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PREFAZIONE
INTRODUZIONE
PARTE PRIMA
LA MATERNITÀ' DELLA SANTISSIMA VERGINE ED IL SACERDOZIO
CAPITOLO I.
LA MADRE DI CRISTO SACERDOTE
1. LA MATERNITÀ DIVINA E LA SANTITÀ DI MARIA
2.- LA MATERNITÀ DELLA SANTISSIMA VERGINE ED IL SACERDOZIO DI CRISTO.
CAPITOLO II
LA MADRE DEI SACERDOTI
1. — LA PREGHIERA DELLA SANTISSIMA VERGINE PER I SACERDOTI.
2. — LA GRANDEZZA DEL SACERDOZIO ED IL RISPETTO DI MARIA PER I SACERDOTI.
3. – LO ZELO DI MARIA PER LA SANTIFICAZIONE DEI SACERDOTI.
PARTE SECONDA
NIHIL OBSTAT
P. fr. Innocenzo Evangelista O. P.
Lett. e Lic. in S. Teologia
P. fr. Vincenzo M. Iervasi O. P.
Dott, in Dir. Can.
Madonna dell'Arco, 24— 11— 1953
IMPRIMI POTEST
P. fr. Giuseppe M. De Falco O. P.
Priore Prov.
Napoli. 24— II— 1953
IMPRIMATUR
E Vicariati Urbis die 26— XI— I954
PREFAZIONE
Non lasciatevi sorprendere dal titolo: se cercate una delle consuete operette
“di pietà” non andate oltre: il libro non sarebbe fatto per voi, o piuttosto voi non lo sa-
reste per il libro; e non per colpa dell’Autore.
Non è, questo, il volume adulto a far da pascolo a uno stentato quarto d'ora
di lettura spirituale o a eccitare vaghe risoluzioncelle sentimentali. No!
Ma, se volete scendere nel profondo della vita sacerdotale e intenderla
vissuta insieme a Maria, se non vi spaventa il vigoroso concatenarsi del
ragionamento teologico, se credete che la luce intellettuale non sia splendido
ghiaccio, ma fiamma d'amore, volgete pure le pagine che seguono.
L’Àutore appartiene all'Ordine che, per volere di Dio, deve «pensare alla Sua
gloria ed alla salute delle anime con la luce della scienza» (S. Caterina da Siena),
all'Ordine “non solo dei santi Religiosi, ma anche degli zelanti predicatori, dei dotti e,
al bisogno, dei controversisli e degli apologisti” (Schryvers, G— , C.SS.R.). Inutile dire
che, con quest'opera, egli si mantiene in linea.
Non esclamazioni, sospensioni, unzioni di cattiva lega; ma da ogni pagina,
sotto ogni riga, pulsa nascosto il cuore, un grande cuore, un immenso amore.
E' luce.
Non però la lama tagliente del riverbero dei ghiacciai, ma la calda, morbida
lingua di fuoco di un bivacco di Rovers, o, se più piace, la calma, suadente fiammella
della lampada del Signore.
P. REGINALDO IANNARONE
14
INTRODUZIONE
Quali relazioni particolari con la Vergine Santa, crea nel Prete il Sacerdozio di
Cristo? E' la domanda che si è indotti a porsi, quando si cerca di precisare il posto
che Maria deve avere nella vita del Sacerdote.
Egli è, infatti, un “altro Cristo” e continuatore del Signore nel suo Sacerdozio:
ogni giorno offre al Padre, in Suo nome, il sacrificio della Croce e si dona alle anime
come faceva in terra Gesù. Deve far suoi, perciò, anche i sentimenti che il Cuore
sacerdotale di Cristo nutriva verso la sua Santissima Madre.
Madre e Associata alla sua opera terrena, ella ha, in certa guisa, disposato i
voleri più intimi della sua Anima santa e cooperato, con l’Annunciazione e la
Compassione, ai due atti più importanti dell’” economia” divina: l'Incarnazione e la
Redenzione.
PARTE PRIMA
18
CAPITOLO I.
1
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. 1ª Q 23, a 1 e IIIª Q 24 a. 1c e ad 3.
Dio, infatti, non ama le creature come le amiamo noi. Noi —dice S. Tommaso
— se amiamo qualche persona o qualcosa, è perchè abbiamo scorto in essa una
particolare bontà, che ce la fa preferire alle altre. Dio, al contrario, comincia ad amare
prima ancora di creare, perchè è il suo
22
stesso amore che crea ed infonde la bontà nelle cose, al tempo stesso che
l'esistenza. Il suo amore non è determinato dalla bontà delle cose, ma è la bontà delle
cose e delle persone che viene determinata dal suo amore2.
L'Amore Infinito sta, dunque, alla base della elezione di tutto ciò che Dio ama
e fa. Ciascuna cosa, ciascuna persona ha il grado di perfezione corrispondente al
grado d'amore col quale Dio l’amab da tutta l'eternità.
E' questa la magnifica dottrina che S. Tommaso ha formulato in un principio,
che — come dice il P. Garrigou Lagrange — è “la chiave di volta di tutto il trattato
della predestinazione”3: “Nessun essere creato sarebbe migliore di un altro, se non
fosse stato più amato da Dio”. Ne risulta che la perfezione di un'anima è il segno più
certo dell'amore che Dio le porta: più uno è perfetto e santo, più si può essere sicuri
che è amato in modo tutto speciale da Dio, poiché è Lui la causa di tale perfezione e
santità4.
Questo principio di predilezione trova la sua più alta conferma nella Vergine
Santissima. Le sue perfezioni eccelse manifestano in maniera splendida l'Amore
Infinito coi quale è amata da Dio e, al tempo stesso, il suo ufficio presso Gesù Cristo
Sommo Sacerdote, Figlio di Dio e Salvatore degli uomini.
Sarà, perciò, la contemplazione di queste “grandezze di Maria” che ci dovrà
in primo luogo occupare.
2
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. 1ª Q 20, a. 2.
3
GARRIGOU-LAGRANGE, R., O.P. La Prédestination des Saints et la Grâce. Paris, 1936; p. 93.
4
“Cum amor Dei sit causa bonitatis rerum, non esset aìiquid alio
melius si Deus non vellet uni maius bonum quam alteri”. THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., Iª, Q. 20,
a.3. “Ex hoc sunt aliqua meliora quod Deus eis maius bonum vult. Unde sequitur quod meliora plus amet”. Ibid.,
a. 4.
ispirata dalla carità — la Santissima Vergine ha concepito Cristo nel cuore prima
ancora che nel seno5. Chiedendo il suo
23
In ambedue i casi, perciò, fu con la sua carità che Maria si associò agli atti
principali della vita umana del Sommo Sacerdote.
Era necessario, dunque, che ella avesse una carità proporzionata alla
missione, una carità vibrante all'unisono con quell'Amore Infinito che ardeva nel
Cuore di Cristo, dal primo istante dell'Incarnazione ai supremo Sacrificio della Croce.
Di conseguenza, la carità di Maria non doveva imbattersi in ostacolo alcuno, ma
crescere sempre più; bisognava che ella fosse signora di tutte le sue attività, che
niente ostacolasse la sua unione con Gesù, né da parte del corpo, né da parte
dell'anima, da parte dell'intelligenza come della volontà: una carità libera, pura,
bruciante.
E' tale la ragione dei doni eccezionali, di cui fu ricolma fin dal primo istante
della sua esistenza e che si compendiano tutti in uno solo: l'Immacolata Concezione.
Non dobbiamo credere, dunque, che Maria ricevesse tutti i doni di cui una
creatura umana è capace, tutti i doni
24
6
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. IIIª Q 30, a 1.
ha patito mai frattura nell'aderire alla Volontà Divina, si può veramente dire che Maria
era mirabilmente preparata con tutte le potenze delio spirito e del cuore, ad entrare
nel mistero dell’Uomo-Dio e cooperato alla sua opera di Redenzione. L'anima sua,
d'altronde, era dotata di una squisita sensibilità, in cui tutto era perfettamente in
ordine. Dio la fece “ammirabile” per il Figliuolo amatissimo.
“Iddio... fin da principio e prima dei secoli, scelse e preordinò al suo Figliuolo
una Madre, nella quale si sarebbe incarnato e dalla «quale poi, nella felice pienezza
dei tempi, sarebbe nato; e, a preferenza d'ogni altra creatura,
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la fece segno a tanto amore da compiacersi in lei sola con una singolarissima
benevolenza. Per questo mirabilmente la ricolmò, più di tutti gii Angeli e di tutti i Santi,
dell'abbondanza di tutti i doni celesti, presi dal tesoro della sua Divinità, Così ella,
sempre assolutamente libera da ogni macchia di peccato, tutta bella e perfetta,
possiede una tale pienezza di innocenza e di santità, di cui, dopo Dio, non se ne può
concepire una maggiore, e di cui, all’infuori di Dio, nessuna mente può riuscire a
comprenderà la profondità”7 .
Possiamo credere perciò che, fin dal primo istante della sua creazione, Maria
fu più santa di qualunque altro gran Santo giunto al culmine della santità, più santa
ancora di tutti i Santi messi insieme.
Insegnandoci che Dio “a preferenza di ogni altra creatura, la fece segno a
tanto amore da compiacersi in lei sola con una singolarissima benevolenza (e)...
mirabilmente la ricolmò, più di tutti gli Angeli e di tutti i Santi, dell'abbondanza di tutti i
doni celesti...”, Pio IX non ci induce forse a pensare che la santità di Maria, fin dal
primo istante della sua Concezione immacolata, supera la santità, cui potrà pervenire
la Chiesa tutta, alla consumazione dei secoli?
Certo, la santità di Maria resta una santità limitata, ma essa ci si mostra si
grande da sembrare infinita. La nostra mente non può neppure concepirne le
dimensioni. Dio solo ne è capace, ci dice Pio IX.
Tuttavia, questa pienezza di grazia non è tale da non poter aumentare
ancora. Fintanto che Maria fu in terra,
26
la sua santità non cessò di crescere: la grazia che le veniva largita non restò mai
infruttuosa. All'Amore Infinito, che a lei si donava, ella rispose sempre con un amore
ognor più fedele nel donarsi a lui: “Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum
tuum». Maria non ha mai “deluso” nostro Signore, al modo che Eva — se così può
dirsi — aveva “deluso” Iddio e come anche gli uomini migliori lo “deludono” con le loro
infedeltà, i loro difetti e le loro ingratitudini. Ogni atto di Maria è una risposta d'amore
all'Amore Infinito, una risposta ognor più perfetta di quella precedente.
Aumentando, infatti, senza posa, la grazia e la santità di Maria crescono con
7
(7) Pius PP. IX -- Bolla Ineffabilis Deus, 8 dic. 1854; Acta Pii IX. Roma, 1854 t. 1, p.
616. Versione italiana: TONDINI, A., Le Encicliche mariane, Roma, Belardetti, 1950,
p. 31
moto accelerato, di modo che, man mano che si approssima al termine, la Vergine
Santissima travalica abissi di santità sempre più sconfinati. Nel tempo che va dalla
Pentecoste alla morte, ella ha progredito più che in tutto il resto della vita, dato che lo
Spirito Santo non incontrava mai ostacolo nell'anima sua e poteva così sviluppare la
sua carità secondo i disegni del suo Amore Infinito.
* * *
Tale pienezza di grazia, dunque, fu data alla Santissima Vergine perchè
doveva essere la Madre di Dio: la sua missione presso Cristo — dice S. Tommaso8 —
esigeva una si eminente santità.
Ciò non fa che rafforzare maggiormente la nostra si-
27
Per la Santissima Vergine vale quanto si dice del Figlio suo: i teologi tutti,
senza distinzione di scuola, insegnano che la predestinazione di Gesù è
assolutamente gratuita: non è in forza dei suoi meriti che è Figlio di Dio per natura,
perchè la personalità divina del Verbo è infinitamente superiore ai meriti acquisiti dalla
Santa Umanità di Cristo. Lo stesso dovrà dirsi, dunque, dalla predestinazione di
Maria alla Maternità divina: meritare tale privilegio unico, sarebbe stato meritare la
stessa Incarnazione9.
28
8
«Beata Virgo... dicitur fuisae plena gratia per comparationem ad ipsam, scilicet
habebat gratiam sufficientem ad statum illum ad quem erat electa a Deo, ut scilicet
esset Mater Unigeniti ejus». THOMAS AQUINAS, S. Summa Theol. IIIª Q. 7, a 10, ad
1; III", Q. 27, a. 5.
9
S. Tommaso ammette, tuttavia, che la Santissima Vergine con i suoi desideri e le
sue preghiere abbia ottenuto la venuta del Messia ed il compimento stesso
dell'incarnazione e che, con la sua fedeltà, si sia elevata al grado di santità che Ia
rendeva atta a divenire Madre di Dio. Tali preghiere con l'acquisto di tale disposizione
costituiscono un merito in senso largo, che i teologi chiamano “de congruo improprie
dicto”. (Cfr. S. TOMMASO, IV Sent., D. 15. Q. 1, a. 3, , q.la 3; De Verit. Q. 26, a. 6). E’
in questo senso che S. Tommaso dice che la Santa Vergine ha meritato
l’Incarnazione. (Cfr. III Sent., D. 4. Q. 3, a. 1. ad 6; IIIª, Q. 2. a. II. ad 3).
ad essere il Verbo Incarnato implicava anche la predestinazione di Maria ad essere la
Madre di Dio.
Questa dottrina della Chiesa basta da sola a farci scorgere l'eccelsa dignità
di Maria. Se la grandezza di un essere è valutata in ragione della sua prossimità a
Dio. può ben dirsi che nessuna creatura è più grande della Vergine Santissima poiché
“ella raggiunge ì confini della divinità” secondo la notissima espressione del grande
commentatore di S. Tommaso, il Cardinale Gaetano10. Anzi si aggiunge che fra Dio e
lei s’è stabilito un vincolo di parentela, risultante dall'unione tra la natura umana
assunta dal Verbo e la natura divina11.
Insieme ai teologi, precisiamo ancora, che la Santissima Vergine contrae dei vincoli di
parentela con ciascuna delle Tre Persone divine12.
29
Col Figlio, Maria contrae un'affinità speciale per il fatto che è Madre di Dio,
Madre del Verbo Incarnato, e non solo dell'Umanità di Cristo. La sua Maternità, infatti,
come del resto ogni maternità, termina alla persona del figlio; ora, siccome in Cristo
non v'è personalità umana, la Maternità di Maria non può terminare che alla persona
del Verbo, alla persona divina. Maria è, dunque, nel senso più formale della parola,
Madre di Dio, “Theotokos”.
Con lo Spirito Santo, infine, contrae dei vincoli particolari per il fatto che ella è
la Madre di Colui dal quale, unitamente al Padre, procede la Terza Persona della
Santissima Trinità.
La dignità suprema di Maria consiste, dunque, nell'essere stata predestinata
a divenire Madre di Dio. Ciò, nel piano della Provvidenza, la pone in un rango
assolutamente unico. La sua Maternità divina non è una circostanza accidentale della
sua vita, è tutta la ragion d'essere della sua esistenza e delle grazie di santità che da
10
«Ad finem deitati propria operatone attingit, dum Deo concepit, peperit et genuit».
11
“Et ideo Genitrix illius affinis Deo constituta dicitur”. Ibid.
12
Cfr. Terrien, J. B.. S. J., La Mère de Dieux. Paris. 1933; pp. 192-194, sunteggiato in
13
Cfr. Terrien, J. B.. S. J., La Mère de Dieux. Paris. 1933; pp. 192. L'autore fa
verosimilmente allusione, per criticarla, all'opera che M, Fallimi, p.s.s., compose con
gli scrini dell'OLIER e pubblicò sotto ii nome di questi: Le vie interieure de la très
Sainte Vierge, Roma, 1866; cfr. Cap 5, 4: Maria è veramente la Sposa dell'Eterno
Padre nell’lncarnazione. pp. 224-241. Le citazioni dei Padri e teologi del Medio Evo
sono del Faillon.
Dio le sono state largite.
Ella può far consistere tutta la sua vita nella sua Maternità; può vivere
unicamente per il suo Figliuolo.
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ma è anche il Sangue formato dal Cuore di Maria, nei mesi benedetti in cui portava il
Figlio di Dio nel seno.
E’ dunque, per Maria che Gesù s'è fatto Sacerdote, poiché per mezzo suo ha
congiunto !a natura umana alla sua natura divina, costituendosi così Mediatore fra Dio
e «li uomini. Nostro Signore, infatti, non ha avuto bisogno di una consacrazione
speciale per divenire Sacerdote: è Sacerdote per il solo fatto della sua Incarnazione,
avendo allora unito in sé tutta la divinità e tutta l'umanità15.
Con un amore infinito il Verbo di Dio s'è, dunque. precipitato in quel seno
verginale per disposarvi l'umanità e salvarla. Divenendo infatti Figlio di Maria il Figlio
14
HERIS, O.P. Le Mystère du Christ, Paris, 1928, pp. 40-42. Versione italiana: Brescia, Morcelliana, 1938; pp.
33-34.
15
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. IIIª Q 22, a 1 e Q 26 a. 1.
di Dio è divenuto Sacerdote.
Ma allora, se Maria è Madre di Dio, bisogna dire che lo è per noi. Il Verbo non
si è forse incarnato nel seno di Maria per il fatto che noi siamo dei peccatori? La
predestinazione di Maria a Madre del Redentore suppone la permissione divina del
peccato di Adamo, colpa a sua volta permessa da Dio per un bene più grande: la
venuta di Cristo nel mondo.
Agli autori medioevaìi piaceva ricordare alla Vergine che, se ella era si bella e
si grande, lo era perchè noi siamo dei peccatori.
Se non avessero dovuto essere redenti non avresti avuto nessun motivo di
partorire il Salvatore16.
Si può dire che tutto è stato fatto per Maria, perchè tutto è stato fatto per
Cristo e per Dio. “Maria — dice S. Ludovico Maria Grignion de Monfort — è tutta
relativa a Dio, e io la chìamerò benìssimo la relazione di Dio, o l'eco di Dio, che non
dice e non ripete se non Dio. Se tu dici Maria, ella dice Dio”18.
In altri termini, il fine ultimo della Maternità divina è la gloria di Dio. così come
il fine dell’Incarnazione è gloria del Padre. Né deve meravigliarci, perchè il motivo che
ha determinato la Maternità di Maria è quello stesso dell’Incarnazione del Verbo.
Gesù e Maria sono stati predestinati da Dio per la sua gloria, ma essi non possono
rendere a Lui tale gloria se non compiendo la loro comune missione: l'Incarnazione
16
Nec abborre peccatores
Salvatorem ratio.
Queste due strofe sono state tratte da una Sequenza domenicana del XIII secolo, intitulata Tibi
Cordis, che si cantava nei sabati de Beata. Cfr. Cantus pro benedictionibus SS. Sacramenti in
Ordini Predicatorum Ed. M. Barge, O.P. Roma, 1909; p. 46.
17
“Uno et eodem actu Deus praedestinavit ipsum Christum et nos... Sic Deus preordinavit nostram salutem, ab
aeterno praedestinando ut per Jesum Christum compleretur”. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. IIIª Q
24 a 4.
18
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè de la vraie dévotion á la Sainte Vierge. Tours, 1933; n. 225.
Versione italiana a cura della Congregazione delle Figlie della Sapienza. Roma, 1942.
Redentrice.
“De Maria numquam satis” — diceva S. Bernardo — riprendendo
un'espressione ancora più ardita di S. Anselmo: “Non v'è nulla di uguale a Maria,
niente di più grande di Maria, tranne Dio: nihil aequale Mariae, nihil nisi Deus majus
Mariae”19.
In realtà, questi due grandi Dottori della Chiesa intendevano dire
semplicemente ciò che Pio IX avrebbe affermato nella maniera più solenne nella bolla
Ineffahilis Deus: “Dio la fece segno a tanto amore a preferenza d'ogni altra creatura”.
CAPITOLO II
Che Maria sia la Madre dei Sacerdoti può facilmente dedursi dai fatto che è
Madre del Sommo Sacerdote; da lui, infatti, essi tutti ricevono il loro sacerdozio. La
Santissima Vergine è divenuta nostra Madre, dunque, dall'Annunciazione e per
mezzo di quel “Fiat”, che ha tutto deciso. Ma lì si tratta di una maternità in germe, in
potenza, direbbero i teologi.
In realtà, come vedremo più oltre, è sotto la Croce, nella sua unione all'atto
sacerdotale per eccellenza di Gesù, nella collaborazione al Sacrificio Redentivo, che
Maria è divenuta la Madre di ognuno di noi, perchè allora Gesù ci generò davvero alla
nuova vita. Fu allora che la Santissima Vergine meritò, con Cristo ed in Cristo, tutte le
grazie della nostra vocazione e della nostra vita sacerdotale. Ella evidentemente non
lo sapeva in modo esplicito, perchè non aveva presenti una per una le nostre anime
sacerdotali, ma sapeva e vedeva Gesù; e bastava.
Maria, infatti, era a lui unita e tutto il potere che aveva sul Cuore di Dio lo
aveva tramite il Sacro Cuore di Gesù.
Indubbiamente, ciò è vero nei riguardi di tutti gii uomini, ma conviene
applicarlo in modo particolare ai Sa—
35
cerdoti: essi hanno, infatti, la missione di lavorare per la salvezza delle anime.
E' Gesù stesso che ci induce a farlo: dall'alto della Croce non ha forse
affidato sua Madre ad uno di noi? “Ecco il tuo figliuolo”. disse a Maria indicando
S. Giovanni; “Ecco la tua madre”, aggiunsi.— rivolgendosi allo Apostolo prediletto:
e questi ci confida che “da quel punto... la prese con se”20. facendo, cosi, ben
risaltare il carattere tutto speciale della Maternità di Maria a suo riguardo. La Vergine
Santissima gli è veramente affidata da nostro Signore prima di morire. Ella diviene
sua Madre. conferà slata fino ad allora Madre ili Gesù, e le relazioni elle l'univano a
Cristo Sommo Sacerdote sussisteranno fra lei e lui.
19
S. ANSELMO – Orationes et meditationes, 52, P.L., 158, 956.
20
Jo., XIX, 25-27.
Non possiamo scorgere, in queste parole del Signore, l'annunzio della
maternità di Maria verso tutti i Sacerdoti? San Giovanni faceva le nostre veci, perchè
noi pure siamo figli della Santissima Vergine come tutti gli altri Apostoli, l.a prova ci è
data dall'ufficio altamente materno che la Vergine Santa ebbe nel Cenacolo. Gii Alti
degli Apostoli dicono, infatti, che nei giorni che vanno dall'Ascensione alla Pentecoste,
gli Undici stavano nel Cenacolo, formando quasi un'anima sola e perseverando
“nell'orazione... con Maria Madre di Gesù”21.
36
quell'ora si grave, doveva imporre loro una discrezione somma e sospingerli alla
preghiera raccolta e silenziosa.
Maria, infatti, presentiva che grazie immense stavano per discendere dal
cielo e trasformare quegli uomini, ancora si deboli e pieni di vedute umane, in pilastri
della Chiesa. Ella pregava con tutta la potenza del suo Cuore e domandava allo
Spirito Santo di spandersi abbondantemente su ciascuno di loro, di trasformarli
completamente e dar loro Io Spirito di Gesù, di farne degli altri Cristi, dei Sacerdoti.
Come non pensare a una mamma che. alla vigilia dell'Ordinazione di suo
figlio, supplicava Dio di ricolmarli delle grazie che dovranno renderlo un santo
Sacerdote?
E' dunque in gran parte per la preghiera della Vergine che la Chiesa, a
Pentecoste, iniziò la sua missione apostolica nel mondo, al modo stesso che dietro
sua preghiera Gesù principiò, a Canà, la sua vita pubblica fra i Giudei.
* * *
Per quanto grande e potente fosse sul Cuore di Dio durante la sua vita
terrena la Santissima Vergine era tuttavia limitata nella sua azione: solo per un
miracolo, una rivelazione profetica, avrebbe potuto vedere le anime di noi che viviamo
ad esempio nel secolo XX.
In cielo, invece, nella visione beatifica, ella ci vede, anzi agisce su di noi.
senza che ii nostro numero la ostacoli:
37
ama tutti i Sacerdoti e veglia su ciascuno di noi come se fossimo gli unici al mondo.
21
Acta, I, 14.
E’ stata lei a domandare, insieme a Nostro Signore, che noi divenissimo
Sacerdoti, o meglio — per esprimerci in tutto rigore teologico— diremo che l'Amore
Infinito ha decretato nei suoi eterni disegni che noi saremmo stati chiamati al
Sacerdozio in forza dei meriti di Cristo e della sua Santa Madre, in risposta alla loro
comune preghiera.
E' lei. che anche attualmente domanda incessantemente tutte le grazie di cui
abbiamo bisogno per perseverare nell'amore di Cristo e delle anime, per avanzare
nella via stretta della perfezione, spesso tanto contraria alle nostre inclinazioni, per
esercitare con zelo il nostro minisiero, per celebrare ciascuna Messa con più fervore
di quella precedente.
E’ lei, infine, che prega per noi e che ci assisterà nell'ora della morte. “Nunc
et in hora mortis”. In ogni istante, ad ogni “nunc”, possiamo dire con tutta verità che
Maria prega per noi ed agisce spiritualmente su noi.
Dall'alto dei cieli la Vergine Santa scorge realmente nell'anima nostra il
carattere indelebile di Cristo e sa, per scienza divina, il compito che ciascuno di noi
deve assolvere come Sacerdote di Cristo. Ella sa che nostro Signore ha voluto farsi
rappresentare, quaggiù da uomini che recano nel loro essere spirituale il suo
Sacerdozio.
Gesù, certo, non aveva bisogno di noi per compiere la sua opera salvifica.
Dal cielo avrebbe, potuto distribuire a ciascun uomo i frutti infiniti della sua Passione,
illuminare le intelligenze, purificare e trasformare i cuori direttamente, senza la
mediazione di alcun Sacramento. Con la sola efficacia della sua grazia avrebbe
potuto unire al Padre e
38
a se tutte le membra del suo Corpo Mistico, nella fede e nella carità.
Ma non ha voluto che così fosse. Come l'Amore Infinito s'è manifestato
visibilmente con l'Incarnazione e la Redenzione dei Figlio di Dio, cosi questo Amore
Infinito ha ispirato al Sacro Cuore di restare corporalmente fra noi nella Santa
Eucaristìa e d'istituire dei Sacerdoti che distribuissero, in nome di Cristo, il Corpo e il
Sangue di Cristo alle anime desiderose di unirsi a lui e che le preparassero a tale
unione con gli altri Sacramenti e l'insegnamento della verità.
Una volta ancora: Cristo avrebbe potuto unire gli uomini a se direttamente ed
avrebbe potuto istruirli dall'interno, illuminando le loro anime; ma ha voluto che nel
corso dei secoli, tutto fosse fatto, come egli stesso aveva fatto quaggiù, mediante la
sua Umanità, gli Ebrei vedevano un uomo, ascoltavano un uomo e crocifissero un
uomo. Adesso, nel Sacerdote, gli increduli vedono un uomo, ascoltano un uomo e,
forse, disprezzano un uomo. Ma coloro che possseggono la fede trovano, in
quest'uomo, Dio che egli porta loro, al modo che — salve le proporzioni— trovano
Dio in Cristo Gesù.
Così, nel piano attuale della Provvidenza, là dove mancano i Sacerdoti, non
vi sono più Messe, non più battesimi, non confessioni, non matrimoni cristiani,
nìent'alìro che paganesimo e. disgraziatamente, la probabile eterna perdizione delle
anime. La presenza del Sacerdote è normalmente necessaria al sussistere della fede
e della vita cristiana.
40
Noi possiamo far uso di questo potere nel modo che vogliamo, celebrare la
Messa all'ora che ci piace, rifiutare il perdono alle, anime che giudichiamo
impreparate a riceverlo, abusare — purtroppo!— di tale potere “crocifiggendo
nuovamente il Figlio di Dio”25 e perdendo le anime a noi affidate.
22
THOMAS AQUINAS. S. • Suppl., Q. 34, a. 2. ad 2: Cfr. Contra Gent., IV, 74,
23
”Sacerdos debet esse medius inter hominem et Deum, cum per devotionem
orationis debet tangere Deum tamquam unum extremum, sic per misericordiam et
compassione m debet tangere alterum extremum scilicet hominem. THOMAS
AQUINAS, S, — In Ep. ad Hebr., V, lect. 1.
24
“Sacerdos habet duos actus, unum principalem supra Corpus Christi verum et alterum supra Corpus Christi
mysticum” THOMAS AQUINAS. S. • Suppl., Q. 36, a. 2
25
Hebr., VI, 4.
26
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore – Torino, Librería del Sacro Cuore, 1949, pp.
330-331.
27
“Minister comparatur ad Dominud sicut instrumentum ad principale agens; sicut enim instrumentum movetur
ab agente ad aliquid efficiendum, sic minister movetur imperio Domini ad aliquid exequendum”, THOMAS
AQUINAS. S.. Contra Gent., IV, 74
lui che consacra in noi”, dice ancora S. Tommaso28.
41
Noi siamo solo ministri e strumenti. Non v'è, infatti, che un solo Sacerdote:
“Unus mediator Dei et hominum”. — dice S. Paolo29— e noi siamo sacerdoti in lui e
per Sui. Se, per impossibile, in cielo Cristo cessasse di essere Sacerdote,
immediatamente tutti i sacerdoti della terra ritornerebbero degli uomini come tutti gli
altri. Quando ci ha ordinati, il Vescovo non ci ha trasmesso il suo sacerdozio come il
Pontefice dell'Antica Legge, ma ci ha incorporati al sacerdozio di Cristo; e, quando
esercitiamo il nostro ministero, noi non attingiamo dai nostri meriti: ma comunichiamo
la grazia stessa di Cristo, come dice con estremo vigore S. Tommaso30.
Noi, dunque, siamo fatti partecipi e, in certo modo, sacramentalmente
identificati all'essere stesso di Carisio— Sacerdote per il semplice fatto che siamo
Sacerdoti e indipendentemente dalla nostra santità o miseria personale.
S. Giovanni Eudes lo diceva eccellentemente ai suoi Sacerdoti: “Voi siete
rivestiti del suo Sacerdozio regale, ii vostro Sacerdozio non è che una sola cosa col
suo e voi non siete che un unico Sacerdote insieme al Sommo Sacerdote. Voi siete
dei Gesù vìventi e ambulanti sulla terra. Voi rappresentate la sua persona, e ne
occupate il posto31.
Si citano spesso queste parole attribuite a S. Norberto:
“Sacerdote, chi sei tu? Non sei da te. perchè sei dal nulla.
42.
* * *
Ma tutta questa grandezza del Sacerdozio, questo potere formidabile “che —
al dire di S. Cirillo di Gerusalemme— fa tremare i demoni e onorano gli Angeli” tutto
quello che tentiamo di indovinare un poco, ma che conosciamo si male, la Vergine
Santissima lo sa e vede nella luce di Cristo— Sacerdote.
Ella ci vede come suo prolungamento, contempla in noi il Sacerdozio del
28
“Onnia sacramenta Christus perfecit; ipse enim est qui baptizat, ipse qui peccata remittit, ipse est verus sacerdos
qui se obtulit in ara crucis et cuius virtute corpus eius in altare quotidie consecratur”. THOMAS AQUINAS.
S. Contra Gent., IV, 76.
29
I Tim, II, 5.
30
“Ministri Ecclesiae non praeponuntur aliis ut eis ex propriae sanctitatis virtute aliquid tribuant -quia hoc solius
Dei est- sed sicut ministri et quodammodo instrumenta illius effluxus qui fit a capite in membra”. THOMAS
AQUINAS. S, — Suppl., Q. 36. a. 3
31
JOANNES EUDES, S.- Memorial de Vie ecclésiastique - Cap. preliminare.
“O
32
Sacerdos, quis es tu?
Non es a te. quia de nihilo
Non es ad te. quia mediator hominum
Non es tibi, quia sponsus Ecclesiae
Non es tui, quia servus omnium
Non es tu. quia Deus es
Quis ergo es tu? Nihil et omnia”.
Figlio suo amatissimo.
Quali che siano le nostre miserie personali, allora, Ella ha per ciascuno di noi
una autentica venerazione.
Di S. Francesco d'Assisi e di S. Caterina da Siena si racconta che baciavano
le mani dei ministri indegni quantunque, per divina rivelazione, conoscessero la
sozzura in cui viveva !a loro anima. Ma la Santissima Vergine aveva. in terra, per S.
Giovanni ed ora per noi dal cielo un rispetto ancora più profondo di questi due grandi
Santi.
Per lei un Sacerdote è sempre un Sacerdote, un'immagine vivente cioè del
Figlio suo e, se tale immagine è sfi—
42
Il Verbo vede nel Sacerdote un fratello, un amico, un prodotto del suo Cuore,
un altro Se stesso, per mezzo del quale continua tutte le sue opere e nel quale la sua
vita umana, la sua vita di Sacerdote e di vittima è come prolungata nei secoli”33.
44
33
CLARET DE LA TOUCHE, L. M. — Al servizio di Dio-Amore - Torino. Libreria del S. Cuore. 1949; p.
320.
34
“Oportet instrumentum esse proportionatum agenti. Unde et ministros Christi oportet esse ei conformes (…) cui
confertur potestas ad aliquid operandum, conferantur etiam ea sine quibus huiusmodi operatio convenienter
exerceri non potest. Administratio autem sacramentorum ad quae ordinatur spiritualis potestas convenienter nonfit
nisi aliquis ad hoc a disvina gratia adiuvetur. Et ideo in hoc sacramento confertur gratia sicut et in aliis
sacramentis”. THOMAS AQUINAS, S. – Contra Gent., IV, 74.
35
THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., III, Q. 62, a.2.
La grazia sacerdotale è. dunque, il principio dell'unione del Sacerdote con
Cristo— Sacerdote: essa lo fa vivere da Sacerdote. Per il carattere, almeno
strumentalmente, egli è Cristo, è “un altro Cristo”. Per la grazia sacerdotale. egli vive
da “altro Cristo”. “Non sono più io che vivo — dice S. Paolo — ma è Cristo che vìve in
me»36.
Gesù è cosi nel suo Sacerdote e lo fa vivere della sua propria vita
sacerdotale, in breve, il Sacerdote non è più un semplice servo, è un suo amico.
Tutto ciò ci mostra a quale perfezione è chiamato il Sacerdote, o piuttosto —
che è più grave— quale perfezione è richiesta in lui affinchè possa adempiere
degnamente le sue funzioni. D'altronde, è proprio per ciò che co! Sacramento
dell'Ordine, riceve una grazia speciale, grazia dalla quale procedono, insieme alle
viriti cristiane e sacerdotali, i doni che divinizzano il modo di queste virtù e che
formano i Santi37. S. Tommaso non trascura occasione alcuna per ricordare
l'eminente perfezione richiesta per queste sante funzioni: “Per il buon esercizio degli
ordini non basta avere una bontà ordinaria, ma si richiede una bontà in grado
eccellente, di modo che, coloro che ricevono gli ordini, come sono costituiti al di sopra
del popolo in forza dell'Ordine, lo siano anche per santità. Per ciò la grazia
santificante che è sufficiente ad essere degnamente annoverati fra le membra di
Cristo è indubbiamente prerequisita, ma nella stessa Ordinazione viene conferita una
grazia più grande con la quale siamo resi idonei a più alti compiti38.
E, più oltre, S. Tommaso non si contenta di parlare di perfezione, egli vuole
nel Sacerdote la santità, argomentandolo dal fatto che il Sacerdote è guida degli
uomini nelle cose divine39.
Quando, infine, S. Tommaso paragona lo stato religioso alla vita sacerdotale,
non teme di affermare con forza che il Sacerdote è chiamato ad una santità superiore
a quella del monaco non Sacerdote, perchè è al servizio immediato del Sacramento
dell'Altare40.
In tutti questi testi S. Tommaso non si stanca di ripetere che dal Sacerdote si
richiede la santità. Anzi, giungerà a dire che la santità è richiesta prima ancora di
essere Sacerdoti, mentre per il religioso è sufficiente tendere ad essa41.
Né c'è da meravigliarsi, quando si riflette a quello che
46
il Sacerdote è: mediatore tra Dio e le anime in luogo di nostro Signore Gesù Cristo, —
36
Ad Gal., II, 10.
37
Cfr. THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., III, Q. 62, a.2
«Ad idoneam executionem ordinum non sufficit bonitas excellens, ut sicut illi qui
38
ordines suscipiunt, super plebem constituuntur gradu ordinis. ita ut superiores sint
merito sanctitatis. Et ideo praexigitur gratia quae sufficit ad hoc quod digne
connumerentur in plebe Christi, sed confertur in ipsa susceptione ordinis amplius
gratiae munus per quod ad maiora reddantur idonei”. THOMAS AQUINAS, S. —
Suppl., Q. 35, a. 1 ad 3.
“Cum in quolibet ordine aliquis dux sit in rebus divinis, ideo sanctitas vitae requiritur
39
“Ordines sacri praexigunt sanctitatem, sed status religionis est exercitium quoddam
41
47
noi l'amore materno che portava a S. Giovanni e lo zelo di cui bruciava per la di lui
santificazione.
Ella ama così ciascuno di noi in particolare, con una tenerezza e una
sollecitudine indicibilibe: con tutta verità e senza sdolcinatura alcuna possiamo
dunque chiamarla Mamma nostra, come indubbiamente faceva Gesù43.
* * *
Non si tratta di una semplice devozione; o meglio, e ben più che una
semplice devozione, quella che dobbiamo nutrire verso la Vergine Santissima, purché
si dia nuovamente a tale parola il suo antico significato, che conservava ancora nel
XVIll secolo e che è quello di S. Tommaso44. Essere devoto significa così essere
donato, dedicato, votato. In tale senso si può parlare della devozione verso la
Santìssima Vergine come si parla di quella verso la persona di Nostro Signore: essa
cessa di essere una devozione particolare, come è ad esempio, quella a S. Teresa
del Bambino Gesù.
42
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè de la vraie dévotion á la Sainte Vierge. Versione italiana a cura
della Congregazione delle Figlie della Sapienza. Roma, 1942, nn. 55-56, e Priére pour demander à Dieu
43
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. n. 40.
44
Cfr. THOMAS AQUINAS. S. — — Summa Theol.. II-II, Q. 82. a. 1.
Noi siamo tutti figli della Santissima Vergine; ci pensiamo o no, tutte le grazie
che ci vengono da Dio passano attraverso il suo Cuore Immacolato, come attraverso
il Cuore di Gesù. Ma quale differenza, se siamo coscienti di que—
48
sta maternità e di questa azione incessante di Maria sulle nostre anime di Sacerdoti!
Non saremo mai veramente degli “altri Cristi”, se non siamo figli della
Santìssima Vergine. Perchè, se è vero che ogni cristiano deve ridivenire fanciullo45 e
nascere nuovamente per entrare nel regno dei cieli46, ciò è particolarmente certo per il
Sacerdote. Ora, secondo ì disegni della Provvidenza— questa “rinascita”
soprannaturale, che fa di noi dei figli dei Padre, non si realizza che per mezzo della
Santissima Vergine.
“Dio Padre vuole avere figli per mezzo di Maria... Come nella generazione
naturale e corporea vi ha un padre ed una madre, così nella generazione
soprannaturale e spirituale vi ha un padre che è Dio e una Madre che è Maria... Chi
non ha Maria per madre non ha per padre Iddio47.
“Se Gesù Cristo, Capo degli uomini, nacque da lei, i predestinati, che sono le
membra di questo Capo, debbono pure per necessaria conseguenza nascere da lei.
Una mede—
49
sima madre non mette alla luce la testà o il capo senza le membra, né le membra
senza la testa, altrimenti si avrebbe un mostro di natura; così, nell'ordine della grazia,
il capo e i membri nascono da una stessa madre; e se un membro del corpo mistico
di Gesù Cristo, cioè un predestinato, nascesse da altra madre invece che da Maria la
quale produsse il Capo, non sarebbe un predestinato, nè un membro di Gesù Cristo,
ma un mostro nell’ordine della grazia “49.
Imitiamo, dunque, il Fanciullo di Betlemme e di Nazaret, tutto abbandonato
nelle braccia della Madre50. Il suo esempio ci insegnerà come comportarci con la
Santissima Vergine per tutta la durata della nostra vita sacerdotale. Gesù, infatti, non
cessò mai di essere il figlio di Maria; i suoi “stati interiori” restavano immutati mentre
cresceva in età. perchè, fin dal primo istante della concezione, aveva ricevuto la
pienezza di grazia, che non crebbe in seguito. Salve le proporzioni— qualcosa di
45
Matth., XVIII, 3.
46
Jo., III, 3.
47
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. nn. 29-30.
48
Jo., XII, 26.
49
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. n. 32.
50
FRANCISCUS SALESIUS., S., Traité de l’amour de Dieu., I, IX, cap. 14.
simile dovrebbe avvenire anche nella nostra vita interiore: non é solo in seminario o al
noviziato che bisogna essere figli della Santissima Vergine, ma sempre.
L’abbandono al beneplacito della Vergine in tutti gli eventi della nostra vita è il
mezzo più sicuro per imparare a praticare l'abbandono alla Volontà del Padre nostro
dei cieli.
Se ci siamo veramente donati alla Santissima Vergine, se le abbiamo affidato
la cura della nostra santificazione, possiamo essere sicuri che ella ci formerà nella
pratica delle virtù sacerdotali con uno zelo immenso.
51
Gli piace ripetere che dobbiamo “gettarci” e “perderci” in Maria: (I suoi figli) “si
gettano, si nascondono e si perdono in modo ammirabile nel materno e verginale suo
seno, per esservi infiammati di puro amore, per esservi purificati da ogni minima
macchia e per trovarvi pienamente Gesù”54.
53
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. nn. 219-220.
54
Ibid., n. 199.
55
Ibid., n. 222.
senza riserva”56.
“Maria Santissima, quando vede che uno si da tutto a Lei per farle onore e
servirla, si dà ella pure tutta a lui, e in una maniera ineffabile. Lo fa sommergere
nell'abisso delle sue grazie; lo adorna dei suoi meriti: lo sostiene con la sua potenza;
lo rischiara coi suoi lumi: lo accende del suo amore: gli comunica le sue virtù”57.
“Quando sarà che le anime respireranno Maria come i corpi respirano l'aria...
quando arriverà questo tempo felice, in cui, immergendosi volontariamente nell'abisso
del suo interno, diverranno copie viventi di Maria?”58.
E' nella misura in cui saremo così plasmati dalla Santissima Vergine che noi
diverremo dei veri Sacerdoti, quegli “apostoli di fuoco” che desiderava S. Ludovico
Grignion de Montfort59.
PARTE SECONDA
CAPITOLO I.
Sono queste relazioni di Maria col Sommo Sacerdote che dovremo ora
contemplare. Esse ci sveleranno a quale intimità con la Vergine Santa noi siamo
invitati nella Chiesa e nella nostra vita interiore di Sacerdoti.
57
56
Ibid., n. 264.
57
Ibid., n. 144.
58
Ibid., n. 217.
59
Cfr Ibid., nn. 55-59, e Priére pour demander à Dieu des Missionaires. Ed Tours, 1933, pp. 54-59 (Appendice).
diamo dei disegni dell'Autore Infinito, l'Incarnazione sia stata ordinata alla
Redenzione. “Dio ha talmente amato il mondo, che ha dato il Figliuol suo unigenito,
affinchè chiunque crede in lui, non perisca ma abbia la vita eterna”60.
Ma il piano dell'Amore Infinito è mirabilmente logico nella sua misericordia.
Dio sa fino a qual punto noi siamo impastati di sensibilità e incapaci di elevarci alle
cose invisibili se non a mezzo delle visibili: “Dum visibiliter cognoscimus, in
invisibilium amorem rapiamur”61. Perciò non si contenta di assumere la carne d'uomo,
di farsi bambino per insegnarci a non aver paura di lui e soprattutto per farci capire
che con lui dobbiamo renderci noi pure bambini; Dio vuole manifestarci il suo amore
sino in fondo: “In finem dilexit”62. fino alla morte di Croce. “usque ad mortem Crucis”63.
Un solo atto d'amore di Cristo sarebbe bastato infatti ad operare la nostra
Redenzione, a saldare al Padre il debito infinito che avevamo contratto con la
giustizia divina, a riparare l'offesa — d'una gravità smisurata— a Dio inferta. Una
sola oblazione interiore del Cuore di Gesù avrebbe potuto ottenere la salvezza
dell'umanità tutta, poiché il più piccolo atto d'amore di questo Sacro Cuore prendeva
un valore infinito nella persona del Verbo, amore tuttavia umano e,
conseguentemente, capace di rappresentare dinanzi al Padre l'umanità intera.
Perchè dunque la Passione, il Sangue, la Coronazione di spine, il Calvario?
La ragione sta nell'Amore Infinito che Dio ci porta; è per nostro amore che
Dio ha decretato la morte ignominiosa della Croce ed il Sacrificio cruento del Sommo
Sacerdote. Se Gesù ci avesse riscattati col più piccolo atto d'amore, noi non avremmo
compreso e non avremmo corrisposto. Come dice S. Agostino — “Dio non ci salverà
senza di noi”64: a che cosa sarebbe servito dunque che Gesù ci ottenesse il perdono
dal Padre, se noi non ne avessimo tratto profitto? Affinchè dei poveri siano
rifocillati non basta che vengano invitati ad un banchetto preparato loro da un ricco
benefattore, bisogna ancora elle acconsentano ad andarvi e prendano ii cibo loro
offerto: diversamente, potrebbero morire di fame di fronte a quella tavola si bene
imbandita. Parimenti, per essere salvi, bisogna far propri. con un atto personale, i
frutti della Redenzione; l'amore di Gesù per noi non basta, è necessario
anche il nostro amore per lui. Per stabilire un'amicizia occorre reciprocità:
altrimenti non si conclude nulla ed inutile è il sangue di Cristo.
Ora, se dopo venti secoli tanti cristiani — pur convinti che le piaghe di Cristo
contengano il cibo della vita eterna — muoiono di fame e di sete, perchè non vanno
ad attingere, cosa sarebbe stato se nostro Signore non avesse messo tutto in opera
per manifestare quanto aveva fatto per riscattarci? Se si fosse contentato
semplicemente di un interiore atto d'amore, certo, sul Cuore del Padre ci avrebbe
ottenuto le identiche possibilità di salvezza che abbiamo ora, ma noi, peccatori induriti
quali siamo, non avremmo “creduto all'Amore” oppure l'avremmo dimenticato dopo
poco tempo.
59
60
61
Ma esse son poca cosa a confronto delle sofferenze morali che non hanno
cessato di abbeverare il Cuore di Nostro Signore durante tutta la vita, e soprattutto,
dall'agonia del Getsemani fino all'ultimo respiro. Esse erano causate dall'ingratitudine
65
Jo., XV, 13.
66
THOMAS AQUINAS. S. Summa Theol.. II-II, Q. 31, a.1.
67
Ad Eph., II, 4.
68
BARRET, P., - La Passion corporelle de Jésus – Issound, 1940.
degli uomini, dall'incomprensione degli amici, dal tradimento di Giuda, il rinnegamento
di Pietro e la debolezza di tanti suoi Sacerdoti... Dall'alto della Croce, Gesù, con la
sua eminente scienza infusa, vedeva non solo i suoi carnefici ed il suo popolo
scatenati, ma l'umanità tutta, tutti noi e ciascuna delle anime nostre con la moltitudine
di colpe, infedeltà e indelicatezze contìnuamente ripetute. Inoltre, la sua anima santa
vedeva, in quell'istante, l'inferno e le anime che vi si precipitavano, per le quali stava
soffrendo atrocemente. Come dice il Salmista ( 10), egli ha visto “l'inutilità del suo
Sangue”, la sconfìtta del suo amore per un certo numero di uomini. Tutto ciò
l'immerse in un dolore senza fine, a confronto del quale le sofferenze fisiche erano un
nulla.
Ma Gesù ha conosciuto una sofferenza ancora più profonda di questo dolore
morale, una sofferenza che egli solo ha potuto sentire: quella del peccato, del male
de! peccato, dell'offesa infinita che il peccato fa a Dio. La sofferenza morale noi la
comprendiamo ancora, perchè fatta di compassione e di sentimenti umani, ma
bisogna essere Dio per misurare l'infinità dell'offesa inferta a Dio col peccato, per
comprendere fino a qual punto egli è beffato nei suoi eterni diritti. E d'altronde, poiché
Dio a rigor di termini non può soffrire, bisogna — come Gesù — essere uomo per
soffrire di questa offesa infinita. Tale è il mistero delle infinite sofferenze del Sacro
Cuore di Gesù69.
63
peccati e delle abominazioni del mondo aveva messo nella sua anima santa.
L'unione della Santissima Vergine con Nostro Signore sulla Croce è, dunque,
unicamente una unione di carità, anche se procedente dai vincoli costituiti dalla
Maternità divina.
64
stato sufficiente ad operare la salvezza del mondo. lì sangue di Gesù che cola e le
lagrime di Maria non sono che manifestazione esterna di questa oblazione interna,
che giustamente è stata chiamata l'anima dei Sacrificio della Croce73. C'è veramente
fusione di cuori, intimità che tende all'unità nel! ordine stesso dell'amore. Maria è
trasformata in Gesù senza cessare di essere se stessa. Ella penetra nell'intimità della
vita interiore di Gesù, secondo la legge della mutua compenetrazione dei cuori e delle
anime, che. S. Tommaso ritiene frutto stesso dell'amicizia74.
66
Cant., IV. 9: Cfr. TERRIEN, J.B., S.J., La Mére de Dieu et la Mére des hommes,
72
CAPITOLO II
Dopo quanto s'è detto circa l'intimità esistente tra Cristo Sommo Sacerdote e
la Vergine Santissima risulta alquanto difficile stendere un capitolo per farne
l'applicazione alle relazioni intercorrenti tra il Sacerdote e Maria.
Se Gesù si è degnato aver bisogno di lei per essere assistito nell'atto
principale del suo Sacerdozio, cosa dovremo dire della necessità della presenza di
Maria nella vita intima del suo Sacerdote? La Madre Claret de la Touche l'aveva ben
compreso: “II Sacerdote — ella scrive — è un altro Gesù; quello che Maria era per il
suo Gesù lo è anche per il Sacerdote”78.
Se c'è una verità che in S. Tommaso regge tutto il trattato del Sacramento
dell'Ordine è questa: il Sacerdote riceve il Sacerdozio prima di tutto per
celebrare la
67
“Il Sacerdote esercita due azioni: l'una, principale, riguarda il corpo vero di
76
“Beata Virgo nonest assumpta in ministerium a Domino sed in consortium et adiutorium iuxta illud: “facciamus
ei adiutorium simile sibi” (Gen., XII, 18). Beata Virgo non est vicaria sed coadiutrix et socia, particeps in regno
quae fuit particeps passionum pro genere humano, quando, omninbus fugientibus ministris et discipulis, sola sub
cruce perstitit; et vulnera quae Christus corpore, ipsa corde suscepit, unde et gladius tunc ipsius animam
pertransivit...”. ALBERTUS MAGNUS, S., Mariale, q.42.
77
I Petr., II, 9.
78
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Il Sacro Cuore e il Sacerdozio, Torino, Marietti, 1943.
79
THOMAS AQUINAS, S., Suppl., Q. 37, a.2.
Cristo; l’altra, dipendente dalla prima, concerne il suo Corpo Mistico”80.
Tutto il potere che abbiamo sul Corpo Mistico ci è, dunque, accordato per
disporre le anime a ben ricevere l'Eucaristia e a ben unirsi a Cristo nella Messa.
Non è forse per riprodurre e continuare la Cena che Gesù ordinò Sacerdoti i
suoi Apostoli, come ci insegna ii Concilio di Trento in quel testo magnifico che
abbiamo spesso meditato nei nostri ritiri fin dal Seminario?
“Nostro Dio e Signore, benché per operare l'eterna redenzione dovesse, con
la morte, offrire se stesso ai Padre una volta sola sull'ara della croce: siccome suo
sacerdozio non doveva estinguersi con la sua morte (Hebr. VII. 24-27), nell'ultima
cena, nella notte in cui veniva tradito, volendo lasciare alla diletta sua sposa, la
Chiesa, un sacrificio visibile — come la natura esige — che rappresentasse quel
sacrificio cruento da offrirsi una volta sola sulla croce, ne perpetuasse nei secoli il
ricordo e ne applicasse la virtù salvifica in remissione dei peccati che
quotidianamente commettiamo: dichiarandoci costituito sacerdote secondo l’ordine di
Melchisedech, offrì a Dio Padre suo, sotto la specie del pane e del vino, il suo corpo e
il suo sangue e sotto le stesse specie lo diede agli Apostoli che in quel momento
appunto costituì sacerdoti del Nuovo Testamento perchè ne prendessero, e ad essi e
ai loro sucessori nel sacerdozio comandò di offrirli, con
68
Noi, dunque siamo Sacerdoti prima di tutto per offrire il Sacrificio della
Messa, al modo stesso che Cristo e Sacerdote per offrire il Sacrificio della Croce.
Gesù s'è fatto Sacerdote, s'è incarnato per la nostra Redenzione, e per la nostra
Redenzione ottenuta attraverso l'offerta della sua vita sul Calvario. Nell'economia
della nostra salvezza, il nostro Sacerdozio e la nostra Messa, stanno come il
Sacerdozio di Cristo e il suo unico Sacrificio.
Di più, non e solo un parallelismo esistente fra lui e noi, è un legame attuale
che ci unisce al suo Sacerdozio e al suo Sacrificio. Il Sacrificio della Messa, infatti,
non è altro che il Sacrificio della Croce riprodotto sull'altare. Dice ancora il Concilio di
Trento: “Una sola e identica è l’Ostia, identica è la persona che si offre ora attraverso
ii ministero del Sacerdote, come si offrì allora sulla Croce; il solo modo dell'offerta è
differente”82.
Stamane nella Messa, dinanzi a noi non abbiamo avuto meno di quanto ebbe
S. Giovanni il Venerdì Santo. E questo sacrificio della Croce è reso presente e
ripresentato ai Padre per mezzo nostro. Noi siamo gli strumenti attraverso i quali
Cristo perpetua, quanto alla sostanza, il Sacrificio della Croce sotto forma
sacramentale, atto che
80
Ibid., Q., 36, a. 2.
81
Concilio di Trento, Sess., XXII, c. 1 (Denz., 938). Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Summa contra Gent., IV, 74.
82
Concilio di Trento, Sess., XXII, c. 1 (Denz., 940).
69
in noi rinnova egli stesso dall'alto dei cieli. Egli si serve delle nostre labbra e, ancor
più, della nostra anima o —per parlare con tutta precisione teologica — della nostra
intelligenza nella sua funzione pratica, per rinnovare l'atto essenziale del suo
sacerdozio. “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue”, dice egli stesso in noi,
quantunque siamo noi a pronunziare tali parole e a pensare all'atto che compiamo.
Come insegna S. Tommaso: “E' Lui il vero Sacerdote offertosi sull'altare della
Croce, in virtù del quale si consacra ogni giorno il suo Corpo sull'altare”83.
Noi non diciamo: “Questo è il Corpo di Cristo”, ma: “Questo è il mio Corpo” e
tuttavia non abbiamo intenzione alcuna di pensare che quel corpo sia il nostro. No, in
quel momento le persone sono due benché una sola l'azione, quella di Gesù Sommo
Sacerdote che si serve del suo strumento amatissimo. Noi agiamo veramente
— come dice S. Tommaso — in persona Christi84; noi siamo “l'immagine di Cristo”85.
Tale è il “mistero di tede” che noi rinnoviamo o— gni giorno.
Cerchiamo perciò di comprendere a quale intimità con Nostro Signore ci
induca, al fine di intendere meglio, in seguito, l'unione che ci è riservata con la
Santissima Vergine.
Il Sacerdote non è solo uno strumento, un servo, è
70
anche un amico di Gesù. E' uno strumento vivente di Cristo Sacerdote. Abbiamo visto
più innanzi che la grazia sacerdotale infonde nei nostro cuore una carità che ci unisce
in modo ineffabile a nostro Signore nell'atto preciso della nostra vita sacerdotale. Ora
lo comprendiamo meglio.
Dicevamo poc'anzi che, al momento della consacrazione, in noi sono
realmente due persone, quella di Cristo che consacra e la nostra. Perchè non dire
anche che, grazie alla carità, vi sono in noi due cuori, il Cuore Sacerdotale di Gesù
che si offre al Padre per la salvezza del mondo e, in particolare, per le anime ad
intenzione delle quali si celebra la Messa e il nostro cuore ricolmo di grazia
sacerdotale e dell'amore di Dio e delle anime? E, al modo stesso che sull'altare le due
persone non compiono che un identica azione sacerdotale, anche i due cuori si
identificano per l'amore, perchè è il medesimo Amore Infinito che ispira loro tale
azione.
Siamo nel punto focale della nostra vita sacerdotale. E' il momento della
nostra giornata in cui comunichiamo col Cuore di Cristo in una maniera
singolarissima. Senza dubbio, vi sono dei Santi laici e delle Sante che hanno amato e
compreso Cristo più che dei Sacerdoti canonizzati: ma, a parità di grado di carità, chi
è Sacerdote è più unito a Nostro Signore di colui che non lo è, in forza del carattere,
che gli dà il potere di riprodurre l'atto sacerdotale di Gesù Crocifisso e per la grazia
sacramentale, che lo fa comunicare con Cristo nell'atto stesso del suo Sacerdozio.
Gesù si è offerto una volta sul Calvario, ma allora Sacerdote era lui solo; la
Vergine Santissima là vicino a lui, v'era solo come Madre e Sposa. Oggi, quando egli
si
71
83
“Ipse est verus sacerdos qui se obtulit in ara crucis, et cuius virtute corpus eius in altari quotidie consecratur”
THOMAS AQUINAS, S., Contra Gent., IV, 76.
84
THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., IlI, Q. 82, a. 1.
85
“Sacerdos gerit imaginem Christi, in cuius persona et virtute verba pronuntiat ad consecrandum... Et ita
E’ davvero un'amicizia, quella che allora egli stabilisce in noi. una unità totale,
una koinonia, una comunanza di tutti i più intimi segreti del suo Cuore: Omnia mea
tua sunt. omnia tua mea sunt86.
72
come proprie le cose dell'amico, sembra essere nell’amico, quasi a lui identificato: in
quanto, poi, vuole e agisce per l'amico come per se stesso — quasi ritenendolo una
stessa cosa con sé — così la persona amata è ìn colui che ama “87.
Rileggiamo questo testo pensando che tale amico è Cristo stesso, Cristo
Sommo Sacerdote, e comprenderemo a quale intimità noi siamo chiamati per il solo
fatto di possedere la grazia e la carità.
86
87
Jo., XVII, dicitur
“Amatum 10. esse in amante, in quantum amatum immoratur in apprehensioneamantis... Amans vero dicitur
esse in amato secundum apprehensionem, in quantum amans non est contentus superficiali apprehensione amati,
sed nititur singula quae ad amatum pertinent intrinsecus disquirere; et sic ad interiora eius ingreditur: sicut de
Spiritu Sancto, qui est Amor Dei, dicitur quod “scrutatoretia profunda Dei” (I Cor., II, 10)... In amore amicitiae,
amans dicitur in amato, in quantum reputat bona vel mala amici sicut sua et voluntatem amici sicut suam, ut quasi
ipse in suo amico cideatur bona vel mala pati ed affici. Et propter hoc, proprium est amicorum idem velle et in
eodem tristari et gaudere secundum Philosophum ut sic, in quantum quae sunt amici aestimat sua, amans videatur
esse in amato, quasi idem factus amato: in quantum autem e converso vult et agit propter amicum idem sibi, sic
amatum in amante.” THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., I-II, q. 28, a. 2.
egli ha chiamato amici i suoi primi Sacerdoti88.
73
Ma, nel mentre che attira il suo Sacerdote a sé, Cristo con la sua grazia
sacerdotale si dà a lui, gli dona il suo cuore.
“Io susciterò — dice Dio— un Sacerdote fedele che agirà secondo il mio
89
cuore” .
“Voglio che tu dica ai miei Sacerdoti che dono loro il mio Cuore”, diceva
Nostro Signore alla Madre Luisa Margherita Claret de la Touche90.
“Egli si spande in noi — scrive l'Olier— s'insinua in noi, imbalsama l'anima
nostra e la colma delle disposizioni interiori del suo spirito, di maniera che, della
nostra anima e della sua non ne fa che una sola”91.
“Omnia mea tua sunt. omnia tua mea sunt”92. Tutto è messo in comune.
Gesù dà al suo Sacerdote tutto quello che ha e gli apre tutti i segreti del suo Cuore.
Nei suo commento sui versetto del Cap. 15 di S. Giov. “Vos dixi amicos”, S.
Tommaso scrive queste parole profonde: “E' un segno di vera amicizia che l'amico
riveli all'amato i segreti del suo cuore, perchè, dato che gli amici fra loro non formano
che un cuore solo e un'anima sola, cor unum et anima una. ciò che si rivela all'amico,
non sembra uscire fuori dal proprio cuore, non videtur amicus extra cor suum ponere
quod amico revelet”93. E Pio X nella sua Lettera ad Clerum “Haerent animo” applica al
Sacerdote le parole di S. Paolo ai Filippesi94: “Poiché il volere e l'evitare le medesime
88
Jo., XV, 15.
89
I Sam., II 35.
90
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore – Torino, Librería del Sacro Cuore, 1949, p. 270.
91
Olier, j.j., Vie et vertus Chrétiennes; cap. lI.
92
Jo.. XVII, 10.
93
THOMAS AQUINAS, S., In Joann., XV, lect. 3; Contra Gent., IV, 21.
94
Ad Phil., lI, 8.
cose, è il pegno più sicuro dell'amicizia, siamo obbligati, come
75
amici, a nutrire gii stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù, tenemur ut amici sentire
in nobis quod et in Christo Jesu”95.
Fra lui e noi è davvero l'unione totale, l'unita, perchè in terra noi occupiamo il
suo posto, viviamo la sua vita e la rappresentiamo. La vita interiore dei Sacerdote è la
vita interiore di Gesù comunicata al Sacerdote.
Ma. se egli si dona tutto a noi, attende da noi che ci doniamo totalmente a lui.
Sono queste le esigenze di una vera amicizia. Noi dobbiamo lasciare Nostro
Signore libero di prendersi in noi tutto quello che vuole e cooperare con tutto il cuore
alle grazie, che non cessa di darci per compiere quest unione nella quale consiste la
santità.
Dunque colui che ama porta, in un certo senso, l'amico nel suo cuore per il
fatto che pensa sempre a lui. di più. egli è come trasfuso nell'amico, per il fatto che fa
suoi il bene ed il male di lui97. Così è della carità sacerdotale. Essa fa penetrare Cristo
— Sacerdote nell'anima nostra e ci invita a pensare continuamente a lui come
Sacerdote: c'introduce
76
nella sua anima di Sacerdote e ci fa abbracciare tutti i sentimenti clie egli aveva nel
suo Cuore Sacerdotale.
“ll suo cuore è mio! —esclama S. Bonaventura—. Non è forse Cristo il mio
Capo? Come mai ciò che appartiene al mio capo non sarebbe mio? Al modo stesso
che gli occhi dei mio capo corporale sono cosa mia, anche il cuore del mio capo
spirituale è veramente mio... Con questo cuore che è vostro e mìo, o Gesù
dolcissimo, adorerà il mio Dio”98.
Quando tale carità ha un alto grado d'intensità, sotto la mozione dello Spirito
Santo, essa genera una certa esperienza di quella mutua compenetrazione. E' il dono
95
PIUS PP., X, Exhortatio ad Clerum Catholicum “Haerent animo”, in Acta S. Sedis, XLI, 1908, p. 558; traduz.
italiana cfr. GAMBA, U., Padova, Libreria Gregoriana, 1951, p. 35.
96
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore – Torino, Librería del Sacro Cuore, 1949, p. 331.
97
Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., I-II, q. 28, a. 2.
98
BONAVENTURA A BALNEOREGIO, S., Vitis mystica, c. 3, n. 4. Quest’opusculo del Dottore Serafico è stato
spesso attribuito a S. Bernardo, sotto il cui nome è stato utilizzato nel secondo notturno della Festa del Sacro
Cuore. Il passo qui citato, nonostante la sua autenticità, è stato omesso. Senza dibbio, questo testo non riguarda
espressamente il Sacerdote, ma nulla vieta di applicarlo in modo tutto speciale a lui.
della Sapienza che ci dà coscienza di quest'amore reciproco e, per effetto di tale
amore in noi, ci fa sperimentare la presenza di Cristo-Sacerdote nell'anima nostra,
sopratutto la trascendenza della sua divinità, nella quale noi siamo come immersi: “In
ipso vivimus. movemur et sumus”99. Abbiamo, allora, i'intima e oscura convinzione
che tutto quello che già crediamo per fede, tutto ciò che sappiamo attraverso la nostra
scienza acquisita, dalla teologia o dalle nostre meditazioni è vero, anzi infinitamente
più grande di quanto possiamo immaginare. Cosi, l'amore stesso che avevamo per
Dio e per Cristo Sacerdote si trova interamente trasformato e immensamente dilatato.
Tutti i Santi, senza dubbio, hanno avuto quest'amore di fuoco che sorpassa
l’umano modo, e perciò furono Santi. La santità sacerdotale, tuttavia, riveste una
modalità
77
speciale, per il fatto che è lo sboccio perfetto della grazia sacramentale dell'Ordine. La
carità sacerdotale genera perciò una conoscenza mistica di un carattere particolare:
un Sacerdote non è santo, o meglio, non è un santo Sacerdote, se non fa dell'unione
con Cristo-Sacerdote l'essenza stessa della sua santità. La ragione si è che la sua
contemplazione mistica implica una certa conoscenza sacramentale del sacerdozio di
Cristo. Non si arresta lì, perchè l'oggetto è Dio stesso nella sua infinita trascendenza,
ma passando attraverso Cristo Sacerdote, riceve un modo speciale, che,
normalmente, la contemplazione mistica dei laici non ha.
Così, grazie al dono della sapienza, il Sacerdote fervente, attraverso i velami
della fede, prende già possesso di colui che s'è donato a lui per amore, Egli tocca il
Maestro in un modo tutto spirituale, lo gusta, al di sopra di ogni consolazione
sensibile, e vede senza vedere quanto è buono il Signore: “Gustate et videte quoniam
suavìs est Dominus”100. Ma egli partecipa altresì, più degli altri, alle sofferenze intime
dell'anima santa di Gesù, di maniera che la sua contemplazione mistica è lungi
dall'essere sempre soave.
* * *
78
Cuore di Gesù si dona al cuore del Sacerdote e gli affida tutti i suoi segreti: in quel
momento, in forza della carità, essi non sono ormai che una cosa sola e quanto
Nostro Signore lascia intravedere dei suoi sentimenti non esce affatto dalla sua anima
per passare nell'anima del Sacerdote: non videtur amicus extra cor suum ponere
quod amico revelet101.
E' questa la sorgente sempre zampillante della santità sacerdotale. Se siamo
99
Act., XVII, 28.
100
Commentando questo testo, S. Tommaso dimostra che l’analogia del gusto esprime la natura dell’esperienza
mistica meglio di quella del tatto, perchè questo resta alla superficie delle cose, mentre il gusto le fa penetrare in
noi e penetra, a sua volta, nella loro sostanza: “Exhortamur ad experientiam divini consortii. Experientia de re
sumitur per sensum, sed aliter de re praesenti et aliter de absenti; quia de absente per visum, odoratum et auditum,
de praesenti vero per tactum et gustum. Sed per tactum de extrinseca praesenti, per gustum vero de intrinseca.
Deus autem non est longe a nobis nec extra nos, sed in nobis. Et ideo experientia divinae bonitatis dicitur
gustatio” In Ps., 33, 9.
101
Cfr. THOMAS AQUINAS, S., In Joann., XV, lect. 3; Contra Gent., IV, 21.
fedeli alla grazia sacramentale, che ci è stata data per adempiere santamente ciò che
la nostra potestà ci concede di fare, ogni Messa deve farcì conoscere sempre più i
segreti del Cuore sacerdotale di Gesù e sempre più deve unirci a Lui. Nei disegni
dell'Amore Infinito è assolutamente certo che ogni nostra Messa dovrebbe essere più
fervente della precedente. “Ho bramato ardentemente, desiderio desideravi, di
mangiare questa Pasqua con voi”102: è con intensa brama che ho desiderato
celebrare questa Messa con voi. con te, oggi.
Nella Messa, come sul Calvario, c'è un ordine nella carità che avvampa il
Cuore sacerdotale di Gesù: l'ordine della carità; e quest'ordine il Sacerdote deve farlo
suo. Prima di ogni cosa Gesù ama il Padre suo, e l'ama più di tutto ciò che esiste;
ama poi la Madre sua, la Vergine Santissima, e l'ama più di tutte le creature del cielo
e della terra; in seguito Gesù ama gli uomini, che viene a raccogliere e salvare, ed il
suo Cuore sacerdotale li ama nello stesso ordine in cui il Padre, Lui stesso, come
Verbo di Dio, e lo Spirito Santo li amano di un amore unico ed infinito; ordine
nascosto nella prescienza divina e che ci resta ignoto
79
anche nel Santo Sacrificio, ma al quale aderiamo nella fede, come aderiva la
Santissima Vergine ai piedi della Croce.
Cosi, rispettando e facendo suo l’ordine stesso della carità del Cuore
sacerdotale di Cristo, il Sacerdote si unisce alle intenzioni per le quali Gesù offrì allora
il Sacrificio del Calvario ed offre ora la Messa in lui.
Dai teologi, queste intenzioni sono riportate al numero di quattro, che essi
chiamano i quattro fini del Sacrificio: la Messa — dicono — è offerta per adorare Dio.
ringraziarlo, ottenere grazie da lui e riparare il peccato.
Come Sacerdoti, infatti, noi siamo mediatori tra Dio e gli uomini in quanto
rappresentanti dell'Unico Mediatore, ma, proprio perciò, nella Messa noi, in un certo
senso, non abbiamo più mediatore fra noi e il Padre. I fedeli vedono in noi Cristo
Sacerdote, non vanno al Padre se non per mezzo nostro ma noi, all’altare “siamo” il
Cristo e ci troviamo direttamente dinanzi al Padre. Certo, noi aderiamo con tutto il
cuore a Cristo Sacerdote che parla al Padre attraverso le nostre labbra, ed a Cristo
Vittima che è lì dinanzi a noi in luogo del pane, ma ciò nonostante
80
è al Padre che, in nome di Cristo, ci rivolgiamo e fra lui e noi non v'è nessuno. Siamo,
allora, pienamente identificati con Cristo; riviviamo tutti i sentimenti che Egli aveva per
il Padre suo sulla Croce, sentimenti d'amore e di adorazione profonda, di
riconoscenza infinita, desiderio intenso della gloria divina e dell'avvento del regno di
Dio nel mondo. Rileggiamo, in tale spirito, le preghiere del Prefazio e del Canone,
pensiamo che noi pronunciamo le parole del Pater nella persona stessa del Cristo e,
102
Luc., XXII, 15.
103
Hebr., V, 1.
soprattutto, uniamoci all'amore attuale che egli in quel momento ha per il Padre suo.
Quale meraviglia che il nostro cuore serva allora a Cristo Sacerdole di canale,
d’organo vivente per amare e adorare il Padre? In tutta verità, qui entriamo nel Santo
dei Santi, carpiamo il segreto più grande del Cuore di Gesù, intercettiamo — oserei
dire— le relazioni del Verbo Incarnato col Padre, e questo ogni giorno, per tutta la
durata della vita, mentre il Sommo Sacerdote dell'Alleanza tremava nel penetrare,
una volta l’anno al di là del velo del Tempio.
***
Gesù non è solo il Sacerdote del suo Sacrifìcio, ne e anche la Vittima santa.
81
Egli ci insegna così che, se vogliamo essere davvero suoi amici, non basta
essere Sacerdoti, ma dobbiamo partecipare anche ai suoi sentimenti di Ostia, far
fluire tali sentimenti nella nostra vita, in breve; dobbiamo essere anche noi vittime e
ostie del nostro Sacerdozio, in unione con lui. Il Pontificale ce l'ha insegnato, il
giorno della nostra Ordinazione: “Agnoscite quod agitis, imitamini quod tractatis”. I
Padri della Chiesa hanno detto spesso ai Sacerdoti che essi devono essere
vittime, appunto, in forza del loro Sacerdozio. Ricordiamo solamente due
testi ben noti. Il primo è di S. Gregorio Magno: “Noi che celebriamo i misteri della
Passione del Signore dobbiamo imitare quello che facciamo. Allora, dinanzi
agli occhi di Dio, vi sarà davvero un'ostia per noi, quando ci saremo fatti ostie noi
stessi”106.
Il secondo testo è di S. Paolino da Nola; “Il Signore stesso è l'ostia di tutti i
Sacerdoti, vittima del suo Sa-
82
83
Nella gìà citala lettera Haerent animo, dopo aver ricordato che il Sacerdote,
come amico, in virtù della natura stessa dell'amicizia, idem velle et idem noIle, è
tenuto a provare, in se stesso ì sentimenti di Cristo Gesù. Pio X aggiunge: “Come
ministri del Sacrificio, la cui virtù è continuamente rinnovata per la vita del mondo,
dobbiamo renderci conformi in ispirito a colui che s’è offerto a Dio come ostia
immacolata sull'altare della Croce”109.
Quali grazie Nostro Signore non riserva a quei suoi Sacerdoti che, durante la
loro Messa, entrano così nella sua anima santa per comunicare al suo dolore! Per
questo, non occorrono lumi straordinari: basta contare sulla grazia sacramentale
dell'Ordine, la grazia sacerdotale che ci santifica negli atti stessi del nostro
Sacerdozio. In questa grazia, infatti, c'è la carità e, conseguentemente, l'amicizia con
Cristo.
Tuttavia, per mezzo dei doni dello Spirito Santo, questa partecipazione alle
sofferenze di Nostro Signore può rivestire un modo che sorpassa quello della carità
lasciata a se stessa. Il Sacerdote partecipa allora a quella notte misteriosa che,
durante la crocifissione, avvolse l'anima di Gesù, senza privarla della visione
beatìfica.
84
victima sacerdotii sui et Sacerdos suae victimae fuit; cuique nunc ut uni omnium Domino omnis nova creatura
sacrificium est; ipsique sunt hostiae sacerdotes”. Ep. XÏ ad Severum, 8. P.L. 61, 196; cfr anche S. CIPRIANO, Ep.
LXXVII, 3 e S. GEGORIO NAZIANZENO, Oratio II Apol., n. 95; P.G., 35, 498. Tra gli autori moderni, cfr.
OLIER, J.J. Traité des Saints Ordres, P. III, cap. 4; e GIRAUD, S.M. Prêtre et Hostie, L.II, cap. 3, 23, Paris
1891, T. 1, p. 288-293 e 573-593.
108
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. 1-IIª Q 28 a. 2.
109
PIUS PP. X., Exhortatio ad Clerum “Haerent animo”, A.S.S., XLI, 1908, p. 558.
mi hai abbandonato?”. Questo certamente fu il più grande abbandono che sperimentò
nella sua carriera mortale. Quindi è che proprio allora compì l'opera più grande di
quante mai in vita avesse fatte per miracoli e prodigi strepitosi: l'opera con la quale
riconciliò ed unì il genere umano con Dio, per mezzo della grazia. Ciò avvenne
appunto allorché l'amoroso Signore era più avvilito ed umiliato in tutto... Di qui l'uomo
spirituale intende il mistero della porta e della via che è Cristo, per unirsi con Dio... E
quando alfine giungerà a ridursi al nulla cioè a stabilirsi in una somma umiltà, allora si
che potrà dirsi avvenuta ormai l'unione spirituale tra l'anima sua e Dio, ciò che
costituisce il più grande e sublime stato a cui in questa vita si possa pervenire.
L'unione divina non consiste, dunque, in gioie o sentimenti o delizie di spirito, ma in
una viva morte di croce...”110.
Il Sacerdote che è entrato in questa via regale non celebra più la sua Messa
come prima. Egli prova, ora, nell'anima, una sofferenza analoga a quella dell'anima di
Gesù crocifìsso. In realtà, nella Messa egli riproduce e continua, per cosi dire,
“sacramentalmente” questa sofferenza, offrendo a Cristo un Corpo ed un'anima per
far rivivere e perpetuare la sua Passione nel nostro tempo. Il Sacerdote fedele, che e
immerso in un'aridità indipendente dalla sua volontà e che si crede abbandonato da
Dio, tocca così, sotto l'impulso dello Spirito Santo, le vette dell'identificazione con
Cristo Sacerdote e Ostia.
86
ficale dà all’agnoscite quod agitis et imitamini quod tractatis, poiché aggiunge subito
le parole di S. Paolo ai Galati: “Voi crocifiggete la carne con i suoi vìzi”111. E S.
Tommaso precisa che ci si deve comunicare nella Messa per manifestare che si
partecipa interiormente al Sacrificio offrendo se stessi a Dio112.
Nostro Signore, infine, può domandarci di versare il sangue per lui. S.
Tommaso esige che i Sacerdoti vi si dispongano interiormente in modo da essere
pronti, presentandosi l'occasione, a farlo effettivamente, al fine di conformarsi a Cristo
Crocifisso, che scende nelle loro mani113.
E’ quanto fecero i Santi: essi furono dei Sacerdoti crocifìssi, crocifissi nella
carne e crocifìssi nell’anima, perchè erano uniti a Cristo crocifisso, al Sacerdote ostia
del proprio sacrificio. Di taluni, come di S. Ludovico Grignion de Montfort, si è potuto
dire che erano “dei crocifìssi viventi”. E' questa l'identificazione suprema che Cristo
realizza nei suoi amici più cari e più fedeli alla loro grazia sacerdotale. Infatti, per
elevata che sia, questa grazia sacerdotale non è altro che l'espansione completa della
grazia sacramentale dell'Ordine ed il frutto di una celebrazione ognor più fervente
della Messa in unione col Sacro Cuore di Gesù.
110
IOANNES A CROCE, S., Opere tradotte in italiano a cura dell’Ordine dei Carmelitani scalzi, vol I, Salita del
Monte Carmelo. – Milano, S. Lega Eucaristica, 1927; L. II, cap. 6, n. 7, pp. 88-89.
111
Gal, V, 24.
112
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. IIIª Q 82 a. 4.
113
“Omnes clericorum ordines ordinantur ad altaris ministerium in quo sub sacramento repraesentatur Passio
Christi (…) Et ideo competit eis esse paratos ad propriam sanguinis effusionem pro Christo, ut imitentur opere
quod gerunt ministerio”. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. II-IIª Q 40 a. 2.
“Christo occiso (...) omnes ministri praedicti sacramenti (Eucharistiae) debent conformari”. Ibid, Suppl., Q. 39, a.
3.
2. — L'UNIONE DEL SACERDOTE CON LA SANTISSIMA VERGINE
86
85
Così, all'altare, il Sacerdote riceve, lui pure, l'aiuto che ricevè sulla Croce
Colui che egli rappresenta: l'assistenza benedetta di Maria. Come Gesù ha voluto
avere insogno di lei sul Calvario, così il Sacerdote, ogni giorno nella Messa, ha
davvero bisogno di questa presenza santa, invisibile, ma quanto efficace sul suo
povero cuore di uomo; e la riceve davvero da lei, perchè ella si dona a lui,
ineffabilmente, di maniera che il mistero della Croce si riproduce alla perfezione.
E' il momento in cui, queste strofe dello Stabat acquistano per lui tutto il loro
significato:
88
cerdozio e della Comunione della nostra Messa. Ma tutto ciò ci viene per mezzo di
Maria, poiché ella è la Mediatrice di tutte le grazie: per poter vivere la nostra Messa
da Sacerdoti crocifissi occorre la preghiera e la presenza della Santissima Vergine, la
Madonna della Compassione. La Messa di un Sacerdote unito a Cristo non può
concepirsi senza l'aiuto di Maria.
“San Giovanni era per lei la continuazione di Gesù Cristo... e nei momenti
importanti del suo ministero, egli era tutto suo: doveva entrare nelle sue intenzioni e
perdere le proprie in quelle di Maria. Le era stato dato come suo Sacerdote
particolare, affinchè offrisse il Sacrificio nelle intenzioni da lei desiderate...”115.
* * *
90
91
punto di bollarle come temerità: Santi autentici ne hanno vissuto, primo fra tutti
Noi, beninteso, parliamo, qui, dell'amore del Sacerdote come Sacerdote. In quanto
116
uomo, infatti, il Sacerdote, come qualunque altro cristiano, è un figlio della Santissima
Vergine bisognoso di essere plasmato da lei ad immagine di Cristo stesso, come
abbiamo spiegato nel cap, II.
117
Il Canonico J. Dupevray, Superiore del Piccolo Seminario di Mombrison, lesse all'XI Congresso Nazionale del
Reclutamento Sacerdotale, tenuto a Lourdes nell'agosto del 1935, un rapporto intitolato: «La devozione a Maria e
la cultura delle vocazioni”, in cui espone come l'amore per la Santissima Vergine abbia permesso a un gran
numero dei suoi seminaristi di superare la crisi dell'adolescenza. Ecco in quali termini conclude il suo rapporto:
«quando si dovrà chiedere ad un cuore che si sveglia all'amore il sacrificio di ogni affetto di donna per ottenere da
lui una dedizione più completa, l'affetto delicatissimo della Santissima Vergine sarà la soluzione migliore di tale
importante e delicato problema psicologico del dono di sè nella castità. Da quel momento, il giovane si abituerà a
considerare Maria come la confidente, l'associata, la collaboratrice del suo apostolato sacerdotale”. Rapport da
Xle Congrès National de Recrutemenht sacerdotale” - Lourdes 1935 — Lourdes, Impr. de la Grotte, 1936 —
pp. 145-146.
118
Gen., II, 18.
119
L’argomento è stato tratto dal R.P. J. KLEIN, M.S.C., in un articolo degli Annales de Notre-Dame du Sacré-
Coeur dal titolo: Notre-dame et le Prètre (avril-mai 1943, pp. 15-18). “Come chiamare quest’intima unione tra
Maria e il sacerdote? Non é quasi come un vincolo di parentela stretto fra loro? Essa sarà la base di una
confidenza reciproca e di una collaborazione incessante. Gli stessi pensieri identici i disegni, gli stessi slanci.
“Adiutorium simile sibi, un aiuto a lui simile, così la Genesi qualifica la donna presentata ad Adamo, all’uscita
dal suo sonno misterioso. (...). Maria è la Madre del Sacerdote. E? In certo modo la Sposa, la collaboratrice, il
complemento naturale dell’uomo Sacerdote, la Sorella del Sacerdote, tanto a lui simile, malgrado la sua
condizione” (p. 15). ... Per vivere secondo lo Spirito (...), l’uomo soo non basta a se stesso. Gli occorre un aiuto
ugualmente spirituale, d’una purezza vivificante, gli occorre l’Immacolata, il Cuore dell’Immacolata (p. 16).
l'Apostolo S. Giovanni.
Quello che l’Olier diceva di S. Giovanni l'aveva sperimentato egli stesso nella
propria vita interiore, come ne fa testimonianza il De Bretonvilliers: “Gli sembrava
ormai di essere una cosa sola con la Santissima Vergine, che era in lui, per cosi dire,
più che egli non fosse in se stesso. Si vide di nuovo stabilito in lei, in una
partecipazione più completa della sua grazia, delle sue perfezioni, delle sue virtù e
della sua vita, ed in un oblìo di sé più grande che mai”121.
93
94
95
Allora, nei momenti preziosi in cui il Sacerdote vìve veramente questa unione
d'amore, gli può capitare di spe—
96
rimentare questa presenza intima della Santissima Vergine. Santi Sacerdoti hanno
confidato che essi avevano conosciuto questa “unione mistica con Maria”130 in
particolare l'Oiier, S. Giovanni Eudes131, il venerabile Cestac132 ed il P. Chaminade.
Quest'ultimo diceva che “c’è un dono di presenza abituale della Vergine Santa, come
v'è un dono di presenza abituale di Dio, rarissimo è vero, accessibile tuttavia
attraverso una grande fedeltà”133.
Questa presenza della Santissima Vergine non consiste solamente nel fatto
di averla col pensiero e l'amore nel nostro cuore. Come fa notare S. Tommaso.
“l'amore basta per costituire l'unione affettiva, ma esso porta a desiderare l'unione
effettiva, che si realizza con la presenza dell'essere amato”134. Chi ama la Santissima
Vergine e la conosce così nella fede vorrebbe averla ancora più vicina, trovarsi
effettivamente in sua presenza.
127
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. I-IIª Q 28 a. 2.
128
E’ la definizione dell’amore data da Aristotele e ripresa da S. Tommaso: “Amare es velle bonum alicui”. -
Summa Theol. Iª Q 20 a. 2. Cfr. II-II, Q. 27, a. 2, ad 1.
129
LUDOVICUS GRIGNION DE MONTFORT, S. – Le Secret de Marie – Paris, 1930, n. 55.
130
NEUBERT, E., - L’Union mystique à la Sainte Veirge – in: La Vie Spirit., T. I, 1937, pp. 15-29.
131
Cfr. HERAMBOURG – Le R. P. Jean Eudes, ses vertus – Paris, 1869, cap. 43, pp. 572-673.: “Non appena mi
si a vvicina, perdo per qualche tempo l’uso dei sensi; allora ella mi usa molta tenerezza, chiamandomi per sua
bontà con nomi diversi, come: figlio, servo e talvolta padre e sposo. Ella ha per me delle gentilezze ineffabili...”.
132
Cfr. P. BORDARAMPÉ - Le Vénérable L. Ed. Cestac: sa vie, son oeuvre – Paris, 1925, p. 458.
133
P. CHAMINADE, - Ritiro del 1824, 4ª conferenza, appunti del P. Lagenay, citato ne L’esprit de notre
fondation (Società di Maria), t. 1, p. 173.
134
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. I-IIª Q 28 a. 1 c., e ad 2.
135
Ibid., I, Q. 8, a 3, ad 2.
dunque, tutti presenti alla Santissima Vergine e, di conseguenza, possiamo dire che
ella ci è presente nella misura in cui crediamo di
97
essere veduti da lei. Senza dubbio, questa presenza nella fede è ben poca cosa
rispetto alla presenza di cui godremo in cielo, costituisce, tuttavia, un saggio prezioso
di ciò che sarà la visione della Madre nostra e la “conversatio” eterna che avremo con
lei.
Inoltre, se quaggiù non vediamo la Santissima Vergine, possiamo però
sentire gli effetti della sua azione in noi. Pur senza spostarsi effettivamente, infatti,
Maria è là dove si esercita la sua azione materna. Distribuendo le grazie divine come
Mediatrice universale, la Santissima Vergine agisce, dall'alto dei cieli e senza
intermediari, nell'anima dei suoi figli. Senza dubbio in se stessa, questa azione,
essendo puramente spirituale, non è avvertita da colui che ne beneficia, ma è un
fatto consolantissimo che le anime che si prestano di buon grado a quest ‘azione
della Madre loro ricevono spesso una grazia soavissima e fortisisma, che fa loro
sperimentare questa virtù meravigliosamente efficace della Santissima Vergine: dagli
effetti che Maria produce nel più intimo dell'essere loro, queste anime si accorgono
che ella è là. Quando si domandava al venerabile Cestac se vedesse la Santissima
Vergine, rispondeva: “No, non la vedo, ma la sento: come il cavallo sente la mano del
cavaliere che lo guida”136.
Tuttavia questa presenza “virtuale” di Maria non produce i medesimi effetti
nei semplici fedeli e nei Sacerdoti perchè l'azione di Maria su questi ultimi non
consiste solo in un esercizio della sua maternità, come in tutti ì cristiani, ma anche in
un aiuto efficace, che si manifesta soprattutto nella Messa e nella orazione. Il
Sacerdote che sperimenta quest'azione di Maria nella sua anima, prende
98
ancora una coscienza sempre più viva e profonda dell'ufficio complementare, che
Maria deve svolgere presso di lui, come lo ha svolto presso Cristo-Sacerdote. D'altra
parte, egli sperimenta la sua identificazione con nostro Signore negli atti del suo
Sacerdozio e l'intimità alla quale è invitato col suo Sacro Cuore. Così, questa
presenza della Santissima Vergine suscita nel Sacerdote un aumento d'amore per
Maria e, indirettamente, un aumento di amore per Gesù.
99
PARTE TERZA
Ma è proprio esatto che Maria è divenuta Madre nostra sul Calvario? Non
vanta dei diritti su di noi fin dal giorno dell'Annunciazione? Accettando col suo “fiat” di
103
Possiamo, dunque, ben dire che siamo figli del suo Cuore. Non siamo, come
Gesù, il frutto del suo seno “fructus ventris tui”, ma come lui siamo il frutto
del suo
104
“Fiat” e del suo consenso volontario alla volontà di Dio, il frutto del suo cuore.
Non è, dunque, nel seno di Maria che Gesù ci ha salvati e generati alla vita
eterna, ma sulla Croce. Il Sacrifìcio Redentivo e un atto sacerdotale, che Gesù
Sommo Sacerdote ha offerto, donando al Padre se stesso quale ostia cruenta.
In breve. Maria è formaliter Madre nostra nel momento in cui Gesù compie
l'atto formale della nostra salvezza sul Golgota.
Del resto, non è allora che Gesù, dall'alto della Croce, affida a Maria S.
Giovanni, che rappresenta tutti noi, dicen—
105
do all'Apostolo amatissimo: “Ecce Mater tua” ed alla Madre sua: “Ecce filius
tuus”?139.
Nella vita di Maria tutto, infatti, è ordinato alla Compassione, come tutto nella
vita di Cristo è ordinato alla Passione. Come Gesù è stato predestinato all'Amore
Infinito ad essere il Redentore dei genere umano, così Maria è stata predestinata ad
esserne !a Corredentrice. Meglio, lo stesso decreto ha stabilito che la salvezza del
mondo sarebbe stata operata dai Sacrificio dei Sommo Sacerdote e che a questo
sacrificio salvifico sarebbe stata unita, in maniera tutta speciale, la Santissima
Vergine Maria.
* * *
106
139
Jo., XIX, 26-27.
uomo. Capo del Corpo mistico, egli prende in sé tutta la natura umana con le sue
miserie e, vero figlio di Dio uguale al Padre, prende in sé tutti i tesori dell'Amore
Infinito per riversarli su ognuno di noi. C'è, dunque, un solo mediatore e non può
esservene che uno: “Unus Mediator Dei et hominum, homo Christus Jesus” — dice S.
Paolo —140.
Orbene, quale sarà il compito della Santissima Vergine nella Passione?
Null’altro, presso Cristo, che quello di un “aiuto a lui simile” —come dice S.
Alberto Magno—. Perchè Maria, sul Calvario, non è formalmente Sacerdote, ma
l'associata del Sommo Sacerdote141.
E' con la sua unione di carità a Cristo che ella collabora alla Redenzione, è
col suo Cuore Immacolato che è Madre nostra, come è col suo Sacro Cuore che
Gesù ci ha generati alla vita. La Chiesa è nata — asseriscono i Padri dal costato di
Gesù: “Et continuo exivit sanguis et aqua”142.
E Lui stesso che, parlando della Santissima Vergine, diceva a S. Brigida: “Il
suo Cuore era il mio Cuore, perciò posso dire che mia Madre ed Io abbiamo salvato
l'uomo con un Cuore solo, io soffrendo nel mio Cuore e nella mia carne, Lei col dolore
del Cuore e dell'amore”143.
Ed ancora S. Alberto Magno, che diceva: “Nella Passione ( Maria) fu aiuto
della Redenzione e Madre della rigenerazione. Fu lì che, per la sua fecondità
spirituale, ella divenne la madre spirituale di tutto il genere umano...”144.
107
Ma questi meriti sono suoi, sono diritti di amore —jus amicabile— che ella,
la Vergine Santissima, potrà far valere presso Dio per la salvezza dei suoi figli.
140
I Tim., II, 5.
141
“Beata Virgo Maria non est assumpta a Domino in ninisterium sed in consortium et adiutorium simile sibi”
ALBERTUS MAGNUS, S. – Mariale, Q. 42.
142
Jo., XIX, 34.
143
S. BRIGIDA, Revel., III.
144
Tempore Passionis u bi mater misericordiae, Patri misericordiarum in operatione summae misericordiae affuit,
et consors passionis, adiutrix facta est redemptionis et mater regeneratiuonis; unde ibi propter foecuditatem
spiritualem qua totius generi humani mater spiritualis effecta est, non sine parturitione doloris omnes nos in vitan
aeternam in Filio suo et per Filium vocavit et regeneravit”. ALBERTUS MAGNUS, S., Mariale, Q. 29, a. 3.
145
PIUS PP. X, Ad dim illum.
146
“Maria de congruo promeret nobis quae Christus de condigno promeruit”, PIUS PP. X, Ad dim illum.
Quando noi, poveri peccatori, preghiamo per i nostri fratelli, quando anche i
più grandi Santi della terra, intercedono per le anime, tutti supplichiamo l'Amore
Infinito di effondersi in esse, ma non possiamo pretendere da Dio
108
che ci accordi quelle grazie. Quando un povero bussa alla nostra porta per
domandare un po' di pane, egli non può esigere questo pane come un diritto, fa
appello alla nostra misericordia. Quando invece l'operaio, a fine settimana, si
presenta ai padrone per riscuotere il suo salario, si tratta di un diritto che egli può far
valere, ed il pane che darà ai suoi figli gli apparterrà con tutta giustizia. Lo ha ben
meritato: “meritum est jus ad praemium”.
Quando Maria chiede una grazia per i suoi figliuoli, ella può esigerla, ne ha il
diritto, benché tale diritto le sia stato accordato puramente in virtù della sua unione
d'amore con Gesù. Merito vero, ma de congruo, merito dipendente essenzialmente da
quello di Cristo e fondato sulle sue relazioni di carità con lui.
109
la Santissima Vergine ha veramente meritato per noi de congruo, con un vero merito
di convenienza, tutto quello che Cristo stesso ha meritato per stretta giustizia. Non
mediteremo mai abbastanza questa verità, perchè essa è alla base di tutta l'azione
che la Santissima Vergine eserciterà su di noi. Ella ha meritato tutte le grazie di
conversione e di salvezza di cui avremo bisogno per giungere alla vita eterna, il dono
fra tutti più prezioso della grazia santificante e dell'amicizia divina, tutte le grazie
attuali che ci verranno accordate nel corso della vita per sostenerci, per impedirci di
cadere o sollevarci se caduti, tutte le grazie di docilità al beneplacido divino e di
intimità con Dio presente in noi, tutte le grazie attuali, dunque, ma anche tutte le
grazie sacramentali, la grazie del Battesimo e della Confermazione, del Sacerdozio e
delle nostre Messe quotidiane, delle nostre confessioni ed infine la grazia che
speriamo di ben ricevere dall'Estrema Unzione e della buona morte.
Maria è veramente Madre nostra. Ella non è solo colei che ha portato, una
volta per sempre, l'Autore della grazia e che ha reso possibile il compimento della
nostra Redenzione; è anche colei che, sposando il Cristo crocifisso, ha acquistato tutti
i diritti di Madre su noi.
Ella ci ha amato tutti presso la Croce, benché, di certo, allora non ci abbia
tutti visti, poiché era nella vita di fede. Ma in Cristo ella ha attinto di che amarci tutti e
ci ha amato nell'ordine stesso in cui ci amava Gesù. Il Sinedrio e Pilato, i carnefici e la
plebaglia, il cattivo ladrone e Giuda, il buon ladrone e S. Pietro, Maria Maddalena e S.
Giovanni, ella li ha amati come una madre, perchè Gesù li amava; ma ella ha anche
teneramente amato coloro che consolavano Gesù con la loro buona volontà, la loro
devozione e fedeltà.
111
potere dato loro per meglio disporci a ricevere le grazie e a profittarne in pieno.
113
Ecco ancora perchè Nostro Signore ha voluto avere al vuo fianco la sua
Santa Madre. Per vincere le nostre resistenze e farci dare un adesione piena ai suoi
divini voleri, per farci chinare il capo ed anche per rialzarci quando siamo caduti, per
farci toccare con mano la tenerezza materna di Dio stesso, è necessaria una
Mamma.
La sua santità personale la pone si in alto, ai disopra di tutti i Santi, che ella li
domina con la sua pienezza di grazia e col grado di Madre e Sposa di Cristo.
Tutti i Santi, dopo che a Cristo, devono a lei la loro santità e tutti gli Angeli la
riconoscono loro Regina. Ci sia permesso citare un passo di S. Bernardino da Siena,
che riassume mirabilmente questa dottrina: “Poiché tutto il valore divino, tutto l'essere,
la potenza, la scienza e
113
il divino volere furono racchiusi nel seno della Vergine, non temo di asserire che ella
ha una certa giurisdizione sull'elargizione di tutte le grazie... La Madre di Dio ottenne il
diritto di essere chiamata Regina di misericordia. E poiché ella è la Madre del Figlio di
Dio che produce lo Spirito Santo, tutti i doni, tutte le virtù e tutte le grazie dello Spirito
Santo sono distribuiti per mano sua a chi vuole, quando vuole, e nella misura che
vuole”148.
147
Cfr ALBERTUS MAGNUS, S., Mariale, Q. 43, a. 2: “Ipsa enim eiusdem regni regina est cuius ipse est rex”.
148
“Cum tota natura divina, totum esse, posse, scire et velle divinum intra Virginis uterum extiterit clausum, non
timeo dicere quod in omnium gratiarum effluxus quandum iurisdictionem habuerit haec virgo, de cuius utero,
quasi de quodam divinitatis oceano, rivi et flumina emanabant omnium gratiarum. Revera maternitas Dei hanc in
mundo naturali iure obtinuit dignitatem ut Regina misericordiae merito nuncuparetur... Et quia talis est Mater Filii
S. Ludovico Grignion de Montfort da parte sua ha fatto questa affermazione
sorprendente: “Dio Spirito Santo comunicò a Maria, sua fedele Sposa, i suoi ineffabili
doni e la scelse quale dispensatrice di tutto ciò ch'egli possiede: cosicché ella
distribuisce a chi vuole, quanto vuole, come vuole, e quando vuole, tutti i suoi doni e
le sue grazie, e nessun dono celeste è quindi concesso agli uomini che non passi per
le sue mani verginali. Poiché tale fu il volere di Dio, il quale dispose che tutto noi
avessimo per Maria”149.
“L'Altissimo —dice ancora— la costituì unica tesoriera dei suoi tesori e unica
dispensatrice delle sue grazie, affinchè nobiliti, innalzi e arricchisca chi ella vuole,
faccia entrare chi ella vuole nella via stretta del Cielo, faccia passare ad ogni costo chi
ella vuole per la porta stretta della vita, e a chi ella vuole conceda trono, scettro e
corona di re”150.
114
S. Pier Damiani aveva osato scrìvere: “Ella non solo domanda, ma comanda;
è Signora e non serva”151.
Per comprendere questi brani bisogna ricordare che è Dio che fa volere
efficacemente alla Santissima Vergine tutto ciò che Egli vuole che desideri per noi, in
virtù della sua unione di carità con Cristo e col Padre: “Aiuto e sposa —scrive S.
Alberto Magno— ella partecipa al regno come ha partecipato alla Passione”152.
Dio può decretare che certe grazie siano più particolarmente accordate alla
preghiera di Maria, come l'agiografia tante volte ci mostra.
Senza temerità ci sembra che si possa affermare che, fra tutti i membri del
Corpo Mistico, la Santissima Vergine ha dei figli prediletti, i suoi “schiavi d'amore”.
Ella ama tutti i cristiani, tutte le anime amate da Cristo, ma esercita un potere speciale
su coloro che spontaneamente acconsentono alla sua azione e vivono
coscientemente in sua unione e alle sue dipendenze.
A molti teologi, poi, sembra verosimile che, su un punto almeno, la regalità
della Santissima Vergine si eserciti in modo diverso da quella del Figlio: Gesù ha
voluto riservare a sé il potere giudiziario, lasciando a Maria l'ufficio proprio delle
mamme, la misericordia. La Santissima Vergine non punisce, perdona sempre, é il
rifugio dei peccatori, Regina misericordiae, Refugium peccatorum.
E' soprattutto nel modo della sua azione materna, pe—
115
rò, che vedremo l'ufficio da lei svolto nel Corpo Mistico accanto al Sommo
Sacerdote.
* * *
Dei qui producit Spiritum Sanctum, ideo omnia dona, virtutes et gratiae ipsius Spiritus Sancti quibus vult, quando
vult et quantum vult per manus ipsius adminstrantur”. BERNARDINUS SENENSIS, S., Sermo in Nativ., c. VIII.
149
LUDOVICUS GRIGNIO DE MONTFORT, S. – Trattato…, n. 25.
150
Ibid., n. 44.
151
“Non solum rogans sed imperans, domina non ancilla”.PETRUS DAMIANUS, S., Sermo in Nativ., 44.
152
ALBERTUS MAGNUS, S., Mariale, Q. 42. I pittori non trovarono affatto irreverente rappresentare la
Santissima Vergine nell’atto di mostrare al Padre le mammelle che avevano allattato Gesù, mentre questi gli
mostrava le sue piaghe: “Christus ostendit Patri corpus et vulnera, Maria vero, pectus et ubera”. Cfr. VLOBERG,
M. La Vierge et l’Enfant dans l’art français. Grenoble, 1934, t. 1, pp. 92-98.
Padre. Non è causa della grazia in noi.
Con la sua preghiera e, senza dubbio, con la sua azione spirituale in noi.
116
dei desideri e delle grida delle anime di buona volontà o dei santi di quaggiù. Ella,
dunque, agisce in noi prima di tutto, con la preghiera, con la sua unione di carità con
Dio.
Ma si deve andare oltre e parlare di una azione reale di Maria in noi, d'una
presenza spirituale della Vergine Santissima presso di noi, d'una causalità fisica
strumentale di Maria, come dicono i teologi?
153
“Nihil tamen prohibet aliquos alios secundum quid dici mediatores inter Deum et homines, prout scilicet
cooperantur ad unionem hominum cum Deo, dispositive vel ministerialiter” THOMAS AQUINAS. - Summa
Theol. IIIª Q 26 a. 1.
154
Cfr. NEUBERT,E., L’union mystique à la Trés Sainte Vierge, in La Vie Spirit., t. 1, 1937, pp. 15-29. L’A. cita
frequentemente la monaca fiamminga Maria di S. Teresa, della qualee L., Van den Bossche ha tradotto parte delle
opere ne L’union mystique à Marie (Cahier de la Vierge). Paris, 1936. Avrebbe potuto citare anche il direttore di
questa mistica, il carmelitano Michele di S. Agostino, che ha scritto una Vie Marie-Forme eidta in appendice alla
sua Introductio ad vitam carmeliticam, ed. Wesselo, Roma, 1926, pp. 363-389.
155
Cfr. GARRIGOU-LAGRANGE, R., O.P., La Mère du Saveur et notre vie intèrieure, Lyon, 1941, pp. 241-247.
stesso modo della causalità sacramentale.
117
Basta ricordare che tra Maria e noi esiste un legame reale —che oltrepassa
quello morale del pensiero e dell'amore— e che è quello stesso che unisce tutti i
cristiani tra loro in Cristo. E’ il vincolo che unisce le membra al capo, il vincolo del
Corpo Mistico, legame che risulta dall'influsso costante che parte dal Capo e scorre
nelle membra, legame delle grazie attuali e della grazia santificante, legame che è
l'effetto d'una “virtus”, di un'azione di Cristo in noi.
Seguendo S. Tommaso, i teologi ammettono che la Santa Umanità di Cristo
è a noi unita “per contactum virtutis”. Essa resta in cielo come in suo luogo proprio,
ma di lassù agisce su noi e ci tocca così a distanza, come la voce, attraverso il
telefono, ci rende presente per contatto virtuale o dinamico, la persona che ci parla.
E’ cosi, pare, che possa spiegarsi l'azione della Santissima Vergine in noi e la
sua presenza spirituale presso di noi. Ella non lascia il cielo, ma a distanza, come la
Santa Umanità di Cristo — e d'altronde per essa e con essa— Maria ci dispone a
ricevere le grazie di Cristo156.
Gersone, d'altronde, lo dice con tutta chiarezza: “0 Vergine Santissima, non
oseremo noi dire che voi siete presente (...) certo non con le dimensioni corporali
—benché, in virtù della sua agilità, il vostro corpo glorioso possa invisibilmente
muoversi— ma con la vostra influenza spirituale su noi e col vostro sguardo rivolto
con tanta misericordia verso di noi che gemiamo in questa valle di lacrime...”?157.
Maria è Madre nostra. Ella non solo ci vede “in Verbo”, al fine di intercedere
per noi presso il Padre in unio—
118
ne col Figlio, ma agisce ancora in noi col Sommo Sacerdote e Re dei nostri cuori. Ella
ci dirige e conduce a Dio. E' Regina dei nostri cuori, li possiede ed ha ogni potere per
condurli all'amore di Gesù. Un contatto intimo di carità si stabilisce fra lei e noi, tutto
ordinato ad accrescere la nostra intimità con Cristo.
Il realismo del Corpo Mistico e dell'unione che, per il fatto di essere in stato di
grazia, esiste quasi ontologicamente tra Cristo e le sue membra, prima ancora di
qualsiasi atto che ci faccia prendere coscienza di tale legame e prima di qualsiasi atto
di carità che ci faccia vivere da fratelli, ci porta a credere al realismo dell'unione tra
Maria ed i suoi figliuoli. Se Maria ci ama tanto, se ci conosce tutti nella visione
beatificata, se per ciascuno di noi ella chiede ciò che ci abbisogna, non è forse
perchè, prima di questa causalità morale, esiste un fondamento reale, una unione
ontologica fra lei e noi?158.
Si spiegherebbero cosi le affermazioni si forti della Tradizione della Liturgia,
in particolare dei testi della festa di Maria Mediatrice di tutte le grazie, circa l'azione
della Santissima Vergine in noi.
119
156
Ibid., pp. 251-255.
157
GERSONE, Sermo I de Spirito Sancto – Anversa, I., Ellliés du Pin, 1706, t. 3, col. 1234.
158
Per S. Tommaso, l’unione d’amore è causata da una connaturalità ontologica, dalla similitudine delle forme
dell’essere. Cfr. Summa Theol. I-IIª Q 27 a. 3 e Q. 28, a. 1.
CAPITOLO lI
S. Tommaso dice che il Sacerdote ha due poteri: uno sul Corpo reale, l'altro
sul Corpo Mistico159, ma aggiunge che questo duplice potere è puramente
strumentale: noi siamo soltanto ministri, strumenti per trasmettere la grazia, che, per
nostro mezzo, dal capo fluisce nelle membra160.
Che dire, se non che le anime, di cui abbiamo la cura, ci sono state
veramente affidate? Noi siamo i pastori e padri, le conosciamo per nome e le
guidiamo, le generia—
120
121
159
THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol. Suppl., Q 36 a. 2.
160
Ibid., Q. 36 a.3.
161
Cfr. le magnifiche pagine del R. P. DEHAU, TH., O.P., in Le Bon Pasteur, Paris, 1942.
162
I Cor., III, 9.
163
CLARET DE LA TOUCHE, L.M. – Il Sacro Cuore e il Sacerdozio, Torino, Marietti, 1943, p. 264.
Sacerdote, nel suo ministero apostolico come all'altare, è un prolungamento di Cristo.
Egli non è un semplice delegato, che può agire solo quando colui che lo manda è
occupato, ma un “alter ego”, uno strumento che forma un tutto unico con lui, un
“Cristo continuato”. come dice la Madre Claret de la Touche.
“Il Sacerdote è una creazione d'amore... Dio ha amato tanto le anime che
loro ha dato l'unico suo Figlio (...) e quando Gesù ha dovuto risalire nella sua Gloria,
nel suo amore, ha creato per le anime il Sacerdote, affinchè vi fossero sempre con
esse altri Gesù per istruirle, consolarle, assolverle ed amarle.
Ecco perchè il Sacerdote deve tanto amare le anime: egli è quello che è, il
privilegiato di Dio, un altro Gesù, solo per esse, a causa di esse”164.
“Il Cristo risuscitato e asceso al cielo, ha voluto —in certo modo—
rivivere sulla terra nel Sacerdote e, per mezzo di lui, unirsi ancora visibilmente ed
esternamente alle generazioni successive che popolano i secoli...
Dio s'è rivelato all'uomo per mezzo del Cristo; il Cristo continua a rivelarsi
all'uomo per mezzo del Sacerdote. Il Sacerdote, dopo Cristo, è dunque una
rivelazione visibile e sensibile di Dio, attraverso i secoli, è una misericordiosa
estensione del grande mistero dell'incarnazione.”165.
122
gere come due estremi, Dio e l'uomo, Dio con la sua preghiera e l'uomo con la sua
misericordia e compassione”166.
Librato, così, fra il cielo e la terra, ii Sacerdote è là dove s'è collocato Cristo
stesso, Mediatore e Sacerdote unico. Egli deve essere per gli uomini il
rappresentante autentico della misericordia e della compassione di Gesù. Deve, con
la sua altitudine e più ancora col suo amore, far comprendere alle anime l'amore e la
persona stessa di Nostro Signore.
E’ un fatto sperimentato che i fedeli vogliono vedere in noi il riflesso di Cristo
e che si scandalizzano quando scorgono, invece, qualcosa che non è compatibile con
l'idea che si fanno di Cristo, in particolare, poiché per essi Gesù è soprattutto la
misericordia. la pazienza, la bontà, restano feriti quando vedono un gesto duro, un po'
di disprezzo, degli interessi umani. Come possiamo, invece, con la nostra delicatezza
e la nostra indulgenza, far intuire a coloro che ci avvicinano qualcosa di Cristo! Per lo
più essi non meditano abbastanza il Vangelo, i fatti e le azioni di Nostro Signore: non
resta loro, dunque, altra rappresentazione vivente di Cristo, se non quella che danno
loro i Sacerdoti che vedono intorno. E’ pertanto, della più alta importanza che nel
ministero noi siamo davvero dei ritratti viventi di Cristo Gesù.
* * *
123
di Cristo per le anime che lo vedono, lo è ancora, in certo modo, per se stesso.
164
Ibid., p. 179.
165
Ibid., - Voleri…, cap. 24, nn. 130, 321.
166
“Debet esse medius inter hominem et Deum; sicut ergo per devotionem orationis debet tangere Deum tamquam
unum extremum, sic per misericordiam et compassionem debet tangere alterum extremum, scilicet hominem”.
THOMAS AQUINAS, S., In Ep. ad Hebr., V, lect. 1.
Nulla ci fa comprendere meglio la persona di Nostro Signore quanto il nostro
ministero. Senza dubbio, nella Messa noi entriamo nelle zone più segrete del Cuore
di Gesù, perchè partecipiamo all'offerta di se stesso al Padre, che egli ha fatto sulla
Croce e che rinnova in noi. Noi partecipiamo allora alle relazioni intime del Figlio col
Padre, siamo i testimoni di quest'atto d amore che è bastato a saldare il debito
contratto con la giustizia infinita di Dio. Ma questo ministero è così naturale, si effettua
in regioni cosi elevate dell'anima nostra, che rischiamo di non esserne più colpiti, noi
che siamo fatti di carne e di sangue.
124
* * *
La carità sacerdotale, quella che ha la sua sorgente nella grazia sacerdotale,
nella grazia sacramentale dell'Ordine che abbiamo ricevuto, ha un modo d'essere
particolare, che è diverso da quello della carità dei semplici cristiani e che ci fa amare
le anime come Cristo Sacerdote le ama.
Essa innesta in noi non solo l'occhio --oserei dire—ma anche il Cuore del
Maestro.
125
“Voglio che tu dica ai miei Sacerdoti che dono loro il mio Cuore —diceva il
167
Jo., X, 3-14.
Signore alla Madre Luisa Margherita— essi devono preparare il Regno del mio Amore
sul mondo; perciò voglio versare in loro un'effusione abbondante d'amore!”168.
Vedere le anime come Cristo le vede, amarle come egli le ama, di più,
attingere al suo Cuore, ogni qualvolta avviciniamo un'anima a questa conoscenza e a
quest'amore divino, ecco il grande segreto della fecondità del nostro ministero
sacerdotale ed, in pari tempo, della nostra santità personale.
Capita che delle opere di spiritualità ci presentino come ideale della vita
spirituale la vita contemplativa e che il ministero sia considerato come un ripiego
imposto dalla necessità della salvezza delle anime. Nei nostri ritiri, forse, non
abbiamo avuto, talvolta, la tentazione di pensare ad una vita nella quale la
contemplazione di Dio occupasse un posto più grande?
Non si tratta, certo, di deprezzare la vita contemplativa pura e disistimare
l'importanza del tempo consacrato all'orazione. Ma non sarà forse inutile ricordare qui
un principio di S. Tommaso, che è, al tempo stesso, molto tranquillizante e
singolarmente esigente.
Al di sopra della vita attiva e al di sopra della stessa vita contemplativa, S.
Tommaso pone la carità, e si sa che per carità egli intende un'amicizia vera con Dio,
una sete ardente della gloria e degli interessi di Dio.
“Attendere alla salvezza del prossimo, anche con qualche scapito della
propria contemplazione, per amore
126
di Dio e del prossimo, sembra essere più perfetto nella carità, che non attaccarsi
talmente alla dolcezza della contemplazione, da non volerla in nessun modo lasciare,
foss’anche per la salvezza delle anime (...) Ma, tale perfezione della carità, nella
maggioranza di coloro che si danno al servizio del prossimo non si trova, perchè è
piuttosto il tedio della vita contemplativa a portarli verso le cose esteriori”169.
Deve essere, infatti, la sovrabbondanza del nostro amore di Dio a spingerci
ad occuparci della salute delle anime.
“Se nessuno ci mette sulle spalle tale fardello —dice S. Agostino, in un testo
spesso citato da S. Tommaso— non c'è che attendere alla contemplazione della
verità”170.
“La carità ben ordinata comincia da se stesso: che serve all'uomo
guadagnare l'universo, se poi viene a perdere l'anima sua?”171.
Dev'essere unicamente con l'intenzione di fare la volontà di Dio, e dunque
per suo amore, che si lasciano le consolazioni personali dell'orazione per dedicarsi
alla salvezza delle anime172.
Bisogna essere presi, come S. Paolo, tra il desiderio
127
audace di ritrovare Cristo e la necessità di restare tra le anime che ci sono state
168
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore, Torino, Librería del Sacro Cuore, 1949, p.270.
169
Intendere saluti proximorum cum aliquo detrimento contemplationis propter amorem Dei et proximi, ad
maiorem perfectionem caritatis videtur pertinere quam si aliquis in tantum dulcedini contemplationis inhaereret
quod nullo modo eam deserere vellet, etiam propter salutem aliorum... Quae tamen perfectio caritatis in plerisque
proximorum utilitati vacantibus non invenitur quos magis contemplativa vitae taedium ad exteriora deducit”.
THOMAS AQUINAS, S., De perfectione vitae spiritualis, c. 23; cfr. Anche De Carit., a. 11, ad. 6.
170
AUGUSTINUS, S., De Civit. Dei, XIX, 39. Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., II-II, Q. 28, a. 1, ad
3.
171
Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Quodl., II-II, 3, a. 17, ad 6.
172
Ex dilectione Dei videtur procedere quod homo, praetermissa propria consolatione, voluntatem Dei implere
studeat in aliorem salutem.. THOMAS AQUINAS, S., In III Sent., D. 35, Q. 1, a.4, ql 12, ad 2.
affidate173.
Ouanto lontano è l'apostolo da coloro cui fa allusione S. Tommaso —e sono
purtroppo i più!, plerique— quelli che abbracciano il ministero per fuggire la noia
dell'orazione, contemplativae vitae taedium ad exteriora deducit.
Esigente è dunque la dottrina di S. Tommaso per noi Sacerdoti. Abbiamo
visto che, secondo S. Tommaso, la perfezione, la santità, e una santità addirittura
superiore a quella dello stato monastico, è richiesta al Sacerdote. Ciò è soprattutto
vero in ragione dell'atto principale del nostro Sacerdozio, la celebrazione della Santa
Messa, ma è ancora richiesto, e lo comprendiamo subito, dalla natura del ministero
apostolico.
Tuttavia, se è esigente, questa dottrina di S. Tommaso è anche
consolantissima, poiché essa ci insegna che è la carità, più che la vita contemplativa,
che a noi si richiede. E’ l'amore di Dio, la brama di fare la sua volontà, è il beneplacito
divino che dev'essere, dunque, la regola suprema della nostra vita sacerdotale. In
definitiva, è la nostra unione, la nostra identificazione col Cuore Sacerdotale di Cristo,
col suo amore per Dio e per le anime, che forma il nostro ideale e tutta la nostra
ragion d'essere.
“La missione del Sacerdote —scrive la Madre Claret de la Touche— è di
ridare Gesù Cristo ai mondo e di rivelare l'Amore Infinito. Ma non si può dare se non
ciò che si possiede: (...) il Sacerdote dovrà dunque possedere Gesù Cristo e l'Amore
più che qualunque creatura.
E' necessario che s'impregni di Gesù Cristo, che lo ri—
128
produca... che conformi il suo spirito allo spirito di Gesù, il suo cuore al Sacro Cuore
di lui. E’ necessario che si lasci penetrare dall'Amore... che rimanga nell'Amore e che
l'Amore rimanga in lui”174.
E’ questa, dunque, la nostra missione: continuare il ministero del Signore,
essere il Cristo per le anime che ci vedono, essere come un sacramento di Cristo
Sacerdote, un sacramento dell’Amore Infinito del Cuore sacerdotale di Gesù.
129
173
“Coarctor autem e duobus, desiderium habens dissolvi et esse cum Christo, multo magis melius; permanere
augtem in carne, necessarium propter vos”. Ad Phil., I, 23.
174
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Il Libro dell’Amore Infinito, 2ª ed, Torino, Marietti, 1939, pp.. 63-64.
175
Jo, II, 1.
gigantesca che hanno compiuto, è grazia all'intercessione di Maria.
Nessuno dubita che li abbia assistiti ancora con la sua preghiera, durante gli
anni che passò sulla terra presso S. Giovanni. Domandava ed otteneva per essi le
grazie necessarie alla loro missione, le grazie della predicazione, le grazie della
conversione dei pagani, le grazie di primi testimoni della fede. Era lì, come madre
nascosta, a vegliare sulla fondazione delle Chiese.
Ma, in cielo, la sua regalità non conosce più ostacoli: ella vede e fa tutto
insieme a Cristo Re, per nulla impedita dal numero o dallo spazio. Da allora ella prega
per ognuno di noi, affinchè il nostro ministero sia fecondo, ci ottiene i lumi e le forze,
che, senza di lei, non avremmo mai avuto e che forse non avevamo mai domandato.
E poi, ella svolge in noi un compito speciale, un ufficio che le è proprio in
forza della sua maternità e della sua unione con noi: ci insegna ad essere non solo
dei padri per le anime, dei direttori che le guidino e maestri che insegnino loro la
verità, ma anche mamme. Ed è necessario, perchè Dio non è solo un Padre, ma
anche una Mamma: egli riunisce in se eminentemente tutto ciò che in natura è diviso.
Tale è il pensiero che la Madre Claret de la Touche ama svolgere: “Nostro
Signore aveva detto a S. Pietro: “Pasci i miei agnelli; pasci le mie pecorelle”. Secondo
l'interpretazione comune, gli agnelli sono i fedeli, le pecorelle i sacerdoti... La
pecorella è madre, madre degli agnelli; li porta nel suo seno, li nutre del suo latte, li
riscalda, li custodisce.
Il Sacerdote non è soltanto padre delle anime, ne è pure la madre: deve
avere per loro l'amore tenero e deli—
130
131
176
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore, Torino, Lib. del Sacro Cuore, 1949, pp. 323-
333.
177
Matth., I, 18-24.
CONCLUSIONE
133
L'ufficio della Vergine nella vita del Sacerdote fluisce da quello che ha presso
nostro Signore. Alla contemplazione di tale verità sono state consacrate le pagine che
178
Jo., II, 1-11.
179
LUDOVICUS GRIGNION DE MONTFORT, S., Trattato…, nn. 55-59 e pp. 54-59 (ed. Francese).
precedono.
Maria è Madre nostra perchè è la Madre del Cristo. Questo dono del
Sacerdozio di Cristo, che ci fa Sacerdoti, si compie dietro sua preghiera e sotto il suo
sguardo. E' lei che ci forma alle virtù di Cristo Sacerdote e che ci svela l'Amore Infinito
di cui siamo oggetto, come fu lei a formare gli Apostoli nel Cenacolo, con una
discrezione squisita e l'irradiazione della sua presenza.
Ma la Santissima Vergine vuole essere amata dai Sacerdoti come lo fu da
Gesù e vuole unirsi ad essi con una unione simile a quella che ebbe con Gesù, e che
perpetua e moltiplica quella che Gesù stesso ha consacrato fra S. Giovanni e lei.
Così, più il nostro cuore sarà infiammato d'amore per Cristo, più si porterà con
delicatezza e soavità verso Maria, come alla grande confidente e dolce Compagna
della nostra vita sacerdotale.
Il nostro stesso ministero sarà tutto pervaso dal profumo di questa presenza
e di questa assistenza. Nella misura in cui saremo Sacerdoti, “dispensatori dell'Amore
Infinito”, saremo aiutati da Maria nel nostro apostolato e diverremo i suoi veri servitori,
i Sacerdoti del suo regno, gli strumenti della sua azione sulle anime.
Nel discorso su San Giovanni, il Bossuet dice che nostro Signore diede
all'Apostolo vergine le tre cose cui an—
137
netteva più valore: il suo Cuore, facendolo riposare sul suo petto, la sua Passione,
chiamandolo —solo fra gli Apostoli— ad assistere alla tragedia del Golgota, ed infine,
la sua propria Madre, affinchè, da quel momento “la prendesse con se”180.
Il Cuore di Gesù, la Croce, Maria: ecco il triplice dono dell'Amore
Infinito ai suoi Sacerdoti.
180
BOSSUET, B., Panégyrique de S. Jean l’Evangéliste, Paris, Ed. Lebarcq, 1891;t. II, pp. 526-545.