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Maria Cristina Pesci LAMORE CHE CI RIGUARDA Udine, 5 ottobre 2013

Quando si esprime la volont di toccare tematiche quasi completamente taciute e scomode, alcuni interrogativi si affacciano alla mente: ci stiamo inoltrando in un territorio troppo insidioso, pericoloso? Stiamo cercando un dolore inutile? Ma nessun dolore inutile se promuove un cambiamento , se pu fare intravvedere un percorso di trasformazione , se qualcuno ascolta e non fugge. Credo si crei una grande forza creativa e vitale quando si ha lopportunit di contribuire ad alzare il velo sul silenzio . Quello che riguarda la affettivit e sessualit si sta dimostrando come un processo di riflessione che pu stimolare apprendimenti e nuovi punti di vista. Viceversa ogni silenzio, censura, rimozione, ogni generalizzazione ( i disabili, i matti, i migranti.) contiene dentro una spinta allesclusione e ha sempre una precisa funzione, anche se non sempre manifesta. Si tratta di capire quale essa sia, di non rinunciare ad interrogarsi, a pensare , e dunque a non adattarsi passivamente.

Unidentit diversa

Una bambina e un bambino disabile

crescono a contatto con la propria esperienza

soggettiva che comprende la disabilit: sono in gioco per le proprie differenze; ci si trova a dialogare con quella che appare una contraddizione in termini: unidentit diversa. Si trovano cos a sperimentare sulla propria pelle quel processo di integrazione che prova a tenere insieme non solo ci che c di simile perch attinente allessere bambini, ma anche ci che essendo altro non pu appartenere a tutti . Il deficit e il danno incarnano visibilmente molte altre diversit. In un libro di Paola Mastrocola, Che animale sei - Storia di una pennuta, si legge: e proprio quando finalmente diventa nessuno, si ricorda che ha le ali!, ci pensa per la prima volta, le scopre. Presa dalla smania di appartenere, si era dimenticata di avere le ali, proprio la cosa che meglio la distingue.

Cos, per arrivare a non rincorrere forzatamente qualcosa di pre-costituito, pre-visto, prefigurato, inevitabile un continuo gioco di confronto tra le diversit, lappartenenza e la differenza, il rispecchiamento, la vicinanza e la distanza. Ci sono due atteggiamenti contrapposti che spesso, senza saperlo, mettiamo in atto di fronte alle incognite della vita che riguardano un bambino disabile. Il primo quando lo immaginiamo quasi completamente deprivato di potere sul proprio destino, annientato preventivamente nella possibilit di costruire strade per i propri desideri . Allopposto, in altre circostanze, lunica evoluzione possibile sembra passare dalla completa assunzione di potere sulla propria vita, cercando di cancellare illusoriamente, qualunque condizione e principio che metta in luce il deficit, il bisogno di aiuto, la consapevolezza della dipendenza e della guarigione impossibile

Desiderio, desideri

Se consideriamo la parola desiderio come riscoperta del suo significato primario: de sideris, fuori dal tracciato indicato dalle stelle, libero da una pre-destinazione, una delle spogliazioni pi radicali dei desideri e, nello stesso tempo, maggiormente oggetto di rimozione, quella che riguarda lassunzione di responsabilit rispetto allaffettivit e alla sessualit di una persona con disabilit, rispetto alle differenze di genere, al diritto di una bambina di essere pensata come tale e poi come ragazza, donna adulta, anziana signora , nel dispiegarsi del tempo che scorre e di unidentit sessuale che definisce, evolvendosi, il senso stessa della persona. Uscire da una pre destinazione unopportunit e insieme un diritto che credo si possa esercitare solo in presenza di una rete di relazioni sufficientemente autentiche e rispettose. Il desiderio, i desideri, pongono in relazione, creano legami, sia nel significato affettivo del termine, sia nel senso di una catena di esperienze, di passaggi evolutivi che danno la percezione di una trasformabilit della propria realt. La sessualit favorisce una riflessione sul senso del piacere e, all'opposto sul confronto con il dolore; sulla costruzione della identit e inevitabilmente sugli ostacoli che questo processo pu incontrare; sulla vitalit o la patologia delle relazioni; sul senso dello sviluppo e la prospettiva di un futuro possibile o viceversa sull'impossibilit di proiettarsi nel tempo, immaginando una realt che valga la pena di essere vissuta, nonostante la

patologia; su come e se possono convivere la creativit che un percorso riabilitativo sufficientemente rispettoso pu avviare e la sofferenza e il senso di impotenza vissuto attraverso il corpo, le emozioni, i processi cognitivi di chi vive sulla propria pelle la presenza di un danno permanente.

Una esplosione e una ricostruzione

La vita di una bambina o un bambino disabile si dipana come quella di tutti, allinterno di un mondo di relazioni e legami molto complessa, ma anche in un contesto che deve fare i conti con una realt inaspettata e non voluta, anzi temuta come uno spettro innominabile. Ho preso a prestito un passo di un libro,Servabo, perch racchiude in poche righe, in poche parole, molte cose profonde, realmente vere, ineludibili e concrete: Una malattia pu irrompere in una casa, nel mondo intimo e circoscritto di una persona, con lo stesso effetto di un ordigno che demolisce e brucia ogni cosa intorno o di un veleno che si insinua in ogni fibra. Ma non come la morte, che segna una fine () una forma della vita. E quindi si pu far tutto ed essere daiuto come nella normalit, come nella politica se avesse per scopo sinceri rapporti tra le persone. (Luigi Pintor, Servabo, Bollati Boringhieri) Una malattia, un danno, una disabilit permanente, irrompono in una casa, nel mondo intimo e circoscritto di una persona, nel cuore di una famiglia, proprio con lo stesso effetto di unesplosione o di un veleno che si insinua in ogni fibra. Lo raccontano i genitori, le madri e i padri, pur con parole ed emozioni in parte differenti, se ci si mette in ascolto. Lo sentono e lo vivono anche gli operatori che entrano in relazione con queste persone, con le loro storie, con la quotidianit del proprio lavoro e che spesso non sanno come maneggiare, dove depositare, come rivitalizzare tanta e tale complessit. Questa irruzione nella vita della disabilit quasi sempre non trova figure e spazi che permettano di raccontare e condividere cosa viene vissuto. Le esperienze ancora una volta di genitori e anche di operatori sottolineano infatti un silenzio invalicabile rispetto al dolore e parlano della difficolt di avere di fronte un interlocutore che possa ascoltare. Tutto questo avviene anche perch gli operatori stessi sono molto spesso lasciati soli, mentre dovrebbero essere formati e sostenuti nel poter usufruire di uno spazio di confronto e di riflessione continua su che cosa significa essere impegnati in una relazione di cura; occuparsi dellaltro comunque comporta essere di fronte alla realt di una

persona che nella propria storia include una quota di dolore rispetto al corpo e alla consapevolezza di s che non pu essere rimossa senza conseguenze. Parlare di ferita per la presenza di un deficit significa parlare del danno subto dal bambino e insieme parlare di come questo influisce nella crescita e nella costruzione di un legame con le figure genitoriali e viceversa. Quando si va a toccare una storia famigliare, la situazione impone di ragionare anche sul futuro, sempre imprevedibile, ma che deve conservare una pensabilit anche in queste difficili condizioni; questo comporta che si affronti anche il tema dellidentit e dellintegrazione, per i molteplici significati che questi termini possono contenere.

Sinceri rapporti

Dice ancora lo scrittore: Ma una forma della vita, e quindi si pu far tutto, contrapposto al non si pu far nulla; si pu essere di aiuto come nella normalit, se si opera attraverso sinceri rapporti tra le persone. Sinceri rapporti: allinterno di una riflessione che desidera interrogarsi sulla dimensione relazionale e affettiva che prevede la presenza di una disabilit, quello della qualit dei rapporti umani si propone come un tema nodale. Molto complesso da perseguire e soddisfare sempre, inevitabile da considerare, il punto sulla influenza delle relazioni e sulla loro opportuna gestione si fa cruciale sia quando si parla di lavoro di cura, sia se guardato in una prospettiva che tiene conto del legame genitore bambino con deficit. Il confronto comporta chiarezza: dare parola ai temi toccati dalla relazione di cura collegati a una riflessione sulla sessualit, il corpo, la disabilit non sempre semplice, n scontato. Parlare di tali temi significa parlare del corpo ferito e della genitorialit ferita, della difficile costruzione di legami, di una storia che cerca un futuro nonostante la cronicit del danno... Tutto questo richiede disponibilit allascolto di s e dellaltro di cui ci si prende cura. Ci si trova cos a cogliere senza filtri che le persone disabili hanno sentimenti ed emozioni, appartengono al genere umano e di conseguenza non possono che condividere con tutto il genere umano qualcosa che ci accomuna: essere soggetti sessuati e possedere una dimensione della propria identit che non pu prescindere dalla affettivit. Nelle riflessioni ho tentato di coniugare e tenere insieme gli aspetti che riguardano il bambino in difficolt, la sua famiglia e le figure professionali che di loro sono chiamate ad occuparsi.

Tutto questo esclude per definizione qualsiasi pretesa di tipo prescrittivo o normativo, per tentare invece di promuovere un aiuto nella comprensione di ci che si gioca allinterno della complessit di queste relazioni. Il punto di vista che la chiave di lettura psicoanalitica mette a disposizione nella comprensione del lavoro di cura scarta a priori la definizione di comportamenti giusti da tenere da parte dei curanti o dei genitori oppure da indurre nelle persone disabili oggetto di cura. E importante escludere anche il controllo e i giudizi sulloperato delle diverse figure che si alternano sul palcoscenico delle vicende emotive affrontate, a favore di un lavoro di comprensione e ascolto dei bisogni nascosti che i comportamenti espressi esprimono.

Uno spiazzamento da comprendere

Credo siano molto significative le parole raccolte dalle esperienze di gruppo con le famiglie e i genitori proprio a partire dal tema della sessualit e della affettivit dei loro figli disabili. Ricordo le parole di una mamma che diceva: Se avessi saputo che questa sarebbe stata la mia vita, io non lavrei scelta cos, anche se io amo tantissimo mia figlia che adesso ha venti anni, anche se la mia famiglia mia figlia. Ma se mi avessero chiesto, potendo scegliere, io non avrei scelto questa vita. Credo che queste parole, apparentemente quasi scontate, condensano in realt diversi significati. In primo luogo, poter esplicitare il proprio dolore, la propria sofferenza, poter dire senza sentirsi giudicati e quindi un tentativo di dare via via una dimensione pi comprensibile al proprio dolore. Il riferimento alla malattia che non come la morte, ma una forma della vita un ulteriore spunto. Ci che si sottolinea una condizione difficile e ambivalente: per certi versi al sollievo che perch la morte del proprio bambino scongiurata, si affianca la grande fatica di cominciare a convivere con il nuovo status pieno di incertezze. Non un lutto legato a una perdita concretada dovere elaborare, comprendere e vivere, ma qualcosa che da quel momento determina la costruzione e lesperienza della vita stessa e il lutto, che pur esiste, ha a che fare con la propria identit, laspettativa del futuro , il senso di s. Questo vale sia per i genitori sia per le persone disabili: dover fare i conti con qualcosa che, alla nascita o in un momento successivo, comunque comporta uninclusione, dentro la propria identit, della presenza di una diversit, di un disagio, di unimpossibilit o di una difficolt.

Persone intere

Volenti o nolenti, nel lavoro riabilitativo siamo chiamati a essere in gioco come persone tutte intere. Se permetto che il tema della sessualit e dellaffettivit entri a fare parte del mio lavoro come operatore, posso prendermi cura della persona in senso ampio, non solo dal punto di vista medico, educativo o assistenziale, ma dellaltro tutto intero. Lincontro di due persone sessuate, che autenticamente e sinceramente non possono prescindere dallessere di genere maschile e femminile, di avere una propria storia affettiva, non significa mettere questa dimensione nelle mani dellinterlocutore, ma semplicemente fare i conti con la propria identit, la propria realt, collegata anche al fatto di possedere una sessualit. Il confronto, in questo modo, si trasferisce su tanti piani: non vuol dire confondere i ruoli ma cominciare a pensare - ribadisco, volenti o nolenti alle tante idee e rappresentazioni di sessualit. Ciascuna persona struttura su questo tema un insieme di convinzioni e vissuti soggettivi che sono organizzati a partire dalla propria storia personale, dalla propria educazione, dal modo in cui sono state affrontate queste tematiche dentro la propria famiglia, nel corso della vita infantile e cos via. Winnicott scrive: Il bambino per come lo si cura. Ciascuno di noi ha unesperienza e quindi anche unidea e una rappresentazione di sessualit che si incarna, che si radica fortemente nella storia affettiva ed esperienziale che lo riguarda e anche nel tempo in cui sta vivendo: se sono una donna piuttosto che un uomo, se ho ventanni o ne ho cinquanta, se ho dei figli o non ne ho, se ho delle esperienze sufficientemente buone, se sono felice o non lo sono, se sto vivendo una condizione di disagio, di sofferenza, di mancanza o di soddisfazione rispetto al tema della sessualit. Sapere da che punto di vista si parte pu permettere di non confondere le esperienze e, quindi, di prendersi cura dellaltro in modo differente se un bambino piuttosto che un adolescente; se una persona adulta, senza oppure con disabilit motorie o mentali; se le difficolt convivono con problemi emotivi. Se conosco maggiormente che cos per me sessualit, forse posso evitare di negare la sessualit dellaltro di cui mi occupo, perch se mi chiedo che cosa sia la sessualit per laltro di cui mi curo, non far prevalere solo i miei riferimenti o avr comunque pi possibilit di cogliere questo possibile errore. Laltro di cui parlo un uomo o una donna, un ragazzo o una ragazza disabile che sta vivendo la sua vita in una fase specifica della sua storia, con una specifica esperienza del

proprio corpo, includendo in tutto questo inevitabilmente anche la presenza di un deficit, di una difficolt che andr a influire sulla crescita di quella persona, sulla sua identit.

Sentire e essere

Noi sappiamo, indipendentemente dal fatto che un deficit sia presente fino dai primi momenti della vita di un neonato, che lo sviluppo di un bambino un continuo apprendimento per integrare via via ci che egli sente attraverso il corpo, i sensi. Pensiamo allesperienza di un neonato che sente a partire dal corpo, da come la mamma o il pap o ladulto che si occupa di lui, lo tengono, gli parlano, lo cullano, lo scaldano, lo confortano; pensiamo anche a cosa avviene per quegli aspetti che non saranno considerati e non riceveranno risposta, legati a condizioni che la presenza di una disabilit produce e che comportano innumerevoli circostanze in cui prevale non potere o non riuscire o, ancora, non avere lesperienza o la competenza sufficiente per essere in

relazione in modo adeguato. In tutto questo la presenza di un deficit non pu non avere un ruolo. La mamma che si trova ad essere la mamma di un bambino disabile in fondo dice di tenere in braccio un bambino che non era il bambino che avrebbe desiderato. Non c niente di sbagliato nel pensarlo, anzi ci sarebbe tanto di buono nel permettere a questa donna di poterlo dire il prima possibile e di elaborare questa perdita del bambino sano per potere poi fare i conti con il suo bambino reale. Romana Negri, a cui devo molto, ha coniugato il sapere psicoanalitico con il lavoro di neuropsichiatra in una realt di terapia intensiva per i bambini nati pretermine. Il lavoro da lei condotto con le mamme, con i pap, con i sanitari ha messo in primo piano quanto sia importante dare ascolto ed elaborare i sentimenti in gioco per potere stare al fianco di un bambino fortemente a rischio di morire e per cogliere tutti i difficili coinvolgimenti che ciascun soggetto vive. Si affronta cosa significa stare a fianco come genitore ad un bambino sofferente. I neonati mostrano la loro sofferenza prima di tutto attraverso il corpo, e una mamma che si trova a tenere in braccio, quando possibili, uno di questi bambini deve essere incoraggiata ad affrontare le tante paure e i sentimenti contrastanti che inevitabilmente affollano la mente. Anche gli operatori sanitari possono favorire questo primo contatto tra bambino e adulto, come elemento importante per la relazione che si andr a costruire e per cercare di comprendere le modalit di reazione allambiente che il bambino pu mettere in atto. Possiamo pensare che la presenza di un deficit non sia fondamentale in questo contatto-

incontro, nella elaborazione di tanti elementi accennati? Possiamo pensare che non ci siano possibili influenze su come una mamma e un pap pensano al loro bambino, alla loro bambina? Come pensano a loro rispetto al futuro che li riguarda? Tra i compiti di sviluppo di un bambino c' l'immenso impegno di compiere un fruttuoso scambio tra le aree della corporeit, del mondo emotivo e delle acquisizioni cognitive. L'influenza della cura con cui questo bambino accudito sappiamo essere fondamentale per la buona riuscita di questo percorso; la presenza di una difficolt non pu non implicare un effetto su tutta la complessit percettiva, emozionale e motivazionale, del bambino, ma anche della madre, del padre, delle figure pi prossime da cui quel bambino dipende. Le competenze motorie, le capacit intellettive, le implicazioni psicologiche sono entit solo artificiosamente distinte, e questo tanto pi vero quanto pi si vada a ritroso nel processo di crescita; non solo le ridotte capacit che la patologia determina influenzano lo sviluppo, ma anche le rappresentazioni che di tale alterazione hanno la madre, il padre, la complessit dei legami familiari, gli adulti che nel tempo si avvicendano nella presa in carico di quel bambino.

Sessualit nei tanti significati

Nella esperienza e nella teoria psicoanalitica, la sessualit non fa riferimento solo all'apparato genitale, alle sue funzioni, ai suoi bisogni con relativo soddisfacimento, ma a un complesso ampio di piacere e attivit presenti fin dai primi momenti della vita di un bambino, non riconducibili ad un unico significato. La sessualit pu essere qui utilmente adoperata come nascita della persona attraverso il piacere, o meglio ancora, attraverso l'alternarsi del piacere e della sua mancanza; piacere che primo fra tutti si introduce e si struttura coniugando la percezione sempre pi complessa che il corpo impara a "sentire" e riprodurre via via che lo sviluppo procede. Il piacere "sentinella di vita" (Fornari), il primo motore entro cui poi si inserisce il piacere sessuale e le sue evoluzioni nel tempo e nella storia di ciascun individuo. E' un intreccio inscindibile ci che, attraverso il corpo, promuove il senso di s, la sensazione di esserci, di esistere come soggetto sempre pi definito e separato dal corpo materno e dalle sue cure; il bambino la risultante di questi aspetti e fondamentalmente della cura che riceve. Il suo sviluppo dipende dal dialogo incessante tra s e chi di lui si occupa, dialogo dalle innumerevoli sfumature nelle quali il corpo lo strumento pi immediato. Esso non

interrompe mai di inviare messaggi ed una sorta di porta di ingresso ad ogni successiva comunicazione con s stessi e con il mondo.

La presenza di un deficit, di una malattia, di una alterata funzionalit pone una serie di interrogativi e di variabili sulla gi fragile continuit di quel dialogo cos denso di significati da comprendere e da utilizzare. Potremmo dire che le ambiguit e le percezioni altalenanti che pur rappresentano, nello sviluppo normale, un passaggio fondamentale nella costruzione del S, diventano particolarmente sollecitate quando il corpo, invece di essere luogo di sensazioni positive in quantit sufficiente da garantire le basi del "ben-essere", il luogo del danno, della funzione alterata, della diversit. Un corpo che vive in modo amplificato il divario tra ci che sente e ci che riesce a decifrare, modificare, esprimere.

La catena delle generazioni e dei rispecchiamenti

Un giovane padre di una bimba di sette anni con la sindrome di Down diceva, con molto coraggio e con affetto: Sentite che cosa assurda ho pensato quando mi hanno detto che la mia bambina aveva la sindrome di Down ; sapete cosa ho pensato? Non sar mai nonno. Parole che questo pap pronunciava con tutto il dolore, ma anche con un forte senso critico, sottolineando la difficolt di pensare al futuro come a qualcosa di immaginabile, vivibile, recuperando la perdita della continuit della catena delle generazioni e anche una sessualit possibile per la propria figlia, provando a riconoscerne la dignit e insieme il limite e la diversit. Andrea Canevaro scrive: Il futuro in quanto tale imprevedibile, noi possiamo solo immaginarlo, fare ipotesi, progettare. Se di fronte abbiamo un bambino o una bambina disabile, o una famiglia in cui esiste un bambino o una bambina disabile, ugualmente non possiamo pretendere di progettare il futuro, di programmarlo, di fare percorsi di crescita educativa, cercando di sistemare e controllare tutto a priori. Per, se sono un genitore, posso sentire limportanza di accompagnare la mia bambina, se sono un operatore, di affiancare quella famiglia e quel bambino, a pensare globalmente anche alla sua sessualit, magari diventando pi consapevoli di quanto sia difficile non sapere se e quando i bambini disabili di cui mi curo da adulti riusciranno a vivere esperienze positive anche relativamente alla propria dimensione affettiva e sessuale, in senso ampio. Comunque, come operatori possiamo pensare di farci trovare al fianco dellaltro, pur nella inevitabile incertezza. Ecco cosa si pu intendere quando si dice che non ci sono risposte

preconfezionate: a volte ci si sente incapaci di rispondere perch il ruolo che possiamo rivestire come operatori ci porta anche a dover dire semplicemente non lo so, e il nostro lavoro diventa pi un lavoro di essere con laltro, piuttosto che fare per laltro. A volte questo senso di impotenza parte proprio dalla paura di infliggere un dolore ulteriore e questo particolarmente vero soprattutto se si un familiare, un genitore.

Un codicecomune per riconoscere le diversit

Come possibili conseguenze pratiche e positive di questi percorsi di riflessione e formazione, le stesse interpretazioni sulle esperienze di persone con disabilit e i significati che spesso si attribuiscono riguardo ad alcuni comportamenti sessuali ad esempio meno inibiti o che non si contengono entro modalit ed espressioni comunemente condivise, potranno essere affrontate con meno apprensione e collocate in un ambito meno distante da vissuti di "normalit"e comprensione reciproca. Invece spesso tutto appare come se le emozioni, il desiderio, la ricerca di piacere, l'appagamento a partire dal corpo non appartenessero ad una matrice comune di tutti noi come persone, ma dovesse essere inventato un nuovo codice per essere decifrate se rapportate a una persona disabile. La modalit che spesso si ritrova rispetto alla sessualit e disabilit di presa di distanza, di forte senso di inadeguatezza e di separazione dalle proprie competenze sia professionali che personali, inevitabilmente fa pensare ad un'interpretazione che ricerca il controllo su ci che per altri versi proprio la sessualit evoca come imprevedibile: listinto, la passione, il desideriolincontrollabile. Mai come nel campo della disabilit si manifestato il bisogno di affermare che la sessualit non cosa che appartiene solo al terreno della genitalit. Forte il ricorso ad una lettura delle manifestazioni anche sessuali delle persone disabili come "puri" istinti dettati da tempeste ormonali o, all'opposto, espressione di affetti esclusivamente platonici e di una sublimazione tanto desiderata quanto improbabile. Proprio in quanto posizioni estreme sono significative e illuminanti quando possono mostrare, magari con un percorso di riflessione, la loro natura spesso difensiva. Dividere salomonicamente i tipi di deficit e le relative condotte e necessit sessuali, credo esprima ad esempio, proprio questa difficolt di cogliere nella relazione di cura, le analogie e le identificazioni possibili tra le figure coinvolte.

Se riconosciute, le medesime realt diventano la prima concreta possibilit di scambio e quindi di crescita. La sessualit, come l'acqua, non pu essere attraversata senza essere disposti a sentirsi immersi nelle sue peculiarit. Partecipare, prendersi cura di s e dellAltro, ripropone inevitabilmente il lavoro mai esaurito di inclusione e integrazione della persona, delle persone.

Jean-Paul Sartre cos scrive: Qualunque zona del corpo venga toccata, la persona che viene toccata con amore o con odio con gioia o con tristezza.

Dott.ssa. Maria Cristina Pesci Medico Chirurgo, spec. Psicologia Medica, spec. in Psicoterapia, Sessuologa Societ Ital. Psicoterapia Psicoanalitica Via L.Toso Montanari, 16 40138 Bologna Cell. +393392254888 m.cristinapesci@gmail.com

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