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5.
Frege (II):
Senso e Denotazione


Nella precedente dispensa abbiamo affrontato una posizione teorica, lantipsicologismo, e
due principi, il Principio del Contesto e il Principio di Composizionalit, che stanno alla base della
teoria del significato di Frege. In questa dispensa ci occuperemo pi specificamente di
questultima: prenderemo in esame la tesi di Frege secondo cui il significato di unespressione
linguistica si articola nelle due componenti del Senso e della Denotazione.

Prima di cominciare, qualche nota sulle difficolt di traduzione dei termini che Frege usava
per indicare le due componenti, ovvero Sinn e Bedeutung. Letteralmente, Sinn si traduce in
italiano con senso, e Bedeutung con significato. Dato per che vi un certo scarto tra il modo
in cui Frege usava i termini Sinn e Bedeutung, e il modo in cui noi usiamo i termini senso e
significato nel linguaggio ordinario, dei due termini originari sono state proposte le traduzioni pi
svariate, ovvero:
Sinn =
tr
senso, significato
Bedeutung =
tr
denotazione, riferimento, significato
Il risultato stato ovviamente una confusione maggiore di quella che si tentava di risolvere. Noi
sceglieremo di tradurre Sinn con Senso e Bedeutung con Denotazione: tale traduzione ci
aiuter a tenere a mente che, per Frege, il Senso e la Denotazione sono entrambe componenti di
quella nozione preteorica di significato che vogliamo analizzare, cosa che rischierebbe forse
dandar persa se scegliessimo di tradurre i due termini con senso e significato.
1. Le unit di base del linguaggio
Abbiamo detto che per Frege il significato di unespressione linguistica si articola nelle due
componenti del Senso e della Denotazione. Cominciamo allora col vedere quali siano i tipi di
espressione linguistica con cui abbiamo a che fare. Per Frege, le unit di base del linguaggio sono le
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seguenti:

1) ENUNCIATI

2) TERMINI SINGOLARI
I termini singolari sono espressioni che si riferiscono ad uno e un solo oggetto particolare (dove
oggetto inteso in senso ampio: sono oggetti le persone, gli animali, i luoghi..). Si oppongono
quindi ai termini generali come rosso o cane che si riferiscono o si applicano a pi oggetti.
Appartengono alla categoria dei termini singolari almeno le seguenti classi di espressioni
linguistiche:

a) nomi propri: Mario, Parigi, Fido,
b) pronomi personali singolari: tu, egli, lei,
c) pronomi dimostrativi singolari: questo, quello,
d) descrizioni definite: La regina dInghilterra, La capitale della Francia,

Noi ci concentreremo sulle categorie dei nomi propri e delle descrizioni definite. A proposito di
queste ultime, notate che mentre La regina dInghilterra una descrizione definita (si riferisce ad
un solo oggetto particolare la regina dInghilterra una soltanto, ed proprio quella specifica
persona), le rose del mio giardino e un figlio di Pietro non lo sono (la prima espressione si
riferisce a pi oggetti, la seconda si riferisce ad un solo oggetto ma non specifica quale).

3) PREDICATI
Frege ci fornisce un metodo per dire cosa sia un predicato senza anticipare troppo su cosa sia il suo
significato. Considerate i seguenti enunciati:
(1) Attila crudele
(2) Attila pi crudele di Gengis Khan
Supponete ora di rimuovere da (1) e da (2) i termini singolari, e di sostituirli con variabili
individuali. Da (1) otteniamo:
x crudele
Da (2) otteniamo:
x pi crudele di y
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x crudele e x pi crudele di y sono predicati. Un predicato dunque per Frege il risultato
della rimozione dei termini singolari da un enunciato, e della loro sostituzione con variabili
individuali. Pi semplicemente, potremmo dire che un predicato unespressione che,
opportunamente combinata con uno o pi termini singolari (quanti? Dipende dal tipo di predicato:
x crudele un predicato monadico, che richiede un termine singolare; x pi crudele di y
un predicato diadico, che richiede due termini singolari; e cos via), produce un enunciato.

Ora, tutti questi tipi di espressioni avranno, ciascuno, un Senso e una Denotazione. Chiedersi
cosa il significato per Frege equivale quindi a chiedersi cos, per Frege, il Senso e la Denotazione
degli enunciati, dei termini singolari, e dei predicati. Procediamo allora, cominciando dalla
Denotazione.
2. La Denotazione
Lintento fondamentale che anima la filosofia di Frege quello di dimostrare luniversale
validit dellaritmetica: di dimostrare cio che, contrariamente ad esempio alla geometria euclidea,
laritmetica applicabile a tutto ci che concepibile e non richiede alcun fondamento
nellintuizione sensibile. Ad esempio, il concetto di numero per Frege completamente
indipendente dalle kantiane forme dellintuizione sensibile (spazio e tempo) e, pi in generale, da
qualsiasi dato dellesperienza. Dimostrare che il fondamento dellaritmetica risiede non
nellesperienza sensibile, ma nelle leggi del pensiero equivale a dimostrare, per Frege, la validit
del logicismo, ovvero di quella posizione teorica secondo cui laritmetica pu e deve essere
fondata su basi puramente logiche.
Per dimostrare la verit del logicismo Frege aveva bisogno di provare che in nessun punto
delle dimostrazioni aritmetiche c bisogno di ricorrere ai dati dellesperienza e alle forme
dellintuizione sensibile (spazio e tempo): per accettare i concetti e le leggi fondamentali
dellaritmetica, per dimostrarne teoremi e corollari, abbiamo bisogno unicamente di una logica
adeguata. Abbiamo bisogno, cio, unicamente di inferenze che siano valide, ovvero di inferenze che
garantiscano che la conclusione segue dalle premesse esclusivamente in virt delle leggi del
pensiero.
Se le cose stanno cos, se cio lintento fondamentale di Frege era dimostrare che
laritmetica si fonda esclusivamente sulla logica, e se la nozione centrale per la logica quella di
validit, possiamo capire perch Frege concepisse una parte del significato linguistico, la
Denotazione, nel modo seguente:
DENOTAZIONE (BEDEUTUNG): quella parte del significato di unespressione linguistica che
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rilevante per determinare la validit degli argomenti in cui
essa occorre, ovvero quella parte del significato che interessa
a fini logici.
Si tratta ora di applicare questa definizione generale al caso degli enunciati, dei termini singolari e
dei predicati in modo da arrivare a capire in cosa consista, rispettivamente, la Denotazione di
ciascuno. In accordo al Principio del Contesto, inoltre, cominciamo a interrogarci sulla Denotazione
partendo dagli enunciati.
2.1 La denotazione degli enunciati
Applicando la definizione generale di Denotazione al caso degli enunciati, avremo che la
denotazione di un enunciato quella parte del significato di un enunciato che rilevante per
determinare la validit degli argomenti in cui lenunciato occorre. Chiediamoci allora: qual quella
parte del significato di un enunciato, ovvero quella propriet semantica di un enunciato, che risulta
rilevante per la validit?
Ricordate come eravamo arrivati a stabilire che il seguente schema:
(1) p q
(2) p
(3) q
uno schema di argomento valido, o che il seguente
(1) p q
(2) p
(3) q
invece uno schema di argomento non valido? Ragionando sulla definizione di validit, avevamo
ricavato le possibili distribuzioni di valori di verit tra le proposizioni p e q: nel primo schema, la
distribuzione risultante era tale da provare la validit dellargomento; nel secondo caso, invece, la
distribuzione risultante era tale da provare la non validit dellargomento. Ci che in ultima analisi
importava ai fini della validit era allora proprio questo: la possibile distribuzione dei valori di
verit tra gli enunciati atomici che compongono premesse e conclusioni. Ma allora, la propriet
semantica di un enunciato che interessa ai fini della validit lessere vero o falso. Quindi possiamo
capire perch Frege sostiene che:
DENOTAZIONE di un ENUNCIATO: il Vero / il Falso
Ci che un enunciato denota quindi un valore di verit: se lenunciato vero, la sua Denotazione
il Vero, se lenunciato falso, la sua Denotazione sar il Falso. Ad esempio:
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2 + 2 = 4 denota il Vero
Le balene appartengono allordine dei Cetacei denota il Vero
Hermann Hesse scrisse La Divina Commedia denota il Falso
N.B: 1) per motivazioni che vedremo, secondo Frege il Vero e il Falso sono oggetti: oggetti
speciali, ma comunque oggetti. Ma se cos, allora gli enunciati sono nomi: gli enunciati veri sono
nomi del Vero, e gli enunciati falsi sono nomi del Falso;
2) se tutti gli enunciati veri denotano il Vero, tutti gli enunciati veri sono codenotanti; e se
tutti gli enunciati falsi denotano il Falso, tutti gli enunciati falsi sono codenotanti.
2.2 La Denotazione dei termini singolari
Applicando la definizione generale di Denotazione al caso dei termini singolari, avremo che
la Denotazione di un termine singolare quella parte del significato del termine singolare che
rilevante per determinare la validit degli argomenti in cui il termine singolare occorre. Ora, dato
che un termine singolare una parte dellenunciato, e dato che la propriet semantica di un
enunciato rilevante per la validit la sua verit (o falsit), la propriet semantica di un termine
singolare rilevante per la validit sar quella propriet semantica che rilevante per determinare la
verit (o falsit) degli enunciati in cui esso occorre. La Denotazione di un termine singolare sar
cio il contributo che il termine singolare d alla determinazione del valore di verit degli enunciati
in cui esso occorre. Per Frege, tale contributo consiste nelloggetto cui il termine singolare si
riferisce:
DENOTAZIONE di un TERMINE SINGOLARE: loggetto cui il termine si riferisce
Ad esempio, avremo che:
Fido denota Fido
Socrate denota Socrate
Il marito di Carla Bruni denota Sarkozy
perch Fido, Socrate, e il marito di Carla Bruni contribuiscono oggetti diversi alla
Denotazione degli enunciati in cui occorrono, che i seguenti enunciati:
Fido un filosofo
Socrate un filosofo
Il marito di Carla Bruni un filosofo
hanno, a parit di predicato, Denotazioni diverse (assumendo che Fido sia un cane, abbiamo che il
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primo e il terzo enunciato sono falsi, e che il secondo invece vero).
2.3 La Denotazione dei predicati
Il ragionamento per la Denotazione dei predicati analogo a quello per la Denotazione dei
termini singolari: chiedersi qual la Denotazione dei predicati equivale a chiedersi qual il
contributo che i predicati danno alla determinazione del valore di verit degli enunciati in cui essi
occorrono. Dato che un predicato qualcosa come x _____ (ad es. x simpatico), tale
contributo sar un entit che, a seconda di quale sia loggetto denotato dal termine singolare che va
a sostituire la variabile x, mi determina se lenunciato vero o falso. Per Frege, tale entit un
concetto, dove per concetto egli intende una funzione da oggetti a valori di verit:
DENOTAZIONE di un PREDICATO: concetto (= funzione da oggetti a valori di verit)
Prendiamo, ad esempio, il predicato x un mammifero. La sua Denotazione un concetto,
ovvero una funzione da oggetti a valori di verit: una funzione, cio, che avr come argomenti gli
oggetti denotati dai termini singolari che di volta in volta vanno a sostituire la variabile x nel
predicato, e che avr come valori i valori di verit degli enunciati ottenuti tramite la sostituzione. Il
concetto denotato da x un mammifero sar allora una funzione come:
f(Fido) = V
f(Socrate) = V
f(il marito di Carla Bruni) = V
f(il polpo Paul) = F
f(Parigi) = F
f(il Louvre) = F

Frege inoltre afferma che, mentre la Denotazione di un termine singolare unentit satura,
quella dei predicati unentit insatura. Per capire cosa ci voglia dire, consideriamo la differenza
tra un termine singolare, ad esempio Mario, e un predicato, ad esempio x ordinato.
Intuitivamente, la differenza consiste nel fatto che mentre Mario unespressione completa, x
ordinato non lo : il predicato contiene una variabile, una sorta di segnaposto per un termine
singolare. Ora, questa differenza linguistica tra termini singolari e predicati si riflette sulle loro
rispettive Denotazioni: mentre la Denotazione di un termine singolare un oggetto, ovvero un entit
completa o satura, la Denotazione di un predicato unentit incompleta o insatura, un entit che
attende, per cos dire, di essere completata o saturata. Dire che le funzioni sono entit insature,
mentre gli oggetti sono entit sature, dire, per Frege, che oggetti e funzioni hanno uno statuto
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ontologico irriducibilmente distinto.
Se da un lato non facile capire cosa effettivamente si celi dietro la metafora
saturo/insaturo, dallaltro lato tale distinzione ci consente di avere unidea sul perch Frege
concepisca il Vero e il Falso come oggetti. Il Vero e il Falso sono oggetti perch sono il risultato del
completamento o saturazione di unentit insatura (una funzione) con unentit satura (un oggetto):
la saturazione di unentit insatura non potr che generare un entit satura, ovvero, appunto, un
oggetto.
2.4 Gli argomenti di Frege a favore della tesi secondo cui la Denotazione di un
enunciato il suo valore di verit
In Senso e Denotazione Frege propone due argomenti a sostegno della tesi secondo cui la
Denotazione di un enunciato il suo valore di verit.
Il primo argomento si basa sulla constatazione che siamo interessati alla Denotazione di una
parte dellenunciato quando, e soltanto quando, siamo interessati a sapere se lenunciato vero o
falso - ad esempio, mentre leggiamo lOdissea, non ci interessa sapere se Ulisse nellenunciato
Ulisse approd ad Itaca immerso in un sonno profondo abbia una Denotazione; ci interessa
saperlo per se stiamo effettuando una ricerca storica. Ci (unitamente al Principio di
Composizionalit applicato alla Denotazione) ci induce a pensare che il valore di verit sia la
Denotazione di un enunciato.
Il secondo argomento muove invece direttamente dal Principio di Composizionalit
applicato alla Denotazione. Se accettiamo il Principio di Composizionalit per la Denotazione,
accettiamo anche il principio di Sostituibilit applicato alla Denotazione. Accettiamo cio di dire
che se allinterno di un enunciato sostituiamo un termine singolare (o un predicato) con un altro
avente la stessa Denotazione, la Denotazione dellenunciato non cambia. La Denotazione di un
enunciato, perci, quel qualcosa che rimane invariato se effettuiamo la sostituzione suddetta. Ma
ci che rimane invariato quando effettuiamo tale tipo di sostituzione il valore di verit
dellenunciato. Quindi, conclude Frege, il valore di verit la Denotazione dellenunciato.
Entrambi gli argomenti soffrono della medesima difficolt. Essi infatti riescono a provare
soltanto che il valore di verit un candidato legittimo a ricoprire il ruolo di Denotazione
dellenunciato, ma non che esso sia lunico e il solo. Prendiamo il secondo argomento (il
ragionamento riguardo al primo analogo): se sono un teorico referenzialista puro, sar daccordo
con Frege nel dire che la Denotazione di un enunciato quel qualcosa che rimane invariato se al suo
interno sostituiamo un termine singolare (o un predicato) con un altro avente la stessa Denotazione;
ma sar incline a dire che questo qualcosa che rimane invariato il fatto che lenunciato descrive, e
non il suo valore di verit. Gli argomenti che Frege fornisce a sostegno della tesi secondo cui la
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Denotazione di un enunciato il suo valore di verit non sono quindi argomenti decisivi: sulla base
di tali argomenti, infatti, siamo legittimati a dire che la Denotazione di un enunciato il suo valore
di verit tanto quanto siamo legittimati a dire che la Denotazione di un enunciato il fatto che esso
descrive. In realt, come abbiamo visto pi sopra, se vogliamo capire perch Frege sostenga che gli
enunciati denotano valori di verit dobbiamo guardare agli interessi logico-matematici di Frege.
2.5 Alcuni problemi relativi alla Denotazione
Vediamo ora alcune conseguenze che della teoria della Denotazione di Frege. La prima
una conseguenza che parla a favore di tale teoria:
la teoria della Denotazione rappresenta un tentativo, migliore di quelli visti in precedenza,
di spiegare lunit dellenunciato. Dicendo che la differenza tra termini singolari e predicati consiste
nel fatto che mentre la Denotazione di un predicato unentit incompleta, quella di un termine
singolare unentit incompleta, Frege recupera le differenze grammaticali tra le due classi di
espressioni: termini singolari e predicati svolgono, allinterno dellenunciato, ruoli diversi. Un
enunciato unitario perch il risultato del completamento di unespressione incompleta (un
predicato) con unespressione completa (un termine singolare), e perch la sua Denotazione il
risultato della saturazione di unentit insatura.
La seconda e la terza conseguenza rappresentano invece altrettanti problemi per la teoria,
problemi che inoltre rimangono senza soluzione allinterno del sistema freghiano:
Paradosso del concetto CAVALLO. Come abbiamo detto, per Frege c una differenza
ontologica irriducibile tra concetti (entit insature) e oggetti (entit sature): ad esempio, vi una
differenza ontologica irriducibile tra il concetto denotato da x un cavallo, e un oggetto.
Supponiamo che Frege voglia esprimere tale differenza per mezzo dellenunciato:
(#) Il concetto CAVALLO non un oggetto
In (#), il concetto cavallo diventato un termine singolare. Denoter, allora, un oggetto. Ma
questo per Frege inaccettabile: primo, (#) risulta essere falso e non vero come vorrebbe Frege, e,
secondo, un concetto risulta essere un oggetto e non un entit insatura, contrariamente a quanto
afferma Frege. Sembra quindi che Frege non riesca ad esprimere allinterno della sua teoria il fatto
che uno specifico concetto non un oggetto.
Se gli enunciati denotano il Vero e il Falso, e se il Vero e il Falso sono oggetti, allora gli
enunciati risultano essere nomi di oggetti: gli enunciati veri sono nomi del Vero, quelli falsi sono
nomi del Falso. Ma ci rischia di inficiare il valore del Principio del Contesto: questultimo ci dice
di considerare lenunciato come unit basilare, ma se lenunciato viene ridotto ad un nome, sembra
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che la vera unit di base sia, appunto, il nome.

Ora, se gli ultimi due problemi rimangono insoluti nella teoria di Frege, ve ne sono altri che
invece Frege risolve attraverso la nozione di Senso. Cominciamo col vedere cosa sia per Frege il
Senso di unespressione, e passiamo poi a considerarne caratteristiche e funzioni esplicative.
3. Il Senso
Per Frege, il Senso di unespressione linguistica un certo modo di darsi della Denotazione
di quellespressione, o, in altre parole:
SENSO (SINN): modo di presentazione della Denotazione di unespressione linguistica.
Tutte le espressioni linguistiche hanno un Senso. Vediamo allora pi nel dettaglio in cosa consiste il
Senso dei termini singolari (descrizioni definite e nomi propri), dei predicati, e degli enunciati.
3.1 Il Senso dei termini singolari
3.1.1 Il Senso delle descrizioni definite
SENSO di una DESCRIZIONE DEFINITA: modo di presentazione delloggetto denotato dalla
descrizione definita
Consideriamo ad esempio la descrizione definita:
(2 x 2
3
) + 2
La Denotazione di questa descrizione il numero 18. Il suo Senso il modo in cui la descrizione ci
presenta il numero 18, ovvero come somma del numero 2 e del prodotto di 2 e 2
3
. Consideriamo ora
invece le due descrizioni definite:
La stella della sera
La stella del mattino
Si tratta di due descrizioni definite codenotanti: denotano entrambe il medesimo oggetto, il pianeta
Venere. Esse hanno per Sensi diversi: il Senso di La stella della sera presenta la Denotazione
dellespressione, ovvero Venere, come un corpo celeste visibile la sera, mentre il Senso di La stella
del mattino presenta la Denotazione dellespressione, ovvero Venere, come un corpo celeste
visibile il mattino. Consideriamo infine le due descrizioni definite:
Lo scopritore dei satelliti di Giove
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Lautore del Nuncius Sidereus
Anche queste due descrizioni sono codenotanti. La prima per ci presenta loggetto denotato,
Galileo, come quellindividuo che scopr i satelliti di Giove; la seconda ce lo presenta come lautore
del Nuncius Sidereus. Le due descrizioni definite hanno, cio, Sensi diversi.

Nel caso delle descrizioni definite la nozione di Senso abbastanza chiara: in quanto dotata
di Senso, ciascuna descrizione definita ci presenta loggetto che descrive, ovvero la sua
Denotazione, in un certo modo; ce lo mostra, per cos dire, da un certo punto di vista; ce lo
caratterizza come quelloggetto avente questa e queste altre propriet (pensate al caso di Galilei).
Meno agevole capire invece come vadano le cose per quanto riguarda i nomi propri.
3.1.2 Il Senso dei nomi propri
Basandoci sulla definizione generale di Senso di unespressione linguistica, avremo che:
SENSO di un NOME PROPRIO: modo di presentazione delloggetto denotato dal nome proprio.
Per illustrare il Senso dei nomi propri Frege fa il seguente esempio. Immaginate vi sia, diciamo in
Africa, una certa montagna che chiamata Aphla dalle trib che vivono a sud della montagna, e
che chiamata invece Ateb dalle trib che vivono a nord di essa. Aphla e Ateb sono allora
nomi codenotanti. Sono nomi, per, che hanno Sensi diversi: il Senso di Aphla sar qualcosa
come quella certa montagna vista da sud; il senso di Ateb sar qualcosa come quella certa
montagna vista da nord. Similmente per i nomi propri Espero e Fosforo: il Senso di Espero
sar qualcosa come Venere visto la sera, il Senso di Fosforo sar invece qualcosa come Venere
visto il mattino.
Come si vede, c una certa asimmetria tra il caso delle descrizioni definite e il caso dei
nomi propri relativamente al Senso. Le descrizioni definite esprimono il loro Senso: (2 x 2
3
) + 2
ad esempio presenta la propria Denotazione come la somma di due e del prodotto di due e della
terza potenza di due. Per intenderci, come se le descrizioni definite ci mostrassero direttamente il
loro Senso. I nomi propri, invece, non mostrano il loro Senso: il Senso non espresso dal nome
proprio, ma piuttosto, associato ad esso.
Vi poi una grossa difficolt legata al Senso dei nomi propri. Secondo una certa
interpretazione di Frege, per questultimo un nome proprio non che labbreviazione di una
descrizione definita, e il senso del nome proprio quello della descrizione definita che esso
abbrevia. Cos, ad esempio, il nome proprio Espero labbreviazione della descrizione definita il
pianeta Venere visibile la sera, e il Senso di Espero il Senso di il pianeta Venere visibile la
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sera. Il problema, su cui torneremo quando ci occuperemo delloggettivit del Senso, che parlanti
diversi, o anche il medesimo parlante in tempi diversi, possono associare allo stesso nome Sensi
diversi. Prendiamo il caso del nome proprio Aristotele, e chiediamoci: di quale descrizione
definita Aristotele labbreviazione? Ovvero, qual il Senso di Aristotele? Un parlante
potrebbe dire che il Senso di Aristotele qualcosa come lo scolaro di Platone e il maestro di
Alessandro Magno; un altro potrebbe dire che qualcosa come il filosofo greco nato a Stagira; un
altro ancora, qualcosa come lautore della Metafisica; e cos via. Ma se cos, non riusciamo ad
essere precisi su cos il Senso di un nome proprio: dobbiamo dire che il Senso di un nome uno
soltanto tra i vari Sensi che i parlanti possono associarli? Quale? O dovremmo dire che il Senso di
un nome la congiunzione di tutti i Sensi che i parlanti gli associano? O forse la disgiunzione?
3.2 Il Senso dei predicati
Del Senso dei predicati Frege dice poco o nulla. Per del tutto plausibile dire che
SENSO di un PREDICATO: modo di presentazione del concetto denotato dal predicato.
Prendiamo ad esempio due predicati come:
x una creatura dotata di cuore
x una creatura dotata di reni
Si tratta di due predicati codenotanti: la funzione denotata da x una creatura di cuore e la
funzione denotata da x una creatura dotata di reni danno gli stessi valori per gli stessi oggetti
(tutte le creature dotate di cuore sono anche creature dotate di reni e viceversa), quindi le due
funzioni sono, in realt, la stessa funzione. I due predicati hanno, per, Sensi diversi: presentano il
medesimo concetto (cio la medesima funzione) in due modi differenti.
3.3 Il Senso degli enunciati
SENSO di un ENUNCIATO: modo di presentazione del valore di verit dellenunciato, ovvero il
pensiero che lenunciato esprime.
Il Senso di un enunciato dunque, per Frege, il pensiero che esso esprime. Ad esempio, il
Senso di Espero identico a Fosforo il pensiero che Espero identico a Fosforo, o,
equivalentemente, un certo modo di presentazione del Vero. Ancora, il Senso dellenunciato
Espero non identico a Fosforo il pensiero che Espero non identico a Fosforo, o,
equivalentemente, un certo modo di presentazione del Falso.
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3.4 Caratteristiche del Senso
Abbiamo visto cosa sia, per Frege, il Senso di un termine singolare, di un predicato, e di un
enunciato. Per comprendere fino in fondo la nozione di Senso, per, dobbiamo tenere a mente che il
Senso ha le seguenti caratteristiche:

1) solo in virt del Senso che le espressioni hanno una Denotazione: il Senso infatti ci
che determina la Denotazione. Ad esempio, solo perch la descrizione definita (2 x 2
3
) + 2 ha
un Senso, che essa ha anche una Denotazione: la descrizione ci presenta infatti la sua Denotazione,
il numero 18, in un certo modo, ed proprio questo modo che ci permette di determinare che la
Denotazione , appunto, il numero 18. Oppure, consideriamo un nome proprio, Aristotele: il
Senso associato ad Aristotele, ad esempio lo scolaro di Platone e il maestro di Alessandro Magno
ci consente di isolare, tra tutti gli oggetti esistenti, quello che la Denotazione del nome. La
Denotazione di Aristotele sar infatti quelloggetto, e solo quelloggetto, che gode delle propriet
di essere lo scolaro di Platone e il maestro di Alessandro Magno. Se ad un nome proprio non fosse
associato alcun senso, non saremmo in grado di determinare di quale oggetto esso sia il nome di
fatto, per Frege quello sarebbe un nome di nulla, cio non sarebbe affatto un nome.
Dire che il Senso determina la Denotazione equivale a dire che a ciascun Senso pu
corrispondere al massimo una Denotazione: non si d il caso, cio, che a un Senso possano
corrispondere due o pi Denotazioni diverse. Invece, come sappiamo, a Sensi diversi pu
corrispondere la stessa Denotazione: Espero e Fosforo, pur avendo Sensi diversi, sono
codenotanti.
Inoltre, se il Senso determina la Denotazione, sar indispensabile che tutte le espressioni
abbiano un Senso altrimenti, non riuscirebbero ad avere una Denotazione. Ci non significa,
per, che non vi possano essere espressioni che hanno un Senso ma sono prive di Denotazione (vd.
par. sui termini singolari vuoti): ad esempio, la descrizione definita Il pi grande numero dispari
ha un Senso, ma non ha una Denotazione (non c un oggetto che il pi grande numero dispari).

2) Il Senso collegato alla dimensione della comprensione del linguaggio: il Senso ci che
si afferra quando si comprende unespressione. Ad esempio, comprendere lenunciato
Napoleone fu esiliato a SantElena vuol dire afferrare il pensiero che esso esprime.
N.B.(I) Considerate lenunciato La stella della sera identica alla stella del mattino.
Questo enunciato poteva essere compreso anche prima della scoperta empirica che la stella della
sera e la stella del mattino sono in realt lo stesso corpo celeste: se ne poteva afferrare il Senso,
cio, anche prima di sapere se era vero o falso. Per Frege, afferrare un pensiero cosa diversa dal
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giudicare che il pensiero vero (o falso). Quando afferriamo il pensiero espresso da un enunciato,
comprendiamo lenunciato; quando invece giudichiamo che il pensiero espresso dallenunciato
vero (o falso) stiamo passando dal livello della comprensione a quello della conoscenza. Per Frege,
infatti, conoscere significa sapere se il pensiero espresso da un enunciato vero (o falso): significa
giudicare vero (o falso) il pensiero espresso dallenunciato. Inoltre, mentre lafferrare non
presuppone il giudicare, il giudicare presuppone lafferrare.
N.B.(II) Asserire un enunciato , per Frege, rendere noto che lo si giudica vero. Se ad
esempio asserisco lenunciato 5 un numero primo, ci che sto facendo rendere noto che lo
giudico vero. Di sicuro ci che non sto facendo predicare la verit dellenunciato 5 un numero
primo: il Vero (e il Falso) non sono predicati ma oggetti. Asserire lenunciato 5 un numero
primo equivale inoltre, per Frege, a esprimere il pensiero che 5 un numero primo con forza
assertoria. Il medesimo pensiero, infatti, pu anche essere espresso con forza diversa: nella
domanda 5 un numero primo? stiamo esprimendo il pensiero che 5 un numero primo con
forza interrogativa. Sapere con quale forza un enunciato proferito fa parte della competenza
linguistica dei parlanti; tutti gli enunciati sono proferiti con una forza specifica che va riconosciuta,
pena una comprensione difettosa del linguaggio.

3) Il Senso oggettivo (pena la ricaduta nello psicologismo). Affinch la comunicazione
sia possibile, necessario che i Sensi dei termini singolari e dei predicati, cos come i pensieri
espressi dagli enunciati, siano oggettivi: necessario concepire il Senso di unespressione, cio,
come qualcosa di pubblicamente accessibile, di uguale per tutti; come un ente che pu essere
patrimonio comune di pi persone.
quindi fondamentale tenere nettamente distinti il Senso di unespressione dalle
Rappresentazioni ad essa connesse. La nozione di Rappresentazione una nozione psicologica:
sono Rappresentazioni le immagini mentali di Locke, e pi in generale tutte quelle immagini,
magari associate a sensazioni, stati danimo, impressioni sensibili che una certa espressione ci
evoca. Le Rappresentazioni sono dunque enti mentali, e perci soggettivi e non condivisibili. Il
Senso, invece, non un ente mentale, oggettivo e pubblicamente accessibile.
Pi nel dettaglio, Frege concepisce i pensieri e pi in generale i Sensi delle espressioni come
entit che sussistono autonomamente, indipendentemente da coloro che li pensano,
indipendentemente anche dal fatto che qualcuno li possa effettivamente pensare. Il pensiero che
Fosforo identico ad Espero, ad esempio, esiste indipendentemente dal fatto che qualcuno lo possa
pensare (o, meglio ancora, afferrare).
Per Frege, nemmeno gli enunciati contenenti parole come io, qui, adesso ecc.
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costituiscono dei contro-esempi alla tesi dellindipendenza dei pensieri. Si potrebbe voler dire,
infatti, che un enunciato come:
(#) Io ho mal di testa
esprime un pensiero che vero o falso a seconda di chi lo pensa (a seconda di chi proferisce
lenunciato), e che quindi, dopotutto, i pensieri devono essere di qualcuno. Frege risponde a tale
obiezione affermando che tali tipi di enunciati non esprimono un unico pensiero, che poi di volta
in volta vero o falso a seconda di chi lo pensa, ma bens esprimono pensieri diversi nelle diverse
circostanze di proferimento. Cos, il pensiero che io esprimo con (#) sar diverso dal pensiero che
Alberto esprime con (#), e ancora diverso dal pensiero che Gigi esprime con il medesimo enunciato.
La mossa per Frege obbligata anche dalla tesi secondo cui il Senso determina la Denotazione: se
dicessimo che (#) esprime un unico pensiero che poi vero o falso a seconda delle circostanze,
staremmo dicendo che ad un medesimo pensiero corrispondono pi Denotazioni, e cio che quel
pensiero non determina la Denotazione.
Frege riassume la sua posizione sulloggettivit dei Sensi sostenendo che questi ultimi
appartengono al Terzo Regno: non sono n cose del mondo esterno, anche se condividono con le
cose del mondo esterno il fatto di non essere di qualcuno, e non sono nemmeno Rappresentazioni,
anche se condividono con le Rappresentazioni il fatto di non poter essere percepiti con i sensi.
Ora, e qui viene la prima difficolt, se da una parte chiaro che i Sensi devono essere
oggettivi, e che come tali vanno tenuti nettamente distinti dalle Rappresentazioni, dallaltra Frege
non spiega come esattamente tale oggettivit sia possibile: non spiega, cio, cosa esattamente sia il
Terzo Regno e come riusciamo ad entrare in rapporto con esso. D. Marconi, per ovviare a tale
difficolt, propone ad esempio di identificare i pensieri con le condizioni di verit: il pensiero
espresso da un enunciato oggettivo perch tale pensiero altro non che le condizioni di verit
dellenunciato stesso. Si tratta comunque di una re-interpretazione delle posizioni freghiane che non
tutti gli studiosi accettano. Da un lato, infatti, i riscontri testuali sono esili e, dallaltro, la nozione di
condizioni di verit una nozione che emerger solo successivamente a Frege (la dobbiamo a L.
Wittgenstein). Per Marconi, a favore di tale interpretazione conterebbe la concezione che Frege ha
della verit, e che potremmo chiamare realistica: per Frege, un pensiero vero o falso
esclusivamente a seconda di come stanno le cose, e in maniera del tutto indipendente dal fatto che
noi sappiamo, o possiamo sapere, come stanno. Ad esempio, il pensiero espresso dal teorema di
Pitagora vero atemporalmente, dice Frege, vero indipendentemente dal fatto che qualcuno lo
ritenga vero.

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Un altro problema costituito dal Senso dei nomi propri. Consideriamo il caso di Alex e
Giorgio, impegnati in una conversazione su Aristotele. Supponiamo che Alex associ a Aristotele
il Senso lo scolaro di Platone e il maestro di Alessandro Magno, che Giorgio invece gli associ il
Senso lautore della Metafisica (Frege concede che questa una situazione possibile), e che Alex
proferisca lenunciato Aristotele nacque a Stagira. Ora, mentre per Alex lenunciato esprime il
pensiero che lo scolaro di Platone e maestro di Alessandro Magno nacque a Stagira, per Giorgio
lenunciato esprimer, piuttosto, il pensiero che lautore della Metafisica nacque a Stagira. Ma se
cos, Alex e Giorgio non stanno afferrando lo stesso pensiero: non c comunicazione reale. La
risposta di Frege a tale difficolt consiste, da una parte, nel dire che la molteplicit dei Sensi
associati ad un medesimo nome proprio un difetto del linguaggio naturale, che va evitato nella
costruzione di un linguaggio artificiale e scientifico (come la sua Ideografia); e, dallaltra, nel dire
che tale difetto pu essere tollerato fintantoch la Denotazione del nome proprio rimane la stessa.
Tale risposta sembra per mettere Frege in una posizione ancora pi precaria. Infatti, come se
stesse dicendo che la variazione del Senso associato ai nomi propri non fa alcuna differenza pratica:
la comunicazione possibile anche se io e il mio interlocutore non stiamo davvero associando ad un
certo nome il medesimo Senso, e anche se io e il mio interlocutore non stiamo davvero afferrando lo
stesso pensiero quando comprendiamo un certo enunciato. Ma questo equivale, in una certa misura,
a non far fare al Senso il lavoro che dovrebbe fare.
3.5 Quali problemi risolve la nozione di Senso?
3.5.1 Espressioni codenotanti
Se sostenessimo che la nozione di significato esaurita da quella di Denotazione, non
riusciremmo a spiegare in cosa consiste la differenza semantica, che indubbiamente avvertiamo, tra
espressioni codenotanti. Ad esempio, non riusciremmo a spiegare (!) perch i due enunciati:
La somma di due e tre cinque
Napoleone fu esiliato a SantElena
pur avendo la stessa Denotazione, hanno significati diversi. Oppure, non riusciremmo a spiegare
perch le due descrizioni definite
Il cantante degli Aerosmith
Il padre di Liv Tyler
pur denotando il medesimo oggetto, Steven Tyler, sembrano comunque avere contenuti semantici
diversi.
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Frege spiega la differenza semantica tra espressioni codenotanti attraverso la nozione di
Senso. I due enunciati La somma di due e tre cinque e Napoleone fu esiliato a SantElena
denotano entrambi il Vero, ma esprimono pensieri diversi: il primo esprime il pensiero che la
somma di due e tre cinque, il secondo invece il pensiero che Napoleone fu esiliato a SantElena.
Le due descrizioni definite il cantante degli Aerosmith e il padre di Liv Tyler sono codenotanti
ma hanno Sensi diversi: la prima descrive Steven Tyler come il cantante degli Aerosmith, la
seconda invece come il padre di Liv Tyler.
3.5.2 Informativit degli enunciati di identit
Il problema dellinformativit degli enunciati di identit pu essere formulato come segue.
Consideriamo i due enunciati:
(3) La stella della sera identica alla stella del mattino
(4) La stella della sera identica alla stella della sera
(3) e (4) sono enunciati di identit, rispettivamente della forma a = b e a = a. Sono inoltre enunciati
codenotanti (denotano entrambi il Vero), e ciascun costituente di (3) trova un costituente
corrispondente in (4) che codenota con esso (la stella della sera ovviamente codenota con la
stella della sera, il predicato x identico a y ovviamente codenota con x identico a y, e la
stella del mattino codenota con la stella della sera). A livello della Denotazione, quindi, i due
enunciati sono indistinguibili: entrambi ci dicono che un certo oggetto, il pianeta Venere, identico
a se stesso.
Eppure, (3) informativo, mentre invece (4) ovvio. Se non sappiamo nulla della stella
della sera e della stella del mattino, (3) ci fa imparare qualcosa. Del resto, stata una scoperta
empirica che la stella della sera lo stesso corpo celeste della stella del mattino: la verit di (3) pu
cio essere conosciuta solo a posteriori, ovvero facendo ricorso allesperienza nel caso specifico,
ad osservazioni astronomiche. (4) invece non ci dice nulla che gi non sappiamo: di qualsiasi
oggetto stiamo parlando, gi sappiamo che identico a se stesso. La verit di (4) conosciuta a
priori: non abbiamo bisogno di ricorrere allesperienza non abbiamo bisogno di osservazioni
astronomiche per sapere che la stella della sera identica a se stessa.
Ora, se avessimo a disposizione soltanto la Denotazione per caratterizzare la nozione di
significato, non riusciremmo a rendere conto della diversa informativit di (3) e (4), e, pi in
generale, del diverso valore informativo di enunciati di identit della forma a = a e a = b. Inoltre,
non avrebbe nemmeno senso dire che il diverso valore informativo di (3) rispetto a (4) consiste nel
fatto che (3), a differenza di (4), ci informa che uno stesso oggetto, il pianeta Venere, chiamato
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con due nomi diversi: sembra infatti che linformativit di (3), e in generale degli enunciati della
forma a = b, riguardi il mondo, e non il linguaggio.
La soluzione freghiana consiste allora nel postulare una terza dimensione, oltre a quella
puramente linguistica e a quella della Denotazione, che appunto il Senso. Lidentit, per Frege,
non n una relazione tra oggetti n una relazione tra nomi di oggetti: una relazione tra Sensi, e
pi in particolare una relazione tra due diversi modi di presentare il medesimo oggetto. A differenza
di (4), (3) informativo perch ci dice che un medesimo oggetto, il pianeta Venere, pu esserci dato
in due modi diversi, come quella certa stella visibile al mattino o come quella certa stella visibile la
sera.
3.5.3 Termini singolari vuoti
Come ricorderete, sono termini singolari vuoti descrizioni definite come:
La moglie di Ratzinger
Il re del mondo
e nomi propri come:
Ulisse
Babbo Natale
Sherlock Holmes
Non vi sono infatti nel mondo oggetti come Ulisse, Babbo Natale, la moglie di Ratzinger ecc.
Il problema dei termini singolari vuoti il problema di spiegare come sia possibile
comprendere tali termini nonostante essi non denotino alcun oggetto, e di spiegare, inoltre, come sia
possibile che gli enunciati in cui essi occorrono siano comunque dotati di un significato che
comprendiamo.
La soluzione di Frege consiste nellaffermare che, pur essendo privi di Denotazione, i
termini singolari vuoti hanno un Senso ecco perch li comprendiamo: Ulisse non denota nulla,
ma ha un Senso, ovvero qualcosa come il protagonista dellOdissea, o luccisore dei Proci, o.
Per il Principio di Composizionalit applicato al Senso, inoltre, un enunciato come:
Ulisse era coraggioso
anchesso dotato di Senso, e ci spiega perch riusciamo a comprenderlo.
Notate per che, per il Principio di Composizionalit applicato alla Denotazione, poich
Ulisse privo di Denotazione, anche lenunciato in questione sar privo di Denotazione, ovvero
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non sar n vero n falso. Similmente, i seguenti enunciati:
La moglie di Ratzinger va in palestra
Ulisse approd ad Itaca immerso in un sonno profondo
Babbo Natale vestito di rosso
esprimeranno pensieri che non sono n veri n falsi.

La soluzione di Frege al problema dei termini singolari vuoti apre per un altro problema,
che riguarda la nozione di Senso. Come possibile dire che alcune espressioni hanno un Senso ma
non hanno una Denotazione, se il Senso il modo di presentazione della Denotazione? In tali casi,
infatti, staremmo parlando del modo di presentazione di una Denotazione che non c. La risposta
di Frege che dobbiamo pensare al Senso di unespressione non come al modo di presentazione
della Denotazione dellespressione, punto, ma come al modo di presentazione della Denotazione
dellespressione, se lespressione ha una Denotazione. Detto altrimenti, il Senso di
unespressione specifica una condizione tale che, se un oggetto la soddisfa, allora quelloggetto la
Denotazione dellespressione. Ad esempio, il Senso della descrizione definita
La moglie di Ratzinger
specifica che, se c un oggetto che la Denotazione di questa espressione, quelloggetto deve
avere la propriet di essere la moglie di Ratzinger.
3.5.4 Contesti indiretti
I contesti indiretti sono contesti enunciativi in cui occorrono verbi di discorso indiretto
(dire, esclamare, ), o verbi di atteggiamento proposizionale (credere, sperare, temere,
dubitare, rallegrarsi, ). Ad esempio, sono contesti indiretti i seguenti enunciati:
(5) Galilei disse che Giove aveva dei satelliti
(6) Carlo crede che Anna tradisca Giulio
(7) Carlo spera che Anna tradisca Giulio
(8) Carlo teme che Anna tradisca Giulio
I verbi di atteggiamento proposizionale si chiamano cos perch indicano un certo tipo di
atteggiamento che il soggetto dellenunciato ha verso la proposizione espressa dallenunciato
subordinato.
Consideriamo il caso seguente. Carola, una latinista, incontra nei testi che studia alcuni
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riferimenti ad una stella, chiamata la stella del mattino, che appare il mattino, e alcuni riferimenti
ad una certa stella che invece appare la sera, e che viene chiamata la stella della sera. Carola non
realizza, per, che la stella della sera , di fatto, la stella del mattino. In questa situazione,
sicuramente diremmo che il seguente enunciato vero:
(9) Carola crede che la stella della sera appaia la sera
Ora, sappiamo che per Frege vale il Principio di Composizionalit applicato alla Denotazione, e che
quindi vale anche il Principio di Sostituibilit applicato alla Denotazione. In base a ci, ci
aspetteremmo che anche il seguente enunciato sia vero:
(10) Carola crede che la stella del mattino appaia la sera
Eppure, (10) falso: Carola non crede affatto che la stella del mattino appaia la sera.
Sembrerebbe che lunico modo per Frege di uscire dallempasse sia o a) modificare la sua
teoria della Denotazione in modo da rendere la stella della sera non codenotante con la stella del
mattino, o lenunciato la stella del mattino appare la sera non codenotante con lenunciato la
stella della sera appare la sera, o b) rifiutare il Principio di Composizionalit, e quindi il Principio
di Sostituibilit. Chiaramente, per, Frege non vuole n luno n laltro: il Principio di
Composizionalit una delle tesi centrali della sua teoria, per non parlare della tesi secondo cui i
termini singolari denotano oggetti, i predicati funzioni, e gli enunciati valori di verit.
Frege sceglie allora di trattare la Denotazione degli enunciati subordinati nei contesti
indiretti, e la Denotazione delle parti di tali enunciati, come eccezioni alla tesi che i termini
singolari denotano oggetti, i predicati funzioni, e gli enunciati valori di verit. Allinterno dei
contesti indiretti, gli enunciati subordinati e le loro parti hanno non la loro Denotazione abituale, ma
una Denotazione indiretta: denotano cio il loro stesso Senso. La Denotazione indiretta di
unespressione , perci, il suo Senso abituale: vale a dire, gli enunciati subordinati nei contesti
indiretti denotano non un valore di verit, ma il pensiero che essi esprimono; i termini singolari che
occorrono in tali enunciati denotano non un oggetto ma il loro stesso Senso; idem per i predicati. In
questo modo si riesce a far tornare i conti con gli enunciati (9) e (10): possibile che il primo sia
vero e il secondo falso perch la stella della sera e la stella del mattino, occorrendo in contesti
indiretti, non sono termini codenotanti: hanno infatti un diverso Senso abituale, cio una diversa
Denotazione indiretta. Pertanto, non possiamo aspettarci che, se li sostituiamo luno allaltro, la
Denotazione dellintero enunciato rimanga invariata.

Vediamo ora quali siano i vantaggi e gli svantaggi della soluzione freghiana al problema dei
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contesti indiretti. I vantaggi sono i seguenti:
rende conto dei dati linguistici (del fatto che, ad esempio, (9) e (10) possono avere valori
di verit diversi);
lascia inalterate le tesi centrali della posizione teorica di Frege (Senso e Denotazione degli
enunciati e delle loro parti, Principio di Composizionalit e quindi Principio di Sostituibilit);
ha una certa plausibilit intuitiva. Quando riportiamo i discorsi, le credenze, i sentimenti
di un parlante A, ci a cui siamo interessati non il valore di verit degli enunciati proferiti, creduti,
, da A, ma ci che A ha detto, crede, .: siamo interessati, cio, al contenuto di ci che viene
riportato. Quindi, che nei contesti indiretti sia il Senso degli enunciati subordinati e delle loro parti
ad essere rilevante sembra plausibile.
Gli svantaggi invece sono i seguenti:
Il Senso ci che determina la Denotazione, e perci tutte le espressioni devono avere un
Senso. Ci vale anche per gli enunciati subordinati nei contesti indiretti, e per le loro parti: questi
dovranno avere quindi non solo una Denotazione indiretta (il loro Senso abituale), ma anche un
Senso indiretto. Non chiaro, per, cosa esattamente sia questultimo: non riusciamo a farci unidea
precisa di cosa dovrebbe essere, ad esempio, il modo di presentazione di un pensiero (che gi esso
stesso un modo di presentazione);
nei contesti indiretti il valore di verit dellenunciato complesso rimane invariato se
sostituiamo lenunciato subordinato (o parti di esso) con un enunciato (o parti di esso) avente
(aventi) la stessa Denotazione Indiretta, ovvero lo stesso Senso. Ora, da un lato chiaro quand
che per Frege due espressioni hanno Sensi diversi:
CRITERIO INTUITIVO DELLA DIFFERENZA: Il pensiero espresso da un enunciato S,
ovvero il Senso di S, diverso dal pensiero espresso da un altro enunciato S, ovvero
dal Senso di S, se possibile che qualcuno, ad un certo tempo t, comprenda
entrambi gli enunciati ma abbia atteggiamenti differenti verso di essi: ad esempio,
accetti S ma rifiuti S (o viceversa).
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Dallaltro lato, per, non del tutto chiaro quand che si possa dire che due espressioni hanno lo
stesso Senso. Di pi: dato il Criterio intuitivo della differenza, sembra difficile trovare allinterno di
un linguaggio L espressioni dotate dello stesso Senso. Ma se cos, sembra anche che il Principio di
Sostituibilit nei contesti indiretti sia conservato solo al prezzo di renderlo banalmente vero.


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Dobbiamo lesplicitazione di tale criterio a G. Evans.

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