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Venerd 4 Ottobre 2013, 0re 17,00. Sala dei Giganti, Universit di Padova

Appunti di economia dellapprendimento
Leonello Tronti (Scuola Nazionale dellAmministrazione)


Nelle economie moderne (ma in realt, con diversa intensit, in tutte le economie)
il vero fattore competitivo, lelemento strategico fondamentale, la vera materia
prima la conoscenza. (Egitto, Grecia, Roma, Cina).
Cos la conoscenza? Cos quella qualit che, come dicono gli antropologi, rende
la specie umana attuale un animale sapiens sapiens?
Esistono infinite definizioni di conoscenza, a partire da quella innatista di Platone
(credenza vera giustificata, Timeo) o da quella, aristotelica ma non troppo, di San
Tommaso, (la verit come adeguamento tra cosa e intelletto, Summa).
Dal punto di vista dellapprendimento come fatto di rilevanza economica,
ritengo utile proporre della conoscenza una visione processuale, effettuale e
sociale: la visione di un processo collettivo, che individua la capacit
delluomo di applicare, in associazione con altri, la propria intelligenza e i
risultati della ricerca al conseguimento di obiettivi socialmente desiderabili.

Perch il ruolo della conoscenza, di materia prima fondamentale del progresso
economico e sociale, oggi maggiore di ieri? Perch oggi esistono le tecnologie
dellinformazione e comunicazione. Ma su questo aspetto bisogna intendersi:
linformazione non conoscenza.
Cos informazione e cos conoscenza, come si distinguono? Prima di
tutto c il dato, poi linformazione e poi ancora, molto pi avanti, la conoscenza.
Il dato lunit di informazione elementare. Si tratta di un segnale,
che pu essere un numero, un fatto, unopinione, unimmagine, un
suono; da solo significa poco, anzi non significa quasi nulla.
Poi c ci che possiamo definire informazione: uno o, pi spesso,
molti dati accompagnati da metadati, che ne aiutano a comprendere
e a contestualizzare il significato, e quindi ne qualificano il valore
informativo. Nellinformazione il numero viene posto in relazione
(temporale, spaziale, metodologica) con altri numeri, il segnale con
altri segnali, e la relazione ci consente di coglierne meglio il
significato. ()
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Infine c la conoscenza, che possiamo concepire come comprensione
di pi informazioni e coscienza del fatto che esse possono essere
connesse tra loro in una teoria (ipotesi sul funzionamento della realt)
che, se verificata (o meglio non falsificata, Popper), ha un valore e
unutilit superiore rispetto alle singole informazioni, in quanto ci
consente di intervenire sulla realt per modificarla. (Ad esempio, lo
studio delle malattie e delle relative terapie ).
Se si assume il punto di vista dellapprendimento, in altri termini, la
conoscenza va posta nel quadro di una visione dinamica e operativa, a
partire dalla sua effettualit: la conoscenza non esiste in s ma in quanto
produce sulla realt gli effetti desiderati. Si tratta indubbiamente di una
proposta di derivazione popperiana: la conoscenza di cui parlo una teoria
falsificabile (ma non ancora falsificata), e dispone dei consueti corollari
della replicabilit e della previsione degli effetti.

Dunque, seguendo il modello dato-informazione-conoscenza, nellattuale contesto
globalizzato la conoscenza divenuta rilevante per il progresso delle economie
per la sostenibilit della qualit della vita delle persone assai pi che in qualunque
altro momento della storia umana, perch le tecnologie dellinformazione e della
comunicazione hanno abbattuto in modo spettacolare i tempi e i costi di raccolta,
trasmissione, diffusione e confronto delle informazioni. E dunque oggi
linformazione, disponibile a costi e quantit prima impensabili, rende possibili
sviluppi formidabili della conoscenza in tutti i campi dellazione umana.
Sotto questo profilo, la piena partecipazione alleconomia moderna, lo sviluppo
economico, la competitivit sui mercati globali ecc. non dipendono soltanto dalla
capacit dei sistemi di istruzione e ricerca di creare conoscenza; ma dipendono in
misura altrettanto (e, in certe condizioni forse anche pi ampia) dalla capacit di
imprenditori, lavoratori e consumatori di apprendere, ovvero di applicare la
conoscenza alla produzione e al consumo di beni e servizi di mercato.
Parimenti, lo sviluppo sociale dipende dalla capacit di politici, dirigenti,
funzionari e dipendenti pubblici e dei loro utenti: cittadini e famiglie,
associazioni e imprese di apprendere, ovvero di applicare la conoscenza alla
produzione e al consumo di beni e servizi pubblici (sanit, istruzione e ricerca,
previdenza, giustizia, difesa, ordine pubblico ecc.). E cos pure di applicare la
conoscenza appresa alle scelte politiche, alle attivit di legiferazione, di indirizzo e
regolazione, di coordinamento e supporto al progresso economico, sociale,
culturale e morale della comunit.

Voglio sottolineare che mi riferisco qui al tema dellapprendimento come
progresso morale in un senso ben definito. Il progresso morale legato alla
caratterizzazione sociale dellapprendimento perch e non pu essere che la
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collettivit a stabilire quali risultati sono desiderabili, e quindi vanno perseguiti
dalla conoscenza, che va poi appresa.
Si tratta di un punto importante: in estrema sintesi, la democrazia che
stabilisce le finalit; il metodo democratico che seleziona gli obiettivi
conoscitivi che consentono lindirizzo del processo conoscenza-
apprendimento secondo un percorso, idealmente di ottimo paretiano (),
di sviluppo della libert, della potenza, della felicit per tutti, possibilmente
senza danno per nessuno.
La conoscenza, dunque, va compresa e appresa (direi vissuta) insieme
allaltro, nella collettivit, anzitutto per una questione di carattere etico: la
fissazione degli obiettivi da conseguire attraverso di essa non pu essere
stabilita da un singolo o da unoligarchia. La conoscenza gestita come
potere monopolistico/oligopolistico porta a conseguire risultati () non
pareto-ottimali.
In altri termini, e facendo riferimento ad una letteratura ormai consolidata
(quella sulla learning organization: Garratt, Senge), perch una collettivit si
muova in questa direzione necessario che i componenti imbocchino un
cammino di apprendimento organizzativo, accettando il principio che
soltanto unorganizzazione [] che apprende espande continuamente la
capacit di creare il proprio futuro un futuro che realizza i risultati che
desidera (Peter Senge, 1990).
Questa impostazione si estende sino a ricomprendere intere nazioni, con
tutta una serie di qualificazioni sulla coesione e la cooperazione sociale, in
accordo con il paradigma della learning economy (Lundvall, vari).
Lefficacia di questa impostazione attestata dai risultati economici
significativamente positivi delle economie nordiche e scandinave,
che prima delle altre hanno sviluppato e adottato concezioni,
comportamenti e politiche pubbliche di learning economy, rispetto alle
economie dellEuropa continentale e mediterranea.
In sintesi si pu affermare che lapprendimento come processo collettivo ,
dunque, anche lo strumento che consente ad una determinata collettivit
(unimpresa, un territorio, una regione, una nazione) di creare il proprio
futuro secondo i propri desideri.

Ma lelemento sociale dellapprendimento come strumento di espansione della
capacit di creare il futuro ha anche altre motivazioni. Per poter apprendere e
applicare la conoscenza al conseguimento di obiettivi socialmente desiderabili, il
problema non solo quello della diffusione della capacit di utilizzo di strumenti e
interfacce tecnologiche, che favoriscano lapprendimento anche nei luoghi della
produzione cos come dellamministrazione. Questa costituisce infatti una
condizione necessaria ma non sufficiente.
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Assai pi complesso, ma davvero cruciale, il problema della diffusione di
processi sociali, organizzativi, culturali e politici, dotati di caratteristiche tali da
favorire lapprendimento collettivo. Le reti sono indubbiamente necessarie ma
devono sorreggere ledificazione di vere e proprie comunit di conoscenza
(Ostrom, 2009).
Numerosi elementi critici di questo processo di innovazione sociale derivano
dalla notevole complessit che caratterizza il bene conoscenza. La conoscenza,
infatti, non un bene come tutti gli altri; ha almeno sei caratteristiche del tutto
particolari (v. Tronti, 2003, 2012).
1. La prima connessa con la duplice natura del bene conoscenza: sia un
bene di consumo Engel-superiore (v. ad es. Galbraith; Stiglitz), ovvero
un bene il cui consumo cresce pi che proporzionalmente al crescere del
reddito, sia un bene di investimento/fattore produttivo in quanto
elemento di potenziamento del capitale umano di persone e collettivit
(Oecd, 2001; Tronti, 2012).
Diversi beni-conoscenza possono generare il piacere immediato
dellapprendimento o assicurare il beneficio economico derivante
dallapplicazione di uninnovazione al processo economico. E il bene
conoscenza non comporta vantaggi economici soltanto quando
viene applicato ai processi produttivi; arreca anche importanti
benefici non monetari alla societ: ad esempio, numerosi studi
empirici dimostrano che listruzione aumenta laspettativa di vita e
migliora la salute di uomini e donne in et avanzata; riduce
sostanzialmente la probabilit di trovarsi in carcere; favorisce la
partecipazione alla vita politica e alle attivit di volontariato e altro
ancora. Di conseguenza, nel computo del rendimento
dellapprendimento occorre includere un tasso di interesse sociale,
che tenga conto dei benefici non monetari dellinvestimento.
Per quanto collegate da uninfinita scala di gradazione ad un
estremo possiamo porre larte e lo spettacolo (che, in prima
approssimazione, possono essere considerate un puro bene di
consumo), allaltro le innovazioni di processo (che possono essere
considerate, sempre in prima approssimazione, un puro bene di
investimento) le due nature del bene-conoscenza sono spesso
mescolate e indivisibili. Basti pensare al fatto che, non solo la
fruizione di beni artistici, ma anche la scoperta e lintroduzione di
innovazioni sono, di per s, spesso motivo di godimento.
Si pensi al concetto di felicit dello stato nascente di
Alberoni (riferita ad appercezioni innovative collettive), a
quello dellHomo innovaticus di Edmund Phelps (che individua
nel piacere dellinnovazione il movente primo dellattivit
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economica), alla definizione che Adriano Olivetti dava della
cultura (della cultura al lavoro caratteristica della sua azienda)
come ricerca disinteressata di verit e bellezza. Si pensi
ancora alla stessa definizione antropologica dellattuale fase di
sviluppo della specie umana come Homo sapiens sapiens, dove
quella sapienza ripetuta sta a significare ricerca,
apprendimento, cultura, creativit, progresso.
2. La conoscenza, poi, un bene caratterizzato da non-rivalit nel
consumo: a differenza di qualunque bene materiale, la trasmissione di
una conoscenza ad altri non priva il proprietario originale del bene
ceduto (B. Franklin, 1743). Linfinita divisibilit della conoscenza ne fa
un bene del tutto particolare e pone particolari problemi di tutela dei
diritti di propriet e di diffusione, come pure di corretta valutazione del
valore della conoscenza (su cui v. soprattutto il punto 3). Diritti che
linfinita riproducibilit tecnica assicurata dalle stesse tecnologie
dellinformazione e della comunicazione rendono meno facilmente
accertabili e tutelabili.
3. Tuttavia, anche indipendentemente dallinfinita divisibilit, la
conoscenza tipicamente un bene il cui valore molto difficile da
valutare ex-ante: chi non sa cosa non sa (condizione antisocratica
piuttosto diffusa) ben difficilmente pu apprezzare il valore della
conoscenza che gli manca (Arrow, 1971). Per questo il rischio e
lincertezza sono condizioni intrinseche allattivit di ricerca e di
formazione, nelle quali il risultato non pu mai essere perfettamente
previsto sulla base degli input in esso impiegati (Arrow, 1962).
In altri termini per sviluppare le attivit di apprendimento, come per
ogni attivit il cui esito incerto, necessario sostenere costi di
assicurazione, pi o meno espliciti, contro il rischio di fallimento.
4. La diffusione di conoscenza, poi, tende a generare rumore: entropia
informativa. E il consumo di quantit crescenti di conoscenza, anche in
relazione alla caratteristica 3, richiede la produzione di parallele quantit
crescenti di metaconoscenza, volte a ridurre lentropia informativa:
codificatori e decodificatori, ordinatori, classificatori, valutatori, critici,
certificatori ecc.
La produzione di metaconoscenza attenua il rischio di fallimento
dellapprendimento, ma ne aggrava i costi sociali, perch la scelta
dellapprendimento utile (Meghnagi, 2013) richiede costi aggiuntivi
di assicurazione, selezione, valutazione certificazione ecc.
Dalla difficolt di valutare il valore economico della conoscenza e gli
effetti dellapprendimento pu discendere, in contesti istituzionali
privi di forme di socializzazione dei costi di assicurazione, la bassa
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remunerazione di docenti, formatori e ricercatori; e, in generale, la
sottostima del capitale umano dei giovani istruiti e del valore della
conoscenza. In questo caso, invece della collettivit sono i lavoratori
a sostenere il costo dellassicurazione contro il rischio di fallimento
dellinvestimento in apprendimento.
5. E ancora, lapprendimento un bene che produce esternalit (benefici
monetari e non monetari per parti terze rispetto a quelle che hanno
operato la creazione o lo scambio di conoscenza), e le produce in modo
complesso: la cessione di conoscenza pu esercitare effetti economici su
agenti terzi anche a notevole distanza di tempo dalla transazione, in
modalit e periodi difficilmente prevedibili.
Non diversamente dal caso di ogni altro bene che genera esternalit
positive, il mercato tende a investire in modo subottimale nella
produzione e diffusione della conoscenza. Questa situazione
comporta, se lapprendimento esclusivamente affidato al mercato,
una produzione subottimale di conoscenza e di apprendimento e,
quindi, una minore capacit innovativa della societ, delle
amministrazioni e delle imprese, di quanto sarebbe possibile e
necessario, un pi difficile percorso del Paese nel sentiero
delleconomia della conoscenza. Il raggiungimento di un equilibrio
pi favorevole richiede un intervento pubblico o, comunque, esterno
al mercato di concorrenza (v. sotto).
6. Infine, per i motivi sopra indicati (incertezza dei risultati, incertezza dei
diritti di propriet, entropia, effetti esterni alla transazione ), la
trasmissione di conoscenza ha costi di transazione elevati e
lapprendimento ne ostacolato. Questo pu essere dovuto anche ad
atteggiamenti personali di chi cosciente di questi costi: chi detiene la
conoscenza disposto a condividerla solo a condizioni particolari (v., ad
es., chi sa non parla, chi parla non sa, Lao Tsu).
Purtroppo, per, la conoscenza detenuta da pochi generalmente
serve a pochi e non assicura il progresso economico e linnovazione
sociale perch la sua applicazione si scontra con lopposizione dei
molti che non possono comprenderne il valore.
Cos come il linguaggio ha un ruolo e un valore tanto maggiore
quanto pi alto il numero di chi lo parla (e, in verit, la conoscenza
non altro che un nuovo linguaggio), la conoscenza un bene
immediatamente sociale o non un bene ().

Per i sei motivi che abbiamo visto, la creazione, lacquisizione, la condivisione, ma
anche lutilizzazione della conoscenza, comportano elementi di criticit e costi di
transazione elevati. Un modo di limitarli suggerito dalla recente letteratura
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economica che il bene conoscenza sia considerato e gestito come un bene
comune (commons) (Hess e Ostrom, 2009). Cosa pu comportare questa scelta in
unorganizzazione, pubblica o privata? Tre aspetti fondamentali:
I lavoratori (o i membri dellorganizzazione in esame) debbono potersi
identificare come appartenenti ad una comunit (pi precisamente a una
knowledge community),
E debbono riconoscere il patrimonio di conoscenza dellorganizzazione
come un bene comune.
In altri termini, per ridurre i costi di produzione, apprendimento e piena
utilizzazione della conoscenza, i lavoratori (membri) debbono acquisire una
nuova e specifica competenza, che io chiamo partecipazione cognitiva, e
definisco nel modo seguente (Tronti, 2012):
la capacit e la volont di acquisire, condividere e utilizzare la
conoscenza (propria e dellorganizzazione) per migliorare i prodotti e
i processi produttivi, amministrativi e organizzativi.
In sintesi, conoscenza e apprendimento non bastano a produrre gli effetti
desiderati se non sono radicati in comunit che riconoscono limportanza e il
valore della loro concreta applicazione ai processi produttivi, politici e sociali.
Sono infatti queste comunit il luogo naturale di apprendimento perch, per le
ragioni sopra illustrate, la conoscenza pu generare i suoi frutti solo se gestita
come patrimonio di una comunit, al quale ciascun membro pu attingere e tutti
possono contribuire.
Questo vale per unimpresa o unamministrazione pubblica, ma vale anche
per configurazioni sociali pi ampie e complesse come una citt, un
territorio o unintera nazione.

Il problema della qualit della conoscenza, nel senso effettuale con cui abbiamo
considerato questo bene, dunque legato a come e quanto lapprendimento da
personale pu diventare un bene collettivo; e richiede pertanto di ripensare le
collettivit (organizzative, territoriali, sociali) come comunit tra persone che
singolarmente detengono conoscenze differenti che, se integrate, ibridate,
potenziate e condivise, aprono a tutti i membri laccesso ad un patrimonio di
conoscenze accumulate in grado di accelerare i processi di innovazione sociale e di
miglioramento economico, cos come la loro stessa accettazione.
Questo risultato conferma il ruolo centrale dellapprendimento nella societ e
nelleconomia moderne e, quindi, il ruolo della formazione quale strumento
cardine per favorire e diffondere il processo di apprendimento.
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Spetta infatti alla formazione il compito di assicurare la diffusione della
partecipazione cognitiva e, attraverso di questa, la creazione di comunit di
conoscenza nelle organizzazioni e nei territori;
spetta ad essa di diffondere una nuova cultura basata sulla coscienza del
valore del patrimonio comune di conoscenza e su eque regole di accesso e
di alimentazione dello stesso.
Regole miranti a definire la generazione e trasmissione di
conoscenza come beni n privati n pubblici, ma comuni.
In questo nuovo contesto valoriale, lidentit della persona pu trovare nuovi
elementi di definizione da parte dei processi di apprendimento, nella felicit
dellapprendere, dellinnovare e del condividere conoscenza e innovazione, cos
come nella produzione e nel consumo dei beni relazionali connessi con
lappartenenza a comunit che, gestendo conoscenze comuni, espandono
continuamente la loro capacit di creare il futuro che desiderano.

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