8-10 Trasformata nel piano (t,f) del canale 4 (accelerometro n13). In alto, la rappresentazione
complessiva; in basso, a sinistra il disaccoppiamento dei primi due modi, a destra la frequenza del modo
torsionale.

La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
148





Figura 8-11 Trasformata nel piano (t,f) del canale 14 (accelerometro n3). In alto, la rappresentazione
complessiva; in basso, a sinistra modi flessionali e torsionale, a destra le frequenze dei secondi flessionali.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
149
Le immagini precedenti consentono di effettuare alcune prime valutazioni:
! Il primo modo flessionale, precedentemente identificato alla frequenza = 0,75Hz,
pare in realt disaccoppiabile secondo due modi a frequenze molto prossime; tale
disaccoppiamento, peraltro, piuttosto complesso, data la forte vicinanza delle
frequenze corrispondenti, e risultano in tal senso utili le rappresentazioni nel piano
(t,f) di alcuni canali posti in alto.
! La frequenza corrispondente al modo torsionale piuttosto evidente sullestimatore
rappresentato in figura 8-9, mentre laccoppiamento dei secondi flessionali emerge
nuovamente in modo chiaro dalla rappresentazione della trasformata di figura 8-11
(in particolar modo questo vale per la coppia di modi a frequenza pi alta).
! Entrambe le coppie di flessionali presentano un movimento prevalente secondo due
direzioni che potremmo definire principali, tra loro ortogonali e poste a circa 45
rispetto agli assi della Basilica (nord-sud e est-ovest).
! La frequenza 3 Hz, sebbene molto evidente, non stata valutata quale
frequenza propria della struttura poich non trova alcun riscontro nel modello.
Trattasi invece, probabilmente, della frequenza propria di un apparecchio utilizzato
nel cantiere posto ai piedi della Cupola (ad esempio un martello pneumatico).

Di seguito, in tabella 8.2 e figura 8-12, i risultati finali dellidentificazione. Le
forme modali, per chiarezza, sono costruite partendo da una rappresentazione
semplificata della Cupola, assimilata ad una torre a base quadrata, anche in modo
da consentire il corretto apprezzamento della torsione.


Tabella 8.2 Frequenze naturali identificate

modo frequenza [Hz] tipo
1 0,7935 flessionale
2 0,824 flessionale
3 1,6174 flessionale
4 1,679 flessionale
5 1,7395 torsionale

La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
150
I Modo = 0,7935 Hz II Modo = 0,824 Hz

III Modo = 1,6174 Hz

IV Modo = 1,679 Hz

V Modo = 1,7395 Hz


Figura 8-12 Rappresentazione delle forme modali identificate
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
151
8.6 Modellazione agli elementi finiti
Il modello utilizzato in questa tesi stato messo a punto presso lUniversit degli Studi di
Trento, e costituisce un primo prodotto della difficile fase della modellazione. In futuro,
infatti, sar indispensabile intervenire tanto sulla definizione della struttura (introducendo,
ad esempio, il corpo della Basilica), quanto su aspetti quali le leggi costitutive impiegate
per i differenti materiali, le condizioni di vincolo ipotizzate etc..
Nel seguito distingueremo: il modello originale, proveniente dallUniversit di Trento;
quello modificato, ottenuto con la ridefinizione della mesh, di cui si dir in seguito, ed il
modello ridotto, derivato da quello modificato mediante riduzione statica di Guyan.
Vengono ora discussi gli aspetti principali relativi al modello originale.
! Elementi: sono tre: gli elementi shell, i beam e i truss.
I primi compaiono, prevalentemente, nei tamponamenti, nelle corone circolari che
fungono da solai alle diverse quote e nelle vele della gran tazza. I secondi sono
impiegati per i diversi ordini di colonne che costituiscono i fulcri del monumento. I
terzi, infine, compaiono nella modellazione delle cerchiature e dei tiranti.
Le dimensioni trasversali di tutti gli elementi, cos come il materiale di cui sono
composti, provengono dai rilievi storici e dalle tavole grafiche. Il grado di connessione
tra gli elementi stato valutato in un incastro: ci costituisce una forte approssimazione
del problema, soprattutto nei confronti delleffettivo grado di vincolo offerto dagli
ordini di colonne. Tale aspetto andr, dunque, accuratamente rivalutato nel corso degli
sviluppi successivi.

! Mesh: sostanzialmente autogenerata, in virt dellipotesi di assialsimmetria
geometrica della Cupola: definita una sua generatrice, questa fatta ruotare attorno
allasse verticale, cos da replicare tanto i nodi quanto gli elementi, secondo il passo
desiderato.

! Materiali: sono: ferro, granito, pietra di Luserna, calcestruzzo, mistocls e mattoni. Per
tutti si assume comportamento elastico lineare, definendo dunque, per ognuno di essi, la
densit specifica, , il modulo elastico, E, e il coefficiente di Poisson, . La
configurazione di partenza la seguente:
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
152

Tabella 8.3 Caratteristiche meccaniche dei materiali nella loro configurazione iniziale

LUSERNA MISTOCLS CLS

E =300000 kgf/cm
2
E =176000 kgf/cm
2
E =300000 kgf/cm
2

= 0,14 = 0,2 = 0,2
=3,5310
-6
kg/cm
3
=2,855210
-6
kg/cm
3
=2,510
-6
kg/cm
3



FERRO GRANITO MATTONI

E =2000000 kgf/cm
2
E =300000 kgf/cm
2
E =37000 kgf/cm
2

= 0,3 = 0,14 = 0,2
=7,647910
-6
kg/cm
3
=2,855210
-6
kg/cm
3
=1,835510
-6
kg/cm
3


ed una rappresentazione schematica della loro distribuzione sulla struttura fornita
in figura 8-13.

Legenda:

Mattoni
Ferro
Luserna
Mistocls
Cls
Granito


Figura 8-13 Distribuzione dei materiali sulla Cupola
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
153
! Condizioni di vincolo: la modellazione della Cupola termina allaltezza del tamburo, in
corrispondenza dellinnesto del triplo giro di colonne sulla Basilica, e trascura dunque
gli effetti che questa, assieme al sistema arconi-pilastri, esercita sulla struttura in
elevazione. Dette colonne, poi, sono assunte incastrate alla base e, per la sola analisi
statica, sono stati imposti dei cedimenti anelastici corrispondenti a quelli valutati sui
quattro piloni, operando uninterpolazione lineare per i punti a cedimento incognito.

Esaminiamo ora gli interventi effettuati sul modello preliminarmente alla sua taratura.
Innanzitutto, il modello originale era caratterizzato da una mesh molto fitta, giustificata,
probabilmente, dalle valutazioni statiche per le quali lo stesso stato concepito; nei
confronti dellanalisi dinamica, per, parso sufficientemente corretto limpiego di una
maglia pi ampia, specie se si considerano le inevitabili approssimazioni introdotte nel
corso della modellazione (presenza di giunti, legge costitutiva di tipo non lineare e
comportamento anisotropo dei materiali, condizioni di vincolo incerte), nonch per
limpegno computazionale richiesto. La ridefinizione del modello ha consentito di passare
da 73358 a 39695 elementi e, contemporaneamente, da 71208 a 39528 nodi. Lintervento
ha interessato sostanzialmente tutta la Cupola, soffermandosi, tuttavia, maggiormente sui
tamponamenti, sulle vele che costituiscono la gran tazza e sul cupolino. A titolo
esemplificativo, la gran tazza comprende ora 576 elementi, a fronte dei 5160 originali. Il
confronto tra i due modelli, come mostrano la tabella 8.4 e le figure 8-14, 8-15 e 8-16,
evidenzia un errore relativo percentuale nel calcolo delle frequenze naturali di vibrazione
piuttosto contenuto (specie se si considera che la taratura stata fatta sulla base dei soli
modi identificati, vale a dire i primi cinque), mentre le forme modali mantengono lo stesso
andamento globale.

Tabella 8.4 Confronto frequenze naturali di vibrazione a seguito delle modifiche apportate sul modello

Modo
Modello
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Originale 0,84 0,84 1,42 1,48 1,48 2,37 2,37 2,70 3,04 4,12

Modificato 0,85 0,85 1,48 1,49 1,49 2,45 2,45 2,86 3,64 4,19

errore % 1,59 1,59 4,39 0,64 0,64 3,24 3,24 6,04 19,86 1,79

La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
154










Si osserva, in particolare, come, nel range di frequenze 0-2,5 Hz, che quello analizzato in
questo studio, le discrepanze siano accettabili, intorno all1% e, in ogni caso, inferiori al
5%. Lo scopo di questo prima applicazione non essendo unanalisi diagnostica, la
precisione offerta dal modello modificato giudicata, dunque, accettabile.



= 0,84Hz = 0,84Hz = 1,42Hz = 1,48Hz = 1,48Hz

Figura 8-15 Modi di vibrare del modello originale

0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
modo
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
Figura 8-14 Errore relativo % nel calcolo delle frequenze naturali
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
155

= 0,85Hz = 0,85Hz = 1,48Hz = 1,49Hz = 1,49Hz

Figura 8-16 Modi di vibrare del modello corretto


Dal confronto tra le tabelle 8.2 e 8.4 e relative forme modali emergono alcuni aspetti
importanti: la successione dei modi identificati non la stessa di quella delle forme modali
provenienti dal modello ad elementi finiti. Vi , infatti, uninversione tra il torsionale e la
seconda coppia di modi flessionali, che andr risolta proprio in fase di taratura. Inoltre, e
questo elemento molto importante in prospettiva dei risultati che verranno presentati nel
prossimo paragrafo e delle problematiche sollevabili, il rapporto tra la prima e la seconda
coppia di frequenze non uguale nei due casi: 2,04 nel caso dellidentificazione (valore
medio), 1,72 per il modello. Questo porterebbe a concludere che trattasi di un modello
flessionalmente non verificato. Infine, data la natura assialsimmetrica del modello, la
seconda coppia di modi flessionali presenta uguale frequenza, mentre lidentificazione
sembrerebbe indicare una differenza tra le due.
Tutti questi aspetti sono ugualmente importanti, e verranno ancora richiamati nel
prosieguo.
Infine, un accenno alle problematiche connesse alla riduzione: complessit ed articolazione
del modello rendono inevitabile il ricorso a tecniche di riduzione: in particolare si fatto
uso di quella statica di Guyan, che, senza pregiudicarne eccessivamente la qualit, fornisce
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
156
i risultati in tempi pi limitati (10-15 min./iter. a fronte di 1h e 20 min./iter del modello
originale). Il grado di approssimazione tanto migliore quanto pi efficace la scelta dei
gradi di libert mantenuti; le tabelle 8.5 e 8.6 mostrano il confronto tra le frequenze del
modello completo (prima e dopo la ridefinizione della mesh) e di quello ridotto (avente
quale base di partenza il modello rimaneggiato). La scelta dei punti rispetto ai quali
effettuare la riduzione stata compiuta sulla base della posizione degli accelerometri, e
analizzando le forme modali del modello (in termini di nodi e ventri); sono stati quindi
individuati 24 nodi, per un totale di 42 gradi di libert (ogni nodo essendo identificato dagli
spostamenti in direzione x e y), la cui disposizione spaziale riportata in modo schematico
in figura 8.17.


Figura 8-17 Disposizione spaziale dei punti conservati con la riduzione statica di Guyan
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
157

Tabella 8.5 Confronto sulle frequenze

Modo
Modello
1 2 3 4 5
Modificato 0,85 0,85 1,48 1,49 1,49

Ridotto 0,86 0,86 1,51 1,52 1,53

errore % 0,56 0,60 1,89 2,10 2,79





Tabella 8.6 Confronto sulle frequenze

Modo
Modello
1 2 3 4 5
Originale 0,84 0,84 1,42 1,48 1,48

Ridotto 0,86 0,86 1,51 1,52 1,53

errore % 2,15 2,20 6,37 2,75 3,44



0,00
0,50
1,00
1,50
2,00
2,50
3,00
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1 2 3 4 5
modo
Figura 8-18 Errore relativo % rispetto al
modello modificato completo
0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
6,00
7,00
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1 2 3 4 5
modo
Figura 8-19 Errore relativo % rispetto al
modello originale
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
158
8.7 Taratura
La configurazione originale, da cui si partiti per ottenere il modello modificato, quella
che ha prodotto le frequenze di tabella 8.4 e le forme modali di figura 8-15. Qui si
richiamano i valori nominali assunti dai parametri meccanici dei materiali utilizzati,
peraltro gi elencati in tabella 8.3:

Tabella 8.7 Caratteristiche meccaniche dei materiali nella loro configurazione iniziale

LUSERNA MISTOCLS CLS

E =300000 kgf/cm
2
E =176000 kgf/cm
2
E =300000 kgf/cm
2

= 0,14 = 0,2 = 0,2
=3,5310
-6
kg/cm
3
=2,855210
-6
kg/cm
3
=2,510
-6
kg/cm
3



FERRO GRANITO MATTONI

E =2000000 kgf/cm
2
E =300000 kgf/cm
2
E =37000 kgf/cm
2

= 0,3 = 0,14 = 0,2
=7,647910
-6
kg/cm
3
=2,855210
-6
kg/cm
3
=1,835510
-6
kg/cm
3



(i valori delle densit riportati in tabella sono giustificati dal fatto che, sin dallinizio, sono
stati utilizzati kgf e cm, anzich N e m, e ci crea dei problemi dimensionali nel calcolo
delle frequenze naturali).
Le fasi di cui pu dirsi costituita loperazione di taratura sono le seguenti:
! Scelta dei parametri da tarare: in linea di principio questoperazione potrebbe
esser supportata anche da unanalisi di sensibilit, di cui si accennato nel capitolo
4. In realt, trattandosi di un problema estremamente complesso, che richiede
lunghi tempi di elaborazione, ed essendo necessario, in questo tipo di strutture,
privilegiare analisi semplici, che conservino intatto il significato fisico del
problema, tale valutazione stata condotta manualmente. Dalla configurazione
della tabella 8.7, sono state quindi impresse modeste variazioni ai parametri
meccanici principali, e lapprezzamento della maggior o minor sensibilit del
modello stato fatto sulla variazione subita dai parametri modali (nel caso
specifico dalle prime cinque frequenze naturali). In tal modo stato possibile stilare
una sorta di gerarchia dei parametri: al primo posto modulo elastico, densit e
coefficiente di Poisson della muratura, quindi modulo elastico e densit del
mistocls e del granito. Gli altri parametri hanno evidenziato uninfluenza pressoch
nulla.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
159
Infine, fanno parte del gruppo di parametri variabili anche le costanti di rigidezza
delle molle introdotte alla base della Cupola. Agli effetti dellanalisi dinamica,
infatti, evidente limportanza del sistema che sostiene la Cupola: un primo
tentativo, allo scopo di verificare leffettivo contributo di quanto trascurato, stato
appunto quello di simulare la presenza della Basilica mediante un graticcio anulare,
su cui poggia il triplo giro di fulcri, vincolato esternamente mediante due molle
orizzontali disposte secondo le direzioni principali del monumento. Il grado
dinterazione si esplica allora nel valore assunto dalle costanti di rigidezza k delle
molle, che peraltro assumono laccezione di parametri fittizi, potendosi inglobare in
esse il contributo del corpo della Basilica tanto in termini di rigidezza quanto di
massa.

! Inversione dellordine dei modi (secondi flessionali e primo torsionale): una prima
serie di processi di taratura condotti sulla densit e sul coefficiente di Poisson, ,
della muratura ha evidenziato la possibilit di correggere questa difformit
operando su questi parametri; inoltre la correzione sulla densit si rivelata utile
anche al rapporto tra i valori di frequenza delle due coppie di flessionali. Tuttavia,
parso evidente come la taratura di queste variabili possa facilmente assumere
laspetto di un problema malcondizionato: il modello risultando molto sensibile ad
una loro variazione, esse finiscono con lassumere valori fisicamente non
ragionevoli, pur consentendo lottimizzare del sistema. Per tale ragione si scelto
di operare una correzione manuale, nellambito degli intervalli di variazione
reperibili in letteratura per le murature.

! Rapporto tra le frequenze dei modi: come gi anticipato, la configurazione di
partenza del modello manifestava una sua non verifica a flessione. A riguardo, un
ulteriore tentativo stato quello di intervenire sui parametri che controllano la parte
alta della Cupola, ossia densit e modulo elastico del mistocls. Anche in tal caso si
provveduto ad una loro correzione manuale (i valori di default, peraltro, non
provenivano da prove sperimentali e quindi nulla poteva dirsi circa la loro
attendibilit), al termine della quale si sono assunti i seguenti nuovi valori:
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
160

MISTOCLS MATTONIPP

E =280000 kgf/cm
2
E = 37000 kgf/cm
2

= 0,2 = 0,17
=2,510
-6
kg/cm
3
=1,7510
-6
kg/cm
3

! Processi di taratura finali: sulla scorta di quanto precedentemente espresso, si
proceduto ad effettuare una prima ottimizzazione basata sulla correzione del solo
modulo elastico della muratura di mattoni (previa correzione manuale dei parametri
di cui si detto), quindi inserendo anche la taratura delle costanti di rigidezza delle
molle, in modo da poter compiere una prima valutazione delleffettiva influenza del
corpo della Basilica sulla struttura in elevazione. I risultati sono mostrati nelle
tabelle 8.8 e 8.9 e nelle figure 8-20 e 8-21.

Tabella 8.8 Modello privo di molle: risultati taratura effettuata sulla base dei cinque modi identificati

parametro valore
E 34970 kgf/cm
2

modo frequenza [Hz]
tipo
errore %
1 0,8632
flex.
8,72
2 0,8637
flex.
4,82
3 1,5067
tors.
6,84
4 1,5652
flex.
6,78
5 1,5708
flex.
9,70


0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
6,00
7,00
8,00
9,00
10,00
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1 2 3 4 5
modo

Figura 8-20 Errore relativo % sulla stima delle frequenze dei primi cinque modi
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
161

Tabella 8.9 Modello con molle: risultati taratura effettuata sulla base dei cinque modi identificati

parametro valore
E 35620 kgf/cm
2
molle
x


molle
y
899000 kgf/cm

modo frequenza [Hz]
tipo
errore %
1 0,8535
flex.
7,49
2 0,8697
flex.
5,55
3 1,5172
flex.
6,20
4 1,5381
flex.
8,39
5 1,577
tors.
9,34

0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
6,00
7,00
8,00
9,00
10,00
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1 2 3 4 5
modo

Figura 8-21 Errore relativo % sulla stima delle frequenze dei primi cinque modi

Oltre al problema della corretta valutazione della massa che compete ai nuovi gradi
di libert, emerge leffettiva necessit di tener conto della diversa rigidezza offerta
dal corpo Basilica nelle sue due direzioni principali; in particolare, mentre secondo
la direzione x (quella della navata centrale) pare lecito assumere una condizione di
incastro, in direzione y manifesta una certa flessibilit. Inoltre, lartificio delle
molle apporta un effettivo miglioramento nella successione dei modi e nella stima
delle frequenze, come visibile dai grafici delle figure 8-20 e 8-21 (peraltro, tale
miglioramento va visto nella globalit).
Unulteriore conferma circa la non verifica a flessione del modello proviene dalle
seguenti prove aggiuntive: in questo caso, lo stesso processo di taratura stato
condotto sulla base della sola prima coppia di frequenze flessionali. I risultati della
tabella 8.10 e la figura 8-22 evidenziano limpossibilit di conseguire un pari grado
di precisione su tutte e cinque le frequenze: un buon riscontro sui primi due modi,
infatti, genera inevitabilmente un errore elevato sui successivi.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
162

Tabella 8.10 Modello con molle: risultati taratura effettuata sulla base delle prime due frequenze identificate

parametro valore
E 30160 kgf/cm
2
molle
x


molle
y
800400 kgf/cm

modo frequenza [Hz]
tipo
errore %
1 0,794
flex.
0,00
2 0,8082
flex.
1,92
3 1,4026
flex.
13,28
4 1,4567
flex.
13,24
5 1,4926
tors.
14,19

0,00
2,00
4,00
6,00
8,00
10,00
12,00
14,00
16,00
e
r
r
o
r
e

r
e
l
a
t
i
v
o

%
1 2 3 4 5
modo

Figura 8-22 Errore relativo % sulla stima delle frequenze dei primi cinque modi

8.8 Conclusioni
In calce a quanto fin qui presentato pare opportuno effettuare alcune considerazioni
riguardo ai risultati ottenuti.
8.8.1 Circa lidentificazione
! La questione del disaccoppiamento dei modi potrebbe essere utilmente risolta, in
occasione di nuovi test dinamici, prevedendo alcuni setup con accelerometri
secondo due direzioni tra loro ortogonali e poste a circa 45 rispetto agli assi della
Basilica (vale a dire la navata centrale e il transetto). In tal modo gli strumenti
potrebbero seguire meglio linclinazione in pianta dei modi flessionali evidenziata
nellultima identificazione, rendendo pi evidenti le frequenze connesse alluna e
allaltra direzione e permettendo delle valutazioni non equivoche circa la natura di
questi modi.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
163
! Lirregolarit delle forme modali invece ricollegabile alla scarsa risoluzione
spaziale; un loro affinamento potr dunque aversi impiegando un maggior numero
di accelerometri, tanto in elevazione quanto in pianta, oppure effettuando due serie
di acquisizioni avendo posto gli strumenti in posizioni diverse: in tal caso,
mantenendo un numero esiguo di trasduttori in posizione fissa, sar
successivamente possibile comporre le forme modali provenienti dalle diverse
misurazioni. inoltre da incoraggiare luso di sensori dalle caratteristiche uniformi,
poich tale aspetto potrebbe indurre problemi nella corretta valutazione delle
relazioni di fase, portando rumore nelle forme modali stimate dai metodi di
identificazione output only.

8.8.2 Circa il Model Updating
Il modello di cui si dispone attualmente non pu essere al contempo verificato e
ottimizzato: in sostanza, parametri fisici ragionevolmente corretti non ottimizzano il
modello in termini di parametri modali e, viceversa, il conseguimento di un buon riscontro
in termini di frequenze subordinato a parametri inconsistenti. Lattenta analisi del
comportamento del modello conduce a concludere che il problema possa essere ricondotto
ad uno o pi dei seguenti aspetti, che pertanto andranno accuratamente riesaminati:
! influenza del corpo della Basilica: il modello attuale non considera linterazione
con quanto posto al di sotto della Cupola. Linfluenza potrebbe aversi tanto in
termini di rigidezza quanto di massa, e certamente sar pi manifesta sui modi a
bassa frequenza, quelli utilizzati in fase di updating. Pertanto si reputa
indispensabile e prioritaria la modellazione, anche semplificata, del corpo della
Basilica.
! controllo locale del modello: come detto, uno dei limiti principali riscontrati
durante la taratura limpossibilit di raggiungere un eguale rapporto tra i valori
delle coppie di frequenze identificate e le corrispondenti analitiche. Questo accade
poich il modello non dispone di alcun parametro dinfluenza locale, ossia tale da
incidere solo, o prevalentemente, su alcuni parametri modali della struttura. Due
potrebbero essere le cause alle quali ricondurre tale questione:
o condizioni di vincolo: il modello assume implicitamente una condizione di
incastro mutuo tra gli elementi che lo compongono. Ci pare alquanto
limitativo, specie riguardo ai diversi ordini di colonne posti sotto alla gran
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
164
tazza. Il suggerimento potrebbe esser quello di trasformare tale condizione
di vincolo in un incastro imperfetto (ricorrendo ad appositi elementi di
connessione), oppure inserire una serie di elementi, alla base ed in sommit
di ciascuna colonna, di sezione ridotta o con modulo elastico inferiore
(andr comunque tarato), s da simulare comportamenti monolateri, la
connessione con la muratura potendo, infatti, influire tanto sul
comportamento flessionale quanto su quello torsionale. Infine, da
approfondire il comportamento non lineare di singoli elementi e
connessioni.
o assialsimmetria: lipotesi di modello assialmente simmetrico, se dal punto di
vista geometrico pare plausibile ed confortata dai rilievi di cui si dispone,
sotto laspetto meccanico pu essere fortemente restrittiva: infatti, non da
escludersi la presenza di anomalie locali dovute a danneggiamenti pregressi,
cos come piuttosto probabile uninfluenza dellaltezza sulla rigidezza
della muratura: la compressione dovuta alla parte sovrastante, infatti,
potrebbe garantire comportamenti meccanici migliori, mentre attualmente,
da questo punto di vista, il modello omogeneo.

Quanto appena espresso non ha pretesa dessere una valutazione oggettiva, ma piuttosto si
propone di orientare lattenzione alle questioni presentatesi durante questo lavoro. Al
contrario, questesperienza ha dimostrato come strutture di tale complessit debbano essere
studiate mediante successivi livelli di approfondimento, con lausilio indispensabile
dellinterazione virtuosa di prove sperimentali e modelli matematici accurati ed affidabili.
Le conclusioni tratte, dunque, sono in realt dei suggerimenti, aspetti che potrebbero
rivelarsi utili durante le successive fasi di sviluppo che il progetto conoscer.
La Cupola della Basilica di San Gaudenzio Capitolo 8
165

BIBLIOGRAFIA

- Daverio A., La Cupola di S. Gaudenzio. Lopera del massimo architetto italiano
del XIX secolo Alessandro Antonelli, Novara, 1940.
- Il secolo di Antonelli Novara 1798-1888 a cura di Daniela Biancolini, Istituto
Geografico De Agostini, Novara, 1988, pp.145-157.
- Pozzi R., 1997. Arturo Danusso e il consolidamento della Cupola di San
Gaudenzio a Novara, Ananke, Firenze, 1997, n.17-18, pp.101-110.
- Theodosios P. Tassios, Meccanica delle murature, Liguori Editore, Napoli, 1995
- Sacchi Mandriani G. e Riccioni R., Comportamento statico e sismico delle
strutture murarie, Clup, Milano, 1982.
- Proposta di cofinanziamento MURST 2001 al programma di ricerca Strategie di
conservazione di edifici monumentali complessi basate sul monitoraggio
strutturale. Applicazione alla Cupola della Basilica di S. Gaudenzio a Novara,
Politecnico di Torino, 2001.

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