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Introduzione
Lapplicazione della fotografia stereo-
scopica al cinema viene tentata con
caparbia insistenza fin dalla fine
dellOttocento, ma la prima vera consi-
derevole diffusione della stereoscopia
nellindustria cinematografica interna-
zionale non arriva prima degli anni
Cinquanta del secolo scorso. Il quadro
tecnologico di riferimento ovviamen-
te quello dellaffermazione commercia-
le della televisione quale principale
competitore del cinema sul piano del-
lofferta di intrattenimento a basso
costo e dellaggiornamento dellappa-
rato cinematografico di esibizione alla
domanda innescata dal mutamento
socioculturale del secondo dopoguer-
ra
2
. Ma la battaglia epocale tra cinema
e televisione e il riassestamento del-
lintero sistema dei media che ne
seguito
3
nasconde lo scontro senza
quartiere tra stereoscopia e formato
panoramico per il rilancio del cinema
come esperienza (di sala): la stereo-
scopia, lanciata dalla produzione indi-
pendente Bwana Devil (Id., Arch
Oboler), presentata al Paramount
Theatre di Oakland (California) il 26
novembre 1952, punta su una tecnolo-
gia costituzionalmente emersiva, per
prolungare idealmente il film verso lo
spettatore; il formato panoramico, lan-
ciato dalla produzione indipendente
Questo il Cinerama (This Is Cine-
rama, Merian C. Cooper), presentata al
Broadway Theatre di New York il 30
settembre 1952, punta su una tecno-
logia costituzionalmente immersiva,
per trasportare idealmente lo spettato-
re verso lo schermo. A differenza di
quanto avviene ai giorni nostri, di fron-
te allultima ondata stereoscopica per
schermo largo degli anni Duemila, ste-
reoscopia e formato panoramico sono
sentiti negli anni Cinquanta come reci-
procamente escludenti, in quanto
mezzi diversi per ottenere fondamen-
talmente la stessa cosa, la famigerata
terza dimensione o pi semplicemente
3-D, promossa dagli slogan commer-
ciali delluno e dellaltro contendente
tecnologico attraverso sottili varianti
della medesima retorica partecipativa,
allinsegna del coinvolgimento spetta-
3-D o 2-D? Questo il problema
Il cinema a tre dimensioni nellItalia del secondo
dopoguerra
di Federico Vitella
Dalle notizie che andiamo leggendo da tempo a questa parte su giornali, riviste ameri-
cane, agenzie di informazioni, ecc., ci sembra di trovarci davanti a una guerra fredda
iniziata contro il 3-D []. 3-D o film due dimensionali? Questo il problema, avrebbe
detto Amleto se si fosse occupato di cinema e di esercizio
1
.
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toriale e delliper-realismo della rap-
presentazione.
Per restare nella metafora bellica, lo
scontro tutto tecnologico tra stereosco-
pia e formato panoramico viene com-
battuto prevalentemente ma non
esclusivamente negli Stati Uniti. Sia
stereoscopia che formato panoramico
sono tecnologie di esibizione che
implicano onerosi interventi strutturali
sulla sala cinematografica e tutti i mer-
cati cinematografici connessi allindu-
stria americana diventano altrettanti
fronti di guerra, Italia compresa. Anzi,
Italia in testa, in ragione della tradizio-
nale scarsa resistenza alla penetrazio-
ne del prodotto hollywoodiano e della
capillare distribuzione delle sale cine-
matografiche del tempo sul territorio.
Prima che i formati panoramici si
impongano quali nuovi standard inter-
nazionali di produzione ed esercizio
trascinati dal CinemaScope della 20
th
Century Fox quale miglior compromes-
so tra il conservatorismo delleserci-
zio e il progressismo della produzio-
ne
4
anche in Italia la tecnologia tridi-
mensionale innesca: 1) le ricerche
autoctone da parte di inventori di ogni
sorta, impegnati nella messa a punto
di apparecchi pi performanti di quelli
in commercio; 2) la conversione degli
impianti alla proiezione stereoscopica,
a partire dalle sale dei proprietari pi
facoltosi dei capoluoghi di provincia; 3)
la produzione di film stereoscopici a
lungometraggio e conseguentemente
lequipaggiamento dei teatri di posa,
dei laboratori di sviluppo e stampa, e,
pi in generale, di tutti gli stabilimenti
coinvolti nella produzione del film.
Attraverso lesame sistematico dei pi
importanti periodici italiani e stranieri,
pubblicati nellarco temporale interes-
sato dal fenomeno (1952-1954)
5
, il
presente intervento intende inquadra-
re il processo di penetrazione della ste-
reoscopia in Italia e alimentare la
riflessione nazionale su un momento
di storia del cinema pressoch ignora-
to dagli studi di settore ma di grande
rilevanza quale inevitabile pietra di
paragone storiografica per lesame di
qualsiasi ondata stereoscopica suc-
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cessiva
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. In appendice, sulla scorta di
un pionieristico contributo di Paola
Valentini dedicato alla ricerca stereo-
scopica italiana degli anni Trenta
7
,
riporto lelenco di tutti i brevetti italiani
concessi dagli organi competenti, in
materia di cinema stereoscopico, dal
1946 al 1953.
La ricerca della via italiana alla stereo-
scopia
La prima questione che merita atten-
zione lo stato della ricerca tecnologi-
ca italiana, in materia di stereoscopia,
allalba della rivoluzione doltreocea-
no. Lo spoglio sistematico del
Bollettino dei brevetti per invenzioni,
modelli e marchi, in ordine alla classe
Industrie e arti grafiche, rivela una
sorprendente continuit di studi e
applicazioni nel periodo compreso dal
secondo dopoguerra ai primi anni
Cinquanta
8
. Dal 1946 al 1953, in par-
ticolare, si contano complessivamente
ben 48 domande di concessione per
tecnologie differentemente riguardanti
lapplicazione della stereoscopia al
cinema, con punte significative di otto
richieste agli uffici competenti nel
1947 e nel 1949, e addirittura diciotto
nel 1953. Da Piacenza a Palermo, da
Bologna a Roma, da Milano a Lecce,
da Torino a Firenze, da Siena a Trieste,
da Udine a Napoli, da Genova a Cuneo,
e, ancora, a Messina, Bari, Padova,
Foggia, Novara, Modena e Lucca, tutta
lItalia pare assiduamente impegnata
nella corsa alla terza dimensione,
ovvero nella risoluzione del problema
basilare della stereoscopia cinemato-
grafica: dati due fotogrammi opportu-
namente impressionati, detti comune-
mente stereogrammi, corrispondenti
uno allocchio sinistro e uno allocchio
destro del guardante, come proiettarli
in modo che ciascun occhio dello spet-
tatore veda solo il fotogramma corri-
spondente?
9
Certo, di fronte alla totale
mancanza di dipartimenti di ricerca
finanziati dalle case di produzione ita-
liane o comunque contigue a unindu-
stria cinematografica nazionale ende-
micamente polverizzata e costituzio-
nalmente precaria, si tratta per la mag-
gior parte di iniziative reciprocamente
irrelate e indipendenti, opera per lo pi
di infaticabili amatori, privi di una for-
mazione tecnico-scientifica, ma non di
una ricerca totalmente autoreferenzia-
le. Se le emergenze del 1947 e del
1949 paiono fisiologiche, cio non
direttamente legate ad alcun evento
esterno che agisca da stimolatore alla
pubblicizzazione delle istanze di lavo-
ro, il considerevole picco di brevetti del
1953 evidentemente legato alla
montante circolazione di notizie sulla
febbre tridimensionale internazionale,
che la stampa specializzata diffonde
con corrispondenze relativamente pre-
cise e regolari
10
.
Tra le pochissime invenzioni uscite di
fatto dai laboratori dei loro artefici e
balzate brevemente agli onori della
cronaca nazionale nel corso del 1953,
meritano una segnalazione il sistema
Betti e il sistema Bartorelli
11
. Il sistema
brevettato dai fratelli romani Alberto e
Adriano Betti
12
geniali amatori con la
passione per la tecnologia cinemato-
grafica un sistema collettivo a
trame selettrici con proiezione singola.
La separazione degli stereogrammi,
stampati sulla medesima pellicola
positiva, avviene cio attraverso un
disco rotante posto tra gli spettatori e
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una coppia di schermi montati a 90
gradi luno rispetto allaltro. La trama
speciale del selettore delle immagini,
composta da settori alternati di cristal-
lo trasparente e di cristallo argentato,
colpita dalla proiezione degli stereo-
grammi, li indirizza uno per schermo. Il
sistema brevettato da Ugo Bartorelli
topografo allIstituto Geografico
Militare di Firenze
13
un sistema in-
dividuale a otturatore sincrono con
proiezione doppia. La separazione
degli stereogrammi, stampati su positi-
vi diversi e proiettati con due apparec-
chi accoppiati, avviene cio attraverso
degli occhiali muniti di un sistema
fotoelettrico sincronizzato con lappa-
rato proiettante. I due fori del conge-
gno speciale, montato sul retro della
poltrona anteriore al guardante, si
aprono e si chiudono alternativamen-
te, in modo tale da permettere a cia-
scun occhio dello spettatore di vedere
lo schermo solo per il periodo in cui si
proietta lo stereogramma corrispon-
dente. Nessun ritrovato citato supera
veramente la fase sperimentale, ma se
il sistema Betti non sar mai neppure
realizzato in scala 1:1, il sistema
Bartorelli riesce a intercettare linteres-
se di alcuni imprenditori fiorentini.
Liniziativa commerciale in oggetto,
ben avviata nella primavera del 1953,
avrebbe dovuto impiegare il sistema
Bartorelli quale tecnologia di proiezio-
ne stereoscopica di una sala avveniri-
stica appositamente costruita a
Firenze, su progetto dellarchitetto
Nino Jodice
14
. Il Visorium 3D que-
sto il nome del cinema secondo le indi-
screzioni trapelate sui giornali si
sarebbe presentato come un unico
ambiente diviso simmetricamente in
due parti, con due schermi giganti alle
rispettive estremit e una cabina cen-
trale, sospesa sopra la platea, munita
di una macchina capace di indirizzare
un doppio fascio di luce su entrambi i
lati della sala.
Il pi importante tentativo autentica-
mente italiano di realizzare una tecno-
logia cinematografica stereoscopica
commerciabile per sicuramente il
sistema brevettato da Luigi Cristiani:
inventore gi noto allindustria cinema-
tografica del tempo per le sue decen-
nali ricerche sul colore. Lo Stereo-
color sistema individuale a lenti
polarizzate con proiezione singola
proprio un perfezionamento di un pro-
cedimento per cinematografia a colori
conosciuto dagli specialisti come
Cristiani-Mascarini
15
. Laddove il siste-
ma additivo quadricromico Cristiani-
Mascarini impressiona sul medesimo
negativo quattro mini-fotogrammi
monocromatici identici, lo Stereocolor,
attraverso una testata speciale compo-
sta da specchi e filtri, impiantata sul
complesso ottico del Cristiani-
Mascarini, introduce uno sfasamento
tra le due coppie di mini-fotogrammi e
differenzia la coppia sinistra dalla cop-
pia destra per simulare la prospettiva
binoculare della visione umana. La
separazione degli stereogrammi cos
ottenuti, stampati su unico positivo e
proiettati con un solo apparecchio
munito di un sistema ottico analogo a
quello impiegato in ripresa, avviene poi
per il tramite di occhiali speciali, pola-
rizzati in modo che ogni lente intercetti
solo lo stereogramma corrispondente.
In fase di studio almeno dal 1943,
data a cui risale la prima delle tre
domande di concessione di brevetto
16
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lo Stereocolor viene presentato in pub-
blico, prima del 1953, solo nel 1949,
alla Mostra del cinema di Venezia,
quando, in una saletta appositamente
equipaggiata, viene proiettato il corto-
metraggio LArgentario: un documenta-
rio naturalistico sullomonimo promon-
torio del grossetano, filmato verosimil-
mente dal fido operatore Armando
Nannuzzi
17
. Ma evidentemente nel-
laprile-maggio 1953 che il sistema
gode della massima visibilit. Il produt-
tore americano Victor Pahlen, intenzio-
nato a servirsene per un film con Hedy
Lamarr, organizza a Roma una proie-
zione riservata agli addetti ai lavori del
cortometraggio Ritmo in tre, girato con
il sistema Stereocolor, a Cortina, dal
documentarista Guido Guerrasio e
Cristiani incassa linteresse di cele-
brit, quali Alexandre Korda e Vittorio
De Sica, e avventurieri, come il princi-
pe Alfredo Pacelli, con il quale fonda
una compagnia italo-svizzera per lo
sfruttamento del sistema che non avr
fortuna
18
.
La conversione dellesercizio di prima
visione
La seconda questione che merita
attenzione la risposta dellesercizio
italiano di fronte alle spese di equipag-
giamento e ristrutturazione necessarie
per la programmazione dei prodotti
hollywoodiani filmati con il Natural
Vision o con un analogo sistema indivi-
duale a lenti polarizzate con proiezione
doppia. Il perdurare della congiuntura
economica favorevole, in vistosa con-
trotendenza rispetto alla cinematogra-
fia americana, spinge la parte pi soli-
da del settore ad attrezzare rapida-
mente il proprio impianto con quanto
previsto dalla necessit del caso. Per
proiettare opportunamente un film ste-
reoscopico hollywoodiano distribuito
in due copie gemelle da sincronizzare
e proiettare simultaneamente, in quan-
to una destinata allocchio sinistro e
una destinata allocchio destro dello
spettatore, munito di occhiali separato-
ri polarizzati si rendono infatti obbli-
gatori alcuni fondamentali interventi
sullequipaggiamento tradizionale del-
la sala
19
: in primo luogo, laccoppia-
mento, elettrico o meccanico, dei due
proiettori di cabina; in secondo luogo, il
montaggio di altrettanti filtri polarizza-
tori sugli obiettivi della coppia di proiet-
tori; in terzo luogo, infine, la sostituzio-
ne dello schermo con un modello di
ultima generazione, dotato di superfi-
cie metallizzata a elevato coefficiente
di riflessione di luce, tale cio da com-
pensare, con laumento di intensit
degli archi della lanterna, lelevato
assorbimento dei filtri (sia degli occhia-
li che dei proiettori). Ma la tecnica ste-
reoscopica a doppia proiezione con
occhiali polarizzati richiede soprattutto
maggiori oneri di gestione. Limpiego di
due macchine contemporaneamente
in movimento necessita infatti lopera
di due proiezionisti che agiscano di
comune accordo nelle opportune rego-
lazioni di messa a fuoco e di messa a
quadro. Bastano pochi fotogrammi di
fuori sincronismo tra le due immagini,
una diversa intensit luminosa dei due
archi, una leggera rotazione o inclina-
zione dei filtri polarizzati, una diversa
messa a quadro o a fuoco dei due
proiettori per creare una fastidiosa
stanchezza visiva nello spettatore e
compromettere seriamente lefficacia
dello spettacolo.
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La conversione delle sale italiane gui-
data dalla programmazione dal citato
Bwana Devil e dal meno noto Luomo
nellombra (Man In the Dark, 1953) di
Lew Landers: il primo incentrato sulle
peripezie di un gruppo di inglesi che,
allinizio del secolo scorso, insidiati da
famelici leoni, costruiscono una ferro-
via nel Kenya britannico viene acqui-
stato e distribuito internazionalmente
dalla United Artists; il secondo incen-
trato sulla riabilitazione di un gangster
di provincia che, dopo aver perso la
memoria in seguito a unoperazione di
chirurgia sperimentale, se la deve
vedere con i suoi ex-compagni di male-
fatte viene girato e distribuito in tutta
fretta dalla Columbia per approfittare
quanto prima dellinteresse del pubbli-
co per la novit tecnologica in quanto
tale. Si tratta di pellicole che puntano
tutte le loro carte sullo sfruttamento
attrazionale degli effetti di rilievo con-
naturati alla tecnologia stereoscopica.
sempre il racconto a porsi al servizio
dellattrazione, siano le zampate delle
fiere selvagge, le minacciose lance dei
guerrieri locali, i colpi di fucile dellinge-
gnere inglese Bob Hayward (Robert
Stack), nel caso di Bwana Devil, oppu-
re i vasi di fiori cascanti sulla platea, gli
improbabili volatili notturni, le pistole
fumanti dei criminali sulle tracce dellir-
riconoscibile Steve Rawley (Edmond O
Brian), nel caso dellUomo nellombra.
Come rilevato spesso dalle recensioni
del tempo
20
, il debole intreccio dei plot
di genere pare scarsamente giustifica-
re gli effetti di rilievo dal punto di vista
narrativo, con la conseguenza che gli
effetti stessi rischiano di apparire per
lo pi irrelati rispetto al dispiegarsi
della trama giallo-avventurosa. Daltra
parte, la loro stessa natura di proto-
tipi stereoscopici in quanto primi
lungometraggi filmati, rispettivamente,
con il sistema Natural Vision di Julian
Gunzberg e con il sistema Columbia 3-
D di Gerald Rackett
21
a prescriverne
la funzione di dispositivi (narrativi) di
esibizione della tecnologia, in accordo
a strategie di presentazione dellinno-
vazione cinematografica sempre pi
incentrate sulla visione in anteprima
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quale modalit dimostrativa privilegia-
ta, in luogo delle pi tradizionali esposi-
zioni e fiere di tradizione ottocentesca.
La penetrazione del mercato italiano
inizia dalla capitale, in cui vengono pro-
grammati entrambi i film, contempora-
neamente, a partire dal 29 maggio:
Bwana Devil al Supercinema; Luomo
nellombra nelle sale Capitol e
Metropolitan
22
. Ma entro la fine delle-
state, tutte le cosiddette citt capozo-
na che compongono il campione di
esercizio monitorato in modo sistema-
tico dallAGIS vengono raggiunte: a
Napoli, Milano, Padova, Firenze e
Palermo Bwana Devil e Luomo nel-
lombra si programmano alternativa-
mente, nella stessa sala; a Bologna,
Genova e Torino, come a Roma, si pro-
grammano in pi sale, allo stesso
tempo. Tutti gli impianti vengono
attrezzati da societ specializzate ita-
liane, a partire dalle compagnie mila-
nesi Fedi e Compagnia Commerciale di
Cinematografia (CCC), che sulla rivista
corporativa del settore, Il Bollettino
dello Spettacolo, non mancano di
rivendicare il merito delle prime instal-
lazioni e dei (presunti) clamorosi suc-
cessi: la CCC, che ha equipaggiato il
cinema Capitol di Milano e il cinema
Odeon di Firenze, si dichiara orgoglio-
sa che le installazioni munite di proiet-
tori freddi Suprexidro e di schermi tran-
sonori Westone abbiano perfettamen-
te risposto alla aspettativa generale;
la ditta Fedi, che ha rinnovato il cinema
Vittoria di Torino, con schermo Walker
e macchine Fedi X e Fedi VIII, afferma
di aver contribuito nientemeno che alla
proiezione stereoscopica pi riuscita
in assoluto
23
. Ma pi che i proclami
trionfalistici delle aziende di tecnolo-
gia, parti in causa dello stesso proces-
so di conversione delle sale che stan-
no giudicando, meritano attenzione i
dati relativi agli incassi. Da un lato, i
proventi della prima ora sembrano
smentire il coro di perplessit alzatosi
dalla critica specializzata, con medie
giornaliere fino a tre volte superiori a
quelle di sala. Dallaltro, il consuntivo
di fine stagione dei primi due film ste-
reoscopici importati, non eccezionale
ma neppure catastrofico, con Luomo
nellombra al 47 posto assoluto tra i
maggiori incassi dellannata 1952-53
(L. 50.438.000)
24
, dovrebbe essere
valutato alla luce dello scarso valore
intrinseco delle stesse pellicole. Senza
lattrazione stereoscopica, il film di
Landers, e, soprattutto, Bwana Devil,
non avrebbero avuto mercato, nelle
sale di prima visione, neanche in Italia.
La produzione stereoscopica italiana
La terza questione che merita attenzio-
ne la risposta delle case produttrici
italiane alla campagna di stampa che,
dalle riviste di critica cinematografica
(Bianco e Nero, Cinema, Cinema
Nuovo, Filmcritica, Rassegna del
film, Rivista del cinema italiano,
Rivista del Cinematografo) ai periodi-
ci di economia e industria (Araldo
dello spettacolo, Bollettino dello
spettacolo, Cinespettacolo), dalle
riviste di tecnica cinematografica
(A.I.C., Cine Tecnica, Rivista italia-
na di cinematografia, elettroacustica,
televisione, Ferrania) ai periodici
popolari a grande diffusione (Holly-
wood, Epoca, Oggi), descrive in
tempo reale levolversi dello scenario
internazionale e landamento fluttuan-
te delle azioni della terza dimensio-
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ne. Linteresse della pubblicistica
nazionale per le dinamiche di ordine
tecnologico, economico, estetico, non-
ch di costume, legate alla diffusione
del cinema stereoscopico molto alto
ed esegeti pi o meno raffinati fanno
paragoni forti con il passato, a partire
dal ricorrente confronto con il travaglia-
to passaggio dal cinema muto al cine-
ma sonoro. Il discorso appare forte-
mente polarizzato tra apocalittici e
integrati. Da un lato, quando non si
annunciano drammatici pensionamen-
ti di attori e attrici inadatti alla stereo-
scopia perch, rispettivamente, troppo
anziani o troppo formose, si lamenta
linevitabile impoverimento del linguag-
gio cinematografico e la contrazione
del vocabolario registico tradizionale.
Dallaltro, quando non si celebrano
acriticamente le nuove tecniche di
ripresa e proiezioni stereoscopica
secondo le mitologie popolari del
genio e dellinvenzione meraviglio-
sa, si auspica che lindustria naziona-
le non si faccia trovare impreparata e
avvii quanto prima la conversione delle
proprie strutture. LAraldo dello spet-
tacolo, in particolare, attraverso una
serie di animati editoriali, prospetta a
pi riprese, fin dal settembre 1952 e,
in modo sempre pi insistente, a parti-
re dal 1953, limpegno delle case di
produzione italiane, affinch superino
le divisioni intestine e la concorrenza
reciproca e facciano quadrato attorno
a una nuova tecnologia stereoscopica
italiana, con la quale tenere testa ai
brevetti stranieri e avviare al pi presto
la produzione nazionale
25
.
I campanelli di allarme suonati dalla
rivista corporativa dellANICA, lasso-
ciazione nazionale dei produttori e
distributori cinematografici italiani, tro-
vano un ascoltatore privilegiato nel gio-
vane e brillante produttore della Lux,
Dino De Laurentiis. Lambizioso tycoon
di Torre Annunziata, recatosi personal-
mente negli Sati Uniti nel corso del feb-
braio 1953 per toccare con mano la
rivoluzione industriale che sta travol-
gendo lo studio system, tra i primi a
capire che linvestimento nelle nuove
tecniche di ripresa e proiezione, in un
continente ancora largamente sprovvi-
sto di apparecchi televisivi, pu essere
funzionale a proteggere quote signifi-
cative di mercato interno dal prodotto
americano e a vendere meglio il pro-
dotto italiano allestero. La sua strate-
gia un misto di pragmatismo italico e
grandeur hollywoodiana
26
. In primo
luogo, commissiona al direttore dei
suoi stabilimenti romani, lingegnere
Paolo Uccello, gi capo dei servizi tec-
nici del Centro Sperimentale e degli
stabilimenti di doppiaggio della Fono-
Roma, la messa a punto di un sistema
di ripresa analogo al Natural Vision,
dunque compatibile con gli impianti di
proiezione gi convertiti oltreoceano e
in corso di conversione in Europa, ma
sufficientemente diverso da non paga-
re alcun diritto di sfruttamento
27
. In
secondo luogo, affida a una piccola
casa di produzione controllata, la Rosa
Film, formalmente intestata al marche-
se Altoviti, una produzione a medio
costo, inizialmente intitolata Tot 3D e
successivamente distribuita come Il
pi comico spettacolo del mondo, evi-
dentemente con Tot nella parte prin-
cipale, per sperimentare il sistema e
incoraggiare gli stabilimenti di postpro-
duzione italiani a equipaggiarsi oppor-
tunamente per la lavorazione stereo-
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scopica. In terzo luogo, infine, conge-
la la produzione del blockbuster a cui
sta lavorando con Ponti alla Lux, un
film con attori e tecnici internazionali
ispirato allOdissea omerica, nella spe-
ranza che la sperimentazione su Tot,
gi felicemente impiegato per sondare
la percorribilit di Ferraniacolor e
Gevacolor in, rispettivamente, Tot a
colori (Steno, 1952) e Luomo la bestia
e la virt (Steno, 1953), possa convin-
cere i dirigenti della casa di produzione
di Gualino dellopportunit di usare la
stereoscopia anche per un prodotto di
grande impegno, destinato al mercato
estero.
I problemi di varia natura subentrati
presso i laboratori di sviluppo e stam-
pa dei fratelli Catalucci durante la post-
produzione de Il pi comico spettacolo
del mondo ritardano oltremodo luscita
del film e compromettono parte dello-
perazione; alla stereoscopia viene con-
cessa una seconda possibilit, ma non
per filmare il kolossal omerico, girato
da Mario Camerini in un pi rassicu-
rante Technicolor, quanto un nuovo
adattamento della verghiana Cavalle-
ria rusticana (Carmine Gallone, 1953),
che in 3-D non verr per mai proietta-
to. Tuttavia Il pi comico spettacolo del
mondo una parodia del kolossal di
Cecil B. De Mille Il pi grande spettaco-
lo del mondo (The Greatest Show on
Earth, 1953) piuttosto aderente allori-
ginale, in cui sotto il tendone dei Togni,
che prende il posto del mitico Barnum
& Bailey Circus, Tot (Tottons), Marc
Lawrence (Marc) e Alberto Sorrentino
(Bastian) fanno il verso, rispettivamen-
te, a James Stewart (Buttons), Charlton
Heston (Brad Braden) e Cornel Wilde
(Sebastian) resta un film di grande
interesse agli occhi di uno storico della
tecnica cinematografica
28
. Da un lato,
i numerosi effetti di rilievo del film,
adoperati perlopi in sequenze perfor-
mative che si rivolgono esplicitamente
allo spettatore, trovano piena giustifi-
cazione nel tradizionale escamotage
dello spettacolo (il circo) nello spetta-
colo (il film). Alla maniera dei canti e
balli di un tradizionale backstage musi-
cal, la retorica attrazionale dei numeri
di acrobati, attrezzisti, pagliacci e
domatori di animali, pur esaltata e
come massimizzata dalla stereosco-
pia, non incrina il processo di finziona-
lizzazione perch motivata diegetica-
mente. Dallaltro, la complementare
esibizione dello spazio di ricezione
lavora allalfabetizzazione e alla sensi-
bilizzazione tecnologica dello spettato-
re. Il prologo pedagogico del film, volto
a illustrare sperimentalmente il mecca-
nismo della stereoscopia con lanci e
lazzi vari, arriva a mostrare alcuni spet-
tatori muniti di occhialini polarizzati in
un interessante controcampo meta-
cinematografico. E gli stessi numeri cir-
censi alternano strategicamente le
inquadrature degli artisti alle inquadra-
ture del pubblico, che, di quello in sala,
evidentemente proiezione simbolica.
Conclusioni
In quanto paese fortemente connesso
alla cinematografia americana, anche
lItalia dei primi anni Cinquanta vive
direttamente quello che viene comune-
mente considerato il primo grande ten-
tativo della tecnologia stereoscopica
hollywoodiana di affermarsi come
standard internazionale di produzione
ed esibizione. Le prime notizie circo-
lanti in Italia a proposito della rivoluzio-
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ne in atto oltreoceano risalgono al set-
tembre 1952, ma il periodo nel quale
possiamo pi propriamente circoscri-
vere la febbre tridimensionale naziona-
le degli anni Cinquanta compreso tra
il maggio e il novembre del 1953, ovve-
ro tra la prima proiezione pubblica di
Bwana Devil e quella di La tunica (The
Robe, Henry Koster). Del primo si
detto. Il secondo non ha invece biso-
gno di presentazione, in quanto cele-
berrimo e celebrato primo lungome-
traggio hollywoodiano filmato con il
CinemaScope della 20
th
Century Fox;
film-prototipo destinato a guidare trion-
falmente la conversione dellesercizio
internazionale alla proiezione anamor-
fica nel corso del 1954 e a sancire la
definitiva superiorit del formato pano-
ramico sulla stereoscopia
29
. Tra luna
e laltra, tra la presentazione nazionale
del Natural Vision e quella del Cine-
maScope, lindustria cinematografia
italiana sonda la disponibilit di tecno-
logia nazionale affidabile, promuoven-
do agli onori della cronaca le vie nazio-
nali alla stereoscopia dei Betti, di
Bartorelli, di Cristiani; avvia la conver-
sione delle proprie strutture industriali,
dalle sale pi solide dei maggiori capo-
luoghi di provincia agli stabilimenti di
post-produzione della capitale, per il
tramite della dinamica piccola impresa
specializzata; si apre alla produzione
stereoscopica straniera, importando,
in versione tridimensionale, oltre a
Bwana Devil e a Luomo nellombra,
anche Sangaree (Id., Edward Ludwig,
1953) e il celebre La maschera di cera
(House of Wax, Andr De Toth, 1953);
mette in lavorazione prodotti stereo-
scopici autoctoni di un certo interesse,
non solo a cortometraggio, come Il pi
grande spettacolo del mondo e
Cavalleria rusticana.
La rapida dismissione della stereosco-
pia come soluzione percorribile su
grande scala tradizionalmente impu-
tata allavversione del pubblico per la
combinazione di proiezioni di scarsa
qualit, occhiali fastidiosi, pellicole
dozzinali e aumenti indiscriminati del
prezzo di biglietto interrompe al suo
nascere il processo di addomestica-
mento della tecnologia. Il periodo che
abbiamo descritto pienamente ascri-
vibile al paradigma delleccezione tec-
nologica teorizzato da Andr Gau-
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dreault a proposito dei dispositivi cine-
matografici delle origini e proficuamen-
te applicabile allintroduzione delle
maggiori tecnologie del secolo passa-
to
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. Il concetto di paradigma, da
preferirsi a fase, periodo o ciclo,
rimanda al momento forte di una dia-
cronia senza per questo implicare la
rigidit di una successione lineare che
espone il ricercatore ai molteplici tra-
bocchetti della teleologia. Il concetto di
eccezione tecnologica, nello specifi-
co della storia e teoria della tecnica,
rimanda alla momentanea quanto
eccezionale capacit di catalizzazione
socioculturale della tecnologia in quan-
to tale. Nello specifico, si pensi allim-
provvisa emersione della ricerca ste-
reoscopica italiana e allo scontro tra
prototipi per il raggiungimento del mer-
cato; alla logica di ripresa della prima
produzione stereoscopica, funzionale
a mettere in scena prima di tutto la
macchina-cinema e la propria sedu-
cente performativit; alleccezionale
capacit di richiamo spettatoriale delle
nuove tecnologie, indipendentemente
dal valore assoluto dei film che ne
fanno uso; allanomalo interesse susci-
tato dalla stereoscopia nella stampa
generalista. Questa dominanza del
dispositivo, nella ricerca, nel lavoro
dei registi, nella percezione degli spet-
tatori, nel discorso pubblico, lungi dal-
lessere una specificit della stereo-
scopia o un limite intrinseco alla sua
diffusione, in quanto tecnologia costi-
tuzionalmente attrazionale e spro-
porzionalmente invasiva, solo il
portato di una fase iniziale del proces-
so di adozione industriale di una nuova
tecnologia della rappresentazione, pre-
ludio a quella sperimentazione esten-
siva che pu portare alla sua pi o
meno definitiva normalizzazione.
Appendice
Segue lelenco cronologico delle domande italiane di concessione di brevetto per
invenzioni, riconducibili allapplicazione della stereoscopia al cinema, relative al
periodo compreso tra il 1946 e il 1953. La ricerca stata effettuata esaminan-
do sistematicamente la pubblicazione specializzata Bollettino dei brevetti per
invenzioni, modelli e marchi, in ordine alla classe Industrie e arti grafiche. Per
ogni domanda di concessione si riportano i seguenti dati: titolare del brevetto,
descrizione del brevetto, data di domanda, data di concessione, numero identi-
ficativo. Il numero identificativo di ciascun brevetto permette la consultazione
dello stesso, presso il fondo brevetti dellArchivio Centrale dello Stato. Al momen-
to possibili consultare i fascicoli di invenzioni relative al periodo 1855-1962
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Note
1. Guerra fredda al 3-D, Cinespettacolo, n. 35, 29 agosto 1953, p. 1.
2. Per un primo orientamento, rimando al recente numero monografico di Film History (vol.
16, n. 3, summer 2004), dedicato al cinema tridimensionale degli anni Cinquanta, a cura
di John Belton.
3. Per il concetto di sistema di media, cfr.: Peppino Ortoleva, Mediastoria, Il Saggiatore,
Milano 2002, pp. 24-53.
4. Per uno studio documentato circa la penetrazione dei formati panoramici in Italia, riman-
do al mio: F. Vitella, Una questione di standard. Il passaggio dallAcademy ai formati pano-
ramici, in: Luca Mazzei, Id., Geometrie dello sguardo. Contributi allo studio dei formati nel
cinema italiano, Carocci, Roma 2007, pp. 65-130.
5. Per il ruolo della stampa specializzata come fonte per la ricerca storiografica di tipo tecni-
co-tecnologico, cfr.: Silvio Alovisio, Le riviste del muto italiano: una fonte per la ricerca tec-
nologica?, Bianco e Nero, n. 549, febbraio 2004, pp. 31-46.
6. La ricerca sugli anni Cinquanta stata avviata da Adriano Apr, Lo stato della tecnica:
dalla pellicola al film, dal film alla sala, in: Sandro Bernardi (a cura di), Storia del cinema
italiano (1954-1959), vol. IX, Edizioni di Bianco & Nero-Marsilio, Roma-Venezia 2004, pp.
487-514; da integrare, nella sezione Documenti, con Id., La tecnica: colore, formati e
lavorazioni, pp. 633-647.
7. Cfr.: Paola Valentini, Tra fotografia e cinema: la tridimensionalit in Italia negli anni Trenta,
in: Leonardo Quaresima, Deads Ends/Impasses, Cinema & Cie, n. 2, 2003, pp. 61-81.
Per lo studio dei brevetti cinematografici, cfr.: Riccardo Redi, I brevetti cinematografici ita-
liani: unintroduzione, in: Alberto Friedemann, Chiara Chiaranti (a cura di), Dizionario dei
brevetti di cinema e fotografia rilasciati in Italia, 1894-1945, Fert, Torino 2006, pp. 13-17.
8. Cfr. lappendice del presente saggio.
9. Per una introduzione alle problematiche tecnologiche della stereoscopia cinematografica,
cfr.: Paolo Uccello, Cinema. Tecnica e Linguaggio, San Paolo, Milano 1997.
10. Come quelle, per esempio, di Roger Manwell (Cinema) e Giorgio N. Fenin (Cinema
Nuovo), rispettivamente, dallInghilterra e dagli Stati Uniti. Ricordo la precedenza delle
proiezioni stereoscopiche del Festival of Britain del 1951 rispetto alle produzioni america-
ne, sia indipendenti, che hollywoodiane (cfr.: Keith M. Johnston, Now Is the Time [to Put on
Your Glasses]: 3-D Film Exhibition in Britain, 1951-55, Film History, vol. 23, n. 1, 2011,
pp. 93-103).
11. Cfr., in particolare: Nicola Orsini, La battaglia della terza dimensione, Epoca, n. 137, 17
maggio 1953, pp. 34-37.
12. Risultano depositati tre brevetti con titolarit Alberto Betti, Roma. Brevetto n. 490618:
Sistema ed apparato per la visione stereoscopica collettiva di stereogrammi proiettati,
fissi od animati senza lausilio di separatori oculari meccanici od ottici (deposito
19/11/1951, concessione 13/2/1954; cfr.: Bollettino dei brevetti per invenzioni, model-
li e marchi, n. 3-4, febbraio 1954, p. 448). Brevetto n. 497943: Sistema ed apparato per
la visione stereoscopica collettiva, cit., completivo del precedente (deposito 16/12/1952,
concessione 27/9/1954; cfr.: Bollettino dei brevetti per invenzioni, modelli e marchi, n.
17-18, settembre 1954, p. 3048). Brevetto n. 504556: Apparecchiatura a selettore stati-
co per la visione stereoscopica collettiva di proiezioni stereoscopiche (deposito
28/04/1953, concessione 13/12/1954; cfr.: Bollettino dei brevetti per invenzioni,
modelli e marchi, n. 23-24, dicembre 1954, p. 4393).
13. Per un profilo di Ugo Bartorelli, cfr.: Attilio Selvini, A cento anni dalla nascita di Ugo
Bartorelli, SIFET. Bollettino della Societ Italiana di Fotogrammetria e Topografia, n. 2,
aprile-giugno 2008, pp. 125-129. Al momento non stato possibile risalire alla domanda
di concessione.
14. Cfr. A Firenze un nuovo 3-D, Araldo dello Spettacolo, n. 50, 3 aprile 1953, p. 3.
15. Per una esauriente descrizione del sistema, cfr.: Federico Pierotti, Il bel colore in cinema-
tografia. Breve storia del sistema Cristiani-Mascarini, Arte Musica Spettacolo. Annali del
Dipartimento di Storia delle Arti e dello Spettacolo, Cadmo, Firenze 2005, pp. 153-182.
Lo Stereocolor viene saltuariamente presentato come Colorama (cfr.: 3D in Italia,
Cinematografia ITA, n. 4, aprile-maggio 1953, p. 45).
16. Brevetto n. 409506: Dispositivo per cinematografia a colori quadricromica stereoscopica
per sintesi additiva (deposito 3/7/1943, concessione 20/2/1945; cfr.: Bollettino dei bre-
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vetti per invenzioni, modelli e marchi, n. 7, 1947, fascicolo unico, p. 108). Brevetto n.
457302: Dispositivo per cinematografia a colori quadricromica stereoscopica per sintesi
additiva, completivo del precedente (deposito 16/10/1948, concessione 15/5/1950; cfr.:
Bollettino dei brevetti per invenzioni, modelli e marchi, n. 9-10, maggio 1950, p. 451).
Brevetto n. 458634: Occhiali polarizzati utilizzabili anche per la visione stereoscopica di
proiezioni anaglifiche (deposito 14/11/1949, concessione 25/7/1950; cfr.: Bollettino
dei brevetti per invenzioni, modelli e marchi, n. 13-14, luglio 1950, p. 621).
17. Cfr.: Giorgio Nannini, Cortometraggi italiani a colori presentati a Venezia, Araldo dello
Spettacolo, n. 74, 6-7 settembre 1949, p. 6.
18. Cfr. 3-D in Italia, Araldo dello Spettacolo, n. 50, 3 aprile 1953, p. 3.
19. Quanto segue una rielaborazione di Paolo Uccello, Cinematografia 3-D, Cinespettacolo,
n. 25-26, 20-27 giugno 1954, pp. 21-22.
20. Cfr., per esempio: Angelo Solmi, Giunti in Italia i primi film 3D, Epoca, n. 24, 11 giugno
1953, p. 39 e f.d.g. [Fernaldo Di Giammatteo], Due film tridimensionali, Rassegna del
film, n. 16, luglio-agosto 1953, p. 33.
21. Cfr.: Ray Zone, A Window On Space: Dual-Band 3-D Cameras of the 1950s, Film History,
vol. 16, 3, summer 2004, pp. 216-228. In particolare, sul Natural Vision, cfr.: Julian
Gunzberg, The Story of Natural Vision, American Cinematographer, vol. 34, 11,
November 1953, p. 553.
22. Cfr. le schede di presentazione commerciale di entrambi i film agli esercenti italiani, su:
Araldo dello Spettacolo, n. 109, 1-3 agosto 1953, p. 8.
23. Cfr.: Bollettino dello Spettacolo, n. 171, 31 maggio 1953, p. 4 e n. 174, 14 luglio 1953,
p. 2.
24. Cfr.: Potere di assorbimento delle citt capozona, Cinespettacolo, n. 32-33, 18 settem-
bre 1954, pp. 3-4.
25. Si vedano, in quanto particolarmente rappresentativi: Il problema della Terza dimensio-
ne allordine del giorno, Araldo dello Spettacolo, n. 6, 15 gennaio 1953, p. 6; Si acce-
lera la corsa al film stereoscopico, Araldo dello Spettacolo, n. 10, 21 gennaio 1953; Non
starsene alla finestra, Araldo dello Spettacolo, n. 26, 16-18 febbraio 1953, p. 1.
26. Cfr. Lunga e difficile la nostra Odissea, Festival, n. 13, 28 marzo 1953, p. 26.
27. lo stesso Paolo Uccello a rivelare il proprio coinvolgimento nelloperazione: Il sistema
prese il nome di Podelvision e fu realizzato negli stabilimenti cinematografici Ponti-De
Laurentiis della Vasca Navale con due impianti di presa realizzati dallautore di queste
note (Id., Cinema. Tecnica e linguaggio, cit., p. 416). Per una fonte depoca, si veda:
Notiziario 3D, Bollettino dello Spettacolo, n. 167, 15 aprile 1953, p. 3.
28. Una mia prima sistemazione della materia si trova in: F. Vitella, Tot a tre dimensioni. Il pi
comico spettacolo del mondo (Mattoli, 1953) e la stereoscopia degli anni Cinquanta,
Bianco e Nero, n. 571, settembre-dicembre 2011, pp. 39-49. Per una recente lettura del
film, rimando invece allottimo Alberto Anile, I film di Tot (1946-1967), Le Mani, Genova
1998, pp. 164-171, oltre al suo saggio pubblicato in queste pagine.
29. Per il caso italiano, cfr.: F. Vitella, Per lo schermo panoramico: il CinemaScope e lesercizio
italiano (1953-1955), Bianco e Nero, n. 549, maggio-agosto 2004, pp. 83-95.
30. Cfr.: Andr Gaudreault, Il ritorno del pendolo, ovvero storia di un ritorno in forza della
Storia, in: Gian Piero Brunetta (a cura di), Storia del cinema mondiale, vol. 4, Einaudi,
Torino 2001, pp. 121-144.
31. Cfr.: Anna Pia Bidolli, Invenzioni e attivit brevettuale: un percorso di ricerca nelle carte
dellArchivio Centrale dello Stato, in: Gli archivi della storia, della scienza e della tecnica,
Atti del convegno internazionale, Desenzano del Garda, 4-8 giugno 1991, Ministero per i
Beni culturali e ambientali Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma 1955, pp. 584-
606.
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