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OMOLOGIA SINGOLARE E COOMOLOGIA DI DE RHAM

Paolo Piccinni
Appunti del corso di Topologia Algebrica, a. a. 2009-10
raccolti da Francesca Castelli e Alessandro Milanesi
Sapienza - Universit di Roma
Indice
Capitolo 1. OMOLOGIA SINGOLARE 5
1.1. INTRODUZIONE: CALCOLO COMBINATORIO DELLOMOLOGIA DEL
TETRAEDRO. 5
1.2. NOTAZIONI E PRIME DEFINIZIONI 8
1.3. FUNTORIALIT DELLOMOLOGIA SINGOLARE 13
1.4. INVARIANZA OMOTOPICA 16
Capitolo 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 19
2.1. ALGEBRA OMOLOGICA 19
2.2. SUDDIVISIONE BARICENTRICA E OMOLOGIA SINGOLARE PICCOLA 23
2.3. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 29
2.4. OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE 34
2.5. ALCUNE CONSIDERAZIONI 39
Capitolo 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM 43
3.1. FORME DIFFERENZIALI SU APERTI DI R
n
43
3.2. APPLICAZIONI DIFFERENZIABILI E VARIET DIFFERENZIABILI 48
3.3. PARTIZIONI DELLUNIT E SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 53
3.4. LEMMA DI POINCAR E INVARIANZA OMOTOPICA 55
Capitolo 4. INTEGRAZIONE E TEOREMI DI STOKES 61
4.1. TEOREMA DI STOKES PER CATENE 61
4.2. VARIET CON BORDO ED INTEGRAZIONE DI FORME A SUPPORTO
COMPATTO 65
Capitolo 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR 71
5.1. LA TECNICA DI MAYER-VIETORIS 71
5.2. LIMITI DIRETTI E INVERSI 74
5.3. DUALIT DI DE RHAM 76
5.4. DUALIT DI POINCAR E COOMOLOGIA A SUPPORTO COMPATTO 79
5.5. CARATTERISTICA DI EULERO E SEGNATURA 85
Bibliograa 91
3
CAPITOLO 1
OMOLOGIA SINGOLARE
1.1. INTRODUZIONE: CALCOLO COMBINATORIO DELLOMOLOGIA DEL TETRAEDRO.
Iniziamo con un calcolo, relativo allomologia del tetraedro. Si tratta di omo-
logia simpliciale, dedotta dalla struttura combinatoria del poliedro. Lo studente
pu sostituire, nelle considerazioni che seguono, il tetraedro oggetto dei calcoli
con qualunque altro poliedro che sia costruito sulla sfera S
2
. E particolarmente
semplice il caso del cubo (sei facce f
1
, ..., f
6
; dodici spigoli s
1
, ..., s
12
, otto vertici
v
1
, ..., v
8
).
Nel caso del tetraedro abbiamo solo quattro facce f
1
, f
2
, f
3
, f
4
, sei spigoli (o
lati) s
1
, s
2
, s
3
, s
4
, s
5
, s
6
, e quattro vertici v
1
, v
2
, v
3
, v
4
. Unorientazione della sfera
S
2
d luogo a orientazioni coerenti della quattro facce. Si noti che ogni faccia
induce unorientazione su ognuno dei suoi tre lati, e che due facce, coerentemente
orientate e (in questo caso sempre) adiacenti, danno luogo sul loro lato comune
a orientazioni opposte. Tutto ci si esprime dicendo che il tetraedro un poliedro
orientabile. Inoltre unorientazione di un lato induce un segno + o su ognuno dei
suoi vertici, e lati coerentemente orientati e adiacenti inducono sul vertice comune
segni opposti.
Chiamiamo 2-catena del tetraedro ogni combinazione lineare a coefcienti in-
teri delle facce f
1
, f
2
, f
3
, f
4
; chiamiamo invece 1-catena ogni combinazione lineare
a coefcienti interi degli spigoli s
1
, s
2
, s
3
, s
4
, s
5
, s
6
, e inne chiamiamo 0-catena
ogni combinazione lineare a coefcienti interi dei vertici v
1
, v
2
, v
3
, v
4
. Tali catene
formano dunque i seguenti gruppi abeliani:
C
2
=
4

i=1
n
i
f
i
[ n
i
Z = 2 catene,
C
1
=
6

i=1
m
i
s
i
[ m
i
Z = 1 catene,
C
0
=
4

i=1
p
i
v
i
[ p
i
Z = 0 catene.
Chiamiamo bordo di una faccia orientata f
i
la somma degli spigoli che la de-
limitano, con le orientazioni indotte da quella di f
i
. Similmente il bordo di uno
spigolo orientato p
1
p
2
, dove p
1
e p
2
sono i vertici (con segno, ovvero orientati)
che sono gli estremi dello spigolo orientato. Inne il bordo di un vertice sempre
nullo. Indichiamo con il simbolo loperatore di bordo.
5
6 1. OMOLOGIA SINGOLARE
Quindi, riferendosi a una gura del tetraedro, risultano le relazioni
f
1
= s
1
+s
2
+s
3
, f
2
= s
4
+s
5
s
2
,
f
3
= s
6
s
3
s
5
, f
4
= s
1
s
4
s
6
,
s
1
= v
2
v
1
, s
2
= v
3
v
2
, s
3
= v
1
v
3
,
s
4
= v
4
v
1
, s
5
= v
2
v
4
, s
6
= v
3
v
4
.
Inne, v
i
= 0 per i = 1, 2, 3, 4.
Per stabilire quali, tra le 2-catene, hanno bordo nullo, consideriamo un arbitra-
rio elemento c
2
C
2
, ovvero:
c
2
= n
1
f
1
+ n
2
f
2
+ n
3
f
3
+ n
4
f
4
,
e imponiamo la condizione c
2
= 0. Ci implica:
n
1
f
1
+ n
2
f
2
+ n
3
f
3
+ n
4
f
4
= 0,
e quindi (n
1
n
4
)s
1
+ (n
1
n
2
)s
2
+ (n
1
n
3
)s
3
+ (n
2
n
4
)s
4
+ (n
2
n
3
)s
5
+
(n
3
n
4
)s
6
= 0. Ne segue n
1
= n
2
= n
3
= n
4
= . Pertanto la condizione c
2
= 0
implica:
c
2
= (f
1
+ f
2
+ f
3
+ f
4
).
Dunque una 2-catena ha bordo nullo soltanto se coincide con un multiplo in-
tero di tutto il tetraedro orientato, inteso come somma delle sue quattro facce
orientate. Una 2-catena a bordo nullo detta 2-ciclo. Con calcoli simili pos-
siamo anche ottenere le condizioni perch una 1-catena c
1
sia un 1-ciclo, ovve-
ro risulti c
1
= 0. Infatti, se c
1
=

6
i=1
m
i
s
i
, c
1
= 0, abbiamo subito che
m
1
(v
1
v
4
)+m
2
(v
3
v
1
)+m
3
(v
4
v
3
) +m
4
(v
2
v
1
)+m
5
(v
3
v
2
)+m
6
(v
4
v
2
) =
0. Ordinando lespressione in modo da evidenziare i coefcienti dei sei vertici
v
1
, ..., v
6
, ne segue:
m
1
= m
2
+ m
4
= m
3
+ m
6
, m
5
= m
4
m
6
= m
3
m
2
.
Il precedente un sistema lineare omogeneo di quattro equazioni in sei incognite, e
come subito si vede, il rango della matrice dei coefcienti 3. Il bordo di un vertice
invece sempre nullo per cui ogni 0-catena anche uno 0-ciclo.
Osserviamo ora che, utilizzando gli omomorsmi di bordo, si costruisce in mo-
do naturale la seguente successione di gruppi abeliani, detto complesso delle catene
simpliciali del tetraedro:
0

C
2

C
1

C
0

0.
Dal numero delle facce, lati e vertici del tetraedro, abbiamo subito gli isomorsmi:
C
2

= Z
4
, C
1

= Z
6
, C
0

= Z
4
,
e osserviamo che dai calcoli precedenti abbiamo che
ker( : C
2
C
1
)

= Z C
2
Z
4
,
1.1. INTRODUZIONE: CALCOLO COMBINATORIO DELLOMOLOGIA DEL TETRAEDRO. 7
e
ker( : C
1
C
0
)

= Z
3
C
1
.
E anche chiaro che
ker( : C
0
0) = C
0

= Z
4
.
Calcoliamo ora i sottogruppi immagine tramite dei gruppi di catene. Riguardan-
do le espressioni dei bordi delle singole facce, vediamo subito che una 1-catena
6

i=1
m
i
s
i
bordo di una 2-catena c
2
= n
1
f
1
+ n
2
f
2
+ n
3
f
3
+ n
4
f
4
se e solo se
risultano vericate le relazioni:
m
1
= n
1
n
4
, m
2
= n
1
n
2
, m
3
= n
1
n
3
,
m
4
= n
2
n
4
, m
5
= n
2
n
3
, m
6
= n
3
n
4
.
Il rango della matrice dei coefcienti (per gli n
i
) tre, che quindi anche il rango
dellimmagine: Im( : C
2
C
1
)

= Z
3
. Di fatto, tale sottogruppo, isomorfo a
Z
3
, coincide con il nucleo di : C
1
C
0
: infatti anche questultimo isomorfo
a Z
3
, ed include il precedente! Questultima osservazione conseguenza del fatto
fondamentale che SEMPRE la composizione di due successivi omomorsmi di
bordo loperatore nullo. Questo si vede sul tetraedro sulle singole facce f
1
, ..., f
4
:
la 0-catena che bordo del bordo di ogni singlola faccia f
i
sempre la 0-catena
nulla.
Inne, una 0-catena
4

i=1
p
i
v
1
bordo di una 1-catena se, e soltanto se:
p
1
= m
1
m
2
m
4
,
p
2
= m
4
m
5
m
6
,
p
3
= m
2
m
3
+ m
5
,
p
4
= m
3
m
1
+ m
6
.
Anche in questo caso la matrice dei coefcienti ha rango tre, e dunque Im( : C
1

C
0
)

= Z
3
. Deniamo quindi i seguenti sottogruppi dei gruppi delle catene, e
ricordiamo nuovamente che il bordo di un bordo sempre nullo:
B
k
:= Im( : C
k+1
C
k
) Z
k
:= ker( : C
k
C
k1
),
e i sottogruppi B
k
e Z
k
di C
k
si dicono rispettivamente gruppo dei k-bordi e gruppo
dei k-cicli simpliciali del tetraedro. Nel caso del tetraedro abbiamo gli isomorsmi
Z
2

= Z, B
2

= 0,
Z
1

= Z
3
, B
1

= Z
3
,
Z
0

= Z
4
, B
0

= Z
3
.
Deniamo inne i seguenti gruppi abeliani, detti gruppi di omologia simpliciale del
tetraedro:
H
k
=
Z
k
B
k
=
ker( : C
k
C
k1
)
Im( : C
k+1
C
k
)
8 1. OMOLOGIA SINGOLARE
Da quanto sopra risulta:
H
2

= Z, H
1

= 0, H
0

= Z.
Come accennato sopra, calcoli analoghi possono essere svolti nel caso del cubo
o di altro poliedro sferico, e conducono alla stessa struttura astratta dei gruppi
di omologia. E ancora pi facile effettuare il calcolo dellomologia per il biedro
(poliedro topologico costruito sulla supercie sferica S
2
e formata da sole due facce,
due spigoli, e due vertici). Il caso pi semplice tuttavia quello del monoedro
(poliedro sferico con solo una faccia, nessuno spigolo e un vertice: realizza S
2
come compatticazione con un punto di R
2
). Per ognuna di tale scelte; cambia
certamente la struttura dei gruppi delle k-catene, dei k-cicli e deii k-bordi. tuttavia;
la struttura sopra ottenuta per i gruppi di omologia simpliciale del tetraedro rimane
invariata per ogni poligono sferico, ovvero costruito sullo spazio topologico S
2
.
Ci suggerisce che la costruzione dellomologia possa fornire invarianti topolo-
gici. Lapproccio allomologia che viene seguito dal prossimo paragrafo (omologia
singolare), fornisce strutture algebriche che sono a priori invarianti topologici degli
spazi cui sono associate.
1.2. NOTAZIONI E PRIME DEFINIZIONI
In
R
q
= R R ... R (q volte), q > 0
consideriamo la topologia euclidea, e in esso il sottospazio costituito dal q-cubo
standard:
I
q
= I I ... I (q volte),
essendo I = [0, 1]. Per q = 0 poniamo I
0
= 0; per q = 1, 2, 3, I
q
rispettivamente
un segmento, un quadrato, un cubo. Sia X uno spazio topologico qualsiasi.
DEFINIZIONE 1. Ogni applicazione continua T : I
q
X si dice un q-cubo
singolare su X. Le j-esime facce di T (j = 1, ..., q) sono i (q 1)-cubi singolari
A
j
T, B
j
T : I
q1
X deniti, utilizzando le coordinate di R
q1
e di R
q
, dalle
formule
(A
j
T)(x
1
, ..., x
q1
) = T(x
1
, ..., x
j1
, 0, x
j
, ..., x
q1
),
(B
j
T)(x
1
, ..., x
n1
) = T(x
1
, ..., x
j1
, 1, x
j
, ..., x
n1
).
Le facce del tipo A
j
T si dicono facce inferiori, mentre le B
j
T si dicono facce supe-
riori. Limmagine tramite un q-cubo di ogni vertice di I
q
si dice vertice del q-cubo
singolare.
Se T un omeomorsmo sullimmagine, allora T ha esattamente 2q facce: q
inferiori (A
1
, ..., A
q
) e q superiori (B
1
, ..., B
q
). Il numero dei vertici di T allora
evidentemente 2
q
.
1.2. NOTAZIONI E PRIME DEFINIZIONI 9
PROPOSIZIONE 2. Per ogni q-cubo singolare T e se i < j valgono le seguenti
identit di faccia
A
i
A
j
T = A
j1
A
i
T, B
i
B
j
T = B
j1
B
i
T,
A
i
B
j
T = B
j1
A
i
T, B
i
A
j
T = A
j1
B
i
T.
DIMOSTRAZIONE. E sufciente applicare la precedente denizione analitica
delle facce inferiori e superiori. Per esempio, la prima identit segue dal fatto
che, se i < j, risulta:
A
i
A
j
T(x
1
, ..., x
q2
) = A
i
T(x
1
, ..., x
i1
, 0, x
i
, .., x
q2
) =
= T(x
1
, ..., x
i1
, 0, x
i
, ..., x
j2
, 0, x
j1
, ..., x
q2
) =
= A
i
T(x
1
, ..., x
j2
, 0, x
j1
, ..., x
q2
)) = A
j1
A
i
T(x
1
, ..., x
q2
).

Denotiamo con Q
q
(X) il gruppo abeliano libero costituito dalle combinazioni
lineari formali, nite e a coefcienti interi di q-cubi singolari, ossia
Q
q
(X) :=
_
_
_

nita
n

: n

Z, T

un q-cubo singolare
_
_
_
.
DEFINIZIONE 3. Diremo che T : I
q
X un q-cubo singolare degenere, o
semplicemente degenere, se lapplicazione T non dipende da una delle coordinate
di R
q
.
Denotiamo con D
q
(X) il gruppo abeliano libero costituito dalle combinazioni
lineari formali, nite e a coefcienti interi di q-cubi singolari degeneri, ossia
D
q
(X) :=
_
_
_

nita
n

: n

Z, T

un q-cubo singolare degenere


_
_
_
.
Dal momento che D
q
(X) Q
q
(X), ben denito il gruppo quoziente
C
q
(X) = Q
q
(X)/D
q
(X)
che chiameremo gruppo delle q-catene singolari di X.
DEFINIZIONE 4. Per ogni q-cubo singolare T : I
q
X, il bordo
q
T di T
lelemento di Q
q1
(X) denito come

q
T =
q

j=1
(1)
j
[A
j
T B
j
T] .
Associando ad ogni T Q
q
(X) il suo bordo
q
T Q
q1
(X) si denisce la
seguente applicazione
q
: Q
q
(X) Q
q1
(X), estensione lineare del bordo:

q
_

_
=

q
(T

) .
10 1. OMOLOGIA SINGOLARE
Siccome
q
(D
q
(X)) D
q1
(X), ben denita lapplicazione di bordo

q
: C
q
(X) C
q1
(X)
sulle classi laterali di Q
q
(X) mod D
q
(X).
DEFINIZIONE 5. Il sottogruppo Z
q
(X) := ker
q
C
q
(X) si dice gruppo degli
q-cicli singolari, mentre il sottogruppo B
q
(X) = im
q+1
C
q
(X) si dice gruppo
degli q-bordi singolari.
TEOREMA 6.
2
= 0, ossia
q

q+1
= 0.
DIMOSTRAZIONE. Per linearit, sufciente dimostrare che
q
(
q+1
(T)) = 0
per ogni T cubo singolare. Abbiamo che

q
(
q+1
(T)) =
q
_
_
q+1

j=1
(1)
j
[A
j
T B
j
T]
_
_
=
q+1

j=1
(1)
j
[
q
(A
j
T)
q
(B
j
T)] =
=
q+1

j=1
(1)
j
_
q

i=1
(1)
i
[A
i
A
j
T B
i
A
j
T]
q

i=1
(1)
i
[A
i
B
j
T B
i
B
j
T]
_
=
=
q+1

j=1
(1)
j
q

i=1
(1)
i
[A
i
A
j
T B
i
A
j
T +B
i
B
j
T A
i
B
j
T] =
=
q+1

j=1
q

i=1
(1)
j+i
[A
i
A
j
T B
i
A
j
T +B
i
B
j
T A
i
B
j
T] =
=

ij
(1)
i+j
[A
i
A
j
T B
i
A
j
T +B
i
B
j
T A
i
B
j
T] +
+

i<j
(1)
i+j
[A
i
A
j
T B
i
A
j
T +B
i
B
j
T A
i
B
j
T] .
Dalle identit di faccia discende che

q
(
q+1
(T)) =

ij
(1)
i+j
[A
i
A
j
T B
i
A
j
T +B
i
B
j
T A
i
B
j
T] +
+

i<j
(1)
i+j
[A
j1
A
i
T B
j1
A
i
T +B
j1
B
i
T A
j1
B
i
T]
e dunque, ponendo k = j 1, si ottiene

q
(
q+1
(T)) =

ij
(1)
i+j
[A
i
A
j
T B
i
A
j
T +B
i
B
j
T A
i
B
j
T] +
+

ik
(1)
i+k+1
[A
k
A
i
T B
k
A
i
T +B
k
B
i
T A
k
B
i
T] .
Per ottenere la tesi basta allora ribattezzare gli indici della prima sommatoria
ponendo j = i e k = i.
Da questultimo Teorema discende immediatamente il seguente
COROLLARIO 7. Per ogni q N abbiamo che B
q
(X) = im
q+1
ker
q
=
Z
q
(X).
1.2. NOTAZIONI E PRIME DEFINIZIONI 11
DEFINIZIONE 8. Il gruppo quoziente H
q
(X) := Z
q
(X)/B
q
(X) si dice q-esimo
gruppo di omologia singolare di X.
Abbiamo quindi associato ad ogni spazio topologico X un gruppo abeliano
H
q
(X) per ogni q 0. Lapplicazione di bordo permette di costruire il complesso
delle catene singolari di X, ossia la successione di omomorsmi
C
q
(X)

q
C
q1
(X)

q1
C
q2
(X) ...

2
C
1
(X)

1
C
0
(X)

0
0,
tale che limmagine di ogni omomorsmo contenuta nel nucleo del successi-
vo. Cerchiamo ora di capire come calcolare H
q
(X). Cominciamo con il caso pi
semplice.
TEOREMA 9. Se X = x
0
un punto, allora
H
q
(X)

=
_
0, q 1
Z, q = 0
.
DIMOSTRAZIONE. Se q 1 si ha Q
q
(X) = D
q
(X) e dunque C
q
(X) = 0.
Pertanto il complesso delle catene singolari
C
q
(X) = 0

q
C
q1
(X) = 0 ...

2
C
1
(X) = 0

1
C
0
(X)

0
0.
Ma allora non pu che essere H
q
(X) = Z
q
(X)/B
q
(X) = 0. Se q = 0 abbiamo
che I
0
= 0 e quindi lunico T : I
0
X genera il gruppo abeliano Q
0
(X) =
nT : n Z

= Z, inoltre D
0
(X) = 0. Pertanto C
0
(X)

= Z e B
0
(X) = im
1
= 0,
dunque H
0
(X)

= Z.
Per il calcolo dell q-esimo gruppo di omologia singolare utile conoscere le
componenti connesse per archi di X. Ricordiamo che uno spazio topologico X si
dice connesso per archi se per ogni coppia di punti x, y X esiste unapplicazione
continua : I X tale che (0) = x e (1) = y, mentre una componente connessa
per archi di uno spazio topologico X un elemento massimale nella famiglia dei
sottospazi connessi per archi di X ordinata per inclusione. Ne segue che ogni
spazio topologico unione delle sue componenti connesse per archi. Vale allora la
seguente:
PROPOSIZIONE 10. Supponiamo che X =

, dove le X

sono le com-
ponenti connesse per archi di X. Allora
H
q
(X) =

H
q
(X

)
per ogni q 0.
DIMOSTRAZIONE. Se q 0 allora Q
q
(X) =

Q
q
(X

) dato che limmagi-


ne continua di uno spazio connesso per archi ancora connessa per archi, quin-
di per lo stesso motivo deve essere D
q
(X) =

D
q
(X

). Pertanto C
q
(X) =

C
q
(X

). Si vede poi immediatamente che lapplicazione


q
manda C
q
(X

) in
12 1. OMOLOGIA SINGOLARE
C
q1
(X

) quindi Z
q
(X) =

Z
q
(X

) e B
q
(X) =

B
q
(X

) e allora H
q
(X) =

H
q
(X

).
Da questultima Proposizione e dal Teorema precedentemente dimostrato di-
scende il seguente
COROLLARIO 11. Lomologia singolare della 0-sfera S
0
:= x R : [x[ = 1 =
1, 1 data da:
H
q
(S
0
)

=
_
0, q 1,
Z Z, q = 0.
Osserviamo che i generatori di H
0
(S
0
) sono T
1
: I
0
1 e T
1
: I
0

1.
In relazione ad ogni singola componente connessa per archi di uno spazio
topologico, abbiamo la seguente:
PROPOSIZIONE 12. Se X uno spazio topologico connesso per archi allora
H
0
(X)

= Z.
DIMOSTRAZIONE. Per qualsiasi spazio topologico X abbiamo che
H
0
(X) = Z
0
(X)/B
0
(X),
dove Z
0
(X) = C
0
(X) (poich
0
: C
0
(X) 0); quindi H
0
(X) = C
0
(X)/B
0
(X).
Siccome ogni c
0
C
0
(X) combinazione lineare a coefcienti interi di 0-catene
singolari T : I
0
X possiamo considerare allora lapplicazione : C
0
(X) Z
denita ponendo

_
=

.
Si tratta, come si vede subito, di un omomorsmo di gruppi. Se dimostriamo che
ker = B
0
(X) = im
1
la dimostrazione conclusa grazie al Primo Teorema di
Isomorsmo per i gruppi.
Cominciamo col provare che B
0
(X) ker . Se c
0
B
0
(X) allora
1
(c
1
) = c
0
,
con c
1
=

C
1
(X) e dunque
c
0
=
1
_

_
=

1
(T

) =

(A
1
T

+B
1
T

) .
Si vede allora chiaramente che la somma dei coefcienti di c
0
nulla.
Proviamo poi che ker B
0
(X). Se c
0
ker allora c
0
=

n

con

= 0. Dobbiamo dimostrare che c


0
bordo di qualche c
1
C
1
(X). Se
T
0
: I
0
x
0
X, risulta
c
0
=

T
0

(T

T
0
).
Ogni T

unapplicazione della forma I


0
x

X e dunque possiamo con-


siderare larco c

: I X tra x
0
e x

(che un elemento di C
1
(X)) per ogni .
1.3. FUNTORIALIT DELLOMOLOGIA SINGOLARE 13
Ma allora T

T
0
=
1
(c

), vale a dire
c
0
=

(T

T
0
) =

1
(c

) =
1
_

_
con

C
1
(X).
Conseguenza immediata della precedente Proposizione il seguente:
COROLLARIO 13. Per ogni spazio topologico X =

, con X

compo-
nente connessa per archi di X , si ha H
0
(X) =

Z, ovvero H
0
(X)
somma diretta di gruppi ciclici inniti (ciascuno isomorfo a Z), con un addendo in
corrispondenza di ogni componente connessa per archi di X..
ESEMPIO 14. Con la topologia euclidea indotta, Q totalmente sconnes-
so. Dunque, utilizzando lomologia del punto e il corollario precedente si ottiene
immediatamente che
H
0
(Q)

= Z
Z

= R
H
q
(Q)

= 0, q ,= 0.
1.3. FUNTORIALIT DELLOMOLOGIA SINGOLARE
CENNI SU CATEGORIE E FUNTORI.
DEFINIZIONE 15. Una categoria ( consiste di:
1) una classe Ob((), i cui elementi si dicono oggetti della categoria;
2) per ogni coppia di oggetti X, Y , un insieme indicato con Hom
C
(X, Y ) (o con
((X, Y )) detto insieme dei morsmi da X a Y . Se f Hom
C
(X, Y ) si usa anche la
notazione f : X Y ;
3) per ogni X Ob((), un morsmo speciale 1
X
Hom
C
(X, X), che si dice
morsmo identico;
4) per ogni terna X, Y, Z Ob((), una legge di composizione
: Hom
C
(X, Y ) Hom
C
(Y, Z) Hom
C
(X, Z),
tale che valgano i seguenti assiomi: a) la legge di composizione associativa; b)
il morsmo 1
X
agisce come elemento neutro della legge di composizione per ogni
oggetto X di Ob(().
Vediamo qualche esempio di categoria.
ESEMPI.
(1) La categoria che ha come oggetti gli insiemi e come morsmi le applica-
zioni tra insiemi.
(2) La categoria che ha come oggetti gli spazi vettoriali e come morsmi le
applicazioni lineari.
(3) La categoria che ha come oggetti i gruppi e come morsmi gli omomor-
smi di gruppi.
14 1. OMOLOGIA SINGOLARE
(4) La categoria che ha come oggetti gli spazi topologici e come morsmi le
applicazioni continue.
Diamo anche le denizioni di funtore covariante e di funtore controvariante.
DEFINIZIONE 16. Un funtore covariante F : / B dalla categoria / a valori
nella categoria B una legge che associa ad ogni oggetto X /un oggetto F(X)
B e ad ogni morsmo f : X Y , tra oggetti di /, un morsmo F(f) : F(X)
F(Y ), tra i rispettivi oggetti di B, in modo tale che valgano le propriet:
F(f g) = F(f) F(g), F(1
X
) = 1
F(X)
.
Un funtore controvariante F : / B , similmente, una legge che associa ad
ogni oggetto X / un oggetto F(X) B e ad ogni morsmo f : X Y , tra
oggetti di /, un morsmo F(f) : F(Y ) F(X), in modo tale che valgano le
propriet:
F(f g) = F(g) F(f), F(1
X
) = 1
F(X)
.
Si pu osservare che, assegnata una categoria ( sempre denita la categoria
opposta (
0
, avente gli stessi oggetti di (, Ob((
0
) = Ob((), mentre Hom
0
C
(X, Y ) =
Hom
C
(Y, X) per ogni coppia di oggetti X, Y in Ob((
0
). Si vede facilmente che un
funtore controvariante F : / B invece covariante quando lo si considera da /
a B
0
oppure da /
0
a B.
DEFINIZIONE 17. Un morsmo f : X Y tra oggetti di una categoria (
si dice un isomorsmo se esiste un morsmo g : Y X tale che f g = 1
Y
e
g f = 1
X
. Chiameremo tale morsmo inverso di f e lo denoteremo con f
1
.
PROPOSIZIONE 18. Sia f : X Y un isomorsmo tra oggetti di una
categoria ( . L inverso di f unico. Se poi F : ( T un funtore covariante, allora
anche F(f) : F(X) F(Y ) un isomorsmo tra gli oggetti della categoria T.
DIMOSTRAZIONE. Segue direttamente dalle denizioni.
IL FUNTORE DI OMOLOGIA SINGOLARE. Vogliamo ora osservare come la co-
struzione dellomologia singolare dia luogo a funtori covarianti dalla categoria Top
degli spazi topologici alla categoria Gr dei gruppi. Abbiamo gi visto il funtore
di omologia singolare applicato agli spazi topologici, oggetti della categoria Top.
Dobbiamo ora occuparci di associare ad ogni funzione continua f : X Y tra
spazi topologici un omomorsmo di gruppi f

: H
q
(X) H
q
(Y ), per ogni q 0.
Procediamo per gradi, seguendo i vari passi della costruzione dellomologia
singolare . Se f : X Y una qualsiasi funzione continua tra gli spazi topologici
X, Y e T : I
q
Y un q-cubo singolare di X, la composizione f

(T) := f T
va da I
q
a Y ed dunque un q-cubo singolare di Y . Estendendo per linearit si
pu denire f

: Q
q
(X) Q
q
(Y ) ponendo f

) =

(T

). Dato che
f

(D
q
(X)) D
q
(Y ), si pu passare ai quozienti.
1.3. FUNTORIALIT DELLOMOLOGIA SINGOLARE 15
E quindi ben denito, per ogni q, lomomorsmo di gruppi abeliani:
f

: C
q
(X) C
q
(Y ),
e osserviamo che f

(A
j
T) = A
j
f

(T) e f

(B
j
T) = B
j
f

(T). Pertanto f

(
n
T) =

n
f

(T) e quindi il seguente diagramma


...

q+2
C
q+1
(X)

q+1
C
q
(X)

q
C
q1
(X)

q1
...
f

_
f

_
f

_
...

q+2
C
q+1
(Y )

q+1
C
q
(Y )

q
C
q1
(Y )

q1
...
commutativo (ossia
q
f

= f

q
). Ne segue subito che f

porta cicli in cicli e


bordi in bordi: f

(Z
q
(X)) Z
q
(Y ) e f

(B
q
(X)) B
q
(Y ). Si pu dunque passare
ai quozienti H
q
(X), H
q
(Y ) e denire tra essi unapplicazione, che verr denotata
con f

. La denizione formale :
f

= f
q
: H
q
(X) H
q
(Y ), [u] f

u = [f

u]
dove u un q-ciclo in Z
q
(X) e f

u limmagine di u tramite f

(ossia un q-ciclo in
Z
q
(Y )). La notazione con le parentesi quadre [] relativa alle classi di equivalenza
nei gruppi quoziente.
TEOREMA 19. (DI FUNTORIALIT) .
a) Se id
X
: X X lidentit, allora (id
X
)

= id
H
q
(X)
;
b) Se X
f
Y
g
Z sono applicazioni continue, allora (g f)

= g

.
DIMOSTRAZIONE. La dimostrazione di a) ovvia, mentre b) segue dalla pro-
priet associativa della composizione
(g f)

(T) = (g f)(T) = g f T = g

(f T) = g

(T).

COROLLARIO 20. Se X
f
Y un omeomorsmo allora H
q
(X)
f

H
q
(Y )
un isomorsmo di gruppi per ogni q 0.
DIMOSTRAZIONE. Segue dal Teorema di Funtorialit. Nel dettaglio, sia f un
omeomorsmo da X in Y con inversa f
1
: Y X. Allora f
1
f = id
X
e ff
1
=
id
Y
e, sfruttando il precedente teorema (f
1
)

= id
H
q
(X)
e f

(f
1
)

=
id
H
q
(Y )
. Ne segue che f

e (f
1
)

sono isomorsmi uno linverso dellaltro (per


ogni q Z) e quindi anche (f
1
)

= (f

)
1
.
Abbiamo, in denitiva, denito un funtore covariante H
q
: Top Gr , per
ogni q 0, che associa ad ogni spazio topologico X il gruppo abeliano H
q
(X) e ad
ogni funzione continua f : X Y lomomorsmo di gruppi H
q
(f) = f

denito
poco sopra. H
q
si dice funtore di omologia singolare in dimensione q.
16 1. OMOLOGIA SINGOLARE
1.4. INVARIANZA OMOTOPICA
Cominciamo con la seguente:
DEFINIZIONE 21. Due applicazioni f, g : X Y tra spazi topologici si
dicono omotope se esiste unapplicazione continua, detta omotopia, F : XI Y
tale che F(x, 0) = f(x) e F(x, 1) = g(x) per ogni x X. In tal caso scriveremo
f g
In sostanza unomotopia tra due applicazioni continue, come nella denizione,
denisce una famiglia continua di applicazioni continue
F
t

tI
:= F
t
: X Y : F
t
(x) = F(x, t), t I .
La relazione di omotopia di equivalenza nellinsieme delle applicazioni continue
tra i due spazi X e Y . Infatti unapplicazione continua f : X Y omotopa a se
stessa mediante lapplicazione F(x, t) = f(x) (la relazione riessiva). Abbiamo
poi che se f omotopa a g mediante lapplicazione F, come nella denizione,
allora lapplicazione G(x, t) = F(x, 1 t) unomotopia tra g ed f (la relazione
simmetrica). Inne se f omotopa a g mediante F e g omotopa ad h mediante G
allora lapplicazione
H(x, t) =
_
F(x, 2t) per t
_
0,
1
2

G(x, 2t 1) per t
_
1
2
, 1

unomotopia tra f ed h (la relazione transitiva).


TEOREMA 22. (DI INVARIANZA OMOTOPICA) . Se f, g : X Y sono applica-
zioni omotope allora f

= g

.
DIMOSTRAZIONE. Usiamo lomotopia F : X I Y tra f e g per denire
omotopie di catene, cio degli omomorsmi
q
: C
q
(X) C
q+1
(Y ), per ogni
q 0, che vericano la seguenta propriet

q+1

q

q1

q
= (1)
q+1
[f

] ,
dove f

, g

sono state denite in funzione di f, g nella sezione precedente. Possiamo


visualizzare la situazione con il seguente diagramma:
...

q+2
> C
q+1
(X)

q+1
> C
q
(X)

q
> C
q1
(X)

q1
> ...
...

q+2
> C
q+1
(Y )
f


q+1
>

q
<
C
q
(Y )
f


q
>

q1
<
C
q1
(Y )
f


q1
> ...
Supponiamo per un attimo di aver denito gli omomorsmi
q
con le propriet
asserite, e sia [u] H
q
(X) e u

Z
q
(X) C
q
(X) un suo rappresentante. Allora

q
u

= 0 e dunque

q+1

q
(u

)
q1

q
(u

) =
q+1

q
(u

) = (1)
q+1
[f

]
1.4. INVARIANZA OMOTOPICA 17
Pertanto f

un bordo, per ogni [u

] H
q
(X), ed abbiamo quindi la
conclusione del teorema: f

= g

.
E dunque sufciente costruire le omotopie di catene
q
, e a tale scopo partiamo
dai cubi T : I
q
X. Deniamo:
(
q
T)(x
1
, ..., x
q
, x
q+1
) = F(T(x
1
, ..., x
q
), x
q+1
)
(le x
i
variano in [0, 1]) e osserviamo che tale applicazione pu estendersi per linea-
rit ad omomorsmo
q
: C
q
(X) C
q+1
(Y ). Per 1 j q risulta, in modo
naturale, A
j
(
q
T) =
q1
(A
j
T) e similmente B
j
(
q
T) =
q1
(B
j
T) mentre
A
q+1
(
q
T)(x
1
, ..., x
q
) = F(T(x
1
, ..., x
q
), 0) = f(T(x
1
, ..., x
q
)) = f

T(x
1
, ..., x
q
)
e
B
q+1
(
q
T)(x
1
, ..., x
q
) = F(T(x
1
, ..., x
q
), 1) = g(T(x
1
, ..., x
q
)) = g

T(x
1
, ..., x
q
).
Pertanto:

q+1
(
q
T) =
q+1

j=1
(1)
j
[A
j
(
q
T) B
j
(
q
T)] =
q

j=1
(1)
j
[A
j
(
q
T) B
j
(
q
T)] +
+(1)
q+1
[f

T g

T] =
q

j=1
(1)
j
[
q
(A
j
T)
q
(B
j
T)] + (1)
q+1
[f

T g

T] =
=
q1
(
q
T) + (1)
q+1
[f

T g

T] ,
ed il Teorema dunque dimostrato.
DEFINIZIONE 23. Due spazi topologici X e Y si dicono omotopicamente equi-
valenti se esistono due applicazioni continue f : X Y e g : Y X tali che
g f omotopa allidentit X X, cio g f id
X
, e f g omotopa allidentit
Y Y , cio f g id
X
. In tal caso f e g si dicono equivalenze omotopiche e
scriveremo X Y .
Ovviamente due spazi topologici omeomor sono anche omotopicamente equi-
valenti.
DEFINIZIONE 24. Uno spazio topologico X si dice contraibile se omotopi-
camente equivalente ad un punto.
COROLLARIO 25. Se X Y allora H
q
(X)

= H
q
(Y ) per ogni q 0.
DIMOSTRAZIONE. Se X Y , dal Teorema di Funtorialit e dal Teorema di
Invarianza Omotopica segue che
g

= (g f)

= (id
X
)

= id
H
q
(X)
f

= (f g)

= (id
Y
)

= id
H
q
(Y )
e pertanto f

e g

sono isomorsmi di gruppi, uno inverso dellaltro.


ESEMPIO 26. R
n
contraibile. Sia infatti

x
0
R
n
, f(

x ) =

x
0
per ogni

x R
n
e g :

x
0
R
n
tale che g(

x
0
) =

0 . Risulta allora (f g)(

x
0
) =

x
0
=
18 1. OMOLOGIA SINGOLARE
id

x
0
, mentre g f : R
n
R
n
omotopa a id
R
n mediante F : R
n
I R
n
,
F(

x , t) = t

x con t [0, 1].
COROLLARIO 27. H
q
(R
n
)

= Z se q = 0, mentre H
q
(R
n
) = 0 se q 0.
ESEMPIO 28. Sia S
n1
:=

x R
n
: |

x | = 1 la (n 1)-sfera. Allora X :=
R
n1

_

0
_
S
n1
. Consideriamo infatti le seguenti applicazioni continue f :
X S
n1
, f(

x ) =

x
|

x |
e g : S
n1
X linclusione di S
n1
R
n
. Risulta,
banalmente, che f g = id
S
n1 mentre gf id
X
mediante lomotopia F : XI
X, F(

x , t) = t

x + (1 t)

x
|

x |
.
Questultimo esempio ci torner utile quando avremo calcolato lomologia sin-
golare della sfera. Ricordiamo inne la seguente
DEFINIZIONE 29. Sia Y un sottospazio topologico di uno spazio topologico
X. Chiameremo retrazione di deformazione ogni applicazione continua r : X Y
tale che, se i : Y X linclusione, allora r i = id
Y
e i r id
X
. Se una tale
applicazione esiste diremo che Y un retratto per deformazione di X.
ESERCIZIO 30. Dimostrare che i gruppi topologici O(n), U(n) e SO(n) sono
retratti per deformazione rispettivamente di GL
n
(R), GL
n
(C) e GL
+
n
(R).
CAPITOLO 2
LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
2.1. ALGEBRA OMOLOGICA
La costruzione del Capitolo precedente che ci ha portato a denire lomologia
singolare suggerisce di formalizzarne gli aspetti puramenti algebrici. Essi si collo-
cano nella cosiddetta Algebra Omologica, nella quale non necessario prendere
in considerazione spazi topologici, connessione per archi, ecc. Cominciamo con
qualche denizione.
DEFINIZIONE 31. Sia C

:= (C
q
,
q
)
qZ
una famiglia di coppie dove ogni
C
q
un gruppo abeliano e
q
un omomorsmo di gruppi tra C
q
e C
q1
(
q
:
C
q
C
q1
), per ogni q Z. Chiameremo tale famiglia complesso di catene se

q

q+1
= 0 (o equivalentemente se im
q+1
ker
q
) per ogni q Z. Sia D

unaltro complesso di catene.


Un morsmo di catene

: C

tra complessi di catene una famiglia

:=
q

qZ
di omomorsmi di gruppi della forma
q
: C
q
D
q
tali che il
seguente diagramma
...

q+2
> C
q+1

q+1
> C
q

q
> C
q1

q1
> ...
...

q+2
> D
q+1

q+1


q+1
> D
q


q
> D
q1

q1


q1
> ...
sia commutativo. Il morsmo

si dice isomorsmo se tutti i


q
sono isomorsmi
di gruppi.
Il gruppo quoziente H
q
(C

) = ker
q
/im
q+1
si dice q-esimo gruppo di omologia
del complesso di catene C

.
PROPOSIZIONE 32. (FUNTORIALIT) . i) Ogni morsmo di catene

: C

induce omomorsmi di gruppi

: H
q
(C

) H
q
(D

).
ii) Dati i morsmi di catene C

, risulta (

.
iii) Se 1

: C

il morsmo identico, risulta (1

= id
H
q
(C

)
.
DIMOSTRAZIONE. i) Sia u ker
q
e poniamo

([u]) = [
q
(u)]. Risulta subito
che

q
(
q
(u)) =
q1
(
q
(u)) =
q1
(0) = 0,
dalla commutativit del diagramma; inoltre se u

= u +
q+1
(v) allora

([u +
q+1
(v)]) =

([u]) +

([
q+1
(v)]) =

([u]) + [
q
(
q+1
(v))]
19
20 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
=

([u]) + [
q+1
(
q+1
(v))] =

([u]) .
Pertanto ogni

ben denita e va da H
q
(C

) in H
q
(D

). La ii) non altro che


lassociativit della composizione di omomorsmi. La iii) immediata.
Se denotiamo con Chain la categoria che ha come oggetti i complessi di catene
e, come morsmi, i morsmi di catene, dalla Proposizione precedente segue che
possiamo denire un funtore H
q
dalla categoria Chain alla categoria Gr. Tale fun-
tore manda ogni complesso di catene C

nel gruppo H
q
(C

) e che associa ad ogni


morsmo

: C

lomomorsmo

: H
q
(C

) H
q
(D

). Inoltre, sempre
dalle propriet di Funtorialit, segue che se

un isomorsmo di catene allora

un isomorsmo di gruppi.
ESEMPI.
(1) CATENE SINGOLARI E OMOLOGIA SINGOLARE.
Se X uno spazio topologico qualsiasi, in relazione a quanto detto nel
capitolo precedente, possiamo denire un complesso di catene C

(X)
ponendo
C

(X) =
_
(C
q
(X),
q
) q 0
(0,0) q < 0
dove C
q
(X) il gruppo delle q-catene singolari,
q
lomomorsmo di
bordo, 0 lapplicazione nulla e H
q
(C

(X)) = H
q
(X) il q-esimo gruppo
di omologia singolare.
(2) CATENE SINGOLARI E OMOLOGIA SINGOLARE DI UNO SPAZIO TOPOLOGICO
X CON VERTICI IN UN PUNTO x
0
X.
Si costruisce seguendo gli stessi passi con cui si arriva allomologia sin-
golare, con la differenza che i q-cubi T : I
q
X considerati sono solo
quelli che mandano i 2
q
vertici di I
q
nel punto x
0
ssato in X (ad esem-
pio se T : I X un tale q-cubo allora T(1) = T(0) = x
0
, ossia T
una curva chiusa). Tali applicazioni si dicono q-cubi con vertici in x
0
e denoteremo linsieme che formano con . Pertanto, analogamente al
caso dellomologia singolare, si pone
Q
q
(X[x
0
) :=
_

: n

Z, T


_
,
D
q
(X[x
0
) :=
_

: n

Z, T

degeneri
_
,
C
q
(X[x
0
) = Q
q
(X[x
0
)/D
q
(X[x
0
),
q
: C
q
(X[x
0
) C
q1
(X[x
0
).
Possiamo allora denire il complesso di catene relativo a questa omologia
ponendo
C

(X[x
0
) =
_
(C
q
(X[x
0
),
q
) q 0
(0, 0) q < 0
2.1. ALGEBRA OMOLOGICA 21
e questo si dir complesso delle catene singolari di X con vertici nel suo
punto x
0
. La sua omologia, detta omologia singolare con vertici in x
0
, si
denota con il simbolo:
H
q
(X[x
0
) := H
q
(C

(X[x
0
)).
(3) CATENE SINGOLARI E OMOLOGIA SINGOLARE PICCOLA DI UNO SPAZIO TO-
POLOGICO X RISPETTO AD UN RICOPRIMENTO APERTO | DI X.
Anche qui si procede come con lOmologia Singolare prendendo per i
q-cubi piccoli di | = U

, ossia quei q-cubi T : I


q
X tali che T(I
q
)
U

, per qualche U

|. Si pone allora:
Q
q
(X; |) :=
_

: n

Z, T

un q-cubo piccoli
_
,
D
q
(X; |) :=
_

: n

Z, T

un q-cubo piccoli e degeneri


_
,
e similmente alle precedenti situazioni:
C
q
(X; |) = Q
q
(X; |)/D
q
(X; |),
q
: C
q
(X; |) C
q1
(X; |).
Il complesso delle catene singolari piccole di ordine | si denisce allora
come:
C

(X; |) =
_
(C
q
(X; |),
q
) q 0
(0, 0) q < 0
,
e la sua omologia, detta omologia singolare piccola di ordine |, si denota
con il simbolo:
H
q
(X; |) := H
q
(C

(X; |)).
Vogliamo ora stabilire un confronto tra omologia singolare e omologia singo-
lare con vertici in un punto di uno spazio topologico. E denito, per costruzione,
un morsmo di inclusione

: C

(X[x
0
) C

(X). Il seguente teorema, di cui


omettiamo la dimostrazione (si veda p. es. [4]), consente di stabilire un confronto
tra il gruppo fondamentale
1
(X) di uno spazio connesso per archi e il suo primo
gruppo di omologia singolare H
1
(X).
TEOREMA 33.

: H
q
(X[x
0
) H
q
(X) un isomorsmo di gruppi.
Laccennata relazione con il gruppo fondamentale data dal seguente:
COROLLARIO 34. Sia X uno spazio topologico connesso per archi. Lapplica-
zione naturale che associa ad ogni cappio uscente da x
0
il cappio stesso pensato come
1-ciclo in X induce un omomorsmo suriettivo di gruppi
:
1
(X, x
0
) H
1
(X),
22 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
il cui nucleo il sottogruppo dei commutatori in
1
(X, x
0
). Risulta quindi:
H
1
(X)

=

1
(X, x
0
)
[
1
(X, x
0
),
1
(X, x
0
)].
DIMOSTRAZIONE. Osserviamo in primo luogo che ben denita: se f f
1
mediante lomotopia F, allora pensando f, f
1
come 1-cicli risulta f = f
1
+ F.
Inoltre evidentemente suriettiva e risulta un omomorsmo di gruppi. Infatti se
[f], [g]
1
(X, x
0
) deniamo il 2-cubo T : I
2
X come
T(t, s) =
_
f(t + 2s) per t + 2s 1
g(
t+2s1
t+1
) per t + 2s 1
(e ricordiamo che f g =
_
f(2s) per 0 s
1
2
g(2s 1) per
1
2
s 1
). Allora T = f +g
x
0

f g, essendo
x
0
il cappio costante nel punto x
0
. Dunque:
([f] [g]) = [f g] = [f] + [g].
Osserviamo poi che, essendo H
1
(X) = im

=

1
(X)
ker
abeliano, il sottogruppo
[
1
(X),
1
(X)] dei commutatori contenuto in ker . Si ha dunque un omomor-
smo indotto:
:

1
(X) :=

1
(X)
[
1
(X),
1
(X)]
H
1
(X),
ed ora sufciente mostrare che un isomorsmo. Per fare ci consideriamo il
diagramma
C
1
(X[x
0
) = Z
1
(X[x
0
)
l

1
(X) (abelianizzato)
k
H
1
(X[x
0
)

H
1
(X)
,
dove, osservato che C
1
(X[x
0
) = Z
1
(X[x
0
), k la proiezione con nucleo B
1
(X[x
0
); l
invece denito sui T : I X (T(0) = T(1) = x
0
), associando la proiezione su

1
di [T]
1
(X, x
0
). Si noti che, poich

1
abeliano, l si estende a Q
1
(X[x
0
) portan-
do D
1
(X[x
0
) nellelemento neutro; dunque l : C
1
(X[x
0
)

1
(X, x
0
) suriettiva.
Poich il diagramma commuta risulta
ker l ker k = B
1
(X[x
0
).
Daltra parte della successione
C
2
(X[x
0
)

2
C
1
(X[x
0
)
l

1
(X, x
o
)
risulta, con semplice omotopia, l
2
= 0. Dunque anche:
B
1
(X[x
0
) ker l,
e quindi B
1
(X[x
0
) = ker l. Ne segue che un isomorsmo.

2.2. SUDDIVISIONE BARICENTRICA E OMOLOGIA SINGOLARE PICCOLA 23


2.2. SUDDIVISIONE BARICENTRICA E OMOLOGIA SINGOLARE PICCOLA
Passiamo ora al confronto tra omologia singolare e omologia singolare piccola
di uno spazio topologico X. Vi un morsmo di inclusione

: C

(X; |) C

(X)
tra i rispettivi complessi di catene. Dimostriamo il seguente:
TEOREMA 35.

: H
q
(X; |) H
q
(X) un isomorsmo di gruppi.
DIMOSTRAZIONE. Sia [v] H
q
(X, |). Ricordiamo che per denizione

[v] =
[(v)]. Si devono dunque mostrare i seguenti fatti:
(a)

: H
q
(X; |) H
q
(X) suriettiva, cio ogni classe di omologia si pu
rappresentare con cicli piccoli di ordine |.
(b)

: H
q
(X; |) H
q
(X) iniettiva, cio se

[v] lo zero di H
q
(X),
ovvero v = u con u C
q+1
(X), allora anche v = z con z C
q+1
(X; |).
Articoleremo la dimostrazione in quattro passi. Ricordiamo preliminarmente il
seguente:
LEMMA 36 (Esistenza di un numero di Lebesgue). Sia (Y, d) uno spazio metri-
co compatto e siano X uno spazio topologico, f : Y X unapplicazione continua e |
un ricoprimento aperto di X. Esiste allora un numero reale positivo , detto numero
di Lebesgue del ricoprimento |, tale che per ogni y Y e per ogni < linsie-
me f(B(y, )), dove B(y, ) la palla aperta di centro y e raggio , interamente
contenuto in un aperto del ricoprimento |.
DIMOSTRAZIONE. Limmagine f(Y ) un sottospazio compatto di X ed esistono
dunque U
1
, ..., U
n
tali che f(Y )

n
i=1
U
i
. Per ogni i = 1, ..., n denotiamo con C
i
.
=
f
1
(X U
i
) = Y f
1
(U
i
) e con d
i
: Y R la funzione che misura la distanza
dal chiuso C
i
. Sappiamo che le funzioni d
i
sono continue e che d
i
(y) = 0 y C
i
.
Inoltre

n
i=1
C
i
= . Poniamo g : Y R
+
tale che g(y) = maxd
1
(y), ..., d
n
(y) >
0. Allora g una funzione continua denita su uno spazio compatto, ammette
dunque minimo > 0. Tale minimo il numero di Lebesgue cercato. Se infatti
y Y, < allora B(y, ) disgiunta da C
i
, per qualche i = 1, ..., s, quindi
f(B(y, )) f(C
i
) = f(X) U
i
= , ovvero f(B(y, )) U
i
.
1
o
passo: Suddivisione baricentrica. Consideriamo linsieme
c
q
= e = (e
1
, ..., e
q
); e
i
= 0, 1,
dei vertici del q-cubo standard I
q
; esso in corrispondenza biunivoca con linsie-
me dei cubetti che costituiscono la suddivisione baricentrica del cubo standard I
q
.
Se T : I
q
X un q-cubo singolare, allora per ogni e c
q
si ha la seguente
restrizione ingrandita al q-cubetto rappresentato da e:
F
e
T : I
q
X, (F
e
T)(x) = T(
1
2
(x +e)),
24 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
e la suddivisione baricentrica di T:
Sd
q
T =

eE
q
F
e
T.
Essa si estende per linearit Sd
q
: Q
q
(X) Q
q
(X) e, essendo Sd
q
: (D
q
(X))
Q
q
(X), passa al quoziente:
sd
q
: C
q
(X) C
q
(X).
E commutativo il diagramma di omomorsmi:
C
q
(X)
sd
q
C
q
(X)

C
q1
(X)
sd
q1
C
q1
(X),
come si deve ragionando sulle singole facce dei cubi.
Vale il seguente:
LEMMA 37. Per ogni catena u C
q
(X), esiste un intero r = r(u) tale che
sd
(r)
q
(u) C
q
(X; |),
dove sd
(r)
q
loperatore di suddivisione ripetuto r volte.
DIMOSTRAZIONE. Sia [u] =

n

; mostriamo che esistono numeri naturali


r

con la propriet asserita, e scegliamo r = min (r

). Se | = U

B
, con-
sideriamo il ricoprimento aperto T
1

(U

)
B
di I
q
e sia

un suo numero di
Lebesgue; allora, se r

tale che

q
2
r

<

certamente sd
r

q
T

C
q
(X; |) [

q la massima distanza tra due punti del


q-cubo standard ].
2
o
passo: Costruzione di unomotopia di catene tra la suddivisione baricentrica e
lidentit. Vogliamo denire omomorsmi

q
: C
q
(X) C
q+1
(X)
tali che risulti:
sd
q
(u) u =
q+1

q
+
q1

q
.
Procediamo cos. Le seguenti funzioni
0
,
1
: I
2
X

0
(x
1
, x
2
) =
x
1
2 x
2
,
1
(x
1
, x
2
) =
_
_
_
x
1
+1
2x
2
se x
1
+x
2
1
1 se x
1
+x
2
1
hanno la propriet che im
0
= [0,
1
2
], im
1
= [
1
2
, 1].
Per ogni e c
q
e per ogni q-cubo singolare T : I
q
X, q > 0, deniamo:
G
e
T : I
q+1
X
2.2. SUDDIVISIONE BARICENTRICA E OMOLOGIA SINGOLARE PICCOLA 25
G
e
T(x
1
, ..., x
q+1
) = T(
e
1
(x
1
, x
q+1
), ...,
e
q
(x
q
, x
q+1
)),
e quindi:

q
: Q
q
(X) Q
q+1
(X), q > 0

q
(T) = (1)
q+1

eE
q
G
e
T,
completando con lassumere
q
: Q
0
(X) Q
1
(X) lapplicazione nulla. Osservato
che
q
porta cubi degeneri in cubi degeneri, si hanno morsmi indotti:

q
: C
q
(X) C
q+1
(X), q 0.
Guardando alle singole facce, si riconosce che per ogni T : I
q
X risulta:

q+1

q
(T) = Sd
q
T T
q1

q
(T) +cubi degeneri.
Ne segue che sulle catene:

q+1

q
+
q1

q
= sd
q
T id.
3
o
passo: Omotopia di catene tra literazione della suddivisione baricentrica e
lidentit. Si pone (omettendo gli indici sotto sd e ):

q
=
q
+sd
q
+sd
(2)

q
+... +sd
(r1)

q
.
Allora, ricordando che sd = sd:

q
+
q1
=
q
+sd
q
+sd
(2)

q
+... +sd
(r1)

q
+
+
q1
+sd
q1
+sd
(2)

q1
+... +sd
(r1)

q1
=
= sd
q
id +sd
(2)
sd +sd
(3)
sd
(2)
+... +sd
(r)
sd
(r1)
= sd
(r)
id.
4
o
passo: Conclusione. Dunque:

q+1

q
+
q1

q
= sd
(r)
q
id,
dove sd
(r)
q
: C
q
(X) C
q
(X; |). Osserviamo anche che:
u C
q
(X; |) =
q
(u) C
q
(X; |) =
q
(u) C
q
(X; |).
Dimostriamo inne le due propriet (a) e (b) sopra enunciate:
(a)

: H
q
(X; |) H
q
(X) suriettiva.
DIMOSTRAZIONE. Sia [u] H
q
(X); allora sd
(r)
q
u C
q
(X; |) e (sd
(r)
q
u) = 0.
Poich:
sd
(r)
q
u u =
q+1

q
u +
q1

q
u
(il secondo addendo a destra essendo nullo), risulta che [u] = [sd
(r)
q
u] H
q
(X).
Dunque:

[sd
(r)
q
u] = [u],
e [sd
(r)
q
u] H
q
(X; |).
26 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
(b)

: H
q
(X; |) H
q
(X) iniettiva.
DIMOSTRAZIONE. Sia [v] H
q
(X; |) con

[v] = 0, cio v = u con u


C
q+1
(X). Sia r tale che sd
(r)
q
u C
q+1
(X; |). Poich:
sd
(r)
q+1
u u =
q+2

q+1
u +
q

q+1
u =
q+2

q+1
u +
q
v,
applicando risulta:
(sd
(r)
q+1
u) v = (
q
v).
Pertanto:
v = (sd
(r)
q+1
u
q
v),
la (q + 1)-catena z = sd
(r)
q+1
u
q
v essendo piccola di ordine |. Dunque [v] = 0
nellomologia piccola, e la dimostrazione completa.

DEFINIZIONE 38. Una successione di omomorsmi tra gruppi abeliani


...
f
q+2
G
q+1
f
q+1
G
q
f
q
G
q1
f
q1
G
q1
f
q1
...,
con q Z, si dir esatta in G
q
se imf
q+1
= ker f
q
, mentre si dir esatta se imf
q+1
=
ker f
q
per ogni q Z.
Solitamente di ha G
q
= 0 tranne al pi per un numero nito di q Z.
ESEMPI.
(1) La successione
0 G
f
H ...
esatta in G se e solo se f un omomorsmo iniettivo.
(2) La successione
... G
f
H 0
esatta in H se e solo se f un omomorsmo suriettivo.
(3) La successione
0 G
f
H 0
esatta se e solo se f un isomorsmo.
(4) Ne segue che se la successione
0 G
f
H
g
K 0
esatta allora, f iniettivo, g suriettivo e risulta
K

= H/ ker g

= H/imf

= H/G.
Se assumiamo che f sia iniettiva, g suriettiva e imf = ker g allora
vale anche il viceversa. Una successione esatta come quella appena vista
2.2. SUDDIVISIONE BARICENTRICA E OMOLOGIA SINGOLARE PICCOLA 27
si dice successione esatta corta. Un esempio semplicissimo di successione
esatta corta la seguente
0 Z
f
Z

Z
2
0,
dove f(n) = 2n e la proiezione alle classi resto modulo 2.
Noi saremo in particolare interessati a successioni esatte corte di complessi di
catene:
0 C

0,
con

morsmi. Si tratta dunque di diagrammi commutativi, che possono


anche essere inniti nella dimensione verticale, del tipo:

0 C
q+1

q+1
D
q+1

q+1
E
q+1
0

0 C
q

q
D
q

q
E
q
0

0 C
q1

q1
D
q1

q1
E
q1
0

dove ogni successione esatta corta in orizzontale. Il prossimo Teorema, detto
Teorema Fondamentale dellAlgebra Omologica, chiarir con le sue applicazioni
limportanza delle successioni esatte corte di complessi di catene.
TEOREMA 39. (FONDAMENTALE DELLALGEBRA OMOLOGICA) . Consideriamo
la seguente successione esatta corta di complessi di catene
0 C

0.
E possibile denire, per ogni q Z, omomorsmi

: H
q
(E

) H
q1
(C

),
detti omomorsmi di connessione, in modo tale che la successione lunga formata
dai gruppi di omologia dei tre complessi
... H
q+1
(E

H
q
(C

H
q
(D

H
q
(E

H
q1
(C

H
q1
(D

H
q1
(E

H
q2
(C

) ...
sia esatta.
DIMOSTRAZIONE. Dalle ipotesi abbiamo il seguente diagramma commutativo
di omomorsmi di gruppi
28 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
(2.2.1)
0 > C
q+1


q+1
> D
q+1


q+1
> E
q+1

> 0
0 > C
q

q+1


q
> D
q

q+1


q
> E
q

q+1

> 0
0 > C
q1


q1
> D
q1


q1
> E
q1

> 0

le cui righe costituiscono successioni esatte, ossia le sono iniettive, le sono
suriettive e risulta im = ker (cio = 0) mentre le colonne sono legate
dallapplicazione di bordo tali che im
q+1
ker
q
. Strutturiamo la dimostrazione
in diversi passi.
1) DEFINIZIONE DI

. Sia z
q
E
q
un ciclo (z
q
= 0). Esiste (e non detto che
sia unico) un d
q
D
q
tale che (d
q
) = z
q
(per la suriettivit di ). Sia dunque
x
q1
C
q1
tale che (x
q
) = d
q
. Un siffatto x
q1
deve esistere per forza, dato
che (d
q
) = (d
q
) = z
q
= 0 e quindi d
q
ker = im. Osserviamo che x
q1
un ciclo. Infatti (x
q1
) = (x
q1
) =
2
d
q
= 0 e iniettiva. Ha quindi
senso porre

[z
q
] = [x
q1
] .
Dobbiamo allora vericare che tale denizione ben posta e che effettivamente

va da H
q
(E

) in H
q1
(C

). Se d

q
un altra scelta tale che
_
d

q
_
= z
q
, risulter

_
d
q
d

q
_
= z
q
z
q
= 0, vale a dire d
q
d

q
ker = im e dunque esiste un
c
q
C
q
tale che (c
q
) = d
q
d

q
. Daltra parte, per quanto detto in precedenza,
esistono x
q1
, x

q1
C
q1
tali che (x
q1
) = d
q
,
_
x

q1
_
= d

q
e quindi, dalla
commutativit del diagramma, se (c
q
) = d
q
d

q
si ha anche (c
q
) = d
q
d

q
.
Essendo iniettiva, deve essere c
q
= x
q1
x

q1
e dunque la costruzione non
dipende dal rappresentante x
q1
scelto in [x
q1
]. Inne se z
q
= z
q+1
(z
q
un
bordo) sappiamo che esiste un d
q+1
D
q+1
tale che (d
q+1
) = z
q+1
e quindi
(d
q+1
) = (d
q+1
) = z
q+1
= z
q
. Ponendo d
q
= d
q+1
si ottiene che d
q
= 0 e
quindi non pu che essere x
q1
= 0 (essendo iniettiva).
2) ESATTEZZA DELLA SUCCESSIONE ESATTA LUNGA DI OMOLOGIA. Dobbiamo
dimostrare le seguenti inclusioni :
i) im

ker

; ii) im

ker

; iii) im

ker

; iv) im

ker

; v)
im

ker

: vi) im

ker

. Cominciamo da quelle pi semplici.


i) Siccome = 0, dalla funtorialit segue immdiatamente che

= 0,
vale a dire im

ker

.
iii) Se [z
q
] im

abbiamo che

[d
q
] = [z
q
], ossia (d
q
) = z
q
con d
q
= 0.
Ma allora deve essere, per quanto gi detto, x
q1
= 0. Pertanto im

ker

.
2.3. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 29
v) Sia [x
q1
] =

[z
q
] im

H
q1
(C

). Per costruzione, abbiamo che


(x
q1
) = d
q
con (d
q
) = z
q
. Ma allora

[x
q1
] = 0 H
q1
(D

) ovvero
[x
q1
] ker

e dunque im

ker

.
Appena un po pi elaborate sono le rimanenti veriche.
ii) Sia [y
q
] H
q
(D

) tale che

[y
q
] = 0 H
q
(E
q
). Allora 0 =

[y
q
] =
[ (y
q
)] implica che (y
q
) = z
q+1
, per qualche z
q+1
E
q+1
, ed inoltre (d
q+1
) =
z
q+1
, per qualche d
q+1
D
q+1
. Poniamo allora y

q
:= d
q+1
. Risulta

_
y
q
y

q
_
= (y
q
)
_
y

q
_
= z
q+1
(d
q+1
) = z
q+1
z
q+1
= 0
e quindi y
q
y

q
ker = im. Ne segue che esiste x C
q
tale che (x) = y
q
y

q
,
inoltre si tratta di un ciclo essendo limmagine tramite , iniettiva, del ciclo y
q
y

q
.
Pertanto

[x] = [(x)] =
_
y
q
y

= [y
q
d
q+1
] = [y
q
]
vale a dire im

ker

.
iv) Sia [z
q
] ker

, vale a dire [x
q1
] =

[z
q1
] = 0 da cui x
q1
= c
q
, con
c
q
C
q
. Sia poi d
q
D
q
tale che (d
q
) = z
q
. Calcolando il bordo di d
q
(c
q
) si
ottiene
(d
q
(c
q
)) = d
q
(c
q
) = d
q
(c
q
) = d
q
(x
q1
) = 0,
dato che (x
q1
) = d
q
. Pertanto d
q
(c
q
) un ciclo, cio [d
q
(c
q
)] H
q
(D

),
e dunque

[d
q
(c
q
)] = [ (d
q
) ((c
q
))] = [ (d
q
)] = [z
q
]
ovvero [z
q
] im

(si ricordi che = 0). Ne segue che im

ker

.
vi) Se [x
q
] ker

allora

[x
q
] = [(x
q
)] = 0 ossia (x
q
) = d
q+1
, per
qualche d
q+1
D
q
. Ne segue che (d
q+1
) = z
q+1
un ciclo (il diagramma
commutativo). Ma per denizione di

dovr aversi [x
q
] =

[z
q+1
] ossia [x
q
]
im

. Abbiamo allora provato che im

ker

.
2.3. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
Sia X uno spazio topologico tale che X = UV , con U, V aperti di X. Abbiamo
dunque il ricoprimento aperto | := U, V e su X lomologia singolare piccola di
ordine |.
TEOREMA 40. Le inclusioni
C

(U)
i

(U V ) C

(X; |)

(V )
30 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
dei complessi di catene singolari indicati inducono una successione esatta corta di
complessi di catene
0 C

(U V )

(U) C

(V )

(X; |) 0,
dove

= (i

, j

) e

= k

.
DIMOSTRAZIONE. Bisogna dimostrare che

iniettiva,

suriettiva im

=
ker

. Liniettivit ovvia per denizione. Sia allora q Z e consideriamo la


successione
0 C
q
(U V )

q
C
q
(U) C
q
(V )

q
C
q
(X; |) 0,
dove
q
= (i
q
, j
q
) e
q
= k
q
l
q
. Per vericare la suriettivit di
q
osserviamo
che ogni c C
q
(X; |) pu essere scritto, per denizione, come c = c
U
+ c
V
dove
c
U
C(U) e c
V
C(V ) (in modo non unico). Pertanto c = k
q
(c
U
) l
q
(c
V
).
Dimostriamo ora che im
q
ker
q
. Se
q
(c
U
, c
V
) = k
q
(c
U
) l
q
(c
V
) = 0 allora
k
q
(c
U
) = l
q
(c
V
) ossia c
U
c
V
come elementi di C
q
(U V ); quindi
q
(c
U
) =
(c
U
, c
U
) = (c
U
, c
V
). Passiamo allinclusione inversa: im
q
ker
q
. Sia x im
q
,
ossia x = (i
q
(y), j
q
(y)) con y C
q
(UV ). Dunque
q
(x) = (k
q
i
q
)(y)(l
q
j
q
)(y) =
0.
Il prossimo risultato di fondamentale importanza sia per il calcolo dellomo-
logia singolare, sia per dimostrarne notevoli propriet. La useremo quindi pi volte
nel seguito.
TEOREMA 41. (MAYER-VIETORIS). Sia X uno spazio topologico tale che X =
U V , | = U, V ricoprimento aperto di X. Si ha allora la seguente successione
esatta
... H
q+1
(U V )

H
q+1
(U) H
q+1
(V )

H
q+1
(X)

H
q
(U V )

H
q
(U) H
q
(V )

H
q
(X)

H
q1
(U V )

H
q1
(U) H
q1
(V )

H
q1
(X)

...,
detta Successione di Mayer-Vietoris.
DIMOSTRAZIONE. Dal Teorema precedente segue che la successione corta
0 C

(U V )

(U) C

(V )

(X; |) 0
esatta e dunque, dal Teorema Fondamentale dellAlgebra Omologica abbiamo una
successione esatta
... H
q+1
(U V )

H
q+1
(U) H
q+1
(V )

H
q+1
(X; |)

H
q
(U V )

H
q
(U) H
q
(V )

H
q
(X)

H
q1
(U V )

H
q1
(U) H
q1
(V )

H
q1
(X)

....
2.3. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 31
TABELLA 1. Omologia delle Sfere
H
0
H
1
H
2
H
3
... H
n
...
S
0
Z Z 0 0 0 ... 0 ...
S
1
Z Z 0 0 ... 0 ...
S
2
Z 0 Z 0 ... 0 ...
S
3
Z 0 0 Z ... 0 ...
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
. ...
S
n
Z 0 0 0 ... Z ...
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
. ...
.
.
.
.
.
.
Ricordando che esiste un isomorsmo

: H
q
(X; |) H
q
(X), ponendo

si ottiene la successione voluta.


Vediamo ora qualche importante applicazione del Teorema di Mayer-Vietoris
nel calcolo dellomologia singolare di alcuni spazi.
COROLLARIO 42. (OMOLOGIA DELLE SFERE). La seguente tabella descrive
lomologia della n-sfera
S
n
:=
_

x R
n+1
: |

x | = 1
_
:
Dunque:
H
0
(S
n
)

=
_
Z Z, n = 0
Z, n 1
e, per ogni q 1,
H
q
(S
n
)

=
_
Z, q = n
0, q ,= n
.
DIMOSTRAZIONE. Ci riferiremo alla TABELLA 1. La prima riga e la prima colon-
na sono gi state dimostrate. Infatti S
0
= 1, 1 mentre S
n
connessa per per
archi, ogni n 1. Consideriamo gli aperti
U =
_

x S
n
: x
n+1
>
1
2
_
(emisfero boreale abbondante)
V =
_

x S
n
: x
n+1
<
1
2
_
(emisfero australe abbondante).
Si vede facilmente che U, V sono connessi per archi mentre
U V =
_

x S
n
:
1
2
< x
n+1
<
1
2
_
ha come retratto di deformazione la sfera S
n1
(si analizzi, a titolo di esempio, il
caso di S
1
). Pertanto per q 2, il Teorema di Mayer-Vietoris fornisce
H
q
(U) H
q
(V )

H
q
(S
n
)

H
q1
(U V )

H
q1
(U) H
q1
(V ) ,
32 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
dove H
q
(U) H
q
(V )

= 0

= H
q1
(U) H
q1
(V ) e H
q1
(U V )

= H
q1
(S
n1
).
Per quanto detto abbiamo che

un isomorsmo e ci suggerisce di procedere


per induzione su q. Quello che manca allora la premessa induttiva che si ottiene
per q = 1. Distinguiamo due casi per n, cio n = 1 e n > 1. Per n = 1 abbiamo:
H
1
(U) H
1
(V )

H
1
(S
1
)

H
0
(U V )

H
0
(U) H
0
(V )

H
0
(S
1
),
ossia
0 H
1
(S
1
)

Z Z

Z Z

Z 0.
Siccome la successione esatta, segue che

iniettiva, im

= ker

e im

=
ker

, inoltre

non nulla, dato che im

deve coincidere con il nucleo dellap-


plicazione nulla. Quindi im


= Z e dunque im


= Z. Supponiamo ora n > 1.
Abbiamo allora:
H
1
(U) H
1
(V )

H
1
(S
n
)

H
0
(U V )

H
0
(U) H
0
(V )

H
0
(S
n
)
ossia
0 H
1
(S
n
)

Z Z

Z 0.
Come prima abbiamo che

iniettiva quindi H
1
(S
n
)

= im


= ker


non nulla. Allora im

= ker


= Z e dunque anche

iniettiva. Ne segue che


H
1
(S
n
) = 0. La tesi ora immediata.
Dallomologia delle Sfere si ottiene subito il seguente Teorema di invarianza
topologica della dimensione.
TEOREMA 43. (DELLA DIMENSIONE). R
n
non omeomorfo a R
m
se n ,= m.
DIMOSTRAZIONE. Supponiamo esista un omeomorsmo f tra R
n
ed R
m
con
n ,= m. Allora X = R
n

_

0
_
omeomorfo a Y = R
m

_
f(

0 )
_
. Ma X
omotopicamente equivalente ad S
n
mentre Y omotopicamente equivalente ad
S
m1
. Dalla TABELLA 1 discende immediatamente che ci porta ad un assurdo.
Una conseguenza del Teorema precedente che due variet topologiche di
dimensioni diverse non sono omeomorfe. Ricordiamo tuttavia che R
m
ed R
n
hanno
la stessa cardinalit.
Continuiamo con il calcolo dellomologia di altri spazi. Ricordiamo che un bou-
quet di r circonferenze (r N) uno spazio topologico unione di r spazi omeomor
a S
1
e che si intersecano tutti in un unico punto (FIGURA 2.2.1). Sia allora X
r
un
bouquet di r circonferenze. Possiamo chiamare petali i sottospazi di X
r
omeomor
ad S
1
(cos X
r
ha r petali).
Lo spazio X
r
pu essere decomposto nellunione di due aperti U e V , dove U
ottenuto da X
r
rimuovendo un arco da un certo petalo r
1
(compresi gli estremi)
mentre V ottenuto da X
r
rimuovendo un arco da ogni altro petalo diverso da r
1
(FIGURA 2.2.2).
2.3. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 33
FIGURA 2.3.1. Bouquet di 5 Circonferenze
FIGURA 2.3.2. Nellordine gli aperti U, V, U V del Bouquet di 5 Circonferenze
Si vede facilmente che U V contraibile, mentre U e V hanno come retratti
per deformazione un bouquet di r 1 circonferenze X
r1
ed S
1
rispettivamente.
Ci suggerisce, per il calcolo dellomologia di X
r
, di procedere per induzione su r.
COROLLARIO 44. Sia X
r
un bouquet di r circonferenze. Allora
H
q
(X
r
)

=
_

_
Z q = 0
Z
r
= Z ... Z q = 1
0 q ,= 0, 1
.
DIMOSTRAZIONE. Come gi osservato, conviene procedere per induzione su r.
Per r = 1 abbiamo che X
1

= S
1
e quindi lasserto vero. Supponiamo allora
H
q
(X
r1
)

=
_

_
Z q = 0
Z
r1
= Z ... Z q = 1
0 q ,= 0, 1
.
_

_
Dal Teorema di Mayer-Vietoris discende che la seguente successione
... H
q+1
(U V )

H
q+1
(U) H
q+1
(V )

H
q+1
(X)

H
q
(U V )

H
q
(U) H
q
(V )

H
q
(X)

H
q1
(U V )

H
q1
(U) H
q1
(V )

H
q1
(X)

...
esatta, e noi sappiamo che H
q
(U V ) = H
q
(pt) e H
q
(U) H
q
(V )

= H
q
(X
r1
)
H
q
(S
1
). Ora se q 2 abbiamo che H
q1
(U V ) = 0 e H
q
(U)H
q
(V )

= 0 e quindi:
0 H
q
(X
r
) 0,
34 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
ossia H
q
(X
r
) = 0. Vediamo il caso in cui q = 1. Risulta:
0

H
1
(pt)

H
1
(X
r1
) H
1
(S
1
)

H
1
(X
r
)

H
0
(X
r1
)

H
0
(X
r1
) H
0
(S
1
)

H
0
(X
r
) 0
cio, a meno di isomorsmi e ricordando che X
r
connesso per archi,
0 Z
r

H
1
(X
r
)

Z
2

Z 0.
Per lesattezza della successione si ha che

: Z
2
H
0
(X
r
)

= Z suriettiva
quindi

iniettiva. Ma anche

: Z
r
H
1
(X
r
) iniettiva quindi ker


= Z
r
.
A questo punto basta osservare che

pu solo essere lomomorsmo nullo. La


dimostrazione conclusa.
2.4. OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE
Richiamiamo alcune denizioni, esempi e risultati utili. Una supercie (topo-
logica) una variet topologica di dimensione 2, ossia uno spazio topologico di
Hausdorff a base numerabile e tale che ogni suo punto possiede un intorno aperto
omeomorfo al disco aperto
_
(x, y) : x
2
+y
2
< 1
_
. Siamo interessati alle superci
compatte e connesse.
ESEMPI.
(1) La Sfera S
2
:=
_
(x, y, z) R
3
: x
2
+y
2
+z
2
= 1
_
una supercie com-
patta e connessa.
(2) Il Toro T
2
:= S
1
S
1
una supercie compatta e connessa. Ricordia-
mo che il Toro pu ottenersi come spazio quoziente di un opportuno
sottospazio di R
2
. Pi precisamente consideriamo il quadrato
Q :=
_
(x, y) R
2
: x, y [0, 1]
_
e sia la relazione su Q denita ponendo
(x, y)(x
1
, y
1
)
_
y = y
1
, x = 0 e x
1
= 1
x = x
1
, y = 0 e y
1
= 1
.
Lo spazio quoziente Q/ dotato della topologia quoziente allora omeo-
morfo al Toro T
2
con la topologia di sottospazio in R
3
(FIGURA 2.3.1).
(3) Il piano proiettivo P
2
R
una supercie compatta. Ricordiamo che pu
ottenersi a partire da R
3

_

0
_
identicando i punti sulla stessa retta
vettoriale. Siccome ogni retta vettoriale di R
3
interseca S
2
z 0
rispettivamente in due punti o in un punto a seconda che tale retta sia
contenuta nel piano xy o meno, P
2
R
pu ottenersi anche a partire da S
2

z 0 quozientando mediante la relazione di equivalenza che identica


i due punti di intersezione con ogni retta contenuta nel piano xy. Pertanto
P
2
R
pu essere pensato come in FIGURA 2.3.2.
2.4. OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE 35
FIGURA 2.4.1. Toro T
2
FIGURA 2.4.2. Piano Proiettivo P
2
R
OSSERVAZIONE 45. La Sfera ed il Toro sono esempi di superci orientabili
nel senso che in entrambe possibile distinguere due faccie, una interna e laltra
esterna. Il Piano Proiettivo invece non orientabile.
2.4.1. SOMMA CONNESSA DI SUPERFICI. Un modo per ottenere una nuova su-
percie a partire da due superci S
1
ed S
2
si ha attraverso la loro somma connessa,
S
1
#S
2
. Tale procedimento consiste essenzialmente nel selezionare due dischi (cio
sottoinsiemi omeomor a E
2
:=
_
(x, y) R
2
: x
2
+y
2
1
_
) da entrambe le super-
ci S
1
, S
2
, uno per ognuna, si rimuove linterno ad entrambi e si identica il bordo.
Pi precisamente siano E
1
, E
2
due sottoinsiemi in S
1
, S
2
, rispettivamente, omeo-
mor entrambi ad E
2
e quindi omeomor tra loro. Sia f un tale omeomorsmo.
Risulta allora che E
1
possiede un sottoinsieme D
1
omeomorfo a E
2
e lo stesso per
E
2
con sottoinsieme D
2
(contenuti strettamente). Allora S
1
#S
2
si denisce come
lo spazio quoziente di
_
S
1

D
1
_
.
_
S
2

D
2
_
(unione disgiunta) modulo la relazione che identica x D
1
con f(x) D
2
,
cio
S
1
#S
2
:=
_
S
1

D
1
_
.
_
S
2

D
2
_

.
Linsieme che si ottiene, dotato della topologia quoziente, si dimostra essere anco-
ra una supercie. Ovviamente connessione e (leventuale) compattezza vengono
preservate dalla continuit della proiezione al quoziente. Dimostriamo prima di
tutto che si tratta di uno spazio di Hausdorff. Sia X il sottoinsieme di S
1
#S
2
per
il quale non la relazione banale. E chiaro che due punti qualsiasi contenuti in
36 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
FIGURA 2.4.3. Toro con due Buchi S
2
Y := S
1
#S
2
X possiedono intorni disgiunti. Siano x
1
Y e x
2
X e sia
:
_
S
1

D
1
_
.
_
S
2

D
2
_
S
1
#S
2
la proiezione al quoziente. Se U un aperto contenente x
2
allora
1
(U) unio-
ne di due aperti disgiunti, uno contenente x
2
e laltro contenente f(x
2
) (dato che

1
(x
2
) = x
2
, f(x
2
)). Se W un aperto contenente x
2
opportunamente piccolo
allora f(W) un aperto contenente f(x
2
) e risulta (W f(W)) un aperto di
S
1
#S
2
. Basta allora prendere intorni abbastanza piccoli per concludere. Con di-
mostrazione analoga si risolve il caso in cui x
1
, x
2
X. Rimane da dimostrare che
ogni punto possiede un intorno aperto omeomorfo a
_
(x, y) : x
2
+y
2
< 1
_
ma ci
praticamente ovvio, per come denita .
DEFINIZIONE 46. Chiameremo supercie orientabile di genere g 1 la somma
connessa S
g
del Toro T
2
con se stesso g volte, ossia
S
g
:= T
2
#T
2
#...#T
2
g volte.
Chiameremo invece supercie non orientabile di genere r 1 la somma connessa
S
[r]
del Piano Proiettivo P
2
R
con se stesso r volte, ossia
S
[r]
:= P
2
R
#P
2
R
#...#P
2
R
r volte.
La supercie compatta orientabile S
2
non altro che una sorta di Toro con due
buchi (FIGURA 2.3.3).
Abbiamo il seguente importante Teorema di Classicazione. Per una dimostra-
zione pu vedersi p. es. [4].
TEOREMA 47. (CLASSIFICAZIONE DELLE SUPERFICI COMPATTE E CONNESSE).
Ogni supercie S compatta e connessa omeomorfa a una tra le seguenti: S
2
, o S
g
per qualche g 1, o S
[r]
per qualche r 1.
2.4.2. OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE E CONNESSE. Il nostro scopo
calcolare lomologia delle superci compatte connesse. Per fare ci dobbiamo
riettere un attimo sulla loro costruzione. E possibile ottenere dei modelli di S
g
e
S
[r]
a partire da poligoni topologici con opportune identicazioni dei lati. Pensiamo
ad esempio alla supercie S
2
= T
2
#T
2
. Non difcile rendersi conto che S
2
pu
ottenersi attraverso un procedimento simile a quello in FIGURA 2.3.4. In generale,
2.4. OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE 37
FIGURA 2.4.4. Costruzione di S
2
FIGURA 2.4.5. Costruzione di S
[2]
per le superci del tipo S
g
, si avr a che fare con un poligono con 4g lati. Nel caso
delle superci del tipo S
[r]
la situazione leggermente differente, in ogni caso non
difcile convincersi che, pensando alla costruzione di S
[2]
= P
2
R
#P
2
R
, si perverr
ad un poligono di 2r lati. Ragionando sempre come su S
[2]
si capisce come vanno
identicati i lati per realizzare la somma connessa (vedi FIGURA 2.3.5).
Abbiamo allora il seguente Teorema.
TEOREMA 48. Risulta:
38 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
1) Per ogni g 1
H
q
(S
g
)

=
_

_
Z q = 0, 2
Z
2g
q = 1
0 q ,= 0, 1, 2
.
2) Per ogni r 1
H
q
_
S
[r]
_

=
_

_
Z q = 0
Z
r1
Z
2
q = 1
0 q ,= 0, 1
.
DIMOSTRAZIONE. Ricordiamo che se X
r
un bouquet di r circonferenze allora
H
q
(X
r
)

=
_

_
Z q = 0
Z
r
= Z ... Z q = 1
0 q ,= 0, 1
.
1) Sia U il poligono senza bordo (quindi contraibile) e V il poligono senza
centro (si retrae a X
2g
, bouquet di 2g circonferenze, per lidenticazione dei lati).
Allora U V omeomorfo al disco bucato (quindi si retrae a S
1
) e chiaramente
S
2g
= U V . Il caso in cui q ,= 0, 1, 2 allora immediato. Consideriamo allora la
successione esatta
0 H
2
(U V )

H
2
(U) H
2
(V )

H
2
(S
g
)

H
1
(U V )

H
1
(U) H
1
(V )

H
1
(S
g
)

H
0
(U V )

H
0
(U) H
0
(V )

H
0
(S
g
)

0,
che, a meno di isomorsmi, si riduce a
0

H
2
(S
2g
)

0 Z
2g

H
1
(S
g
)

Z Z

H
0
(S
g
)

= Z

0
(si ricordi che S
2g
connessa per archi). Dobbiamo allora calcolare H
2
(S
g
) e
H
1
(S
g
). Per concludere su H
2
(S
g
) basta allora dimostrare che H
2
(S
g
)

Z
un isomorsmo con limmagine, ma ci ovvio dato che la successione esatta,
inoltre Z

0 Z
2g
lomomorsmo nullo (si pensi, ad esempio, al Toro) e quin-
di im

= ker


= Z. Per concludere su H
1
(S
g
) basta dimostrare che Z

ZZ
iniettiva. Ma ci segue dal fatto che la successione esatta (e per quanto detto
relativamente a Z

0 Z
2g
).
2) Analogamente al caso precedente sia U il poligono senza bordo, V il poligo-
no con bordo ma senza centro. Anche in questo caso U contraibile, V si retrae a
X
r
, il bouquet di r circonferenze, e U V si retrae su S
1
. Ancora una volta lasserto
ovvio per q ,= 0, 1, 2, altrimenti abbiamo
2.5. ALCUNE CONSIDERAZIONI 39
0 H
2
(U V )

H
2
(U) H
2
(V )

H
2
(S
[r]
)

H
1
(U V )

H
1
(U) H
1
(V )

H
1
(S
[r]
)

H
0
(U V )

H
0
(U) H
0
(V )

H
0
(S
[r]
)

0,
che, a meno di isomorsmi, diventa
0

H
2
(S
[r]
)

0 Z
r

H
1
(S
[r]
)

Z Z

H
0
(S
[r]
)

= Z

0,
ricordando che S
[r]
connessa per archi. Consideriamo lomomorsmo Z

0
Z
r
. A differenza del caso precedente, tale omomorsmo non nullo, dato che
manda 1 Z in (0, (2, 2, ..., 2)) 0 Z
r
(per vederlo si rietta sul caso r = 1,
cio su P
2
R
). Pertanto 0

H
2
(S
[r]
)

0, essendo im

= ker

= 0 e dunque
H
2
(S
[r]
) = 0. Per concludere su H
1
(S
[r]
) osserviamo che lomomorsmo Z

ZZ iniettivo, dato che la successione esatta, quindi im

= ker

= H
1
(S
[r]
).
Ma im

=
Z
r
/2Z
r
isomorfo a Z
r1
Z
2
in quanto lomomorsmo
(x
1
, ..., x
r
) (x
1
x
r
, ..., x
r1
x
r
, [x
r
]
2
)
(con [h]
2
intendiamo la classe resto modulo 2 di h) ha come nucleo il sottogruppo
2Z
r
, come si vede facilmente. In denitiva H
1
(S
[r]
)

= Z
r1
Z
2
.
2.5. ALCUNE CONSIDERAZIONI
Ricordiamo la seguente:
DEFINIZIONE 49. Sia (A, +, ) un anello e sia (G, ) un gruppo abeliano. Si
dice che G un A-modulo se assegnata unoperazione di prodotto : AG G
tale che, per ogni a
1
, a
2
A, g
1
, g
2
G si abbia
(1) a
1
(g
1
g
2
) = a
1
g
1
a
1
g
2
,
(2) a
1
(a
2
g
1
) = (a
1
a
2
) g
1
,
(3) (a
1
+a
2
) g
1
= a
1
g
1
a
2
g
2
.
Osserviamo esplicitamente che se (A, +, ) un campo, si ottiene la denizione
di A-spazio vettoriale.
Ogni gruppo abeliano (G, +) pu essere considerato uno Z-modulo, denendo
il prodotto nel modo seguente
n g =
_

_
g+...+g
n volte
n > 0,
0 n = 0,
(g)+...+(g)
n volte
n < 0.
40 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
DEFINIZIONE 50. Si denisce rango di un gruppo abeliano (G, +), denotato
con rg(G), il massimo numero r di suoi elementi linearmente indipendenti, ovvero
tali che
n
1
g
1
+... +n
r
g
r
= id
G
, con n
1
, ..., n
r
Z n
i
= 0 per i = 1, ..., r.
ESEMPIO 51. Il gruppo abeliano (Z
2
, +) ha rango 0, risultando 2 1 = 0. In
generale, ogni gruppo ciclico di ordine nito ha rango nullo. Il gruppo Z
r1
Z
2
ha invece rango r 1, come immediato vericare.
DEFINIZIONE 52. Sia X uno spazio topologico tale che i gruppi di omologia
singolari H
q
(X) siano tutti nitamente generati. Lintero b
q
= rg (H
q
(X)) si dice
q-esimo numero di Betti di X.
ESEMPIO 53. Per esempio, per le superci topologiche compatte, abbiamo:
b
q
(S
g
) =
_

_
1 se q = 0, 2,
2g se q = 1,
0 altrimenti.
b
q
(S
[r]
) =
_

_
1 se q = 0,
r 1 se q = 1,
0 altrimenti.
DEFINIZIONE 54. Si dice Caratteristica di Eulero di X, spazio topologico tale
che tutti i gruppi di omologia singolare siano nitamente generati, la somma a
segni alterni dei numeri di Betti (quando tale somma nita), cio
(X) :=

qN
(1)
q
b
q
.
Ad esempio (S
g
) = 2 2g e
_
S
[r]
_
= 2 r.
E possibile, con ovvie varianti, trattare il caso dellomologia singolare a coef-
cienti in un gruppo abeliano G. In tal modo si scrive
Q
q
(X; G) :=
_
_
_

nite
g

: g

G, T

: I
q
X continue
_
_
_
,
D
q
(X; G) :=
_
_
_

nite
g

: g

G, T

: I
q
X continue e degeneri
_
_
_
,
C
q
(X, G) :=
Q
q
(X; G)
D
q
(X; G)
,
q
: C
q
(X; G) C
q1
(X; G)
la cui omologia verr denotata con H
q
(X; G). Valgono, con gli stessi argomenti
per dimostrarle, le seguenti propriet:
(1) Funtorialit.
(2) Invarianza Omotopica.
2.5. ALCUNE CONSIDERAZIONI 41
(3) Omologia del punto
H
q
(pt; G) =
_
G, q = 0
0, q ,= 0
.
(4) Successione di Mayer-Vietoris.
Due scelte interessanti si ottengono quando G = Z
2
, dove in particolare
H
q
(S
g
; G) =
_
Z
2
, q = 0, 2
Z
2g
2
, q = 1
, H
q
_
S
[r]
; G
_
=
_
Z
2
, q = 0
Z
r
2
, q = 1
,
e G = R dove:
H
q
(S
g
; G) =
_
R, q = 0, 2
R
2g
, q = 1
, H
q
_
S
[r]
; G
_
=
_
R, q = 0
R
r1
, q = 1
.
In particolare nel caso delle superci non orientabili, con la scelta dei coefcienti
nel campo R scompare il sottogruppo di torsione, l sottogruppo di H
q
(X; Z) co-
stituito dagli elementi di ordine nito. Considerando a titolo di esempio il piano
proiettivo, rappresentato come poligono topologico con identicazione, si vede su-
bito che il ciclo c
1
costituito dalla retta allinnito non un bordo se consideriamo
lomologia a coefcienti interi, ma lo nellomologia a coefcienti reali: infatti c
1

bordo di
1
2
c
2
, essendo c
2
la 2-catena del poligono rappresentante.
CAPITOLO 3
COOMOLOGIA DI DE RHAM
3.1. FORME DIFFERENZIALI SU APERTI DI R
n
Siano (x
1
, x
2
, ..., x
n
) coordinate standard in R
n
. Unespressione formale del
tipo

1i
1
<...<i
q
n
a
i
1
,i
2
,..,i
q
dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
,
dove (i
1
, ..., i
q
) N
q
e gli a
i
1
,i
2
,..,i
q
sono numeri reali, di dice q-forma esterna in R
n
.
Linsieme delle q-forme esterne su R
n
, denotato con
q
, uno spazio vettoriale
reale, come si vede facilmente. Una base per tale spazio linsieme
S =
_
dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
_
1i
1
<...<i
q
n
e dunque
q
ha dimensione
_
n
q
_
, risultando lo spazio vettoriale reale generato
dagli elementi di S. La somma diretta

:=
n

q=0

q
,
dove poniamo per denizione
0
:= R, si dice spazio delle forme esterne su R
n
ed
ha dimensione

n
q=0
_
n
q
_
= 2
n
, avendo come base linsieme
n
_
q=0
_
dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
_
1i
1
<...<i
q
n
.
Nello spazio delle forme esterne su R
n
si pu denire un prodotto , detto prodotto
esterno, che opera nel modo seguente
_
dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
1
_

_
dx
j
1
dx
j
2
... dx
j
q
2
_
=
= dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
1
dx
j
1
dx
j
2
... dx
j
q
2
e per il quale dx
i
dx
j
= dx
j
dx
i
per ogni i, j (da ci discende che dx
i
dx
i
= 0).
Con tale prodotto, esteso in modo ovvio alle forme esterne,
q
diventa unalgebra
graduata detta algebra delle forme esterne. Si noti che se a
p
e b
q
allora
a b = (1)
pq
b a.
DEFINIZIONE 55. Sia U R
n
un aperto e siano x = (x
1
, ..., x
n
) coordinate
su U. Una q-forma differenziale su U unespressione formale del tipo
(x) :=

1i
1
<...<i
q
n
f
i
1
,i
2
,..,i
q
(x)dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
,
43
44 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM
dove (i
1
, ..., i
q
) N
q
ed ogni f
i
1
,i
2
,..,i
q
una funzione in C

(U). Spesso deno-


teremo una q-forma differenziale (x) semplicemente con , sottintendendo la
dipendenza da x U.
Denotando con
q
(U) linsieme delle q-forme differenziali su U, abbiamo che
tale insieme uno spazio vettoriale reale di dimensione innita (poniamo per
denizione
0
coincidente con C

(U)). La somma diretta

(U) :=
n

q=0

q
(U)
ancora uno spazio vettoriale di dimensione innita per il quale possibile denire
un prodotto esterno similmente alle forme esterne su R
n
. Sulla struttura di tale
spazio, detto algebra delle forme differenziali torneremo tra poco, notiamo per che
anche in questo caso, se
q
(U) e
p
(U) allora = (1)
pq
.
NOTAZIONE. Molto spesso sar utile denotare una forma differenziale utiliz-
zando multiindici. Precisamente ponendo I = (i
1
, ..., i
q
) N
q
con 1 i
1
< i
2
<
... < i
n
n, si scriver
=

f
I
dx
I
dove f
I
:= f
i
1
,i
2
,..,i
q
e dx
I
:= dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
. Poniamo inne [I[ = q.
DEFINIZIONE 56. Data la q-forma differenziale
=

1i
1
<...<i
q
n
f
i
1
,i
2
,..,i
q
dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
deniamo il differenziale (esterno) di come la (q+1)- forma
d :=

1i
1
<...<i
q
n e j=1,..,n
f
i
1
,i
2
,..,i
q
x
j
dx
j
dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
,
che con la notazione in multiindici diventa
d :=

I,j
f
I
x
j
dx
j
dx
I
.
Associando ad ogni q-forma differenziale il suo differenziale esterno si ottiene
unapplicazione lineare
d = d
q
:
q
(U)
q+1
(U)
che chiameremo differenziale esterno.
OSSERVAZIONE 57. Una denizione alternativa di differenziale si ottiene
richiedendo che d soddis le seguenti propriet:
i) Se q = 0 allora
df :=
n

i=1
f
i
x
i
dx
i
.
ii) Se q > 0 e =

I
f
I
dx
I
allora
d :=

I
df
I
dx
I
.
3.1. FORME DIFFERENZIALI SU APERTI DI R
n
45
Il prossimo Lemma pone in relazione prodotto esterno e differenziale esterno.
LEMMA 58. Se
p
(U) e
q
(U) allora
d( ) = d + (1)
p
d,
vale a dire d unantiderivazione.
DIMOSTRAZIONE. Siccome d unapplicazione lineare, sufciente dimostra-
re il Lemma quando = f
I
dx
I
e = g
J
dx
J
dove I = (i
1
, ..., i
q
) N
q
e J =
(j
1
, ..., j
p
) N
p
(ossia quando e sono monomi). Risulta allora d = df
I
dx
I
e d = dg
J
dx
J
, quindi per la denizione di differenziale e per le propriet del
prodotto esterno
d( ) = d (g
J
f
I
dx
J
dx
I
) = d (g
J
f
I
) dx
J
dx
I
=
= [(dg
J
)f
I
+g
J
(df
I
)] dx
J
dx
I
=
= f
I
(dg
J
dx
J
dx
I
) +g
J
(df
I
dx
J
dx
I
) =
= (dg
J
dx
J
) f
I
dx
I
+ (1)
p
(g
J
dx
J
) (df
I
dx
I
).

Il Lemma utile per la dimostrazione del seguente importante:


TEOREMA 59. d
2
= 0.
DIMOSTRAZIONE. Dobbiamo dimostrare che d
q+1
d
q
= 0 per ogni q. Suppo-
niamo q = 0. Per ogni f C

(U) risulta
d(df) = d
_
n

i=1
f
i
x
i
dx
i
_
=
n

i=1
d
_
f
x
i
_
dx
i
=
=
n

i=1
_
_
n

j=1

2
f
x
j
x
i
dx
j
_
_
dx
i
=
n

i,j=1

2
f
x
j
x
i
dx
j
dx
i
.
Dato che

2
f
x
j
x
i
=

2
f
x
i
x
j
, la tesi segue dalle propriet del prodotto esterno. Sup-
poniamo q > 0 e sia =

I
f
I
dx
I
con [I[ = q. Allora
d
2
= d
_

I
df
I
dx
I
_
=

I
d (df
I
dx
I
) =
=

I
_
d
2
f
I
dx
I
+ (1)
q
d (dx
I
) df
I

= 0
perch d
2
f
I
= 0 = d(dx
I
).
Il Teorema precedente mostra che la famiglia

(U) = (
q
(U), d
q
)
qZ
,
dove poniamo d
q
= 0 e
q
(U) = 0 se q < 0, un complesso di cocatene, ossia il
differenziale esterno d
q
va da
q
(U) a
q+1
(U) (nei complessi di catene
q
andava
46 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM
da C
q
a C
q1
). Osserviamo poi che da

(U) possibile denire il complesso di


catene opposto

opp

(U) :=
__

opp
q
(U), d
q
__
qZ
dove
opp
q
=
q
di modo che d
q
:
q

q1
. In denitiva se U un aperto di
R
n
risulta individuata la successione di applicazioni lineari:

0
(U)
d

1
(U)
d
...
d

q
(U)
d
......
d

n1
(U)
d

n
(U),
e per ogni q possiamo allora denire i seguenti sottospazi:
Z
q
(U) := ker d
q
= q-forme differenziali chiuse ,
B
q
(U) := imd
q1
= q-forme differenziali esatte .
Dal fatto che d
2
= 0 segue immediatamente che B
q
(U) Z
q
(U).
DEFINIZIONE 60. Lo spazio vettoriale quoziente
H
q
dR
(U) := Z
q
(U)/B
q
(U)
si dice q-esimo spazio di coomologia di De Rham dellaperto U R
n
.
ESEMPIO 61. Se U un qualsiasi aperto di R
3
abbiamo i seguenti isomorsmi

0
(U)
3
(U), f fdx dy dz;

1
(U)
2
(U), f
1
dx +f
2
dy +f
3
dz f
1
dy dz +f
3
dz dx +f
3
dx dy.
Osserviamo poi che
1
(U) (e quindi anche
2
(U)) isomorfo allo spazio vettoriale
dei campi vettoriali U R
3
di classe C

. Si riconosce quindi che d


0
coincide con
loperatore gradiente, e molto semplicemente anche che d
1
coincide con loperatore
rotore e d
2
con loperatore divergenza.
Pu essere utile formalizzare le precedenti denizione con la seguente situa-
zione algebrica.
DEFINIZIONE 62. Sia R un anello commutativo. Unalgebra su R un R-
modulo A su cui sia denita unoperazione binaria e bilineare di prodotto
: AA A,
(a, b) ab.
Se la coppia (A, ) risulta anche un monoide, ovvero il prodotto associativo e
possiede un elemento neutro, si dice che A unalgebra associativa. Un anello gra-
duato A unanello che ammette una decomposizione in somma diretta di gruppi
abeliani additivi
A =

nZ
A
n
tale che loperazione di prodotto soddis
a A
i
, b A
j
ab A
i+j
3.1. FORME DIFFERENZIALI SU APERTI DI R
n
47
ovvero A
i
A
j
A
i+j
per ogni i, j Z. Gli elementi di A
n
si dicono omogenei di
grado n e un ideale I di A si dice omogeneo se per ogni a I allora a
k
I per ogni
k, dove a = a
1
+ ... + a
k
+ ... con a
k
A
k
. Se I un ideale omogeneo di A allora
anche
A
I
ha struttura di anello graduato con
A
I
=

nZ
A
n
I
I
.
Unalgebra graduata una R-algebra (A, +, ) tale che A, rispetto alloperazio-
ne di prodotto, sia un anello graduato. Unalgebra graduata si dice commutativa in
senso graduato se, per ogni a A
i
, b A
j
, i, j Z si ha
a b = (1)
ij
b a.
Unalgebra graduata C =

nZ
C
n
che sia anche un complesso di cocatene
... C
q1
d
q1
C
q
d
q
C
q+1
...
si dice inne un complesso differenziale e la coomologia di C come complesso di
cocatene da luogo a sua volta a unalgebra graduata H

(C) =

nZ
H
q
(C).
ALGEBRA DELLE FORME DIFFERENZIALI E ALGEBRA DI COOMOLOGIA SU APERTI
U R
n
. Vogliamo ora approfondire alcuni aspetti riguardanti lo spazio vettoria-
le

(U). possibile denire su di esso un prodotto, il prodotto esterno , nel


seguente modo:
=

I,J
f
I
g
J
dx
I
dx
J
, per ogni
q
(U),
p
(U),
quindi il prodotto di una q-forma con una p-forma una (q+p)-forma. Il prodotto
esterno non commutativo dal momento che dx
i
dx
j
= dx
j
dx
i
per ogni i, j
(e quindi dx
i
dx
i
= 0) e dunque = (1)
pq
. Dunque

(U) uno
spazio vettoriale reale ed un anello commutativo in senso graduato, intendendo con
questultima espressione che la propriet commutativa del prodotto regolata dai
gradi delle forme fattore secondo la seguente propriet:
= (1)
pq
.
Come abbiamo visto, il differenziale esterno agisce sul prodotto di forme differen-
ziali secondo la formula:
d( ) = d + (1)
q
d,
dove una q-forma differenziale e una p-forma differenziale. Lavorando poi
con i sottospazi vettoriali
q
(U) abbiamo denito i sottospazi Z
q
(U) e B
q
(U), per
i quali B
q
(U) Z
q
(U). Consideriamo allora le somme dirette:
Z

(U) :=
n

q=0
Z
q
(U), B

(U) :=
n

q=0
B
q
(U)
per i quali si avr, ovviamente, B

(U) Z

(U). Abbiamo il seguente importante:


48 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM
COROLLARIO 63. Nellalgebra graduata

(U) = (
0
,
1
, ...,
n
) :
q

q
(U) per ogni q
le somme dirette Z

(U) e B

(U) sopra denite sono sottoalgebre di

(U) e B

(U)
un ideale di Z

(U).
DIMOSTRAZIONE. 1) Z

(U) un sottoanello di

(U), infatti se Z
q
(U) e
Z
p
(U) allora d( ) = d + (1)
q
d = 0, quindi Z

(U).
2) B

(U) un sottoanello di

(U), infatti se
1
B
q
(U) e
2
B
p
(U) allora

1
= d e
2
= d, con (q1)-forma differenziale e (p1)-forma differenziale.
Allora
d(
2
) = d
2
+ (1)
p
d
2
= d
2
=
1

2
.
3) B

(U) un ideale di Z

(U). E sufciente dimostrare, per le propriet del


prodotto esterno, che Z

(U) per ogni Z


q
(U) e = d B
q
(U). Risulta
= d = (1)
q
d( ).

Il Corollario precedente ci permette di dare la seguente denizione con la quale


concludiamo questa prima sezione.
DEFINIZIONE 64. Lalgebra quoziente
H

dR
(U) := Z

(U)/B

(U)
si dice algebra di coomologia di de Rham di U R
n
(che nel seguito verr denotata
anche con H

(M)).
Risulta quindi:
H

dR
(U) =
n

q=0
H
q
dR
(U).
3.2. APPLICAZIONI DIFFERENZIABILI E VARIET DIFFERENZIABILI
Siano (x
1
, ..., x
n
) e (y
1
, ..., y
m
) coordinate standard rispettivamente in R
n
e R
m
.
Unapplicazione f : R
n
R
m
denita mediante le sue componenti, ovvero il
sistema di funzioni scalari
f(x
1
, ..., x
n
) = (f
1
(x
1
, ..., x
n
), ..., f
m
(x
1
, ..., x
n
)).
Si pone dunque y
i
= f
i
(x
1
, ..., x
n
) per ogni i = 1, ..., m. Diremo che f : R
n
R
m
di classe C

se le sue componenti f
i
: R
n
R, i = 1, ..., m, sono funzioni di
classe C

. Quando n = m diremo che f : R


n
R
n
un diffeomorsmo se
un omeomorsmo di classe C

insieme al suo inverso. Da ora in avanti utilizze-


remo, per le forme differenziali, una notazione mista tra indici e multiindici. Ogni
applicazione f : R
n
R
m
di classe C

induce unapplicazione
f
#
:
0
(R
m
)
0
(R
n
), f

(g) = g f
3.2. APPLICAZIONI DIFFERENZIABILI E VARIET DIFFERENZIABILI 49
che , evidentemente, lineare. In generale se
=

J
g
J
dy
j
1
... dy
j
q
, con J = (j
1
, ..., j
q
) N
q
,
una q-forma differenziale su R
m
denita unapplicazione
f

:
q
(R
m
)
q
(R
n
), f

() =

J
(g
J
f) df
j
1
... df
j
q
.
TEOREMA 65. Nelle notazioni precedenti, il diagramma
(3.2.1)
...
d
q2

q1
(R
m
)
d
q1

q
(R
m
)
d
q

q+1
(R
m
)
d
q+1
...
f

_ f

_ f

_
...
d
q2

q1
(R
n
)
d
q1

q
(R
n
)
d
q

q+1
(R
n
)
d
q+1
...
commutativo.
DIMOSTRAZIONE. Bisogna dimostrare che d f

= f

d. Per la linearit
sufciente vericare il Teorema sui monomi. Sia = g
J
dy
j
1
... dy
j
q

q
(R
m
).
Abbiamo allora che
d
_
f

_
g
J
dy
j
1
... dy
j
q
__
= d
_
(g
J
f) df
j
1
... df
j
q
_
= d (g
J
f) df
j
1
... df
j
q
mentre
f

_
d
_
g
J
dy
j
1
... dy
j
q
__
= f

_
dg
J
dy
j
1
... dy
j
q
_
=
= f

_
m

i=1
g
J
y
i
dy
i
dy
j
1
... dy
i
q
_
=
_
m

i=1
_
g
J
y
i
f
_
df
i
_
df
j
1
... df
j
q
=
=
_
m

i=1
_
g
J
y
i
f
_
n

k=1
f
i
x
k
dx
k
_
df
j
1
... df
j
q
=
=
_
_

i,k
_
g
J
y
i
f
_
f
i
x
k
dx
k
_
_
df
j
1
... df
j
q
= d (g
J
f) df
j
1
... df
j
q
e cos lasserto dimostrato.
Il prossimo Teorema esprime il buon comportamento del differenziale rispetto
ai cambiamenti di coordinate.
TEOREMA 66. Il differenziale esterno invariante in forma sotto cambiamenti
di cordinate indotti da diffeomorsmi. Vale a dire se (x
1
, ..., x
n
) sono le coordinate
standard su R
n
e (y
1
, ..., y
n
) unaltro sistema di coordinate su R
n
(supponiamo allora
che f sia un diffeomorsmo tale che f(x
1
, ..., x
n
) = (y
1
, ..., y
n
)) e se =

J
g
J
dy
J
allora d =

J
(dg
J
) dy
J
.
DIMOSTRAZIONE. Se g
0
(R
n
), esprimendo g nelle coordinate standard,
risulta che
dg =
n

i=1
g
x
i
dx
i
50 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM
mentre nellaltro sistema di coordinate si avr
n

j=1
g
y
j
dy
j
=
n

j=1
g
y
j
_
n

i=1
y
j
x
i
dx
i
_
=
n

j,i=1
g
y
j
y
j
x
i
dx
i
=
=
n

i=1
g
x
i
dx
i
= dg.
Pi in generale se =

J
g
J
(y
1
, ..., y
n
)dy
J
, cambiando coordinate, si pu scrivere
=

J
g
J
(y
1
, ..., y
n
)dy
J
=

J,I
g
J
(x
1
, ..., x
n
)

y
J
x
I

dx
I
dove

y
J
x
I

indica il determinante jacobiano e g


J
= g
J
f
1
. Pertanto
d = d
_
_

J,I
g
J
(x
1
, ..., x
n
)

y
J
x
I

dx
I
_
_
=

J,I
d
_
g
J
(x
1
, ..., x
n
)

y
J
x
I

_
dx
I
=
=

I,J
d ( g
J
(x
1
, ..., x
n
))

y
J
x
I

dx
I
+

I,J
g
J
(x
1
, ..., x
n
)d
_

y
J
x
I

_
dx
I
.
Notiamo allora che il primo addendo non che

J
dg
J
dy
J
(per quanto dimostrato
inizialmente) mentre il secondo addendo nullo.
OSSERVAZIONE 67. Per ogni applicazione differenziabile f : R
m
R
n
,
segue dai precedenti enunciati che lapplicazione f

:
q
(R
n
)
q
(R
m
) por-
ta forme chiuse in forme chiuse, forme esatte in forme esatte, e induce pertanto
unapplicazione lineare f

: H
q
dR
(R
n
) H
q
dR
(R
m
), per ogni q 0. Le applica-
zioni lineari f

rispettano anche la struttura moltiplicativa dellalgebra delle forme


differenziali, e dunque le f

la struttura moltiplicativa della coomologia. entrambe


le famiglie di applicazioni lineari possono quindi compendiarsi in omomorsmi di
algebre
f

(R
n
)

(R
m
) , f

: H

dR
(R
n
) H

dR
(R
m
) .
Linvarianza dellespressione del differenziale rispetto a cambiamenti di coordi-
nate, derivante dallultimo risultato dimostrato, ci permette di denire il complesso
di de Rham anche su spazi che non sono necessariamente aperti di R
n
(o sottospazi
di R
n
) e la categoria naturale per fare ci quella delle Variet Differenziabili. Avre-
mo dunque un funtore dalla categoria delle variet differenziabili, con morsmi le
applicazioni differenziabili, alla categoria degli spazi vettoriali reali, con morsmi
le applicazioni lineari tra spazi vettoriali, e tale funtore risulta controvariante.
VARIET DIFFERENZIABILI. In questa sottosezione richiamiamo brevemente al-
cuni concetti di Geometria Differenziale. Ricordiamo che una variet topologica
M di dimensione n uno spazio topologico di Hausdorff a base numerabile tale
che ogni suo punto possieda un intorno aperto omeomorfo alla palla aperta di R
n
(che possiamo supporre centrata nellorigine e di raggio 1). Un atlante della variet
topologica M una famiglia (U
a
, f
a
)
aA
dove gli U
a
sono aperti la cui unione
3.2. APPLICAZIONI DIFFERENZIABILI E VARIET DIFFERENZIABILI 51
M (ossia U
a

aA
un ricoprimento di M) ed ogni f
a
un omeomorsmo tra
U
a
ed una palla aperta di R
n
. Ogni coppia (U
a
, f
a
) si dice carta locale e denisce
quello che si pu chiamare un sistema di coordinate locali intorno ad ogni punto
contenuto in U
a
. Evidentemente ogni variet topologica dotata di atlante. Per
ogni U
a
U
b
,= le composizioni
f
a
f
1
b
: f
b
(U
a
U
b
) f
a
(U
a
U
b
)
si dicono funzioni di transizione (sono omeomorsmi tra aperti di R
n
) e fornisco-
no i cambiamenti di coordinate su M (questo vuol dire che i punti di M possono
esser rappresentati da diversi sistemi di coordinate locali). Diremo che un atlan-
te (U
a
, f
a
)
aA
C

, o differenziabile, quando le funzioni di transizione sono


diffeomorsmi di classe C

(e diciamo che le carte sono C

compatibili).
DEFINIZIONE 68. Diremo che una variet topologica M dotata di una strut-
tura differenziabile o C

se possiede un atlante differenziabile che sia massimale


rispetto allinclusione. Una variet topologica di dimensione n dotata di una strut-
tura differenziabile si dice variet differenziabile di dimensione n o semplicemente
variet di dimensione n.
Per le variet differenziabili possibile dare la denizione di funzione differen-
ziabile.
DEFINIZIONE 69. Una funzione f : U R, dove U un aperto della
variet M con struttura differenziabile denita dallatlante (U
a
, f
a
)
aA
, si dir
differenziabile se differenziabile la funzione
f f
1
a
: f
a
(U U
a
) R
per ogni a A.
Per ogni punto p U esiste un aperto U
a
contenente p. Si denisce la derivata
di f calcolata in p come
f
x
i
(p) =
(f f
1
a
)
x
i
(f
a
(p))
dove (x
1
, ..., x
n
) sono le coordinate locali di p. Questa denizione ben posta
rispetto a cambiamenti di coordinate, nel senso che se lapplicazione f
b
denisce
intorno a p il sistema di coordinate locali (y
1
, ..., y
n
) diverso da quello indotto da f
a
allora, in un opportuno intorno di p, si pu scrivere
f
y
j
(p) =
(f f
1
b
)
y
j
(f
b
(p)) =
(f f
1
a
f
a
f
1
b
)
y
j
(f
b
(p)) =
=
n

i=1
(f f
1
a
)
x
i
(f
a
(p))
x
i
y
j
(f
b
(p)) =
n

i=1
f
x
i
(p)
x
i
y
j
(p)
dove abbiamo posto
_
f
a
f
1
b
_
(y
1
, ..., y
n
) = (x
1
, ..., x
n
), da cui si vede come la for-
mula di derivazione dipenda dal cambiamento di coordinate. Da ora in poi pense-
remo ad M dotata della struttura differenziabile indotta dall atlante (U
a
, f
a
)
aA
.
52 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM
DEFINIZIONE 70. Lo spazio tangente ad M in p, denotato con T
p
M, lo
spazio vettoriale generato dagli operatori

x
1
(p), ...,

x
n
(p) ed un campo di vettori
su U
a
una combinazione lineare
X
a
=
n

i=1
f
i

x
i
dove le f
i
: U
a
R sono tutte funzioni differenziabili.
Si vede facilmente, con considerazioni analoghe alle precedenti, che se (y
1
, ..., y
n
)
sono altre coordinate locali intorno a p U
a
allora

x
i
=
n

j=1
y
j
x
i

y
j
.
Un campo di vettori su M una collezione di campi di vettori della forma X
a
(campo si vettori su U
a
), per ogni a A, tali che X
a
e X
b
coincidano su U
a
U
b
,
per ogni a, b A. Analogamente abbiamo la seguente denizione.
DEFINIZIONE 71. Sia U M un aperto dellatlante che denisce la struttura
differenziale di M. Diremo che
U
una forma differenziale su U se, coerentemente
a quanto denito nel precedente capitolo, una combinazione lineare formale del
tipo

U
:=

1i
1
<...<i
q
n
f
i
1
,i
2
,..,i
q
dx
i
1
dx
i
2
... dx
i
q
,
dove i coefcienti sono funzioni differenziabili da U in R. Una forma differenziale
su M una collezione di forme differenziali
U
denite sugli aperti U dellatlante
di M che siano compatibili sulle intersezioni, vale a dire se i : U V U,
j : U V V sono le inclusioni, allora
i

(
U
) :=
U
i = j

(
V
) :=
V
j.
Da quanto osservato relativamente ai cambiamenti di coordinati, risulta chiaro
come il differenziale esterno d ed il prodotto esterno sono ben deniti dalle loro
espressioni locali anche per le forme differenziali (globali) su variet. Infatti poich
risulta i

( ) = i

() i

(), j

( ) = j

() j

(), i
sharp
(d) = d
_
i

()
_
e j

(d) = d
_
j

()
_
, sia che d si estendono allo spazio vettoriale

(M) delle
forme differenziali su M.

(M) ancora unalgebra graduata commutativa (cio


= (1)
pq
) e quindi possiamo considerare il complesso di cocatene

(M) := (
q
(M) , d
q
)
qZ
detto complesso di de Rham di M. La coomologia di tale complesso si dice coomolo-
gia di de Rham di M
H

dR
(M) := ker d/imd, dove d :

(M)

(M)
3.3. PARTIZIONI DELLUNIT E SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 53
ed eredita la struttura di algebra graduata commutativa
H

dR
(M) =
n

q=0
H
q
dR
(M) ,
vale a dire [] H
p
dR
(M) e [] H
q
dR
(M) allora
[] [] = (1)
pq
[] [] .
DEFINIZIONE 72. Unapplicazione tra variet f : M N si dice differen-
ziabile se si esprime nelle coordinate locali (x
1
, ..., x
m
), (y
1
, ..., y
n
), rispettivamente
di M ed N, con funzioni differenziabili y
i
= f
i
(x
1
, ..., x
m
), i = 1, ..., n.
Con lo stesse osservazioni viste in precedenza, un applicazione differenziabile
f : M N induce applicazioni lineari
f

:
q
(N)
q
(M) , f

: H
q
dR
(N) H
q
dR
(M)
che possono estendersi ad omomorsmi di algebre
f

(N)

(M) , f

: H

dR
(N) H

dR
(M) .
3.3. PARTIZIONI DELLUNIT E SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS
Con le ipotesi fatte sulle variet che intervengono nel nostro discorso, possi-
bile dimostrare lesistenza di partizioni dellunit subordinate ad un ricoprimento
aperto. Ci avr notevoli applicazioni.
DEFINIZIONE 73. Sia M una variet e | := U
a

aA
un suo ricoprimen-
to aperto. Una partizione dellunit subordinata ad | una famiglia di funzioni

a
: M R
aA
di classe C

, non negative e tali che:


a) supp
a
:= x M : f(x) ,= 0 U
a
, per ogni a A;
b) Ogni p M possiede un intorno aperto di M tale che

aA

a
una somma
nita in tale intorno;
c) Risulta:

aA

a
1.
La dimostrazione dellesistenza di tali funzioni poggia sul seguente:
LEMMA 74. Sia D
r
:= x R
n
: [x[ < r. Esiste una funzione f : D
3
(0) R
di classe C

tale che
f(x) =
_

_
1, x D
1
0 f(x) 1, x D
2
D
1
0, x D
3
D
2
.
DIMOSTRAZIONE. Consideriamo la funzione C

g : R R ottenuta ponendo
g(x) :=
_
e
1
(t+1)(t+2)
, t [2, 1]
0, t / [2, 1]
.
54 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM
Deniamo, a partire da g, la funzione h(t)
h(t) =

g()d

1
2
g()d
.
Si vede subito che h(t) ancora di classe C

. La funzione
f : D
3
R, f(x) = k([x[)
soddisfa, evidentemente, lasserto.
Vale quindi il seguente:
TEOREMA 75. M ammette una partizione dellunit subordinata ad ogni suo
ricoprimento aperrto.
DIMOSTRAZIONE. Diamo la dimostrazione solo nel caso in cui M sia compatta
(cfr. p. es. [5] per il caso generale). Utilizzando le carte di M si vede facilmente che
per ogni punto p M esiste una parametrizzazione g
p
: D
3
M tale che U
p
:=
g
p
(D
3
) U

, con U

aperto del ricoprimento |. Poniamo allora W


p
:= g
p
(D
1
)
U
p
. La famiglia di aperti W
p

pM
ricopre M e quindi esistono p
1
, ..., p
s
M tali
che M si scrive come lunione di W
p
1
, ..., W
p
s
(ovviamente M si scrive anche come
unione di U
p
1
, ..., U
p
s
). Deniamo allora le funzioni
i
ponendo
i
= f g
1
p
i
in
U
p
i
e
i
= 0 altrimenti (la funzione f quella del Lemma precedente). Deniamo
inne

i
:=

i

s
i=1

i
.
Allora
supp
i
= supp
i
U
p
i
U

i
,
inoltre la famiglia
i

i=1,...,s
soddisfa tutte le propriet di una partizione dellunit
subordinata al ricoprimento assegnato.
Nelle stesse ipotesi del Teorema precedente possibile dimostrare lesisten-
za di una partizione dellunit
b

bB
tale che i supporti delle funzioni
b
siano
compatti. In questo caso, tuttavia, linsieme B degli indici generalmente diverso
dallinsieme A degli indici che descrivono il ricoprimento aperto. .
SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS. Sia M = UV una variet differenziabile,
con U, V due suoi aperti. Le inclusioni
U
i

U V M

l
V
inducono le seguenti applicazioni lineari tra spazi vettoriali:
3.4. LEMMA DI POINCAR E INVARIANZA OMOTOPICA 55
0
q
(M)

q

q
(U)
q
(V )

q

q
(U V ) 0,
dove
q
() =
_
k

() , l

()
_
, con
q
(M), e
q
(, ) = i

() j

(), con

q
(U) e
q
(V ). Si riconosce subito che
q+1
d = d
q
e
q+1
d = d
d
e dunque le famiglie

:=
q

qZ
e

:=
q

qZ
sono morsmi di complessi di
cocatene.
TEOREMA 76. La successione di complessi di cocatene
0

(M)

(U)

(V )

(U V ) 0
esatta corta.
DIMOSTRAZIONE. Si deve dimostrare che

suriettiva e im

= ker

.
Se

(M) tale che

() = (0, 0) allora
U
=
V
= 0 e ci implica che = 0,
pertanto

iniettiva. Supponiamo ora (


U
,
V
) =

() con

(M). Risulta

(
U
,
V
) = i

(
U
) j

(
V
) = 0 ovviamente, quindi im

ker

. Linclusione
inversa ovvia. Rimane da dimostrare che

suriettiva. Sia

(U V )
e sia
1
,
2
una partizione dellunit subordinata al ricoprimento aperto U, V
di M. Risulta (
1
,
2
)

(U)

(V ), come si vede facilmente. Pertanto

(
1
,
2
) = (
1
+
2
) = .
COROLLARIO 77. (SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS). Sia M = U V , con
U, V aperti di M. Si ha una successione esatta lunga di coomologia
...

q1
H
q
dR
(M)

q
H
q
dR
(U) H
q
dR
(V )

q
H
q
dR
(U V )

q

q
H
q+1
dR
(M)

q+1
H
q+1
dR
(U) H
q+1
dR
(V )

q+1
H
q+1
dR
(U V )

q+1
....
DIMOSTRAZIONE. Basta applicare alla precedente successione esatta corta di
complessi di cocatene il Teorema Fondamentale dellAlgebra Omologica.
OSSERVAZIONE 78. Ispirandosi alla situazione gi descritta per lomologia
singolare, possiamo quindi denire un funtore controvariante tra la categoria delle
variet differenziabili, con morsmi le applicazioni differenziabili, e la categoria
degli spazi vettoriali, con morsmi le applicazioni linearii tra spazi vettoriali. Que-
sta possibilit una diretta conseguenza delle propriet di funtorialit, in versione
controvariante, nel passaggio da applicazioni differenzialili f alle loro indotte f

in
coomologia di de Rham.
3.4. LEMMA DI POINCAR E INVARIANZA OMOTOPICA
Vogliamo ora sviluppare delle tecniche di calcolo per gli spazi vettoriali di coo-
mologia di de Rham di variet differenziabili. Naturalmente, una delle tecniche
di calcolo la successione di Mayer-Vietoris, descritta nel precedente paragrafo.
Dimostriamo ora il seguente:
56 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM
TEOREMA 79. (LEMMA DI POINCAR). Per q n si ha
H
q
dR
(R
n
) =
_
R, q = 0
0, q ,= 0
.
DIMOSTRAZIONE. Procediamo per induzione su n. Per n = 1 siamo sulla retta
reale, e lisomorsmo
H
0
dR
(R) :=
Z
0
(R)
B
0
(R)

= R,
segue dal fatto che il sottospazio Z
0
(R) delle 0-forme chiuse, coincide con quello
delle funzioni a derivata nulla su R, ossia le costanti; invece B
0
(R) = 0, essendo
immagine dellapplicazione lineare nulla). Se invece (t) = f (t) dt allora
d
_
t
0
f () d
_
=
e dunque ogni 1-forma esatta e si ha la tesi.
Supponiamo poi che lasserto sia vero per n 1 e dimostriamolo per n + 1.
Consideriamo la proiezione
: R
n
R R
n
, (x
1
, ..., x
n
, t) (x
1
, ..., x
n
) := x
e la sezione nulla
s : R
n
R
n
R, x (x, 0)
applicazioni differenziabili per le quali, evidentemente, s = id
R
n. Abbiamo
allora che le due applicazioni lineari

: H

dR
(R
n
) H

dR
_
R
n+1
_
, s

: H

dR
_
R
n+1
_
H

dR
(R
n
)
vericano s

= id
H

dR
(R
n
)
. Risulta invece s ,= id
R
n+1, ma tuttavia dimo-
streremo tra breve che

= id
H

dR
(R
n+1
)
. Ne seguir quindi che H

dR
(R
n
)
e H

dR
_
R
n+1
_
, e dunque la tesi per induzione su n. Per provare che

=
id
H

dR
(R
n+1
)
deniamo le seguenti omotopie di cocatene:
k :

_
R
n+1
_

(R
n
)
che, come vedremo tra un attimo abbassano di una unit il grado delle forme
differenziali, e vericano la seguente
id

(R
n+1
)

= (d k k d) ,
dove la scelta dei segni dipende dal valore di q. Da tale propriet segue subito
che,che se tali applicazioni lineari k esistono, allora abbiamo dimostrato quanto si
voleva.
Per denire le omotopie di cocatene k osserviamo che ogni

_
R
n+1
_

combinazione lineare di forme di uno dei seguenti due tipi
(I)

() f (x, t) , (II)

() g (x, t) dt,
3.4. LEMMA DI POINCAR E INVARIANZA OMOTOPICA 57
con ,

(R
n
) e f, g : R
n+1
R funzioni differenziabili. Deniamo allora
nei due casi:
k :
_
(I)

() f (x, t) 0
(II)

() f (x, t) dt

()

t
0
f(x, )d
,
con

(R
n
) , f C

(R), estendiamo per linearit e verichiamo le propriet


che ci interessano.
Per le forme di tipo (I) abbiamo
_
id

(R
n+1
)

_ _

() f (x, t)
_
=

() f (x, t)

() f (x, 0)
ed anche
[(d k k d)]
_

() f (x, t)
_
= (d k)
_

() f (x, t)
_
(k d)
_

() f (x, t)
_
=
= 0 k
_

(d) f (x, t) + (1)


q

()
_
n

i=1
f
x
i
(x, t)dx
i
+
f
t
dt
__
=
= k
_

(d) f (x, t)

(1)
q
k
_

()
_
n

i=1
f
x
i
(x, t)dx
i
+
f
t
(x, t) dt
__
=
= (1)
q

()

t
0
f

(x, ) d =

() f (x, t)

() f (x, 0)
scegliendo opportunamente il segno in base a q.
Per le forme di tipo (II)
=

() f (x, t) dt
si ha
d = d
_

() f (x, t) dt
_
=

(d) f (x, t) dt+


+(1)
q

()
_
n

i=1
f
x
i
(x, t)dx
i
dt
_
,
quindi
k (d) =

(d)

t
0
f(x, )d + (1)
q1

()
_
n

i=1
dx
i

t
0
f
x
i
(x, )d
_
mentre
dk () = d
_

()

t
0
f(x, )d
_
=

(d)

t
0
f(x, )d+
+(1)
q1

()
_

t
0
_
n

i=1
f
x
i
(x, )dx
i
_
d +f (x, t) dt
_
.
Pertanto, alleggerendo le notazioni,
dk ()k (d) =

(d)

t
0
fd+(1)
q1

()
_

t
0
_
n

i=1
f
x
i
dx
i
_
d +fdt
_

58 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM

(d)

t
0
fd (1)
q

()
_
n

i=1
dx
i

t
0
f
x
i
d
_
=
= (1)
q1

()
_

t
0
_
n

i=1
f
x
i
dx
i
_
d +fdt
_

(1)
q1

()
_
n

i=1
dx
i

t
0
f
x
i
d
_
=
= (1)
q1
w+(1)
q1

()
_
n

i=1
dx
i

t
0
f
x
i
d
n

i=1
dx
i

t
0
f
x
i
d
_
= (1)
q1
w
e daltra parte
_
id

(R
n+1
)

_ _

() f (x, t) dt
_
=
dato che s

(dt) = 0.
Pi in generale, per ogni variet M sono denite le applicazioni
: M R M, (x, t) x
s : M M R, x (x, 0) ,
dette rispettivamente proiezione e sezione nulla, tali che s = id
M
. Si ha allora
che se U

un atlante per M allora U

R unatlante per la variet M R


(si dimostri, per esercizio, che il prodotto cartesiano di due variet differenziabi-
li M
m
N
n
una variet differenziabile M N di dimensione n + m, denita
dallaltante prodotto diretto degli atlanti), inoltre ogni (q + 1)-forma differen-
ziale in M R combinazione lineare di forme del tipo (I) e (II) come quelle
viste nella precedente dimostrazione del Lemma di Poincar. Dunque si possono,
riprendere le precedenti denizioni delle omotopie di cocatene k (dove ora le coor-
dinate (x
1
, ..., x
n
) sono solo locali), e dimostrare in modo completamente identico
a quanto visto sopra, che
H

dR
(M R)

= H

dR
(M) .
Di conseguenza
H

dR
(M R
n
)

= H

dR
_
M R
n1
_

= H

dR
(M) .
Da ci segue facilmente linvarianza omotopica della coomologia di de Rham,
ma per concludere utile ancora qualche osservazione. In primo luogo una deni-
zione di omotopia differenziabile tra applicazioni differenziabili, del tutto analoga
a quella di omotopia tra applicazioni continue, ma con la richiesta che lomotopia
F : M R N tra f, g : M N (che verica F(x, 0) = f(x), F(x, 1) = g(x))
abbia il parametro di omotopia t R. Due variet differenziabili M e N di diranno
omotopicamente equivalenti (nella loro categoria Diff) se esistono applicazioni dif-
ferenziabili f : M N, g : N M tali che le due composizioni g f e f g siano
differenziabilmente omotope alle due identit su M e su N..
3.4. LEMMA DI POINCAR E INVARIANZA OMOTOPICA 59
LEMMA 80. Se f, g : M N sono applicazioni differenziabilmente omotope
tra le due variet differenziabili M, N variet, allora f

= g

: H

dR
(N) H

dR
(M).
DIMOSTRAZIONE. Possiamo supporre che lomotopia F sia del tipo F : M
R N con F(p, t) = f(p) per t 1 e f(p, t) = g(t) per t 0. Siano allora s
0
, s
1
le due sezioni
s
0
: M M R, p (p, 0)
s
1
: M M R, p (p, 1) .
Si vede immediatamente che f = F s
1
e g = F s
0
. Per la funtorialit di ha
che f

= s

1
F

e g

= s

0
F

, inoltre s

0
, s

1
sono entrambe inverse di

(ossia
s

0
= (

)
1
= s

1
) e dunque la tesi immediata.
TEOREMA 81. (DI INVARIANZA OMOTOPICA). Se M, N sono variet omotopi-
camente equivalenti risulta
H

dR
(M)

= H

dR
(N) .
DIMOSTRAZIONE. Segue dal lemma precedente con lusuale argomento d fun-
torialit.
Per il calcolo dell H

dR
(M), analogamente allomologia singolare, possiamo
servirci dei seguenti strumenti:
(1) Coomologia del punto;
(2) Invarianza Omotopica;
(3) Successione di Mayer-Vietoris.
Esempi/Esercizi.
(1) COOMOLOGIA DELLE SFERE. Risulta
H
q
dR
(S
n
) =
_
R, q = 0, n
0, q ,= 0, n
per n 1, e
H
q
dR
_
S
0
_
=
_
R R, q = 0
0, q ,= 0,
.
(2) COOMOLOGIA DEL BOUQUET DI CIRCONFERENZE. Risulta
H
q
dR
(X
r
)

=
_

_
R, q = 0
R
r
= R ... R, q = 1
0, q ,= 0, 1
(3) COOMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE. Risulta
H
q
dR
(S
g
) =
_

_
R, q = 0, 2
R
2g
, q = 1
0, q ,= 0, 1, 2
,
60 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM
H
q
dR
_
S
[r]
_
=
_

_
R, q = 0
R
r1
, q = 1
0, q ,= 0, 1
.
Suggerimento. Per risolvere gli ultimi tre esercizi si consiglia di usare il seguen-
te risultato. Se la seguente successione di spazi vettoriali di dimensione nita
0 V
1
V
2
... V
k1
V
k
0
esatta, risulta
k

i=1
(1)
k
dimV
i
= 0.
(La dimostrazione si ottiene facilmente per induzione su k, vedremo pi avanti
qualche dettaglio).
CAPITOLO 4
INTEGRAZIONE E TEOREMI DI STOKES
4.1. TEOREMA DI STOKES PER CATENE
Sia M una variet differenziabile n-dimensionale e sia
q
(M) lo spazio vetto-
riale delle q-forme differenziali su M.
OSSERVAZIONE 82. Su M possiamo denire, analogamente al complesso
delle catene singolari C

(M), il complesso delle catene singolari costruito a partire


da cubi C

, Possiamo continuare in tal caso ad assumere coefcienti interi, ma per


i nostri ni sar pi conveniente riferirci in questo caso a coefcienti nel campo
reale R:
C

(M; R) :=
__
C

q
(M; R) ,
q
__
qZ
(assumiamo, come al solito, che per q < 0 vi siano spazi ed applicazioni banali) la
cui omologia
H

q
(M; R) := ker
q
/im
q+1
,
con
q
: C

q
(M; R) C

q1
(M; R) omomorsmo di bordo.
Dimostreremo pi avanti il seguente
TEOREMA 83. Linclusione

: C

(M; R) C

(M; R) delle catene C

nelle
catene continue di M induce un isomorsmo:

: H

q
(M; R) H
q
(M; R)
tra gli spazi vettoriali di omologia singolare C

e continua a coefcienti in R.
DEFINIZIONE 84. Sia T : I
q
M un q-cubo singolare C

e sia

q
(M). Si denisce lintegrale di su T ponendo

T
=

I
q
T

,
dove ricordiamo che T

:= T.
OSSERVAZIONE 85. Se G : I
q
I
q
un diffeomorsmo che conserva lorien-
tazione (determinante dello Jacobiano positivo), risulta

TG
=

I
q
(T G)

I
q
_
G

_
=

I
q
T

T
.
Dalla denizione discende immediatamente che lintegrale di una q-forma dif-
ferenziale nullo sui q-cubi degeneri e dunque si pu estendere per linearit a
61
62 4. INTEGRAZIONE E TEOREMI DI STOKES
Q

q
(M; R) ponendo

c
q
:=

nita
n

w, c
q
=

nita
n

q
(M; R)
ed anche a C

q
(M; R). Infatti si vede immediatamente che

c
q
=

a
q

quando c
q
uguale ad a
q
a meno di q-cubi degeneri. E allora ben denita la forma
bilineare di integrazione

: C

q
(M; R)
q
(M) R, (c
q
, )

c
q
.
TEOREMA 86. (TEOREMA DI STOKES PER CATENE). Sia c
q
C

q
(M; R) e

q1
(M). Allora

c
q
d =

c
q
.
DIMOSTRAZIONE. Per la linearit dellintegrale sufciente provare il Teorema
per i monomi. Supponiamo allora che
T

= f (x
1
, ..., x
q
) dx
1
...

dx
i
... dx
q
,
con T : I
q
M di classe C

e dove abbiamo denotato con



dx
i
lassenza di dx
i
nel prodotto esterno. Ricordando come si calcola il
q
T risulta:

q
T
=
q

j=1
(1)
j
_

A
j
T

B
j
T

_
=
=
q

j=1
(1)
j
_
I
q1
(A
j
T)

I
q1
(B
j
T)

_
.
Ma:

I
q1
(A
j
T)

=
=
_
0, se i ,= j

I
q1
f (x
1
, ..., x
i1
, 0, x
i+1
, ..., x
q
) dx
1
...

dx
i
... dx
q
, se i = j
,
e analogamente:

I
q1
(B
j
T)

=
=
_
0, se i ,= j

I
q1
f (x
1
, ..., x
i1
, 1, x
i+1
, ..., x
q
) dx
1
...

dx
i
... dx
q
, se i = j
,
per quanto detto sullintegrazione di q-cubi degeneri. Pertanto:

q
T
= (1)
i
_
I
q1
(A
j
T)

I
q1
(B
j
T)

_
=
4.1. TEOREMA DI STOKES PER CATENE 63
= (1)
i

I
q1
[f (x
1
, ..., 0, ..., x
q
) f (x
1
, ..., 1, ..., x
q
)] dx
1
...

dx
i
... dx
q
.
Daltra parte si ha :

T
d =

I
q
T

I
q
d
_
T

_
=

I
q
d
_
f (x
1
, ..., x
q
) dx
1
...

dx
i
... dx
q
_
=
=

I
q
f
x
i
(x
1
, ..., x
q
) dx
i
dx
1
... dx
i1
dx
i+1
... dx
q
=
= (1)
i1

I
q
f
x
i
(x
1
, ..., x
q
) dx
1
... dx
q
e, per il Teorema Fondamentale del Calcolo, si ottiene

T
dw = (1)
i1
_
I
q1
(B
j
T)

I
q1
(A
j
T)

w
_
.
Dal confronto con la denizione di bordo segue la tesi.
CASI PARTICOLARI DEL TEOREMA DI STOKES PER CATENE. Dal Teorema di
Stokes per catene discendono i seguenti casi particolari.
1) TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO. Se f : [a, b] R una funzione
differenziabile, risulta

[a,b]
df =

[a,b]
f = f (b) f (a) .
2) TEOREMA DI GREEN in R
2
. Se = Adx+Bdy, con A, B funzioni differenzia-
bili, e D R
2
un dominio limitato per il quale D una curva semplice, chiusa
e C

, allora

D
_
B
x

A
x
_
dx dy =

D
Adx +Bdy.
3) TEOREMA DI STOKES IN R
3
. Se = Adx +Bdy +Cdz, con A, B, C funzioni
differenziabili, e D R
3
una supercie limitata tale che D una curva semplice,
chiusa e C

, allora

D
rot () =

D
.
4) TEOREMA DELLA DIVERGENZA IN R
3
. Se = Pdxdy +Qdz dx+Rdxdy,
con P, Q, R funzioni differenziabili e D R
3
dominio limitato tale che D una
supercie chiusa e C

, allora

D
div () =

D
.
LA FORMA BILINEARE DI DE RHAM. Esplicitiamo, per aperti particolarmente
semplici di R
2
e R
3
, lindicazione di forme generatrici di spazi di coomologia non
nulli.
64 4. INTEGRAZIONE E TEOREMI DI STOKES
ESEMPIO 87 (Forme chiuse ma non esatte). Sia U = R
2
(0, 0). Conside-
riamo la 1-forma
=
y
x
2
+y
2
dx +
x
x
2
+y
2
dy.
Verichiamo che chiusa ma non esatta su U; ne segue 0 ,= [] H
1
dR
(U). Infatti
esistono 1-cicli su U lungo i quali lintegrale di non nullo, p. es.:

S
1
={(x,y)R
2
|x
2
+y
2
=1}
= 2 ,= 0.
Ci legato alla topologia di U: S
1
non un bordo su U. Se invece consideriamo
tutto R
2
la circonferenza unitaria ovviamente un bordo (del disco unitario chiuso,
che anche un 2-cubo singolare su R
2
). Si osservi che la forma non un elemento
di
1
(R
2
), non essendo denita nellorigine. Si osservi anche che localmente =
d, con = arctg(
y
x
), ma la forma non denita su tutto U.
Osserviamo anche che U
n
= R
n
(0, 0, ..., 0) si retrae per deformazione alla
sfera S
n1
. Tale retrazione data da
R: U
n
R S
n1
U
n
,
(x, t) (1 t)x +t
x
| x |
.
Quindi U omotopicamente equivalente a S
1
e la classe di coomologia della forma

|S
1 genera H
1
dR
(S
1
).
Similmente, sia V = R
3
(0, 0, 0). La 2-forma differenziale
=
xdydz +ydxdz +zdxdy
(x
2
+y
2
+z
2
)
3
2
chiusa ma non esatta e risulta

S
2
={(x,y,z)R
3
| x
2
+y
2
+z
2
=1}
= 4 ,= 0.
Come sopra, il valore non nullo dellintegrale dipende dal fatto che S
2
non un
bordo in V , e la classe di coomologia [] di tale2-forma chiusa genera H
2
dR
(V ) =
H
2
dR
(S
2
). La forma
|S
2 detta una forma darea.
Tornando alla situazione generale, osserviamo che la forma bilineare di inte-
grazione pu essere ristretta al sottospazio dei q-cicli C

ed al sottospazio delle
q-forme differenziali chiuse, ossia

: Z

q
(M; R) Z
q
(M) R,
ricordando che c
q
Z

q
(M; R) se e solo se c
q
= 0 e Z
q
(M) se e solo se
d = 0.
COROLLARIO 88. Se b
q
B

q
(M; R), con b
q
= c
q+1
e se Z
q
(M), risulta

b
q
= 0.
4.2. VARIET CON BORDO ED INTEGRAZIONE DI FORME A SUPPORTO COMPATTO 65
DIMOSTRAZIONE. Applicando il Teorema di Stokes per Catene si ricava che

b
q
=

c
q+1
=

c
q+1
d =

c
q+1
0 = 0.

COROLLARIO 89. Se z
q
Z

q
(M; R) e se B
q
(M), con = d, risulta

z
q
= 0.
DIMOSTRAZIONE. Sempre dal Teorema di Stokes per Catene discende che

z
q
=

z
q
d =

z
q
=

0
= 0.

COROLLARIO 90. La forma bilineare di integrazione passa ai quozienti

: H

q
(M; R) H
q
dR
(M) R.
DIMOSTRAZIONE. Ponendo

[z
q
]
[] :=

z
q
, con [z
q
] H

q
(M; R) , [] H
q
dR
(M) ,
dai due Corollari precedentemente dimostrati, si vede immediatamente che tale
denizione ben posta.
Dimostreremo tra poco che la forma bilineare di integrazione

: H

q
(M; R) H
q
dR
(M) R
non degenere, vale a dire lapplicazione lineare di dualit
dRD : H
q
dR
(M)
_
H

q
(M; R)

, [] dRD() : [z
q
]

z
q
R,
detta dualit di De Rham, un isomorsmo tra spazi vettoriali.
4.2. VARIET CON BORDO ED INTEGRAZIONE DI FORME A SUPPORTO COMPATTO
In questa sezione ci occuperemo dellintegrazione di forme a supporto com-
patto sia con M
n
variet differenziabile qualsiasi che variet differenziabile con
bordo (di cui tra poco daremo la denizione) e dimostreremo il relativo Teorema
di Stokes.
DEFINIZIONE 91. Sia M
n
una variet differenziabile. Diremo che latlante
(U
a
, f
a
)
aA
di M
n
orientato se le funzioni di transizione
g
a,b
:= f
a
f
1
b
: f
b
(U
a
U
b
) f
a
(U
a
U
b
)
hanno tutte determinante Jacobiano strettamente positivo. Diremo che la variet
differenziabile M
n
orientabile se ammette un atlante orientato, e chiameremo
66 4. INTEGRAZIONE E TEOREMI DI STOKES
orientata una variet differenziabile orientabile su cui stata ssata unorientazio-
ne.
La seguente caratterizzazione assai utile.
TEOREMA 92. Una variet differenziabile M
n
orientabile se e solo se ammette
una n-forma differenziale ovunque non nulla.
DIMOSTRAZIONE. Osserviamo preliminarmente che un diffeomorsmo G : R
n

R
n
conserva lorientazione se e solo se G

dx
1
... dx
n
= dx
1
... dx
n
, con =
jacobiano di G, quindi funzione strettamente positiva.
() Supponiamo esista
n
(M) mai nulla su M. Mediante le carte
a
:
U
a
R
n
si hanno forme indotte

a
dx
1
... dx
n
= f
a
con f
a
mai nulla. Si pu
assumere f
a
> 0 per ogni a; infatti, se f
b
< 0 si sostituisca
b
: U
b
R
n
con la sua
composizione
b
con lo scambio di x
1
con x
2
: allora:

b
dx
1
dx
2
... dx
n
=

b
dx
2
dx
1
... dx
n
=

b
dx
1
dx
2
... dx
n
= (f
b
,
e nellatlante si consideri la carta (U
b
,
b
). Dunque le funzioni di transizione g
ab
=

a

1
b
: R
b
R
n
portano dx
1
... dx
n
in un suo multiplo positivo. Ne segue
che latlante, eventualmente corretto come sopra indicato, orientato.
() Viceversa sia (U
a
, f
a
)
aA
un atlante orientato, e dunque
g

ab
dx
1
... dx
n
=
1
b

a
dx
1
... dx
n
= dx
1
... dx
n
,
con funzione positiva. Ponendo
a
=

a
dx
1
... dx
n
risulta:

a
=

b
= (
b
)

b
,
con f =
b
funzione positiva in U
a
U
b
.
Sia inne
a
una partizione dellunit subordinata al ricoprimento aperto
U
a
. Poich
a
0, con

a
0, e poich la forme
a
, dove denite, sono
multiple positive le une delle altre, ne segue che =

a
una n-forma mai
nulla su M.

In virt di questultimo risultato possiamo introdurre nello spazio vettoriale


delle n-forme differenziali mai nulle su M = M
n
, con M orientabile, una relazione
di equivalenza in modo da distinguere le orientazioni di M
n
. Precisamente diremo
che
1
,
2

n
(M
n
) sono equivalenti se esiste una funzione differenziabile f :
M
n
R positiva su M tale che
2
= f
1
. chiaro che tale relazione di
equivalenza e che vi sono esattamente due classi di equivalenza. Queste verranno
denotate con [M] , [M] e si chiameranno orientazioni di M.
Per denire lintegrale su una variet diffenziabile orientabile M su cui sia ssa-
ta unorientazione [M], consideriamo in particolare il sottospazio vettoriale
q
c
(M)
di
q
(M) costituito dalle q-forme differenziali a supporto compatto:

q
c
(M) :=
q
(M) : supp () compatto .
4.2. VARIET CON BORDO ED INTEGRAZIONE DI FORME A SUPPORTO COMPATTO 67
DEFINIZIONE 93. Sia M una variet differenziabile orientata e una n-forma
differenziale a supporto compatto. Si denisce lintegrale di su M ponendo

M
:=

aA

U
a

dove
a

aA
una partizione dellunit subordinata allatlante orientato (U
a
, f
a
)
aA
di M e dove

U
a

a
:=

R
n
_
f
1
a
_

a
w, a A.
Notiamo subito che supp (
a
) compatto (essendo chiuso nel compatto supp ()),
e osserviamo che la somma

aA

U
a

risulta nita dal momento che esistono solo un numero nito di aperti U
a
che
intersecano supp () (per le propriet di una partizione dellunit).
PROPOSIZIONE 94. La denizione di integrale su M di una n-forma a supporto
compatto in M non dipende dalle scelte dellatlante orientato di M e della partizione
dellunit ad esso subordinata.
DIMOSTRAZIONE. Sia (V
b
, g
b
)
bB
unaltro atlante orientato e sia
b

bB
una
partizione dellunit subordinata ad esso. Allora:

bB

V
b

b
=

bB
_

aA

U
a
V
b

_
=

a,b

U
a
V
b

b
=
=

aA
_

bb

U
a
V
b

_
=

aA

U
a

a
,
e quindi lindipendenza della denizione dalle scelte fatte.
DEFINIZIONE 95. Uno spazio di Hausdorff a base numerabile M si dice una
variet differenziabile con bordo se su esso ssato un atlante massimale costituito
da carte
(U
a
, f
a
)
aA
(U
b
, f
b
)
bB
,
dove ogni U
a
omeomorfo, tramite f
a
, ad una palla aperta di R
n
mentre ogni U
b

omeomorfo, tramite f
b
, ad un aperto di H
n
:= x R
n
: x
n
0, con le carte C

compatibili. Linsieme
M :=
_
bB
f
1
b
(x H
n
: x
n
= 0)
si dice bordo di M.
Denoteremo le variet con bordo indifferentemente con uno dei due simboli
M o (M, M). Le nozioni di orientabilit e di orientazione di una variet diffe-
renziabile con bordo si danno nello stesso modo di quanto visto per variet senza
bordo. Per esse anche vale la caratterizzazione mediante lesistenza e il dato di
68 4. INTEGRAZIONE E TEOREMI DI STOKES
una n-forma differenziale mai nulla. Similmente, si prova par variet con bordo
lesistenza di una partizione dellunit subordinata a un suo arbitrario ricoprimento
aperto.
E particolarmente utile tener presente che il bordo del semispazio modello H
n
H
n
R
n1
. Ci consente in particolare (con un po di lavoro!) di vericare i
seguenti fatti:
1) Il bordo di una variet differenziabile con bordo (M, M) di dimensione n
una variet differenziabile (senza bordo) dimensione n 1.
2) Il bordo di una variet differenziabile con bordo orientabile una variet
orientabile ed ogni orientazione di possibile orientare coerentemente.
TEOREMA 96. (di Stokes per Variet con Bordo). Sia (M, M) una variet con
bordo orientabile e orientata n-dimensionale, e ssiamo su M lorientazione indotta.
Allora

M
=

M
d
per ogni
n1
c
(M).
DIMOSTRAZIONE. Strutturiamo la dimostrazione in tre passi.
i) Supponiamo che esista un n-cubo singolare T di classe C

, compatibile con
lorientazione e tale che supp ()

imT. Supponiamo inoltre che M T = .


Dal teorema di Stokes per catene abbiamo in questo caso:

M
d =

T
d =

T
= 0 =

M
.
ii) Supponiamo che esista un n-cubo singolare T di classe C

, compatibile con
lorientazione e tale che supp ()

imT, la parte interna di T. Supponiamo inoltre


che T intersechi M solo in punti interni della n-esima faccia inferiore A
n
T. In
questo caso si avr, sempre applicando il teorema di Stokes per catene:

M
d =

T
d =

T
= (1)
n

A
n
T
.
Daltra parte:

M
= (1)
n

I
n1
(A
n
T)

T = (1)
n

A
n
T
,
e quindi la tesi.
iii) Nel caso generale, essendo a supporto compatto, solo un numero nito
di aperti U
a
dellatlante orientato ssato per la denizione di integrale interseca-
no supp (). Dunque, se
a

aA
una partizione dellunit subordinata a tale
ricoprimento, abbiamo che i prodotti
a
soddisfano le ipotesi citate in i) o in ii).
4.2. VARIET CON BORDO ED INTEGRAZIONE DI FORME A SUPPORTO COMPATTO 69
Poich:

aA

a
1 =

aA
d
a
0,
risulta

M
=

aA

a
=

aA

M
d (
a
) =

aA
_
M
d
a
+

a
d
_
=
= 0 +

aA

a
d =

M
d.

CAPITOLO 5
DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
5.1. LA TECNICA DI MAYER-VIETORIS
I due teoremi di dualit che vogliamo dimostrare in questo capitolo posso-
no ottenersi applicando opportunamente successioni di Mayer-Vietoris ad aperti di
ricoprimenti opportuni. Diamo pertanto la seguente:
DEFINIZIONE 97. Sia M = M
n
una variet differenziabile e sia 1 := V
b

bB
un suo ricoprimento aperto. Diremo che 1 un buon ricoprimento se tutte le
intersezioni nite V
i
1
... V
i
p
di suoi aperti sono diffeomor a R
n
.
Diamo subito un esempio di ricoprimento aperto che non un buon ricopri-
mento. Sia M = S
n
, n 1, e consideriamo su di essa il ricoprimento aperto
U =
_

x S
n
R
n+1
: x
n+1
>
1
2
_
(emisfero boreale abbondante)
V =
_

x S
n
R
n+1
: x
n+1
<
1
2
_
(emisfero australe abbondante),
che abbiamo usato nel calcolo dellomologia di S
n
: Lintersezione dei due aperti ha
per retratto di deformazione S
n1
, e non quindi diffeomorfa a R
n
.
ESERCIZIO 98. Trovare un buon ricoprimento prima S
1
e poi di S
n
.
Il seguente fatto sar per noi fondamentale.
TEOREMA 99. Ogni variet differenziabile M ammette un buon ricoprimento.
DIMOSTRAZIONE. (Cenno). Si pu procedere nel seguente modo. Si assegni
su M una metrica riemanniana g. Tale nozione denisce quella di geodetica su
M (che localmente una curva di distanza minima tra due punti) e quella di ap-
plicazione esponenziale Exp : T T
p
M M, denita su vettori di modulo
sufcientemente piccolo dello spazio tangente T
p
M in un punto p alla variet M.
Lapplicazione esponenziale associa ad ogni tale vettore w tangente in p ad M il
punto di M corrispondente al valore 1 del parametro sullarco di geodetica indivi-
duato da w. Un (non facile) teorema di Geometria Riemanniana dimostra che ogni
punto p di M possiede un intorno U
p
tale che ogni coppia di r, q in tale intorno
siano congiungibili con una geodetica tutta contenuta in U
p
(vedi p. es. [3]). Tali
intorni geodeticamente convessi costituiscono evidentemente un buon ricoprimento
di M.
DEFINIZIONE 100. Una variet M si dice di tipo nito se ammette un buon
ricoprimento formato da un numero nito di aperti.
71
72 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
Dal Teorema precedente si deduce immediatamente che ogni variet compatta
di tipo nito. Anche R
n
di tipo nito, ovviamente. Una prima applicazione di
questa nozione la seguente:
TEOREMA 101. Se M una variet di tipo nito allora H
q
dR
(M) uno spazio
vettoriale a dimensione nita per ogni q.
DIMOSTRAZIONE. Premettiamo la seguente osservazione. Supponiamo che M =
U V , con U, V aperti di M e che il Teorema valga per U, V e U V . Dalla
successione di Mayer-Vietoris
... H
q1
dR
(U V )

q1
H
q
dR
(M)

q
H
q
dR
(U)H
q
dR
(V )

q
H
q
dR
(U V )

q
...
si ricava che im
q
= ker
q
e ker
q
= im
q1
. Il primo dunque un sottospazio
di H
q
dR
(U) H
q
dR
(V ), che per ipotesi ha dimensione nita; il secondo invece
immagine di H
q1
dR
(U V ), che anche stiamo supponendo avere dimensione nita.
Ne segue che anche H
q
dR
(M)

= im
q
ker
q
ha dimensione nita. Il Teorema si
pu ora dimostrare per induzione sul numero p di aperti di un buon ricoprimento
nito di M. Se p = 1 si ha che M

= R
n
ed il risultato vero per il Lemma di
Poincar. Supponiamo allora il Teorema vero per p aperti e dimostriamolo per p+1
aperti U
0
, U
1
, ..., U
p1
, U
p
. Poniamo
U := U
0
U
1
... U
p1
, V := U
p
.
Per ipotesi induttiva il Teorema vale per U, V ed U V = (U
0
U
p
)(U
1
U
p
)...
(U
p1
U
p
).. Usando losservazione fatta allinizio della dimostrazione, possiamo
concludere che allora il teorema vale anche per M.
Il precedente teorema pu essere usato per dare esempi di variet differenzia-
bili che non sono di tipo nito.
ESEMPIO 102. M := R
2
Z
2
non una variet di tipo nito. Infatti le 1-
forme del tipo
(h,k)
= d
(h,k)
, dove
(h,k)
langolo che gira intorno al punto
(h, k) Z
2
, sono tali che

S
1
(l,m)

(h,k)
= 2
(h,k)

(l.m)
,
dove S
1
(l,m)
una piccola circonferenza che avvolge il punto (l, m) e
(l.m)
il
simbolo di Kronecker. Dunque H
1
dR
(M) ha dimensione innita.
Per proseguire abbiamo bisogno del seguente Lemma di algebra omologica.
LEMMA 103. (LEMMA DEI CINQUE). Consideriamo il seguente diagramma di
spazi vettoriali
5.1. LA TECNICA DI MAYER-VIETORIS 73
A
1

1
> A
2

2
> A
3

3
> A
4

4
> A
5
B
1

1
> B
2

2
> B
3

3
> B
4

4
> B
5

dove le applicazioni che vi appaiono sono tutte lineari. Se , , , sono isomor-


smi, anche un isomorsmo.
DIMOSTRAZIONE. (v) = 0 implica
3
(v) =
3
(v) = 0, da cui
3
(v) = 0 e
v ker
3
= im
2
. Sia w A
2
tale che
2
(w) = v, allora
2
w =
2
w = 0;
dunque w ker
2
= im
1
. Se z B
1
con
1
(z) = (w), esiste z

A
1
con
z = (z

); dunque v =
2

1
z

= 0, ovvero iniettivo.
Sia x B
3
e y =
3
(x); allora y = (y

) per qualche y

A
4
; poich
4
(y) = 0
anche
4
(y

) = 0, ovvero y

im
3
; dunque esiste x

A
3
con
3
x

=
3
x

=
y. Si ha quindi
3
x

=
3
x = y, da cui x

x ker
3
= im
2
; se z B
2
con
2
z = x

x e z

A
2
con z = z


2
z

=
2
z

= x

x; pertanto
x = (x


2
z

), ovvero suriettivo.
TEOREMA 104. Sia M una variet qualsiasi. Linclusione di complessi di catene

: C

(M; R) C

(M; R)
induce applicazioni lineari

: H

q
(M; R) H
q
(M; R)
che sono isomorsmi di spazi vettoriali.
DIMOSTRAZIONE. Osserviamo in primo luogo che il Teorema di invarianza omo-
topica dellomologia singolare continua a valere anche in omologia C

. Procedia-
mo ora per passi.
i) Supponiamo che la variet M sia di tipo nito, e procediamo per induzione
sul numero p di aperti di un buon ricoprimento. Il teorema certamente vero per
p = 1. In tal caso infatti M R
n
e la tesi segue dal fatto che R
n
contraibile.
Supponiamo allora il teorema vero per p aperti e dimostriamolo per p+1 aperti. Ci
servir la seguente osservazione. Se M = U V , con U, V aperti di M e se lasserto
vale per U, V e U V allora vale anche per M. Infatti nellipotesi menzionata
abbiamo il diagramma commutativo:
H

q
(U V ) H

q
(U) H

q
(V ) H

q
(M) H

q
(U V ) H

q
(U) H

q
(V )

H
q
(U V ) H
q
(U) H
q
(V ) H
q
(M) H
q
(U V ) H
q
(U) H
q
(V )
(lapplicazione lineare che si deve mostrare essere un isomorsmo quella centrale)
e dunque il risultato segue dal Lemma dei Cinque. Pertanto se M = U
0
... U
p
ha
un buon ricoprimento formato da p + 1 aperti, poniamo
U = U
0
U
1
... U
p1
, V = U
p
.
74 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
Per ipotesi induttiva il teorema vale per U, V ed U V = (U
0
U
p
) (U
1
U
p
)
... (U
p1
U
p
)., e dunque per la precedente osservazione, il teorema vale anche
per M.
ii) Generalizziamo di un passo supponendo che M si scriva come unione nu-
merabile di aperti incapsulati, ossia
M =
_
nN
U
n
, U
1
U
2
... U
n
....
In queste ipotesi, se la tesi vera per ogni aperto U
i
allora la nozione di limite
diretto di un sistema diretto di spazi vettoriali (cfr. paragrafo successivo) consente
di dedurre il teorema per la variet M.
iii) Nel caso pi generale in cui M una variet qualsiasi si pu applicare il
Lemma di Zorn alla famiglia di aperti di M per i quali vale il teorema. Tale famiglia
contiene le unioni di tutti gli aperti U
1
... U
n
... e pertanto ammette elemen-
to massimale U. Se fosse M ,= U ogni punto p M U ammetterebbe un intorno
coordinato V non contenuto in U e, per largomento sviluppato il teorema sarebbe
vero per U V contenente U e si avrebbe una contraddizione con la massimalit
di U.
5.2. LIMITI DIRETTI E INVERSI
A completamento della dimostrazione dellultimo teorema, e per alcuni dei
teoremi che seguiranno, descriviamo le nozioni di limite diretto e limite inverso.
DEFINIZIONE 105. Un insieme dotato di una relazione dordine parziale <
si dice insieme diretto se < riessiva, transitiva e se per ogni , esiste un
con < , < .
Esempi di insiemi diretti sono la totalit degli aperti di uno spazio topologico X,
dove U < V se U V , e la totalit dei ricoprimenti aperti di X, dove | < 1 se |
un rafnamento di 1.
DEFINIZIONE 106. Un sistema diretto (di spazi vettoriali) sullinsieme diretto
consiste di una famiglia V

, di spazi vettoriali e di applicazioni lineari


j

: V

denite per ogni < e tali che:


i) j

lidentit su V

,
ii) j

= j

.
Se per esempio linsieme diretto costituito dagli aperti U

di uno spazio
topologico X (si pensi anche a X = M =

=1
U

del punto ii nella dimo-


strazione dellultimo teorema), allora gli spazi vettoriali H

q
(U

; R) o H
q
(U

; R)
costituiscono sistemi diretti rispetto agli indotti in omologia j

delle inclusioni
U

.
5.2. LIMITI DIRETTI E INVERSI 75
Se V

, j

un sistema diretto su , possiamo considerare lo spazio vettoriale


prodotto
V

e le inclusioni i

: V

.
DEFINIZIONE 107. Lo spazio vettoriale quoziente
dir limV

= V

/V

di V

modulo il sottospazio vettoriale V

generato dagli elementi del tipo i

(v

) i

(v

), dove v

, si dice limite diretto del sistema diretto V

, j

.
Vale la seguente:
PROPOSIZIONE 108. Siano V

, j

e W

, k

due sistemi diretti sullinsie-


me diretto legati da isomorsmi

che rendono commutativi i diagrammi


V

.
Allora la famiglia

di isomorsmi induce un isomorsmo di spazi vettoriali


: dir limV

dir limW

.
Osserviamo che la precedente proposizione (la cui dimostrazione lasciamo per
esercizio) consente di completare la dimostrazione il punto ii) dellultimo teorema:
nellipotesi M =

=1
U

con U
1
... U

..., dalla compattezza dei supporti


delle catene singolari si ha infatti:
dir limC
q
(U

; R)

= C
q
(M; R),
dir limC

q
(U

; R)

= C

q
(M; R),
e in omologia singolare:
dir limH
q
(U

; R)

= H
q
(M; R),
dir limH

q
(U

; R)

= H

q
(M; R).
Consideriamo anche le seguenti nozioni, duali delle precedenti.
DEFINIZIONE 109. Un sistema inverso (di spazi vettoriali) sullinsieme diretto
consiste di una famiglia V

, , di spazi vettoriali e di applicazioni lineari


r

: V

denite per ogni < e tali che:


i) r

lidentit su V

,
ii) r

= r

.
76 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
Un esempio di sistema inverso dato dagli spazi vettoriali di coomologia di de
Rham H
q
dR
(U

), essendo linsieme diretto degli aperti U

della variet differen-


ziabile M; le applicazioni lineari r

sono le restrizioni della classi di coomologia,


indotte dalle inclusioni U

.
DEFINIZIONE 110. Il sottospazio vettoriale
inv limV

costituito dalle famiglie v

tali che v

= r

per ogni < , si dice limite


inverso del sistema inverso V

, r

.
Anche qui abbiamo:
PROPOSIZIONE 111. Siano V

, r

e W

, s

due sistemi inversi su


legati da isomorsmi

che rendono commutativo il diagramma


V

.
Allora la famiglia

induce un isomorsmo
: inv limV

inv limW

.
Si osservi che la denizione da noi data di forma differenziale =
U
su
una variet differenziabile M pu ora formalizzarsi nella scrittura:

q
(M) = inv lim
q
(U

),
relativamente allinsieme diretto degli aperti coordinati di M. Poich il differenziale
esterno commuta con le restizioni delle forme differenziali, si ha anche:
H
q
dR
(M) = inv limH
q
dR
(U

).
5.3. DUALIT DI DE RHAM
Prima di dimostrare il Teorema di Dualit di De Rham premettiamo ancora due
osservazioni di algebra omologica. La prima delle due era gi stata enunciata come
suggerimento a esercizi di calcolo della coomologia di de Rham.
PROPOSIZIONE 112. Sia
0 V
1
f
1
V
2
f
2
...
f
k1
V
k
0
una successione esatta di applicazioni lineari tra spazi vettoriali a dimensione nita.
Allora:
k

i=1
(1)
i
dimV
i
= 0.
5.3. DUALIT DI DE RHAM 77
DIMOSTRAZIONE. Procediamo per induzione su k. Se k = 1 si ottiene la
successione esatta
0 V
1
0
e la tesi ovvia. Supponiamo quindi che il risultato valga per k1 e dimostriamolo
per k. Se la successione
0 V
1
f
1
V
2
f
2
...
f
k1
V
k
0
esatta, allora lo anche la successione
0 V
1
f
1
V
2
f
2
...V
k2
f
k2
imf
k2
0.
Ma questultima formata da k1 spazi vettoriali, e dunque per lipotesi induttiva:
k2

i=1
(1)
i
dimV
i
+ (1)
k1
dim(imf
k2
) = 0.
Daltra parte
dimV
k
= dimV
k1
dim(ker f
k1
)
con ker f
k1
= imf
k2
. Sostituendo si ottiene la tesi.
La seconda osservazione la possibilit di dualizzare una successione esatta di
spazi vettoriali.
PROPOSIZIONE 113. Sia
... V
1
f
1
V
2
f
2
...
f
k2
V
k1
f
k1
V
k
f
k
...
una successione esatta di applicazioni lineari di spazi vettoriali. Se f

i
: V

i+1
V

i

l applicazione lineare duale (detta anche trasposta) di f
i
(ossia f

i
(v) = (f
i
(v)),
con V

i+1
e v V
i
) allora la successione dualizzata
... V

1
f

1
V

2
f

2
...
f

k2
V

k1
f

k1
V

k
f

k
...
esatta.
DIMOSTRAZIONE. Se ker f

i
allora (f
i
(v)) = 0 per ogni v V
i
o anche
(w) = 0 per ogni w imf
i
. Pertanto ker f

i
lannullatore di imf
i
. Ma anche im
f

i+1
lannullatore di imf
i
= ker f
j+1
. Infatti se = f

i+1

1
e se v ker f
i+1
allora
(v) =
1
(f
i+1
(v)) =
1
(0) = 0.
Daltra parte se (v) = 0 per ogni v ker f
i+1
si pu denire
1
V

i+1
tale che

1
(f
i+1
(w)) = (w), con w V
i+1
, da cui = f
i+1

1
.
Possiamo ora dimostrare il Teorema di De Rham.
TEOREMA 114. (DUALIT DI DE RHAM). Per ogni variet differenziabile M e
per ogni q, la forma bilineare

: H

q
(M; R) H
q
dR
(M) R
78 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
non degenere. Ci equivalente ad affermare che lapplicazione lineare di dualit di
De Rham
dRD : H
q
dR
(M)
_
H

q
(M; R)

, [] dRD() : [z
q
]

z
q
R
un isomorsmo di spazi vettoriali.
DIMOSTRAZIONE. Strutturiamo la dimostrazione in diversi passi.
i) Se M = R
n
, lunico caso rilevante si ha per q = 0. Siccome R
n
contraibile,
la forma bilineare di integrazione manda la coppia (x
0
, f 1) in f(x
0
) = 1 e quindi
abbiamo la tesi.
ii) Supponiamo che M = U V , con U, V aperti di M, e che lasserto valga per
U, V e U V . Scrivendo la successione di Mayer-Vietoris della coomologia di de
Rham di M = U V , insieme alla dualizzata della successione di Mayer-Vietoris
dellomologia singolare C

, si ottiene un diagramma commutativo di cui scriviamo


cinque verticali. Il primo dei due diagrammi che seguono indica la prima, seconda
e terza verticale:
H
q1
dR
(U) H
q1
dR
(V ) H
q1
dR
(U V ) H
q
dR
(M)

h
H

q1
(U)
i

h
H

q1
(V )
i

h
H

q1
(U V )
i

h
H

q
(M)
i

,
nel secondo diagramma sono indicate terza, quarta e quinta verticale:
H
q
dR
(M) H
q
dR
(U) H
q
dR
(V ) H
q
dR
(U V )

h
H

q
(M)
i

h
H

q
(U)
i

h
H

q
(V )
i

h
H

q
(U V
i

.
Si deve mostrare che la terza verticale un isomorsmo, nellipotesi che lo siano le
altre quattro. Ci segue subito dal Lemma dei Cinque.
iii) Se supponiamo che M sia di tipo nito, allora la tesi segue facilmente per
induzione sul numero p degli aperti di un buon ricoprimento. Infatti per p = 1 si
ritorna al caso i) di R
n
, Consideriamo dunque variet con un buon ricoprimento di
p + 1 aperti: M = U
0
... U
p
, e poniamo
U = U
0
U
1
... U
p1
, V = U
p
.
Per ipotesi induttiva il teorema vale per U, V ed U V = (U
0
U
p
) (U
1
U
p
)
... (U
p1
U
p
)., e dunque per quanto visto al punto ii), il teorema vale anche per
M.
iv) Se M si scrive come unione numerabile di intervalli incapsulati per i quali la
tesi vera, allora il teorema segue dallultima proposizione enunciata nel paragrafo
relativo ai limiti inversi.
v) Se M una variet qualsiasi, il teorema segue inne applicando il Lemma
di Zorn alla famiglia di aperti di M per cui la tesi vera. Largomento lo stesso
gi usato in precedenza. Tale famiglia contiene le unioni di tutti gli aperti U
1

... U
n
... e pertanto ammette elemento massimale U. Se fosse M ,= U ogni
5.4. DUALIT DI POINCAR E COOMOLOGIA A SUPPORTO COMPATTO 79
punto p M U ammetterebbe un intorno coordinato V non contenuto in U e,
per largomento sviluppato il teorema sarebbe vero per U V contenente U e si
avrebbe una contraddizione con la massimalit di U.
5.4. DUALIT DI POINCAR E COOMOLOGIA A SUPPORTO COMPATTO
Nella sua formulazione originaria, il Teorema di Dualit di Poincar afferma che
se M
n
una variet compatta, orientabile e senza bordo, si ha per ogni q luguaglianza
tra i numeri di Betti:
b
q
(M) = b
nq
(M) .
Una formulazione pi precisa viene dallintegrazione sulla variet M, che sup-
poniamo ancora compatta, orientabile e senza bordo:

M
:
q
(M)
nq
(M) R, (, )

M
.
Tale applicazione si pu restringere alle forme chiuse:

M
: Z
q
(M) Z
nq
(M) R,
Vale la seguente:
PROPOSIZIONE 115. Se (, ) Z
q
(M) Z
nq
(M), il valore dellintegrale

M

dipende solo dalle classi ([] , []) H
q
dR
(M) H
nq
dR
(M).
DIMOSTRAZIONE. Siano

= +d Z
q
(M) ,

= +d Z
nq
(M) .
Allora

M
+

M
d +

M
d +

M
d d.
Applicando il Teorema di Stokes sulla variet compatta orientabile M si vede im-
mediatamente che tutti gli integrali a secondo membro sono nulli tranne il primo.
Dunque:

M

M
,
come volevamo.
Grazie a questultima Proposizione possibile considerare la stessa applicazio-
ne di integrazione passando ai quozienti modulo le forme esatte. Dunque ben
denita la forma bilineare

M
: H
q
dR
(M) H
nq
dR
(M) R, ([] , [])

M

80 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
dalla quale discende lapplicazione lineare:
PD : H
q
dR
(M)
_
H
nq
dR
(M)

, [] PD([]) : []

M
,
detta applicazione di Dualit di Poincar. Vogliamo ora introdurre gli strumenti
necessari per dimostrare il seguente:
TEOREMA 116. (DUALIT DI POINCAR NEL CASO COMPATTO). Se M = M
n
una variet compatta, orientabile e senza bordo, allora lapplicazione di Dualit di
Poincar PD un isomorsmo per ogni q.
COOMOLOGIA A SUPPORTO COMPATTO. Ricordiamo che, per ogni variet M,
abbiamo denotato con
q
c
(M) lo spazio vettoriale delle q-forme differenziali a sup-
porto compatto. Si tratta dunque di un sottospazio vettoriale di
q
(M), per il quale
risulta che:
d (
q
c
(M))
q+1
c
(M)
(dato che per denizione supp (dw) supp (w)). Possiamo quindi porre:
H
q
c
(M) :=
ker d
q
imd
q1
,
con d
q
:
q
c
(M)
q+1
c
(M) differenziale esterno ristretto alle q-forme a suppor-
to compatto. Abbiamo cos denito la nozione di coomologia a supporto compatto
di M.
OSSERVAZIONE 117. Sia f : M N unapplicazione differenziabile
tra variet. Osserviamo che il pullback pull-back f

di una forma a suppor-


to compatto su N una forma su M, ma non necessariamente a supporto com-
patto. Un semplice esempio che mostra questa possibilit data dalla proiezione
: MR M, con M compatta: ogni
q
(M) ha allora supporto compatto,
ma il pull-back
_

_
= supp () R; in tale caso lunica possibilit per mantenere
la compattezza del supporto tramite il pull-back scegliere 0.
DallOsservazione precedente si comprende che non possiamo trasferire alla
coomologia a supporto compatto le propriet di funtorialit della coomologia di
de Rham. Possiamo tuttavia considerare il cosiddetto push-forward di forme diffe-
renziali a supporto compatto mediante linclusione tra aperti di una ssata variet
differenziabile M.
Pi precisamente, ci interesser considerare M = U V , con U, V aperti.
Sappiamo che le inclusioni danno luogo al diagramma:
U
i

U V M

l
V
.
5.4. DUALIT DI POINCAR E COOMOLOGIA A SUPPORTO COMPATTO 81
Ora se
q
c
(U V ) ha supporto compatto, possiamo denire i

, j

le esten-
sioni nulle di rispettivamente a U e V . Poniamo quindi:
i

:=
_
in U V
0 in U V
, j

w :=
_
in U V
0 in V U
.
In questo modo i


q
c
(U) e j


q
c
(V ). Similmente per (, )
q
c
(U)

q
c
(V ) si deniscono k

, l

le estensioni nulle rispettvamente di e ad M.


Abbiamo allora immediatamente che:
i

d = di

, j

d = dj

, k

d = dk

, l

d = dl

.
Sono pertanto deniti in questa situazione i seguenti morfsmi di cocatene
0

c
(U V )

.

c
(U)

c
(V )

.

c
(M) 0
dove
.
() := (i

w, j

w) e
.
(, ) = k

+l

.
TEOREMA 118. La successione di complessi di cocatene:
0

c
(U V )

.

c
(U)

c
(V )

.

c
(M) 0
esatta corta.
DIMOSTRAZIONE. Come sappiamo bisogna vericare che
.
suriettivo,
.

iniettivo e che im
.
= ker
.
, Le veriche sono analoghe a quelle viste in preceden-
za, e diamo i dettagli solo per la suriettivit di
.
. Sia
q
c
(M) e sia
u
,
V

una partizione dellunit subordinata al ricoprimento aperto U, V di M. Allora


immagine di (
U
,
V
)
q
c
(U)
q
c
(V ), e le forme
U
,
V
hanno supporto
rispettivamente supp
U
supp , e supp
V
supp , dunque entrambi chiusi di
compatti e pertanto compatti.
COROLLARIO 119. La successione esatta corta
0

c
(U V )

.

c
(U)

c
(V )

.

c
(M) 0
induce la seguente successione esatta di Mayer-Vietoris per la coomologia a supporto
compatto:
... H
q
c
(U V ) H
q
c
(U) H
q
c
(V ) H
q
c
(M) H
q+1
c
(U V )
H
q+1
c
(U) H
q+1
c
(V ) H
q+1
c
(M) ....
DIMOSTRAZIONE. Come per le precedenti successioni di Mayer Vietoris, si trat-
ta semplicemente di applicare il Lemma fondamentale dellAlgebra Omologica.
LEMMA DI POINCAR PER LA COOMOLOGIA A SUPPORTO COMPATTO.
TEOREMA 120. (LEMMA DI POINCAR PER H
q
c
(R)). Risulta
H
q
c
(R
n
) =
_
R, q = n
0, q ,= n
.
82 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
DIMOSTRAZIONE. Procediamo per induzione su n. Se n = 1 i casi non banali
sono q = 0, 1. Per q = 0 , si noti che le 0-forme differenziali chiuse sono le costanti,
e per ogni funzione costante f(x) k ,= 0 si ha suppf = R, che non compatto
Ne segue che H
0
c
(R) si riduce alla sola costante nulla. Per q = 1, ogni 1-forma
differenziale (x) = g(x)dx esatta (essendo differenziale di una sua funzione
integrale). Naturalmente:
a supporto compatto = g a supporto compatto
e dunque
1
c
(R) = Z
1
c
(R). Consideriamo allora il funzionale lineare

R
: Z
1
c
(R) R,

R
.
Se dimostriamo che in nucleo di questo funzionale B
1
c
(R) lasserto segue dal Teo-
rema Fondamentale di Isomorsmo per spazi vettoriali. Sia = df, con suppf
[a, b]; risulta allora:

R
df =

b
a
df = f(b) f(a) = 0,
ossia B
1
c
(R). Se invece = gdx tale che

R
= 0, allora la funzione g avr
larea del sottograco positivo uguale a quella del sottograco negativo in [a, b] (e
la funzione g risulter nulla fuori da un compatto). Denendo allora
f(x) =

x
0
g(t)dt
si ottiene una funzione differenziabile a supporto compatto (suppf suppg
[a, b]), ossia f
1
c
(R) (e dunque la 1-forma esatta come forma a supporto
compatto).
Passiamo ora allargomento induttivo, supponendo che lasserto valga per R
n
e dimostrandolo per R
n+1
. Si tratta di un riadattamento della dimostrazione del
Lemma di Poincar per la coomologia di de Rham. Anche in questo caso, ogni q-
forma differenziale a supporto compatto si pu scrive come combinazione lineare
di forme di uno dei seguenti due tipi:
(I)

() f (x, t) , (II)

() f (x, t) dt
dove

il pull-back della proiezione canonica : R


n+1
R
n
, e una forma
differenziale su R
n
. Deniamo allora una nuova applicazione

ponendo

_
R
n+1
_

(R
n
) ,

:=
_
0, se di tipo (I)

f(x, t)dt, se di tipo (II)


.
Lapplicazione cos denita non un pull-back e nemmeno un push-foward bens
un integrazione sulla bra relativa alla proiezione : R
n+1
R
n
.
Dimostriamo che d

d. Consideriamo forme di tipo (I), e calcoliamo:

d(

f(x, t)) =
=

df(x, t) + (

)
n

i=1
(1)
q
f(x, t)
x
i
dx
i
+ (

)(1)
q
f(x, t)
t
dt
_
=
5.4. DUALIT DI POINCAR E COOMOLOGIA A SUPPORTO COMPATTO 83
= (1)
q

R
f(x, t)
t
dt = 0 = d

((

)f(x, t)),
essendo la funzione f a supporto compatto. Calcoliamo ora per forme di tipo (II):

d((

)f(x, t)dt) =
=

_
(

d)f(x, t)dt + (

)
n

i=1
(1)
q
f(x, t)
x
i
dx
i
dt
_
,
e daltra parte:
d

((

)f(x, t)dt) =
d
_

R
f(x, t)dt
_
= d

R
f(x, t)dt + (1)
q

i=1

R
f(x, t)
x
i
dx
i
dt.
Si noti che due espressioni coincidono, e dunque in generale d

d.
Sia poi e
1
c
(R) tale che

R
e = 1. Per ogni

c
(R
n
) poniamo:
e

= e

c
_
R
n+1
_
.
Anche in questo caso risulta de

= e

d. Seguendo ancora la linea di dimostrazio-


ne del Lemma di Poincar per la coomologia dei de Rham, osserviamo che dalle
denizioni abbiamo subito:

= id

c
(R
n
)
,
essendo tuttavia e

,= id

c
(R
n+1
)
.
Per concludere, necessario denire delle omotopie di cocatene:
k = k
q
:
q
c
(R
n+1
)
q1
c
(R
n+1
)
tali che risulti vericata lidentit:
d
q
k
q+1
k
q+2
d
q+1
= (id

q+1
(R
n+1
)
e

).
Osserviamo che lidentit appena scritta consente di concludere la dimostrazio-
ne. Infatti, se Z
q+1
c
(R
n+1
), essa implica:
(e

id

q+1
c
(R
n+1
)
) = d
con = d
q
c
(R
n+1
). Ne segue che le indotte

e e

in coomologia a supporto
compatto vericano le propriet

= id
H

c
(R
n
)
mentre e

= id
H

c
(R
n+1
)
.
Rimane dunque solo da indicare la costruzione delle omotopie di cocatene k
q
.
Riferendoci ancora alla distinzione tra forme di tipo (I) e di tipo (II), le applicazioni
lineari k
q
sono denite dalle formule:
(I) f 0
(II) fdt

f A(t)

f
dove A(t) =

t

e. Lasciamo al lettore la verica che tali applicazioni lineari k


q
soddisfano lindentit asserita.
84 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
DUALIT DI POINCAR. Consideriamo ora una variet differenziabile M = M
n
,
orientabile e senza bordo, ma non necessariamente compatta. Abbiamo in questo
caso forme bilineari di integrazione su M:

M
:
q
(M)
nq
c
(M) R, (, )

M
,
nonch le loro restrizioni alle forme chiuse:

M
: Z
q
(M) Z
nq
c
(M) R.
Abbiamo visto poi che cambiando rappresentanti in coomologia di de Rham linte-
grale non cambia; dunque si pu considerare la stessa forma bilineare sui quozienti
modulo le forme esatte:

M
: H
q
(M) H
nq
c
(M) R, ([] , [])

M
.
E allora denita la seguente applicazione di Dualit di Poincar
PD : H
q
(M)
_
H
nq
c
(M)

,
[] PD([]) : []

M
.
TEOREMA 121. (DUALIT DI POINCAR). Lapplicazione lineare PD un iso-
morsmo .
DIMOSTRAZIONE. Utilizzeremo anche in questo caso la tecnica di Mayer Vieto-
ris, combinando le due successioni esatte lunghe per la coomologia di de Rham e
per la coomologia a supporto compatto.
i) In primo luogo, se M R
n
, per i due lemmi di Poincar, lunico caso signi-
cativo si ha per q = 0, e lapplicazione di dualit PD : H
0
dR
(R
n
) [H
n
c
(R
n
)]
manda k R nel funzionale

n
c
(R
n
)

R
n
k.
Il teorema si riduce allora allimplicazione
k, ,= 0 =

R
n
k ,= 0.
ii) Sia M = U V , con U, V aperti di M e supponiamo che la tesi valga
per U, V e U V . Dobbiamo in questo caso considerare un diagramma costituito
dalla successione di Mayer-Vietoris della coomologia di de Rham e dalla dualizzata
della successione di Mayer-Vietoris a supporto compatto. Scriviamo cinque stadi
successivi di tale diagramma. Il primo, secondo, e terzo stadio sono:
H
q
dR
(U) H
q
dR
(V ) H
q
dR
(U V ) H
q+1
dR
(M)

H
nq
c
(U)


h
H
(
c
V )n q
i

H
nq
c
(U V )

H
nq1
c
(M)


e il terzo, quarto e quinto stadio:
5.5. CARATTERISTICA DI EULERO E SEGNATURA 85
H
q+1
dR
(M) H
q+1
dR
(U) H
q+1
dR
(V ) H
q+1
dR
(U V )

H
nq1
c
(M)

H
nq1
c
(U)

H
nq1
c
(V )

H
nq1
c
(U V )

.
Si deve naturalmente vericare che il diagramma commutativo, il che richiede un
argomento sui singoli singoli quadrati presenti nel diagramma (cfr. [1] per i det-
tagli). Applicando il lemma dei Cinque si ottiene inne dallipotesi che il teorema
vale anche per M.
iii) Se M una variet differenziabile di tipo nito si procede per induzione
sul numero p di un suo buon ricoprimento. Largomento lo stesso gi pi volte
utilizzato, p. es. nella dimostrazione del teorema di de Rham.
iv+v) Anche questi due passi sono identici a quelli usati nel teorema di Dualit
di de Rham. Si usa per il primo passo le propriet dei sistemi diretti e inversi, e per
il secondo passo il lemma di Zorn.
Abbiamo la seguente immediata conseguenza.
COROLLARIO 122. Sia M
n
una variet differenziabile, compatta, orientabile e
senza bordo. I suoi numeri di Betti vericano la seguente propriet di simmetria:
b
q
(M) = b
nq
(M) .
DIMOSTRAZIONE. Dal teorema precedente discende, essendo M compatta, che
H
q
c
(M) = H
q
(M). Quindi:
H
q
dR
(M)

=
_
H
nq
c
(M)


= H
nq
c
(M) = H
nq
dR
(M) .

5.5. CARATTERISTICA DI EULERO E SEGNATURA


Il Teorema di Dualit di Poincar fornisce interessanti implicazioni sulla caratte-
ristica di Eulero per variet compatte orientabili di ogni dimensione. Dimostriamo
il seguente:
COROLLARIO 123. Sia M
n
una variet differenziabile compatta, orientabile e
senza bordo, e sia (M
n
) la sua caratteristica di Eulero. Allora:
1) (M
n
) = 0 se n = 2m+ 1.
2) (M
n
)
2
0 se n = 4m+ 2.
DIMOSTRAZIONE. Ricordiamo che (M
n
) , per denizione, la somma a segni
alterni dei numeri di Betti.
1) Dal Corollario precedente si ricava che
b
0
= b
2m+1
, b
1
= b
2m
, ..., b
m
= b
m+1
86 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
e dunque
(M) = b
0
b
1
+... + (1)
n
b
n
=
_
M
2m+1
_
= 0.
2) Analogamente al caso precedente si ha che
b
0
= b
4m+2
, b
1
= b
4m+1
, ..., b
2m
= b
2m+2
e dunque
_
M
4m+2
_

2
b
2m+1
. Guardiamo ora la forma bilineare

M
: H
2m+1
dR
(M) H
2m+1
dR
(M) R, (, )

M
.
Si tratta di una forma bilineare non degenere ed antisimmetrica. Ci basta per
concludere che s = b
2m+1
pari. Infatti la matrice A associata a tale forma soddisfa
la relazione A = A
T
e dunque
0 ,= det A = (1)
s
det
_
A
T
_
= (1)
s
det A.
Ne segue che s non pu che essere pari.
Rimane da analizzare il caso in cui M una variet compatta, orientabile e
senza bordo di dimensione 4m. Analogamente ai casi precedenti si ricava che

_
M
4m
_
= b
0
b
1
+b
2
... b
2m1
+b
2m
b
2m+1
+... b
4m1
+b
4m

2
b
2m
,
dunque (M) ha la stessa parit di b
2m
. Come nel caso precedente, guardiamo la
forma bilineare di integrazione nella dimensione intermedia:

M
: H
2m
dR
(M) H
2m
dR
(M) R, (, )

M
.
Per la dualit di Poincar, essa sempre non degenere, ma risulta ora simmetrica.
Usiamo per essa la notazione:
:=

M
: H
2m
dR
(M) H
2m
dR
(M) R,
e poniamo:
r := b
2m
, W
r
:= H
2m
(M) .
Dunque la coppia (W
r
, ) costituisce uno spazio vettoriale r-dimensionale pseu-
doeuclideo, nel senso che la forma su W
r
un prodotto scalare (non degenere).
Risulta quindi:
b
2m
= p +q
dove p e q sono, rispettivamente, gli indici di positivit e di negativit del prodotto
scalare . Ricordiamo dall Algebra Lineare che la differenza pq si dice segnatura
di . Possiamo pertanto denire il numero intero (M) = p q segnatura della
variet compatta orientata M
4m
.
COROLLARIO 124. Sia M
4m
una variet compatta, orientabile e senza bordo.
Allora:

_
M
4m
_

2

_
M
4m
_
.
5.5. CARATTERISTICA DI EULERO E SEGNATURA 87
DIMOSTRAZIONE. Risulta

_
M
4m
_
= p q
2
p +q = b
2m

2

_
M
4m
_
.

Pi in generale, diamo la seguente:


DEFINIZIONE 125. Per ogni variet M
n
compatta, orientata e senza bordo il
numero intero
(M
n
) :=
_
0 se n ,= 4m

_
M
4m
_
come denito in precedenza, se n = 4m
si dice segnatura di M.
TEOREMA 126. Sia M = M
n
una variet compatta, orientabile e senza bordo.
Supponiamo esista una variet N = N
n+1
tale che N = M. Allora (M) pari.
DIMOSTRAZIONE. Sappiamo dai precedenti corollari che il Teorema vero (an-
che senza lipotesi che M = N), per n ,= 4m. Rimane il caso n = 4m. Sia I = [0, 1]
e consideriamo la variet con bordo N I. Risulta allora
(N I) = [N I] [N I] ,
ossia
(N I) = [M I] [N 1] [N 0] .
Poniamo allora
U = (N I) [N 1] , V = (N I) [N 0] .
Si riconosce facilmente che U e V sono aperti di (N I) di cui N un re-
tratto di deformazione, mentre U V si retrae a N = M. Possiamo dunque
scrivere la successione di Mayer-Vietoris di coomologia di de Rham della variet
differenziabile (N I) rispetto ai due suoi aperti U = (N I) [N 1] e
V == (N I) [N 0]:
... H
q
dR
[(N I)] H
q
dR
(U) H
q
dR
(V ) H
q
dR
(U V ) ...
Teniamo ora conto delle retrazioni di deformazione sopra indicate per U, V e UV ,
e ricordiamo che la somma a segni alterni della dimensioni in una successione
esatta nulla. Ne segue:
4m+2

q=0
(1)
q
[b
q
(N I) b
q
(U) b
q
(V ) +b
q
(U V )] =
= ( (N I)) 2(N) +(M) = 0.
Ora essendo n = 4m risulta n + 1 = 4m + 1 e dim(N I) = 4m + 2. Dunque
dim( (N I)) = 4m+1. Ma allora (N I) compatta, orientabile, senza bordo
e di dimensione dispari e dunque ( (N I)) = 0. In conclusione:
(M) = 2(N) ,
88 5. DUALIT DI DE RHAM E DI POINCAR
che implica la tesi.
OSSERVAZIONE 127. In generale (N) ,= 2(N) se n ,= 4m. Per esempio
sia D
2
il disco unitario chiuso in R
2
e N = D
2
. Allora N = S
1
ma
_
S
1
_
=
b
0
b
1
= 0 mentre
_
D
2
_
= 1.
Un risultato pi forte in questo ordine di idee il seguente:
TEOREMA 128. (R. THOM 1954). Sia M
n
una variet differenziabile compat-
ta, orientabile e tale che M
n
= N
n+1
, per qualche variet compatta orientabile (con
bordo) N
n+1
. Allora (M
n
) = 0.
Esempi.
(1) Sia M
2
= S
g
, supercie compatta ed orientabile, g 1. Sappiamo che
(S
g
) = 2 2g e che la forma bilineare

S
g
: H
1
dR
(S
g
) H
1
dR
(S
g
) R,
che a meno a meno di isomorsmi possiamo considerare come:

S
g
: R
2g
R
2g
R,
antisimmetrica e non degenere. Una base per H
1
dR
(S
g
) si ottiene con-
siderando la base duale della base a
i
, b
i

i=1,...,g
di H
1
(S
g
), utilizzata
nel calcolo dellomologia singolare. In tale base duale, la matrice asso-
ciata alla forma

S
g
si rappresenta mediante una matrice antisimmetrica
costituita da blocchi 2 2 del tipo
_
0 1
1 0
_
,
sulla diagonale principoale, e tutti gli altri elementi della matrice sono
nulli.
(2) Se M
0
= x
0
allora (M) = 1. Daltra parte un punto non bordo
di alcuna variet di dimensione 1. In questo caso la forma bilineare di
integrazione assume la forma

{x
0
}
: R R R
e tale forma bilineare, essendo non degenere e simmetrica, si rappresenta
con la matrice A = (1).
(3) Se M
4
= S
4
allora S
4
bordo del disco unitario, in simboli S
4
= D
5
,

_
S
4
_
= 1 + 1 = 2 ma
_
S
4
_
= 0 dato che la forma bilineare di
integrazione necessariamente la forma nulla.
5.5. CARATTERISTICA DI EULERO E SEGNATURA 89
(4) Se M
4
= CP
4
, si verica facilmente, usando p. es. la struttura di
complesso di celle di CP
2
, che
H
q
dR
_
CP
2
_
=
_
R, se q = 0, 2, 4
0, se q ,= 0, 2, 4
Dunque
_
CP
2
_
= 1 + 1 + 1 = 3, e non esiste pertanto alcuna varie-
t compatta orientabile di dimensione 5 il cui bordo sia CP
2
. Notiamo
che invece CP
1
= S
2
= D
3
. Anche nel caso di CP
2
la matrice che
rappresenta la forma bilineare di integrazione A = (1).
Bibliograa
[1] R. Bott - L. W. Tu, Differential Forms in Algebraic Topology, Graduate Texts in Mathemaics, n. 82,
Springer-Verlag, 1982.
[2] A. Hatcher, Algebraic Topology, Cambridge University Press, 2002.
http://www.math.cornell.edu/ hatcher/AT/ATpage.html
[3] S. Helgason, Differential Geometry, Lie Groups and Symmetric Spaces, Pure and Applied
Mathematics, n. 80. Academic Press, 1978.
[4] W. S. Massey, A Basic Course in Algebraic Topology, Graduate Texts in Mathemaics, n. 127, Springer-
Verlag, 1991.
[5] F: W. Warner, Foundations of Differentiable Manifolds and Lie Groups, Graduate Texts in
Mathemaics, n. 94, Springer-Verlag, 1983.
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